Le "Chiose sopra la Commedia" di Mino di Vanni d'Arezzo, in «Studi di Filologia Italiana», LXVIII,...

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LXVIII

MMX

STUDI DI FILOLOGIA ITALIANA

Periodico annuale ISSN 0392-5110

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Rosanna Bettarini

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INDICE

«Specchio di Croce» di Domenico CavalcaI codici delle biblioteche toscane(ALFREDO TROIANO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5

Le “Chiose sopra la Commedia” di Mino di Vanni d’Arezzo(CRISTIANO LORENZI BIONDI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 51

Un nuovo manoscritto autografo di Antonio Pucci . . . . . . . . . » 171(MARCO CURSI)

Per una nuova edizione delle «Rime» di Benvenuto Cellini(DILETTA GAMBERINI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 175

Dall’edizione critica dei «Promessi Sposi»Seconda minuta e Ventisettana, Capitolo quinto . . . . . . . . . . » 195(DONATELLA MARTINELLI – GIULIA RABONI)

Poesie inedite e disperse di Margherita Guidacci . . . . . . . . . . » 265(CAROLINA GEPPONI)

Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 283

Indice dei manoscritti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 289

Notizie sull’Accademia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 293

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA”DI MINO DI VANNI D’AREZZO

1. Premessa

Di Mino di Vanni d’Arezzo, allo stato attuale dei fatti, abbiamo pochenotizie1: il ms. Ambrosiano E 56 sup. ci tramanda il cognome del padre diMino, cioè «Dietaiuve2» (che trova una qualche conferma nel «Mino Vannisdietauiue dearetio», tràdito alla c. 83 v. del ms. Forteguerriano D.311, quisiglato F); dalla rubrica a c. 1 r. del ms. Magl. VII 1086 della BibliotecaNazionale Centrale di Firenze (d’ora in poi, BNCF), qui siglato M, sappiamoche egli fu «lanaiuolo»; e dal ms. Vat. Lat. 3214 proviene la notizia che egli«diede la nota» a una canzone di Lupo degli Alberti. Nella tradizione, tutta-via, non vi è totale accordo sulla provenienza del nostro autore: infatti, se,da una parte, il codice Vat. Lat. 3212 (c. 178 v.) attribuisce, con probabileinversione erronea di nome e patronimico3, a Vanni di Mino d’Arezzo lacanzone Subita voluptà nuovo accidente (questo l’incipit nel ms.), dall’al-tra, il medesimo componimento, nel Ricc. 1091 (cc. 113 r.-114 v., con incipitSubita volunptà nuovo accidente), viene attribuito a Mino di Vanni da Siena,anche se nel ms. 1486 (già Moücke 1) della Biblioteca Statale di Lucca (cc.106 r.-108 r.) esso compare sotto il nome di un autore ben più famoso, ov-vero Giovanni Boccaccio4. Sebbene non si possa escludere la possibilità diomonimie, una situazione simile la si rileva anche per la canzone Io son di-letto di ciascun vivente, la quale, nel codice B 3467 della Biblioteca Comu-nale dell’Archiginnasio di Bologna, a c. 54 r., viene attribuita a Mino di Vanni

1 Per una panoramica generale sulle sue opere, sulla sua biografia e sulla bibliografia che lo ri-guarda, rinviamo alle voci Mino di Vanni d’Arezzo nell’Enciclopedia dantesca, diretta da UmbertoBosco, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1984 (seconda ed. riveduta), vol. III (di 6), p. 962(scritta da Giacomo Ferraù) e nel Dizionario dei commentatori danteschi di Saverio Bellomo (Firen-ze, Leo S. Olschki Editore, 2004, pp. 339-44).

2 Questo è quello che ci dice Bellomo, nel suo già citato Dizionario dei commentatori danteschi(p. 339), ma, non avendo visto il codice in questione, rileviamo che l’Inventario Ceruti dei mano-scritti della Biblioteca Ambrosiana, Milano, Editrice Etimar S.p.a, 1977, vol. III (di 5), p. 351, dandola tavola del ms., afferma che i sonetti ivi contenuti sono «scritti da Mino di Vanni Dietavive d’Arezzo».

3 Come ammette anche Bellomo nel suo Dizionario dei commentatori... cit., p. 339.4 Il componimento è tràdito anche dal ms. Pal. 374 della BNCF, codice preparato dal Cav. G.B.

Baldelli per l’ed. delle Rime del Boccaccio, che il Poggiali fece eseguire a Livorno nel 1802.

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d’Arezzo5, ma che il citato Ricc. 1091 (cc. 114 v.-116 r.) e il ms. 1295 dellaBiblioteca Statale di Lucca, già Lucchesini 25 (cc. 77 r.-78 v.), ascrivonorispettivamente a Mino di Vanni da Siena e, addirittura, a Guittone d’Arezzo(nel cui nome, tuttavia, si rileva la presenza della città d’Arezzo6).

L’unico dato cronologico ricavabile dalla tradizione, come rileva ancheSaverio Bellomo7, proviene dal sonetto La tua ostination tanto t’oltraggia,che, tràdito con attribuzione a Mino dal ms. Trivulziano 1058 (c. 54 r. e v.),è una risposta per le rime, oltre a quella di Menghino Mezzani, al sonetto S’alezzer Dante mai caso m’accaggia di Antonio da Ferrara, il quale accusal’imperatore Carlo IV, sceso in Italia nel 1355, di aver tradito ogn’om che ’nlui sperava, | facendo per dinari Italia schiava8; sembrerebbe dunque lecitoipotizzare che Mino di Vanni fosse pienamente attivo alla metà del sec. XIV9.

Certo è che Mino di Vanni ebbe interessi prevalentemente danteschi; nesiano prova la corona di 25 sonetti10, contenuta nel ms. Ambrosiano E 56

5 Vi si legge: «Mino di Vanni d’Arezzo, che fece una canzone in | aiuto dell’amore».6 Non pare inutile rilevare che la canzone Subita volontà, nuovo accidente, che ha lo stesso sche-

ma metrico e rimico di Io son diletto di ciascun vivente, è stata pubblicata fra i componimenti delBoccaccio da Vittore Branca (Giovanni Boccaccio, Tutte le opere, a c. di V. Branca, Milano, ArnoldoMondadori Editore, 1992, vol. V (di 10), tomo I, pp. 124-27), il quale nelle note (pp. 329-31) affer-ma che «a questa canzone forse fu risposto con quella Io son diletto di ciascun vivente attribuita aMino di Vanni d’Arezzo».

7 Dizionario dei commentatori... cit., p. 339.8 Per il sonetto di Antonio da Ferrara, si veda Maestro Antonio da Ferrara (Antonio Beccari),

Rime, ed. critica a c. di Laura Bellucci, Bologna, Commissione per i Testi di Lingua, 1967, pp. CCXVII,115-16. Si osservi, inoltre, che il Triv. 1058 riporta il sonetto di Mino proprio sotto quello di Antonioda Ferrara.

9 A completamento delle informazioni derivanti dalla tradizione manoscritta, si noti che nel ms.Laurenziano Acq. e Doni 326 (cc. 7r.b-7v.b), qui siglato Ad, viene attribuita a Mino l’«orazione»Chiarissimo fratello, io son la madre.

10 I sonetti sono leggibili in Lodovico Frati, Miscellanea dantesca, Firenze, alla Libreria Dante,1884, pp. 19-32 e in Carlo Del Balzo, Poesie di mille autori intorno a Dante Alighieri raccolte edordinate cronologicamente con note storiche, bibliografiche e biografiche, Roma, Forzani e C. Tipo-grafi del Senato, 1889, vol. I (di 15), pp. 383-96; i loro incipit, secondo l’edizione del Del Balzo(che, eccetto due piccole variazioni, riproduce il testo edito dal Frati), sono: La intention di colui chene scrisse, In sul coperchio d’inferno i gattivi, Gli amanti morti per carnale amore, Golosi innudi perterra giacenti, Sempre nel mondo i prodighi et gli avari, In un palude so’ messi i bizarri, Gl’ereticiper arche son sepolti, Tiranni stati grandi rubatori, Tucti color di sé humicidiali, Sopra una renasempre mai arsiccia, Ruffiani et lusinghieri apportatori, E symonici col capo di sotto, Incantatori co’visi travolti, E barattier ne la bollente pece, L’ypocriti incappati tristi et stanchi, I ladri son punitida serpenti, E frodulenti consiglier sepulti, Commettitor di scandal, d’uccisioni, Li falsatori archimidi metalli, Questo tormento i tradictor tormenta, El più profondo che l’inferno abyssa, Cayno fu bengrande tradictore, Clio, Euterpe, Melpomine et Talia, Stige d’inferno vie’ a dir tristizia, Fanciulli,savii, gattivi, carnali. Aggiungiamo qui che l’ultimo di questi 25 sonetti, riassuntivo di tutto l’Infer-no, è tramandato anche nel ms. Oliveriano 38 insieme ad altri due componimenti, di compendiorispettivamente al Purgatorio e al Paradiso, e che i medesimi 3 sonetti, probabilmente attribuibili aMino, sono stati trascritti anche all’interno del ms. 535, appartenente ai Fonds Italien della Bi-bliothèque Nationale di Parigi, qui siglato P, in cui vengono a costituire rispettivamente la chiusadelle tre sezioni (una riguardante l’Inferno, una il Purgatorio ed una il Paradiso) nelle quali i capi-toli (adespoti) di Mino e di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri sono stati suddivisi, tramite l’intro-

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sup., e gli 8 capitoli in terza rima (a cui noi, appellandoci alla tradizione11,diamo il titolo di «Chiose») di riassunto e commento alla Commedia, deiquali il presente lavoro si preoccupa di redigere l’edizione sulla base delletestimonianze manoscritte. Anche se in questa sede non elaboreremo uncommento al testo preso in esame, non esitiamo ad ammettere che quest’ul-timo mostri dei tratti che lo collegano direttamente agli antichi commentidanteschi e, soprattutto, agli altri capitoli in terza rima riassuntivi e/o inter-pretativi della Commedia. Come ben sappiamo, infatti, nel mare magnumdei commenti danteschi, è tutt’altro che infrequente osservare inequivocabi-li influenze reciproche fra i vari testi di esegesi alla Commedia (si pensi sol-tanto alle occorrenze che mettono in relazione le cosiddette Chiose Palati-ne12 con molti commenti antichi, quali, ad esempio, quello di Iacopo Alighie-ri, l’Ottimo commento, quello di Iacopo della Lana, etc.), ma è assai proble-matico riuscire a capire la giusta direzione in cui queste influenze si muovo-no. Per quanto ci riguarda, si possono affacciare problematiche simili, giànel momento in cui osserviamo che il nostro testo è frequentemente traman-dato in compagnia dei 3 capitoli (uno per cantica) del senese Cecco di MeoMellone degli Ugurgieri13, i quali ne diventano quasi delle chiose introdutti-ve, in quanto si vanno spesso a collocare in testa ai gruppi dei capitoli ri-guardanti le singole cantiche, creando in tal modo la seguente successione:il capitolo sull’Inferno dell’Ugurgieri, i 4 capitoli di Mino riguardanti l’Infer-no, il capitolo sul Purgatorio dell’Ugurgieri, i 3 capitoli di Mino che trattanodel Purgatorio, il capitolo sul Paradiso dell’Ugurgieri e l’unico capitolo diMino inerente al Paradiso. Qui ci limitiamo ad osservare che il rapporto traquesti testi diviene ancor più problematico, soprattutto quando ci si accorgedel fatto che i mss. contenenti l’Ugurgieri14 non attribuiscono mai a quest’ul-

missione di altri testi di argomento dantesco (il commento adespoto di Jacopo della Lana a Inferno,Purgatorio e Paradiso) e di testi non danteschi, come, ad esempio, un trattatto pseudo-senechianoed un trattato pseudo-aristotelico.

11 Si confrontino le rubriche d’incipit che riportiamo in apparato all’inizio del primo capitolo interza rima.

12 Chiose Palatine. Ms. Pal. 313 della Biblioteca Nazionale di Firenze, a c. di Rudy Abardo,Roma, Salerno Editrice, 2005.

13 Per un inquadramento generale sulla sua vita e sulle sue opere, si vedano le voci Ugurgieri,Cecco di Meo Mellone in Enciclopedia dantesca... cit., vol. V, p. 802 (scritta da Michele Messina) ein Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 383-85. I suoi capitoli sono leggibili in Del Bal-zo, Poesie di mille autori... cit., vol. II (1890), pp. 82-98; Gualtieri Raffaelli, Bosone da Gubbio e lesue Opere, «Il Giornale dantesco», n. s., XXXI (1930), pp. 87-248 (in particolare i capitoli dell’Ugur-gieri sono alle pp. 185-218), dove si riproduce il testo edito in Francesco Maria Raffaelli, Della fa-miglia, della persona, degl’impieghi, e delle opere di Messer Bosone da Gubbio, «Deliciae Erudito-rum seu veterum ’Ανεκδóτων opuscolorum collectanea» a cura di Giovanni Lami, XVII, Firenze,Paperini, 1755, pp. 463-79 (F. M. Raffaelli attribuì i capitoli a Bosone da Gubbio); e CrescentinoGiannini, L’orditura della ‘Divina Commedia’ proposta agli studiosi, aggiuntovi la tavola di Mino diVanni d’Arezzo, Firenze, Bemporad, 1894, pp. 93-111.

14 Ovvero i mss. censiti in Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., p. 384, con l’aggiunta delForteguerriano D. 311, del Corsiniano 44 E 33 e del ms. I. D. 34 del Fondo Armanni dell’Archivio diStato di Perugia-sezione Gubbio (qui siglati F, C e G) e del codice Harl. 3459 della British Library.

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timo i 3 capitoli di cui abbiamo parlato finora; nella fattispecie, la loro at-tribuzione all’Ugurgieri risale sostanzialmente al 1602, quando nel Turami-no Scipione Bargagli15 affermò che tra i poeti senesi non registrati da mons.Tolomei nel Cesano c’era anche Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri, «trale cui rime si legge un capitolo, ogni terzetto del quale contiene un canto diDante, e ogni primo verso del terzetto è il medesimo che ’l primo verso diquel canto». Senza dubbio, la descrizione riflette la struttura dei capitoli inquestione, ma il Bargagli ci dà questa notizia senza renderci consapevoli dadove egli l’abbia attinta. Fatto sta che ciò bastò al Lami per ammettere,nelle sue «Novelle letterarie» (1756, coll. 612, 626-27), che quei componi-menti in terza rima erano effettivamente attribuibili a Cecco di Meo Mellonedegli Ugurgieri. Se, da una parte, dunque, osserviamo, senza sbilanciarciulteriormente, che l’attribuzione dei 3 capitoli all’Ugurgieri avrebbe biso-gno di qualche prova oggettiva in più (in assenza della quale, comunque, nelcorso del nostro lavoro, continueremo ad adeguarci all’attribuzione vulga-ta), dall’altra, possiamo tranquillamente affermare che la nostra edizione,che ne prescinde, è giustificata e confortata dal fatto che nella tradizionemanoscritta esistano anche testimoni che tramandano soltanto i capitoli diCecco di Meo Mellone degli Ugurgieri (o parte di esso) o soltanto il testo diMino di Vanni d’Arezzo. Per riassumere nei fatti la questione, dai mss. danoi esaminati risulta che:

- i componimenti in terza rima del Senese sono tràditi, senza essere inter-mixti a nient’altro, nei mss.: Pl. XC sup. 133 della Biblioteca Laurenziana(dove il testo è mancante della prima terzina di ogni capitolo), 392 (giàd.IV.92) della Biblioteca Casanatense (che contiene solo il capitolo sull’In-ferno), Harl. 3459 della British Library (che tramanda solo le terzine rela-tive a Inferno e Purgatorio) e 10186 della Biblioteca Nacional di Madrid(datato 1354 e siglato Mad nell’edizione Petrocchi della Commedia), checontiene solo il capitolo sul Paradiso16;

- i capitoli di Mino di Vanni d’Arezzo17 sono tramandati, senza intromis-sione di altro materiale, nei mss.: Pl. XC inf. 43, qui siglato L (che contiene7 degli 8 capitoli, i quali sono adespoti, ed è assai lacunoso), 276 della Bi-blioteca Città di Arezzo, qui siglato Ar (che, come vedremo, è descriptus daL) e D.539 inf. della Biblioteca Ambrosiana di Milano, qui siglato A, in cuii capitoli sono attribuiti a Jacopo Alighieri;

- nei mss. Strozzi 148 (qui siglato S1), Ricc. 1158 (qui siglato R1), Fon-do Armanni I.D.34 (qui siglato G), Cors. 44 E 33 (qui siglato C), che tra-mandano entrambi i testi, i capitoli dell’Ugurgieri e quelli di Mino di Vanni

15 Scipione Bargagli, Il Turamino, ovvero del parlare e dello scriver sanese, a c. di Luca Serianni,Roma, Salerno Editrice, 1976, p. 65.

16 Si osservi, però, che esso non è attribuito a Mino di Vanni, come invece afferma Bellomo, Di-zionario dei commentatori... cit., p. 384.

17 Cfr. le rispettive descrizioni dei codici al par. 2.

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vengono tenuti separati e non vengono intercalati l’uno all’altro secondo lemodalità già viste18.

A questi dati extra-testuali, inoltre, si può aggiungere una peculiarità dinatura interna al testo, che li tiene ben distinti all’occhio del lettore, cioè cheessi presentano due ‘livelli’ diversi di commento alla Commedia: i capitoliattribuibili all’Ugurgieri sono costituiti ricalcando da vicino la struttura delpoema dantesco (infatti, ogni terzina, eccetto quelle introduttive, inizia conil primo verso del canto cui essa si riferisce) in modo tale da essere formatida ‘terzine-rubrica’, che costituiscono un primo approccio al testo dell’Ali-ghieri, fornendo al lettore una sorta di linea guida, probabilmente utile daun punto di vista mnemotecnico. Le «Chiose» di Mino di Vanni d’Arezzo,invece, possono essere definite a tutti gli effetti un testo riassuntivo-inter-pretativo della Commedia, in cui l’autore, oltre ad adempiere alla sua fun-zione di compendiatore, si occupa – con un criterio, tutto sommato, asimme-trico, già qualora si osservi il numero dei capitoli dedicati ad ogni cantica –anche di far luce su problemi interpretativi riguardanti alcune figure delpoema e, cosa più insolita, su questioni di cronologia e di fisica dantesca.

2. I testimoni

Sigle dei manoscritti

A Milano, Biblioteca Ambrosiana, D.539 inf.Ar Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo, 276Ad Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Acquisti e doni 326An Roma, Biblioteca Angelica, 1101B Boston, I.S. Gardner Museum, 11C Roma, Biblioteca dell’Accademia dei Lincei e Corsiniana, 44 E 33F Pistoia, Biblioteca Forteguerriana, D.311G Gubbio, Archivio di Stato di Perugia - sezione Gubbio, fondo Ar-

manni I.D.34L Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Pl. XC inf. 43L1 Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Pl. XC sup. 139M Firenze, Biblioteca Naz. Centrale, Magliabechiano VII 1086N Firenze, Biblioteca Naz. Centrale, II II 40

18 La medesima situazione è rintracciabile anche nell’editio princeps di entrambi i testi, ovveroRaffaelli, Della famiglia, della persona... cit., pp. 416-62 (capitoli di Mino di Vanni d’Arezzo, attri-buiti a Bosone da Gubbio) e 463-79 (capitoli dell’Ugurgieri, come si è già visto nella nota 13, attri-buiti a Bosone), la quale, come vedremo nel par. 2, costituisce a tutti gli effetti un testimone da con-siderare in fase di collazione e classificazione, in quanto riporta i testi contenuti in un ms. appar-tenuto ai conti Raffaelli, ad oggi ancora disperso.

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O Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ottobonianio lat.2864

P Parigi, Bibliothèque Nationale de France, Ital. 535R Firenze, Biblioteca Riccardiana, 1036R1 Firenze, Biblioteca Riccardiana, 1158R2 Firenze, Biblioteca Riccardiana, 1200R3 Firenze, Biblioteca Riccardiana, 1050S Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 161S1 Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 148U Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Urbinate lat. 687Ai manoscritti si aggiunga l’editio princeps del nostro testo (in F.M. Raf-

faelli, Della famiglia, della persona... cit., pp. 416-62), la quale ha alla suabase un ms. oggi disperso. Essa sarà siglata «l».

AREZZO Biblioteca Città di Arezzo

Ar ms. 276

Cart., 22 marzo 1880 (vd. sotto); cc. I-72-I’ (bianche le cc. 1 v., 72); mm309×213. Numerazione originale ad inchiostro nero 1-137 negli angg. supp.dx e sx del recto e del verso di ogni c., a partire dal recto della terza carta;numerazione recente a lapis 1-72, posta nell’ang. inf. dx del recto di ogni c.Fascicolazione: I16, II8, III16, IV4, V14, VI14 (la cucitura del fasc. VI è fra l’ot-tava e la nona c.); richiami assenti. Il testo è disposto a piena pagina per itesti in prosa o su una col. per i testi in poesia; la mano è quella di OresteGamurrini, studioso aretino, che si firma alla fine della premessa al lettorea c. 2 v. A c. 1 r. c’è un disegno a penna raffigurante una statua di figurafemminile, sopra la quale è posto il titolo della raccolta («Rime di poeti antichiaretini») e sotto la quale è disegnata un’epigrafe dove troviamo scritto: «Utiledulci | 1880»; a c. 70 v. (al termine, cioè, della raccolta) troviamo un altrodisegno a penna raffigurante un libro aperto fra delle piante, dalle quali sene esce un filatterio con la scritta: «Fine»; titoli, rubriche e annotazioni ininchiostro rosso; i capoversi dei testi in poesia sporgono dallo specchio discrittura; fra i singoli testi sono lasciati degli spazi bianchi. Legatura in car-tone ricoperto in mezza pelle; sul dorso troviamo scritto con caratteri dorati:«Gamorrini | Rime | di | Poeti | Antichi | Aretini.».

Note e sottoscrizioni: a c. 2 v., alla fine della premessa al lettore, Gamur-rini scrive: «Dalla R. Biblioteca Laurenziana di Firenze. Li 22 Marzo 1880».

Come afferma lo stesso Gamurrini nella premessa al lettore (c. 2 r. e v.),i testi presenti nel ms. sono trascrizioni raccolte «nelle pubbliche Bibliotechedi Firenze», l’indicazione dei cui originali, scrive, «ho posto in margine nellapresente raccolta» (al fine di non dilungarci, diamo un elenco degli scrittori

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ivi contenuti e ci soffermiamo più dettagliatamente solo sul nostro): Bene-detto Accolti, Pietro Accolti, Tommaso Marzi, Antonio Rosselli, BernardoAccolti, Giovanni Tortelli, Leonardo Bruni, Giovanni Capitone, Mino di Vannid’Arezzo, Francesco Accolti, Braccio Bracci, Taddeo d’Arezzo, Francesco Redi,Giovanni Apolloni, Gambino d’Arezzo, Girolamo Borri (un indice alfabeticodegli autori è dato dal Gamurrini stesso a c. 81 r. e v.);

Contenuto:cc. 53 r.-59 v.: sette capitoli (assai lacunosi) degli otto capitoli in terza rimadi Mino di Vanni d’Arezzo (sono stati copiati, come afferma Gamurrini nelmarg. sx di c. 53 r., dal ms. Laurenziano Pl. XC inf. 43, qui siglato L):- c. 53 r.: «Incomincia le chiose e le spositioni brievemente sopra la comme-dia | di Dante, cominciando dall’inferno e finendo nel paradiso»- c. 59 v.: Lamor che muove il sole ellaltre stelle (explicit; si noti che, comeaccade in L, manca completamente il cap. IV; al V capitolo è premessa laterzina Per corer miglior acqua alzai (sic) le vele | mia navicella a piu gentillavoro | passato ilmare langoso (sic) aspro e crudele; all’VIII capitolo è pre-messa la terzina La gloria di colui che tutto muove | penetra e splende lu-niuerso attondo | in una parte piu e meno altrove).Bibliografia19: I cancellieri aretini della Repubblica di Firenze, a c. di Roberto Cardini ePaolo Viti, Firenze, Pagliai Polistampa, 2003, pp. 91-92, n° 96 (e bibliografia ivi citata);Inventari dei Manoscritti delle Biblioteche d’Italia [d’ora in poi IMBI], a c. di GiuseppeMazzatinti, vol. VI, Forlì, Borlandini, 1896, pp. 222-23, n° 276.

BOSTON Isabella Stewart Gardner Museum

B ms. 11 (già Barrois 23; Ashburnham20)

Membr., sec. XIV ex.; cc. 135 (bianche le cc. 6, 36 r., 107 v., 108); mm250×180. Numerazione 1-129 nell’ang. sup. dx del recto di ogni c. a partiredalla prima; numerazione i-cxxxj a partire dalla settima c., posta sotto l’al-tra numerazione e a volte rifilata. Fascicolazione: I16, II-X10, XI12, XII10; ri-chiami orizzontali nel marg. inf. del verso dell’ult. c. di ogni fasc.; non sap-piamo come sia costituito il fasc. XIII, verosimilmente di 7 cc. Il testo è postosu due colonne ed è scritto da un’unica mano in littera textualis. Inizialimaggiori delle cantiche, degli Argomenti del Boccaccio e del I cap. di Ceccodegli Ugurgieri miniate; iniziali maggiori delle tavole, dei prologhi, dei sin-goli canti e degli altri capitoli in terza rima con fregi a penna; capoversisempre sporgenti dallo specchio di scrittura.

19 La bibliografia di ogni singolo ms. non intende essere esaustiva, bensì funzionale alla descri-zione (con implicito rinvio agli ulteriori riferimenti presenti nella bibliografia degli studi citati).

20 La descrizione e lo studio del ms. sono stati condotti su microfilm.

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Contenuto:cc. 1 ra-3 vb: «Inchomincia latauola dechapito | li dellachommedia di dantealli | ghieri ciptadino difirenze Eprima | chapitoli dellonferno» (rubrica a c.1 r.), Delle pene (et) punimenti de uizij (et) de | meriti delle uirtu della primaparte detto inferno. Capitolo i. | Della prima parte di questo libro detto in-ferno (et) i(n)que | sto chanto tratta lautore come trouo uer | gilio ... (tavolasu Inferno, Purgatorio e Paradiso; essa assomiglia ai sommari dei canti, chetroviamo nel Ricc. 1038 alle cc. 4 r.-12 r.¸ e tramanda dirette citazioni del-l’Ottimo commento)cc. 4 ra-5 va: «Inchomincia il prolagho (et) lafor | ma diquesta op(er)a Etinche stato | era lautore quando lachompuose (et) | che forma dae atuttoillibro (et) dicie cosi» (rubrica a c. 4 r.); il prologo in questione si sviluppain tre sezioni, ognuna con incipit Nel mezzo del cammin di nostra vita e, aseguire: Inte(n)dendo disporre loscurita | di che sono i(n) questo libro | in-titolato | Chommedia ...; Questa prima parte chiamata i(n)ferno | contieneinse. xxxxiiij.chanti. Nel | primo (et) secondo chanto pro hemiza | sopraquesta op(er)a ...; Adaprire piu lantentio(n)e della | conispositione chelliusa inquesto | suo uolume... (per un’attribuzione dei testi contenuti alle cc.1 ra-5 va, si veda il lavoro di Vincenzo Cioffari citato in bibliografia)cc. 7 ra-93 ra: Commediacc. 93 va-94 rb: «chapitolo» che «fecie Iacopo figluo | lo didante allighieri ilqual par | la sopra tutta lachommedia deldetto | dante poeta fiorentino» (ru-brica a c. 93 va), O uoi che siete daluerace lume- cc. 94 vb-95 va: «chapitolo» che «fece Mess(er) Bu | sone daghobbio ilqualparla sopra | tutta laco(m)media didante allighierj» (rubrica a c. 94 vb),Pero chesia piu frutto (et)piu dilettocc. 95 va-99 ra: «Chomincia iltrattato che fecie lo | illustro poeta Mess(er)giouan(n)j diboc | chaccio dacertaldo sopra dante» (rubrica a c. 95 va), Nelchamin dinostra uita | smarrito inuna ualle lautore (Argomenti del Boccaccio)cc. 99 ra-107 rb: capitoli di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri, misti conquelli di Mino di Vanni d’Arezzo e attribuiti a Giovanni Boccaccio (cfr. ru-brica di explicit):- c. 99 ra: Chamin di | morte ad | breuiato | inferno (Cecco di Meo Mellonedegli Ugurgieri)- c. 100 ra: Nel mezzo delchamin dinostra uita | trentacinq(ue) anni sente(n)do(et) uiuendo (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 101 ra: Passato dante lascura i(n)gnoranza (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 101 vb: Quanto piu posso p(er) abbreuiare (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 102 va: Una (et) due notti dante chamina(n)do (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 103 rb: Chamin dipurgatorio abreuiato (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)- c. 103 vb: Seguendo breuemente purgatorio (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 104 va: Quanto dipurgator faluce dante (Mino di Vanni d’Arezzo)

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 59

- c. 105 rb: Alsommo dante debel mo(n)te suso (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 106 ra: Chamin diparadiso brieue scripto (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)- c. 106 va: Parnaso fugia i(n)grecia q(uel) fecondo (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 107 rb: Lamor chemuoue ilsole (et)laltre stelle (explicit), «Finito Ildantepiccholo Cioe cierte | spositionj desso dante fatte p(er) Mess(er) | GiouanniBocchaccj daciertaldo. | Amen Amen Amen Amen.»cc. 109 ra-129 va: «Inchominciano lechiose didante alleghieri dafirenze Etprima sopra laprima parte delninferno», Qui discriue la detta selua (et) di-cie | che uitij sono tanto amari ... (queste «chiose», che, secondo Cioffari,hanno a che fare con Iacopo della Lana, il Bambaglioli e l’Ottimo, sono re-lative a Inf. I-VII e Par. I-VI).Bibl.: Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 68, 119, 179, 196, 291, 342, 365,384; V. Cioffari, Indentity [sic] of the sources in the Gardner Dante manuscript, «Deut-sches Dante Jahrbuch», 58 (1983), pp. 87-101, spec. le pp. 87-90; Claudia Di Fonzo,Dalla terza redazione inedita dell’ Ottimo commento: il canto della fortuna. Edizionecritica e diegesi redazionale, «Medioevo e Rinascimento», XIII (1999), pp. 173-206;Marcella Roddewig, Die göttliche Komödie, vergleichende bestandsaufnahme der Com-media-Handschriften, Stuttgart, Anton Hiersemann, 1984, p. 22, n° 44; Ead., Hand-schriften des Ottimo Commento von Andrea Lancia, in Bibliologia e critica dantesca.Saggi dedicati a Enzo Esposito, a c. di Vincenzo De Gregorio, Ravenna, Longo Editore,1997, vol. II (saggi danteschi), pp. 299-327, pp. 322-23, n° 35.

CITTÀ DEL VATICANO Biblioteca Apostolica Vaticana

O Ottoboniano latino 2864 (già 275721)

Cart., a. 1459; cc. I-110 (bianche le cc. 1 v., 89 v., 107); mm 287×207.Numerazione ant. originale 3-112 a metà del marg. sup.; numerazione (XVI-XVII sec.) 1-110 nell’ angolo sup. dx. Fascicolazione: I14, II-VII16; richiamiorizzontali nel marg. inf. del verso dell’ultima c. di ogni fasc. Testo su duecolonne, vergato in mercantesca dal copista Piero Guittoni (il medesimo cheha copiato i mss. laurenziani Acquisti e Doni 326, qui siglato Ad, e 327),come ci dice la rubrica a c. 2 r.: «Proemio sopra laprima chomedia didante| alighierj difirenze laquale chomincia chosi | apresso scritta p(er)me pierodantonio di s(er) bar | tolomeo ghuittoni cittadino darezzo scritto | glianni dicristo 1459 delmese daghosto». Iniziali maggiori e minori con fregi a penna;i capoversi sporgono dallo specchio di scrittura; fra i testi viene generalmen-te lasciato uno spazio bianco di grandezza variabile, in cui porre la rubrica.

Note e sottoscrizioni: c. 110 v., nell’ang. inf. sx della c.: «Questo libroedimazio | dilucha difeo».

21 La descrizione e lo studio del ms. sono stati condotti su microfilm.

CRISTIANO LORENZI BIONDI60

Contenuto:cc. 2 ra-87 ra: Commedia con brevi esposizioni in prosa adespote premesse aciascun canto (sono i proemi al commento delle cantiche di Iacopo della Lana)cc. 87rb-88 rb: capitoli di Bosone da Gubbio attribuiti a Jacopo Alighieri,Pero che sia piu frutto epiu dilettocc. 88 rb-89 ra: capitolo che «fecie elfigluolo didante sopra | lachomedia del-padre» (rubrica a c. 88 rb), O voi che siete deluerace lumecc. 90 ra-97 va: capitoli di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri, misti conquelli di Mino di Vanni d’Arezzo e attribuiti a quest’ultimo:- c. 90 ra: «Chomincia lechiose dimino diuannj da | rezo sopra dante alighierjfiorentino sopra lonferno» (rubrica), Camino dimorte abreuiato i(n)ferno(Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri)- c. 90 va: «Ca(pitolo) ii denegrigienti apentirsi | sopra dante» (rubrica),Nelmezo delchamin dinostra uita | trentacinquannj sitende uiuendo- c. 91 rb: «Ca(pitolo) iii denegrigienti p(er)potenzia | delmondo sopra dan-te» (rubrica), Lassato dante laschura ignoranza- c. 92 ra: «Cha(pitolo) iiii denegrigientj p(er)fama | delmondo sopra dante»(rubrica), Quanto piu posso p(er)abreuiare- c. 92 rb: «Ca(pitolo) u della quarta qualita | denegrigientj sopra dante»(rubrica), Una di notte dante chamjnando- c. 93 va: «Chomincia lasechonda parte di | mino diuannj e purghatorio so |pra dante alighierj» (rubrica), Chamino dipurghatoro abreuiato (Cecco diMeo Mellone degli Ugurgieri)- c. 94 rb: «Sechonda parte di purghatorio | dimino diuannj» (rubrica), Se-guendo breuemente purghatorio- c. 94 vb: «La terza parte fatta p(er)mino di | uannj sopra elpurghatorio»(rubrica), Quarto di purghatoro salito dante- c. 95 va: «La quarta parte fatta p(er)mino | diuannj sopra elpurghatorio»(rubrica), Aso(m)mo dante delbel monte suso- c. 96 rb: «Chomincia laterza parte de | lla chomedia didante chiosuta |p(er)mino diuannj e paradiso» (rubrica), Chamino diparadiso breue scritto(Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri)- c. 96 vb: «C(apitolo) ii sopra lechiose e paradiso» (rubrica), Parnaso ingrecia fu gia quel giochondo- c. 97 va: Lamor che muoue elsole elaltre stelle, «Explicit glose minis uannjdearezio | sup(er) dantis alighierj deflorenzie | deo grazias ame(n)» (rubrica)c. 97 vb: 3 sonetti adespoti Alessandro lascia lasignoria, Sup(er)bia fa luomoessere arroghante, Sempre si disse che un famale aciento, i primi due deiquali sono stati editi da Laura Bellucci, che tuttavia non censisce il codice,fra le rime di Antonio Beccari22

22 Maestro Antonio da Ferrara (Antonio Beccari), Rime, ed. critica a c. di L. Bellucci, Bologna,Commissione per i Testi di Lingua, 1967, pp. 44-46 (sonetti XIV e XV).

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 61

cc. 98 ra-106 va: 18 canzoni di Dante (cfr. la descrizione di Domenico DeRobertis citata nella bibliografia)cc. 108 ra-110 vb: capitolo adespoto, Uoi che damor sentite ecrudeli dardi.Bibl.: Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 73, 200, 294, 342, 384; D. DeRobertis, Rime. I Documenti, in Dante Alighieri, Rime, a c. di D. De Robertis, Firenze, LeLettere, 2002, vol. I (di 3), tomo II, pp. 768-69; Roddewig, Die göttliche Komödie... cit.,p. 294, n° 678.

U Urbinate latino 687 (già 551 e 87423)

Membr., aa. 1474-1482 (il ms. reca a c. 2 r. lo stemma del Duca Federicoda Montefeltro, morto nel 1482); cc. III -166-I’ (bianche le cc. 1 r., 55 v.,102 v., 167 v.); mm 305×190. Numerazione del XVII-XVIII sec. 1-167 apartire dall’antiporta con salto del n° 22. La fascicolazione è ricostruibilegrazie ai richiami verticali posti in fondo al marg. interno del verso dell’ul-tima c. di ogni fasc. (manca il richiamo alla fine del X fasc., in quanto lìfinisce una sezione del codice ): I11 (prob. la prima c. è aggiunta al fasc.), II-XV10, XVI15 (dal microfilm non possiamo sapere se queste 15 cc. sono unitein uno o più fascc.). Il testo è disposto su una colonna ed è vergato in unacorsiva umanistica calligrafica da una sola mano principale (probabilmentele iniziali del suo nome erano «P. P.», come leggiamo a c. 102 r.); ci sono poipostille posteriori e l’indice del ms. alle cc. I r.-III r. è di mano del XVIIIsec. A c. 1 v. i titoli delle sezioni del ms. sono inscritti in occhi circolari; ac. 2 r. i margini sono decorati da un ricco ornato in cui sono inseriti duevignette con animali (marg. dx) e lo stemma di Federico Montefeltro tradue putti (marg. inf.); inoltre, vi è una grande iniziale miniata. Tali minia-ture vengono attribuite da Federica Toniolo al mantovano Franco dei Russi(probabilmente affiancato da un collaboratore), il quale lavorò ad Urbinoe per le cui minime notizie biografiche si rimanda alla corrispondente vocenel Dizionario biografico dei miniatori italiani, scritta sempre da F. Tonio-lo24. Inoltre, si rileva la presenza di rubriche ed explicit; i capoversi spor-gono dallo specchio di scrittura ed i singoli testi sono divisi l’uno dall’altroda spazi bianchi.

Note e sottoscrizioni: c. 102 r., in explicit al testo: «P. P.», probabilmentele iniziali del nome del copista.

Contenuto: rime di Dante e a lui attribuite, capitoli adespoti di Cecco diMeo Mellone degli Ugurgieri e di Mino di Vanni d’Arezzo, il capitolo di Iaco-po Alighieri O uoi che sete dela uerace luce, Credo attribuito a Dante, inizio

23 La descrizione e lo studio del ms. sono stati condotti su microfilm.24 Dizionario biografico dei miniatori italiani. Secoli IX-XVI, a c. di Milvia Bollati, Milano, Edi-

zioni Sylvestre Bonnard, 2004, pp. 242-44.

CRISTIANO LORENZI BIONDI62

del Vangelo secondo Giovanni, Magnificat, Salmi penitenziali in terza rima(a c. I v. sono detti «p(er) Dante translatati»), preghiere, rime adespote, rimedel Saviozzo (per una tavola delle quali si veda la relativa edizione curata daEmilio Pasquini, citata in bibliografia) e di Bindo di Cione, il Lamento delconte di Poppi con la risposta di Pellegrino da Castelfiorentino e rime diquest’ultimo; il nostro testo, adespoto e misto con i capitoli dell’Ugurgieri, èalle cc. 56 r.-81 r.:- c. 56 r.: Chamino de morte | abreuiato inferno (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)- c. 58 r.: Nelmezo del camin de n(ost)ra uita | trentacinque anni sintendeuiue(n)do (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 60 v.: capitolo adespoto, Lassata ha dante la obschura ingniora(n)tia(Mino di Vanni d’Arezzo; si noti che il copista non divide questo capitolo dalseguente, il cui incipit Quanto più posso per abreuiare è a c. 63 r.)- c. 65 v.: capitolo adespoto, Undi e nocte dante caminando (Mino di Vannid’Arezzo)- c. 68 r.: Camin de prugatorio abreuiato (Cecco di Meo Mellone degli Ugur-gieri; la prima terzina del capitolo è staccata dal resto, quasi ad introduzionedi ciò che segue)- c. 70 r.: Seguendo breuemente purgatoro (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 72 r.: Quattro dipurgatorio salicti dante (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 74 v.: Asomo dante del bel monte suso (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 76 v.: Camin de paradiso breue scripto (Cecco di Meo Melloni degliUgurgieri)- c. 78 v.: Parnaso gia fu quello giocondo (all’inizio del capitolo, però, cisono gli ultimi vv. del componimento in terza rima di Cecco)- c. 81 r.: lamor che mouel sole e laltre stelle (explicit).Bibl.: Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 73, 342; De Robertis, Rime. IDocumenti... cit., tomo II, pp. 782-85; Simone Serdini da Siena detto il Saviozzo, Rime,ed. critica a c. di E. Pasquini, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1965, pp. LXXII-LXXIII, n° 167 (e bibliografia ivi citata) e passim; C. Stornajolo, Codices Urbinates La-tini, Roma, Typis Polyglottis Vaticanis, 1912, vol. II (di 3), pp. 190-94, n° 687; F. Tonio-lo, I miniatori ferraresi e padani alla corte di Federico di Montefeltro, in Ornatissimocodice. La biblioteca di Federico di Montefeltro, a c. di Marcella Peruzzi, Ginevra-Mila-no, Skira, 2008, pp. 79-89, spec. p. 88.

FIRENZE Biblioteca Medicea Laurenziana

L Pl. XC inf. 43 (prov. Gaddi)

Composito, cart. e membr., sec. XV (1463); cc. II-120-II’ (bianche le cc.46 v., 57 v.-58 v., 91 v., 94 v.), le cc. di guardia I e II’ sono moderne; mm135×105 (in ottavo); filigrane: carro a due ruote (non si riesce, però, ad

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 63

individuare il tipo esatto sul repertorio di Charles-Moïse Briquet25 a causadel formato del codice, in quanto la filigrana risulta spezzata in più parti);altra filigrana non identificata per i motivi suddetti. Numerazione ant. sal-tuaria in inchiostro bruno (praticamente corrispondente alla c. d’inizio diogni nuovo testo) 1-126 (non viene contata la c. bianca 58) con salto dal n°92 al 100 (probabilmente sono andate perdute delle cc.), posta nell’ angolosup. dx; numerazione moderna a lapis I-II, 1-120, I’-II’ nell’angolo inf. dxdel recto di ogni c. Fascicolazione: I-III8, IV7 (la cucitura è fra la quarta e laquinta c. del fasc.), V12, VI13 (la cucitura è fra la sesta e la settima c. delfasc.), VII-XI12, XII2+1 (i fascc. I-IV e VII-IX sono cart.; i fascc. V-VI e X-XIIsono perg.); richiami presenti al centro del marg. inf. alla fine dei fascc. I-IIIe VII. Il testo è disposto sempre su una colonna o a piena pagina, trannequello contenuto alle cc. 90 r.-91 r., vergato su 2 colonne; essendo il ms.composito, le mani sono varie e diverse: a (cc. 1 r.-31 v.); b (cc. 32 r.-46 r.);c (cc. 47 r.-57 r.) con una giunta di mano coeva a c. 57 r.; d (cc. 59 r.-89 v.);e (cc. 89 v.-91 r.); f (c. 92); g (cc. 93 r.-94 r.); h (95 r.-120 r.). Esclusa lamano a, la quale copia in una littera bastarda più testi di ambito general-mente dantesco (compreso il nostro), le altre mani copiano, ciascuna, untesto diverso (vd. sotto). Per quanto riguarda il nostro testo, troviamo rubri-che; capoversi, talvolta coinvolti nella rifilatura, di modulo leggermentemaggiore rispetto al testo delle terzine e sporgenti dallo specchio di scrittu-ra; una riga bianca che stacca fra loro i singoli capitoli. Legatura modernain cartone, ricoperto sul dorso e sugli angg. di perg.; sulla costola del codicetroviamo scritto «In Dantis Comoediam Glossae Metricae etc.».

Note e sottoscrizioni: c. II r.: «Iste liber fuit fr(atr)is Cyp(ri)anj de Marra-dio (et)p(er)tinet | Loco Nemoris de Mugello. Que(m) fr(ater) Franciscus |Aretinus tu(n)c uic(arius) p(ro)uincie co(n)cessit ad usum fratrj Antonio deBrozio»; c. 120 r.: «Scriptum e(st) opuscolum Jerosolimis inco(n)ue(n)tuSacra | tissimi Montis syon p(er) me fratrem cip(ri)anum de flore(n)tia |u(e)l dema(ra)dio ordinis minor(um) [...] (c’è una rasura): Anno d(omi)ni |Millesimo qu(a)dri(n)ge(n)tesimo sesagesimo t(er)tio».

Contenuto:cc. 1 r.-15 r.: sette capitoli adespoti (assai lacunosi) degli otto capitoli interza rima di Mino di Vanni d’Arezzo:- c. 1 r.: «Incomi(n)cia le chiose elle spositio(n)i brieuemente sopra la conme-dia dida(n)te comicia(n)do | dallinferno (et) fine(n)do nel paradiso; Nelm |ezzo delchamin dinostra vita trentacin|que Annj» (rubrica), Nel mezzo delchamin dinostra uita | trentacinq(ue) anni sinte(n)de uiue(n)do- c. 15 r.: Lamore che muoue ilsole ellaltre stelle (explicit; si noti che: manca

25 Les filigranes dès leur apparition vers 1282 jusq’en 1600, New York, Hacker Art Books, 19852

(ristampa anastatica della seconda edizione del 1923), 4 voll., d’ora in poi semplicemente Briquet.

