"I nostri padri ci hanno raccontato". L’arte della narrativa nella comunicazione della fede
Scrittura per l’arte, arte per la scrittura (1995)
Transcript of Scrittura per l’arte, arte per la scrittura (1995)
STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA .
Diretta da ENRICO MALATO
Volume Il
IL TRECENTO ·
[Estratto]
SALERNO EDITRICE
ROMA
STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA
Volume I DALLE ORIGINI A DANTE
Volume II IL TRECENTO
Volume III IL QUATTROCENTO
Volume IV IL PRIMO CINQUECENTO
Volume V LA FINE DEL CINQUECENTO E IL SEICENTO
Volume VI IL SETTECENTO
Voluine VII IL PRIMO OTTOCENTO
Volume VIII TRA L'OTTO E IL NOVECENTO
Volume IX IL NOVECENTO
Appendice
Volume X LA TRADIZIONE DEI TESTI
(Coordinatore: CLAUDIO CtOCIOLA)
Volume XI LA CRITICA LETTERARIA DAL DUE AL NOVECENTO
{Coordinatore: PAoLo ORVIETo)
Volume XII LA LETTERATURA ITALIANA FUORI D'ITALIA
(Coordinatore: fRANCESCO ERSPAMER)
Volume XIII LA RICERCA BIBLIOGRAFICA. LE ISTITUZIONI CULTURALI
(Coordinatore: MARIO ScoTTI)
Volume XIV BIBLIOGRAFIA DELLA LETTERATURA ITALIANA. INDICI
Con il patrocinio di
ENTE CASSA DI RISPARMIO DI ROMA
m
.CAPITOLO VIII
SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTl~RA *
di CLAUDIO CIOCIOLA
I. «VISIBILE PARLARE». TRADIZIONE E .FUNZIONE DELLA SCRITTURA "ESPO
STA": DALL'ISCRIZ:::JNE DI SAN CLEMENTE AI CICL( PITTORICI DEL DuE,
DEL TRE E DEL PRIMO QUATTR()CENTO.
Le modalità della scrittura epigrafica hanno origini remote: nell'Europa medievale direttamente condizionate e influenzate dalla tradizione romana, classica e tardoantica. Le prerogative essenziali del testo "esposto" -pubblicità, concisione e memorabilità- sono riassunte con grande efficacia in un luogo, p i il volte citato, dei Sermones (319 8) di s. Agostino.' L'autore allude a un testo metrico trascritto, o fatto trascrivere, sulle pareti di una cella:
Qui d vobis plus dicam et multum loquar? Le gite quatuor versus quos in cella scripsimus, legite, tene~e. in corde habete. Propterea enim eos scribere voluimus, ut qui vult lega\, quando vult legat. Ut omnes teneant, ideo pauci sunt: ut omnes legant, ideo publice seri p ti sunt. Non opus est ut quaeratur codex: camera illa codex vester sit.2
Implicita è la prFidentificazione,deidestinatari- evidentemente alfabetiz. zati - del messaggio esposto.
Anche nell'Italia tardo medievale, e ormai bilingue,!' usuale ricorso, nella
* Per la documentazione dei contenuti di questo cap., si rinvia il lettore ai primi due inserti iconografici di quCsto vol.: <l Visibile parlare 1> e !l'senso della morte e ['amore per la vita nel Trecento.
I. Di<< scritture esposte», formula entrata nell'uso, ha parlato per primo A. PETRticci, La scrittura fra ideologia e rappresentazione, in Storia dell'arte italiana, vol. m, to. 21!, Torino, Einaudi, 1980, pp. 3-123, poi ampliato in Io., La scrittura. Ideologia e rappresentazione, Torino, Einaudi, 1986. «Epigrafia» ed «epigrafico» alludono, comunemente, a documenti e tecniche dell'iscrizione lapidaria: in questa sede, piU ampiamente, a qualsiasi tipo di «scrittura esposta», con la doverosa eccezione dei graffiti {per specificare, si parlerà, ave necessario, di «epigrafi lapidarie»).
2. 'Che altro dirvi e a che fine dilungarmi? Leggete i quattro versi che abbiamo scritto nella cella, leggeteli, imparateli a memoria, conservateli nel vostro cuore. Abbiam9 voluto che fossero scritti perché li legga chi vuole e quando vuole. Sono. pochi affinché tutti possano mandarli a memoria: sono scritti pubblicamente affinché tutti pOssano leggerli. Non è necessari'o che si ricerchi il manoscritto: quella camera sia il vostro manoscritto' (in PL, vol. XXXVIII col. 1442).
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registrazione del testo, ai. più consueti materiali, pergamenacei o cartacei, prevede significative eccezioni. Circostanze specifiche, riconducibili alla volontà di raggiungere, simultaneamente e in forma pubblica (piu spesso nell' àmbito di un idoneo, o altrimenti signifièativo, contesto "monumentale"), !"'uditorio" piu vasto, determinano - negli autori o nei committenti dei testi - la scelta di supporti, e tecniche di scrittura, peculiari: la pietra (scolpita a scavo o a rilievo), la superficie parietale (dipinta a fresco o decorata a mosaico), la superficie pavimentale (decorata a mosaico o a intarsio), la tavola !ignea (dipinta), il metallo (fuso o sbalzato o smaltato), la terracotta e la maiolica (dipinte), il vetro, la stoffa (filata o ricamata), l'avorio. Alcune «superfici dure>> ·possono del resto ospitare~, in epoca posteriore all' esecuzione del manufatto di<< supporto>>, messaggi sovrapposti (in genere a graffio): abusivamente promossi al rango di scritture pubbliche, anche sè -estranei alle intenzioni dei committenti ed esecutori del contesto·- etero-
. gerrei per statuto rispetto alle vere e proprie «scritture esposte». In significativa concomitanza con il progressivo espandersi della civiltà
comunale, la rinnovata città italiana - e con rilievo tutto speciale, a partire dalla Pisa centesca (vero fomite di tradizione epigrafica), la città toscana due-trecentesca ~ ti si presenta affollata d'iscrizioni.3 Molteplici sono le tecniche, svariati i contenuti. Iscrizioni scolpite nella pietra incrementano le tradizioni, tutt'altro che recenti, dell'.epigrafia funeraria (sarcofagi, lastre terragne, e,cc.), dell'epigrafia commemorativa e di quella documentaria: sporadica, ma vigente, è la pratica della riproduzione di strumenti legislativi e normativi o di diritto pubblico (in particolare, bolle e privilegi pontifici) e privato.4 Iscrizioni dipinte a fresco corredano i grandi cicli, agiografici o d'ispirazione scritturale, "istoriati" sulle pareti di chiese e di altre sedi della vita religiosa e assistenzi~le (conventi, oratori di comunità laiche, ospedali); ovvero integrano, nei luoghi del potere politico e dell' amministrazione/esecuzione della giustizia (palazzi pubblici, sedi delle ~rti, palazzi di podestà e bargelli, carceri), le grandi ~llegorie laichè prodotte dall'« arte ci-
3· Per la ripresa epigrafica pisana del sec. XII, in relazione a« gen_esi e sviluppo della letteratura volgare», vd. I. BALDELLI, La letteratura volgare in Toscana dalle Origini ai primi decen-ni del secolo XIII, in LIE, Storia e geografia, vol. r 1987, pp. 65-77. in partic. alle pp. 69-71 (con bibliogr.): dei documenti citati, particolarmente notevoli quelli, tardocenteschi, nelle formelle bronzee di Bonanno per i portali del Duomo di Pisa e di Monrea~e.
4· Vd. A. STussr, La carta lapidaria di Urbano V, in Scritti linguistici e filologici in onore di Tristano Bolelli, a cura di R. AJELLq e S .. SANI, Pisa, Pacini; 1995, pp. 483-91.
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CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER .LA SCRITTURA
vica». Iscrizioni dipinte su tavola-commentano immagini votive (nel grande polittico come nell'altarolo portatile) o mitologico-allegoriche (sulle fiancate dei cassoni nuziali, sui deschi da parto). Altre iscrizioni, sbalzate o fuse nel metallo, arricchiscono l'oreficeria sacra o le. superifici di campane, placchette, monete, medaglie e sigilli; traspaiono nelle vetrate delle chiese; occhieggiano nei tessuti di abiti, parainenti, arazzi. L'insieme di qùesti testi, ordinariamente in latino, ma anche, sempre piu spesso - a partire dal sec, XIII-, in volgare, forma un contingente non trascurabile, per quantità e interesse, e talvolta per specifico rilievo, di manifestazioni testuali, disparate per natura, tipologia, destinazione e funzione. -.
A diff~renza di quanto si verifica nel campo dell'epigrafia classica- e, in misura minore, di quella mediolatina -, ancora non sufficientemente approfonditi risultano però gli aspetti costitutivi dell' "epigrafia volgare". La tradizione degli studi romanzi non riconosce infatti all' àmbito epigrafico. quella dignità e autonomia di ruolo scontate invece nell'antiquaria e in genere nella tradizione degli studi classici. Ne consegue l'indisponibilità di
· repertori e di trattazioni storiche che autorizzino l'elaborazione, su fondamenti non: aleatori, d'interpretazioni di carattere sintetico. 5 Si tratta di lacuna particolarmente incresciosa sotto il profilo degli studi paleografici, non meno che storico-linguistici: molteplici peculiarità dei testi epigrafici in
. volgare, a partire dalla loro localizzazione e datazione (in numerose località italiane sono epigrafiche le prime, o tra le piu antiche, attestazioni dd volgare), rendono infatti questa ricca cong~rie di documenti estremamente interessante per lo storico della lingua, e per il linguista tout court.6 Com'è stato di recente suggerito, alla facoltà di descrivere documenti rilevanti per età e caratterizzazione si affianca l'opportunità, d'interesse piu generale, di classificarne i messaggi secondo criteri tipologico-funzionali, anche in sen- ·
5· Per l'Italia tardomedievale e prim.orinascimentale,l'unico corpus di tescl epigrafici, latini e volgari, fin qui tentato è quello, prezioso ma circoscritto a una preciSa area g_eo-cronologica e a un'esclusiva categoria tipologica (le iscrizioni dipinte), di D.A. Covi, The Inscription in Fifteenth Century Fiorentine Painting (Ph. D. Diss., 1958), New York-London, Garland, 1986.
6. Sull'importanza storico-linguistica dei documenti epigrafici ha richiamato l'attenzione in piU occasioni A. STussi, del quale vd. riassuntivamente Epigrafi medievali in volgare dell'Italia settentrionale e della Toscana, nel vol.« Visibile parlare,>. Le scritture esposte nei volgari italiani dal Medioevo al Rinaùimento, a cura di C. CIOCIOLA, Napoli, Esi, in corso di stampa, pp. 149-75 (nello stesso vol. vd. anche P. D'AcHILLE, Didascalie e« istorie" quattrocentesche nel Lazio, pp. 223-60, e N. DE Busr,· Iscrizioni in volgare nell'Italia meridionale: prime esplorazioni, pp. 261-301). Per gli aspetti paleografici vd. A. PETRUCCI, Il volgare esposto: problemi e prospettive, ivi, pp. 45-58.
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so pragmatico-situazionale, e di caratterizzarne in consegue~za gli originali elementi discorsivi.'
La tradizione del volgare esposto- destinata a svilupparsi, con particolare vivacità e varietà di manifestazioni, nel Trecento toscano - ha .remota preistoria. Per inusualità del su p~ orto e delle tecniche di scrittura si caratte
. rizza infatti la trasmissione di alcuni dei piu venerandi monumenti dell'italiano preletterario. Inciso a graffio nell'intonaco di una parete affrescata (sec. VI-VII) è il Graffito della catacomba di Commodilla (Roma, prima metà del sec. IX). Dipinte nell'organico contesto di una "storia" affrescata sono le "didascalie" dell'Iscrizione di San Clemente (Roma, fine del sec. XI). Scolpita nella cornice di un sarcofago marmoreo è l'Iscrizione di Giratto (Pisa, seconda metà del sec. XII). Pregiati per età e per intrinseci caratteri, questi documenti rappresentano gl' incun~boli del «visibile parlare>>: éonsuetudine destinata a esplicarsi prevalentemente ai margini, ma non all' esterno, della storia letteraria vera e propria, e a coinvolgere, nella fase di massimo fulgore, arti~ti di grido e monumenti di straordinaria fattura: da Simone Martini ad Ambrogio Lorenzetti a Taddeo di Bartolo, nei grandi cicli "civici" del Palazzo Pubblico di Siena;a.Buffalmacco e-seguaci, nei cicli del Camposanto di Pisa; all' Orcagna in S. Croce a Firenze, a Guariento in Palazzo Ducale a Venezia.
Caratterizzati da sostanziali differenze tipologiche, gli esempi piu arcaici introducono, nel vivo della loro esemplare al)torevolezza, ai principali temi sollecitati dalla discussione delle scritture esposte in volgare. L' antichissimo Graffito della catacomba di Commodilla è inciso, all'interno della basilichetta dei SS. Felice e Adàutto, sulla cornice Jipinta di un affresco raffigurante la vedova Tortora. a D'interesse virtualmente collettivo, nella pur ristretta cerchia dei religiosi officianti, il testo è un aggiornato promemoria liturgico:
Non dicere ille secrita a bboce.
In silenzio, o al piu "~ormorando", e non a voce alt~, il celebrante deve re-
7· Vd. in particolare F. SABATINI, Voci nella pietra dall'Italia mediana. Analisi di un campione e proposte per una tipologia delle iscrizioni in volgare, in <<Visibile parlare J>. Le scritture, ecc., cit:, pp. 177-222.
8. Vd. F. SABATINI, Un'iscrizione volgare romana della prima metà del secolo IX. Il Graffito della Catacomba di Commodilla [1966], in F. SABATINt-S. RAFFAELLI-P. D'AcHILLE, Il volgare nelle chiese di Roma. Messaggi graffiti, dipinti e incisi dal IX al XVI secolo, Ronla, Bonacci, 1987, pp. 5-34·
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CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
citare le « secrete >> del canone. L'estemporaneità dell'incisione a graffio riflette l'urgenza, ma anche l' occasionalità, dell'invito, ascrivibile a uno zelat~re delle piu recenti innovazioni liturgiche: tenuto conto chela consuetu- · dine della recita silenziosa, diffusa in àmbito gallicano, fu introdotta in Roma nei primi decenni del sec. IX. Genericamente indirizzato, per effetto della sua "pubblicità", a ogni celebrante ignaro dell'uso o incline, per inveterato costume, a ignorarne il precetto, il monito sembrerebbe tuttavia rivolto, in origine, ad personam. E tanto confermerebbe, in età e àmbito di assoluto prestigio del latino (l'esortazione è diretta da chierico a chierico), proprio la vernacolarità del testo, nella quale potrebbe tradirsi un' intenzionalità espressiva: alludere ironicamente, per il mezzo del registro linguistico, alla"rusticità" dell'attardato destinatario.9
Tutt'altra situazione comunicativa s'instaura nelle Storie della vita di s. Clemente, affrescate, sempre a Roma (basilica inferiore di S. Clemente), piu di due secoli p ili tardi. Qui i testi, per volontà dell'esecutore e probabilmente dei committenti, esplicitamente nominati, formano ab origine parte integrante del monumento pittorico, del quale orientano funzionahnente l'interpretazione.tD Nella superficie affrescata, in tre registri sovrapposti, si narrano scene della vita romana dd santo, uno dei primi successori di Pietro (vd. il vol. I sez. I, cap. m par. 9). Nel primo riquadro dal basso sono leggibili, all'interno del campo pittorico, battute dialogiche a mo' di fumetto, che i protagonisti si scambiano alternando volgare e latino. La parola riprodotta determina una sorta di "teatralizzazione" dell'.evento pittorico: o meglio,
' esplicita la teatralità implicita nel rapporto tra i personaggi, in scena e fuori scena, e gli spettatori. Due dei personaggi (secondo l'interpretazione piu aggiornata),« Gosmari » e «Sisinium »,sono identificati mediante "cartellini", o didascalie onomastiche. N el riquadro del registro mediano, alla sini~ stra del pontefice, sono ritratti i committenti, Ben o de Rapiza e consorte: la dedica dell'intero ciclo, in latino, corre i'n bell'evidenza al piede della scena, ma all'esterno dell'area "istoriata". Al suo interno si discerne invece un ulteriore attestato di "parola dipinta", inquadrato nel piu ovvio dei "contenitori" mimetici; un libro (il pontificale del santo). Il frescante, o il suo diretto
9· Cfr. L. PETI;tuCCI, Il problema delle Origini e i piU antichi testi italiani, in SLIE, vol. III 1994, pp. 4-73, a p. 26 (con rimandi alla bibliogr. precedente).
ro. Vd. S. RAFFAELLI, Sull'iscrizione di San Clemente. Un consuntivo con integrazioni, in SABATINI
-RAFFAELLI-D'AcHILLB, Il volgare, ecc., cit., pp. 35-66 (con rassegna dell'ampia bibliogr. precedente).
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SEZ. IV ' VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
ispiratore, obbedisce, .nell'eseguire quest'insieme consapevolmente variato di scritte, a una grammatica del «visibile parlare>> tutt'altro che rudimentale. Con i termini proposti da Raffaelli, è possibile distinguere tra« didasca- . lie testuali», le battute dialogiche in discorso diretto; « cotestuali »,le designazioni onomastiche; e «contestuali», la formula di dedica. Evidente, o addirittura conclamata, è l'intenzionalità- funzionale ed espressiva - del bilinguismo. Latino e volgare si contrappongono nell'opposizione di "interno" ed "estern"" (l'iscrizione« contestuale» o esterna, di dedica, è in lati-. no), ma anche, per un'attivazione stilistica del plurilinguismo, nella sceneg!datura, interna, ·delle "voci:'.11 Al volgare coloritamente concitato sia dei servi incaricati dell'arresto del santo ( « Fàlite deretq colo palo, Carvoncel
·le ») sia del loro padrone, il patrizio Sisinnio ( << Fili dele pute, tràite » ),12 si contrappone il latino, grammaticalmente non impeccabile ma esente da volgarismi, del santo: « Duritiam cordis vestris saxa traere meruistis ».13 Il valore espressivo ("stilistico") dell'opzione è ribadito dall'anacronismo linguistico. La variazione di registro sottolinea una distanza "morale": al messaggio spiritualmente elevato del santo si addice il latino; al "cieco" vaneggiamento dei pagani un volgare, idiomaticamente caratterizzato, d'impronta "comica". Il Ùnto, in posizione dominante nei registri superiori, nel terzo
. riquadro recita peraltro "fuori campo": e l'orchestrato gioco della provenienza delle "voci", e dei loro reciproci rapporti - di destinazione e di successione -, si arricchisce di un nuovo fattore di varietà (la battuta, "interna", è pronunciata da un "fuori" indeterminato; e, parte integrante del copione, si rivolge agli attori in scena ma anche- si è parlato di accenti "omiletici"al pubblico degli osservatori che "ascoltano" dall'esterno).
La contestualità dei testi caratterizza dunque il ciclo di S. Clemente, determinandone la funzionalità "esegetica". L'interazione con un contesto figurativo determina complicazioni non irrilevanti sotto il profilo della "parti tura": la molteplicità dei segmenti testuali solleva infatti, come si è visto, questioni di registro, linguistico e stilistico; di "voci"; di dialettica "inter-
11. Per le questioni di distinzione funzionale "interno"/"esterno" 'e di "voci", si rinvia al saggio di G. Pozzi, Dall'orlo del visibile parlare, in <r Visibile parlare J>, Le scritture, ci t., pp. 15-41 (anticipato in Io., Sull'orlo del visibile parlare, Milano, Adelphi, 1993, pp. 439-64); e, in una prospettiva specificamente linguistico-funzionale, a SABATINI, V'Gei nella pietra, ecc., cit.; spunti ulteriori nelle Conclusioni di C. SEGRE, ivi, pp. 461-68.
