MONITORAGGIO DEGLI ALBERI HABITAT IN BOSCHI GESTITI E NON GESTITI. CASO STUDIO IN ITALIA CENTRALE

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X CONVEGNO NAZIONALE SULLA BIODIVERSITA’ 3-5 settembre 2014

Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma

ATTI

A cura di:

G.Rossi, E.Alba, A.Benedetti, G.Bucci, C.Ciaccia, C.Pacucci, F.Pinzari, G.Scarascia

Mugnozza

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X CONVEGNO NAZIONALE SULLA BIODIVERSITA’

3-5-settembre 2014 - Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma

Atti del Convegno

A cura di G. Rossi, E.Alba, A.Benedetti, G.Bucci, C.Ciaccia, C.Pacucci, F.Pinzari, G.

Scarascia Mugnozza

In copertina: Foto di Anna Benedetti

Copyright © 2014 CRA-Centro di Ricerca per lo Studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo

ISBN 978-88-97081-76-0

Ogni autore è responsabile del contenuto del proprio contributo, per tanto i curatori declinano ogni

responsabilità in merito. L’elaborazione dei testi anche se curata con scrupolosa attenzione, non può

comportare specifiche responsabilità per involontari errori o inesattezze.

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COMITATO D’ONORE

Giuseppe ALONZO CRA

Stefano BISOFFI CRA

Francesco LORETO CNR

Donato MATASSINO CONSDABI

COMITATO SCIENTIFICO

Elisabetta LUPOTTO CRA-DAF

Anna BENEDETTI CRA-RPS

Giuseppe SCARASCIA MUGNOZZA UNITUS - Università della Tuscia

Elio ALBA CIGM - Università della Basilicata

Antonio BLANCO Università di Bari “Aldo Moro”

Ferdinando BRANCA Università di Catania

Vincenzo CANDIDO Università della Basilicata

Ignazio POMA Università di Palermo

Innocenza CHESSA Università di Sassari

Donato ANTONACCI CRA-UTV

Raffaello GIANNINI Università di Firenze

Luigi DE BELLIS Università del Salento

Giambattista POLIGNANO CNR - IBBR Bari

Francesco SUNSERI Università di Reggio Calabria

Silvia FINESCHI CNR - IPP Firenze

Bruno RONCHI ASPA

Francesco NICASTRO SISA

Maurizio LAMBARDI CNR - IVALSA Sesto Fiorentino

COMITATO ORGANIZZATORE

Anna BENEDETTI CRA-RPS

Flavia PINZARI CRA-RPS

Corrado CIACCIA CRA-RPS

Giuseppe SCARASCIA MUGNOZZA UNITUS - Università della Tuscia

Elio ALBA

Gabriele BUCCI

CIGM - Università della Basilicata

CNR - IBBR Firenze

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA

Manuela de Pace CRA-RPS

Monica Grasso

CRA-RPS

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Presentazione

Il X Convegno Nazionale sulla Biodiversità è stato organizzato da:

• Centro Interuniversitario per le Ricerche, la Conservazione ed utilizzazione del

Germoplasma Mediterraneo (CIGM)

• Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura -Centro di ricerca per lo

studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo (CRA-RPS)

• Università degli Studi della Tuscia (UniTus)

• Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)

• Società Italiana di Selvicoltura e Ecologia Forestale (SISEF)

Con il patrocinio di: MIPAAF - Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;

MATTM - Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; SISS - Società

Italiana di Scienza del Suolo; SIMTREA - Società Italiana di Microbiologia Agraria,

Alimentare e Ambientale; SOI - Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana; ASPA -

Associazione di Scienza della Produzione Animale; SISA - Società Italiana Scienza

dell’Alimentazione; RIRAB - Rete Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica

Il Convegno, giunto alla X edizione, rappresenta una significativa opportunità di dibattito e di

confronto tra ricercatori, esperti di organismi internazionali e tecnici di amministrazioni

pubbliche sulla gestione, il monitoraggio e la conservazione della biodiversità, con particolare

riguardo alle interrelazioni che legano la biodiversità alla conservazione e al miglioramento

delle risorse genetiche per le filiere agro-alimentari e no-food. L’iniziativa rappresenta

l’occasione per un bilancio sugli esiti prodotti a livello nazionale, nell’arco di un triennio

dalla pubblicazione, di due importanti documenti di orientamento: la Strategia Nazionale sulla

