Lo sviluppo organizzativo per il futuro dell'impresa turistica

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1 LO SVILUPPO ORGANIZZATIVO PER IL FUTURO DELL’IMPRESA TURISTICA DI ROBERTA GARIBALDI

Transcript of Lo sviluppo organizzativo per il futuro dell'impresa turistica

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L O S V I L U P P O O R G A N I Z Z A T I V O

P E R I L F U T U R O D E L L ’ I M P R E S A T U R I S T I C A

D I R O B E R T A G A R I B A L D I

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È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia anche ad uso interno

o didattico, non autorizzata.

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A mio padre

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Indice

Introduzione pag. 10

Parte Prima Lo scenario

1. Le risorse umane nel settore turistico. Analisi di contesto » 13 1. L’occupazione nel turismo in Italia » 13 2. Dati occupazionali nel core business » 25 2.1. Le strutture ricettive » 27 2.2. Gli stabilimenti balneari » 31 2.3 Agenzie di viaggio e tour operator » 33 3. Le peculiarità del settore turistico » 38 3.1. Microimprese » 38 3.2. Le collaborazioni stagionali, il lavoro sommerso e il turnover » 43 3.3. Gli immigrati » 48 3.4. Il meridione » 48 3.5. Sesso, età, funzioni ed inquadramenti dei collaboratori » 49 3.6. Prospettive di breve periodo » 52 4. Politiche per le risorse umane nel turismo » 53 2. Dalla personalizzazione del servizio al turismo dell’esperienza: quale approccio alla gestione delle risorse umane? » 59 1. Maggior valore ai servizi erogati » 61 1.1. Focalizzare ogni elemento della produzione del servizio » 61 1.2. Incentivare la relazione con il cliente » 63 1.3. Personalizzare il servizio » 64 1.4. Creare un rapporto di lungo periodo: fidelizzare la clientela » 67 1.5. Offrire qualità di sistema » 70 1.6. Specializzarsi ed innovarsi » 72 1.7. Far vivere esperienze » 75

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2. Incrementare la redditività dei servizi offerti pag. 83 3. Maggiore qualità del servizio interno » 86 3.1. Azioni di marketing interno » 87 3.2. Un nuovo modello organizzativo » 89 3. La leadership per l’impresa turistica » 97 1. Essere leader » 100 2. Le teorie organizzative: i principali stili di leadership » 105 3. Il leader del terzo millennio » 114 4. La vision e la mission » 117

Parte seconda Le tecniche

4. La conduzione del gruppo di lavoro » 120 1. Costruire la squadra » 123 2. Il team di successo » 126 3. Le fasi di sviluppo del gruppo » 129 3.1. L’orientamento » 129 3.2. L’insoddisfazione » 131 3.3. La svolta » 133 3.4. La produzione » 135 3.5. La fine » 137 4. La leadership per il successo del team » 137 5. Dal reclutamento alla delega » 145 1. Reclutamento e selezione » 145 2. La formazione » 153 2.1.Le fasi del processo formativo » 158 3. Motivazione ed incentivi » 168 4. Empowerment e delega » 174 6. La comunicazione interpersonale » 180 1. Il processo di comunicazione » 181 2. Superare le barriere alla comunicazione » 188 2.1. Barriere semantiche » 189 2.2. Barriere fisiche » 192 2.3. Barriere psicologiche » 193 3. L’immagine » 198 4. Altri requisiti della comunicazione efficace » 202

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4.1. Canale razionale/emozionale pag. 202 4.2. Assertività » 203 4.3. L’ascolto attivo » 206 5. La comunicazione non verbale » 210 5.1. L’aspetto » 213 5.2. Il corpo nello spazio » 215 5.3. Le espressioni del volto e lo sguardo » 217 5.4. La gestualità » 219 5.5. La voce » 219

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Introduzione E’ oramai condiviso che le risorse umane sono la leva fondamentale per la soddisfazione del cliente e quindi la competitività delle imprese turistiche. Ma come dare maggior valore ai servizi erogati? Come stimolare un maggiore coinvolgimento? Nel settore si riscontrano molte criticità: un alto turnover, personale non all’altezza, soprattutto per capacità comportamentali, una scarsa formazione dei collaboratori, una bassa attrattività verso i giovani più validi,... Come superare tutto questo? Si può agire a livello istituzionale, con interventi che introducano politiche di sistema a favore dell’occupazione, ma si può agire anche a livello microeconomico, adottando stili di gestione innovativi per la realtà delle imprese turistiche italiane. Per favorire una maggiore occupazione nel settore, ma soprattutto per migliorare la competitività delle nostre imprese nel confronto internazionale diventa fondamentale un nuovo modello organizzativo, basato su di un reale coinvolgimento dei collaboratori, su di una leadership di servizio, sull’empowerment, sulla deverticalizzazione e il decentramento decisionale, sul miglioramento dell’ambiente lavorativo. E’ questo l’obiettivo di questo lavoro che, partendo dalla criticità delle risorsa umana quale fattore chiave per il successo dell’impresa turistica, alla luce dei cambiamenti che stanno interessando il mercato, propone un nuovo stile di gestione e analizza gli strumenti più opportuni per una gestione mirata alla valorizzazione dei collaboratori. Il volume è suddiviso in due parti. Nella prima si presenta lo scenario e il contesto generale, nella seconda, dall’approccio più pratico, si affrontano invece le diverse tecniche utilizzabili nella gestione delle risorse umane, contestualizzate per le imprese turistiche. Nel primo capitolo si traccia il quadro dell’occupazione nel turismo in Italia. Presentando i dati relativi al settore si evidenziano le peculiarità che lo caratterizzano, dalle microimprese al lavoro sommerso, dagli immigrati al profilo degli occupati, arrivando a proporre, nell’ultimo paragrafo, alcune scelte strategiche che possano favorire un maggiore sviluppo. Il secondo capitolo vuole presentare il modello su cui verte il volume. Evidenziando le due vie per il miglioramento del rapporto qualità prezzo (dare maggior valore ai servizi erogati ed incrementare la redditività dei servizi offerti) si focalizza la criticità della risorsa umana e si propone il nuovo modello organizzativo per il miglioramento della qualità del servizio. Il terzo capitolo chiude la prima parte sottolineando il ruolo del leader come fulcro della gestione delle risorse umane, è lui l’ispiratore, il motivatore, l’attivatore delle energie.

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Dopo un excursus sulle principali teorie, si presentano le caratteristiche che il nuovo contesto competitivo oggi richiede. Col quarto capitolo si iniziano ad affrontare le tecniche, partendo dal tema del gruppo. Il lavoro di squadra è oggi indispensabile per raggiungere gli obiettivi di miglioramento continuo indispensabili per la competitività dell’impresa. Gestire un gruppo implica la necessità di acquisire consapevolezza delle dinamiche che lo caratterizzano e di una contestualizzazione delle tecniche e dei modelli di leadership già affrontati nel precedente capitolo. Si affronta questo tema presentando, dopo aver delineato le caratteristiche del gruppo di successo, le fasi di sviluppo che caratterizzano tipicamente la vita di ogni squadra ed evidenziando il miglior stile di leadership per ciascuna fase. Nel quinto capitolo si analizzano i sistemi di gestione e di sviluppo delle risorse umane (reclutamento e selezione, formazione, motivazione ed incentivi), passaggi critici in ogni azienda turistica per raggiungere l’empowerment. E’ solo la piena responsabilizzazione del collaboratore adeguatamente scelto, formato e motivato, che permette un servizio al cliente eccellente. Il sesto ed ultimo capitolo approfondisce il tema della comunicazione interpersonale. Non si è leader di un’azienda, di un ufficio, di un gruppo se non si sa comunicare in modo efficace. Acquisire consapevolezza delle dinamiche della comunicazione, delle barriere che limitano la comprensione dei messaggi, dei principi dell’ascolto attivo, della forza della comunicazione non verbale in tutte le sue sfaccettature permette una maggiore incisività nel proprio ruolo. Voglio ringraziare l’intero gruppo di docenti, colleghi e amici dell’area Turismo della Facoltà di Lingue dell’Università degli Studi di Bergamo: questo gruppo, sorto grazie al prezioso lavoro della professoressa Rossana Bonadei, è occasione costante di approfondimento e confronto. Il ruolo svolto da Rossana Bonadei è ben conosciuto ed apprezzato dai membri del gruppo e non solo: un ringraziamento per avermi sostenuto, per aver indirizzato la mia ricerca scientifica e avermi dato la possibilità di mettermi in gioco. Allo stesso modo, un particolare ringraziamento va anche al prof. Andrea Macchiavelli che mi ha coinvolto nell’area turismo e accompagnato nel percorso di crescita di questi anni. Un ricordo e un grazie anche al prof. Lelio Pagani, che ci ha recentemente lasciato, per la sua cortesia e il suo costante supporto. Vorrei ricordare il prof. Alberto Dessy che ha dato inizio alla mia attività universitaria, chiedendomi di collaborare al suo insegnamento appena

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laureata, e il prof. Alessandro Magnanensi con cui ho condiviso la crescita professionale nell’area dello sviluppo organizzativo. Un vivo ringraziamento alle collaboratrici del mio ufficio, Giovanna, Paola e Grazia, che mi hanno pazientemente supportato durante la fase di stesura.

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1. LE RISORSE UMANE NEL SETTORE TURISTICO ANALISI DI CONTESTO

1. L’occupazione nel turismo in Italia

Il turismo costituisce uno dei principali bacini occupazionali per

l’economia italiana e lo sviluppo qualitativo e quantitativo di tutte le attività che ruotano attorno alla sfera turistica fa sì che questo settore si collochi tra i più promettenti per quanto riguarda le prospettive future.

Nel 2003 le aziende turistiche hanno occupato in Italia complessivamente 2.377.000 addetti, l’occupazione diretta e indiretta ha inciso sul totale nazionale per il 9,8% e il moltiplicatore1 è stato pari a 1,49. Analizzando l’evoluzione del numero di occupati dal 1997 fino ad oggi possiamo vedere come la crescita sia stata costante e continua, con un incremento sensibile soprattutto per quanto riguarda i lavoratori indiretti2 (Tab 1).

1 Il rapporto tra attività diretta e indiretta di un settore origina un coefficiente detto moltiplicatore. Esso indica la quota di attività indiretta generata da quella diretta, mostrando quindi la reale portata qualitativa di un fenomeno economico e la sua produttività: più esso è alto maggiori saranno i benefici in termini di spesa, valore aggiunto o di occupazione che apporta al sistema. 2 Affrontare la questione occupazionale nelle attività turistiche non è cosa facile, questo perché trattandosi essenzialmente di un consumo, comprende una quantità di attività e comportamenti assai diversi che non possono essere compresi in un’unica categoria. Ci troviamo quindi di fronte ad una grande quantità di produttori che molte volte non lavorano solo ed esclusivamente per il settore turistico, ma offrono servizi anche alla popolazione residente della stessa località, in misura variabile a seconda della stagionalità, che si differenzia a seconda che si tratti di insediamenti urbani, località di mare o di montagna. “Il turismo, dunque, si configura come un consumo trasversale rispetto all’insieme dei settori delle attività produttive, nel senso che, in varia misura, li coinvolge pressoché tutti: dall’agricoltura, da cui proviene la materia prima per la ristorazione, all’industria, attraverso le molteplici attività di produzione manifatturiera, fino, ovviamente, alle forme di erogazione dei servizi turistici specifici.” Per poter comprendere la portata occupazionale del settore turistico si può comunque fare una prima distinzione tra produzione diretta e indiretta, distinguendo la prima categoria, dove rientrano tutta quella serie di servizi che generano servizi al turista in senso stretto (agenzie di viaggi, servizi alberghieri,

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Tab. 1.1 - Occupati nelle attività turistiche in Italia 1997/2003

Anno Lavoratori diretti Lavoratori indiretti Totale

1997 1.622.000 378.000 2.000.000

1999 1.530.000 503.000 2.033.000

2001 1.518.000 729.000 2.247.000

2003 1.600.000 777.000 2.377.000

Fonte: Ciset e Irpet

Dobbiamo inoltre considerare che i dati a nostra disposizione risultano essere sottostimati in quanto non considerano i molti lavoratori del sommerso: come vedremo successivamente da fonti Istat risulta che nel settore alberghiero e dei pubblici esercizi, ad esempio, vi siano almeno 30 lavoratori irregolari ogni 100.

Secondo i dati del Ciset, nel 2003 793.000 persone (pari al 33,4%) sono occupate in alberghi e ristoranti, 408000 (17,2%) nelle attività commerciali, mente in agricoltura lavora il 12,8% del totale (305000 addetti). Seguono altre attività.3

Confrontando i dati riguardanti l’occupazione con quelli del valore aggiunto, ossia della ricchezza creata dalle attività turistiche (Tab.2), appare evidente come l’apporto del turismo all’economia italiana sia sensibilmente superiore in termini di occupazione rispetto al contributo in termini di produzione, misurato attraverso il valore aggiunto generato. Il peso di quest’ ultimo infatti è del 5,4% sul totale nazionale, contro il 9,8% dell’occupazione. Questi dati ci mostrano come il turismo sia complessivamente un settore ad alta incidenza occupazionale (labour intensive) e che di conseguenza un

guide turistiche…), dalla seconda, che comprende tutte quelle attività che si occupano di fornire beni o servizi che influiscono indirettamente sul consumo del turista, ma che partecipano all’intera organizzazione del prodotto (depliant informativi, prodotti gastronomici e non utilizzati da ristoranti e alberghi…). 3A.A.V.V., XIII Rapporto sul turismo in Italia, Edizione Mercury, Firenze, 2004

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aumento della domanda turistica produce una crescita occupazionale maggiore rispetto alla media degli altri settori dell’economia.4 Ciò significa che le attività turistiche hanno come fattore produttivo fondamentale la risorsa umana.

Tab. 1.2 - Indicatori macro-economici, 2003 Popolazione residente (31 dicembre) 57.804.056 PIL (€ milioni correnti) 1.300.926 Spese per consumi (€ milioni) - da parte dei turisti italiani in Italia 57.340 - da parte di turisti stranieri in Italia 27.978 Consumi dei turisti (Fatturato Turistico) (€ milioni) 85.318 Fatturato turistico sul Pil nazionale 6,6% Quanto contribuisce al fatturato - il turismo degli italiani 67,2% - il turismo degli stranieri 32,8% Valore aggiunto turismo (€ milioni) 70.299 V.A. turismo su Pil nazionale 5,4% Pil dell'economia dei viaggi e turismo (€ milioni) 152.354 Incidenza del Pil V&T su Pil economia nazionale 11,7% Spesa media giornaliera procapite in Italia: - del turista straniero € 81,00 - del turista italiano € 64,00 La bilancia dei Pagamenti turistica in Italia (€ milioni) Entrate valutarie 27.622 Uscite valutarie 18.236

4Macchiavelli A., Occupazione e formazione nel turismo in Italia, Touring Club Italiano, Milano, 2000

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Saldo valutario 9.386 Occupati nelle attività turistiche Diretti Totale Occupazione generata da consumi: - dei turisti italiani 567.000 830.000 - dei turisti stranieri 1.033.000 1.547.000 Totale 1.600.000 2.377.000 Quota su occupazione totale nazionale 9,8% Fonte: elaborazione Centro Studi Tci su dati Ciset, Istat, Uic

D’altra parte si può notare come l’ammontare del valore aggiunto

apportato dal settore turistico all’economia nazionale è assai considerevole soprattutto se si pensa che è pressoché simile a quello del settore energetico e a quello meccanico, quasi doppio rispetto a quello tessile e più che doppio di quello del settore alimentare. Nel 2003 il valore aggiunto attivato dai consumi turistici è stato pari a 70.299, con un incremento rispetto al 2002 dovuto per la maggior parte al turismo domestico, che per il più delle volte si è sostituito a quello internazionale compensandone quindi la diminuzione.

Se osserviamo poi la comparazione del numero di occupati e dell’incidenza sul totale negli ultimi 10 anni notiamo come l’incremento sia decisamente significativo.

Tab. 1.3 - Variazione numero di occupati settore turistico 1994-2003 1994 2003 Occupati nel Turismo (migliaia)

1.802 2377

Incidenza sul totale occupati

8,1% 9,8%

Fonte: Ciset e Irpet

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Tab. 1.4 - Pil ed occupati del settore turistico in Europa occidentale, stime 2004

Industria Viaggi e turismo

Pil (€ mln)

Economia Viaggi e turismo

Pil (€ mln)

Industria Viaggi e turismo

Occupati (num.)

Economia Viaggi e turismo

Occupati (num.)

Austria 13.200 36.600 272.000 739.000 Belgio 8.800 26.700 144.000 430.000 Danimarca 6.100 17.600 69.000 193.000 Finlandia 5.400 14.800 87.000 248.000 Francia 80.200 200.000 1.550.000 3.690.000 Germania 65.700 210.600 1.251.000 4.057.000 Grecia 9.300 23.200 258.000 660.000 Irlanda 2.600 10.000 34.000 121.000 Italia 65.900 153.300 1.137.000 2.724.000 Lussemburgo 500 1.800 5.000 18.000 Paesi Bassi 15.400 43.500 234.000 638.000 Portogallo 9.100 22.300 412.000 1.028.000 Regno Unito 61.500 163.100 1.056.000 2.841.000 Spagna 59.800 154.900 1.475.000 3.763.000 Svezia 6.800 20.400 96.000 307.000 Totale 410.300 1.098.800 8.080.000 21.457.000 Industria del turismo: attività economiche in cui rientrano solo i dati direttamente legati ai consumi dei turisti Economia del turismo: rientrano anche gli input indiretti quali gli investimenti privati e pubblici (ad es. nei trasporti) e le spese della pubblica amministrazione Fonte: Wttc dai Conti Satellite

Le previsioni per i prossimi anni fanno presupporre una crescita continua e

costante. A livello mondiale5 le previsioni del WTO annunciano una crescita

5 È necessaria un premessa metodologica: a livello internazionale si utilizzano metodologie diverse per quantificare l’occupazione, e questo non garantisce una comparazione corretta. Il

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del Pil generato dalle attività turistiche da 3.527 miliardi di dollari nel 2003 a 6.416 miliardi di dollari nel 2013. Nello stesso periodo prevede un incremento dell’occupazione da 194,6 milioni di addetti nel 2003 (corrispondenti al 7,6% dell’ occupazione mondiale totale) a 247,2 milioni nel 20136. Il turismo rappresenta in tutto il contesto europeo uno dei settori che può offrire maggiori spunti di crescita occupazionale, in uno scenario che vede da una parte l’allargamento dell’Unione Europea a nuovi Paesi e dall’altra un generale rallentamento dell’economia mondiale.

Fig. 1.1 - L’occupazione nelle attività turistiche. Incidenza nelle economie europee (Percentuale sul totale dell’occupazione – ipotesi allargata)

Fonte: Wttc

Il turismo riveste un ruolo fondamentale per l’integrazione delle economie di quelle regioni situate alla periferia dell’Unione, per le quali esso rappresenta spesso la principale fonte di reddito e di occupazione. D’altra parte risulta, e risulterà sempre di più, un settore cruciale anche nei Paesi più industrializzati, oramai segnati dalla progressiva deindustrializzazione e dalla crescita dell’economia dei servizi, i cui occupati rappresentano il 65% del

WTO ha lavorato cercando di rendere omogeneo il quadro facendosi promotrice dell’utilizzo del Conto Satellite del Turismo, strumento già utilizzato in alcuni Paesi che sembra essere il metodo migliore per produrre statistiche realmente comparabili fra loro e per definire l’impatto reale del settore turistico sull’economia mondiale. I conti satellite sono estensioni del sistema dei conti nazionali, e vengono costruiti come sistemi informativi integrati, il che consente di mettere in relazione reciproca la serie di dai statistici senza rischi di incoerenze e disomogeneità. 6 Touring Club Italiano, Turismo, qualità per competere, Milano 2002.

1714 15,2 15 14,8

7

16,518,5 17,7

13

18,5

12

23

11,514

A B DK SF F D GR IR I NL P UK S SV EU

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totale dei lavoratori europei.7 Se da una parte sono sempre più forti i fattori che ci fanno temere una progressiva crisi del nostro settore industriale, citiamo il più banale, la concorrenza nella produzione di Paesi con costi di manodopera irrisori, come la Cina, sempre più confortanti sono gli indicatori che ci danno il turismo come settore in forte crescita. L’introduzione dell’euro, il completamento del processo di liberalizzazione dei trasporti, il funzionamento più efficace del mercato interno insieme alla rapida espansione delle nuove tecnologie e dei nuovi strumenti della società dell’informazione, faciliteranno sempre più la mobilità dei cittadini e contribuiranno ad assicurare una maggiore internazionalizzazione dei flussi turistici europei. Come si può evidenziare dalle tabelle allegate, tutte le previsioni elaborate da Wto e Unione Europea evidenziano in senso prospettico questa crescita.

Fig. 1.2 - Progressione del turismo internazionale 1950-2020

Fonte: Wto

7 Fonte: Gruppo ad Alto Livello su Turismo e Occupazione, Turismo Europeo, nuove forme di partenariato per l’occupazione, Ufficio delle comunicazioni ufficiali della Comunità Europea, Lusssemburgo, 1998

1550

1046

25222

328563 673

1950 1975 1985 1995 2000 2010 2020

Milioni di arrivi

20

Fig. 1.3 - Viaggi internazionali ogni 100 persone: confronto 1980, 2000, 2020 Fonte: Wto

Come evidenziato dalla Comunità Europea, se i diversi Stati investiranno nello sviluppo equilibrato e sostenibile del turismo europeo, questo potrà contribuire in maniera sostanziale alla lotta contro la disoccupazione. Il turismo è un settore caratterizzato da incrementi di produttività tendenzialmente ridotti, per cui una progressione dei movimenti turistici si traduce nella creazione di nuovi posti di lavoro. Basandosi sull’esperienza dei suoi aderenti e su un’analisi quantitativa e qualitativa dei dati disponibili, il Gruppo ad Alto Livello su Turismo e occupazione dell’Unione Europea prevede per il turismo comunitario tassi annui di crescita significativa, superiori a quelli dell’economia nel suo insieme. Tali tassi si collocheranno tra l’1 e l’1,5% in termini di occupazione e il 2.5-4% in termini di fatturato. Ciò significa che entro la fine del 2008 nell’Unione ci sarà la possibilità di creare tra i 2,2 e i 3,3 milioni di nuovi posti di lavoro in attività turistiche; già nel 2006, gli occupati nel settore del turismo, rappresenteranno il 9% dell’occupazione totale dell’Unione Europea8. Inoltre le ripercussioni del

8 Stime diffuse in occasione della Borsa Italiana del Turismo 2005

6

20

106

2 0,27

16

46

11

2 0,5

23

81

21

13

1,26

Mondo Europa Asia Est epac.

Mediooriente

Africa Sud asia

1980 2000 2020

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turismo su altre attività genereranno, anche indirettamente, ulteriore occupazione9.