12. 'Fagliti dietro con il palo, Carboncello'; 'Figli di puttana, tirate'. 13. 'Per la durezza del vostro cuore meritaste di trascinare pietre' (emendando tacitainente
duritiam in duritia, abl. causale, e vestris in vestri). '
CAP. VIII • SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
·no" l" esterno"; ecc. Nell'affresco di S. Clemente, come piu tardi nei grandi contesti pittorici dell'Italia trecentesca, la componente figurativa gioca comunque un ruolo «egemonico ».14 Il testo verbale coopera alla miglior comprensione del testo iconico: lo spettatore può tuttavia prescinderne. Al contrario, il testo verbale, concepito e composto per l'integrazione all'immagine, può risultare (almeno in parte) "incomprenibile" se decontestualizzato,lS Per ritondurci all'esempio di S. Clemente, la battuta << Fàlite dereto colo palo, Carvoncelle >> non vive di vita propria se non in quanto integrata all'immagine~ In particolare, la deissi pronominale nella forma verbale << Fàlite >> si spiega soltanto nel contesto situazionale della raffig~razione: le regole della linguistica testuale "verbale" interagiscono funzionalmente con le regole della "linguistica" figurativa. La presenza di elementi deittici, avverbiali e pronominali- in formule del tipo «Qui si vede ... >>, «Questo è ... >>, o anche piu sfumate-, è del resto elemento caratterizzante dei testi epigrafici, nella tradizione latina come in quella volgare.
L'eccezionalità del supporto, pur contribuendo a determinare talune, e non irrilevanti, caratteristiche dei testi epigrafici (condizionandone, per esempio, l'estensione), in quanto carattere estrinseco, non costituisce un criterio di classificazione tipologica efficace.Altro è il graffito, altro il testo epigrafico; altro è l'epigrafe lapidaria, erede, oltretutto, di un'antica e consolidata tradizione; altro l'epigrafe dipinta, di piu recente e autonoma "maniera". L'intenzionalità della "pubblicazione" varia, d'altronde, in funzione di autori- e committenti-, modalità e destinatari dell'atto con;tunicativo: !'"abusivo" graffito, frettolosamente inciso da un anonimo scrivente, è tutt' altro dall'epigrafe formale, concepita per "ammaestrare", dettata ed esposta secondo le articolate direttive di un committente istituzionale (piu spesso, l'autorità politica o religiosa). In rapporto all'eterogeneità tipologicofunzionale differiscono sensibilmente le caratteristiche tecniche dell' esecuzione materiale e le' modalità linguistico-stilistiche della redazione dei testi.'6
Una discriminante di rilievo è comunque rappresentata dalla compre-
14. Cfr. F. BRUGNOLO~ !1 Voi che guardate ... ». Divagazioni sulla poesia per pittura del Trecento, in <( Visibile parlare>>. Le scritture, cit., pp. 305-39, a p. 308. .
'15. Per le varie modalità della "tradizione" (in accezione filologica) dei testi epigrafici in volgare, vd. C. CIOCIOLA, ((Visibile parlare 1>: agenda, in «Rivista di letteratura italiana», vol. VII_
1989, pp. 9-77 {anche in vol.: Cassino, Università degli Studi, 1992), in partic. ai par. r8-19, 21. 16. Un'endemico esempio {dalle pareti del Palazzo Pubblico senese) della diffusione
quattrocentescà dei graffiti in volgare è studiato da L. MIGLIO, Graffi di storia, in «Visibile parlare!>. Le scritture, cit., pp. 59-71 {con bibliogr. sull'ancora poco studiato fenomeno).
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'•,
SEZ. IV · VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
senza di un apparato figurativo piu o meno complesso. Assai rara, se non a fini di accompagnamento "didascalico", risulta l'integrazione di scritte nella plastica: notevole, ma eccezionale, il caso del David bronzeo di DonatelloP È questa una delle ragioni delle sostanziali differenze tipologiche che in genere oppongono le iscrizioni dipinte ~ quasi sempre aggregate a un programma d'immagini - alle iscrizioni lapidarie, che piu spesso ne prescindono.
2. VOLGARE E LATINO, POESIA E ?ROSA NELLE ISCRIZIONI LAPIDARIE E P ARIE-'
TALI
Lingua epigrafica usuale resta, in epoca medievale, e a maggior ragione in epoca umanistico-rinascimentale, il latino. L'adozione del volgare si afferma in tempi diversi e sempre con modalità e finalità peculiari. È già emerso dall'analisi dei due vetusti esempi del Graffito della catacomba di Commodilla e dell'Iscrizione di San Clemente che l'opzione del volgare comporta caratteri "marcati" e che la dialettica latino/volgare, sempre implicita, conduce talora a significative forme di bilinguismo.
L'esplicitazione del bilinguismo si attua, in genere, nelle due forme documentate dall'Iscrizione di San Clemente.lB Meno frequente- e anzi, in qualche sorta, eccezionale -è la contrapposizione di t!po "interno": quella che, nel peculiarissimo copione a "fumetti", determina un'opposizione strategica dei registri con finalità di connotazione stilistica (latino del santo l volgare dei peccatori pagani). Canonica invece l'altra: quella che prevede l'adozione del volgare per il "testo interno" ( « didagcalia testuale», secondo la terminologia di Raffaelli), mentre riserva al latino le parti "esterne", o «contestuali». Al volgare compete dunque l'espressività funzionale, al latino la referenzialità circostanziale. N elle epigrafi bilingui tenderanno pertanto a manifestarsi in latino le iscrizioni di dedica (come appunto in San
17. Vd. M.M. DoNATO, Immagini e iscrizioni nell'ilrte 1}Jolitica 1'fra Tre e Quattrocento, in <l Visibile parlare>>. Le scritture, cit., pp. 341-96, a p. 344· 1 ·
18. La frammentarietà dei mosaici pavimentali di Casale Monferrato e di Vercelli, risalenti all'incirca agli stessi anni dell'affresco di San Clemente, e contenenti notevoli, anche se brevissimi, inserti in latino e in volgare, non consente di giudicare del« preciso ruolo del volgare nel piano iconografico dell'intero mosaico» (PETRUCCI, Il problema delle Origini, ecc., ci t., p. 69, con bibliogr.).
CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
Clemente) e di datazione, Ie firme, e in genere tutti gli elementi - molto spesso confluiti in un'unica iscrizione- riferiti a condizioni "circostanziali". Può in proposito istituirsi un parallelo, d'ordine se non altro tipologico;con l'abitudine medievale di redigere in latino le componenti paratestuali dei componimenti poetici in volgare: indpit ed explidt, titoli e rubricature, glosse e altri apparati esegetici, non escluso il vero e proprio commentario: si pensi ai Documenta Amoris di Francesco da Barberino e all'Acerba di Cecco d'Ascoli, che sono entrambi, oltretutto, testi ~ figure. ·
Tra i molti, un esempio assai precoce è rappresentato dalla duplice iscrizione funebre del giudice pisano Giratto (morto entro il n76). Opera del celebre scultore B.iduino, attivo a Pisa negli anni II74-rr8o, il sarcofago di Giratto è oggi conservato nel Camposanto monumentale di Pisa.19 La prima delle due epigrafi, in latino, corre lungo la cornice superiore della fronte, e reca la "firma" e il nome del committente: «Biduinus maister fecit hanc tumbam.ad dominum Girattum >> ('Il maestro Bi duino ha fatto questa tomba per il signore Giratto'). Nella seconda, incisa nella cornice inferiore,
· forse ad opera di altro lapicida - ma in sostanziale sincronia -, il defunto rivolge al passante, nei modi tradizionali dell'epigrafia funeraria, l' allocuZlOne:
Homo ke vai per via, prega Dea dell'anima mia, sf come tu se' ego fui, sicus [per sicut] ego sum tu dei essere.2o
La prima parte dell'allocuzione è tutta in volgare, mentre la seconda, che ripete un motivo fortunatissimo, è sapièntemente costruita sull'alternanza chiastica delle parti estreme, riferite alla condizione presente e futura del passante. (in volgare), e di quelle intermedie, riferite alla condizione passata e presente del defunto (in latino).21 Un carattere assai notevole della prima parte dell'allocuzione consiste nell'elaborazione metrica: se proprio di due 1
versi (un settenario piu, a seconda della lettura, un novenario o decasillabo, '
19. Vd. A. STussi, La tomba di Giratto e le sue epigrafi, in SMV, vol. xxxvi 1990, pp. 63-71. 20. '0 uomo che vai per via, prega Dio per l'anima mia, cosi come tu sei io fui, come iO so
no tu sarai'. 21. Cfr. PETRU.ccr, Il problema delle Origini, cit., p. 70. Per il motivo dell'« Ego fui ... », vd.
STuSSI, La tomba di Giratto, ecc., cit., p. 66; esso è anChe «nucleo genetico» dell'incontro dei tre vivi e dei tre morti, motivo ico'nografìco topico e abitualmente connesso a testi didascalici: vd. M.E. RoMANO, Il<( detto J> campano dei tre morti e dei tre vivi, in SM, s. m, vol. XXVI 1985, pp. 405-34, in partic. a p. 421.
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SEZ. IV • VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
'
con alternanza anisosillabica irrituale: ma non deve trascurarsi l'ipotesi del-l'arieggiamento di un esametro leonino), siamo comunque in presenza di due stichi rimàti. L'adozione della formula distica monorima, destinata a larga fortuna epigrafica, non può imputarsi al caso.22 '
All'opposizione di registro linguistico (latino/volgare) nelle piu at{tiche iscrizioni, o meglio, nei complessi epigrafici, bilingui, sembra dunque corrispondere -anche se l'esperienza della varietà dei fenomeni, e l'ancora assai lacunosa conoscenza del corpus, suggeriscano di temperare affermazioni troppo assiomatiche - un'opposizione, per dir cosi, di, "esterno" /"interno": o meglio, di referenziale/ espre~sivo. N eli' iscrizione della tomba di Giràtto si constata per la prima volta anche il sovrapporsi, certo non accidentale, alle precedenti, di un;J. terza opposizione: prosa/poesia, nel senso tecnicoc formale di testoèlaborato secondo una struttura metrico-ritmica/e rimica embrionalmente consapevole. Al latino prosastico compete la formularità della patte "circostanziale" (nel caso specifico, plurifunzionale: firma dell' artefice e nome del committente/ defunto), al volgare, in un settore del testo che contemplo ,,fi• ulteriore e raffinata contaminazione con il latino, l'elaborazione "versificata", o insomma ritmica, di un motivo letterario tradizionale, direttamente coinvolgente il lettore.·
La natura non occasionale di tali opposizioni è significativamente confemata da un'eccezionale documento. genovese, posteriore di circa un secolo (1259): la Lapide funebre dei fratelli Lercari (oggi a!' Museo di Scultura e Architettura Ligure di Sant'Agostino).23, È ·un piccolo manufatto marmoreo, impreziosito da un rilievo argenteo che ritrae, in una simbolica architettura e inginocchiati simmetricamente ai lati della Vergine, i due defunti commemorati: i fratelli Simonetta e Percivalle Lercari. La superficie della lapide, armoniosamente squadrata e rigata secondo un'impostazione evidentemente "libraria"- anche nell'alternanza delle paste nera e rossa adoperate per colorire l'incavo delle lettere incise-, ospita un'iscrizione bipartita, ma senza àppariscenti segnali di frattura (entrambi i testi sono conclusi da un identico segno interpuntivo):
22. I decasillabi si mescolano agli otto/novenari (anche in questo caso la struttura è a distici monorimi, o monoassonanzati) nell'epigrafe lucchese (1290) per il sarcofago èl.ella famiglia Guidiccioni: vd. V.R. GmsTINIANI, Un'iscrizione volgare del Dugento nella Basilica di S. Frediano in Lucca, in ID, vol. xxxn 1969, pp. 1-9 . . 23. Vd. STussr, Epigrafi medievali, ecc., ci t., pp. 152-53 e 175 (con riepilogo bibliografico), coll
le osservazioni di PETRUCCI, Il volgare esposto, ecc., cit., pp. 51-52.
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CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
Moccoloviiii ad dies xvi agusti ante tercia transierunt de hoc seculo domina Simoneta et Pr~civarius Lercarius eius frater, que anime in pace requiescant ante Deun, amen.
Tu qi qui ne trovi, per De no ne movi.24
La duplice iscrizione riflette esattamente due delle tre opposizioni in precedenza enucleate (di "interno" l" esterno" è qui, come del resto nel sarcofago di Giratto, piu difficile discorrere,per il prevalere del modello "continuo" dell'epigrafe lapidaria, non intrinsecamente collegata al rilievo metallico fìgnrato): l'enunciazione degli elementi circostanziali- datazione della morte e nomi dei sepolti, con formula d'invocazione- è in prosa htina; in versi volgari l'apostrofe allettore/viandante, ancora nella forma del distico monorimo: l'esecuzione è questa volta irreprensibile, ma il verso, il senario, costituisce un rarità metrica. Evidente il parallelismo con il precedente pisano di Giratto. Che si tratti di convergenze non occasionali risulta, ove necessario, confermato da un terzo esempio, tardotrecentesco: quello dell'epigrafe modenese (1396) del monumento funebre di Francesco Roncaglia.25 Testo latino e testo volgare sono qui nettamente distinti (rispettivamente, a sinistra e a destra de\lo stemma di famiglia): quello latino contiene la datazione e il nome del committente; quello volgare, in una griglia rimata di fattura assai andante, il motivo stesso dell'iscrizione volgare di Giratto:
Eio fu e CÌuelo che tu è e tu serà quel o che e' sum mi, la morte s' aspeta ogni di, prega Dio per. mi che eia lo pregarò. per ti.26
In un contesto votivo e non funebre, l'opposizione poesia/prosa è correlata a quella "interno"/"esterno", nel bassorilievo napoletano di Franceschino da Brignale (1361).21 ·
'Con il progressivo affermarsi.del volgare, le regole oppositive appena
24. '1259 il giorno 16 d'agosto prima dell'ora terza trapassarono da questo mondo la signora Simonetta ç ~ercivalle Lercari Suo fratello: le loro anime riposino al cospetto di Dio,
. amen. Tu che qui ci trovi, per Dio non rimuoverei'. 25. Il testo è riedito e commentato da STUSSI, Epigrafi medievali, cit., pp. 153-54. 26. 'Io fui quello che tu sei. e tu sarai quello che sono io, la morte si attende ogni giorno,
prega Dio per me.che io lo pregherò per ~e'. 27. V d. da ultimo F. SABATINI, Lingue e letterature volgari in competizione, in Storia e civiltà della
Campania. Il Medioevo, a cura di G'. PuGLIESE CARRATELLI, Napoli, El~ eta Napoli, 1992, pp. 401-31, a p.-409, e DE BLASI, Iscrizioni in volgare, ecc., ci t., ·pp. 265-68.
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SEZ. IV · VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
enucleate, e che pur'ritengono una loro validità di ordine generale, sono passibili di eccezioni e varianti. Affiora, per esempio, una tendenza a esprimere in volgare - prevalentemente prosastico - gli elementi circostanziali riferiti alla committenza. l responsabili di commissioni private, o connesse ad ambienti di religiosità confraternale, in genere ignari o scarsamente isttuiti nel latino, ma desiderosi di raggiungere un pubblico alfabeta in lingua volgare (si pensi al ceto artigiano o mercantile délle città), tendono infutti a impo.re la lingua dell'uso per assicurare- a sé e ai potenziali spetta-. tori/lettori- piena intelligenza e memoria di atti munifici e di devota pietà.2B È p.otevole che al volgare della dedica spesso si opponga, nella firma-datazione, il latino dell'artefice, certo per livello culturale non ttoppo lontano dal suo committente: agirà in tal caso un effetto di "trascinamento" della trae dizione.29 Altrimenti caratterizzato, e d'altronde eccezionale, è l'esempio offerto dalla lapide sepolcrale di Andrea Baragazza, nel chiostro bolognese di S. Domenico (1419): in dotti esametri latini è qui l'epigrafe commemorativa; in volgare, e anche visivam.ente distinta, un'indicazione delle volontà del defunto:
M.cccc.xvnn a di Xliii d'agosto. La intenti o ne del soprascripto misere Andrea fu e che ma' i.n questa sepoltura non fusse sepelito persona di nesuna condetione salvo che la madre.30 • ·
Un caso in parte diverso, e meritevole di commento, è quello delle firme rimate in volgare, nel quadro della questione piu generale della firma del" l'artista, che meriterebbe tutt'altro approfondimento. Il diffondersi, nel Trecento, di formule rimate - tali dunque da far supporre una capacità di elaborazione ormai autonoma -'sembra significativamente riconducibile alla nuova coscienza dell'artista, evolutasi proprio a partire dai primi decen-
28. Vd. anche quanto osserva SABATINI, Voci n-ella pietra, cit., pp. 189-90.
1.9. Altra volta l'infiltrarsi del volgare indicherà semplicemente l'incapacità di adeguarsi a un modello linguistico non dominato, nemmeno nelle sue piU ricorrenti strutture formulari: errori di latino, tutt'altro che infrequenti, e volgarismi veri e propri si manifestano, d'altronde, abitualmente negl'inserti "liberi". Indicativa, in prop'osito, è la firma di ~n affresco conservato nella chiesa di S. Zeno di Cerea {Verona):« Ego sumJohannes c'à fata quest[a] in dies se fata pitura complido Mcccv scripsiJohanne » {cito da E. Cozzi, Pef. un catalogo delle scritture esposte in affreschi medioevali dell'area italiana nord-orientale: itinerario essenziale, in <l Visibile parlare>>. Le scritture, cit., pp. 409-23, a p. 414: ma il testo meriterebbe di essere studiato sull' origi-nale). ·
30. Vd. B. BREVEGLIERI, Il volgare nelle scritture eposte bolognesi. Memorie di costruzioni e opere d'arte, in <l Visibile parlare>>. Le scritture, ci t., pp. 73-99, alle pp. 87-88.
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CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
ni del secolo.31 L'artefice intende manifestare la propria identità nel modo piu riconoscibile, nobilitando peraltro il messaggio mediante una sua, pur semplificata, promozione "letteraria": una sce,lta su cui peserà la tradizione mediolatina, prerogativa di architetti e scultori, di firmarsi in esametri leonini o in distici elegiaci.32 Le frammentarie condizioni di conservazione della presunta "firma" della Maestà di Simone Martini ( « ( ... > man de Symone >>) non consentono di attribuire con certezza l'iniziativa della sottoscrizione all'artista, né di decifrare il contesto verbale nel quale s'integrava. Certo è invece che, nella stessa Sala del Palazzo Pubblico senese che ospita la Maestà, Lippo V anni datò e firmò, in una banda inferiore ("esterna"), l'affresco della Vittoria dei Senesi in Vili di Chiana (1373), adottando una coppia di versi monorimi; questa volta, almeno nelle intenzioni, endecasillabi:
Nel mille trecento setant'e (?) tre anni fece questa opera Lippo di Vanni."
Non molto tempo prima - si tratterebbe anzi del.primo esempio documentato -lo stesso metro era stato adottato per la "firma" di un perduto affresco eseguito nel Tribunale della Mercanzia di Firenze dal giottesco Taddeo Gaddi (morto nel 1366). Soccorre la descrizione, singolarmente attenta, di Vasari. Questo il tenore dell'« epigramma>> ("esterno", a giudicare dalla formula vasariana: «sotto la storia è uno epigramma in nome suo>>):
Taddeo dipinse questo bel rigestro, discepol fu di Giotto il buon maestro."
Rimossa qualche perplessità, di ordine anche linguistico, appare assai notevole il richiamo alla filiazione giottesca. La coppia di endecasillabi, inecce-
31. Per l'importanza di Giotto in relazione al consolidarsi della pratica della firma, vd. le osservazioni di Gombrich in D. ERIBON-E.H. GoMBRICH, Il linguaggio delle immagini. Intervista, Torino, Einaudi, 1994, p. 66.