Biodiversità ed il Piano Nazionale sull’Agro-biodiversità, all’interno del quale sono state

promulgate le Linee Guida per la conservazione delle risorse genetiche vegetali, animali e

microbiche di interesse agrario. Il Convegno ha previsto quattro sessioni scientifiche, una

tavola rotonda, un talk show ed un’escursione tecnica, in un percorso multidisciplinare

sull’interazione fra biodiversità e ambiente che superi, mediante nuove strategie, la

tradizionale separazione tra gli aspetti tecnici e quelli economico-sociali; si tratta quindi di

valorizzare la biodiversità come “capitale naturale” che trovi il punto focale nei servizi

dell’ecosistema, nella gestione delle aree protette, nel restauro ambientale, nell’allevamento

animale e vegetale, negli orti botanici, nei giardini storici e zoologici, nelle collezioni di

microrganismi, nelle banche del germoplasma e nella valorizzazione delle peculiarità agro-

alimentari locali.

Gabriella Rossi e Anna Benedetti

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Titolo: Gli alberi habitat nel comprensorio di “Montedimezzo-Pennataro”, Italia

centrale. Title: Habitat trees in the area of "Montedimezzo-Pennataro", central Italy. P. Perrella*1, M. Carnevale2, C. Ciocca2, G. Santopuoli2, P. De Angelis1, M. Marchetti2,

1 DIBAF (Dipartimento per la Innovazione nei sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali), Università degli Studi della Tuscia, Via San Camillo De Lellis, 01100 Viterbo 2 Lab. of Natural Resources & Environmental Planning, Dipartimento di Bioscienze e Territorio, Università degli Studi del Molise, C.da Fonte Lappone, 86090 Pesche (IS) Corresponding author: [email protected] Riassunto La conservazione della biodiversità rappresenta una delle priorità della gestione forestale sostenibile e pertanto ha una grande importanza la conservazione del legno morto e degli “alberi habitat”; alberi che forniscono nicchie ecologiche (microhabitat) in grado di offrire nutrimento e di ospitare molti organismi viventi. Il presente studio ha verificato la frequenza degli alberi habitat in soprassuoli di cerro e faggio ricadenti in aree sottoposte a diversi schemi gestionali. Obiettivo principale è stato quello di valutare l’influenza degli interventi selvicolturali sulla presenza degli alberi habitat, ma anche di analizzare il ruolo delle diverse specie arboree in termini di fornitura di microhabitat e di indicare eventuali azioni di tutela. Sono stati censiti 1385 alberi portatori complessivamente di 2081 microhabitat. I risultati conseguiti hanno evidenziato che vi sono relazioni significative tra microhabitat e diametro, e fra alcune specie e tipologie di microhabitat. Nel comprensorio esaminato, dove è frequente una gestione forestale condotta con metodi tradizionali, si evidenzia una influenza negativa degli interventi selvicolturali sulla presenza di alberi habitat. Lo studio evidenzia la necessità di un cambiamento di atteggiamento nella pratica forestale quotidiana con la creazione di una strategia di conservazione volta a incoraggiare lo sviluppo di piante di grande diametro. Parole chiave: Alberi habitat, microhabitat, gestione forestale sostenibile, biodiversità.

Abstract The preservation of dead wood, on the ground and standing, and of "habitat trees" has a great importance for the conservation of the biodiversity, and is a priority for the sustainable forest management. Habitat trees, promoting the formation of ecological niches (microhabitats) can provide nourishment and refuge for many living organisms. In this study we analyzed the distribution of habitat trees in oak and beech forest, falling in areas of central Italy characterized by different management schemes. The main objective was to evaluate the influence of silvicultural operations on the presence of habitat trees, but also to understand the role of different tree species in terms of provision of microhabitats, and to suggest protection initiatives. For this purposes, we surveyed 1385 trees for a total of 2081 microhabitats. The results demonstrated that there is a significant relationship between microhabitats and tree diameters, and between species and types of microhabitats. In the area examined is often active a forestry management with a traditional approach, which adversely affects the presence of habitat trees. The study highlights the need for a change of attitude in forestry practices, moving to a more conservative management able to support the development of large-diameter trees. Keywords: Habitat trees, Tree microhabitats, Sustainable forest management, Biodiversity.

