Gli scavi nell'area del teatro

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Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Dipartimento di Archeologia

Missione Archeologica in Albania

Istituto Archeologico AlbaneseDipartimento di Antichità

PHOINIKE IIRapporto preliminare sulla campagna

di scavi e ricerche 2001

a cura di

Sandro De Maria e Shpresa Gjongecaj

ESTRATTO

Volume realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri ItalianoDirezione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale

© 2003 Ante Quem piccola società cooperativa a r. l.© 2003 Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna

Ante Quem piccola società cooperativa a r. l. Via C. Ranzani 13/3, 40127 Bolognatel. e fax +39 051 4211109sede legale: Strada Maggiore 46, 40125 Bolognawww.antequem.it

traduzioni dall’albanese (capitoli 2 Appendice, 9 e 10): Julian Bogdaniredazione e impaginazione: Flavia Ippolitoimpianti: Color Dimension, Villanova di Castenaso (Bo)

ISBN 88-900972-5-6

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IndIcE gEnERAlE

Introduzionedi Sandro De Maria 7

1. Nuove scoperte per la storia, l’urbanistica e l’architettura diPhoinike ellenistica e romanaSandro De Maria 11

2. Conclusione degli scavi nella Casa dei due peristiliEnrico Giorgi-Marco Podini 21Appendice: Catalogo dei materiali rinvenuti negli scavi 1989-1990Dhimiter Çondi 28I materiali della casa dei due peristili: note preliminariFederica Boschi 31

3. Prosecuzione delle ricerche nel settore orientale del quartiere a terrazzeEnrico Giorgi 41

4. Gli scavi nell’area del teatroRiccardo Villicich 53

5. Ricerche e restauri nel tempietto prostilo (thesauròs)Mirco Zaccaria 63

6. Scavi nella necropoli meridionaleGiuseppe Lepore-Anna Gamberini 73

7. Ricerche e ricognizioni nel territorioEnrico Giorgi 91

8. Testimonia Urbis Phoenices, I. Raccolta ragionata delle fonti antichesulla città di PhoinikeSimone Rambaldi 99

9. Ritovamenti fortuiti da PhoinikeShpresa Gjongecaj 109Appendice: Mercurio o Hermes? Analisi e restauroNiko Civici-Frederik Stamati 112

10. Artemide o Dioniso?Iris Pojani 115

11. Note su Phoinike in età romanaJulian Bogdani 119

12. Osservazioni sul rilievo degli elevati e sulle tecniche costruttiveEnrico Giorgi 127

Bibliografia 135

Indice delle figure e referenze fotografiche 141

Nella campagna del 2001 ha preso avvio loscavo estensivo di quello che doveva essere unodei monumenti pubblici più rappresentativi diPhoinike, il teatro della città, giàoggetto, l’anno precedente, di unaserie di ricognizioni e d’indaginidi superficie ad opera della mede-sima équipe1. Com’è noto, un veroe proprio scavo del teatro in pre-cedenza non era mai stato intra-preso (anche per le notevoli diffi-coltà di realizzazione che questotipo di progetto avrebbe compor-tato)2, se si fa eccezione per unsaggio condotto negli anni ‘80 delsecolo scorso dall’archeologo alba-nese Dh. Budina, indagine peral-tro limitata ad una stretta trincea,ancora riconoscibile sul terreno,che ha messo in luce per una tren-tina di metri la testa di un murodi età romana, da riconoscersi,come vedremo, nella fronte dell’e-dificio scenico3. Nella medesimaarea si è deciso di dare inizio ailavori, con la speranza di acquisireil maggior numero di dati sullostato di conservazione del corpo scenico e sullanatura dei depositi stratificatisi nel punto in cui sisuppone sia sepolta l’orchestra del teatro (Fig. 41).