Come si colloca l’Italia in questo contesto di crescita internazionale? Quanto beneficerà la nostra occupazione di questo atteso sviluppo? Il sistema turistico italiano ha una posizione di vantaggio rispetto a quello di molti altri Paesi in quanto gode di una straordinaria concentrazione di valori artistici, storici e paesaggistici (5.000 Km di costa balenabile, 86.000 Kmq di superficie forestale, 481 riserve naturali, 29.500 dimore storiche, 155 parchi tematici e molti altri luoghi di interesse). Tutto questo corrisponde ad un’organizzazione dell’offerta ricettiva di consistenza rilevante e una imprenditorialità dell’accoglienza senza dubbio vitale (33.289 alberghi, 2368 campeggi e villaggi turistici, 8.979 aziende agrituristiche, 10.719 agenzie di viaggio. 49.832 posti barca in porti, 95.070 imprese di ristorazione, 390 aziende termali)10. Tab. 1.5 - L’ospitalità italiana – 2003

Descrizione Quantità Descrizione Quantità Alberghi 33.289 Pro Loco attive 4.650 Campeggi e villaggi turistici

2.368 Musei ed istituti 4.203

Agriturismi 8.979 Musei statali (di cui) 551 Bed&Breakfast 4.920 Dimore storiche 29.500 Ostelli, case ferie rifugi montani

2.820 Riserve naturali (statali e regionali)

481

Abitazioni disponibili per vacanze di terzi

Circa 750.000

Parchi nazionali 22

Superficie territoriale 301.338 Aree naturali marine e riserve marine

23

Litorale (km) 7.375 Altre riserve e aree regionali o statali

727

Costa balneare (kmq) 5.017 Centri congressuali 860 Superficie forestale (kmq)

86.751 Imprese balneari 6.390

9 Fonte: Gruppo ad Alto Livello su Turismo e Occupazione, Turismo Europeo, nuove forme di partenariato per l’occupazione, Ufficio delle comunicazioni ufficiali della Comunità Europea, Lusssemburgo, 1998 10 Fonte: Mercury

22

Superficie aree protette (kmq)

29.118 Trasporti con funivia 350

Popolazione residente 57.888.245 Località termali 185 Stranieri residenti 1.464.589 Aziende termali 390 Comuni 8.101 Imprese di ristorazione

(sedi e U.L.) 95.070

Comunità montane 356 Bar, caffè e gelaterie (sedi e U.L.)

146.536

Addetti diretti attivati da consumi turistici

1.600.000 Rete stradale primaria 155.254

Addetti indiretti attivati da consumi turistici

777.000 Rete autostradale km 6.487

Parchi tematici 155 Rete ferroviaria km 16.092 Agenzie di viaggio e TO 10.719 Aeroporti 45 Pro Loco attive 4.650 Posti barca nei porti

turistici (2002) 49.832

Dimore storiche 29.500 Approdi turistici e punti d’ormeggio (2002)

67.041

Fonte: elaborazioni Mercury su dati Istat, Conto Nazionale delle Infrastrutture e Trasporti.

Il nostro Paese risulta oggi essere la quinta meta più visitata al mondo

dopo Francia, Spagna, Usa e da quest’anno Cina. Negli ultimi anni infatti la posizione dell’Italia e degli altri Paesi leader nel settore è messa a rischio da nazioni che fino agli anni ’80 erano chiusi al turismo straniero. È il caso della Russia e della Cina. In particolare quest’ultima è salita in graduatoria dalla quindicesima posizione occupata nel 1980 (con 3,5 milioni di arrivi) alla quarta del 2004 (quasi 42 milioni di arrivi)11 collocandosi per la prima volta proprio prima dell’Italia. Anche la Russia ha compiuto un grosso salto passando dalla ventinovesima posizione alla settima dal 1990 al 2002. Questi Paesi vantano aree geografiche vastissime con patrimoni naturali e culturali ancora da valorizzare, un numero di abitanti estremamente elevato, reddito pro capite e livello medio di istruzione in aumento, relazioni commerciali in forte crescita. Tutto fa ritenere che saranno delle protagoniste nel turismo mondiale del prossimo futuro sia per l’incoming che per l’outgoing. Tab. 1.6 - Proiezioni di crescita del turismo per regioni del mondo al 2020

11 Fonte: WTO

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Arrivi di turisti internazionali in milioni

1995 2000 2010 2020 Europa 336 393 527 717 Asia dell’est/Pacifico 81 93 195 397 Americhe 110 130 190 282 Africa 20 27 47 77 Medio Oriente 14 18 36 69 Sud Asia 4 6 11 19 Totale 565 667 1006 1561 Quote di mercato

1995 2000 2010 2020 Europa 59.5% 58.9% 52.4% 45.9% Asia dell’est/Pacifico 14.3% 13.9% 19.4% 25.4% Americhe 19.5% 19.5% 18.9% 18.1% Africa 3.5% 4% 4.7% 4.9% Medio Oriente 2.5% 2.7% 3.6% 4.4% Sud Asia 0.7% 0.9% 1.1% 1.2% Totale 100% 100% 100% 100% Fonte: Wto

Tab. 1.7 - I Paesi a maggiore crescita della domanda turistica 2006-2015

Paese % Montenegro 9,9 Cina 9,2 India 8,6 Rèunion 8,3 Croazia 7,8 Sudan 7,7 Vietnam 7,7 Laos 7,6 Rep. Ceca 7,5 Guadalupa 7,2 Fonte: Stime Wttc

Oltre all’avanzare di nuovi competitor, il nostro Paese sta perdendo di

competitività per fattori interni. Se negli anni ’70 eravamo al primo posto

24

nelle classifiche mondiali, oggi siamo scesi al quinto, perdendo progressivamente terreno sia in termini di posizione in graduatoria, sia in termini di flussi di visitatori rispetto ai nostri più prossimi concorrenti.

Tab. 1.8 - La competitività dell’industria turistica italiana rispetto ai principali 7 concorrenti europei, modello econometrico TRIP 2004-2005 Arrivi Mondiali 2004 2005

Valori assoluti

(x 1000) Variaz. % Valori assoluti

(x 1000) Variaz.

%

Francia 79.348 1,6 81.530 2,8 Spagna 52.573 0,6 53.961 2,6 Italia 38.912 0,4 39.568 1,7 Regno Unito 23.000 0,8 23.150 0,7 Austria 19.789 3,2 20.454 3,4 Grecia 14.945 3,3 15.421 3,2 Svizzera 9.654 0,5 9.880 2,3 Portogallo 11.217 -1,3 11.563 3,1 Fonte: Ciset

La competitività del nostro Paese è progressivamente diminuita per molti

fattori. Consideriamo che nonostante il forte potenziale artistico-culturale, l’Italia risulta essere uno tra i Paesi a più bassa produttività nelle attività turistiche. Questa grossa carenza è dovuta essenzialmente alle caratteristiche della sua offerta che è molto frammentata, tendenzialmente di piccole dimensioni, poco integrata, carente nei servizi di rete, inefficiente, e di conseguenza, meno competitiva nel rapporto qualità-prezzo12. La gestione familiare che caratterizza il sistema ricettivo italiano non garantisce ai turisti e agli operatori incoming che vogliono organizzare pacchetti verso l’Italia, servizi di qualità a prezzi convenienti; gli alberghi, per la gran parte di piccole dimensioni, non riescono ad assicurare un numero di camere sufficiente per le esigenze organizzative dei tour operator. Il sistema delle infrastrutture e dei trasporti è inadeguato. L’incuria caratterizza diffusamente il nostro patrimonio artistico culturale e il nostro ambiente naturale. Molte attrazioni

12 Macchiavelli, op. cit.

25

turistiche sono poco curate, non accessibili e solo lontanamente customer oriented. L’attività di promozione verso l’estero appare frammentata e deficitaria.

Il direttore generale del Censis Giuseppe Roma, alla Conferenza nazionale sul turismo delle Province italiane tenutasi a Venezia il 2 Aprile 2004 afferma che “Molti segnali suggeriscono l’ipotesi che si stia affermando un modello italiano nell’incerto scenario della globalizzazione, un modello che può sfruttare il capitale di base di cui l’Italia abbondantemente dispone, fatto di buon clima, di paesaggio, di valori ambientali, di patrimonio artistico e monumentale, di cultura, finanche di varietà enogastronomiche. I nodi da sciogliere riguardano, semmai, l’organizzazione dell’offerta, coinvolgendo tanto le strategie degli operatori quanto il ruolo delle istituzioni […]”. Queste potenzialità, che generano importanti flussi di occupazione, possono essere sfruttate al meglio solamente mantenendo alto il livello competitività sullo scenario europeo e mondiale. In questo senso diventa fondamentale la qualità dell’offerta turistica, che risulta essere un fattore primario di competitività del settore.

2. Dati occupazionali nel core business

All’interno dell’intero settore è possibile identificare tre sottogruppi13:

• il core business, che comprende tutte le attività che producono servizi e/o prodotti prevalentemente o totalmente rivolti al turista. Fanno parte di questa categoria le attività ricettive, di ristorazione (anche se non sono da considerarsi totalmente rivolte al turista) gli stabilimenti balneari e le imprese di intermediazione come le agenzie di viaggio e i tour operator. In questo gruppo non consideriamo però i “pubblici esercizi” (bar e locali) in quanto non si ritiene che la loro attività sia interamente orientata al turista;

• le attività leisure che comprendono momenti ricreativi e culturali che possono essere collegati ai movimenti turistici (parchi divertimento, musei, monumenti, giardini, riserve naturali, stabilimenti balneari e termali…);

13 Macchiavelli A., op cit.

26

• i trasporti che costituiscono la rete di collegamento dei flussi turistici, sebbene una parte delle loro attività sia svincolata dalla funzione turistica. È predominato dalla presenza di tre grandi branche che attengono in misura molto ridotta alle attività turistiche in senso stretto: quella ferroviaria, quella aerea e quella del trasporto terrestre regolare di passeggeri.

Le attività del core business costituiscono la componente

quantitativamente più rilevante, nonostante il peso molto elevato del sistema dei trasporti. Tra le attività del core business il maggior numero di occupati si rileva nella ristorazione, anche se dobbiamo rilevare che questo tipo di attività non offre il proprio servizio solamente ai turisti. La vera base degli occupati del turismo è quindi la ricettività alberghiera, che è interamente dedicata al consumo turistico.

Rileviamo l’estrema difficoltà ad avere a disposizione dati completi ed omogenei per quanto riguarda l’occupazione nei diversi ambiti del turismo italiano. Purtroppo il settore è caratterizzato da classificazioni non chiare ed univoche, la delega affidata alle Regioni ha peggiorato la situazione rendendo differenti le normative e la scarsa attenzione da parte degli istituti competenti (società di ricerca, istituti di statistica, Camere di Commercio,…) non trova soluzione. Sono molte le esigenze sentite in questo senso da parte degli operatori del settore. Ad esempio un’esigenza molto sentita dal settore turistico sarebbe quella di definire con precisione i profili professionali in esso operanti. Come afferma l’ISFOL “si sente la mancanza di un sistema stabile di individuazione delle professioni e di rilevazione dei fabbisogni in grado di rendere conto delle situazioni in evoluzione e di fornire informazioni sistematiche secondo una tipologia costante”14. Nonostante siano stati molti i tentativi di definire una lista organica e completa in grado di porsi come punto di riferimento per tutti gli operatori, non siamo ancora oggi giunti ad una discriminazione efficace, per molti motivi. Da una parte la maggior parte degli addetti del settore turistico ricopre più funzioni allo stesso tempo e non può essere collocato in un’unica categoria (consideriamo, ad esempio, le micro imprese a gestione familiare). Dall’altra un’industria come questa si intreccia continuamente con altre industrie e proprio per questo risulta avere un numero indecifrabile di attività, con una conseguente difficoltà di controllo

14 ISFOL, Osservatorio sulle professioni, Area Turismo e Ospitalità, F. Angeli, Milano, 1994.

27

occupazionale (come già visto, ad esempio, quando abbiamo parlato del Conto Satellite del turismo).

Vediamo qui di seguito di dare fare una carrellata degli occupati delle aziende del core business: strutture alberghiere e ricettive, stabilimenti balneari, agenzie di viaggio e tour operator.

2.1. Le strutture ricettive Il ricettivo assorbe molti degli occupati del settore turistico. Dai dati Istat

che rilevano le unità di lavoro standard15 si rileva che nel 2002 erano 732800 i dipendenti e 585100 gli indipendenti occupati nel settore alberghi e pubblici esercizi. Tab. 1.9 - Unità di lavoro occupate nel settore alberghi e pubblici esercizi 1995-2002 (migliaia) 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 Dipendenti 639,9 642,3 652,7 668 668,2 715,1 729,3 732,8 Indipendenti 501,3 501,4 504,7 506 525,9 554,1 576,4 585,1 Totale 1141,2 1143,7 1157,4 1.175 1194,1 1269,2 1305,7 1317,9 Fonte: Istat

Dai dati elaborati dal Censis da fonte Istat, emerge che l’87,2% di questi

trova occupazione nell’alberghiero. Il nostro Paese è ancora caratterizzato dalla centralità di questo comparto che, come numero di esercizi, capacità ricettiva e numero di pernottamenti è leader in Europa e a livello mondiale secondo solo agli USA. Con più di 30.000 imprese, 22 miliardi di euro di fatturato annuo (pari al 2% del Pil), 900000 camere, 1,7 milioni di posti letto è il comparto più significativo e più dinamico del sistema turistico italiano e secondo in Italia subito dopo quello delle costruzioni16. Per il resto il 4,5% del totale degli occupati trova lavoro negli affittacamere, il 3,1% nei campeggi, il

15 Le unità di lavoro non corrispondono al numero di persone impiegate al lavoro, ma a una aggregazione delle diverse tipologie di posizione lavorativa (regolari e irregolari, a tempo pieno o a tempo parziale, con occupazione occasionale o con più occupazioni, in posizione autonoma o dipendente) in unità di lavoro standard riportate a tempo pieno nell'anno. 16 Fonte: Istat

28

2,4% nei villaggi turistici, l’1,7% negli agriturismi e l’1% in rifugi di montagna e ostelli17. Tab. 1.10 - Addetti alle unità locali nelle strutture di accoglienza turistica 1991-2001

1991 2001 1991-2001 Addetti alle unità

locali N. % N. % Diff. Var. %

Ostelli 318 0.2 622 0,3 304 95,6 Rifugi di montagna 1096 0.5 1399 0,7 303 27,6 Campeggi 4985 2.9 5980 3,1 -5 -0,1 Villaggi turistici 2462 1.8 4709 2,4 2.247 91,3 Affittacamere 11002 6.4 8812 4,5 -2.190 -19,9 Agriturismo 4439 2.6 3296 1,7 -1.143 -25,7 Alberghi 150409 85.6 169427 87,2 19.018 12,6 Totale 175711 100 194245 100 18.534 10,5 Fonte: Istat

Ricordiamo che il settore è caratterizzato da una forte presenza di

lavoratori in nero. Il sommerso è molto presente in tutte le tipologie, ma ancora di più nell’extraricettivo. Tutti i dati vanno rivisti in quest’ottica, considerando un’occupazione maggiorata in media del 30%18.

Fig. 1.4 – Distribuzione dell’occupazione nelle strutture ricettive in Italia nel 2000

17 Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat 18 Fonte: Istat

87,2%

4,5% 3,1% 2,4% 1,7% 0,7% 0,3%

Alberghi Affittacamere Campeggi Villaggi Agriturismo Rifugi Ostelli

29

Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat Fig. 1.5 – Variazione nella percentuale di addetti nelle strutture ricettive in Italia (1991 – 2001)

Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat È interessante notare l’evoluzione del numero degli occupati negli anni.

Dai dati presentati la crescita occupazione appare costante, con un incremento del 10% negli ultimi 10 anni. Nonostante il settore alberghiero sia quello trainante, negli ultimi anni il comparto ricettivo ha subito sensibili cambiamenti a causa delle mutate esigenze dei turisti. Se è opportuno quindi riconoscere che l’occupazione è cresciuta soprattutto negli alberghi con un incremento di oltre 19mila unità (+12,6%), è da sottolineare il forte sviluppo registrato dai villaggi turistici che hanno registrato un aumento in dieci anni del 91,3% (pari a 2.200 lavoratori in più), a dimostrazione dell’interesse degli italiani per questa tipologia ricettiva. Anche gli ostelli hanno registrato un incremento importante in termini percentuali di occupazione (+95%) a cui si affianca quello dei rifugi (+27,9%), ma a livello numerico il peso appare comunque limitato (crescita complessiva di sole 600 unità nell’ultimo decennio).

Per quanto riguarda invece le formule turistiche più informali e meno strutturate, quali affittacamere ed agriturismo, la situazione è piuttosto controversa: si registra infatti una crescita costante della domanda e dell’offerta (gli agriturismo sono aumentati nell’ ultimo decennio del 6,7%) di pari passo ad una contrazione dell’occupazione (-19,9% per gli affittacamere

12,6%-0,1%

91,3%

27,6%

95,6%

-25,7%-19,9%

Alberghi Affittacamere

Campeggi Villaggi Agriturismo

Rifugi Ostelli

30

e -25,7% negli agriturismo). Possiamo trovare una spiegazione nella maggiore irregolarità dell’occupazione che caratterizza tale tipo di offerta .19

L’occupazione legata all’accoglienza turistica è cresciuta in termini percentuali in maniera più consistente nel Mezzogiorno. Tra il 1992 e il 2002, infatti, è aumentata del 27,6%, il Centro ha registrato comunque un’ottima crescita (+17,3%), mentre nel Settentrione, dove resta concentrata la maggior parte degli occupati nel settore, il numero di addetti è rimasto stabile nel Nord Est ( +0,6%) ed è cresciuto solamente del 4,6% nel Nord Ovest20. Le Regini con il maggior numero di occupati sono il Trentino Alto Adige, il Veneto e la Lombardia. Numerosi gli addetti anche in Toscana, Lazio ed Emilia Romagna. Alla Campania spetta il record di occupati nel Sud, precedendo di non poco la Sicilia. Fanalino di coda come numero di occupato nel settore alberghiero è il Molise21.

Fig. 1.6 – Percentuale di addetti nelle strutture ricettive italiane suddivisi per regioni nel 2001 Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat

19 Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat 20 Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat 21 Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat

12,0% 11,9%

10,4% 10,1%9,6%

8,6%

7,2%

4,7%3,9% 3,6% 3,3% 3,2%

2,2% 2,0% 1,9% 1,8% 1,6%1,1%

0,6% 0,3%

Trentin

o Alto

Adig

e

Veneto

Lomba

rdia

Toscan

aLazi

o

Emilia R

omag

na

Campa

niaSici

lia

Liguria

Piemon

tePug

lia

Sardeg

na

Marche

Umbria

Calabri

a

Abruzzo

Friuli V

enez

ia Giul

ia

Valle d

'Aost

a

Basilic

ata

Molise

31

2.2. Gli stabilimenti balneari

L’occupazione che caratterizza gli stabilimenti balneari è fortemente contraddistinta dalla stagionalità e da un alto tasso di precarietà, nonostante ciò è un settore in continua espansione: dal 1991 al 2003 il volume dell’occupazione è cresciuto del 23.5%22. Tab. 1.11 - Numero di occupati sulle spiagge italiane 1991-2003

anno 1991 anno 2003 Variazione % Addetti 8.338 10.297 + 23.5%

Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat Una recente indagine del SIB (Sindacato Italiano Balneari)

sull’occupazione nel settore balneare nel 2001 stima una forza lavoro che supera le 33mila unità. Questa disparità di dati deriva essenzialmente dalla grande quota di lavoro sommerso che le indagini ufficiali non riescono a quantificare. In ogni caso, comunque, i dati parlano di un settore in costante crescita.

Dal 1991 gli stabilimenti balneari hanno avuto un incremento del 26% (quasi 1200 nuove strutture). Questo dato deve essere associato a due tipi di fenomeni: il miglioramento dell’offerta turistica e l’aumento della superficie della costa balneabile che, sempre dal 1991, è aumentata del 31,3% (1.200 km in più). Quest’ultimo fenomeno si è verificato soprattutto nelle regioni meridionali e nello specifico in Sardegna (+173,6%), Basilicata (+89%), e Lazio (+55.4%). Da evidenziare che questo ampliamento non si associa ad una crescita proporzionale dell’offerta23.

Al sud, infatti, dove si trova il 71, 1% della costa balneabile allineata, è presente solamente il 28,8% degli stabilimenti con una percentuale di occupati del 28%. Al contrario, nelle regioni del Nord, che dispongono solamente del 12,2% della costa del Paese, si concentra ben il 40% degli stabilimenti con un occupazione pari al 41,1% della quota nazionale.

22 Studio elaborato dal Censis per Italia Lavoro 23 Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat

32

Tab. 1.12 – Ripartizione delle coste e degli addetti per aree geografiche nel 2003

% Costa balneare Addetti % Addetti Nord 12,20% 4.231 41,10%

Centro 16,70% 3.145 30,50% Sud 71,10% 2.920 28,40%

Totale 100,00% 10.297 100,00% Fonte: Istat

La frequenza delle infrastrutture raggiunge picchi altissimi soprattutto in

alcune località: analizziamo ad esempio l’Emilia Romagna, che conta una media di 1 stabilimento ogni 70 metri. Non c’è da stupirsi se è proprio in questa regione che si concentra il 22,9% degli stabilimenti italiani ed oltre il 20,9% dell’ occupazione del settore.

Analizzando le percentuali medie di crescita degli occupati a livello regionale appaiono molto dinamiche le Regioni meridionali e le isole (Sardegna, Basilicata, Calabria e Sicilia in particolare), mentre è molto più contenuto l’aumento dei posti di lavoro nel Centro–Nord, con l’eccezione del Veneto.

Fig. 1.7 – Percentuale di lavoratori balneari divisa per regioni nel 2003

20,9%

15,5% 15,4%

8,0%7,1% 6,9% 6,6%

5,1%3,8% 3,8% 3,4%

1,4% 0,6% 0,4% 0,4%

Emilia Rom

agna

Liguria

Toscan

aLazi

o

Abruzzo

Marche

Campan

ia

Puglia

Sicilia

Veneto

Calabri

a

Sardegn

aMoli

se

Basilic

ata

Friuli V

enezia-G

iulia

33

Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat 2.3. Agenzie di viaggi e tour operator

Nelle agenzie di viaggio lavorano in Italia nel 2004 più di 50000 addetti. Il numero degli occupati dell’intermediazione è in costante crescita perché in costante crescita è il numero di agenzie di viaggio presenti sul territorio. Quella delle agenzie di viaggio è infatti la componente più dinamica dell’intero sistema turistico. Se negli ultimi 4 anni il numero delle aziende turistiche iscritte al registro delle Camere di Commercio è salito dell’ 8,5%, raggiungendo a fine giugno del 2004 le 289.656 unità, il numero delle agenzie di viaggi è cresciuto nello stesso periodo del 25,3%24. Grazie alla liberalizzazione delle licenze dal 1998 il numero delle agenzie è cresciuto in modo esponenziale e così anche il numero degli occupati. Tab. 1.13 - Numero di Agenzie di viaggi e Tour Operator in 15 Paesi europei 1996-2003

1996 2001 2002 2.003 Austria 2.700 nd nd nd Belgio 2.600 nd nd 2.054 Danimarca 597 580 539 562 Finlandia 430 671 714 754 Francia 2.840 5.500 5.200 5.200 Germania 18.700 20.800 18.500 nd Grecia 4.700 4.435 nd nd Irlanda 395 nd 410 415 Italia 6.000 9.000 9.200 nd Lussemburgo 39 nd nd nd Paesi Bassi 1.100 990 992 nd Portogallo 614 762 1.447 1.478 Regno Unito 7.259 7.697 7.111 7.006 Spagna 2.830 3.900 4.100 4.220

24 Fonte: Excelsior

34

Svezia 1.000 920 900 910 Fonte: Ectaa (European Travel Agents’ and Tour Operator’s Associations)

È estremamente difficile sapere il numero esatto di agenzie viaggi presenti oggi sul territorio italiano e allo stesso modo un dato preciso riguardo al numero di occupati. Non è possibile recuperarli ne presso le Camere di Commercio, ne presso gli istituti di statistica, ne presso le Associazioni di Categoria, ne presso le Province. La liberalizzazione delle licenze ha disposto che per aprire una filiale di un’agenzia principale sia sufficiente una lettera di comunicazione all’ente competente (diverso a seconda delle diverse Regioni), e questo ha portato ad una notevole difficoltà nell’avere dati precisi sul settore25. Presentiamo qui i dati dell’ECTAA, l’Associazione Europea dei Tour Operator e delle Agenzie Viaggi, a cui aderisce anche Fiavet. Tab. 1.14 – 1996-2003 numero di occupati nelle Agenzie di Viaggi e Tour Operator in 15 Paesi Europei

1996 2001 2002 2.003 Austria 10.000 nd nd Nd Belgio 5.000 nd nd Nd Danimarca 6.000 4.000 3.700 Nd Finlandia 3.700 4.020 3.580 3.290 Francia 25.000 30.000 nd Nd Germania 65.000 80.200 79.900 77.800 Grecia 16.000 18.000 nd Nd Irlanda 4.000 nd 4.200 4.300 Italia 20.000 40.000 50.000 Nd Lussemburgo 35 600 nd Nd Paesi Bassi 13.000 16.000 15.800 Nd Portogallo 6.260 nd nd Nd Regno Unito 45.000 nd nd 130.000 Spagna 33.000 37.600 44.890 46.600 Svezia 6.900 6.900 6.800 6.757

Fonte: Ectaa (European Travel Agents’ and Tour Operator’s Associations)

25 Per approfondimento: Gentile R., Agenzie di viaggi e network. Nuove tendenze della distribuzione turistica in Italia, Hoepli, Milano 2002.