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Introduzione

La conservazione della biodiversità rappresenta una delle priorità della gestione forestale sostenibile (MCPFE 1994). Oltre al legno morto, sia a terra sia in piedi, un ruolo chiave è assolto dagli alberi habitat (Bütler et al. 2013) ossia da quelli che forniscono nicchie ecologiche (microhabitat) quali ad esempio cavità, ferite, grandi branche secche, epifite, carpofori, fondamentali per molti organismi viventi. Negli ultimi anni in Francia, Svizzera e Germania sono stati effettuati numerosi studi sugli alberi habitat per conoscere meglio i legami tra questi e la biodiversità forestale (Larrieu et al. 2014). Il presente studio, svolto in un’area quale quella centro Appenninica, ancora poco indagata, ha verificato la frequenza degli alberi habitat in soprassuoli di cerro e faggio ricadenti in aree sottoposte a diversi schemi gestionali allo scopo di capire come si possano coniugare efficacemente utilizzazioni forestali e conservazione della biodiversità.

Materiali e metodi

Area di studio Lo studio è stato realizzato in un'area posta tra l'alto Molise e l'Abruzzo che comprende la Riserva Naturale Orientata di Montedimezzo, la Foresta Demaniale Regionale Pennataro, la Foresta Demaniale Feudozzo e altri boschi di proprietà pubblica e privata dei comuni di Castel di Sangro (AQ), Forlì del Sannio, San Pietro Avellana e Vastogirardi (tutti in provincia di Isernia) (Fig. 1). Un comprensorio importante per la conservazione della biodiversità in quanto ricade quasi totalmente, ai sensi della Direttiva Habitat (UE 92/43) nella rete europea di siti Natura 2000 e nella rete MAB-Unesco (Riserva di “Collemeluccio-Montedimezzo Alto Molise”). Le altitudini dei punti rilevati variano da 700 a 1250 m s.l.m. e le formazioni forestali indagate sono soprattutto cerrete mesofile submontane e faggete, quest’ultime poste generalmente sopra i 1150 metri, con strato arbustivo che tende a ridursi fino ad annullarsi con l’aumentare dell’altitudine (Garfì & Marchetti 2011).

La gestione dei soprassuoli forestali indagati è alquanto diversificata: si riscontrano infatti boschi di neoformazione su coltivi in abbandono, boschi cedui utilizzati con regolarità, cedui invecchiati per scelta gestionale, fustaie transitorie, fustaie utilizzate con regolarità (diradamenti e tagli di sementazione), ma è stato possibile individuare due zone ben distinte:

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zona con gestione forestale di tipo conservativo (foreste demaniali gestite dagli Uffici Territoriali della Biodiversità del Corpo Forestale dello Stato di Castel di Sangro e di Isernia) e zona con gestione forestale di tipo tradizionale ad indirizzo produttivo (boschi di proprietà dei demani comunali o di privati).

Protocollo di rilievo Il metodo di campionamento utilizzato per questo lavoro è sistematico e stratificato. In totale sono stati generati 140 punti: 70 ricadono nelle foreste demaniali gestite dal Corpo Forestale dello Stato (ex Azienda di Stato per le Foreste Demaniali), 70 nelle aree esterne a tali comprensori con gestione affidata ai Comuni o ai privati. Nei punti da campionare, dopo aver determinato lo stato strutturale/colturale del popolamento, è stato eseguito un rilievo relascopico utilizzando la banda dell’1 del relascopio di Bitterlich, (Larrieu & Cabanettes 2012). Sono state considerate solo le piante vive o deperienti con diametro a petto d’uomo (m 1,30) ≥ 30 cm e sono stati accuratamente osservati il tronco e la chioma al fine di accertare la presenza di almeno uno tra i microhabitat indagati (Tab. 1).

Tabella 1 Elenco dei microhabitat indagati e tipologie in cui sono stati raggruppati

Microhabitat indagati e tipologie

Rami morti Cavità Edera Licheni Altri

rami morti (rami con lunghezza > 1 m e diametro > di 5 cm)

ferite di medie e grandi dimensioni (> cm2 25)

cospicua presenza di edera cospicua presenza di muschi

vitalba

cavità alla base dell'albero cospicua presenza di licheni

corpi fruttiferi di funghi a mensola

crepe e fessure della corteccia

lichene Lobaria pulmonaria

cancri con diametro > 10 cm

fori di picchio scopazzi

cavità non dovute ai picchi

essudati (tranne resina per le conifere)