Fra le prime osservazioni di carattere genera-le è apparso subito evidente come la pendenzaartificiale del terreno, fortemente digradante danord verso sud, dalla summa cavea alla scena,abbia fatto sì che l’orchestra, come un grandeinvaso, fosse ricoperta da strati di macerie e daaccumuli successivi, dovuti a colluvio e dilava-mento, per un’altezza complessiva che supera i

tre metri; l’ingombro sulla cresta del muro fron-tale della scena (che dopo l’abbandono dovettecostituire una sorta di argine di contenimento al

dilavamento verso valle) risulta invece netta-mente inferiore (meno di un metro di depositi).

In modo analogo, le stratificazioni progressi-ve che hanno ricoperto il teatro presentano unandamento digradante da ovest e da est verso lazona centrale del corpo scenico, seguendo la pen-denza, in parte artificiale, delle pareti dellaconca in cui fu ricavato il monumento.

Proprio in coincidenza della depressione cen-trale della conca, sotto uno strato di interrosuperficiale, ad una quota di poco inferioreall’attuale piano di campagna, è affiorato quelloche resta della scaenae frons del teatro.

È purtroppo corretto fare uso di questaespressione, in quanto il muro portato alla lucedall’archeologo albanese è stato tristemente spo-gliato da clandestini in tempi recentissimi4, con

4 Alcune testimonianze sembrano far risalire il fatto al1992; certamente si percepisce che da parte delle

1 Sulle ricognizioni della campagna del 2001 si veda ilcontributo di chi scrive, in Phoinike I, pp. 49-54.

2 Per sua natura la conca in cui è stato ricavato il teatroè caratterizzata da una forte acclività e da un terrenoparticolarmente scosceso, reso per di più franoso dallamassa di materiale lapideo in dispersione. Lo scavo diun’area di tale morfologia comporta conseguentemen-te notevoli difficoltà nell’utilizzo di mezzi meccanici enello smaltimento della terra.

3 Si vedano BUDINA 1986, p. 119; Phoinike I, pp. 49-54.

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4. Gli scavi nell’area del teatro

41. Panoramica vista da est dello scavo del teatro.

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il risultato che interi corsi di laterizi sono staticompletamente asportati fino alle fondamenta. Èquasi sicuro che la struttura dopo il suo rinveni-mento sia stata abbandonata a se stessa, senzaessere adeguatamente restaurata e protetta, o invia precauzionale ricoperta. Con rammarico, allaluce di questo scempio, si deve rimpiangerecome la documentazione grafica e fotograficaprodotta da Budina sia scarna se non inesistente.Così, a memoria del suo scavo, non restano chepoche righe di sintesi e le incerte descrizioni dichi vi ha assistito.

La frontescena, come l’ha vista e descrittaBudina, doveva essersi conservata per uno spicca-to di poco superiore al metro e mezzo, il resto eragià crollato a partire probabilmente dall’altomedioevo. Le macerie, accumulatesi successiva-

mente al collasso della struttura, si presentano indispersione, distribuite in un’area immediata-mente a monte e a valle del muro, con estensionee spessore variabili (in alcuni punti la stratifica-zione raggiunge un’altezza di 50-60 cm). Partedel materiale crollato, di cui restano in situ soloframmenti di piccole e medie dimensioni, è statosicuramente riutilizzato nel corso dei secoli perfar fronte al fabbisogno di materiale lateriziodestinato alla costruzione delle successive fabbri-che bizantine. Il crollo a sud del muro appare,poi, particolarmente compatto e omogeneo, quasifosse stato spianato e pressato nel tempo (Fig.42); l’impressione è che la striscia di terra a suddel moncone della frontescena, con il suo accu-mulo di macerie sottostanti, possa avere svolto lafunzione, forse in età medioevale, di cammina-mento preferenziale per l’attraversamento, da cri-nale a crinale, della conca del teatro. Probabile,inoltre, che con lo scorrere del tempo i ruderi delcorpo scenico abbiano costituito, in modo deltutto casuale, una sorta di sbarramento, destinatoad imbrigliare le acque piovane della conca, regi-mandone il flusso e la violenza.