CRISTIANO LORENZI BIONDI64

completamente il capitolo IV; al V capitolo è premessa la terzina P(er)corermiglioracqua alzai (sic) le uele | mia nauicella apiu gentil lauoro | passatoilma(r)e langoso (sic) aspro e crudele, e, probabilmente sia per questo mo-tivo sia per l’inizio del cap. VIII (vd. dopo), il ms. è stato erroneamente con-siderato un testimone degli Argomenti danteschi del Boccaccio (in cui la partededicata al Purg. inizia: Per correr migliore acqua alza le vele | qui l’auto-re)26; all’VIII capitolo è premessa la terzina La gloria di colui che tuttom›u‹oue | penetra esplende luniuerso attondo | innuna parte piu (et) menoaltroue)cc. 15 r.-20 r.: Credo attribuito a Dante, Eo scrissi gia damor piu uolte rimecc. 20 r.-22 r.: capitolo adespoto in terza rima, Chome p(er) dricta linealocchio alsole (Simone Serdini, detto il Saviozzo)cc. 22 r.-23 r.: terzine delle virtù e dei vizicc. 23 r.-23 v.: sonetto su Dante, Chorrendo glia(n)ni delnostro signo(r)e |sesantacique (sic) co(n) dugento emillecc. 23 v.-26 r.: Par. XIcc. 26 r.-29 r.: Par. XXXIIIc. 29 r.: Par. VII, 1-3cc. 29 r.-31 r.: formule di assoluzionecc. 31 r.-31 v.: ricette per l’inchiostrocc. 32 r.-46 r.: regole di confessionecc. 47 r.-57 r.: «efioretti della nobile so(m)ma defrati p(re)dicato(r)i» (ru-brica a c. 47 r.)cc. 59 r.-88 v.: «Quadriga spirituale» (rubrica a c. 59 r.), [D]ice lo ap(osto)lo.Quello ch(e)no(n) sa cioe le cose necessar\i/e asalute ...cc. 89 v.-91 r.: «alchuni u(er)si didante poeta molto nota | bili» (rubrica a c.89 v.)cc. 92 r.-93 r.: ricette per l’inchiostrocc. 93 r.-94 r.: orazioni in latinocc. 95 r.-120 r.: «epistola Rabi Samuel(is) Israhelite ... missa Rabbi Isaach... tra(n)slata d(e)arabicho i(n)latinum p(er)fr(at)rem alfo(n)sumbo(n)iho(min)is ispanus»c. 120 v.: si rilevano le tracce di un disegno circolare, con cerchi concentricic. I’ v.: ricetta per l’inchiostro.Bibl.: Antonio da Ferrara, Rime cit., p. XI e passim; Bellomo, Dizionario dei commenta-tori... cit., pp. 179, 342; Vittore Branca, Nuovi manoscritti boccacciani... cit., pp. 1-20,spec. p. 3; I cancellieri... cit., p. 93; De Robertis, Rime. I Documenti... cit., tomo I, pp.125-26; Daniele Greco, I manoscritti «Biscioni primi», «Accademie e Biblioteche d’Ita-lia», 59 (1991), n. 4, pp. 10-21, spec. pp. 20-21; G. Mazzatinti, Bosone da Gubbio e lesue opere, «Studi di Filologia Romanza», 1 (1884), pp. 277-334, spec. p. 328 n. 1; Rod-dewig, Die Göttliche Komödie... cit., p. 61, n° 140; Saviozzo, Rime cit., p. XXVI, n° 35 epassim.

26 Si veda V. Branca, Nuovi manoscritti boccacciani, «Studi sul Boccaccio», 16 (1987), pp. 1-20, spec. p. 3.

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 65

L1 Pl. XC sup. 139 (prov. Gaddi27)

Cart., sec. XIV ex.-XV in.; cc. I-45-I’ (bianche le cc. 16 v.-17 v.), le cc.I e I’ non sono originali; mm 270×190; filigrana a forma di tre monti sem-plici (simile a Briquet, n° 11684). Numerazione ant. 1-46 (con salto da 32a 34) in inchiostro bruno nell’ang. sup. dx del recto di ogni c.; le cc. di guar-dia portano una numerazione moderna a lapis (I, I’) nell’ang. inf. dx delrecto di ogni c. Fascicolazione: I-V8, VI3, VII2; apparentemente la fascicola-zione non mostra incongruenze, ma è sufficiente leggere le rubriche da c. 10v. a c. 14 r. (vd. sotto) per accorgersi che c’è stato un problema al momentodella rilegatura del II fasc. (infatti, i testi riacquistano l’ordine esatto, solo seimmaginiamo di scambiare fra loro i due fogli più interni del fasc. stesso); irichiami sono posti al centro del marg. inf. del verso delle cc. finali dei fascc.I e III-V. Il testo è disposto su una col. ed è scritto in littera textualis da unasola mano. Rubriche del copista che staccano i singoli capitoli; iniziali rossealte ca. 7 righe con fregi in inchiostro bruno (a cc. 1 r., 8 r., 14 v. e 18 r.) einiziali rosse alte ca. 3 righe in corrispondenza dell’inizio dei capitoli e deisonetti; i capoversi sporgono sempre dallo specchio di scrittura e sono segna-ti di rosso. Legatura non originale con coperte semiflosce in pergamena; sullacostola del codice troviamo una targhetta quasi del tutto cancellata, doveintravediamo «Ta[v]ola su[lla] C(ommedia) [di] D[an]te»; sulla coperta an-teriore c’è una targhetta, sulla quale leggiamo «Bibliothecae Laurentianae[FR]ANCISCUS III. IMP. AUG. M. D. E. | DONAVIT AN. MDCCLV» e la segnatura delcodice.

Note e sottoscrizioni, annotazioni: c. 1 r. (sotto la rubrica): «Bened Uar-chi» (il ms. appartenne a Benedetto Varchi).

Contenuto:cc. 1 r.-16 r.: capitoli di Mino di Vanni d’Arezzo, misti con quelli di Cecco diMeo Mellone degli Ugurgieri, attribuiti a Jacopo Alighieri:- c. 1 r.: «Compila\ta/ per mess(er) Iacomo figliuolo didante | Allig\h/ieri dafirenze Aintelligentia di coloro | chessi dilectano diuolere sapere e intendereDante» (rubrica), Camino di morte abreuiato inferno (Cecco di Meo Mellonedegli Ugurgieri)- c. 2 r.: «Prima parte dello inferno» (rubrica), Nelmezzo delcamin dinostrauita | trentacinque anni sentendo uiuendo (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 3 v.: «Seconda parte dinferno» (rubrica), Lassato Dante laschura ingno-ranza (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 5 r.: «Terza parte dinferno» (rubrica), Quanto piu posso perabreuiare(Mino di Vanni d’Arezzo)

27 In Angelo Maria Bandini, Catalogus codicum Italicorum Bibliothecae Mediceae Laurentianae..., Firenze, 1778, tomo V (di 5), col. 409 leggiamo: «antiquitus num. 436 designatus »; a c. 1 r., inalto, troviamo il numero «178».

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- c. 6 v.: «Quarta parte dinferno» (rubrica), Una e due notti Dante caminan-do (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 8 r.: «Prima parte durgatorio (sic)» (rubrica), Chamino dipurgatorioabreuiato (Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri)- c. 9 r.: «Seco(n)da parte dipurgatorio» (rubrica), Seguendo breuementeelpurgatoro (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 10 v.: «>Seconda< Terza parte dipurgatorio» (rubrica), Quando sulpur-gatorio salliua Dante (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 11 r.: «Come Dante esce dipurgatorio quarta p(ar)te» (rubrica), Alsom-mo dante delmonte suso (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 13 v.: «Seconda pa(r)te diparadiso oue tracta dipa(r)naso» (rubrica),Parnaso ingrecia fu gia quel giocondo (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 14 r.: «Prima parte diparadiso» (rubrica), Camino diparadiso breuesc(ri)pto (Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri; come si può notare dallerubriche, ci deve essere stato un problema al momento della rilegatura delcodice; vd. sopra)- c. 16 r.: Lamor che muoue elsole elaltre stelle. Amen Amen Am(en) (explicit)cc. 18 r.-45 r.: «Capitolo primo della pietosa fonte doue tracta come lauto |re fu menato in uno bellissimo emerauiglioso giardino» (rubrica a c. 18 r.;La pietosa fonte è il poema in terza rima di Zenone da Pistoia in morte diFrancesco Petrarca), Nuouo principio renda anticho finec. 45 r.: terzine «De quatuor uirtutib(us)» (titolo in inchiostro bruno)cc. 45 v.-46 r.: sonetti adespoti Fui Alexandro emostro inquesta storia, I fuiloltra mirabil salamone, Uoi che mirando andate ogreci ebrei, I fui lo illu-stro eforte hector troyano, Io fui paris delmagno Re p(ri)amo, I fui Enea figu-rato estorto, I fui el forte guerier febusso, Io fui dechaualieri eranti elfiore.Bibl.: Bandini, Catalogus codicum... cit., tomo V (di 5), coll. 408-9; Paul Colomb DeBatines, Bibliografia Dantesca, ossia catalogo delle edizioni, traduzioni, codici mano-scritti e comenti della Divina Commedia e delle opere minori di Dante, seguito dalla seriede’ biografi di lui, Prato, Tipografia Aldina, 1845, vol. I (di 2), tomo I (di 2), pp. 226-27;Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., p. 342; Mazzatinti, Bosone da Gubbio... cit.,p. 328 n. 1; Mostra di codici petrarcheschi laurenziani. Firenze, Maggio-Ottobre 1974,Firenze, Leo S. Olschki, 1974, p. 57, n° 72.

Ad Acquisti e Doni 326 (già C 3, ant. segnatura sulla faccia interna del-l’asse anter.; 14366/152, segnatura sulla faccia esterna dell’asse anter. e acc. III r., 87 v. e I’ v.; Hoepli 354)

Cart.; sec. XV metà; cc. III-87-III’ (bianche le cc. 5 r.-6 v., 70 v.); le cc.I, II, II’, III’ sono state aggiunte in sede di restauro (vd. sotto), a c. II r. sonoincollati 3 foglietti; mm 290×204; filigrane: tre monti semplici (non identi-ficabile con precisione); lettera R con croce (ha la stessa forma di Briquet, n°8942, ma è più piccola). Numerazione ant. 1-81 al centro del marg. sup. del

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recto di ogni c. in inchiostro bruno (stessa mano che numera il ms. Acq. eDoni 327), continuata da una mano recenziore che numera 82-88, com-prendendo anche c. I’; numerazione moderna in inchiostro nero 2-89 nel-l’angolo inf. dx, che considera anche le cc. I e I’ e procede per decine, fattisalvi gli estremi sopra detti; numerazione moderna a lapis 1-87 nell’angoloinf. dx del recto di ogni c. Fascicolazione: I6, II18, III14, IV18, V14, VI18 (la cu-citura è fra l’undicesima e la dodicesima c.); richiami assenti. Il testo è di-sposto su 2 coll. ed è scritto da una sola mano in una littera mercantesca (lastessa dei codd. Acq. e Doni 327 e Ott. lat. 2864, qui siglato O), identifica-bile in quella di Piero di ser Bartolomeo Guittoni d’Arezzo attraverso unanota a c. 2 r. del ms. O (cfr. la descrizione del ms. O) e una sottoscrizionecancellata, ma leggibile, a c. 96 rb del ms. Acq. e Doni 327; presenti corre-zioni della stessa mano soprattutto nei testi della Commedia e dei Trionfi; ac. I’ v. ci sono alcune righe di mano più tarda. Rubriche del copista, inizialirosse o rosse e azzurre (ad es. alle cc. 8 v.-10 r.); a c. 64 r. l’iniziale rossapresenta anche un fregio ad inchiostro nero; i capoversi sporgono sempredallo specchio di scrittura e sono segnati di rosso o di giallo. Legatura ant.(restaurata) con assi di legno, ricoperte in mezza pelle, e fermagli; sulla costoladel codice troviamo scritto «Dante Div. Comm. e Petrarca Trionfi».

Note e sottoscrizioni: c. II r., sui 3 foglietti ivi incollati, numerati A, B eC2: A: Purg. XXVI, vv. 140-47, con l’annotazione: «Raynouard presso BlancVocabolar. | Dantesco. Pag. 504. Ediz. originale»; «Versi provenzali che Dantemette in | bocca d’Arnaldo Daniello nel | canto XXVI del Purgatorio | PSM.Marzo 74. | Codice Antinori fol. 40. Col. 1.»; B: riporta un sommario delcodice di mano settecentesca e una nota a firma di «P. Mattei 1874»: «Notacome il sudd. codice è della stessa mano | che scrisse quello del Convivio diDante nel 1440» (ossia Acq. e Doni 327); C2: una mano del XIX sec. copial’inizio del primo testo che troviamo nel ms. A c. III v.: «Del Prior GaetanoAntinori» (nota presente anche a c. II v. del ms. Acq. e Doni 327). Sullafaccia interna della coperta poster., un timbro e una data a matita (25.2.1971)ci indicano che il codice è stato restaurato dalla legatoria Giuseppe Masi diFirenze nel 1971.

Contenuto:cc. 1 ra-4 va: «Questo sie lostudio dattene cioe de molti | gientiluomeni epo-polani fiorentinj | [....]no | p(er)rachonciallo emetterlo i(n)aspetto fatto p(er)lono | bile uomo ditto el za e p(er) suo maestro chiama | s(er) gigi chee uomodintelligienza» (rubrica), Di tutto elciento chellauropia cignie (capitolo interza rima)cc. 7 rb-7 vb: «Orazione fecie mino diuannj | sopra elpechatore» (rubrica),Charissimo fratello io son lamadre (capitolo in terza rima)cc. 8 ra-61 va: Commedia (si noti che a c. 26 vb troviamo, prima dell’iniziodel Purg., il proemio del commento volgare al Purg. di Jacopo della Lana, ilcui incipit è: Perchorer miglior aqua laltore i(n) questa sechonda | parte

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della presente chomedia i(n)tende trattare | dello stato delanime partitedalisuoj chorpj libere ...; né Bellomo nel suo Dizionario né la bibliografiaprecedente censiscono questo ms. tra i testimoni del proemio del commentolaneo)cc. 61 vb- 62 va: capitolo adespoto, Pero che sia piu frutto epiu diletto (Bo-sone da Gubbio)cc. 62 va-63 ra: capitolo adespoto O uoi che sete deluerace lume (IacopoAlighieri)cc. 63 rb-63 vb: «Credo didante» (rubrica), Io scrissi gia damor piu uolterime e dopo 9 vv. e un piccolo spazio bianco Io credo i(n) un padre chepuofarecc. 63 vb-64 ra: «Diecj comandamentj didante» (rubrica), Dieci dadio abianchomandamentjcc. 64 rb-70 rb: capitoli di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri e di Mino diVanni d’Arezzo, attribuiti a quest’ultimo:- c. 64 rb: «Incipit close mini uannis de aretio sup(er) infernum dantis» (ru-brica), Camino dimorte abreuiato inferno (Cecco di Meo Mellone degli Ugur-gieri)- c. 64 va: «Cap(itolo) ii denigligentj apentirsi» (rubrica), Nelmezo del cha-min dinostra uita | trentacinque annj sintende uiuendo- c. 65 rb: «Cap(itolo) iii denigligentj p(er)pote(n)tia delmo(n)do» (rubrica),Passato dante laschura ignoranza- c. 65 vb: «Cap(itolo) iiii denigligentj p(er)fama delmondo» (rubrica), Quantopiu posso p(er)abreuiare- c. 66 va: «Ca(pitolo) u della quarta qualita deniglig(enti)» (rubrica), Unadi notte dante chemina(n)do- c. 67 ra: «Explicit p(rima) pars minj uan(n)is | prima pars gloriosa(rum)(sic) purgatorij» (rubrica), Camino dipurghatoro abreuiato (Cecco di MeoMelone degli Ugurgieri)- c. 67 va: «Secunda pars gloriosa(rum) (sic) ei(us)dem» (rubrica), Seghuendobreueme(n)te purghatoro- c. 68 ra: «Cap(itolo) iii purgatorij minj (et)c(aetera)» (rubrica), Quartodipurghatorio salito dante- c. 68 vb: «Cap(itolo) iiii delle chiose sopra del pu(r)gatorio» (rubrica),Asom(m)o dante delbel monte suso- c. 69 rb: «Explicit s(ecunda) pars comedie dantis | Incipit close minj uan(n)isparadisj» (rubrica), Camino diparadiso breue scritto (Cecco di Meo Mellonedegli Ugurgieri)- c. 69 vb: «Cap(itolo) ii delle chiose delparadiso» (rubrica), Parnaso i(n)grecia fugia quel gioco(n)do- c. 70 rb: Lamore che muouelsole elaltre stelle, «Amen» (in inchiostro ros-so); «Explicit close dantis alighierj deo gratias» (in inchiostro nero con ini-ziali marcate di rosso)

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cc. 71 va-79 vb: «Questi sono etrionfi dimes(ser) franc(esc)o petrarcha» (ru-brica): La notte cheseghui loribil chaso, Nel chuor pien damarissima dolcie-za, Stancho gia dimirar no(n) sattio anchora, Eltenpo che rinuoua emiasospiri, Era sipieno elchuor dimarauiglia, Poscia che mia fortuna i(n) forzaaltruj, Quando uidi i(n) un tempo ei(n) un locho, Quella ligiadra egroliosadonna, Dapoj che morte trionfo neluolto, De i(n)disfinita enobil marauiglia,Io no(n) sapea datal uista leuarme, Nellauro albergho cholaurora i(n)anzi,Dapoi che sotto elciel chosa no(n) uidicc. 79 rb-80 vb: Alnome didio edelbuono chominciare (serventese della Dot-trina dello Schiavo di Bari)cc. 81 ra-82 rb: «Questa sie una chanzona | fatta p(er)la figliuola duno | citta-dino fiorentino | ebuono merchatante» (rubrica), Alnome sia di cristo bene-detto (Boccaccio chiama questo componimento Canzone dello indovinello)cc. 82 vb-85 ra: «Questo sie elchantar di 3 preti | eduna donna cheglinghano»(rubrica), Chiaro rubino sopra laltre giem(m)ecc. 85 rb-86 va: «Questo sie ellamento dipisa | richordandosi della sua granfilicità | e uedersi uenire i(n) basso stato» (rubrica), Pensando erimenbran-do eldolcie tenpoc. 86 va: sonetti Alessandro lascio lasignoria, Sup(er)bia fa luomo esserearroghante, editi dalla Bellucci fra le rime di Antonio Beccari (cfr. descrizio-ne ms. O)cc. 86 ra-87 va: «Questa orazione sie della uergina maria» (rubrica), Auesup(er)na stella graziosa.Bibl.: Antonio da Ferrara, Rime... cit., p. XII e passim; Bellomo, Dizionario dei commen-tatori... cit., pp. 69, 197, 342, 384; De Robertis, Rime. I Documenti... cit., tomo I, pp.130-31; I manoscritti datati del fondo Acquisti e Doni e dei fondi minori della BibliotecaMedicea Laurenziana di Firenze, a c. di Lisa Fratini e Stefano Zamponi ,Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2004, p. 43; Michele Messina, Schede su manoscritti danteschi,«Studi Danteschi», 35 (1958), pp. 263-80, spec. pp. 263-70; Roddewig, Die GöttlicheKomödie... cit., pp. 69-70, n° 161; Giorgio Varanini, La «Canzone dello indovinello», «Studie Problemi di Critica Testuale», 4 (1972), pp. 27-60, spec. 34, n° 4 e passim.

S1 Strozzi 148 (prov. Strozzi, n. 325; a c. II r. c’è una targhetta incollatache porta il n° 139)

Cart.; sec. XIV ex.; cc. II-130-II’ (bianche le cc. 7 r., ‹69›-‹70› – proba-bilmente aggiunte in un secondo momento –, 130), le cc. I-II e I’-II’ sonostate aggiunte in sede di restauro (vd. sotto); a c. II r. è incollato un foglietto;parecchie cc. presentano i margini rinforzati da listelle di carta (solitamentemoderne) o di pergamena (talvolta palinsesta); la c. 62 presenta il marginelaterale strappato nella sua parte inf.; mm 389×287; filigrane: frutto a for-ma di pera accompagnato da due foglie (simile a Briquet, n° 7347 o 7349);ascia (simile a Briquet, n° 7502); liocorno (simile a Briquet, n° 9966); for-

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bici (simile a Briquet, n° 3761); due cerchi con croce (simile a Briquet, n°3182); arco (non ne rintracciamo un tipo raffrontabile nel repertorio delBriquet). Numerazione ant. 1-20 che numera le cc. corrispondenti al testodell’ Inf. dantesco; numerazione discontinua 1-126 (per lo più in corrispon-denza dell’inizio dei singoli testi o delle singole cantiche, nel caso della Com-media; si noti che non vengono contate le cc. bianche 69 e 70), la quale, asua volta, nelle prime cc., è posta accanto ad una numerazione ad inchiostropiù antica 2-8, che parte dalla prima c.; numerazione moderna a lapis 9-130, discontinua fino a c. 71. Fascicolazione ricostruibile, grazie alla pre-senza dei richiami nel marg. inf., solo per le cc. ‹30›-97: I-II16, III10 (aggiuntele cc. ‹69›-‹70›), IV8, V18. Il testo è disposto su 2 coll.; presenti cinque maniin littera bastarda, la prima delle quali (che lavora a cc. 1 r.-6 v., 102 r.-105v., 108 v.-129 v.) è la mano che copia il nostro testo. Nel contropiatto ante-riore vi era un’incisione attribuita a Baccio Baldini, ora conservata separa-tamente rispetto al codice28; a c. 7 v. troviamo un disegno che rappresental’incontro fra Dante e le tre fiere e fra Dante e Virgilio; a c. 8 r. troviamo unaminiatura che ritrae Dante e, nella parte inf. dell’intercolumnio, è disegnatoun putto che porta uno scudo; da c. 8 v. a c. 23 r. vi sono disegni ad inchio-stro, che, posti nel marg. inf., rappresentano in forma figurativa le sceneprincipali descritte dalla parte di testo dantesco contenuto nella c. in cui sitrova il disegno stesso; iniziali blu o rosse, alte ca. tre righe, con fregi rispet-tivamente rossi e blu (mancano quelle di Inf. II e III); ogni capolettera èmarcato di rosso e sporgente rispetto allo specchio di scrittura; da c. 102 v.a c. 105 v. e da c. 110 v. in poi iniziali, fregi e marcatura dei capiletterascompaiono completamente. Si noti che nei capitoli di Cecco Meo Mellonedegli Ugurgieri e nel primo capitolo di Mino di Vanni, il copista sottolinea(in rosso nei capitoli dell’Ugurgieri e in nero in quelli di Mino) i versi citatidella Commedia o le parole provenienti dal testo dantesco e lì interpretate.Legatura moderna in mezza pelle con piatti di cartone; sulla costola del codicetroviamo scritto «Dantis Comoedia».

Note e sottoscrizioni: 68vb, sotto una più antica nota di possesso, cancel-lata a penna (sembra di leggere: «Questo libro e diGioua(nn)j di b(er)nardoorlandini | echiamasi dante alighieri ...»): «Questo libro sie di gouannidiL(oren)zo dibiuigliano | Raugi e choperato (sic) dafranc(esc)o dandrearaugi | suo cognato insoma daltrj libri ealtre masseritie | come appare almiolibro debitorj e creditorj.». A c. 129 va si ripete la stessa situazione di c. 68v., con qualche piccolo cambiamento: «Questo libro e diGioua(nn)i diber-nardo dimariano | orlandini e chiamasi fazio degliubertj ...»; sotto: «Questolibro nominato falzio degliuberti | dafirenze sie di gouanni di L(oren)zo di-biuigliano ...».

28 Si veda la scheda n° 59, scritta da Piero Scapecchi e relativa ad un’incisione conservata nelms. Banco Rari 352.1 della BNCF, nel catalogo L’uomo del Rinascimento (cfr. bibliografia).

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Contenuto:cc. 1 ra-2 va: «Tauola sopra ildante» (rubrica in inchiostro bruno), Nel mezodelca(m)min dinostra uita | fu inpaurato dante p(er) alcuno (capitoli diCecco di Meo Mellone degli Ugurgieri, il primo dei quali parte dalla secondaterzina)cc. 2 vb-6 vb: «Chiose sopra la prima cantica | di dante alighieri» (rubrica ininchiostro nero):- c. 2 vb: Nel mezzo del camin dinostra uita | trentacinque anni sintendeuiuendo (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 6 vb: Lamor che muoue ilsole e laltre stelle, «Expliciunt glose dantis»(rubrica in inchiostro nero); in seguito troviamo la seguente dedica: «Lexcelsoidio chogni uirtu sublima | che in cuor mi mise far queste p(er) rima | mettanel sauio e gratioso uaso | diquel benigno e cortese tomaso | antico fiorentinde rondinelli | che queste chiose e dettati nouelli | degni acceptar dame suoseruidor | che lo dittate e scritte p(er)suo amore.» (la stessa dedica è presentenel ms. Ricc. 1158, qui siglato R1; dalla ricerca nel database dell’archiviodelle Tratte on-line risulta un Tommaso di Michele Rondinelli, appartenenteal quartiere di S. Giovanni ed eletto nel marzo 1381 sia come uno dei Priorisia come uno dei dodici Buonuomini, probabilmente in sostituzione di unaltro individuo)cc. 8 ra-68 ra: Commedia, corredata da un sistema di Comp(arationes) eNo(tabilia)cc. 68 rb-68 vb: «Diuisione di\tu/tto ildante» (rubrica), Ouoi che siete delue-race lume (Iacopo Alighieri)c. 68 vb: Iura monarchie, Inclita famacc. 71 ra-129 va: Dittamondo di «Fazio degluberti dafirenze» (rubrica a c. 71ra), Non p(er) trattar laffanno chio sofersi.Bibl.: L’uomo del Rinascimento: Leon Battista Alberti e le arti a Firenze tra ragione ebellezza, a c. di Cristina Acidini e Gabriele Morolli, Firenze, Mandragora-MaschiettoEditore, 2006, p. 172, n° 59; Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 69, 342,384; Marisa Boschi Rotiroti, Codicologia trecentesca della Commedia, Roma, Viella, 2004,pp. 19, 25, 94, 97, 122, n° 104, 157, p. 206 tav. 38; Antonio Canal, Guido da Pisa com-mentatore dell’intera Commedia, «Studi e problemi di critica testuale», 18 (1979), pp.57-75, spec. p. 64; Disegni nei manoscritti laurenziani, sec. X-XVII, catalogo a c. di Fran-cesco Gurrieri, Firenze, Leo S. Olschki, 1979, p. 106, n° 72; Esposizione dantesca inFirenze, Firenze, Tipografia dei Successori Le Monnier, 1865, pp. 39-40, n° 59; Mazza-tinti, Bosone da Gubbio... cit., p. 328 n. 1; Mostra di codici ed edizioni dantesche (20aprile-31 ottobre 1965), Firenze, Edizioni Remo Sandron, 1965, pp. 72-73, n° 95; Rod-dewig, Die Göttliche Komödie... cit., pp. 85-86, n° 200.

S Strozzi 161 (prov. Strozzi, 240; già n° 164).

Cart., sec. XIV ex.; cc. VII, 196, IV’ (bianche le cc. 195 v. e 196 v.), le cc.I-IV e II’-IV’ sono state aggiunte in epoca moderna, le cc. V e IV’ sono membr.

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originali e le cc. VI-VII sono del XVII sec.; mm 273×194 (i bordi di alcunecc. sono stati restaurati con liste di pergamena); filigrana a forma di arco(simile a Briquet, n° 797). Numerazione originale 1-196 nell’ang. sup. dxdel recto di ogni c., in gran parte rifilata e sostituita da una numerazioneant. successiva 1-196 nell’ang. sup. dx dello specchio di scrittura sul recto diogni c. (il n° 53 è ripetuto due volte; troviamo il n° 57 sul verso della 57a c.e della seguente e il n° 58 sul recto di quest’ultima, la quale è stata montatacon il verso al posto del recto; il postillatore cinquecentesco del codice, SchiattaRidolfi (vd. sotto), autore anche della numerazione in questione, ci indical’ordine giusto attraverso alcune note a piè del verso della 57a c. e del rectoe del verso della c. seguente). Fascicolazione: I-XIV14; richiami assenti. Iltesto è disposto su una col. fino a c. 181 v., a partire dalla quale il testo vienedisposto su 2 colonne; sono presenti mani diverse: quella principale (in lit-tera textualis semplificata) di Simone di Dino Brunaccini da Firenze, comeci dice una nota a c. 181 v. (vd. sotto; egli, lanaiuolo, ambasciatore a Bolo-gna tra il 1386 e il 1387, morto nel 140829, ha copiato anche i mss. Ricc.1287 (datato al 1394) e 1650); una mano secondaria a c. 194 rb e una terzamano che scrive alle cc. 195 r. e 196 r.. Il testo della Commedia è postillatoda Schiatta Ridolfi, come vediamo in una nota a c. V v. (vd. sotto). Rubrichedel copista principale; iniziali alte ca. 3 righe e capoversi segnati di rosso; ac. I’ è disegnato uno stemma, nella cui parte alta sono presenti tre palle nere.Legatura moderna in cartone ricoperto di pelle; sulla costola troviamo scrit-to: «Dantis Comoedia cum expos. filii».

Note e sottoscrizioni: c. V v.: «Alnome didio adj 15 di Giennaio 1432. |Questo libro chiamato Date (sic) chonperaj io bernardo dughucione ipisa(sic) p(er) mezo [..] | di nicholo digiouanni rjbaldesi nostro fattorenelachonp(er)a dipisa chonuno altro l(i)br[o] | di epistole disapaolo (sic)echostaromj i(n) tuto ghrossi q(u)arantacinq(ue) dariento»; «Eadi dimag-gio 1513 lo conp(er)aj io Schiatta Ridolfi dagiouanni | diluca funaiuolo disseess(er)e dunsuo amjco.»; c. VI r., in alto: «n° 240»; sotto c’è una tavola delcontenuto del codice e a piè della c. troviamo: «Del sen.re Carlo di TommasoStrozzi | 1670»; c. 181 v.: «Finiti tre libri Inferno Purgatorio et Paradiso delletre cantiche | didante allaghieri poeta fiorentino Et descritto di mano di | Si-mone didino brunaccini dafirenze p(er)se et p(er)sue erede deo | gratias Amen.».

Contenuto:cc. 1 r.-181 v.: Commediacc. 181 v.-182 r.: «sposizione delle tre cantiche didante allaghieri fatte damess(er) Piero didante informa dargomento» (rubrica a c. 181 v.), O voi chesiete del verace lume (Iacopo Alighieri)cc. 182 va-183 rb: «sposizione delle tre cantiche ... fatte da mess(er) Buoso

29 Per maggiori notizie sulla sua vita, si veda Irene Hijmans-Tromp, Vita e opere di Agnolo Tor-rini, Leiden, Universitaire Pers Leiden, 1957, p. 127 n. 1.

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dagobbio informa dargomento» (rubrica a c. 182 va), Pero che sia piu fruttoe piu dilettoc. 183 va: Questo scritto fe mess(er) giouanni | boccacci da certaldo granpoetacc. 183 va-193 vb: capitoli di Mino di Vanni d’Arezzo, misti con gli Argomentidi Giovanni Boccaccio e con i capitoli di Cecco di Meo Mellone degli Ugur-gieri e attribuiti a Giovanni Boccaccio:c. 183 va: «Primo modo disposto il primo libro Inferno fatto da Mess(er) |Giouanni boccacci dacertaldo poeta sopraldante alaghierj» (rubrica); Nelmezzo del camin di nostra uita | smarrito innuna ualle lautore (GiovanniBoccaccio)c. 184 vb: «Secondo modo sposto il primo libro Inferno» (rubrica); Caminodi morte abreuiato inferno (Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri)- c. 185 ra: «Terzo modo sposto il primo libro | Inferno della cantica didante»(rubrica); Nel mezzo del camin di nostra uita | trentacinque anni sentendoe uiuen[do] (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 186 ra: Passato dante laschura ignoranza (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 186 va: Quanto piu posso p(er) abreuiare (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 187 ra: Una e due notti dante caminando (Mino di Vanni d’Arezzo)c. 187 vb: «Compiuto lasposizione p(er)tre modi | del primo libro infernodidante | alaghieri conposto damessere gioua | nnj boccacci dacertaldo poetafio | rentino in forma dargomento» (explicit in inchiostro nero); «Primo modosposto ilsecondo | libro purgatoro dellacome | dia di dante alaghieri» (rubrica)c. 188 ra: Percorrer miglioracqua alza leuele | qui lautore seguendo uirgilio(Giovanni Boccaccio)c. 189 ra: «Secondo modo sposto ilsecondo | libro purgatoro dellacanti | cadidante alaghieri» (rubrica), Camino di purgatorio abreuiato (Cecco di MeoMellone degli Ugurgieri)- c. 189 va: «Terzo modo sposto ilsecondo | libro purgatoro della cantica | didante alaghieri» (rubrica), Seguendo breuemente purgatoro (Mino di Vannid’Arezzo)- c. 190 rb: Quanto dipurgatoro fa luce dante (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 190 rb: Al sommo dante delbelmonte suso (Mino di Vanni d’Arezzo)c. 191 rb: «Conpiuto il terzo modo del secondo | libro purgatoro di dantealaghieri | esposizione della seconda cantica» (explicit in inchiostro nero)c. 191 va: «Primo modo sposto ilterzo | libro paradiso della can | tica didantealaghieri» (rubrica); La gloria di colui che tutto moue | in questa parte mostralautore (Giovanni Boccaccio)c. 192 rb: «Conpiuto il primo modo delterzo | libro paradiso della canticadidante | alaghieri poeta fiorentino» (explicit in inchiostro nero); «Secondomodo sposto ilterzo | libro paradiso dellaca | ntica didante alaghieri» (rubrica)c. 192 va: Camino diparadiso breue scritto (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)

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- c. 193 ra: «Conpiuto il secondo modo disposto | ilterzo libro diparadisodella terza | cantica didante alaghieri | poeta fiorentino» (explicit in inchio-stro nero); «Terzo modo sposto ilterzo | libro paradiso della canti | ca didantealaghieri poe | ta fiorentino disposto da | mess(er) Giouannj boccacci predet-to» (rubrica), Parnaso fu gia ingrecia quel fecondo (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 193 vb: Lamor chemouel sole elaltre stelle, «Conpiuto ilterzo modo di-sposto | ilterzo libro paradiso della | cantica terza didante ala | ghieri poetafiorentino de | lla sua comedia. E ancora | conpiuto lasposizione di tre | libriinferno purgatorio et | paradiso desopradetti uolumi. deo grazia Amen» (expli-cit in inchiostro nero)c. 194 ra-b: «Canzone morale di dante ala | ghieri trapta come santa | ghiesasilamenta» (rubrica), I fu ferma chiesa e ferma fede p(er)dare (GiannozzoSacchetti); «Sonetto facto dal S(igismondo) M(alatesta) da pesaro», Infinitabontà padre sopernoc. 194 va-b: sentenze dei padri della Chiesac. 195 ra-b, 196 ra-b: inno Uerbum caro factus est .Bibl.: Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 69, 179, 197, 342, 384; BoschiRotiroti, Codicologia trecentesca... cit., pp. 19, 73, 104 fig. 48, p. 123, n° 111, 158, 210tav. 42; V. Branca, Tradizione delle opere di Giovanni Boccaccio (I): un primo elenco dicodici e tre studi, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1958, p. 21; Maddalena Ceresi,Collezione manoscritta di codici danteschi della Divina Commedia, esistenti in riprodu-zione fotografica presso la filmoteca dell’Istituto di Patologia del Libro «Alfonso Gallo»-Roma, «Bollettino dell’Istituto di Patologia del Libro “Alfonso Gallo”», 25 (1966), pp.15-49 e 135-77, spec. pp. 154-55, n° 32; De Robertis, Rime. I Documenti... cit., tomo I,pp. 184-85; Esposizione dantesca... cit., p. 56, n° 102; Malatesta Malatesti, Rime, ed.critica a c. di Domizia Trolli, Parma, Studium Parmense, 1981, pp. 25-26, n° 23 e pas-sim; Mazzatinti, Bosone da Gubbio... cit., p. 328 n. 1; Luisa Miglio, Lettori della Comme-dia: i manoscritti in «Per correr miglior acque...», bilanci e prospettive degli studi dante-schi alle soglie del nuovo millennio. Atti del Convegno di Verona-Ravenna, 25-29 ottobre1999, Roma, Salerno Editrice, 2001, tomo I (di 2) pp. 295-323, p. 315 e n. 65; FrancaPetrucci Nardelli, Legatura e scrittura. Testi celati, messaggi velati, annunci palesi, Fi-renze, Leo S. Olschki, 2007, pp. 162-64 e fig. 74; Roddewig, Die Göttliche Komödie...cit., pp. 90-91, n° 210 (e bibliografia ivi citata); Giannozzo Sacchetti, Rime, ed. critica ac. di Tiziana Arvigo, Bologna, Commissione per i Testi di lingua, 2005, pp. XXXVI-XXXVII, n° 6 e passim.

Biblioteca Nazionale Centrale

N II II 40 (già Magliabechiano VII 1010; prov. Strozzi in f.° 640, già 107)

Composito30, cart., secc. XV e XIX; cc. I-xxxv-255 + 3 cc. bianche nonnumerate-I’ (bianche le cc. 3 v., 18, 21 v., 65 v., 75 v., 88 v., 91 r.-95 r., 105,

30 Tratteremo soprattutto del nucleo antico del codice, dalla c. 1 alla c. 228, e, in particolar modo,delle cc. contenenti il nostro testo.

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 75

123 v., 133 v., 139, 173 v., 182 v., 186 v.-197 v., 201-211, 215 v.-216 r.,223 v., 228), la c. xxxv è c. di guardia secentesca, le cc. I e I’ sono moderne,le cc. i-xxxiv (che contengono la tavola del contenuto del codice) e 229-255con le 3 cc. non numerate (che contengono una «Dissertazione di VincenzioFollini sopra i | due Poemetti esistenti in questo Codice dal | foglio 129. alfoglio 138. intitolati la Buca | e lo Studio di Atene...») sono state aggiunte inepoca moderna; mm 296×218; filigrane: cesoie (simile a Briquet, n° 3668),tre monti (simile a Briquet, n° 11902), fiore (simile a Briquet, n° 6390),cesoie (simile a Briquet, n° 3689), stella (simile a Briquet, n° 6070), tremonti (simile a Briquet, n° 11656), fiore (simile a Briquet, n° 6306). Perquanto riguarda il nucleo più antico del codice osserviamo che, oltre allanumerazione moderna a penna 1-255 (che comprende anche le cc. aggiuntealla fine del codice in epoca moderna), da c. 3 a 18 il copista pone nell’an-golo sup. dx del recto di ogni c. il n° 1, mentre da c. 19 a c. 228 è presenteuna numerazione 1-227 (con salto da 22 a 24, le attuali 40-41, e da 196 a213, le attuali 213-214, a causa della caduta delle cc. corrispondenti; del-l’antica c. 23 vediamo ancora il margine interno strappato) probabilmentedel copista stesso (in fondo a c. 213 vb, infatti, c’è un rimando all’ant. c.226). Fascicolazione: 2 cc. sciolte, I-II16, III15 (è caduta la settima c. del fasc.,l’ant. c. 23), IV-VII16, VIII18, IX16, X18, XI-XIII16, XIV15 (fra il fasc. XIII e ilfasc. XIV probabilmente era presente un fasc. di 16 cc., corrispondenti alleant. 197-212); richiami orizzontali nel marg. inf. del verso dell’ultima c. diogni fasc. che non termina con cc. bianche. Il testo del nucleo più antico delcodice è disposto su due coll. tranne che alle cc. 1-2, 17, 150-151 e 152 r.(solo la parte sup. della c.); la scrittura è della mano quattrocentesca in lit-tera mercantesca di un certo «Angnolo» (vd. sotto; essa compare anche nelms. Fondo Nazionale II. II. 83, datato 1455-56). Le rubriche sono tutte ininchiostro nero; il copista ha lasciato lo spazio per le iniziali dei singoli com-ponimenti, che, però, non sono state eseguite; i capoversi sporgono dallospecchio di scrittura e fra i vari testi solitamente vengono lasciati degli spazibianchi. Legatura moderna in mezza pelle con assi di legno; sulla costolatroviamo scritto con lettere dorate: «Dante Alighieri | Canzoni | &».

Note e sottoscrizioni: c. xxxv r., sotto la segnatura strozziana «n° 640»:«Raccolta di | Poesie diuerse, degl’autori notati nella | seguente tauola»; nelmarg. inf. leggiamo: «Del Sen.re Carlo di Tommaso Strozzi | 1670»; c. 108ra: «Io angnolo | della fortuna >......< \mia/ assai midoglio | checchonuersarmifa trappuerizia | Peronbrattato mifu q(u)esto foglio»

Contenuto: essendo il codice un’onerosa raccolta di testi volgari, ondeevitare un eccessivo dilungamento della descrizione, rimandiamo, per i testidiversi dal nostro, alle tavole delle descrizioni del codice di Lucia Bertolinie Domenico De Robertis, citate nella bibliografia:cc. 175 ra-181 ra: «Qui sinotera leffetto ditutti echapitoli | dellibro didantefatti p(er)lo figluolo | detto mess(er) iachop<o>» (rubrica in inchiostro neroa c. 175 ra):

CRISTIANO LORENZI BIONDI76

c. 175 ra: Chamin dimorte abreuiato i(n)ferno (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)- c. 175 va: Nelmezzo delcham(m)in dinostra uita | trenta cinq(u)annisinte(n)de uiuendo (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 176 rb: Passato dante laschura ingnoranza (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 176 vb: Quanto piu posso perabbre uiare (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 177 va: Una due notti dante cham(m)inando (Mino di Vanni d’Arezzo)c. 178 ra: «finito lonferno», Cham(m)in dipurghatorio abbreuiato (Cecco diMeo Mellone degli Ugurgieri)- c. 178 va: Seghuedo (sic) breuemente purghatoro (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 179 ra: Quattro dipurghatoro salitte da(n)te (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 179 vb: Alsom(m)o dante delbel monte suso (Mino di Vanni d’Arezzo)c. 180 ra: «il paradiso chomincia», Cham(m)in di paradiso breue schritto(Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri)c. 180 va: «Chapitolo pur deldetto m(es)s(er) iac(o)p(o)», Parnaso inghre-cia fuggia quelgochondoc. 181 ra: Lamor chemuoue ilsole ellaltrestelle, «finiti echapitoli dimess(er)iachopo alinghierj».Bibl.: Antonio da Ferrara, Rime cit., p. XIV e passim; La «Commedia»: i codici della Bi-blioteca Nazionale di Firenze, a c. di Barbara Banchi e Alessandra Stefanin, Firenze, SocietàDantesca Italiana, 1998, pp. 48-49, n° 51; De Batines, Bibliografia dantesca... cit., vol.I, tomo I, p. 228; Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., p. 342; L. Bertolini, Cen-simento dei manoscritti della Sfera del Dati, «Annali della Scuola Normale Superiore diPisa. Cl. di Lettere e Filosofia», serie III, XVIII (1988), pp. 417-588, spec. pp. 419-55,n° 38; Branca, Tradizione delle opere... cit., pp. 58, 268-69, 318 n. 1; Cino da Pistoia.Mostra di documenti e libri, catalogo a c. di Ezelinda Altieri e G. Savino, Firenze, Leo S.Olschki, 1971, p. 51, n° 24; Alessio Decaria, Le canzoni di Mariotto Davanzati nel codiceVal. Lat. 3212, «Studi di Filologia Italiana», 66 (2008), pp. 75-180, spec. pp. 83-85; DeRobertis, Rime. I Documenti... cit., tomo I, pp. 202-05; IMBI, vol. VIII (Forlì, Bordandi-ni, 1898), pp. 151-62; Malatesta Malatesti, Rime cit., pp. 26-27, n° 25; I manoscrittiitaliani della Biblioteca Nazionale di Firenze, descritti da una società di studiosi sotto ladirezione del prof. Adolfo Bartoli, Firenze, Tipografia e Litografia Carnesecchi, vol. I(1879), pp. 345-83 e vol. II (1880), pp. 1-37; Mazzatinti, Bosone da Gubbio... cit., p.328 n. 1; Mostra di codici ed edizioni dantesche... cit., p. 50, n° 58; Mostra di codiciromanzi delle biblioteche fiorentine, Firenze, Sansoni, 1957, p. 85, n° N 6; GiannozzoSacchetti, Rime cit., pp. XL-XLI, n° 10 e passim; Saviozzo, Rime cit., p. XXVIII, n° 45.

