Michele la Rosa e l'ipotesi balistica.

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MICHELE LA ROSA E L’IPOTESI BALISTICA LEDO STEFANINI, Università di Mantova RIASSUNTO Michele La Rosa (1880- 1933) , fisico di valore sia come sperimentatore che come teorico, è passato alla storia della fisica italiana come inflessibile nemico della teoria della relatività di Einstein, almeno come veniva interpretata negli anni ’20 del secolo scorso. La realtà è che egli non si arrese mai ad un postulato quello dell’invarianza della velocità della luce che sentiva come ripugnante all’intuizione. Cercò quindi nell’ipotesi balistica di Ritz una spiegazione della natura delle stelle doppie che fosse conforme ai principi della fisica classica e tentò anche di applicarla per dare base teorica alla relazione tra magnitudine e periodo delle Cefeidi, scoperta empiricamente da Miss Leavitt all’inizio del secolo. 1. STELLE BINARIE E IPOTESI BALISTICA Negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione della prima memoria di Einstein 1 1 Einstein, Albert (1905), «Zur Elektrodynamik bewegter Körper» in Annalen der Physik 17 , pp. 891-921 venne avanzata una teoria che sosteneva valere per le onde elettromagnetiche la legge galileiana di composizione delle velocità. Il fatto che la velocità della sorgente si componga con quella della luce, va sotto il nome di «ipotesi balistica» ed è comunemente legata al nome di Walther Ritz che la espose in una comunicazione congiunta con Einstein 2 2 Einstein, Albert, Ritz, Walter ( 1909), «Zum gegenwärtigen Stand des Strahlungsproblems», Physikalische Zeitschrift, 10 Jahrgang, N o 9, pp. 323-324. Nel 1913 l’astronomo De Sitter 3 , riprendendo idee proposte da Comstock 4 e da Tolman 5 3 De Sitter, Willem (1913), «Ein astronomischer Beweis für die Konstanz der Lichgeshwindigkeit», Physik. Zeitschr. 14, 429. 4 Comstock, Daniel F. ( 1910), «A Neglected Type of Relativity», Phys. Rev., 30, 267. 5 Tolman, Richard C. (1910), «The Second Postulate of Relativity», Phys. Rev., 30, 291.. qualche anno prima, avanzò una semplice argomentazione osservativa sulla base della quale (pensava) sarebbe stato possibile discriminare fra le due ipotesi concorrenti: la «relativistica», per la quale la velocità della luce è un invariante, e la «balistica», per la quale la velocità della luce si compone con quella della sorgente, secondo le leggi della relatività galileiana. Per la verità, una proposta in tal senso era stata avanzata fin dal 1911 dal matematico italiano Guido Castelnuovo in un articolo divulgativo 6 . 6 Castelnuovo, Guido (1911), «Il principio di relatività e i fenomeni ottici», Scientia, Vol. IX, p. 71.

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MICHELE LA ROSA E L’IPOTESI BALISTICA

LEDO STEFANINI, Università di Mantova

RIASSUNTO

Michele La Rosa (1880- 1933) , fisico di valore sia come sperimentatore che come teorico, è passato alla storia della

fisica italiana come inflessibile nemico della teoria della relatività di Einstein, almeno come veniva interpretata negli

anni ’20 del secolo scorso. La realtà è che egli non si arrese mai ad un postulato – quello dell’invarianza della velocità

della luce – che sentiva come ripugnante all’intuizione. Cercò quindi nell’ipotesi balistica di Ritz una spiegazione della

natura delle stelle doppie che fosse conforme ai principi della fisica classica e tentò anche di applicarla per dare base

teorica alla relazione tra magnitudine e periodo delle Cefeidi, scoperta empiricamente da Miss Leavitt all’inizio del

secolo.

