M. Faraguna, Il sistema degli appalti pubblici ad Atene nel IV sec. a.C. e la legge di Agirrio, in...

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NUOVE RICERCHE SULLA LEGGE GRANARIA ATENIESE DEL 374/3 a.C. a cura di Anna Magnetto, Donatella Erdas, Cristina Carusi Edizioni ETS

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NUOVE RICERCHE SULLA LEGGE GRANARIA ATENIESE

DEL 374/3 a.C.

a cura diAnna Magnetto, Donatella Erdas, Cristina Carusi

Edizioni ETS

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1 Dopo la classica e sempre illuminante trattazione di BOECKH 1886, 405-414, cfr.ROSTOVTZEFF 1902, 332-367; BUSOLT, SWOBODA 1926, 1230; ANDREADES 1961, 187-189; SCHWAHN 1934b; SCHWAHN 1936. Tra i lavori più recenti v. MORETTI 1977, 341-344; LITTMAN 1988, 802-803; HALLOF 1990, 407-412; MIGEOTTE 2001a.

2 Cfr., ad es., ROSTOVTZEFF 1902, 333; BEHREND 1970, 18-21 e 46-48; MARTINI

1997.

IL SISTEMA DEGLI APPALTI PUBBLICI AD ATENE NEL IV SEC. A.C. E LA LEGGE DI AGIRRIO

Michele Faraguna

Il problema dei meccanismi attraverso cui gli appaltatoridella legge di Agirrio ricavavano un profitto dall’esazione delladwdekavth sul grano delle isole di Lemno, Imbro e Sciro è ri-masto dopo la pubblicazione dell’iscrizione una delle questionipiù sfuggenti e su cui mi sembra che si sia più lontani dal rag-giungere un generale consenso. Il novmo~, con il suo testo pres-soché completo e la sua imposta in natura altrimenti sconosciu-ta, ha, sotto questo punto di vista, in modo paradossale soprat-tutto messo a nudo lo stato lacunoso delle nostre conoscenzesul sistema degli appalti pubblici ad Atene e sul loro funziona-mento. Mi è sembrato per questa ragione utile riprendere inesame tale tema nel suo complesso, per verificarne le possibiliricadute anche sull’interpretazione della legge granaria, tantopiù che, come ho potuto constatare, le trattazioni sistematichedi questo aspetto delle istituzioni di Atene risalgono per lo piùall’Ottocento e alla prima metà del Novecento1 e risultano or-mai almeno in parte superate dalla maggior ampiezza della do-cumentazione epigrafica oggi disponibile.

1. Come è ben noto, l’uso terminologico rivela come i Greciconsiderassero, sul piano concettuale, la concessione di un ap-palto come una «vendita»2. Questo valeva – è bene qui sottoli-nearlo – tanto per l’appalto della riscossione dei tevlh quanto,anche se questo fatto viene meno frequentemente rilevato, perl’assegnazione dei lavori pubblici commissionati dalla polis. In

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3 ÉTIENNE, MIGEOTTE 1998.4 ÉTIENNE, MIGEOTTE 1998, 152-153 e 156.5 Per un ampio studio di questa iscrizione che conteneva un regolamento genera-

le (l. 54: koina;n suvggrafon) per l’assegnazione dei lavori pubblici rimando a THÜR

1984.6 Per un sintetico commento a questi testi cfr. HELLMANN 1999, nr. 13.7 BURFORD 1969, 161.

un decreto colofonio della prima metà del III sec. a.C. recente-mente pubblicato da R. Étienne e L. Migeotte3 ciò appareesplicitamente in una clausola in cui si precisa che le divkai ri-sultanti da abusi rispettivamente commessi dai telw`nai sui pri-vati o da questi ultimi sui telwnai dovevano essere giudicatea{ma tai`~ ejrgwn[i]kai`~ kai; telwnikai`~, in altri termini in-sieme alle cause relative ai contratti d’appalto dei lavori pubbli-ci e delle imposte, secondo il diagramma del re (SEG XLVIII1404, ll. 18-24)4.

L’elemento unificante che accomunava i due ambiti era conogni probabilità rappresentato, nella prassi amministrativa, dalricorso alla procedura dell’asta pubblica. L’espressione divkaiejrgwnikaiv, pur costituendo un hapax nell’epigrafia greca, tro-va in particolare il suo parallelo nel termine ejrgwvnh~ che ri-corre con una certa regolarità nei testi epigrafici di età classicaed ellenistica, ad es. a Tegea (IG V 2, 6A [= IPArk 3], ll. 2 e12)5, a Lebadeia (IG VII 3073, ll. 4, 25, 30, 33, 39, ecc.; 3074,ll. 5-6, 8, 13, ecc.)6, ad Oropo (IG VII 303 [= I.Oropos 45] A, l.35) e a Delo nel periodo dell’Indipendenza (IG XI 2, 150 A, l.9; 161 A, l. 77; 287 B, l. 145; I.Délos 502 A, ll. 5, 7, 11, 12, 16-17), ad indicare l’«imprenditore» cui la città affidava, con lastipulazione di un contratto d’opera, l’esecuzione dei lavori.Ciò che, verisimilmente, distingueva le procedure per l’asse-gnazione degli e[rga da quelle per l’appalto dell’esazione delleimposte erano peraltro le modalità di svolgimento dell’asta che,nel primo caso, con un capovolgimento del sistema di aggiudi-cazione al miglior offerente, doveva per lo più configurarsi co-me un’asta al ribasso in cui risultava «vincitore» colui che offri-va alla città, in cambio dei suoi servizi, il minor prezzo7. Sebbe-ne debba confessare di non essere riuscito a trovare un solo te-sto antico in cui tale procedimento venga descritto esplicita-

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8 Cfr. in proposito WITTENBURG 1986.9 MAIER 1961, II 17-18; THÜR 1984, 476-477 e 505-506 n. 98; HELLMANN 1999,

55. Più cauta, a proposito del caso di Epidauro, BURFORD 1969, 159-166, che pensa apaghe per i lavoratori calcolate su base «convenzionale» (e quindi sganciate da fattoridi tipo economico legati al mercato).

10 Sulla questione v. la convincente discussione di LANGDON 1991, 62-63.11 LOOMIS 1998, 121-165, 242 e 249-250.

mente, gli studiosi per lo più assumono che esso fosse quellocomunemente in uso nelle città greche e debba quindi essereipotizzato anche per i citati casi di Tegea, Lebadeia e Delo i cuilavori, a giudicare dalle clausole relative all’erogazione del pa-gamento in più rate a partire dalla presentazione dei garanti8,erano assegnati agli ejrgw`nai, a Tegea per di più ben distintidagli ejrgazovmenoi (l. 45), in lotti di una certa consistenza9.