M Magliabechiano VII 1086 (prov. Strozzi 4°, n° 217)

Composito (probabilmente l’ultimo fasc. è stato aggiunto in un secondomomento), sec. XV (1424); cart.; cc. I-43-I’,; le cc. di guardia I e I’ sonomoderne; mm 216×145; filigrane a forma di tre monti semplici. Numerazio-ne non originale 1-43 in inchiostro nero nell’angolo sup. dx di ogni recto,che sostituisce un’altra numerazione, posta nell’ang. sup. dx e quasi semprebiffata o rifilata. Fascicolazione: I-III8, IV5 (è un ternione al quale manca

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 77

l’ultima c.), V14; richiami orizzontali nel marg. inf. del verso dell’ultima c. diogni fasc., presenti in tutti i fascc. eccetto il IV. Il testo, per la parte che ciinteressa, è disposto su una sola col.; le mani che intervengono sono due: laprima, di Compagno d’Alessandro Arigucci (vd. sotto; dall’archivio delleTratte on-line risulta un Compagno d’Alessandro Arrigucci, nato nel 1381,appartenente al quartiere di S. Giovanni (gonfalone del Drago), del qualenon si hanno più notizie dopo il 1433), che scrive il nostro testo in mercan-tesca, e la seconda (secondo il Catalogo dei Codici della Libreria Strozzia-na31, di «Caterina Monacha nel monastero del Paradiso 1458») che scrivel’ultimo fascicolo. Per la parte che ci interessa, troviamo rubriche (talvoltacon iniziali blu fregiate di rosso); iniziali blu fregiate di rosso (o viceversa)alte ca. 2 o 3 righe; capoversi che sporgono dallo specchio di scrittura. Le-gatura moderna in cartone con costola ricoperta in perg. (dove troviamoscritto: «217 | VII | DAN | TE | d | Arez(zo) | 1086 | 3»).

Note e sottoscrizioni: c. 29 r.: «Questo libro è di compagno arighucci iscrittodisuo mano di Maggio nel Mccccxxiiii» (si noti che tutta la bibliografia pre-cedente legge «Allighutti» o «Allighucci)»; c. 29 v.: «Questo libro è di com-pagno d’alessandro Arighuccj di firenze» (sottoscrizione in rosso).

Contenuto:cc. 1 r.-29 r.: capitoli di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri e di Mino diVanni d’Arezzo, attribuiti a quest’ultimo:- c. 1 r.: «Qui comincia le dichiarazionj di dante alle | ghierj in terza rimacompilate p(er) Mino | diuannj lanaiuolo cittadino d’Arezzo» (rubrica), Camindi dante abreuiato inferno (Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri)- c. 3 r.: «Secondo capitolo delle dichiarazionj» (rubrica), Nel mezzo delcam(m)in di nostra vita- c. 6 r.: «Terzo capitolo delle dichiarazionj» (rubrica), Lasciato dante laschura ignoranza- c. 8 v.: «Quarto capitolo delle dichiarazionj» (rubrica)- c. 9 r.: Quanto piu posso p(er) abreviare- c. 11 v.: «Quinto capitolo delle dichiarazionj» (rubrica)- c. 12 r.: Un dì enotte dante chaminando- c. 14 r.: «Finito il primo libro delle dichiarazionj di da(n)te | detto infernoconpilato p(er)mino d’arezzo» (rubrica)- c. 14 v.: «Qui comincia il secondo libro delle dichiara | zionj di dante cio ei(n) prugatoro conpila | to to (sic) p(er) mino darezzo i(n) seconda cantica»(rubrica), Cam(m)in diprugatoro abreviato (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)- c. 16 v.: «Settimo capitolo delle dichiarazioni» (rubrica), Seghuendo brieue-mente prugatoro

31 Catalogo dei Codici della Libreria Strozziana..., vol. I (di 2 voll. manoscritti), p. 120 (salamss. della BNCF, Cat. 45).

CRISTIANO LORENZI BIONDI78

- c. 19 r.: «Ottauo capitolo delle dichiarazionj» (rubrica), Quatro di inpur-ghatoro istette dante- c. 21 v.: «Nono capitolo delle dichiarazionj» (rubrica), Al som(m)o dantedelbelmonte suso- c. 24 r.: «Terzo libro delle dichiarazionj di dante detto | paradiso conpilatop(er) mino diuan(n)j darezzo» (rubrica); Camin diparadiso brieue iscritto(Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri)- c. 26 v.: «Undecimo capitolo delle dichiarazionj» (rubrica), Pernasso in-grecia fugia q(u)elgiocondo- c. 29 r.: Lamor che muoue ilcielo elaltre istelle, «Per difendere iluero san-zaltro prezzo | uigiuro chelprimo chemiscriuesse | fu mino diuannj cittadinodarezzo | Saria bugiardo chialtro diciesse. | Quj finiscie ledichiarazionj didante | interza rima. deo grazias Amen» (explicit in inchiostro nero) .cc. 30 r.-43 v.: «Epistola di s(an)to Jeronimo adamicho infermoco(n)fortatoria» (rubrica in inchiostro nero), Benche Io certissimamente abbiachonosciuto la | tua experientia....Bibl.: De Batines, Bibliografia dantesca... cit., vol. I, tomo I, pp. 225, 227-28; Bellomo,Dizionario dei commentatori... cit., pp. 342 e 384; La «Commedia»: i codici... cit., p. 77,n° 107; Catalogo dei Codici della Libreria Strozziana... cit., vol. I (di 2), pp. 119-20;Paul Oskar Kristeller, Iter Italicum. A Finding List of Uncatalogued or Incompletely Ca-talogued Humanistic Manuscripts of the Renaissance in Italian and Other Libraries,London, The Warburg Institute-Leiden, Brill, 1963, vol. I (di 7), p. 124; Mazzatinti, Bosoneda Gubbio... cit., p. 328 n. 1.

Biblioteca Riccardiana

R 1036 (già O.II.5)

Cart., sec. XV in. (ante 1432); cc. II, 204, bianca la c. 4 v.; le cc. I e II nonsono originali; mm 294×216; filigrane: tre monti all’interno di un cerchio(simile a Briquet, n° 11846); tre monti semplici (non identificabile con pre-cisione). Numerazione più recente 1-204 (la c. 1 ha però perso l’ang. sup. dxdove era presente la numerazione) in inchiostro rosso posta nell’ang. sup. dxdi ogni recto; numerazione più antica in inchiostro nero 1-205 (probabil-mente partiva da una c. di guardia ora perduta) posta nell’ang. sup. dx diogni recto in parte rifilata e in parte biffata da un tratto di inchiostro rosso.Fascicolazione: I4, II-XI12, XII-XVIX10; richiami in calce ai fascc. II-XVIII.La mano principale del codice è quella di Bartolomeo Massoni da Lucca inlittera textualis di modulo contenuto (vd. sotto; egli, con firma BartolomeoMazzoni, secondo quello che afferma Roddewig (cfr. bibliografia), ha copia-to anche la sezione del Paradiso con il commento del Falso Boccaccio nelms. Ital 54 della Harvard College Library di Cambridge, Massachusetts);una seconda mano poco più tarda, quella di Bartolomeo di Ludovico di

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 79

Romolo di Dino del Romano (vd. sotto), chiamato Meo Ceffoni, intervienenei margini e nelle cc. lasciate bianche dal primo copista (Bartolomeo Cef-foni è censito anche da Bellomo, alle pp. 207-8 (cfr. bibliografia), tra gliantichi commentatori danteschi); il testo copiato dalla mano principale èdisposto su una col.

Rubriche con iniziali blu; le iniziali maggiori (la prima delle quali è ca-duta), di colore blu e filigranate di rosso, sono alte ca. 9-12 righe, mentre leiniziali minori sono alte ca. 3 righe e sono alternativamente blu o rosse; tal-volta i capoversi sono segnati di rosso (tuttavia, non nel nostro testo).

Legatura di restauro in mezza pelle su assi di legno.Note di possesso e sottoscrizioni: c. 179 r., nel marg. inf., di mano di

Bartolomeo Ceffoni: «Questi 13 uersi qi disopra sono qelli chessondipi (sic)e scritti nella | dipinttura douedipintto dantte i(n)santta liperata, oversanttamaria | delfiore doue silege alpresentte ildantte p(er) maestro anttonio frate| di sanfrancescho, 1430, eldetto maestro anttomio fece fare ladetta dipintu-ra p(er)richordare accittadini chefaccano arechare lossadidantte | afirenzeefalli onore chome emeritarebbe i(n)dengnio luocho»; c. 195 r.: «Qui scrip-sit iscribat se(m)p(er) cu(m) d(omi)no uiuat | uiuat in celis semp(er) cumd(omi)no felix | Iste liber iscripsit Bartolomeus filius | andree massonis de-lucis» (scritto in inchiostro rosso e blu); poco sotto troviamo: «Questo librochonpero Bartolomeo dilodouicho diromo | lo didino derromano, chera chia-mato romano p(er)che | uen(n)e darroma adabitare affichine. Eiosonchia-ma | to Meo ceffoni Io o pensiero di dirci entro di belle | chose no(n) so bunoiscrittore eo malauista pelleta»; c. 204 v.: viene data, per mano di Bartolo-meo Ceffoni, una tavola per il calcolo della Pasqua in cui il primo anno peril quale viene calcolata è l’ «an(no) 1432».

Contenuto:cc. 1 v.-3 v.: «Prolagho sopra la prima chanticha della chome | dia di dantealleghieri poeta cittadino fiorentino | fatto per messer francescho petrarchapoeta fiore(n)tino il quale» (rubrica a c. 1 v.), [P]one et descriue Dante poeta| soprano corona et gloria della lin | gua latina 32

c. 5 r.: epistola di Lentulo sulle fattezze di Cristocc. 6 r.-179 r.: Commedia di Dante; alle cc. 73 v.-76 r. troviamo però «locredo di dante in rima» (rubrica in inchiostro blu a c. 73 v.), Io scripsi giadamor piu uolte rimacc. 180 r.-195 r.: capitoli di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri e Mino diVanni d’Arezzo, attribuiti a Jacopo di Dante e Francesco Petrarca:

32 Per questo prologo, cfr. Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 375-77 (alla vocePetrarca, falso) e Rudy Abardo, I commenti danteschi: i commenti latterari, in Intorno al testo. Ti-pologie del corredo esegetico e soluzioni editoriali. Atti del Convegno di Urbino, 1-3 ottobre 2001,Roma, Salerno Editrice, 2003, pp. 321-76, spec. pp. 346-51, che trascrive il prologo in questione dalms. Ricc. 1038, definendolo «un volgarizzamento estrapolato dalle Espositiones» di Guido da Pisa.

CRISTIANO LORENZI BIONDI80

- c. 180 r.: «Hec est tabula super primo libro Dantis qui uo | catur Infernusfacta a Iacobo eiusdem dantis filio» (rubrica), CAMIN dimorte abbreuiatoinferno (Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri)- c. 181 r.: Nel mezzo del chamin di nostra uita | trentacinque anni sente(n)doet uiue(n)do (Mino di Vanni d’Arezzo); in margine al v. troviamo di manodel Ceffoni: «qi chomicano 10 chapitoli | di Messer fra petrarcha»- c. 182 v.: Passato dante la obscura ignorantia (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 184 v.: Quanto piu posso per abreuiare (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 185 v.: Una et due nocti dante cha(m)minando (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 187 r.: Camin di purghatorio abbreuiato (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)- c. 188 r.: Seguendo breuemente purghatoro (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 189 v.: Quanto di purghator salute dante (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 191 r.: Alsommo dante del bel monte suso (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 192 v.: Chamin diparadiso breue scripto (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)- c. 193 v.: Parnaso fu gia ingracia quel secondo (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 195 r.: Lamor che moue ilsole elaltre stelle (explicit); in margine al v.troviamo scritto di mano del Ceffoni: «finiti 10 chapitoli petrarcha | Messerfrancescho»cc. 195 r.-204 v.: raccolta di estratti, prose e poesie, per la maggior parteadespote, messa insieme dal Ceffoni (per una tavola delle postille del Ceffo-ni e del materiale da lui raccolto all’interno del ms., si veda la descrizione delcodice di M. Boschi Rotiroti citata in bibliografia).Bibl.: Abardo, I Commenti letterari... cit., 321-76, spec. p. 346; Antonio da Ferrara, Rimecit., p. XVI e passim; Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 207, 208, n° 1,342, 375, 376, n° 4, 384; Boschi Rotiroti, Censimento dei manoscritti della Commedia.Firenze, Biblioteche Riccardiana e Moreniana, Società Dantesca Italiana, Roma, Viella,2008, pp. 59-60, n° 25 (e bibliografia ivi citata), p. 138 tav. 34; M. Ceresi, Collezionemanoscritta... cit., 24 (1965), pp. 3-94, spec. pp. 42-43, n° 74; De Robertis, Rime. IDocumenti... cit., tomo I, pp. 338-39; Esposizione dantesca... cit., p. 60, n° 118; I mano-scritti datati della Biblioteca Riccardiana di Firenze, a c. di Teresa De Robertis e Rosan-na Miriello, Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 1999, vol. II (di 3), pp. 46-47, n° 83;I Danti Riccardiani, parole e figure, a c. di Giovanna Lazzi e Giancarlo Savino, Firenze,Edizioni Polistampa, 1996, pp. 60-61, n° 13, 68; Mazzatinti, Bosone da Gubbio... cit., p.328 n. 1; Salomone Morpurgo, I manoscritti della R. Biblioteca Riccardiana di Firenze,Roma, Ministero della Pubblica Istruzione, 1900, pp. 29-33, n° 1036; Mostra di codici ededizioni dantesche... cit., p. 103, n° 142; Roddewig, Die Göttliche Komödie... cit., pp.134-36, n° 322 (e bibliografia ivi citata).

R3 1050 (già O.IV.40)

Il ms. è composto da due codd. distinti, che, sulla scorta di D. De Rober-tis, chiameremo a (autografo di Antonio Pucci) e b; ai fini del nostro lavorointeressa il codice b, mentre per a rimandiamo fin da ora al catalogo del

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Morpurgo, all’intervento di Anna Bettarini Bruni riguardo all’autografia delPucci e alla descrizione di De Robertis.

Cart., sec. XIV (a) e XV (b); cc. V-85 (a) + 44 (b)-III’ (bianche le cc. 69v., 121-129), le cc. I-IV (c. V è perg. orig. e contiene una tavola che ci mostrache a, in origine, doveva avere almeno 126 cc.) e I’-III’ sono di epoca moder-na; mm 290×215; filigrane (di b): forma non identificata inscritta in uncerchio con croce; tre monti semplici con croce (simile a Briquet, n° 11702).Numerazione moderna, posta nell’ang. sup. dx del recto di ogni c., i-v (ininchiostro rosso), 16, 2-15, 1, 17-129 (a macchina), che ristabilisce l’ordinegiusto delle cc.; nel codice a numerazione ant. (prob. quattrocentesca), po-sta nell’angolo sup. dx del recto di ogni c. e rifilata; nel codice b numerazio-ne moderna, posta nell’ang. sup. dx del recto di ogni c., spesso erasa o bif-fata con un tratto rosso, che continua la numerazione precedente. Fascico-lazione (di b): I-II10, III10, IV14; i richiami sono presenti alla fine dei fascc. I-II. In b i testi sono disposti su una col. (per i testi poetici) o a piena pagina;intervengono due mani quattrocentesche, una, che scrive in corsiva umani-stica, da c. 86 v. a c. 114 v. (che copia anche il nostro testo), l’altra, semprein corsiva umanistica, ma di modulo più schiacciato e più fitta, che intervie-ne da c. 115 r a c. 120 r. (questa introduce anche la parola poesia nel marg.dx della c. 13 r., una rubrica a c. 25 r. e delle varianti marginali a c. 49 r.;se ne deduce che i due codd. furono uniti già nel XV sec.). Il copista cheverga il nostro testo ha lasciato degli spazi bianchi per le iniziali, che, però,non sono state esemplate; i capoversi sporgono rispetto allo specchio di scrit-tura; fra i singoli capitoli (non sempre) troviamo dalle 2 alle 7 righe di spa-zio bianco. Legatura moderna in cartone ricoperto di tela e mezza pelle;sulla costola del codice troviamo scritto «Boccaccio | Vita Nuova di Dante».

Contenuto:cc. 86 r.-111 r.: capitoli di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri e di Minodi Vanni d’Arezzo, attribuiti a quest’ultimo (cfr. explicit):- c. 86 r.: [C]amin di morte abreuiato Inferno (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)- c. 88 r.: [N]elmezo del cam(m)in di mostra uita- c. 90 r.: [P]assato dante lascura ignora(n)tia- c. 93 r.: [Q]uanto piu posso p(er) abreuiare- c. 95 v.: [U]na due nocti dante camina(n)do- c. 97 v.: [C]am(m)ino >abreuia< di purgatorio abreuiato (Cecco di MeoMellone degli Ugurgieri)- c. 99 v.: [S]eguendo breuemente purgatoro- c. 102 r.: [Q]uatro di purgatoro salitte dante- c. 104 v.: [A]lso(m)mo delbel mo(n)te suso- c. 106 v.: [C]ammino di paradiso breue scripto (Cecco di Meo Mellonedegli Ugurgieri)- c. 107 v.: [P]arnaso ingrecia fu gia quel gioco(n)do

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- c. 111 r.: Lamor ch(e) muoue ilsole et laltre stelle, «Explicit quedam expo-sitio co(m)medie dantis composita | p(er) minum de Aretio Deo gra(tia)s»(in inchiostro rosso)cc. 111 r.-114 r.: sommario adesposto del Paradiso, Nel primo capitolo della(terza) ca(n)ticha diparadiso ...cc. 114 r. e v.: elenco dei passi cronologici dell’Inferno, Nota dies in quibusstetit in eius uisione ...cc. 115 r.-116 r.: «Chopia duna epistola didante allighierj mandata alloinp(er)adore arrigho | ...» (rubrica in inchiostro nero a c. 115 r.)c. 116 v.: epitaffi latinicc. 116 v. e 119 r.-120 r.: detti e fatti memorabilicc. 117 r.-118 r.: trattatello adespoto sulle pietre preziosecc. 118 r.- 119 r.: «Horazione alre dinapoli facta p(er) oratore fiorentino»(rubrica in inchiostro nero), Se inalchuno tempo serennissimo (et) gloriosis-simo principe ....Bibl.: Antonio da Ferrara, Rime cit., p. XVI e passim; De Batines, Bibliografia dantesca...cit., vol. I, tomo I, pp. 225, 233, 486; Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp.342, 384; A. Bettarini Bruni, Un manoscritto ricostruito della «Vita di Dante» di Boccac-cio e alcune note sulla tradizione, «Studi di Filologia Italiana», 57 (1999), pp. 235-55,spec. p. 251, n° 19; Ead., Notizia di una autografo di Antonio Pucci, «Studi di FilologiaItaliana», 36 (1978), pp. 187-95; Branca, Tradizione delle opere... cit., p. 72; De Rober-tis, Rime. I Documenti... cit., tomo I, pp. 345-47; Esposizione dantesca... cit., p. 94, n°216; Mazzatinti, Bosone da Gubbio... cit., p. 328 n. 1; Morpurgo, I manoscritti... cit., pp.41-46, n° 1050; Mostra di codici ed edizioni dantesche... cit., pp. 31-32, n° 36; Mostradi codici romanzi... cit., pp. 197-98, n° R 30; Giannozzo Sacchetti, Rime cit., pp. XLVI-XLVII, n° 16 e passim.

R1 1158 (già O.II.2)

Cart.; sec. XV in.; cc. IV-37-IV’; le cc. I-III e II’-IV’ sono state aggiuntein occasione dell’ultimo restauro; le cc. IV e I’ sono state aggiunte in epocamoderna; mm 201×144; filigrane: testa di liocorno (non si riesce a rintrac-ciare il tipo esatto sul Briquet, poiché la filigrana, dato il formato del codice,è spezzata in più parti). Numerazione moderna a macchina 1-37 posta nel-l’ang. sup. dx del recto di ogni c.; numerazione antica (probabilmente quat-trocentesca) 1-37 (anche se i nn. 31-37 sembrano essere di un’altra mano)posta al centro del marg. sup. del recto di ogni c. che testimonia un anticodisordine del fasc. stesso (nell’ultimo fasc., infatti, essa segue il seguenteordine: 30, 31, 32, 34, 35 (scritto sul verso della c.), 36, 33, 37). Fascicola-zione: I5, II6 (la cucitura sta tra la quarta e la quinta c. del fasc.), III-IV6, V5,VI8; la fasc. prob. non è originale e ciò è dimostrato dall’unico richiamopresente a c. 15 v., che, però, non si trova in fine di fasc. Il testo è dispostosu una colonna ed è scritto da una mano quattrocentesca in littera mercan-tesca, per le cc. 1-29 r., 30 v.-32 r. e 34 v.; il resto del ms. presenta una

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seconda mano alle cc. 33 r.-34 r. e 35 r.-37 v. e altre mani che intervengononelle glosse marginali, contenute a cc. 1 r.-4 v. e 6 r. e a cc. 27 v. , 29 v., 30r., 32 v.; ai fini dei nostri interessi, si noti che la mano (littera bastarda) cheinterviene a c. 27 v. trascrive la dedica (vd. sotto), tràdita anche dal ms.laurenziano Strozzi 148 (qui siglato S1), e sembra intervenire anche nelleglosse marginali a cc. 3 r.-4 v. e 6 r. Rubriche in inchiostro nero, iniziali incorpo maggiore e capoversi sporgenti rispetto allo specchio di scrittura.Legatura moderna in cartone rivestito di perg.; sulla costola troviamo scrit-to: «Mino | di Vanni | d’Arezzo | Capitoli | sulla | D. Comm.a | Folgore |Sonetti | della | Brigata | sec. XV».

Contenuto:cc. 1 r.-7 v.: capitoli adespoti di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri (cc. 1r.-7 v.) con glosse marginali (inc.: qui troua lalonza (et) leone (et) | lalupa),[C]am(m)in[o] [d]i morte [.........] i(n)ferno (l’inchiostro è stato eraso)- cc. 8 r.-27 v.: capitoli adespoti di Mino di Vanni di Arezzo:- c. 8 r.: «Incomi(n)ciano le chiose et sposizioni | b(r)euemente fatte sop(r)ala prima | canticha della co(m)media del poeta | dante allighierj dafirenze laquale | chanticha edetta i(n)ferno scritto p(er) | rittime uersifichate, incipitfeliciter», Nelmezo delca(m)min di nostra uita | trenta cinque an(n)j sinten-de uiue(n)do- c. 10 v.: «Finito ilp(r)imo tractato sop(r)a lespositionj dellonferno | breue-mente fatte. | Incomincia ilsecondo trattato sop(r)a la p(r)edetta | materaseguitando», Passato dante lascura i(n)gnoranza- c. 13 v.: «Finito eilsecondo trattato sopra | lechiose; comi(n)cia il terzotrattato | pur sop(r)a linferno», Quanto piu posso p(er) abreuiare- c. 16 r.: «Qui finiscie ilterzo trattato ›sop(r)a‹ \delle/ | lesposizionj sop(r)alap(r)imaca(n) | ticha cioe i(n)ferno. | Incomi(n)cia il quarto et ultimo trat-tato | sop(r)a lap(r)edetta matera»- c. 17 r.: Uadue notti dante ca(m)minando- c. 18 v.: «Conpiute sono le chiose exposizionj breue mente | fatte sop(r)alap(r)ima cantica dellaco(m)media | del poeta dante allighieri dafirenze laquale | canticha edetta inferno. | Incominc\i/ano lechiose expositionj breueme(n)te | fatte sop(r)a ›sa‹ laseconda cantica della co(m)media | delpoetadante allighierj dafirenze laquale | canticha edetta purgatoro. | P(r)imo trat-tato sop(r)a ladetta matera», Seguendo breue mente ilpurgatoro- c. 20 v.: «Quifinisce ilp(r)imo trattato sop(r)a lexposizionj delpurgatorio |Incomincia losecondo trattato sop(r)a ladetta matera | co e delpurgatorio»,Quatro di ›salidant‹ purgatorio salidante- c. 22 v.: «finito il secondo trattato sop(r)a lesposizionj fatte sop(r)a | lopur-gatorio della co(m)media del poeta dante allighierj | dafirenze»- c. 23 r.: «Inchomincia ilterzo e ultimo trattato sop(r)a | lesposizionj fattesop(r)a ilpurgatoro», Asommo dante delbelmonte suso- c. 25 r.: «finite sono lexposizionj breue mente | fatte sop(r)a lasechonda

CRISTIANO LORENZI BIONDI84

canticha | detta purgatorio della com(m)edia | del poeta dante allighierj dafi-renze | i(n)rime uersifichate. | Incomi(n)ciano lexposizionj fatte sop(r)a | laterza eultima canticha detta | paradiso della com(m)edia dellexcielle | ntissi-mo poetadante allighierj dafi | renze», Parnaso ingrecia fugia quel giocondo- c. 27 r.: Lamor che muoue ilsole elatre stelle (explicit)- c. 27 v.: «Chonpiute sono lesposizionj breuemente fatte | sop(r)a laterzaeultima canticha | ditta paradiso | della com(m)edia de | llexciellentissimopoeta dante | allighierj da firenze deo grazias am(en)»; poco più sotto (dimano diversa): «Lexcielso dio congni uirtu sublima | che incuor mimise farquesto prima | metta nelsauio e gratioso uaso | di quelbeningno et cortesetomaso | antico fiorentin derondinelli | chequeste chiose e dittati nouelli |dengni acciettar damme suo seruidore | chello dittate escritte p(er) suo amore| deo grazias am(en) am(en) am(en)» (la stessa dedica è presente nel ms.Laur. Strozzi 148, S1 nella presente edizione)cc. 28 r.-29 r.: canzone adespota Cruda siluaggia fugitiua e fera (Bartolo-meo da Castel della Pieve)cc. 29 v.-30 r.: «sonetto di Giouanni gerardi» Uidi canciare alsole laurorafronte; sonetto adespoto Insullo entrare delboscho aduna chaccia; «sonettodorso antonio alla madre quando | era ini(n)ghilterra» Godete mo(nn)a lixacopulcini; sonetto adespoto Insuq(u)esta cholonna afighuratocc. 30 v.-32 r.: lamento adespoto in ottava rima di una fanciulla senese ab-bandonata, Imilamento diqueltraditorecc. 33 r.-36 v.: sonetti adespoti (i cosiddetti «sonetti dei mesi» di Folgore daS. Gimignano)c. 34 v.: capitolo in terza rima incompleto (si arresta al v. 16) adespoto O uoichesiete daluerace lume (Iacopo Alighieri)cc. 37 r. e v.: canzone adespota Ison uenuto alpunto della rota (Dante Ali-ghieri).Bibl.: De Batines, Bibliografia dantesca... cit., vol. I tomo I, pp. 222-24; tomo II, p. 87;Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 70, 342, 384; A. Bettarini Bruni, Osser-vazioni sulla tradizione manoscritta di Folgore da San Gimignano, in Il giuoco della vitabella, Folgore da San Gimignano, Studi e testi a c. di Michelangelo Picone, San Gimigna-no, Tipolitografia Editrice Arti Grafiche Nencini Poggibonsi, 1988, pp. 65-78; De Rober-tis, Rime. I Documenti... cit., tomo I, pp. 387-88; Mazzatinti, Bosone da Gubbio... cit., p.328 n. 1; Morpurgo, I manoscritti... cit., pp. 193-94, n° 1158.

R2 1200

Composito, cart.; sec. XV metà (il testo da noi preso in esame (cc. 90 r.-108 r.) è stato finito di copiare il 18 novembre 1446); cc. II-199-II’ (bianchele cc. 18 v.-19 r., 29 r.-32 v., 33 v.-35 v., 86 v.-88 r., 183 v.), la c. 1 origina-riamente doveva essere incollata al piatto anteriore del cod; la metà sup.della c. 99 risulta strappata; le cc. I-II e I’-II’ sono moderne; mm 216×150;

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 85

filigrane: fiore (non ben identificabile); tre monti semplici con croce (similea Briquet, n° 11719); tre monti semplici in un cerchio (simile a Briquet, n°11881; sembra, però, che non ci sia la croce); fiore con due foglie (simile aBriquet, n° 6659, anche se con alcune differenze nella forma delle foglie enella lunghezza dello stelo). Numerazione discontinua ant., posta longitudi-nalmente nell’ angolo inf. dx (alcuni dei fogli utilizzati dal copista proven-gono da una scorta destinata agli usi di cancelleria); numerazione ant. ininchiostro bruno chiaro 1-200 nell’angolo sup. dx del recto di ogni c. a par-tire da c. 2, anche se l’ang. di quest’ultima è strappato (passa da 101 a 104,le attuali 102-103, segnalando la perdita di 2 cc.; non registra il rovescia-mento dei due ff. interni (cc. 159-62) del fasc. XIII); numerazione modernaa macchina 1- 199 nell’angolo sup. dx del recto di ogni c., posta sotto lanumerazione ant. sopra detta. Fascicolazione: I1+20 (c. 1 è stata incollata alfasc. I in sede di restauro), II22, III-V10 (questi fascc., così come i fascc. VII eVIII, sono composti da una stessa partita di cc. destinate ad uso di cancelle-ria), VI16, VII13 (ha perduto l’ultima c.; infatti la prima c. del fasc., non aven-do la sua compagna, in sede di restauro, è stata incollata alla seconda c. delfasc. stesso), VIII13 (ha perduto la prima c.; infatti l’ultima c. del fasc., nonavendo la sua compagna, in sede di restauro, è stata incollata alla penultimac. del fasc. stesso), IX-XIII10, XIV8, XV10, XVI15+1; richiami presenti alla finedei fascc. I-III, XII-XIII. Tutto il codice (salvo brevi giunte di altre mani) èstato esemplato, in tempi diversi, con vari ductus e non nell’ordine in cui ilcodice è stato legato (vd. sotto la data riportata a c. 16 v.), dalla mano diAngelo di Gaspare Marchi da Volterra (vd. sotto; per protestare contro l’im-posizione del Catasto, nel 1429 egli fu inviato a Firenze, dove venne impri-gionato fino alla sottomissione di Volterra; non a caso, nel 1429 il ms. Ricc.1060 (cfr. sottoscrizione a c. 170 v.) fu copiato da Giovanni degli Ardinghel-li proprio su sua richiesta); per quanto riguarda il nostro testo, esso è dispo-sto su una sola col., presenta iniziali nere o rosse alte ca. 3 righe e capoversisporgenti rispetto allo specchio di scrittura. Legatura di restauro in cartone,ricoperto di pergamena; sulla costola troviamo scritto «Trattati vari, Rime-Orazioni, Epistole volg. & lat., sec. XV.».

Note e sottoscrizioni: c. 16 v.: «Scriptum inpalatium D(omi)nor(um) p(er)me angelum Marchum de Uulterris | de mense octobris Mccccliij»; c. 72 r.:«Explicit Dialogus Iannozi manecti De acerba Antonini | morte filij sui mor-te consolatorius p(er) angelum damarchis inpala | tio D(omi)nor(um)uulterraru(m) Aprelis MccccXLVI script(us)»; c. 108 r.: «Finis huius op(er)isdeo gra(ti)as Amen. Scriptum per | me Angelum demarchis uolaterranus subdie xviij | Nouembris Mccccxlvj»; c. 198 v.: «D. S. | Ghaspari Marchio patrioptimo | Ioanni que fratri dulcissimo | cetere que domus nepotibus | Ange.Marchius. faciundum curauit | monum».

Contenuto: essendo il ms. composito, per un elenco generale degli autorie dei testi presenti nel codice rimandiamo fin da ora al catalogo del Morpur-

CRISTIANO LORENZI BIONDI86

go, a quello dei manoscritti datati della Riccardiana, a quello sui cancellieriaretini di R. Cardini e P. Viti ed alla descrizione di D. De Robertis, citati inbibliografia.cc. 90 r.-108 r.: capitoli mutili di Mino di Vanni d’Arezzo misti con quelli diCecco di Meo Mellone degli Ugurgieri:- c. 90 r.: «Opus Mini uannis de Aretio Sup(er) tres libros Dantis» (rubricain inchiostro bruno), Camino dimorte abreuiato inferno (Cecco di Meo Mel-lone degli Ugurgieri, anche se l’iniziale nera è posta in corrispondenza del v.4 Nel mezo delcammino dinostra uita)- c. 93 v.: Passata adante lascura ignoranza- c. 95 r.: Quantopiu posso p(er) abreuiare- c. 97 r.: Una etdue nocti dante caminando- c. 99 r.: «Tabula secundi libri Danctis. incipit» (rubrica in inchiostro bru-no), Camin dipurgatorio abreuiato (Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri)- c. 101 r.: Seguendo breuemente ilpurgatorio- c. 102 v.: Quatro di inpurgatorio salicte dante (solo i primi 4 vv. del cap.)- c. 103 r.: cap. VII di Mino a partire dal v. 15- c. 104 r.: Camino diparadiso breue scripto (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri; anche se l’iniziale rossa è posta in corrispondenza del v. 4 Lagloria dicolui chellassu moue)- c. 106 r.: Parnaso ingrecia fu gia quel iocondo- c. 108 r.: Lamore che muoue elsole etlaltre stelle (explicit), «Finis huiusop(er)is deo gra(ti)as Amen. Scriptum per | me Angelum demarchis uolater-ranus sub die xviij | Nouembris Mccccxlvj».cc. 108 v.-112 r.: «Opus Dantis Defide Catolica» (rubrica in inchiostro bru-no), I Scripsi gia damore piu uolte rime (cosiddetto Credo di Dante)cc. 112 v.-115 r.: «Opus Simonis dasenis sup(er) comedias dantis» (rubricain inchiostro bruno), Come perdricta linea lochio alsole (capitolo di SimoneSerdini, detto il Saviozzo)cc. 115 r.-115 v.: ricette mediche (probabilmente per riempire le ultime cc. delfasc., altrimenti bianche; la stessa cosa accade, ad es., alle cc. 72 v.-73 v.).Bibl.: Antonio da Ferrara, Rime cit., p. XVII e passim; De Batines, Bibliografia dante-sca... cit., vol. I, tomo I, pp. 225-26; Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp.342, 384; I cancellieri... cit., pp. 87-89, n° 44 e tav. 62; Censimento dei codici dell’epi-stolario di Leonardo Bruni, II, manoscritti delle biblioteche italiane e della BibliotecaApostolica Vaticana, a c. di Lucia Gualdo Rosa, Roma, Nella sede dell’Istituto PalazzoBorromini, 2004, pp. 103-4, n° 104; Codici latini del Petrarca nelle biblioteche fiorenti-ne (mostra 19 maggio-30 giugno 1991), catalogo a c. di Michele Feo, Firenze, Le Lettere,1991, pp. 189-90, n° 157; De Robertis, Rime. I Documenti... cit., tomo I, pp. 391-92 ; Imanoscritti datati... cit., vol. II, pp. 20-22, n° 33 (e bibliografia ivi citata), tav. XLII;Mazzatinti, Bosone da Gubbio... cit., p. 328 n. 1; Morpurgo, I manoscritti... cit., pp. 261-70, n° 1200; Saviozzo, Rime cit., p. XLI, n° 93 e passim; Giuseppe Zippel, Storia e cul-tura del Rinascimento italiano, a c. di Gianni Zippel, Padova, Antenore, 1979, pp. 158-78, 208 n. 34, 217 n. 7, 221 n. 17, 222, 230 n. 39, 236 n. 55, 244-46 e tav. VII.

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 87

GUBBIO Archivio di Stato di Perugia - sezione di Gubbio

G Fondo Armanni I.D.34 ( già XVIII.B.2; n° 13.1333)

Composito (i fascc. II e III sono i più antichi); cart., sec. XVI; cc. 75 + 1c. volante (bianche le cc. 1-7, 29-31, 40-41, 48-74 eccetto la c. 48bis); mm292×220 e 185×133 (queste ultime sono le misure della c. volante presenteall’interno del codice); filigrane assenti. A lapis nel marg. sup. dx del rectodella prima c. (che noi chiameremo c. 1bis) vi è il n° 1; numerazione 1-15 amina di piombo nel marg. sup. dx, a partire dal recto della decima c.; nume-razione moderna 1-74 (la c. volante viene numerata 48bis) a lapis nel marg.sup. dx, a partire dal recto della seconda c. Fascicolazione: I-III8, IV-V4, VI8,VII28, VIII8; la prima carta del primo quaderno e l’ultima carta dell’ultimoquaderno sono state incollate con la coperta di cartone del codice; la c. 7 nonè solidale ad alcuna c. del suo fasc.; richiami alla fine dei primi due fascc.,posti nell’angolo dx in corrispondenza della fine della colonna di scrittura.Le mani presenti nel codice sono cinque: a (da c. 8 r al primo rigo di c. 9 r.),b (dal secondo rigo di c. 9 r a c. 23 v.), c (c. 23 v.), d (Masino Rubei [vd.sotto] cc. 24 r.-28 v.), e (cc. 32 r.-39 v. e 42 r.-47 v.), f (48bis r. e v.); la manoche copia i capitoli di Mino di Vanni è e (una mano del pieno Cinquecento)ed essi sono disposti su una col. Per quanto riguarda il nostro testo, le rubri-che sono in inchiostro nero; la prima rubrica presenta un’iniziale alta ca. 5righe con dei semplici fregi floreali; le iniziali dei capitoli, così come quelledei capoversi, sporgono dallo specchio di scrittura e sono in corpo maggiorerispetto al resto; fra le singole terzine è presente uno spazio bianco di 1 rigo.

Legatura in cartone, lacera sul dorso.Note e sottoscrizioni: c. 23 v., dopo la fine del componimento in terzine

ivi contenuto, la mano c scrive: «Reuerendo Domino Laurentio BufalarioEugubino ciui Bernardini perpetuus administrator».

Contenuto: essendo il ms. composito, daremo una descrizione più anali-tica solo della parte che ci interessa:a cc. 8 r.-8 v. troviamo «La memoria del tanto (sic) r(e)u(eren)d(o) pro-tectore l’ho uoluta | de parola, i (sic) parola copiarla, nella forma ch’io | l’hotrouata, e qu(esto) eil tenore» (è una sorta di intestazione alla prosa che

33 Da quanto apprendiamo dallo studio di Elisabetta Arioti citato in bibliografia, Vincenzo Ar-manni, che nel XVII sec. mise insieme l’«Archivio Armanno», adesso rifluito (con perdite e aggiun-te) nel cosiddetto «Fondo Armanni», definì una parte dei materiali da lui conservati «manuscritti»;a loro volta, essi erano tripartiti fra «libri d’originali», «manuscritti originali antichi» e «manuscrittidi memorie antiche». Fra questi ultimi, costituivano un fondo a sé quelli di Giovanni Battista Can-talmaggi, che l’Armanni era riuscito ad acquisire, non si sa bene con quali mezzi, all’Archivio e aiquali doveva in origine appartenere il nostro ms., almeno stando alla «tavola di concordanze tra lesegnature indicate nell’inventario di Mazzatinti [cfr. bibliografia] e le attuali», stilata dall’Arioti stessanell’Appendice 1, in calce al suo già citato intervento.

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segue, il cui inizio è Celestinus ep(i)s(copus) seruus seru(orum)); a cc. 9 r.-23 v. vi è un capitolo in terza rima, il cui incipit è Risguarda questo spiritoo potentissimo ed il cui explicit (c. 23 v.) è Ben che la spada sua non tagliain uano; a cc. 24 r.-28 v. troviamo le «...indulgentiae copiate per me | Masi-num Rubei de Eug(ubio) tempore dum eram in urbe officialis | in Capito-lio...» (rubrica in inchiostro nero a c. 24 r.); a c. 48bis r. e v. troviamo uncomponimento il cui incipit è Omnuno d(e)uotam(en)te alej se i(n)china edil cui explicit è piglia(n)do l[a] [u]i(r)tu lassando eluitio;cc. 32 r.-39 v.: capitoli adespoti di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri:- c. 32 r.: «Incomincia la prima cantica della Comedia del poeta Dante |Alleghieri da Firenze chiamata Inferno scritta breueme(n)te | per rime uer-sificate nella quale si co(n)tengono et alle | gansi tutti li Capitoli della dittaprima cantica, specifi | cando in ciascuno cap(ito)lo la pena e il modo dellepunizioni | perordine che hanno li pecatori nell’Inferno», Camino di morteabbreuiato inferno- c. 34 v.: «Incomincia la seconda cantica dellaco | media del poeta DanteAlleghieri dafirenze | laquale è chiamatapurgatorio scritta breue | mente perrime uersificate nella quale si co(n) | tengon et allegansi tutti li capitoli della |detta seco(n)da Cantica specificando inciascuno capitolo lapena eilmodo del-la purgatio | nedicoloro che dentro ui sono», Camino di Purgatorio abbreuiato- 37 r.-37 v.: «Incomincia la terza cantica et Ultima | della Comedia delpo-etaDante laquale | e chiamataparadiso scritta breueme(n)te | p(er)rimeuersificate nellaquale si co(n)tengono et allegansi tutti li capitoli della dicta |(c. 37 v.) terza cantica specificando in ciascuno capi | tolo lagloria et il mododella beatitudine de | li beati che dentro ui sono», Camino di Paradiso breuescrittocc. 42 r.-47 v.: capitoli di Mino di Vanni d’Arezzo incompleti, attribuiti aBosone da Gubbio:- c. 42 r.: «Incominciano le chioseet esposizioni sopralapri | ma cantica dellaComedia del Poeta Dante Alle | ghieri daFirenze laquale è chiamata Inferno| scritte breuemente per rime uersificate per lo | Nobile huomo m(esser) Busoneda Eugubio», Nel mezo del camin’ di nostra uita (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 45 r.: «Comincia laltro capitolo, qual’ tratta pu | re della materia inco-minciata», Passato Dante lascura ignoranza (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 47 v.: il testo si interrompe con il verso raccolte in fiumi per ualle eper-grotte (cioè a II 123).Bibl.: E. Arioti, Dall’Archivio Armanno al Fondo Armanni presso la sezione d’archivio diStato di Gubbio: tre secoli di vita di una raccolta di manoscritti, «Bollettino della depu-tazione di storia patria per l’Umbria», XCIV (1997), pp. 30-102, spec. p. 79; IMBI cit.,vol. I (Forlì, Bordandini, 1891), p. 135, n° 112; Inventario dattiloscritto del fondo Ar-manni conservato presso la sala di studio dell’Archivio di Stato di Perugia - sezione diGubbio, pp. 7-8; Kristeller, Iter Italicum... cit., vol. VI (di 7), p. 10; Silvana Tommasoni,Il fondo Armanni di Gubbio, tesi di laurea discussa presso l’Università degli studi di Pe-rugia, Facoltà di Magistero, a.a. 1977-78 (relatrice: dott.ssa Olga Marinelli Marcacci),pp. 128-29.

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MILANO Biblioteca Ambrosiana

A D.539 inferiore34

Cart., 24 dicembre 1399; cc. II + 76 (bianche le cc. 2 v.-3 v., 68 v., 74-76); mm 400×285. Numerazione 1-76 nell’ang. sup. dx del recto di ogni c.Fascicolazione: I4, II-IX8 (Boschi Rotiroti afferma che l’ultimo fasc. inizial-mente si trovava dopo il primo fasc.); richiami al centro del marg. inf. Iltesto è disposto su due colonne ed è scritto da una sola mano in littera ba-starda. Il nome del copista non è leggibile, bensì è leggibile il suo luogo diprovenienza, cioè Lucca (vd. sotto); Bellomo, sulla base della descrizione delViviani (cfr. bibliografia), che probabilmente poteva ancora leggere la sot-toscrizione, lo identifica in Giovanni da Lucca, responsabile delle chiose dicarattere compilatorio presenti nel codice stesso. Iniziali dei capitoli, deicommenti, delle cantiche e dei canti alte ca. 3-4 righe; presenza di rubriche;capoversi sporgenti dallo specchio di scrittura.

Note e sottoscrizioni: c. I r., sotto una breve tavola sul contenuto del co-dice: «emptus fuit Pisis a Dno Gratia Maria»; c. 68 rb, in explicit al Paradiso:«... scriptus et exemplatus [...] | [...]di luca Iuris utriusq(ue) doctor[...] | [...]m.ccc.lxxxxuiiij. Indi[...] | die xxiiij mensis decembris.».

