«Niente di più bello ha prodotto la rivoluzione»: la teofilantropia nell’Italia del Triennio,...

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GLAUCO SCHETTINI «NIENTE DI PIÙ BELLO HA PRODOTTO LA RIVOLUZIONE»: LA TEOFILANTROPIA NELL'ITALIA DEL TRIENNIO (1796-1799) ESTRATTO da RIVISTA DI STORIA E LETTERATURA RELIGIOSA 2014/2 ~ a. 50

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GLAUCO SCHETTINI

«NIENTE DI PIÙ BELLO HA PRODOTTO LARIVOLUZIONE»: LA TEOFILANTROPIANELL'ITALIA DEL TRIENNIO (1796-1799)

ESTRATTOda

RIVISTA DI STORIA E LETTERATURA RELIGIOSA2014/2 ~ a. 50

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Pubblicato nel mese di novembre 2014

Rivista di Storia e Letteratura Religiosadiretta da

GIORGIO CRACCO - GILBERT DAGRON - CARLO OSSOLA

FABRIZIO A. PENNACCHIETTI - MARIO ROSA - BRIAN STOCK

Periodico quadrimestraleredatto presso l’Universita degli Studi di Torino

Direzione

Cesare Alzati, Giorgio Cracco, Gilbert Dagron, Francisco Jarauta,Carlo Ossola, Benedetta Papasogli, Fabrizio A. Pennacchietti, Daniela Rando,

Mario Rosa, Maddalena Scopello, Brian Stock

Redazione

Linda Bisello, Paolo Cozzo, Valerio Gigliotti, Giacomo Jori, Marco Maggi,Chiara Pilocane, Davide Scotto

Articoli

J. RIAUD, Une communaute mysterieuse dans les environs d’Alexandrie auxalentours de l’ere chretienne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 195

M. MESCHINI, Pensare la crociata dopo la caduta di Gerusalemme (1187): il Dere militari et triplici via peregrinationis ierosolimitane di Radulfus Niger » 259

E. PIETROBON, La parafrasi dei Salmi di Giulio Cesare Pascali tra impegno apo-stolico e reinvenzione stilistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 285

P. IOLY ZORATTINI, La Pia Casa dei catecumeni di Venezia durante la secondameta del Settecento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 315

G. SCHETTINI, «Niente di piu bello ha prodotto la rivoluzione»: la teofilantropianell’Italia del Triennio (1796-1799) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 379

Note e testi

C. DEL POPOLO, Il Credo di frate Antonio da Bitonto . . . . . . . . . . . . . . . . » 435

Recensioni

Marguerite Porete et le Miroir des simples ames. Perspectives historiques, phi-losophiques et litteraires, sous la direction de S.E. Field, R.E. Lerner et S.Piron (M. Lodone) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 451

Antonino Pierozzi OP (1389-1459). La figura e l’opera di un santo arcivescovonell’Europa del Quattrocento (M. Lodone) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 455

E. MICHELSON, The Pulpit and the Press in Reformation Italy (S. Giombi) . . » 460

GUY LE FEVRE DE LA BODERIE, Hymnes ecclesiastiques, sous la direction de J.Ceard et F. Giacone (A. Piejus) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 464

B. GARIGLIO, I cattolici dal Risorgimento a Benedetto XVI. Un percorso dal Pie-monte all’Italia (P. Cozzo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 467

«NIENTE DI PIU BELLO HA PRODOTTO LA RIVOLUZIONE»:

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO

(1796-1799)

1. PREMESSA

La teofilantropia e senz’altro, fra i culti rivoluzionari, quello che menoha suscitato l’interesse della storiografia; d’altra parte, rispetto alle creazio-ni della «fase eroica» della Rivoluzione, essa godette certamente di una mi-nore diffusione e fu meno organicamente legata al potere centrale.1 Cio l’haresa, oltre che piu difficilmente studiabile per il carattere scarsamente siste-matico delle fonti ad essa relative, anche meno rilevante agli occhi degli sto-rici; ne si puo mancare di osservare che la finezza interpretativa e la vastis-sima mole documentaria su cui si basa la capitale opera di Albert Mathiez,2

a tutt’oggi l’unico studio dedicato alla teofilantropia, abbiano finito para-dossalmente per scoraggiare gli studiosi dall’intraprendere, senza la certez-za di ottenere risultati significativi, ricerche che dal confronto con Mathiezdovrebbero necessariamente partire.

Nella Francia dell’anno IV, minacciata dall’instabilita interna del nuovoregime, si contano diversi progetti di religione civile volti a costituire deivalidi strumenti di moralizzazione ed educazione popolare. E allora che

1 Nel licenziare questo lavoro devo ringraziare Daniele Menozzi, che ha generosamente gui-dato la ricerca e ne ha puntualmente discusso i progressivi sviluppi, e Mario Rosa, che mi ha piuvolte dispensato proficui e stimolanti suggerimenti. Sono grato anche a Carlo Capra per le indi-cazioni su Giovanni Ristori e a Giovanni Assereto, Calogero Farinella, Paolo Fontana e LucianoGuerci per quelle sul caso genovese. Un sentito ringraziamento, infine, va ai miei colleghi e amicidella Scuola Normale Superiore, che hanno accompagnato il cammino di questa ricerca: e a loroche e dedicato quanto di buono questo lavoro contiene. Sono da imputare solamente a chi scrive,invece, eventuali errori, sviste o imprecisioni.

2 A. MATHIEZ, La Theophilanthropie et le culte decadaire (1796-1801). Essai sur l’histoire re-ligieuse de la Revolution, Paris, Alcan, 1904. Di Mathiez si vedano anche Protestants et theophi-lanthropes, «La Revolution francaise», XLIV, 1903, pp. 385-401, ora in Contributions a l’histoirereligieuse de la Revolution francaise, Paris, Alcan, 1907, pp. 175-196; Subventions du Directoireaux theophilantropes, in Contributions, cit., pp. 197-200; Les Theophilanthropes et les autoritesa Paris (ans VI et VII, 1797-1799), «Annales Revolutionnaires», II, 1909, pp. 161-179.

Jean-Baptiste Chemin-Dupontes, oscuro libraio di trascorse simpatie giron-dine e massone, redige il Manuel des theoanthropophiles, edito all’inizio del-l’anno V (settembre 1796).3 L’inaspettato successo riscosso dall’opuscoloattira le attenzioni di Valentin Hauy, fondatore, nel 1784, del parigino In-stitut des aveugles, che assieme a Chemin crea il primo nucleo teofilantro-pico e procede alla revisione del Manuel, riedito nel nevoso anno V (dicem-bre 1796 - gennaio 1797) come Manuel des theophilantropes.4 Esso esponein maniera piana e sintetica la dottrina – imperniata sulla fede nell’esistenzadi Dio e nell’immortalita dell’anima – e le prassi rituali teofilantropiche,che includono, accanto alle pratiche del culto privato, alcune cerimoniepubbliche, tra cui quelle rivolte alla celebrazione di matrimoni e funeralio all’istruzione religiosa dei fanciulli.

Il primo esercizio pubblico del culto teofilantropico ha luogo a Parigi il26 nevoso anno V (15 gennaio 1797), ma il momento di svolta e il 12 fiorile(I maggio), quando il direttore La Revelliere-Lepeaux pronuncia all’Insti-tut de France un discorso nel quale, pur senza nominare mai la teofilantro-pia, sostiene la necessita di un culto caratterizzato da una struttura dottri-nale semplice, da una pratica cultuale contenuta, dall’assenza di un clero.5

Le reazioni degli ambienti cattolici, tanto costituzionali quanto refrattari,sono ostili, quelle degli ideologues fredde; ciononostante, il culto conosceuna rapida espansione in citta e nei dipartimenti, in particolare quando,dopo il colpo di stato del 18 fruttidoro (4 settembre), riceve la protezionedi un Direttorio nel quale La Revelliere ha affermato la sua autorita. All’in-terno dello stesso potere esecutivo, tuttavia, la teofilantropia e osteggiata

3 Manuel des theoanthropophiles ou adorateurs de Dieu, et amis des hommes; contenant l’ex-position de leurs dogmes, de leur morale et de leurs pratiques religieuses. Publie par C., a Paris, aubureau du courier de la librairie, rue Neuve Etienne, n. 25, pres l’Estrapade, 1796, l’an V de laRepublique.

4 Manuel des theophilantropes, ou adorateurs de Dieu et amis des hommes; contenant l’expo-sition de leurs dogmes, de leur morale et de leurs pratiques religieuses, avec une instruction sur l’or-ganisation et la celebration du culte; redige par C***, et adopte par les societes Theophilantropiquesetablies a Paris. Seconde edition, a Paris an V-1797.

5 Reflexions sur le culte, sur les ceremonies civiles et sur les fetes nationales; par Louis-MarieReveilliere-Lepeaux, membre de l’Institut national de France; lues a l’Institut le 12 Floreal, an 5 dela Republique, dans la seance de la classe des Sciences morales et politiques, a Paris, chez H.J. Jan-sen, imprimeur-libraire, rue des Saints-Peres, n. 1195, F.S.G., l’an 5me de la Republique fran-coise. Il discorso di La Revelliere, in cui pure di teofilantropia non si parla mai esplicitamente,conferisce per la prima volta una certa visibilita al nuovo culto sulla scena pubblica. Alcuni stralcidelle Reflexions erano stati tradotti in italiano e pubblicati il 21 Fruttidoro anno V (7 settembre1797), come Rapida esposizione delle riflessioni del cittadino La-Revelliere-Lepaux, uno de’ cinquedirettori della Repubb. franc. sopra il culto, le cerimonie civili e le feste nazionali. Con note delloScrittore Italiano e una interessante Lettera sullo stesso soggetto del celebre filosofo americano Tom-maso Payne, in Milano 1797, nella Stamperia de’ Patriotti d’Italia in Strada Nuova.

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dal ministro della polizia, Cochon, uomo di Carnot, e poi dal direttoreMerlin de Douai, che si adopera per il ripristino del culto decadario. Toc-cato, cosı, il suo periodo di massima espansione, il nuovo culto si avvia apercorrere una parabola discendente. Quando il 30 pratile anno VII (18giugno 1799) La Revelliere e esautorato, la sorte della teofilantropia apparesegnata: la pubblicistica cattolica parla dell’ex direttore, ormai «ennemi dela republique», come del «pape des theophilantropes», sebbene Chemin e isuoi seguaci ribadiscano, non del tutto senza successo, la propria estraneitarispetto al potere politico. Su una teofilantropia ridimensionata ma ancoraviva, infine, si abbatte il decreto firmato il 12 vendemmiaio anno X (3 ot-tobre 1801) dal primo console, che vieta ai teofilantropi di riunirsi negliedifici nazionali. Per l’ultimo dei culti rivoluzionari si tratta di una vera epropria condanna a morte.

Sui tentativi di importare la teofilantropia al di qua delle Alpi sonomancati fino ad oggi studi specifici. Le notizie di cui a questo propositosi dispone si devono anzitutto all’opera di Gregoire, primo «storico» dellateofilantropia, che segnalo l’esistenza di un dibattito torinese individuando-ne sommariamente i principali protagonisti,6 e a Mathiez, cui va il merito diaver posto l’attenzione sul caso milanese.7 Il quadro piuttosto sommariocosı tracciato e stato successivamente arricchito dagli studi novecenteschisulla storia religiosa del Triennio, che hanno concorso a definire con mag-giore precisione i profili biografici dei protagonisti e a reperire numerositesti che costituiscono altrettanti passaggi nella storia della diffusione italia-na del culto. E mancato, tuttavia, se si fa eccezione per la parziale ricostru-zione del dibattito torinese offerta da Franco Venturi,8 un tentativo di si-stematizzare e arricchire ulteriormente l’insieme, certo non insignificante,delle notizie disponibili; tale mancanza, anzi, e stata recentemente lamenta-ta da Luciano Guerci, cui si deve l’individuazione di numerosi fra i testiteofilantropici italiani oggi noti.9

6 Geschichte des Theophilanthropismus von seinem Ursprunge bis zu seiner Erloschung, vonGregoire, ehemaligem Bischofe von Blois, jetz Senator des franzosischen Reichs zu Paris, aus demFranzosischen, Hannover, bei den Gebrudern Hahn, 1806, pp. 115-117, poi nell’edizione fran-cese Histoire de la theophilantropie, depuis sa naissance jusqu’a son extinction, in Histoire des sec-tes religieuses qui, depuis le commencement du siecle dernier jusqu’a l’epoque actuelle, sont nees, sesont modifiees, se sont eteintes dans les quatre parties du Monde; par M. Gregoire, ancien eveque deBlois, senateur, membre de l’Institut, etc., etc., etc., vol. II, Paris, Potey, Libraire, rue du Bac, n.46, pres celle Saint-Dominique, 1810, pp. 155-157 (il testo completo e alle pp. 55-171).

7 MATHIEZ, La Theophilanthropie, cit., pp. 382-386.8 F. VENTURI, Adalberto Radicati tra giansenisti e teofilantropi, «Rivista storica italiana»,

XCVI, 1984, pp. 540-584.9 L. GUERCI, «Mente, cuore, coraggio, virtu repubblicane». Educare il popolo nell’Italia in ri-

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Una prima messa a punto sull’argomento e quanto questo studio si pro-pone di offrire, con l’obiettivo di gettare luce su un aspetto trascurato manon certo insignificante della storia religiosa del Triennio. E opportunopremettere che, ai fini della ricostruzione dei tentativi di diffusione del cul-to teofilantropico in Italia, sono oggetto della trattazione che segue le soleopere che facciano esplicito riferimento a tale culto, e non quelle in cui sipuo ritenere di identificare elementi di una religiosita affine a quella teofi-lantropica. Le prime tra le pagine che seguono verteranno sulle vicende diMilano, mentre le successive affronteranno, in un ordine il piu possibile vi-cino a quello cronologico, il caso emiliano e quello torinese. Alcune righefinali saranno dedicate alle alterne fortune della teofilantropia in Italia nellapiena fase napoleonica.

2. IL «TEOFILANTROPISMO» A MILANO

a. L’avvio del dibattito: il contributo di Jullien

E il francese Marc-Antoine Jullien de Paris, gia agente del Comitato disalute pubblica e dunque esule in Italia per aver preso parte alle prime fasidella congiura degli Eguali, il primo a scrivere di teofilantropia sul suolocisalpino:10 entro l’autunno 1797 egli pubblica un opuscolo dal titolo

voluzione (1796-1799), Torino, Tirrenia, 1992, pp. 181-182; ID., Incredulita e rigenerazione nellaLombardia del Triennio repubblicano, «Rivista storica italiana», CIX, 1997, pp. 83-85 (l’interosaggio e alle pp. 49-120), e ID., Istruire nelle verita repubblicane. La letteratura politica per il po-polo nell’Italia in rivoluzione (1796-1799), Bologna, Il Mulino, 1999, pp. 334-336 e 359-360.L’appello di Guerci e ribadito da A.M. RAO, Caratteri nazionali, donne, teofilantropia, in Dall’o-rigine dei Lumi alla Rivoluzione. Scritti in onore di Luciano Guerci e Giuseppe Ricuperati, a cura diD. Balzani, D. Carpanetto, M. Roggero, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2008, pp. 473-488.

10 Su Jullien si veda anzitutto la recente biografia di E. DI RIENZO, Marc-Antoine Jullien deParis. Una biografia politica, Napoli, Guida, 1999. Sulle vicende del periodo termidoriano, S.LUZZATTO, L’autunno della Rivoluzione, Torino, Einaudi, 1994, pp. 259-269 e 275-280, mentresull’eta direttoriale sono utili i contributi di V. DALINE, Marc-Antoine Jullien apres le 9 thermidor,«Annales historiques de la Revolution francaise», XXXVI, 1964, pp. 159-173; XXXVII, 1965,pp. 187-203; XXXVIII, 1966, pp. 390-412. Sulla questione italiana si vedano J. GODECHOT, Ifrancesi e l’unita italiana sotto il Direttorio, «Rivista storica italiana», LXIV, 1952, pp. 570-575(l’intero saggio e alle pp. 548-580); E. DI RIENZO, «Ieri in Francia, oggi in Italia». Neogiacobini-smo e questione italiana nei manoscritti di Marc-Antoine Jullien de Paris (1796-1801), «Studi sto-rici», XXXVII, 1996, pp. 593-627, rivisto e tradotto in francese come Neo-jacobinisme et que-stion italienne a travers les manuscrits de Marc-Antoine Jullien de Paris (1796-1801), «Annaleshistoriques de la Revolution francaise», CCCXIII, 1998, pp. 493-514, e M. VOVELLE, Le Regarddes jacobins francais sur l’Italie au temps de l’ascension de Bonaparte, in ID., Les Republiques-sœurssous le regard de la Grande Nation, 1795-1803. De l’Italie aux portes de l’Empire ottoman, l’impactdu modele republicain francais, Paris, L’Harmattan, 2000, pp. 97-110. Sui rapporti tra Jullien e lateofilantropia alcune notizie sono fornite da C. PANCERA, M.-A. Jullien e l’unitarismo italico (po-

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Quelques conseils aux patriotes cisalpins, che esce anonimo e senza indica-zioni tipografiche, e viene successivamente tradotto in italiano a Milanonell’anno VI.11 Lungi dal prospettare soluzioni insurrezionali di matricebabuvista, il testo, fedele alla linea neogiacobina, propende per un’azioneprudente e graduale, condotta nel formale rispetto dell’ordine costituitoe parallela a un percorso di formazione rivoluzionaria della popolazione.Il problema religioso e inevitabilmente oggetto di una specifica attenzione:le riflessioni di Jullien, fecondate dal riferimento costante alle vicende fran-cesi, muovono dalla consapevolezza della centralita della religione e dell’a-zione del clero per ogni progetto volto a conquistare le classi popolari allarivoluzione; ciononostante, pongono come obiettivo di lungo termine la di-struzione della superstizione, «qui est a la religion ce qu’est l’anarchie, pro-prement dite, a la liberte», e infine del culto cattolico:

24. [...] Au lieu d’attaquer imprudemment la religion [...], servez-vous-enpour republicaniser le peuple. Utilisez l’influence actuelle des pretres. Attirez, pro-tegez, identifiez a vos principes ceux de cette caste qui ont des dispositions a pro-pager votre doctrine. Qu’ils associent les mots de religion et de patrie, pour conci-lier a la revolution la classe ignorante des citoyens, et surtout les habitans descampagnes. [...] Rappelez-vous avec quel art l’assemblee constituante, se pretantaux circonstances, s’occupa de la constitution civile du clerge, pour opposer lespretres constitutionnels aux refractaires, et les detruire par la division introduiteparmi eux (inter duos litigantes tertius gaudet).

25. Inoculez sur votre sol, a la place du papisme, un culte plus simple et pluspur, qui n’ait pas pour bases le fanatisme et l’intolerance, et qui reunisse, par unealliance salutaire, les idees religieuses aux idees morales et politiques. Favorisez lesreunions des Theophilantropes. En meme temps abstenez-vous [...] de discussionspubliques sur la religion. Si vous etes forces d’en parler, ne traitez une matiere aus-

litica e pedagogia tra il 1796 e il 1799), «Studi settecenteschi», V, 1984, pp. 175-231, e ID., Unavita tra politica e pedagogia. Marc-Antoine Jullien de Paris (1775-1848), Fasano, Schena, 1994.

11 Consigli ai Patrioti Cisalpini. Traduzione dal francese, Milano, presso Pirotta e Maspero,anno VI repubblicano. Il testo francese con una breve introduzione e pubblicato sulla base dellaversione conservata alle Archives Nationales di Parigi (F7 3054) da G. VACCARINO, I giacobinipiemontesi, vol. I, Roma, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, 1989, pp. 191-201. L’edizionefrancese e stata tradizionalmente datata al giugno 1797 da GODECHOT, I francesi e l’unita italiana,cit., pp. 572-573. Recentemente, tuttavia, L. ROSSI, I Conseils e i Consigli di Marc-Antoine Jullien,in ID., Mazzini e la Rivoluzione napoletana del 1799. Ricerche sull’Italia giacobina, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 1995, pp. 25-40 ha proposto di postdatarla tra il 29 ottobre e il 21 novembre1797, e di collocare quella italiana nella primavera o addirittura nell’estate del 1798. La propostadi Rossi, condivisibile secondo GUERCI, Incredulita e rigenerazione, cit., p. 84n., e stata rifiutata daDI RIENZO, Marc-Antoine Jullien de Paris, cit., p. 162n. Dei Conseils esiste anche una seconda,parziale traduzione italiana, apparsa a puntate sul «Giornale senza titolo», su cui si avra mododi tornare brevemente.

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si delicate qu’avec une grande moderation et une tolerance absolue [...]. Le dis-cours sur l’etre supreme fit plus de tort a Robespierre, et lui suscita plus d’enne-mis, que tous les exces du gouvernement revolutionnaire.12

Il rapporto fra il sentimento religioso e il nuovo ordine rivoluzionario,quale emerge dalle parole di Jullien, non e semplicemente di compatibilita,quanto di interdipendenza: la rigenerazione rivoluzionaria e necessaria per-che la religione sia purificata dalle sue superfetazioni dogmatiche e istitu-zionali – a cui Jullien allude parlando specificamente di «papismo» –,ma la religione, al contempo, e indispensabile per guadagnare al nuovo or-dine le simpatie della «classe ignorante dei cittadini». Il cattolicesimo, tut-tavia, e senz’altro inadatto a tale scopo, perche da una parte contravvieneagli ideali di purezza e semplicita che Jullien enuncia, e dall’altra apparetroppo legato all’antico regime. La teofilantropia, al contrario, religione ci-vile, tollerante e priva di un apparato clericale, risponde perfettamente aicriteri enunciati dall’esule, e puo giovarsi della sua vicinanza al modellodi cristianesimo delle origini diffuso da coloro che condividono le istanzedi riforma religiosa avanzate in molti ambienti filorivoluzionari.

L’impegno di Jullien per la diffusione della teofilantropia, peraltro, nonsi limita alla stesura dei Conseils, ma riguarda anche la sua attivita di redat-tore del «Courrier de l’Armee d’Italie», foglio militare pubblicato a Mila-no.13 La teofilantropia, infatti, dopo un fugace riferimento risalente al 12vendemmiaio (3 ottobre),14 e oggetto il 18 vendemmiaio (9 ottobre) diun lungo articolo che da diffusamente conto della pratica del nuovo cultoa Versailles e a Sens, e precisa che «les chretiens sont [...] aussi theophilan-tropes», e che i teofilantropi «ne cesse[nt] pas d’etre chretiens».15 L’8 bru-maio (29 ottobre) appare l’invocazione teofilantropica all’Essere supremodell’ex agente militare di Lodi, Girard,16 ma la promozione del nuovo culto

12 Quelques conseils aux patriotes cisalpins, s.l., s.d., pp. 6-7.13 Sul «Courrier» e sull’attivita redazionale di Jullien, che si protrae dal luglio al novembre

1797, si vedano L. RAVA, Il giornale di Bonaparte in Italia. ‘‘Le courrier de l’Armee d’Italie’’(1797), Roma, Tipografia della R. Accademia dei Lincei, 1919, e M. MARTIN, Les origines dela presse militaire en France a la fin de l’ancien regime et sous la Revolution (1770-1799), Chateaude Vincennes, Ministere de la Defense, 1975, pp. 295-320.

14 Varietes, «Le Courrier de l’Armee d’Italie, ou le Patriote francais a Milan, par une societede republicains» (d’ora in avanti «CAd’I»), n. 38, 12 vendemmiaio anno VI (3 ottobre 1797),p. 165: «les Theophilantropes continuent, dans le meme temps, a ouvrir des temples dans diffe-rentes communes, et professent leur attachement aux lois et aux principes de la republique».