vischio

Elaborazioni Il numero teorico di alberi per ettaro è stato calcolato sommando i reciproci delle aree basimetriche di ogni pianta osservata nel campionamento relascopico (Bernetti & La Marca 1986). Le analisi della frequenza fra tipologie di microhabitat e specie sono state effettuate con il test chi-quadrato (Soliani et al. 2003). In base allo stato strutturale/colturale del popolamento e alla modalità di gestione del soprassuolo i plot analizzati sono stati suddivisi in 5 gruppi distinti per governo e epoca dell'ultimo intervento selvicolturale (Tab. 2). I cedui in produzione, (Gruppo B), sono poco presenti all'interno delle foreste demaniali in quanto la produzione di legna da ardere non rientra negli scopi dei gestori (Ufficio Territoriale per la Biodiversità del Corpo Forestale dello Stato), mentre è una forma di governo molto diffusa nei soprassuoli gestiti da privati o da Comuni. I soprassuoli in cui non è stato possibile individuare una forma di governo univoca, in quanto l'area di saggio interessava popolamenti assolutamente diversi (es. ceduo in produzione/fustaia matura), sono stati uniti con quelli di neoformazione per facilitare le elaborazioni statistiche (Gruppo E).

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Tabella 2. Numero dei plot indagati suddivisi per modalità di gestione e forme colturali.

forma colturale/tipo di gestione Gestione C.F.S. Altra gestione Gruppo A: cedui non utilizzati o non ordinariamente gestiti (maturi, invecchiati e ad evoluzione naturale);

21 25

Gruppo B: cedui in produzione; 1 23 Gruppo C: fustaie non sottoposte ad interventi selvicolturali da almeno 15 anni; 30 8 Gruppo D: fustaie e fustaie transitorie recentemente sottoposte ad interventi selvicolturali; 16 6 Gruppo E: boschi di neoformazione e soprassuoli con forma di governo mista. 2 8 Sempre per rendere significative le elaborazioni statistiche, e ridurre nel contempo eventuali errori nella descrizione dei microhabitat (es. analisi delle cavità), i microhabitat osservati sono stati raggruppati sulla base della frequenza riscontrata e al ruolo svolto nei confronti degli altri taxa; i microhabitat più diffusi, o quelli con funzioni analoghe, sono stati divisi in 4 tipologie (cavità, rami morti, edera, licheni), quelli più rari sono stati riuniti in un unico gruppo (altri) (Tab. 1). Gli alberi con microhabitat rilevati sono stati divisi in 5 gruppi sulla base della specie e della frequenza riscontrata (Tab. 3).

Tabella 3. Suddivisione in gruppi delle 1385 piante con microhabitat rilevate

Specie Gruppo Numero piante Abies alba, Picea excelsa, Pinus nigra conifere 41 Quercus cerris cerro 898 Carpinus b., Fraxinus e., Fraxinus o., Ostrya c., Pyrus p., Populus t., Tilia c., Ulmus g., altre latifoglie 64 Fagus sylvatica faggio 304 Acer campestre, Acer lobelii, Acer obtusatum, Acer pseudoplatanus aceri 78

Risultati e Discussione Complessivamente sono stati censiti 1385 alberi con diametro ≥ 30 cm e con almeno uno dei microhabitat indagati. La presenza degli alberi habitat non è omogenea: su 29 aree (oltre il 20% del totale) non è stata rilevata alcuna pianta indagata, un dato che cresce nelle aree non gestite dal Corpo Forestale dello Stato (C.F.S.), dove l’assenza di alberi habitat si manifesta in oltre il 38% dei casi. Gli alberi con microhabitat sono molto presenti sia nelle fustaie sia nei popolamenti di origine agamica non sottoposti ad interventi da lungo tempo, sono invece poco presenti nei boschi regolarmente utilizzati dai Comuni o dai proprietari privati (Fig. 2). La presenza di microhabitat varia al variare della specie (Larrieu et al. 2013) (Fig. 3). Si evidenzia l'importanza delle specie cosiddette secondarie (aceri soprattutto ma anche altre latifoglie) nella fornitura di microhabitat, un’importanza emersa anche in altri studi (Larrieu & Cabanettes, 2012) e che richiede un ulteriore approfondimento, soprattutto in considerazione della diversa durata del ciclo vitale di molte di queste specie rispetto alle specie dominanti (Larrieu et al. 2013)

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Dal confronto delle frequenze delle tipologie di microhabitat riscontrati nei vari gruppi di piante emergono diverse associazioni positive (Tab. 4).