Contenuto:cc. 1 ra-1 va: «declaratio summaria facta per d(ominum) iacobum filium |dantis allegherij» (rubrica a c. 1 ra), O uoi che sete del uerace lumecc. 1 va-2 rb: capitolo di Bosone da Gubbio, attribuito a Iacopo Alighieri,Pero che sia piu fructo e piu dilectocc. 4 ra-4 vb: commento latino adespoto Quamvis inestimabilis p(ro)videntiacelestialis p(ri)n | cipis multos homines beatificauerit prudentia | et u(ir)tute... (rielaborazione del proemio di Graziolo Bambaglioli)cc. 5 ra-68 ra.: Commedia con chiose riguardanti Inf. e Purg. (sono chiose,secondo Bellomo, che rielaborano l’Ottimo commento, Iacopo Alighieri el’Anonimo latino, quest’ultimo specialmente per il Purg.)cc. 69 ra-73 va: «glose» di Mino di Vanni d’Arezzo, attribuite a Iacopo Ali-ghieri:- c. 69 ra: «Incipiunt glose eximij legum doctoris | domini Iacobi filij dantisallegherij de | ciuitate florentie vulgarizzate per ips(um) | rictimando» (ru-brica), Nel mezzo del camin di nostra uita | trentacinq(ue) annj sintendeuiuendo- c. 69 va: «Capitulum secumdum gloze preallega | te in quo d(i)c(t)usd(omi)n(u)s Iacobus», Passato dante la scura ignora(n)sa- c. 70 rb: «Capitulum tertium glose super dante<m> | in quo d(i)c(t)usd(omi)n(u)s Iacobus», Quanto piu posso per abbreuiare

34 La descrizione e lo studio del ms. sono stati condotti su microfilm.

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- c. 70 vb: «Capitulum quartum gloze prefati dantis | in quo dominus Iacobusantedictus»- c. 71 ra: Una et du nocti dante caminando- c. 71 va: «Capitulum quintum gloze dantis pre | dicti in quo d(omi)n(u)sIacobus prefatus», Sequendo breueme(n)te il purgatoro- c. 72 ra: «Capitulu[m sex]tum preallegate glose | dantis pre[dicti] in quodominus Iacob(us) | antedictus», Quactro di purgatorio sagli dante- c. 72 ra: «Capitulum septimum glose prefati da(n)tis | in quo dictus domi-nus Iacobus», Adso(m)mo dante del bel mo(n)te suso- c. 73 ra: «Capitulum octauum glose prefati | dantis in quo dictus dominusIacob(us)», Parnaso in grecia fu gia quel gioco(n)do- c. 73 va: Lamor ch(e) muoue il sole ellaltre stelle (explicit).Bibl.: Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 260-61; Boschi Rotiroti, Codico-logia trecentesca... cit., pp. 19, 96-97, 133, n° 191, 161; Mazzatinti, Bosone da Gub-bio... cit., p. 328 n. 1; Giuseppe Frasso, Manoscritti e studi danteschi all’Ambrosiana, inTra i fondi dell’Ambrosiana. Manoscritti italiani antichi e moderni. Milano, 15-18 mag-gio 2007, a c. di Marco Ballarini, Gennaro Barbarisi, Claudia Berra, Giuseppe Frasso,Milano, Cisalpino, 2008, tomo I (di 2), pp. 25-55, spec. pp. 30, 32-33; Marco Petoletti,Un chiosatore lucchese a Dante della fine del trecento, «Aevum», 71 (1997), pp. 371-87;Luigi Rocca, Di alcuni commenti della Divina Commedia composti nei primi vent’annidopo la morte di Dante, Firenze, G. C. Sansoni, 1891, p. 157, n° 76; Roddewig, DieGöttliche Komödie... cit., p.181, n° 432; Ead., Handschriften des Ottimo Commento...cit., pp. 325-26, n° 40; Quirico Viviani, La Divina Commedia di Dante Alighieri giusta lalezione del codice bartoliniano, Udine, Fratelli Mattiuzzi, 1823, vol. I (di 3), p. XX, n° 33.

PARIGI Bibliothèque Nationale de France

P Fonds Italien 535 (già Ancien fonds 776635)

Cart., sec. XV; cc. II-448-II’ (bianche le cc. 115, 146 v.-147 v., 155 v.-156 v., 202 r., 260, 320 v.-323 v., 423 r.-424 v., 425 v); mm 290×205.Numerazione moderna 1-448 nell’ang. sup. dx del recto di ogni c. Fascico-lazione non ricostruibile su microfilm. Il testo è disposto su due coll. ed èvergato, in una littera bastarda assai corsivizzata e di non facile lettura, dapiù copisti che, come leggiamo nell’approfondita descrizione di Lucien Au-vray (cfr. bibliografia), «se sont inégalement partagé la tâche» (p. 65), tal-volta lasciando alcune cc. bianche e talvolta riprendendo in un secondomomento il testo che stavano copiando (come accade nella prosa in latinoche inizia con Noscitis frat(r)es carissimi ...). Iniziali in corpo maggioreabbellite da fregi floreali, le quali non sono state esemplate a partire da c.279 r.; le terzine dei capitoli sono staccate tra loro da spazi bianchi ed i lorocapoversi sporgono dallo specchio di scrittura; presenza di rubriche.

35 La descrizione e lo studio del ms. sono stati condotti su microfilm.

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 91

Note e sottoscrizioni: c. 1 r.: nel margine sup. troviamo biffata la data«MDCLVI».

Contenuto:cc. 1 ra-3 vb e 9 v.: prosa in latino adespota Noscitis frat(r)es carissimi ... (iltesto si interrompe a 3 v. per riprendere a c. 9 v., dove termina)cc. 4 ra-9 rb e 10 ra-10 va: capitoli in terza rima adespoti sull’Inferno (fra icapitoli non c’è stacco grafico):- c. 4 ra: «Neglinfrasc(ri)pti uersi erime distinta m(ente) | sc(ri)pte si (con)ten(e)lasu(m)maria intencion de | ciascun cap(ito)lo del libro delinferno del | dantee ciascu(n)a p(ar)te po(n)e laIntenco(n)e su | m(m)aria duno cap(ito)lo»,Camino de mo(r)te abrauiato inferno (Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri)- c. 5 ra: Nel mezo del camin din(os)t(r)a uita | trenta cinq(u)e an(n)jsente(n)do uiue(n)do (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 6 rb: lassato da(n)ti (sic) lascura ignora(n)za (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 7 ra: Qua(n)to piu posso p(er) abrauiar(e) (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 8 vb: Unadue nocte danti (sic) camina(n)do (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 10 va: E quindi usi(m)mo aueder(e) lestell(e) (explicit del capitolo)c. 10 va: sonetto Facin lisauj cantiui carnali, explicit: enudi semp(re) giac-ciati tremanti36

cc. 10 vb-11 ra: regole per trovare l’indizione, il nome dell’ora, il concorrentee la lettera domenicalecc. 12 va-146 vb: commento adespoto di Iacopo della Lana sull’ Inf., Nelmezodel | cami(n) di n(os)t(ra) | uita mi ritr | ouai p(er) una | selua obscu(r)a |chela drita | uia era ism | arita. | Ad Intellige(n)cia | dela p(rese)nte co |media sicomo | ...cc. 148 ra-151 vb: capitoli in terza rima adespoti sul Purgatorio (fra i capitolinon c’è stacco grafico):- c. 148 ra: «Nelinfrasc(ri)pti uersi e rime distinta | m(en)te scripti si (con)tenela sumaria | intencion deciascun cap(ito)lo del libro del | pu(r)gatorio de-dante eciascu(n)a p(ar)te | pone la intencio(n)e sum(m)aria duno | cap(ito)lo»(rubrica in inchiostro nero), Camin depurgato(r)io abrauiato (Cecco di MeoMellone degli Ugurgieri)- c. 149 ra: Seque(n)do breueme(n)te il pu(r)gatorio (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 150 ra: Qua(r)to depu(r)gato(r)io salete dante (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 150 vb: Assomo dante delbel mo(n)te suso (Mino di Vanni d’Arezzo)c. 151 vb: «Sonecto» (rubrica), Color ch(e) posson ben uiui op(e)rar(e)b(e)n(e)

36 Del Balzo, Poesie di mille autori... cit., vol. I (1889), p. 395-96 stampa questo sonetto conincipit: Fanciulli, savii, gattivi, carnali; esso si trova nel ms. 38 della Biblioteca Oliveriana di Pesa-ro, assieme agli altri due sonetti tràditi da P (vd. sotto) e editi sempre da Del Balzo, Poesie di milleautori... cit., vol. I (1889), pp. 399-400, e nel ms. E 56 sup. della Biblioteca Ambrosiana, il qualecontiene, come si è già visto, altri 24 sonetti di tema dantesco, attribuiti a Mino di Vanni d’Arezzo.

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c. 152 ra-155 ra: «Hunc librum (con)posuit | Seneca nobilissim(us) | orato(r)ad Galeonem | amicu(m) suu(m) contra om(n)es | impetus (et)machiname(n)ta fortun(e) ...», eicet (sic) poetar(um) ca(r)mina (è lo pseu-do-senechiano De remediis casuum fortuitorum )c. 157 ra-201 va e 202 va-259 va: commento adespoto di Iacopo della Lana alPurgatorio, «Capitulo p(ri)mo del pu(r)gato(r)io» (rubrica), Per co(r)reremelgiore acque alza leuele | omai lanauicella del mio enghegno | che lassiaretro ase mar si crudele | Lautore en questa secu(n)da p(ar)te dela ...cc. 261 ra-262 rb; capitoli in terza rima adespoti sul Paradiso (fra i capitolinon c’è stacco grafico):- c. 261 ra: «Neglinfrasc(ri)pti ue(r)si erime destintam(en)te | sc(ri)ptesi(con)ten(e) lasu(m)maria intencio(n)e | de ciascun cap(ito)lo del librodelp(ar)adisio | dedante eciascu(n)a p(ar)te po(n)e la intenco(n)e su(m)mariadun cap(ito)lo.» (rubrica), Camin deparadiso breue sc(ri)pto (Cecco di MeoMellone degli Ugurgieri); si noti che tra questo capitolo ed il seguente è statainserita la terzina (che costituisce innovazione rispetto alla tradizione) delparadiso tocco trascore(n)do | mechel dal mar(e) altissimo p(ro)fondo | unafo(r)mica no(n) faria beuendo- c. 262 ra: Parnaso in grecia za fo quel yocu(n)do (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 263 rb: lamor ch(e) moue elsole elialtre stell(e) (explicit)c. 263 va: «Sonecto» (rubrica), Delaluna sie daui(r)gini tatec. 264 ra e va: «[V]irtutes septem herbar(um) s(ecundu)m Ar(istotelem)...»(c. 264 ra)cc. 265 ra-266 vb: «Incipit Seneca de | morib(us)» (c. 265 ra), [O]mnepeccatu(m) est actio ... (sono i cosiddetti Proverbia Senecae)266 vb-268 vb: «Incipiu(n)t Notabilia | Senece», Audamat aud odit mulier |nichil ce(r)tum e(st) (in realtà, Sententiae di Publilio Siro)269 ra-422 vb: commento adespoto di Iacopo della Lana al Paradiso,«Ca(pitolo) p(rimo) de p(ar)adiso» (rubrica a c. 269 ra), La gloria de coluiche tutto move | La gloria de colui che move et diui | cia indomo eius etiustitia ...c. 423 va: componimento in terza rima [C]redo in una s(an)cta t(ri)nitadecc. 426 ra-447 vb: trattato pseudo-aristotelico Secretum secretorum con ilprologo di Filippo da Tripolicc. 447 vb-448 vb: trattato sui segni zodiacali.Bibl.: L. Auvray, Manuscrits de Dante des Bibliothèques de France, Parigi, Ernest Tho-rin, 1892, pp. 59-65, n° XXV; De Batines, Bibliografia dantesca... cit., vol. I, tomo I, p.654, n° 739; Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 236, 286, n° 6, 384; An-tonio Marsand, I manoscritti italiani della Regia Biblioteca parigina, Parigi, dalla Stam-peria Reale, 1835, vol. I, p. 122, n° 114; G. Mazzatinti, Inventario dei manoscritti italia-ni delle biblioteche di Francia, Roma, Tip. Fratelli Bencini, 1886, vol. I (di 3), p. 106.

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 93

PISTOIA Biblioteca Forteguerriana

F D.311 (prov. convento di Giaccherino; su c. V r. è scritto a lapis il n.847).

Cart., sec. XIV ex.; cc. V-72-IV’ (bianca la c. 88 r.), le cc. I-IV e I-IV’sono state aggiunte in epoca moderna, c. V numerata V (I) è pergamenaceae ricavata da materiali di riuso; mm 290×212; filigrane: bilancia a due piatti(simile a Briquet, n° 2366), due stelle a sei punte tagliate da una linea ver-ticale terminante con una croce (simile a Briquet, n° 6131), due spicchi diluna attraversati da un tratto verticale terminante con una croce o con duecroci e due piccoli pomi (simili a Briquet, n° 5363 e Briquet, n° 5369), cervorampante (simile a Briquet, n° 3289). Numerazione ant. 1-47, 64-83, 85,84, 86, 88-89 in inchiostro bruno nell’angolo sup. dx del recto delle cc. (i nni

1-4 e 6-7 sono stati completamente rifilati, mentre i nn. 5 e 8-14 sono statirifilati solo in parte; le cc. 48-63, 87 sono cadute e l’ordine delle cc. 84 e 85è invertito); numerazione moderna 1-15 a lapis nell’ang. sup. dx delle cc.che integra l’altra numerazione nei luoghi in cui è stata rifilata; numerazio-ne moderna 1-47, 64-83, 85, 84, 86, 88-89 a lapis a metà del margine inf.del recto delle cc. Fascicolazione sconvolta da un restauro, ricostruibile soloper le cc. 1-46: I14, II18, III14; il resto delle cc. adesso è fascicolato nel seg.modo: IV24, V2. Il testo è sempre disposto su una col. ed è scritto da una solamano in littera bastarda su base mercantesca. Rubriche rosse, iniziali rossealte ca. 3 righe, capoversi segnati di rosso e sporgenti rispetto allo specchiodi scrittura. Legatura moderna in mezza pelle con coperte di legno.

Note e sottoscrizioni: c. V v.: «Questa e laterza Cantica | della Comedia osia Poema | del Diuino Poeta Toscano | Dante Aligieri | Lo scritto e antichis-simo e dalla | qualita dela carta, come anche da altri | argomenti lo giudicofatto nel secolo | medesimo in cui fiori lo Autore | cioe nel 1300 | Dal confron-to che ne ho fatto colla lezione | del Velutello toltine i modi antichi | conuieneinteramente | E pero come che sia cosa imperfetta, non | lascia d auere il suopreggio e merita | di essere custodita e conseruata | F. Candido da Vercelli1739».

Contenuto:c. V v.: tavola astronomicacc. 1-77 r.: Paradiso (lacuna da XXI, 76 a XXVIII, 50; le rubriche riprodu-cono le terzine del cap. di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri, contenutoa cc. 83 v., 85 r.- v.)cc. 77 v.-79 v.: capitolo di «Iacomo didante» (nome dell’autore scritto alcentro del marg. sup. di c. 77 v.), O Voi che sete dal uerace lumecc. 80 r.-83 r.: capitolo di «Miss(er) busone daghobbio» (nome dell’autorescritto al centro del marg. sup. di c. 80 v.), Pero chessia piu frutto (et)piudiletto

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cc. 83 v.-87 v.: capitoli sul Paradiso di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgierie di «Mino Vannis dietauiue dearetio» (nome dell’autore scritto al centro delmarg. sup. di c. 83 v.), attribuiti a quest’ultimo:- c. 83 v.: Camin di paradiso breue scritto (Cecco di Meo Mellone degli Ugur-gieri; accanto ad ogni terzina troviamo il rimando alle cc. in cui questo ca-pitolo viene riprodotto come rubrica di un canto del Par. all’interno del co-dice; si noti che si fa riferimento anche alle cc. ora perse)- c. 84 r.: Parnaso i(n)grecia fu gia quel giocondo- c. 87 v.: «Expicit (sic) hopus Minj dietauiue dearetio ah(un)c (sic) librumdeo gratias Amen Amen Amen»c. 88 v.: tavola astronomicac. 89 r.: «Con cio sie cosa che neltempo anticho ipoeti (et)massimamenteOuidio co(n) ponesso\ro/loro | fauole i(n) reprensione de uitij iquaglj mani-festamente no(n) poteuano ripren | dare p(er)le maluagita delgliuomini Si-mile mente piace qui discriuare a me | fauolegiando alchuna uerita sottocouerta laquale adiuenne nella citta di siena» (rubrica in inchiostro nero),IN p(er) tanto diremo che Giardireo huomo i(n) nobile (et)figliuolo dargho |co(n) cento occhi ando p(er) diletto acacciare nelboscho... (favola del figliod’Argo)c. 89 v.: Qando pot(r)o idir mie dio (Cino da Pistoia).Bibl.: Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., pp. 72, 199, 342; Boschi Rotiroti,Codicologia trecentesca... cit., pp. 19, 98, 139, n° 244, 163; IMBI cit., vol. I (Forlì, Bor-dandini, 1891), p. 261, n° 209; Cino da Pistoia. Mostra... cit., pp. 46, n° 22, 47 tav. 22;Mazzatinti, Bosone da Gubbio... cit., p. 328 n. 1; I manoscritti medievali della provinciadi Pistoia, a c. di Giovanna Mauro, G. Savino, S. Zamponi, Firenze, Sismel-Edizioni delGalluzzo, 1998, pp. 105-06, n° 227 (e bibliografia ivi citata); Roddewig, Die GöttlicheKomödie... cit., p. 263, n° 612; Mostra dantesca nella cattedrale di Pistoia, a c. di G.Savino, Pistoia, Niccolai, 1966, pp. 29-32.

ROMA Biblioteca dell’Accademia dei Lincei e Corsiniana

C 44 E 33 (già 60937)

Cart., sec. XV; cc. I-276 (bianche le cc. 262-65, 272-76); mm 215×140.Numerazione 1-276 nell’ang. sup. dx del recto di ogni c. Fascicolazione:I-XXIII12; richiami orizzontali al centro del marg. inf. del verso dell’ulti-ma c. di ogni fasc., eccetto che nei fascc. XXII e XXIII. Il testo è dispostosu una sola colonna ed è scritto da una sola mano in littera bastarda subase mercantesca. Iniziali di cantica miniate; iniziali dei canti e dei capitoli

37 La descrizione e lo studio del ms. sono stati condotti su microfilm.

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 95

con fregi ed alte ca. 3 righe; i capoversi sono sporgenti rispetto allo specchiodi scrittura; presenza di rubriche.

Contenuto:cc. 1 r.-239 v.: Commediacc. 240 r.-242 v.: capitolo adespoto O voi che siete del verace lume (IacopoAlighieri)cc. 243 r.-261 v.: «chiose» adespote di Mino di Vanni d’Arezzo:- c. 243 r.: «Inchomincia lechiose sopra lapri | ma chantica di Dante chiama-ta Ninferno. Ca(pitolo) 102» (rubrica), Nelmezo del camin dinostra uita |trentacinque anni sintende uiue(n)do- c. 252 v.: «Inchomincia lechiose sopra laseconda can | ticha di Dante chia-mata purgatorio. Ca(pitolo) 106» (rubrica), Seguendo breuemente ilpurga-toro- c. 259 r.: «Inchomincia lechiose sopra laterza can | ticha didante chiamataparadiso | Ca(pitolo) 109» (rubrica), Parnaso ingrecia fugia quel giocondocc. 266 r.-271 r.: capitoli adespoti di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri(senza la prima terzina del I capitolo).Bibl.: Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., p. 72; Roddewig, Die GöttlicheKomödie... cit., p. 302, n° 699.

Biblioteca Angelica

An 1101 (già S.2.938)

Membr., sec. XIV ex.; cc. 96 (bianche le cc. 32 v., 60 v., 88 v.), le prime4 cc. sono state aggiunte nel XV sec.; mm 360×255. Numerazione 5-96 postaquasi sempre nel marg. inf. del recto di ogni c. a partire dall’inizio dellaCommedia. Fascicolazione: I-II10, III8, IV-V10, VI8, VII-VIII10, IX-X8; richiamiorizzontali nel marg. inf., spesso rifilati. Il testo è disposto su due coll., lemani che intervengono sono due: a (cc. 5 r.-88 r.), in littera bastarda su basecancelleresca, e b (che copia il nostro testo alle cc. 89 r.-96 v.), anche questain littera bastarda su base cancelleresca, tuttavia più posata e regolare. Ini-ziali di cantica miniate, iniziali dei canti e dei capitoli con fregi a penna;presenza di rubriche all’inizio delle cantiche; capoversi sporgenti rispettoallo specchio di scrittura.

Contenuto:cc. 5 ra-88 rb: Commediacc. 89 ra-96 vb: capitoli adespoti di Cecco di Meo Mellone degli Ugurgieri edi Mino di Vanni d’Arezzo:

38 La descrizione e lo studio del ms. sono stati condotti su microfilm.

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- c. 89 ra: Cammin di morte abreuiato i(n)ferno (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)- c. 89 va: Nelmezo delca(m)min dinostra vita | trentaciquan(n)nj sentendo(et) viuendo (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 90 rb: Passato dante laschura ignoranza (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 91 rb: Quanto piu posso per abbreuiare (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 92 ra: Una due nocti dante cam(m)inando (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 92 vb: Ca(m)min di purgatoro abreuiato (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)- c. 93 rb: Seguendo breuemente purgatoro (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 94 ra: Quattro di purgator salitte dante (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 94 vb: Also(m)mo dante delbel monte suso (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 95 va: Cammin diparadiso breue scritto (Cecco di Meo Mellone degliUgurgieri)- c. 96 ra: Parnaso ingrecia fu gia quelgioco(n)do (Mino di Vanni d’Arezzo)- c. 96 vb: Lamor che muoue ilsole (et) laltre stelle (explicit).Bibl.: Bellomo, Dizionario dei commentatori... cit., p. 342; Boschi Rotiroti, Codicologiatrecentesca... cit., pp. 19, 45, 47, 87, p. 140, n° 252, 164; Roddewig, Die GöttlicheKomödie... cit., p. 306, n° 709.

L’editio princepsLa prima edizione a stampa delle «Chiose» di Mino di Vanni d’Arezzo

(con attribuzione, però, a Bosone da Gubbio), come abbiamo accennato nelpar. 2.1, fu quella alle pp. 416-62 del volume Della famiglia, della persona,degl’impieghi, e delle opere di Messer Bosone da Gubbio di Francesco MariaRaffaelli39, pubblicato nelle «Deliciae Eruditorum seu veterum ’Ανεκδóτωνopuscolorum collectanea» (XVII, 1755) a cura di Giovanni Lami. A p. 1 delsuddetto volume, il Raffaelli dice: «Io vi trasmetto (eruditissimo, ed umanis-simo Signor Lami) una piena raccolta delle Rime di Messer Bosone da Gub-bio da me formata principalmente con quanto si contiene in un antico Co-dice MS. di carta bombicina, il quale dai miei antichi è sempre stato diligen-temente custodito, né mai ad alcuno comunicato». Altre informazioni suquesto ms. di proprietà della famiglia Raffaelli provengono da una lettera diPompeo Compagnoni40, indirizzata proprio al Raffaelli e datata 4 agosto 1744,nella quale si afferma che « senza dubbio egli [il ms.] è scritto in un de’ duesecoli XIV o XV, ma il diffinir sicuramente a qual di essi appartenga, non sisa, essendosene stati da chi scrive veduti molti di simil carattere che al XIVe moltissimi che al XV appartenevano.»

39 Si noti che l’edizione in questione fu pubblicata nuovamente, con pochissimi cambiamenti, daDel Balzo, Poesie di mille autori... cit, vol. I (1889), pp. 451-92.

40 Cfr. Raffaelli, Della famiglia, della persona... cit., pp. 393 sgg.

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Dunque, a giudicare dalle notizie che ci pervengono dal Raffaelli e dalCompagnoni, la prima stampa del nostro testo deriva da un ms. cartaceo,databile tra il XIV ed il XV sec. e di provenienza eugubina (in quanto lafamiglia dei conti Raffaelli proveniva proprio da Gubbio), che, però, giànel 1930, Gualtieri Raffaelli41, occupato nel pubblicare gli studi del suoavo su Bosone, dichiara di non aver ritrovato, in quanto «disgraziatamentela rara biblioteca Raffaelliana di Cingoli venne dispersa e gran parte ven-duta per vilissima moneta, sì che del prezioso codice qui non ho potutotrovar traccia. Fortunatamente dal sacrilego naufragio furono potuti sal-vare pregevoli opere manoscritte, e lettere e documenti di non scarsa im-portanza, fra cui lo studio del Raffaelli su Bosone e i manoscritti apocrificontenenti le opere poetiche complete dell’eccelso Gubbino, e pure un buonfascio di lettere e documenti legalizzati da notaro, che fanno fede di moltifatti del tempo di F.M. [Francesco Maria], e che si riportano alle stesse cosebosoniane».

È inutile dire che, nonostante le nostre ricerche, il ms. utilizzato da F.M.Raffaelli risulta tuttora disperso; pertanto, all’interno del presente lavoro,l’editio princeps, pubblicata nelle «Deliciae Eruditorum» di G. Lami, verràpresa come testimone utile dei capitoli di Mino, in quanto descripta di unms. ad oggi disperso, e verrà siglata con la lettera «l».

3. Classificazione dei testimoni

3.1 La famiglia �La famiglia � riunisce i testimoni siglati A, Ar, C, L, R1, S1. Prima di

mostrare le tavole, è doveroso ricordare che il testo tràdito dai mss. L e Ar èlacunoso nei luoghi I 53-55 e 67-84; IV (per intero); V 4-39; VI 10-69; VIII1-93. È dunque confermata la derivazione diretta di Ar (del 1880) da L,dichiarata dal Gamurrini.

Tav. 1: Errori condivisi da C e S1.

IV 60 et (om. S1) vergilio saliva per Vergilio seguiaLa sostituzione di seguia con saliva produce rima identica con il v. 56 (dove Ce S1 hanno, per l’appunto, saliva e non salia) e la perdita della distinzione tral’originario compl. oggetto ed il sogg., la quale, a sua volta, provoca la reazionedi C, in cui, tramite l’aggiunta della et, vengono messi a testo due soggetti conun verbo al singolare.

IV 74 canpo per cantoIV 98 vivea per rideaV 28 l’artico dio per l’Artico dico

41 Raffaelli, Bosone da Gubbio... cit., pp. 213-14.

CRISTIANO LORENZI BIONDI98

VII 91 la piuma per la schiuma

C è databile al XV sec., mentre S1 è databile alla fine del XIV sec.; dun-que, qui di seguito, riportiamo la tavola delle lectiones singulares di S1 (siosservi che, in questo caso, diamo l’elenco di tutte le lezioni singolari di S1da noi rintracciate, in quanto sono soltanto due; in seguito, però, quandooccorrerà, daremo un numero limitato di lezioni singolari, da noi scelte inbase alla loro separatività).

Tav. 1.1: lectiones singulares di S1

V 110 me per néV 123 qui fa per fa qui

Fra le due lezioni singolari, vediamo che quella a V 110 è facilmentecorreggibile, ma tuttavia quella a V 123 non avrebbe avuto alcun motivoper non essere lasciata a testo. Dunque, nonostante l’esiguo numero di lezio-ni singolari, in base alle tavv. 1 e 1.1, possiamo costituire un primo piccoloraggruppamento, che chiameremo �1 (C S1).

Tav. 2: Errori condivisi da �1 e R1

IV 65 come si per dove siLa lezione in questione può essere poligenetica, ma è difficilmente correggibilee nasce da una banalizzazione del significato: infatti, leggendo come, si formanella terzina una frase parentetica (‘Tu vedrai che ciò accadde a partire dal-l’inizio della sera [da prima sera], come ciascuno può vedere, leggendo con lamente salda ed integra [...]’), mentre, leggendo dove si ha una costruzione sin-tatticamente più elaborata (‘Tu vedrai che ciò accadde a partire dall’inizio del-la sera, (momento) in cui ciascuno può vedere [ovvero vi è ancora luce per ve-dere], leggendo [gerundio riferito al tu della frase pricipale e reggente] con lamente salda ed integra ...’), in cui viene data risposta a ciò che si chiede nellaterzina precedente, cioè qual è l’ora in cui Dante inizia la discesa infernale, ovverol’ora del tramonto, momento in cui non si è fatto ancora totalmente buio e sipuò ancora vedere. Inoltre la lezione di �1 e R1 è da considerarsi erronea ancheperchè, oltre al significato, perde anche il parallelismo stilistico con la terzina aivv. 76-78, che, con un dove all’inizio del v. 77, presenta una costruzione assaisimile.

VIII 40 nel quale avea per anco v’aveaNel quale si configura come una sorta di nesso relativo, il cui antecedente (oprimo termine di riferimento considerabile tale), tuttavia, si trova a molti versidi distanza, ovvero al v. 23, dove si rammenta il bel monte di Parnaso di cuiMino sta parlando sin dall’inizio del capitolo. La lezione in questione, dunque,si rivela inaccettabile, anche alla luce dell’estraneità di una tale costruzionerispetto all’usus scribendi del nostro.

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 99

Tav. 2.1: lectiones singulares di R1

I 19 sciema per stremaIII 129 al più vil locho per al più vil pocoV 80 dovendo per dovemoVI 19 piana mente per più a menteVII 35 ove poco andamo per dove peccò Adamo

In base alle tavv. 2 e 2.1, possiamo costituire �2 (�1 R1).

Tav. 3: Errori condivisi da �2, A, Ar e L

II 13 e come a per e perché aLa sostituzione di come a perché crea, dal punto di vista sintattico, una coordi-nata alla subordinata interrogativa indiretta introdotta dal come del v. 10 (cheprobabilmente ha indotto tale innovazione) e lascia la proposizione principaleche segue ai vv. 14-16 senza la subordinata causale, tràdita dal resto della tra-dizione, che ne migliora assai il senso. Verò è che potremmo intendere il comedel v. 13 con significato, per l’appunto, causale42, ma tale senso della congiun-zione in questione non ricorre mai nei testi di Mino di Vanni.

II 38 a virgilio �2 Ar L per VergilïoRegistriamo l’errore (con l’aggiunta di a, Virgilio, da soggetto del gerundio,diviene compl. di termine, producendo un errore dal punto di vista del signifi-cato del testo), pur ammettendo la sua correggibilità, come vediamo in A.

II 123 raccholti an (o a ’n) fiumi �2 A, per racolte ’nsiemianno acholti fiumi Ar LLe due lezioni provengono chiaramente dallo stesso ascendente, provocanoun’evidente sgrammaticatura relativamente al genere, e sono dovute alla noncomprensione del vero predicato della proposizione relativa (son fatti), che sitrova al v. 124. Si osservi che anche G e la stampa l portano la parola fiumi, laquale, fino a prova contraria, può anche essere considerata una poligenesi ditipo paleografico43 (che, presa da sola, creerebbe una lezione, almeno dal puntodi vista del significato, ancora difendibile, anche se poco scorrevole), ma nonpossiedono le forme verbali raccolti an | a o anno acholti, che determinano,come si è visto, la natura erronea della lezione.

42 Si veda il significato n° 7 della voce come nel vol. III (1964), p. 350 del Grande dizionariodella lingua italiana [d’ora in poi GDLI], diretto da Salvatore Battaglia e Giorgio Barberi Squarotti(Torino, UTET, 1961- , 21 voll. + supplementi 2004 e 2009 e Indice autori citati).

43 Va da sé che la scelta di mettere a testo ’nsiemi (che, nella tradizione, è una variante minorita-ria rispetto alla maggioritaria insieme ed è tramandata soltanto da Ad ed O nella forma non afereticainsiemi) è garantita dalla distorsione paleografica in atto in questi mss., ma trova una pezza d’ap-poggio anche nel sonetto V di Mino di Vanni Sempre nel mondo i prodighi et gli avari, dove in rimaai vv. 2, 3, 5, 6 troviamo stremi : semi : insiemi : expriemi (cfr. Frati, Miscellanea dantesca... cit., p.21 e Del Balzo, Poesie di mille autori... cit., vol. I (1889), p. 385). Arrigo Castellani, poi, nella suaGrammatica storica della lingua italiana (Bologna, Il Mulino, 2000, vol. I (Introduzione)), basan-dosi su Luca Serianni, Ricerche sul dialetto aretino nei secoli XIII e XIV, «Studi di Filologia Italiana»,30 (1972), pp. 59-191, spec. p. 133, ammette l’uso ad Arezzo delle forme «asieme, asimi, ensieme -i (> ensimi), insieme -i».

CRISTIANO LORENZI BIONDI100

III 29 sempre gridare �2 A, per gridaresempre an gridate Ar LLa lezione tràdita da �2 Ar e L è inequivocabilmente ipermetra.

Tav. 3.1: lectiones singulares di A

I 22-24 per lo colle s’intende il dolce fructo per Perché non fusse tra’ vizidel viuer virtuoso et per lo monte distrutto, alcuna volta glis’intende la virtute sensa lutto mostrava el monte delle

vertù e·lla valle del lutto.II 22 comandamento per avenimentoIII 38 troyani per tiranniIV 82 parola per apertaV 57 proda per porta

Si ricorda qui che L, grazie alle sue proprie lacune, non ha bisogno di unatavola delle lectiones singulares e che Ar è descriptus di L per dichiarazionedel suo stesso esemplatore.

Dunque, in base alle tavv. 3 e 3.1, costituiamo la famiglia � (�2 A Ar L),di cui si può disegnare lo stemma.

Fig. 1: stemma della famiglia �

3.2 La famiglia �La famiglia � raggruppa i testimoni Ad, An, B, M, N, O, P, R, R3, S, U.

Prima di procedere, però, è necessario osservare che il ms. P richiederà, inseguito, una trattazione ‘esclusiva’ (vd. par. 3.2.1), in quanto si suppone chetramandi un testo contaminato.

Tav. 4: Errori condivisi da B e S

II 25 che in suo (’n sua S) partigione per ch’a·ssua petizioneII 77 ne son (sono S) per non sono

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IV 11 varcato per voltatoV 120 all’ (om. all’ S) assolver non per se ’l ver benVII 12 son gli altri vinti et (om. et S) spenti per so’ i vizi spentiVII 108 latino canto per l’ultimo cantoVIII 93 morieno per morino

Il v. risulta irrelato.

Si osservi che, nonostante la loro natura erronea, la lezione a IV 11 ècorreggibile in base al contesto e la lezione a VIII 93 è correggibile in basealla rima.

Tav. 4.1: lectiones singulares di B

I 52 forte per scioltaIII 123 dallo ’nferno deitate alla divinitate per dall’inferno alla DivinitadeIII 128 ciel più basso per al (e ’l S) più bassoIV 73 voluntate per veritateV 55 gran per gradiVI 40-42 om.VIII 14 onorato per ornato

Tav. 4.2: lectiones singulares di S

I 113 l’altre per la fedeIII 67 colpa per puzoIV 66 sana per saldaV 7 e di là con tal sito si trovoe per ed a tal punto di là si trovoeV 30 giunto per a puntoVII 25 pria per poi

In base alle tavv. 4, 4.1 e 4.2, possiamo costituire il raggruppamento �1(B S).

Tav. 5: Errori condivisi da �1e R

IV 50 li si travolse per lì si rivolseV 35 non discende poi �1 per si nasconde a noi

non vi si scende RLe lezioni di �1 e R creano un errore di significato (il v. di R è, per giunta,ipometro e irrelato) e partono sicuramente dallo stesso ascendente.

VI 1 quanto di purgator fa luce dante �1 per quattro dì Purgatorio salìe Dantequanto di purghator salute dante RCome si può notare, il v. risulta completamente privo di senso e le lezioni salutee fa luce sono spiegabili entrambe a partire da un testo di difficile lettura nel-l’ascendente, interpretabile per la somiglianza di s e f e di c e t sia nel modo di�1 sia nel modo di R.

VI 71 su d’intorno intorno per su di corno in cornoLa lezione è facilior, crea rima identica con il v. 73 e probabilmente è causata

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da una cattiva lettura, dovuta ad una confusione tra t e c, che, non a caso, pos-siamo riscontrare anche nell’errore a VI 1.

VI 82 manto della per manto co·lla

Tav. 5.1: lectiones singulares di R

I 7 seguente per seguitarI 56 il cuore per crudeleIII 28 chiaro per fieroV 84 diveni per l’uomVI 118 la tua rachel per l’altra Rachel

In base alle tavv. 5 e 5.1, possiamo costituire il gruppo �2 (�1 R).

Tav. 6: Errori condivisi da An e N

III 116 il me corrocto per verme corottoVI 108 smaelle per Israelle

Poiché N è un codice databile al XV sec., mentre An è del XIV sec. ex.,qui di séguito diamo la tavola delle lectiones singulares di quest’ultimo.

Tav. 6.1: lectiones singulares di An

III 43 seran per serraIII 80 astoglie per acoglie (ascoglie N)VI 67 sull’omero per in su l’omeroVI 111 per grazia per per la grazia

Come possiamo notare, le lectiones singulares di An, eccetto quella a III43, possono essere ricondotte alle corrispettive lezioni di N senza grandidifficoltà, tuttavia, data la loro esistenza, allo stesso tempo, non ci sentiamodel tutto autorizzati a considerare N descriptus di An. Dunque, costituiamoil gruppo �3 (An N).

Tav. 7: Errori condivisi da �2 e �3

II 97 dico per diceIII 29 gridatrici per gridareIII 30-32 om.

�2 e �3 non tramandano la terzina ai vv. 30-32, e al v. 29, per garantire la rimaincatenata, mettono a testo gridatrici invece del difficilior gridare, recuperandoin tal modo la parola rima del v. 32, ma producendo un’ipermetria risolvibilesoltanto con la lettura crudei (che solo B ed R scrivono) dell’aggettivo crudeli.

III 37-38 settimo guarda quel loco per settimo guarda quell’ira infernale(foro B) infernale del Minutaurodel (lo �1) minotauro

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 103

La sostituzione di quell’ira con quel loco (o foro in B) rende il testo privo disignificato e produce la reazione di �1, che, per restituire senso alla frase, faMinutauro soggetto del verbo guarda.

III 87 morte (morti �1) di ghiaccio per monti di ghiaccioCome abbiamo osservato anche nel caso precedente, il gruppo �1 si dimostracapace di intervenire autonomamente sul testo presente nell’ascendente, anchese in questo caso non riesce ugualmente a dare un significato compiuto allafrase.

IV 22 per tuo (lo �1) pertuso per per suo pertusoIV 89 quando (quanto N) per quanto

Errore congiuntivo, ma non separativo, come mostra N che interviene, correg-gendo la lezione erronea.

V 14 lo sol (sole B) da lato(dall’alto B) �2, per lo sol dirittolo sole dato �3Sebbene B cerchi di sanare l’errore, è certo che nell’ascendente vi fosse una le-zione che ha prodotto le lezioni erronee e graficamente non lontane dei duegruppi.

V 119 fallisse per fa l’esserVII 74 al primo (prossimo �1) gigante per al diritto gigante

È chiaro che, anche in questo caso, i gruppi in questione prendono le mosse dauna medesima lezione di partenza.

VIII 79 degnar lo spiri �1, per dentro li spiridegno gli spiri (li spiriti R) �3 RLa presenza della nasale palatale (degnar, degno) ci fa pensare ad una medesi-ma originaria lezione erronea o di difficile lettura.

In base alla tav. 7, costituiamo il gruppo �4 (�2 �3).

Tav. 8: Errori condivisi da �4 e R3

I 49 a giovin tole (tolle B R R3) per i gioven toleII 13 e perché innatural vedere non �1, per e perché a nostra veduta non

et perché a (om. a N) natura veduta non �3,e perché da natura non si R,e per a natura veduta non R3A nostro parere, siamo in presenza di una diffrazione, dovuta alla parola natu-ra, cattiva lettura per l’abbreviazione nra, che congiunge il gruppo �4 con R3.

III 109 da·llui (dal più R3) sommo più basso per da lui sommo al più bassoTogliendo al, il v. perde di senso.

V 39 i raggi per coi raggiLa sostituzione del compl. di strumento con un compl. diretto, sia esso inter-pretabile come soggetto o complemento oggetto, crea evidenti problemi di sen-so e di sintassi.

V 82 in sul diamante e in sul sedere per e in sul dïamante el suo sedere�3 R R3in sul diamante l’angelo sedere �1Per eliminare l’errore di senso presente nell’ascendente, il gruppo �1 correggein modo indipendente il v.

VI 5 ciò (cioè B) discrive (discioglie R3) per ci discrive

CRISTIANO LORENZI BIONDI104

VI 44 opposito era lo levante per opposita era e·llo LevanteCon una innovazione del genere, dovuta probabilmente alla banalizzazione diun originario e·llo (‘nello’) nell’articolo determinativo lo44, che a sua volta haprovocato la sostituzione di opposita con opposito, si sono creati nella frase duesoggetti (notte al v. 43 e Levante), naturalmente incompatibili tra loro.

VI 63 sermona per s’inunaSermona è una lezione facilior e separativa di s’inuna.

VI 80 casta d’umiltade per casta umilitadeVII 17 da ulivo An, di ’livo N, d’ulivo R, per d’aliso

dall’uscio R3È chiaro che questi codici partono da una stessa lezione di partenza e che �1riesce a correggere probabilmente tramite la Commedia, visto che si sta parlan-do della corona di fiordaliso dei ventiquattro seniori della processione misticadel Paradiso Terrestre (Purg. XXIX 83-84).

Tav. 8.1: lectiones singulares di R3

I 17 intorno per al fondoI 99 visibilmente per sensibilmenteIII 30 guastandosi per battendosiIII 142 dimon per prigionVI 5 ciò discioglie per ci discriveVII 40-42 om.VIII 28 alto per grande

In base alle tavv. 8 e 8.1, possiamo costituire il gruppo �5 (�4 R3), di cuiqui sotto disegniamo lo stemma.

Fig. 2: stemma del gruppo �5

44 Per la preposizioni articolate in aretino si vedano Castellani, Grammatica storica... cit., pp. 420-22 e Serianni, Ricerche sul dialetto... cit., pp. 86-88 e 129-31.

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 105

Tav. 9: Errori condivisi da Ad e O (si ricordi che i due mss. sono stati esem-plati dallo stesso copista, Piero di ser Bartolomeo Guittoni d’Arezzo)

I 9 vizioso per virtüosoI 50 uomo studio per buono studioI 51 e·llor traschorse dov’ella per e li trascorre dovunqu’ella

Il v. risulta ipometro.I 57 sta suo brame per la sua bramaII 68 sette arte liberali sona per le sette liberali arti ragiona

Il v. risulta ipometro.II 69 co’ modi per e’ modiII 75 per darne per per dar

Il v. risulta ipermetro.II 80 della sacra per sacra

Il v. risulta ipermetro.II 101 figura per figurata

Il v. risulta ipometro e irrelato.II 115 simile per per simile

Il v. risulta ipometro.II 124 de fiumi per di piantiII 125 di fiumi per di fumiIII 4 non vi sono per nove so’III 33 mal cogitate per mal cogitarIII 40 si vide Ad, si vede O per si divideIII 84 priva per provaIII 91 antenore per AntenoraIII 118 santo dio per fatto DioIII 132 come dal per dal

Il v. risulta ipermetro.IV 8 potendo per poté

Il v. risulta ipermetro.IV 21 bon sasi Ad, bon sassi O per ben sa’ tiIV 70 che m’aparecchiava per m’aparecchiava

Il v. risulta ipermetro.IV 77 che per conV 58 e torso per e terso

La rima è irrelata.V 59 specchiava per specchia

Il v. risulta ipermetro.V 70 più non per perché non

La lezione di Ad e O crea ipometria e forma una proposizione principale e reg-gente al posto della subordinata finale, qui necessaria.

VI 22 anche el per Gange delVI 33 om. el sol

Il v. risulta ipometro, a meno che non si ammetta un’improbabile lettura diere-tica di suo.

VI 92 om. laIl v. risulta ipometro.

VI 113 ciò dico per per cioè perIl v. risulta ipermetro.

CRISTIANO LORENZI BIONDI106

VII 57 rimenando per rimanendoVII 58 fedel per infedelVII 88 e l’altra pon quivi per e l’arca quivi

Il v. risulta ipermetro e privo di senso.VII 90 da lei per da luiVIII 64 fu donna per fu di nonVIII 71 confuro emutio per confuso amutioVIII 93 risucitavano color che morivano per sucitava color che morino

Il v. risulta ipermetro e la sua rima irrelata.VIII 114 che ogni per e ogniVIII 129 temento per te mente

Tav. 9.1: lectiones singulares di O

I 2 si tende per se ’ntende (s’intende Ad)I 106 del per ch’al (ch’el Ad)II 82 la verità per la veraII 84 quegli per lei (quella Ad)II 100 come per doveIII 33 nel dire per mal dirIV 110 trovò per ritrovòV 118 ch’essa sia per che sia (ch’esso sia Ad)VI 10 che ci posita per che oppositaVII 73 che ci fa per che fa (ch’ei fa Ad)VII 101 l’un da l’altro per l’un atto a l’altro (l’un altro a

l’altro Ad)VIII 4 el qual per dal qual (del qual Ad)VIII 96 lassù menato per trasumanato (trassumenato Ad)

Le tavv. 9 e 9.1 ci mostrano che i mss. Ad ed O sono saldamente legati traloro da un numero elevato di lezioni erronee e che, allo stesso tempo, Ad nonpresenta lezioni singolari, mentre O tramanda sue proprie innovazioni, spessospiegabili come banalizzazioni del testo corrispondente del codice Lauren-ziano. Tale situazione ci induce a ipotizzare che O sia descriptus di Ad.