15 Sur l’etablissement des Theophilantropes, «CAd’I», n. 41, 18 vendemmiaio anno VI (9ottobre 1797), p. 179.

16 Sur les theophilantropes, «CAd’I», n. 51, 8 brumaio anno VI (29 ottobre 1797), p. 218.

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attraverso le pagine del giornale prosegue anche dopo l’abbandono dellaredazione da parte di Jullien all’inizio di novembre: e del 30 frimaio (20dicembre), infatti, un lungo articolo che spiega dettagliatamente i principie la prassi rituale della teofilantropia.17 La diffusione del culto nella Cisal-pina appare una prospettiva estremamente auspicabile:

Le peuple cisalpin, environne d’imposteurs et d’ennemis de sa liberte, abesoin de se rassembler pour fortifier ses resolutions genereuses, s’animer a ladefense de ses lois, se premunir contre les pieges du fanatisme, s’exciter a la vertu,perfectionner sa raison, se delasser de ses travaux, connaıtre enfin sans nuage lamajeste de la nature, et les devoirs de l’humanite. [...] Les patriotes cisalpins,qui sont convaincus de la necessite de propager les institutions philosophiqueset republicaines chez un peuple encore fletri des stigmates de la superstition etdu royalisme, n’ont besoin que de connaıtre l’esprit de ces etablissemens, pouren fonder de semblables.18

Sembra, dunque, che ancora verso la fine del 1797 nessuna societa teo-filantropica dovesse esistere sul suolo italiano. Rispetto all’estate, tuttavia,la situazione si era decisamente modificata, e il nuovo culto era ormai og-getto di dibattito tra i patrioti. Occorre, dunque, fare qualche passo indie-tro per osservare come il discorso italiano sulla teofilantropia si fossesviluppato, nell’autunno 1797, in risposta agli stimoli derivanti dalla propa-ganda di Jullien.

b. Galdi e Ranza

Principale protagonista di questa fase e Matteo Angelo Galdi, nato neipressi di Salerno nel 1765 ed esule a Milano al seguito dell’esercito france-se.19 Redattore unico del «Giornale de’ patrioti d’Italia» dal maggio 1797

17 Esprit public. Des Theophilantropes, «CAd’I», n. 77, 30 frimaio anno VI (20 dicembre1797), pp. 321-322.

18 Ivi, p. 322.19 Su Galdi resta ancora irrinunciabile il pur datato lavoro di M. ORZA, La Vita e le Opere di

Matteo Angelo Galdi. Con appendice di lettere diplomatiche inedite, Napoli, Premiata scuola tipo-grafica dei sordomuti, s.d. [ma 1908]. Si vedano poi le note biografiche in Giacobini italiani, acura di D. Cantimori, vol. I, Bari, Laterza, 1956, pp. 439-443, e in ID., Giacobini italiani, a cura diR. De Felice, vol. II, Bari, Laterza, 1964, pp. 535-537; P. FRASCANI, Matteo Galdi: analisi di unatrasformazione ideologica durante il periodo rivoluzionario-napoleonico in Italia, «Rassegna storicadel Risorgimento», LXIX, 1972, pp. 207-234; M.C. VITI, Matteo Angelo Galdi. Dagli anni dellaformazione alla partenza per l’Olanda (1765-1799), tesi di laurea, Universita degli Studi di Pisa,Facolta di Lettere e Filosofia, a.a. 1975-1976, rel. Regina Pozzi; M. THEMELLY, Matteo Galdi nellacrisi della Repubblica Cisalpina. I. Dall’ingresso dei francesi in Italia al trattato di Campoformio,«Rassegna storica salernitana», LIII, 1993, pp. 105-130; L. GUERCI, Les «Effemeridi repubblica-

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 385

fino all’interruzione delle pubblicazioni nel febbraio 1798, egli non manca,dalle pagine del foglio, di recensire positivamente l’Istoria dello stabilimen-to del cristianesimo tradotta da Flaminio Massa,20 o di descrivere con disin-voltura gli «Evangelj» come «favole» contrapposte alla «nuda verita»;21 lesue posizioni, d’altra parte, sono certamente lontane dalla religione cristia-na. E proprio Galdi il primo italiano a parlare di teofilantropia, in un arti-colo apparso sul «Giornale» il 3 fruttidoro (25 agosto): nel testo si leggedell’invio a Milano di un inquisitore con il compito di estirpare dalla cittale «eresie democratiche» che vi si sono diffuse ad opera, tra gli altri, di La-tuada, Poggi e Ranza, variamente impegnati nell’opera di conciliazione frarivoluzione e religione e di riforma del cristianesimo. A costoro Galdi attri-buisce l’appellativo di «Teofilantropi», traducendo per la prima volta initaliano il termine francese;22 egli non intende, tuttavia, qualificarli comeseguaci di una precisa tendenza religiosa, ma mira soprattutto a evidenziarela distanza delle loro posizioni dall’ortodossia cattolica e al contempo a rag-gruppare i loro atteggiamenti, pur differenti, sotto una matrice comune.

Lasciando brevemente Milano, alcune notizie piu circostanziate sul cul-to teofilantropico, «di cui tanto si parla al presente» al seguito dell’armatanapoleonica, appaiono sul «Monitore veneto» del 23 fruttidoro (9 settem-bre): la «Teofilantropia», vi si legge, «si esercita pacificamente in diverseparti della Repubblica» francese da parte di «molti cittadini, i quali, alieni

ne» de Matteo Galdi et le «Progetto di costituzione democratica», in Melanges Michel Vovelle. Surla Revolution. Approches plurielles, ed. par J.-P. Bertaud, F. Brunel, C. Duprat, F. Hincker, Paris,Societe des Etudes Robespierristes, 1997, pp. 477-486; M. THEMELLY, La crisi del 1799 e i pro-blemi del nuovo ordine napoleonico nell’opera del salernitano Matteo Galdi, in La rivoluzione del1799 in provincia di Salerno. Nuove acquisizioni e nuove prospettive, a cura di I. Gallo, Atti delconvegno di studi del 22 ottobre 1999, Salerno, Laveglia, 2000, pp. 293-301; P. VILLANI, Unalettera di Matteo Galdi a Francois Cacault, in ID., Rivoluzione e diplomazia. Agenti francesi in Italia(1792-1798), Napoli, Vivarium, 2002, pp. 269-288.

20 Notizie Bibliografiche, «Giornale de’ patrioti d’Italia» (d’ora in avanti «GPd’I»), I serie,n. 48, 20 fiorile anno I (9 maggio 1797), in Giornale de’ patrioti d’Italia, a cura di P. Zanoli, vol.II, Roma, Istituto storico italiano per l’eta moderna e contemporanea, 1989, pp. 6-7. Sull’Istoriasi vedano GUERCI, Incredulita e rigenerazione, cit., pp. 57-79, e V. CRISCUOLO, Aspetti e problemidella lotta politica nel triennio rivoluzionario, in Napoleone e la Lombardia nel triennio giacobino,a cura di L. Sarmati, Atti del convegno storico internazionale nel secondo centenario della batta-glia al ponte di Lodi (10 maggio 1796). Lodi 2-4 maggio 1996, Lodi, Archivio storico Lodigiano,1997, pp. 70-77 (l’intero saggio e alle pp. 63-90). Sulla recensione di Galdi all’Istoria e sulla suc-cessiva polemica di Ranza si veda C. TOSI, Critica bibliografica e propaganda rivoluzionaria. Lerecensioni dei libri di storia sulla stampa giacobina italiana (1796-1799), «Storiografia», I, 1997,pp. 217-223 (l’intero saggio e alle pp. 205-224).

21 Notizie tipografiche, «GPd’I», I serie, n. 51, 27 fiorile anno I (16 maggio 1797), in Gior-nale de’ patrioti d’Italia, a cura di Zanoli, cit., vol. II, pp. 30-31.

22 Un Inquisitore in Milano, «GPd’I», I serie, n. 97, 3 fruttidoro anno I (25 agosto 1797), inGiornale de’ patrioti d’Italia, a cura di Zanoli, cit., vol. II, p. 408.

386 GLAUCO SCHETTINI

dai culti misteriosi, non hanno voluto riassumere le antiche pratiche, ne far-le adottare dai loro figliuoli», preferendovi un culto «adattato alla loro ma-niera di vedere e di sentire, e ai progressi delle idee intellettuali». Non man-cano alcune sommarie informazioni, desumibili dal Manuel, sulla strutturadottrinale e la pratica rituale dei teofilantropi.23

Spostando nuovamente l’attenzione su Milano, tuttavia, il quadro mutaradicalmente il 19 vendemmiaio anno VI (10 ottobre 1797): Galdi, che forseinizialmente «non aveva considerato negativamente il tentativo di Ranza difondare i principi democratici sul cristianesimo puro e semplice»,24 pubblicasul suo «Giornale» una Lettera apostolica indirizzata al Vercellese,25 a cui ri-volge l’invito a organizzare una societa teofilantropica per dare maggiore in-cisivita all’opera finora svolta per il rinnovamento religioso. Oggetto di criticanelle parole di Galdi non e il cristianesimo in se, ma gli abusi degli «pseudo-Cattolici»; tuttavia, la teofilantropia non e il rimedio proposto per contrastaretali abusi e riformare la religione cristiana, quanto una soluzione radicalmentealternativa alla «superstizione» dei «venditori d’imposture»:

Tu non fai che declamare contro l’abuso che si fa del nome, e della religione

cristiana. Tu non fai che mordere i seguaci del profano successore di Pietro, e de’

suoi satelliti impostori. Tu hai scritte alcune operette pregevoli onde richiamare i

credenti nel retto sentiero; ma finora invano: Gli apostoli della superstizione sono

in maggior credito, e in maggior numero di noi. Cosa possiamo opporre alle lor

forze, e al loro inveterato impero? Ranza, io tel suggerisco: impadroniamoci di

23 Francia, «Il Monitore veneto», n. 34, 23 fruttidoro anno V (9 settembre 1797), colonne408-409; ringrazio l’amico Marcello Calogero, che mi ha reso possibile la consultazione del testo.

24 V. CRISCUOLO, Il problema religioso nel triennio 1796-1799. Risultati e prospettive, in LaBibbia, la coccarda e il tricolore. I valdesi fra due emancipazioni (1789-1848), a cura di P. Roma-gnani, Atti del XXXVII e del XXXVIII Convegno di studi sulla Riforma e sui movimenti religiosiin Italia (Torre Pellice, 31 agosto-2 settembre 1997 e 30 agosto-I settembre 1998), Torino, Clau-diana, 2001, pp. 11-31, ora in V. CRISCUOLO, Albori di democrazia nell’Italia in rivoluzione, Mi-lano, Angeli, 2006, p. 386 (l’intero saggio e alle pp. 374-393).

25 Su Giovanni Ranza, l’unico lavoro biografico di una certa ampiezza resta quello di G.ROBERTI, Il cittadino Ranza. Ricerche documentate, Torino, Bocca, 1890. Sono utili anche le indi-cazioni in Giacobini italiani, a cura di D. Cantimori, cit., vol. I, pp. 432-439; F. BENCINI, Giovan-ni Antonio Ranza e il giacobinismo piemontese, tesi di laurea, Universita degli Studi di Torino,Facolta di Giurisprudenza, a.a. 1958-1959, rel. Guido Quazza; G. MAROCCO, Rivoluzione e cri-stianesimo in Giovanni Antonio Ranza (1741-1801), «Studi piemontesi», VII, 1978, pp. 272-296;M. CAPELLINO, Appunti sugli evangelici a Vercelli, «Bollettino storico vercellese», XX-XXI, 1983,pp. 129-142. Sulla questione religiosa e fondamentale il saggio di V. CRISCUOLO, Riforma religiosae riforma politica in Giovanni Antonio Ranza, «Studi storici», XXX, 1989, pp. 825-872. Si veda-no anche i contributi raccolti in Giovanni Antonio Ranza nel bicentenario della morte (1801-2001), Atti del Convegno tenutosi a Vercelli il 24 novembre 2001, Vercelli, Vercelliviva, 2002,e in particolare L. GUERCI, Giovanni Antonio Ranza giornalista rivoluzionario, pp. 23-57, e V.CRISCUOLO, Il progetto politico di Giovanni Antonio Ranza, pp. 59-72.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 387

una Chiesa, fissiamo in quella un Club di Teofilantropi, invitiamo i credenti adascoltare la verita, ad aprir gli occhi alla luce. La virtu, la decenza, la moderazione,la carita fraterna che regnera in tutti i nostri detti, in tutte le operazioni, in tutti gliscritti faranno concepire tanto di amore per i Teofilantropi quanto di abborrimen-to per gli pseudo-Cattolici [...]. Tutti accorreranno in folla da noi a bere l’evange-lica verita, mai discompagnata dall’eterna morale. Ranza coraggio, non si distrug-gera mai in dettaglio il fanatismo papale se non gli si oppone una massa di uominireligiosamente virtuosi, che procuri far monopolio di virtu, e costringa a far ban-carotta i venditori d’imposture.26

Sebbene il profilo del culto teofilantropico, che dispensa una verita«evangelica», appaia prossimo a quello del cristianesimo delle origini, l’ap-pello di Galdi e radicalmente anticristiano: l’obiettivo che i patrioti devonoperseguire e la creazione di un nuovo «monopolio di virtu», e un monopo-lio non puo lasciare spazio ad alcun concorrente. Rispetto alle indicazionidi Jullien, peraltro, Galdi sembra mettere in secondo piano il gradualismo,sebbene la strategia suggerita attraverso gli articoli del «Giornale» sia com-plessivamente prudente, e conti numerosi appelli al clero perche si adoperinel mostrare al popolo la compatibilita della religione tradizionale con ilnuovo ordine rivoluzionario.

All’invito di Galdi Ranza risponde il 21 brumaio (11 novembre) sul suogiornale «L’amico del popolo». La distanza fra le posizioni dei due e netta:la battaglia di Ranza mira a combattere la corruzione della religione cristia-na; la proposta di Galdi, invece, e quella di adoperarsi per la diffusione diun culto nuovo. La risposta del Vercellese, dunque, e necessariamente ne-gativa:

Mio caro Galdi, si vede bene che anche tu sei uno dei tanto invasati delle mo-de di Francia! Possibile che gl’Italiani vogliano sempre esser copie, essere semprescimmie; ne piu ricordarsi che furono tanto tempo originali! Che cosa e mai questacosı vantata Societa di Teofilantropi, che or ha tanta voga in Francia, e si attira gliapplausi del resto d’Europa? Sono gli Amatori di Dio e degli Uomini; i quali conun culto semplicissimo adorano l’Ente Supremo beneficando i loro simili; e pro-fessano in una parola di seguir la Virtu. Egli e questo un ritratto vero e fedeledei primitivi cristiani.27

26 Lettera apostolica al Rivoluzionario Ranza, «GPd’I», I serie, n. 120, 19 vendemmiaio an-no I (10 ottobre 1797), in Giornale de’ patrioti d’Italia, a cura di P. Zanoli, vol. III, Roma, Istitutostorico italiano per l’eta moderna e contemporanea, 1990, pp. 82-83.

27 Risposta di Ranza alla lettera apostolica di Galdi, «L’amico del popolo. Giornale istruttivodel repubblicano Gio. Antonio Ranza» (d’ora in avanti «AdPG»), I trimestre, nn. 11-12, 21 bru-maio anno VI (11 novembre 1797), p. 90.

388 GLAUCO SCHETTINI

Il difficile rapporto tra Ranza e Galdi gioca senz’altro un certo ruolonel rifiuto che il Vercellese oppone alla proposta della Lettera apostoli-ca.28 Le ragioni principali dell’avversione per il culto teofilantropico, tut-tavia, vanno ricercate nella consapevolezza della problematicita della que-stione religiosa. Non a caso la critica piu convinta, fra quelle rivolte aGaldi, riguarda la tendenza degli italiani a farsi «scimmie» dei francesi– un tema piuttosto frequente sull’«Amico del popolo»:29 la situazioneitaliana non consente la semplice riproposizione delle misure d’Oltralpe,ma necessita di soluzioni specifiche, soprattutto in un ambito, come quel-lo religioso, da cui dipendono molte delle possibilita che il nuovo ordinerivoluzionario goda del favore popolare. L’imprudente imposizione di unculto straniero confermerebbe, agli occhi del popolo, l’idea di una rivo-luzione radicalmente irreligiosa, pronta a calpestare senza alcun riguardoil culto tradizionale. Il risultato dell’azione di riforma promossa da Ranza,invece, dovrebbe essere il ritorno a un cristianesimo «puro, semplice,apostolico, evangelico»:

Ecco i veri puritani del Cristianesimo, e della Democrazia! Qual bisognoadunque d’imporre al volgo con una doppia parola greca riempiente la bocca!Eh via si lascino questi artifizi non degni dei professori leali della Virtu! Si dicanetto al mondo intero quello che io scrissi e predicai in tanti luoghi e da tanto tem-po; che noi vogliamo essere Cristiani puri e semplici, Cristiani apostolici, Cristianievangelici, val a dire glorificatori di Dio mediante l’esercizio delle virtu sociali avantaggio del nostro Prossimo [...]. Eccoti, caro Galdi, il mio piano, se mai venisseil momento propizio d’aprire una simile Societa! Il luogo della nostr’Assembleadovrebbe aver su la porta l’iscrizione di Chiesa dei Puritani. La purita delle nostremassime, naturali, evangeliche e democratiche, ci farebbe in breve una immensitadi proseliti: ed i Patrioti d’ogni culto correrebbero in folla ad arrolarsi ad un’As-semblea di carattere universale.30

La «Chiesa dei Puritani» sommerebbe ai vantaggi derivanti dal suo ca-rattere di religione naturale, evangelica e democratica, in grado di riunire in

28 I rapporti tra Ranza e Galdi non dovevano essere dei migliori, come mostrano, ad esempio,Ranza a Galdi, «AdPG», I trimestre, nn. 7-8, I brumaio anno VI (22 ottobre 1797), pp. 58-59 – concui Ranza risponde a due scritti di Galdi: Un Morto al Cittadino Ranza, «Giornale senza titolo» (d’orain avanti «GST»), n. 13, p. 55, e Dialogo fra la Pecora e Ranza, ivi, p. 56; n. 14, pp. 57-58 –, e Promessegaldiane, «AdPG», I trimestre, nn. 17-18, 21 frimaio anno VI (11 dicembre 1797), pp. 138-140.

29 Si veda, a titolo di esempio, Cocarde Nazionali, «AdPG», I trimestre, nn. 3-4, 11 vendem-miaio anno VI (2 ottobre 1797), p. 32.

30 Risposta di Ranza alla lettera apostolica di Galdi, «AdPG», I trimestre, nn. 11-12, 21 bru-maio anno VI (11 novembre 1797), pp. 90-91.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 389

uno solo tutti i culti esistenti, il favore che dovrebbe venirle dal popolo per

il suo rimanere, almeno formalmente, nell’alveo del cristianesimo. D’altra

parte, l’invito a «lasciare tranquillo il culto cristiano» compare con una cer-

ta frequenza sulle pagine dell’«Amico del popolo»:31 e sufficiente che in

esso siano «aboliti soltanto gli abusi, e rettificata questa Religione, che in

ultima analisi non e che la Religione dell’Uomo e della Natura».32

c. Il dibattito al Circolo costituzionale

Dalla stampa periodica il dibattito si sposta al Circolo costituzionale di

Milano. Erede della Societa di pubblica istruzione, chiusa il 5 luglio 1797, il

Circolo si inaugura il 4 brumaio (25 ottobre); dopo alterne vicende, a par-

tire dal 20 frimaio (10 dicembre) le sue sedute sono dettagliatamente do-

cumentate dal periodico «Il Circolo Costituzionale di Milano».33 Gia l’8

brumaio (29 ottobre), tuttavia, Carlo Salvador presenta gli articoli organiz-

zativi secondo i quali regolare il funzionamento dell’assemblea; il testo del-

lo statuto, che deve molto ai Conseils di Jullien, e pubblicato sul «Termo-

metro politico»:

XI. Per portare un colpo mortale alla superstizione, i patriotti uniti potranno

anche fare a lor piacimento, e secondo l’ordine indicato dal moderatore di tanto in

tanto alcuni discorsi sulla virtu, sulla morale semplice della pura religione messa in

pratica, e l’amore di Dio e degli uomini.34

Sebbene i resoconti della seduta non accennino ne a una discussione

del testo di Salvador, ne alla presentazione di progetti alternativi,35 il

31 Ad esempio in Carattere della vera Democrazia, «AdPG», I trimestre, nn. 15-16, 11 fri-maio anno VI (I dicembre 1797), pp. 113-114, e in Compilatori dei Processi Verbali del Gran Con-siglio, «AdPG», I trimestre, nn. 17-18, 21 frimaio anno VI (11 dicembre 1797), 142-143.

32 Eccessi contro il Culto Cristiano, «AdPG», II trimestre, nn. 9-10, 11 piovoso anno VI (30gennaio 1798), pp. 74-77.

33 Per una cronologia del Circolo e dei suoi predecessori si veda B. PERONI, La «Societa po-polare» di Milano: 1796-1799, «Rivista storica italiana», LXVI, 1954, pp. 511-517; sulla Societa siveda S. NUTINI, La Societa di pubblica istruzione di Milano, «Studi storici», XXX, 1989, pp. 891-916.

34 Circolo costituzionale. Seduta degli 8 di brumajo, «Termometro politico della Lombar-dia», II semestre 1797, n. 35, 11 brumaio anno VI (I novembre 1797), in Termometro politicodella Lombardia, a cura di V. Criscuolo, vol. III, Roma, Istituto storico italiano per l’eta modernae contemporanea, 1994, p. 274.

35 Circolo Costituzionale. Seduta degli 8 Brumifero, «GPd’I», I serie, n. 130, 9 brumaio annoI (30 ottobre 1797), in Giornale de’ patrioti d’Italia, a cura di Zanoli, cit., vol. III, pp. 167-169. Unresoconto della seduta dell’8 brumaio e anche in Circolo Costituzionale, «GST», n. 21, pp. 89-90.

390 GLAUCO SCHETTINI

«Courrier de l’Armee d’Italie» e poi la voce ufficiosa della teofilantropiafrancese, «L’Echo des cercles patriotiques et des reunions de theophilan-tropes», forniscono dello stesso articolo una traduzione molto diversa:

11. Pour porter un coup mortel a la superstition, qui est a la religion ce qu’esta la liberte la licentieuse anarchie, en prenant ce mot dans son acception veritable,les patriotes reunis feront connoıtre les principes des theophilantropes, dont leculte est celui de la raison et de la vertu, la morale simple et pure de l’evangile miseen pratique, et l’amour de dieu et des hommes.36

La falsificazione del testo, di cui Siauve, redattore dell’«Echo», e contutta probabilita all’oscuro, e evidentemente operata da Jullien a fini dipropaganda, nella speranza che le notizie provenienti da Milano possanocostituire un incentivo alla diffusione del culto nella stessa Francia e nel re-sto della Cisalpina, alla quale lo statuto e proposto come modello: un arti-colo inteso semplicemente a regolare gli interventi in materia religiosa,dunque, e abilmente manomesso perche costituisca un’aperta professionedi fede teofilantropica.37 In un testo di carattere generale quale quello dellostatuto, tuttavia, un imprudente riferimento al culto rivoluzionario avrebbeesposto il neonato Circolo alle facili critiche dei suoi oppositori. Al contra-rio, se le discussioni a proposito della liberta religiosa o dei provvedimentirelativi al clero sono quasi costantemente all’ordine del giorno, si data soloal 5 nevoso (25 dicembre) il primo intervento documentato in cui si parli diteofilantropia. A pronunciarlo e il teanese Carlo Lauberg, esponente dispicco dell’esulato meridionale a Milano, che si spende dapprima nella di-fesa e nell’elogio dell’articolo 355 della Costituzione, per presentare poi al-l’uditorio il culto teofilantropico, nuovo in rapporto alla sua organizzazio-ne, ma antico rispetto ai suoi principi razionali e universali.38 Ad esso

36 Cercle constitutionnel de Milan, «CAd’I», n. 53, 12 brumaio anno VI (2 novembre 1797),p. 227; «L’Echo des cercles patriotiques et des reunions de theophilantropes» (d’ora in avanti«Echo»), n. 21, p. 8. Si noti che il testo dei restanti articoli e l’esatta traduzione della versioneitaliana pubblicata dal «Termometro politico».

37 Oltre che da MATHIEZ, La Theophilanthropie, cit., p. 381, la falsificazione del testo del-l’articolo non e stata rilevata ne da PANCERA, M.-A. Jullien e l’unitarismo, cit., pp. 195-199, ne daDI RIENZO, Marc-Antoine Jullien de Paris, cit., p. 169, che ha parlato del Circolo costituzionalecome di «una societa d’ispirazione teofilantropica». D’altra parte lo stesso Galdi favorisce il frain-tendimento, collegando piu volte la diffusione dei circoli costituzionali in Francia e in Italia conquella, auspicata, della teofilantropia: Notizie estere, «GPd’I», II serie, n. 3, 20 frimaio anno I (10dicembre 1797), in Giornale de’ patrioti d’Italia, a cura di Zanoli, cit., vol. III, pp. 302-303; No-tizie recentissime, «GPd’I», II serie, n. 5, 30 frimaio anno I (20 dicembre 1797), in Giornale de’patrioti d’Italia, a cura di Zanoli, cit., vol. III, pp. 331-332.