32. Un significativo precedente pittorico, comunque primotrecentesco {1308-I3II), è quello della Maestà di Duccio di Buoninsegna, già nel Duomo di Siena e oggi nel Museo dell'Opera della Metropolitana: « Mater Sancta Dei, sis causa Senis requiei, l sis Ducio vita, te quia pinxit ita » {'Madre santa di Dio, sii per Siena causa di pace [tranquillità], l sii per Duccio fonte di vita, poiché, cosi ti ha dipinto'). Su firme e memorie di committenti- prevalentemente lapidarie- in un àmbito specifico, quello bolognese, si sofferma BREVEGLIERI, Il vo(g~re, ecc., cit., pp. 73-99·
33· Vd. DoNATO, Immagini e iscrizioni, ecc., cit., p. 375 n. III. 34· In G. VAsARI, Le vite de' pia eccellenti pittori scultori e architettori, nelle redazioni del 1550 e
1568, Testo a cura di R. BETTARINI, Cowmento secolare a cura di P. BAROCCHI, Firenze, Sansoni, vol. n 1967, p. 209; e cfr. DoNATO, Immagini e iscrizioni, cit., p. 387 n. 159.
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· SEZ. 'IV · VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
pibilmente eseguita nel caso di Gaddi, è maldestramente echeggiata in altro affresco, tardotrecentesco, di Niccolò di Pietro Gerini. Al piede di un S. Giovanni Battista, affrescato nella Sala capitolare della chiesa di S. Francesco di Prato (1395 circa), si legge infatti:
Niccholò di Piero Gierini dipintore fiorentino pinse qui con suo colore.
Fuor di Toscana, l'uso di firmarsi in versi volgari non è sconosciuto. Un esempio per molti versi rilevante è quello offerto, a Venezia, da una terzina di endecasillabi (a rima ABA) apposta -nella basilica dei SS. Giovanni e Paolo -, al monumento funebre di Iacopo Cavalli, morto nel 1384. Opera dell'artefice Paolo dalle Masegne, suona cosi:
Quest'opera d'intalglio e fatto in piera · un Venician la fe' ch' à nome Polo, nato di Iachomel Chataiapiera.35
In questo caso, come sottolinea l'epigrafe, la firma; in volgare rimato, si attaglia a un'opera di scultura, ed è incisa nella pietra. Anche qui si verifica un' ?PPOsizione di registro: la firma accompagna .infatti altra epigrafe, in versi latini, nella quale si commemorano le qualità e le gesta dell' autorevole defunto. Scelta obbligata, tenuto conto del ceto sociale e cultùrale del commemorato, quella del latino; rilevante invece l'autoaffermazione, in volgare, dell'artefice. L'opposizione è sottolineata anche dalla scelta del marmo, di diverso colore -pietra scura per il latino, bianca per il volgare -nelle due lastre. L'iscrizione-firma del monumento Cavalli importa anche per un'altra ragione: con minime varianti formali ricorre infatti, dieci anni piu tardi, anche nel monumento funebre- affine a quello del Cavalli anche nel modello plastico - del condottiero Prendiparte Pico (morto nel 1394), nella chiesa di S. Francesco di Mirandola:
Questa opera d' entallio fata in preda un Venician la fe' ch' à nome Polo, nato di Iachomel Chataiapreda.
35· 'Quest'opera d'intaglio eseguita in pietra la fece un Veneziano che ha nome Paolo, nato da Giacomello Cataiapiera'.
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CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
Anche qui è compresente un'epigrafe commemorativa in versi latini, e, come a Venezia,~ le due last~e marmoree, a incastro delle rispettive dentellature, sono di diverso' colore: invertito è soltanto il loro ordine di successione.>6
3· PoESIA PER PITTURA. RIPRESE DI DOCUMENTI LETTERARI E COMPOSIZIONI
ORIGINALI: STILE "SUBLIME" E STILE "UMILE"
L'opposizione prosa/poesia, nell' àmbito dell'epigrafia volgare antica, riveste, in genere, ca~attere funzionale. La funzione conativo-espressiva si esplica, in prevalenza, in strutture versificate: a riprova del carattere coatto dell'opzione può, paradossalmente, invocarsi proprio la rozzezza e l'imperizia di non poche delle realizzazioni superstiti. N e consegue la difficoltà di giudicare dell'intenzionale "letterarietà" dei testi; difficoltà aècentuata, oltretutto, dall'uso, largamente praticato, del reimpiego: adattamento al contesto epigrafico di testi poetici, o p ili spesso di ·estratti, p re esistenti, Troppo, del resto, s'ignora circa l'identità degli autori-selezionatori- di norma anonimi-, e sulle modalità con le quali interagivario con artefici e committenti. Per quanto è lecito arguire, la coincidenza dell'autore del testo con l' artefi7
ce del manufatto era fenomeno assai raro: piu spesso l'artista, d'intesa con il committente- o per suo diretto suggerimento-, si sarà rifatto a una sorta di repertorio "aperto", di volta in volta adattabile alle circostanze e alle eventuali esigenze di ambientazione locale. Sintomatica di siffatto procedere è la riproposta, in contesti disparati e remoti nello spazio e nel tempo, talvolta in concomitanza con soggetti coincidenti, di testi identici o impercettibilmente variati: la mobilità dei committenti "pubblici" potrebbe adeguatamente giustificare, almeno in parte, il fenomeno. N egli altri casi- e sempre, senza dubbio, nei cicli di piu elaborata complessità-, la responsabilità dell' invenzione, cèrnita o commissione dei testi sarà ricaduta in toto su. un ipotizzabile "intermediario culturale", talora identificabile nel committente: redattore originale, selezionatore e coordinatore di componimenti preesistenti, ispiratore di testi composti ad hoc da rimatori ·professionaliY
36. Vd. STussi, Epigrafi medievali, ci t., p. 160, al quale si rimanda arlche per la discussione della forma, non pacifica, Chataiapiera/Chataiapreda, verosimilmente da interpretarsi come nome di casato.
37· Per i rapporti tra Committenti, "intermediari" e artisti nella Catalogna quattrocentesca (ma le proc'edure sembrano potcrsi estrapolare ed estendere ad altri contesti), vd. F.M. GIME-
, '
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SEZ. IV · VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
L'opposizione funzionale della coppia prosa/poesia sembra in genere comportare assenza/presenza di "letterarietà": benché, s'intende, con escursioni massime sotto il profilo della consapevolezza e dell'efficacia ese
. cuti va. Dall'ancora parzialissima campionatura emerge, è vero, qualèhe isolata smentita: ma sembra comunque trattarsi di eccezioni alla regola. Si citerà, perché assai rilevante, la lunga, elaboratissima epigrafe in lettere dorate e a rilievo eseguita nel 1349 nel chiostro della Scuola di S. Maria della Carità a Venezia.3B Testimonianza di una prosa cronisti ca e narrativa dagli efficaci spunti drammatici, il testo rievoca, con altre circostanze, il primo manifestarsi in laguna della «peste nera» del' 48:
[ ... ] començà una gran mortilitade e moria la çente de diverse malatie e nasion. Alguni spudava sangue per la boca e alguni vegniva glanduxe soto li scaii e aie lençene e alguni vegnia lo mal del carbon per le carne e pareva che questi mali se piase l'un da l'oltr~, çoè li sani .dal' infermi et era la çente In tanto spavento che 'l pare no voleva andar dal fio, né 'l fio dal pare [ ... ].39
Una prosa èpigrafica tanto insolitamente diffusa e stilisticamente sorvegliata (la letterarietà del motivo dei legami parentali infranti, sfruttato anche da Boccaccio, sulle orme di Paolo Diacono, nella descrizione di quella stessa «mortifera pestilenza», è stata sottolineata da Stussi) è certo frutto propiziato dal fiorire, intorno alla metà del Trecento, di una fulgida tradizione di epigrafia lapidaria in volgare negli ambienti confraternali veneziani. Quello delle confraternite laiche è d'altronde àmbito d'elezione nel propagarsi del volgare epigrafico: anche a Firenze, negli stessi anni, si rinvengono esempi d'iscrizioni prosastiche di considerevole estensione, come quella, d'intento bonariamente catechetico, sul fianco sinistro della Madonna della Misericordia (1342) affrescata nella sede della Compagnia Maggiore di S. Ma-
NO BLAY, <t[. .. J E Jéu vot de eli scriure lo seu nom en !es Portes de la dutat 1>. Mensajes en cataldn en las filacterias de la pintura bajomedieval, in <t Visibile parlare 1>. Le scritture, ci t., pp. 101-33, alle pp. 104-9 (par. 2: La creaci6n de la imagen y de los textos ). .
38. Testo e commento in STussr, Epigrafi medievali, cit., pp. 166-68, con richiamo allo sviluppo veneziano della tecnica, relativamente eccezionale, delle epigrafi in rilievo {e cfr. Io., Due epigrafi della Scuola Grande di San Giovanni Ev~ngelista a Vénezia, in Da una riva e dall'altra. Studi in onore di Antonio D'Andrea, a cura di D. DELLA TERZA, Firenze, Cadmo, 1995, pp. 189-96); il testo è riprodotto anche in M.A. CoRTELAzzo-I. PACCAGNELLA, Il Véneto, in L'italiano nelle regioni. Testi e documenti, a cura di F. BRUNI, Torino, UTET, 1994, pp. 263-310, alle pp. 264-65 {con traduzione qui ripresa alla n. seguente).
39· 'Cominciò una gran mortalità e la gente moriva di differenti malattie e sofferenze. Alcuni sputaVano sangue dalla bocca, ad alcuni venivano bubboni sotto le ascelle e all'inguine,
CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
ria del Bigallo (Museo del Bi gallo), che elenca i comandamenti, gli articoli della fede e i sacramenti ( « Acciò che ciascheduno fedele cristiano sia amestrato della fede cristiana [ ... ] »);o, nella stessa sede, l'altra, dipinta sul retro di una tavola cuspidata (cerchia degli Orcagna, 1360 circa), che ricorda la data di fondazione della compagnia e l'insieme delle indulgenze elargite ai suoi membri.40 Ma si tratta pur sempre di testi, per quanto elaborati e complessi, estranei a intenzioni "letterarie".41 Alla tradizione delle indulgenzeo razioni e testi documentari -si ricollega del resto, fra Tre e Quattrocento, una quantità considerevole di documenti epigrafici, sempre piu spesso in volgare: che spesso traducono fonti latine, da queste eventualmente ereditando tratti di espressività "letteraria".42
La vera eccezione, rilevante perché investe una categoria di testi estesissima e tipologicamente univoca, è quella delle didascalie dei cicli "istoriati", di materia scritturale o agiografica. Prevalentemente in prosa, non vi è dubbio che in queste compagini testuali, in genere elaborate e complesse, l'intento programmaticamente descrittivo-diegetico condizioni, nel senso della letterarietà, il tenore del discorso. Condizionante appare comunque, in questa tipologia sui generis, sconfinata e misteriosa, l'azione delle fonti scritte- ancora una volta, molto spesso, il modello soggiacente è latino- e in genere del modello librario.43 "Libraria", del resto, è l'impostazione dell'impaginato. Riquadri.successivi commentati dalle didascalie, disposte in fasce
ad altri veniva il carbonchio nelle carni e sembrava che questi mali si pigliassero l'uno dall'altro, cioè i sani dai malati, e la gente era in tale spavento che il padre non voleva andare dal figlio e il figlio dal padre'.
40. Vd. Il Museo del Bigallo a Firenze, a cura di H. KIEL, Milano, Electa, r977, in partic. alle pp. nS-19. num. 3 e s.
4I. Come un ex-voto ferrarese, oggi al Musée des Arts I?écoratifs di Parigi, attribuito ad Antonio Orsini (1432), peraltro assai notevol~ anche per le modalità anomale dell' "impaginazione": la lunga registrazione "n,otarile" dell'occasione del dipinto - la pacificazione, a opera di una religiosa, di due cavalieri sfidatisi a duello- occupa una bianca tabella rettangolare all'interno dell'immagine (vd. G. D ALLI REGOLI, «Parola dipinta». Note per l'identificazione di una casistica, in <(Visibile parlare)>, Le scritture, ci t., pp. 425-32, alle pp. 422-27).
42· Esemplare il testo, da un'Imago pietatis umbra del tardo Quattrocento, trascritto in CIO- · CIOLA, « Visibile parlare», cit., par. zi: vi si contrappongono prosa narrativo-circostanziale -origine e condizioni dell'indulgenza- e prosa numerosa del volgarizzamento dell'orazione latina che, recitata davanti all'immagine~ consente di lucrare la relativa indulgenza. La tavola, oggi al Wallraf-Richartz-Museum di Colonia, è _riprodotta e commentata da H. BEt.TING,
L'arte e il suo pubblico. Funzione e forme ìielle antiche immagini della Passione, Introduzione di G. CusATELLI, Bologna, Nuova Alfa, 1986 {ed. orig. 1981), pp. 214, 216: libro metodologicamente
, rilevante anche nella speciale prospettiva di questa trattazione. 43· Se non l'unico, uno dei pochissimi cas~ italiani studiati in maniera soddisfacente dal
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SEZ. IV • VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
orizzontali sottoscritte alle immagini: affini, per funzione ma anche per impostazione e tenore, alle rubriche che sunteggiano e scandiscono i capitoli all'interno dei manoscritti scritturali o agiografìci.44 "Capitoli"- progressivamente numerati- sono del resto i riquadri delle "storie", e le rèlative didascalie, in non pochi cicli affrescati. Basti ricordare il caso, assai rape presentativo, delle tarde Storie di s. Giotgio (1466) nella chiesetta di S. Giorgio a San Polo di Piave (Treviso), citando la prima delle originarie quattro didascalie:4s
Capitolo pr<imo. C> orno san Zorgi chavaliero trovò la donzella solleta suso la riva de lo lago, e domandà che la faceva e quala naçion la era; ella respose: «Io son paganna e fioll<a> de lo re, de la cità, e aspeta uno drago che me debia manzare »,e « Charo mesiere, tòllé-ve via presto, che lui non ve alçise )}, E san Zorzi dice:« Se tu vòi creder< e> in Iesu Christo e
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farete batizare, de questo dragon te voio' liberare>>. Ella respose: « Mesiere, questo voio fare», et cetera.46
La stretta correlazione con una fonte agiografica'- si tratti di un volgariz--_ zamento o di un rimaneggiamento della Legenda aurea o di altro -è in que
sto, come in molti altri casi consimili, evidente. Alla tecnica formulare delle rubrichè rimanda dei' resto la stessa modalità introduttiva, « Come ... » -_ che si alterna all'interessante v~riante <<Quando ... »-; anche per questo, il diretto referente è latino: « Qualiter [quomodo] ... », in alternativa a « Cum ... ».47 L'adeguamento della formula libraria al mutato contesto comporta talora la sostituzione, o l'integrazione, del <<Come.;.» esordiale
punt.o di vista testuale e linguistico, e anche in relazione al problema delle fonti agiografiche, brillantemente individuate, è quello, quattrocentesco, delle « istorie >> di S. Francesca Romana a Tor de' Specchi: vd. P. D'AcHILLE, Le didascalie degli affreschi di Santa Francesca Romana (con un documento inedito del1463}. in SABATINI-RAFFABLLI-D'AcHILLE, Il volgare, cit., pp. 109-83.
44· Notevole, tra i tanti, anche se assai tardo (1398), il ciclo, prevalentemènte veterotestamentario, illustrato da M.L. CRISTIANI TESTI, Affreschi biblici di Martino di Bart~lomeo in San Giovanni Battista di Cascina, Pisa, Pacini; W78.
45· In CIOCIOLA, «Visibile parlare», ci t., par. 15. 46. 'Capitolo primo. Come san Giorgio cavaliere trovò la fanciulla so letta sulla riva della
go, e le domandò che stesse facendo e di quale origine fosse; ella rispose:« Io sono pagana, figlia del re della città, e aspetto un drago che mi deve mangiare» e « Caro messere, allontanatevi presto, che non avesse ad uccidervi ».E san G~orgio dice: «Se vuoi credere in GesU Cristo e farti battezzare, voglio liberarti da questo dragone». Ella rispose: « Messere, lo voglio», ecc.'. · ·
47· Cfr. D'AcHILLE, Didascalie e<< istorie ,>,ecc., ci t., pp. 235-36, e già M. MEiss, Pittura a Firetlze e Sie'na dopo la morte nera. Arte, religione e societ~ alla metà del Trecento, Torino, Einaudi, 1982 {1951 1), p. 184, nel contesto (pp. 182-86) di un'originale e pr~corritrice descrizione degli·usi funzionali delle iscrizioni e della correlazione di testi e immagini sacre nel Trecento toscano.
CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
con un deittico contestualizzante (sempre, peraltro, sottinteso), del tipo: «Qui [si vede/narra] [come/quando] ... >>. Quali siano state, di volta in volta, le modalità. di trasposizione-riduzione delle didascalie dalle relative fonti scritturali e agiografiche, e l'intraprendenza in ciò manifestata da intermediari, committenti i! artefici, sembra dunque lecito ricondurre la "letterarietà" di tali testi al modello, piu o meno passivamente seguito o adattato. L'adozione del volgare, a quanto pare non precocissima, dipenderà, oltre che dal mutare delle circostanze contingenti- e del pubblico previsto-, da una maggiore o minore fedeltà alla fonte prescelta.
L'intriseca "letterarietà" delle epigrafi rimate rende non di rado disagevole discriminare testi, o frammenti di testi, piu o meno abilmente estrapolati dal contesto originario e adattati alla funzione epigrafica, dai testi espressamente concepiti per !'"esposizione". La terzina, indubbiamente di buon artigianato, che si legge al piede di una tarsia pavimentale del Duomo di Siena (la Morte di Assalonne, su cartone di Pietro del Minnella: verso la· metà del sec. XV):
Absalon vidi pender pe' chapelli poi che fedò la chamera paterna, e tucto era 'nfìlçato di quadrelli
denuncia una provenienza allotria nella forma verbale reggente: che evidentemente rinvia a un contesto di visione (a partire da Dante: quasi superfluo il rimando ai tanti «vidi» dei Trionfi petrarcheschi, e della conseguente tradizione "triònfale").48 La fonte della raffinata allus[one (quanti gli antichi visitatori del Duomo in grado di descrittarla?) è stata brillantemente individuata in una terzina del« trionfo-visione» Le vaghe rime e 'l dolce dir d'amore di Domenico da Montecchiellò, rimato re di estrazione "senese" attivo a Milano, presso la corte dei Visconti, nella seconda metà del Trecento (vd. cap. VI par. 4).49 Piu agevole il riconoscimento dei frequenti prelievi dante-
' schi. Terzine della Commedia, ricontestualizzate per descrivere le immagini di "uomini famosi", si leggono ad es. sulle pareti del Palazzo comunale di
48. Lo sfruttamento di un contesto ,di «visione» è coffiunque Significativo, e può direttamente confrontarsi conJ'adozione, nel ciclo di uomini illustri di Lucignano, dei versi di Inf, rv 121-23, per "intitolare" l'immagine di Cesare: <l Io viddi Eletra con molti compagni [ ... ] >>
(cfr. DoNATO, Immagini'e iscrizioni, cit., p. 371 n. 101). , 49· Per l'identificazione, vd. DoNATo, op. ci t., pp. 375-76. Nel contesto del Trionfo, la terzi
na di DometÌico (vv. 130-32) può leggersi in Rime di M. Domenico da Monticchiello, per cura di · G. MAZZONI (per nozze Casini-De Simone), [Roma, Metastasio, s.a. (ma 1~87)], p. 44·
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SEZ. IV · VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
Lucignano (Arezzo); so altre terzine, adattate a. un ciclo di Virtu, si leggeva- . no sulle pareti )llirabilmente affrescate di una dimora privata, Palazzo Altan di San"Vito al Tagliamento (Pordenone).s1
Gli esempi di Lucignano e di San Vito riconducono al Quattrocento,: ma già nella prima metà del Trecento versi liberamente adattati della Commedia si accamp~vano sulle pareti del Camposanto pisano.s2 Una fortuna tutta speciale arrise poi all'esordio del canto XXXIII del Paradiso -la famosa orazione di s. Bernardo alla Vergine -, ripetuta e variata, in forme molteplici e piu o meno abbreviate, in numerosi contesti, prevalentementé, ma non esclusivamente, mariani: e si ricorderà almeno la fusione dell'intera prima terziua uel registro inferiore delle iscrizioni di una campana realizzata nel 1423 per il Duomo di Gemona. 53 Minore, ma tutt'altro che trascurabile, Ja fortuna dell' incipit della canzone alla Vergine di Petrarca. 54 L'adozione di testi di reimpiego non riguarda esclusivamente componimenti e luoghi celebrati: le «citazioni-reliquia» di cui ha parlato Giovanni Pozzi.SS Basterebbe, a dimostrarlo, il caso senese di Domenico da Montecchiello; o, in tutt'altro
so. Vd. DoNATO, op. ci t., p. 371 e n. 101; e cfr. CH. L.JoosT-GAUGIER, Dante and the Historyof' Art: The Case of a Tt4scan Com m une, in« Arti bus et historiae »,vol. XI 1990, fase. 21 pp. 15-30, fase. 22 pp. 23-46. . .