1. STELLE BINARIE E IPOTESI BALISTICA

Negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione della prima memoria di Einstein1

1 Einstein, Albert (1905), «Zur Elektrodynamik bewegter Körper» in Annalen der Physik 17 , pp. 891-921

venne avanzata una teoria che sosteneva valere per le onde elettromagnetiche la legge galileiana di

composizione delle velocità. Il fatto che la velocità della sorgente si componga con quella della

luce, va sotto il nome di «ipotesi balistica» ed è comunemente legata al nome di Walther Ritz che la

espose in una comunicazione congiunta con Einstein2

2 Einstein, Albert, Ritz, Walter ( 1909), «Zum gegenwärtigen Stand des Strahlungsproblems», Physikalische Zeitschrift,

10 Jahrgang, No 9, pp. 323-324.

Nel 1913 l’astronomo De Sitter3, riprendendo idee proposte da Comstock

4 e da Tolman

5

3 De Sitter, Willem (1913), «Ein astronomischer Beweis für die Konstanz der Lichgeshwindigkeit»,

Physik. Zeitschr. 14, 429.

4 Comstock, Daniel F. ( 1910), «A Neglected Type of Relativity», Phys. Rev., 30, 267.

5 Tolman, Richard C. (1910), «The Second Postulate of Relativity», Phys. Rev., 30, 291..

qualche anno prima, avanzò una semplice argomentazione osservativa sulla base della quale

(pensava) sarebbe stato possibile discriminare fra le due ipotesi concorrenti: la «relativistica», per la

quale la velocità della luce è un invariante, e la «balistica», per la quale la velocità della luce si

compone con quella della sorgente, secondo le leggi della relatività galileiana. Per la verità, una

proposta in tal senso era stata avanzata fin dal 1911 dal matematico italiano Guido Castelnuovo in

un articolo divulgativo6.

6 Castelnuovo, Guido (1911), «Il principio di relatività e i fenomeni ottici», Scientia, Vol. IX, p. 71.

La proposta di De Sitter riguardava le stelle binarie visuali.

« Si immagini una stella binaria ed un osservatore su suo stesso piano, a grande distanza .

Fig.1. Stella binaria [De Sitter, 1913]

La luce emessa dalla stella dai punti in prossimità di A viene osservata, secondo la teoria di

Ritz, dopo un tempo

, la luce emessa da B, dopo un tempo

. Se indichiamo con T il

periodo orbitale della stella ( e la sua orbita, per semplicità, sia circolare), l’intervallo di

tempo tra le due osservazioni è

Se la stella, nella seconda metà del periodo, da B ad A, allora l’intervallo di tempo osservato

è

Nella teoria solita, gli intervalli sono ambedue uguali a T.

Ora, se

è dello stesso ordine di T, allora, se la teoria di Ritz fosse vera, sarebbe

impossibile ottenere osservazioni in accordo con la seconda legge di Keplero. Per tutte le

binarie spettroscopiche il termine

non solo è dello stesso ordine di T, ma probabilmente

in molti casi è anche molto maggiore. […] L’esistenza delle binarie spettroscopiche e la

circostanza che nella quasi totalità dei casi la velocità radiale osservata si accorda

perfettamente con la legge di Keplero, costituisce così una forte prova in favore della

costanza della velocità della luce. È opportuno anche ricordare che in molti casi le velocità

radiali sono corroborate anche da osservazioni visuali (come per Equ, Her, ecc.) o

dall’osservazione dell’occultamento di una componente del sistema binazio da parte

dell’altro ( come per le variabili di tipo Algol).»7

7 De Sitter, op. cit.

Adottando il modello di De Sitter, consideriamo una stella S che percorre con velocità costante un’

orbita circolare di raggio R.

Fig. 2. Stella doppia su orbita circolare. La velocità della luce emessa varia con la posizione.

Se t indica l’istante di partenza del raggio di luce diretto verso un osservatore remoto M , a distanza

d>>R, questi lo riceverà al tempo

dove è il periodo di rivoluzione. A questa si può dare la forma

avendo scelto di indicare con t i tempi ( espressi in unità del periodo della stella), conla velocità

della stella rispetto a c, e con la distanza dall’osservatore in unità di tempo.