In questo quadro generale, come spesso accade, l’Atene dietà classica sembra occupare una posizione in qualche modoanomala. Gli esempi che, in virtù della maggior ampiezza delladocumentazione, meglio illustrano tale specificità della polis at-tica sono rappresentati dalle procedure per l’appalto delle steleda iscrivere con il testo di decreti e leggi e, nuovamente, daquelle per l’aggiudicazione dei lavori pubblici. Nel primo caso,quello dell’appalto delle stele, va innanzitutto osservato che lalegge di Nicofonte sul saggio della moneta del 375/4 a.C. rivelacome, nonostante il silenzio pressoché totale delle fonti, i pole-ti, i magistrati preposti, assieme alla boule, alle «vendite» pub-bliche (Arist., Ath. pol., 47, 2-3), continuassero ad avere talecompito anche nel IV sec. (SEG XXVI 72 [= Rhodes, Osbor-ne, GHI 25], ll. 47-49: oJ de; grammate[u;]~ [oJ] th~ bolh~paraggeilavtw mivsqwma toi`~ pwl[htai~], oiJ de; pwlhtai;ejsenegkovntwn eij~ th;m bolhvn)10. Nello stesso tempo, la si-stematica raccolta dei dati sul costo dell’iscrizione di decreti eleggi tra il 408/7 e il 270 a.C. condotta da W.T. Loomis ha mes-so in luce come questi variassero ad intervalli fissi di dieci tra le20 e le 50 dracme secondo la lunghezza del testo e altri nonsempre precisabili fattori (uno dei quali era peraltro l’«inflazio-ne»)11. Che il prezzo delle stele non fosse però il risultato diun’asta pubblica ma fosse stabilito già a priori, probabilmentesulla base delle normali tariffe, è implicito nel verbo dou`nai

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12 Sui lapicidi attivi ad Atene nella seconda metà del IV sec. a.C. cfr. TRACY 1995.13 BODEI GIGLIONI 1974, 51-54; MARTINI 1997, 40-45.14 Sui lavori edilizi nel santuario di Eleusi in età licurghea cfr. HINTZEN-BOHLEN

1997, 18-21 e 53-54.15 Cfr. anche IG VII 4255 (= I.Oropos 292), un’iscrizione degli anni Trenta del IV

sec. relativa alla realizzazione di una canalizzazione sotterranea per lo scarico delle ac-que del bagno degli uomini nel santuario di Anfiarao ad Oropo, in cui le opere, de-scritte con grande ricchezza di dettagli nelle suggrafaiv, sono date in appalto al mi-sqwthv~, un meteco residente ad Alopece, al prezzo di sei dracme per tetrapodiva (ll.33-36: ajnairhvsetai de; to; e[rgon kata; tetrapodivan kai; ajpodwvsei tevlo~ e[conei[kosi hJmerw`n ajf j h|~ a]n lavbei to; ajrguvrion: ejmisqwvsato th;n tetrapodivanG|– · misqwth;~ Fruno~ ∆Alwpekh`si oijkwn); cfr. ARGOUD 1993, 41-44.

con cui veniva abitualmente espresso l’ordine dato al tamiva~tou dhvmou di erogare a tal fine una certa somma. In relazionead un lavoro così specializzato ci si può anzi chiedere se l’offer-ta potesse essere così ampia da giustificare il ricorso alla proce-dura dell’asta al ribasso12.

Lo stesso sembra essere valido anche per l’appalto dei lavoripubblici che ad Atene venivano parcellizzati in un numeromolto elevato di lotti e gestiti direttamente dalla polis mediantele diverse commissioni di ejpistavtai13. Nei documenti ateniesinon casualmente non compare mai il termine ejrgwvnh~, mentregli «appaltatori», generalmente piccoli artigiani più o menospecializzati, sono abitualmente definiti misqwtaiv. A ciò si ag-giunge il fatto che, nelle iscrizioni relative ai lavori di costruzio-ne (o ricostruzione) dell’Eretteo (IG I3 474-479), delle muradel Pireo e delle Lunghe Mura (IG II2 1656-1664 [= MAIER

1959, nrr. 1-9]) e del Prostoon del Telesterion e del muro dicinta del santuario di Eleusi (rispettivamente IG II2 1673 +SEG XXXIV 122 [= I.Eleusis 159] e 1672, ll. 1-78 [= MAIER

1959, nr. 20 = I.Eleusis 177])14, i pagamenti vengono erogatinella forma di una paga fissa giornaliera o di compensi stan-dard per pezzo finito o per misura di muro commissionata15,senza che, laddove il confronto tra i dati sia possible, sia lecitoriscontrare alcuna oscillazione o variazione imputabile ai mec-canismi dell’asta pubblica. Questo porta nuovamente a pensareche, come per le stele, l’assegnazione dei lotti, più che median-te un’asta al ribasso, avvenisse o sulla base di tariffe convenzio-nali (ad es. una dracma per giornata di lavoro alla fine del V

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16 RANDALL 1953, 199-210; HIMMELMANN 1979; WESENBERG 1985; LOOMIS 1998,104-120; EPSTEIN 2008, 102-106. Cfr. anche GALLO 1987, 29-34. Un caso incerto è co-stituito da I.Oropos 290, un decreto della boule proposto da Pandios relativo ai lavoridi riparazione della fontana e dei bagni nel santuario di Anfiarao, in cui si prescriveta;~ suggrafa;~ kaq j a} memivsqwtai to; e[rgon ajnagravyai ejn sthvlhi liqivnhikai; kataqenai ejn twi iJerwi to ∆Amfiaravo kai; to;m misqwth;n to e[rgo kai;to;n ejgguhth;n kai; oJpovso memivsqwtai to; e[rgon (ll. 6-11). Come testimoniatodalle ll. 73-76, i lavori furono dati in appalto al misqwthv~ per 900 dracme. Per quantonon sia dato sapere con quale procedura si giungesse all’assegnazione del contratto, misembra che, trattandosi di una cifra abbastanza modesta, sia più semplice pensare aduna trattativa diretta tra gli ejpiskeuastai; twn iJerwn, menzionati alle ll. 21-25, e l’ap-paltatore (cfr. Arist., Ath. pol., 50, 1 con RHODES 1981, 572-573; Ath. 6, 235c-d, con iltesto di una disposizione di legge in base alla quale eij~ th;n ejpiskeuh;n tou new; kai;tou parasitivou kai; th~ oijkiva~ th~ iJera~ didovnai to; ajrguvrion oJpovsou a]n oiJtw`n iJerw`n ejpiskeuastai; misqwvswsin); sull’iscrizione e sul problema della sua da-tazione v. KNOEPFLER 1986; ARGOUD 1993, 34-39.

17 HALLOF 1990, 408-412; STROUD 1998, 61-64.

sec. a.C.) o in seguito ad una contrattazione tra i magistrati pre-posti ai lavori e i singoli artigiani16.