Tav. 10: Errori condivisi da M e U

IV 26 un poco per alcun pocoIl v. risulta ipometro.

VI 21 di granchie M, de granchi U per di GangeVI 25 questi si per que’ si

Il v. risulta ipermetro.VII 73 sa druda per fa drudaVIII 2 vivificando M, vivificato U per visitato

Le lezioni di M ed U si generano chiaramente dalla medesima lezione di partenza.VIII 39 da lui per da lorVIII 56 sì come marzia traesti per sì come quando Marsïa traesti

L’errore non è separativo, in quanto siamo in presenza di una diretta citazione

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 107

dantesca (Par. I 20) che, come tale, può esser corretta in base alla Commedia,ma è sicuramente congiuntivo.

VIII 75 contro a·tteoligho pugniar ma’ non per co·lla scïenza pugnar non patiopotio M, cum le theroricho pugniarnon potia ULe due lezioni singolari di M ed U, almeno a giudicare dalla sostituzione di lascïenza con a·tteoligho e le theroricho (sotto la cui prima r ci sembra di vedere unpunto espuntivo), provengono con tutta probabilità da un medesimo ascendente.

VIII 117 solenne vista M, per sublimesolo una vista ULa lezione di M (che sul ms. è scritta con il compendio per la nasale) e quelladel codice Urbinate, anche in questo caso, sembrano derivare da una medesimalezione di partenza, probabilmente di difficile lettura.

Poiché U è datato al 1474-82, mentre M è datato al 1424, qui sotto dia-mo la tav. delle lezioni singolari di quest’ultimo.

Tav. 10.1: lectiones singulares di M

I 54 città per etàI 129 come al padre com’al signor per com’a signor com’a ducaII 25 potenzione per petizioneII 70 significha per figuraII 137 infiamati per fondatiIV 89 montava montando per su di là venia montandoVI 109-11 om.VII 94 escie fuor per esce di cuorVIII 67 e per follia corse per e corse per superbia

In base alle tavv. 10 e 10.1, costituiamo il gruppo �6 (M U)

Tav. 11: Errori condivisi da �6 e P

I 36 al cor del corpo la pena �6, per al cor del cor la pauraal cor del corpo la paura PIl gruppo �6 ed il ms. P portano la lezione deteriore corpo al posto di cor; tut-tavia, mentre �6, per risolvere l’ipermetria creatasi, sostituisce il trisillabo pau-ra con il bisillabo pena, P mantiene la situazione che si doveva trovare nel-l’ascendente, non reagendo al disavanzo sillabico.

III 21 sentendo P U, s’intende M per se ’ntendeL’errore è da considerarsi non separativo ed M, infatti, riesce a correggere.

III 29 indemoniati �7 (-M) per indimoniateL’errore è congiuntivo, ma non separativo, in quanto facilmente correggibile(cfr. M) in base al contesto

IV 20 potesser P, podessero U, potesse M per potesseAnche in questo caso M riesce a correggere.

IV 51 tenere la canpagnia M, per tenergli le calcagnatenire la calcagna P,tener li calchagni U

CRISTIANO LORENZI BIONDI108

Le tre lezioni singolari sembrano derivare da un’originaria incomprensione dellaparticella pronominale enclitica -gli.

IV 93 all’altro sole di là più presso �6 per a l’altro suol di là più apressandoa l’altro sole di là più apressando PSole al posto di suol genera un chiaro errore di senso.

V 55 om. eIl v. risulta ipometro, a meno che non si consideri una improbabile dialefe trache ed a.

VI 95 mi solea M, me solea P, mi solia U per mi son LiaL’errore non è separativo (si sta citando Purg. XXVII 101) ed U riesce a man-tenere so·lia

VI 117 e de’ buoni iscegliendo i migliori M, per delle buone scegliendo le migliorie de li beni sigliendo limiori P,dei boni seguendo li migliori ULa sostituzione del femminile con il maschile è erronea, in quanto l’autore siriferisce alle operazion de fuori del v. 115.

VII 107 dilecto P U, di lete M per di LeteM corregge in base alla rima.

VIII 54 no po intrare nil regno P, per m’è uopo entrar nell’aringom’ è opo intrare in lo regnio U,m’è uuopo entrare nell’aringo MM riesce a correggere in base alla Commedia (Par. I 18).

Come già accennato all’inizio, il codice P costituisce un caso particolarefra i testimoni del nostro testo ed andrà trattato in modo più approfondito inseguito. Intanto, al fine di eliminare il dubbio che P possa essere l’ascenden-te di �6, diamo una tavola di alcune lectiones singulares del ms. Parigino,precisando, però, che quest’ultimo ne contiene un numero assai alto.

Tav. 11.1: lectiones singulares di P

II 129-31 om. (si noti che il v. 132 viene posto sotto il 128 e vengono aggiunti ex novoe 133 4 vv. di difficile comprensione: «e questi e ljpei che cedrizata | dice alcuno

altro che l’età presente | di regimenti tanto pezorati | quanto ella in min dei nel’età possente»).

III 95-96 sono scambiati con i vv. 98-99.IV 24-29 vengono messi a testo in quest’ordine: 27-29, 24-26.VI 122-24 om.

Dunque, viste le tavv. 11 e 11.1, costituiamo il gruppo �7 (�6 P).

Tav. 12: Errori condivisi da Ad e �7

III 37 el (lo U) settimo Ad �6 per settimoIl v. risulta ipermetro e P riesce a correggere.

IV 107 notte a noi e a·llor giorno Ad U, per notte a loro e a noi giornonotte a·nnoi a·lloro è giorno M,da loron di noi giorno P

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 109

Ad e �6 hanno una lezione erronea dal punto di vista del significato. P reagiscecon una sua lectio singularis, altrettanto erronea.

V 75 la paura Ad M per la paurosaL’errore non è separativo e, infatti, P ed U lo correggono.

V 100 ingrato Ad U per ignaroL’ascendente, probabilmente, dava problemi di lettura che, però, non sono statirisolti in Ad ed U.

VI 29 changie Ad, granchie M, granchi U, gangi P per GangeLa lezione dell’ascendente non viene capita da nessun testimone in modo tale chesi crea una diffrazione, in cui quello che più si avvicina alla lezione esatta è P.

VI 68 l’oriente Ad U per l’OccidenteM e P correggono attraverso la Commedia, in quanto Mino sta citando Purg.XXVI 5.

VI 119 chontemplativa (chontemprativa Ad) per contemplanteAd ULa lezione è facilmente ricostruibile per M e P attraverso le rime successive,che, per altro, Ad e U mantengono.

VIII 96 trassumenato Ad, transumenato U, per trasumanatotrasformato M, trasmutato PSi rileva un evidente problema di lettura a monte di queste lezioni, che M risol-ve riprendendo il trasformato del verso precedente, mentre P, mettendo a testouna banalizzazione, che cerca di recuperare il senso altrimenti perso.

In base alla tav. 12, costituiamo il gruppo �8 (Ad �7), di cui qui di segui-to disegniamo lo stemma.

Fig. 3: stemma del gruppo �8

Tav. 13: Errori condivisi da �5 e �8 (P talvolta si sottrae)

III 56 e di fosse (difesse N) �4 (-R), per e per essee con fosse Ad,e fesse M,et fosse R3 U

CRISTIANO LORENZI BIONDI110

Si osservi che, nonostante P ed R si sottraggano all’errore mettendo a testo ri-spettivamente per esse e et per esse, la lezione dei restanti codici è da conside-rarsi congiuntiva e, con ogni probabilità, è dovuta allo scambio di una p consegno di compendio per una f. Inoltre, registriamo qui la lectio singularis di L1(ispesse), la quale si configura anch’essa come un’innovazione causata da unproblema di lettura del p(er) compendiato, ma non ha il tratto peculiare di portarein sé la lettera f, comune, invece, alle lezioni prese in esame.

III 103 fu reina su �3, per regna sufu regina Ad,che·ffu su B, che sta su S,regina R3B e S riescono a dare una lezione non erronea grazie a due banalizzazioni sin-golari, mentre R corregge e R3 non mette a testo alcun verbo principale; il gruppo�7, così come R, recupera la lezione giusta. Date queste circostanze, si supponeche nel loro ascendente ci fossero dei problemi di lettura o una lezione che nondava senso.

IV 99 per la parte �5 (-�1) �7, per per l’apparir deldalla parte AdSi osservi che il gruppo �1 riesce a correggere.

V 11 fa (fu R) nella �2, per siam nellafumo nella (in la N) �3 Ad R3,fummo alla M,su la P,fanno la UL’errore nasce dalla messa a testo di un passato remoto; da questa situazione sioriginano i tentativi di correzione di �1 (fa) e U (fanno), che cercano di ricosti-tuire almeno la giusta consecutio temporum.

V 65 color (colui U) di terra che secca per color di terra secca in vestimento(checca B) si cavi �5 �8 (-P),colui di terra che si reca le chiave ML’intero gruppo, eccetto M che ha una soluzione singolare, la quale, a sua volta,si lega a quella del suo compagno U attraverso la parola colui, per ripristinarela rima saltata a causa della lacuna ai vv. 67-69, si serve di quasi tutto il v. 115di Purg. IX (Cenere, o terra che secca si cavi). Si noti che P si sottrae, portandola lezione color di terra serra in vestimento.

V 67-69 om. tutti (-P)V 120 benché luogo �1, per ma l’uom el luogo

ma loco e luogo (a·llocho N) �5 (-�1),ma buon cho·luogo Ad,ma el buon uomo M,si l’omo in luogo P,ma bono homo e·lluoco USiamo in presenza di una diffrazione, causata dalla cattiva lezione dell’ascen-dente comune di questi testimoni.

VI 18 et sedea (sedeva Ad, sode U) per e scrive�5 (-�1) �8 (-P)Si sottraggono all’errore �1 e P.

VI 69 el bianco N R R3 Ad U per in biancoL’errore è congiuntivo, ma non separativo, in quanto ci troviamo all’interno diuna citazione (Purg. XXVI 6).

VI 91 com’elli (el U) �5 Ad U, per come cicomo ciò P

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 111

La lezione di �5 Ad U causa la presenza di due soggetti nella medesima propo-sizione. M riesce a correggere, mentre P ci dà una lezione alternativa singolarenon erronea.

VIII 8 al detto �5 (-�1) �8 (-P) per el dittoL’errore è facilmente corretto da �1 e P.

VIII 19 solo si rende (rendea U) �6, per sol s’intendivasole sprendeva Ad,sol si vediva (vedeva BN, vedea R3) �5sol s’endendeva PSi osservi che P recupera la lezione giusta, mettendo a testo sol s’endendeva.

VIII 23 del monte �3 Ad R3 per bel monteCome si può vedere, l’errore è stato facilmente corretto dalla maggior parte deicodd.

In base alla tav. 13, dunque, costituiamo la famiglia � (�5 �8).

3.2.1 I codici P ed R2Come si nota dagli errori messi in evidenza nella tav. 13, � è fortunata-

mente confortato, oltre che da un numero abbastanza alto di lezioni erronee,dalla lacuna a V 67-69, la quale, tuttavia, è propria di tutti i codd. del grup-po, eccetto P, che, dunque, pur essendo legato al sottogruppo �8 (cfr. le tavv.11 e 12), riesce a sanare la lacuna stessa, probabilmente recuperando i versimancanti tramite una contaminatio con un altro ramo della tradizione. Nona caso, la collazione ci mostra che P si lega anche con il ms. R2, o meglio conil ramo della tradizione che il Riccardiano rappresenta, attingendo da essoun solo errore (tav. 14) e, per il resto, com’è naturale nella dinamica conta-minativa, lezioni caratterizzanti, spesso capaci di migliorare la scorrevolez-za del testo (tav. 15).

Tav. 14: Errori condivisi da P ed R2 (ricordiamo qui che R2, a causa dellacaduta di 2 cc., è lacunoso da VI 5 a VII 13)

VI 2 otto per sette

Tav. 15: Lezioni caratterizzanti di P ed R2

I 45 li ziuvini P, e giovani R2 per gli uomeniI 87 di suo magistro andare prese ardire P per del suo maestro Dante prese ardire

dal suo maestro d’andare preseardire R2

I 112 doctanza per dubitanzaII 47 non vuol dir altro se non per non vuol dir altro che e·l

ch’el trattato (tradado P) suo trattatoLa lezione, in questa forma, probabilmente cela anche il già citato tratto areti-no delle preposizioni composte con en ed articolo determinativo, al quale il re-sto della tradizione risponde con la preposizione nel.

CRISTIANO LORENZI BIONDI112

II 56 altissimo più bello per per lo più alto e belloII 131 corpo del per tempio delII 134 ventre de (di R2) per tempio di

È evidente, in questo caso, la volontà di eliminare la ripetizione della parolatempio, che nello stretto giro di due terzine (vv. 130-35) ricorre ben tre volte(rispettivamente ai vv. 131, 133 e 134). Sebbene, dato il contesto, tale esigenzapossa emergere separatamente in più parti della tradizione – ed infatti �4 al v.134 tramanda corpo al posto di tempio –, tuttavia l’intervento nei medesimiluoghi (vv. 131 e 134), abbinato alla sostituzione di tempio con le stesse parole(ovvero corpo, termine qui facilmente congetturabile, e ventre, vocabolo già piùricercato, desunto probabilmente dall’Ave Maria), a parer nostro, diminuiscefortemente la probabilità che tale innovazione possa essersi verificata autono-mamente in P e in R2. È doveroso registrare qui anche ciò che accade nel v.132, dove R2 sostituisce di nuovo tempio con corpo, mentre P provvede ad eli-minarlo insieme all’aggettivo santo ad esso riferito (come avviene in Ad), col-mando il verso con una sua lezione singolare, cioè per devim degio al posto dicon desio.

III 20 frigias dimonio i tristi passa P,flegias demonio che e tristi passa R2La lezione di P ed R2, accompagnata questa volta da L1:flegeas dimonio ch’e tristi trapassa L1si oppone a quella del resto del resto della tradizione:per quel (quello L U) f. d. i (om. i U) tristi passa � (-�2) �6, per qual (quel S1)f. (Hegias l) d. che i tristi passa �2 l, per lo qual f. d. passa �2, per qual (quelR3) f. d. i tristi passa �3 R3, per quel f. d. il tristo passa Adper l’assenza di per quel, per qual, per lo qual. La lezione maggioritaria, varia-mente declinata, rende sicuramente più scorrevole il testo, ma quella portata daL1, P ed R2 riflette un tipo di struttura del periodo paratattica e asindetica, chespesso incontriamo in Mino di Vanni e che forse è più difficile da capire, ma nonerronea. Per questo motivo e per il fatto che sarebbe assai difficile spiegare comedalla lezione maggioritaria si sia passati a quella di L1, P ed R2, non riterremola loro lezione erronea e la metteremo a testo nella forma Flegïàs dimonio che e’tristi passa, in cui, mantenendo, sulla scorta della Commedia, la dizione diere-tica di Flegïàs, consideriamo l’accento di 5a un ulteriore aspetto difficilior, noncompreso dal resto della tradizione, la quale – è bene sottolinearlo –, non siaccorda su un’unica soluzione, dando il sospetto di una banalizzazione polige-netica.

III 116 vermi pregion fastidioso e vile P per verme corotto fastidioso vileverme fastidioso pregion vile R2P e R2 sono gli unici due codd. che tramandano la lezione pregion.

III 138 tribulazion primo de Dio e de per tribulazion tribulato sospettosospetto Ptribulazione pieno d’odio e didispetto R2La lezione primo de Dio di P sembra essere una cattiva lettura di pieno d’odiodi R2.

IV 3 di qua rimontando P, di là per di lassù montandorimontando R2

IV 28 caderebe giò P, ricadrebbe giù R2 per tornerebbesi giùV 81 poi cotanto per poich’è tanto

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 113

VII 65 figura il (el R2) vecchio e ’l novo per Moises e Aron a reggimento(nuovo R2) testamento

VII 72 per moyses e così se concede per il primo testamento andando apiede

Leggendo le due lezioni, vi è l’impressione che i due versi si siano quasi scam-biati l’uno con l’altro: infatti, se la lezione maggioritaria interpreta i due vecchidispari e fedeli della processione mistica dantesca (Purg. XXIX 134) con Mosèe Aronne ed il vecchio sonnolento con il vecchio Testamento, P ed R2 interpre-tano rispettivamente gli uni con il vecchio ed il nuovo Testamento e l’altro conMosè. Vero è che tale innovazione ha tutta l’aria di essere una variante redazio-nale, che, tuttavia, a parer nostro, non può assolutamente definirsi d’autore;infatti non si può certo tralasciare il fatto che, dopo il verso 72, è possibile in-dividuare, tramite un dissesto della concatenazione rimica, della sintassi e delsignificato, una lacuna d’archetipo (cfr. tav. 20). Non è dunque poi così impro-babile che un copista particolarmente attento e capace di buone congetture,accortosi di tale situazione, nel cercare di rendere il testo scorrevole, sia nel sensoche nella struttura rimica, sia intervenuto, andando a mutare l’unica parte deltesto suscettibile di una possibile variazione, ovvero la parte d’esegesi interpre-tativa delle figure della processione mistica, fra l’altro producendo una situa-zione testuale ambigua: infatti, se si fa punto dopo concede, il senso del testorimane comunque non chiaro, mentre, se si lasciano correre i versi senza inter-punzione, si ottiene un testo insostenibile dal punto di vista del significato, percui il vecchio solo dantesco (Purg. XXIX 143), interpretato come Mosè, si con-cede | per la puctana pro[n]ta che sta druda (questa la lezione di R2).

VIII 17 figura che d’oro splendeva per figura d’or che risplendivaVIII 24 spetialmente per magiormenteVIII 26 one P, ogni R2 per qui loVIII 76 a per inVIII 117 divina per sublime

Si noti che in questo luogo, come vediamo nella tav. 10, il sottogruppo �6 ècolto in errore, che, a questo punto, si può ipotizzare fosse presente in �7 ed alquale P si sottrae, recuperando una lezione caratterizzante dal ramo di tradi-zione rappresentato da R2.

3.3 I mss. F e R2: la famiglia �Se, dunque, abbiamo individuato una possibile contaminazione tra le

lezioni tràdite da P e quelle tràdite da R2, adesso è necessario definire sequest’ultimo è unito per errore ad altri mss.

Tav. 16: Errori condivisi da F e R2 (ricordiamo che F tramanda solo il capi-tolo VIII)

VIII 38 durava per duraVIII 40-42 om.

Al fine di garantire la concatenazione rimica, altrimenti interrotta dalla lacuna,al v. 38 i due mss., nonostante l’ipermetria non risolvibile, rimasta unica spiadella perdita della terzina, portano durava al posto di dura. Inoltre, non pareinutile rimarcare qui il fatto che P non presenta tale lacuna.

VIII 122 volar per valor

CRISTIANO LORENZI BIONDI114

La lacuna costituisce senza dubbio un forte elemento di garanzia per lasussistenza della coppia F R2, la cui unione è rafforzata da alcune lezionicaratterizzanti che, non a caso, talvolta, come segnaliamo nella tav. sotto-stante, sono in comune anche con P.

Tav. 17: lezioni caratterizzanti di F, (P) ed R2

VIII 17 figura che d’oro splendeva per figura d’or che risplendiva(risprendea F)Cfr. tav. 15.

VIII 24 spetialmente per magiormenteCfr. tav. 15.

VIII 26 ogni R2 per qui loCfr. tav. 15.

VIII 63 et chi di lui per in chi di luiVIII 76 a per in

Cfr. tav. 15.VIII 89 d’umano divenne in dio per si traformò d’umano in dioVIII 102 conoscendo più si dilettava per conoscendo più più s’apagavaVIII 108 conpito per finitoVIII 117 divina per sublime

Cfr. tav. 15.

Fra F ed R2 il codice più antico è sicuramente F, il quale, essendo testi-mone solamente del capitolo VIII, non può esser considerato esemplare diR2. Dunque, in base alla tav. 16, costituiamo la famiglia � (F R2), formataper la massima estensione da R2.

3.4 G e la stampa l: la famiglia �Come abbiamo visto nel par. 2.2, G è un ms. composito, in cui il testo

delle «Chiose» di Mino di Vanni d’Arezzo risulta interrotto a partire da II124. Nonostante questo, l’esigua parte dei capitoli tràdita da G risulta unitaalla stampa e, dunque, al ms. eugubino disperso da cui la stampa stessaproviene, tramite la lacuna dei vv. II 31-36. In questo caso, poi, sarà inu-tile registrare le lectiones singulares dei due testimoni, poiché siamo certiche la stampa, essendo sicuramente successiva a G e tramandando il testosenza alcuna interruzione, non può essere descripta dal ms. eugubino;dunque, in base a questi dati, costituiamo la famiglia �, formata per lamassima parte da l.

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 115

3.5 Il ms. L1Per quanto riguarda il ms. L1, intanto diamo la seguente tavola.

Tav. 18

I 11 ben mortale Ad L1 per ben moraleLa lezione erronea dei due mss., che coinvolge la parola in rima al v. 11, puòessere stata indotta non solo dalla somiglianza grafica di mortale e morale, maanche dal mortale in rima al v. 15. Dunque, non si può escludere la poligenesidi tale innovazione.

I 16 se (e M) non (no P) �8, per sonnoo non L1In questo caso, è utile mettere in evidenza innanzitutto che, se, da una parte, lalezione di �8, in cui M cerca di ricostituire un qualche senso tramite la coordi-nazione con la frase precedente, è erronea, dall’altra, quella di L1 sembra an-ch’essa essere stata causata da una distorsione grafica della parola sonno (dicui non possiamo comunque escludere, per quanto remota possa essere, la de-rivazione poligenitica), ma di per sé non è erronea. Inoltre, resta il fatto che, inbase all’inizio della Commedia dantesca, da una lezione quale quella di L1,forse un copista accorto avrebbe potuto anche ricostruire la parola sonno, to-gliendo in tal modo le tracce di un errore che potrebbe risalire a rami più altidello stemma.

I 59 pensier mortali Ad P L1 per pensier moraliSi ripete mutatis mutandis (ovvero che in rima non troviamo un altro mortali)la situazione riscontrata a I 11.

I 82 scontrando Ad L1 U per incontrandoIn questo caso, la somiglianza della lezione scontrando con incontrando po-trebbe far pensare ad un caso di adiaforia caratterizzante, ma non si può nem-meno escludere che la lezione scontrando possa essere emersa autonomamentein più mss. o per una causa grafica o perché essi sentivano incontrare come unverbo di senso poco marcato e dunque poco adatto al contesto (si sta parlando,infatti, di Eurialo e Niso che muoiono, combattendo contro e’ nimici).

II 1 lassato (lassata ha U) �7 L1 per passatoTolta la reazione singolare di U, la lezione di �7 e L1 non è erronea, anche sepone problemi il fatto che si trovi circoscritta soltanto a questi mss. D’altra parte,però, non è poi così improbabile che, trovandosi all’inizio del capitolo in terzarima, essa sia stata causata separatamente in �7 e a monte di L1 da una cattivalettura da parte di miniatori, che, arrivati a scrivere i capilettera, hanno confu-so la letterina-guida p con l.

III 5 seguendo d’uno in altro U L1, per secondo d’uno in altrosequendo l’uno e l’altro PLa lezione seguendo nasce sicuramente dall’esigenza di chiarire il senso, nonpoi così immediato, dell’espressione secondo d’uno in altro quinci entrando (che,partendo dal v. 4, parafrasiamo ‘i cerchi principali dell’Inferno sono nove, en-trando il secondo di uno (dei cerchi) da qui in un altro, fino ad arrivare all’abis-so del profondo Averno’), ma anche in questo caso si affaccia lo spettro dellalezione poligenetica, confortata dal caso ‘parallello’ di �1 e R2, i quali traman-dano al posto di secondo il gerundio scendendo (scindendo in B); in altre parolela formazione di un gerundio sulla parola secondo sembra essere stata pensatada più parti della tradizione e, nella fattispecie, il passaggio da secondo a se-

CRISTIANO LORENZI BIONDI116

quendo | seguendo non sembra nemmeno graficamente ardito.III 134 di tutto ... di (e di L1) tutto Ad L1 U per Dio tutto ... Dio tutto

La lezione di Ad ed L1 può essere interpetrabile anche con di da scrivere Di’con apocope di -o; L1, tuttavia, potrebbe non aver capito e pone a testo una econgiunzione, continuando la serie anche nel verso successivo (di tutta ... ditutta).

IV 45 eagranposse Ad L1 per e agrapposseBisogna ammettere che la lezione di Ad e L1 è molto particolare, ma si delineacomunque come una trivializzazione grafica (poligenetica?) di quella maggio-ritaria, per altro, difendibile dal punto di vista del significato ([...] e a granposse | e tanto su per lucifero andoe, [...]).

IV 73 seguendo (seguendo io L1) �6 L1 per se guardiVIII 21 la luna P L1 per l’uliva

Anche in questo caso, non possiamo assolutamente escludere la possibilità diessere di fronte ad un errore poligenetico: infatti, possiamo ipotizzare sia unapoligenesi di tipo paleografico sia una poligenesi dovuta al contesto in cui lalezione si trova. Non a caso, Mino sta parlando di Apollo che sol s’intendiva edella sorella Minerva, al cui onor P e L1 potrebbero aver separatamente attri-buito, per creare un parallelo con il fratello, la luna invece dell’uliva.

Tutti questi casi, che abbiamo cercato di spiegare uno ad uno, presi tuttiassieme, nonostante la filologia non si faccia per quantità, ma per qualità,fanno comunque riflettere: L1 è un manoscritto che non porta gli errori cheindividuano il gruppo �, tuttavia si trova gravitante intorno al gruppo �8 pervia di queste lezioni, per le quali la poligenesi, seppure è possibile di per sée volta per volta, applicata tante volte rischia di apparire sforzata. Sorge,dunque, la possibilità che L1 sia un collazionatore, e l’impressione che il suotesto, sia esso (più probabilmente) nato in �8 e poi mutato per collazionecon un altro ramo della tradizione, o nato fuori da �8 e poi collazionato con�8 stesso (di cui, dopotutto, mantiene o riprende lezioni in un modo o nel-l’altro accettabili), si mostri dunque come un buon mosaico, in cui le tesseresono difficilmente distinguibili.

3.6 Bipartizione dello stemmaTerminata la costituzione delle precedenti famiglie, cercheremo ora di

individuare rapporti superiori fra alcune di esse, in base ai luoghi che nellatav. seguente prenderemo in esame, procedendo in modo induttivo.

Tav. 19

I 68 honore (l’onore G) � �,virtù � L1 R2In questo luogo, si oppongono, da una parte, il sostantivo honore e, dall’altra,il sostantivo virtù, il quale, però, ha tutta l’impressione di essere nato comesemplice ripetizione della parola virtù che troviamo al v. 66 (fra l’altro, all’in-terno di una frase finale introdotta da per, come accade ai vv. 67-68). Dunque,se a testo metteremo la lezione di � e �, non sarà inutile osservare che quella di

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 117

�, L1 ed R2, sebbene possa comunque essere stata prodotta separatamente perpoligenesi, tuttavia potrebbe anche costituire una prima traccia di un raggrup-pamento superiore a � stesso.

I 80 e nòma lor � �,i nomi lor (loro nomi U) �5 �6 R2,in ogni (inonj P) lor Ad P,e nomi lor L1L’errore che si riscontra in �, L1 e R2, ovvero la banalizzazione della terza per-sona del presente indicativo del verbo nomare, preceduto dalla congiunzione e,in i nomi (che causa un errore di senso per cui la parafrasi dei vv. 79-80 suone-rebbe all’incirca così: «racconta i nomi dei due compagni, entrambi uccisi, can-tando la loro fama»), può essere poligenetico, ma non è facilmente correggibile.Dunque, sebbene non si possa fare affidamento solo su di esso, in quanto pas-sibile di essere stato prodotto separatamente in più parti della tradizione, datala sua separatività, lo registriamo con il beneficio del dubbio che possa esserespia di un raggruppamento che comprenda �, L1 e R2

II 82 la vera beata diletta � � L1,la bonta vera e la diletta �1,la vera bontà e (om. e Ad) diletta �3 Ad R,la buona e vera (vera bona U) diletta �6,la vera cittade (add. -de in interlinea ) diletta R3,la cictà la vera più diletta P,la vera città più diletta R2Nella lezione alla base della diffrazione probabilmente non era stata compresala parola beata, portata da �, � ed L1. Il risultato è che si produce un insiemedi reazioni in cui, al posto della parola beata, troviamo bontà, che non dà senso(soprattutto se si pensa che si sta parlando della Gerusalemme celeste), o bona| buona, che è una semplice banalizzazione di beata, per altro mal attribuibilecome aggettivo alla città di Dio; ambedue le soluzioni, poi, producono un’ipo-metria che, in alcuni testimoni, viene sanata con piccoli accorgimenti correttivi.In tutto questo movimento, poi, c’è chi, indipendentemente, reagisce (R2 e R3,con P che contamina), banalizzando il verso con l’introduzione del nome comu-ne città al posto di beata | buona, ricavato probabilmente dal verso precedentee con funzione oppositiva rispetto ai castelli del verso successivo, e correggendol’ipometria che naturalmente si produce con l’aggiunta di un più (R2) e di un-de in interlinea (R3). Da questo luogo, pertanto, derivano due possibili con-clusioni: la prima è che esista una famiglia super-�, formata da � e R2, mentrela seconda, che non possiamo assolutamente escludere, è che R2 abbia persoautonomamente, per cause proprie, il beata e l’abbia sostituito con città, cioè,come abbiamo visto, con una banalizzazione poligenetica.

II 126 deluviando acasi � l,deluviando pasi �4 �6 R2deluviando pagi L1 P,deluviando sparsi R3,deluviando rasi SLa tradizione sembra dividersi tra chi ha pasi o una lezione ad esso facilmentericonducibile (pagi di L1 e P, dovuto alla rima con un malvagi al posto di unmalvasi, e le due innovazioni singolari sparsi di R3 e rasi di S) e chi ha acasi.Se, però, da una parte, il GDLI dà alcune interessanti occorrenze per l’aggettivopaso, derivato del latino pansus, part. pass. del verbo pando, is, pandi, pan-sum, ere (GDLI, vol. XII, p. 727, ad vocem), tra le quali la più interessante è

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quella del Cicerchia (Quando la donna giunse ne la casa | del discepol Giovan-ni vangelista, | in terra cadde stesa e pasa) con il significato di «disteso, allun-gato per terra» (‘sparso’, per dirla con R3, che riesce a mettere a testo una sortadi parafrasi), dall’altra, la lezione di � e della stampa non pare dare alcun sen-so, configurandosi come un errore sul quale poter costruire un raggruppamentosuperiore ad � stesso.

II 135 nel quale idio et omo perfetto unio � l,nel quale iddio sé con l’uomo unio �1,nel quale idio in sé e uno iddio unio �3 R,nel quale idio (add. tanto R3) in sé unio �6 (P deest) L1,el vero iddio di dio in sé unio Ad,nel quale idio e huomo a·ssé unio R2In questo luogo, vediamo che la tradizione si comporta in due modi: da unaparte abbiamo la lezione di � e l, che trasmettono la parola perfetto; dall’altra,invece, abbiamo una serie di lezioni caratterizzate dalla presenza del pronomeriflessivo sé. Sebbene si possa comunque ipotizzare che vi fosse una situazionelacunosa in archetipo (ed in tal caso la reazione della tradizione sarebbe la pro-va provata di una bipartizione dello stemma, in quanto i suoi due rami avreb-bero prodotto monogeticamente due lezioni diverse), almeno in questo caso,rimane l’impressione che la parola perfetto sia una semplificazione monogene-tica e separativa della difficoltà di senso che, in un contesto già poco chiaro,poteva esser prodotta dalla presenza del pronome sé, unita al fatto che al postodella particella riflessiva, di fronte alla vocale iniziale del verbo unio, che, neldubbio, avrebbe potuto creare sinalefe, vi sarebbe stato sicuramente meglio untrisillabo come perfetto. Dunque, a parer nostro, non è poi così strano conget-turare una lezione di questo genere: nel quale Dio e om per sé unio, dal cui persé � e l hanno ricavato perfetto, ed il resto della tradizione la varia lectio a sé,in sé, sé, la cui causa è rintracciabile nella possibile non comprensione dell’ori-ginario p(er) compendiato. Calato nel contesto, il verso in questa forma, a giu-dicare dalla parafrasi, comunque complicata, che se ne può fare, sembra darsenso: infatti, a partire dal v. 133 avremmo: «il quale tempio santo (ovvero Cristo)venne fuori con desiderio dal prezioso tempio di Maria, nel quale il tempio diMaria stesso (o Cristo; il soggetto è sottinteso) unì attraverso di sé natura divinae umana».

III 139 senza finir morendo tutta morte � l L1,et senza finir (fine S) in morte sanza morte �1,senza finire morte (finir mai morte N) tutta morte �3,sanza fine (finir U) morte tutta morte �6,in etterno morire sanza morte Ad,senza fine di morte tutta morte R,sanza finire morte et tutta morte R3,senza morire morendo tutta morte P R2Questo luogo ci presenta uno diffrazione abbastanza ampia, in cui la reazionedi una parte dei testimoni sembra prendere le mosse dalla perdita del gerundiomorendo, sostituito dalla parola morte. L’intero gruppo �, dunque, pur dimo-strando in certi casi di capire il senso del verso (che, lo ricordiamo, è riferito aLucifero, che è tutta morte, senza finir di morire), non riesce a ricostruire unalezione comune, giungendo addirittura a soluzioni sui generis, come quella diAd. L’unico ms. che, nel gruppo delle lezioni diverse da quella maggioritaria,che noi consideriamo esatta, mette a testo morendo è proprio R2 (con P che,come al solito, contamina); dunque, ci si pongono di fronte due ipotesi: o il ms.

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Riccardiano ha ricostruito ope ingenii la lezione giusta (con l’unica differenzadella parola morir al posto di finir), oppure l’ha ereditata per via diretta daimss. che la tramandano. In questa circostanza, però, ci sembra piuttosto diffi-cile che R2 sia stato capace di congetturare un gerundio, partendo dal sostan-tivo morte, il quale, in dipendenza dalla funzione e dalla posizione assunte,abbiamo visto, poteva comunque rendere sensato il verso; al contrario, è moltopiù economico pensare che R2, assunta la lezione giusta dal suo ascendente,l’abbia ulteriormente chiarita (e banalizzata), sostituendo la parola finir conmorir. Dunque, almeno per questo caso, non ci sembra possibile costruire ungruppo superiore a �, che comprenda anche R2.

IV 39 nullo all’altro � l L1,null’altro �1 M,all’altro (l’altro R) �5 (-�1),nullo da l’altro Ad,nol di tutti P,l’uno e·ll’altro R2Dalla collazione emerge un insieme di lezioni erronee che si estende in � e R2.Tuttavia, sebbene sia sospettabile una diffrazione derivante da una lezione cor-rotta a monte di � e R2, allo stesso modo si potrebbe pensare che i codici coin-volti nella varia lectio abbiano reagito separatamente ad un contesto già diffi-cile di per sé, e che, dunque, nei loro rispettivi ascendenti avessero la lezionegiusta.

V 14 lo suo diritto � l,lo sol da lato �2 (-B), lo sole dall’alto B,lo sole dato �3,lo sole dietro Ad,lo sole diritto L1 R2 R3,el sole M,el sol dentro P,la solo derietro UIn questo luogo, come vediamo, la tradizione si diffrange, ma sembra chiaroche la lezione da mettere a testo, sulla scorta di L1, R2 e R3, sia lo sole diritto,che, per la parola sole, ci viene confermata dal gruppo �, mentre per la paroladiritto ci viene confermata da � e dalla stampa. Tuttavia, balza all’occhio comeproprio questi ultimi reagiscano alla parola sole, che viene sostituita con suo,per il quale, visto il contesto, è assai difficile sostenere un’ipotesi di lectio diffi-cilior. Ciò vuol dire che � e l cadono in un errore, per il quale, francamente, lapoligenesi ci sembra poco probabile e la correzione da suo a sol difficile. Dettoquesto, come accade per l’errore a II 26, è possibile ipotizzare l’esistenza di ungruppo super-�, formato, per l’appunto, da � e dalla stampa.

V 29 vole / vuole � L1 vuo·lo � l R2V 31 pole �8 (-R3) polo � l R2 R3V 33 sole � (-R3) L1 suolo (solo R2 R3) � l R2 R3

La lezione di � (- R3) ed L1 è sicuramente erronea a V 33, anche se non sepa-rativa, in quanto essa è la parola rima del verso. Bisogna tener conto, però, chel’eziologia dell’errore forse risiede proprio nella sequenza rimica stessa: infatti,a parer nostro, l’errore si origina nel v. 29, a partire dalla banalizzazione vole inluogo del più difficile vuo·lo, alla quale segue il mutarsi delle altre due rime da-olo a -ole. Ciò nonostante, la patente non separatività dell’errore, dovuta an-che al fatto che il v. 31 è citazione del verso 29 di Purg. I, in base al quale sipoteva apportare una correzione delle rime stesse, ci invita ad ipotizzare che

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l’errore stesso possa essere collocabile ad un livello più alto di � e L1, ed unaspia di ciò potrebbe ad esempio essere – ma è d’obbligo il condizionale – laforma non dittongata, ma comunque attestata, sòlo per suolo in R2 (che fral’altro riscontriamo anche in R3, codice che, per l’appunto, ha apportato unacorrezione parziale delle rime).

V 111 per misericordia sua (lui L) � l,per misericordia conseguire �1,per la (om. la R) sua misericordia �5 (-�1) �6 L1 R2,per la misericordia sua Ad,per la man sua PDalle lezioni che abbiamo sotto gli occhi, sembra chiaro che il gruppo � ed imss. L1 e R2 si caratterizzino per una ipermetria che alcuni testimoni tentanodi correggere. Ciò ci farebbe sospettare di nuovo un gruppo super-�, formato da�, L1 e R2; tuttavia la non separatività dell’errore ci potrebbe far supporre cheesso fosse presente in archetipo e che sia stato corretto da � e l tramite la facileeliminazione dell’articolo determinativo la.

VI 30 lungi e ’l (il l) sol par che gl’el (che·lli A, che gli ’l l, che li el R1) vieti � l,lungi a·llui di tutti altri pareti �1,lungi dagli (degli An R3) altri pianeti �3 Ad L1 R3,lungho dagli altri pianeti M,longe da li tre pianeti P,lungi che gli altri pianeti R,longi d’altre parcti U,R2 deestSi prospetta qui una situazione in cui la tradizione risulta divisa in due gruppi:da una parte, infatti, abbiamo una lezione sicuramente difficilior, quella di � edella stampa, dall’altra, invece, una soluzione, estesa, talora con cambiamenti,a � e L1. La lezione di � e L1, tuttavia, risulta erronea per due ordini di motivi:in primo luogo, la parola pianeti (sostituita in �1 da pareti e in U da parcti)creerebbe rima identica con il v. VI 26; in secondo luogo, visto il contesto (in cuiMino sta alludendo alla posizione del sole rispetto a Libra, che egli chiama GangeLibra), la lezione di � e L1 andrebbe sostanzialmente ad affermare che GangeLibra, cioè una costellazione, è lungi dagli altri pianeti, cioè lontana dai pianetidiversi dal sole; è inutile dire che tale affermazione appare veramente pococongrua. Dunque, possiamo ipotizzare che la lezione di � e l, essendo di difficilecomprensione (una parafrasi della terzina potrebbe essere la seguente: «[...]che, quando il sole si trova in Ariete con i suoi raggi lieti, Gange Libra è piùdistante (di tutti) da lui e pare che gli (a Dante) vieti il sole stesso»), abbiaprodotto nel resto della tradizione una reazione erronea, la quale non sembrapossa essere in alcun modo poligenetica o non separativa. In conclusione, a menodi non considerare la più che remota ipotesi, vista la lectio difficilior di � e l, digenerale guasto o sostanziale errore astronomico dell’autore, in base a questalezione potremmo supporre un gruppo super-�, formato da � e L1 (ricordiamoche R2 non è attestato a causa di una lacuna meccanica).

VIII 48 ch’io scrivo (scivo R1) qua giuso � l (L deest),senza alcun (nulla B, niuno R, null’ S) induso � � L1La tradizione si divide in due lezioni adiafore non erronee, di cui non si capiscebene l’eziologia. Le possibili spiegazioni sono tre: si può ipotizzare una lacunad’archetipo, alla quale i manoscritti (poligeneticamente?) hanno risposto in mododiverso; si può immaginare che una delle due lezioni fosse una variante reda-zionale, non necessariamente d’autore, posta in margine o in interlinea al testo

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dell’archetipo ed entrata poi a testo; oppure ci si deve immaginare che uno deidue rami che sembrano individuarsi abbia reagito alla lezione d’archetipo conuna variante che ai nostri occhi risulta perfettamente adiafora, ma che ci parecomunque difficilmente spiegabile per poligenesi. Rimane comunque il fattoche, nel caso della prima e della terza ipotesi, l’adiaforia in questione assume-rebbe un aspetto fortemente caratterizzante, che ci indurrebbe ad ipotizzarerispettivamente o una tradizione bipartita o l’individuarsi di uno dei due ramiattorno ad una lezione diversa da quella in archetipo, che noi, comunque, nonpossiamo conoscere.

VIII 109 mille unde mille migliaio � l,mille e (om. e M) mille ogni migliaio (migliaia �1, migliai �3 R R3) � � L1Osserviamo la stessa situazione di bipartizione in lezione adiafora già prece-dentemente riscontrata, anche se qui forse si può rilevare in � e l una lezionedifficilior rispetto a quella tràdita da � ��L1, che sembra quasi una piccola pa-rafrasi semplificativa.

VIII 113 e (si A, om. e L) fosse ognuna (ognuna fosse L) � l,e ciascuna fosse �8 � L1 N, c. fosser (fusseno R3) �5 (-N)Abbiamo ancora un caso di adiaforia, con la differenza che, qui, i due gruppi sidifferenziano sostanzialmente in base ad un’inversione di parole, che, unita allapresenza delle varianti ognuna e ciascuna, diventa caratterizzante.

Nel tirare le fila, in base ai dati raccolti, possiamo concludere che all’in-terno della tradizione si coglie l’impressione che essa si divida in due rami:se, da una parte, il gruppo comprendente � e la stampa (e quindi �) è indi-viduabile in base agli errori a II 126 e a V 14, dall’altra, il gruppo compren-dente �, L1 e R2 (e quindi �) è più sfuggente, ma comunque sospettabile,almeno per � e L1 (� manca), in base all’errore situato a VI 30. Non pareinutile, a questo punto, considerare un fatto extra-testuale, già menzionatoper altri motivi nella premessa (par. 1): dalla descrizione dei mss. risulta chei codici da noi riuniti in � e � presentano il testo delle «Chiose» di Mino diVanni o non accompagnato da quello di Cecco di Meo Mellone degli Ugur-gieri o, comunque, non intrecciato con esso nella maniera in cui, invece,accade in �, � e L1, dove i capitoli dell’Ugurgieri si presentano sempre inter-mixti a quelli di Mino. Tale intreccio, a nostro modo di vedere, si configuracome un dato sia separativo che congiuntivo: infatti, per spiegarlo, bisognanecessariamente immaginare un copista, che, trovatosi di fronte ai due testi,i quali probabilmente nella tradizione si sono incontrati molto presto, hadeciso volontariamente di interporli l’uno all’altro secondo le modalità vistenel paragrafo 1 e, forse, seguendo nella sua scelta un criterio metrico-conte-nutistico, visto che si tratta comunque di testi in terza rima esplicativo-rias-suntivi della Commedia. Tuttavia, dal momento in cui a questi due testi fudata tale forma (e magari anche l’attribuzione ad un determinato autore,che ne garantisse ulteriormente l’unità), ci pare assai difficile che qualcunopotesse restituire ad essi la propria rispettiva autonomia45. Pensiamo che si

45 Rileviamo qui il caso emblematico del ms. S (se ne veda la descrizione nel par. 2), in cui sottol’autorialità del Boccaccio vengono riuniti i suoi Argomenti, i capitoli dell’Ugurgieri e quelli di Mino.

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possa a questo punto ipotizzare una tradizione bipartita in due gruppi chechiameremo per comodità super-� (� e �) e super-� (�, � e L1). Si precisaanche che per i casi di bipartizione in lezione adiafora già discussi e perquelli, meno patenti, che l’apparato metterà in evidenza, seguiremo super-�, che, tendenzialmente, ci sembra meno erroneo, a meno che non si ricono-sca una lectio difficilior o che non si faccia appello all’usus scribendi di Minodi Vanni. In ultimo, diciamo fin da ora che in apparato non si vedranno maiusate le dizioni super-� e super-�, ma verranno utilizzate le sigle delle fami-glie immediatamente più basse, onde garantire una migliore visibilità deimovimenti della tradizione e dei singoli gruppi o mss., che, soprattutto insuper-�, talvolta si sottraggono alla lezione più generale.