38 Su Carlo Lauberg si vedano B. CROCE, La vita di un rivoluzionario: Carlo Lauberg, «LaCritica», XXXII, 1934, pp. 254-277 e 326-357, ora in ID., Vite di avventure, di fede e di passione,

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 391

spettera di sottrarre gli uomini ai «tortuosi labirinti della superstizione» percondurli alla luce della «Ragione figlia di Dio»:

La Religione e un sacro rapporto, che unisce l’uomo a Dio, ed egli solo deve es-serne il giudice. Gli uomini uniti in societa non hanno, che il dritto di punire coloroche, non osservando le leggi, violano il gran contratto. A niuno dunque puo essereimpedito l’esercitare, conformandosi alle leggi, il culto che ha scelto. Appoggiato aquesto incontrastabil principio sanzionato dalla Costituzione, io m’accingo a parlarvid’un culto, nuovo per noi, ma che era l’unico praticato da’ nostri antichi padri, delculto de’ Teofilantropi, parola Greca, che significa adoratori di Dio ed amici degli uo-mini. La base di questo culto e l’amore di Dio, degli uomini, principio comune a tuttele Religioni. [...] Chi osera dire che questo culto non sia il piu conforme alla ragione, ilpiu vantaggioso alla societa! Sia dunque il nostro, o Cittadini. Raduniamoci in unaChiesa Filantropica; adoriamo l’Essere supremo, amiamo i nostri fratelli, istruiamocide’ nostri doveri, impariamo i precetti della santa morale, e sortendo dai tortuosi la-birinti della superstizione entriamo nel Tempio della Ragione figlia di Dio.39

L’impegno per la diffusione della teofilantropia non impedisce a Lau-berg di attendere, a queste stesse date, alla traduzione del trattato De l’espritdi Helvetius, e di accentuarne, nella redazione delle note, le posizioni mate-rialiste, fino a biasimare i deisti perche responsabili di non condurre fino infondo la critica della religione. Come ha segnalato Guerci, dunque, l’adesio-ne alla teofilantropia non coincide necessariamente con la piena condivisionedei principi del nuovo culto:40 l’esule napoletano, al contrario, sceglie di sa-crificare il «massimalismo» ateo, che si propone obiettivi non raggiungibili intempi brevi, per accettare, come soluzione di compromesso, una religionesemplice e di matrice deista, che possa al contempo diffondersi presso la po-polazione e raccogliere al suo interno le diverse anime dell’anticristianesimo.Il raggiungimento dell’obiettivo finale non e rinnegato, ma solo rimandato:alla teofilantropia spetta il compito di scardinare le pratiche superstiziose ela struttura ecclesiastica; a partire da queste basi occorrera poi adoperarsi,in un secondo tempo, per diffondere l’ateismo. In Francia, d’altra parte,per «realiser [...] l’union de tous les ennemis du catholicisme»,41 avrebbeaderito alla teofilantropia anche l’ateo Sylvain Marechal.42

Milano, Adelphi, 1989, pp. 363-437 (ed. or. Bari, Laterza, 1936), e la voce di R. DE LORENZO, inDizionario biografico degli Italiani (d’ora in poi DBI), vol. LXIV, Roma, Istituto della Enciclope-dia italiana, 2005.

39 «Il Circolo Costituzionale di Milano» (d’ora in poi «CCdM»), n. 3, 15 nevoso anno I del-la Liberta Italiana (4 gennaio 1798), pp. 42-43.

40 GUERCI, Incredulita e rigenerazione, cit., pp. 84-85.41 MATHIEZ, La theophilanthropie, cit., p. 46.42 La notizia dell’adesione di Marechal alla teofilantropia, riportata da Gregoire in Histoire

392 GLAUCO SCHETTINI

Il giorno successivo al primo intervento, il 6 nevoso (26 dicembre),Lauberg prende nuovamente la parola per perorare la causa teofilantropi-

ca, suscitando reazioni entusiastiche nell’uditorio.43 Il suo successivo – eultimo – contributo, infine, apre la seduta del Circolo del 19 nevoso (8 gen-

naio 1798), quando sullo stesso argomento interviene anche Giovanni Fan-toni, vicino a posizioni deiste e traduttore, nel 1795, di un Inno a Dio di

Chenier.44 Il resoconto dei due interventi fornito dal giornale e estrema-

mente asciutto,45 e non e dato sapere, dunque, se il discorso di Laubergprendesse le mosse da quello, subito precedente, di Fantoni. Il 23 nevoso

(12 gennaio), invece, e Galdi a prendere la parola al Circolo per esporre ilsuo piano di educazione rivoluzionaria.46 Nel farlo, egli traccia uno schema

di quello che sara di lı a poco il Saggio d’istruzione pubblica rivoluzionaria;della teofilantropia, che nel Saggio e ben presente, non si parla ancora.

d. Dentro il Circolo, fuori dal Circolo

L’intervento di Galdi offre l’occasione per spostare nuovamente losguardo all’esterno del Circolo. Il Saggio d’istruzione pubblica rivoluzio-

naria, edito in volume nei primi mesi del 1798, a ridosso della fine dellapubblicazione del «Giornale de’ patrioti d’Italia», dopo essere apparso a

puntate sullo stesso «Giornale» a partire dal 30 nevoso (19 gennaio),47 rap-

des sectes, cit., vol. II, p. 117, e accettata da MATHIEZ, La Theophilanthropie, cit., pp. 541-542, ediscussa da M. DOMMANGET, Sylvain Marechal. L’egalitaire. «L’homme sans Dieu». Sa vie – sonœuvre (1750-1803), Paris, Spartacus, 1950, pp. 326-338. Su Marechal si veda anche E.J. MAN-

NUCCI, Finalmente il popolo pensa. Sylvain Marechal nell’immagine della Rivoluzione francese, Na-poli, Guida, 2012.

43 «CCdM», n. 3, 15 nevoso anno I della Liberta Italiana (4 gennaio 1798), p. 44.44 Su Fantoni si vedano A. CILLO, Dalle carte di Giovanni Fantoni, «Critica storica», IV,

1965, pp. 83-100; A. ANDREATTA, La virtu al potere. Aspetti del pensiero politico di G. Fantoni,«Trimestre», XXII, 1989, pp. 59-94; la voce di L. ROSSI, in DBI, vol. XLIV, 1994; ID., Un gia-cobino ormai in azione: Giovanni Fantoni, in ID., Mazzini e la Rivoluzione, cit., pp. 41-88. Sullasua adesione alla teofilantropia nulla si puo desumere dal ricco epistolario, che per il periodo gia-cobino e stato in ampia parte distrutto dai discendenti o e andato perduto (cfr. G. FANTONI, Epi-stolario (1760-1807), a cura di P. Melo, Roma, Bulzoni, 1992, p. 753).

45 «CCdM», n. 4, 22 nevoso anno I della Liberta Italiana (11 gennaio 1798), p. 68.46 «CCdM», n. 5, 29 nevoso anno I della Liberta Italiana (18 gennaio 1798), pp. 82-83.47 Saggio d’istruzione pubblica rivoluzionaria, «GPd’I», II serie, n. 8, 30 nevoso anno I (19

gennaio 1798), in Giornale de’ patrioti d’Italia, a cura di Zanoli, cit., vol. III, pp. 366-369. I nn. 9-12 del «Giornale», nei quali doveva essere pubblicato anche il capitolo relativo al culto teofilan-tropico, sono perduti. La pubblicazione prosegue con la Continuazione dell’articolo – Saggio d’i-struzione pubblica rivoluzionaria, «GPd’I», II serie, n. 13, 25 piovoso anno I (13 febbraio 1798),in Giornale de’ patrioti d’Italia, a cura di Zanoli, cit., vol. III, pp. 376-381, e resta dunque incom-pleta a causa della chiusura del «Giornale».

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 393

presenta infatti un nuovo tentativo di portare all’attenzione generale la teo-filantropia, che compare fra gli strumenti idonei a «educare il popolo inmassa ne’ principi della democrazia».

Il capitolo sul Teofilantropismo si apre con alcune righe dedicate a unsommario studio dei rapporti fra religione e politica, di cui Galdi traccia unbilancio ampiamente negativo: la politica ne e stata corrotta, la religione edivenuta motivo di fanatismi e intolleranze, la verita e stata coperta «colmanto dell’impostura». Si rende necessaria, allora, un’azione di radicale ri-forma religiosa:

Siam liberi, e non siam felici: e perche mai? Perche tutti non ci siam ancorariuniti e concentrati nelle istesse massime, perche nella Repubblica esistono tuttigli scismi della tirannia. Come nel sistema celeste, le cose di quaggiu hanno il loropunto di riunione. Tutti i politici si riuniscono intorno al gran canone della sovra-nita del popolo, e tutti i popoli aspirano alla massima felicita, che non puo otte-nersi se non all’ombra di una libera, santa, inviolata costituzione. Se per la felicitade’ mortali si e trovato un punto di universal contatto nella loro massima felicita,perche mai questi stessi che la morale e la politica riunisce oserebbe divider la re-ligione?48

La vera natura del sentimento religioso – prosegue Galdi – non ha nullaa che vedere con gli odi che dalla religione si sono fatti discendere, ne Dioha mai desiderato che si commettessero violenze in suo nome: «le sette, gliscismi sono originari dell’interesse de’ sacerdoti», abituatisi a considerare ilsacerdozio alla stregua di un mestiere. Al contrario, come nel regolare irapporti tra gli esseri umani si tiene conto «de’ lor principali attributi,de’ lor diritti e de’ lor doveri», il «modo costituzionale di un giusto culto»deve fondarsi sui caratteri della divinita, che ha voluto gli uomini liberi, ri-conoscenti verso il loro creatore, in pace tra loro: occorre fissare «nella vo-lonta di Dio il punto di contatto universale di tutte le religioni, e la riunionedi tutti i culti nell’amore de’ propri simili, lo che da la giustissima idea de’teofilantropi».49

Il culto teofilantropico si presenta, dunque, come un’occasione di riu-nione e superamento delle diversita religiose, e permette di fondare su nuo-ve basi la concordia civile, facendo della repubblica «il punto di contattodella [...] morale e della religione», cosı come «nell’amore della patria e

48 M. GALDI, Saggio d’istruzione pubblica rivoluzionaria, Milano, nella Stamperia de’ Patriot-ti d’Italia in Strada Nuova, anno VI, Giacobini italiani, a cura di D. Cantimori, cit., vol. I, pp.239-240 (l’intero testo e alle pp. 221-252).

49 Ivi, p. 241.

394 GLAUCO SCHETTINI

della liberta si e trovato il punto di contatto di tutti i cittadini nella loromorale e nella politica»:

La politica sta alla morale come la morale alla religione. Se la politica noncoincide con la morale, e vizioso il sistema sociale, perche la legge non e uniformealla ragione. Se la morale non coincide con la religione, il sistema de’ culti e vizio-so, perche la verita di sentimento e vinta dall’opinione. Dunque la perfetta armo-nia, la felicita de’ cittadini, non consiste che nella coincidenza della morale, dellapolitica e della religione nel teofilantropismo.50

Il discorso teorico si sostanzia in una serie di indicazioni pratiche rela-tive alla frequenza delle riunioni cultuali e alle loro modalita: le semplicicerimonie teofilantropiche contrastano con la pompa di quelle cattoliche– ricordano, semmai, quelle protestanti –, e attraverso un uso saggio dellamusica tendono a ispirare nei presenti un’atmosfera di fratellanza e di «te-nera malinconia», esortandoli, al contempo, alla pratica delle virtu tramitela lettura di discorsi edificanti ed elogi funebri. Peraltro, una migliore or-ganizzazione del culto – che in Francia ha gia dimostrato le sue potenzialitaanimando «infiniti templi» e contribuendo «piu d’ogni altra istituzione ariunire i cuori ed a render la pace»51 – non puo prescindere dall’uso deitesti di cui la teofilantropia francese si e gia dotata: occorre, dunque, cheessi siano tradotti in italiano e resi disponibili al di qua delle Alpi.52

La fiducia di Galdi nelle potenzialita della teofilantropia, d’altro canto,e pressoche illimitata: essa e la piu piena realizzazione dei Lumi, il prodottopiu maturo del progresso dello spirito umano, la piu valida arma nella lottacontro la superstizione e il dispotismo:

Oserei dire che niente di piu bello del culto de’ teofilantropi ha prodotto larivoluzione, che niente maggiormente e adattato ai progressi dello spirito umano,a far amar dappertutto, a render universale la repubblica. Ma il maggior de’ van-taggi, al mio creder, e quello di abbatter la superstizione e deprimer il dispotismo e

50 Ibid.51 Ivi, p. 242.52 E errata la supposizione di Cantimori (ivi, p. 454), che ritiene che Galdi avesse in mente,

piuttosto che i testi teofilantropici, il culto decadario e il Manuel republicain di Francois de Neuf-chateau, pubblicato soltanto attorno al germinale anno VII (cfr. MATHIEZ, La Theophilanthropie,cit., pp. 448-450). Il «corso morale e religioso da servir per un anno intero» di cui parla Galdi vaidentificato con l’Annee religieuse des theophilantropes, ou adorateurs de Dieu et amis des hom-mes; Recueil de Discours et Extraits sur la religion et la morale universelles, pour etre lus pendantle cours de l’annees, soit dans les temples publics, soit dans les familles. Publie par l’Auteur du Ma-nuel des Theophilantropes, a Paris, au Bureau des ouvrages de la Theophilanthropie, rue de laHarpe, n. 307, pres celle du Foin, an VI – 1797.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 395

l’influenza politica di tutti i settari del culto cristiano. Per quanto puro e innocenteabbia potuto esser ne’ suoi principi questo culto, e troppo corrotto per ridurlonuovamente ai suoi giusti limiti, troppe fazioni e guerre religiose si accenderebbe-ro fra i riformati e riformatori; troppo insolenti, avari, ignoranti ne sono i ministriper potersi richiamare nella dritta via: il cristianesimo finalmente ha troppi deme-riti con l’umanita, ha fatto versar troppo sangue, promosse troppe guerre e discor-die civili, si e attaccato troppo al despotismo, all’ignoranza, all’errore, per cui fu esara sempre lo stesso, nemico della verita e della repubblica.53

Galdi non rifiuta il dato della purezza del cristianesimo delle origini, eaccetta anzi di considerare la superstizione come l’insieme di sedimentazio-ni storiche, dogmatiche ed ecclesiologiche che tale purezza hanno corrotto.Pur identificabili come prodotto di un processo storico di corruzione, tut-tavia, tali sedimentazioni sono ormai parte ineliminabile della religione tra-dizionale: sono dunque condannati a risolversi in altrettanti fallimenti i ten-tativi di ricondurre alle sue origini il cristianesimo, che puo solo essereeliminato e sostituito con il nuovo culto teofilantropico. Poiche, d’altra par-te, qualsiasi soluzione di matrice ateistica e da rifiutarsi perche «un granvuoto nel cuore umano rimarrebbe, senza la professione di un culto», Gal-di non esita a prevedere l’universale affermazione della teofilantropia adanno delle «religioni di sangue» predicate da «mille impostori privilegia-ti».54

L’invito a tradurre i testi teofilantropici viene recepito nella stessa Mi-lano, dove il Manuel des theophilantropes viene tradotto dal cittadino M.P.prima del mese di pratile. Egli premette al testo, che immagina rivolto an-zitutto «ai meno dotti», una breve introduzione in cui, sulla scia di Galdi,pone l’accento sul contenuto morale del culto teofilantropico, compagno dilotta dei filosofi impegnati ad abbattere i pregiudizi e dei politici occupati ariformare lo stato. Poiche i teologi hanno allontanato la religione dalla na-tura, bisogna sostituire le loro speculazioni con le piu semplici verita di sen-timento, ed emancipare la religione dalle «cose cosı stupidamente veneratefinora».55 Il testo tradotto e quello della seconda edizione francese del Ma-

53 Ivi, pp. 242-243.54 Ivi, p. 243. A proposito dei pericoli dell’ateismo, peraltro, Galdi interviene anche il 15

piovoso (3 febbraio) al Circolo Costituzionale («CCdM», n. 9, 27 piovoso anno I della LibertaItaliana [15 febbraio 1798], p. 144), denunciando contemporaneamente i mali prodotti dalla su-perstizione; e interessante riscontrare come tali posizioni non avessero impedito a Galdi, l’11 pio-voso (30 gennaio), di parlare del sistema di Helvetius (ivi, p. 141).

55 Manuale dei teofilantropi o sieno adoratori di Dio ed amici degli uomini; contenente l’espo-sizione dei loro dogmi, della loro morale e delle loro pratiche religiose. Pubblicato da C***, e adot-

396 GLAUCO SCHETTINI

nuel; il curatore, tuttavia, sostituisce l’Instruction sur l’organisation et la ce-lebration du Culte des Theophilantropes, che chiude l’originale, con un Di-scorso sopra l’esistenza di Dio tratto «dall’anno religioso de’ teofilantropi»,56

di cui si annuncia la prossima traduzione. La sostituzione si spiega proba-bilmente con il desiderio di pubblicizzare la nuova opera, che peraltro nonsara mai data alle stampe; riveste tuttavia un valore strategico la scelta diinserire nell’opuscolo una confutazione dell’ateismo, utile a rispondere al-l’accusa di irreligiosita frequentemente rivolta dagli apologeti del cristiane-simo ai «giacobini». Un impulso alla diffusione dei testi teofilantropici vie-ne anche dalla Francia, come mostra l’arrivo dalla posta di Genova al GranConsiglio, l’11 pratile (30 maggio), di un «pacchetto sigillato», contenente«una lettera di un francese accompagnatoria di alcune produzioni lettera-rie, filosofiche, teofilantropiche».57

Nel mese di pratile e Ranza a pubblicare il Manuale sulla nuova seriedell’«Amico del popolo».58 Diversamente da quanto si e finora ritenuto,il testo non costituisce una seconda versione milanese del Manuel, che Ran-za avrebbe tradotto nell’ottica di un tentativo di conciliazione tra moraleteofilantropica e morale cristiana, culminato, il mese successivo, nel Paral-lelo fra il Teofilantropismo ed il Cristianesimo Evangelico:59 si tratta, infatti,di una riedizione del testo curato da M. P., dal quale Ranza si allontanasoltanto per migliorare la leggibilita di alcuni passaggi isolati, senza preoc-cuparsi, invece, di eliminare il Discorso sopra l’esistenza di Dio assente nel-l’originale francese. Gli articoli pubblicati sulle «Varieta istruttive», d’altraparte, confermano una netta chiusura nei confronti della teofilantropia. E ilcristianesimo delle origini, secondo il Vercellese, la religione piu adatta al

tato dalle societa Teofilantropiche stabilite a Parigi. Tradotto in volgare dal C. M. P., dalla Stamperiaa S. Zeno, n. 534, a Milano anno 6º Repubblicano. Il testo comparira tra le opere in vendita «pres-so Pietro Agnelli Stampatore-Librajo» ancora nel 1809 (Opere tragiche d’Alfieri. I Persiani diEschilo. Il Filottete di Sofocle. Le Rane di Aristofane. Tomo secondo delle Tragedie, e quarto delleOpere, Milano, MDCCCIX, presso Pietro Agnelli in S. Margarita).

56 Annee religieuse des theophilantropes, cit., pp. 11-17.57 Corpo legislativo della Repubblica cisalpina. Gran Consiglio, «Termometro politico della

Lombardia», I semestre 1798, n. 48, 29 pratile anno VI (16 giugno 1798), in Termometro politicodella Lombardia, a cura di Criscuolo, vol. IV, Roma, Istituto storico italiano per l’eta moderna econtemporanea, 1996, p. 342. Il processo verbale del Gran Consiglio nulla dice a questo propo-sito.

58 Manuale dei teofilantropi, «L’amico del popolo. Varieta istruttive compilate dal Rep.Ranza» (d’ora in poi «AdPV»), tomo II, pratile anno VI (maggio-giugno 1798), pp. 86-118.

59 GUERCI, Incredulita e rigenerazione, cit., p. 85, scrive che Ranza «cerco di conciliare ledue morali [evangelica e teofilantropica], e in questa prospettiva tradusse il Manuel des theophi-lantropes di Chemin», e specifica che quella del Vercellese e una versione «diversa» da quella diM.P. (ivi, p. 85n.).

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 397

sistema repubblicano, mentre la diffusione del nuovo culto non e altro cheuna «chimera impossibile», destinata al fallimento e anzi in grado di com-promettere il successo della rivoluzione presso le classi popolari. Il rifiutodel «teofilantropismo» in favore di un cristianesimo purgato «dalla fecciadei secoli», dunque, e anzitutto il frutto di una valutazione strategica:

I Cisalpini hanno da circa sedici secoli la Religione Cristiana, la quale ridotta a’suoi primi principj e la vera Religione dell’Uomo, e del Repubblicano; anche perconfessione di Rosso. Eppure quanti cercano fra noi di distruggerla, se potessero!Essi vogliono far la scimmia dei forastieri; quando possono essere originali in casaloro. Essi per l’aura e il favore d’un pugno d’uomini si lusingano d’una chimeraimpossibile. Essi cosı alienano il Popolo dal nuovo ordine di cose... Traviati Fra-telli! Rinvenitevi dal vostro delirio; e abbandonate un progetto ridicolo ugualmen-te che vano. Gl’Italiani vogliono essere CRISTIANI; e lo saranno a marcio vostro di-spetto. Essi purgheranno la Religion loro dalla feccia dei secoli della ignoranza edella impostura: e ridotta che sia alla sua originalita nativa, ella dimostrera che ilvostro Teofilantropismo, e la vostra Religion Naturale, sono appena un fantasmadel CRISTIANESIMO puro e semplice!60

Anche nei contenuti, tuttavia, il cristianesimo delle origini risulta pre-feribile alla teofilantropia: e questo il nocciolo del Parallelo, pubblicatonel messidoro sul tomo III delle «Varieta istruttive».61 Il testo viene com-posto per essere letto al Circolo costituzionale il 22 pratile (10 giugno); tut-tavia, secondo il racconto che lo stesso Ranza fornisce nella Nota al terminedell’articolo, presa la parola, egli e interrotto da un gruppo di «se-dicentiAtei e Materialisti», sebbene durante le precedenti sedute del Circolo «ilcittadino Leone [avesse] parlato tranquillamente piu volte sul Teofilantro-pismo; senza per altro saperne le massime e i riti».62 Polemizzando piu tar-

60 Aforismi Politici di Niccolo Macchiavelli, «AdPV», tomo I, fiorile anno VI (aprile-maggio1798), pp. 103-104; si noti che il tomo di fiorile fu edito retrodatato attorno al 20 pratile (cfr.GUERCI, Giovanni Antonio Ranza giornalista, cit., p. 27). Sulla presenza di Machiavelli sui gior-nali del Triennio si veda V. CRISCUOLO, Appunti sulla fortuna di Machiavelli nel periodo rivolu-zionario, «Critica storica», XXVII, 1990, pp. 475-492.

61 Parallelo tra il Teofilantropismo ed il Cristianesimo Evangelico, «AdPV», tomo III, mes-sidoro anno VI (maggio-giugno 1798), pp. 3-27. Sulla corrispondenza tra Teofilantropismo e Cri-stianesimo delle origini Ranza aveva gia scritto anche che «la bipenne della Ragione per mano deiFrancesi» si era rivolta contro le «vituperevoli escrescenze» cresciute sulla pianta del cristianesimo,e che, «caduto il despotismo e la superstizione, trionfera la Liberta e l’Eguaglianza innestate conla vera Religione Evangelica e Apostolica di Gesu Cristo; alla quale in ultima analisi si riducono ilTeofilantropismo, e la Religion Naturale» (Il Poeta Camaleonte, «AdPV», tomo II, pratile annoVI [maggio-giugno1798], pp. 29-30).