Il muro che costituisce la scaenae frons del tea-tro, messo in luce nel corso di questa campagnaper un tratto di circa 16 m, corrispondente allametà occidentale della struttura (Fig. 43), presen-ta una larghezza pressoché costante di 85 cm. Neipochi tratti risparmiati dalle spogliazioni, soprat-tutto verso il limite ovest dello scavo, dove lospiccato raggiunge un’altezza di circa 80-90 cm,il muro è caratterizzato da un paramento in corsidi mattoni laterizi (alcuni di forma rettangolare,altri spezzati a mo’ di triangolo) con nucleocementizio composto da un buon conglomeratodi malta di calce e pietrame (Fig. 44). La qualitàdei mattoni non sembra invece eccelsa; molti diloro, infatti, appaiono cotti in modo approssima-tivo e ricavati da un impasto di scarsa qualità. Piùdi un mattone reca un bollo, da riconoscersi,molto probabilmente, nelle due lettere grechemonogrammate rho e alpha (oppure rho e beta). Èinteressante osservare, a questo proposito, comemattoni con bollo del tutto simile siano stati rin-venuti anche da Ugolini5 nello scavo di quella chelui definisce cisterna A, monumento che data frala fine del II e gli inizi del III secolo d.C.

42. Fasi iniziali dello scavo della frontescena. A settentrionee a meridione del fosso di spogliazione del muro si notano lemacerie corrispondenti al crollo degli elevati.

autorità competenti non vi sia molta chiarezza circaquest’episodio, da inquadrarsi in un periodo‘buio’ del Paese. 5 Si veda UGOLINI 1932, pp. 111 e 157.

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La frontescena, come ci appare nel trattomeglio conservato, non doveva essere una strut-tura particolarmente monumentale, ridondantedi aggetti e di articolati avancorpi, ma un lungo esottile muro rettilineo, scevro di decorazioni epovero di soluzioni architettoniche, limitate, pro-babilmente, alle sole semicolonne laterizie6, cheinquadravano rientranze profonde una trentina dicm, interpretabili come nicchie o edicole di formarettangolare (Fig. 45).

Un solo ingresso, ricoperto completamente dalcrollo, è stato riconosciuto con certezza nel trattooccidentale del muro, ma è praticamente certoche le porte, come è ricorrente nei teatri romani,fossero almeno tre. In questo caso la presenza diun ingresso, pur privo della soglia lapidea, aspor-tata probabilmente già in età altomedievale,costituisce un dato indubbiamente importanteperché ci restituisce la quota del piano di calpestiosu cui recitavano gli attori. Penso sia correttointerpretare questa porta come valva hospitaliumoccidentale del corpo scenico, dal momento cheverso il limite ovest dello scavo il muro finisce,interrompendo il suo andamento est-ovest percompiere un angolo retto in direzione sud, così dacostituire un’anta che sembra suggerire l’ingressoad un corridoio dietro il muro della scaenae frons.A questo proposito, anche se evidentemente è

precoce, in una fase embrionale dello scavo, avan-zare ipotesi eccessivamente circostanziate, l’im-pressione che il postscaenium si configuri essenzial-mente come un lungo ambiente a corridoio dietrola frontescena sembra pienamente giustificatadalla mancanza di strutture murarie divisorie,destinate a delimitare altri ambienti accessori.È presumibile inoltre, sempre restando nell’ambi-to dei vani accessori, l’assenza di parascenia ai latidel corpo scenico. In questo caso solo il prosegui-mento dello scavo ad occidente della frontescenapotrà confermare o smentire quella che per oraappare come qualcosa di più di una semplice sup-posizione. Un dato non privo di interesse ci vienedalla presenza, nella facciata posteriore del murodella scaenae frons, di una nicchia di forma rettan-golare, profonda anche in questo caso una trenti-na di centimetri7, riscontrata, nel suo limite infe-riore, ad una quota che doveva corrispondere alpiano di calpestio dietro la frontescena. Anche sela metà orientale del muro è ancora sepolta sotto-terra, secondo calcoli ipotetici la nicchia dovrebbetrovarsi all’incirca a metà della scena, immediata-mente ad occidente della valva regia. È possibile,quindi, che l’ingresso principale fosse inquadratoa tergo da nicchie laterali a sezione rettangolare,destinate forse ad accogliere accessori di scena.