35

Il numero medio di occupati nelle agenzie di viaggi non è molto alto,

spesso si tratta di attività a conduzione familiare nelle quali, oltre al direttore tecnico, che il più delle volte coincide con la persona del titolare, operano due o tre addetti. Il 67,3% delle agenzie di viaggi italiane ha un numero di dipendenti minore di 5: con l’apertura di molte nuove attività, inevitabilmente di piccola dimensione, il numero medio di occupati per singola attività è diminuito. Il numero di aziende con fino a 2 dipendenti risulta sostanzialmente immutata (+0,67%), in netta diminuzione sono le agenzie tra 3 e 5 dipendenti (-14,09%), sono invece in aumento le agenzie senza dipendenti (+13,41%), in cui l’attività operativa viene svolta direttamente dal titolare con un’eventuale collaborazione di uno o più familiari. Il 20,19% degli occupati risulta essere non dipendente26.

Fig. 1.8 – Struttura delle agenzie di viaggio italiane per classi dimensionali nel 2002

Fonte: Fiavet Una sostanziale modifica si è verificata anche nelle dimensioni delle agenzie di viaggi di più grandi dimensioni. Rispetto al 1993 sono in diminuzione le agenzie che occupano da 11 a 20 dipendenti, scese dal 9% del 1993 al 5% del 2002: sono queste le agenzie che hanno maggiormente sofferto la crisi di questi ultimi anni. Ad ammortizzare più facilmente la situazione difficile sono state, invece, le agenzie molto grandi (con oltre 50 dipendenti) che non sono

26 Fonte: Osservatorio imprese di viaggio e turismo, Fiavet, 2003

67,53%

20,45%

5,10% 5,52%1,30%

Piccole (fino a 5dipendenti)

Medio piccole (da6 a 10)

Medie (da 11 a 20)

Medio grandi (da 21 a 50)

Grandi (oltre 50)

36

ricorse a riduzioni del personale, e quelle molto piccole (fino a 5 dipendenti) che, pur in presenza di notevoli difficoltà economiche, hanno saputo evitare di ricorrere a pesanti forme di indebitamento, limitandosi semplicemente a contenere i costi27.

Fig. 1.9 – Variazioni nella composizione della struttura delle agenzie di viaggio italiane per classi dimensionali (1993 – 2002)

Fonte: Fiavet

Fig. 1.10 – Composizione percentuale per classi delle agenzie di viaggio di piccole dimensioni nel 2002

Fonte: Fiavet

27 Fonte: Osservatorio imprese di viaggio e turismo, Fiavet, 2003

20,19%

39,42% 40,38%

Addetti non dipendenti Fino a 2 dipendenti Da 3 a 5 dipendenti

3,80%

0,08% 0,68%

-4,13%

-0,43%Piccole Medio piccole Medio grandi Grandi

Medie -4.13%

37

Dalle ricerche Databank riferite al 2002 emerge che in Italia nei tour operator lavorano 2600 persone, distribuite in 140 imprese. Il numero di addetti per singola impresa è molto difforme, come possiamo rilevare dalla tabella inserita più sotto, dove sono elencati i principali tour operator italiani e il numero di addetti che occupavano sempre nel 2002. Vediamo spiccare realtà come quelle dei Viaggi del Ventaglio, oramai un gruppo con attività molto differenziate (2243 dipendenti), Club Mediterranee (457) e Costa Crociere (316), a cui fanno da contro altare le decine di piccoli tour operator per lo più specializzati, con un numero di addetti estremamente ridotto. Il numero medio di addetti per impresa risulta così essere in Italia pari a 19.

Tab. 1.15 - Tour Operator, dati di sintesi 2002 Numero di imprese 140 Numero di addetti 2.600 Numero di addetti per impresa 19 Giro d’affari (Mln. di €) 4.350,00 Variazione media annua 1998/2002 (%):

in valore 4,0 in quantità 5,4 Fatturato per addetto (Mn. di €) 1,67 Valore aggiunto (Mln. di €.) 261,0 Valore aggiunto per addetto (Migliaia di €) 186,43

Fonte: Databank La maggior parte dei tour operator, in questi anni caratterizzati da margini

di redditività estremamente ridotti, ricerca la flessibilità nella forza lavoro, affidando gli incarichi nelle località di destinazione nei mesi di alta stagione a lavoratori con contratto a tempo determinato. È questo il motivo per cui il numero medio di addetti risulta essere così basso.

Tab. 1.16 - Tour Operators: numero di addetti nei principali tour operator nel 2002

Aziende N. addetti Alpitour 482 Aviomar 43 Best Tours (a) 36 Club Mediterranee Italia (a) 457

38

Costa Crociere 316 CTS Viaggi 198 Eden Viaggi 260 Eurotravel 194 Francorosso International 187 Giver Viaggi (a) 40 Hotelplan 220 I Grandi Viaggi - I Viaggi del Turchese 55 I Viaggi del Ventaglio 2.243 Kuoni Gastaldi Tours 232 Medov 55 MSC 70 Olympia Viaggi n.d. Orizzonti 141 Teorema 88 Touring Viaggi 87 Turisanda 118 Utat 84 Valtur 103 Veratour 73 Viaggi dell’Elefante - Viaggidea 47 Volando 24

(a) I dati si riferiscono al 2001 Fonte: Databank

3. Le peculiarità del settore turistico 3.1 Microimprese

L’apparato produttivo italiano, così come quello europeo, è prevalentemente caratterizzato dalla presenza di piccole e medie imprese a gestione familiare, che si trovano oggi a dover competere con le spinte della globalizzazione e dell’internazionalizzazione.

L’Unione Europea fa rientrare nella definizione di piccole imprese tutte le attività economiche con meno di 50 addetti e 7 milioni di euro di fatturato, come medie imprese quelle aziende sino a 250 dipendenti e sino a 40 milioni di euro di fatturato, come micro imprese quelle che occupano meno di 10

39

dipendenti. Analizzando secondo questo criterio il totale delle imprese presenti sul territorio europeo occidentale, si calcola che oltre il 92% appartiene a questa categoria 28.

Entrando nello specifico dell’offerta turistica, secondo le stime di Eurostat, in Europa vi sono 1.300.000 aziende fra alberghi e ristoranti, dei quali il 96% sono di piccole dimensioni, con meno di 9 dipendenti (in questo caso si può parlare quindi di micro-imprese). Anche in Italia la situazione è simile, con una prevalenza di microimprese a gestione familiare sia nel ricettivo, alberghiero ed extra alberghiero, che nelle agenzie di viaggi. Il numero di occupati maggiore si riscontra nelle aziende di trasporti, a seguire alcune catene alberghiere e pochi tour operator che, come abbiamo visto si caratterizzano per un numero medio di occupati pari a 19 per singola impresa.

Dai dati Istat rileviamo che le aziende turistiche con più di 50 dipendenti sono solo 265 su tutto il territorio nazionale29. La dimensione media così ridotta, decisamente inferiore nel turismo rispetto alle medie europee, crea dei problemi di competitività, anche a livello internazionale. La dimensione ridotta limita l’azienda in molti fattori, ne citiamo qualcuno: la possibilità di generare economie di scala per lo scarso potere di acquisto, la visibilità sul mercato, gli investimenti in promozione, comunicazione ed innovazione, il trasferimento del know how.

Nella tabella seguente troviamo le principali società turistiche italiane per numero di dipendenti.

28 Dati precedenti all’allargamento dell’UE ai 25 paesi del 1 maggio 2004 – Documento Commissione Europea 1992. 29 Fonte Istat 2003

40

Tab 1.17 - Numero di occupati nelle principali società “turistiche” in Italia, 2003 con valori in milioni di euro

Numero

Dipendenti

Valore Aggiunto

*30 Utile Fatturato Trenitalia (2)(gruppo Ferrovie dello Stato) 56.206 3.128 -19,0 4.716 Alitalia (1)(2) 22.200 977 -520,0 4.306 Fincantieri (1)(2) 9.458 535 93,0 2.143 Autostrade (1) 9.402 1.912 157,0 2.533 Autogrill 8.872 406 13,5 1.061 Costa Crociere (1) 8.186 310 87,0 786 Sea-Aeroporti di Milano (1)(2) 6.484 402 32,0 560 Sevel - Società europea veicoli leggeri 4.397 185 4,4 1.887 Starwood Italia (1) 3.397 194 -31,0 333 Alitalia airport (gruppo Alitalia) (1) (2) 3.351 139 -0,7 307 Aeroporti di Roma (1) 3.347 357 -2,0 619 Tirrenia di navigazione (1) (2) 3.224 102 4,9 391 Alpitour (1) 3.219 96 680,0 933 Ferrovie Nord Milano (1) (2) 2.776 142 3,0 251 I Viaggi del Ventaglio (1) 2.603 73 -33,0 667 Jolly Hotels (1) 2.428 125 -2,9 220 Meridiana 1.301 105 0,3 332 Volare Group (1) 1.268 92 -45,0 577 Ciga gestioni (Gruppo Starwood Italia) 1.229 84 -2,5 186

30 * il Valore Aggiunto, nella contabilità aziendale, è calcolato deducendo dal faturato gli acquisti di beni e servizi, i canoni di concessione, le svalutazioni del circolante; sono aggiunti (sottratti) l'incremento (diminuzione) delle rimanenze di materie prime, semilavorati e prodotti finiti. Grosso modo, e semplificando un po', possiamo dire che il V.A. di un'azienda misura la qualità e la quantità di lavoro che i dipendenti dell'azienda stessa incorporano nei suoi prodotti. il V.A. di un'azienda di produzione è generalmente superiore a quello di un'azienda commerciale, coeteris paribus.

41

Air One 1.191 81 0,4 409 CIT - Compagnia Italiana Turismo (1) 1.148 13 -41,0 240 Atahotels 1.032 47 0,2 97 Autostrade del Brenneroo (1) (2) 921 101 23,0 219 Grimaldi compagnia di navigazione (1) 899 148 55,0 479 Save - Aerop. Venezia (1) (2) 883 66 8,7 126 Starhotels (1) 878 69 1,1 125 Sifalberghi 786 37 3,4 77 Atlantica di Navigazione (1) 750 150 51,0 444 Gardaland (1) 714 60 17,0 100 I Grandi Viaggi (1) 646 21 3,8 88 Aeroporto Marconi, Bologna (1) (2) 601 38 4,3 63 Alitalia Express (gruppo Alitalia) (2) 592 42 2,6 154 Aeroviaggi (1) 576 32 4,9 79 Air Dolomiti 566 27 -8,7 157 Hertz Italiana 487 55 -2,4 149 Eurofly 468 28 2,7 178 Sagat- Aeroporto Torino (1) (2) 466 35 5,5 52 D'Amico società di navigazione (1) 449 61 22,0 238 Fiera Milano (1) (2) 395 62 9,0 219 Hotelplan Italia (1) 357 11 0,2 207 JAS - Jet Air Service (1) 341 21 0,4 244 Europcar 330 69 -1,2 184 I Viaggi del Ventaglio 288 12 -29,0 384 Kuoni Gastaldi Tours 190 8 -2,4 92 Europ Assistance Italia 143 nd 5,6 96 (b) Fonte: elaborazione Tci annuario del turismo da Mediobanca, Le principali società italiane, 2003 (1) Bilancio consolidato - (2) A controllo pubblico - (b) Premi lordi

42

Le micro e piccole imprese sono in Italia le più dinamiche. “L’occupazione – spiega il presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli– cresce in Italia grazie alle piccole e medio-piccole imprese, che continuano a svolgere un ruolo sociale che merita rispetto e attenzione.” Anche dai dati Istat del 2003 emerge che l’incremento maggiore di occupati sul 2002 avviene nelle imprese tra i 2 ei 9 dipendenti (+7,3%), tra i 10 e i 19 (+16,2%) e tra i 20 ei 49 (+13,3%). Anche i dati Excelsior evidenziano sono le PMI le aziende che in Italia andranno ad occupare in futuro nuovo personale.

Vediamo alcuni degli aspetti chiave che caratterizzano e differenziano la realtà delle “piccole imprese turistiche”31:

• i fattori gestionali: una piccola impresa turistica è generalmente costituita

dal proprietario, dai suoi famigliari e da pochi esterni; • aspetti soggettivi e personali della gestione: una piccola impresa turistica

esprime il carattere e la personalità delle persone che la gestiscono e che vi lavorano, ed è difficile tenere separate la propria vita personale/familiare dalle vicende dell’azienda stessa. L’impegno costante dell’imprenditore fa si che si instauri un rapporto diretto con i dipendenti;

• fattori critici: le micro dimensioni e la dominanza dell’imprenditore portano per la maggior parte dei casi ad una limitatezza delle risorse finanziarie e la mancanza di una capacità di pianificazione strategica sul lungo periodo. Inoltre si ha la tendenza a non valorizzare le proprie competenze attraverso una formazione che sappia creare professionalità specifiche e al passo con i tempi32. D’altro canto le ridotte dimensioni facilitano una maggiore flessibilità gestionale e un’interazione diretta con il cliente. Le PMI hanno una dinamicità e una capacità di reazione molto maggiore rispetto alle grandi imprese.

31 Dall’Ara G., Di Bartolo S., Montagiuti L., Modelli originali di ospitalità nelle piccole e medie imprese turistiche, Franco Angeli, Milano, 2000 32 Talinucci V., Pechlaner H., Holzl B., Lo sviluppo delle piccole-medio imprese familiari in Rapporto sul turismo in Italia, XIII ed., Mercury srl, 2004- 2005

43

Tab. 1.18 - La polverizzazione del tessuto produttivo italiano: le quote delle imprese individuali per settore di attività economica – Censimenti 1991-2001

1991 2001 Var. % 1991-2001 Quota

imprese individuali

Quota addetti nelle imprese individuali

Quota imprese individuali

Quota addetti nelle imprese individuali

Totale imprese

Imprese individuali

Totale addetti

Ricettività turistica 30.7 9.2 37.5 10.8 12.4 37.2 17.3 Alberghi, ostelli, villaggi turistici, agriturismi, enoteche, fornitura pasti preparati

25.2 4.4 29.5 4.8 9.5 28.2 16.7

Campeggi, colonie, case per ferie, residence

44 14 39.7 10.3 -14.5 -22.7 5.5

Fonte: Istat 3.2 Le collaborazioni stagionali, il lavoro sommerso e il turnover

Il settore turistico è caratterizzato da un ampio impiego della manodopera

stagionale, con contratti a termine o part time, e da una buona parte di lavoratori che collaborano non ufficialmente.

Sappiamo che la domanda nella maggior parte delle aziende turistiche non è costante durante l’arco dell’anno: i turisti leisure, per fattori economici, climatici, sociali e culturali, tendono a muoversi con picchi stagionali molto forti, concentrando le proprie vacanze nei mesi centrali della stagione estiva.

Nel complesso i dipendenti stagionali del settore terziario sono circa 327.00033, di questi la maggior parte trova occupazione proprio nel turismo.

33 Sangalli F., Le organizzazione del turismo, Apogeo, Milano, 2002.

44

Fig. 1.11 - La distribuzione dei turisti – anno 2000

Tab. 1.19 - Occupazione nei settori ad alto tasso di stagionalità

Fonte: Istat In Italia globalmente la durata media di un contratto per la metà dei

lavoratori stagionali è di 3-4 mesi, per il 24,3% è di 1-2 mesi, mentre circa il 20% può contare su un rapporto di 5-6 mesi. Nel settore terziario, e soprattutto nel comparto turistico, la formula prevalente è quella dei 3-4 mesi, principalmente concentrati tra giugno e settembre.

Negli ultimi anni, caratterizzati da una contrazione delle presenze per la crisi economica e per i timori di attacchi terroristici, si è verificata una riduzione nell’impiego di personale stagionale, ma si ritiene sia dovuta a fattori contingenti e non a un cambiamento nel trend del settore che continua

Settori Dipendenti Turismo 250.000 Commercio 50.000 Export fiori 2.000 Export frutta 5.000 Servizi 20.000 Totale stagionali 327.000

Fonte: Istat

0

5000000

10000000

15000000

20000000

25000000

30000000

35000000

40000000

Italiani 6409926 6439556 7820196 6928770 7557040 1.3E+07 1.9E+07 2.6E+07 1.2E+07 6239281 4535412 5710419Stranieri 3422033 4194147 6477873 6454293 9729697 9376062 1.1E+07 1E+07 1.1E+07 7580774 2901139 2637157Totale 9800208 1.1E+07 1.4E+07 1.3E+07 1.7E+07 2.2E+07 3E+07 3.7E+07 2.3E+07 1.4E+07 7436551 8347576

Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settemb

re Ottobre Novenbre

Dicembre

Fonte: Istat

45

a scegliere questo tipo di collaborazioni rispetto alle assunzioni a tempo indeterminato.

Secondo Excelsior la Regione in cui si registra il picco di assunzioni temporanee è il Trentino Alto Adige, sostanzialmente però sono le Regioni meridionali ad offrire maggiori opportunità, con Sardegna (7.700), Puglia (6.790), Campania (6.300), Calabria (4.360) ed Abruzzo (2.560)34. La stessa fonte prevede che la maggior parte dei lavoratori stagionali saranno impiegati nelle micro imprese (fino a 9 addetti). Da dati Federalberghi emerge che agosto è il mese in cui si registrano il maggior numero di occupati stagionali, la punta minima si registra nel mese di novembre35.

Tra le diverse tipologie di aziende turistiche sono gli esercizi extraricettivi a fare il maggior uso di manodopera stagionale, seguita dagli alberghi. Bar e ristoranti, agenzie di viaggi e tour operator tendono ad utilizzare in maniera limitata questa tipologia di occupati. Gli stagionali svolgono mansioni principalmente nelle aree della salute e del fitness e nell’animazione. Valori superiori alla media si riscontrano anche per l’alloggio, per la sala, per la manutenzione, per la custodia e la cucina36.

Il ricorso a lavoro interinale da parte delle imprese turistiche è sostanzialmente in linea con la media riscontrabile nelle imprese italiane di ogni settore. Nelle imprese alberghiere e dei pubblici esercizi il numero medio di lavoratori interinali inseriti è pari a 8,6, contro una media nazionale di 8,1. La durata media della collaborazione è percentualmente più bassa, trattandosi nel 70,4% dei casi di incarichi di durata inferiore ai 30 giorni.

Sono sempre le micro aziende che in Italia fanno largo uso di quello che viene chiamato “lavoro nero”. Secondo il Censis37 il livello di irregolarità del lavoro dipendente in Italia in tutti i settori cresce di anno in anno, passando dal 26% del 2002 al 27,9% del 2005 sul totale degli occupati nel 23,4% delle imprese. La stessa fonte rileva anche imprese “totalmente sommerse”, che avrebbero però subito un calo, passando dal 22,3% sul totale delle aziende registrate nel 2002, al 9,7% del 2005. In generale, il lavoro nero interessa

34Elaborazione Censis su dati Unioncamere-Ministero del Lavoro, Sistema informativo Excelsior,2004. 35 Federalberghi, Rapporto 2003, Edizioni Istat 36 Ente bilaterale nazionale del turismo, L’analisi dei fabbisogni formativi e professionali del settore turismo, F. Angeli, Milano, 2001 37 Questi dati emergono dall’ indagine condotta dal Censis per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (la terza dal 1998) su un campione di 754 “testimoni locali” scelti, a livello territoriale, tra i protagonisti del mondo del lavoro e dell’impresa , in base alla conoscenza diretta del fenomeno del lavoro irregolare.

46

soprattutto gli occupati stranieri: ben il 36,7% della manodopera immigrata infatti non ha contratto regolare, la maggior parte (60%) non è clandestina, ma non ha permesso di soggiorno. Il Sud rimane è l’area più colpita da questo fenomeno (41,2% nel 2002 e 47,7% nel 2005): nel Mezzogiorno quasi un lavoratore su due si trova in una condizione irregolare. Le percentuali scendono invece al Nord-Ovest (dal 18,4% del 2002 al 14,4% del 2005) e al Centro (dal 22,2% del 2002 al 21,3% del 2005).

La presenza di questa situazione accomuna quasi tutti i settori occupazionali del Paese. I settori trainanti sono sicuramente quello dei servizi di assistenza alla persona, dove il peso del lavoro nero si attesta al 37% (a causa dell’ importante fenomeno delle badanti e colf straniere), quello dell’ agricoltura (25,9%) e quello delle costruzioni (24%). Tuttavia si rileva un’elevata quota di occupati non dichiarati nel turismo, dove viene segnalata una forte presenza di lavoratori stranieri. Negli agriturismi e nei campeggi si registra oggi un tasso di lavoro irregolare del 17,3%, percentuale che supera quella degli alberghi che si attestano sul 12,1%.

Il settore della ricettività è sempre stato caratterizzato dal lavoro nero. In questo ambito infatti immigrati (anche clandestini o irregolari), disoccupati, pensionati, tirocinanti, stagisti, giovani in cerca di prima occupazione o persone con doppio lavoro trovano ampie possibilità occupazionali, senza però che vengano riconosciuti diritti sindacali e fiscali.

Critica è anche la situazione per quanto riguarda la durata media di un contratto di collaborazione a tempo indeterminato, il turnover del personale dipendente. Secondo il “Rapporto annuale Istat 2002” il settore degli alberghi e dei pubblici esercizi guida la classifica dei settori in cui prevalgono i rapporti di lavoro di breve durata: l’80% dei rapporti di lavoro iniziati nel settore tra aprile 2000 e marzo 2001 ha avuto una durata inferiore ai dodici mesi38. Le percentuali più alte di turnover si registrano nel ricettivo ed extraricettivo, il mondo dell’intermediazione è meno segnato da questo fenomeno, da dati dell’Ente Bilaterale del Turismo emerge una durata media del posto di lavoro nelle agenzie di viaggio pari a 13 anni39.

Molti sono i fattori che spiegano questo fenomeno:

38 Rapporto Federalberghi 2003 39 Ente bilaterale nazionale del turismo, L’analisi dei fabbisogni formativi e professionali del settore turismo, F. Angeli, Milano, 2001

47

• gli orari di lavoro per la maggior parte delle attività legate al turismo sono poco usuali. Chi è occupato in hotel e ristoranti dovrà essere sul luogo di lavoro di sabato e di domenica, di giorno e di notte, a Natale e a Capodanno;

• la retribuzione è mediamente poco elevata, gli stipendi medi sono inferiori rispetto a quelli di altri settori;

• le prospettive di carriera sono limitate: il settore, caratterizzato prevalentemente da micro imprese a gestione famigliare, non mostra al giovane possibilità interessanti di sviluppo professionale. Solo nelle catene alberghiere di medio grande dimensione si inizia a parlare di percorsi di carriera strutturati;

• nella maggior parte non sono previsti percorsi di formazione per i neo assunti e per gli occupati, i giovani ricercano posti di lavoro in cui si investa sulle persone attraverso momenti formativi che permettono un arricchimento della professionalità di ognuno;

• i titolari delle aziende del settore sono spesso leader autoritari che hanno sempre gestito le proprie attività in modo intuitivo, senza applicare quelle metodologie manageriali che i più giovani si aspettano di poter applicare;

• il lavoro alberghiero viene percepito come poco prestigioso, conseguenza di tutti i fattori visti in precedenza.