Tabella 4. Associazioni positive tra gruppi di specie e tipologie di microhabitat

Specie Tipologie microhabitat Χ2 Χ

2 corretto (Yates) odds ratio

faggio rami morti P < 0,01 P < 0,01 1,77 faggio cavità P < 0,01 P < 0,01 2,72 cerro edera P < 0,01 P < 0,01 2,13 aceri rami morti P < 0,01 P < 0,05 1,7 aceri cavità P < 0,05 P < 0,05 2,29 aceri licheni P < 0,01 P < 0,01 9,93

altre latifoglie licheni P < 0,01 P < 0,01 3,69

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Molto interessante l'associazione tra aceri e licheni, un legame già individuato (Branquart & Dufrene, 2005) ed importante anche per il ruolo di “specie ombrello” assolto da Lobaria polmonaria, un lichene che può essere utilizzato come indicatore della presenza di cianolicheni e altre specie rare a livello nazionale (Nascimbene J. e al. 2010). Molto diffusa l’associazione tra edera e cerro che ha forte influenza sulla gestione dei soprassuoli forestali, in quanto l'edera è tradizionalmente eliminata al fine di ridurre schianti e formazioni di gap (Schnitzler & Heuzé 2006). Nell’area in esame vengono effettuati interventi colturali tradizionali che prevedono la sistematica eliminazione delle piante “deperienti, invecchiate, morte” (De Phillipis, 1961, Piussi, 1994). Pertanto, poiché l’intensità degli interventi selvicolturali e le modalità di realizzazione del taglio hanno un’influenza negativa sulla distribuzione e frequenza degli alberi habitat (Marchetti e Lombardi, 2006), si comprende la totale assenza di alberi habitat in diversi cedui recentemente utilizzati, la ridotta presenza di piante morte di medie e grandi dimensioni, delle piante molto grandi e in generale dei microhabitat, che fatta eccezione per l’edera e i rami morti (Fig. 4), la cui presenza è “quasi inevitabile” (Haye 2006), sono da considerarsi poco frequenti se non rari in quanto la loro densità ad ettaro è inferiore alle 10 unità e in alcuni casi alle 3 unità (Lachat & Butler 2007) (Fig. 5).

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Quindi, soprattutto nelle aree di proprietà dei Comuni e dei privati, bisogna adottare nuovi schemi selvicolturali che siano in grado di conciliare le esigenze di produzione legnosa con il mantenimento di piante con singolarità e/o di grande diametro, infatti l'abbondanza e la diversità dei microhabitat aumenta con il diametro degli alberi, e quindi, stante la tipologia di soprassuoli, con l'età dell'albero (Vuidot et al. 2011) (Fig. 6).

Conclusioni Nell’area in esame viene praticata una selvicoltura di tipo tradizionale, anche se in misura ridotta nelle aree gestite dal Corpo Forestale dello Stato, più attento alle esigenze di conservazione della biodiversità, con conseguente ridotto numero di alberi con singolarità come ad esempio le cavità o le fenditure, di alberi molto grandi. Non è emersa una forma di governo o di trattamento migliore delle altre riguardo circa la presenza di microhabitat sulle singole piante, ma si può individuare nella forma di gestione adottata dal Corpo Forestale una

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maggior propensione a garantire la multifunzionalità del bosco. In ogni caso, a prescindere dal tipo di gestione o forma di governo, si ritiene utile il rilascio di almeno 10 alberi habitat/ha (circa il 10% degli alberi habitat presenti nelle foreste demaniali), preferendo, ove possibile, il rilascio delle latifoglie sporadiche o comunque meno abbondanti. Gli alberi habitat hanno un basso valore economico ma un alto valore ecologico; sebbene questo valore sia sempre più riconosciuto, sono ancora regolarmente rimossi durante le operazioni selvicolturali più comuni. È necessario un cambiamento di atteggiamento nella pratica forestale quotidiana per la loro salvaguardia: con la creazione di una strategia di conservazione volta a incoraggiare lo sviluppo e la conservazione delle piante di grande diametro, anche in considerazione che "ecosistemi forestali complessi sono generalmente più produttivi e producono più beni e servizi rispetto a quelli con bassa diversità” (Thompson et al., 2009). Ringraziamenti Si ringraziano per la grande collaborazione e i preziosi consigli: il Dott. M. Posillico e il Sig. R. Bucci dell’U.T.B. del Corpo Forestale dello Stato di Castel di Sangro, il Dott. G. Matteucci del C.N.R., responsabile del Life Man.For., il prof. B. Lasserre dell’Unimol. Bibliografia ANONIMO (1994). The Helsinki Process. Ministerial Conference on the Protection of Forest in Europe: European Criteria and Indicators for Sustainable Forest Management. Helsinki.

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