Poiché il valore della velocità della stella è incomparabilmente minore di quella della luce, è

legittimo approssimare la (2) con la più maneggevole

dove

Il grafico, nel caso di è riportato in figura 3.

S

O

M

A

v

Fig.3. Tempo di ricevimento dei segnali di luce da parte dell’osservatore in funzione

del tempo proprio della stella.

Per un’ipotetica stella che percorra un’orbita circolare, quello che vedrebbe un osservatore vicino (

posto sul piano dell’orbita ad una distanza tale che il terzo termine della (3) fosse trascurabile)

sarebbe un moto armonico:

Ma per un osservatore distante, la relazione fra la posizione e il tempo non potrebbe più essere

armonica.

Infatti, per l’osservatore prossimo alla binaria, la velocità trasversale della stella sarebbe

Ma per l’osservatore remoto le cose stanno diversamente:

Se l’orbita, come abbiamo ipotizzato, è circolare, la velocità angolare che ne risulta è

il cui valore non è costante -come richiederebbe la seconda legge di Keplero- ma presenta periodici

massimi e minimi, la cui esistenza è condizionata dalla richiesta che

T

t

L’ entità dello scostamento dipende dal valore del parametro

Per esempio, per la alfa Centauri, e

per cui . Ne

segue che si avrebbe

solo ad una distanza , corrispondente a

anni luce. Una distanza enorme: per separare le componenti della binaria a questa distanza il

potere risolutivo del telescopio dovrebbe essere di qualche millesimo di secondo d’arco, cioè circa

cento volte superiore a quello dei più potenti telescopi (terrestri) attuali. Pertanto, non vi è alcuna

possibilità di osservare le eventuali anomalie del compagno di alfa Centauri.

2. CENNI BIOGRAFICI SU MICHELE LA ROSA

Michele La Rosa nacque a Palermo nel 1880 e prese la laurea in fisica nel 1902 sotto la guida di

Damiano Macaluso. Dopo aver trascorso un anno di perfezionamento a Firenze, nei laboratori dell’

Istituto di Fisica, allora diretti da Antonio Roiti, nel 1904 ebbe la nomina ad assistente presso il

gabinetto di fisica della Regia Università di Palermo con l’incarico, già ricoperto da Orso Mario

Corbino, di dirigere le esercitazioni di fisica pratica. Mantenne questa posizione fino al 1908, anno

in cui conseguì la libera docenza in Fisica Sperimentale presso la stessa università. Nel 1914,

entrato nella terna dei vincitori del concorso per il Politecnico di Torino, ottenne la nomina a

professore straordinario per la stessa disciplina, sulla cattedra palermitana, lasciata da Macaluso. Fu

membro della Società Italiana di Fisica e socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei. Nel 1925

G. Gentile lo chiamò alla direzione della sezione di fisica dell'Enciclopedia italiana, che mantenne

sino alla morte. Nel 1926 fu eletto preside della Facoltà di Scienze e nel 1932 rettore dell’ateneo di

Palermo. Morì improvvisamente lo stesso anno, a soli 56 anni. Fra le sue ricerche sperimentali, si

ricordano quelle sull’arco voltaico e sulla teoria elettronica dei metalli, culminata nel 1920 con la

scoperta - in collaborazione con Antonio Sellerio – di un effetto galvanometrico fino ad allora

sconosciuto, parallelo alle linee di forza e perpendicolare alla corrente. Scrive Sellerio nel suo

necrologio:

«Intanto il cielo della fisica al principio di questo secolo si andava oscurando. Al

lampeggiare dei quanti, successe la tempesta scatenata dalla relatività. Il La Rosa si

appassionò. Con la maggior parte dei fisici, non credette ai quanti in sul loro nascere; li

giudicava una forzatura matematica del PLANCK per giungere a qualunque costo a una

formula che si accordasse con l’esperienza. Egli che per la matematica aveva una

venerazione […] diffidava però della matematica, quando temeva che il suo ingranaggio

prendesse la mano all’osservatore e lo travolgesse. Ossequente però alla Natura e

consapevole della ignoranza dell’uomo, si arrese alle prove ed esaltò nei Suoi ultimi discorsi

le teorie quantistiche, augurandosi che l’elaborazione ulteriore riuscisse a dissipare le

oscurità che ancora rimangono.»8

8 Sellerio, Antonio (1934), Michele La Rosa, Memorie della Società Astronomia Italiana, Vol. 7, p.429.

Fig.4. Un ritratto giovanile di Michele La Rosa.

Di ben diversa natura fu la sua opposizione all’interpretazione che allora si dava della teoria della

relatività ristretta. E non si pensi che questo suo rifiuto derivasse da conservatorismo culturale o

meschinità di giudizio, in ciò essendogli sodale lo stesso Einstein che, per tutta la vita, non si piegò

alla cosiddetta « interpretazione dei Copenhagen» della meccanica quantistica, quale si era profilata

negli anni ’30. Scriveva nel 1924:

«La “teoria della relatività” di Einstein è uno dei possibili modi, uno dei tanti schemi teorici

di carattere relativistico che si possono costruire per rappresentare i fenomeni; esso è stato

costruito sulla base essenziale di un altro postulato: quello della “costanza della velocità

della luce”, 0 meglio “dell’indipendenza di questa velocità dal moto della sorgente”.

Affermazione questa che riguarda un “puro fatto di esperienza” e come tale soggetta al

vincolo necessario della sanzione sperimentale.»9

9 La Rosa, Michele (1924), «Prove astronomiche contrarie alla “relatività”: nuova teoria delle stelle variabili, fondata

sul postulato di Ritz», Il Nuovo Cimento, N°1, 1924, p. 50

La Rosa era ben consapevole che è possibile costruire schemi teorici di carattere relativistico

partendo da un ipotesi opposta quella di Einstein e l’ipotesi balistica è una di queste. Sulla base

dell’ipotesi che la velocità della luce si componga (nel senso classico) con quella dell’emettitore, è

infatti possibile spiegare l’esito (negativo) degli esperimenti alla Michelson; cioè è possibile

esterndere il principio di relatività dalla Meccanica all’Elettromagnetismo.

L’idea geniale di La Rosa fu quella di applicare l’ipotesi balistica alla comprensione della natura

fisica delle stelle variabili, interpretandole come binarie troppo lontane per essere risolte

telescopicamente. La tecnica delle Cefeidi, basata sulla scoperta di Henrietta Leavitt di una

relazione fra periodo e luminosità, fornì a La Rosa l’occasione per applicare anche a queste variabili

l’ipotesi che aveva mutuato da Ritz.

3. IL CONTRIBUTO DI LA ROSA AL PROBLEMA DELLE STELLE DOPPIE

Nel 1921 Michele La Rosa intervenne nella diatriba che la proposta di De Sitter aveva innescato

con un lavoro pubblicato sul Bollettino della Società Astronomica Italiana10

.

10 La Rosa, Michele (1921), «Il postulato di Ritz sulla velocità della luce ed i fenomeni delle stelle variabili. Nuova

teoria di queste stelle», Memorie della Società astronomica italiana, n.s., 1921, vol. 2, pp. 324-357

« Un’analisi più completa di ciò che l’osservatore terrestre dovrebbe vedere nell’ipotesi

balistica, ci permette di riconoscere facilmente l’errore delle conclusioni di De Sitter, in

quanto si fa riconoscere che osservazioni telescopiche e spettroscopiche sulla legge di

movimento di stelle doppie, sono largamente possibili, al sicuro di ogni inconveniente

dovuto alla sovrapposizione di luce; non solo, ma questa analisi ci induce a dare una chiara

e semplice spiegazione- ciò che è sommamente importante – di un vasto gruppo di fatti

astronomici dei più interessanti ed oscuri: quello delle stelle variabili, provandoci che

l’ipotesi balistica, nell’interpretazione dei fatti astronomici, si dimostra incomparabilmente

più feconda di risultati e più vicina ai fatti naturali, che non quella di Einstein.»11

11

La Rosa, Michele (1921), op. cit., p. 325.