L’elevato turnover, la spiccata presenza di lavoratori stagionali e del

sommerso limitano la competitività del sistema. Risorse che rimangono in azienda solo poche settimane o pochi mesi non riescono ad acquisire la professionalità necessaria ad offrire un servizio qualitativamente apprezzabile. Anche se l’azienda struttura dei percorsi formativi brevi ma efficaci, che permettono al collaboratore di svolgere la mansione in breve tempo nel miglior modo, quando questo lascerà l’azienda si perderà l’investimento nel know how specifico da lui maturato e si renderà questo sapere disponibile all’azienda successiva in cui egli andrà a lavorare. In questo modo si rischia di omogeneizzare il servizio reso dalle diverse imprese, aumentando il grado di imitabilità e abbattendo i differenziali competitivi40. L’azienda dovrà essere in grado di identificare da una parte il tempo necessario perché l’investimento effettuato dia un ritorno efficace, dall’altra le risorse più capaci perché non lascino la struttura.

40 Comacchio A., Le risorse umane nelle imprese turistiche, Giappicchelli, Torino, 1996

48

È un problema estremamente complesso da risolvere, che trova le radici in un fattore strutturale del settore turistico: la stagionalità. È questo il primo problema da affrontare sia a livello di singola azienda, andando ad innovare la propria offerta inserendo dei prodotti con ciclicità diversa (ad esempio il congressuale per una località balneare), modificando l’approccio gestionale e sviluppando azioni di marketing più efficaci, sia livello di sistema con scelte politiche che vadano a intervenire sui fattori più generali, come il calendario scolastico.

3.3. Gli immigrati Tendenza in atto da sottolineare è la crescita del numero di stranieri

inseriti nel mercato del lavoro italiano: crescono gli immigrati assunti e regolarmente denunciati all’Inail. Analizzando i dati Censis sul totale delle assunzioni vediamo che se nel 2002 lavoravano in Italia 680.153 stranieri (l’11,3% del totale), nel 2004 erano già 914.700, il 16,3% del totale. Delle nuove assunzioni previste per il 2004, il 20,2% riguardavano lavoratori immigrati.

Se frequente è il loro utilizzo nel ricettivo ai livelli di inquadramento più bassi, gli immigrati stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante anche come imprenditori, soprattutto nel settore del commercio e nella ristorazione in particolare. Dai dati della Camera di Commercio di Milano (Registro imprese) rileviamo che nel 2005 su 561 ditte individuali di ristorazione del capoluogo lombardo 205 hanno un proprietario extracomunitario, per una percentuale pari al 37%.

È importante analizzare questo dato in quando le persone che provengono da Paesi diversi hanno cultura, comportamenti, schemi mentali, conoscenze completamente differenti dalle nostre. È facile che, per questo motivo, vi siano dei disservizi in azienda e si creino conflitti tra collaboratori di provenienza geografica diversa. Per assicurare un livello di efficienza adeguato ai nostri standard è necessario prevedere dei percorsi di inserimento e degli interventi formativi strutturati ad hoc, che affrontino anche i temi della mediazione culturale.

3.4 Il Meridione Analizzando i dati precedentemente presentati sull’occupazione nei vari

settori suddivisa per area geografica appare evidente un tema comune, quello

49

relativo alla potenzialità del Meridione italiano. Sia nel settore ricettivo, sia in quello relativo agli stabilimenti balneari (i due settori in cui abbiamo a disposizione i dati disaggregati) rileviamo un forte potenziale di crescita occupazionale nel Meridione, caratterizzato da una grande ricchezza di risorse poco sfruttate turisticamente. La mancanza di iniziativa imprenditoriale nel settore turistico meridionale e interventi poco efficaci da parte della pubblica amministrazione hanno delineato una situazione caratterizzata da livelli di occupazione molto ridotti se paragonati a quelli di altre zone con patrimoni simili. Ci deve far pensare il fatto, ad esempio, che se il Mezzogiorno raggiungesse la densità di infrastrutture presenti al Centro-Nord, oggi avremmo in Italia quasi 11 mila stabilimenti balneari con la possibilità di lavoro per 20mila stagionali ogni anno41.

3.5 Sesso, età, funzioni ed inquadramenti dei collaboratori Analizzando i dati del settore evidenziamo una realtà occupazionale tinta

prevalentemente di rosa. Dal Rapporto Annuale Istat 2002 emerge che nel settore degli alberghi e dei pubblici esercizi nei rapporti di lavoro instaurati prevale leggermente la componente femminile (50,7%) rispetto a quella maschile (49,3%) e con contratti di durata superiore rispetto agli uomini: se il 78,8% delle assunzioni di donne ha durata inferiore ai dodici mesi, tale valore per gli uomini sale all’82,5%42. Fig. 1.15 - Distribuzione del Personale secondo il sesso – anno 2002

41 Fonte: Elaborazione Censis su dati Istat 42 Fonte: Istat

2818

3038

24,7

70,578

64,8 5970,3

nord ovest nord est centro sud e isole Italia

maschi femmine

50

Fonte: Fiavet Il mondo delle agenzie di viaggio è per la maggior parte in mano alle

donne, questo ci viene riscontrato dai dati Fiavet dove rileviamo che in Italia su 10 occupati 7 sono donne, con percentuali ancora maggiori di occupazione di personale femminile nelle aree del Nord.

Se consideriamo le fasce di età abbiamo a disposizione i dati che riguardano il ricettivo, da cui evidenziamo che quasi la metà dei rapporti di lavoro avviati coinvolge lavoratori in età compresa tra i venti e i ventinove anni. Solo il 2 per mille degli avviamenti riguarda lavoratori di età inferiore ai diciannove anni43.

Anche per quanto riguarda la distribuzione dei lavoratori per categoria e livello di inquadramento la situazione è abbastanza simile, anche se con qualche sfumatura di differenza. Il settore turistico è caratterizzato da una forte presenza di imprenditori individuali e soci lavoratori e da un basso numero di dipendenti inquadrati come dirigenti e quadri o ai più alti livelli impiegatizi. Questi dati appaiono la naturale conseguenza di un settore caratterizzato prevalentemente da imprese di carattere familiare di medio piccola dimensione. Analizzando i dati relativi alle imprese alberghiere si nota che gli imprenditori (titolari, soci o collaboratori familiari) sono presenti maggiormente negli hotel con poche stelle e in modo speculare si evidenzia che i lavoratori nei livelli III e IV sono più numerosi negli alberghi di categoria più elevata. Evidente conseguenza della maggior complessità degli organigrammi delle imprese di maggiori dimensioni.

Tab. 1.20 - Distribuzione dei lavoratori, per categoria e per livello d’inquadramento, nelle diverse categorie di alberghi nel 2002

Livelli 1 stella 2 stelle 3 stelle 4 stelle 5 stelle Imprenditori 34% 28% 13% 4% 1% Dirigenti 17% 14% 6.5% 2% 0.5% Quadri A-B 0.5% 0% 1% 1% 1% Livelli I-II 1.5% 1% 2.5% 3.5% 5% Livelli III-IV 9% 9.5% 19.5% 21% 20.5% Livelli V-VI 12.6% 14% 15.3% 13.3% 13.3% Livello VII 7% 9% 6% 4% 6% Fonte: Federalberghi

43 Fonte: Istat

51

Importanti sono le presenze di imprenditori, soci lavoratori e collaboratori

familiari anche nell’intermediazione, mentre più elevati sono gli inquadramenti, in un settore caratterizzato da livelli professionali più alti. Dall’Osservatorio Fiavet si evince che il 42.23% degli occupati nelle imprese di viaggi e turismo risulta inquadrato ai livelli più elevati (Dirigenti 0,90%, Quadri 6.31% e Livelli I e II 35.22%), anche se sono i livelli III e IV che raccolgono da soli il maggior numero di addetti con una incidenza del 49.55% sul totale. Ciò è dovuto al fatto che in tale qualifica sono comprese figure professionali tipiche del settore, come gli addetti ai servizi di prenotazione e vendita di servizi turistici e biglietteria aerea, ferroviaria, marittima ed automobilistica. Il 10,78% del totale degli occupati delle agenzie di viaggio collabora con contratto di formazione lavoro o di apprendistato, il 54% degli assunti con contratto di formazione e lavoro si attesta al IV livello, contro il 70% per il apprendisti.

Una così marginale presenza di collaboratori con un livello di inquadramento alto rispecchia la scarsa professionalità che caratterizza molte aziende turistiche, dove, come già rilevato, il turn over è molto alto. È importante per un salto di competitività riuscire a trattenere le migliori risorse e fare uno sforzo anche economico nel coinvolgerle di più, per dare maggiore valore aggiunto al servizio offerto. Pensiamo a quanto di più può dare nella relazione col cliente una banconista esperta che ha viaggiato e che conosce a fondo i prodotti e le destinazioni. Il largo impiego di manodopera giovanile e di imprenditori induce a sottolineare l’importanza di percorsi formativi adeguati, da una parte per dare ai più giovani le competenze di base necessarie, dall’altra per stimolare negli imprenditori innovazioni gestionali e di prodotto. Tab. 1.21 - Composizione del Personale non dipendente nelle agenzie di viaggi nel 2002 Qualifiche/Aree Italia Imprenditori individuali 22.02% Soci lavoratori 43.12% Collaboratori familiari 15.60% Amministratori (non soci) 0.92% Collaboratori coordinati e continuativi 18.35% Totale 100.00%

Fonte: Fiavet

52

Tab. 1.22 - Composizione % del personale qualificato per livello d’inquadramento nelle agenzie di viaggio nel 2002 Aree/livelli Italia Dirigenti 0.90% Quadri A-B 6.31% Livelli I-II 35.22% Livelli III-IV 49.55% Livelli V-VI 8.02%

Fonte: Fiavet La forte presenza di personale femminile si può ben sposare con le caratteristiche di flessibilità che il settore richiede. Le donne, per la necessità diffusa di conciliare le opportunità lavorative con la famiglia, sono ben disposte ad operare in un settore che valorizzi in senso nuovo l’esigenza di flessibilità attraverso proposte innovative studiate ad hoc su queste esigenze comuni. Tab. 1.23 - Incidenza % degli Apprendisti e dei contratti di formazione e lavoro sul Personale in forza nel 2002. Personale/Aree Italia Incidenza apprendisti 8.37% Incidenza contratto formaz. Lavoro 2.41% Incidenza totale 10.78%

Fonte: Fiavet 3.6. Prospettive di breve periodo

Dai dati forniti dalle imprese al sistema informativo Excelsior si evidenzia un ulteriore incremento occupazionale nel settore turistico nei prossimi anni, anche se l’aumento riguarda soprattutto le posizioni temporanee (stagionali, part time) o atipiche (contratti di apprendistato e formazione lavoro). La domanda di lavoro rimane ancora legata alle figure più tradizionali (cuochi, camerieri e personale addetto ai servizi); le nuove professioni sono ancora numericamente non rilevabili. Il profilo professionale più richiesto è quello intermedio, di difficile reperimento secondo le imprese turistiche. Di

53

conseguenza si ha un largo impiego di manodopera giovanile che rappresenta oltre il 50%. Le imprese più interessate ad ampliare i propri organici sono quelle lombarde (7.799 assunzioni attese, pari al 14,5% del totale nazionale) seguite da quelle venete (5.667) e dalle emiliane (5.626). Per quanto riguarda i titoli di studio, Lombardia e Veneto si confermano ai vertici della classifica della domanda di diplomati (rispettivamente a quota 2.146 e 1.483), mentre tra i laureati spicca il Lazio (251) . Nella maggior parte non dei casi (il 64.8%) le aziende non presentano particolari difficoltà di reperimento delle diverse figure professionali. I maggiori problemi incontrati nel reperimento delle risorse umane si hanno per i cuochi, gli agenti di viaggio, addetti alle vendite e alla reception, alle informazioni e ai call center44.

4. Politiche per le risorse umane nel turismo Da quanto evidenziato in questo studio possiamo rilevare che il turismo

appare un settore di rilevante interesse per le prospettive occupazionali che offre nel mercato del lavoro per molteplici fattori:

• la crescita occupazionale del settore è in costante crescita, con percentuali

superiori a quelle di altre attività economiche; • il carattere labour intensive dei processi di produzione ed erogazione dei

prodotti turistici rendono le risorse umane insostituibili, anche con l’avanzare delle nuove tecnologie;

• il settore appare interessante sia per i per le figure professionali intermedie con buona specializzazione e formazione, sia per i giovani con scarsa o nulla esperienza lavorativa. Se da una parte continua ad essere assunta manodopera non qualificata a basso costo (tipicamente nelle imprese alberghiere) e costante è la ricerca dei profili professionali più tradizionali (nell’attività di intermediazione anche le figure intermedie), dall’altra, però, si rileva interesse per nuove professionalità a più alta specializzazione, anche se numericamente queste assunzioni sono ancora limitate;

• per la flessibilità dell’impiego. Abbiamo visto la forte presenza di lavoratori stagionali e con contratti atipici nel settore. Il ricorso al part

44 Dati Excelsior 2004

54

time è molto diffuso. Sono molti oggi i lavoratori che gradiscono flessibilità nella propria posizione lavorativa;

• per l’elevata opportunità di avviare un’attività autonoma. Nel turismo vi sono spazi per aprire attività in proprio, sia nelle nuove professioni sia in quelle più tradizionali. L’evoluzione del mercato e la diffusione del franchising ha reso semplice per esempio aprire una agenzia di viaggi, la diffusione di associazione strutturate di bed & breakfast permette anche ai meno esperti di avvicinarsi con maggior tranquillità ad una nuova attività economica.

Partendo dalla situazione che abbiamo analizzato, vediamo quali sono le

politiche turistiche45 che potrebbero favorire una costante e positiva crescita occupazionale del settore. Analizziamo quei fattori che, affiancati alla crescita dell’economia nel suo complesso, potranno fare da volano allo sviluppo del sistema turismo.

Una politica più flessibile in tema di fiscalità e contribuzione Abbiamo visto che la domanda turistica è fortemente influenzata

dall’andamento congiunturale e questo frena le aziende ad investire in sviluppo ed in occupazione. Nel nostro Paese l’imposizione fiscale e il carico contributivo sui salari sono tra i più elevati in Europa, le imprese turistiche, a causa forte della stagionalità e della sensibilità agli eventi congiunturali, risentono ancora di più delle altre imprese l’onerosità di questi fattori, scegliendo soluzioni precarie per i propri collaboratori. Una politica di maggiore flessibilità fiscale potrebbe incentivare un maggior grado di rischio da parte degli operatori, specie per quelli che operano attraverso piccole strutture a carattere famigliare. Più flessibilità significa più assunzioni, quindi personale stabile in azienda e più professionalità.

Una politica per un’azione coordinata sui mercati

45 Questo paragrafo fa ampio riferimento al capitolo 4 di Macchiavelli A., Occupazione e formazione nel turismo in Italia, Touring Club Italiano, Milano, 2000 e al documento “Turismo europeo, nuove forme di partenariato per l’occupazione” della Commissione Europea del 1998, dove è possibile trovare degli approfondimenti

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Le aziende sono disposte ad investire e a rischiare sulle risorse umane se sanno di poter poggiare su iniziative di promozione e di sviluppo incisive e mirate a mercati potenzialmente interessanti. L’incertezza che caratterizza il mercato nel quale l’operatore quotidianamente si muove deriva sicuramente da fenomeni esogeni rispetto al sistema, ma una politica unitaria di sviluppo per un’azione coordinata sui mercati darebbe agli operatori maggiore sicurezza per poter investire. Attualmente le iniziative di sviluppo appaiono costantemente confuse, frammentate, con obiettivi diversi, l’impiego di risorse è anche considerevole, ma con una scarsa efficacia delle azioni per gli effetti di dispersione che questo modo di operare comporta. Sarebbe opportuno invece attuare iniziative sistematiche ed efficaci che diano all’operatore un quadro di riferimenti certi per il proprio operare. Ciò dovrebbe avvenire per le politiche infrastrutturali, dei trasporti, del sistema distributivo, della sicurezza, ma anche con un’organica azione sui mercati interni ed esterni che coinvolga l’informazione, il marketing, la promozione e la commercializzazione dell’offerta. Sarebbero opportune politiche unitarie, coordinate ed organiche, chiamando a raccolta tutti i soggetti disposti ad operare, all’interno di un disegno unitario. La riforma dell’Enit è stato un segno in questo senso, sarà importante prevedere però anche azioni di coordinamento tra le varie Regioni perché la promozione internazionale abbia pieno effetto.

Dare stabilità alla manodopera È chiaro che una risorsa impegnata per pochi mesi all’anno non avrà la

professionalità e la motivazione necessaria alla qualità desiderata dell’offerta. La stagionalità nel turismo abbiamo visto essere un elemento in larga parte strutturale. Ciò non toglie che è opportuno sviluppare strumenti che siano finalizzati a ridurla il più possibile.

Innanzitutto per raggiungere questo obiettivo è fondamentale che gli imprenditori riconoscano il ruolo strategico delle risorse umane nelle imprese turistiche. Molto spesso questo valore non è percepito, soprattutto nelle imprese famigliari dove la manodopera viene ancora vista come un fattore produttivo a forte volatilità e perciò facilmente sostituibile.

In secondo luogo importante sarebbe prevedere un monitoraggio costante delle professioni turistiche, attraverso la creazione di Osservatori permanenti. La mobilità e la collocazione (oltre che la formazione) efficiente della manodopera nelle attività turistiche ha come fondamentale premessa un’adeguata strumentazione informativa sulle professioni turistiche. Una politica nell’occupazione del turismo, attraverso strumenti di mobilità, di

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formazione e di incentivazione, non si potrà fare in assenza di strumenti informativi attendibili e continuativi, tali cioè da consentire un monitoraggio costante degli aspetti quantitativi, ma soprattutto qualitativi, che caratterizzano la manodopera nel settore. Soddisfatte queste condizioni sarà possibile orientare la formazione, adottare strumenti di incentivazione mirati, indirizzare i giovani verso le aree e le attività dove la domanda è più promettente.

Come terzo fattore vediamo la mobilità interna al settore. Paradossalmente per avere stabilità occorre garantire mobilità, cioè fare in modo che il lavoratore possa trovare la possibilità di lavorare in un’altra azienda affine durante il periodo d’inattività dell’azienda principale. È quanto avviene nelle grandi catene od organizzazioni turistiche, dove una parte della manodopera trova collocazione in altre aziende del gruppo, anche in altre località, secondo le esigenze del mercato. Il problema si pone dunque per le microimprese, che difficilmente dispongono degli strumenti per favorire la mobilità della manodopera stagionale. Un ruolo importante può essere svolto dalle amministrazioni pubbliche territoriali, attraverso l’attivazione di strumenti informativi atti a favorire la collocazione dei lavoratori in mobilità stagionale. Si tratta quindi di creare una sorta di borsa delle professioni turistiche, che dovrebbe andare oltre la dimensione territoriale dato che la complementarietà stagionale si sviluppa su territori differenti. Vi sono proposte in questo senso anche a livello comunitario, dove si prevede di creare un sistema informativo sopranazionale perchè vi possa essere mobilità anche a livello europeo.

Una politica di sistema Sono oramai diversi anni che si sollecitano le nostre imprese turistiche a

fare sistema, un’urgenza che esige il turista, che commisura il proprio grado di soddisfazione sulla complementarietà e integrazione dei diversi servizi, ma che percepiscono anche le imprese, che da una più elevata integrazione traggono condizioni di maggior efficienza aziendale e perciò anche reddituale. Fare sistema è una condizione per far crescere la professionalità delle risorse umane: lavorando in integrazione e in collaborazione l’operatore è chiamato a confrontarsi con gli standard e le metodologie degli altri. Facendo sistema si trasferisce know how. Si determina una sana competizione che genera uno stimolo a riqualificare i propri prodotti, a operare con maggior efficienza e a introdurre innovazioni organizzative, oltre che tecnologiche. Le nuove leggi regionali che chiedono ai territori di costituirsi in sistemi turistici locali sono state un’ottima iniziativa politica in questo senso. Bisognerà

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vedere nei prossimi anni se questa normativa porterà realmente ad un’evoluzione del sistema. Far crescere la cultura dell’accoglienza

L’offerta nel nostro Paese è ancora strutturalmente debole e frammentata, e questo emerge chiaramente nella mancanza di cultura turistica, intesa come consapevolezza che il turismo possa diventare un’attività economica non marginale, capace di generare reddito e occupazione. La cultura turistica dovrebbe essere diffusa non soltanto tra gli operatori del settore, ma in tutta la popolazione dei territori implicati.

Inoltre appaiono limiate, anche tra gli operatori, le conoscenze relative alle ricchezze del nostro patrimonio. Un maggior approfondimento permetterebbe il rinnovare e rendere più originale l’offerta dei nostri prodotti e destinazioni turistiche.

Quattro linee potrebbero essere indicate in questa prospettiva:

• La sensibilizzazione alla riscoperta e alla conoscenza della propria identità culturale. Il turismo può diventare un’occasione di ritrovamento delle proprie radici, attraverso i luoghi da recuperare, gli usi e costumi della tradizione popolare, i prodotti della tavola e dell’artigianato, i luoghi del lavoro;

• La sensibilizzazione degli studenti attraverso la scuola, per mezzo di iniziative che avvicinino lo studente al turismo come fenomeno di incontro culturale e come prospettiva economica;

• La sensibilizzazione degli operatori commerciali nei confronti dei tempi, dei ritmi e delle aspettative del turista, incentivando le condizioni di una migliore accoglienza;

• La sensibilizzazione alla qualità dell’ambiente e dell’arredo urbano. La Commissione Europea, attraverso il Gruppo ad Alto Livello, nei

suggerimenti per stimolare crescita ed occupazione nel turismo, propone anche interventi di carattere più generale:

• ottenere il riconoscimento politico che il turismo europeo merita in

quanto settore di punta: nonostante gli elementi che evidenziano con chiarezza la rilevanza del turismo in termini economici e sociali e di crescita occupazionale si rilevano le difficoltà ad ottenere un riconoscimento politico conforme al contributo economico, sia a livello comunitario che locale dei singoli Paesi membri;

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• migliorare il funzionamento del mercato turistico intervenendo sull’ambiente in cui operano le imprese e facilitando l’accesso ai finanziamenti;

• modernizzare e migliorare l’efficienza delle infrastrutture pertinenti al turismo: la continua espansione della domanda rende necessari ulteriori dispositivi e miglioramenti per dare alla mobilità una base globale, tecnologica ed infrastrutturale, che si dimostri efficiente ed affidabile;

• incoraggiare lo sviluppo sostenibile del turismo, salvaguardando i posti di lavoro esistenti mediante la salvaguardia di un ambiente ecologicamente intatto, creando nuovi posti di lavoro grazie ad investimenti nell’ammodernamento ecologico e sviluppando le basi per rivitalizzare le professioni dei servizi complementari o lanciarne di nuove, anche nell’artigianato tradizionale.

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2. DALLA PERSONALIZZAZIONE DEL SERVIZIO AL TURISMO DELL’ESPERIENZA: QUALE APPROCCIO

ALLA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE?