Queste considerazioni non sono prive di implicazioni ancheper la legge di Agirrio. Là dove l’asta al ribasso può essere ipo-tizzata con una certa probabilità non troviamo infatti mai do-cumentato l’obbligo per l’appaltatore di versare alla città unacerta somma a titolo di ejpwvnia kai; khruvkeia, che sono inve-ce ampiamente attestati nel caso della vendita di beni confiscatie, se anche con minor frequenza, nell’appalto dei tevlh (Poll.,4, 93; 7, 15; Harp. e Suid., s.v. khruvkeia; lex. rhet., s.v. ejpwvniakai; khruvkeia, p. 255 Bekker; cfr. anche Hesych. e Phot., s.v.prativa~)17. Il caso di Delo è a questo proposito emblematico:sebbene infatti alcune iscrizioni della fine del IV e del III sec.a.C. mostrino in modo chiarissimo che l’appalto dei lavori ve-niva pubblicizzato nell’agorà mediante l’araldo pubblico (cfr.ad es. IG XI 2, 145, ll. 10-11: tou Dioskourivou to;n toiconejxevdomen … uJpo; khvruko~ ejn thi ajgorai kata; th;n sug-grafh;n oijkodomh`sai; ll. 17-18; 146 A, ll. 44 (integrato) e 72-73; 162 A, ll. 42-43; 199 D, ll. 41-46), manca nei conti delsantuario ogni riferimento alla tassa sulla vendita o ai dirittid’asta per il kh`rux. Assieme all’espressione th;n dwdekavthnpwlei`n (v. § 2), ciò esclude del tutto, a mio giudizio, l’inge-gnosa ipotesi, recentemente sviluppata da É. Jakab, e in ma-niera del tutto indipendente contemplata (ma poi respinta) da

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18 JAKAB 2007; FANTASIA 2004, 521-522; cfr. ora anche HANSEN 2009.19 Si noti inoltre che la menzione della prokatabolhv nelle clausole tecnico-fi-

nanziarie che regolavano la fase di transizione fino all’entrata in vigore della legge (ll.55-61) mostra in modo inequivocabile come in precedenza fossero stati gli appaltatorie non la città, come sarebbe invece avvenuto in un contratto di nolo marittimo, ad ef-fettuare i pagamenti.

20 Un’altra eccezione, per lo meno sul piano della terminologia, al quadro fin quidelineato è rappresentata da IG II2 1176, ripubblicata con l’aggiunta di un nuovoframmento da STROUD 1974, 290-298 (cfr. SCHWENK 1985, nr. 76), un documento ema-nante dal demo del Pireo (324/3 a.C.) la cui prima parte è occupata da una serie diclausole relative all’appalto, definito con il termine mivsqwsi~, dei lavori di costruzionee dell’amministrazione del teatro di Dioniso al Pireo da parte di quattro personaggi in-dicati come oiJ priavmenoi e wjnhtaiv. Questi ultimi termini sostituiscono il più consue-to misqwtaiv forse perché il contratto prevedeva, dopo l’oijkodomiva, anche la condu-zione del teatro, che comportava l’esazione di un pagamento da parte degli spettatori(cfr. BEHREND 1970, 86-88). Come appare dal decreto iscritto in coda alle clausole del-la mivsqwsi~ (ll. 32-40), il prezzo di aggiudicazione dell’appalto fu in qualche modoportato, nell’asta pubblica (?), grazie all’intervento di Theaios, uno degli onorati, da3000 a 3300 dracme. Su questo documento cfr. anche CARUSI 2006, 20-21.

21 Sul contesto storico in cui venne deliberato il restauro delle mura cfr. HABICHT

1997, 70.22 Cfr. anche HELLMANN 1999, nr. 7 (con traduzione delle ll. 35-76 contenenti la

prima parte delle suggrafaiv).

U. Fantasia18, che, coerentemente con il ripetuto ricorrere delverbo komivzein e dei suoi composti ad indicare i compiti deipriavmenoi, l’oggetto della prima sezione del nomos di Agirrio(ll. 5-36) fosse non la vendita all’asta del diritto di esigere itevlh della dodekate e della pentekoste, bensì l’appalto pubbli-co del trasporto del grano dalle isole ad Atene nella forma dicontratti di nolo marittimo19.

Nel panorama della documentazione ateniese relativa all’ap-palto dei lavori pubblici vi è peraltro un’eccezione20 che rivelacome, all’inizio dell’età ellenistica, quanto meno in rapporto alrestauro e alla riparazione delle mura dell’a[stu, del Pireo e del-le Lunghe Mura, avviata nel 307/6 a.C.21, Atene si fosse ade-guata alle procedure in uso nelle altre città (IG II2 463 [=MAIER 1959, nr. 11]) affidando i lavori a misqwtaiv che, comeappare dall’entità dei prezzi pattuiti, nell’ordine di uno o piùtalenti (col. III, l. 120; col. IV, l. 128), si vedevano assegnati lottidi una certa importanza22. L’iscrizione, che è stata finora soltan-to marginalmente chiamata in causa in rapporto alla legge diAgirrio, ci interessa soprattutto per la sua articolata struttura. Il

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23 Sulle suggrafaiv relative ai lavori edilizi nell’Atene del IV sec. si veda ora lostudio complessivo di CARUSI 2006 (per il documento qui in esame in part. 19-20).

24 Cfr. per tutti THÜR 2003, 418.

documento si compone infatti di tre parti distinte, la prima (ll.1-34) contenente il decreto di Democare che deliberava i lavorie ne prescriveva le modalità di realizzazione sotto la direzionedi una commissione edilizia di cui facevano parte anche i poleti(l. 36), la seconda (ll. 35-118) che riportava le suggrafaiv, cioèil capitolato d’appalto con la descrizione dettagliata e tecnicadelle opere da eseguire23, la terza infine, su quattro colonne, in-trodotta dalla formula kata; tavde memivsqwtai ta; e[r[ga ta;pe]ri; ta; teivch eij~ tetraetivan, con la lista delle sezioni dimuro, significativamente dette merivde~, definite nei loro limitigeografici, i nomi dei relativi appaltatori, l’ammontare del prez-zo concordato e l’indicazione dei garanti (ll. 120-130). Dalla li-sta dei contratti emerge inoltre la possibilità per gli appaltatoridi cumulare più merides (col. II, ll. 120-125). Mi sembra chequesto testo, più di IG II2 244, più volte chiamato in causa a ti-tolo di confronto con la legge di Agirrio24, sia per noi impor-tante in quanto esso ci può dare un’idea concreta di come laversione epigrafica della legge granaria che possediamo debbaessere poco più che un estratto del documento originale. Nonsoltanto infatti mancano nell’iscrizione ogni riferimento ai no-moteti, la formula di sanzione e le clausole relative alla pubbli-cazione epigrafica del nomos ma, come evidenziato, sul pianosintattico, dal largo uso dell’indicativo futuro, tipico delle sun-graphai, nelle disposizioni delle ll. 10-35, è possible che anche iltesto della legge e quello del capitolato d’appalto, in origine se-parati e distinti, risultino sulla pietra in qualche modo fusi econdensati. La lista dei priamenoi delle merides, non riportatanell’iscrizione, doveva poi essere registrata annualmente sui le-leukwmevna grammatei`a redatti dai poleti e custoditi dallaboule cui fa riferimento l’Athenaion politeia (47, 2).