Infatti, per le doppie risolubili telescopicamente – che solo su queste è stata riconosciuta la costanza

delle velocità areolari, ovvero la validità della seconda legge di Keplero- il valore di è talmente

piccolo che il termine periodico della (3) non comporta perturbazioni rilevabili sulla velocità

angolare osservata. Alla stessa conclusione arriva La Rosa per quanto concerne le doppie

spettroscopiche, troppo lontane per essere risolte al telescopio, per le quali le informazioni si

ricavano sulla base degli spostamenti Doppler delle righe spettrali.

Per apprezzare la «fecondità di risultati» dell’ipotesi balistica, rivendicata nel brano sopra riportato,

dobbiamo ritornare alla (3), dalla quale possiamo ricavare informazioni sulla luminosità della stella.

Infatti, la quantità di luce emessa dalla stella in un tempo dt viene ricevuta dall’osservatore in un

tempo dT che ha durata diversa. Questo significa che se la potenza irradiata è , quella ricevuta

dall’osservatore è

Se la distanza della stella è tale da soddisfare la (9), il fatto ha due importanti conseguenze:

1. L’osservatore riceve simultaneamente luce emessa da punti diversi dell’orbita, anche molto

distanti.

2. Vi sono intervalli finiti di tempo ai quali corrispondono intervalli brevissimi di tempo .

Questo comporta l’esistenza di picchi di luminosità molto pronunciati .

La conseguenza è che la magnitudine apparente della stella è soggetta ad una modulazione nel

tempo del tipo indicato in Fig.5 .

Fig.5. Andamento temporale della luminosità della stella registrata dall’osservatore.

Dal confronto fra le curve ricavate dalla (11), La Rosa ricava un’interpretazione unitaria delle curve

di luce delle stelle variabili, basata sul principio di Ritz:

« … la semplice sovrapposizione della ipotesi circa la composizione della velocità della luce

e quella della sorgente su ciò che si sa sulla costituzione delle doppie, ci permette di spiegare

i fenomeni presentati dalle stelle variabili della III classe, in modo completo ed in tutti i

particolari.»12

12 La Rosa, Michele (1921), op. cit., p. 351.

Le oscillazioni di luminosità sono apprezzabili solo per valori del prodotto fino a qualche unità,

mentre per valori superiori alla decina ogni variazione di luminosità diventa inapprezzabile e

«la stella diventerà incapace di svelarci per via di cambiamenti della sua grandezza apparente

il suo moto periodico, cioè la sua condizione di “satellite” di una doppia o di un sistema più

complesso.»13

13 La Rosa, Michele (1921), op. cit., p. 335..

La conclusione è che le osservazioni raccolte sulle stelle doppie non pregiudicano l’eventuale

correttezza dell’ipotesi balistica intorno alla velocità di propagazione della luce, e quindi non

possono essere assunte a sostegno del postulato di Einstein. Non solo, l’ipotesi balistica potrebbe

essere la chiave che consente di dare una spiegazione su un fatto importante che riguarda le stelle

binarie spettroscopiche.

Dal catalogo di Campbell relativo alle doppie spettroscopiche che fu pubblicato nel 191014

14 Campbell, William Wallace (1910), «Second catalogue of spectroscopic binary stars», Lick Observatory bulletin ;

no. 181Berkeley : The University Press, p. 17-54.

è possibile ricavare la loro distribuzione in funzione della magnitudine.