Il settore turistico sta evolvendo molto velocemente e i trend in atto nella domanda e nell’offerta stanno modificando in modo radicale lo scenario competitivo e lavorativo. Vediamo alcuni esempi. La liberalizzazione delle licenze, internet, la riduzione delle commissioni, la diffusione del franchising, la crescita dell’outgoing hanno rivoluzionato il mondo della distribuzione turistica1. La diffusione, ancora limitata ma costante, delle nuove tecnologie sta dando luogo alla nascita di nuove tipologie di aziende (internet company), a trasformazioni strutturali ed organizzative di quelle già esistenti, a nuove metodologie di lavoro (vedi il telelavoro).

Il turista del secondo millennio ha un profilo molto differente solo da quello di dieci anni fa: consideriamo ad esempio la segmentazione della domanda. Da una parte i turisti esprimono una nuova molteplicità di motivazioni, passando dal turismo culturale, al turismo balneare, al turismo congressuale, al turismo d’avventura e così via, e una forte esigenza di personalizzazione. Dall’altra la globalizzazione ha portato maggiore sviluppo in nuove aree del mondo, il mercato turistico si è aperto a nuovi popoli che prima ne erano esclusi, principalmente per limiti di reddito. Abbiamo visto in precedenza i dati relativi alla crescita annua del turismo in molte di queste nazioni e le previsioni del WTO al 2020. A una suddivisione di tipo motivazionale se ne affianca una di provenienza dei flussi turistici2. I processi di progettazione ed erogazione dei servizi orientati ai clienti sono da considerare irreversibili. Il concetto di qualità del servizio è oramai collegato strettamente alla capacità di interpretare i desideri del consumatore. Ogni politica di standardizzazione dei servizi sta fallendo, sostituite da quelle di personalizzazione, mirate a fornire a ogni

1 Gentile R., op. cit. 2 Macchiavelli A, op. cit.

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singolo turista l’impressione che la sua è un esperienza di vacanza unica e irripetibile.

Questa nuova modalità di fare turismo comporta la ridefinizione degli schemi organizzativi e gestionali, impone all’offerta di sviluppare una capacità di differenziazione dei prodotti in grado di soddisfare molteplici aspettative. Tutto ciò si sta già esplicitando da una parte in crescita occupazionale, con la richiesta di nuove figure professionali, dall’altra in un crescente bisogno di qualificazione delle risorse esistenti e di nuovi stili di gestione dei collaboratori da parte dei responsabili. Come afferma Weiermair il settore turistico appare in forte cambiamento, con “crescente complessità e specializzazione nello sviluppo di produzione ed erogazione dei servizi correlati al turismo, che richiederanno, al tempo stesso, livelli più elevati di formazione generale e di capacità generiche, maggiore specializzazione nei campi tecnici e professionali, oltre a forme interamente nuove di occupazione e di preparazione professionale”3. La domanda ha esigenze sempre più specifiche e di personalizzazione del prodotto, alla ricerca di una realizzazione di interessi e motivazioni, che solo un’organizzazione preparata e orientata al bisogno del cliente riuscirà a soddisfare. Sulle trasformazioni in essere sia nella domanda sia nell’offerta vanno costruite le nuove competenze richieste agli imprenditori al personale occupato e ai nuovi assunti.

La gestione dei cambiamenti in atto e delle nuove tipologie turistiche, in un contesto sempre più competitivo, implica risposte originali. È necessaria una maggiore focalizzazione su tutti gli elementi della catena servizio-profitto:

• maggior valore ai servizi erogati, verso la costante ricerca di maggiore

qualità nell’arricchire l’esperienza del turista, per generare una clientela soddisfatta e quindi fedele;

• incremento della redditività dei servizi offerti, per la ricerca della migliore performance economica attraverso il controllo dei costi;

• personale di servizio più soddisfatto e quindi più produttivo attraverso maggior qualità del servizio interno: forte supporto al personale di front line, sviluppando una leadership di servizio, miglior selezione e preparazione del personale, alta qualità dell’ambiente di lavoro.

3 K. Weiermair, Structural changes in the tourism industry and the adaptation of occupational and vocational training system: problems and prospects, in Revue de tourism, n. 3, 1995.

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Ognuno di questi aspetti richiederebbe centinaia di pagine di approfondimenti. In questo testo vogliamo fare una carrellata sintetica ma esaustivo sui principali contributi relativi al primo punto, perché fondamentale per comprendere la centralità della risorsa umana nelle imprese turistiche. Accennare per completezza al secondo. E quindi approfondire con attenzione il terzo, elemento cardine per la competitività dell’impresa, ma troppo spesso trascurato dagli imprenditori e poco approfondito dagli stessi studiosi del turismo.

1. Maggior valore ai servizi erogati 1.1. Focalizzare ogni elemento della produzione del servizio

Dare maggior valore ai servizi erogati implica la focalizzazione sul concetto di servizio e uno sforzo reale nel mettersi nei panni del cliente per capire ciò che realmente può dare valore aggiunto alla sua esperienza.

Iniziamo il percorso analizzando le caratteristiche distintive dei processi di erogazione del servizio, che sono notevolmente differenziate da quelle relative alle attività di produzione di beni materiali.

L’elemento che più profondamente distingue, sotto il profilo economico, il servizio rispetto al bene è sicuramente la sua intangibilità, ossia la prevalenza delle componenti immateriali su quelle materiali. Nella maggior parte dei servizi offerti in ambito turistico la componente materiale ha un ruolo rilevante. Per fare un esempio possiamo pensare a tutto ciò che possiamo toccare con mano in un’azienda di ricezione turistica, ad esempio in un albergo: la struttura, l’arredamento, gli alimenti utilizzati, sono tutti elementi che noi possiamo vedere e testare. Tuttavia questa serie di oggetti non costituiscono ciò che noi comperiamo: noi non paghiamo il proprietario dell’albergo per ricevere la sua struttura, ma gli paghiamo le informazioni che si ricevono alla reception, il servizio di colazione in camera, la pulizia degli spazi, offriamo denaro per un servizio che consiste nell’intera vacanza trascorsa in quel luogo. Ecco che quindi il turista vive un’esperienza che, per le caratteristiche proprie del concetto di servizio, spesso non è quantificabile e valutabile oggettivamente. L’intangibilità del servizio implica, nella fase di acquisto, che l’oggetto che si sta per vendere non possa essere mostrato al cliente, non avendo caratteristiche fisiche. È possibile però superare questo limite sviluppando la capacità del servizio stesso di rendersi apprezzabile al pubblico nei suoi aspetti materiali: l’aspetto del personale, il materiale

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promozionale, la struttura dell’albergo sono tutti fattori che possono concorrere a questo scopo. Tutto ciò che è presente nell’azienda comunica qualcosa al cliente e proprio per questo tutto deve essere curato nei minimi particolari. L’intangibilità implica anche il fatto che il servizio non è immagazzinabile, non può essere conservato ed utilizzato in una data successiva a quella dell’erogazione, e non vi possono essere dei diritti di proprietà. Solitamente quando acquistiamo qualcosa ne diventiamo i proprietari, per il servizio non è così: possiamo godere dei servizi compresi nel nostro pacchetto turistico per il periodo di durata della nostra vacanza ma, una volta terminata questa non ce ne rimarrà che la soddisfazione e i ricordi.

A questi seguono altri elementi distintivi quali la simultaneità tra momento della produzione e momento del consumo. Per un’impresa alberghiera, ad esempio, ciò significa predisporre ed erogare un insieme di servizi nello stesso istante in cui vengono richiesti dal turista, e questo significa necessariamente “incorporare” il cliente al proprio interno, rendendolo compartecipe del servizio. Il cliente stesso partecipa con le sue domande, i suoi atteggiamenti, il suo stile relazionale, al ciclo di produzione. Ed influenza allo stesso momento la fruizione del servizio di altri clienti. Lo studente chiassoso nei corridoi dell’albergo in gita scolastica disturba il business man presente nella struttura per partecipare ad un convegno. Secondo Norman4 le aziende di servizi devono considerare il cliente come parte della propria forza lavoro. Egli, partecipando alla produzione del servizio e al suo consumo è un “prosumer”, cioè contemporaneamente produttore (producer) e consumatore (consumer)5.

Nella costruzione del prodotto, oltre al cliente, interviene il supporto fisico e il personale. Con supporto fisico intendiamo l’insieme degli strumenti e tutto ciò che contribuisce a costituire l’ambiente fisico in cui avviene l’erogazione, comprendendo ad esempio in una agenzia di viaggi, i personal computer, i display con i cataloghi turistici ma anche l’arredamento, l’illuminazione, il design delle attrezzature,… Tutto, dai tessuti delle poltrone al cestino con le caramelle contribuisce a rendere più gradevole l’acquisto di un viaggio: è necessario dunque creare un’atmosfera, e questo si può ottenere con costante attenzione a tutto l’ambiente ma anche e soprattutto ai particolari, come ad esempio agli odori, ai rumori, ai colori, alla musica di sottofondo.

4 Norman R., La gestione strategica dei servizi, Etas libri, Milano, 1992. 5 Toffler Q., The third Wake, Knopf, New York, 1980.

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1.2. Incentivare la relazione col cliente Elemento di primaria importanza nella “produzione” del servizio è il

personale, l’interfaccia con il cliente, colui che dà un volto all’impresa e che la rende viva; è importante sottolineare la centralità della risorsa umana nel turismo dove oggetto del servizio è una prestazione che agisce sul benessere e sul tempo libero del cliente.

Nell’impresa turistica il personale ha un duplice ruolo. Da una parte operativo di produzione del servizio: il personale ha il compito di offrire il prodotto-servizio promesso ad un adeguato livello qualitativo, che si fonda sulle capacità professionali del personale (ad esempio il servire un piatto a tavola o prenotare un volo con un CRS). Dall’altra relazionale, d’interazione col cliente: la soddisfazione del cliente oggi è giocata principalmente sullo stile di relazione adottato. In ogni albergo oggi posso ottenere una stanza confortevole e un bagno pulito, in ogni agenzia di viaggi posso prenotare un tour o un volo aereo. La soddisfazione del cliente viene giocata su come mi relaziono col cliente, sul livello di consulenza che offro, sulla capacità di immedesimazione e di ascolto che dimostro. La cliente della mia agenzia sarà effettivamente contenta se, al suo arrivo in agenzia, l’accoglierò con un sorriso, ricordandomi il suo nome e i suoi gusti, se le telefonerò al ritorno dal viaggio per sapere se tutto è andato bene e mi ricorderò di lei a Natale, al compleanno o quando mi arriva un’offerta particolarmente interessante che sappiamo certamente incontrare i suoi gusti. La soddisfazione del cliente deriva dalla cortesia, comunicazione, empatia, spirito di squadra, capacità di iniziativa e di problem solving del personale, dal clima e dalla relazione interpersonale che si crea, è questo ciò che l’imprenditore deve favorire e stimolare.

È importante riuscire a stabilire una relazione empatica col cliente per generare in lui un senso di benessere e di fiducia: il comportamento del personale deve favorire una partecipazione del cliente all’attività di erogazione, partecipazione che non deve essere solamente fisica, ma anche e soprattutto intellettuale ed affettiva. Un alto grado di partecipazione del cliente comporta la generazione di un sentimento di appartenenza che genera a sua volta fedeltà ed attaccamento all’azienda. Questo è di particolare rilevanza nei settori dove si riscontra un’alta fidelizzazione, una generale abitudinarietà nella fruizione del servizio. È il caso delle agenzie di viaggi, delle località termali, degli alberghi per il turismo business. Per far nascere questi sentimenti è necessaria la personalizzazione dell’erogazione e quindi la

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costante attenzione ai bisogni (impliciti, espliciti e latenti) del cliente e al suo grado di soddisfazione.

Come sostiene Gronroos6 il cliente rimane influenzato sia da ciò che gli viene fornito sia dal modo con cui questo viene fatto, e la qualità percepita deriva quindi dal confronto tra il servizio atteso e quello erogato. Il servizio atteso dal cliente dipende da molti fattori: le esperienze precedentemente vissute, la cultura di appartenenza, la personalità, le influenze esterne o l’immagine che dall’esterno si era fatto dell’impresa. Se il servizio percepito di una certa azienda supera il servizio atteso, i clienti sono inclini a servirsi nuovamente del fornitore. Il tasso di fedeltà è uno dei maggiori indici di qualità di un servizio. Un marketing di tipo interattivo, che sappia valorizzare al meglio le aspettative del cliente coniugandole con i propri servizi, è fondamentale, soprattutto nelle mansioni più a contatto con il cliente dove l’obiettivo è limitare la standardizzazione per dare più peso alla singola personalità, al fine di avere un servizio ottimale a livello di celerità, qualità ed attendibilità. Il valore di un servizio infatti, è direttamente proporzionale a chi lo realizza. Diviene quindi evidente come, oltre alla maturità ed alla preparazione meramente tecnica, per svolgere in modo corretto una professione all’interno di una struttura turistica siano indispensabili certe qualità relazionali, che si concretano nell’attenzione, nell’attitudine a trattare con gli altri e, soprattutto, nella capacità di autonomia decisionale dinanzi alle mille situazioni impreviste che si possono verificare.

1.3. Personalizzare il servizio

L’indice della performance richiesta al personale è condizionato dal tipo di

servizio che l’impresa intende erogare. Vi sono alcune tipologie di aziende che per scelta strategica e per posizionamento richiedono una intensità di interazione ridotta, altre aziende in cui il successo imprenditoriale si gioca proprio su questo fattore. Vediamo alcuni esempi per quello che riguarda l’impresa alberghiera:

• nelle strutture nei pressi di aeroporti e negli alberghi di transito con

clientela di passaggio, il grado di interazione tra l’ospite e il personale è

6 Gronroos C., Management e marketing dei servizi, Isedi, Torino, 1994

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limitato, per la “fugacità” di permanenza che caratterizza questo genere di ricezione. Qui si offre un servizio standardizzato;

• nei servizi alberghieri di massa vi è un’elevata incidenza del fattore lavoro, ma non si richiedono rapporti stabili con il cliente: specie nei periodi di alta stagione si tende a standardizzare al massimo il servizio al fine di massimizzare l’efficienza in termini di costi e tempi;

• le piccole imprese alberghiere a gestione famigliare tipiche del contesto italiano. Il fattore critico di successo è lo stile di accoglienza caldo e solare, il grado di interazione con il turista è alto, e la personalizzazione del servizio fondamentale per la fidelizzazione;

• gli alberghi di categoria medio alta, anche di grandi dimensioni. Accolgono una clientela selezionata e molto spesso esigente, in quanto abituata ad usufruire spesso del servizio alberghiero. Il rapporto con il cliente è fattore critico di successo e il grado di personalizzazione deve essere elevato. Il personale, fonte di personalizzazione e innovazione continua del servizio, è, per lo stile che lo caratterizza, l’elemento distintivo dell’albergo e in questo contribuire e generare valore aggiunto per il cliente.

Già da questa distinzione capiamo che la maggior parte delle imprese

turistiche italiane rientrano tra quelle in cui l’attenzione al cliente e personalizzazione del servizio sono i fattori critici di maggior successo. Quasi tutte le nostre imprese alberghiere rientrano nei casi 3 e 4. Per l’extraricettivo valgono le osservazioni del punto 3. Le agenzie di viaggi sono oggi in un momento di ridefinizione del proprio ruolo: stordite dalla generale riduzione delle commissioni e dalle nuove tecnologie devono puntare alla consulenza e ad un servizio veramente personalizzato e specializzato per poter sopravvivere.

La standardizzazione dei servizi appare quindi sempre più limitare la competitività dell’impresa italiana. Questo modo di porsi nei confronti di chi viaggia, e quindi di chi acquista il servizio, è ben diverso dalla mentalità tradizionale che ha caratterizzato la conduzione della maggior parte delle strutture turistiche italiane; se negli anni ’60 aprire una struttura in una località turistica affermata poteva costituire la garanzia del successo della stagione, oggi la competitività viene garantita solo dal modo con il quale si opera per rendere unico il servizio che si eroga. Risulta sempre più difficile identificare caratteristiche ricorrenti in ogni turista: negli ultimi anni il turista massificato, che accetta l’offerta del mercato passivamente, va pian piano scomparendo ad appannaggio di un turista che sceglie consapevolmente la propria vacanza, rifiutando proposte standardizzate. È il turista maturo, che ha

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viaggiato molto, che ha la capacità di informarsi autonomamente sulle località che vuole raggiungere e che ha quindi esigenze ben precise. Da alcuni anni si sta assistendo ad un cambiamento generalizzato del “fare vacanza” da parte dei consumatori che, oggi più di ieri, possono usufruire di una gamma di offerte turistiche molto vasto e diversificato. La clientela, infatti, oltre che presentarsi maggiormente differenziata, è sempre più esigente e tende ad esprimere il proprio giudizio sul livello di qualità del servizio erogato in base ai vantaggi fisici e psicologici che ha percepito durante il suo soggiorno. Ciò comporta, per ogni struttura, l’essere costantemente sottoposta alla valutazione ed al raffronto con le strutture simili da parte del turista e quindi l’essere inserita in un contesto sempre più concorrenziale7; l’impresa deve pertanto analizzare il mercato per soddisfare i bisogni del cliente prevenendo le tendenze e le richieste del turista. Deve quindi scegliere uno o più target di clientela, adatti alla propria realtà aziendale, e focalizzare la propria offerta su di essi. Determinato il target di utenza, adeguato alla propria strategia e al proprio obiettivo, diventa fondamentale costruire un prodotto in linea con quanto precedentemente definito.

In base ai bisogni da soddisfare, i servizi offerti al cliente si possono classificare in:

• servizi fondamentali, se prendiamo come esempio l’offerta termale sono le

prestazioni termali, di tipo terapeutico, salutistico ed ospitaliero; • servizi complementari, nel caso delle terme la ricettività, la ristorazione, le

attività sportive e ricreative,…8; • servizi ausiliari, ossia le prestazioni necessarie perché il servizio termale

sia accessibile e sia erogato in modo efficace ed efficiente (ad esempio i trasporti, le informazioni, la prenotazione, l’assistenza prima e dopo la cura…).

L’offerta turistica, per soddisfare pienamente il cliente, dovrà offrire

impeccabili servizi fondamentali, ma anche ricchi e personalizzati servizi

7 Bonechi A., Prodotto terme e vantaggio competitivo, Turistica n.2, 1994 8 Col tempo la classificazione dei servizi viene a modificarsi. Riprendiamo l’esempio della stazione termale. Se sino a qualche anno fa venivano intesi come servizi fondamentali solo le cure termali propriamente dette (cure inalatorie ed idropiniche, fanghi e bagni) oggi, con la nuova accezione di termalismo, vengono considerati come tali anche i trattamenti estetici, dietetici, ricostituenti ed antistress. La tendenza è che i servizi complementari, mano a mano che tutte le strutture li offrono, diventano col tempo per il cliente necessari, a causa dell’abitudinarietà nella fruizione.

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complementari ed ausiliari, perché sono proprio questi che fanno percepire al cliente il servizio come eccellente e non ordinario. Nella costruzione del prodotto è necessario proporre al cliente un buon numero si servizi a corollario dei principali, adeguati alle sue specifiche esigenze.

Rileviamo che esiste ancora una buona parte di clientela meno esperta, che ha cominciato a viaggiare relativamente tardi e che preferisce scegliere tra offerte altamente standardizzate, percepite come più sicure. Il passaggio da un turismo di massa ad uno più consapevole non significa che i pacchetti di viaggio standard stiano scomparendo, in quanto vi è una buona parte di popolazione mondiale che sta iniziando in questi anni a viaggiare, avvicinandosi al turismo. È indubbio comunque che personalizzazione significa anche sapere differenziare il servizio a questi due macrotarget che possono essere presenti insieme, ad esempio nella stessa struttura alberghiera, così come personalizzare vuole dire saper riconoscere i bisogni differenti di un cliente cinese, russo o giapponese.

1.4. Creare un rapporto di lungo periodo: fidelizzare la clientela

Tutte queste considerazioni rientrano in quello che viene definito

“marketing relazionale”. Per Kotler9 marketing relazionale significa “creare relazioni a diversi livelli - economico, sociale, tecnologico e istituzionale – per generare un‘elevata fidelizzazione del cliente”. Il fine fondamentale del marketing non è più solamente l’acquisizione di nuovi clienti, ma soprattutto la gestione di relazioni di lungo termine con la clientela già acquisita per ottenere la fedeltà tramite la piena soddisfazione delle loro aspettative.

Peppers, Rogers e Dorf10 individuano diverse modalità di gestione delle relazioni con i clienti:

• minimo: in questo caso l’azienda si limita semplicemente a vendere il

proprio prodotto, esaurendo le proprie relazioni nel momento dell’acquisto;

• reattivo: dopo aver venduto il prodotto, l’azienda stimola il cliente a rimettersi in contatto con il punto vendita per eventuali informazioni o problemi;

9 Kotler P., Il marketing secondo Kotler, Il Sole 24 Ore, Milano, 1999 10 Peppers D., Rogers M., Dorf B., Marketing One to One Il Sole 24 Ore, Milano, 2000

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• rafforzativo: l’azienda, dopo la vendita, per sviluppare la relazione, contatta il cliente per verificarne il grado di soddisfazione e per raccogliere eventuali spunti o informazioni;

• continuativo: l’azienda sviluppa relazioni regolari con il cliente per fornire consigli, consulenze, aggiornamenti o per chiedere pareri.

In un contesto sempre più competitivo le aziende turistiche devono

ricercare relazioni continue, dove i clienti non sono più obiettivi ma partner. Ogni relazione è un’occasione di apprendimento, definita da Peppers, Rogers e Dorf “learning relationship”, attraverso la quale raccogliere ed accumulare informazioni che permettono la volta successiva di erogare un servizio sempre più personalizzato. Stabilire relazioni forti con il cliente permette all’azienda di accumulare una significativa quantità di informazioni per giungere al marketing one to one. Per porsi in continua relazione con il cliente occorre creare un sistema informativo adeguato, identificando i propri turisti e differenziandoli in base alle loro esigenze, ai loro valori e ai loro bisogni, così da poter distinguere la propria offerta e ogni contatto rispetto al singolo cliente. La personalizzazione del servizio genera fidelizzazione e la fidelizzazione permette una sempre maggiore personalizzazione.

Uno degli esponenti di spicco delle teorie del marketing relazionale è sicuramente Gronroos11. Egli sostiene che il marketing consiste nello “stabilire, mantenere e rafforzare i rapporti con i clienti e con altro partner in modo da trarne profitti e da raggiungere gli obiettivi delle parti in causa. Questo si ottiene mediante un reciproco scambio e mantenimento di promesse.” L’autore individua il ciclo di vita del rapporto tra azienda e cliente, suddividendolo in tre fasi:

• un momento iniziale, detto fase di incontro, in cui il cliente non è ancora

a conoscenza dei servizi offerti dall’azienda e cerca quindi di ottenere il maggior numero di informazioni possibile. Al cliente deve in ogni situazione risultare facile apprendere il più possibile sul prodotto e sulla realtà dell’impresa;

• una seconda fase, la fase di consumo, in cui si verifica l’acquisto e in cui il cliente ha maturato la consapevolezza di un suo bisogno che l’azienda è in grado di soddisfare. In questa fase il cliente valuta il servizio in rapporto alle proprie esigenze e a ciò che è disposto a pagare.

11 Gronroos C., op. cit.

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L’erogazione del servizio, e quindi la conseguente soddisfazione del cliente, nasce dall’interazione di tutte le componenti che fanno parte del prodotto turistico globale: strutture, servizi, addetti e lo stesso cliente interagiscono per ottenere il risultato finale;

• se il risultato delle sue valutazioni è positivo, il cliente entra nella fase di distacco del servizio: da questo momento in poi il cliente può valutare il proprio rapporto con l’azienda e rendersi conto di come questa può prendersi cura di lui. Se il cliente è soddisfatto il ciclo riprende, naturalmente con una leggera variazione delle fasi in rapporto all’esperienza già vissuta.