2. Quanto all’appalto della riscossione dei tevlh, in cui, se-guendo l’Athenaion politeia, possono essere fatte rientrare an-che le concessioni dei mevtalla del Laurion (47, 2), dopo la

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25 STROUD 1998, 27 con n. 42 e 37-38, con esaustiva raccolta delle fonti; per un’u-tile discussione cfr. anche SCHWAHN 1934a, 255-257; VÉLISSAROPOULOS 1980, 208-211.

26 GAUTHIER 1981.27 Così STROUD 1998, 27-39, seguito da DESCAT 2003a, 595-596. Diversamente,

HARRIS 1999, 270-272; BRESSON 2000, 207-208, e FANTASIA 2004, 514-518, identificanola pentekoste della legge con quella sui cereali in entrata nell’emporion del Pireo. Misembra in ogni caso corretta l’inferenza che la pentekoste fosse pagata in denaro (in talsenso, con convincenti argomenti, FANTASIA 2004, 516-518).

28 CROSBY 1950; CROSBY 1957. La più recente edizione dei testi si deve a LANG-DON 1991 (P 5-16, 18-30, 32-41, 43-44, 50-51).

29 Sul regime giuridico delle cave di pietra ad Atene cfr. AMPOLO 1982.

pubblicazione della legge di Agirrio è divenuto ancora più evi-dente come il quadro offerto dalle fonti a nostra disposizionesoltanto in parte, e forse addirittura in minima parte, rifletta lacomplessità e l’articolazione del sistema di tassazione esistentenell’Atene classica. Come diviene alquanto probabile che l’esa-zione della pentekosthv sulle merci in entrata e in uscita25 fos-se nella realtà dei fatti frazionata in più «cinquantesime» appal-tate separatamente e che dalla pentekoste propriamente detta sidebbano distinguere la pentekosth; tou` sivtou testimoniatadalla Contro Neera del corpus demostenico (59, 27)26 nonché lacinquantesima sulla Nea (Rhodes, Osborne, GHI 81, ll. 10-12)e, per analogia a quest’ultima, quella, cui fa allusione la nostralegge, sul grano delle isole di Lemno, Sciro e Imbro27, che do-veva gravare sul sitos non soggetto alla dodekate, così la città ri-cavava notevoli entrate non soltanto dalla vendita dei diritti perlo sfruttamento delle miniere del Laurion, riflessa nelle dia-grafaiv dei poleti28, ma anche dalla riscossione di altri tevlhquali la ejn toi`~ e[rgoi~ pentedracmiva, di cui sentiamo parla-re esclusivamente perché un certo Meixidemos di Mirrinunte siera fatto garante per l’appaltatore, poi risultato insolvente, di-venendo in tal modo egli stesso debitore pubblico (Agora XIXP26, ll. 474-477) e, forse, una tassa sulle fornaci (kavminoi), dal-le quali, secondo i Poroi di Senofonte, la città traeva entrate re-golari (4, 49). Allo stesso modo, soltanto in maniera del tuttocasuale veniamo a sapere della concessione in appalto dellosfruttamento delle cave di pietra del Pireo (Agora XIX P26, ll.483-485)29 e di altre esazioni quali il tevlo~ th~ pentedracmiva~th~ twi Qhsei` o il tevlo~ th~ dracmh`~ tw`i ∆Asklhpiw`i

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30 Su tali decreti cfr. SCHLAIFER 1940, 233-241, e, da ultimo, HUMPHREYS 2004,135-136, con la precedente bibliografia. Per una rilettura di IG I3 130 cfr. MATTHAIOU

2002-2003.31 Su quest’iscrizione rimangono fondamentali le osservazioni di FERGUSON 1949,

142-144; cfr. anche PARKER 1996, 172.32 WHITEHEAD 1977, 75-77.33 Si vedano ora in proposito FISHER 2001, 258-259; COHEN 2003, 215-216 con

n. 15.34 SCHWAHN 1936; MIGEOTTE 2001a, 165-167. 35 Sulla questione v. PRINGSHEIM 1961, 263 e 305, e, soprattutto, LANGDON 1994,

con cogenti obiezioni alla tesi avanzata da HALLOF 1990, secondo cui le «vendite» deipoleti sarebbero avvenute secondo criteri diversi da quelli meramente economici del-l’aggiudicazione al miglior offerente.

36 Si veda il commento ad loc. di MACDOWELL 1962, 157-160.

(Agora XIX P26, ll. 477-483 e 485-490) e quali alcune tasseportuali di varia natura per Posidone (IG I3 8), per Apollo De-lio (IG I3 130) e per i Dioscuri (IG I3 133), documentate daiscrizioni di V sec.30, tutte evidentemente destinate, assieme adun’ejparchv per Bendis (IG I3 136, ll. 20 e 22)31, a finalità cul-tuali. Si devono poi menzionare il metoivkion, la tassa sulla per-sona che colpiva i meteci (Harp., s.v. metoivkion)32, e il por-niko;n tevlo~ pagato ai telwnai, per poter svolgere la propriaattività, da chi si prostituiva (Aesch., 1, 119-120)33.

L’elemento comune sotteso a questi tevlh è che la loro ri-scossione era regolamentata da disposizioni della polis, i novmoitelwnikoiv menzionati da Demosth., 24, 96-101 e 12234, e al-meno nella maggior parte dei casi «venduta» all’asta al migliorofferente35. Questo appare esplicitamente nel ben noto passodell’orazione andocidea Sui misteri, dove si racconta, con ric-chezza di dettagli e linguaggio tecnico, come Andocide avesse,alla fine del V sec., posto fine alle manovre di Agirrio – questi,accordatosi con i suoi potenziali antagonisti per formare unasorta di «cartello» e impedire così il gioco al rialzo, tentava diaggiudicarsi, come ajrcwvnh~, una seconda volta l’appalto dellapentekosthv al prezzo molto vantaggioso di 30 talenti – rilan-ciando fino a 36 talenti e riuscendo nondimeno a fare, assiemeai suoi associati (oiJ metascovnte~), un piccolo guadagno (1,133-135)36, ma viene confermato anche dal racconto plutar-cheo di come Alcibiade avesse reso un beneficio ad un metecosuo ejrasthv~ ordinandogli di partecipare ad una gara d’asta

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37 Su tale denominazione e sul termine felleuv~ v. ora KRASILNIKOFF 2008, 42-45.38 Per una diversa interpretazione dell’espressione kata; diklhrivan cfr. ora WIL-

LIAMS 2008.39 Si veda in proposito la discussione di LANGDON 1994, 261-262.