51. V d. E. Cozzi, Antonio Alta n e l'umanesimo. Gli affreschi di San Vito, Pordenone, Grafiche Editoriali Artistiche Pordenonesi, [1987], in parti c. alle pp. 32-35, e cfr. pp. 51-52 nn. 107-8 per altri documenti. ~
52. Vd. S. MoRPURGO, Le epii,rafi volgari in rima del Trionfo della Morte~ del 'Giudizio universale e Inferno' e degliY!nacoreti' nel Camposanto di Pisa, in« L'Arte)), a. II 1899, pp. 51-87 {con le osservazioni di F. SmTNER, Rime e pitture d'infamia, in Io., La poesia satirica e giocosa nell'età dei Comuni, Padova, Antenore, 1983, pp. 179-212, alle pp. 194-97).
53· Vd. CIOCIOLA, « Visibile parlare)), ci t., par. 24 b, in cui si citano, con la campana di Gemona, due tempere su tavola della seconda metà del Quattrocento: la botticelliana Pala di S. Barnaba (1488), agli Uffizi, e una Natività con s. GiOvannino del Maestro della Natività di Castello, al Museo Civico di Livorno (riproduzioni in C. CIOCIOLA, Visibile parlare, in «Storia e Dossier)), a. vu n. 68 [clic. 1992], pp. 32-39, a p. 38). Si possono aggiungere due Ma donne con Bambino della bottega di Matteo di Giovanni: una oggi nella collezione Cini di Venezia e l'altra nella Chigi-S~racini di Siena, su cui cfr. DoNATO, Immagini e iscrizioni, cit., p. 374; e un'altra ancora, una Madonna dell'umiltà bolognese, dell'ultimo quarto del Trecento, a Chicago: per il dipinto vd. CH. LLOYD, Italian Paintings before 1600 in The Art Institute oJChicago, Chicago, The Art Institute, 1993, pp. 34-37·
54· Vd. G. D ALLI REGoLI, Dévozione mariana e citazioni letterarie: note sul tema della parola scritta nella pittura del primo Rinascimento, in MusAGETES. Festsahriftfiir Wolfram Prinz zu seinem 6o. Geburtstag am 5· Februar 1989, herausgegeben von R. G. KEcxs, Berlin, Mann, 1991, pp. 205-15 (e
· cfr. DoNATO, Immagini e iscrizioni, cit., p. 374 n. 109). Per un'altra, assai tarda e completamen.te eterogenea, citazione petrarchesca (Triumphus Temporis, v. 57), in una placchetta attribuita a Giovanni Bernàrdi, vd. CIOCIOLA, «Visibile parlare)), ci t., par. 24 a.
55· Vd. Pozzi, Dall'orlo, ecc., cit., p. 32. ·
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CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTUR.f!..
contesto, anche cronologico, la ripresa di un madrigale di Domenico Maria Ferra bosco, sul testo di 'una ballata del Decameron, nella fortezza Orsini di Sorano.56
Una tipologia di testi, anonimi e in genere di modesta fattura, che ha goduto di ampia fortuna epigrafica è poi rappresentata dalle laude, citate per estratto o anche integralmente in contesti di pietà laica, e soprattutto confraternale: basti ricordare gli esempi, ormai ben noti, di Clusone (Bergamo), Bergamo, Salqzzo.57 Nei tre casi, affreschi di diverso soggetto e funzione integrano testi di diffusissime laude settentrionali. Nel Trionfo della Morte di Clusone (1485) sono ripresi i versi iniziali di un Contrasto della Morte con il Peccatore, che esordisce con formula autopresentativa evidentemente idonea alla ricontestualizzazione .epigrafica: E' santo per nome ch<i>amata Morte.sB A Bergamo (ex chiesa di S. Maria Maddalena) e a Saluzzo (ex chiesa di S. S-'bastiano, in esterno) la citazione dei testi è integrale .59 L'identificazione del testo rimato -la fortunata lauda settentrionale in suffragio delle anime purganti: Or te prego, dolzo Cristo- abbinato all'affresco bergamasco dell'oratorio dell'antica confraternita di S. Maria Maddalena (raffigurante un'Imago pietatis), e lo studio dell'iconografia dell'immagine (spesso inserita nella tradizione delle orazioni indulgenziate), ha autorizzato la ricostruzione delle valenze paraliturgiche di questo esemplare modello di devozione popojare, in armonia con le nuove istanze della cultura laica in volgare.60
N o n sempre, peraltro, è facile distinguere tra versi di reimpiego- estratti, in genere, chirurgicamente- e testi composti ex nova con destinazione epigrafica: anche per le possibili interferenze tipologiche tra le rispettive
56. Vd. CIOCIOLA, ((Visibile parlare 1>, cit., par. 24 c. 57· Per tutti vd. CIOi:::IOLA, op. cit., par. 4, 22, 26 (con bibliogr.). 58. Per il complesso degli affreschi vd. da ultimo L. TOGNOLI BARD IN, Giacomo Barione e
Giacomo Busca, in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo, Il Quattrocento, Bergamo, Bolis, vol. 1 1986, pp. 16S-235, in partic. alle ~P· 188-96 (della bibliogr. precedente non si può non citare lo Studio di A. FRUGONI, I temi della Morte nell'affresco della Chiesa dei Disdplini a Clusone [1957], in Io., Incontri nel Medioevo, Bologna, Il Mulino, 1979, pp. 217"49); per l'identificazione della quartina E' sonto ... , vd. F. NERI, Il Trionfo della Morte e il dclo dei Novissimi, in Io., Fabrilia. Ricer-che di storia letteraria, Torino, Chiantore, 1930, pp. 45-64, a p. 52 n. 2: '
59. Per Saluzzo vd. M. PrccAT, Antiche iscrizioni in volgare: la lauda di S. Sebastiano in Saluzzo, in « Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici' ed artistici della Provincia di Cuneo», vol. XCIV 1986, pp. II7-32.
60. Vd. CIOCIOLA, «Visibile parlare», ci t., par. 22; per l'affresco, alla bibliogr. i vi cit. si aggiunga I pittori bergamaschi dal XIII a lXIX secolo, Le Origini, Bergamo,Bolis, 1992, pp. 467 e 516 fig. I, con attribuzione a «Pittore bergamasco, a cavallo del XIV e XV secolo».
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classi di appar.tenenza, o per l'oculata mimetizzazione dei passi citati. Alcuni degli elementi, di ordine linguistico o metrico, che determinano l'implicita "grammatica" della «poesia per pittura>> (felice ed efficace formula, rifatta su «poesia pc musica», di recente proposta e definita da Brugnolo) possono evidentemente ricorrere, in forma sporadica, anche in testi originati in contesti non epigrafici: 61 come accade per la formula «Io son ... »,nella citata lauda sfruttata a Clusone. 62 Le modalità che identificano la «poesia per pittura» sono di tipo discorsivo e metrico. Dal punto di vista stilistiéo e di genere, il riferimento, ovvio a priori, alla tradizione didatticoallegorica, con il suo corredo obbligato di prosopopee e «visioni>>, non risulta nel fatto particolarmente produttivo: anche se la personalità di un
-Francesco da Barberino, promotore di programmi iconografici corredati di testi, purtroppo perduti, incarna esemplarmente le funzioni di ponte tra le due diverse esperienze (altro è il discorso circa l'influsso, enorme e imprescindibile anche nel ristretto alveo di questa specialissima letteratura, del Dante "comico").
Gl'identificatori piu significativi, sotto il profilo testuale, 'consistono nei deidici, avverbiali e pro nominali: la programmata integrazione allo schema-, iconografico determina infatti,. o presuppone, un "movimento" di tipo "dimostrativo", dal testo verbale al testo iconico; e anche al contesto esterno, popolato dagli spettatori. La deissi avverbiale- del tipo «qui» -,riferita alla raffigurazione, o in genere al monumento nel suo complesso, o ;t un suo specifico elemento, potrà risultare corroborata da verbi inere11ti al "vedere","guardare" (riferiti all'apostrofato spettatore esterno): ne' risulteranno formule del tipo «[come] qui vedi/vedete»; l'esplicitazione del verbo potrà talora autorizzare l'omissione del deittico. La deissi dimostrativa, aggettivale o pro nominale (forme dell' agg.lpron. questo) alluderà a elementi o, piu spesso, personaggi, reali o allegorici, della raffigurazione: «questa/e don-
61. Per la definizione di «poesia per pittura» vd. BRUGNOLO, <t Voi che guardate ... ,>, ecc., cit., in partic. alle pp. 307-16.
62. Che si trattasse di formule ben individuate nella coscienza dei rimai:ori contempera..: nei è mostrato, ad es., da queSti luoghi di Fazio degli Uberti, Ditta mondo, I r 49-54: «Bianca, · qual neve pare, avea la- vesta l e vidi scritto, in forma aperta e piana, l sopra una co'ronetta, ch'aveain testa: /"lo son VirtU,per che la gente 'umana/vince ogni altro animale; i' son quel lume,/ ch'onora il corpo e che l'anima sana"» {in FAzro DEGLI UBERTI, Il Ditta mondo e le Ri- . me, a cura di .G. CoRsi, Bari, Laterza, 1952, vol. I p. 4), e di Boccaccio, Amorosa visione, vx 73-75: «Era sovra costei, in aureo piano, l un verso scritto Che dicea leggendo: l "lo son la Gloria del popol mondano"» {in Tutte le opere di Giovamii Boccaccio, a cura di V. BRANCA, Milano, Mondadori, vol. m 1974, p. 4Ì).
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CAP. VIII • SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
na/ e», con allusione a prosopopee femminili di arti, virru, vizi ... La deissipronominale personale di prima persona- eventualmente rafforzata dall'esplicitazione, nella forma del dialogo, della secondà persona - introdurrà i discorsi rivolti agli spettatori da personaggi effigiati: spesso, ma non necessariamente, persònificazioni; caratteristica la formula autopresentativa di esordio:« [Io] son ... >>,dove il pronome potrà essere sostituito dal nomi' del parlante. La d~issi di seconda persona attuerà l'apostrofe allo spettatore, e sarà spesso sostenuta da un verbo relativo alla visione: << tu[/voi] che [qui] guardi/vedi/miri, ... ».In qualche caso, l'allusione al testo iconico potrà essere ulteriormente manifestata mediante formule del tipo <<[qui] dipinto/ in 'figura» e affini. Si consideri, attingendo a testi già citati o che non ritorneranno nel séguito del discorso, qualche ese!T.\pio. Nel distico della Lapide Lercari («Tu qi qui ne trovi, l per De no ne movi ») sono compresenti deissi avverbiale e pronominale di seconda persona. La duplice. deissi pronominale, caratteristica della formula di apostrofe al viandante (incarnata ad es. nell'iscrizione mista del sarcofago di Giratto: <<Homo ke vai per via, prega Deo dell'anima mia, si come tu se' ego fui, sicus ego sum tu dei essere»), ri~ corre, nella prima metà del Quattroçento (1426-1427 circa), nel monito rivolto allo spettatore da uno scheletro, in un approssimativo distico monorimo («Io fu' gà ['fui già'] quel che voi sete ['siete'] l e quel ch'i' son voi an~o sarete»), nella fascia basamentale della celebre Trinità di Masaccio (Firenze, S. Maria Novella). Una variante, applicata all'incontro dei tÌ:e vivi e dei tre morti, comporta deissi pro nominale determinativa e personale in una tavoletta di Bernardo Daddi (sec. XIV, prima metà), -alla Galleria dell'Accademia di Firenze: << Cos<l>oro furono re come vo', l in questo modo sarete v< o'>». In questo caso, tuttavia, il discorso dell'eremita (personaggio in sce-
. na) non si rivolge all'esterno, nella forma consueta dell'apostrofe agli astanti, ma ad altri personaggi interni alla raffigurazione, i tre re vivi.63 Un esempio, tra i tanti, di prosopopea che si presenta in prima persona è prestato dalla Verità affrescata, all'inizio del Quattrocento (?),in una sala del pisano Palazzo dei Cavalieri, sede della Scuola Normale Superiore:« Verità sono leale pura e tonda, l che senpre tengo mia bachetta monda». 64 Sotto il profilo metrico, se è pur vero che il verseggiatore resta libero di attingere alle forme metriche piti diffuse - dalla terzina dantesca, precocissimamente . .
63. Vd. C. SETTIS FRuGONI, Il tema dell'Incontro dei tre vivi e dei tre morti nella tra4lzione medioevale italiana, in. AALM, s. VIII, vol. XIII 1967, pp. 145-251, alle pp. 207-9.
64. Segnalato da DoNATO, Immagini e iscrizioni, cii., pp. 387-88.
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SEZ. IV · VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
emulata nelle iscrizioni della Maestà di Simone Martini; alla canzone, ripresa nei testi che corredano, sempre nel Palazzo Pubblico senese, il ciclo di Lorenzetti; al sonetto, utilizzato ad es. nel Camposanto pisano -, molto spesso preferità ricondursi agli schemi metrici caratterizzanti della «poesia per pittura >>.65 Metri tip1camente epigrafici risultano il distico monorimo, piu spesso di endecasillabi (struttura rimica, del resto, minimale: ne abbiamo incontrato molti esempi, ai quali possiamo ancora aggiungere l'invoca~ zione al piede di un s. Bernardino dipinto da Benozzo Gozzo li nel 1452 a Montefalco: <<Ora per noi, o sancto Bernardino, l dapo' che se' nel cospecto divino>>}; ovvero la terzina a rime ABA, di as~endenza dantesca, e ABB, diffusa nella coeva tradizione màdrigalistica e for~e mediata, in contesto figurativo, dall'esperienza di Francesco da Barberino; o entrambe le precedenti due formule chiuse da un verso conc~tenato: rispettivamente, dunque, ABAB e ABBA. Al modello dei <<congedi>> della canzone duplice che accompagna il ciclo di Lorenzetti (ABbCC}, rifatti su quello della metricamente fortunatissima canzone dantes~a Cosi nel mio parlar voglio esser aspro, dovrà ricondursi il credito senese di tale formula.66
Un aspetto di rilievo nello studio dei documenti, nel loro insieme ancora assai trascurati, della <<poesia per pittura», riguard~ la !or~ "tradizione", in accezione tecnicamente filologica. È possibile illustrarne, in sintesi, alcune significàtive modalità attraverso l'esame di due esempi, altrimenti ragguardevoli. Il primo riguarda un testo prodotto dall'unico poeta "per pittura" di anagrafe certa e di produzione verificabile, addirittura in autografo: Franco Sacchetti.67 Alle cc. 52v-53r del<< Libro delle rime» (cod, Ashburnham 574 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze} si leggono - dopo la rubrica: <<questi sono certi versi che !?ranco fece per porre sopra la porta dentro a l'Audenza de' Signori, dove san Tomaso mette la mano nella piaga di Cristo>>- tre terzine di endecasillabi a schema ABB.6B I primi tre versi, secondo la
65. Vd. il.prezioso e originale excursus, ricco di esempi, di BRuGNOLO, «VOi che guar4ate ... 1>,
cit., pp. 307-16. 66. Come ha dimostrato BRUGNOLO, op. cit., pp. 325-27.
67. Per un'ampia discussione su questo aspetto dell'attività di Sacchetti si rinvia alla sintesi di L. BATTAGLIA Rrccr, Palazzo Vecchio e dintorni. Studio su Frattco Sacchetti e le fabbriche di·Firenze, Roma, Salerno Editrice, 1990, e cfr. EAD., Epigrafi d'autore, in «Visibile parlare 1>. Le scritture, ci t., pp. 433-58, in partic. alle pp. 438-51.
68. Cfr. FRANCO SACCHETTI, Il libro delle rime, Edited by F. BRAMBILLA AGENO, Firenze[Perth], Olschki-Univ. ofWes.tern Australia Press, 199<?· p. 374 (num. ccxLm).
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CAP. VIII ' SCRITTURA PER L'ARTE~ ARTE PER LA SCRITTURA
stessa dichiarazione di Franco, erano quelli riprodotti al piede dell'affresco:
Toccate il ver<m com'io e crederete nella somma Iustizia in trC persone, che senpre exalta ognun che fa ragione.
L'affresco del quale parla Sacchetti, nella Sala dell'Udienza di Palazzo Vecchio, non esiste piu; ma si conservano almeno altre due raffigurazioni dello stesso soggetto, l'Incredulità di s. Tommaso, provviste della terzina .sacchettiana: una nella. Sala delle Udienze del Palazzo del Vicario di Certaldo (1490); l'altra in una tavola della prima metà del sec. XV, attribuita a. Giovanni Toscani (Galleria dell'Accademia di Firenze).69 In assenza dell'originale, in questo caso si dispone dunque, del tutto eccezionalmente, di una copia manoscritta d'autore, e di due tesrimoniriaze epigrafiche -una delle quali posteriore di oltre un secolo all'originaria - che documentano la persistenza di una reinterpretazione del motivo sacro, spregiudicata in origine (il buon giudice 'deve attenersi scrupolosamente alla verità dei fatti, "toccando con mano", come s. Tommaso apostolo), ma di successo tale da trasformarsi in durevole modello. Il secondo esempio documenta altre modalità della tradizione e della fortuna di un testo «per pittura». Si tratta dell'iscrizione (a schema ABAB) un tempo nel cuore del gigantesco affresco del Paradiso (1366-1367 circa) dipinto da Guariento nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale a Venezia. Quasi completamente distrutto, nel 1577, da un incendio, fu sostituito dall'enorme tela del Tintoretto ancor oggi visibile in quella sede. Straordinaria la capacità di attrattiva dell'affresco sui visistatori di un tempo, come attesta Michele Savonarola intorno al 1446: al punto che il patrizio veneziano Antonio Correr, vescovo di Cene da, ne fece trarre copia, intorno al 1438, da Iacobello dèl Fiore per una pala da collocarsi nel duomo della sua diocesi (oggi alle Gallerie dell'Accademia di Venezia).70 La copia è fedele al punto di ripq:ldurre anche il cartello centrale del modello, con il suo testo:
L'amor che mosse çià l'eterno Padre per filgla aver de sua deità trina, colei che fo del so Filgluol poi madre
de l'universo qui la fa regina.
69. Cfr. DoNATO, Immagini e iscrizioni, cit., pp. 388-89. 70. L'intera vicenda è descritta in CrociO LA, « Visibile' parlare>>, ci t., par. 21.