62 Parallelo tra il Teofilantropismo ed il Cristianesimo Evangelico, cit., pp. 24-25. Nel testomanoscritto e non datato della Nota dei Cittadini componenti il Circolo Costituzionale (Archiviodi Stato di Milano, Studi, parte antica, c. 17) compare solamente un Leoni.

398 GLAUCO SCHETTINI

di con l’ateo Gaetano Porro, che gli ricordava che era stato «obligato dalPopolo a scendere dalla tribuna» a causa del suo «imprudente furore religio-nario»,63 Ranza ritorna sull’evento per precisare che

furono i [s]uoi satelliti, i [s]uoi emissarj, che al sentire i due dogmi dell’esistenza diDio, e della immortalita dell’anima, creduti dai Teofilantropi, si misero ad urlarecome energumeni, e m’intimarono di discendere, aizzati a questo da una manoche dimenavasi dietro di me su la loggia del Moderatore, e secondati dall’imbecil-lita del Moderatore medesimo.64

Sembra emergere da queste parole un’ostilita verso la teofilantropia daparte della frangia piu estremista dell’ateismo milanese, i cui esponenti, evi-dentemente lontani dal gradualismo di Lauberg, impediscono a Ranza ditenere il suo discorso non perche egli si appresti a rivolgere parole di criticaalla teofilantropia, ma perche essi stessi, nella loro lotta contro ogni creden-za religiosa, non risparmiano neppure il nuovo culto. Nella Nota, tuttavia,si legge anche di come, nonostante la polemica ateistica, al Circolo fosse«aperta da lungo tempo una soscrizione, che dicesi ascendere gia a piudi migliaia d’individui, per aprir una Chiesa di Teofilantropi»:65 il dato nu-merico, certamente esagerato, testimonia nondimeno del successo che lateofilantropia doveva riscuotere, ma permette anche di escludere che untempio fosse gia aperto; cio non impedisce, peraltro, che la ritualita teofi-lantropica potesse essere praticata in ambienti privati.

L’intento antiteofilantropico del Parallelo appare evidente fin dalle righeiniziali, in cui Ranza proclama di voler rispondere ai «molti che da questatribuna esaltano il Teofilantropismo», chiarendo, al contempo, i caratteriche distinguono il suo cristianesimo evangelico dal cattolicesimo romano.Il testo prende le mosse dall’analisi degli apparati dogmatici, che risultanoperfettamente sovrapponibili una volta che gli elementi di corruzione sianostati rimossi dal corpo della religione cristiana. Sotto il profilo della morale,invece, la superiorita del cristianesimo emerge incontestabilmente: il coman-damento dell’amore per Dio e per gli uomini e comune a entrambe le reli-gioni, «ma dobbiamo pero confessare ad onor della verita che la MoralEvangelica e piu pura, o piu completa». L’amore dovuto a Dio dai cristiani,infatti, e un amore filiale e sviscerato, mentre quello tributatogli dai teofilan-

63 Porro al Cittadino Ranza, ivi, p. 76.64 Risposta di Ranza al Cittadino Porro, ivi, pp. 101-102. Sulla polemica tra Ranza e Porro si

veda CRISCUOLO, Il problema religioso, cit., pp. 387-388.65 Parallelo tra il Teofilantropismo ed il Cristianesimo Evangelico, cit., p. 25.

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tropi e un «rispetto d’ossequio», formale e distaccato. Nel diverso modo diadorare Dio, d’altra parte, si rispecchia il diverso modo di intenderlo: il cri-stianesimo considera Dio «qual padre», la teofilantropia guarda solo al suo«lato maestoso [...], cioe d’Ente supremo, creatore, conservatore, e modera-tore dell’universo». Anche in merito ai doveri verso gli altri uomini la moraleevangelica si manifesta piu ricca e piu profonda di quella teofilantropica: in-vita ad amare i nemici, non solo a perdonare loro; obbliga a dare tutto il su-perfluo ai poveri, contribuendo cosı a realizzare l’«eguaglianza di fatto»; pre-scrive la pratica delle agapi, che Ranza aveva gia esaltato nella risposta allaLettera apostolica, come occasione reale di carita e fratellanza. La conclusioneche ne deriva e che «in Morale i Cristiani puri e semplici sono l’originalecompleto: ed i Teofilantropi non ne sono che una copia imperfetta».

Da ultimo, il cristianesimo risulta superiore alla teofilantropia anche incampo civile: la morale evangelica, infatti, prevede il rispetto della potestapolitica e delle leggi, e vieta di combattere gli altri culti «con delle invettive,con dei sarcasmi, con delle buffonate; come fassi ora contro i Cristiani». Alcontrario, ai promotori milanesi della teofilantropia Ranza rimprovera l’in-capacita di praticare coerentemente la tolleranza prescritta dal Manuale: es-si non comprendono che solamente «la forza irresistibile dell’esempio» po-trebbe guidarli alla vittoria, e conducono la loro lotta anticristianaattraverso «grossolani sarcasmi, e acerbe invettive», condannando se stessialla sconfitta, e il «Circolo d’istruzione» a rimanere un «Circolo di distruzio-ne»:

O voi, che montate cosı spesso a questa tribuna ad inveire contro il Cristiane-simo, e i suoi Ministri, volete voi rovinarli, e accrescere la setta dei Teofilantropi?Cominciate dall’eseguire il precetto della vostra setta, cioe di rispettare tutti i Cultipubblici, ed i loro Ministri, e gli usi generalmente ricevuti; [...] e poi imitate i primiCristiani; GIURATE una morale severa, una pratica di tutte le virtu sociali: e allora,con la forza irresistibile dell’esempio, io vi assicuro che renderete deserti i templicristiani, popolando quelli della vostra setta. Ma finche non saprete usare che gros-solani sarcasmi, e acerbe invettive contro i Cristiani; sinche la vostra Moral praticasara cosı lontana e da quella dei Teofilantropi, e tanto piu da quella dei primitiviCristiani; voi non sarete che lo scherno degli uomini assennati!66

Il tentativo di promuovere la teofilantropia piuttosto che un cristiane-simo evangelico che le e superiore in ogni riguardo, d’altra parte, rischie-rebbe di rivelarsi controproducente: occorre, al contrario, elaborare nuove

66 Parallelo tra il Teofilantropismo ed il Cristianesimo Evangelico, cit., pp. 13-17.

400 GLAUCO SCHETTINI

soluzioni adatte alla situazione italiana. La risposta, per Ranza, e un cristia-

nesimo evangelico che rifiuta una ritualita sovrabbondante e superstiziosa,nega la trinita e la transustanziazione, enfatizza la pratica delle virtu. Si trat-

ta, a ben vedere, di una forma di religione naturale che non conserva quasi

nulla del cristianesimo tradizionale:

Se il Teofilantropismo non e che una copia troppo imperfetta del Cristianesi-

mo Evangelico; qual bisogno, qual pro di adottare la copia a preferenza dell’ori-

ginale? Qual vilta e mai quella dei moderni Italiani di non essere che le scimmie

dei forestieri? I nostri avi si resero celebri per originalita, nella guerra, nella mari-

neria, nelle scienze, e nell’arti. E noi vorremo essere celebri per servilita de’ capric-

ci stranieri? Lasciamo dunque altrui il Teofilantropismo; e noi rinoviamo il Cristia-

nesimo puro e semplice; il Cristianesimo Evangelico ed Apostolico; non il

romanesco, falsamente detto cattolico. Cominciamo dal rispettare gli errori e i pre-

giudizj dei nostri fratelli, per tirarli a noi con l’attrattiva della ragione e del buon

senso, con la fiaccola della storia, con la dolcezza dei modi, col solletico del buon

esempio. Il Cristianesimo, ridotto alla semplicita da me finora indicata [...] diven-

tera la vera religione della Democrazia, e dell’uomo [...].67

Come ha scritto Vittorio Criscuolo, l’obiettivo di Ranza e quello di «far

accettare al popolo, sotto il nome di cristianesimo, una religione profonda-mente diversa», in grado di raccogliere nel suo seno tutti i culti esistenti.68

Un’operazione, questa, che sarebbe impossibile se si procedesse sotto labandiera della teofilantropia piuttosto che sotto quella del cristianesimo:

In tal guisa noi tireremo dalla nostra gli Ecclesiastici puri e spregiudicati, di

cui non manchiamo: e per loro mezzo guadagneremo il Popolo, che verra volen-

tieri ad ascoltarci, allorche sara persuaso che le massime democratiche, sı civili che

religiose, da noi predicate, non sono che le massime di Gesu Cristo, de’ suoi Apo-

stoli, e dei primi Cristiani. E perche la nostra Chiesa non presenti l’immagine d’u-

na setta particolare, ma riceva e abbracci con l’universalita e purita delle sue mas-

sime ogni qualunque setta; io la vorrei intitolata Chiesa dei Puritani, cioe di tutti

quelli che professano purita di dottrina sociale, e di moral pratica: tanto che potes-

sero intervenirvi senza ribrezzo i Cristiani d’ogni setta, il Calvinista, il Luterano, il

Riformato, il Presbiteriano, l’Anabattista, il Sociniano; ed anche il Quakero, il Mu-

sulmano, l’Ebreo, ec. ec., e cosı con un’assemblea d’instituto universale promuo-

vere l’universale fraternita del Genere Umano.69

67 Ivi, pp. 22-23.68 CRISCUOLO, Riforma religiosa, cit., pp. 825-872.69 Parallelo tra il Teofilantropismo ed il Cristianesimo Evangelico, cit., pp. 23-24.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 401

Con l’intervento di Ranza finisce la fase piu viva della storia della teo-filantropia milanese, sia che il Parallelo abbia reso vani gli sforzi compiutidall’ambiente teofilantropico, sia che questi siano proseguiti senza lasciaretracce significative. Le critiche del Vercellese al nuovo culto non sonoespressione di una voce isolata, se, come sembra, costituiscono la matricedell’intervento di Girolamo Costa sul «Giornale senza titolo» del 12 mes-sidoro (30 giugno), anteriore, peraltro, al Parallelo: il fatto che «a Parigi sigrid[i] teofilantropismo» e «a Milano si rispond[a] teofilantropismo» con-tribuisce a dimostrare che «l’Uomo generalmente parlando e Scimmia».70

Forse si spiega analogamente, allora, che nella parziale traduzione dei Con-seils di Jullien, che lo stesso giornale pubblica a puntate tra il maggio e ilgiugno, il riferimento alla teofilantropia sia espunto dal testo del consiglion. 25.71 Le istanze che i fautori del nuovo culto avevano espresso, tuttavia,non vengono certamente meno: ne e un indizio l’edizione delle Prediche de-mocratiche che il cremonese Vincenzo Lancetti recita al Circolo nell’estate1798.72 La seconda predica, infatti, dedicata alla «religione de’ repubblica-ni», sebbene non faccia alcuna menzione della teofilantropia, trae senz’al-tro spunto dal Manuale e ne cita talvolta alcune espressioni in maniera qua-si testuale.73 E difficile dire se cio si debba soltanto alla sostanziale

70 Questa e la moda, «GST», n. 87, 12 messidoro anno VI (30 giugno 1798), pp. 249-250.71 Continuazione dell’articolo: alcuni consiglj ai patrioti cisalpini, «GST», n. 84, 3 messidoro

anno VI (21 giugno 1798), p. 240.72 Prediche democratiche recitate nel Circolo Costituzionale di Milano l’estate dell’anno VI

Rep. dal cittadino V.L., Milano anno VII Rep., presso Raffaele Netti in Strada Nova, num.561. L’esemplare del testo conservato alla Biblioteca di storia moderna e contemporanea di Roma(12 b.692) – l’unico rinvenibile attraverso il catalogo Opac sbn – e lacunoso e mutilo. Esso in-clude, tuttavia, due lettere manoscritte tra l’editore Raffaele Netti e Vincenzo Lancetti: una diesse, datata 10 vendemmiaio anno VII (1º ottobre 1798), fissa entro un mese la pubblicazionedell’opera, per una tiratura complessiva di non piu di cinquecento copie. Al volume e allegatoanche un elenco manoscritto degli argomenti di oltre quaranta prediche, mentre quelle effettiva-mente contenute nel testo a stampa sono solamente nove – e possibile, tuttavia, che altre fosseroincluse nella parte mancante. L’ordine con cui i titoli si succedono nell’elenco non e quello deltesto a stampa, in cui compaiono, peraltro, alcune prediche assenti nell’indice manoscritto.

73 Descrivendo «la religione degli uomini nello stato di natura» Lancetti ne parla come diun «sentimento [...] fomentato dall’imponente spettacolo dell’universo» (p. 21), e aggiunge poiche «l’ordine maraviglioso, invariabile, eterno di cio che diciamo Natura, ci persuade di questaverita [l’esistenza di un Ente supremo]» (p. 22), mentre nel Manuale si legge come «lo spettacolodella natura» testimoni «l’esistenza del primo essere» (p. 11). Lancetti invita piu avanti il suopubblico a «non [cercar] ora chi egli [Dio] sia: bastici sapere ch’egli sia» (p. 22), parallelamentea quanto sostiene il Manuale: «cosa sia Dio [...] li Teofilantropi non sono cosı indiscreti di ricer-carlo [...]. Essi si contentano di sapere, dappresso la magnificenza e l’ordine dell’universo, e latestimonianza di tutti i popoli, e della propria coscienza, che vi esiste un Dio [...]» (p. 13). E ri-levante, infine, che la religione predicata da Lancetti replichi il comandamento morale dei teofi-lantropi: «questa religione consiste in due semplicissimi oggetti. Adorare un Ente supremo, edamare i suoi simili» (p. 25).

402 GLAUCO SCHETTINI

omogeneita dei pur differenti progetti di riforma religiosa di matrice deista,oppure ad un’esplicita volonta, da parte dei sostenitori della teofilantropia,di accantonare gli aspetti istituzionali del nuovo culto per unirsi al piu vastofronte in lotta per una nuova religiosita. Di teofilantropia, peraltro, si parlaancora apertamente nella Religione repubblicana di Luigi Bossi, breve ri-sposta polemica alla Concordia tra la societa e la religione di Girolamo Ma-scherana.74 Nel testo, pubblicato prima della seconda edizione della Con-cordia, e dunque databile attorno alla meta del 1798,75 Bossi imputa aMascherana di aver capziosamente riferito al cattolicesimo «alcune espres-sioni di Rousseau nell’Emilio relative agli incontrastabili principj della reli-gion naturale», che si sarebbero potute correttamente applicare alla solateofilantropia, «che in allora non era ancor nata»;76 poco piu avanti, Bossicontesta anche la scelta, operata dall’autore della Concordia, di confrontareil cattolicesimo con il paganesimo, l’islamismo e il giudaismo, piuttosto checon la stessa teofilantropia.77 La presenza del nuovo culto nell’opera diBossi resta comunque limitata a questi due rapidi accenni.78

C’e da registrare, infine, che al termine del 1798 il gruppo dei teofilan-tropi milanesi si sfalda: Lauberg si sposta in Piemonte nel settembre perraggiungere poi Championnet nel dicembre e stabilirsi a Napoli nel gen-naio. Fantoni e arrestato e poi esiliato dopo il colpo di stato di Trouve,e raggiunge il Piemonte nel dicembre. Galdi, infine, bandito provvisoria-mente da Milano nel settembre, vi e arrestato il 7 dicembre; nominatoagente diplomatico cisalpino presso la Repubblica Batava – promoveatur

74 La religione repubblicana, ossia analisi critica del libro intitolato Concordia tra la societa ela religione, ossia difesa del culto cattolico contro chi lo calunnia in contrasto con la societa, di L.B. R. D. P., Milano, anno VI. Luigi Bossi era stato redattore del «Monitore veneto», che alla teo-filantropia aveva riservato, come si e visto, un fugace accenno. Su di lui si veda la voce di L. SE-

BASTIANI, in DBI, vol. XIII, 1971.75 Ivi, p. 43, si legge di come sia in preparazione la seconda edizione del testo di Masche-

rana, che e datata ancora 1798. Sulla Concordia e le opere che contro di essa furono pubblicate siveda GUERCI, Incredulita e rigenerazione, cit., pp. 86-87.

76 La religione repubblicana, cit., p. 11.77 Ivi, p. 17.78 G. IMBRUGLIA, Vita religiosa e lotta politica a Napoli nei mesi della rivoluzione, in Napoli

1799 fra storia e storiografia, a cura di A.M. Rao, Napoli, Atti del convegno internazionale, 21-24gennaio 1999, Napoli, Vivarium, 2002, pp. 305-306 (l’intero saggio e alle pp. 295-325) enfatizzaeccessivamente la presenza del tutto incidentale della teofilantropia nell’opera di Bossi, che dataerroneamente al 1797, prima ancora della pubblicazione del testo di Mascherana. Egli ipotizza,altresı, che la Religione repubblicana sia stata riedita a Napoli nel 1799, ma cio appare incoerentecon la lettera di una testimonianza di Marugi – riportata dallo stesso Imbruglia –, che racconta diaver pubblicato con questo titolo la traduzione di un testo francese; ne, d’altra parte, avrebbeavuto senso riproporre fuori contesto l’opera di Bossi, che costituisce una confutazione puntualedel testo di Mascherana, separatamente dal quale, dunque, non poteva essere letta.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 403

ut amoveatur –, lascia l’Italia al principio del 1799, per non farvi ritorno chenel 1808. Jullien, dal canto suo, aveva gia abbandonato la penisola all’iniziodel 1798, per soggiornare piu tardi a Napoli nel 1799.79 Se anche il tenta-tivo di dare una forma istituzionalizzata al culto teofilantropico avesse ot-tenuto qualche successo, difficilmente esso sarebbe potuto sopravvivere alvenir meno dell’apporto dei suoi principali fautori.

3. LA TEOFILANTROPIA FUORI DA MILANO

Nei progetti dei promotori del nuovo culto Milano doveva essere ilcentro irradiatore da cui la teofilantropia si sarebbe diffusa in tutta l’altaItalia. L’«Echo», in effetti, parla piu volte di riunioni teofilantropiche attivesul suolo cisalpino, quando la penetrazione del culto risultava essere ancoraai suoi inizi nella stessa capitale: sul n. 23, in cui si da notizia della primachiusura del Circolo milanese, si aggiunge che in molti sperano nella pros-sima soppressione degli altri circoli cisalpini e delle riunioni teofilantropi-che;80 nel dicembre, invece, si legge dell’esistenza di societa teofilantropi-che nella Repubblica.81 Notizie del genere, che l’articolo pubblicato il 30frimaio (20 dicembre) sul «Courrier de l’Armee d’Italie» e la successiva te-stimonianza di Ranza nella Nota al Parallelo rendono poco verosimili, de-rivano probabilmente dell’indebita assimilazione tra i circoli costituzionalie le societa teofilantropiche, ma anche dalle testimonianze tendenziose dialcuni fautori francesi del nuovo culto: e certamente il caso di Jullien e dellasua personale versione dello statuto del Circolo milanese, ma anche, proba-bilmente, di Girard, ex agente militare dell’armee a Lodi e provincia. Sul n.20, probabilmente del 20 brumaio anno VI (10 novembre 1797), l’«Echo»pubblica una sua Invocation all’Essere supremo e una lettera – entrambegia apparse l’8 brumaio (29 ottobre) sul «Courrier» – in cui l’Autore tesse

79 IMBRUGLIA, Vita religiosa e lotta politica a Napoli, cit., pp. 300-306, ha notato come neitesti relativi al periodo napoletano di Jullien non si rintraccino accenni alla teofilantropia. Egli hatuttavia ipotizzato l’esistenza, se non di riunioni teofilantropiche, di circoli al cui interno la dif-fusione del culto nella citta partenopea fosse auspicata. Contro questa ipotesi, che solo fortunatiritrovamenti documentari potrebbero suffragare, giocano la brevita dell’esperienza rivoluzionariaa Napoli, l’estrema problematicita della questione religiosa nel Mezzogiorno, e infine gli esiti fal-limentari dei tentativi gia operati nell’alta Italia da Jullien e da Lauberg.

80 Cercles constitutionnels, «Echo», n. 23, pp. 12-14. Il numero dell’«Echo» non e datato,ma appare con tutta probabilita il 5 frimaio anno VI (25 novembre 1797).

81 Suite des details historiques sur la societe des Theophilantropes, «Echo», n. 28, 30 frimaioanno VI (20 dicembre 1797), p. 13.

404 GLAUCO SCHETTINI

l’elogio del nuovo culto aggiungendo che esso puo vantare «des partisanset des apotres [...] dans l’Italie».82 Mathiez ha ritenuto che il testo dell’In-vocation fosse stato scritto ad uso di una delle riunioni teofilantropiche ci-salpine;83 Girard, tuttavia, non parla di istituzioni cultuali organizzate madi singoli simpatizzanti, ne le sue parole permettono di escludere che egli siriferisca a personale militare francese piuttosto che a sostenitori italiani.

A Bologna, invece, un Circolo costituzionale si apre alla fine del 1797,probabilmente per diretta filiazione di quello milanese,84 sebbene la Costi-tuzione cisalpina impedisca ufficialmente qualsiasi rapporto fra le diversesocieta. In realta, i punti di contatto sono evidenti fin dallo statuto che ilCircolo bolognese sceglie di darsi l’8 nevoso anno VI (28 dicembre1797), ricalcato in piu parti su quello milanese. Non vi compare, tuttavia,alcun riferimento alla questione religiosa;85 al contrario, nel nevoso e di-scussa e approvata una regola, poi confluita nel Supplemento agli articolidell’organizzazione del gran Circolo Costituzionale di Bologna del 12 fiorile(I aprile 1798), che vieta di discutere di culti particolari. Inevitabilmente,dunque, nei resoconti delle sedute del Circolo non si trovano riferimentialla teofilantropia, sebbene non manchino, talora, interventi sulla teocraziapapale, sul fanatismo, o sulla compatibilita fra regime democratico e reli-gione.

Presso la stamperia di Jacopo Marsigli, tuttavia, e pubblicata il 9 mag-gio 1798 una nuova traduzione del Manuel,86 che comprende anche l’Istru-

82 Sur les Theophilantropes. Au Redacteur, «Echo», n. 20, pp. 11-13. Il testo era gia statopubblicato in «CAd’I», n. 51, 8 brumaio anno VI (29 ottobre 1797), p. 218; di seguito all’invo-cazione di Girard il «Courrier» dava anche la notizia della pubblicazione di un nuovo – almenoper i soldati dell’Armee di stanza in Italia – giornale: l’«Echo».

83 MATHIEZ, La theophilanthropie, cit., p. 384.84 N. BIANCHI, I Circoli Costituzionali durante la prima Repubblica Cisalpina nella Romagna,

nelle Marche e nell’Umbria, «Rassegna Storica del Risorgimento», VI, 1919, pp. 387-434.85 Organizzazione del Circolo Costituzionale di Bologna o siano regole da operarsi pel mante-

nimento dell’ordine nelle sedute, approvate nell’adunanza delli 8 Nevoso anno VIº Repubblicano,Bologna, per la Stampa del Genio Democratico, 1797, in BIANCHI, I Circoli Costituzionali, cit.,pp. 431-433.

86 Manuale dei teofilantropi, Bologna, impresso ne’ Torchi del Quotidiano ai Celestini, pro-prieta di Jacopo Marsiglj. La versione tradotta e ancora quella della seconda edizione francese.Della pubblicazione dell’opuscolo da notizia come segue un Avviso, «Il quotidiano bolognese»,VIII mese, n. 10, 21 fiorile anno VI (10 maggio 1798), p. 65: «Jeri sortirono varie cosette. I. IlManuale de Teofilantropi, che sarebbe bene leggere tre volte al giorno; e di una figura comoda,costa solo cinque bajocchi, istruisce e diletta. Non ci vuole che un avaro a non acquistarlo». Sul-l’attivita editoriale di Marsigli si veda P. BELLETTINI, Tipografi, librai e pubblicisti a Bologna neltriennio giacobino, in Il Tricolore dalla Cispadana alla Cisalpina. Il Triennio Giacobino, Atti delConvegno di studi storici per la celebrazione del bicentenario del Tricolore, Modena, 6-7 feb-braio 1998, Modena, Aedes Muratoriana, 1998, pp. 185-207.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 405

zione sopra l’organizzazione, e la celebrazione del culto de’ Teofilantropi so-stituita dal discorso sull’esistenza di Dio nell’edizione milanese. Sebbene iltentativo di promozione del nuovo culto non sembri riscontrare un parti-colare successo, tanto che un numero forse non irrilevante di copie del Ma-nuale resta invenduto almeno fino al luglio,87 il priore Giuseppe Vogli pub-blica a sua volta un opuscolo antiteofilantropico, le Riflessioni sul manualedei teofilantropi, edito anonimo con la data di Cosmopoli 1798.88 Il testo,pienamente inserito nel dibattito felsineo – i passi del Manuale che vi sonocitati provengono dalla traduzione bolognese –, e probabilmente stampatoin citta, anche se si e ipotizzato che sia apparso a Roma.89

87 Va in questa direzione la pubblicazione di un nuovo Avviso. L’ape repubblicana, «Il quo-tidiano bolognese», X mese, n. 27, 9 termidoro anno VI (27 luglio 1798), p. 156: «Nessuno ebuon cittadino, se non e buon figlio, buon padre, buon fratello, buon amico, buon sposo. Laosservanza di questo quarto articolo dei doveri e tanto essenziale quanto lo e la salvezza della in-tera Repubblica. Un libretto di poche pagine, e che rinchiude la Sapienza de’ migliorj Filosofimorali facilita all’uomo l’esercizio di tutte le virtu domestiche, e sociali. Non si studiera piu tuttala vita per essere virtuoso un giorno solo, ma lo studio di un sol giorno vi fara virtuosi per sempre.Il Libretto e il Manuale de’ Teofilantropi, e vale mezzo paolo».