per l’appalto di certi tevlh pubblici e di rilanciare facendoun’offerta superiore (uJperbavllein) a quella degli altri concor-renti, costringendo così i telwnai, che si sarebbero trovati indifficoltà nel caso l’appalto non fosse stato rinnovato, a offrirglila somma di un talento in cambio della sua rinuncia (Plut.,Alc., 5, 1-5). La formula tw`i to; plei`ston didovnti compareinoltre esplicitamente in due decreti di demi, rispettivamenteEleusi, dove, con la motivazione o{pw~ a]n tw`i jHraklei tw`iejn [Akridi provsodo~ h\i wJ~ pleivsth kai; hJ qusiva quvh-tai wJ~ kallivsth, viene deliberato di dare in affitto le cave dipietra di Eleusi (ta;~ liqotomiva~ ta;~ ∆Eleusini) al migliorofferente (SEG XXVIII 103 [= SCHWENK 1985, nr. 43], ll. 19-24), e Essone, a proposito della vendita del legno degli ulivi ta-gliati dai misqwtaiv della Felleiv~ (IG II2 2492, ll. 32-36)37, edè integrabile con buona probabilità nel nomos sul finanziamen-to delle Piccole Panatenee con riferimento all’affitto, presumi-bilmente proprio ad opera dei poleti, in due parti (kata;diklhrivan) della Nea (SEG XVIII 13 [= Rhodes, Osborne,GHI 81], ll. 5-10)38. Nel decreto del 418/7 relativo all’affittodel tevmeno~ di Neleo, Basile e Codro l’espressione o{p[o]sen d ja]n a[lfei mivs[q]wsin to; tevmeno~ kata; ejniauto;n e{ka-ston (IG I3 84, ll. 14-15) rende inoltre probabile l’inferenzache l’entità del canone d’affitto non potesse essere precisata sindall’inizio in quanto soggetta ai meccanismi dell’asta pubblica.Il sistema dell’aggiudicazione a chi «faceva l’offerta più alta»,un’idea che poteva essere ugualmente espressa dal verbo tecni-co pleisthriavzein (Poll., 7, 13-14)39, era del resto talmentepervasivo ad Atene che, negli ultimi decenni del V sec. a.C.,anche nel piccolo demo di Plotheia, quando si trattava di met-tere a frutto dei «capitali» (kefavlaia) per coprire le spese perle articolate attività cultuali in cui era coinvolta la comunità lo-cale, gli a[rconte~ sorteggiati per la gestione di tali fondi dove-vano concedere i prestiti a chi offriva l’interesse più elevato erisultava maggiormente affidabile in virtù della garanzia, reale

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40 Per un’ampia e convincente analisi del documento cfr. WHITEHEAD 1986, 165-169, alla cui bibliografia si aggiungano MILLETT 1991, 173-175; DAVIES 2001, 124-125;HUMPHREYS 2004, 151-154, e FARAGUNA 2008, 43-45. Sul significato di tivmhma in que-sto contesto cfr. HARRIS 1993, 85-86.

41 Cfr. in proposito RHODES 1981, 555-556.42 Per l’interpretazione di queste linee è fondamentale HARRIS 1999, 269-270; cfr.

anche FANTASIA 2004, 516-518.

o personale, prestata (IG I3 258, ll. 18-20: o{son de; kat∆ ejn-[iaut]o;n daneivzetai daneivzonta~ o{[sti]~ a]n plei`stontovkon didw`i, o}~ a]n [peivq]hi to;~ daneivzonta~ a[rconta[~tim]hvmati h] ejgguhth`i)40.

La prassi, pressoché costante nei documenti esaminati, pre-vedeva inoltre che l’appaltatore fornisse dei garanti su cui lacittà (o il demo) potesse rivalersi nel caso di mancato rispettodegli obblighi finanziari (come effettivamente avvenne in AgoraXIX P26, ll. 460-498; cfr. ad es. And., 1, 134; IG I3 84, ll. 23-25; SEG XXVIII 103, ll. 29-31), mentre i pagamenti potevanoessere effettuati in un’unica soluzione nella nona pritania o inpiù katabolaiv, fino a dieci, nel corso dell’anno, senza che siapossible determinare in base a quali criteri ciò venisse stabilito(Arist., Ath. pol., 47, 3)41. Un acconto pari a due rate mensili,detto prokatabolhv, era normalmente richiesto, a titolo dicauzione, subito dopo la stipulazione del contratto (Suid. ePhot., s.v. prokatabolh; kai; proskatabovlhma), comeemerge, del resto, anche dalla legge di Agirrio che, disponendol’esazione della dwdekavth in natura, liberava conseguentemen-te gli appaltatori da tale obbligo (ll. 27-28 e 57-61)42.

Il profitto dei telw`nai doveva naturalmente avere originenella differenza tra la somma versata per l’appalto e il denaroeffettivamente riscosso; nel caso dell’affitto delle cave o di unterreno pubblico o sacro nella differenza tra il canone annuopattuito e i proventi dell’attività del misqwthv~. Poiché è quinecessario considerare tutto il ventaglio delle possibilità, va pe-raltro osservato che questo schema-base poteva subire degli ag-giustamenti secondo la natura dei diritti dati in appalto. Nelcaso delle concessioni delle miniere del Laurion credo infatti diavere dimostrato che la polis di Atene compartecipava, anchein funzione della produzione su larga scala della moneta argen-

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43 FARAGUNA 1992, 289-322; FARAGUNA 2006; cfr. anche DESCAT 2004a, 390-396(che propende per il pagamento annuale [392]).

44 Cfr. le tabelle di CROSBY 1950, 286-292, e SHIPTON 1998, 58.45 APERGHIS 1997-1998, 18-19, ipotizza per il periodo del IV sec. documentato

dalle diagrafaiv un totale minimo di 500 miniere attive contemporaneamente.

tea (le «civette» non a caso definite Laureiwtikaiv da Ari-stoph., av., 1106), ai profitti degli appaltatori nella forma diuna quota proporzionale dell’argento estratto (cfr. Harp., s.v.ajponomhv), in modo tale che le cifre registrate nelle diagrafaivdei poleti corrisponderebbero ad una sorta di tassa di registra-zione versata in un’unica soluzione (o tutt’al più, anche se ciòmi appare meno plausibile, annualmente) dall’appaltatore al fi-ne di assicurarsi i diritti di sfruttamento del mevtallon43. Aconferma di ciò va osservato che nelle diagrafaiv non compa-re mai l’indicazione dei garanti, come nelle altre «vendite». An-che in questo caso, come evidenziato dalla presenza, nelle regi-strazioni dei poleti, di un certo numero di prezzi che si colloca-no nell’ordine delle centinaia e, talora, delle migliaia di dracmee che possono giungere fino a 6100 e, addirittura, anche se lalettura del testo non è qui sicura, 17750 dracme44 (cfr. ancheDemosth., 40, 52: 2000 dracme; 37, 22: 9000 dracme), si devein ogni caso presumere che le miniere venissero «vendute» almiglior offerente, sebbene la forte componente di rischio (kivn-duno~) insita nelle attività estrattive (Xen., vect., 4, 28-29) e l’e-levato numero delle concessioni45 facessero sì che queste venis-sero nella maggior parte dei casi assegnate al prezzo-base di 20o 150 dracme.