Magnitudine 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 5,5 6

Numero

doppie

3 3 6 9 16 21 29 32 13 5 0

Questa distribuzione suggerisce il sospetto che vi sia una causa che limiti e impedisca la possibilità

di osservazione di doppie spettroscopiche, e questa potrebbe essere legata alla velocità di

propagazione della luce. Ora, a motivo della necessaria piccolezza della velocità relativa della stella

() , la possibilità di trovare valori di cresce all’aumentare della distanza. Cioè, quanto

maggiore è la distanza della stella, tanto meno è probabile che possa manifestare la sua natura di

doppia, perché valori grandi di richiedono, affinché il valore di sia inferiore a 10, valori

sempre più piccoli della velocità, e questo rende le osservazioni di spostamento Doppler sempre più

difficili. In questa constatazione potrebbe risiedere la spiegazione della ragione per cui al crescere

della magnitudine delle stelle, il loro numero decresce.

Ma anche i fenomeni connessi alle novae possono trovare una spiegazione nell’ambito dell’ ipotesi

balistica. Possiamo infatti immaginare una binaria molto lontana, con la compagna che percorra

un’orbita ellittica di grande eccentricità e dimensione, perciò di lunghissimo periodo. Gli enormi e

rapidi cambiamenti di velocità che hanno luogo in prossimità del periastro possono rendere ragione

dell’improvviso arrivo in tempo breve di una grande quantità di energia raggiante, emessa dalla

stella su un lungo periodo di tempo. Quindi spiegare l’improvviso aumento di luminosità apparente

della stella e la lenta sua diminuzione fino alla classe di magnitudine spettante ad una stella tanto

lontana.

Le conclusioni a cui porta la memoria di La Rosa sono che:

«1. È inesatto credere – con De Sitter – che le osservazioni sulle stelle doppie forniscano un

qualsiasi elemento di prova in favore del postulato di Einstein sulla costanza della velocità

della luce.»

« 2. Tutti i fenomeni fin’oggi noti nel campo delle stelle «nuove» e «variabili» che non

avevano ricevuto una spiegazione soddisfacente, trovano una chiara, semplice e naturale

spiegazione generale nella ipotesi opposta a questa di Einstein, cioè nell’ipotesi che la velocità

della luce si componga con quella della sorgente.»

«Devesi pertanto ritenere non solo come privo di base, ma come contrario ai fatti naturali, il 2°

postulato di Einstein e devesi perciò respingere in forza di questa testimonianza dei fatti la

«teoria della relatività» perché col secondo postulato cade il cardine di tutto l’edificio

teorico.»15

15 La Rosa, Michele (1921), op. cit., p. 356..

4. LE CEFEIDI COME BINARIE

Nel 1908 Henrietta Leavitt, dell’osservatorio di Harvard, aveva osservato che alcune centinaia di

stelle variabili - dette cefeidi - nelle Nubi di Magellano presentano una relazione fra la magnitudine

ed il periodo che aveva formalizzato nel 1912 in una famosa formula:

dove indica la magnitudine assoluta della stella e il periodo.

«Questa importante legge – osserva La Rosa in una memoria del 1931 – scoperta per le

variabili della Piccola Nube di Magellano, è stata confermata da altri, anche sopra stelle di

altri ammassi stellari, e forma una di quelle strane e misteriose regolarità – nel campo delle

variabili – di cui invano si è cercato di dare un qualsiasi elemento di giustificazione; e di cui

invece , riesce subito di dare una ragione semplice ed immediata non appena ci si metta dal

punto di vista della spiegazione balistica del fenomeno della variabilità.»16

16 La Rosa, Michele (1931), « Una nuova prova sulla dipendenza della velocità della luce dal moto della sorgente:

spiegazione balistica della legge di Miss Leavitt», Memorie della Società Astronomia Italiana, Vol. 5, pp.303-313.