88 Riflessioni sul manuale dei teofilantropi, Cosmopoli 1798. Le Riflessioni sono pubblicatecome Riflessioni sul manuale dei teofilantropi del priore Giuseppe Vogli bolognese e con una bre-ve introduzione – in cui si legge che nel 1798 del testo sarebbe stata vietata la circolazione – in«Memorie di religione, di morale e di letteratura», III, 1823, pp. 161-192. Su Giuseppe Vogli sivedano G. RUGGIERI, Teologi in difesa. Il confronto tra chiesa e societa nella Bologna della fine delSettecento, Brescia, Paideia, 1988, pp. 113-123, e D. MENOZZI, Le chiese italiane e la rivoluzione:il caso di Bologna, in Chiesa italiana e rivoluzione francese, a cura di D. Menozzi, Bologna, Edi-zioni Dehoniane, 1990, pp. 177-178 (l’intero saggio e alle pp. 121-180). RUGGIERI, Teologi, cit.,p. 120n., ha ipotizzato che la traduzione milanese del Manuale sia da collocarsi nell’autunno 1797,perche Vogli vi farebbe riferimento in una lettera del 28 novembre, indirizzata a un funzionariodell’amministrazione del dipartimento del Reno (Biblioteca dell’Archiginnasio, Collezione degliautografi, LXXII, 20119). L’opera di cui il priore chiede che si vieti la circolazione, tuttavia, devenecessariamente essere un’altra, come si evince facilmente dal testo completo della lettera: «lalegge uscita pochi giorni sono proibisce, che non si attacchi direttamente alcun culto colle stam-pe, e un altra [sic] legge recente comanda che vi si rispetti la Religione. Il libro che unisco a que-sto foglio toglie ogni culto, perche toglie Dio, la liberta dell’uomo, la differenza morale delle azio-ni. E questo libro e stampato a Milano, e questo libro si vende, e si spazia sotto le dette leggi inBologna. Rousseau stesso autore del patto sociale, e amatore della Democrazia si sdegnerebbe, egriderebbe alto, perche si proibisca tanta peste che avvelena la incauta gioventu, e toglie la virtufondamento della societa. Taccio di altri libri, e d’altri fogli, che attaccano il Cristianesimo, comedirettamente fa questo. Povera Bologna a qual corruzione arriverai!». Le critiche mosse all’operain questione, se confrontate con quelle delle Riflessioni, oltre che con il contenuto del Manuale,permettono di escludere che Vogli abbia in mente il testo teofilantropico, contro il quale, d’altraparte, scrivera soltanto piu di sei mesi dopo. Restano valide, dunque, le ragioni che inducono adatare l’edizione milanese del Manuale ai primi mesi della primavera 1798.

89 Cosı, ignorando la paternita vogliana del testo, V.E. GIUNTELLA, La rivoluzione francese el’impero napoleonico, in Bibliografia dell’eta del Risorgimento. In onore di Alberto M. Ghisalberti,vol. I, Firenze, Olschki, 1971, p. 105, e ID., Il cattolicesimo democratico nel triennio «giacobino»,in Cattolicesimo e Lumi nel Settecento italiano, a cura di M. Rosa, Roma, Herder, 1981, p. 269n.(l’intero saggio e alle pp. 267-294).

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Il ragionamento svolto da Vogli prende le mosse dalla constatazioneche la corruzione dei costumi e legata al sovvertimento della morale e dellareligione. E necessario, pertanto, radicare nelle menti dei giovani la fede neidue principi dell’esistenza di Dio e dell’immortalita dell’anima; tuttavia,«questi soli principj, che chiamansi di Religion naturale», non sono suffi-cienti. La presunta irrazionalita della religione, infatti, non e la causa del-l’irreligione, come sostengono i teofilantropi, ma il pretesto con cui ma-scherare il desiderio di liberarsi dei vincoli morali: rifiutata la religione,la presa del freno della legge sulla coscienza viene meno, e l’uomo puo darelibero sfogo alle sue passioni, rendendosi cosı inadatto a vivere nel contestosociale. La religiosita teofilantropica non rappresenta una soluzione: poichei suoi dogmi sono «provati [...] molto leggermente» con l’ausilio della solaragione, essa lascia i giovani esposti alle insidie della predicazione libertina.Ne e sufficiente dichiarare che tali dogmi siano efficaci in quanto verita disentimento: perche il sentimento sia ascoltato, infatti, occorre preventiva-mente porre un freno alle passioni.

Vogli passa dunque a enfatizzare i meriti del cristianesimo, che «ha mu-tato i costumi barbari, e nefandi de’ popoli, ov’e stato introdotto». Presto,pero, il ragionamento si sposta sul piano della morale e dei riti: le indica-zioni del Manuale, pur insufficienti, sono condivisibili, ma soltanto perche iteofilantropi le hanno tratte dalla «face del Vangelo»; le pratiche rituali, in-vece, pur affascinanti nella loro semplicita, sembrano a Vogli del tutto ina-datte alla complessa e articolata societa a lui contemporanea. Cio che man-ca ai teofilantropi, pero, e soprattutto un’autorita centrale:

Senza un’autorita superiore, che vegli, e diriga per l’uniformita di dottrine, edi pratiche, a poco a poco l’ignoranza, l’impostura, l’amore di novita, l’ambizioneintrodurra nuovi simboli, e nuovi riti, diversi ne’ diversi paesi, e si cadra misera-mente nella molteplice e ridicola superstizione del Gentilesimo, o fors’anche perindolenza, e per obblivione de’ freddi Ministri in una totale pratica irreligione. Ta-le e la natura dell’uomo a se stesso lasciato irrequieta, variabile, capricciosa. Talefu l’origine del Gentilesimo, e della Idolatria. Tale e divenuta la Societa stessa de’liberi Muratori.90

Il principio d’autorita e difeso in quanto garanzia contro la degenera-zione della pratica religiosa verso una nuova idolatria, ma anche come stru-mento indispensabile per distinguere il bene dal male. Per questi motivi ilcristianesimo e agli occhi del popolo, che non e adatto a «uno studio pro-

90 Riflessioni sul manuale, cit., p. 21.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 407

fondo» del religioso e deduce il carattere di verita di una religione dalla ret-titudine morale dei suoi seguaci, la sola «madre della virtu»:

Ecco il carattere del vero Cristiano, la carita. Vedra il Popolo, che il vero Cri-stiano e l’uomo senza egoismo, senza vanita, senza orgoglio, e il miglior Cittadino,il miglior Soldato, il miglior Funzionario, il miglior Padre di famiglia, lo Sposo piufedele, il Giudice piu incorrotto: e con un facile raziocinio, con un po’ di Logicanaturale argomentera, che la Religione Cristiana e amica, e madre della virtu, del-l’umanita, della morale, e che percio e Religion vera.91

Vogli, che conclude il suo intervento invitando i teofilantropi a tornarenell’alveo del cristianesimo, propone dunque un’apologia della religioneromana, della sua struttura dogmatica, del principio di autorita. Il cattoli-cesimo, non solo perfettamente rispondente ma addirittura necessario alnuovo ordine rivoluzionario, che il priore non mette in discussione, apparecome l’unica religione in grado di garantire il rispetto delle leggi morali ecivili; la teofilantropia, al contrario, precipiterebbe il mondo nel disordine,lasciando l’uomo in balia delle sue pulsioni.

La propaganda teofilantropica doveva comunque ottenere una certa ri-sonanza, come sembra testimoniare la seconda edizione degli Elementi re-pubblicani del mantovano Federico Cavriani, che aveva ricevuto gli ordini sa-cri a Roma nel 1785 e, dopo essere stato dal 1786 al 1795 vicelegato nelleMarche, dove aveva redatto, compendiando Spedalieri, il Saggio sui principifondamentali de’ diritti dell’uomo (1792), aveva smesso l’abito talare nel1796.92 Nella prima edizione degli Elementi, pubblicata nel 1797, dopo lacritica dell’ateismo si leggeva una parziale accettazione del deismo, che «vin-ce tutti gli altri sistemi che non ammettono Religione», ma non offre «moltopresidio» alle «idee morali», ed e dunque superato dalla religione cristiana –non specificamente nella sua forma cattolica –, che «da alle idee religiosequella importante certezza, che non puo dare il Deismo», ed e definita come«la piu sicura custode dei diritti dell’uomo nella societa civile».93 Nella se-

91 Ivi, pp. 34-35.92 Elementi repubblicani del cittadino Federico Cavriani. Edizione seconda, corretta e rifor-

mata, Bologna, 1798, anno sesto repubblicano, dai torchj di Jacopo Marsigli ai Celestini, in F.CAVRIANI, Elementi repubblicani, a cura di E. Pii, Firenze, Centro Editoriale Toscano, 1990,pp. 105-129. L’edizione curata da Pii contiene anche il testo del Saggio sui principj fondamentalide’ diritti dell’uomo, della prima edizione degli Elementi (1797) e di alcuni interventi pronunciatida Cavriani al Circolo costituzionale di Pesaro tra le fine di maggio e il luglio 1798, nonche un’u-tile introduzione. Sul personaggio si veda anche la voce di R. PACI, in DBI, vol. XXIII, 1979.

93 Elementi repubblicani del cittadino Federico Cavriani, Bologna, nella stamperia di JacopoMarsigli ai Celestini, MDCCXCVII, in CAVRIANI, Elementi repubblicani, cit., pp. 91-95.

408 GLAUCO SCHETTINI

conda edizione, probabilmente della primavera 1798, permane l’assunto che«la societa e necessaria all’Uomo, e la Religione e necessaria alla Societa», mail paragrafo dedicato alla questione religiosa e notevolmente piu breve, emuove dalla dimostrazione delle tre verita «della esistenza di Dio, della im-mortalita dell’anima, e di un futuro postumo giudicio». L’elogio esplicito delcristianesimo, dunque, e sostituito da un breve paragrafo che sembra fareancora riferimento alla religione cristiana, ma e indicato a margine con il ti-tolo di «Teofilantropia»:

Fra le Religioni rivelate, quella che sostiene con maggior forza, e precisione letre enunciate verita fondamentali, quella che piu si oppone alla schiavitu, e alla di-suguaglianza orgogliosa delle condizioni, quella che promuove l’amor fraternosenza eccettuare l’inimico, che insinua l’amore di Dio, e dell’Uomo, e l’eserciziodi tutte le virtu, che ha proscritto solennemente la ipocrisia, e la superstizione,ed insegna ad adorare Iddio elevando a lui il nostro intelletto con sincerita di cuo-re, questa Religione io dico, non sarebbe forse opportunissima per una societa diUomini liberi, e virtuosi? Certamente il sarebbe, e noi gia l’abbiamo, manca solo,che si voglia praticare nella sua purita, quale il suo Fondatore la proclamo, quale isuoi primi discepoli la insegnarono ai nostri Padri.94

Che rappresenti un contraddittorio tentativo di conciliazione tra i dueculti, quale sara perseguito piu tardi a Torino, o che sia indice di un’evo-luzione di Cavriani verso posizioni francamente teofilantropiche, quella de-gli Elementi repubblicani resta comunque una testimonianza significativadel successo ma anche delle difficolta e dei limiti della propaganda teofilan-tropica nella citta felsinea. Ancora verso la fine del 1799, d’altro canto, nelcontrapporre la «religione naturale» alla «religione fattizia» in un articoloapparso sulle sue «Varieta letterarie», Giovanni Ristori puo spendere alcu-ne parole di apprezzamento per la teofilantropia.95

Mentre a Bologna Vogli pubblica le sue Riflessioni, il tentativo di dif-fondere il nuovo culto rivoluzionario si registra anche a Ferrara, dove, se-condo la testimonianza di Giuseppe Manini Ferranti, «un Cittadino [...] diCampagna [...] procuro da Bologna molte copie del Manuale, ma [...] ebbela disgrazia di non ritrovare per insinuazione di certo Prete alcun Librajo,

94 Elementi repubblicani del cittadino Federico Cavriani. Edizione seconda, cit., in CAVRIANI,Elementi repubblicani, cit., pp. 125-127.

95 «Varieta letterarie per l’anno 1800», n. 5, cit. in C. CAPRA, Giovanni Ristori. Da illumi-nista a funzionario. 1755-1830, Firenze, La Nuova Italia, 1968, p. 157. L’unica copia esistentedelle «Varieta», conservata all’Archiginnasio di Bologna, risulta dispersa e non e dunque piu con-sultabile. Il giornale, peraltro, fu soppresso proprio dopo la pubblicazione del n. 5.

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che ne assumesse lo smercio».96 Il volume in cui il canonico ferrarese ripor-ta la notizia – un’opera dialogica in cui, accanto al Manuale teofilantropico,si discutono e si confutano anche le riflessioni di La Revelliere sul culto e ilcatechismo di La Chabeaussiere – e successivo al periodo napoleonico, mae lo stesso autore, nell’introduzione, a scrivere che il testo era gia prontoper la pubblicazione nel 1800, prima che l’Italia tornasse sotto il controllofrancese. La notizia della mediazione bolognese nel tentativo di diffusionedella teofilantropia a Ferrara sembra confermata dal fatto che i passi delManuale che Manini Ferranti include nella sua confutazione sono effettiva-mente tratti, con alcuni adattamenti, dalla traduzione bolognese del testo,che, a dire del canonico, a Ferrara si sentiva «commendar[e] moltissimo alCaffe da personaggi di non mediocre talento».97 Il discorso svolto da Ma-nini Ferranti, per il resto, non appare particolarmente originale: quando ilmessaggio dei teofilantropi e accettabile, essi evidentemente «ricordano al-cuni buoni insegnamenti estratti in gran copia dalla dottrina de’ Cattoli-ci»,98 altrimenti, le loro indicazioni sono sempre insufficienti. Niente sem-bra piu esecrabile, in particolare, delle prescrizioni relative alla praticarituale: le cerimonie teofilantropiche «sono piuttosto smorfie civili che re-ligiose», e il loro pregio «e la ridicolaggine».99

Forse proprio per le difficolta incontrate nel tentativo di pubblicare aFerrara la traduzione bolognese del Manuale, il «Giornale del Basso Po»,voce del Circolo costituzionale cittadino, pubblica a puntate una nuova tra-duzione fra l’8 termidoro (26 luglio) e il 20 fruttidoro anno VI (6 settembre1798).100 La versione ferrarese, intitolata Il teofilantropo, e tratta ancoradalla seconda edizione francese, ma adattata in prima persona e del tuttopriva dell’introduzione e dell’Instruction finale. Non e noto chi si incarichidi tradurre il testo e di promuoverne la pubblicazione sul giornale, in cuiesso va a integrare e quindi a sostituire i resoconti delle sedute del Circolo.

96 Lo spirito della democrazia filosofica in materia di religione e di costumi estratto dal cate-chismo di Chabeaussiere, dal manuale de’ teofilantropi, e dalle riflessioni sopra il culto di Luigi Ma-ria Revelliere-Lepeaux. Tre dialoghi del canonico Giuseppe Manini ferrarese, in Ferrara, per Fran-cesco Pomatelli, MDCCCXVI, pp. 127-128.

97 Ivi, p. 126.98 Ivi, p. 141.99 Ibid.100 Il teofilantropo, «Giornale del Basso Po», I semestre, n. 19, 8 termidoro anno VI (26

luglio 1798), pp. 137-139; n. 20, 15 termidoro (2 agosto), pp. 145-147; n. 21, 22 termidoro (9agosto), pp. 153-154; n. 22, 29 termidoro (16 agosto), pp. 161-163; n. 23, 6 fruttidoro (23 ago-sto), pp. 169-171; n. 24, 13 fruttidoro (30 agosto), pp. 177-179; n. 25, 20 fruttidoro (6 settem-bre), pp. 185-188.

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L’«Echo» del 25 ventoso anno VI (15 marzo 1798), invece, riporta no-tizie sul viaggio compiuto da un non meglio identificato cittadino romanofino a Parigi per raccogliere informazioni sul culto teofilantropico:

Que dira le grand patriarche? Que diront tous les caffards, quand nous leurapprendrons qu’un republicain, recommendable par ses talens et sa moralite,arrive expres de Rome pour prendre des renseignemens sur le culte desTheophilantropes, culte que les descendans de Brutus et de Scevola veulent etablirsur les debris du trone pontifical.101

Il progetto di importare la teofilantropia a Roma, che va forse conside-rato un’invenzione propagandistica dell’«Echo», non sembra essere appro-dato a tentativi concreti,102 ma e un’ulteriore prova, piuttosto, del signifi-cato anticristiano normalmente attribuito al culto in Francia e anche inItalia: a Milano, il 17 febbraio, il redattore del «Termometro politico» ave-va auspicato che, dopo l’arrivo in Roma dei francesi, il papa divenisse «ilprimo moderatore del Circolo Costituzionale [...]; e da questo noviziato[passasse] ad essere uno de’ promotori del culto teofilantropico, che si vuo-le stabilire in tutta l’estenzione de’ paesi rigenerati».103

Nonostante, infine, l’ipotesi di Guerci e la segnalazione di Farinella,che ha evidenziato la presenza a Genova di gruppi vicini alla religiosita teo-filantropica,104 non ha dato riscontro il tentativo di rintracciare un nucleolegato al culto rivoluzionario nella citta ligure, dove pure il 9 settembre1797 e pubblicato sugli «Annali politico-ecclesiastici» un articolo Sulla So-cieta Teofilantropica di Parigi, che costituisce la traduzione di due interven-ti apparsi sulle «Annales de la religion».105 Sono originali le battute finali,

101 Theophilantropie, «Echo», n. 45, 25 ventoso anno VI (15 marzo 1798), p. 7.102 Diversamente ha ritenuto V.E. GIUNTELLA, Di un progetto di eleggere a Roma un anti-

papa durante l’esilio di Pio VI, «Rassegna Storica del Risorgimento», XLII, 1955, pp. 68-71,ma senza dare ragione delle sue ipotesi.

103 Varieta, «Termometro politico della Lombardia», I semestre 1798, n. 14, 29 piovoso an-no VI (17 febbraio 1798), in Termometro politico della Lombardia, a cura di V. Criscuolo, cit.,vol. IV, p. 107.

104 GUERCI, Istruire nelle verita repubblicane, cit., p. 336; C. FARINELLA, Il ‘‘genio della liber-ta’’. Societa e politica a Genova dalla Repubblica Ligure alla fine dell’impero napoleonico, in Storiadella cultura ligure, a cura di D. Punuch, vol. I, Genova, Societa ligure di storia patria, 2006, pp.161-162 (l’intero saggio e alle pp. 129-198).

105 Sulla Societa Teofilantropica, «Annali politico-ecclesiastici», anno I, n. 12, 9 settembre1797, pp. 94-95. Gli originali francesi sono Sur la Societe Theophilantropique, «Annales de la re-ligion», tomo V, n. 6, 22 pratile anno V (10 giugno 1797), pp. 127-130, e Des Theophilantropes,«Annales de la religion», tomo V, n. 14, 20 termidoro anno V (7 agosto 1797), pp. 327-329. E.CODIGNOLA, Carteggi di giansenisti liguri, vol. III, Firenze, Le Monnier, 1942, p. 675n., ha erro-neamente attribuito l’articolo alla mano di Eustachio Degola. Sugli «Annali politico-ecclesiasti-

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 411

con cui il traduttore riconduce le notizie sulla teofilantropia nell’ambito diuna piu ampia riflessione sulla necessita di una religione rivelata e sulle fal-lacie di un culto fondato esclusivamente sulla ragione. Tra il novembre e ildicembre gli «Annali» traducono anche una recensione delle Reflexionsphilosophiques con cui Antoine Hubert Wandelaincourt, vescovo costitu-zionale della Haute-Marne e membro del Consiglio dei cinquecento, criticail «sistema» di La Revelliere, dietro il quale si cela, pur senza mai esserenominata, la teofilantropia.106 Il nuovo culto compare ancora occasional-mente sugli «Annali», menzionato quale esito ultimo della parabola dei cul-ti rivoluzionari,107 o come strumento della «persecuzione» messa in attodall’ormai ex direttore La Revelliere contro il cristianesimo.108 La totale as-senza di riferimenti agli eventi italiani, invece, rende improbabile l’ipotesiche un nucleo teofilantropico esistesse a Genova, e testimonia del fattoche il gruppo degli «Annali» non dovesse essere al corrente neppure deitentativi compiuti in altre citta italiane.

ci», poi solo «Annali ecclesiastici», si vedano L. MORABITO, Il giornalismo giacobino genovese.1797-1799, Torino, Associazione Piemontese dei Bibliotecari, 1973, pp. 45-61, e C. FARINELLA,La voce dei giansenisti liguri. Religione e politica negli ‘‘Annali ecclesiastici’’ di Eustachio Degola(1797-1799), in Benedetto Solari. Un vescovo di Noli sulla scena europea (1742-1814), a cura di G.Assereto, Atti del convegno nazionale di studi, Noli, 10 maggio 2008, Noli, Comune di Noli,Fondazione culturale S. Antonio, 2010, pp. 189-218.

106 Reflexions philosophiques sur les systemes des athees, des anti-chretiens, des anti-pretres,et sur celui de Reveillere-Lepaux; avec des Reponses particulieres a toutes les Objections contre laReligion Chretienne et le Culte Catholique. Par Ant. H. Wandelaincourt, membre du Conseil desCinq-Cents, et Eveque du departement de la Haute-Marne, se trouve a Paris, au Bureau de l’Im-primerie-Librairie Chretienne, rue Saint-Jacques, n. 278 et 279, vis-a-vis celle du Platre; et, dansles departemens, aux depots diocesains, an de J.C. 1797 (an Veme). La recensione, che traducequella apparsa in «Annales de la religion», tomo V, n. 17, 9 fruttidoro anno V (26 agosto1797), pp. 385-392, e pubblicata in «Annali politico-ecclesiastici», anno I, n. 20, 18 novembre1797, pp. 159-160, e n. 22, 2 dicembre 1797, pp. 174-176. L’edizione delle Reflexions philoso-phiques era gia stata segnalata in «Annali politico-ecclesiastici», anno I, n. 10, 31 agosto 1797,p. 79, e sara nuovamente menzionata in «Annali ecclesiastici», anno II, n. 49, 15 dicembre1798, pp. 213-214. CODIGNOLA, Carteggi di giansenisti liguri, cit., vol. III, p. 675n., attribuisceerroneamente a Degola la recensione.

107 Continuazione del Conto Reso dal Vescovo Gregoire ec., «Annali ecclesiastici», anno III,n. 4, 26 gennaio 1799, pp. 13-15; Necrologio, «Annali ecclesiastici», anno III, n. 10, 9 marzo1799, pp. 37-40.

108 Articolo ricavato da varj Fogli periodici che si stampano in Parigi, «Annali ecclesiastici»,III, 3 agosto 1799, pp. 117-119 (tradotto, per le righe relative alla persecuzione direttoriale, dal-l’articolo senza titolo apparso su «Annales de la religion», tomo IX, n. 3, pp. 193-204). Di teo-filantropia non si parla, invece, in Morte del Papa Pio VI, «Annali ecclesiastici», anno III, n. 36, 7dicembre 1799, pp. 141-143, sebbene si faccia riferimento alle politiche anticristiane di La Re-velliere.