Se lo scavo del postscaenium, che proseguirà inestensione nel corso delle prossime campagne,ci consentirà di fare luce sull’edificio sceniconella sua globalità, allo stato attuale dei lavori

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7 La lunghezza complessiva della rientranza è ancoraignota. La metà orientale della nicchia infatti è tutto-ra sotterrata, in quanto coincidente con il limite discavo raggiunto nel corso della campagna del 2001.

44. Il muro della frontescena durante i primi giorni di scavo.45. Tratto occidentale della scaenae frons. In evidenzala nicchia inquadrata da semicolonne laterizie.

6 È con rammarico che all’indomani dell’avvio dellaterza campagna di scavo, nel momento in cui vienescritto questo contributo, si debba purtroppo segnala-re la distruzione, ad opera di ignoti, delle due super-stiti semicolonne laterizie della frontescena. Ognicommento su questo atto vandalico esulerebbe da que-sta sede, che, ricordiamolo, si prefigge argomentazio-ni esclusivamente scientifiche.

ci si limita ad osservare come a sud del murodella scena, sotto le stratificazioni di macerie(distinguibili cronologicamente in un primocrollo della copertura a cui si sovrappone il col-lasso della parte superiore degli elevati), non visia più traccia della pavimentazione originale.La capillarità delle spoliazioni che a partiredall’età tardo antica hanno interessato l’areadel teatro, già riscontrate, come si è detto,anche per i corsi laterizi della scaenae frons,potrebbe giustificare l’assenza pressoché totaledi un piano pavimentale. Quest’ultimo dovevaessere certamente previsto, come conferma lapresenza di una lunga risega di fondazione, inblocchetti calcarei, che corre lungo il latomeridionale del muro (Fig. 46). La mancanza ditracce e residui di malta o cocciopesto riferibiliad un possibile strato di preparazione del pavi-mento, fa supporre, come ipotesi più probabile,che questo consistesse in un lastricato di pietra,allettato forse su strati di terriccio e sabbia.

Lo spiccato in opus testaceum della frontesce-na poggia su una fondazione esigua, alta non piùdi 40 cm, costituita da un conglomerato di ciot-toli e malta, messo in opera, per praticità, conuna tecnica mista. A meridione, infatti, la getta-ta di calcestruzzo è stata fatta direttamente ‘con-tro terra’ fino alla quota della risega, mentre anord, dove i corsi di ciottoli appaiono molto piùregolari, la fondazione sembra essere stata ricava-ta in cassaforma o ‘a vista’, con una sorta di para-mento costituito da blocchetti calcarei allettati amano. Nella parte posteriore del muro, la fonda-zione prosegue per un’altezza di circa quindicicm oltre il livello della risega, con una cortinadel tutto simile a quella della facciata anteriore.

È probabile, come spesso accade nelle costruzio-ni romane8, che a lavoro ultimato il dislivello frarisega e quota dello spiccato in laterizi venissecolmato da un rinterro artificiale, sfruttato comepiano di posa per la pavimentazione. Una solu-zione tecnica di questo tipo trova spiegazioneevidentemente nella natura stessa della struttura.La facciata anteriore della fondazione infattiaveva anche la funzione di parete meridionaledell’hyposcaenium e non poteva che essere ‘a vista’,mentre la stessa, nella parte posteriore, preveden-do un piano pavimentale ad una quota più alta,aveva sfruttato come contenimento la parete diterra rimasta a nudo dopo lo scasso praticato nelterreno per ricavare la cavità dell’hyposcaenium.