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SEZ. IV · VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
Evidenti i richiami danteschi, anche nel metro, come ha sottolineato Bru: gnolo: 71 tant'è che per secoli ebbe corso un'incredibile attribuzione a Dante del. breve componimento (si noti il deittico epigrafico qui al,v. 4, e si aggiunga che l' otiginale, in luogo di Colei, al v. 3 doveva leggere Costei). Piuttosto importa il caso di "tradizione diretta" del testo epigrafico insieme al testo icop.ico. La fama dell'affresco doveva d'altronde comportare, nella coscienza comune, l'automatica annessione del quartetto al tema dell' Incoronazione della Vérgine, soggetto cruciale del cosiddetto Paradiso. Tant'è che se ne conservano almeno due trascrizioni manoscfitt.e: l'una a c. 24v del cod. Correr 1508, a corredo di un semplificato acquarello raffigurante l'Incoronazione; e l'altra, assai notevole, nel celeberrimo codice· della Commedia trascritto nel 1338 da Francesco di ser Nardo {oggi a Milano, Biblioteca Trlvulziana, ms. roSo), aggiunta da un possessore quattrocentesco del manufatto nel margine della miniatura dell'Incoronazione che inaugura, a c. 70r, la cantica del Paradiso. n Ma la fortuna dell'associazione non si ferma qui, se il testo veneziano prese·nta innegabili contatti interni con il primo dei due pentastici che accompagnano un'Incoronazione della Vérgine ultimata nel 1445 da Sano di Pietre nella Cancelleria di Biccherna del Palazzo Pubblico senese:
Quest'alma gloriosa Virgin pura, figliuola del suo figlio, sposa et madre, per che l'eterno Padre la trovò humil p iii ch'altra persona, de l'universo qui le dà corona."
4· TEMI LAICI, TEMI RELIGIOSI: IL «BUON GOVERNO» E IL <<TRIONFO DELLA.
MORTE>>. LETTERA E ALLEGORIA
Il componimento inserito nel Paradiso di Guariento s'insediava, sovrastando il Tribunale del Doge nella Sala del Maggior Consiglio veneziano, · nel cuore della vita politica e civile della Repubblica. Intriso di umori danteschi, era peraltro, quanto ai contenuti -la regalità di Maria-, estraneo a quell'ispirazione di moralità laica che caratterizza i piu ragguardevoli por-
7Ì. Cfr. BRuGNOLO, <<Voi che guardate ... J>, ci t., p.' 311. , 72. Rinvio, per brevità, alla bibliogr. raccolta in CJOCIOLA, <<Visibile parlare 1>, cit. (in riferi-
mento al par. zr). · . · 73· Vd., anche per l' edizion,e dell'altro pentastico, BRUGNOLO, <<Voi che guardate ... 1>, cit.,
P· 326. •
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CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, _iRTE PER LA SCRITTURA
tati dell'arte civica toscana. Gli sviluppi della pittura politica nei Comuni toscani, e in particolare tra Firenze e Siena, nell'arco intero dél Trecento -non senza appe.ndici di qualche rilievo nel secolo successivo -, oltre a documentare un peculiare carattere della civiltà comunale e dei suoi orientamenti artistici, si riflettono in misura tutt'altro che secondaria nell'evoluzione della<< poesia per pittura», che ritrova nel tema "civico" un primoe assai solido- nucleo di applicazione su larga scala.74 Per quanto rilevante possa considerarsi la posizione di Firenze- ricostruibile peraltro in massima parte per via "archeologica": notevole è la recente convalida dell' attribuzione al cancelliere della Signoria ser Ventura Monachi del diffusissimo sonetto "per rettori", Se la fortuna t'ha fatto signore (ed. Corsi, RT, pp. 75-76), un tempo dipinto in Palazzo Vecchio -,75 di cruciale importanza, nel documentare non·soltanto le attitudini di quell'arte, ma anche· il rilievo nel suç àmbito attribuito, da committenti e ispiratori, al corredo verbale, è l'epicentro senese, ç in specie ·a suo nucleo centrale: Palazzo Pubblico.
Due sono i monumenti piu celebri e rappresentativi: la Maestà di Simone Martini (1315, 1321), nella Sala del Mappamondo, e il ciclo, detto del Buon go~ verno con indebita semplificazione, di Ambrogio Lorenzetti, nell'attigua Sala della Pace (1337-1340). Il prodigioso splendore e l'importanza storica ditali monumenti - e dei loro ingredienti verbali - non dovranno, peraltro, oscurare del tutto gli altri documenti prodotti per la stessa fortunatissima sede: e si ricordino espressamente almeno i pentastici della citata Incoronazione della Vergine di Sano, nella Cancelleria di Biccherna; i due terzetti (a schema ABB) nella tavola dallo stesso artista (1456) dedicata all'Apparizione della Vergine a Callisto III (oggi nella Pinacoteca Nazionale di Siena, ma un tempo in Palazzo); il sonetto ai rettori (Spechiatevi in costor[o}, voi che reggete) nell'affresco degli Eroi romani di Taddeo di Bartolo (1414-1417), nell'Anticappella. Sono documenti accuratamente esaminati, singolarmente. e nel loro insieme, da una tradizione di studi ormai imponente per quantità, qualità e raffinatezza analitica: che in questa sede sarebbe impensabile propor-
74· Per un inquadramento generale, vd. H. BELTING, Das Bild als Text. Wandmalerei und Literatur im Zeitalter Dantes, in Malerei und Stadtkultur in der Dantezeit. Die Argumentation der Bilder, herausgegeben von H. BELTING und D. BLUME, Miinchen, Hirmer, 1989, pp. 23.:64 (l'intero volume, naturalmente, è rilevante per i temi di questo paragrafo) . . 75· Vd. le convincenti argomentazioni di DoNATO, Immagini e iscrizioni, cit., pp. 382-86.
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SEZ. IV · VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
s~ non già di riassumere, ma soltanto di additare.76 Soltanto in tempi. recenti e recentissimi, peraltro, i testi degli affreschi di Simone e di Ambrogio sono stati affrontati adeguatamente ed ex professo_ sotto il profilo che qui preme piu direttamente, e cioè fìlologico-letterario.77 Le due coppie di 7 endecasillabi (a schema ABA.BCB.C) integrate alla Maestà hanno rappresentato, nella loro storia bibliografica novecentesca, un piccolo "caso" in quanto, riproducendo nel metro e riecheggiando nel tessuto stilistico, senza ombra di dubbio, il modello della Commedia, sono state e devono tuttora considerarsi uno dei primi esempi della fortuna del poema dantesco: 78 anche se le piu recenti acquisizioni tenderebbero ad accreditare, per la stesura a fresco, piuttosto Ja data della << reactatio » (il "restauro" operato dallo stesso maestro) ·del 132~, che non la data della prima composizione del dipinto, nel 1315. Com'è stato di recente osservato, la presenza a Siena, e subito dopo la morte di Dante, di Cino da Pistoia, proprio allora trasmigrato in quell'università, potrebb~ in qualche sorta illuminare sulle condizioni che favorirono un'iniziativa tanto singolare e lungimirante.79Tanto piu che i versi sene-
1
si rivelano una conoscenza inoltrata fino al canto xx! n del Paradiso, lo stesso "citato" anche da Cino nel suo compianto in morte di Dante, la canz. Su per la costa, Amor, de l'alto monte, composta con ogni verosimiglianza proprio a Siena.8o I due gruppi di terzine superstiti (è certo che dovessero esservene altri due, contenenti, in cartigli ormai soltanto intuibili, le. apostrofi alla Vergine dei santi protettori della città) sono battute che Maria« in maestà» indirizza, all' "esterno", agli astanti e, all' "interno", ai protettori che le avevano rivolto la parola: 81
Li angelichi fìorecti, rose e gigli, onde s'adOrna lo celeste prato, non mi dilettan piti che i buon' consigli.
Ma talor veggio chi per propio stato
76. Basti rinviare al piU recente inquadramento sistematico: DoNATO, Immagini e iscrizioni, cit., in 'partic. alle pp. 363-76, anche per il reperimento della dilagante bibliogr. implicita.
77· Vd. da ultimo, per entrambi, BRUGNOLO, <(Voi che guardate ... }>, cit. (con bibliogr.). 78. Per quanto riguarda l'aspetto metrico, la loro precocità imitativa ne ha guadagnato
l'ingresso nei manuali: cfr. BELTRAMI, La metrica, cit., p. 92 n. 59· E vd. qui, vol. I p. 933· 79· Vd. BRUGNOLO, ((Voi che guardate ... )), cit., pp. 337-38. So. Vd. F. BRuGNOLO, Cino (e Onesto} dentro e fuori la 'Commedia 1
, in Omaggio a Gianfranco Falena, Padova, Editoriale Programma, 1993, vol. I pp. 369-86.
81. Si cita dalla pill recente ed. dei testi, condotta sull'originale restaurato (1992): BRUGNO
LO, <(Voi che guardate ... )>, ci t., pp. 331-39. A questo contributo si rinvia anche per l'ormai ampia bibliogr.
ssB
CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
disprezza me e la mie tera inganna, e quando parla peggio è piu lodato.
Guardi ciascun cui questo dir condan[n]a!
Responsio VifXinis' ad dieta santorum
Diletti mei, ponete nelle menti che li devoti vostri preghi onesti come vorrete voi farò contenti.
Ma se i potenti a' debil' fien molesti, gravando loro o con vergogne o danni, le vostre orazidn non son per questi
né per qualunque la ·mia terra il}.ganni.
Il tono "alto" di questo componimento -o meglio, componimento "ciclico": si è detto che mancano, verosimilmente, altrettanti versi- degnamente inaugura una tradizione "politica" di ammaestramento civico, della comunità cittadina non meno che dei deputati all'amministrazione del governo della cosa pubblica- i "rettori"- e della giustizia, destinata a grandi sviluppi, in Siena e fuori (ma sempre, in genere, in Toscana). Se e qùali ne fossero gli eventuali p-recedenti è difficile dire. L'indizio dell'esistenza di una tradizione in via di formazione è fornito da qualche sporadico anticipo: ad es., nell' esortazione al« p riposto>>:<< Odi benigno ciaschun che propone; l risponde granoso· et fa' ragione» nel grande affresco di anonimo, ancora duecentesco, del Giuramento di fedeltà dei Sangimignanesi al re Carlo d'Angiò, nella cosiddetta Sala di Dante nel Palazzo del Popolo di San Gimignano (Museo Civico e Pinacoteca); notevole, nell'esempio, la compresenza di una lunga iscrizione latina, datata 1292, che fedelmente riproduce, con notevole esuberanza grafica, la prosa elaboratamente circostanziata di uno strumento notarile. È comunqÙe certo che l'impegnativo e autonomo progetto della Maestà non trovi, in quanto tale, precedenti diretti comparabili e, anche per l'autorevolezza complessiva della realizzazione, rivesta valore instaurativo: anche, localmente, negli ulteriori sviluppi della tradizione di Siena « civitas Virginis >>, e nella relativa "politicizzazione" del motivo religioso: per cui si ricordino almeno i citati esempi quattrocenteschi riferibili a Sano di Pietro. Le perdite irreparabili dei documenti fiorentini- almeno dei piu antichirendono d'altronde, se- non aleatoria, inevitabilmente ipotetica ogni valutazione in tema di priorità: già nel 1304, a ogni buon conto, Francesco da Bar-
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SEZ. IV · 'VERSO UN NUq_VO SISTEMA DI VALORI
berino aveva fatto eseguire in Firenze un suo programma allegorico corredato, c~m' egli stesso informa, di «dieta vulgaria » (vd. par. 5).82
A poco piu d'una ventina d'anni dal compimento dell'opera di Simonee a una, quindicina dal suo restauro, per mano dell'autore, nel 1321 -, i responsabili della vita pubblic:i senese intesero dar vita allo straordinario complesso allegorico che, in una sala attigua del Palazzo, la Sala della Pace, che fu già dei Nove, illustra gli Effetti del Buon governo in città e in campagna e Il Mal governo e i suoi iffetti. All'esecuzione pittorica. del vasto c minuziosamente articolato programma fu chiamato Ambrogio Lorenzetti (I337-I340).8> Anche questa volta si giudicò imprescindibile l'integrazione esplicativa delle immagini attraverso un testo in versi volgari. E anzi s'intese, se possibile, incrementare il ruolo "esegetico" del testo epigrafico, contesto d'insistenti apostrofi a chi guarda/legge, migliorandone anche visivamente la leggibili.tà: distribuendolo dunque in cartigli interni -i congedi sorretti, rispettivamente e simmetricamente, da « Securitas » e «Timo~»-, in bande orizzontali congrue a un modello "istoriato", e irÌ tabelle propriamente "epigrafiche" al piede degli affreschi. Per il metro, questa volta fu prescelto lo strumento canonico della lirica "sublime": il testo si snoda infatti in due canzoni omometriche, ciascuna di due stanze piu congedo, identico alla sirma, costruite sullo schema della dantesca Cosi nel mio parlar voglio esser aspro. L'articolato parallelismo del programma iconografico è studiatamente riprodotto, anche nelle piu minute corrispondenze formali, nel parallelismo "oppositivo" che presiede alla strutturazione dei testi. Lo ha mostrato soltanto di recente Brugnolo, propÒnendo un'edizione sin ottica della duplice canzone e ricavando ne un apprezzamento critico-stilistico- in(ì.ne filologicamente garantito- delle sue tutt'altro che mediocri caratteristiche formali. Il rimatore, ancora una volta condannato, ma forse soltanto pro tempore, all' anonimato,. manifesta un'avvertita consapevolezza, rendendo del tutto
82. Un prezioso riepilogo cronologico delle raffigurazioni corredate di "epigrafi" nel Palazzo della Signoria è ora disponibile in DoNATO, Immagini e iscrizioni, ci t., pp. 376-81 (vd. in partic. la tabella di p. 377).
83. Della sterminata bibliogr. artistica e iconografica si citino almeno, anche per il loro valore di sintesi, il cap. di C. FRUGONI, A Distant City.lmages oJUrban Experienc~ in the Medieval World, Trimslated by W. Mc CuAIG, Princeton (NJ), Princeton Univ. Press, 1991, pp. nB-93 (trad. ingl. aggiornata del saggio originale: Una lontana dttà. Sentimenti e immagini nel Medioevo, Torino, Einaudi, 1983), e M.M. DoNATo, Testi, contesti1 immagini politiche nel lardo Medioevo: esempi toscani. In margine a una discussione sul 'Buon governo', in «Annali dell'Istituto storico italo-germanico in Trento», vol. XIX 1993, pp. 305-55.
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CAP. VIII • SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
implausibile l'i potesti, fatta propria dal Vasari, che egli dovesse identificarsi con lo stesso Lorenzetti:84
1. Questa santa virtU, là dove regge, induce ad unità li animi molti, e questi, a cciò ricolti, un Ben Comllri per lor signor si fanno,
lo qual, per governar suo stato, elegge di non tener giamma' gli ochi rivolti da lo splendor de' volti de le virtll che 'ntorno a llui si stanno.
Per questo con triunfo a llui si danno censi, tributi e signorie di terre, per questo senza guerre seguita poi ogni civile effetto, utile, necessario e di diletto.
11. Volgiete 1
gli occhi a rimirar costei, -... va' che reggiete, ch'è qui figurata e per: su' eciellenzia Coronata,, la qu~l sempr'a ciascun suo dritto rende.
Guardate quanti ben vengan da lei e come è dolce vita e riposata quella 'de la città du' è servata questa virtu ke p ili d'altra risprende.
Ella guarda e difende chi lei onora e lor nutrica e pascie; da la suo lucie nascie el meritar color c' operan bene e agl'iniqui dar debite pene.
m. Senza_paura ogn'uom franco cami,ni, e lavorando semini ciascuno,' .mentre che tal camuno manterrà questa donna in signoria, ch'el à levata a' rei ogni balia.
IV. Là dove sta legata la iustitia: nessuno al Ben Comun già mai s' acorda,
84. Per un'analisi approfondita dei vari aspetti del testo si rinvÌa a BRUGNOLO, <(Voi che guardate ... 1>, cit., pp. 316-27, da cui si riproduce il testo {ivi a p. 3~0).
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SEZ. IV • VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
né tira a dritta corda: però convien che tirannia· sormonti,·
la qual, per adempir la sua nequitia, nullo voler né operar discorda dalla natura lorda de' vitii che con lei son qui congionti.
Questa caccia color c'al ben son pronti e chiama a sé ciascun c'a male intende; questa sempre difende chi sforza o robba o chi odiasse pace, unde ogni terra sua inculta giace.
v ................................... [-ei] ................. · ......... e per effetto, che dove è tirannia è gran sospetto, guerre, rapine, tradimenti e 'nganni.
Prendasi signoria sopra di lei e pongasi la mente e lo intelletto i~ tener sempre a iustizia suggetto
. ciaséun, per ischifar si scuri danni, abbattendo e', tiranni;
e chi turbar la vuol sie per suo merto discacciat' e diserto insieme con qUalunque sia segua~je, fortificando lei per vostra pace.
VI. Per volere el ben propio in questa terra sommess' è la giustitia 4 tyrannia, unde per questa via non passa alcun· senza dubbio di morte, ché fuor si robba e dentro da le porte.
L'impatto di un modello tanto suggestivo e coinvolgente non poteva non risultare a lungo influente: ne sopravvivono tracce evidenti, com'è stato dimostrato, in quanto resta del pur modesto, e gravemente deperito, ciclo di Casa Corboli realizzato, sul fìnjre/del Trecento, ad Asciano, nel contado senese.ss Anche nel ciclo allegorico-politico .di" Asciano i testi giocano
Ss. Vd. M.M. DoNATO, Un ciclo pittorico ad .(lsdano {Siena), Palazzo Pubblico e l'iconografia "politica" alla jìtle del Medioevo, in AS~P, s. m, vol. xvm 1988, pp. 1!05-272, che, prendendo spunto dal caso ascianese, illustra con dovizia molti teini ed esempi della pittura politica toscana trecentesca.
CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
un ruolo determinante: vi emergono chiare tracce 'di almeno quattro stanze- e una stanza è ancora leggibile per intero- di una lunga canzone pseudodantesca: Increata virtu dal sommo cielo. (sul metro, per la prima volta imitato, di Donna pietosa e di novella eta te), inedita nel cod. Tempi 2 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze. 86
Un excursus completo sui caratteri e sulla diffusione dei temi "civici" de;lla «poesia per pittura» trecentesca porterebbe lontano: è un peccato, ad es., non p o tersi soffermare come meriterebbe sui testi prodotti per ammaestra-· mento dei giudici, e inseriti in iconografie specializzaté all'interno delle sedi dell'amministrazione giudiziaria. Si è detto dello spregiudicato adattamento sacchettiano dell'iconografia dell'Incredulità di s. Tommaso. Rilevante è altresf il modello del Bruto« ottimo giudice »,sfruttato a Firenze; verso la metà del Trecento, nell'affresco del Tribunale di Bruto nell'Udienza dell'Arte della Lana: anche in questo caso i terzetti, nel solito metro ABB, circolarono, e in particolare quello riferito al protagonista ricompare, ad altro titolo, nel ciclo di "illustri" di Lucignano.87 O ancora quello della M!riìà che strappa la lingua alla Bugia - altra reinterpretazione di un motivo allegorico in precedenza sfruttato in contesti sacri -, dipinto da Caddi nel Tribunale della Mercanzia Vecchia di Firenze e perduto (quasi due secoli piu tardi, il motivo sarà ancora sfruttato da un allievo del Sodoma nella Loggia del Giudice del Palazzo del Popolo di San Gimignano).ss Non si potrà però sorvolare su una categoria autonomamente caratterizzata della «poesia per pittura>> laica: quella promossa, nella civiltà comunale trecente~ca- con significative appendici nella Firenze medicea- dalla singolare pratica penale della pittura infamante. Sulle pareti esterne dei palazzi civici venivano raffigurati i condannati in contumacia, in. genere per tradimento- o per furto, o bancarotta: nell'ordine, le colpe bollate d'infamia con maggiore virulenza-, nell'atto di subire in effigie la pena éomminata: spesso l'impiccagione per i
86. Vd. DoNATO, Un ciclo pittorico, ecc., cit., in partic. alle pp. 1190-98. 87. Il monumento fiorentino è stato valorizzato da S. MoRPURGO, Bruto, 11il buon giudice';
nell'Udienza dell'Arte della Lana in Firenze, in Miscellanea di storia de1l'arte in onOre di Igino Benvenuto Supino, Firenze, Olschki, 1933, pp. 141-63 {ora cfr. G. RucK, Brutus als Modell desguten Rich-· ters. Bild und Rhetorik in einem Florentiner Zunjtgebiiude, in Malerei und Stadtkultur, cit., pp. ns-3r); per Lucignano vd. DoNATO, Un ciclo pittorico, cit., pp. 1200":"2.