È dunque all’interno di questo quadro giuridico e ammini-strativo che, se vogliamo tentare di comprenderne i meccani-smi di funzionamento, dobbiamo collocare anche l’appaltomediante asta pubblica della dwdekavth sul grano delle isole diLemno, Imbro e Sciro. L’espressione th;n dwdekavthn pwlei`n(ll. 5-6), considerato l’uso terminologico tipico della linguagreca, può infatti avere soltanto questo significato. Che la pro-cedura fosse quella della vendita all’asta emerge poi inequivo-cabilmente dal riferimento al diritto fisso di 20 dracme richie-sto agli appaltatori per ciascuna meriv~ a titolo di ejpwvnia kai;

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46 STROUD 1998, 112-114.47 OSBORNE 2000, 173: «The person bidding to deliver the highest number of por-

tions wins. In the absence of any evidence for subdivision of the islands into regions …we should believe that there is only one successful bidder per tax per island»; cfr. an-che RHODES, OSBORNE 2003, 124.

48 FANTASIA 2004, 522-527.49 FARAGUNA 1999, 96.

khruvkeia e quindi, almeno in parte, come compenso per ilbanditore (kh`rux) (ll. 27-29). Ciò che risulta anomalo e che hadato luogo a interpretazioni così difformi sulle modalità delleprocedure d’appalto risiede nel fatto che la legge stabiliva già apriori la quantità di si`to~ (500 medimni) che gli appaltatori, ipriavmenoi, si impegnavano a versare alla città per ciascunameriv~. Ogni vendita all’incanto deve infatti fondarsi su una«variabile» che diviene l’oggetto della gara tra i partecipanti al-l’asta, ma in questo caso, essendo il «prezzo di acquisto» appa-rentemente già fissato, non si capisce in che cosa tale variabilepotesse consistere. Se l’editore aveva lasciato la cosa tutto som-mato nell’indeterminato ipotizzando che il profitto degli ap-paltatori dovesse avere origine soprattutto in un fattoreesterno, nella possibilità cioè che essi avrebbero avuto di pro-curarsi, nelle tre isole, ulteriori quantitativi di grano a prezzofavorevole da immettere poi sul mercato46, secondo R. Osbor-ne l’asta verteva sul numero delle merivde~ per le quali i con-correnti si offrivano, al punto che, al termine delle proceduredi aggiudicazione, vi sarebbe stato un solo appaltatore per iso-la47. Questa linea interpretativa è stata poi fatta propria ancheda U. Fantasia, il quale ipotizza però, sul modello di And., 1,133-134, un unico «vincitore», da identificare in concreto conuna società di priavmenoi, guidata da un ajrcwvnh~, che si ag-giudicava la riscossione della dwdekavth per tutte e tre le iso-le48. Nel mio contributo pubblicato nel 1999 avevo infine pro-posto, sul modello dell’appalto delle miniere, che, in presenzadi una quota fissa di grano ed orzo, la variabile dovesse essereidentificata negli ejpwvnia kai; khruvkeia, per i quali la sommadi 20 dracme non poteva che rappresentare il minimo d’asta49.Il fatto che gli ejpwvnia fossero di norma calcolati sulla base diuna scala di valori fissi corrispondenti per lo più all’1% del

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50 Su questo punto v. HALLOF 1990, 408-410, che riprende e perfeziona lo schemaproposto da PRITCHETT 1953, 226-230, e PRITCHETT 1956. Per un parallelo extra-ate-niese cfr. DUCREY 1988, 212-213.

51 Ph. Gauthier, BE 2001, nr. 165; OSBORNE 2000, 173; FANTASIA 2004, 521.52 FARAGUNA 1999, 90-97.53 Si noti inoltre che da And., 1, 133-134 risulta come l’ajrcwvnh~ fosse il titolare

del contratto d’appalto, mentre nella nostra legge è chiaramente prevista una pluralitàdi priavmenoi.

prezzo di vendita50 mi induce tuttavia oggi a recedere da que-sta ipotesi.

Senza avere la presunzione di poter offrire la soluzione defi-nitiva della questione, rimango tuttavia convinto che, anche al-la luce della discussione fin qui condotta, l’elemento-chiave dacui è necessario partire sia sempre il nome meriv~, un termineoltretutto specificamente appartenente al lessico tecnico del-l’appalto. Nonostante un certo scetticismo dei commentatori51,l’ipotesi che ciascuna meriv~, che ciascuna «porzione» di sitosdovesse corrispondere ad una porzione di territorio ben definitanei suoi limiti geografici (anche se, a parziale correzione diquanto da me in precedenza affermato52, evidentemente nonidentificarsi con essa) mi sembra inevitabile anche dal punto divista della sola attuazione pratica del sistema di esazione. Nes-sun appalto di una tassa proporzionale riscossa in naturaavrebbe potuto funzionare se gli aggiudicatari non avessero ri-cevuto in assegnazione una specifica area di competenza. L’ipo-tesi che vi fosse un solo appaltatore per isola (o per tutte le iso-le) si scontra poi non soltanto con il fatto che nella legge la de-finizione degli obblighi dei priamenoi, finanziari (quota fissa di500 medimni, eponia kai kerukeia, garanti solvibili) e giuridici(responsabilità individuale e solidale dei membri di una sim-moria), sia pensata in termini di porzioni singole o tutt’al più disimmorie di sei porzioni (e non di più), ma anche con le diffi-coltà che sarebbero sorte nel caso, in linea teorica non daescludersi del tutto a priori, che non si presentasse un perso-naggio (o un gruppo di persone) disposto ad assumersi l’appal-to per tutta un’isola53. La situazione, senza adeguata regola-mentazione, si sarebbe allora necessariamente tradotta in unaserie di malversazioni e comportamenti vessatorii da parte degli

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54 Sono istruttivi in proposito i due decreti colofonii di III sec. sugli abusi perpe-trati dai telwnai e sulle misure prese dalla città per porre rimedio a tali pratiche (SEGXLVIII 1404).

55 LALONDE 1992, 375-379.

appaltatori a danno dei soggetti alla dwdekavth54.A ciò si aggiunge il fatto che, ogniqualvolta disponiamo, so-

prattutto grazie alla documentazione epigrafica, di informazio-ni più dettagliate sulle modalità di attuazione pratica di lavoripubblici o «servizi» concessi in appalto, l’accurata delimitazio-ne geografica delle merides si presenta come una costante. Ab-biamo ad esempio visto che nell’ampio documento relativo ailavori di riparazione e restauro del sistema di fortificazioni cheproteggeva Atene e il Pireo del 307/6 a.C. il decreto dell’as-semblea e il capitolato d’appalto erano seguiti da una lista delle«sezioni» (merivde~) di muro affidate ai singoli misqwtaiv, se-zioni che vengono numerate e sommariamente definite nei loroestremi (cfr. col. II, ll. 120-124: tou` notivou [te]ivcou~p[evm]pt[h meri;~ ajpo;] tou` diateic[iv]smato~ t[ou` ejmPeiraiei`] mevcri tou` Kef[i]sou). Allo stesso modo, un’iscri-zione proveniente dall’agorà di Atene, pubblicata nel 1992 daG.V. Lalonde e per lo più passata inosservata (SEG XLII145)55, relativa forse ad uno spazio pubblico o ad un tratto distrada di cui viene accuratamente indicata la superficie in plet-tri e in piedi, definiva l’oggetto del contratto mevro~ devlta eriportava il nome del misqwthv~ e quello di uno o più garanti.