3.7 L’archetipoProcedendo in maniera induttiva, consideriamo nella seguente tav. i luo-

ghi che, secondo noi, riuniscono la tradizione in un solo archetipo.

Tav. 20

III 69 che sterco (add. e L, add. et R2) vituper (vitupero L R3, vituperio R1 R2)soct’ogni stalla A L R1 R2 R3,risterco vitupero sotto ogni stalla �1,che sterco in (om. in S) vitupero vi fa stalla �1,che (add. suo U) sterco (add. e �6) vituperio sopr’ogni stalla �3 �6,che sterco è vituperio obrobio e stalla Ad,che sterco pute men sotto ogni stalla l,di stercho è vitupero fatto stalla L1,di vituperio che sotto une stalla P,che stercho vituperio et brutta stalla RIn questo luogo, Mino sta parlando della ghiaccia infernale, in cui ogni puzzo siraduna in tanto spiacimento che, verrebbe da dire a rigor di logica, ‘lo stercodella stalla risulta poca cosa’. Questo senso viene salvato solo dalla stampa (incui, però, pute men ha tutta l’aria di essere una congettura singolare), ma nonsembra essere garantito dalla lezione maggioritaria (cioè quella tràdita da A, L,R1, R2 e R3), fatto che ci spingerebbe ad accogliere il testo maggioritario nellaforma che sterco è vituper sott’ogni stalla, mettendo, però, prima della parolavituper una crux e supponendo un errore d’archetipo.

III 130 vedi che se Dio può (pò P) tutto L1 P R2,perché (che Ad) Dio può tutto cett.

In questo caso, se, da una parte, il copista intreccia addirittura tutti e tre i testi appena citati in basealla cantica che trattano, dall’altra, ne riconosce la natura diversa, definendo «primo modo» di espo-sizione quello degli Argomenti, «secondo modo» quello dell’Ugurgieri e «terzo modo» quello di Minodi Vanni; tuttavia, sebbene i «modi» siano distinti, l’autore (in questo caso il Boccaccio) è unico e,dunque, la sequenza dei singoli capitoli deve essere rispettata. Per inciso, approfittiamo di questanota per chiarire che l’attribuzione a Mino è garantita, non solo, da una parte della tradizione mano-scritta (nella fattispecie, dai codici Ad, F, M, O, R2 e R3), ma anche dal fatto che lo stile utilizzatonel testo da noi studiato e gli argomenti specifici in esso trattati trovano, a parer nostro, forti con-gruenze con ciò che leggiamo nei già citati sonetti attribuiti dal ms. Ambrosiano E 56 sup. proprio aMino di Vanni d’Arezzo.

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III 131 e procede P R2,che procede cett.Il caso di queste lezioni presenta una situazione simile a quella a III 20 (cfr. tav.15), ma con alcune importanti differenze. Partendo dai fatti puramente testua-li, se leggiamo l’intera terzina secondo la lezione maggioritaria (Adunque vediperché Dio pò tutto | che procede da lui ogni allegreza, | dal suo contrario pro-cede ogni lutto), per cercar di dar senso al discorso, dobbiamo intendere il per-ché come una congiunzione subordinante causale ed il che come una congiun-zione subordinante oggettiva: «Dunque vedi – poiché Dio può tutto – che da luiproviene ogni gioia, dal suo contrario proviene ogni sofferenza»; tuttavia non sielimina il dubbio che la terzina possa essere interpretabile anche nei seguentimodi, che comunque, a parer nostro, sono meno soddisfacenti: «Dunque vedi ilmotivo per cui Dio può tutto; [vedi] che da lui proviene ogni gioia, dal suo con-trario proviene ogni sofferenza [coordinata all’oggettiva per asindeto]» oppure«Dunque vedi il motivo per cui Dio può tutto, cioè perché da lui proviene ognigioia [subordinata causale esplicativa, ammesso che si metta a testo ché], dalsuo contrario proviene ogni sofferenza [coordinata per asindeto alla causale]».Se andiamo a prendere, invece la lezione di L1 (Adunque vedi che, se Dio pòtutto, | che procede da lui ogni allegreza, | dal suo contrario procede ogni lut-to), le interpretazioni possibili sono due ed entrambi migliori rispetto a quellegià viste: «Dunque vedi che, se Dio può tutto, che [con ripresa difficilior del cheoggettivo] da lui proviene ogni gioia, dal suo contrario proviene ogni sofferen-za» oppure «Dunque vedi che, se Dio può tutto in quanto [ché] da lui provieneogni gioia, dal suo contrario proviene ogni sofferenza». Resta il fatto che, qua-lunque interpretazione possiamo dare alla lezione di L1, questa rimane semprepiù scorrevole e, soprattutto, difficilior grazie alla ripetizione del che (sia essoda intendersi oggettivo o causale), non a caso eliminato da P ed R2 e sostituitocon una e. Al contrario, la lezione maggioritaria, a parer nostro, è erronea, anchenella prima interpretazione da noi proposta, in quanto in essa si è comunquecostretti a porre la congiunzione subordinante oggettiva in una posizione inna-turale, cioè dopo la causale e lontano dal verbo reggente. Dunque, appurato ilfatto che la lezione maggioritaria è con ogni probabilità erronea, ci si deve chie-dere da dove provenga la lezione di L1, P ed R2; ed in tal caso diamo le seguentiipotesi: se in archetipo vi era la lezione di L1 ed R2 (P contamina), dobbiamosupporre che super-� e � abbiano reagito separatamente con la stessa lezione,magari per eliminare la difficoltà della ripetizione del che. Se, invece, ipotizzia-mo che in archetipo vi fosse la lezione erronea, o immaginiamo che L1 ed R2abbiano congetturato separatamente la medesima soluzione testuale (cosa checi pare francamente improbabile) oppure che abbiano recuperato il testo da unramo della tradizione estinto (e dunque esterno alla tradizione che si riuniscenell’archetipo che stiamo individuando). E quest’ultima è l’ipotesi per cui pro-pendiamo.

VII 70bis- lacuna d’archetipo.72bis Tra i vv. 72 e 73 del VII capitolo (Mino al v. 64 ha cominciato a dare l’interpre-

tazione delle figure allegoriche della processione mistica che Dante raffigura aivv. 133-150 di Purg., XXIX), supponiamo ci sia una lacuna d’archetipo, che civiene segnalata dall’incongruenza delle rime di una parte della tradizione. Se,infatti, prendiamo il secondo emistichio del v. 71, ci si prospetta la seguentesituazione:par chi concluda �1, par che·ssi conchiuda � (-Ad P) L1 R2, par che si conchi-da A, conquida Ad P, par che (perché l) si conduca (R1 mostra una confusione

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mal descrivibile tra -ducha e -cluda, ed in interlinea scrive -cluda) l L R1La lezione maggioritaria par che sì conchiuda, che mantiene la concatenazionerimica, non dà un senso propriamente chiaro; una possibile parafrasi della ter-zina coinvolta, se si legge il si tràdito dai mss. con accento e quindi in funzioneavverbiale, potrebbe essere: «il vecchio assonnato, che procede da solo, pareche in questo modo concluda il vecchio testamento, andando a piedi». Tuttavia,anche la lezione minoritaria par che sì conduca (le altre sembrano ulteriori tri-vializzazioni delle due lezioni appena menzionate), se si prescinde dall’errorerimico, non soddisfa completamente il lettore: «il vecchio assonnato, che proce-de da solo, pare che in questo modo conduca il vecchio testamento, andando apiedi». Proseguendo nel testo, poi, vediamo che la terzina successiva è altret-tanto oscura, in quanto, con volo pindarico, viene rammentata la puttana diPurg. XXXII 147-152, in un contesto che, a meno di non considerare per laputtana pronta complemento in qualche modo dipendente dall’espressione faper l’arrogante del v. 76 (cosa che francamente ci pare ardua), dal punto divista sintattico, non porta alcun verbo reggente e, da un punto di vista contenu-tistico, non dà alcuna reale interpretazione della puttana stessa (fatto assai stranoper un testo come quello di Mino). La spiegazione più credibile che troviamoper una situazione di tal genere è che, allo stato attuale della tradizione, almenouna terzina sia andata perduta, magari per un fatto puramente grafico: infatti,se si pensa alla somiglianza, soprattutto in una scrittura mercantesca, della rima-uda e della rima -uca (nella forma -ucha), la perdita della terzina pare unasoluzione che ci può spiegare anche perché una parte, seppur minoritaria, deimss., in evidente contrasto con le rime successive, ci tramandi la parola condu-ca – che dunque deve essere lezione originaria –, e non il verbo concluda (esem-plare il comportamento di R1, che sembra essere indeciso se mettere a testoconducha o concluda, e, poi, in interlinea, scrive -cluda). Dunque, a testo se-gnalaremo una lacuna d’archetipo, supponendo una terzina mancante, con i vv.sulle rime -uca | -uda | -uca.

Vista la tav. 20, siamo in grado di poter ammettere l’esistenza di un ar-chetipo, che chiameremo �.

Di seguito, inoltre, ci sembra utile, ad integrazione dell’apparato, dareuna tavola dei luoghi, la cui varia lectio, a parer nostro, è spiegabile a partireda una lezione difficilior presente in archetipo.

Tav. 21 (nella col. di destra, quando possibile, proponiamo le lezioni o lecongetture che a parer nostro sono da mettere a testo)

II 84 rispetto a·llei da dio sempre ricetta rispetto a lei du Dio sempre ricetta(ben benedecta A) � �3 �6 � R,rispetto a·llei che dio sempre ricetta �1,rispetto a quella di dio tutto ’l ben ricetta Ad,rispecto doue idio sempre ricetta L1,rispetto a·llei doue iddio sempre ricetta R2,rispetto a·llei u·ddio sempre ricetta R3,u respecto a lei de dio sempre recta PCome possiamo vedere, nella tradizione le lezioni di L1, R2, R3 e P, sebbenequest’ultimo si attesti su una lectio singularis, sono caratterizzate dalla presen-za dell’avverbio relativo di luogo dove | u, mentre nei restanti codici tale ele-

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mento viene meno, lasciando il posto a da, che o di. Le ipotesi possibili chediamo per cercare di spiegare questa fenomenologia sono due: la prima ipotesiche formuliamo è che la lezione maggioritaria, per qualche copista, sia risultatadifficile da capire; infatti, se andiamo a vedere il contesto, Mino sta parlandodella Gerusalemme celeste, rispetto alla quale, sempre ricetta da Dio, gli altrison castelli. Il ricetta ha qui un valore passivo che alcuni (nella fattispecie, L1,R2 ed R3) non avrebbero compreso, mutandone il valore da passivo ad attivo.La seconda ipotesi, per la quale propendiamo, è che la lezione minoritaria conavverbio di luogo sia quella da mettere a testo nella forma rispetto a lei du Diosempre ricetta, la quale potrebbe spiegarci perché nella maggior parte del restodella tradizione, che non ha capito l’aretinismo du46 (che noi ipotizziamo a montedi tutta la tradizione e, dunque, in archetipo), compaia, verosimilmente perpoligenesi, la preposizione da. In tal modo il verso acquista sicuramente un sensomigliore, (in quanto non è la Gerusalemme celeste ad essere sempre accolta daDio, ma è Dio che è sempre disposto a dare accoglienza nella Gerusalemme ce-leste), e, per la forma du, può essere confrontato con il v. 8 del primo sonetto diMino di Vanni47, in cui troviamo scritto: in fin l’abysso du Lucifer fisse.

II 93 che satii abbunda �2 � M, ch’asa’ ci abondache satia et inonda (monda S) �1,che sazi abbonda �3 R,che abbondan sempre A,che sazii v’abondan Ad,che satij habundam L,che sempre abonda L1,c’asai ce abandona P,che sazia et abonda R2 U,ch’assa’ ci abondan R3Come vediamo, all’interno della tradizione si è sviluppata una diffrazione, lacui causa, vista la sua estensione, potrebbe situarsi nell’archetipo. Tuttavia R3,che in realtà scrive chassaciabondan e P, con la lezione casai ce abandona, anostro parere mantengono una lezione vicina a quella che ha causato, per mo-tivi sostanzialmente grafici, la diffrazione. Infatti immaginare all’origine dellavaria lectio il v. 93 nel seguente modo: c’asa’ ci abonda gli intellettuali (para-frasi: «[quel giardino adorno], in cui vi è un gran numero di intellettuali»), cispiegherebbe molto bene l’origine di lezioni come che satii abbonda, che saziabonda, che sazia et abonda e le ulteriori trivializzazioni che si possono leggerenella tradizione manoscritta. Dunque, nonostante la diffrazione sia molto este-sa, vista la presenza di lezioni come quelle di R3 e P, dobbiamo pensare ad unalezione che già in archetipo era probabilmente difficile da leggere e da capire(magari a causa di una scrittura continua e non consueta del tipo chasaciabon-da), la quale ha prodotto la diffrazione stessa.

III 4 nove son �2 L1 M R, nove so’ ison nove i (om. i S) c. A l L S,non vi (om. vi P) sono i (om. i P) Ad P,nove sono i An B R3 U,sol nove c. N,nove suoi R2

46 Cfr. Castellani, Grammatica storica... cit., p. 431.47 Naturalmente per il testo del sonetto ci basiamo su Frati, Miscellanea dantesca... cit., p. 19 e

Del Balzo, Poesie di mille autori... cit., vol. I (1889), p. 383.

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Il comportamento della tradizione in questo caso si origina a partire da un pro-blema metrico: infatti, alcuni dei mss. (la maggioranza) che hanno la sequenzanove son | nove sono, eliminano l’articolo per correggere l’endecasillabo, altri-menti ipermetro, mentre A l L S, che hanno son nove, tramandano una lezionemetricamente esatta, ma con ogni probabilità originatasi in reazione allo stessoproblema di disavanzo sillabico. Tuttavia, R2 mette a testo una lezione chepotrebbe nascondere la soluzione alla difficoltà metrica che la tradizione cercadi risolvere: infatti, a meno che la lezione di R2 non sia una soluzione ben con-gegnata dal copista per correggere l’ipermetria del verso (in tal caso, dovrem-mo quindi supporre che il disavanzo sillabico fosse già presente in archetipo espostare il caso nella tav. 20), potremmo pensare al suoi di R2, originato a par-tire da un soi, che in realtà sarebbe da leggersi so’ i, con una forma so’ (che ilresto della tradizione ha tradotto in son, creando l’ipermetria, poi variamentecorretta da alcuni) per la terza persona plurale del presente indicativo del verboessere, che, non solo è attestata in aretino48, ma anche, ad esempio, al v. 1 delsonetto VI di Mino (In un palude so’ messi i bizzarri49), e che, dunque, è daipotizzare possa localizzarsi in archetipo. Si segnala, infine, un caso simile a VII12, dove, tuttavia, alcuni mss., anche se pochi, tramandano la forma so’.

III 14 schioccia �1 A, sghiocciacroccia �1,schaccia Ad,aschoccia An,chioccia l,sciacca L,schiaccia L1,scioccia R1,ischoccia M,aschocca N,cghioccia P,sghioccia R2,ascaccia R3,scoccia UÈ chiaro che in archetipo ci doveva essere una lezione che, probabilmente per lasua difficoltà, non è stata compresa dalla tradizione. Interessante, tuttavia, èciò che tramanda R2: il verbo sghioccia deriva da sghiocciare, che a sua voltasembrerebbe derivare da ex + incrocio di un latino *guttiare («gocciolare») con*gluttare (< gluttire «inghiottire50»). Dunque, sebbene non abbiamo la mate-matica certezza che la lezione di R2 sia quella da immaginare in archetipo, essasembrerebbe, comunque, assai adatta al suo soggetto, ovvero Cerbero, «che contre gole sgocciola» o, ancor meglio, «inghiotte».

III 25 da furie infernali ella (om. ella L M) è (om. è L) abitata l L M,e·dda·ffurie infernali abituata N,da (dalle �1 R2) furie infernali abituata rell.Releghiamo in questa tavola la discussione su un luogo, la cui lezione maggio-ritaria, che noi giudichiamo difendibile, potrebbe essere interpetrabile come

48 Cfr. Castellani, Grammatica storica... cit., p. 443.49 Cfr. Frati, Miscellanea dantesca... cit., p. 22 e Del Balzo, Poesie di mille autori... cit., vol. I

(1889), p. 386. Ad ulteriore conferma della disposizione delle parole e dell’ossatura accentuativadel verso in questione (che, con la congettura che proponiamo, è Nove so’ i cerchi principal d’Infer-no), potremmo anche citare il v. 9 del I sonetto di Mino, ovvero Nove fa i cerchi magior principali.

50 A tal proposito si vedano le voci gocciare, ghiocciare e sgocciare in GDLI, voll. VI e XVIII.

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erronea (ed in tal caso, sarebbe errore d’archetipo, corretto poligeneticamenteda alcuni). La lezione maggioritaria pone due problemi: un problema metrico,risolvibile o con due dieresi (furïe e abitüata) o con una dieresi (furïe) e unadialefe tra infernali e abituata (noi propendiamo per la prima soluzione); e unproblema di significato riguardante il participio abituata. Bisogna osservareche, se da una parte abituata non sembra dare senso, dall’altra la lezione di l,L e M (abitata), che noi consideriamo una facile banalizzazione di abituata, dàcomunque un significato impreciso, in quanto la città di Dite, di cui Mino staparlando, è sorvegliata dalle furie che si affacciano dalle sue mura, ma non èabitata (o comunque non è abitata solamente) da esse, in quanto gli abitanti diDite, in realtà, sono i dannati per un peccato più grave, che al di là delle sueporte, scontano la loro pena. Detto questo, propenderemmo nel dare alla parolaabituata il significato di ‘vestita, rivestita’, che Dante utilizza a Purg. XXIX146 (E questi sette col primaio stuolo | erano abitüati, ma di gigli). Nel contestodelle terzine di Mino, dunque, si avrebbe una parafrasi del genere: ‘Nel sesto(cerchio) è la città che non lascia mai riposare chi vi entra, chiamata Dite, cioèricchezza, grassa di tormento, rivestita da furie infernali ...’, quasi a dire che lefurie infernali sono un’ulteriore specificazione, oltre a quella del tormento, del-la ricchezza della città infernale.

IV 1 una due notti d. c. �1 �3 l P R3, una die ’ notte Dante caminandouna e du’ notti d. c. �2 A L1 R2,una di notte d. c. Ad,un dì e notte d. c. �6,una due notte d. c. P,va due notti d. c. R1Come possiamo notare, le due lezioni più rappresentate (una e du’ notti e unadue notti) non danno senso e ciò dimostra che, probabilmente, in archetipo vifosse una situazione poco chiara o, comunque, difficile da capire. Per risolverequesto passo, noi proponiamo la lezione tràdita da �6, alla quale quella di Adè assai vicina, con una piccola variazione, cioè il femminile una die (con la econgiunzione assorbita dal sostantivo die, che starebbe alla base del due chespesso leggiamo sui manoscritti) al posto del maschile un dì e (con la e staccatadal sostantivo), fatto che giustificherebbe la presenza dell’articolo indetermi-nativo femminile in quasi tutta la tradizione. La congettura proposta, inoltre,rispetta il racconto della Commedia: infatti, Dante percorre l’Inferno in un giorno,cioè una die e una notte.

VI 1 salì (saglì A) �, salìefa luce �1,salitte �3 R2 R3,salito Ad,saglie l,salliva L1,istette M,salete P,salute R,salicti ULa varia lectio di questo luogo si raccoglie in due principali lezioni: da unaparte, il salì di � e, dall’altra, il salitte51 (con tutte le banalizzazioni del caso)che si può ipotizzare in super-�. Si osservi che la lezione trisillaba di super-�

51 Salitte, come apprendiamo da Castellani, Grammatica storica... cit., pp. 325-26, è una formadi perfetto dei verbi di 4a classe, attestata nei dialetti toscani occidentali.

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causa un’ipermetria che alcuni mss. (An, B e R) correggono, mettendo a testoun improbabile purgator (‘improbabile’ in quanto potrebbe essere confuso conil sostantivo purgatore), mentre la lezione di �, giusta da un punto di vistametrico, non spiega il motivo per cui si sarebbe originato senza particolaremotivazione, se non una ‘traduzione’ in toscano occidentale, il salitte alla basedella lezione di super-�. In altre parole, in un contesto metrico del genere, aparer nostro, ci doveva comunque essere a monte delle due lezioni maggiorita-rie della tradizione una forma di perfetto, che potesse indurre un copista pisanoo lucchese a leggere o a ipotizzare un salitte. Dunque, anche sulla base del sa-glie (o saglìe) che ci tramanda la stampa, siamo portati ad ipotizzare che inarchetipo vi fosse una forma epitetica di perfetto (salìe), la quale, nella tradi-zione, è stata tradotta in salì o salitte.

L’archetipo, dunque, si individua in primis per una lacuna, ai quali nem-meno L1 ed R2 si sottraggono. Puntualizziamo questo in quanto L1 ed R2,come si è potuto vedere, si sono dimostrati portatori di alcune lezioni, cheper la loro bontà abbiamo deciso di mettere a testo, ma che, allo stesso tem-po, abbiamo anche ipotizzato essere latori (soprattutto L1) di una varia lectiorisultante da collazione: infatti, per fare un esempio, oggettivi, anche se nonvincolanti, rimangono i contatti di L1 con �8 (cfr. tav. 18), come altrettantooggettivo è che L1 stesso, nel luogo in cui � si raccoglie nella sua lacuna a V67-69, lì abbia il testo normalmente corrente. Dunque, non è impossibileche mss. quali L1 ed R2, che si dimostrano indipendenti dagli errori di �, mache abbiamo dimostrato essere appartenenti al macro-gruppo di super-� (nodostemmatico, comunque gravitante attorno a �, al quale essi andranno lega-ti), abbiano provveduto ad una collazione, magari non completa, del lorotesto con una fonte diversa da � stesso, di cui sanano la lacuna, ma forseanche estranea all’archetipo (come si è paventato per il caso a III 130-31),dando, in un’ottica schiacciata qual è quella sincronica della tradizione, l’im-pressione di essere manoscritti alti a livello stemmatico.

In ultimo, occorre fare una piccola digressione sulle citazioni dantesche,che in parte coinvolge, come vedremo, la discussione sulle lezioni presenti inarchetipo. Mino, infatti, come si è già osservato all’interno delle tavole, spes-so cita, ora in modo indiretto, ora in modo esplicito il testo della Comme-dia52. In questo secondo caso, non è inutile cercare di capire da quale ramodella tradizione della Commedia Mino di Vanni abbia attinto le sue citazionidirette, le quali, infatti, almeno in tre casi sembrano mostrare dei contatticon quello che il Petrocchi sigla Co, ovvero il ms. Cortonese: a V 40 (bens’acorse el poeta ch’ïo stava, citazione di Purg. IV 58) la lezione s’acorse,all’interno dell’antica vulgata, è propria solo di Co, mentre gli altri mss.portano quasi tutti la lezione s’avvide, che nella tradizione dei capitoli di

52 Un esempio per tutti sia quello a I 118-123, dove Mino, per esplicitare la quistion che Dantepone a Virgilio, non esita ad introdurre nelle sue terzine la diretta citazione di Inf. II 31-33.

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Mino viene recuperata solo da L; a VI 59, eccetto il gruppo �, tutti i mss.tramandano più intepidir (lezione di Co e Pr) al posto dell’intepidar più, chetroviamo a Purg. XIX 2 nell’edizione Petrocchi; a VI 96, citazione di Purg.XXVII 102, accogliamo a testo per farmi (lectio singularis di Co), mentrePetrocchi mette a testo a farmi. Proprio quest’ultimo caso ci offre l’occasio-ne di affrontare il verso immediatamente precedente (VI 95, dove si citaPurg. XXVII 101): vediamo che in questo luogo �, L1 e la stampa traman-dano e vo movendo intorno, lezione praticamente di tutta l’antica vulgata(solo Co si discosta con e vo menando intorno, che comunque mantiene atesto una forma di gerundio), mentre � ha e muovo qui d’intorno, lezionenon attestata nei mss. presi in esame da Petrocchi. Ci si domanda allora sela lezione di � sia circoscrivibile a tale gruppo o se, data la possibilità per ilresto della tradizione di recuperare il verso per collazione proprio con il testodantesco, sia una lezione, che, pur discostandosi dal testo dell’antica vulga-ta, risalga direttamente a Mino (e, per forza di cose, all’archetipo), il quale,non lo possiamo escludere, talvolta può anche aver commesso qualche im-precisione nel citare. Noi propendiamo per quest’ultima soluzione e, in taleottica, metteremo a testo la lezione di �. Si noti, inoltre, che proprio in �, alverso seguente (citazione, come abbiamo visto, di Purg. XXVII 102), al postodi per farmi, in �5 abbiamo et (om. et S) fommi, che ci sembra una banaliz-zazione naturalmente conseguente a e muovo qui d’intorno, mentre in �8troviamo a farmi, ovvero la lezione che leggiamo nel Petrocchi, recuperataprobabilmente per collazione con il testo dantesco stesso. Caso simile a quel-lo di V 95, può esser quello a VI 77 (citazione di Purg. XXX 31), dove in �leggiamo la bella donna (la donna bella P) sotto (sotto il �7) verde manto,mentre nell’antica vulgata della Commedia, in �, L1 e nella stampa leggia-mo donna m’apparve sotto verde manto. Tuttavia, la questione qui si fa piùspinosa, in quanto, se da una parte, la lezione di � potrebbe essere frutto diMino, che, anche in questo luogo, confermerebbe la sua tendenza a costruireil periodo tramite frasi nominali, dall’altra, un pesante intervento su unaterzina dantesca di non secondaria importanza come quello in questione,sarebbe, a nostro parere, comunque difficilmente imputabile a Mino stesso,che di fatto, poi, andrebbe ad anticipare il primo emistichio di VI 92 (labella donna sola per la landa). Dunque, sebbene rimanga innegabile, datala possibilità di recuperare il verso dantesco tramite collazione, che la lezio-ne di � potesse trovarsi in archetipo, tuttavia metteremo a testo la lezionedell’antica vulgata, considerando assai improbabile, per i motivi suddetti,un intervento d’autore.

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Fig. 4: stemma dell’intera tradizione

4. Restituzione formale e criteri d’edizione

In una tradizione ormai tarda rispetto al tempo in cui Mino probabil-mente scrisse le sue «Chiose», è assai facile che i tratti linguistici originari sisiano più o meno attenuati all’interno di essa. Naturalmente, i primi luoghida controllare per capire se il testo graviti o meno attorno ad un’area lingui-stica definita sono le parole in rima. Diamo, dunque, qui di seguito un pic-colo elenco di quelli che ci sembrano i casi più interessanti dal punto di vistalinguistico, ammettendo fin da ora che il testo è, per forza di cose, di areatoscana e che quindi le occorrenze sono state indagate nell’ambito di que-st’ultima:

- gionte (V 48, in rima con monte ed onte) e congionte (VIII 6, in rimacon monte e fonte): forme caratterizzate da assenza di anafonesi, anchese a V 26 e a VI 07, riscontriamo la forma anafonetica giunto in rimaentrambe le volte con punto e a punto (tuttavia questo è un tipo di rimaribaltabile, in quanto potremmo supporre che in realtà in origine vi fossegionto in rima con ponto e a ponto);- dirotte ‘ti dirò’ (IV 24, in rima con notte e grotte; VI 24, in rima connotte e otte), siete ‘ti sia’ (VI 19, in rima con Arïete e liete) e dileguarsee dichiararse (VI 34 e 36, in rima con sparse): forme in cui il pronomeatono enclitico mantiene la e atona del latino volgare, sebbene riscontria-mo anche pòmi ‘mi può’ (II 90, in rima con pomi e nomi) e sa’ ti ‘ti sai’(IV 21, in rima con cavati e aguati);

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- ispegnitrice (III 36, sicuramente singolare in base al contesto) in rimacon gridatrice e infelice (III 32 e 34, il primo dei quali sicuramente plu-rale): premettendo che abbiamo ricostruito la rima in base al contesto ead una parte minoritaria della tradizione, essa comunque dimostra cheviene accettato il plurale in -e al posto di quello in -i, almeno per i sostan-tivi femminili provenienti dalla 3a declinazione latina;- volea e sucedea (I 76 e 78, in rima con Enea), convenia e salia (IV 10e 12, in rima con via), volia (VII 60, in rima con via e pria), risplendivae intendiva (VIII 17 e 19, in rima con oliva) e salia e vedia (VIII 95 e 99,in rima con teologia): la III persona di imperfetto indicativo dei verbi di2a classe esce in -ia; si riscontra un’oscillazione tra -ea e -ia nella IIIpersona singolare dell’imperfetto indicativo dei verbi di 3a classe, mentrela III pers. sing. dell’imperfetto indicativo dei verbi di 4a classe oscilla tral’uscita in -ia e quella in -iva;- unio (II 135, in rima con Dio e desio): forma di III persona singolare in-io di perfetto indicativo dei verbi di 4a classe; saliro (IV 92, in rima congiro e disiro): forma di III persona plurale in -iro di perfetto di 4a classe;- furo (VIII 13, in rima con scuro e puro): forma di III persona plurale delperfetto indicativo del verbo ‘essere’.Tali occorrenze in rima (tra le quali, importanti sono quelle che ci porta-

no la mancanza di anafonesi e le particelle pronominali enclitiche in -e) sonosicuramente di conforto all’ipotesi che il nostro testo sia nato in ambito are-tino53, sebbene, già nel caso delle particelle pronominali, si osservi un’oscil-lazione che, tuttavia, non ci deve stupire: infatti, bisogna comunque pensareche un testo in terza rima di commento alla Commedia non poteva di certoessere linguisticamente caratterizzato come un testo di natura pratica. Inaltre parole, è probabile che la lingua poetica di Mino fosse già in originedeprivata di alcuni dei suoi tratti demotici o, comunque, sottoposta ad unaspinta fiorentinizzante, dovuta alla lingua del testo dantesco, che, a giudica-re dai suoi scritti, il nostro aveva ben letto e studiato.

Dunque, l’operazione di restituzione formale e linguistica non si prospet-ta affatto semplice, e tale difficoltà è ulteriormente accentuata dallo statodella tradizione, i cui mss. più antichi sono della fine del XIV sec., e, dun-que, come si è già detto, probabilmente già abbastanza lontani dal periodoin cui Mino scrisse i suoi capitoli. Inoltre, se andiamo a recuperare i datidelle descrizioni dei manoscritti e li incrociamo con i raggruppamenti stem-matici individuati in fase di classificazione, osserviamo che, per quanto ri-

53 Sul dialetto aretino, oltre ai già citati studi di Serianni e Castellani (che registrano tutte lecaratteristiche fonetico-morfologiche che noi abbiamo estratto dalle rime dei capitoli di Mino), siveda anche Fabio Zinelli, Ancora un monumento dell’antico aretino e sulla tradizione italiana del«Secretum secretorum», in Per Domenico De Robertis. Studi offerti dagli allievi fiorentini, Firenze,Le Lettere, 2001, pp. 509-61.

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guarda super-�, se escludiamo la stampa, del cui stato formale non ci pos-siamo fidare, in quanto il Raffaelli non ci dice in che misura sia stato rispet-toso del manoscritto che aveva sotto gli occhi e quanto abbia modernizzatoo meno la sua forma in fase di edizione, il gruppo � si localizza praticamentetra Firenze e Lucca54. Volgendoci a super-�, invece, vediamo che, in unasituazione in cui già quest’ultimo sembra aver avuto un passaggio occiden-tale (si confronti la varia lectio discussa nella tav. 21 a VI 1), se, da unaparte, il gruppo �5 si localizza sempre tra Firenze e Lucca55, R2 è copiato daAngelo di Gaspare Marchi da Volterra ed L1 non appare particolarmentecaratterizzato dal punto di vista linguistico, se non per la palatalizzazione di-li finale in -gli e l’articolo determinativo el | e; dall’altra, l’unico gruppo cheai nostri occhi sembra distinguersi linguisticamente dal resto dei mss. è �8,giacché, tolto il ms. M, esemplato dal fiorentino Compagno di AlessandroArigucci, il ms. Ad è dichiaratamente aretino per via del suo copista (Pierodi ser Bartolomeo Guittoni d’Arezzo), mentre P ed U presentano una patinalinguistica, a parer nostro stratificata. Infatti, P offre occorrenze linguistichedi sicura provenienza transappenninica, mentre U, da una base sicuramentenon appartenente alla Toscana occidentale, tende a spostarsi verso i dialettimediani (il ms. U, inoltre, probabilmente non fu esemplato, come spessoaccadeva per i mss. della Biblioteca di Federico da Montefeltro, a Firenze,bensì, se ci si basa sulle sue miniature, direttamente ad Urbino). Dunque,dovendoci affidare ad un ms. per la restituzione formale, ci attesteremo ten-denzialmente su Ad, che, sebbene sia un codice di metà Quattrocento e, dun-que, sottoposto ad una naturale ed inevitabile influenza fiorentina, è l’unicoche, appartenente ad un gruppo (�8) che sembra aver evitato ulteriori pas-saggi occidentali, ci dia una qualche garanzia di sicura provenienza aretina.

Detto questo, è bene sottolineare che la tradizione nella sua varia lectio,come abbiamo già visto per alcuni casi di congettura nelle tavole della clas-sificazione dei testimoni, può comunque nascondere tratti aretini o riporta-bili all’usus scribendi di Mino di Vanni; tra di essi vi è, a parer nostro, ancheil tratto, ben attestato ad Arezzo, dell’assimilazione in fonosintassi dellepreposizioni articolate composte con en (del tipo e·l, e·llo, e·lla... per‘nel’,‘nello’, ‘nella’...). Infatti, osservando la tradizione, ci siamo resi contodel fatto che le preposizioni articolate con en non vengono generalmente

54 Infatti A è attribuito ad un copista lucchese, mentre R1 e S1 contengono entrambi la dedica aTommaso, «antico fiorentin de’ Rondinelli» (sebbene in R1 essa sia aggiunta da una mano diversada quella che verga il testo), scoprendo un passaggio di tali mss., e probabilmente del compatto gruppo�2, nella città di Dante. L, invece, non potrebbe comunque essere preso in considerazione per larestituzione formale, dato il suo stato lacunoso.

55 Il copista principale di S, infatti, è Simone di Dino Brunaccini da Firenze (ed anche B, strettocompagno di S, presenta una patina fiorentina), mentre quello di R è Bartolomeo Massoni da Lucca.Basti invece guardare l’apparato critico a VII, 115, per vedere che al posto di un a salir �3 e R3mettono a testo salitte, denotando un passaggio occidentale nel loro ascendente.

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comprese dai copisti non aretini, i quali, sebbene sui loro esemplari trovas-sero scritto, ad esempio, ello, o lo leggevano come derivante da e lo, oppure,capendone il senso in base al contesto, lo trascrivevano sulla propria copianella forma nello. Dunque, tutte le volte che nella tradizione abbiamo ri-scontrato una simile situazione, abbiamo provveduto a ricostruire le prepo-sizioni articolate derivanti da en + articolo.

Per quanto riguarda l’apparato, dato il numero non esiguo dei mss. edefinitivamente appurato che per la forma ci si affiderà tendenzialmente alms. Ad, si deve precisare che esso è normalmente negativo, tolti i casi in cui,di fronte ad un’accentuata molteplicità di esiti nella tradizione, ripetere inprincipio la lezione adottata con il relativo latore sia apparso opportuno eperspicuo. Dunque, tranne che in quest’ultimo caso, le lezioni in apparatosono poste secondo l’ordine alfabetico delle sigle dei gruppi o dei mss. che letramandano; inoltre, in esso non compaiono né le lezioni singolari né quelledelle coppie di mss. più basse, considerabili alla stregua di lectiones singu-lares, a meno che non siano utili per giustificare la lezione adottata. Si pre-cisa, poi, che la lezione riportata in apparato corrisponde, per la forma, allalezione del primo ms. citato dopo di essa e, nel caso in cui la lezione siaquella di un particolare gruppo, essa segue la forma del primo ms. da sini-stra nello stemma, facente parte di tale gruppo. All’inizio dell’apparato diogni capitolo, poi, si indicano i testimoni in tutto o in parte assenti. Infine,riguardo al testo, avvertiamo che per le citazioni della Commedia, che l’au-tore stesso denuncia esplicitamente e isola come tali, e per il termine sinde-resis, che consideriamo una traslitterazione, abbiamo utilizzato il corsivo.

CRISTIANO LORENZI BIONDI

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Capitolo I

1 Nel mezo del camin di nostra vitatrentacinque anni se ’ntende vivendo,se prima per altrui non c’è impedita.

4 La selva oscura l’ignoranza intendodi questo mondo miser, tenebroso,là dove noi entram nulla sapiendo.

7 La via smarita è ’l seguitar viziosoderetro a’ vizi e’ qua’ fugir si dennopiù che·lla morte da l’om virtüoso.

10 E benché in questa selva tutti sienno,pur le vertù ci sono e ’l ben morale,qual seguitar si den per chi ha senno.

13 In questa valle oscura temporale,quando da prima ci mettiamo el piede,comprender non si può per uom mortale.

16 Sonno s’intende per chi non si vede

desunt F, L (vv. 53-55, 67-84) 0 Incominciano le chiose et esposizioni sopra la primacantica della Comedia del Poeta Dante Alleghieri da Firenze la quale è chiamata Infernoscritte breuemente per rime uersificate per lo Nobile huomo messer Busone da Eugubio �,Incipiunt glose eximij legum doctoris domini Iacobi filij dantis allegherij de civitate flo-rentie vulgarizzate per ipsum rictimando A, Incipit close mini vannis de aretio super in-fernum dantis Ad, Inchomincia le chiose sopra la prima chantica di Dante chiamata Nin-ferno C, Incomincia le chiose e·lle spositioni brieuemente sopra la conmedia didante co-miciando dall’inferno et finendo nel paradiso. Nel mezzo del chamin di nostra vita tren-tacinque Annj L, Compilata per messer Iacomo figliuolo didante Allighieri da firenze Aintelligentia di coloro che·ssi dilectano di volere sapere e intendere Dante L1, Qui comin-cia le dichiarazionj di dante alleghierj in terza rima compilate per Mino divannj lanaiuolocittadino d’Arezzo M, Qui si noterà l’effetto di tutti e’ chapitoli del libro di dante fatti perlo figluolo detto messer iachop (sic) N, Negli ’nfrascripti versi e rime distintamente scrip-te si contene la summaria intencion de ciascun capitolo del libro de l’inferno del dante eciascuna parte pone la Intencone summaria d’uno capitolo P, Hec est tabula super primolibro Dantis qui vocatur Infernus facta a Iacobo eiusdem dantis filio R, Incominciano lechiose et sposizioni breuemente fatte sopra la prima canticha della commedia del poetadante allighierj dafirenze la quale chanticha è detta inferno scritto per rittime uersificha-te. incipit feliciter R1, Opus Mini vannis de Aretio Super tres libros Dantis R2, Terzomodo sposto il primo libro Inferno della cantica didante S, Chiose sopra la prima canticadi dante alighieri S1 2 se ’ntende] sentendo e (om. e L1) �4 (-N) L1, se intende M,se intendo P, s’intende cett. 3 c’è] è Ad R1 7 è ’l] il R2 R3, a P, lo U 8 deretro]dentro �4 �8 (-P); a’ v.] da v. �4 M 10 sienno] senno �6 R R2 11 e ’l b.] al b. �2(-B) �6; morale] mortale Ad L1 12 qual] le quale (qua M) �6, e la qual Ad; den] dee�4 (-An), de �7 (-M) A An L1, dia Ad R3, debbono L, deono M, die R2 14 da] di L1S R2, om. da U; el] e R2, y U; piede] piedi U 16 sonno] se (e M) non (no P) �8, o nonL1; per chi] perché L1 U

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 135

di vizio in vizio al fondo ruinandodove mai lume di vertù non fiede,

19 pur la favilla strema scintillando,che non si spegne mai nell’omo al tutto,sinderesis Tommaso chiamando.

22 Perché non fusse tra ’ vizi distrutto,alcuna volta gli mostrava el montedelle vertù e·lla valle del lutto.

25 Li razi del pianeta son le contelucide spirazion della ragione,che guida bene altrui co lieta fronte.

28 Paura intendo la grave offensioneper la pena che segue; el forte passoè di lasciar la mala oppenïone.

31 E è sì forte e dur questo trapassodal male al ben passar, ché, qual el passa,più volte stanco si ritruova (lasso!),

34 lassato i vizi, pensando le passa;del male adoperato l’uom pentuto,al cor del cor la paura trapassa.

37 Già vago Dante del chiaror veduto,cioè d’alquanto spiro già ilustrato,si dispuose a·ssalir, sé conosciuto;

40 e, come cominciò, fu contrastatoda tre principal vizi figurati,più volte da·llor viste impaurato.

43 La lonza maculata son gli aguatidella lussuria con sua dipintura,da cui gli uomeni son più stimolati.

46 E pone ’l tempo di più sua natura

18 fiede] siede � Ad R1 R2, funde U 19 pur] per �2 R2 20 nell’omo] nell’unoAd, nel luogo N R2 21 sinderesis] sinteresis � (-A) l, sinderis Ad, sindiresis An, fincherofis M, serederesis P, sindeus R, sindresis R3, sin che lachesis U; Tommaso] san tommasoc. � (-A), tommaso lei c. �1, rimase c. (chiando M) �6, thomaso va c. A, rimaso c. Ad, etomaxo c. L1, per nome c. R2 22 tra ’] da (da tui B) �1 L L1, trai �1 An G, tra·lli �7(-U) 24 delle] della �; e·lla valle] e·lle valli �5 26 lucide s.] luci (luce G U) d’is.(d’es. G U) Ad G U 27 guida] guidano � (-A) 28 intendo] entende P S 32 dal]di G, del l 33 lasso] e lasso �7 G L L1 R2 R3 S 34 lassato] lasciando (l’assaltoP) �8 A L, lassati l R2 S1, lasciate G; i] om. i �2(-S) P; pensando] passando �3 R; le] li� (-P R3) R2, la L1, lo R3 35 del] dal �7 (-U); adoperato] adoperare (operare M) �6A 36 del cor] dal core �4, del corpo �7; paura] pena �6 37 del] dal An R 39 a]al R1 R3 S 40 come] com’ei �1, com’el �1, come e’ R1 R2 41 principal] principii(principi B) Ad B 45 gli uomeni] li ziuvini P, e giovani R2

CRISTIANO LORENZI BIONDI136

di primavera bella, quando el soledipigne el mondo di nuova verdura,

49 quando la sua vaghezza i gioven toleda ogni buono studio e li rivoltae li trascorre dovunqu’ella vole.

52 La vista del lion rabbiosa, sciolta,co·lla test’alta pon per la superbach’è·lla magior età più fiera e molta.

55 La lupa magra, bramosa e acerbaè l’avarizia crudele insaziantech’e’ vecchi più la sua brama disnerba.

58 Queste tre fiere impauravan Dante,per cui più volte da’ pensier moraliquasi rivolse, per tornar, le piante;

61 e, mentre ritornava tra i bestiali,Vergilïo gli aparve, che levollodinanzi ai volti di quelli animali.

64 Vol dir che, com’el suo libro studiollo,li vizi cominciò a rilasciaree, per aprender virtù, seguitollo.

67 Vergilio dice che, per aquistareonore e fama, lassò la sua terrae venne a Roma per meglio operare;

70 e gli predice che tra terra e terraun duca nasce, ch’e·ciascuna villad’Italïa torrà ogni sua guerra,

73 per cui morio la vergine Camillain aiuto di Turno contro Enea,come più altamente ne distilla.

76 Della morte di Turno, che volea

47 bella] et bella �2 (-S) 49 i] a �5, in M; tole] tolle �2 (-S) R2 R3, bolle M50 rivolta] involta �5 (-�1) 51 vole] volle M R3 52 del] di un �; sciolta] et sciolta(et forte B) �1 � (-Ad) G 53 superba] superbia � (-�3 P) G L1 R2 54 ch’è·lla]che·lla �5 (-R) Ad M, che la � �7 (- M) G L1 R, ch’è alla l, ella R2; età] e·lla �1, era �5(-�1) Ad, città M; più] e più Ad; e] om. e �5 (-An) Ad, amolta M, rinolta P 56 insa-ziante] e insatiante L1 S 57 ch’e’ vecchi] ch’a’ vecchi �4 (-B), che ni vecchi B, ne’vecchi L, i·nne’ vecchi R3, che lo ’nvecchi M 59 per cui] per quai (qual A, le quali L)� G, perché Ad B R3; morali] mortali Ad P L1 61 ritornava] ruinava �� 62 gli]om. gli R3 U (R3 scrive li e poi lo elimina); che levollo] e·llevollo L R2 S, che ellevollo P63 ai volti] al volto � L1 R2 66 per a.] per prender �2, om. per �7 (-U); virtù] virtute�2 U; seguitollo] e seguitollo (seguitolo P) �7 (-U) 68 onore] virtù � L1 R271 ch’e·ciascuna] ch’a c. � (-�1) � Ad R3 S 72 torrà ogni] torrà quivi (via B, quiniR) ogni (om. ogni R) �2

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 137

per sua moglie Lavina del bel viso,a·ccui lo regno latin sucedea;

79 de’ duo compagni, l’uno e l’altro anciso,raconta e nòma, lor fama cantando,l’uno chiamato Uriale e·ll’altro Niso:

82 questi fur morti, e’ nimici incontrando,e volsono amendue prima morireche l’un campasse, l’altro abandonando.