88. Descrizione dell'immagine e trascrizione del relativo terzetto («La pura Verità, per ubbidire l alla santa Giustizia che non tarda,/ cava la lingua a la falsa bugiarda») ci sono però assicurati da Vasari: cfr. DoNATO, Immagini e iscrizioni, cit., pp. 387-88 {con ulteriori aperture sulla diffusione del motivo).
SEZ. IV • VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
piedi. Questa sorta peculiare di damnatio memoria e, applicata in specie a fuorusciti politici, documentata nell'Italia settentrionale a partire almeno dalla metà del D~ecento e via via diffusasi nell'Italia mediana, giungendo fino a Roma, infìeriva sull'immagine del reo, offrendo la al pubblico ludibrio con evidenti finalità di denuncia ma anche di ammaestramento etico-politico: è stato rilevato che la prassi prevaleva nei Comuni guelfi.B9 La trasformazione delle originarie subscriptiones, meramente designative - nome e colpa -, in brevi iscrizioni versificate e in volgare (gli schemi possono essere il consueto distico monorimo, o l'altro metro, tipicamente "epigrafico", a schema ABB), sembra diffondersi a Firenze, seguita piu tardi da Siena, a partire dal quinto decennio del Trecento. L'introduzione della "moralizzazione" metrica sembra introdursi, a giudicare almeno dagli esempi superstiti, in funzione della gravità e soprattutto della rilevanza politica del reato: piu spesso il tradimento. Mediantè le consuete formule autopresentative e altri caratteristici segnali della« poesia per pittura>, l'infamato dichiara identità e natura del crimine, spesso indirizzandosi in prima persona all'uditorio. Basti citare un esempio, alquanto tardo, relativo a uno dei ventisette traditori senesi, di parte filo-fiorentina durante la congiura dei Malavolti (r39I), che furono impiccati in effigie sull'esterno del Palazzo Pubblico:
Voi che guardate queste dipenture mirate me, che per mia avaritia ~adii con gran niquizia la patria mia: per avere fiorini, Siena vendei a' falsi Fiorentini.90
Per loro natura, tali rime erano destinate a venir cancellate, e sostituite secondo la bisogna, insieme all'affresco che corredavano: le non molte sopravvissute sono pertanto conservate non in originale, ma gr~zie alle citazioni di testi cronachistici o di altre fonti manoscritte. La piu antica nota fin qui è ricordata nella cronaca todina di Giovan Fabrizio degli Atti, e si riferisce a un episodio del 13rr: l'infamato si autopresenta in due versi che inten-
89. Il fenomeno è stato studiato in chiave storica da G. OR T ALLI, <( ••• pingatur in Palatio ... )), La pittura infomtmte nei secoli XIII-XVI, Roma,Jouvence, 1979; in chiave letteraria da SuiTNER, Rime e pitture, ecc., cit.; in chiave storico-iconografica da S.Y. EDGERTON jr., Pictures and Punishtnent. Art' and Criminal Prosecution during the Fiorentine Renaissance, Ithaca (NY)-London, Cornell Univ. Press, 1985, pp. ssi-125. Per un inquadramento entro gli syiluppi trecenteschi dell'iconografia civile in Toscana, vd. DoNATO, Immagini e iscrizioni, cit., pp. 356-63.
90. Testo in SmTNER, Rime e pitture, cit., p. 185 (cit. con un paio d'interventi). '
CAP. VIII • SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
dono arieggiare, con notevole imperizia, il co;,sueto distico monorimo: «Io ' so Ricardo Spadatracta./ el tradimento ordinai et non venne facta >>.9t Ma è
ancora Siena, a,ffiancata da Firenze, benché in anni relativamente tardi, a fornire il piu ampio nucleo di esempi di rime infamanti: nel metro, come ha acutamente rilevato Brugnolo - segnalandone del resto la presenza in Francesco da Barberino-, deve riconoscersi un'esplicita ripresa dei congedi della« canzone doppia>> del ciclo di Lorenzetti (ABbCc); lo stesso ripreso anche, nel 1445, dalla coppia di pentastici a corredo della già ricordata Incoronazione della Jil,rgine di Domenico di Bartolo e Sano di Pietro.92 Prescindendo dal contesto complessivo, di rilevata espressività - nel quadro di una prassi che poteva esplicarsi anche in altre forme: si pensi alla colonna d'infamia fatta erigere dal Senato veneziano nel 1364, a piu di mezzo secolo dalla fallita congiura di Baiamonte Tiepolo -,93 e ancora da ovvie congruenze tematiche, in particolare per il motivo del vituperium, il tenore delle rime infamanti trecentesche superstiti non sembra postulare una clamorosa interferenza stilistica con la tradizione toscana di tipo burlesco, o« comico-realistico»: altro discorso varrebbe semmai per i versi composti da Antonio di Meglio contro i fuorusciti albizzeschi vinti ad Anghiari nel 1440. Emerge piuttosto un~ generica congruenza co;, i modi della lirica gnomica, gli stessi che, con altra consapevolezza retorico-stilistica e rivolti in positivo, affiorano .nella precedente o contemporanea «poesia per pittura» di ammaestramento civico.
Un'affinità tonale con questi testi in stile "umile", d'intento evidentemente propagandistico e destinati .a far presa sul prefìgurato lettore attraverso l'efficace suggestione visiva del "tabellone", con l'ausilio mnemonico
· & un'agevole struttura in verso e di una vivace persuasività espressiva, può riscontrarsi nei testi di edificazione religiosa utilizzati, in anni immediatamente posteriori all'attuarsi del ciclo senese di Lorenzetti, per integrare i due grandi programmi, strettamente interdipendenti, del Camposanto monumentale pisano (verso il 1340) e del refettorio di S. Croce· a Fi-
• 91. Vd. SmTNER, Rime e pitture, cit., p. 182. La lezione tràdita può naturalmente far dubitare
dell'interpretazione metrica proposta. " 92: Vd. BRUGNOLO, <(Voi che guardate ... 1>, cit., ·pp. 325-27. 93· Il testo, endecasillabico, ha il consueto schema ABBA: «<De Baia>Ip<ante fm questo
tereno l e mo per lo so iniquo tradimento l sé pomto in chomun per altru<i> <spav>ento l e per mostrar <a turi> senpre seno)) {'Di Baiamonte fu questo terreno e ora a causa del suo iniquo tradimento è messo in comune, per incutere spavento e ad~itare a tutti sempre un compOitamento assennato': cfr. STussr, Epigrafi medievali, cit., p. 157).
SEZ. IV . VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
renze (1345). Per l'edizione e il commento dei componimenti, numerosi ed eterogenei, anche metricamente, allegati al primo dei due cicli, ormai attri-
. buito- nelle pri.ncipali delle sue molteplici articolazioni- a Bonamico Buffalmacco {e aiuti),94 ci si deve rifare allo studio di un benemerito e preveggente ahtesignano di queste indagini, Salomone Morpurgo.9S Gia in quell' epoca vistosamente compromessi, almeno nella componente epigrafica.che il Morpurgo poté in parte risarcire giovandosi della preziosa testimocianza di un codice quattrocentesco, il Marciano i t. IX 204, nel quale a molti dei testi "pisani" significativamente si affianca una trascrizione delle stanze del Lorenzetri -, gli affreschi del Camposanto fUrono infatti gravemente danneggiati nel corso di un devastante incendio seguito a un bombardamento della città nel corso del secondo conflitto mondiale. Lo studio dél programma, infarcito di «poesie per pittura», soprattutto nell'imponente Trionfo della Morte, ne risulta seriamente intralciato: avventurosi, in speeie, rischiano di rivelarsi i pronunciamenti di natura linguistico-testuale, nonché le ipotesi riscostruttive circa l'originaria distribuzione dei testi. Le indagini iconografiche, che in anni recenti hanno affrontato con impegno crescente le complesse questioni dell'articolatissimo ciclo, hanno messo in luce le decisive interferenze della committenza domenicana: attivamente partecipe, si può immaginare, anche nella predisposizione, e nella "regia", dell'apparato epigrafico, per cui è stato avanzato- e l'ipotesi è comunque rilevante, anche se dovesse ritenere valore di suggestione meramente "simbolica"- il nome di fra Domenico Cavalca.96 Certo, a paragone di Siena, qui si assiste a una deflagrazione epigrafica che sembra doversi scontare sul piano dell' organicità, complessiva e dei singoli tasselli. Ma, com'è opportuno ripetere, troppe ragioni d'incertezza gravano sulla valutazione dell'insieme, perché sia lecito azzardare ipotesi men che ponderate. L'estrema varietà metrica, a ogni buon conto, di per sé non depone in favore di una con-
. cezione rigidamente unitaria. I testi si affollavano all'interno dell'affresco-1n cartigli e tabelle: e sono quelli ancora visibili e, almeno in parte, de-
94· Vd. L BELLOSI, Buffalmacco e il Trionfo della Morte, Torino, Einaudi, 1974· '~ 95· Vd. MoRPURGO, Le epigrafi volgari,· ecc., cit. 96. Della folta bibliogr. si citino almeno gl'interventi di L. BoLZONI, Un codice trecentesco
delle immagini: scrittura e pittura nei testi domenicani e negli affreschi del Camposanto di Pisa, in Letteratura italiana e arti figurative, a cura 'di A. FRANCESCHETTI, Firenze, Olschki, 1988, vol. I pp~ 347-56, e di C. FRuGONI, Altri luoghi, cercando il Paradiso (il ciclo di Bu.ffolmacco nel Camposanto di Pisa e la committenza domenicana), in ASNP, s. III, vol. xviii 1988, pp. 1557-643.
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CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
cifrabili -, o nelle cornici, o ancora nelle zone inferiori: e questi sono irreparabilmente perduti. Nel Trionfo convivono, descritti con felice scioltezza narrativa, episodi differenti: a sinistra è un celebre Incontro dei tr~ vivi e dei tre · morti; a· destra una scena di delizie cortesi, in un verziere sul quale si avventa in volo, armata di falce, la Trionfatrice dei viventi. Al centro, ritratto con impietosa ironia espressiva, un gruppo di "derelitti" che protendono le mani alla volta della Morte. La invocano con parole ben note -citate anche da Vasari in un luogo della Vita dell' Orcagna nel quale si ridicolizza la passione dei tre centisti per quei <<versi cosi all'antica>>,'« cose impertinenti e poco dilettevoli>> ma congeniali ai « gusti di quell'età» -, esposte nel cartiglio brandito da un "derelitto":97
Da che prosperitade ci à lasati, o Morte, medicina d'ogni pena, de' vieni a darci omai.l'ul~ma cena!
Si è richiamata l'attenzione su questo episodio (nel terzetto si sarà notato il consueto schema, "epigrafico" ABB), perché din;ttamente coincid~nte con uno dei rarissimi brani superstiti del ciclo- altrettanto grandioso e, per questo e altri indizi, estremamente prossimo a quello pisano -dipinto dall' Orcagna pochi anni piu tardi, intorno al 1345, nella chiesa fiorentina di S. Croce: oggi nell'ex refettorio dell'adiacente convento domenicano, sede del Museo dell'Opera di S. Croce. Se i testi, come si è avuto occasione di documentare, si aggregano ai motivi iconografici, accade che i motivi si aggreghino ai testi. E il tema del Trionfo della Morte- con quelli, variamente connessi, dell'Incontro e, piu tardi, della Danza macabra-, vigorosa e originale esp,ansione figurativa del monito implicito nel << memento mori», è di quelli meno inclini a eludere la sottolineatura ammonitoria, quasi "omiletica", della componente verbale: già si è detto dell'importante caso (siamo però nella seconda metà del Quattrocento) di Clusone; ben note, ma già cinquecentesche,. le Danze macabre di Pinzolo e Carisolo. L'estrema prossimità iconografica, corroborata da influssi anche stilistici, della ~eplica fiorentina dei "derelitti" pisani rende meno sorprendente il ritorno degl'iden
, tici versi (per quanto può ancora leggersene: «Da che prosperitade c< ... > l l
97· 'Mi attengO, provvisoriamente, al testo di un'incisione di Lasinio, che, per qua~to può dirsi alla collazione delle tracce ancora leggibili; risulta nell'insieme assai fedele.
SEZ. IV · VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
ho Morte, medicina d< ... l ... >Ci a dare ornai l'ult< ... >>>).Meno ovvio, invece, e pèrtanto assai piu sintomatico, il loro riproporsi in un altro, e piu tardo, Triotifò: quello, riferito al tardo Trecento, della chiesa di S. Francesco a Lucignano. Qui le ambizioni sono assai p1u modeste; il modello iconografko, curiosissimo, è del tutto svincolato dagli esemplari pisano e fiorentino. Ma i "derelitti", presenti ariche qui, invariabilmente scandiscono il loro appello con le parole:
Poi che prosperità ci à lasciati, o Morte, medicina a ogni pena, vie<mci a dare ornai l'ultima cena.98
5· SUGGESTIONI RECIPROCHE TRA L'ARTE E LA LETTERATURA. lL TESTO SCRIT
TO PER LA FIGURA, LA FIGURA PER IL TESTO SCRITTO: l CODICI MINIATI E LA
"VISUALIZZAZIONE"
L'immersione, nel mondo dell'arte figurativa- pittorica e miniatoria in primo luogo- da parte dei poeti, e piu generalmente, dei letterati trecenteschi, era quotidiana e coinvolgente, e spesso valicava i termini usuali della. ricezione attiva. Se i luoghi "artistici" della Commedia sono citatissimi, dalla descrizione, n<'l canto x del Purgatorio, dei bassorilievi eseguiti dal divino Artefice, alla riflessione, nel canto successivo, sull'incessante mutevolezza dei« mondan romore >>,anche sulla scena dell'arte: da Oderisi a Franco Bolognese, da: Cimabue a Giotto, e altrettanto studiato è il capitolo, tutt'altro, delle interferenze petrarchesche: e qui basti rievocare l'intimità dei rapporti con Simone Martini; 99 manca uno studio d'insieme rivolto a sondare gli aspetti piu "artigianali" e diretti di quel coinvolgimento, e in specie del loro
· 98. Dalla fotografia risulta impossibile decidere se il titulus in vie<n>d sia stato omesso orisulti illegibile (l'affresco è a notevolissima altezza dal piano pavimeiltale). Merita di essere almen:o ricordata, per la sua originalità iconografica e per esser corredata, una volta di piU, di epigrafi versificate, l'Allegoria dell'Oltretomba (1368) di Biagio di Goro Ghezzi, nella chiesa di S. Michele a Civitella Paganico (Grosseto): per il ciclovd. G. FREULER, Biagio di Goro Ghezzi a Paganico. V affresco nell'abside della chiesa di S. Michele, Milano,Electa,_1986; per l'iconografia e le iscrizioni, C. FRUGbNr, La morte propria, la morte degli altri, in Storia vissuta dd popolo cristiano, Direzione diJ. DELUMEAU, Edizione italiana a cura di F. BOLGIANI, Torino, SEI, 1985, pp. 349-66, alle pp. 357"59· , .
99· Yd. G. CoNTINI, Petrarca e le arti figurative, in Francesco Petrarca Citizen of the World, -Padova-Albany, Antenore-State Univ. ofNew York Press, 1980, pp. 115-31, e M. BETTINI, Tra Plinio e sant'Agostino: Francesco Pe'trarca sulle arti figurative, in Memoria dell'antico nell'arte italiana, A cura di S. SETTIS, Torino, Einaudi, 1984, vol. 1 pp. 219-67 (con riepilogo bibliografico).
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CAP. VIII • SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTU,RA
manifestarsi nella pletora dei "minori". L'artigianalità "personalizzante" delle pratiche di scrittura favoriva, intanto, e a volte imponeva, la consuetudine diretta di autori e fruitori con le tecniche di ornamentazione e illustrazione libraria: si pensi, in prossimità del "grado zero" della scala grafica, alle maniculae, piu o meno esuberanti, che orientano, o autoorientano, l' attenzione del lettore. Ne risultava agevolata quell'irruzione,pìu o meno timida o decisa, dall'uno all'altro campo, che tanto spesso caratterizza le epoche letterariamente "sintonizzate" sulle frequenze del «primitivo>> (e si pensi addirittura ad avanguardie e neoavanguardie novecentesche). Alla visita di una scolta di uomini onorevoli, nel giorno anniversario della morte di Bea-· trice, assorto. a « disegnare figure d'angeli» era Dante, che ce ne informa, introducendo il son. Era venuta ne la mente mia, in un passo di straordinaria "visibilità" psicologica (la scena è quasi da "studio di pittore"), il cap. xxxrv r-3 della Vita Nuova; e meno importa, di fronte al rilievo della testimonianza, l'eventuale "storicità" di quelle «tavolette»:
· In quello gi~rno nel quale si com piea l'anno che questa donna era fatta de li cittadini di vita eterna, io mi sedea in parte ne la quale, ricordandomi di lei, disegnava uno angelo sopra certe tavolette; e mentre io la disegnava, volsi li occhi, e vidi lungo me uomini a li ciuali si convenia fare onore. E' riguardavano quello che io facea;_e secondo che me fu detto poi, elli erano stati già alquanto anzi che io me ne accorgesse. Quando li vidi, mi levai, e salutando loro dissi: «Altri era testé meco, però pensava)), Onde partiti costoro, ritornaimi a la mia opera, cioè del disegnare figUre d'angeli [ ... ]. ·
"Conoscitore", ispiratore e collezionista d'arte; Petrarca è forse autore (contestato) di un'elegante disegno a penna delle sorgenti di Sorga nei margini del Plinio parigino.too Inelegante, ma gustosamente efficace ritrattista dei propri personaggi si mostra Boccaccio, a sua volta committente di opere pittoriche, nei richiami dell'autografo Hamilton del Decameron; e ora si annunciano rivoluzionarie proposte vòlte a riconoscere, nella sua mano, quella dell'illustratore organico del cod. di Lodovico di Salvestro Ceffini.IO!
100. Vd. CoNTINI, Petrarca, ecc., cit., pp. 127-29. 10r. Per la comniissione di una pala d'altare, vd. R. WILLIAMS, Boccaccio's Altarpiece, in SB,
vol. XIX 1990, pp. 229-40; per i «richiami» dell'autografo, e in genere per Boccaccio disegnatore, vd. in sintesi V. BRANCA, Prime interpretazioni visuali del tDecameron', in In., Bo,ccaccio medievale e nuovi studi sul Decameron, Firenze, Sansoni, 19928, pp. 395-431, alle pp. 399-4do; per il cod. Ceffini, V. BRANCA-M.G. CIARDI DuPRÉ DAL PoGGETTO, Lodovico di Salvestro Cej]ìni copista del 'Decameron'. L'illustrazione del codice Cej]ìni, in SB, vol. xxr 1994, pp. 135-96.
SEZ. IV · VERSO UN NUOVO SISTEMA DI -VALORI
Ma il ruolo piti proprio del letterato doveva esplicarsi, per quanto riguardava la produzione monumentale, nella progettazione di cicli iconografici e nell'eventuale 'realizzazi~ne dei relativi apparati epigrafici, o nell' esecu>;ione di .apparati commissionati da altri "progettisti"; ovvero, per quanto riguardava la produzione manoscritta, nell'ispirazione, o orientamento, della "visualizzazione" di opere proprie o altrui; o ancora, piu internamente; nella composizione di testi pro grammaticamente integrati a immagini, singole o in cicli. Grande ispiratore di programmi."umanistici", nella tradizione degli "uomini famosi", e quasi certamente redattore di tituli, fu del resto, alla
, corte carrarese di Francesco il Vecchio, Petrarca.102 A ruolo emblematico, nella specifica prospettiva· della letteratura in volgare, può assumersi l' esperienza di Francesco da Barberino (per cui vd. cap. VI par. ro). Per quanto, per la perdita degli originali, manchi purtroppo ogni possibilità di riscontro (e d'altronde, per questa età, nulla ci è noto che possa compararsi ai pili tardi programmi umanistici di dipinti: a partire da quello, ben noto, di Guarino per Leonello. d'Este, del 1447),103 Francesco, vigile fruitore degli affreschi giotteschi agli Scrovegni, c'informa, nelle glosse ai Documenti d'Amore, d'essere stato progettista di almeno due cicli allegorici, uno per l'episcopio di Treviso - in una sala dove si amministrava la giustizia: e le raffìgurazioni, corredate di tituli latini, erano di Giustizia tra Misericordia e Coscienza -, l'altro a Firenze, per una sede imprecisata. Questo ciclo era arricchito di epigrafi volgari: 104
Istius quidem Probitatis et Audacie ac Curialitatis de qua dictum est supra si formas pictas queris, vide Florentie ubi bellum inter Curialitatem et Avaritiam et sequaces
102. Vd. riassuntivamente, anche per il quadro, M.M. DONATO, Gli eroi romani tra storia ed « exemplum )), I primi cicli umanistici di Uomini Famosi, in Memoria dell'antico, ci t., vol. n 1985, pp. 95-152.