Per quanto riguarda poi le miniere del Laurion i lessici defini-vano la diagrafhv come hJ diatuvpwsi~ tw`n pipraskomevnwnmetavllwn, dhlousa dia; grammavtwn ajpo; poiva~ ajrch~ mevcripovsou pevrato~ pipravsketai (Harp. e Suid., s.v.), cosa che tro-va puntuale conferma nelle iscrizioni dei poleti rinvenute nell’a-gorà di Atene (cfr. e.g. Agora XIX P26, ll. 290-296: ∆Epikravth~∆Isokr[avto]u~ E[ujwn: mevt]allon ajpegravyato ajnasavximonsthvlhn e[[con ∆Arte]misiako;n ejn toi~ ejdavfesi toi~ Difivlou[Piq: w|i ge:] borr: ta; Kerkevwn ejdavfh notov: Difivlou Piq[:ejrgasthv]rion pro;~ hJlivou ajni: Meixiavdh~ Soun: hJl[ivouduomev:] hJ oJdo;~ hJ ajpo; Laurevou ejpi; Qravsumon fevro[usa wjnh:∆Ep]ikravth~ ∆Isokravtou~: Eujw: DD). Le miniere potevano poi

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56 Su tale dibattito, per una rassegna critica dei temi in discussione, cfr. FARAGUNA

2000b. Ai lavori ivi citati si aggiungano HANSEN 2002; BERENT 2004, e ANDERSON

2009. Utili considerazioni di metodo in GIANGIULIO 2004.57 Sull’iscrizione cfr. STROUD 1971, nr. 23, 162-173; SALOMON 1997, 142-146.58 MORISON 2003.59 Sulla questione v. FARAGUNA 2000a; FARAGUNA 2003. Un interessante esempio

di delimitazione mediante o{roi di un tratto di terra pubblica, la Lofi`ti~, e di accuratadescrizione dei suoi confini è offerto da un’iscrizione di Chio del V sec. a.C. (DGE3

688 [= KOERNER 1993, nr. 62] A, ll. 1-25); sul documento cfr. ora FARAGUNA 2005a.Un’iscrizione «catastale» di età adrianea, venuta alla luce a Dereköy in Licia, con unalista di cinque oJmourivai, a loro volta composte da cwriva o gruppi di cwriva, che dove-vano contribuire sumbolaiv per le festività in onore di Zeus Akraios, è stata recente-mente pubblicata da WÖRRLE, WURSTER 1997 (SEG XLVII 1806). Non è escluso cheuna seitikh; (ajpovmoira) venisse riscossa sulla base della medesima suddivisione terri-toriale (B, II, l. 49-C, l. 3).

a loro volta essere suddivise in merivde~, i cui limiti (o{roi), comeappare soprattutto dai lessicografi, erano anch’essi oggetto di ac-curata definizione ([Demosth.], 42, 3; lex. Seg., s.v. ajposevscen(sic!) tou;~ o{rmou~ tou` metavllou, p. 205 Bekker; cfr. anchePhot., s.v. mesokrinei~).

Lo scetticismo degli studiosi nasce, a mio giudizio, soprat-tutto dalla radicata tendenza, riflessa anche nel vivace dibattitodell’ultimo decennio sulla natura e i limiti della statualità dellapolis56, a sottovalutare la capacità e la complessità amministra-tiva di una città greca. Nel caso specifico di Lemno disponiamoperò di un decreto ateniese del 387/6 a.C. (SEG XXV 63 [=Agora XIX L3]), il quale, per quanto estremamente frammen-tario, sembra disciplinare il problema del regime della terracleruchica con riferimento a contese territoriali, alla proceduradell’ajpografhv, a terra e a case confiscate, alla terra da coltiva-re (l. 17: oJpovshn d j aujtoi; hjrgavzont[o]) e a ta; o[rh kai; ta;ajforivsmata, cioè alla terra marginale (l. 18), presupponendoquindi un lavoro di ricognizione complessiva compiuto nellacwvra dell’isola57. IG I3 420, un frammento di iscrizione recen-temente reinterpretato come una lista di immobili, di cui vienespecificata anche l’estensione, relativa a qualche non identifica-bile cleruchia58, nuovamente rivela come le città greche fosserointeressate a tenere registrazioni scritte sull’assetto della pro-prietà fondiaria59. L’orazione Contro Licofrone di Iperide tra-manda inoltre la testimonianza che i cavalieri ateniesi inviati a

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60 BUGH 1988, 214-215. Si veda anche il commento ai capitoli 16-17 dell’orazionedi WHITEHEAD 2000, 136-143, con osservazioni cogenti sull’espressione ejpi; kefalhvn,da interpretare nel senso di «precipitosamente», «in gran fretta», e non in quello chel’obbligo ricadeva sui singoli cleruchi sotto forma di testatico (così SALOMON 1997,146-147, seguita da FARAGUNA 1999, 81).

61 CARCOPINO 1914, 2-12 e 78; NICOLET 1994, 217-218; ANDREAU 2007, 81-83;cfr. anche NICOLET 1991, 473-478; DUBOULOZ 2007.

62 DAVIES 1994, 445-446.

Lemno ricevevano un misqov~ erogato grazie al contributo fi-nanziario dei poli`tai a[ndre~, in altri termini dei cleruchi,dell’isola (2, 17: ouj boulovmeno~ polivta~ a[ndre~ ejpi; ke-falh;n eijspravttein to;n misqo;n toi`~ iJppeu`si ajpovrw~diakeimevnou~)60. La naturale inferenza è che doveva essere di-sponibile una loro lista ufficiale.

Va infine osservato che l’ipotesi che le merivde~ di grano cor-rispondessero a «porzioni» di territorio delle tre isole si impo-ne anche su base comparativa. In Sicilia, ad esempio, secondoil «regolamento fiscale» della lex Hieronica (o lex frumentaria),la riscossione della decima pagata dai coltivatori dell’isola veni-va data in appalto su base locale, agro per agro, e il contratto diaggiudicazione per ciascuno di essi presupponeva l’esistenza diuna lista, aggiornata annualmente, dei soggetti all’imposta61.Nella stessa maniera, per fare un esempio che ci riporta all’etàmoderna, la riscossione della decima nel Peloponneso durantel’occupazione veneziana tra il 1688 e il 1715, anch’essa almenoinizialmente appaltata a privati, era organizzata secondo unitàcorrispondenti a uno o più villaggi62.

Se l’ipotesi della base territoriale delle merivde~ è corretta, neconseguirà, da un lato, che il loro numero era fisso e non veni-va calcolato annualmente sulla base di una stima del prodotto(ciò che avrebbe in ogni caso comportato una complessa am-ministrazione), dall’altro, che, pur essendo la dodekate in lineateorica un’imposta proporzionale, le «porzioni» erano di fattoconcepite come entità artificiali di tipo amministrativo che sol-tanto in parte riflettevano la realtà della produzione di cerealidelle tre isole. È stato infatti da più parti osservato che la pro-porzione di 1:4 tra orzo e frumento è ben lontana dal corri-spondere a quella estrapolabile dalle registrazioni sulle ajpar-

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63 STROUD 1998, 32-35 e 40-43; RHODES, OSBORNE 2003, 124; FANTASIA 2004,521.