Per poter mantenere la relazione è necessario “un continuo adattamento

alle necessità, accompagnato dalle attività di marketing secondo lo stadio del ciclo di vita in cui si trova. Se l’azienda non è in grado di dare al cliente ciò che gli è stato promesso, questi può andarsene a qualsiasi stadio del processo” (Gronroos)12.

Prendere in considerazione le tre fasi può aiutare il management di un’azienda turistica ad analizzare ogni ”momento della verità”, a capire come il cliente si muove in ogni contatto con l’azienda, per far si che ognuna di queste relazioni sia curata in ogni dettaglio. Tale studio è fondamentale per la progettazione di tutti i servizi che compongono il pacchetto turistico. Il manager deve essere in grado di prevedere quali saranno le esigenze del proprio cliente in ogni fase, per poter poi coordinare il personale dell’azienda ad agire nel miglior modo così che il cliente senta che i propri bisogni sono stati soddisfatti e possa così crearsi un’opinione positiva che gli permetta in un secondo momento di ripetere l’esperienza. Fidelizzare il cliente significa rompere quel circolo vizioso per cui dopo la fruizione del servizio, il rapporto del cliente con l’azienda non si stabilizza e, anzi, decade. Infatti fondamentale, ma troppo spesso trascurata, è la terza fase. Nella maggior parte dei casi l’agenzia viaggi non richiama il cliente al suo ritorno dalle vacanze, l’albergatore abbandona il turista dopo il check out e il tour operator non invia per posta il suo nuovo catalogo al cliente fidelizzato.

Il cliente fidelizzato a cui si offre un servizio personalizzato è una risorsa importante per l’azienda:

12 Gronroos C., op. cit.

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• genera profitto nel lungo periodo. Ogni volta che dovrà comperare un viaggio tornerà nella stessa agenzia di viaggi, ogni volta che tornerà in quella città soggiornerà in quell’albergo. Il cliente fidelizzato ogni volta che può tornerà a servirsi in azienda, generando nuovo fatturato senza bisogno di investimenti aggiuntivi in spese di promozione e pubblicità;

• è disposto a pagare un premium price. Se un’offerta è confezionata sui bisogni di quel cliente, egli riceve un valore maggiore dalla sua esperienza ed è quindi disposto a pagare un prezzo leggermente maggiorato;

• è disposto a sopportare qualche minimo disservizio, gratificato da tutte le attenzioni che riceve ogni volta;

• sarà sempre più difficile che scelga un nuovo fornitore: più si accumulano informazioni sui desideri, bisogni e preferenze individuali di ciascun cliente, più difficile sarà per lui ottenere un livello di valore equivalente dalla concorrenza13;

• porta nuovi clienti attraverso il passaparola: il cliente trova l’esperienza così soddisfacente che ne parla volentieri ad amici e colleghi. È un sistema per farsi conoscere molto diverso dalla pubblicità, perché consiste in una vera e propria testimonianza di qualità da parte di chi si conosce e ha già vissuto l’esperienza che suggerisce agli altri. È uno strumento di marketing estermamente efficace perché la scelta di una vacanza infatti è, più di quanto si creda, il frutto di un’intensa attività di relazione fra persone. I questionari di molti alberghi segnalano che più dell’80% della clientela arriva attraverso la segnalazione di conoscenti. Il passaparola è stato definito da Eiglier e Langeard14 come il risultato della socializzazione degli individui, la trasmissione di informazioni positive o negative sui servizi offerti da un’impresa.

1.5. Offrire qualità di sistema

Recentemente Gummensson15 ha definito il concetto di marketing

relazionale come totale, ossia basato non solo sulle relazioni tra i singoli, ma anche sulle reti di rapporti che l’azienda intrattiene con i vari interlocutori esterni. Si tratta di un’impostazione globale che l’azione di marketing deve

13 Pine II J. B., Gilmore J.H., L’economia delle esperienze, ETAS, Milano, 2000 14 Eiglier P., Langeard E., Il marketing strategico dei servizi, McGraw Hill, Milano, 1998 15 Gumensson E., Total Relationship Marketing. Rethinking marketing management: from 4Ps to 30 Rs, Heinemann, London, 1999

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avere per contribuire al successo di lungo termine delle organizzazioni, di cui il nuovo paradigma diventa anche modello interpretativo e strumento per il governo strategico.

Questa impostazione è stata ripresa da Casarin16 traducendola nello specifico del settore turistico. Egli sostiene che la qualità dell’ospitalità sia il frutto dell’esperienza globale vissuta dal turista: il fatto che ogni singolo operatore offra prodotti che siano in grado di soddisfare le esigenze differenziate e sempre in evoluzione della domanda è condizione necessaria ma non sufficiente per il gradimento profondo dell’esperienza da parte della clientela. Per una valutazione positiva dell’esperienza turistica occorre riuscire a raccordare l’attività dei singoli attori dell’offerta, inserendola in un sistema di prodotto più ampio qualitativamente omogeneo (una sorta di metaprodotto turistico). Da quanto ci viene offerto nell’albergo agli impianti di risalita, dalla cortesia del negoziante alla professionalità della guida turistica. La soddisfazione della clientela dipende in modo rilevante dalla capacità dei diversi soggetti del ciclo di produzione e distribuzione del prodotto turistico di operare in modo coordinato, al fine di proporre un’offerta valida in tutte le diverse occasioni in cui il turista sperimenta la qualità del servizio, a partire dalla fase di prenotazione fino a quella di ritorno dal viaggio17. La qualità del servizio, agli occhi del cliente, aumenta in modo ancora maggiore nel momento in cui ci avviciniamo alla reale personalizzazione di tutta l’esperienza del viaggio.

Per riuscire ad ottimizzare la performance globale dell’esperienza turistica, dunque, è necessario ricorrere ad un sistema integrato di creazione di valore, ottenibile intrecciando, le une con le altre, le catene di valore di ciascuna organizzazione turistica. Lo scopo è quello di organizzare non solo un semplice coordinamento tra i servizi centrali e periferici del singolo operatore e gli elementi componenti il prodotto turistico complessivo, ma anche di costruire una rete di rapporti tra le varie organizzazioni per integrare i diversi sistemi valoriali, per essere più competitivi anche sul mercato internazionale. Fare sistema significa creare sinergie tra tutte le componenti dell’offerta, sia a livello orizzontale, tra gli operatori della stessa località, sia verticale, tra i diversi operatori della filiera produttiva. La forte interdipendenza dei servizi turistici giustifica i tentativi di cooperazione ed integrazione tra operatori

16 Casarin F., Il marketing dei prodotti turistici, Giappichelli, Torino, 1996 17 Pencarelli T., Letture di Economia e Management delle organizzazioni turistiche, Ed. Goliardiche, Trieste, 2003

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pubblici e privati finalizzati all’ottenimento di un vantaggio differenziale rispetto alle altre destinazioni turistiche. Le organizzazioni pubbliche dovrebbero essere in grado di stimolare il mercato per realizzare un network di servizi che sappia rispondere in modo efficace alle richieste della domanda18: è necessario un coordinamento affinché tutti i network collegati apportino valore aggiunto al prodotto che verrà offerto al cliente.

1.6. Specializzarsi e innovarsi Mantenere competitività nella filiera turistica è sempre più complesso.

Con le nuove tecnologie ogni tipo di contatto è diventato più semplice: il turista può scegliere indifferentemente se organizzare la sua vacanza in agenzia di viaggi, da un tour operator o contattando direttamente imprese ricettive e compagnie aeree. La concorrenza per ognuna delle differenti tipologie di imprese turistiche è sempre più agguerrita e i costi sono in crescita. Per garantirsi un ruolo nel quadro che si è venuto a delineare diventa sempre più importante specializzare la propria offerta e ricercare sempre e costantemente l’innovazione.

La specializzazione è diventata importante per le agenzie di viaggi, che se vogliono mantenere il loro ruolo nella filiera devono dare un forte valore aggiunto al servizio offerto al cliente. L’agente di viaggio deve diventare un consulente che attraverso le proprie competenze specialistiche giustifica la transaction fee che viene richiesta al cliente per la prenotazione. Se così non è il turista deciderà di acquistare il viaggio in altro modo, scegliendo tra i molti canali alternativi. L’agenzia di viaggi deve diventare una boutique dei viaggi, deve differenziarsi dai supermercati e dai discount rappresentati dalle alternative telematiche. Come la casalinga sceglie la gastronomia del centro e non la grande distribuzione per la qualità del cibo, la cortesia e professionalità del personale e i servizi aggiuntivi che vengono offerti (pagare il conto a fine mese, consegna a domicilio,…), così il turista maturo e consapevole del valore del servizio continuerà ad acquistare in agenzia viaggi se vi sarà una crescita nelle competenze e una maggiore specializzazione. Specializzarsi vuol dire scegliere un determinato prodotto, una determinata destinazione o una determinata tipologia di viaggio. Si può decidere di dedicarsi solo ai voli aerei, solo ai viaggi in Nord America o solo ai programmi per subacquei. La

18 Pencarelli:, op. cit.

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scelta migliore è quella di focalizzarsi su un’attività che corrisponde alla propria passione personale. Non c’è niente di meglio che un subacqueo appassionato per organizzare esplorazioni nei mari.

Anche ai tour operator si chiede oggi specializzazione nell’attività di programmazione: il turista maturo non vuole più viaggi generici standard, ma vuole grande qualità e prodotti “confezionati” su misura, caratterizzati da una grande flessibilità per combinare sia differenti modalità di spostamento che più itinerari e differenti destinazioni. Se la specializzazione è oggi richiesta a tutti, per alcune imprese, significativamente quelle di non rilevanti dimensioni (sia in termini di fatturato che di persone movimentate), diventa l’unico mezzo con cui rimanere competitivi. Non potendo ottenere le stesse tariffe dei tour operator più grandi, e quindi competere sul prezzo, devono spingere la differenziazione dei propri prodotti enfatizzando l’alto livello di specializzazione attraverso la produzione di pacchetti personalizzati rivolti a turisti con particolari interessi sportivi culturali, ...

Altra caratteristica fondamentale richiesta dal turismo odierno è l’innovazione: affrontare le sfide con innovazione significa cogliere tempestivamente i cambiamenti e le esigenze che il mercato esprime e proporre nuove forme di offerta per soddisfarle, generando un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza. Significa uscire da schemi consolidati per adottarne di nuovi.

Nel turismo in Italia le piccole e medie imprese sono poco innovative: i processi di apprendimento e di creazione delle conoscenze sono troppo spesso trascurati, l’imprenditore preferisce affidarsi alla propria esperienza piuttosto che mettere in dubbio e riformulare le proprie competenze. Si lascia che la produzione del servizio sia affidata alla tradizione, questo incide sulla competitività delle piccole imprese rispetto alle grandi, dell’Italia rispetto agli altri Paesi. Trattiamo un esempio tra i molteplici che abbiamo a disposizione: le terme. Per anni, dopo la crisi del termalismo, si è discusso sulla possibilità di trasformare le tradizionali terme in centri che approcciassero il benessere in senso olistico. Le vecchie generazioni si scontravano con le nuove, più propense ad innovarsi e ad affrontare il cambiamento, ma solo in poche località si è saputo cogliere l’attimo. Nella maggior parte dei casi si è rimasti radicati al passato, facendo sì che fossero le nuove beauty farm ad accogliere la maggior parte dei clienti interessati a questo prodotto in costante crescita, lasciando le tradizionali terme in una crisi profonda.

Due sono i principali ostacoli all’innovazione: l’eccessiva a attenzione ai costi, derivante dall’incapacità dell’imprenditore di cogliere la differenza tra costo ed investimento, e l’avversione all’incertezza: le nostre imprese sicuramente colgono il significato di innovazione e la sua valenza, ma

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rimangono spesso nell’immobilismo per la rischiosità che ogni scelta di cambiamento comporta. La situazione in cui si trovano in partenza è confortevole, andare aventi come si è sempre fatto è comodo: innovarsi significa invece percorrere nuove strade, dedicare tempo ed energia ad impostare un nuovo scenario che appare incerto e rischioso. Di fronte al cambiamento si può decidere di affrontarlo e intraprendere una nuova via, vedendolo come opportunità e ricavandone dei benefici e dei vantaggi competitivi, oppure attendere e introdurre le innovazioni una volta che gli altri hanno scoperto nuove metodologie operative o proposto nuovi prodotti che si sono dimostrati vincenti. Ma agendo in questo modo i concorrenti hanno già guadagnato molto terreno e si sono già specializzati, e quindi investire in quel settore o in quel prodotto può risultare anche non più conveniente.

L’innovazione può riguardare diversi aspetti:

• innovazione di prodotto, ossia aumentare il valore dell’offerta al cliente, attraverso una costante attenzione ai suoi bisogni e alle dinamiche ed evoluzioni in atto. La capacità dell’azienda di essere concorrenziale è strettamente legata al valore che essa crea per il cliente, alla costante capacità di offrire servizi di qualità che rispondano alle sue esigenze. Esempio di innovazione di prodotto è diffondere competenze nelle aree psicologiche e antropologiche tra i dipendenti: nel turismo diventa sempre più importante avere delle aziende che comprendano i fattori culturali e psicologici dei consumatori. I turisti provengono da realtà sempre più diverse, caratterizzate da usi, costumi e stili di comportamento molto diversi. La comprensione dei fattori culturali e psicologici che caratterizzano ogni turista permette all’azienda di essere più competitiva. Servizi che funzionano per una cultura possono non essere ugualmente adatti ad un’altra. Questi aspetti possono oggi, che non sono così diffuse, diventa re un fattore distintivo;

• innovazione di processo, ovvero migliorare la modalità di erogazione del servizio, quindi velocità ed efficienza nei processi di produzione e distribuzione dell’offerta della struttura. Un esempio di innovazione di processo è l’introduzione delle nuove tecnologie nei canali di vendita. Per un tour operator aprire un sito rivolto al business to business in cui gli agenti di viaggio possono trovare offerte e disponibilità immediate è innovazione di processo. Per una impresa alberghiera inserire nel sito internet per la clientela la possibilità di acquistare il soggiorno è innovazione di processo. L’abbattimento dei costi, la velocità di distribuzione delle informazioni, l’abbattimento delle barriere spazio

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temporali, le potenzialità del marketing one to one rendono l’investimento in nuove tecnologie un’innovazione a cui non è possibile sottrarsi;

• innovazione tecnologica, cioè l’applicazione di conoscenze e competenze relative alle caratteristiche materiali del processo produttivo o del prodotto atte a migliorarne le funzionalità o a ridurne il costo di produzione. Ne sono un esempio i lettori di chip card che alcune imprese alberghiere hanno inserito nelle varie camere, dove la cameriera inserisce la propria tessera quando entra e la toglie quando ha finito di riassettare la stanza. In questo modo la reception sa in tempo reale appena una stanza è libera da assegnare e contemporaneamente dove si trova la collaboratrice in ogni momento. L’innovazione tecnologica è importante nel turismo, ma non è fonte di grandi vantaggi competitivi. Il turismo è un settore labour intensive, la tecnologia non riesce a sopperire oltre un certo limite al lavoro dell’uomo. L’innovazione in un servizio turistico non può affidarsi solo alla tecnologia, ma al crescere della professionalità di chi lo eroga: il miglioramento continuo dipende dall’impegno e dalla preparazione di chi, tenendosi continuamente aggiornato, può permettersi di offrire un bene sempre all’avanguardia.

Non è il più forte che sopravvive, non è il più intelligente, ma il

più reattivo al cambiamento Charles Darwin

1.7 Far vivere esperienze Pine e Gilmore presentano un modello evolutivo alla personalizzazione del

servizio al cliente19 che rappresenta uno spunto molto interessante per strutturare innovazioni in azienda. Essi sostengono che nell’economia attuale, caratterizzata da novità nelle aree di business e negli strumenti tecnici (Information & Communication Technology) e culturali (diversi modelli economici e culturali), bisogna lasciare il passo all’economia delle esperienze. Un’azienda acquista valore nel momento in cui è in grado di offrire al proprio cliente un’esperienza che lo coinvolga, che lo trasformi,

19 Pine J. B., Gilmore J.H., op.cit.

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piuttosto che un bene o un servizio da consumare. Il cliente si trova quindi nell’atto di “comprare un’esperienza”, pagando per trascorrere del tempo a gustarsi una serie di eventi memorabili messi in scena da un’impresa come in una rappresentazione teatrale, che mira a coinvolgerlo a livello personale. L’esperienza offerta dall’azienda turistica sarà unica e irripetibile per ciascun cliente. Due persone non possono avere la stessa esperienza, perché in questi particolari momenti l’individuo viene coinvolto a livello emotivo, fisico, intellettuale o anche spirituale. Inoltre ogni azione si carica di significato grazie a ciò che abbiamo vissuto in precedenza e alle nostre aspettative nei confronti di ciò che stiamo per vivere.

Tab. 2.1 - Distinzioni economiche

Offerta economica

Commodity Beni Servizi Esperienze

Economia Agricola Industriale Servizio Esperienza Funzione economica

Estrarre Fabbricare Erogare Mettere in scena

Natura dell’offerta

Fungibile Tangibile Intangibile Memorabile

Attributo chiave

Naturale Standardizzato Personalizzato Personale

Metodo di fornitura

Immagazzinato in massa

Rinnovo scorte dopo la produzione

Erogato a richiesta

Rivelata in un intervallo di tempo

Venditore Commerciante Produttore Prestatore Regista di esperienze

Acquirente Mercato Utilizzatore Cliente Ospite Fattori di domanda

Caratteristiche Tratti distintivi Benefici Sensazioni

Fonte: Pine e Gilmore Gli autori schematizzano il processo di coinvolgimento dell’ospite in due

dimensioni: il livello di partecipazione degli ospiti e il tipo di connessione che unisce i clienti con l’evento.

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Fig. 2.1 - Gli ambiti dell’esperienza

Fonte: Pine e Gilmore

La prima dimensione vede ad un estremo la partecipazione passiva in cui i clienti non agiscono né influiscono in modo diretto sulla performance (un esempio possono essere i frequentatori di concerti di musica classica che vivono l’esperienza come semplici ascoltatori). All’estremo opposto si trova la partecipazione attiva in cui i clienti agiscono personalmente sulla performance o sull’evento che produce l’esperienza (ad es. i praticanti di uno sport che partecipano attivamente alla loro esperienza). La dimensione verticale dell’esperienza vede invece ad un’estremità l’assorbimento, consistente nell’occupare l’attenzione di una persona nell’attività di captare l’esperienza con la mente, all’altra estremità l’immersione, cioè il rendere fisicamente o virtualmente il turista parte dell’esperienza stessa. In altre parole, se l’esperienza penetra nell’ospite, come quando si guarda la tv, allora questi assorbe l’esperienza. Se invece l’ospite entra dentro l’esperienza, come in un gioco di realtà virtuale, allora questi è immerso nell’esperienza.

Educazione

Evasione Esperienza

estetica

Assorbimento

Partecipazione attiva

Immersione

Partecipazione passiva

Intrattenimento

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Secondo gli autori l’intreccio di queste tre dimensioni da vita ai quattro ambiti in cui si può sviluppare un’esperienza:

• l’intrattenimento: si verifica quando le persone assorbono passivamente

l’esperienza attraverso i sensi, come quando si osserva una rappresentazione teatrale o si ascolta della musica. È questo l’ambito solitamente più sviluppato nel settore turistico, dove la clientela accetta passivamente il pacchetto che le viene proposto;

• l’ambito dell’ educazione: l’ospite assorbe gli eventi che si svolgono davanti a lui ma, a differenza dell’intrattenimento, l’educazione implica la partecipazione attiva dell’individuo. Per formare veramente una persona e aumentarne le conoscenze e/o capacità, gli eventi educativi devono impegnare in modo attivo la mente (per l’ educazione intellettuale) e/o il corpo (per l’allenamento fisico). Pine e Gilmore sostengono che, anche se l’ educazione può essere considerata una cosa seria non significa che le esperienze educative non possano essere divertenti. Il termine “edutainment” (education + entertainment) fu coniato per indicare un’esperienza a cavallo tra il campo dell’educazione e quello dell’intrattenimento. Anche nel nostro Paese si sta sviluppando oggi questo tipo di approccio turistico, soprattutto per i più piccoli, si parla spesso oggi di vacanze educative;

• l’evasione: questo tipo di esperienze implicano un’immersione molto più profonda e si trovano al polo opposto rispetto al puro intrattenimento. Il partecipante è interamente coinvolto in maniera attiva. Esperienze come queste le ritroviamo con facilità nei parchi a tema, dove il visitatore diventa attore della scena a cui sta partecipando. Fanno scuola naturalmente i grandi parchi divertimenti della catena Disney;

• l’esperienza estetica:gli individui si immergono in un evento o ambiente, ma essi hanno un’influenza piccola o nulla su di esso, lasciando l’ambiente intatto. Ne è un esempio la visita ad un parco nazionale, come ad esempio il Gran Canyon. Partecipando ad un’esperienza educativa gli ospiti vorranno “imparare”, a un’ esperienza d’evasione vorranno “fare”, a un’ esperienza di intrattenimento vorranno “provare”, mentre chi prende parte ad un’ esperienza estetica vuole semplicemente “essere lì”.

Questi quattro ambiti naturalmente non si presentano mai come neutri ma

si mescolano fra loro in modo unico ed irripetibile per ogni esperienza provata dal singolo individuo. È proprio il fondersi delle quattro componenti fino ad arrivare al centro della loro intersezione che da origine alle esperienze più ricche, coinvolgenti e memorabili. Per dare vita ad un’esperienza ricca e

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coinvolgente non bisogna quindi scegliere o restare vincolati ad uno solo di questi campi, piuttosto bisogna utilizzare gli stimoli che provengono da ciascun ambito per poter dar vita all’esperienza che si desidera mettere in scena. Gilmore e Pine sostengono che quando tutti e quattro i domini si trovano nella stessa ambientazione, allora e solo allora lo spazio diviene un “luogo speciale” per metter in scena l’esperienza. Un’azienda di questo tipo diventa memorabile per il cliente che è quindi è portato a tornare più e più volte.

Le imprese che inscenano esperienze possono incrementare il prezzo della loro offerta in modo decisamente maggiore rispetto alla media e rispetto al tasso di inflazione, in quanto il loro cliente riconosce il valore dell’esperienza ed è disposto a pagarlo. Ad esempio il turista in viaggio a Venezia paga volentieri una consumazione al caffè Florian in Piazza S. Marco il triplo di quello che lo pagherebbe nella propria città, ma il ricordo dell’esperienza vissuta in quel caffè e in quel contesto rimarrà per sempre nei suoi ricordi. Tab. 2.2 - Esempio di avventure portatrici di esperienze Vivere in barca Esplorare grotte Viaggiare da un fiume all’altro Rafting sulle rapide Andare in mountain bike Canottaggio Condurre mandrie Heli-hiking Viaggiare in slitta Trekking da rifugio a rifugio Inseguire i tornado Baciare le balene Esplorare i canyon Trekking con i lama Noleggiare un vagone ferroviario Acrobazie aeree Osservare le foche Yachting su terra Cercare iceberg Inscenare battaglie storiche Bird watching Navigare sul ghiaccio Guidare auto da corsa Cercare orsi polari Volare in mongolfiera Viaggiare in slitte trainate dai cani Rock climbing Viaggiare in veliero

Fonte: Guttman e Fodor’s Travel Publications L’album dell’evasione

Gli autori propongono un percorso ben preciso che deve essere seguito per inscenare un’esperienza.