Proseguendo lo scavo verso nord, ad unadistanza di 4 metri dalla scaenae frons, è venuta inluce una struttura muraria, ad essa perfettamen-te parallela, riconoscibile come muro frontaledel pulpitum (Fig. 47). Anche in questo caso lastruttura appare spogliata capillarmente; benpoco, infatti, è stato risparmiato dei corsi di late-rizi che dovevano costituire l’elevato. Nel seg-mento di muro meglio conservato si è potutariconoscere la presenza di una piccola nicchia inlaterizi di forma semicircolare rivolta a nord(verso l’orchestra), motivo che con tutta probabi-

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46. Il muro della fontescena visto da sud. Lungo il muro sinota la presenza della lunga risega di fondazione.

47. La facciata posteriore del muro del pulpitum.

8 Frequentemente nelle fabbriche di età romana, soprat-tutto nel caso di cambiamenti di livello rispetto allesituazioni preesistenti, il piano di cantiere differiva daquello definitivo del pavimento; per questo motivotratti di fondazione, che anche a causa di errori di quo-tatura apparivano a vista, venivano rinterrati fino allivello dello spiccato, accrescendo così artificialmentela quota del piano pavimentale. Si veda in generaleGIULIANI 2000, pp. 127-129.

lità scandiva ad intervalli regolari la frons pulpiti(Fig. 48). Probabilmente, pur avendo pochielementi per ricostruirne l’originaria fisiono-mia, il muro del pulpitum, come nel caso dellascaenae frons, era caratterizzato da soluzioniarchitettoniche ‘povere’, o comunque di grandesemplicità, con un apparato decorativo limita-to all’essenziale.

La fondazione del muro appare costituita damalta di calce e ciottoli allettati in filari regolari,ma, rispetto al muro della scena, com’è logicoche sia, è la facciata nord ad essere ricavata con-tro terra, mentre quella sud, è ‘a vista’. La man-canza nel pulpitum di un piano pavimentale inmuratura conferma come gli attori recitasserosopra un solaio di legno, poi asportato o sprofon-dato sotto il peso del crollo del muro della scena.In realtà, nelle strutture murarie fin qui portatein luce non sono stati rinvenuti fori per l’allog-giamento dei travetti trasversali destinati asostenere l’assito di legno; ma al di là del cattivo

stato di conservazione del muro si può supporreche per questo scopo venissero utilizzati suppor-ti intermedi e apparecchiature mobili.

La cavità artificiale dell’hyposcaenium, compresafra i due muri precedentemente descritti, è stataquasi completamente riempita da un primo,compatto, strato di macerie, che sigillava unlivello riferibile alle fasi di abbandono e di spo-liazione del monumento, precedenti al crollodegli elevati. In questo strato inferiore, verso illimite occidentale del pulpitum, sono venuti inluce elementi architettonici ricavati in calcarebianco locale di buona qualità, fra cui blocchipiù semplici di forma parallelepipeda e altri piùcomplessi a sezione semicircolare (Fig. 49).Questi ultimi appaiono di notevole interesseperché riconoscibili senza dubbio come elemen-ti della cimasa (o ‘copertina’) del parapetto checostituiva il coronamento degli analemmata delteatro. Si tratta, infatti, di blocchi con pianod’appoggio a sezione quadrata e fusto tondeg-giante di forma semicircolare, caratterizzati dauna faccia di giuntura ad angolo acuto (eviden-temente perché i blocchi potessero essere messiin opera su piano obliquo) e da strette cavitàdestinate ad alloggiare grappe o un corrimanometallico (Fig. 50). Cimase di analoga tipologiasono impiegate, per esempio, nell’odeion e nelteatro di Afrodisia in Caria, entrambi di etàromana9. Nei teatri di età classica ed ellenistica,

9 Sull’odeion di Afrodisia si veda IZENOUR 1992, pp. 99-107, fig. 2.7b, 2.7c.; sul teatro di Afrodisia si veda ingenerale Aphrodisias papers 1991, pp. 7 ss.