64 Sulla questione, e sui limiti entro cui ciò va inteso, cfr. ENGELS 2000.

caiv di orzo e grano inviate da Sciro, Lemno e Imbro al santua-rio eleusinio di Demetra e Kore nel 329/8 a.C., dove essa è cu-mulativamente di 1:2,7 (IG II2 1672 [= I.Eleusis 177], ll. 275-279 e 297-298)63, e, se anche questa ulteriore deduzione è piùdiscutibile, che lo sbilanciamento, nel rapporto tra grano ed or-zo, a favore dell’orzo era funzionale alle finalità «sociali» e an-nonarie della legge64, che, conformemente alla sua esplicitamotivazione (ll. 5-6), mirava a costituire una riserva di sitospubblico da immettere sul mercato a prezzo politico in quelperiodo dell’anno, alla fine dell’inverno, quando, in attesa delnuovo raccolto, i prezzi dei cereali toccavano il loro apice. Lacompensazione tra grano e orzo per ciascuna unità dovevaquindi essere effettuata dai priamenoi stessi, individualmente (èpresumibile che, considerato l’elevato rischio che si assumeva-no, essi dovessero comunque ricavare dall’esazione ben più diquanto erano tenuti a versare alla città) oppure, al caso, nel-l’ambito delle più ampie simmorie di sei unità.

Sulla base di queste premesse è necessario allora fare ritornosulla questione di come gli esattori traessero un profitto dal-l’appalto della dwdekavth. Abbiamo visto che ogni appalto, perpoter dare vita ad una gara d’asta, deve contenere una «variabi-le» su cui si appuntano le offerte dei concorrenti. Esclusa, perle ragioni sopra esposte, la possibilità che questa risiedesse nelnumero delle merides che i partecipanti si impegnavano ad «ac-quistare», ed essendo il valore degli ejpwvnia kai; khruvkeiastabilito al livello fisso di 20 dracme, la soluzione più sempliceè quella di considerare la possibilità che l’oggetto della garafosse la quantità di si`to~ da consegnare, per ciascuna «porzio-ne», alla città. È vero che la legge dice esplicitamente che hJ de;meriv~ eJk[av]sth e[stai pentakovsioi mevdimnoi, pu[rw`]nme;n eJkatovn, kriqw`n de; tetrakovsioi (ll. 8-10) e chesu[mmor]iva e[stai hJ meri;~ triscivlioi mevdimnoi, e}xa[ndre~, ma bisogna anche ricordare che il testo dell’iscrizioneappare piuttosto compresso, o perché, come si è visto, disposi-

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65 NICOLET 1994, 218; cfr. anche CARCOPINO 1914, 108-120.66 DAVIES 1994, 445-447.

zioni normative generali e capitolato d’appalto risultano inqualche modo fusi e abbreviati o perché le linee-guida che re-golavano la materia degli appalti pubblici erano più ampiamen-te esposte nei novmoi telwnikoiv. La clausola sulla meris è, a ri-prova di ciò, introdotta nella legge senza alcun preambolo e inmaniera tutto sommato inattesa. È in ogni caso interessante os-servare che, nel caso della decima siciliana, la quota di un deci-mo del prodotto da versare al pretore costituiva, in linea diprincipio, il massimo esigibile dai coltivatori (aratores) ma ilprezzo di aggiudicazione, e cioè il quantitativo di cereali chel’appaltatore si impegnava effettivamente a consegnare, eranormalmente inferiore ed era propriamente l’oggetto dell’astapubblica. Come evidenzia il Nicolet, i decumani dovevano dun-que «giocare di fino» e offrire una quantità «abbastanza bassaper conservare un beneficio» e, nello stesso tempo, «abbastan-za alta per avere la meglio sui concorrenti»65. Qualcosa di ana-logo avveniva anche nel Peloponneso al tempo della domina-zione veneziana66.

Nel caso della dodekate della legge di Agirrio, come si è vi-sto, l’entità della meriv~ e la sua composizione erano anch’esseprefissate. Ad Atene non abbiamo però trovato traccia dellaprocedura dell’asta con offerte al di sotto di un valore di riferi-mento. Se ne dovrà concludere che, conformemente a quantoavveniva di norma nell’appalto dei tevlh, la quota di 500 me-dimni costituiva, nelle intenzioni dell’ideatore del nomos, laquantità minima e che i potenziali «acquirenti», fatta una stimadelle offerte degli anni precedenti e delle prospettive per il rac-colto dell’anno in corso, facevano la loro offerta attestandosisulla quota di partenza o rilanciando di una certa quantità di si-tos al di sopra dei 500 medimni.

La parcellizzazione dell’esazione della dodekate in merivde~,o in summorivai in cui è però evidente, dalla clausola sulle re-sponsabilità individuali e «collettive» in caso di mancato ri-spetto degli obblighi, che si prevedeva la partecipazione di piùpartners, e la fissazione di una quota minima rivelano in ogni

Il sistema degli appalti pubblici ad Atene nel IV sec. a.C. 147

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caso che uno degli obiettivi del nomos di Agirrio era quello dievitare la formazione di «cartelli» di esattori interessati ad ag-giudicarsi, come nel caso documentato da Andocide, la riscos-sione dell’imposta tenendo l’offerta al livello più basso possi-bile.

148 Michele Faraguna

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INDICE

Presentazione 9

Ronald S. Stroud Introduction 11

Léopold MigeotteLe grain des îles et l’approvisionnement d’Athènes

au IVe siècle avant J.-C. 27

Carmine AmpoloLe motivazioni della legge sulla tassazione del grano

di Lemno, Imbro e Sciro e il prezzo di grano e pane 39

Ugo FantasiaLa politica del grano pubblico nelle città greche:

alcune riflessioni a partire dalla legge di Agirrio 67

Mauro CorsaroIl nomos di Agirrio e la tassazione diretta del grano

nel mondo greco 99

Michele FaragunaIl sistema degli appalti pubblici ad Atene nel IV sec. a.C.

e la legge di Agirrio 129

Luigi GalloIl nomos di Agirrio e una testimonianza di Demostene 149

Anna Magnetto Incentivi e agevolazioni per i mercanti nel mondo greco

in età classica ed ellenistica 159

17_indice_303 19-10-2010 14:21 Pagina 303

Donatella ErdasIl ricorso ai garanti solvibili nei documenti ateniesi

di età classica 187

Cristina CarusiLa legge di Agirrio e le syngraphai ateniesi di IV secolo 213

Ronald S. StroudFuture Research on the Athenian Grain Tax Law 235

La leggeEditio princeps (R.S. Stroud) 243English translation (R.S. Stroud) 245Traduzione italiana (U. Fantasia) 247Illustrazione 249

Bibliografia generale 251

Indice delle fonti antiche 283

Indice dei nomi antichi 295

Indice dei luoghi 299

304 Nuove ricerche sulla legge granaria ateniese del 374/3 a.C.

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