L’impresa deve, prima di tutto, scegliere un tema ben definito che stimoli l’individuo. Questo deve essere coinvolgente a tal punto da alterare il senso di realtà dell’ospite: tempo, luogo geografico, condizione ambientale,

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affiliazione sociale e immagine di sé sono punti ben fissi nella mente di ognuno di noi. Il riuscire a destabilizzare questa serie di certezze attira l’attenzione e immerge il cliente in una dimensione che non gli è nota, dimensione che invece caratterizza in pieno l’organizzazione. Il tema deve essere una guida per tutti gli elementi della progettazione e per gli eventi dell’esperienza messa in scena, in modo che la trama ne esca unificata e riesca a catturare interamente il cliente. Questa è l’essenza del tema: tutto il resto è un semplice supporto. Ciascun elemento utilizzato per la costruzione dell’esperienza deve sostenere il tema, nessuno deve essere incompatibile con esso. I ristoranti o i locali a tema hanno avuto molto successo negli ultimi anni, proprio perché permettono di inserirsi in un’ambientazione che non è possibile vivere altrove: seguono questa scia ad esempio i ristoranti etnici, che permettono alla clientela di gustare pietanze di origine orientale o tropicale senza spostarsi troppo da casa.

Tab. 2.3 - Esempio di ambiti in cui trovare dei temi

Storia Religione Moda Politica Psicologia Filosofia Mondo fisico Cultura popolare Arti

Fonte: Schmitt e Simonson da Pine e Gilmore

In secondo luogo, l’ esperienza deve suscitare impressioni indelebili. Pine e Gilmore le definiscono il “take away” dell’esperienza, ciò che il cliente si porta via. Nel progettare le esperienze si può cominciare quindi col chiedersi come vorremo che il cliente descrivesse l’esperienza vissuta da noi. I vari tipi di esperienze si basano su impressioni di diverso genere. Sta all’organizzatore cogliere tutti gli indizi necessari per costruire una struttura che permetta al cliente di percepire il tema centrale attraverso le proprie sensazioni. Un’esperienza può risultare spiacevole anche solo a causa di un piccolo particolare trascurato nella costruzione iniziale. Aspetti visivi e sonori che non sono stati progettati e coordinati in modo preciso possono creare confusione nella mente del cliente anziché farlo entrare nel vivo della scena.

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Inoltre chi inscena un’esperienza deve agire anche in negativo, eliminando cioè tutti quegli elementi che la impoveriscono o che possono in qualche modo distogliere l’attenzione del cliente. Per questo indicazioni chiare e ben precise sulle azioni che dovranno essere intraprese saranno fondamentali per evitare il fallimento di tutta la scena. Un’esperienza può essere, ad esempio, rovinata dall’eccessivo utilizzo di stimoli, soprattutto se sono assemblati in modo casuale.

A questo punto, ulteriore passo da compiere consiste nell’alleviare l’intangibilità dell’esperienza grazie all’introduzione di oggetti-ricordo. I turisti sono soliti acquistare cartoline e souvenir per portarsi a casa una testimonianza materiale della loro vacanza. Anche le fotografie possono avere la stessa funzione: il guardarle a distanza di tempo mantiene vivo il ricordo e permette di conservare per lungo tempo parte dei propri vissuti. Questi oggetti sono investiti di un valore che supera di gran lunga il loro valore monetario. Oltre ad essere una sorta di “scrigno” delle nostre emozioni, il ricordo costituisce anche un mezzo per mostrare agli altri ciò che abbiamo vissuto. Uno dei modi per offrire ai clienti oggetti significativi per le proprie esperienze può essere quello di trasformare in souvenir personalizzati gli articoli che costituiscono una parte dell’ esperienza (i tifosi di calcio sanno quanto possa essere emozionante riuscire a recuperare la maglia del proprio calciatore preferito alla fine della partita). Altra modalità per fornire oggetti ricordo alla propria clientela è quello naturalmente di regalarli. Molti alberghi e ristoranti sono soliti offrire piccoli omaggi alla propria clientela. La richiesta di souvenir da parte della clientela può essere un’indicazione della sua volontà di ricordare l’esperienza. Nessuno chiederebbe il ricordo di un esperienza spiacevole.

Un’ulteriore fase consiste nel coinvolgere l’ospite attraverso la stimolazione sensoriale. Gli stimoli sensoriali che accompagnano ogni attività dovrebbero servire ad intensificare il tema centrale. Tanto più un’esperienza coinvolge la totalità dei sensi, tanto più sarà memorabile ed emozionante. Queste considerazioni implicano che, nella costruzione dell’esperienza, siano coinvolti tecnici professionisti: gli effetti musicali, sonori, l’ambientazione di un ristorante, così come l’arredamento devono essere combinati in modo da costruire delle sensazioni piacevoli ed efficaci. Anche qui, una stimolazione troppo marcata potrebbe causare l’effetto contrario e causare un’impressione poco piacevole e stonata, così come un’ambientazione non adeguata al target di clientela a cui il soggetto organizzatore si rivolge (molto differente infatti sarà organizzare una vacanza per una scolaresca piuttosto che una comitiva di over 60).

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Il riferimento a cui gli operatori del turismo devono necessariamente affidarsi per la costruzione di questo tipo di esperienze deve essere quello del teatro. Questo significa dare risposte capaci di creare situazioni spettacolari in cui l’impresa turistica o l’attività turistica funzionano come se fossero teatri. Il personale e la comunità locale agiscono come cast dello spettacolo e gli spettatori sono gli ospiti. Tuttavia, diversamente da come avviene negli spettacoli tradizionali, nell’economia delle esperienze i turisti sono spettatori-attori coinvolti, soggetti attivi, ospiti che partecipano pienamente alla rappresentazione teatrale20. Per poter mettere in scena un impianto di questo genere è necessario che l’azienda stessa stabilisca forti relazioni, non solo con il cliente, ma anche con tutti coloro che vi operano, direttamente e indirettamente. La sfida per il management turistico è quella di sviluppare una “regia della rappresentazione”21 che sia capace di valorizzare il contributo teatrale sia di coloro che, come veri attori professionali (il cast), dovrebbero recitare intenzionalmente una parte per raggiungere il pubblico, sia di coloro che partecipano allo spettacolo in veste di spettatori (comunque realmente coinvolti), tenendo conto della loro diversa capacità di interagire con l’intera scena.

Quando le imprese recitano il copione generano sorpresa nel cliente, lo stimolano creando differenza fra ciò che il cliente percepisce e ciò che si aspettava di ricevere. Invece di limitarsi ad andare incontro alle aspettative (soddisfacendole) o a porre delle nuove aspettative, le imprese secondo Pine e Gilmore dovrebbero tentare di trascenderle, per andare in direzioni completamente nuove e inaspettate. Questo non significa cercare di superare le aspettative, perché ciò suggerirebbe un miglioramento lungo un asse già noto di adempimento, né significa scoprire nuove dimensioni in cui competere, piuttosto significa mettere inscena l’inaspettato. Secondo gli autori i manager “devono smettere di inscenare aspettative di routine e cominciare a pensare creativamente a come far leva su una qualche dimensione del servizio per mettere in scena sorprese memorabili”. I clienti non acquistano più un prodotto solamente per la sua funzione ma anche e soprattutto per l’esperienza che vivranno nel momento in cui lo acquisteranno e lo utilizzeranno.

Nell’emergere dell’economia delle esperienze le imprese devono rendersi conto che stanno producendo ricordi, non beni, stanno creando il

20 Pencarelli T., op. cit. 21 Pencarelli T., op.cit.

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palcoscenico per generare un maggiore valore economico, non fornendo un servizio.

Ogni turista per quanto possa essere superficiale e distratto, immagazzina nella propria memoria immagini, ricordi ed emozioni rispetto a quanto a vissuto nella vacanza. Si tratta di vere e proprie acquisizioni personali che, in certa misura, “cambiano la vita” del turista, rendendolo meno etnocentrico, più capace di maggiore relativismo culturale e di libertà di giudizio22.

Trasferire questo modello nel settore turistico significa fare in modo che tutti gli spazi fisici utilizzati dalle strutture ricettive e da tutte le altre aziende della filiera possano diventare luoghi speciali, dove mettere in scena in modo consapevole ed organizzato esperienze significative per il turista. Attrarre il proprio cliente facendolo sentire unico è già un passo fondamentale per la sua fidelizzazione, ma il fargli sentire che l’esperienza che ha appena vissuto non potrà ripeterla in un’altro luogo acquista un valore incomparabile per l’azienda organizzatrice. Vi sono delle realtà nel settore turistico dove può essere relativamente semplice applicare questo modello. I villaggi vacanze possono essere, ad esempio, una tipologia di impresa particolarmente adatta allo scopo: il territorio su cui sorgono infatti è monopolizzato da un unico soggetto che sceglie autonomamente come organizzarlo, si tratta di una sorta di luogo protetto, a volte completamente separato dall’ambiente esterno, dove è molto semplice creare ambientazioni fittizie capaci di coinvolgere il turista in ogni momento della giornata. Ma anche in tutte le altre imprese della filiera, con sforzi più o meno maggiori, si può arrivare a far vivere al turista un’esperienza memorabile.

2. Incrementare la redditività dei servizi offerti Abbiamo valutato la necessità per le aziende italiane di essere

maggiormente competitive per far si che il turismo continui ad essere un settore a forte crescita a livello di presenze, di fatturato, ma soprattutto di numero di occupati. Dopo avere analizzato come dare maggior valore all’offerta al cliente, e quindi come agire sulla qualità, accenniamo ora brevemente a come incrementare la redditività dei servizi offerti, quindi a

22 Sartorio G., Introduzione a Martinengo M.C., Savoia L., Sociologia dei fenomeni turistici, Guerini, Milano, 1998.

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come ricercare la migliore performance economica attraverso il controllo dei costi.

Il principale problema che le aziende turistiche devono affondare nella loro gestione è la flessibilità, derivante, come abbiamo già accennato, dalla imprevedibilità della domanda derivante dalla stagionalità e da altri innumerevoli fattori che rendono difficile la programmazione, scontrandosi con la rigidità che caratterizza l’offerta. La rigidità riguarda le strutture (ad esempio in un albergo la capacità ricettiva o la localizzazione), il contesto esterno (come il clima o le condizioni di trasporto) e in primo luogo il fattore lavoro23. La flessibilità del fattore lavoro può essere affrontata in quattro modi24: • flessibilità funzionale, ottenuta allargando le mansioni dei collaboratori

presenti in azienda. Un esempio è il banconista di un’agenzia viaggi a cui viene chiesto nei momenti di punta di lavoro di occuparsi anche di biglietteria. Questa scelta implica un’attenta programmazione, una formazione preventiva, l’attenzione nel processo di selezione anche alle attitudini alla flessibilità e alla capacità di adattamento ai cambiamenti dei neoassunti. Agire in questo senso aiuta l’azienda a gestire la discontinuità nel lavoro ma porta anche a despecializzazione e deprofessionalizzazione, con rischi di impatto negativo sul clima organizzativo e sulla motivazione;

• flessibilità numerica, aumentando e diminuendo il numero dei dipendenti e le ore lavorate. Aiutano in questo senso i contratti di lavoro che garantiscono l’adattabilità numerica, previsti dalla normativa e dal CCNL, come il contratto di apprendistato, quello di formazione-lavoro, l’assunzione a tempo determinato, il lavoro extra e di surroga e il contratto di lavoro interinale o temporaneo. Anche il lavoro autonomo è sempre più utilizzato. La flessibilizzazione dell’orario di lavoro è un’altra soluzione. Utilizzare maggiormente il part time, sia orizzontale che verticale trova il gradimento sia delle imprese, che riescono così ad adeguare produzione e domanda, sia dei dipendenti, che trovano un migliore equilibrio tra le ore lavorate e il tempo libero da dedicare a se stessi o alla famiglia. È il caso ad esempio dei lavoratori che studiano, delle madri di famiglia e di chi ha famigliari a carico. Il CCNL del settore permette anche di articolare l’orario di lavoro su periodi plurisettimanali, permettendo alle imprese di

23 Comacchio, op. cit. 24 Guerrier Y., Lockwood A., “Mananging flexingle working in hotels”, in The Service industries journal

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superare il vincolo delle 39 ore per dipendente, con il vincolo di recuperare lo straordinario concedendo orario ridotto nei momenti di minor lavoro25.

• gestione dei confini organizzativi. Molte aziende, soprattutto nell’ultimo decennio, hanno fatto scelte di interventi di questo tipo. Da una parte è possibile prevedere il decentramento di alcune funzioni da centralizzare alla capogruppo o al network (nel caso di adesione a catene o consorzi) per razionalizzare servizi costosi, dall’altra di dare in outsourcing lo svolgimento di alcune mansioni, eliminando funzioni poco qualificate. Al network o alla capogruppo possono essere ad esempio affidate le azioni di marketing per una agenzia di viaggi o la gestione delle prenotazioni per un albergo. In outsourcing alcune catene alberghiere hanno dato i servizi di pulizia e riassetto delle camere, affidando il servizio ai piani in appalto a società esterne. Hanno così sostituito ad un costo fisso uno variabile, limitato il numero del personale dipendente ed evitato l’impegno nelle attività di reclutamento, selezione, formazione e motivazione di questi collaboratori.

• flessibilità retributiva, ottenuta attraverso la variabilità retributiva, quindi rendere flessibile il costo del lavoro26.

In generale vi sono delle resistenze all’applicazione di un corretto spettro

di questi strumenti, “la flessibilità aziendale nel turismo, che pure è propria di un sistema di piccole imprese, viene oggi interpretata più come sfruttamento intensivo delle risorse che come ricerca di soluzioni gestionali ed organizzative in grado di produrre maggiori condizioni di efficienza27”. Anche qui, come già rilevato in altri ambiti, riscontriamo un approccio gestionale rigido degli imprenditori italiani, troppo legati alla tradizione legata al passato.

Per il controllo dei costi fondamentale appare ricercare economie di scala e questo può avvenire attraverso da una parte l’incremento delle dimensioni aziendali e il contenimento dei costi fissi, dall’altra la ricerca di economie di aggregazione e di integrazione, sia a livello orizzontale (tra imprese dello stesso comparto) sia a livello verticale (tra imprese che offrono servizi

25 Comacchio, op. cit. Si manda a questo testo per ulteriori approfondimenti su questo tema 26 Per una trattazione più analitica si rimanda al paragrafo relativo agli incentivi nel capitolo dedicato alla leadership 27 Macchiavelli, Il turismo in A.A.V.V. Lombardia 2005: società governo e sviluppo del sistema lombardo 10 anni di esperienze, Irer, Milano, 2005

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diversi). Queste due tendenze stanno già in parte caratterizzando il settore in Italia: la tendenza all’incremento delle dimensioni aziendali è rilevabile nel comparto alberghiero dall’evoluzione dei rapporti n. di camere/n. di strutture, in costante incremento, la diffusione di aggregazioni appare evidente in ogni parte della filiera, dall’intermediazione alle aziende di produzione. Il numero di agenzie di viaggi aggregate a network è oramai estremamente rilevante, grazie alla diffusione del franchising e alla recente liberalizzazione delle licenza. Il numero di hotel aderenti a catene è invece ancora limitato se confrontato con i dati degli altri Paesi, anche se in crescita continua. Le catene in Italia rappresentano solo una piccola parte della capacità ricettiva: consideriamo che il più importante gruppo alberghiero in Italia associa 98 hotel (Space), il secondo 40 (Jolly hotels) e il terzo 18 (Ata)28, pensiamo alla realtà dei Logis de France che raccolgono 300029 strutture e comprendiamo subito la differenza. La focalizzazione poi è sempre rivolta a promozione, marketing e commercializzazione, alcune volte sulle centrali di acquisto, mentre troppo poco spesso sull’effettivo controllo di qualità, sulla gestione del personale e genericamente sulla ricerca di forti economie gestionali30. Per quanto riguarda i consorzi poi la situazione è ancora più critica: la mancanza di coordinamento e di fiducia relazionale e il timore di privazione di potere degli operatori privati impedisce collaborazioni pienamente costruttive.

Altra via al recupero di competitività è l’adozione di nuove tecnologie, sia nella fase di produzione (informatizzazione dei sistemi gestionali, amministrativi, di sicurezza e controllo), sia nella fase di promozione e commercializzazione31. Ma come abbiamo accennato prima il turismo è sicuramente un settore labour intensive ed è quindi difficile prevedere che le tecnologie possano massicciamente intervenire nella gestione operativa, vi sono tuttavia alcuni ambiti in cui la loro adozione permette una riduzione dei costi senza per questo mettere in discussione la qualità del servizio offerto. L’introduzione di sistemi informativi per la gestione del main courant ha permesso, ad esempio, un forte snellimento delle procedure di reception e quindi un arricchimento delle mansioni giornaliere affidate al front office.

I sistemi di controllo automatico degli accessi agli impianti di risalita, le casse-biglietterie automatiche, i trasmettitori-palmari per la

28 Fonte: Tci 29 Fonte: http://www.logis-de-france.fr/fr/index.htm 30 Macchiavelli, op. cit. 31 Macchiavelli, op. cit.

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raccolta/trasmissione degli ordini al ristorante e per la gestione delle scorte ne sono altri esempi.

3. Maggior qualità del servizio interno Abbiamo più volte sottolineato nei paragrafi precedenti la rilevanza delle

risorse umane nelle imprese turistiche. Sono le risorse umane a costruire la relazione coi clienti, a generare valore all’esperienza del turista, a portare vantaggio competitivo. In un’industria labour intensive come quella turistica è lo sviluppo efficiente della relazione con le risorse interne che porta ad un servizio di qualità.

Questo non significa dover incrementare il numero dei collaboratori. Oggi il nostro Paese deve diventare più competitivo a livello internazionale, e quindi proporre al turista outgoing una miglior rapporto qualità prezzo. Assumere nuovo personale significherebbe influire negativamente su questo parametro. Il passo necessario è quello di razionalizzare la propria offerta, rivedendo la struttura organizzativa interna e adottando nuove metodologie per incrementare la produttività delle risorse esistenti, cioè un migliore servizio da parte del personale occupato.

3.1. Azioni di marketing interno

Se i dipendenti sono una risorsa fondamentale per tutte le aziende e per il

loro successo, rappresentano contemporaneamente anche la principale voce di costo nei bilanci: curare maggiormente la relazione con i collaboratori permette di ottimizzare il più importante investimento economico di ogni realtà. Oltre all’attenzione verso il cliente e verso il sistema esterno, fondamentale per la realizzazione di un servizio di qualità è il marketing interno, che ponga l’accento su come sviluppare nel personale dipendente e nella direzione l’attenzione al cliente. Infatti se la mission, i servizi e le campagne comunicazionali verso l’ambiente esterno non vengono prima condivise dal mercato interno, l’azienda non può attendere il successo sui clienti finali. Nell’industria turistica occorre affrontare il mercato attraverso le tradizionali tecniche del marketing management sia nelle fasi di analisi e segmentazione del mercato, sia nella creazione di rapporti durevoli con la clientela, ma anche e soprattutto è utile far uso di un marketing interno, rivolto a costruire e mantenere una forte cultura del servizio fra le risorse coinvolte nel processo di erogazione e produzione del prodotto turistico. È la

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front line a diretto contatto con il cliente, è lì che si gioca il raggiungimento degli obiettivi dell’impresa. Si possono studiare i migliori strumenti di marketing per promuovere l’agenzia di viaggi, contattare i migliori architetti per dare un restyling all’albergo, avere a catalogo le migliori strutture in esclusiva, ma se chi è a diretto contatto con il cliente non si relaziona in modo efficace e coerente con questi principi ogni sforzo sarà stato vano. I risultati possono essere raggiunti solo nelle imprese in cui tutti i reparti e i dipendenti hanno unito le loro forze per formare un sistema in grado di offrire un valore superiore in modo competitivo32. Il diffondersi di questa cultura di servizio in azienda non può essere lasciata al caso, ma deve essere studiata e programmata con attenzione, come ogni azione di marketing proiettata verso l’esterno.

Fig. 2.2 - Il marketing integrato

32 Kotler P., Bowen J., Makens J., Marketing del turismo, McGraw-Hill, Milano, 2003.

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Fonte: Pencarelli Devono essere analizzati i bisogni dei collaboratori, cosa fa la concorrenza

per attrarre il personale e le risorse a disposizione, quindi definire una strategia, degli obiettivi e quindi come raggiungerli, attraverso tutti gli strumenti a disposizione, dalla comunicazione strutturata a quella informale, dai benefit agli incentivi. Esempi sono gli house organ con le notizie sull’azienda, le convenzioni attraverso le quali i dipendenti possono ottenere sconti sugli acquisti, i buoni consumazione dati all’equipe del villaggio turistico, il circolo per gli ufficiali sulle navi da crociera.

Per raggiungere il massimo dei risultati nell’azienda turistica deve nascere il marketing integrato sviluppato sulla coesistenza dei tre differenti approcci:

• il marketing esterno, comprendente le usuali attività di marketing

management;

MARKETING RELAZIONALE Relazioni elettroniche (internet, extranet,

intranet)

Gestione del sistema di produzione ed erogazione

Gestione della rete di relazioni con i soggetti della filiera turistica e con i vari stockeholder

Interazione del pe rsonale con il cliente (comunicazione

interattiva )

Controllo di qualità dei clienti

Feed back del cliente Partecipazione attiva dei clienti

PRODOTTTO DISTRIBUZIONE

COMUNICAZIONE PREZZO

Segmenti

MARKETING INTERNO Intraorga nizzativo e a livello di

supply chian

Creazione di una cultura del servizio

Comunicazio ne interna

Orientamento al cliente

Formazione del personale

Gestione dei flussi informativi interni

MARKETING MIX

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• il marketing interno, finalizzato al mantenimento della cultura del servizio e allo sviluppo dell’orientamento al cliente fra i membri dell’organizzazione;

• il marketing relazionale, che provvede a gestire le interazioni tra personale e cliente con l’obiettivo di creare la fidelizzazione del cliente.

3.2. Un nuovo modello organizzativo

Per raggiungere gli obiettivi che sino a qui ci siamo prefissi non è

sufficiente una efficace azione di marketing, se questa non trova fondamento in un nuovo modello organizzativo condiviso dal vertice strategico, che crede fortemente nella centralità della risorsa umane ed è disposto ad una profonda revisione del proprio modo di operare. La competitività dell’azienda turistica moderna si fonda sull’introduzione di innovazioni di carattere manageriale, che superino il modello organizzativo radicato nelle micro piccole imprese italiane, basato su uno stile di leadership autoritario e paternalistico, una gestione centralizzata con resistenza alla delega, una scarsa definizione di ruoli e responsabilità, con un limitato utilizzo degli strumenti gestionali anche basilari diffusamente utilizzati in altri settori. Nel turismo in Italia la maggior parte degli imprenditori si muove improvvisando, e tutto ciò impatta sui livelli di produttività delle nostre aziende, che sono infatti, come visto in precedenza, tra i più bassi in Europa.

Prendiamo come esempio le imprese alberghiere. La struttura organizzativa è nella gran parte dei casi funzionale, ossia sono identificati diversi reparti in base al tipo di attività svolta, di ricevimento, di cucina, di pulizia, ecc ecc. È una scelta che deriva dalla varietà dei servizi offerti, dalla professionalità necessaria a svolgere questi compiti, dagli strumenti e dalle procedure specifiche di ognuno di questi reparti. L’efficienza di un’impresa alberghiera dipende in modo importante dal grado di coordinamento ed integrazione di ciascun reparto con gli altri. Il ristorante, ad esempio, deve sapere in tempo reale quanti ospiti sono arrivati in albergo e quindi quanti coperti dovrà essere in grado di servire quel giorno. La governante dovrà sapere quante stanze saranno occupate in quel giorno e in quell’ora. Questa necessità viene risolta in modo differente a seconda delle dimensioni dell’impresa.