412 GLAUCO SCHETTINI

4. LA TEOFILANTROPIA A TORINO

E Torino, accanto a Milano, la citta in cui il progetto di radicare sulsuolo italiano la teofilantropia produce i tentativi piu significativi. Sebbenesia Lauberg che Fantoni vi soggiornino verso la fine del 1798 e Guerci ab-bia supposto che del gruppo teofilantropico torinese facesse parte Ranza –ma e difficile che dopo aver rifiutato convintamente la teofilantropia egli sene facesse promotore –, e probabile che le notizie del nuovo culto giunganoin citta direttamente dalla Francia e non attraverso Milano: e a Torino, in-fatti, che per la prima volta e tradotta in italiano l’Instruction elementairesur la morale religieuse,109 il catechismo per domande e risposte pubblicatoda Chemin nel 1797, edito a Milano solo nell’anno IX; i torinesi, inoltre,mostrano generalmente di preferire al milanese «teofilantropismo» il termi-ne «teofilantropia», certamente piu fedele al francese «theophilantro-pie».110

Si devono a Gaspare Antonio Degregori, vicino a Ranza e collaboratoredella «Verita vendicata» e della «Vera repubblicana», una nuova versionedel Manuel e quella dell’Instruction.111 Al testo del Manuale e premesso un

109 Instruction elementaire sur la morale religieuse, par demandes et par reponses, redigee parl’Auteur du Manuel des Theophilantropes, ou Adorateurs de Dieu et amis des hommes, et ensei-gnee dans les temples Theophilantropiques etablis en France, a Paris, au Bureau du Courier de laLibrairie, rue Neuve-Etienne-l’Estrapade, n. 25, an V-1797.

110 Sebbene P. ZOLLI, Francesismi nel linguaggio politico italiano alla fine del ’700, «Linguanostra», XXVI, 1965, pp. 16-19 abbia sostenuto che «la derivazione dal francese e fuori dubbioper quelle parole che riguardano movimenti politici o filosofici sorti e diffusisi in Francia cometeofilantropi o vandeista, ecc.» (p. 16), e abbia incluso nel suo elenco anche il lemma «teofilan-tropismo», piu recentemente E. LESO, Lingua e rivoluzione. Ricerche sul vocabolario politico ita-liano del triennio rivoluzionario (1796-1799), Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti,1991, p. 346, ha ipotizzato che il termine «teofilantropismo» – formato con il suffisso deputatopiu d’ogni altro a «designare [...] l’adesione a un’ideologia, l’ideologia stessa» (ivi, p. 337) – siauna formazione indigena italiana, assieme all’aggettivo «teofilantropico». La versione francese«theophilantropisme», in realta, e attestata, per quanto riguarda l’ambiente parigino, in [N.-F.JACQUEMART], Le theophilantrope devoile, de l’imprimerie des Amis reunis, rue Honore, n. 41,e in Etrennes aux amis du dix-huit, ou Almanach pour l’an de grace mil sept cent quatre-vingt-dix-huit, a Paris, de l’Imprimerie des Theophilantropes, a l’enseigne de Polichinel, an VII dela Rep.; tuttavia, resta probabile che la formazione del termine italiano sia del tutto indipendentedalle rare attestazioni – peraltro localizzate in opuscoli propagandistici che godettero di scarsadiffusione – dell’analogo termine francese. Il lemma «teofilantropia», utilizzato anche a Veneziae Bologna, e invece attestato a Milano soltanto in La religione repubblicana, cit., p. 17, e nell’e-lenco di vocaboli pubblicato in Appendice al vocabolario della lingua italiana, onde fissare il signi-ficato dei termini continuamente usati al dı d’oggi, e non sempre nel senso istesso generalmente pre-si, «Monitore cisalpino», n. 8, 29 fiorile-5 fruttidoro anno VI (18 maggio-22 agosto 1798), in Igiornali giacobini italiani, a cura di R. De Felice, Milano, Feltrinelli, 1962, pp. 476-477. La pub-blicazione a puntate del vocabolario resta incompiuta, a causa della chiusura del giornale: manca,dunque, la voce «teofilantropia», che sarebbe risultata di estremo interesse.

111 Su Degregori si vedano A. BERSANO, Un conformista: Gaspare Antonio Degregori,

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 413

avviso che accenna a un progetto di traduzione degli altri testi d’Oltralpe,nonche di uno legato al culto decadario.112 Un avviso analogo, che non in-clude il Catechismo delle Decadi, compare anche in appendice alla traduzio-ne dell’Instruzione elementare. Il progetto non sara portato a termine, marappresenta una testimonianza significativa della determinazione dei teofi-lantropi torinesi. La lettera prefatoria di Degregori al Manuale, datata 19ventoso anno VII (9 marzo 1799), e indirizzata «alle madri di famiglia re-pubblicane», e intende assicurare che culto teofilantropico e religione cat-tolica, tutt’altro che alternativi, risultano complementari ed entrambi utiliall’educazione dei giovani. L’insistito riferimento al carattere tollerante del-la teofilantropia sembra quasi prospettare la possibilita di una duplice ap-partenenza religiosa, ma restano oscure le modalita concrete attraverso lequali dovrebbe essere possibile la pratica di due ritualita differenti:

Non lasciatevi giammai persuadere, che la saggia instituzione teofilantropicapossa in alcun modo nuocere alla religione cattolica, poiche essa s’accorda anzicolla buona morale d’ogni setta, venera qualunque culto, ne mai permette d’entra-re in veruna religiosa discussione; e cosı introduce quella pace, quella buona ami-cizia fra gli uomini, che sin ora non si e mai potuta ottenere. I vostri figliuoli teo-filantropi, saranno in conseguenza persuasi dell’esistenza d’un Dio, e gelosiosservatori della nativa loro religione, saranno esatti nei doveri sociali, e tollerantifilosofi delle altrui opinioni, degli altri riti religiosi.113

«Bollettino storico-bibliografico subalpino», LXVI, 1968, pp. 523-540; E. VALENTINI, Un gran-de gersenista: il cav. Gaspare De Gregory (1768-1846), «Bollettino storico vercellese», XV, 1986,pp. 69-92; G. GIORDANO, Profilo di Gaspare De Gregory, «Bollettino storico vercellese», XVI,1987, pp. 61-84; A. VILLARBOITO, Ricerche sulla vita e sulle opere giuridiche di Gaspare AntonioDe Gregory, tesi di laurea, Universita degli Studi di Torino, Facolta di Giurisprudenza, a.a.1990-1991, rel. Isidoro Soffietti. Sui rapporti tra Degregori, Ranza e Morardo, nonche sulla lo-ro attivita giornalistica, si e soffermato L. GUERCI, I giornali repubblicani nel Piemonte dell’annoVII, «Rivista storica italiana», CII, 1990, pp. 402-413 (l’intero saggio e alle pp. 375-421).

112 Manuale dei teofilantropi ossia dei veri adoratori di Dio ed amici degli uomini, concernen-te l’esposizione dei loro dogmi, della loro morale, e delle loro pratiche religiose, con un’istruzionesull’organizzazione, e celebrazione del culto. Opera del citt.º J.B. Chemin, stata adottata dalla So-cieta teofilantropica di Parigi. Gia prima d’ora tradotta in Italiano, riveduta ed aumentata dal Cit-tadino G. Degregori, uomo di legge, del Dipartimento della Sesia, presso M.A. Morano librajo vi-cino a S. Rocco, Torino anno VII repubblicano; e primo della liberta piemontese, p. 2: «collamaggior possibile celerita si traducono da diligente penna le seguenti opere: Il Rituale de’ Teo-filantropi, che contiene XX Inni, a cui precede sempre un esercizio d’Instruzione morale. L’AnnoReligioso dei Teofilantropi, cioe la Raccolta dei discorsi, ed esercizi sopra la morale universale ereligiosa da leggersi nel corso dell’anno sia nel tempio, che nelle private famiglie. Il Catechismodelle Decadi di Francesco de Nuchateau. Le accennate opere saranno divise in tre volumi nellaforma del presente, e si prendera l’associazione dal Librajo Morano a discreto prezzo».

113 Ivi, pp. 4-5.

414 GLAUCO SCHETTINI

La versione del Manuale offerta al lettore e ancora quella della secondaedizione, anche se alcuni indizi testuali lasciano supporre che Degregori co-nosca anche l’edizione del 1798 e la adoperi saltuariamente per integrare iltesto della seconda.114 Egli, peraltro, e certamente al corrente del fatto cheil Manuale e gia stato tradotto in Italia, ma non e noto se abbia anche lettouna o piu delle traduzioni gia apparse.

Il ragionamento che Degregori svolge nella prefazione non datata al-l’Instruzione elementare, rivolta «alli giovanetti repubblicani», e il medesi-mo: poiche la sopravvivenza di un governo democratico richiede la praticadella virtu, spetta ai giovani, indicati nella prefazione al Manuale come «no-velli Ateniesi», farsi ora quali gli «antichi Spartani frugali e robusti», se-guendo le indicazioni contenute nell’Instruzione, codice di comportamentodei «veri teofilantropi». Solo l’ignorante puo vedere nella teofilantropia unasetta nemica delle altre; al contrario, poiche le leggi morali teofilantropichesono praticate da tutti gli uomini e comuni a tutte le religioni, e evidenteche «tutti gli abitanti della terra sono teofilantropi», sebbene resti ancorairrisolto il problema della coesistenza di due appartenenze religiose.

E Gaspare Morardo,115 scolopio fino al 1798, un tempo prossimo agliambienti del giansenismo e del giurisdizionalismo torinese, vicino a Ranza eallo stesso Degregori, a prospettare piu organicamente, nel suo saggio Delculto religioso e de’ suoi ministri, pubblicato nel marzo 1799, una riformareligiosa nazionale che abbia al suo centro la diffusione della teofilantro-pia.116 Qualificandosi come «primo apostolo della rivoluzion del Piemon-

114 Manuel des theophilantropes, ou adorateurs de Dieu et amis des hommes, contenant l’ex-position de leurs dogmes, de leur morale et de leurs pratiques religieuses, avec une instruction surl’organisation et la celebration du culte. Redige par C***, a Paris, au Bureau des ouvrages de laTheophilantropie, rue de la Harpe, n. 307, pres celle du Foin, an VI-1798.

115 Su Morardo si vedano VENTURI, Adalberto Radicati tra giansenisti e teofilantropi, cit., pp.540-584, e la voce di P. COZZO, in DBI, vol. LXXVI, 2012.

116 Del culto religioso e de’ suoi ministri. Pensieri liberi di Gaspare Morardo diretti ai rap-presentanti de’ popoli liberi, presso Michel Angelo Morano librajo vicino a s. Rocco, Torino. Dellapubblicazione dell’opuscolo da notizia, attorno al 20 marzo, «La verita vendicata», n. 6, p. 43: «euscita alla luce un’opera col titolo: Del Culto Religioso e de’ suoi ministri, pensieri liberi di GaspareMorardo. Dacche vi sono Torchi in Piemonte non e certamente uscita un’opera piu libera di que-sta, o non si sono mai stampate le grandiose verita, che con bell’ordine e singolare chiarezza eamenita si leggono in quest’opera, che si vende dal Librajo Michel Angelo Morano al prezzodi soldi trenta». Merita segnalare come lo stesso Morardo fosse tra i collaboratori della «Veritavendicata», sui cui si veda GUERCI, I giornali repubblicani, cit., pp. 400-410. Si deve a lui la ru-brica Religione, in cui l’opera Del culto religioso e piu volte citata: n. 9, pp. 65-66, in cui si fariferimento ad alcuni aspetti – non a quello teofilantropico – del testo; n. 10, pp. 73-75, in cuiMorardo rivolge ai «rappresentanti de’ popoli Italiani» il seguente invito: «leggete l’opera Delculto religioso e de’ suoi ministri. E se amate, come sicuramente amate il governo repubblicano,mettete in pratica i suggerimenti del democratico autore di quest’opera perfettamente democra-tica, e totalmente uniforme alla ragione, alla filosofia, e allo stesso vangelo di Cristo».

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 415

te», l’Autore afferma che nessuna forma di organizzazione statale puo pre-scindere dal culto religioso: occorre, di conseguenza, «far coltivare dai po-poli la ragione» e adoperarsi affinche ogni culto «falso e insano» scompaia.E necessario a questo fine vietare le piu appariscenti manifestazioni esterio-ri del culto, come gli abiti religiosi, il suono delle campane, le feste; nonsono da escludersi neppure provvedimenti di censura contro libri «in aper-ta contraddizione col buon senso, e con la ragione». La tolleranza, tuttavia,deve essere piena: «in fatto di mutazion di religione han piu efficacia gl’in-viti, che le pene».117

I repubblicani devono parallelamente impegnarsi a diffondere il cultopiu adatto a un governo libero e democratico: un culto semplice, in gradodi assicurare l’obbedienza degli uomini alla legge e di favorire la concordiasociale. La conclusione e obbligata:

Questo culto, questa religione con appropriato vocabolo chiamasi Teofilantro-pia, che all’adorazione dell’ente supremo accoppia indissolubilmente l’amore del-l’umanita. E poiche questo si e il solo culto che puo ristorare l’umanita medesimadalla ria superstizione avvilita, ed oppressa: e questi e il solo culto che a giganteschipassi guida al vero bene, e alla stabile felicita degli uomini, sara pur questo il soloculto tutto proprio del governo repubblicano, il quale percio non lascera intentatoalcun mezzo, onde venga promosso e dilatato.118

Il nuovo culto, dunque, e l’unico che possa contribuire alla rigenerazio-ne rivoluzionaria. Il potere politico, di conseguenza, e chiamato a impe-gnarsi attivamente e a non lasciar intentata nessuna via utile a garantirnela diffusione. Senza derogare al principio della tolleranza, che si concretizzanella concessione dello stesso numero di edifici religiosi ai diversi culti, l’exscolopio suggerisce la creazione di un grande tempio teofilantropico, deco-rato dai busti dei grandi uomini del passato recente e lontano: ogni decadela cittadinanza intera vi si riunira in un’atmosfera di gioiosa fratellanza, al-lietata da canti e inni, ad ascoltare discorsi dai contenuti edificanti che ri-cordino come la pratica delle virtu civiche e la forma piu alta di adorazioneche si possa rivolgere alla divinita. Non mancano, infine, indicazioni circal’istruzione religiosa da impartire al popolo attraverso la diffusione di libriedificanti e la pratica dell’apostolato repubblicano.

Queste indicazioni, tuttavia, non esauriscono il contenuto del saggio. Ildiscorso di Morardo prosegue evidenziando la necessita di una profonda

117 Ivi, pp. 8-21.118 Ivi, pp. 35-36.

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riforma del cristianesimo, che, nella sua essenza di religione perfettamentedemocratica fin nella persona del suo fondatore, «e una vera Teofilantro-pia».119 A questo proposito l’ex scolopio si spinge fino a suggerire alcuniconcreti provvedimenti di riforma della dottrina, del culto e dell’ecclesio-logia. Come Degregori, dunque, Morardo non fa della teofilantropia unasoluzione alternativa alla religione tradizionale: nell’ambiente torinese l’i-dea di una tensione irrisolvibile fra le due religioni viene meno, ed essesembrano, almeno in astratto, poter coesistere in virtu del loro comunecontenuto morale. Tuttavia, il nodo delle modalita secondo le quali do-vrebbe esplicarsi la coesistenza, anzitutto sotto l’aspetto della pratica ritua-le, resta insoluto. Non e da escludere, peraltro, che possa esserci l’eco del-l’insegnamento di Ranza dietro l’attenzione con la quale Morardo eDegregori evitano ogni attacco alla religione cristiana: l’operato del patriotavercellese, che certamente non si adopero per diffondere la teofilantropiain terra di Piemonte, potrebbe contribuire a spiegare la genesi dell’origina-le soluzione. Araldi convinti di una religiosita semplice, essi ritennero che lateofilantropia potesse prestarsi al loro progetto, per poi abbandonare, do-po la chiusura della fase rivoluzionaria, la speranza di diffondere il nuovoculto, senza pero rinunciare, almeno nel caso di Morardo, alle istanze diriforma religiosa. L’entusiasmo, la concitazione e una certa dose di ambi-zione personale poterono bastare, almeno sul momento, a far apparire rea-lizzabile un arduo progetto di coesistenza.

Il carattere anticristiano della teofilantropia, negato dai suoi promotori,e invece colto immediatamente da coloro che vi si oppongono: e il caso diMichele Gautier, esponente di spicco del giansenismo piemontese, che nel1794 era stato espulso dall’Oratorio di Savigliano per aver difeso la costi-tuzione civile del clero, e che aveva polemizzato con Morardo gia nel 1788.Il 1º maggio 1799, nella sua «Raccolta di opuscoli di cristiana filosofia e diecclesiastica giurisdizione», egli presenta il nuovo culto «che cercasi di in-trodur di presente in Italia e nelle nostre contrade» come ultimo esito di unpercorso avviato da Rousseau e proseguito durante la Rivoluzione attraver-so «il culto della Ragione, quello di Robespierre all’Essere Supremo, il cul-to provvidenziale».120 Contro i fautori torinesi della teofilantropia, tuttavia,

119 Ivi, p. 42.120 «Raccolta di opuscoli di cristiana filosofia e di ecclesiastica giurisdizione», n. 7, 12 flo-

reale anno VII (I maggio 1799), p. 4; e questo l’unico caso che abbia rinvenuto di uso del ter-mine «teofilantropismo» in ambiente torinese. Sulla «Raccolta» si leggano le pagine di GUERCI, Igiornali repubblicani, cit., pp. 413-418. La rappresentazione della teofilantropia come ultimo di-scendente dei culti scristianizzatori e un tema diffuso nella pubblicista antiteofilantropica france-

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 417

si scaglia soprattutto Guglielmo Della Valle, minore conventuale e superio-

re del convento di Moncalvo, che a Morardo – che lo aveva duramente at-

taccato dopo la pubblicazione dell’Esame ragionato dei diritti dell’uomo os-

sia Confutazione dello Spedalieri121 – risponde con l’opuscolo Quattro

parole al cittadino Gaspare Morardo sopra il libro intitolato Del culto religio-

so e de’ suoi ministri,122 edito entro il 20 luglio 1799, quando Gregoire, ta-

cendo della polemica contro il nuovo culto ivi contenuta, scrive a Scipione

de’ Ricci di aver ricevuto dallo stesso Della Valle una copia dell’opera.123

La proposta religiosa dell’ex scolopio e sottoposta a una critica sferzante,

che non risparmia il progetto di introdurre in Italia il culto teofilantropico.

Agli occhi di Della Valle, Morardo, che «da principio sembrava [...] vole[-

se di matrice cattolica, ma l’insolito riferimento al culto provvidenziale lascia pensare che Gau-tier, particolarmente attento alle vicende del clero costituzionale guidato da Gregoire, abbia inmente alcuni testi dell’anno VI, come le Reflexions nouvelles sur la translation du dimanche audecadi; par les Eveques reunis a Paris, «Annales de la religion», tomo VII, n. 2, pp. 65-76, incui si legge: «Depuis quatre ans, on a deja invente quatre a cinq religions: le culte de la Raison,le culte de Marat, auxquels succederent les fetes de l’Etre supreme, imaginees par Robespierre;elles ont disparu pour faire place a la theophilanthropie, et deja l’on nous parle d’une inventionnouvelle, le culte Providenciel, tandis qu’un autre propose tout bonnement d’adorer le soleil»(p. 75); o come le Considerations sur l’etat actuel de catholicisme. (Suite), «Annales de la religion»,tomo VII, n. 3, pp. 97-116: «Nous sommes au cinquieme essai: le culte de la Raison, le culte del’Etre-Supreme, le culte des Mœurs, le culte des Theophilanthropes, le culte des athees; on va,dit-on, essayer le culte Providenciel» (p. 99).

121 Esame ragionato dei diritti dell’uomo ossia Confutazione dello Spedalieri, Torino, 1799,dalla Stamperia Davico e Picco, con approvazione.

122 Quattro parole al cittadino Gaspare Morardo sopra il libro intitolato Del culto religioso ede’ suoi ministri, Torino, dalla stamperia Davico e Picco, in Dora grossa.

123 Gregoire a Ricci, 20 luglio 1799, in M. VAUSSARD, Correspondance Scipione de’ Ricci –Henri Gregoire (1796-1807), Firenze, Sansoni - Paris, Didier, 1963, pp. 81-84. All’opera antiteo-filantropica di Della Valle Gregoire accenna anche nel corso delle sedute del secondo conciliodella chiesa costituzionale: il 2 luglio 1801, infatti, dando conto all’assemblea di alcune letterericevute da Genova e dal Piemonte, segnala tra queste quella «d’un savant distingue [...] quile premier fit paroıtre en Italie, un ouvrage contre un moine apostat, qui vouloit etablir la theo-philantropie dans ce pays» [Actes du second concile national de France, tenu l’an 1801 de J.-C. (an9 de la Republique Francaise) dans l’Eglise metropolitaine de Paris], vol. I, a Paris, a l’Imprimerie-librairie chretienne, rue des Bernardins, an 9, p. 441). Gli atti del concilio riportano anche un’ul-teriore menzione dell’opera antiteofilantropica di Della Valle: «le citoyen Gautier a ete aide dansson ouvrage sur la confession [contro Ranza], par le cit. Della Valle, ci-devant cordelier auteurd’ouvrages estimes sur les arts chez les anciens, et dont nous avons un opuscule interessant, enrefutation d’un moine apostat qui, dans un pamphlet, avoit propose d’etablir la theophilantropieen Piemont» (ivi, vol. III, p. 316). Della copia delle Quattro parole inviata da Della Valle a Gre-goire non resta traccia, cosı come della lettera che doveva accompagnare il testo, nella quale forseil conventuale informava l’allora vescovo di Blois anche delle traduzioni di Degregori, di cui si danotizia nell’Histoire des sectes. Il pamphlet contro Morardo, tuttavia, compare nel Catalogue dema bibliotheque compilato da Gregoire, verosimilmente tra il 1801 e il 1805, come opera di «Na-valle Cordelier» (Bibliotheque de la Societe de Port-Royal [d’ora in avanti BSP-R], Fond Gregoi-re, RV254ms [14683]).

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re] stabilire una Repubblica di atei»,124 appare incoerente, perche preten-de di far convivere il rispetto della liberta dei culti con il favore che le isti-tuzioni devono accordare alla teofilantropia, e perche ammette nei ritualiteofilantropici elementi liturgici – come la musica – che rifiuta alle altre re-ligioni. Occorre, invece, recuperare l’originaria semplicita del cristianesimodelle origini, e non perche esso costituisca una vera teofilantropia, ma per-che «e l’opera della Divinita» – e rispetto alla teofilantropia possiede, dun-que, un fondamento trascendente nella Rivelazione – e perche i veri cristia-ni sono «i piu sinceri osservatori della legge».125 Allo scopo di una riformadel cristianesimo, peraltro, risultano del tutto inutili, se non controprodu-centi, le proposte avanzate da Morardo, a cui Della Valle dedica ampia par-te del suo pamphlet.