Nel modello di La Rosa, la condizione affinché la doppia sia osservabile come stella di luminosità

variabile, è che

Questa relazione non esprime solo la condizione (necessaria e sufficiente) per la comparsa della

variabilità in relazione al moto, ma, a seconda del valore di , serve a individuare i diversi tipi di

variabili. Se consideriamo stelle appartenenti ad uno stesso ammasso, la distanza dall’osservatore è

la stessa per tutte, per cui, in forza della (4), la precedente prende la forma

o anche

dove

caratterizza dell’ammasso.

La (15) afferma che

« fra tutte le stelle doppie presenti in un ammasso, possono apparirci come variabili di un

determinato tipo, solo quelle per le quali il rapporto

è praticamente uguale al prodotto

della costante dell’ammasso per il parametro del tipo (diviso per )»17

17 La Rosa, Michele (1931), op. cit., p. 306

Se invece introduciamo nella (13) la velocità angolare Ω della stella e il raggio R dell’orbita,

acquista la forma

Questa afferma che

« possono apparirci come variabili di un dato tipo solo quelle doppie dell’ammasso per le

quali l’accelerazione media, a cui è soggetto il compagno girevole per parte dell’altro astro, è

uguale al prodotto della costante dell’ammasso per il parametro del tipo.»18

18 La Rosa, Michele (1931), ibidem.

Ma l’accelerazione centripeta della stella dipende dal raggio R dell’orbita e dalla massa ridotta M in

conformità alla legge di Newton:

dove G indica la costante di Cavendish. Introducendo questa nella precedente si arriva al notevole

risultato:

dove il secondo membro è costante per un dato ammasso. A tale costante, che caratterizza

l’ammasso, La Rosa attribuisce il nome di « costante di Leavitt.»

La (19) stabilisce che

«fra tutte le doppie di un ammasso, possono apparirci come variabili di un dato tipo solo

quelle per cui avviene che le masse dei centri attraenti siano proporzionali alla quarta

potenza del periodo di rotazione.»19

19 La Rosa, Michele (1931), ibidem.

Sinteticamente,

dove è la costante di Leavitt.

A questo punto, assodato che lo scopo di La Rosa è quello di ricavare la legge delle Cefeidi trovata

empiricamente da Leavitt, è necessario stabilire una relazione fra la massa della stella e la sua

luminosità. Negli anni ’20 del secolo scorso, gli studi teorici sulla struttura fisica delle stelle erano

agli albori; ma alcuni risultati erano stati raggiunti. Notevoli fra questi le relazioni fra la luminosità

della stella e la sua massa trovate rispettivamente da Eddington20

e Jeans21

.

20Eddington, Arthur Stanley (1924), «On the Relation between the Masses and Luminosities of the Stars», Monthly

Notices of the Royal Astronomical Society, 84, p. 308.

21Jeans, James Hopwood (1925),«On the masses, luminosities, and surface-temperatures of the stars»,

Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, Vol. 85, p.196, 392.

Eddington proponeva per la relazione fra luminosità L e massa M della stella

La proposta avanzata da Jeans teneva invece conto della temperatura superficiale:

dove a è un opportuno esponente.

Poiché la magnitudine stellare è, per definizione, proporzionale alla luminosità, per la (21), si ricava

che

in ambedue i casi. Conclude La Rosa:

«L’accordo fra questo genere di regolarità, empiricamente scoperte, ed il nostro schema

teorico non potrebbe essere migliore. La legge di Miss LEAVITT può legittimamente essere

considerata come caso particolare del legame generale avanti stabilito. E poiché le basi delle

nostre considerazioni sono la relazione di EDDINGTON- JEANS fra m ed M e l’applicazione

del principio balistico alla velocità della luce, si dovrebbe potere concludere che la legge di

Miss LEAVITT costituisce una valida prova dell’esattezza di questi presupposti.»22

22La Rosa, Michele (1931), ibidem, p.312.

5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

In un suo recente saggio23

Fabio Toscano definisce Michele La Rosa (unitamente a Quirino

Majorana, anche lui siciliano) «oppositore ad oltranza di Einstein», come se la sua posizione fosse

colpevole o retrograda.