103. Cfr. ad es. M. BAXANDALL, Giotto egli umanisti. Gli umanisti osservatori della pittura in Italia e la scoperta della composizione pitton'ca 1350-1450, Milano,Jaca Book, 1994 (ed. orig. 1971), p. 131 (e pp. 203-5). ' · ·
104. Sono contesti P.ili volte citati, a partire dall'Egidi: per TreviSo vd., anche per la bibliogr. E. Cozzi, Temi cavallereschi e profani nella cultura figurativa trevigiana dei secoli XIII e'XIV, in To
. maso da Modena, Catalogo a cura di L. MENEGAZZI, Treviso, Canova, [1979], pp. 44-59, a p. 48; 'per Firenze, EAD., Aspetti di unà cultt_!ra allegorica e profana nella pittura murale trecentesca delle Venezie, in Tomaso da Modena e il suo tempo, Treviso, Comitato Manifestazioni Tomaso da Modena, 1980, pp. 327-36, alle pp. 331-33; e cfr. da ultimo M. CiccuTo, Per una storia napoletana dei 'Trionfi' [1989], in Io., Figure di Petrarca. Giotto, Simone Martini, Franco bolognese, Napoli, Federico & Ardia, [1991], pp. 5-77, a p. n (e anche DoNATO, Immagini e iscrizioni, ci_t., p. 364).
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CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
et Probitatem et Codardiam et sequaces in fìguris representavi et dieta vulgaria que sunt ibi, cum novitatibus aliis circumpictis.10S
Ma Francesco è anche, e soprattutto, autorè - e almeno in parte trascrittore e forse "disegnatore"- di uno dei piu complessi, originali e impegnativi "testi a figure" che la cultura trecentesca ci abbia assicurato: e uno schema ico- · nografico .sarà addirittura ripreso nell'Iconologia· di Cesare Ripa.106 Aprescindere dalla dibattuta questione dell"'autografia" dei disegni di uno dei due testimoni illustrati superstiti, la diretta partecipazione dell'autore all'esecuzione delle figure, anche per l'inettitudine dei miniatori d'Oltralpe a. seguirne le direttive, è espressamente dichiarata da una glossa alla parte xr (sottoposta a Gratitudine):
etsi non pictorem, designatorem tamen fìgurarum ipsarum me fecit necessitas Amoris gratia infOrmante, cum nemo pictorum illarum partium ubi extitit liber fundatus me intelligeret iusto modo.t•7
La "macchina" dei Documenti d'Amore, poema allegorico-didattico autotradotto e autocommèntato in latino, e dunque appartenente a un genere naturalmente incline alkmodalità della "visione" e alle tecniche della "figura" mentale, predisposte ai fini di una piu incisiva suggestione mnemonica, s'integra organicamente a un programma d'illustrazioni dal quale non può prescindere chi legga, o eventualmente riproduca, il testo.ros In-
ros. 'Se desideri vedere le forme dipinte cÌi questa Onestà e Audacia e Còrtesia di cui è detto piti sopra, vedi a Firenze dove ho fatto rappresentare in figure la Guerra di Cortesia e Avarizia e loro seguaci e di Onestà e Cod.ardia e loro seguaci,e i detti volgari che sono i vi, con altre curiose novità dipinte all'intorno' (cfr. I Documenti d'A.more di Francesco da Barberino secondo i mss. originali, a cura di F. EGIDI, Roma, Società Filologica Romana, 1905, vol. I pp. 24-25)·
106. V d. F: PBTRUCCI NARDBLLI, Minima barberina, II. L'Eternità Barberina. Dalla miniatura alla stampa, in Miscellanea di studi in onore di Aurelio Roncaglia a cinquant'anni dalla sua laurea, Modena, Mucchi, 1989, vol. m pp. 1019-14.
107. 'Benché non sia pittore, diventai tuttavia disegnatore di tali figure per necessità, informato ['edotto'] dalla grazia d'Amore, in quanto nessun pittore di quelle parti in cui fu avviata la composizione del libro sapeva comprendermi in modo adeguato' (cfr. I Documenti d'A.more,
. ci t., Vol. m 1924, p. 351). Per l'autografia dei disegni vd., riassuntivamente, M. C. PANZBRA, Per l'edizione critica dei (Documenti d'A.more' di Francesco da Barberino, in SMV, vol. XL 1994, PP• 91-118, a p. 97 n. r6 (a p. 98 discute la glossa testé citata).
ro8. ·Sulle miniature dei due codici lo studio di riferimento è ancora quello dell'ultimo editore dei Documenti: F. EGIDI, Le miniature dei codici barberinian~ dei (Documenti d'A.more', in
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SEZ. IV · VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
cessanti i rimandi alle illustrazioni e l'àdozione di stilemi "epigrafici"- prosopopee, deittici, e via dicendo -, evidentemente mutuabili anche quando l'integrazione testo/immagine si verifichi sulla carta miniata anziché sulla parete affrescata.109 È stato poi di recente mostrato come all'esperienza esemplare dei Documenti possa, piu o meno direttamente, ricondursi l' accreditata divulgazione di alcuni metri "epigrafici" tra i piu fortunati del Trecento, dal distico monorimo al terzetto "madrigalistico" ABB, al pentastico "dantesco" ABbCC e suoi sviluppi.no
N o n esistono esempi direttamente ·comparabili - per autorevolezza, complessità e garanzie della tradizione- al caso dei Documenti: ma è certo che, se valè l'ipotesi altrove discussa, qualcosa di affine doveva essere, nella veste originaria, l'Acerba di Cecco d'Ascoli (per cui vd. cap. VI par. n). L'abitudine di costruire testi in "simbiosi" con immagini affonda, del resto, le proprie radici nd Duecento volgare, se lo stesso Iacopone da Todi, come si è altrove sostenuto, usava corredare di disegni qualche sua lauda (la formula, in quel caso, si riconduce al filone degli schematismi simbolici di natura mnemotecnica).111 La tradizione "figurativa" del genere allegorico-didatti
, co sopravviverà, d'altra parte, a lungo. Senza giungere alla piu tarda esposizione geografica della Sfera di Goro Dati,112 a metà Trecento è ad es. assai notevole, e in genere poco citata, una « cantica» - cosi nella rubrica dello splendido codice di dedica, già di proprietà Archinto e oggi a Chantillyd'impronta agostiniana, inviata intorno al 1355 dal bolognese Bartolomeo de' Bartoli a Bruzio Visconti, figlio naturale di Luchino e rimatore in rela
. zione con Fazio degli Uberti (vd. cap. VI par. 4). Consta di due parti, ciascu-na delle quali provvista di autonomo congedo, come la canzone "doppia'' di Lorenzetti.113 Sennonché, mentre il testo senese si adegua a uno schema
«L'Arte», vol. v 1902, pp. 1,.20, 78-95; ma vd. ora V. NARDI, Le illustrazioni dei 'Documenti d~more' di Francesco da Barberino, in« Ricerche di storia dell'arte», vol. xux 1993, pp. 75-92 (anche per l'aggiornamento bibliogr.).
109. Sul "funzionamento" del testo dei Documenti in relazione alle immagini, vd. D. GoLDIN, Testo e immagine nei (Documenti d~mor~' di Francesco da Barberino, in «Quaderni d'italiani-stica », vol. r 1980, pp. 125-3~. ·
no. Vd. BRUGNOLO, <(Voi· che guardate.:. J>, cit., pp. 313-t5. · III. Vd. CroGIOLA, <t Visibile parlare 1>, ci t., par. 8-9. n2. Vd. F. SEGATTO, Un'immagine quattrocentesca del mondo: la 'Sfera' del Dati, in AALM, s. vm,
vol. XXVII 1983, pp. I47-82, alle pp. 178-8!. II3. La prima incomincia Deh, cavalier, ch'avi dongelle vasco, la seconda Aven l'intento suo costo
ro egli animi: sono edite in La canzone delle virtU e delle scienze di Bartolomeo di Bartoli da Bologna, Testo inedito del secolo XIV tratto dal ms. originale del Museo Condé ed illustrato a cura di
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CAP. VIII · sèRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
diffusissimo, e canonico, di canzone, singolarissimo è il metro delle due componenti del lungo testo di Bartolomeo; con irrituali "stanze" di 21 versi a schema ABbCcDdEeFfGgHhliLIMM, dieci nella prima parte, otto nella seconda; il congedo di entrambe ha schema di n versi: ABbCcDdEeFF. Benché l'autore si rivolga due volte al suo componimento definendolo « chanzon(e) >>, sarannd piuttosto da ricordare i metri di Francesco da Barberino, e in particolare quelli della parte n, nel Tractatus de regulis Amoris.: Corrispondono quasi esattamente -l'unica differenza consiste nel numero dei versi: nove- allo schema dei "congedi" di Bartolomeo le regole XXXIII e XL (ABbCcDdEE); e schemi analoghi, se non per il numero dei versi, ricorrono piu volte. D'altronde, la "teoria" di questo schema è nel pentastico ABbCC, caratterizzante la storia della« poesia per pittura» senese, e del resto proprio anche di Francesco. Nei due grandi ''alberi" simbolici che, nelle carte dei "col'gedi'', concludono le rispettive parti della« cantica »,le virru e le arti, che ne sono le protagoniste, si autopresentano del resto in distici di endecasillabi monorimi. Eccone il primo:
Karità sum ch'in Dio sempre m'abrax~, Et ello in mi se possa, et in lui giaxo.114
La «cantica>> di Bartolomeo, che intrattiene importanti legami iconografici con la circostante tradizione minia:turistica e pittorica- in particolare, con la tradizione del Triorifo di s. Agostino, rappresentata, nella seconda metà del secolo, a Padova, Ferrara e Pistoia-, è a sua volta uno straordinario esemplare di testo concepito per integrarsi, quale imprescindibile "esegesi" verbale, a un articolatissimo programma figurativo: ciascuna "stanza" occupa il terzo inferiore della carta, invaso nella parte superiore da un riquadro illustrato; il modello d'impaginazione, autonomamente elaborato e arricchito, è quello, per intendersi, della Biblia paupernm.''s
L. DoREz, Bergamo, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, 1904. Per Ba~tolomeo vd. G. 0RLANDELLI, in DBI, vol. VI 1964, pp. 559-60, s.v. (con ampia bibliogr.).
114. La canzone delle virtU, ci t., p. 35 (e cfr. p. 96). Al piede del primo albero è poi un testo in quattro versi a schema ABAB, al piede del secondo un corrispettivo a schema ABBA: e cosi il quadro dei metri <l per pittura», o "epigrafici", piti diffusi è ulteriormente allargato (e anzi, pressoché esaurito). ·
trs. Il riferimento, almeno tipologico, ai Documenti è già di A. PETRUCCI, Storia e geografia delle culture scritte, in LIE, Storia e geografia, vol. I 1988, pp. 1193,-292, a p. 1230. Per la ramificata questione iconografica, vd. J. VON ScHLOSSER, Zur Kenntnis der kunstlerischen Oberlieferung i m spiiten Mittelalter, in « Jahrbuch der kunsthistorischen Sammlungen des allerhOchsten Kaiser-
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Autori di testi per immagini monumentali furono, oltre a F~ancesco da Barberino, Franco Sacchetti e, nella prima metà del secolo, il cancelliere della Repubblica fiorentina ser Ventura Monachi, probabile autore del diffuso sonetto "per rettori", Se la fortuna t'ha Jaìto signore (ed. Corsi, RT, pp. 75-76), un tempo dipinto in Palazzo Vecchio.116 Meno certo è invece che fosse ~estinata a uno sviluppo monumentale, l'altrettanto fortunata corona dei sette peccati capitali di Fazio degli Uberti: tuttavia predisposta per un'integrazione figurativa, di fatto documentata almeno nel cod. Galletti 15 dell'Archivio di Stato di Mìlano.117 La consuetudine dei rimatori trecenteschi con pratich~ latamente "figurative" doveva comunque essere assai piu diffusa di quanto non consenta di giudicare la tradizione superstite: usi di poesia figurata non erano, ad es., ignoti al trevigiano Nicolò de' Rossi, e a un corredo iconografico allude, descrivendone i particolari, la razo prosastica- · giudicata autografa- della canz. Prima che 'l ferro arossi i bianchi pili, di' maestro Antonio da Ferrara.tta Tra gli anonimi, se non si debba pensare a uno dei Villola, è stato piu volte citato e riprodotto il sonéttoc "sentinella" E' sonto un peregrin de molte parte, di guardia- con la vivace miniatura del pellegrino -·all'autografo della Cronica bolognesè trecentesca di Pietro e Floriano Villola.119 Come addita l'esempio dei Villola, testi rimati- originali o anche di risulta- potevano integrarsi a miniature anche in prodotti non specificamente "letterari": e qui potrà ricordarsi l'altro caso ben noto, del <<Libro del Biadaiolo » fiorentin0 .t2o
Al tema della "letteratura in servizio dell'arte" può riconnettersi l'uso d'imbastire componimenti epigrafici, per dir cosi, "postumi":obbedienti,
hauses »,vol. xxm 1902, pp. 279-338, in partic. alle pp. 327-36; e, pili di recente, L. Lo m, Problemi iconologici di un dipinto ferrarese del XIV secolo, in Cultura ferrarese tra XV e XVI secolo. In memoria di Giacomo Bargellesi, Venezia, Corba e Fiore, [1981], pp. 1-34 (utile per la bibliogr.).
n6. V d., anche per la fortuna iconografica della «ruota di Fortuna» e dei testi che potevano corredarla, quanto osserva DoNATO, Immagini e iscrizioni, cit., pp. 3sz-86.
II7. L'intera serie, in duplice redazione, in FAzio DEGLI UnERT}, Il Dittamondo e le Rime, cit., vol. II pp. 48-52 e 59-63 (e cfr. CroCIO LA, <l Visibile parlare J>, ci t., par. II, e CORSI, RT, p. 229 e n. 16, con la bibliogr. ivi cit.). , II8. Vd. rispettivamente F. BRuGNOLO, Il canzoniere di Nicolò de' Rossi, Padova, Antenore,
1977, vol. u pp. 258-68; S. BAGGio,Ibridismo o koinè? Il caso di Antonio da Ferrara, in Koinè in Italia, dalle Origini al Cinquecento, a cura di G. SANGA, Bergamo, Lubrina, 1990, pp. 331-65, a p. 361.
119. V d., anche per la bibliogr., CtoctoLA, <l Visibile parlare,>, ci t., par. 12. · 120. Sul quale vd. almeno S. PARTSCH, Profane Buchmalerei der bUrgerlichen Gesellschaft i m spiit
mitielalterlichen Florenz. Der Specchio Umano _des Getreidehiindlers Domenico Lenzi, Worms, Wer-ner'sche Verlagsgesellschaft, 1981. '
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CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
cioè, alle regole della «poesia per pittura», fors'anche passibili di essere "trascritti" a parete, ma composti a distanza, anche notevole, dall'esecuzione dell'opera pittorica (e indipendentemente da essa, anche se, evidentemente, da essa condizionati). Testi di tal fatta si adattano ad alcuni celebri dipinti giotteschi perduti, concorrendo tra l'altro all'ipotetica restituzione d'iconografie altrimenti inconoscibili. Il caso certamente piu ragguardevole è quello della corona di sonetti, attribuiti al giullare Giovanni da Firenze
·(Malizia Baratt~ne), eseguiti a commento del celebre ciclo perduto degli Uomini famosi affrescato nella Sala Grande del Castelnuovo angioino diNapoli.J21 Altri due monumenti pittorici, questa volta fiorentini, promossero l'intervento di Antonio Pucci: il sonetto « ritornellato » Questi che veste di color sanguigno (ed. Corsi, RT, p. 822) fu infatti composto per un (pre.sunto) ritratto di Dante al Bargello.122 Altri due sonetti- O m è, Comun, come conciar ti veggio, al Comune, e Se nel mio ben ciascun fosse leale, in persona del Comune' (ivi, pp. 820-21) -si riferiscono invece a un'Allegoria del Comune certamente giottesca, già nel Palazzo del Podestà di Firenze, e anch'essa perduta, tradizionalmente bipartita nelle immagini del Comune rubato e del Comune in signoria, secondo lino schema "politico" destinato a protratta fortuna.m
La storia della "visualizzazione" libraria -prima miniata e poi, con l'invenzione della stampa, xilografica o calcografica- dei testi letterari in volgare nasce e si sviluppa, con la nostra storia letteraria: si pensi alle illustrazioni del cod. Hamilton di poesia didattica settentrionale e alla !storia di Pietro da Barsegapè; ma dev'essere ancora scritta.124 Per quanto poco si sappia ancora dei rapporti di collaborazione diretti tra autori e miniatori nel
121. Per il contesto, e anche per il ciclo, vd. riassuntivamente P. LEONE DE CASTRIS, Arte di corte nella Napoli angioina, Firenze, Cantini, 1986. Per l'attribuzione, vd. da ultimo P. STOPPELLI, Malizia Barattone (Giovanni da Firenze) autore del 'Pecorone', in FeC, vol. II 1977, pp. 1-34 (e cfr. la ree. a SER GIOVANNI, Il Pecorone, a cura di E. EsPOSITO, Ravenna, Longa, 1974, di C. MAZZOTTA, in SPCT, vol. x 1975, pp. 237-42). Le modalità "epigrafiche" dei testi sono state di recente esaminate da DE BLASI, Iscrizioni in volgare, cit., pp. 262-64 (e cfr. BATTAGLIA RICCI, Epigrafi d'autore, cit., p. 436 n. n). .
122. Il saggio di riferimento, anche per la bibliogr., è di E.'H. GoMBRICH, Un ritratto di Dante dipinto da Giotto? [1979], in In., Antichi maestri, nuove letture. Studi sull'arte del Rinascimento; Torino,Einaudi, 1987, pp. 3-28; e cfr. M.M. DoNATO, Per la fortuna monumentale di Giovanni Boccaccio fra i grandi fiorentini: notizie e problemi, in SB, vol. XVII 1988, pp. 287-342, alle pp. 289-90.
123. Vd. S. MoRPURGO, Un affresco perduto di Giotto nel Palazzo del Podestà di Firenze, Firenze, Carnesecchi; 1897; con le osservazioni di DoNATO, Immagini e iscrizioni, cit., PP.· 346-47.