5. DOPO IL TRIENNIO

a. La seconda Cisalpina

Con la fine del Triennio si chiude la stagione nella quale la diffusionedella teofilantropia sul suolo italiano era sembrata possibile. La caduta diLa Revelliere nel pratile anno VII e la chiusura della fase rivoluzionariacon il colpo di stato del 18 brumaio cancellano molte delle ragioni d’esseredel culto francese, che pure lascia qualche traccia anche dopo il decreto disoppressione emanato da Bonaparte il 3 ottobre 1801. In Italia il momen-taneo ritorno degli antichi sovrani contribuisce a far maturare nei rivoluzio-nari la coscienza dell’impossibilita di sradicare la religione cristiana per so-stituirle un culto nuovo. In una dura invettiva antifrancese, La conversionepolitica, edita «poco dopo l’arrivo degli Austriaci»,126 Giovanni BattistaGiovio, di nobili natali, sinceramente religioso e ben lontano dalle posizionidei filorivoluzionari, non manca di deplorare le trame tessute in seno al Di-rettorio da La Revelliere, «presule de’ Teofilantropi».127 Nei Memorabili

124 Quattro parole al cittadino Gaspare Morardo, cit., p. 29.125 Ivi, pp. 31-33.126 L. MANTOVANI, Diario politico ecclesiastico, a cura di P. Zanoli, vol. I, 1796-1802, Roma,

Istituto storico italiano per l’eta moderna e contemporanea, 1985, p. 255.127 La conversione politica, o lettere ai francesi. Epiloghi del cav. Co. G.B. Giovio, dedicati

all’ornatissimo signore il sig. Marchese D. Carlo Innocenzo Porro Carcano, Regio Feudatario diAsnago, in Como, per Luigi Noseda Stampatore, e Librajo, 1799, p. 261. Nella Prefazione, lecui pagine non sono numerate, Giovio dichiara da dove tragga il testo delle diverse «lettere»che pubblica: quello della XIV, in cui e contenuto il riferimento alla teofilantropia, e frutto di «let-

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 419

avvenimenti successi sotto i tristi auspicj della Repubblica francese VittorioBarzoni, controrivoluzionario costretto nel 1797 a lasciare Venezia per dis-sapori con i francesi, che accusava di voler cancellare le istituzioni e i co-stumi tradizionali italiani, dedica diverse pagine al direttore, che ricordaanche come teofilantropo e capo di quella «nuova setta d’imbecilli».128 An-che dopo Marengo, d’altra parte, il nuovo contesto del potere napoleonico,che pure tante attese suscita nei patrioti, non permette certo che si continuia coltivare la speranza in un radicale rivolgimento religioso.

Nell’anno IX, tuttavia, e pubblicata a Milano, con il titolo di Istruzioneelementare su la morale religiosa, una nuova traduzione, approntata daG.B.G., dell’Instruction elementaire di Chemin-Dupontes.129 Il riferimentoalla teofilantropia e rimosso dal titolo, ne se ne trova alcuno all’interno del-

ture mille, e [de]gli occhi miei testimoni dell’abuso, del fanatismo, delle disgrazie, de’ pericolipubblici e privati». Su Giovio si veda la voce di G.G. FAGIOLI VERCELLONE, in DBI, vol. LVI,2001.

128 Memorabili avvenimenti successi sotto i tristi auspicj della Repubblica francese, edizioneprima, Venezia, presso Francesco Andreola, con sovrana approvazione, e privilegio, 1799,pp. 232-233. A un progetto di diffondere la teofilantropia in Italia Barzoni – su cui si vedanoR. SORIGA, Vittorio Barzoni contro Carlo Laubert nella polemica patriottica alla vigilia di Campo-formio, «La Lombardia nel Risorgimento», XI, 1926, pp. 23-45, ora in ID., L’idea nazionale ita-liana dal secolo XVIII all’unificazione, a cura di S. Manfredi, Modena, Societa tipografica modene-se, 1941, pp. 66-87; A. BOZZOLA, Un antigiacobino veneto: Vittorio Barzoni, «Archivio Veneto»,LXIV, 1959, n. 99, pp. 13-71; n. 100, pp. 20-64, e la voce di G. NUZZO, in DBI, vol. VII, 1970 –non fa qui alcun accenno, neppure quando riferisce del desiderio di La Revelliere di prendereRoma e imprigionare il papa, «suo nemico in punto di religione» (ivi, pp. 233-234). Al culto ri-voluzionario, tuttavia, egli aveva gia fatto riferimento nel 1797. Il suo Rapporto sullo stato attualedei paesi liberi d’Italia e sulla necessita ch’essi sieno fusi in una sola repubblica presentato al gene-rale in capo dell’armata francese, Italia, 1797, anno primo della liberta italiana, infatti, era statooggetto di una dura censura da parte della Societa di pubblica istruzione di Venezia, che avevaaffidato a Carlo Lauberg l’incarico di scrivere un Rapporto del Comitato d’istruzione della Societapatriottica di Venezia sulla Lettera di Vittorio Barzoni intitolata Rapporto sullo stato attuale deiPaesi liberi d’Italia presentato al Generale in capo dell’armata Francese, stampato e diffuso per de-creto preso per acclamazione dalla Societa medesima, 1797, dalle Stampe del Cittadino GiovanniZatta. Replicando il 25 ottobre 1797 al Rapporto della Societa con un Rapporto di risposta al Rap-porto scritto contro il mio primo Rapporto, Firenze, 1797 – il testo, di cui non sono riuscito a tro-vare alcun esemplare, e integralmente riportato da SORIGA, Vittorio Barzoni contro Carlo Laubert,cit. – Barzoni, facendo mostra di non conoscere l’identita del suo interlocutore, che non avevafirmato il suo scritto, accusa: «le vostre osservazioni non sono che spostate menzogne poetiche.Io mai non accolsi le insane voci di Clichy, ne certo scrissi mai il mio Rapporto per diffondere lesalmodie, i suoni delle campane ed i novelli profani riti dei Teofilantropi e dei Clicisti» (p. 82). Ilriferimento alla teofilantropia, curiosamente indirizzato proprio contro uno dei pochi che certa-mente si fecero, in Italia, suoi fautori, non presuppone probabilmente alcuna allusione alle po-sizioni di Lauberg, la cui adesione al nuovo culto e documentata solo a partire dalla fine del di-cembre 1797. Al contrario, l’accenno a una ritualita lontana da quella teofilantropica el’accostamento dei sostenitori del nuovo culto ai clichiens lasciano supporre che della teofilantro-pia Barzoni conoscesse poco piu che il nome.

129 Istruzione elementare su la morale religiosa tradotta dal francese da G.B.G., Milano annoIX repubblicano.

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l’opuscolo: si puo supporre, dunque, che l’omissione sia il segno della vo-lonta di recuperare un testo ritenuto valido senza per questo riaprire unabattaglia ormai persa. Il traduttore, d’altra parte, nella sua breve nota intro-duttiva si limita a inserire la propria fra le voci che negano l’incompatibilitafra le nuove liberta e la pratica religiosa, e, in nome della «sola Morale Uni-versale», presenta l’opera che da alle stampe come un valido supporto aipadri di famiglia, «i veri Sacerdoti, che ha creati la natura», per l’educazio-ne dei figli.130 Nello stesso anno si deve a G.B.G. anche la pubblicazionedella Morale de’ savj di tutti i paesi,131 traduzione leggermente rivista dellaMorale des sages de tous les pays;132 anche in questo caso, nel testo noncompare alcun riferimento alla teofilantropia, se si fa eccezione per il nomedi Chemin-Dupontes, che certo non doveva dire molto ai lettori. Non c’emotivo, dunque, di dubitare che G.B.G. affermi il vero quando sostiene dinon aver avuto altro scopo, nel tradurre l’opera, «che di proccurare alle fa-miglie un libro comodo per la sua mole [...] di esporre non solamente ipensieri, e sentimenti degli Antichi, ma anche quelli de’ Moderni; e final-mente di provare, che la Morale e una, eterna, universale, e che non nasce,che dal cuore dell’uomo».133

Di teofilantropia si parla, invece, e in termini estremamente elogiativi,nel trattatello Dell’influenza della Rivoluzione francese sul carattere naziona-le di Gilles Boucher de la Richarderie, pubblicato in francese nell’anno VI

130 Ivi, pp. 3-4.131 La morale de’ savj di tutti i paesi, e di tutte le eta, ossia Raccolta purgata dai Moralisti

antichi e moderni di J.B. Chemin. Tradotta dal francese da G.B.G., Milano, nella Tipografia Mi-lanese in Strada Nuova al Num. 561, anno 9º.

132 Morale des sages de tous les pays et de tous les siecles, ou collection epuree des moralistesanciens et modernes, par J.B. Chemin. Ouvrage dedie aux familles vertueuses, et a toutes les insti-tutions qui ont pour objet l’enseignement de la morale, a Paris, chez l’Editeur, rue de la Harpe, n.307, pres celle du Foin, an VI. Il testo costituisce una riedizione dell’Annee religieuse priva, tral’altro, del discorso Sur l’existence de Dieu incluso da M.P. nella sua edizione milanese del Ma-nuale. La Morale des sages fu adottata dal Jury d’instruction publique del dipartimento della Sen-na – di cui faceva parte Valentin Hauy, cofondatore della teofilantropia –, e l’amministrazionecentrale del dipartimento decise di distribuirne alcune copie agli allievi meritevoli, mentre il Con-siglio dei Cinquecento e quello degli Anziani espressero al Direttorio il voto che il testo fosse dif-fuso in tutte le scuole del paese (cfr. MATHIEZ, La theophilanthropie, cit., pp. 252-253).

133 La morale de’ savj, cit., pp. 3-4. Della mancata percezione della matrice teofilantropicadell’opera testimoniano anche le successive edizioni della versione italiana, date alle stampe a Na-poli nel 1810, a Venezia nel 1816 e infine a Roma nel 1826. L’estensore dell’edizione romana – Lamorale de’ savii di tutti i paesi e di tutte l’eta, Roma, nella stamperia dell’Ospizio apostolico pressoCarlo Mordacchini, 1826, con licenza de’ Superiori – si preoccupa di rimuovere alcuni testi did’Alembert nonche i nomi di Penn, Voltaire e Rousseau, che comparivano in quella milanese,ma non il riferimento, evidentemente non eloquente, a Chemin e alle fortune della sua opera nel-la Francia rivoluzionaria.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 421

e tradotto in italiano nel 1801 «da persona amica degli uomini, e della veraliberta».134 Lo spazio dedicato al nuovo culto all’interno del libro, che agliocchi dell’anonimo traduttore si segnala proprio per la «moltiplicita» el’«importanza degli oggetti che [...] abbraccia»,135 ammonta a poche pagi-ne, ma la teofilantropia appare come la migliore risposta a tutti i difetti chel’Autore ravvisa nelle religioni tradizionali. Cio non consente, comunque,di catalogare il testo come un prodotto di propaganda teofilantropica, poi-che il discorso sul nuovo culto si inserisce in quello, piu ampio, relativo alle«instituzioni civili, civiche e morali» attraverso le quali «la rivoluzione puoavere ancora una grande influenza sul carattere nazionale»,136 e perche nonsi spiegherebbe, allora, la scelta di tradurre quest’opera – che peraltro elo-gia la costituzione dell’anno III, sovvertita da Bonaparte – e non uno deglialtri testi francesi in cui di teofilantropia si parla molto piu diffusamente.137

La pubblicazione di testi variamente legati alla teofilantropia nella se-conda Cisalpina non traccia i contorni di un organico progetto di diffusio-ne del culto quale quello che si era avuto nell’anno VI. Le opere cui si efatto cenno, tuttavia, sono il sintomo della sopravvivenza delle ragioniche avevano alimentato quel tentativo. Piu che a riprendere l’esperienzadei culti rivoluzionari, dunque, e probabile che G.B.G. e l’ignoto tradutto-re di Boucher pensino a una religiosita che recuperi le istanze teofilantro-piche.

134 Dell’influenza della Rivoluzione francese sul carattere nazionale: Opera di G. Boucher-La-richarderie, ex-membro del tribunale di cassazione, tradotta in italiano da persona amica degli uo-mini, e della vera liberta, Milano, dalla Stamperia italiana e francese, a S. Zeno, n. 534, anno IXrepub. (1801 v. s.). L’originale francese, cui il traduttore si attiene fedelmente, e De l’influence dela Revolution francaise sur le caractere national, par G. Boucher-Laricharderie, ex-membre du Tri-bunal de Cassation, a Paris, chez Du Pont, rue de la Loi, n. 1231, Desenne, au palais de l’Egalite,Bernard et Ravier, quai des Augustins, et chez les Marchands de nouveautes, an VI de la Repu-blique.

135 Ivi, p. III.136 Ivi, p. 80.137 Diversamente ha ritenuto RAO, Caratteri nazionali, donne, teofilantropia, cit., pp. 487-

488, in cui si legge che la parte finale del trattato di Boucher de la Richarderie sarebbe «rivela-trice del [...] principale intento» dell’Autore e del traduttore. Piu condivisibile il giudizio di M.T.BONADONNA RUSSO nella scheda contenuta in L’Italia rivoluzionaria e napoleonica nelle raccoltedella Biblioteca del Senato. Catalogo della mostra, Roma, Bardi, 1990, pp. 33-34: «consideratala modestia dello scritto, la sua traduzione italiana si giustifica solo con l’esigenza propagandisticadi ribadire la positiva influenza esercitata dagli eserciti francesi in Italia».

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b. Torino

A Torino il dibattito sulla teofilantropia si protrae ben oltre il Triennio.Le idee di riforma di Morardo, tutt’altro che sopite, confluiscono dappri-ma nel «Giornale per gli ecclesiastici dell’uno e dell’altro clero»,138 per poitrovare originalissima espressione nell’opuscolo sulla Chiesa subalpina l’an-no XII della Repubblica francese,139 pubblicato nel corso dell’anno X. Nel-l’opera, vero e proprio trattatello utopistico che si apre nel nome dell’ormaidefunto Ranza, Morardo descrive la situazione religiosa dell’anno XII, cheracconta di aver potuto ammirare in sogno. Piu d’una delle proposte di ri-forma contenute nell’opuscolo Del culto religioso si e concretizzata, e nonmancano alcune pagine dedicate a una neonata Societa dei filantropi, di cuiVenturi ha correttamente segnalato la derivazione da quella teofilantropi-ca:140

Questo si e ora il tempio de’ Filantropi, di quelli, come voi ben sapete, cheadorano l’Ente supremo in spirito e in verita, e che gli rendono il piu graditoomaggio con un amor operoso verso i loro simili. In questo tempio a differenzadegli altri d’ogni religion positiva, ne’ quali necessariamente sono ammessi e buonie malvaggi, non vi hanno ingresso che i soli uomini virtuosi e i veri amici della pa-tria e degli uomini tutti. [...] I Filantropi rispettano, come v’e noto, ed amano gliuomini tutti a qualunque religione essi appartengano, anzi nel loro seno ricevonoEbrei Cattolici Protestanti Riformati, purche siano impegnati a far del bene ai lorosimili.141

Dalla societa teofilantropica, tuttavia, quella dei filantropi si distingueperche non e previsto che il governo le accordi alcuna preferenza. La nuo-va denominazione, inoltre, comporta inevitabilmente uno stemperamento

138 A proposito della teofilantropia sul «Giornale» si legge solo che «i discreti ebrei si con-tentano di una sola sinagoga, d’un solo tempio sarebbero soddisfattissimi i protestanti ed unosolo ne desiderano i teofilantropi» (n. 15, p. 121n.). Del nuovo culto non si fa menzione nelleLettere del cittadino Michele Gautier al cittadino Gaspare Morardo. Volumetto primo, Torino, dal-la stamperia Davico e Picco, stese da Gautier tra il 10 e il 22 frimaio anno IX (I-13 dicembre1800) per rispondere alle accuse rivoltegli dall’ex scolopio sul «Giornale». Una nota manoscrittasull’esemplare conservato alla Biblioteca Reale di Torino (A.29.5) segnala che il primo volumedelle Lettere non fu mai seguito da un secondo, la cui pubblicazione lo stesso Gautier, scrivendoa Degola il 12 gennaio 1801, subordinava al reperimento di un adeguato «spaccio» per il primovolume (cfr. P. STELLA, Il giansenismo in Italia. Collezione di documenti, vol. I/III, Piemonte, Zu-rich, Pas Verlag, 1974, p. 62).

139 La Chiesa subalpina l’anno XII della Repubblica francese, Torino, X, presso Michelange-lo Morano librajo tra s. Rocco e s. Francesco.

140 VENTURI, Adalberto Radicati tra giansenisti e teofilantropi, cit., pp. 577-581.141 La Chiesa subalpina, cit., pp. 102-103.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 423

della specificita del culto, che gia durante il Triennio nell’ambiente torineseera apparsa meno netta che altrove. Il culto filantropico e genericamentedeista, e la sua ritualita fatta di non meglio definiti discorsi e di severi esami«del [...] carattere e delle [...] operazioni»142 degli aspiranti filantropi ri-corda piu quella di una loggia massonica che non quella progettata dallostesso Morardo nel 1799 o quella del culto francese.

Dopo la Chiesa subalpina l’interesse dell’ex scolopio per la teofilantro-pia non lascia piu alcuna traccia, neppure indiretta, di se. Di essa non siparla, ancora nell’anno X, nella dissertazione Della religione e de’ religiosiinstituti in un governo libero, in cui «la religione di Cristo», opportunamen-te riformata, appare accanto a quella naturale come l’unica fondata «suglistessi principj che l’essenza costituiscono d’una perfetta Democrazia»;143

ne, nel 1808, nell’Elogio storico del teologo Lodovico Pagano, dove si leggeinvece, come ha notato Venturi, che «una sola dolcissima confraternita ap-punto sara un giorno (e questo giorno non e lontano) sara la divina religio-ne di G.C., quale certamente la instituı egli stesso, come gia accennai inun’opera mia pubblicata l’anno VII del culto religioso e de’ suoi ministri».144

Ne il culto rivoluzionario appare nel Parere di un amico del buon senso in-torno alle odierne questioni teologiche, in cui di Della Valle, che con Morardosi era riappacificato, si parla come di un «Francescano di gloriosa ricordan-za».145 L’ex scolopio, dunque, abbandonata qualsiasi velleita teofilantropica,preferisce investire il cristianesimo, riformato secondo le sue indicazioni, delruolo di culto consentaneo al nuovo ordine, senza tuttavia evitare qualchemalriuscita acrobazia quando si trova a parlare delle sue passate posizioni.

Alcuni attacchi contro la teofilantropia provengono, ancora, da Gautiere Della Valle. Senza menzionare apertamente il culto rivoluzionario, il mi-nore conventuale critica l’ipotesi, formulata da Galdi nel Saggio d’istruzionepubblica, che «nella rivoluzione sia necessario cangiare col Governo anche

142 Ivi, p. 102.143 Della religione e de’ religiosi instituti in un governo libero. Dissertazione politica dedicata

al cittadino G.A. Chaptal, membro dell’Instituto nazionale di Parigi, socio dell’Accademia naz. discienze, letteratura e belle arti di Torino, e delle principali accademie d’Europa, ministro degli affariinterni della Repubblica francese, Torino an. X, presso Michelangelo Morano, librajo tra S. Roccoe S. Francesco, p. 19.

144 Elogio storico del teologo Lodovico Pagano, dedicato al ch. Signore Giuseppe Charon,membro corrispondente dell’Ac. Imp. di scienze, lettere ed arti di Torino, magistrato nella Camerade’ conti in Napoli, Torino, presso Michel’Angelo Morano Mercante Librajo accanto a s. France-sco, 1808, p. 43.

145 Parere di un amico del buon senso intorno alle odierne questioni teologiche, Torino, dallastamperia di V. Bianco, presso Michel Angelo Morano, contrada di S. Rocco accanto S. France-sco, 1808, p. 72.

424 GLAUCO SCHETTINI

la Religione».146 Piu tagliente e la polemica condotta nell’introduzione al-l’Instruzione pastorale sopra la sommissione dovuta alla legge civile,147 tra-duzione di un testo di Le Coz, vescovo costituzionale di Rennes e poi ar-civescovo concordatario di Besancon: nell’affermare che la legge evangelicacostituisce il sostegno irrinunciabile del potere civile, Della Valle nota come«due terzi e mezzo dell’Europa fecero plauso al decreto, che disgombro itempi cattolici del culto teofilantropo, che vi si era intruso, e che dalla po-sterita annovererassi tra le follie del nostro secolo».148 Bonaparte, che haposto il suo sigillo «alla rivoluzione, e allo ristabilimento del culto [...] efinalmente alla pace generale», merita pertanto il titolo di «uomo dellaProvvidenza».149 E significativo, peraltro, che nel testo di Le Coz non sitrovi alcun riferimento al culto teofilantropico, che e invece tra i principalibersagli polemici del trattato Dell’influenza della religione per la gloria e fe-licita dei popoli, opera del francese Monnin, tradotto in italiano da Gautier,che nulla di proprio aggiunge al testo.150 La teofilantropia, «novello partodell’incredulita»151 e diretta erede della religione proclamata da Robespier-re, condensa in se tutti i difetti del deismo, e sembra all’autore piuttostouna «Religione sociale» che una «Religione naturale», perche non offre«un’accurata esposizione dei doveri dell’uomo verso Dio».152

Nel 1805 Giovanni Battista Ferrero, vicario dell’abbazia di San Beni-gno di Fruttuaria, da alle stampe una lunga Disamina filosofica de’ dommie della morale religiosa de’ teofilantropi,153 che costituisce il piu ampio in-tervento italiano a proposito del culto rivoluzionario. E l’autore stesso aspiegare il ritardo della sua confutazione, raccontando di aver sperato«che fra tanti celebratissimi Scrittori d’oltramonte sorto ne sarebbe alcuno,il quale avrebbe somministrati all’Italia lumi adeguati ad un tal uopo», sal-

146 Ai generosi rappresentanti della Gran Nazione e alla Commissione del Governo piemon-tese F. Guglielmo Dellavalle, p. 11n.

147 Instruzione pastorale sopra la sommissione dovuta alla legge civile ed al governo compilatada monsignore Le-Coz, metropolitano di Rennes, per decreto dell’ultimo concilio nazionale di Pa-rigi, Torino, dalla Stamperia Davico e Picco.

148 Ivi, p. IX.149 Ivi, p. XIV.150 Dell’influenza della religione per la gloria e felicita dei popoli, Torino, X, presso li fratelli

Reycends e c.151 Ivi, p. 4.152 Ivi, p. 79.153 Disamina filosofica de’ dommi e della morale religiosa de’ teofilantropi, scritta dal sacer-

dote Giambattista Ferrero, dottor d’ambe leggi, canonico e vicario gen. di S. Benigno di Fruttuaria,Torino, nella stamperia d’Ignazio Soffietti, 1805.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 425

vo poi constatare «che uomini insigni accennarono bensı in alcuni foglisconnessi il disegno dell’empieta, ed additarono eziandio ne’ loro libri,ed in complesso il piano, gli istitutori, i corrispondenti della Setta, mache niuno, per quanto e pervenuto alla di lui cognizione, ha innoltratogli studj, e posto l’opera sua nella disamina dottrinale, e filosofica di codestierrori».154 L’opera del vicario, dunque, necessaria ancorche fuori tempo,intende combattere nella teofilantropia «le teorie le piu seducenti della ir-religione e del pseudo-politicismo»:

Si preconizza un culto religioso siccome essenziale vincolo di sanzione politicadelle umane leggi, poco solleciti sono parecchi uomini della religione in se stessacome legge positiva derivata dal Cielo, ed una numerosa classe di quelli, che ripu-tati sono probi, e virtuosi secondo il secolo, ha giornalmente sulle labbra la voce direligione, e nutrisce nella mente, e nel fondo del cuore gli errori della Teofilantro-pia.155

La Disamina assume i toni della discussione filosofica, e si giova dellavastissima erudizione di cui Ferrero fa mostra: cio che preme al vicario,che certo scrive quando il dibattito si e ormai spento e la minaccia costitui-ta dal nuovo culto appare lontana, e rispondere agli argomenti dei teofilan-tropi accettando il confronto sul campo della filosofia. Il risultato e un’o-pera che, nonostante il mordente polemico dell’autore, costituisce ununicum non solo nel panorama italiano, ma anche in quello francese, percompostezza, rigore argomentativo e sapienza.