85 Poi più studiando secondo suo dire,rassicurato dell’autoritatedel suo maestro, Dante prese ardire.

88 E dove dice Muse, or m’aiutate,chiama le condizion che dee averechi vuol cantar dell’alte cose state,

91 laonde possa degnamente empiereel suo concetto di quella eloquenzach’e·ll’alta sua materia si richiere.

94 E qui dimostra entrare con temenza,lo ’ngegno richiamando co·lla mente,che gli dimostri tutta sua potenza;

97 dicendo che, se Enea, padre eccellentedi Silvïo, l’inferno avea cercato,e san Paölo ancor sensibilmente,

100 che·ssu dal sommo Dio era ordinatoper grande ben ch’avenir ne doveain tutto l’universo a ogni stato,

103 provando come di lui conveniaprincipio aver l’imperïo romano,

77 moglie] isposa �7 (-U); del b.] dal b. �8 (-M) R3 79 anciso] a ucciso R2 R380 e nòma lor] i nomi lor (loro nomi U) �5 �6 R2, in ogni (inonj P) lor Ad P, e nomi lorL1; cantando] contando B R2, laudando P 82 incontrando] scontrando Ad L1 U85 suo] il suo � (-A) Ad P 86 dell’a.] dall’a. �(- �2) � Ad L1 M R R2; autoritate]aversitate �5 87 del] dal �1 R2; Dante p.] andare p. P, d’andare p. R2; ardire] a dire�3 A L1 R3 88 Muse] musa P R3 93 ch’e·lla alta sua] ch’all’alta sua (add. granL1) � � Ad L1 M R2, che·lla (ch’alla An) sua alta (che l’alta sua U) �5 U, ch’alta sua P;si] om. si �5 M L1, de’ U; richiere] richiede �1 A G L1 R1 R2 R3, richiedere R, chiarireU 94 qui dimostra] mostra �, quivi mostra N; entrare] d’e. � � B N 95 richiaman-do] dichiamando (declamando �1) �5 96 dimostri] dimonstra L L1 P 98 cercato]cerchiato R R2 99 san] santo �5 (-N) �7 (-M) A L1 R2; sensibilmente] similmente �7100 era] fu �1 �7 (-U), è R 101 per] per lo (aggiunge in interlinea il R3) �1 �7(-U)L1 R3; ch’avenir] che venir (scrive do prima di venir R3 e poi lo biffa) L N R3 U, che adover B, ch’uscir M, che avere P 102 in tutto ... a o.] a tutto ... in (a N) o. �5, in tutto... et o. Ad, per tutto ... i·nno. M, in tutto ... e in o. U 103 di lui] da·llui �5 U, delirj P

CRISTIANO LORENZI BIONDI138

qual tutto el mondo in ordine mettea,106 anco l’onor ch’al Santo Padre umano

di santa Chiesa ne dovea seguire,pastor spiritual d’ogni cristiano.

109 E·sse l’apostol Dio vi lasciò ire,tutto avea fatto a dar testimonanzacome le colpe son fatte punire,

112 perch’e’ cristian n’avesson dubitanza;onde la fede n’ha preso conforto,Dio conoscendo di tutta possanza.

115 Dunque ciascuno a fine di buon portofu consentito da Dio loro andatae l’un con l’altro amaestrato, scorto.

118 Questa quistion fa Dante in sull’entrataal suo maestro, come qui procede,l’anima sua tenendo impaurata:

121 ma io perché venirvi? O chi ’l concede?Io non Enëa, io non Paulo sono;né degno a·cciò né io né altri el crede.

124 Risposto a Dante Vergilïo bonoper la promessa che di sé profersecon atto grande e magnanimo sòno,

127 al suo voler sì tutto si converse,ch’al tutto lui seguir come maestro,com’a signor, com’a duca s’offerse,

130 oltra seguendo suo camin silvestro.

Capitolo II

1 Passato Dante la scura ignoranzadov’egli avea lungo tempo dormito,di seguitar virtù prese baldanza.

105 qual] il qual Ad M 106 anco] ancor �2 � (-M); ch’al] ch’el � Ad N U 107 di]da �5 P 109 Dio] di Dio L P; vi] lo G, il l 112 dubitanza] doctanza P R2,ridoptanza B 115 ciascuno] a ciascuno �� 116 consentito] consentita l R R2 R3117 con l’a.] e l’a. Ad R2; scorto] et (è G) scorto B G M R3 118 in sull’e.] nell’e. �4120 tenendo] temendo � �8 L1 121 venirvi] venire Ad M R1 R2 123 né d.] me(corr. in né R2) d. �2 R2 S, ma B 124 risposto] rispose Ad G R2; Vergilïo] per Virgilio�1 M 125 la promessa] le promesse � L1 R2 127 sì] se �3 L1 R R2 U, om. sì �7(-U) 128 ch’al] al L M, del L1, et al R Udesunt F, G (vv. 31-36, 124-39), l (vv. 31-36), P (vv. 135-37) 1 passato] passando�1, lassato (lassata ha U) �7 L1

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 139

4 Raconta come dal sommo infinitola prima luce piove nella mente,qual come vien non fu mai proferito,

7 però che vien dal sommo sapïentesubito, tanto e sì per suo volere,che non la può veder occhio vivente.

10 Come si venga dal primo piacereel primo moto qua giù non si sape,tant’è adentro nel divin vedere.

13 E perché a nostra veduta non cape,la forma sua ombrata dallo stile,che prima insegn’a·ffare ’l mele a l’ape,

16 nome non ha, se non donna gentile,prima venuta nella fantasiache non ce n’acorgiam, tant’è sottile.

19 La seconda divina cortesiache piove dentro al nostro intendimento,Dante la chiama per nome Lucia,

22 ché, riceuto el suo avenimento,cominciamo a veder quel ch’è ragione,e quest’è luce di provedimento.

25 La terza donna, ch’a·ssua petizionescese dal Ciel nello ’nferno al poeta,che ’l soccorresse col suo bel sermone,

28 quest’è la donna diletta e discreta,di tutte l’altre più sprendida, pura,la cui chiarezza passa ogni pianeta,

31 penetrando de’ ciel ciascuna altura,Beatrice chiamata sua biltate,interpetrata divina scrittura.

4 sommo] sonno �6 � N U 5 piove] i piovve �1, piovve A L1 6 vien non fu mai]viene ne (venne non �1) fu �5, venne non fo mai G; proferito] partito G, preferito l 8-9 t. e sì p. ... / che non la p.] t. sì p. ... / che no·llo p. �1, t. sì che p. ... / che no·llo (nolM) p. �3 �6, t. che p. ... / nullo la p. Ad, t. che p. ... / che non lo p. R R3 12 adentro]dentro � (-�2) �6 B R3; nel] dal (del L1) �5 M L1 13 perché] come �; e perché anostra veduta non] e perché innatural vedere non �1, et perché a (om. a N) natura vedutanon �3, e perché a nostra virtute non Ad, e perché da natura non si R, e per a naturaveduta non R3 14 dallo] di lo P, dello R3 18 c. non] c. noi �1 �5 (-N) A Ad R226 nello ’nferno] all’inferno R2 R3 27 che ’l s.] che s. �1 R2 U, che·llo �5 L; soccor-resse] soccorse �5 L M, sicoresse U 28 e] om. e �4 A R2 29 pura] e pura Ad BG L M N R2 R3 31-36 om. �� 31 de’] da �5(-�1) L, ne’ Ad 32 chiamata] ec. Ad M 33 interpetrata] et interpetrata �1 A, enterpetrata L1 R1

CRISTIANO LORENZI BIONDI140

34 Questa beata con sua chiaritateVergilio mandò ch’aiutasse Dante,mostrando gli occhi suoi pien di piatate.

37 Ciò viene a dir che, le sue luce santeVergilïo studiando, nello ’nfernodelle cose di Dio mostrò alquante,

40 ma non ché conoscesse el ben etterno,però la forma con piatoso viso,quando gli mostra lo’nfinito ’Verno,

43 serbando el lume del suo chiaro riso,dove chi segue lei convien che rida,di tutta gioia pieno in Paradiso.

46 A’ preghi suoi Vergil fatto sua guida,non vuol dir altro che e·l suo trattatodi Vergilïo Dante più si fida,

49 ché mai non fu poeta coronatoche dell’inferno cotanto cercassequanto Vergilio, poeta onorato.

52 E di lui Dante studiando, ritrasseper lo più alto poeta eccellente,che mai di tanta materia cantasse.

55 E però, come suo vero studiente,tenne ’l suo stil per lo più alto e bello,come a chi ’ntende mostra chiaramente,

58 trovando prima u·nobile castello,sette volte cerchiato d’alte mura,difeso intorno d’un bel fiumicello,

61 con grande prato di fresca verdura,dov’erano i filosafi e i poetico molti savi antichi di natura,

64 i quali non passar sopra i pianeti,

35 Vergilio mandò] mandò (m. ad A) virgilio � N R2 38 Vergilïo] a virgilio � (-A)40 ché] ch’ei �1, ch’el (ello U) �7 (-M) 43 riso] viso �2 �5 (-�1) Ad P 45 g.pieno] g. piena (piena g. �1) �5 A U 46 a’ preghi suoi Vergil] Virgilio ai prieghi suoi�2 G P; fatto sua] fatto �2 A, fu suo Ad, è fatto L, fact’è suo L1, facto è suo R2 47-48 a. che e·l suo t. / di V.] a. nel suo bel (om. bel M) t. / che di v. � M, a. che nel suo t./ di v. �5 � L1 U, a. qui nel suo t. / che di v. Ad, a. se non ch’el t. / di v. P R2 49 co-ronato] incoronato �5 P 51 onorato] incoronato B, choronato R 52 di lui] da·llui�1 �7 (-U) L1 R2 54 cantasse] parlasse �5 55 studiente] studiante �3 Ad L M,studente �7 (-M) G L1 R2 56 t. ’l] om. ’l �1 �6; s. per lo più alto e b.] s. come piùalto e b. �1, s. altissimo più b. P R2 57 a] om. a �4 (-B) 61 con grande] con ungran �1 Ad M N R2, e un gran L1 62 i f. e i p.] i f. e p. �3 L L1 R1, f. e p. �7 R2 R3,e f. cogli altri p. Ad, f. e i p. R 63 di n.] per n. A R3

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 141

e, se passar, non uscir delle stelle,presi da esse, come pesci a·rreti.

67 Le sette mura d’intorno alte e bellele sette liberali arti ragiona;le porte e modi donde s’entra a elle.

70 El prato verde figura, consonala onorata lor vivente fama,che per lo mondo virtüosa sona.

73 Dice erba verde, non pianta, non rama;dice castello, non dice cittade,per dar chiarezza del vero a chi l’ama.

76 Secondo el lume della veritade,le scïenze tutte non sono degne,quanto si sien di grande autoritade,

79 sanza la ’nsegna di tutte le ’nsegne,sacra teologia santa e perfetta,ch’alla Città del Ciel sempre ci pigne:

82 quest’è la vera, beata, dilettaGerusalem – e gli altri son castellirispetto a lei – du Dio sempre ricetta.

85 E per questa ragion ne’ suoi dir bellipon che sia erba verde sanza pomi,sanza mai fiori o ramuti arborscelli,

88 però che sanza Dio han solo i nomien questa vita e’ savi naturali,

65 sopra i p.] sopra p. An L1 M S, di sopra a’ p. Ad 66 esse] essi (esi Ad) Ad G R,quelle L1; pesci] pesce Ad U, uselli P; a·rreti] a·rrete (poi corr. in a·rreti) Ad, da rete M,da reti P, a rete R3 67 alte] alti �7 (-M); belle] belli P 69 donde] onde �8 (-U),come G N; a elle] in quelle G, a quelle L1, covelli P 70 figura c.] figura e c. �4 (-An)�6 L1 R2 72 virtüosa] vertuoso G M 73 erba verde] erbe verde (verdi R) �274 non] e non � (-L) �1 � P 77 degne] digne �7 (-M) 78 quanto] quante �4; sien]sanno �2; di g. autoritade] di g. nobilitade �4 80 sacra t. santa] santa t. sacra �1,sacra t. sacra �5 (-�1) M, santa t. santa L L1, tutta loigia scripta sinza P, t. sacra santaR2; e p.] om. e �2 An R U 81 ch’alla] che·lla N, che la �7 (-M); ci pigne] ci spigne(spinge G R3, spegne l) �5(-N) G l, c’impegne A, c’impigne L1, c’insegna N, se spegne P82 la vera beata d.] la bontà vera e la d. �1, la vera bontà e (om. e Ad) d. �3 Ad R, labuona e vera (vera bona U) d. �6, la vera cittade (add. -de in interlinea ) d. R3, la cictàla vera più d. P, la vera città più d. R2 83 Gerusalem] gerusalemme An, yerusalemmeR; e] om. e �3 �8 (-M) L1 R ; gli altri] l’altre � L1 P; castelli] castella A L1 84 r. alei du Dio] r. dove idio L1, r. a·llei dove iddio R2, r. a·llei u·ddio R3, r. a·llei da dio � �3�6 � R, r. a·llei che dio �1, r. a quella di dio Ad, u respecto a lei de dio P; sempre ricetta]ben benedecta A, tutto ’l ben ricetta Ad, sempre recta P 85 belli] bella A L1 86 e.verde] om. verde (quivi sia e. R3) Ad G R3 87 mai] om. M; fiori] pomi �2, om. M; oramuti] e ramuti (rametti U) �7 (-M) L1, om. e M; arboscelli] arbucella A, a arbuscielli M

CRISTIANO LORENZI BIONDI142

sì come apertamente intender pòmi.91 Gli altri più su sopra celestïali

teologi hanno quel giardino adorno,ch’asa’ ci abonda gl’intellettuali.

94 E per lo fiumicel che ’l cigne intorno,pon la vaghezza dello studio vago,che guarda le scïenze tutto giorno.

97 Non dice fiume, non fonte, non lago,perché non ebbon abondante piova,dell’intelletto ver beato apago.

100 Poi dove canta ch’un gran veglio trovain questa forma così figurata,seguente qui sanza più altra prova:

103 la testa sua è di fin or formata,e puro argento son le braccia e ’l petto,poi è di rame infino a la forcata;

106 da indi in giuso è tutto ferro eletto,salvo che ’l destro piede è terra cottae sta in su quel, più che ’n su l’altro, retto.

109 Ciascuna parte, fuor che l’oro, è rottad’una fessura che lagrime goccia,le quali, acolte, foran quella grotta.

112 Lor corso in questa valle si diroccia;fanno Acheronte, Stige e Flegetonta;poi sen va giù per questa stretta doccia.

115 Questa figura per simile contale condizion del mondo varïando

91 p. su sopra] p. (p. di G) sopra � Ad 93 ch’asa’ ci abonda] casai ce abandona P,ch’assa’ ci abondan R3, che satii (sazii M) abbunda �2 � M, che satia et inonda (mondaS) �1, che sazi abbonda �3 R, che abbondan sempre e A, che sazii v’abondan Ad, che satijhabundam L, che sempre abonda L1, che satia et abonda R2 U 94 per] però G P; che’l c.] che c. �7 � A R R1 96 tutto g.] notte e g. �, tutto il g. G R2 97 dice] dico�4; fiume non fonte] fonte non fiume � (-A) R2, fonte fiume non fonte P; non fonte nonlago] né (non N) fonte né·llago �6 N 98 e. abondante] e. l’abundante � Ad P L1 R2100 dove] quando �2; canta] conta �1 M; ch’un] un S U 102 s. più altra p.] s. far piùp. G, s. farne altra p. R2 103 è] om. è �2 M 104 e puro] puro M S 105 ala forcata] a la ’mforchata Ad R, allo ’nforchata L1 106 giuso] giù �5 �6 A L1 R2107 destro piede] destro piè �3 Ad L L1 R2 R3, piè diritto M 108 in su quel] om. in� An L1 R3; ’n su l’altro] om .’n Ad An L1 R3 S, in l’altro P, nell’altro R2; retto] eretto�1 �8 (-P) L1 R2, ricto P 112 lor corso] lo (il G) corso �1 G L U, lo scorso l 114 senva giù p. q. stretta d.] se ne vanno giù p. q. d. (grotta S) � (-�7 B), se ne va giù p. q. strettad. L, se ne van p. q. strecta d. L1, si va giò p. q. strecta gocta P, sen van giù p. q. strettad. R2 116 le condizion] la condizion �7 l

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 143

da più vertù, a men d’onore, ad onta.118 D’or fo la prima sviziata operando

sana, diritta; tutte l’altre rotte,d’una fessura lagrime gociando.

121 Ciò son le operazion tanto corotte,ch’a poco a poco, a goccia a goccia quasi,racolte ’nsiemi per valle e per grotte,

124 fiumi son fatti di pianti malvasi,oribili, diversi, pien di fumi,per tutto el mondo deluviando pasi.

127 Venuto pegiorando de’ costumi,dall’oro a l’arïento, al rame, al ferro,qual sarà fin degl’umani volumi?

130 La terra cotta, credo, e ’n ciò non erro,è ’l santo tempio del figliuol di Dio,nella cui fede tutto mi sotterro,

133 qual tempio santo trasse con disiodel prezïoso tempio di Maria,nel quale Dio e om per sé unio,

136 cotto dal sol di tutta Signoriadello spirito santo, in cui fondatidiritti siam, seguendo la sua via;

139 e questo è ’l piè che ci tien dirizati.

117 da più] di più �5, om. da P; virtù] virtute � (-A); a men d’onore ad o.] ad mend’onor ad o. A l R1 R2, a meno onore ad o. (adotta L, ad onda R3) �1 L R3, di m. honoreet d’o. �1, di meno honore ad o. �3 R, a meno d’onore e d’o. Ad, a men da honore ad o.G, da meno d’onore e d’o. L1 U, da meno dono conta M, ad mun d’una ora adenta P118 p. sviziata] p. isviziata (sviziata L1 R2) Ad L1 R2, p. senza vizio � �, p. età santa(om. santa R) �2, p. satietà �3 R3, p. iscienza (scientia U) �6, p. esenciata P 119 di-ritta] dritta Ad R3; tutte] e tutte Ad M 121 ciò] cio è Ad, cioè L; tanto] tante L N,tutte R3; corotte] corette Ad P 123 racolte ’nsiemi] raccholti an (anno acholti L,raccolte in �) fiumi � �, raccolte (raccoglie M, raccolli P) insieme (insiemi Ad, sieme P,hasieme U) � L1 R2; valle] le valle A, la valle Ad 124 pianti] pianto �2 R2 125 pien]e pien �3 B l; fumi] fiumi (fummi R) � (-M P S) l R2, fume P 126 pasi] acasi � l, passiAd, pagi L1 P, sparsi R3, rasi S 129 umani] uomini L M 130 e ’n ciò] in ciò �5(-B N) A l U, che ’n ciò Ad, e ciò B M, se de ciò P 131 tempio] corpo P R2 133 qual]quel �1, el (il M) qual Ad M, la qualle P; tempio santo] om. santo �5 M, om. tempio santoAd P, corpo santo R2; con d.] con sommo d. �4 (-B), co molto d. Ad B R3, per devim d.P 134 p. tempio] p. corpo �4, p. ventre P R2 135 nel quale Dio e om per sé unio]nel quale idio et omo perfetto unio � l, nel quale iddio sé con l’uomo unio �1, nel qualeidio in sé e uno iddio �3 R, nel quale idio (add. tanto R3) in sé unio �6 R3, el vero iddiodi dio in sé unio Ad, nel quale dio idio in sé unio L1, nel quale idio e huomo a·ssé unio R2138 diritti] directi �1 l

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Capitolo III

1 Quanto più posso, per abrevïare,mi stringo per passar questo quaderno,così corendo, come qui appare.

4 Nove so’ i cerchi principal d’Inferno,secondo d’uno in altro quinci entrando,fino all’abisso del profondo ’Verno.

7 Primo Caronte, l’entrata guardandoCaron dimonio, el quale è ’nterpetratosanza salute, gli spirti fiacando.

10 El secondo ai carnali è diputato:Minòs el guarda, fier giudicatoresanza piatade sopra ogni peccato.

13 Nel terzo de’ golosi è punitoreCerbero can che con tre gole sghioccia,che vien a dir crudel divoratore.

16 Nel quarto è Pluto co·lla voce chioccia,che tanto vien a dir quanto avarizia,fame di terra ch’ogni cosa ingoccia.

19 E·l quinto è un pantan pien di tristizia,Flegïàs dimonio che e’ tristi passa;e tristizia se ’ntende sua nequizia.

22 E·l sesto è la città che mai non lassachi v’entra requïar, Dite chiamata,cioè richezza, di tormento grassa,

25 da furïe infernali abitüata,

desunt An (vv. 30-32), B (vv. 30-32), F, G, N (vv. 30-32), R (vv. 30-32), R2 (vv. 140-42),S (vv. 30-32) 4 nove so’ i] nove son �2 L1 M R, son nove i (om. i S) c. A l L S, nonvi (om. vi P) sono i (om. i P) Ad P, nove sono i An B R3 U, sol nove c. N, nove suoi R25 secondo] scendendo (scindendo B) �1 R2, seguendo �7 (-M) L1; d’uno in a.] d’uno eun a. An, l’uno e l’altro P, uno e un a R, d’uno et (poi biffa et) i·nnaltro R3 7 primo]prima �8 (-M) L S, il primo M; p.] p. è � (-�8 S) l; Caronte] accheronte �1 A 9 fia-cando] ficcando l, ficando U 12 piatade] piata (pieta L R2 U) �8 L R2 R3 14 che]om. che A P; sghioccia] glisghioccia R2, chioccia l, schioccia �1 A, croccia �1, schacciaAd, aschoccia An, sciaccia L, schiaccia L1, astoccia R, scioccia R1, ischoccia M, aschoccaN, licghioccia P, ascaccia R3, scoccia U 18 ch’] om. ch’ �1 N 19 e·l] nel � l, il (elAd L1 M R2) � L1 R2 20 F. d. che e’ tristi passa] f. d. che tristi trapassa L1, f. d. chee tristi passa R2, f. d. i tristi passa P, per quel (quello L U) f. d. i (om. i U) tristi passa �(-�2) �6, per qual (quel S1) f. (Hegias l) d. che i tristi passa �2 l, per lo qual f. d. passa�2, per qual (quel R3) f. d. i tristi passa �3 R3, per quel f. d. il tristo passa Ad 21 se’ntende] sentendo �7 (-M), sente Ad, s’intende cett. 22 e·l] lo �1, el � (-B M R) l L1R2, il �2 (-S) L M, nel A R1; è] om. è l R3 24 tormento] tormenti �6 l L

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 145

cioè Megera, Tesifone, Aletto,ciascuna pien di serpi, insanguinata,

28 in atto feminil di fiero aspetto,indimoniate, crudeli, gridare,escapegliate battendosi el petto.

31 E vien a dir, lor nome interpetrare,delle tre maledette gridatrice,mal cogitar, mal dir, male operare;

34 Medusa Gorgon, tra queste infelice,crudele ostinazion di tutto male,morte, di tutto bene ispegnitrice.

37 Settimo guarda quell’ira infernaledel Minutauro, i tiranni costretti,che vien a dir feroce ira bestiale.

40 E questo si divide in tre cerchietticon varïati angosciosi flagelli,pien di diversi spirti maledetti.

43 L’ottavo serra i frodolenti felli,du guarda Gerïon co le molt’arti,serpente falso, dipinto a nodelli.

46 E questo si divide in dieci parti

25 da f.] dalle f. �1 R2, e·dda·ffurie N; i. abitüata] i. ella è abitata l, i. habitata L, i. èabitata M 26 cioè] om. cioè �1 P, aletto] e aletto �1 Ad L 27 pien di serpi] pienadi (om. piena R S, om. piena di P) serpenti (con serpente P) �5 (-N) �7 (-M); insangui-nata] ensanguinata �2 29 indimoniate] indemoniati �7 (-M); crudeli] crudei �2 (-S);gridare] gridare l L1, sempre gridare (s. an gridate L) �, gridatrici �4, gridate Ad, agia-dare M, a gridare P R2, sgridare R3, aghiadiati U 30-32 om. �4 30 escapegliate]scapiglate (scapigliatedosi R3 che poi espunge -dosi) � l R3, e ischapegliate Ad, ischape-gliate L1, iscapigliate M R2, escapiati P, e scapegliate U 31 nome] nomi � L1 R2;interpetrare] interpetrate Ad L, interpetrato U 32 gridatrice] gridatricie M, guidatri-ce U, gridatrici cett. 33 m. cogitar m. dir] m. dir m. cogitar (cogittar B) �1, m.pensare m. dire �6, m. dire m. pensare P R2; male operare] e mal concepto �1, ogni ef-fetto R 34 medusa Gorgon] gorgone medusa �, m. grogo P, m. grocho R2 U; infelice]infelice �6, infelici cett. 35 ostinazion] ostinazioni (corr. su ostinazione Ad) Ad N;tutto male] tutti i mali (male U) �6, di tutto (corr. su tutti) male N 36 di tutto bene]e (om. �6) di tutti (add. i l) beni � �6 l, e di tutto bene Ad, di tutto beni B; ispegnitrice]et spegnitricie B, ispegnitrice (spingitrice U) �6 R3, spegnitrici cett. 37 settimo] el s.�8 (-P); quell’ira] quel loco (foro B) �4; infernale] bestiale L M P 38 del] di � (-L)l, lo �1, dal L1 39 feroce] crudele �5; bestiale] infernale (infernali M) � (-�1) L,(add. et B) mortale �1 41 angosciosi] e a. �8 (-P) L 43 serra] guarda � (-A)44 du guarda] du g. �3, u g. �2, dove g. A l M R3, ove g. Ad R2, quai g. B, om. du L, liquarda L1, bugiarda P, di quardia R, i qua g. S, si g. U; molt’] molti �1 �5 (-B R) Ad,molte cett.; arti] arte �7 (-M) 45 serpente falso dipinto] serpenti fa homo depinti P,serpenti falsi dipento U 46 parti] parte U

CRISTIANO LORENZI BIONDI146

di peccator, prendendo tutto el fondo,per male bolge tormentati, sparti.

49 Questo serpente dipinto, profondo,di nodi e di rotel proprio figurale falsità colorate del mondo.

52 Ciascun si cuopre di fitta pintura,la vista del serpente nascondendocon quella dell’agnel che mostra pura.

55 El nono pozzo cupissimo intendocon alte ripe d’intorno, e per essefitti e’ giganti, lor Dio ripremendo,

58 delle gran colpe puniti commesse,ché contr’a Dio si levaro in superba,onde convenne che Dio gli spegnesse.

61 Costoro intendo la potenza acerbadei signor grandi, ch’han Dio in dispregio,lupi divorator dell’umana erba.

64 Sotto i lor piedi è ’l ghiacciato colegiode’ traditori, e più e più gli avallasecondo colpa el divin privilegio

67 dov’ogni puzo, cadendo, divallae se raguna in tanto spiacimento,che sterco è †vituper sott’ogni stalla;

70 lì si raguna duol, pianto e lamento;li quatro fiumi oribili, infernali,là giù ghiacciati, fan ragunamento.

47 di] de’ �4 (-S) M, dei (de i U) �7 (-M) 48 sparti] et sparti (esparti S) �1 C, sparte�7 (-M), esfacti L1, isparti M 50 proprio] propria �7 (-M) B L R3, in se l 51 lefalsità colorate] la falsità colorate L, la falsità mal operar L1, la falsità colorata P R2; del]nel �5 (- R) 52 di fitta] di finta l, d’infincta R 54 agnel] agnolo �1 R, angelo �7(-M) 55 cupissimo] chupo Ad, chupido M, cupidissimo R3 56 alte] altre P R2;d’intorno] intorno Ad P R2; e] om. e L P R2; per esse] e di fosse (difesse N) �4 (-R), e confosse Ad, e ispesse L1, e fesse M, et fosse R3 U 57 e’] om. e’ L1 R2 R3; ripremendo]riprendendo � (-M) R2, rifendendo M 58 puniti] punite �1 L R3, punire R259 levaro] levarono (add. in interlinea -no R3) Ad B L M R3; superba] superbia (biffa lai M) �8 B R1 R2 R3 61 costoro] per costoro Ad, per quisti P 62 dei signor grandi]de’ gran signori l P R3 63 lupi] lupi et B U 64 i l.] a·l. �5 (-�1) L1, om. i S; è ’l]il N R3; ghiacciato] ghiaccio S U 65 de’] di Ad L1 P; e più e più] più e più R3 S66 colpa] colpe �; privilegio] brevilegio Ad M 69 che sterco è †vituper sott’ognistalla] che sterco (add. e L, add. et R2) vituper soct’ogni s. A L R1 R2 R3, risterco vitu-pero sotto ogni s. �1, che sterco in (om. in S) vitupero vi fa stalla �1, che (add. suo U)sterco (add. e �6) vituperio sopr’ogni s. �3 �6, che sterco e vituperio obrobio e stalla Ad,che sterco pute men sotto ogni s. l, di stercho e vitupero facto anno stalla L1, di vituperioche sotto une s. P, che stercho vituperio et brutta stalla R 70 lamento] tormento �572 ghiacciati] cacciati (caccciati U) �1 l U; ragunamento] adunamento �4

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 147

73 Caronte è ’l primo de’ fiumi penali,pien di tristizia, tanto doloroso,quant’è più sotto a tutti gli altri mali;

76 Stige è ’l secondo, vïe più angoscioso,interpetrato tristizia dolente,sanza diletto mai, sanza riposo;

79 è Flegetonta el terzo, più cocente,dov’ogni ardor doloroso s’acoglieed è chiamato suo tormento ardente;

82 Cocito è ’l quarto contra tutte voglie,luto, lamento, di pianto comosso,dov’ogni morte prova le sue doglie.

85 Di sotto a tutti, nel più cupo fosso,in quattro fossi i traditor dividemonti di ghiaccio lor serrati adosso.

88 La prima ghiaccia, Caina, conquidequalunche trade prossimo parente,come fece Cain, primo omecide;

91 Antenora, seconda, ogni tradentetraditor di sua patria e di sua terra,come Antenor traditor frodolente;

94 Tolomea è la terza e questa afferraqualunche trade amico in le sue braccia,come fé Tolomeo che ’l fondo serra;

97 Giudecca, quarta: Lucifero ghiacciaciascun che trade signor che·ll’onora,come fé Giuda, ch’e·l’abisso straccia.

100 Un poco qui, lettor, m’atendi ancora:io ti dirò perché profondo gelodi sotto a tutti Belzabù acora.

103 La somma carità regna su in cielo,

75 quant’è] quanto L1 P R3 S 79 è F.] f. è �8 (-P) R2; cocente] corrente B P80 s’acoglie] astoglie An, ascoglie N, stalle R3 82 è] om. è P R1 83 luto] luttoet � �1 85 cupo] empio �4, ampio R3 86 in q.] i q. Ad L U 87 monti] morte(morti �1) �4, monte l; ghiaccio] ghiaccia (giaccia C) �; serrati] serrato �4 l 89 pros-simo] prossiman �8 L1 R2 91 seconda] secondo a �1, secondo L N R2 R3 U92 patria] parte �5 Ad P R2; e] o �1 Ad l L1 94 Tolomea] tolomeo Ad B R3; questa]questo L R1 R3 95 qualunche] ciascun che �2; in le] nelle Ad An L M R3, nili P96 che ’l] ch’al �8 An L1 R 97 quarta] quarta e Ad R2 99 ch’e·l’abisso] chel’abisso � (-L) L1 M R3, che al profondo �4, che·llo abisso Ad, che·ll’abisso L R2, che al’abisso U 101 io] et (e S1 P) �2 P; perché] perché il �5 L R2 102 tutti] tutti e�1 L1; acora] (add. e N) ancora �4 (-R) L1 R2 U, acchora (corr. su anchora) R3103 regna su] fu reina su �3, fu regina Ad, che·ffu su B, che sta su S, regina R3

CRISTIANO LORENZI BIONDI148

in tre persone etterne una sustanza,fornace ardente d’amoroso zelo.

106 Alto, possente sopra ogni possanza,tanto in etterno sanza fine altissimo,che non si può trovar magior distanza

109 che da lui sommo al più basso cupissimo,a tutti e’ ciel nimico più distante,freddo, ghiacciato, impotente, vilissimo,

112 dispetto, sozo, oscurato, ignorante,da tutti e’ pesi costretto di rabbia,vituperato, sconfitto, arogante,

115 tanto oscurato d’oribile labbia,verme corotto, fastidioso, vile;quanto era bello inanzi a tanta scabbia!

118 Ché·ll’avia fatto Dio a sé simile,con tre lucenti facce disegnatealla sua forma con divino stile.

121 Dunque non è magior diversitade,né fu già mai, né mai esser poria,che dall’inferno alla Divinitade;

124 e per natura non credo che·ssiamagior distanza che dal ghiacio al foco,né che dal sommo vero alla resia,

127 né più contrario mai tra loco e locoche dal più alto al più basso distrutto,né che dal tutto grande al più vil poco.

130 Adunque vedi che, se Dio pò tutto,che procede da lui ogni allegreza,dal suo contrario procede ogni lutto.

133 Dio somma vita, Dio somma grandeza,

104 sustanza] speranza �5 (-�1) 105 zelo] gelo R3 U 106 possente] e possenteL R 109 da lui] dal più s. �6 R3; al] om. al �5 110 a] da �1 A; e’ ciel] om. e’ �1,om. e’ ciel �5 M, tre cel U; nimico] è il nemico (è inimico R3) �5 M, el nimo L; più d.] om.più l L 112 dispetto sozo] è sozzo dispectoso et L1, dispectoso sozzo R2; oscurato]oscuro (scuro S, add. et �2 �1) � (-A) �1 Ad N U, om. oscurato L1 113 e’] om. �2L1 P S 114 arogante] incostante �1, ignorante An R R2 R3, om. arogante N115 tanto oscurato] tante oscuro L, tanto oscuro U; labbia] rabbia �3 P R1 R3 116 ver-me] quivi �1, il me �3; corotto fastidioso] pregion P, fastidioso pregion R2; vile] et vile �(-A) P, o vile �1 122 né mai] né � (-P) R2, né già P 125 dal] da B L1, tra ’l SU; al] a B L1, e ’l U 126 che] om. che B M R3; vero] bene �2 127 tra l. e l.] tra·ll.a·ll. �6 L, da l. a l. Ad L1 N P 128 dal ... al] tra ’l ... al �2 �5 (-�1), tra il ... e il l L1R2 S, tra ... et B 129 né] non �3 R 130 vedi] vide P, vede U; che se Dio] perché(che Ad) dio tutti (-L1 P R2) 131 che] e P R2 134 Dio tutto ... Dio tutto] di tutto

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 149

Dio tutto amore, Dio tutto diletto,Dio tutta pace, Dio tutta dolceza!

136 Lucifer per contrar tutto dispetto,tutto arabiato contra al sommo forte,tribulazion, tribulato sospetto,

139 sanza finir morendo tutta morte;li traditor co lui vituperati,nimici più della divina corte,

142 più dalla lunge prigion tormentati.

Capitolo IV

1 Una die notte Dante caminando,tutto ’l profondo passò dell’abisso,di qua scendendo e di lassù montando

4 per lo caduto orribile subissodal ciel di là, sì teribile bottoche di qua passa infine al mezo fisso.

7 Sceso a quel punto, ch’a tutti è di sotto,non poté scender più per nulla via,chi ben comprende; el centro ivi ridotto.

10 Dunque a passar più oltre, conveniache sottosopra tornasse voltatoall’altro ciel di là, e poi salia.

... di (e di L1) tutto Ad L1 U 135 Dio tutta ... Dio tutta] di tutta ... di tutta L1136 Lucifer per contrar] ma lucifero egli è l, lucifero contrario P R2 137 contra al]contra il B L R2 138 tribulazion] di tribulazione Ad L; tribulato] di (de U) tribulato�6, primo de dio P, pieno d’odio R2; sospetto] dispetto (et di dispetto R2) A R2, aspettoAd M, e de sospetto P; tribulazion tribulato sospetto] terribile tutto turbato et sospetto �1139 sanza finir morendo tutta morte] sanza finir morendo tutta morte � l L1, et senzafinir (fine S) in morte sanza m. �1, senza finire morte (finir mai morte N) t. m. �3, sanzafine (finir U) morte t. m. �6, in etterno morire sanza m. Ad, senza fine di morte t. m. R,sanza finire morte et t. m. R3, senza morire morendo t. m. P R2 140 li traditor] coi(co S) traditor �1, de’ traditori �5 (-�1) �6, que’ traditor Ad, lo traditore P; vituperati]vituperato �1 P, atracciati Ad 142 dalla lunge] dalla lungi � An M R R3, dalla lungha(da·ll. S) �1, dila lunge Ad, da lungi l N, della lingua L1, di longi P, da lungie U; tormen-tati] tormentato P Sdesunt F, G, L, R2 (vv. 89-105), U (vv. 35, 38-39, 48) 1 una die ’ notte] un dì e notte�6, una et due (du A) notti �2 A L1 R2, una due nocti (nocte l P) �1 �3 l P R3, una dinocte Ad, va due notti R1 3 lassù montando] di qua rimontando P, di là rimontandoR2 5 teribile] orribile �5 (-�1), forte P, grave R2 7 sceso] scese R2 U; è] om. èP S 8 poté] poteo �, potendo Ad, puote An L1 R R3, podea P, potia R2 9 ivi] iveAd U, iva M, ve P, qui R2 10 a] om. a �6 S 11 tornasse] montasse �4 12 al-l’altro] dall’altro �1 P, e poi] om. e A, sì che Ad, salia] si saglia A

CRISTIANO LORENZI BIONDI150

13 E ’l si pruova, lettor, che, se foratofusse lo spesso della terra tantoche·ssi vedesse el ciel da ogni lato,

16 tu dal tuo quinci e quel da l’altro cantogittando giù per li pozi cavatiduo pesi uguali in un subito tanto,

19 el tuo verebbe giù, se bene aguati,quanto potesse discender più giusola sua graveza, come ciò ben sa’ti.

22 Così da quel di là, per suo pertuso,verebbe verso el tuo sanza passareel suo di qua; e ’l tuo di là di suso.

25 E se pur fusse alquanto el trapassaredel tuo di là alcun poco salitoper la gran foga del suo forte andare,

28 tornerebbesi giù al propio sito,e così el suo farebbe come el tuo,tosto che ’l corso suo fosse compito.

31 Come caduto fosse ’l tuo e ’l suoal comun fine dei cavati possi,a fil dritti stariensi amenduo,

34 in sulla punta fermi, ripercossiapunto ciascheduno in sul suo mezo,quanto se fosser, piccolini o grossi.

37 Così farebbe, ché ’l contrar non vezo,se d’ogni intorno fusse ’l somigliante,ché nullo all’altro sarebbe el dasezo.

40 Giunto a quel punto con Vergilio, Dante,salir di là volendo, rivoltosse,

13 E ’l] om. ’l �2 Ad M R2 15 da ogni] dall’altro L1 M 17 gittando] buttandol; pozi] possi R, fossi R3 19 aguati] ci guati �4 20 potesse] potesser �7 (-M),potessi N R3; discender] scender (isciender M) �6 R2, asegnere P 21 ciò] tu �6, quil, ano R2; ben sa’ ti] bon sasi Ad, ben fati l, ben sai N, bene santi P, ben scuto U 22 da]di (de P U) �4 �7, om. da R3; suo] lo �1, per tuo �3 R 25 el trapassare] al trapassareAd U, altro passare P 28 tornerebbesi] ritornerebbe �4 L1, tornerebbe �8 (-P), ca-derebe giò P, richadrebbe giù R2; giù] giuso �2 N, tosto L1 29 suo ... tuo] tuo (corr.su suo R3) ... suo B R3; farebbe] sarebbe A R 30 compito] compiuto Ad B 32 pos-si] fossi �7 (-M) L1 N R3 S, pozzi Ad B M R2 33 a fil] al fin �7 (-M) R1; fil dritti]filo diritto (dricto f. L1) Ad L1 N R2; stariensi] starebono Ad, serebbeno L1 34 sullapunta] sullo punto � R2, su lor ponto L1 36 o] et A R3 37 farebbe] sarebbe BR2 39 ché] perché �1; nullo all’altro] null’altro �1 M, all’altro (l’altro R) �5 (-�1),nullo da l’altro Ad, nol di tutti P, l’uno e·ll’altro R2; el] al �2 B l M, om. el S 40 a] om.a �2 (-B)

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 151

ché non si può salir verso le piante,43 né verso ’l ciel già mai discender puosse;

per forza dunque a salir si voltoe,come dice, salendo, e agrapposse,

46 e tanto su per Lucifero andoe,che fu al sommo dell’ogni magagnatenendo e’ piè di su onde tornoe,

49 e su per essi, come per montagna,compiuto de salir, lì si rivolsee vide in su tenergli le calcagna.

52 E ’n questo mezzo el ciel tanto si volse,che già di là passava quella notte,co·lla qual quinci a discender si sciolse.

55 Così salendo su per quelle grottedi là dal mezo, quanto più salia,più s’apressava ’l dì, come dirotte.

58 La notte se n’andava e ’l dì venia,per lo girar che ’l cielo ha sempre in atto,mentre che Dante Vergilio seguia.

61 E non ti paia udir troppo gran fatto,ché, se·ttu miri l’ora la qual era,quando di quinci a discender fu tratto,

64 tu vederai che fu da prima seradove si può veder per ciascheduno,legendo co la mente salda e ’ntera:

67 lo giorno se n’andava e l’aire brunotoglieva gli animai che sono in terradalle fatiche loro; e io sol uno

70 m’aparecchiava a sostener la guerrasì del camino e sì de la piatate,

42 verso] di là verso N S 43 discender] sciender �5 R2 45 come] siccome �4, ecomo (come R2) P R2; salendo] e salendo �2 (-S); e] om. e �4 �6 R2; e agrapposse] ea-gran posse Ad L1, acrposse P 47 che] che ’i l, ch’io L1, ch’el P; fu] fui L1, fue B;dell’ogni] d’ogni Ad, de ogni B, li d’ogni L1, d’una M, de le mie U 48 onde] donde �5(-�1) l R1, dove A P 49 essi] esso Ad L1, essa M, esse U 50 lì] gli B R2; si] om.l L1; rivolse] travolse �2, volse M 51 in] om. in �1 P; tenergli le calcagna] tenere lacanpagnia M, tenire la calcagna P, tener li calchagni U 54 quinci] quinzi l, quindi L1;a discender] a sciender �7 (-P), asenda P, om. a R2 S 59 che ’l c. ha sempre] del c.che (cha L1) sempre �2 L1, del c. a senpre Ad P 60 Vergilio seguia] et (om. et S1)vergilio saliva �1, et vergilio sen giva �1 61 udir] il dir �1, audir M R2, veder P, lodirU 63 a discender fu] a sciender quinci fu M, fo asenda P, fui a sciender R2, fusti U;tratto] matto �5 (-�1) Ad 64 da] di (de P U) �8 (-M) L1 R2 R3 65 dove] come�2 66 e ’ntera] intera A U 68 gli] agli (espunge la a- di alli R3) Ad An R370 a] om. a S U 71 piatade] affanno �3 R

CRISTIANO LORENZI BIONDI152

che ritrarà la mente che non erra.73 Dunque, se guardi ben la veritate

di questo canto, con parola scortapruova le stelle già quasi levate,

76 prima che ’ntrasse per l’oribil porta,dove si lege co mortal dottanzaper ciascun ch’entra questa scritta morta:

79 lassate, voi che ’ntrate, ogni speranza.O dolorosa quell’anima tristache·ssi conduce a così forte stanza!

82 Or puoi comprender con aperta vistache, discendendo quanto più andavadi cerchio in cerchio a quel ch’al ciel più dista,

85 la notte di quassù più se n’andava;sì che, venuto all’abisso del centre,la notte già di là oltre passava.

88 Così usciron del profondo ventre;quanto più su di là venia montando,più la notte passava di là, mentre

91 l’un dopo l’altro così trapassando,a poco a poco, posati, saliro,a l’altro suol di là più apressando.