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48. Particolare della frons pulpiti.

49. Resti della cimasa dell’analemma occidentale.

invece, i parapetti degli analemmata sono coronatiquasi esclusivamente da ‘copertine’ piane: bastipensare, fra i tanti, agli esemplari in ottimo

stato di conservazione di Priene,Letoon e Patara10. La posizione incui i blocchi sono stati rinvenuti,in prossimità del limite ovest delpulpitum, rende quasi certa la loroattribuzione all’analemma occiden-tale del teatro, mentre un fram-mento del tutto simile, reimpiega-to in una tomba della necropolibizantina ad est del teatro, messain luce nel corso della campagnadel 200011, è da riferirsi con tuttaprobabilità all’analemma orientaledel monumento. Anche in questocaso, il rinvenimento in un’area

così lontana dall’impianto teatrale di blocchilapidei appartenenti al suo apparato architetto-nico rappresenta un’ulteriore dimostrazione dicome in età bizantina la mancanza di materiaprima abbia portato a massicce spoliazioni degliantichi monumenti.

Sempre nel settore occidentale dell’hyposcae-nium (Fig. 51) è venuta in luce una larga cana-letta, che, con una pendenza da nord verso sud,aveva, con molta probabilità, la funzione di fardefluire l’acqua dall’orchestra. La struttura, carat-terizzata da una larghezza interna di circa 65 cm,presenta una copertura di grandi lastre lapideedi arenaria disposte orizzontalmente, sostenuteda spallette verticali, anch’esse in arenaria. Lacanaletta era in parte ricavata nel banco rocciosoaffiorante e in parte negli strati di rialzamentoartificiale del piano dell’hyposcaenium, per unaprofondità di circa 60 cm. Il riempimento, com-posto da sedimenti argillosi, dovuti al ristagnodell’acqua piovana e dei depositi alluvionali, eraquasi puro e privo di materiale ceramico, se si faeccezione per alcuni minuscoli frammenti diceramica a vernice nera.

Un’ultima osservazione di carattere stratigra-fico riguarda la lunga sezione che costituisce laparete nord dello scavo di questa campagna e cidocumenta la sovrapposizione degli strati imme-diatamente a nord del muro del pulpitum, all’in-circa dove dovrebbe avere inizio l’orchestra.L’interro, come si può notare, supera abbondan-

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50. Blocco semicircolare attribuibile alla cimasa dell’analemma occidentaledel teatro (disegno di F. Boschi).

51. Il settore occidentale dell’hyposcaenium. In primo pianosi osserva la lunga canaletta coperta con lastre di arenaria.

10 Sui teatri di Priene e Letoon si veda DE BERNARDI

FERRERO 1974, pp. 9-20, fig. 10 e pp. 77-82, fig. 88;in riferimento all’analemma del teatro di Patara si vedaDE BERNARDI FERRERO 1969, pp. 121-133, fig. 187.

11 Si veda Phoinike I, pp. 31-39.

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temente i tre metri (Fig. 52), ma aldilà dell’im-pressionante quantità di accumulo riferibileall’età medievale e moderna (strati 100, 109,110, 104), particolarmente significativi sono unsottile strato composto da frammenti laterizi (US131), da interpretarsi come un piano di frequen-tazione o un livello di distruzione, successivoall’abbandono del teatro, e uno strato a matriceargillosa ad esso sottostante (US 130)che ha tutte le caratteristiche di undeposito di terra smottata e accumu-latasi dopo piogge torrenziali. Anchese è strano pensare ad un depositoalluvionale in un terreno che ha unamorfologia come quella di un teatro,è pur vero che in assenza di manuten-zione e con i canali di scolo intasati,nell’hyposcaenium e nell’orchestra, l’ac-qua potesse ristagnare a lungo. È undato purtroppo dimostrato proprio inquest’ultima campagna di scavo,quando violente e continue pioggehanno comportato l’allagamento del-l’area e un accumulo di fango e detri-ti superiore ai trenta centimetri.