Nelle realtà a conduzione familiare si soddisfa la necessità di coordinamento a livello informale con il controllo gerarchico dell’imprenditore: sono poche le persone che lavorano in azienda, spesso la stessa persona svolge più mansioni e il proprietario supervisiona la maggior

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parte delle attività. Questa scelta organizzativa ha però alcuni limiti, che riducono le possibilità di personalizzare e valorizzare il servizio da parte dei collaboratori: la comunicazione è spesso unilaterale dall’alto verso il basso, il rapporto gerarchico prevede solo un passaggio di ordini dal capo ai dipendenti, assistiamo ad un processo di delega ma solo per gli aspetti operativi, non viene lasciato spazio ai collaboratori nel prendere alcun tipo di decisione, il controllo della correttezza tecnico operativa del processo prevale sul coordinamento33. Ma il cliente vuole un servizio pronto ed efficace, ad ogni sua richiesta vuole una risposta immediata, e non che il collaboratore non possa agire perché deve aspettare la decisione del superiore.

Nelle imprese di maggiori dimensioni intervengono altri meccanismi, quali la standardizzazione dei processi attraverso la formalizzazione di procedure, quella che Mintzberg34 definisce “burocrazia meccanica”. Vengono analizzati in ogni passaggio tutti i processi aziendali e viene definito nei dettagli come ogni collaboratore dovrà comportarsi in ogni situazione, elaborando quindi norme standard che regolano l’operatività nei singoli hotel. Se da un lato misure preconfezionate possono essere garanzia di efficienza del funzionamento della struttura e possono garantire alla catena alberghiera di offrire livelli di servizio omogenei in tutta l’area geografica da essa coperta, dall’altra un’eccessiva standardizzazione conferisce staticità all’azienda, non permettendo al dipendente di adattarsi alla singola situazione. Il cliente cerca oggi, lo abbiamo detto più volte, un servizio personalizzato sulle proprie esigenze, risposte pronte ed immediate alle proprie richieste, la standardizzazione delle mansioni può divenire in questo senso un fattore frenante, limitando quella elevata dose di discrezionalità che deve caratterizzare l’attività a contatto col cliente. Le tensioni che si possono verificare in un contesto come questo, possono creare situazioni anche alquanto complesse e difficili da gestire. Tali condizioni possono creare frustrazione e insoddisfazione nel personale causando turn over e instabilità dell’impresa, oltre allo scarso servizio offerto al cliente. La soluzione che appare più opportuna, come ampiamente illustrato da Rispoli e Tamma35, è il focalizzarsi sulla standardizzazione nei processi non a diretto contatto col cliente (ad esempio in cucina, nelle pulizie o nella manutenzione), mentre in tutti i reparti in cui l’interazione coi clienti prevale (reception, sala ristorante,

33 Comacchio, op. cit. 34 Mintzberg H., The nature of managerial work, Harper & Row, New York, 1973 35 Rispoli M., Tamma M., Le imprese alberghiere nell’industria dei viaggi e del turismo, Cedam, Padova, 1996

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animazione,…) il focus deve essere dato sulla personalizzazione. Le procedure è corretto che debbano esservi comunque, ma solo come guida, non come percorso obbligato; dovranno prevedere gli standard minimi di servizio e lasciare ai dipendenti autonomia operativa e decisionale. Attuare quest’evoluzione nella gestione delle procedure presuppone una responsabilizzazione dei dipendenti sulle dimensioni qualitative ed economiche del servizio, nonché lo sviluppo di competenze relazionali, di negoziazione e di problem solving che permettano di operare intermediazioni tra le regole vigenti nella struttura e i bisogni del cliente. Questo tipo di impianto pone colui che opera nel front-line di fronte all’interazione tra aspetti propriamente tecnici e funzionali e aspetti più profondi, relativi alla relazione. Questi ultimi sono quelli più intangibili, ma che hanno un grosso peso sulla soddisfazione finale del cliente.

Vediamo anche nelle piccole imprese, dove si utilizza prevalentemente la gerarchia come strumento di coordinamento e controllo, quali cambiamenti è opportuno mettere in atto per affrontare al meglio le nuove esigenze. Le parole chiave sono decentramento decisionale e deverticalizzazione. Fare sì che tutti siano consapevoli della mission dell’azienda, ne condividano gli obiettivi e abbiano la giusta dose di discrezionalità per poter gestire efficacemente i problemi quotidiani caratterizza uno stile di leadership partecipativo che diventa imprescindibile per la gestione delle esigenze di personalizzazione del servizio del turista maturo. La gestione per coinvolgimento dei dipendenti è ben diversa da quella autorevole ed offre molti vantaggi sia per il collaboratore, in cui viene esaltato il senso di responsabilità e migliorato il livello di stima, sia per il leader stesso, che avrà al proprio fianco persone attente e in grado di affrontare in autonomia ed efficacia il rapporto quotidiano con il cliente. L’obiettivo è sviluppare empowerment, lasciando ad ogni collaboratore l’autorità e la responsabilità adatte al proprio ruolo. Stimolare le persone ad agire coerentemente con gli obiettivi dell’azienda attraverso la proposta di uno stile di lavoro interessante, coinvolgente, creativo, con margini crescenti di autonomia aumenta la qualità del servizio e permette lo sviluppo della flessibilità e dell’attitudine al cambiamento.

Le nuove tecnologie favoriscono nell’azienda moderna il coordinamento: attraverso l’utilizzo dei sistemi informativi è possibile stoccare e trasferire molte informazioni sino a pochi anni fa gestibili solo localmente e attraverso

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il contatto diretto36. Pensiamo ad esempio ai sistemi informativi per la gestione del conto personale del cliente: tutti i reparti dell’hotel oggi sono in grado di inserire in tempo reale gli addebiti per i servizi aggiuntivi, permettendo un check out rapido ed immediato, in certi casi anche effettuato in remoto dal cliente stesso che controlla in autonomia il saldo del proprio conto e ne autorizza l’addebito sulla carta di credito. Possiamo citare ad esempio i sistemi informativi presenti ai piani, attraverso i quali le governanti in tempo reale comunicano alla reception quali camere sono riassettate e disponibili per l’assegnazione ai clienti che stanno svolgendo il check in. Con sistemi informativi strutturati e completi si riduce il fabbisogno di integrazione tra cliente e personale di contatto e tra diverse unità per la gestione dei processi standard, lasciando ai collaboratori di front office maggior tempo per curare le relazioni informali che tanto sono importanti per la piena soddisfazione del cliente finale. Ma neanche le nuove tecnologie, da sole, sono in grado di rispondere in modo totalmente efficace alle necessità della moderna azienda turistica: esse sono troppo rigide. La flessibilità è condizione essenziale all’interno delle imprese turistiche, che devono rispondere con prontezza alla variabilità e alla difficile prevedibilità della domanda. La flessibilità non è generata dall’inserimento di nuove tecnologie o strutture all’avanguardia, ma dalla modalità di gestione delle risorse umane.

I meccanismi di coordinamento tradizionali, benché rivisti in base alle considerazioni appena fatte e integrati delle nuove tecnologie, da soli non paiono comunque sufficienti a gestire una situazione così complessa: si evidenzia la necessità di aggiungere strumenti complementari, aumentando la profondità dell’organizzazione (ossia facilitando le relazioni tra le diverse unità organizzative, a prescindere dalla linea gerarchica).

Il nuovo modello organizzativo37 sviluppato in funzione dell’azienda customer oriented, si viene a sviluppare attraverso:

36 Comacchio, op. cit. 37 Ricordiamo che ogni organizzazione è un sistema complesso, costituito da: • la struttura organizzativa, quindi il modello di divisione del lavoro che prevede

l’attribuzione delle attività alle unità organizzative e il loro coordinamento • i meccanismi operativi, ossia i sistemi di gestione delle risorse umane, la programmazione e

controllo e i sistemi decisionali e informativi. Sono quei processi trasversali che permettono che l’azienda possa funzionare operativamente

• il potere, cioè la leadership e come questa agisce nell’organizzazione • la cultura, insieme di valori e di significati dell’azienda che si esprimono esteriormente

attraverso i modelli di comportamento, il linguaggio, le norme, i riti,… adottati dai componenti dell’organizzazione stessa

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• lo sviluppo di una più efficace comunicazione interna, anche e soprattutto

informale, che faciliti la libera disponibilità e la condivisione delle informazioni tra colleghi e tra responsabili e collaboratori. Se le informazioni e i suggerimenti circolano spontaneamente si riesce a perseguire l’obiettivo del miglioramento continuo e del coordinamento, si stimola il mutuo adattamento che facilita la gestione dei processi in situazioni di interdipendenza reciproca (pensiamo a quei processi in cui intervengono collaboratori di diversi reparti, come l’organizzazione di un convegno o di un banchetto);

• il lavoro di gruppo. Se nelle piccole imprese a gestione famigliare i processi di coordinamento si avviano in modo spontaneo grazie alle relazioni informali che le caratterizzano, nelle imprese di medio grandi dimensioni è opportuno facilitare la comunicazione strutturando nuovi canali. Creare dei gruppi di lavoro tra colleghi dello stesso reparto o interfunzionali, per migliorare il prodotto/servizio erogato o cercare la soluzione ai problemi, facilita nuove e più brillanti soluzioni e crea coinvolgimento e motivazione senza aumentare la complessità dell’organizzazione. Condividere ed ottimizzare l’utilizzo delle risorse in gruppo implica lo sviluppo di nuovi schemi di comportamento nel leader, ma offre numerosi vantaggi al processo di miglioramento del servizio in contesti di aumentata complessità gestionale;

• l’ottimizzazione dei percorsi di reclutamento e selezione, oggi troppo spesso improvvisati. Scegliere la persona giusta per il posto giusto è fondamentale per assicurare la produttività all’azienda, per ottimizzare i costi, per limitare il turn over. Ottimizzare questi processi implica anche una riflessione sulla struttura organizzativa aziendale che conseguentemente porta maggiore chiarezza ai collaboratori sul propri ruoli e sulle proprie responsabilità, questo evita conflitti ed aumenta l’efficacia del lavoro. Approfondire questi temi permette l’analisi dei percorsi di carriera e delle possibilità di crescita professionale da offrire ai collaboratori, fattore importante di motivazione;

• la predisposizione di percorsi di addestramento e formazione. Una delle maggiori problematiche che si riscontrano nella gestione delle risorse umane nel settore turistico è la mancanza di formazione sia iniziale che continua, che punti allo sviluppo delle competenze del personale verso un’ottica di qualità e di gestione integrata del sevizio. Un’azienda che riesce a dare il giusto valore al sistema formativo aumenta la qualità dei propri servizi e di conseguenza la soddisfazione della clientela. Il valorizzare poi il ruolo del singolo addetto aumenta la motivazione e

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l’interesse per il proprio lavoro. Nelle imprese ricettive, caratterizzate da un forte ricorso al lavoro temporaneo e stagionale, diventa cruciale strutturare percorsi formativi brevi ma intensi, che permettano al personale neo assunto di entrare efficacemente in ruolo nel più breve tempo possibile. È significativo constatare che le aziende minori difficilmente prevedono di fornire ai propri collaboratori delle opportunità formative, prassi invece ormai diffusa nelle grandi catene alberghiere e nelle strutture di maggiore dimensioni. Dovrebbe essere prevista un’attività di formazione continua sia per quanto riguarda gli aspetti tecnici che per quanto riguarda gli aspetti relazionali (comportamento assertivo, gestione dei conflitti, …);

• sistema premiante e di incentivi che sensibilizzi alla produttività, puntando sull’efficacia del contributo più che sull’efficienza. Le retribuzioni devono essere adeguate alla quantità e qualità del lavoro svolto, con la possibilità di conseguire premi stabiliti al raggiungimento di determinati obiettivi. Questo stimola i dipendenti a migliorare capacità e competenze, dimostra interesse e riconoscimento da parte dei superiori per il lavoro svolto e può colmare quelle lacune nelle opportunità di carriera che caratterizzano le organizzazioni snelle dove la mobilità verso l’alto è necessariamente ridotta38. Abbiamo quindi toccato tutti gli elementi fondamentali che Costa39

identifica come necessari per la valorizzazione delle risorse umane:

• la costituzione delle relazioni (reclutamento, selezione); • la costituzione delle competenze (addestramento e formazione); • l’erogazione delle prestazioni (organizzazione del lavoro, comunicazione

e lavoro di gruppo); • la valorizzazione delle prestazioni (valutazione e retribuzione).

È fondamentale garantire un buon clima organizzativo in azienda: ci si è resi conto che le inefficienze organizzative sono spesso legate a meccanismi difensivi di reazione di un individuo in un gruppo, piuttosto che da errati disegni organizzativi. Per assicurare prestazioni di qualità anche in momenti in cui si è sotto pressione, come i mesi di alta stagione, è importante

38 Maeran R., Psicologia e turismo, Editori Laterza, Roma, 2004 39 Costa G., Manuale di gestione del personale, Utet, Torino, 1992

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progettare ambienti organizzativi in base alle esigenze personali delle risorse, cercando di armonizzare vita lavorativa e personale. Lavorare in un’impresa turistica chiede grandi sacrifici in termini di orari e giornate di lavoro inusuali, è importante cercare di andare incontro alle esigenze dei collaboratori, cercando di comprendere quali processi psicologici ne condizionano la soddisfazione.

Questi compiti saranno responsabilità dei leader dei diversi gruppi di lavoro, supportati, nelle imprese di più grandi dimensioni, dall’ufficio del personale. Nelle strutture in cui l’incidenza del fattore lavoro è elevata, così come è molto intensa l’interazione fornitore/cliente non si potrà prescindere dal coinvolgere tutti i manager in questo approccio che deve permeare l’intera struttura organizzativa (ad esempio negli alberghi di categoria medio alta). Nelle strutture dove il servizio è poco personalizzato e dove il fattore lavoro è meno rilevante, come ad esempio gli ostelli e i motel, il management di linea può essere meno coinvolto nelle politiche di gestione del personale e uno stile di leadership ancora orientato ai compiti può essere tollerato. Un ruolo fondamentale dovrà comunque sempre avere la direzione strategica. Se nelle piccole imprese la dirigenza ha la possibilità di controllare più direttamente il proprio personale, anzi frequentemente si occupa personalmente delle assunzioni e della gestione, anche nelle imprese di più grandi dimensioni essa non dovrebbe affidarla esclusivamente ai propri collaboratori. La direzione strategica deve poter intervenire nei momenti più critici avendo sempre la situazione sotto controllo, ma anche nelle attività più routinarie può dare importanti contributi (ad esempio può essere utile per facilitare i gruppi di lavoro, interviene per definire incentivi e aumenti della retribuzione,…). Attraverso l’attivazione di questo modello organizzativo verranno attivati i circoli virtuosi identificati da Norman nella sua “La gestione strategica dei servizi40”. Egli afferma che un’azienda che offre un servizio centrale eccellente con ricchi servizi aggiuntivi genera nei clienti, che apprezzano la qualità, soddisfazione. I clienti che dimostrano di gradire l’offerta dell’azienda generano nel personale motivazione, quindi un buon clima e risultati economici positivi. Da questo si generano automaticamente nuovi investimenti nel miglioramento del servizio e quindi l’innesto di quel circolo virtuoso che porta l’azienda al successo a raggiungere risultati strategici e a perseguire efficacemente obiettivi di cambiamento.

40 Norman, op. cit.

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Fig. 2.3 – Il ciclo positivo del servizio

Prestazione di un servizio migliore

Risultati economici positivi

Morale elevato Cliente soddisfatto

Il cliente preferisce la qualità

Personale soddisfatto e motivato

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3. LA LEADERSHIP PER L’IMPRESA TURISTICA

La prova fondamentale del valore di un Leader è che si lasci dietro, in altri uomini, la convinzione e la volontà di proseguire la sua opera.

W. Lippman La realtà competitiva del terzo millennio impone alle aziende turistiche

una ridefinizione della propria offerta verso un prodotto qualitativamente elevato e personalizzato alle esigenze del cliente. La domanda richiede un prodotto superiore a quello dei concorrenti, sia nelle caratteristiche strutturali sia nel servizio offerto, contemporaneamente il personale esige condizioni di lavoro sempre più motivanti. Chi oggi dirige un’azienda turistica, per essere vincente in una realtà sempre più competitiva e dominata dalle tecnologie, deve prendere coscienza dell’evoluzione avvenuta e non deve saper più solo amministrare o gestire la struttura, ma deve anche saperla guidare in modo creativo ed innovativo per anticipare le esigenze del mercato, per recepire e soddisfare i bisogni espliciti, impliciti e latenti del cliente.

Per il raggiungimento di questi obiettivi è necessario che la convinzione della centralità della risorsa umana permei l’intera cultura aziendale, e perché questo cambiamento di mentalità avvenga è necessario che colui che dirige la società vi creda fermamente e trasmetta questi principi, oramai fatti propri, ai suoi collaboratori. Questo necessario cambiamento culturale deve investire tutte le imprese, dalle piccole alle grandi. Se prendiamo ad esempio la ricettività, nei grandi alberghi è più facile applicare questi principi, adeguandosi a processi strutturati dalle direzioni delle catene o seguendo gli stili di gestione delle strutture benchmark di riferimento internazionale. Molte catene multinazionali stanno introducendo oggi una microimprenditorialità diffusa che permette di creare piccole sottounità guidate da persone che godono di una grossa autonomia. Meno facile è per le piccole imprese, fortemente presenti nel territorio italiano, che per riuscire a sopravvivere e ad

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acquisire nuova clientela, devono tendere comunque al miglioramento continuo. Anche i piccoli imprenditori alberghieri devono rinunciare ad atteggiamenti autoritari e controllanti, per portare l’albergo ad una nuova dimensione, adatta alle esigenze del cliente maturo che caratterizza il nostro mercato. I piccoli imprenditori devono diventare leader motivanti e coinvolgenti, in grado di delegare in modo efficace, controllare e incrementare la performance dei propri collaboratori con lo stile di leadership più adeguato. Bisogna avere il coraggio di rompere attitudini e pratiche obsolete per favorire nuove forme di gestione, trasformando in opportunità la debolezza di partenza, intrinseca della piccola dimensione, che può favorire forme consortili ed una politica delle risorse meno sindacale e più cooperativa1.

Il settore turistico rappresenta una realtà particolarmente ricca di criticità in relazione alle tematiche organizzative. Uno dei principali motivi di questa situazione risulta essere la relativa facilità a “fare impresa” di chi opera nel settore turistico. L’offerta turistica è nata in Italia come fenomeno spontaneo, come naturale riposta alla domanda di servizi turistici che è andata crescendo in modo esponenziale dagli anni ’60 sino ad ora. Imprenditori sono diventati i proprietari di piccoli immobili che decisero di aprire un albergo per soddisfare la domanda di ricettività, imprenditori sono diventati gli appassionati di viaggi che decisero di aprire un’agenzia di viaggi. Il tutto senza una formazione specifica nel campo turistico. Per molti giovani la situazione è in effetti simile. Il passaggio da manager a imprenditore viene percorso con facilità da direttori d’hotel, maitre o chef che aprono in proprio una loro attività. Questa situazione è positiva, soprattutto per le forti innovazioni e il ricambio che il settore riceve grazie alla creatività di giovani imprenditori. D’altro canto, però, l’attenzione è puntata principalmente sui fattori strettamente economici e tecnici, a discapito della comprensione dell’evoluzione dello scenario turistico, dei suoi flussi e delle modalità di gestione del personale. Problematiche come queste vengono troppo spesso lasciate all’intuizione non riconoscendo l’alto valore specialistico di cui sono portatori determinati ruoli all’interno dell’impresa2. Anche gli stessi dirigenti del settore, benché dipendenti, tendono ad affidarsi completamente alle proprie capacità senza servirsi di un sistema formativo adeguato che permetta loro di perfezionare le competenze di gestione. Ma oggi la situazione è, come abbiamo visto, mutata:

1 Costantino, op. cit. 2 Talinucci V., Pechlaner H., Holzl B., Lo sviluppo delle piccole-medio imprese familiari in A.A.V.V. Rapporto sul turismo in Italia, XIII ed., Mercury srl, 2004- 2005.

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la costante crescita del turismo, il turista orami maturo che ricerca l’efficienza e standard adeguati di servizio ed il ricambio generazionale hanno fatto emergere la necessità di maggiore professionalità e produttività. Il valore del nostro patrimonio non è più sufficiente per essere competitivi.

È necessario che queste persone acquisiscano competenze manageriali e imprenditoriali che permettano loro di guidare efficacemente le varie unità produttive, affiancando a capacità tecniche abilità inerenti la gestione del personale e la conduzione di gruppi di lavoro. Il successo dell’impresa turistica moderna è ancora in mano al “capo”, ma in modo differente rispetto al passato. Il valore aggiunto delle piccole medie imprese, quali ad esempio il clima più caloroso ed accogliente, può essere ulteriormente incrementato se gestito con metodo e razionalità piuttosto che con improvvisazione3.

L’imprenditore deve riuscire a portare l’azienda verso il cambiamento modificando profondamente il proprio ruolo, divenendo “leader”, colui che innova, inventa, sviluppa, colui che riesce a motivare i collaboratori a raggiungere gli obiettivi aziendali in un clima sereno e stimolante. Se il manager è colui che amministra, gestisce e ha la responsabilità di un’organizzazione, il leader invece è colui che guida, cioè influenza, orienta, dirige il discorso, l’azione e l’opinione. Il leader è consapevole della centralità della risorsa umana per fornire un servizio competitivo e quindi pone costante attenzione allo stile di relazione con i propri collaboratori per il raggiungimento degli obiettivi. Competenze di questo tipo non sono innate, ma possono essere acquisite e sviluppate. Questo non significa naturalmente che sia semplice apprenderne l’arte. Quando si parla delle caratteristiche della leadership si parla essenzialmente di competenze e comportamenti efficaci, più che di tratti di personalità congeniti ed invariabili4; proprio per questo oggi gran parte della formazione organizzata comprende lo sviluppo di competenze relazionali-motivazionali che supportino chi sta a capo di un’organizzazione nello sviluppo personale. Non ci sono modelli semplici né formule preconfezionate, ma solo un lungo cammino fatto anche di piccoli errori e di sconfitte5.

Leadership è la capacità di far sprigionare da ogni individuo un potenziale energetico. La capacità d’ispirare le persone a trasformare le intenzioni e i sogni in realtà. La capacità di portare ogni individuo dal noto all’ignoto,

3 Ente bilaterale nazionale del turismo, op. cit. 4 Quaglino P., Ghislieri C., op. cit. 5 D’Egidio F., Moller C., Vision & Leadership, F. Angeli, Milano, 1997

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facendogli interpretare il cambiamento non come una minaccia, ma come una sfida eccitante. Leadership è il saggio impiego del potere, non più interpretato in modo negativo, espressione di una volontà indiscussa e indiscutibile, ma come forza, energia tesa alla promozione umana. La leadership consente la trasmissione dall’alto verso il basso del potere, favorendo la responsabilizzazione individuale per il raggiungimento di obiettivi superiori. Le decisioni vengono prese così ad ogni livello6. Il leader diventa una guida per il proprio gruppo di lavoro, ma contemporaneamente diventa parte del gruppo stesso in modo tale che i suoi collaboratori non percepiscano la sua autorità, ma solamente la sua autorevolezza. Il leader non impartisce ordini dall’alto, ma coinvolge i suoi aiutanti nei processi decisionali che caratterizzano l’attività aziendale, valorizzando le loro idee e le loro intuizioni in modo tale da far sentire ogni singolo dipendente una risorsa indispensabile.

Il vero leader è quello che, quando se ne va dice: Lo abbiamo fatto

noi,… e nessuno si ricorda che lo aveva fatto lui. Proverbio cinese

6 D’Egidio F., Moller C., op. cit.