124. Per le vignette del cod. Hamilton vd. D. GOLDIN, Scrittura e figura negli <( Exempla '' hamiltoniani, in Medioevo e Rinascimento veneto con altri studi in onore di Lino Lazzerini, vol. I, Dal Duece~to al Quattrocento, Padova, Antenore, 1979, pp. 13-34·
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SEZ. IV • VERSO UN NUOVO SISTEMA DI VALORI
caso d'illustrazione dei testi direttamente progettata o sorvegliata dagli autori ("autovisualizzazione"),125 ancor meno approfondite son9 le modalità di sviluppo ed elaborazione dei grandi programmi ni visualizzazione "postuma", o comunque autonoma. Esistono invero, almeno per le opere piu attivamente visualizzate nel Tre-Quattrocento, Commedia e Trionfi, rilevanti contributi monografici e racc0lte anche imponenti di materiali; manca tuttavia, e i tempi non sono probabilmente maturi, uno strumento che proponga una sistematica rassegna di esempi e problemi.126 Molta luce, anche e soprattutto sotto questo specifico profilo, ci si attende dall'imminente Boécaccio visualizzato, del quale sono già disponibili numerose anticipazioni.127 Il dinamismo testo/immagine, e le esigenze della narratività iconografica, comportano non di rado un esercizio attivamente interpretativo dell'immagine nei confronti del testo; che oltre a indirizzare la ricezione, può anche produrre alterazioni di senso. Integrazioni attive s'incrociano con veri e propri "errori" iconografici, dando luogo, nella propagazione del
125. Recentissima·la proposta di M. G. CIARDI DuPRÉ DAL PoGGETTO-V. BRANCA, Boccaccio « visualizzato 1> dal Boccaccio, in SB, vol. XXI 1994, pp. I97-234· ·
I26. Per la Commedia vd. almeno P. BRIEGER-M. MEtss-CH. S. SINGLETON, Illuminated Manuscripts of the Divine Comedy, Princeton, Princeton Univ. Press, I969; per i Trionfi (anche se in prospettiva piU ampia), G. CARANDENTE, I· Trionfi nel primo Rinascimento, [Torino], ERI, I963. (studio di riferimento resta quello di [V. MASSÉNA] PRINCE o'EssuNc-E. MONTZ, Pétrarque1 ses études d'art1 son injluence sur !es artistes, ses portraits et ceux de Laure1 l'illustration de ses écrits, Paris, Gazette des Beaux-Arts, I902).
I27. V d: V. BRANCA, P. WATSON, V. KlRKHAM, Boccaccio visualizzato, I. Intepretazioni visuali del 'Decameron' (V.B.), n. Un primo elenco di codici illustrati di opere del Boccaccio (V.B.), m. A Preliminary List ofSubjectsfrom Boccaccio in Italian Paintin~ 1400-1500 (P:W.), IV. APreliminary List ofBoccacdo Portraits from the 14th to the Mid-16th Centuries (V.K.), in SB, vol. xv 1985-1986, pp. 85-188; V. BRANCA, S. MARCON, P. WATSON, V. KlRKHAM, Boccaccio visualizzato, u: I. Un secondo elenco di codici illustrati (V.B.), 2. Descrizione dei codici nelle biblioteche' veneziane (S.M.), 3· More Subjects from Boccaccio in Italian Renaissance Painting (P:W.), 4· Portraits ojBoccaccio {V.K.), ivi, vol. XVI I987, pp. 247-305; V. BRANCA, S. MARCON, C. REYNOLDS, Boccaccio visualizzato, m: I. Nuove segnalazioni di manoscritti e dipinti (V.B.), 2. I codici di f.frona (S.M.), 3· Illustrated Boccaccio Manuscripts in The British Library (London} (C.R.), i vi, vol. xvn 1988, pp. 99-181; V. BRANCA, C. REYNOLDS, M.-H. TESNIÈRE,Boccaccio visualizzato, Iv: I. Ancora manoscritti figurati (V.B.), 2. Illustraled Boccaccio Manuscripts in the British Library (London): Additionallist (C.R.), 3· <( Lectures illustrées l) de Boccacel en France, au xv~ siècle (M.-H.T.), ivi, vol. XVIII I989, pp. 167-280; v. BRANCA, Boccaccio visualizzato, v: 1. Ancora manoscritti figurati, 2. Opere d1arte autonome, ivi, vol. XIX 1990, pp. 209-u; V. BRANCA, R. FRIEDMAN, W.E. COLEMAN,'A.C. DE LA MARE, C. -REYNOLDS, Boccaccio visualizzato, vi: I. Ancora manoscritti figurati (V.B.), 2.Il codice Spencer 33 della PublicLibrary di New York (R. F.), 3· United States. Private Collection (ms. Kettaneh) (W.E.C.), 4· Illustrated Boccaccio Manuscripts in Oxjord Libraries (A.G.D.L.M.-C.R.), i vi, vol. xx 1991-I992, pp·. 1-72.Alla serie si aggiunga B. BuETTNER, Les affinités séléctive~. Image et texte dans les premiers manuscrits des 'Clères femmes 1
, ivi, vol. xvm 1989, pp. 281-99.
CAP. VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
corredo iconico, à fenomeni di evoluzione/involuzione tradizionale del tutto affini a quelli da tempo censiti nell'ordinaria genesi dell' innovazione/errore che forma oggetto della critica testuale: in questo senso è dunque ipotizzabile la fondazione di una "critica del testo iconico,". Molto notevole, nel quadro dell'evoluzione dei progràmmi iconografici in rapporto al propagarsi dei testi, è d'altronde la questione dei rapporti "genealogici" che s'instaurano con le "fonti": la casistica si estende da Iacopone all'inoltrato Quattrocento.128 Terreno di coltura, per dir cosi, di questo studio è, naturalmente, quello dei volgarlzzamenti: un esempio istruttivo è proposto dall'adattamento delle miniature - e, piu generalmente, del programma illustrativo -della francese Somme le roi nel volgarizzamento toscano di Zucchero Bencivenni.129
6. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Manca uno studio di sintesi sui molteplici temi delineati in questo capitolo; di-' spersa e antiquata è anche, spesso, la bibliogr. relativa ad aspetti e questioni specifiche (ma il panorama è in rapida evoluzione). Spunti di riflessione utili, anche se ·rivolti solo occasionalmente a esempi di area italiana, offrono a vario titolo: J SPARROW, Visi h le Words. A Study oflnscriptions in and as Books and Works of Att, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 196g; M. BuTOR, Le parole nella pittura, Venezia, Arsenale, 1987 (ed. orig. 1969); M. WALLIS, Inscriptions in Paintings, in « Semiotica>), a. IX 1973, pp. r-28. Per l'avvio, p i ti in generale, ai temi della «letteratura artistica», restano essenziali i lavori di J. voN ScHLOSSER, e in specie La letteratura artistica. Manuale delle fonti della storia dell'arte moderna, trad. di F. Rossr, 3' ed. ital. aggiornata da O. KuRZ, Firenze, La Nuova Italia, 1977 (in partic. alle pp. 34-41), da integrare con la raccolta antologica Quellenbuch. Repertorio di fonti per la Storia dell'Arte del Meaioevo ocddentale (secoli IV.XJ1, Con un'aggiunta di nuovi testi e aggiornamenti critico-bibliografici a cura diJ. VÉGH, Firenze, Le Lettere, 1992; espressamente al nostro tema si rivolge Io., Poesia e arte figurativa nr! Trecento, in« La critica d'arte», Vol. m 1938, pp. 81-90. A un asPetto particolare della tradizione epigrafica italiana - e cioè alle iscrizioni, considerate nel loro aspetto "grafico", della pittura fiorentina quattrocentesca - è
128. Per un caso, invero modesto, di soggezione, nel testo e nelle immagini, al modello dell'Acerba, vd. C. CrociO LA, Lo scrittoio di un "acerbista"florentino del Quattrocento: ser Piero di ser Bonac~orso Bonaccorsi, in Studi offerti a Gianfranco Contini dagli allievi pisani, Firenze, Le Lettere-Libreria Commissionaria Sansoni, 1984, pp. 67-111. '
129. Vd. V. MoLETA, Simone Martin i in a Tuscan 'Somme le roi', in« La Bibliofilia», vol. Lxxx\rn 1985, pp. 97-136; e cfr. Io., The 'Somme le roi'Jrom French court to Italia n city-state, in Patronage and Public in the Trecento, Edited by V. MoLETA, F~renze, Olschki, 1986, pp. 125-58.
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dedicato il saggio di D.A. Covr, Lettering in Fifteenth Century Fiorentine Painting, i!\' «The ArtBulletin >>,vol. XLV 1963, pp. 1-17; allo stesso autore si deve un primo (e per ora unico) repertc;>rio sistematico dei materiali, limitato tuttavia all'area, all'arco, cronologico e alla tecnica contemplati nel saggio ci t.: Ir:i., The Inscription in Fifteenth Century Fiorentine Pianting (Ph. D: Diss., 1958), New York-London, Garland, 1986;
.. ma una bibliogr. completa delle edizioni di testi epigrafici nei volgari italiani, concepita!' articolata sul modello del repertorio di Zambrini-Morpurgo, è in preparazione a cura di Lida M. Gonelli.
Fondamentale, per la tradizione delle scritture d'apparato, e in particolare per le scritture"esposte in Italia, è il saggio di A.PETRuccr, La scrittura fra ideologia e rappresent~zione, in 'Storia dell'art~ italiana, vol. m, to. 2/1, Torino, Einaudi, 1980, pp. 3-123, poi ampliato in Io., La scrittl)ra. Ideologia e rappresentazione, Torino, Einaudi, 1986. Un provvisorio inquadramento problematico della casistica, in specie filologica, della tradizione italiana del volgare epigrafico è stato avviato in C. .CrociO LA, «Visibile parlare»: agenda, in «Rivista di letteratura italiana)>, a. vn 1989, pp. 9-77 {quindi in vol.: Cassino, Università degli Studi, 1992). Un gran numero di nuovi documenti è criticamente indagato in «Visibile parlare>>. Le scritture esposte nei volga n'italiani dal Medioevo al Rinascimento, a cura di C. CrocroLA, Napoli, Esr, 1995 (la maggior parte dei saggi che compongono il vol. è cit, nel corso dèl capitolo). Il convegno di Cassino, del quale il volume ora cit. raccoglie gli Atti, è stato affiancato da una mostra fotografica (allestita a Montecassino e poi a Bologna, Ravenna, Siena), di cui è'in preparazione il c.atalogo (un' an~dpazione, in forma divulgativa, in C. CiocioLA, Visibile parlare, in<( Storia e Dossier)>, a. vn n. 68' [clic. 1992], pp. 32-39). La riflessione critica circa i temi in questione, e con riferimento alla tradizione pittorica del Rinascimento italiano, si è di recente allargata ad àmbiti alloglotti: in partic., all'ebraico, a opera di A. RoNEN, Iscrizioni ebraiche nell'arte italiana del Quattrocento, in Studi di storia dell'arte sul Medioevo e il Rinascimento nel centenario della nascita di Mario Salmi, Firenze, Polistampa, 1992, vol. n pp. 6or-24; e al greco, a ~pera di N.G. WrLSON, Greek Inscriptions on Renaissance Paintings, in IMU, vol. xxxv 1992, pp. 215-52. Nella 1diversità d'impostazione, le migliori introduzioni all'epigrafia medievale- prevalentemente, ma non esclusivamente, lapidaria- sono quel~e di R. FAVREAu; Les inscriptions mé- . diévales, Turnhout, Brepols, 1979 (con Mise àjourdel 1985), e di R.M. Kwos, Einfiihrung in di e Epigraphik d es Mittelalters und der friihen Neuzeit, Darmstadt Wissenschaftliche Buchgesellschaft, I992'; eccellente, ma esclusivamente dedicato ai problemi dell'epigrafia su pietra, è il manuale di l. Dr STEFANO MANZELLA, Mestiere di epigrafista. Guida alla schedatura del materiale epigrafico lapideo, Roma, Quasar, 1987.
Rinviando, per i temi specifici, alla bib.liogr. citata in nota, si aggiunge qui, o si riepiloga, qualche indicazione di carattere piu generale. Per la tipologia delle firme d'artista (latine) fino al Duecento, vd. M. VANNuccr, La firma dell'artista nel Medioevo: testimonianze significati l'e nei monumenti religiosi toscani dei secoli XI-XIII, in« Bollettino storico pisano)>, vol. LVI 1987, pp,. n9-38, e A. DIETL, <<In arte peritus >>. ZurTopik mittelalterliche~ Kiinstlerinschriften in Italien bis zur Zeit Giovanni Pisanos, in <( ROmische
CAP. ·VIII · SCRITTURA PER L'ARTE, ARTE PER LA SCRITTURA
historisch.e Mitteilungen», vol. xxrx 1987, pp. 75-125; e si aggiunga, per le aperture trecentesche, il saggio di B. BREVEGLIERr, Il volgare nelle scritture esposte bolognesi. Memorie di costruzioni e opere d'arte, in<( Visibile parlare». Le scritture, cit., pp. 73-99; dello ~tesso è importante il recerÌte vol. Scritture e immagine. ie lastre terragne del Medioevo
·bolognese, Spoleto, CrsAM, 1993. Su caratteri e funzioni dell'iconografia politica nell' Italia medievale si deve rinviare al p ili recente panorama, in Malerei und Stadtkultur in der Dantezeic. Die Argumentation der Bilder, herausgegeben von H. BELTING und D. BLUME, Miinchen, Hirmer, 1989, dal quale è agevole risalire alla ricca bibliogr. p re- · cedente. Per la funzionalità del!; integrazione di poesia volgare e arte civica nel Trecento toscano· sono importanti gli ormai numerosi studi di M.M. DoNATO: Un ciclo pittorico ad Asciano (Siena), Palazzo Pubblico e l'iconografia "politica"allafine del Medioevo, in ASNP, s. m, vol. xvm 1988, pp. no5-272; Testi, contesti, immagini politiche nel tardo Medioevo: esempi toscani. In marxine a una discussione sul73uon governo', in <(Annali dell'Istituto storico itala-germanico in Trento>), vol. XIX 1993, pp. 305-55; <(Cose morali, e~ anche appartenenti secondo e' luoghi»: per lo studio della pittura politica nel tardo Medioevo toscano, in Le forme della propaganda politica nel Due e nel Trecento, a.cura di P. CAMMARaSANO, [Rome], École Française de Rome, 1994, pp. 491-51; un'articolata sintesi di
-problemi ed esempi in EAD., Immagini e iscrizioni nell'arte {politica"fra Tre e Quattrocento, in« Visibile parlare». Le scritture, cit., pp. 341-96. Per le iscrizioni che accompagnano gli affreschi di· Palazzo Pubblico a Siena (Maestà di Simone Martini e ciclo di Ambrogio Lorenzetti), vd. da ultimo F. BRUGNow; «Voi che guardate ... ». Divagazioni sulla poesia per pittura del Trecento, in «Visibile parlare». Le scritture, ci t., pp. 305-39; sulle iscrizioni della Maestà precedono G. V ALERIO, Sull'iscrizione della 'Maestà' di Simone, in SM, s. m, vol. xxvu 1986, pp. 147-62, è F. BRUGNOLO, Le.terzine dèlla Maestà' di Simone Martini e la prima diffusione della 'Commedia', in MR, a. XII 1987, pp. 135-54, con rimandi alla bibliogr. precedente. Per pitture e rime infamanti vd. G. OR T ALLI, « . .. pingatur in Palatio ... ». La pittura infomante nei secoli XIII-XVI, Roma,J ouvence, 1979, e F. SUITNER, Rime e pitture d'infamia, in Io., La poesia satirica e giocosa nell'età dei Comuni, Padova, Antenore, 1983. L'ampia bibliogr. relativa agli affreschi del Camposanto pisano è discussa, in un'originale prospettiva, da L. BATTAGLIA Ricci, Ragionare nel giardino. Boccaccio e i cicli pittorici del 'Trionfo della Morte', Roma, Salerno Editrice, 1987; dei contributi posteriori, si citi almeno C. FRUGONI, Altri luoghi, cercando il Paradiso (il ciclo di Buffalmacco. nel Camposanto di Pisa e la committenza domenicana), in ASNP, s. m, vol. xvm 1988, pp. 1557-643; per il delicato problema filologico fa ancora testo l'importante studio di S. MoRPURGO, Le epigrafi volgari in rima del 'Trionfo della Morte~ del 1Giudizio universale e Inferno' e degli 2lnacoreti' nel Camposa·nto di Pisa, in «L'Arte», a. II 1899, pp. 51-87; ma di Morpurgo, antesignano degli studi di "epigrafia volgare" toscana, devono citarsi anche due contributi "civici": Un affresco perduto di Giotto nel palazzo del Podestà di Firenze, Firenze, Caruesecchi, 1897, e Bruto, «il buon giudice>>, nell'Udienza dell'Arte della Lana in Firenze, in Miscellanea di storia dell'arte in onore di Igino Benvenuto Supino, Firenze, Olschki, 1933, pp. 141-63. Sul tema complessivo di Trionfi e Danze macabre si deve rinviare a du.e studi non recenti: L. GuERRY,
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Le Thème du 'Triomphe de la Mort' dans la peinture italienne, Paris, Maisonneuve, 1950, e Le danze macabre in Italia, Monografia di P. VIGO, Bergamo, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, 19or2; sull'Incontro la monografia di riferimento è quella di C. SETTIS FRUGONI, Il tema de/t Incontro dei tre vivi e dei tre m'orti nella tradizio~e medioevale italiana, in AALM, s. vm, vol. xm 1967, pp. 145-251; piu in generale, vd. A. TENENTI, Il senso della morte e l'amore della vita nel Rinascimento' (Francia e Italia), Torino, Einaudi, 19892;
e anche A. FRUGONI, I temi della Morte nell'affresco della Chiesa dei Disciplini a Cluson~ [1957], in In., Incontri nel Medioevo, Bologna, Il Mulino, 1979, pp. 217"49· Sulle te mariche relative ai testi figurati e all'illustrazione dei manoscritti, per le importanti aperture di metodo si consulteranno, pur se indirizzati all'età alto medievale, gli Atti della xLI "Settimana" di Spoleto: Testo e immagine nell'alto Medioevo, Spoléto"CrSAM, 1994 (molto importante, nel vol. 1, la prolusione di G. CAVALLO, Testo e immagine: una frontiera ambigua, pp. 31-62). In particolare, sulla miniatura "profana" di àmbito fiorentino, vd. S. PARTSCH; Profane Buchmalerei der biirgerlichen Gesells;hafl im spiitmittelalterlichen Florenz. Der Specchio Umano des Getreidehiindlers Domenico Lenzi, Worms, Werner' sche Verlagsgesellschaft, 1981. Un'utile sintesi, corredata da un'antologia di testi, è quella di L. BATTAGLIA Rrccr, Parole e immagininella letteratura italiana medievale. Materiali e problemi; Pisa, GEI, 1994. Ai reciproci influssi di arte e letteratura sono dedicati gli Atti del xn Convegno dell'A.I.S.L.L.I. (Toronto, Hamilton, Montreal, 6-ro maggio 1985): Letteratura italiana e arti figurative, a cura di A. FRANCBSCHBTTI, Firenze, Olschki, 1988; a vari aspetti del tema sono del restO consacrati molti saggi di M. CrccuTo, raccolti nei voli. L'immagine del testo, Episodi di cultura figurativa nella letteratura italiana, RÒma, Bonacci, 1990; Figure di Petrarca. Giotto, Simone Martini, Franco Bolognese, Napoli, Federico & Ardia, [1991 ]; Icone della parola. Immagine e scrittura nella letteratura delle Origini, Modena, Mucchi, 1995. Sulla "prosopografia" degli artisti è, in chiave generale, molto importante il vol. di E. KRrs-0. KuRZ, La leggenda dell'artista. Un saggio storico, Torino, Bollati-Boringhieri, 19892· (ed.
· orig. 1934, 1979). A vario titolo si occupano, con importanti prospettive di metodo, delle interferenze con la cultura artistica di autori italiani medievali e rinascimentali: C.E. GrLBERT, Poets Seeing Artists' Work. Instances in the Italian Renaissance, Firenze, Olschki, 1991; G .. Pozzr, Sull'orlo del visibile parlare, Milano, Adelphi, 1993 (dello stesso atitore è fondamentale, per la campionatura delle forme di poesia "iconica", La parola dipinta, Milano, Adelphi, 1981); M. BAXANDALL, Giotto e gli umanisti. Gli umanisti osservatori della pittura in Italia e la scoperta della composizione pittorica 1350-1450, Milano,Jaca Book, 1994 {ed. orig. 1971); C. DroNrSOTTI, Appunti su orti e lettere, Milano, Jaca Book, 1995.
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