Bastino come esempio le parole spese da Ferrero nel capitolo quinto peresporre la sua «Teoria degli essenziali termini di differenza fra la Morale de’Teofilantropi, e la verace Moral Religiosa». Il vicario non manca di sottoli-neare come «i Teofilantropi adoprarono ogni artificio per appropriarsi laMorale del Vangelo», ma aggiunge poi che occorre distinguere morale «na-turale, politica, e religiosa», per verificare se fra le tre «esister debbano altresıde’ positivi termini di differenza». Posto, dunque, che «noi abbiamo, egli evero, nel fondo de’ nostri cuori alcuni principj di natural rettitudine [...] do-vettero i Legislatori ridurre que’ principj ad altrettante verita di pratica permezzo della positiva legge» per evitare il disordine che sarebbe disceso dal-l’arbitrarieta dei singoli, e «la Divina Provvidenza seguı lo stesso magistero inordine a’ primi semi della religiosa pieta». Non si puo pensare, dunque, di«rigettare nella legislazion religiosa quel mezzo di rettitudin pratica, di cui

154 Ivi, pp. VI-VII.155 Ivi, pp. IV-VI.

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ammettiamo la necessita nella legislazione umana», tanto piu che i precettidella morale religiosa richiedono «un sentimento di un’indole superiore adogni nostra naturale attitudine». Dietro il precetto, ad esempio, di amareil prossimo, occorre riconoscere un comandamento divino che eccede la ra-gione umana: e questo «un primo principio di trascendente moral religiosa,differente in essenza dai dettati della natura, e dalle leggi della civil societa».A cio si aggiunge «un altro carattere della moralita religiosa superiore affattoalla politica morale de’ Teofilantropi», quello di permettere anche all’uomo«incorso in alcuna reita di morale demerito» di riconquistare l’«integrita pri-mitiva». La piu evidente differenza fra i «traviamenti della ragion filosofica»e la «morale del Vangelo» risiede tuttavia nell’apporto della seconda, che sioppone alle teorizzazioni del diritto di resistenza, all’«obbedienza politica»,che le leggi non sono in grado, da sole, di garantire.156

Ferrero non sembra completamente ignaro dei tentativi di importare lateofilantropia al di qua delle Alpi, tanto da scrivere che «codesti errori tras-sero la loro origine d’oltramonte: l’Italia gli accolse ne’ giorni del disordine,e della Democrazia».157 Nelle oltre duecento pagine della Disamina, tutta-via, non accenna neppure una volta all’esistenza di un nucleo di propagan-da teofilantropica nella vicina Torino, e nelle note a margine cita i testi delnuovo culto nella sola edizione francese piuttosto che in quella torinese,che forse non conosce. Probabilmente, dunque, egli sceglie di soprassederesui fatti italiani perche li ritiene di poco conto, ma soprattutto perche cioche lo interessa e un discorso prettamente dottrinale, che prescinde dallevicende locali del nuovo culto e si ricollega al dibattito generato dalla teo-filantropia francese piuttosto che al contesto italiano.

Contro Ferrero si scaglia, nel ventiduesimo capitolo – l’unico conserva-to – della sua Histoire philosophique du culte des piemontais, il valdese Gia-como Marauda, che, dopo aver intrapreso in gioventu gli studi teologicisenza portarli a termine, era dunque approdato al deismo di matrice philo-sophique.158 Simpatetico osservatore delle vicende dei culti rivoluzionari,

156 Ivi, pp. 115-169.157 Ivi, p. VII.158 Histoire philosophique du culte des piemontais, par Maranda, colonel en reforme et ancien

commandant des vaudois, s.l., s.d; ringrazio l’amico Simone Frasson, che mi ha reso possibile laconsultazione del testo. Su Marauda, che dal 1803 firma le sue opere con lo pseudonimo di Ma-randa, si vedano A. HARMAND-HUGON, Giacomo Marauda colonnello dei Valdesi, «Bollettino del-la societa di studi valdesi», C, 1956, pp. 31-53; CI, 1957, pp. 41-61, e ID., L’illuminismo fra ivaldesi, in Studi di letteratura storia e filosofia in onore di Bruno Revel, Firenze, Olschki, 1965,pp. 13-29. Senza specificare come ne sia venuto a conoscenza, Armand-Hugon fa menzione diuna presunta operetta di Ferrero, intitolata Les Vaudois theophilantropes, di cui, tuttavia, non ri-mane alcuna traccia.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 427

egli si assume il compito di difendere i teofilantropi dalle critiche rivolteloro nella Disamina. I suoi sforzi, tuttavia, piuttosto che in un’esposizionedella dottrina e della morale teofilantropiche, si concretizzano in «una dellesolite tirate anticlericali»,159 sovrabbondante di espressioni ai limiti dell’in-giurioso e intesa a dimostrare l’inutilita di un’ampia parte della strutturadogmatica e, soprattutto, della pratica devozionale cattolica. Dal testo del-l’Histoire emerge la conoscenza del solo Manuel, che Marauda legge pro-babilmente nell’edizione del 1798 o in una su di essa esemplata; egli nonsembra al corrente, invece, dell’esistenza di nuclei teofilantropici sul suoloitaliano. La teofilantropia, d’altra parte, con tutta probabilita intesa comemera forma di deismo, ottiene una certa risonanza presso gli ambienti val-desi piu attenti alle vicende d’Oltralpe, come testimonia la fondazione a Pi-nerolo, da parte di Cipriano Appia, piu tardi anche animatore della loggiadella Parfaite Amitie, di una Societa Teofilantropica, di probabile ispirazio-ne massonica e comunque non organicamente ricollegabile all’esperienzadel culto rivoluzionario.160

Del fatto che la teofilantropia italiana si fosse estinta senza lasciaretroppe tracce di se sono una prova anche i due volumi dei Trattenimentiteofilantropici per una decade continua dell’avvocato torinese Giacomo Do-menico Bruno, non nuovo alla scrittura di opere di materia religiosa.161 Iltesto e edito nel 1805, ma nell’Avviso al lettore premesso al primo volumesi legge che esso era «gia stampato circa due anni sono» e che, nonostante iritardi nella pubblicazione, «varie copie se n’erano gia comunicate amiche-volmente ad alcuni personaggi», mentre la lettera dedicatoria del secondovolume e datata 15 agosto 1803.162 L’opera, che raccoglie alcuni dialoghidi argomento dottrinale, non e solo di specchiata ortodossia, tanto da

159 Ivi, p. 21.160 A. COMBA, I valdesi e la massoneria del periodo francese, in La Bibbia, la coccarda e il tri-

colore, a cura di Romagnani, cit., p. 151 (l’intero saggio e alle pp. 143-154); ID., Il mondo valdesee l’illuminismo. Dall’ortodossia razionale alla teofilantropia, in Illuminismo e protestantesimo, acura di G. Cantarutti, S. Ferrari, Milano, Angeli, 2010, p. 30 (l’intero saggio e alle pp. 27-41).Su Cipriano Appia si veda B. APPIA, Une famille vaudoise du Piemont du XIVe au XIXe siecle(Documents recueillis, presentes et commentes par Beatrice Appia. Deuxieme partie: les Appia duXIIIe [ma XVII] au XIXe siecle), «Bollettino della societa di studi valdesi», CXXVII, 1970,pp. 3-39.

161 Trattenimenti teofilantropici per una decade continua, in cui di varie materie scientifiche,morali, politiche, economiche ec. si danno diversi nuovi sistemi: opera dell’avvocato Giacomo-Do-menico Bruno, membro di piu accademie, Torino, anno 13 (1805), nella stamperia Davico e Picco,2 voll.

162 La lettera dedicatoria del primo volume, rivolta a Napoleone, «novello Assuero-Ciro-Alessandro-Cesare-Mecenate-Augusto-Costantino-Giustiniano-Carlomagno del nostro tempo»,e certamente successiva alla proclamazione dell’impero, cui si fa piu volte allusione.

428 GLAUCO SCHETTINI

non risparmiare attacchi a libertini e materialisti, ma non riserva alcuna at-tenzione al nuovo culto: cessata la minaccia rivoluzionaria, Bruno si limita arecuperare un termine che appare ora spendibile, nel suo significato lette-rale di «sincero Amor di Dio e degli uomini»,163 anche in un contesto cat-tolico. Esito finale di questa parabola e un’opera del 1817 del teologo Pie-tro Francesco Martelli, La teofilantropia in pratica, in cui il lemma,contrapposto alla falsa filantropia dei filosofi, e inteso a indicare l’eroicascelta di vita dei membri di ordini religiosi.164 Nel paradossale riassorbi-mento lessicale della teofilantropia all’interno del cattolicesimo – ironicaconseguenza della lungamente proclamata consentaneita fra il nuovo cultoe il cristianesimo delle origini – risiede forse l’immagine piu rappresentativadel fallimento cui i progetti di radicale rinnovamento religioso, incapaci diraccogliere ampi consensi attorno a proposte condivise e di generare strut-ture associative durevoli, erano andati incontro.

6. SULLE ORME DI GREGOIRE: UN’OCCASIONE MANCATA

Il 27 luglio 1806 Gregoire scrive a Ricci delle sue recenti fatiche lette-rarie:

Ils ont invariablement la religion pour objet. J’ai un grand ouvrage historiqueque je continue et dont plus de la moitie est fait. S’il plaıt a Dieu de me conserverla sante, je pourrai le publier dans un an et demi ou deux ans. J’en ai detache unmorceau formant un petit volume, c’est l’histoire de la theophilanthropie que l’in-credulite voulait substituer aux verites saintes de la revelation. J’y montre l’impuis-sance des effort criminels faits a cet egard. Ce morceau a ete traduit en allemandpar un celebre professeur de Gottingue et imprime a Hanovre, mais l’originalfrancais est inedit.165

163 Ivi, vol. I, p. 1.164 La teofilantropia in pratica. Elogio de’ venerabili instituti regolari recitato accademicamen-

te al cospetto dell’illustrissimo e reverendissimo monsignor Giuseppe Maria Grimaldi, Vescovo d’I-vrea e Conte ed Amministratore Apostolico della vacante Sede di Vercelli, e dell’altre autorita ec-clesiastiche, civili, e militari d’Ivrea, in occasione del ristabilimento del monistero delle religiosecistercensi della medesima citta, sotto il titolo de’ SS. Maria, e Michele, l’anno MDCCCXVII addıXXIX gennajo, dal Teologo Pietro Fran. Martelli, Priore di S. Salvatore. Con note dello stesso,Ivrea, dai Tipi degli Eredi di Carlo Lorenzo Benvenuti, Libraj Vescovili, 1817. Ringrazio ladott.ssa Luciana Pedroia della Biblioteca Salita dei Frati di Lugano per avermi fornito una ripro-duzione del testo.

165 Gregoire a Ricci, 27 luglio 1806, in VAUSSARD, Correspondance, cit., p. 139. I carteggiitaliani di Gregoire sono analizzati da D. ARMANDO, Fra riforma della Chiesa e rivoluzione: HenriGregoire e l’Italia, «Laboratorio dell’ISPF», VI, 2009, pp. 37-55.

LA TEOFILANTROPIA NELL’ITALIA DEL TRIENNIO 429

Il primo tentativo di ricostruzione storica delle vicende teofilantropiche– limitato, per quanto riguarda l’Italia, alle sole notizie riferite a Gregoireda Della Valle – aveva gia visto la luce nell’edizione tedesca e sarebbe statopubblicato nel 1810 anche in francese, nel volume II dell’Histoire des sectes.Poco piu di due mesi prima Gregoire aveva messo a parte della notizia an-che Degola, che non doveva essere all’oscuro del progetto, scrivendogli che«M. Staudlin a traduit fidelement l’histoire de la Theophilanthropie, qui aete imprimee en allemand a Hanovre»,166 e suscitando nel destinatarioun’espressione di vivo compiacimento.167

Il 16 settembre 1806, invece, Ricci risponde a Gregoire, scrivendo che«l’histoire de la philanthropie meriterait d’etre traduite aussi en Italien, etje croirais d’y employer bien mon temps pour la faire imprimer dans leRoyaume Italique»;168 nella copia della lettera che stende di suo pugno, Gre-goire corregge in «theophilantropie» il nome del culto, del quale, evidente-mente, l’ex vescovo di Pistoia ignora persino il nome.169 Solo l’anno succes-sivo, tuttavia, e non senza difficolta, il Francese riesce a far pervenire a Ricciil manoscritto, pregandolo, qualora egli intenda persistere nel suo propositodi tradurre il testo in italiano, di fargliene avere comunicazione, cosicche pos-sa inviargli alcune «notes additionnelles».170 Nel maggio 1808, quando Gre-goire accenna a Vejluva dell’Histoire e del progetto di traduzione di Ricci,ignora ancora «s’il s’en occupe».171 L’ex vescovo di Pistoia, infatti, informail suo corrispondente francese soltanto con una lettera del 9 aprile 1808:

J’ai lu avec la plus grande satisfaction les cahiers sur les Theophilantropes;mais de l’avis d’autres amis on n’a cru que cette partie d’histoire detachee puisseetre en ces quartiers la d’aucun profit, a cause que de ces choses on en est parfai-tement a l’obscur, et dans des circonstances ou il y a tant d’insouciance sur laReligion, on paurrait craindre que les faux Philosophes pour paroitre beaux

166 Gregoire a Degola, 19 maggio 1806, in A. DE GUBERNATIS, Eustachio Degola, il clerocostituzionale e la conversione della famiglia Manzoni. Spogli da un carteggio inedito, Firenze, Bar-bera, 1882, p. 316. Nell’ottobre Gregoire comunica a Degola che Staudlin intende tradurre, unavolta ultimata, l’intera opera in cui l’Histoire de la theophilanthropie sara inserita (Gregoire a De-gola, 2 ottobre 1806, ivi, pp. 318-322).

167 Degola a Gregoire, 22 maggio 1806, in CODIGNOLA, Carteggi di giansenisti liguri, cit.,vol. III, pp. 424-428.

168 Ricci a Gregoire, 16 settembre 1806, BSP-R, Fond Gregoire, RV182 = 61ms (12819).VAUSSARD, Correspondance, cit., p. 140, data erroneamente questa lettera al 20 settembre.

169 Ricci a Gregoire, 16 settembre 1806 (copia), BSP-R, Fond Gregoire, RV182 = 59ms(12817).

170 Gregoire a Ricci, 2 settembre 1807, in VAUSSARD, Correspondance, cit., pp. 145-146.171 Gregoire a Vejluva, 4 maggio 1808, in STELLA, Il giansenismo, cit., vol. I/III, Piemonte,

pp. 564-565.

430 GLAUCO SCHETTINI

esprits, ou les superstitieux pour une religion mal entendue, abusassent d’uneHistoire dont il n’ont aucune connoissance, et dont la lecture serait utile a des per-sonnes mieux instruites dans la Religion. Voila une premiere raison pour suspen-dre la traduction de ce morceau que nous attendons de voir mis en sombre pour lepublier avec le reste de l’Histoire au grand profit des Chretiens. Une autre raisonest que le cahier m’est parvenu fort gate dans le voyage, et l’ecriture est consom-mee en maniere qu’en plusieurs lieux il n’a ete possible d’en retrouver le sens, eton serait oblige de faire trop des lacunes dans la traduction; car ici on manque desnotices et des livres que vous citez; et ainsi nous aurions fait une mauvaise version.Mons. l’abbe de Billy qui a de la bonte pour moi s’est charge en retournant a Parisde vous remettre l’original qui ne souffrira des nouvelles lacerations dans le voya-ge. Au reste pardonnez moi la liberte: mais ne serait il bien d’expliquer en quellemaniere les Theophilantropes entendaient ce terme qui pourrait d’ailleurs etre prispour Amor Dei et proximi? Je vous parle le langage de ceux qui ne savent rien decette secte comme en Italie, si vous croyez bien prevenir les lecteurs.172

Tra le ragioni che determinano l’abbandono del progetto, dunque, ac-canto al timore che la traduzione dell’Histoire possa paradossalmente risul-tare dannosa alla vera religione, c’e anche la generale ignoranza dei fatti re-lativi alla diffusione del culto in Francia e in Italia. Sulla questione Riccitorna brevemente anche in una lettera del 31 maggio, in cui rende ragionea Gregoire di un ulteriore ritardo intervenuto nella restituzione del mano-scritto.173 Nel 1811, dunque, quando il Francese chiede a Degola di inviar-gli le sue «observations detaillees» sull’Histoire des sectes appena pubblica-ta,174 il progetto di traduzione dell’ormai defunto ex vescovo di Pistoiaappare del tutto dimenticato.

L’atteggiamento di Ricci e dei suoi collaboratori e forse la spia piu si-gnificativa di come sulla teofilantropia fosse rapidamente calato il silenzio.Le scarne notizie riportate da Gregoire, ampiamente ignorate in Italia pertutto il corso dell’Ottocento,175 sarebbero rimaste a lungo le uniche infor-

172 Ricci a Gregoire, 9 aprile 1808, BSP-R, Fond Gregoire, RV182 = 47ms (12805). Ho corret-to, laddove necessario, l’ortografia, uniformando inoltre l’accentazione dei vocaboli all’uso moderno.

173 Ricci a Gregoire, 31 maggio 1808, BSP-R, Fond Gregoire, RV182 = 49ms (12807).174 Gregoire a Degola, 22 gennaio 1811, in DE GUBERNATIS, Eustachio Degola, cit., p. 347.

Nell’Histoire des sectes, tuttavia, Degola avrebbe trovato «poca materia di censura» (Degola aGregoire, 13 marzo 1811, in CODIGNOLA, Carteggi di giansenisti liguri, cit., vol. III, p. 487).

175 Un’ampia mole di testi pubblicati in Italia nel corso dell’Ottocento contiene accenni allateofilantropia, ma, sebbene alcuni autori siano a conoscenza dell’Histoire des sectes di Gregoire,nessuno mostra attenzione per le vicende italiane del culto, e spesso neppure per quelle francesi.Valgano a titolo di esempio i seguenti riferimenti: La religione dimostrata, e difesa da monsignorAlessandro M. Tassoni, vol. II, Della necessita della religione, Roma, nella stamperia dell’Osp.Ap. di S. Michele a Ripa, 1807, pp. 186-189; Orazione funebre in lode del santissimo padre Pio

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mazioni note a proposito di una vicenda che, pur senza approdare ad alcunrisultato concreto, aveva suscitato un vivace, per quanto limitato, dibattito, eaveva coinvolto alcune tra le piu significative personalita del Triennio. Cioche dai fatti qui ripercorsi emerge, ciononostante, con prepotente evidenzae come l’opzione teofilantropica sia stata una componente di rilievo in alcunidei progetti di rinnovamento religioso che in quegli anni innervarono, secon-do l’intuizione di Cantimori,176 le istanze di rivoluzione politica.

GLAUCO SCHETTINI

ABSTRACT – Theophilanthropy, the last and least studied French revolutionarycult, is invented in Paris in September 1796 and spreads around the country in1797. Through the mediation of Marc-Antoine Jullien de Paris, it becomes known

settimo pontefice massimo, recitata in Napoli nella Chiesa della Regia Arciconfraternita di S. Giu-seppe addetta all’Opera di vestire i Nudi dal P. D. Gioacchino Ventura, teatino, ottava edizione,Firenze, presso Giuseppe Montomoli, libraio alla Croce Rossa, 1824, p. 23n., in cui si confondeancora la teofilantropia con il culto della Ragione e con quello dell’Essere supremo; Storia d’Italiadal 1789 al 1814, scritta da Carlo Botta, Italia 1834 (ed. or. 1824), p. 270, in cui il desiderio di LaRevelliere di diffondere la teofilantropia a Roma e tra le ragioni dell’ingresso dei francesi in cittanel 1798; [A.A. SCOTTI], Teoremi di politica cristiana, ne’ quali in generale la religione cristiana, edin particolare taluni punti dogmatici, morali e disciplinari della Chiesa cattolica son difesi dalla ca-lunnia di essere nocevoli alla societa, vol. I, Roma, nel Collegio Urbano, MDCCCXXXI, in cuil’intero teorema V («La propagazione della teofilantropia, o sia del deismo, sovverte l’ordine so-ciale», pp. 63-80) e dedicato al culto rivoluzionario e, piu in generale, al deismo; Cosa pensareattorno allo studio del latino, «La voce della verita. Gazzetta della Italia Centrale», n. 1115, 22settembre 1838, p. 144, in cui si legge che Joseph Fourier era «nato e cresciuto nelle idee dellarivoluzione francese e percio attaccato in sostanza ai principj del liberalismo e della cosidetta teo-filantropia»; Difesa della patria, la sovranita della moltitudine, l’indipendenza e la liberta esposte daMonsignor Domenico Violani, dottor dell’una e l’altra legge ecc. ecc. ecc., ad utilita e disinganno delpopolo, Trieste, dalla tipografia Weis, 1867, pp. 110-115; Il libero pensiero protestantico in Italia,«La civilta cattolica», serie IX, vol. II, n. 576 (giugno 1874), p. 656 (l’intero testo e alle pp. 652-663). Una particolare fortuna arride allo stereotipo di La Revelliere come papa dei teofilantropi(criticato nella Continuazione al nuovo dizionario storico degli uomini che si sono renduti piu cele-bri per talenti, virtu, scelleratezze, errori, ec., la quale abbraccia il periodo degli ultimi 40 anni del-l’era volgare, compilata da Gioacchino M.a Olivier-Poli, vol. VII, Napoli, presso R. Marotta eVanspandoch, 1825, pp. 222-226), come testimoniano, tra gli altri, Commentarii della Rivoluzio-ne francese dalla morte di Luigi XVI fino al ristabilimento de’ Borboni sul trono di Francia, scrittida Lazzaro Papi, Lucca, presso il tipografo G. Giusti, 1831, p. 78; Prove filosofico-politiche indifesa del cristianesimo a disinganno de’ moderni materialisti, tratte dagli avvenimenti succedutiin Europa dal cadere del sec. XVIII fino al presente anno, in confutazione dell’opera intitolataLe philosophe republicain, vol. II, Venezia, dalla tipografia di Gius. Antonelli ed., premiato dimedaglia d’oro, 1832, pp. 34-42; Il decimo mese dell’anno 1833, «Supplemento» a «La Voce dellaVerita. Gazzetta della Italia Centrale», n. 355, 12 novembre 1833, p. 268; Orazione sul caratteredel secolo XVIII del padre Prospero Tonso dell’ordine de’ predicatori, maestro in sacra teologia,Forlı, presso Luigi Bordandini, MDCCCXXXIX, pp. 51-52.

176 D. CANTIMORI, Utopisti e riformatori italiani 1794-1847. Ricerche storiche, Firenze, San-soni, 1943, pp. 17-19.

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in Italy as well, so that some patriots start to think of diffusing it in the CisalpineRepublic. Matteo Galdi, supported by Carlo Lauberg and Giovanni Fantoni, pro-poses to create a theophilanthropic club in Milan, and to substitute Christianitywith the new cult. This project is opposed by Giovanni Ranza, who envisionsan evangelic reform of traditional religion. Although the theophilanthropic Ma-nual is translated in Italian and published in Milan in spring 1798, Galdi’s effortsyield no results. Likewise, between spring and summer, other patriots try in vainto spread Theophilanthropy in Bologna and Ferrara. The new cult seems to havemore success in Turin, in 1799, thanks to Gaspare Degregori and Gaspare Mo-rardo. However, their efforts are vigorously contrasted by the Jansenist MicheleGautier and the Franciscan Guglielmo Della Valle. The end of the Jacobin Trien-nium marks the definitive failure of any project of diffusing Theophilanthropy inItaly, even though some theophilanthropic and anti-theophilanthropic texts con-tinue to circulate. At the same time, in France, Henri Gregoire attends to his His-tory of Theophilanthropy, which constitutes the first attempt to reconstruct the de-velopment of the cult, and also contains the first historical information about itsdiffusion in Italy.

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Articoli

J. RIAUD, Une communaute mysterieuse dans les environs d’Alexandrie auxalentours de l’ere chretienne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 195

M. MESCHINI, Pensare la crociata dopo la caduta di Gerusalemme (1187): il Dere militari et triplici via peregrinationis ierosolimitane di Radulfus Niger » 259

E. PIETROBON, La parafrasi dei Salmi di Giulio Cesare Pascali tra impegno apo-stolico e reinvenzione stilistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 285

P. IOLY ZORATTINI, La Pia Casa dei catecumeni di Venezia durante la secondameta del Settecento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 315

G. SCHETTINI, «Niente di piu bello ha prodotto la rivoluzione»: la teofilantropianell’Italia del Triennio (1796-1799) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 379

Note e testi

C. DEL POPOLO, Il Credo di frate Antonio da Bitonto . . . . . . . . . . . . . . . . » 435

Recensioni

Marguerite Porete et le Miroir des simples ames. Perspectives historiques, phi-losophiques et litteraires, sous la direction de S.E. Field, R.E. Lerner et S.Piron (M. Lodone) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 451

Antonino Pierozzi OP (1389-1459). La figura e l’opera di un santo arcivescovonell’Europa del Quattrocento (M. Lodone) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 455

E. MICHELSON, The Pulpit and the Press in Reformation Italy (S. Giombi) . . » 460

GUY LE FEVRE DE LA BODERIE, Hymnes ecclesiastiques, sous la direction de J.Ceard et F. Giacone (A. Piejus) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 464

B. GARIGLIO, I cattolici dal Risorgimento a Benedetto XVI. Un percorso dal Pie-monte all’Italia (P. Cozzo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 467