In conclusione, pur essendo lericerche ancora in una fase embrio-nale, si possono trarre alcune consi-derazioni in merito alla cronologiadel teatro, alle fasi che lo caratterizzano e al suosviluppo progettuale. Prendendo avvio propriodall’ultimo punto, penso sia innegabile che lasituazione geomorfologica del sito abbia condi-zionato fortemente le scelte degli architetti chehanno progettato il monumento.

È molto probabile, infatti, che per la costru-zione dell’impianto, ricavato in una conca carat-terizzata da forte acclività, si sia ricorso, almenoa valle, ad un massiccio sistema di sostruzioni.La natura del terreno deve avere comportato, invia preventiva, una impegnativa opera di regola-rizzazione del banco roccioso e la creazione di unampio terrazzamento, soluzioni indispensabiliper ottenere un livello pianeggiante su cuicostruire orchestra e, naturalmente, edificio sceni-co. Apprestamenti di questo tipo furono adotta-ti, per esempio, per i teatri di Pergamo e Balburain Asia Minore12.

A questa prima fase si riconducono gli stratidi livellamento artificiale a matrice argillosa, dicolore grigiastro, probabilmente ‘tagliati’ in etàromana per ricavare la cavità dell’hyposcaeniumsotto il pulpitum. Questi livelli, pur essendopoveri di reperti mobili, hanno restituito fram-menti di ceramica comune e a vernice nera, rife-ribili, con tutta probabilità, ad età ellenistica.

Allo stesso periodo dovrebbe essere riconduci-bile anche la canaletta rinvenuta nell’hyposcaenium,verso il limite occidentale del corpo scenico. Allaluce di questi dati è possibile ipotizzare, per ilteatro, una fase originaria collocabile in età elle-nistica. Di questa fase rimane testimonianza, perora, nei lavori di terrazzamento sotto la scena e ameridione di essa, ma non è escluso che le grandistrutture murarie in opera trapezoidale che costi-tuivano l’ossatura del teatro, ora solo in minimaparte affioranti, si possano riferire a questa fase13.Sulla cavea abbiamo tuttora così pochi dati cheesprimere qualsiasi considerazione appareindubbiamente precoce.

È probabile che in una seconda fase, inqua-drabile cronologicamente in età medioimperiale,il teatro sia stato ingrandito, con il conseguentespostamento della scena più a sud rispetto a

pp. 396-398 (con bibliografia precedente); per Balburasi veda DE BERNARDI FERRERO 1969, pp. 79-86.

13 Si veda Phoinike I, pp. 49-54.

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12 Sul teatro di Pergamo rimando, in sintesi, a DE

BERNARDI FERRERO 1974, pp. 23-32 e ad ISLER 1994,

53. Resti della facciata settentrionale della scaenae frons. La fondazionepoggia direttamente sopra un filare di blocchi rozzamente squadrati.

quello che era l’originario impianto di età elleni-stica. Per una cronologia più precisa dell’edificioscenico di età romana penso sia necessario aspet-tare i risultati delle prossime campagne, anche sele sobrie soluzioni architettoniche che caratteriz-zano la scaenae frons farebbero pensare ad un pro-getto all’insegna del risparmio (Fig. 53).

Gli interventi di età romana dovetterocomunque essere cospicui, comprendendo pro-babilmente anche gli analemmata, come dimo-strano i frammenti della cimasa dei parapetti,rinvenuti nell’hyposcaenium e databili all’etàromana. Le prossime campagne di scavo, chedovrebbero riportare in luce orchestra e analem-mata, consentiranno di fare chiarezza sulle vicen-de di questo importante monumento, che atutt’oggi, sulla base delle dimensioni ipotizzate,sembra configurarsi come uno dei più grandidell’Epiro.

Riccardo Villicich

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