23 Toscano, Fabio (2004) , Il genio e il gentiluomo: Einstein e il matematico italiano che salvò la teoria della relatività

generale, Sironi, Milano, p. 246

Non era così, naturalmente. Tutte le filosofie veramente innovatrici incontrano ostacoli; è accaduto

per l’idea newtoniana della gravitazione universale, che ebbe come oppositori alcune tra le menti

più lucide del suo tempo ( tra cui Descartes), per il modello ondulatorio di Huygens, per le idee di

Boltmann in fatto di fenomeni termici. Il dibattito e il confronto fra paradigmi alternativi sono

l’essenza della ricerca scientifica, come ci ha insegnato Thomas Kuhn24

24 Kuhn, Thomas (1962), The Structure of Scientific Revolutions, University of Chicago Press.

Non corrisponde poi a verità il fatto che l’opposizione alla formulazione vigente in quel tempo della

«teoria della relatività» fosse preconcetta ed assoluta. Proprio a conclusione del citato lavoro sulle

Cefeidi, La Rosa riconosce infatti che

« La «relatività» ha reso senza dubbio grandi servigi agli sviluppi moderni delle teorie

fisiche; e non è possibile rinunziarvi. Ma a me sembra che l’adozione del «principio

balistico» non debba per necessità portare alla condanna di quella teoria; almeno nella parte

più sostanziale: di quella che è stata così feconda di aiuti alle costruzioni teoriche recenti.

L’apporto veramente utile, e che ha avuto un grande giuoco è quello che riguarda la

dipendenza della reazione d’inerzia (di un corpuscolo) dalla velocità del moto: ossia quanto

riguarda la revisione delle basi del 2° postulato della Meccanica classica. In questo punto la

teoria di EINSTEIN si è assicurato un indiscutibile successo. Ora a me sembra che il

medesimo risultato si sarebbe potuto conseguire con un diretto ed opportuno ritocco della

relazione fondamentale fra forza, massa ed accelerazione; e soprattutto senza la necessità di

ricorrere all’espediente ingiustificato della costanza della velocità della luce che è stato

sorgente delle tanto discusse e lamentate stranezze e che lo stesso Einstein ha dovuto lasciar

cadere negli sviluppi successivi. Un tentativo teorico in questo senso sarebbe forse assai

fecondo e certo molto istruttivo. »25

25 La Rosa, Michele (1931), ibidem, p.312.

Bruno Touscheck, grande fisico delle particelle di origine austriaca, ma naturalizzato italiano, usava

dire che i manuali scolastici di fisica somigliano a quelli di storia patria: la giustizia prevale sempre

sull’errore nel cammino verso la Verità. E poiché la storia della fisica – come la Storia politica –

ha vincitori e vinti, Michele La Rosa è indubbiamente tra questi ultimi. Ma solo ad una lettura

superficiale. Nessun paradigma vince totalmente sui rivali; spesso una teoria scaturisce mutata dal

confronto con le altre che si contendono un determinato ambito fenomenico. Così come quella che

oggi è nota come «Meccanica classica» ha poco a che vedere con quella di Newton, anche la

«Relatività Speciale» attuale è molto diversa da quella dei tempi di La Rosa. È mutato il modo di

presentarla e soprattutto di intenderla. Proprio la « dipendenza della reazione d’inerzia (di un

corpuscolo) dalla velocità del moto» ricordata da La Rosa è oggi confinata in qualche manuale scolastico

residuale, in quanto sono vari decenni che la famosa relazione fra la massa (relativistica) e la velocità è

consegnata agli archivi degli storici.26

26 Okun, Lev Borisovich (2009), «The mass versus relativistic and rest masses», Am. J. Phys., Vol. 77, No. 5.

Ma le idee che soccombono e vengono abbandonate in quanto giudicate errate, concorrono allo

sviluppo della fisica quanto quelle che finiscono sui libri di scuola, ripulite e vestite di nuovo come

nei giorni di festa i nostri nonni.