94 E tanto su andar di giro in giro,che, quando furon presso a uscir fore,dov’egli avea tutto el suo disiro,

97 era presso al mattin men di due ore,tanto che già l’Orïente rideaper l’apparir del candido chiarore

100 della letizia, la qual procedeadalla gioiosa fronte disiosa,

Aurora bella, che ben conoscea.103 E non ti paia udir già nova cosa;

pensa ch’a noi di qua nostro Orïente,

73 se guardi] seguendo �6, si g. Ad R3, seguendo io L1 75 pruova le] truova le (trovòM R3) �5 M, pruovan le Ad L1 P 78 per ciascun ch’entra] om. per �6, ciaschun che’ncontra L1, per chiunqua li entrarà P, per chiunque v’entra R2 81 così forte] sìcrudele �2, così facta L1 M R3 82 puoi] puo B M 86 del centre] dolente �6 A BR, dole entre S 88 usciron] uscito �7 L1 R2; del] dal An L1 R R1 U 89 quanto]quando �4 (-N) 90 di là mentre] della mente A M 92 posati] passati �7 N R393 suol] sole �7 94 andar] andando Ad U 95 fore] fuora �7 (-M) 97 mendi due] men di tre �7 L1 R3, presso a tre Ad 99 per l’apparir] per la parte �5 (-�1)�7, dalla parte Ad 102 che] ch’ei �1, chey b. A, che io b. Ad 103 udir] audir �8(-U); già] om. già �7 104 ch’a noi] che di qua M, che noi S U

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 153

quando ci appar la luce luminosa,106 a que’ che son di là è Occidente,

e fassi notte a loro e a noi giorno,e giorno a loro e·l nostro Ponente.

109 Dunque salito su, mirando intorno,si ritrovò di là verso tal parteche vide l’altro pol di mezogiorno.

112 Uscito fuor con ingegno e con arte,raconta come vide el chiaro mondo,così dicendo, come qui comparte:

115 salimo su, e’ primo e io secondo,tanto ch’io vidi delle cose belleche porta el ciel, per un pertugio tondo.

118 E quindi uscimo a riveder le stelle.

Capitolo V

1 Seguendo brevemente el Purgatoro,Dante, passato, com’è stato detto,oltra la terra tutta per un foro,

4 giunto di là, com’esso avia concetto,a l’altra Tramontana si voltoe,ch’a punto, a·ffilo è alla nostra a petto.

7 Ed a tal punto di là si trovoech’egli era in mezo tra quel polo e ’l sole,ond’esso forte si maraviglioe.

105 ci appar] ci pare �8 (-P) A R 107 a loro e a noi g.] a noi e (om. e M) a·llor (add.è M) g. �6 Ad, da loron di noi g. P 108 e g. a loro e·l nostro ponente] et g. a·lloro èlo (el A, è ’l l) nostro ponente � l L1, et (om. et S) g. a·lloro quand’el (quando ’l R3) nostroè potente (ponente R3 S) �1 R3, e a·llor giorno nel nostro ponente Ad, e g. a·lloro ellonostro è ponente An, el giorno a·lloro è nostro ponente M, e g. a·lloro allo nostro è ponenteN, e g. a loro il nostro a·pponente P, et g. a·lloro al nostro ponente R2, e g. è a loro elnostro ponente U 109 salito] salctò l P; su] in su A L1 P R2 U 111 altro] alto �3Ad R3desunt Ad (vv. 67-69), An (vv. 67-69), B (vv. 67-69), F, G, L (vv. 4-39), M (vv. 67-69),N (vv. 67-69), R (vv. 67-69), R3 (vv. 67-69), S (vv. 67-69), U (vv. 67-69)1 el] om. el � (-P); 2 passato] passava � (-P) 3 oltra la t. tutta per un f.] nell’altrat. dentro per un f. Ad, oltre la t. dicto per un f. L1, tutta la t. dentro per un f. R3, om. tuttaU 5 a l’altra] a l’alta Ad M, e l’alta An R3, all’atra P, et a l’altra R; si voltoe] s’acostoe,si levoe 6 a·ff.] et a f. �2, al fin P, et f. R2; è alla nostra] alla nostra è � (-P S) L1 R2,lavaxa caperto P, alla nostra rinpetto S; a petto] al petto (peto L1) �1 L1 7 a tal puntodi là] di là a (con S) tal sito �1, di là a·ttal punto �5 (-�1); si trovoe] si voltoe M, setornone P, se ritrovoe U

CRISTIANO LORENZI BIONDI154

10 Perché noi sempre, chi guardar ben vole,siam nella parte del Settentrïone,tra ’l sole e esso sarem, come sòle;

13 si ché non giugne mai nulla stagionelo sol diritto a noi, ma sempre a schiso,onde noi semo tra lui e Aquilone.

16 Tutto el contrario a chi mira ben fiso,aviene a quei che son da l’altro fondo,che son tra ’l sole e l’Antartico assiso.

19 Però, passato tutto quanto el tondodel corpo della terra a l’altra gente,nel primo canto del libro secondo

22 prova, dicendo chiarissimamente,là dove dice sue parole belle:i’ mi volsi a man destra e posi mente

25 all’altro polo e vidi quatro stelle.Provando che, là donde egli era giunto,potea le tramontane ambo vedelle,

28 l’Artico, dico, e l’Antartico punto,là dove segue, a chi ben seguir vuo·lo,el tempo e ’l loco ov’ell’era a punto:

31 un poco me volgendo a l’altro pololà onde el carro già era sparito,sì che dov’era ci dimostra el suolo.

34 Dice di questo, ch’è da noi schiarito,el qual già mai non si nasconde a noi,dalla sinistra nostra stabilito.

37 Anco, lettor, aveder te ne poi

10 noi] non �2 U; chi] a chi (add. a chi nel marg. dx. R3) � (-S) R2 11 siam nella]fa (fu R) nella �2, fumo nella (in la N) �3 Ad R3, fummo alla M, su la P, fanno la U, siamalla R2 12 esso] esso e �1 �3 �8 (-M) L1 R2 R3; sarem] sarie (saria S) �1, om. saremM, seramo P, sarien R, sarà R2, sereno U 13 nulla] a nulla Ad M (non leggibile U)14 lo sol diritto] lo sole diricto L1 R2 R3, lo suo diritto � l, lo sol da lato �2 (-B), lo soledato �3, lo sole dietro Ad, lo sole dall’alto B, el sole (om. diritto) M, el sol dentro P, la soloderietro U 17 da l’altro] all’altro M R2 18 e l’Antartico] e·ll’araticho �3, el’altartico M, e l’artatico R3 19 però] poi (e poi �1 �3) � (-P); passato] passando �1M; tondo] fondo A C M R2 23 sue] in soi P, in sue R2 24 a man destra] a mandritta (dericta U) �3 R3 S U, a man rata B, al diritto R 25 altro] alto p. �3 Ad L126 là donde] là dove �5, di là donde (onde M) �6 28 e l’Antartico] e l’artaticho AnR3, e·ll’antraticho N, e l’arethicho R 29 a chi] chi A R2 R3; vuo·lo] vole � L1 30 a]om. a L1 R2 31 altro] alto �5 (-�1) Ad M , atro L1; polo] pole �4 �7 32 onde] doveN R3; sparito] spartito R2 U 33 ci] a �2; suolo] sole � (-R3) L1 34 dice] dico l U;questo] quel P R2; chiarito] è chiarito P, è schiarito R2 U 35 si nasconde] discende �1,vi si scende R 36 dalla] della L1, de la P 37 anco] ancor �2 P, anche �4 (-B)

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 155

là dove dice come ’l sole entravatra lui e ’l nostro pol coi raggi suoi:

40 ben s’acorse el poeta ch’ïo stavastupido tutto al carro della lucedove tra noi e Aquilone entrava.

43 Così di là tornando, si riduceper fino a l’alto santissimo monte,che, noi purgando, a Dio ci riconduce,

46 sul quale Adam riceveo le prim’onte,per lo disubidir a quel Signorech’obedir si convien a palme gionte.

49 El qual sarebbe stato imperadoredi tutto el mondo, a lui bene ubiditotutte le creature con amore,

52 come diritto lor signor compitodi tutta perfezion dal Ciel in giue,se non avesse a Dio disubidito.

55 E dove dice che ai tre gradi fue,ciascun di marmo di color diverso,per li quali a la porta si va sue:

58 è ’l primo bianco, sì pulito e tersoche vi si specchia l’uom com’egli è fatto;poi el secondo tinto più che perso;

61 vermiglio è il terzo come sangue tratto,pur mo’ di vena; è ’l quarto dïamante,dove sedeva su l’angelico atto,

64 con una spada nuda balenante,color di terra secca in vestimento,umile, onesto, benigno in sembiante,

67 con due chiavi ad aprir pietoso, atento,pien di misericordia; e le due chiavi,l’una d’or fino e l’altra d’arïento.

38 dice] dico �4 Ad; come] che M R2, dice qui P 39 lui] noi (nuy P) l P R1; coi] i�5 40 s’acorse] s’avide L 42 e] om. e �3 A R; Aquilone] l’aquilone �5 (-�1) AdL1; entrava] andava �5 (-�1) Ad 44 per fino] per fare A, per infino L M, ch’enfinoS 48 gionte] giunte � (-�2) �5 (-N) P R2 50 a lui] et a·llui B l 51 tutte le]da tucte L1 M R2; con amore] con onore �5, per amore Ad, di gran valore M 52 di-ritto] a diritto � Ad l, a dito P 55 e] om. e �7 56 di] e di Ad N 58 è ’l] il �2A; pulito] polito �8 An; e terso] terso An R3 59 vi] om. �7; com’egli è] come �6, comiel P 60 perso] preso Ad, presso P 61 è il terzo] il t. �4, interzo R3 62 è ’lquarto] el (e N, il R) quarto è �5 (-S); dïamante] di diamante � �3 Ad R3 65 colordi t. secca in vestimento] color (colui U) di t. che secca (checca B) si cavi � (-M P), colordi t. seco a vestimento L1, colui di t. che si reca le chiave M, color di t. serra in vestimentoP 66 benigno] e benigno �2 (-S) Ad U 67-69 om. � (-P)

CRISTIANO LORENZI BIONDI156

70 Questa figura perché non ti gravi,sappi che ’l primo candido scalonenon vuol dir altro, e così per certo àvi,

73 che·lla verace nostra contrizione;l’oscur secondo, che·ssì n’accapriccia,la paurosa intera confessione;

76 el terzo, che di sopra s’ammassiccia,come vermiglio sangue, ci figurala penitenza ch’el corpo raspiccia.

79 La spada nuda vuol dir la paura,ch’al male adoperar dovemo avereper la vendetta, poich’è tanto dura;

82 e in sul dïamante el suo sederevuol dir che, sciolto da’ primi pecati,l’uom sia costante a non più ricadere.

85 Le chiavi sante, per cui diserratisono e’ serami del divin tesorodove da l’angel di Dio siam chiamati,

88 potenza rapresenta quella d’oro,cioè l’autorità del perdonaredel sacerdote, da Dio data loro;

91 quella d’argento vuol significarela sapïenza del buon sacerdote,ch’esso cognosca e sappia giudicare,

94 con vestimente povere e divote,non disonesto, iracondo, pomposo,non frodolente con viziate gote,

97 discreto, casto, sobrio, studïoso;non prodigo dee esser né avaro,

73 contrizione] condizione �2 (-B) L N 74 secondo] s’intende �6; n’accapriccia]racchapriccia � (-�2) �6, seva apricia P 75 paurosa] paura Ad M; intera] in terra LR3 77 ci figura] ciò f. �5 (-N), ciafighura Ad, chonfigura N, te figura P 78 ch’elcorpo] che c. B, del c. L1, col c. M, che·lli corpi R2; raspiccia] rapiccia Ad, racchapricciaM, nispicia P, spiccia R2, rispiccia R3 80 adoperar] operare �7 L1 S, aoperare Ad81 poich’è] che poi �2, poi cotanto P R2, 82 e] om. e � R2; in sul d. el suo] in sul d.l’angelo s. �1, in sul d. et in sul �5 (-�1), in sullo (in sul P R2) d. el (e il R2) suo (so P)Ad P R2, en sul d.è il suo M, in su lo d. il suo U 83 sciolto] usciti P, usato R2 84 anon più] a più non �2 A Ad P, e più non L1 85 diserrati] disiderati �3, diserrate B,disiati R, diserrate R2, desiderate R3, deserate U 87 siam] son �5 (-�1) Ad U, si è P;da l’angel di Dio siam] no’ semo dall’angel �1 90 del sacerdote] de’ (dei �1, di P)sacerdoti � �1 l P R2, dal sacerdoto (sacerdote R3) M R3, da] di (de U) �8 (-P) R2; loro]a·lloro �7 R2 93 ch’esso] ched’e’ An R, ch’egli M, ched’ei N, che però P, che e’ R394 e] om. e �2 L1 95 pomposo] et p. Ad B R2, né p. L, o (corr. su e) p. N 97 stu-dïoso] et s. �1 �6 Ad N 98 né] non �5 P

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 157

ma come padre diritto, piatoso100 Non debba el sacerdote essere ignaro

del peccator, conoscer la malizia,sempre pensar di cui elli è vicaro;

103 ’ntra·lla misericordia e la giustiziadebba tener sì el mezzo, che non erria giudicar per alcun’avarizia,

106 prima che serri la porta o diserri;ma, se vene ad errare, erri ad aprire,purché·lla gente a’ piedi li s’aterri.

109 Mai cor piatoso non può mal finire,né mai si vince Dio per magior modoche per misericordia sua seguire.

112 Ma prima che perdoni, sciolga il nodoin che sta la malizia dell’Inferno,sì che ’l cognosca e sciolga sanza frodo,

115 prudente, spirital, divoto, fermo,di santa vita sì che sia esemploaltrui d’operar ben, non pure in sermo,

118 in cappella che sia o in qual templo,ché non fa l’esser del luogo l’om degno,ma l’uom el luogo, se ’l ver ben contemplo.

99 piatoso] et p. �2 (-S) Ad 100 debba] dee �1, debbe Ad L M; ignaro] ingrato AdU 102 s. pensar] s. pensando (pensando s. S) � L1 R2; di cui] ad cui �5 (- N S) �6L1; elli è] è N S 103 ’ntra·lla] intra (infra P) la � (-A) �8 (-M) L1, e tra �2, tra (fral) la A l M N, e tra·lla An R3, in fra R2104 t. sì el] t. il (el U) �6 A R1 R3 105 alcun’] nulla �6, nessuna A 106 che]ch’ei �1 l, chi M, ch’el U 107 ad errare] a errare �1 L N, a serare �8 (-P), a servir B,ad orare P, all’errare R3; erri] serri �6 B, om. erri P; ad aprire] all’aprire �5 (-S), mada-prire P, d’aprire S 109 mai cor] ma’ il cor �4 (-N S), che ’l cor Ad, ma’ l corpo N, ilcor S 110 per maggior] per nessun �5, per miglior L, co miglior M, cum miglior U111 per misericordia sua s.] per misericordia conseguire �1, per la sua misericordia s. �5(-�2) �6 L1 R2, per la misericordia sua s. Ad, per misericordia lui s. L, per la man sua s.P, per sua misericordia s. R 112 ma] om. ma M S; che] ch’ei �1 l, ch’el �1; sciolga]o sciolga �3 L1 M N R3 114 che ’l] che �2 (-B) �8 (-P) An, om. che ’l N R3 115 fermo] e fermo �1 Ad L L1 116 che] ch’ei �1, che ’l �1, ch’egli M 117 altrui]d’altrui �3, om. altrui Ad; d’operar bene] di bene ovrare (operar R) �2, ad operar A, delbene sempre operare Ad, in ben operare M, de opere bone U; non] et non B M; in sermo]infermo l, sermo �2, con sermo Ad, discerno R2, insemo U 118 in c.] et in c. �2, enc. �3, o in c. P R2 R3; che sia] ch’ei sia �1, ch’esso sia Ad, chiesa l R2, sia S, qual sia U;o] e N, om. o R 119 non fa l’esser] non fallisse �4, sa l’esser l, non fa lassar P, nonfacesse R3 120 ma l’uom el luogo] benché luogo �1, ma loco e luogo (a·llocho N) �5(-�1), ma buon cho·luogo Ad, ma l’uomo e il luogo L, ma el buon uomo M, si l’omo inluogo P, ma bono homo e·lluocho U; se ’l ver ben] all’ (om. all’ S) assolver non �1, se ’l verne �4 (-�1), sio bene R2, se ben veder U

CRISTIANO LORENZI BIONDI158

121 E questo si può dir diritto segno:perché·lla santità che vien di soprasolo nel cuor de l’uom fa qui suo regno,

124 tanto magior, quanto più ben adopra.

Capitolo VI

1 Quattro dì Purgatorio salìe Dante,sette volte girando la montagna,du l’anime fedel si rifan sante.

4 El primo, seguitando sua compagnadel buon Vergilio, ci discrive a puntolà dove dice per la gran campagna:

7 già era el sole a l’orizonte giuntolo cui meridïan cerchio coverchiaGerusalem col suo più alto punto;

10 e la notte, che opposita a lui cerchia,uscia di Gange fuor co·lle Bilanceche li caggion di man, quando soverchia:

13 sicché le bianche e le vermiglie guance,là dov’io era, della bella Auroraper troppa etade divenivan rance.

16 E qui si pruova chiaramente ancoracom’era el sol nel segno d’Arïete,e scrive dov’egli era, el tempo e l’ora.

19 E perché più a mente ancora sietelà dov’ell’era, dice che·lla notteuscia di Gange a le Bilance liete.

desunt B (vv. 40-42), F, G, L (vv. 10-69), M (vv. 109-11), P (vv. 122-24), R2 (vv. 5-124),U (vv. 45-49, 61, 108-109) 1 quattro dì] quanto di �2, quarto di (de P) Ad P, quaentro di L, quando sul L1, quatro dì in M R2; Purgatorio] purgator An B R, purgatoro MS R3; salìe] salì (saglì A) �, fa luce �1, salitte �3 R2 R3, salito Ad, saglie l, salliva L1,istette M, salete P, salute R, salicti U 2 sette] octo P R2 3 du] du �3 R R2, ove�2 Ad, u (v’ l) A B l, om. du L, dove L1 M R3, di P, e S; anime] alme �2 L1; si rifan] sifanno (fan An l R) �6 An l L R 5 ci] ciò (cioè B) d. �5, sì l, ne L1 6 campagna]chompagnia Ad R3 7 a l’orizonte] nell’oriente �3 R, all’ (a l’ P) oriente P S1, nell’ori-zonte R3 9 col suo] in sul �5 (-�1) �7 10 che opposita a lui] ch’opposito lui �3,che opposita lui Ad, ch’oposita lui L1, che ponita lui P, chomposito lui R R3 11 uscia]usciva �6, uscì Ad, uscie L1, essi P; di Gange] di gran B, granchi M, gangi U; co·lle] delleL1 M 12 che li] che·lle �1 Ad P R3, delle (de le U) �6, che la R 14 là dov’io] ladov’ello l 18 e scrive] et sedea (sedeva Ad, sode U) �5 (-�1) �8 (-P); egli] om. egli �6R3; e l’ora] allora (alhora U) N R3 U 21 di Gange] di granchie M, de granchi U; a le]co·lle (con B R) �4

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 159

22 Un segno è Gange del cielo a tutt’otte,chiamato Libra tra ’ dodici segni,contra Arïete, sì com’io dirotte.

25 Per tutti que’ si pruova che gl’ingegnimisero in dir del corso de’ pianeti,corenti sopra dei terrestri regni,

28 che, quando il sol co·lli suoi raggi lietisi truova in Arïete, Gange Libragli è più di lungi e ’l sol par che gli ’l vieti;

31 e però, quando e’ primi raggi vibra,là dove el suo fattor el sangue sparse,sei segni el sol col suo lume dilibra;

34 dunque a la notte convien dileguarseal settimo segnal a petto al sole,qual certamente possi dichiararse:

37 annoveri colui, che veder vole,dal sol, ch’è in Arïete, infine al sette,dove la notte sempre si ricole.

40 Se ben si mira ove Dante ristetteguardare, el sole, dove a noi tramontain Occidente, prima li aparette;

43 onde la notte, che sempre s’afronta,opposita era e·llo Levante nostro,occidente a colui che là si conta.

46 E però scrive co·llo suo inchiostroquesto nono capitol, com’io dico,in questa forma, che seguendo mostro:

49 la concubina di Titone antico

22 segno è Gange del cielo] segno grande del cielo �1, signor grande del cielo (del cielgrande U) �6, segno è anche el ciel Ad, signo a gange del cielo P 23 tra ’ dodici] dedodici (dedoci N) �5, tra i dodici (dolci U) �2 �6 24 contra] chontro Ad, contro adM; io] om. io � L1 25 que’ si] quasi si (om. si R) �5 (-�1), questi si �6, quelli si B P27 corenti] corrente (corente U) �6; sopra] sono de �5 (-�1), terrestri] terreni r. �6 N29 Gange] changie Ad, granchie M, granchi U, gangi P; Libra] et libra �1 Ad A L1 M N,a libra An R 30 gli è] om. gli è �1, li Ad; più di lungi e ’l sol par che gli ’l vieti] piùlungi a·llui di tutti altri pareti �1, più di lungi dagli (degli An R3) altri pianeti �3 Ad L1R3, più lungho dagli altri pianeti M, più de longe da li tre pianeti P, più di lungi che glialtri pianeti R, più longi d’altre parcti U 34 dunque a la n.] dunque la n. �7 (-M) A,la n. adunque M 35 a petto al] aperto il � (-Ad P) l, s’aperse el Ad 36 possi] puote� l, qua vi vol B, più R, più vuol S 37 annoveri] adnomeri A L1, a no vay P, a novehore U 40 ove] dove �8 L1 R 42 in Occidente] in oriente �2 43 n. che sempre]n. senpre mai �4, n. dove sempre M, n. sempre U 44 opposita] opposito �5 U; e·llo]nel � Ad, lo �5, e·llo L1, allo M, nil P, in lo U 47 nono] nuovo (novo P) Ad N P

CRISTIANO LORENZI BIONDI160

già s’imbiancava al balco d’Orïente,fuor delle braccia del suo dolce amico.

52 Secondo giorno: descrive el prudenteel primo bianchegiar della mattina,che fa le stelle parer quasi spente

55 e com’el sol, ch’è più oltre, camina,da·ssé fugando el tenebre noturno,tocca del tempo che più pò la brina:

58 nell’ora che non pò el calor dïurnopiù intepidir el freddo della luna,vinto da terra e talor da Saturno.

61 El terzo dì, quando el ciel si disbruna,el rapparir del sole in quel mond’altrocosì discrive a chi co lui s’inuna:

64 mentre che sì per l’orlo uno inanzi altroce n’andavamo, e spesso el buon maestrodiceva: “Guarda: giovi ch’io ti scaltro”;

67 feriami el sole in su l’omero destro,che già, ragiando, tutto l’Occidentemutava in bianco aspetto di cilestro.

70 El quarto dì del camino eccellente,girato el monte su di corno in corno,così raconta e·l verso seguente:

73 Vago già di cercar dentro e d’intornola divina foresta spessa e viva,ch’agli occhi temperava el novo giorno.

76 Sopra candido vel cinta d’oliva,

50 balco] balzo (bazo P) �8 A l R3, balcon C R, biancho N 51 dolce] caro �4 (-S)54 le stelle parer] parer le stelle � �1 �6 55 ch’è] om. ch’è �6 L1 R3 56 fugando]fugendo � (-�2 P) R2 58 non pò] può più A, non può più S 59 più intepidir]intiepidar (intepidar A) più �, om. più �1 61 el terzo] et lo terzo �1; dì] om. dì �5;quando] è quando �1; disbruna] sbruna �2 62 el rapparir] il (lo A) rapparir � l, intrapanni (intra i panni B, intra pan R3) �2 R3, i trapani �3, e al parer �6, nel trapassare Ad,in apparire L1, nil’aperere P; del sole in] del sol se a �3 R, el sole di Ad 63 a chi co lui]a·ccolui �6; s’inuna] sermona �5, sassuna L1 64 sì per l’orlo] se M, se per lor P, om.per l’orlo U; uno] l’uno �7 �3 R; inanzi] anzi �2 (-B) L1 U, nanci P, nanti U; altro] all’al-tro �3 �8 (-U) R3, l’altro L1 U 65 e] om. e �1 N R3 66 diceva] diciemi (dicemiR) �2 L1 N, dicendo Ad, diceami An, dicievami M, diceme P, diciami R3, di come U;giovi] et giovi (givie R3) �5 (-�1) P, et gioviti Ad, ben L1, om. giovi M; ch’io] com’io L168 Occidente] oriente Ad U, universo R3 69 in] il �5 (-�1), el Ad U 70 el] al AdL 71 su] sì l P; di corno in corno] d’intorno intorno �2 72 così] come � (-�7); e·l]nel � l L1, qui il (el Ad) �5 Ad, il (el U) �7 75 ch’agli] chon gli �5 (-B) �6 76 so-pra] sopra el Ad M; cinta] cinto �6

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 161

donna m’apparve sotto verde manto,vestita di color di fiamma viva:

79 fede figura el candido vel tanto;cinta d’oliva, casta umilitadecon sapïenza d’apetito santo;

82 el verde manto co·lla sua beltadese ’ntende la vertù della speranza;e ’l vestimento a fiamma, caritade.

85 La nuvola de’ fior, la dilettanzaspeculativa dell’intendimento,fiorito di vertù in abondanza.

88 Sempre spirando, dà più piacimentonel contemplare aver omo diletto,d’amor perfetto ver contentamento,

91 come ci pruova nel suo dolce dettola bella donna sola per la landa,scegliendo fior, cantando con effetto:

94 “Sappia qualunque el mio nome dimandach’io mi son Lia, e muovo qui d’intornole belle man per farmi una ghirlanda.

97 Per piacermi a lo specchio qui m’adorno,ma mia suora Rachel mai non si smagadal suo miraglio, e siede tutto giorno.

100 Ell’è de’ suoi begli occhi veder vagacom’io de l’adornarmi co·lle mani;lei lo vedere, e me l’oprare apaga.”

103 Queste figure, a ciò ch’io ti dispiani,fuor mogli d’un marito, ambo sorelle,se i libri della Bibia non son vani.

77 donna m’apparve] la bella donna (la donna bella P) �; sotto] sotto il �7 80 casta]vesta N, che sta R; umilitade] d’umiltade �5 81 santo] tanto B R1 82 co·lla] della�2 83 se ’ntende] sentendo �3, si intendo B, s’intende cett. 84 a fiamma] infiamma �1 �6, di fiama Ad, a fiamme l 87 vertù] vertudi � (-A), virtude l 88 spi-rando dà] spirando da L1, spirato da � (-C) l, spirata da C, sperando di � (-P), spiradapiù P 89 aver omo] avendo homo � (-�1), avendo l’uom �1, aver l’uomo l, averohuomo L, avendo ongni L1 90 ver] over Ad, et ver B, lor L1, aver (haver U) S U91 come ci] com’elli (el U) �5 Ad U, como ciò P 92 landa] lauda �3 R3 93 sce-gliendo] sciogliendo �1 A L1, sciolendo R3, cogliendo U; fior] i f. l U, li f. P; effetto]afetto �1 L L1 R S 94 sappia] sappi �5 (-B) Ad L1 M; el] om. �5 L1 P 95 mi sonLia] mi solea M, me solea P, mi solia U; e muovo qui d’intorno] e vo movendo intorno �l L1 96 per farmi] et (om. et S) fommi �5, a farmi �8 100 veder] a veder Ad L1P 101 co·lle] delle N R3 102 oprare] ornare �5 (-S) �7 (-M), adornare Ad M,lodirare L1, l’ornar P 103 queste figure] questa figura � (-�8) A 105 i] om. �5(-B) A L L1

CRISTIANO LORENZI BIONDI162

106 L’una ebbe nome Lia, l’altra Rachelle,ambo due desponsate da Giacobbe,per altro nome chiamato Israelle.

109 L’una e l’altra sua sposa cognobbeed ebbe più figliuol di ciaschedunaper la grazia di Dio, che tra·llor piobbe.

112 Attiva vita s’intende per l’una,cioè per quella che, scegliendo fiori,andava lungo la riviera bruna,

115 che viene a dir l’operazion de fuori,attüalmente bene adoperando,delle buone scegliendo le migliori.

118 L’altra, Rachel, che·ssi gode guardando,s’intende per la vita contemplante,ottimamente Dio questa lodando;

121 da Marta e Madalena el simigliante.El fiumicel dell’aqua pura e mondas’intende questa vita militante,

124 che mena bene i buon co·lla sua onda.

Capitolo VII

1 A sommo Dante del bel monte suso,di molta maraviglia raguardataalcuna breve ne pongo più giuso.

4 E dico che·lla donna Lia chiamata,scegliendo fior da fior lungo la riva,cantando come donna inamorata,

7 significa de l’uom la vita attiva,gli atti suoi vertuosi a·dDio piacenti,

106 Lia] elia M N 107 desponsate] sposate Ad L1 R3 U, sponsate P, ispose M108 Israelle] smaelle �3, sdraelle Ad R1 S, ischalle C, isdralle M, ysdaele R 109 l’una]et l’una �1 A N 110 ciascheduna] ciaschuna (zascuna P) �8 113 scegliendo]sciogliendo (sciolgendo A) A L1 R3; fiori] i fiori �7 (-M) N, e fiori Ad L1 114 lungo]lunga B L; riviera] riva L M R3 115 fuori] fiori Ad An R U 116 adoperando]operando Ad U 117 scegliendo] sciogliendo (scolgendo A) A L1 R1 R3; delle buonescegliendo le migliori] e de’ buoni iscegliendo i migliori M, e de li beni sigliendo li mioriP, dei boni seguendo li migliori U 118 altra] altre B L 119 contemplante]chontemprativa Ad U 120 Dio] a dio L1 M 121 da] di �1 �6, e] ad L L1 Ndesunt F, G, R2 (vv. 1-14), R3 (vv. 40-42) 1 a] al � (-Ad U) L l 2 raguardata]riguardata l L M S 3 più] qua L, qui L1 M R3 5 scegliendo] sciogliendo (sciol-gendo A) A L1 U 7 de l’uom] de’ buoni (del buon R) �2

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 163

scelti dagli altri giù, mentre che viva.10 Li sette candellieri sprendïenti:

li sette don dello Spirito Santo,dal cui vivo sprendor so’ i vizi spenti.

13 Le bianche genti a lor dirieto alquanto:la purità de’ martiri beati,sì che null’altra biancheza è cotanto.

16 I ventiquatro signor coronatidi fior d’aliso, a due a due cantando,son della Bibia ei libri predicati.

19 E li quatro animal po’ seguitando,con penne piene d’occhi, i vangelista,di verde fronda corona portando;

22 gli occhi figura l’altissima vistadell’intelletto lor chiaro, e·lle penneè ’l trasvolar per la divina lista.

25 El caro con due rote, che poi venne,Santa Chiesa lo ’ntende chi ben nota;Cristo è il grifon che sempre la sostenne.

28 Quelle tre donne dalla destra rota:fede è la bianca; la verde speranza;la rossa carità santa devota.

31 Le quattro insiemi ch’andavano a danza,di porpore vestite, era giustizia,prudenza, fortitudo e temperanza.

34 La selva vota d’umana notiziaè quella parte dove peccò Adamo,disubidendo alla somma primizia.

37 La disfrondata pianta in ciascun ramol’alboro della vita è figurato,che morte diventò, come provamo.

9 scelti] sciolti A Ad l L L1, giù] qui � L1 12 vivo] om. vivo �2 Ad; so’ i v.] son v.�1 �3 R3, son gli altri vinti et (om. et S) �1, son (so’ R1 U) i (e’ L, li P R1) v. � (-�1) �8(-M) R, suo v. L1 M 13 dirieto] diritto N U 16 i] om. i R U; coronati] inchoronati�3 Ad R U 17 d’aliso] da ulivo An, di ’livo N, d’ulivo R, dall’uscio R3 20 i] son�1 An, sono i R3; vangelista] vangelisti �2 �1 21 fronda] fronde A N R2 R322 figura] figuran � �4 l 24 è ’l] om. è �5 27 è il] il �5 (-R S); la] lo (il �3) �4(-S) l 29 la v.] et la v. �4 (-S) Ad L R2; speranza] è speranza �1 �6 L1 N R 30 santadevota] sanza più nota �3 L1 R, sempre devota �1, santa più nota (bota M) �8 (-P) R2 R331 ch’andavano] cantavano P, cantanvano R2 32 porpore] porpora A B L P R R2 R3;vestite] vestita Ad B L1 M N R1 R2; era] eran �1 R R3 33 fortitudo] forteza �8 (-P)R2, fortitudine P 34 vota] nota L1, noto M 36 alla] la �2 �7 R2 37 disfron-data] disfondata �3 R3, difrondata �1 38 l’arboro] all’alber �1, a l’alboro Ad39 morte] morto �

CRISTIANO LORENZI BIONDI164

40 E quel grifon, che a·llei lassò legatoel carro, viene a dire in sua sentenzaall’intelletto vero iluminato

43 che, come morte per disubidenzaentrò nel mondo e fece disfiorirela nostra vita, e così l’ubidenza

46 di Gesù Cristo la fé rifioriredi fiori a’ primi tanto varïati,quanto da rose a viole venire.

49 Benché da Cristo noi siam sucitati,qualunque nasce a morire vien mortale,ché sanza morte saremmo qui stati.

52 El grande uccel feroce emperïaleche l’albore ferio di tanta forza,giù folgorando con voler di male,

55 che foglie e fiori infin’entro a la scorzaruppe, piegando el carro, e andò via,rimanendo la pianta tutta intorza,

58 fu Gostantin quand’era infedel pria,ch’a Santa Chiesa diè tanto doloreche nullo cristïan veder volia.

61 La volpe e ’l drago, ch’al caro uscir fore,fu Machometto con altri infedeli,seminator di falsissimo errore.

64 E li due vecchi dispari e fedeli,Moises e Aron, a reggimentodiversamente piatosi e crudeli.

67 Li umili quatro, a mio intendimento,sono i dottor principal della fede,ch’ebbon di Cristo più conoscimento.

70 El vecchio sonnolento, che procedevenendo solo, par che·ssì conduca

42 iluminato] alluminato �2 �4 (-B), et illuminato B 44 disfiorire] difiorire Ad R,diffiorire l 47 di] dai Ad, da M; a’] om. a’ �1 Ad M 48 quanto] quant’è �3 L L1,quanto è R R2 51 saremmo] saremo �1 �5 (-S) Ad L M 53 ferio] fiorio �3 R3 l56 piegando] piangendo R2 R3 58 era] om. R R2 59 tanto dolore] tanti dolori�4 60 che] sì che A, che già Ad, e che l, perché L1 N; nullo] nessun � l 61 uscir]uscì �6 L L1 R; fore] fuori �5 63 falsissimo errore] falsissimi errori (errore U) �5 �6,frodolenti errori Ad 65 Moises e Aron a reggimento] figura il (el R2) vecchio e ’l novo(nuovo R2) testamento P R2 67 a mio] al mio � (-P) L1 R2, a bono P 71 par chesì conduca] par che (perché l) si conduca (R1 mostra una confusione mal descrivibile tra-ducha e -cluda, ed in interlinea scrive -cluda) l L R1, par chi concluda �1, par che·ssiconchiuda � (-Ad P) L1 R2, par che si conchida A, conquida Ad P

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 165

il primo testamento andando a piede. 70bis <...> -uca 71bis <...> -uda 72bis <...> -uca

73 per la puttana pronta che fa, druda,seder di costa al diritto gigante,con vista acerba, disdegnosa e cruda.

76 I·re di Francia fa per l’arogante,che, perché la puttana gli ochi volse,la fragellò dal capo in fin le piante,

79 e·lla corte di là tutta rivolse,levandola di qua per tal cagione,che Bonifazio assai se ne ridolse.

82 L’aquila ritornante, qual ei pone,tenendo quasi tutto el prio camino,salvo che nulla fece offensïone,

85 vuol dir la conversion di Gostantino,a la fe’ santa di Cristo venutacon più assai, che prima el perseguino.

88 E l’arca, quivi lasciata penuta,intende Santa Chiesa, e per la piumala dota grande da lui riceuta;

91 così, lasciata Gostantin la schiumadella sua infermità, colmata l’arca,rimasa in lui la cristiana costuma,

94 e qual esce di cuor che si ramarca,tal voce uscio del cielo e cotal disse:“O navicella mia, com’ mal se’ carca!”

97 Da santo Pietro credo che venisse,pover di Cristo verace vicaro,

72 il primo testamento andando a piede] per moyses e così se concede P R2 73 perla] e·lla L1, la P; che fa druda] che sa druda �6, che si fa sì druda (om. pronta) A, ch’eifa cruda Ad, che fu druda l L1, che sta druda R2, che si fa druda R3 74 di] da costaAd L1 M; al diritto] al primo (prossimo �1) �4, al dricto al diricto A, il diritto Ad P, al suodrudo L1, al destro M 75 e] om. e An S 76 fa per l’a.] superbo a. �5 Ad, che parlaa. �6, fu quello a. L R2, fa esser a. P 78 in fin le] fin le �2 (-S) An L1, alle �6 l, sinoalle Ad, in fin dal capo alle N R3, fin’al P, fino alla (pianta) R2 82 qual ei pone] qualepone �1 L1, quale impone �5 (-�1), qual ti pone �6, qual el pone A, a lei pone R1, qualee’ pone R2 83 tutto el prio] il suo primo c. � l, per lo primo c. �1 86 a la] et laf. �3 R 87 con più] anchor A; che prima el p.] di quei che ’l p. �2, che pria la p., �1che ’l A 88 l’arca] l’altra Ad, l’arta R3; quivi lasciata] poi lasciata qui (quivi An, quivilassata R3) �5, qui lasciata �6, pon quivi lasciata Ad, quine lasciata P 93 rimasa] e(om. e U) messa �6, rimase B l L L1 P R2, lassata a Ad; in lui] a·llui �1 R3 94 e] el�7 (-M) R3; di] del L1 95 del] di l M; cotal] così �4 M

CRISTIANO LORENZI BIONDI166

che sempre mai alle pompe disdisse,100 perché vedeva quanto era contraro

l’un atto a l’altro, qual dir non mi lece,ch’assai la prova il manifesta chiaro.

103 O quanto grave mal questo ben fece!Non fu mai retta poi la navicella,come di prima sanza alcuna pece.

106 Passato Dante di là dalla bellagiovane donna el bel fiume di Lete,come l’ultimo canto ne favella,

109 vedute molte più cose segrete,si ritornò dalla santissim’onda,dimenticate le colpe non liete,

112 la mente sua lavata, pura e monda,rifatto sì come piante novelle,rinovellato di novella fronda,

115 puro e disposto a salir a le stelle.

Capitolo VIII

1 Parnaso in Grecia fu già quel giocondo,sacrato, santo, visitato montequasi da tutte le genti del mondo,

4 del qual surgeva la famosa fonte,abondevolemente notte e giorni,delle scïenze a le vertù congionte;

7 e faceva di sé due alti corniel ditto monte, come si divisaper li poeti coronati adorni.

10 Cirra avea nome l’uno, e l’altro Nisa;

101 l’un atto a l’altro] l’un altro a l’altro Ad, l’un a l’altro U 102 ch’assai] che sia�5; il manifesta] la manifesta P, lo manifesta R3 U 104 mai retta poi] mai retta Ad,mai retta più L R, più retta ma’ M 105 alcuna] nulla p. � (-P), lenti P; pece] pace AdN R R3, prece R2 S 107 di Lete] dilecto �7 (-M), del leche Ad, dilecte R3 109 moltepiù c.] più molte (più volte molte R3) c. �5 (-�1) L1 U, om. più B, molte c. più M112 sua] om. sua R1 R2; lavata] levata l N R3 U 113 rifatto] rifatta � M, rinovellatoM; come] come di p. �5 114 rinovellato] rinovellate � P, innovellato �3, rinovellareAd, innovellate R3 115 a] om. a �5 (-B) L1 U, de P; salir] salitte �3 R3desunt F (vv. 40-42), G, L (vv. 1-93), R2 (vv. 40-42), U (vv. 42-43) 1 giocondo]fecondo �1, secondo R 4 la famosa] l’amoroso (amorosa R) �2 5 notte] notti �(-R1) �3 F R3, monte U; giorni] giorno �2 (-S) Ad 6 a le] e le Ad N, alla R, le R3;congionte] congiunte �1 Ad L1 N P R1 R3 8 el] al � (-�1 P)

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 167

nel mezo di due corni un valle scuro,quasi ch’è fondo d’una gran recisa,

13 dove due templi edificati furo,ciascuno ornato di grande eccellenzad’oro e d’argento, e d’altro tesor puro.

16 D’Apollo l’uno, dio di sapïenza,con sua figura d’or che risplendiva;l’altro di Bacco, dio dell’eloquenza;

19 con quel d’Apollo, che sol s’intendiva,Minerva sirocchia sua dea sapienteal cui onor consacravan l’uliva.

22 Delphi avea nome l’isola presentedov’era questo bel monte onoratoper lo nome d’Apollo magiormente,

25 a cui onor fu lauro consacrato,del qual ancora qui lo ’mperadoree·l suo trionfo esser die coronato.

28 Similemente ciascun grande autore,degno di poesia aver convento,la fronte se ne cigne per onore,

31 però ch’egli è di tanto valimento,che mai sua foglia folgore non sverdené polli fare alcuno impedimento;

34 e, come sua verdura mai non perde,così chi·ssi corona di sua ramasempre mai vivo si conserva verde:

37 el nome suo di perpetüa famatra gli onorati tutto tempo dura,sì che già mai da lor non si dirama.

40 Anco v’avea una cantina scura,

11 corni] cholli �1 F, monti M; corni un] corni ’n un �3, corni in un P; valle] vallone �1Ad N, vallo An R3 13 furo] fuoro �8 (-M) 15 e d’a.] d’a. Ad F; puro] om. Ad17 d’or che] che d’oro � P; risplendiva] splindiva �1, risplendeva A Ad L1, risprendea FR3 U, risplende M, splendeva P R2 18 Bacco] bianco Ad R2 U 19 che] che ’l AdL1 P R R2; s’intendiva] sprendeva Ad, si vediva An R S, si vedeva B N, s’intendea F,s’intendiva (corr. su intendeva) L1, si rende M, s’endendeva P, s’intendeva R2, si vedeaR3 se rendea U 20 sirocchia sua] sua soror �, sua sorella �4, suora sua l M; dea] om.dea (aggiunge in margine dea R3) �5 21 l’uliva] la luna L1 P 22 Delphi] delpho�2 M, dolfi Ad An R3 23 bel] del �3 Ad R3 24 magiormente] spetialmente � P25 lauro] il lauro B, il lauor M, l’aloro R S 26 del] dal L1 R3; qui lo] ogni (one P)� P 27 e·l] nel � �1 l, al � (-�1) � L1; esser d.] debbe e. �2 �6 Ad An R2 29 poesia]poetria �3 � R R3, poetia Ad U 35 corona] incorona �5 (-S) Ad L1 R2 36 maivivo] tra ’ vivi � � L1 39 già mai da lor] da·llor (da lui U) giammai F R3 U 40-42 om. �� 40 anco] nel quale �2; v’avea] avea �2 l, n’avea (n’havia U) �7 (-M)

CRISTIANO LORENZI BIONDI168

in guisa fatta d’una tomba cava,là dove entrando una vergine pura

43 Cirra pregando, a cui sacrifigava,risponso avea dallo spirto rinchiusodi quanto la pulzella il dimandava.

46 Volendo Dante salir al ciel suso,Apollo chiama su dal divin coroin questa forma, ch’io scrivo qua giuso:

49 o buono Apollo a l’ultimo lavorofammi del tuo valor sì fatto vaso,come dimandi dar l’amato aloro.

52 Infino a qui l’un gióco di Parnasoassai mi fu, ma or con amboduem’è uopo entrar nell’aringo rimaso.

55 Entra nel petto mio, e spira tuesì come quando Marsïa traestidella vagina delle membre sue.

58 O divina vertù, se mi te prestitanto che l’ombra del beato regnosegnata nel mio capo manifesti,

61 vedraimi al piè del tuo diletto legnovenire e coronarmi al lauro detto,che sempre vive in chi di lui è degno.

64 Marsïa fu di non molto intelletto,pratico grande e buon ceteratore,tanto ch’ogn’altro avea quasi a dispetto,

67 e corse per superbia in tanto errore,che·ssi vantò di saper più sonareche dio Apollo, di suon trovatore,

70 onde, venendo suo vanto a provare,al suon d’Apollo, confuso, amutio,onde Apollo el fé poi scorticare.

46 salir al ciel] al cielo salir L1 M 48 ch’io scrivo qua giuso] sanza alcuno (nulla B,niuno R, nullo S) induso � � L1 51 dar] a dar �1 �6 52 l’un gióco] un giogho�5 (-�1), lo giogho �8 (-P), longnequo P 53 ma or] magior Ad P R2 R3 54 nel-l’aringo] nell’aregno F, nil regno P, in lo regnio U 55 e] om. e �5 (-�1) Ad F U; spira]spirator (spiralor N) �5 (-�1) U 59 regno] segno �3 R 60 segnata] segnato AdS 61 vedraimi] venire vedera’ mi Ad, vedra’ tu An R, vedrai R3 S; al piè] a·ppiè �6F L1 N R3 S, om. piè Ad, ai pei P; del] om. del Ad; diletto legno] diletto regno �3, beatoregno (poi corr. R1) M R1 62 venire] venirmi L1 R R1 R2 R3, venirvi S; e] a L1 U63 in chi] e chi �, che P, de chi U 65 ceteratore] cercatore An R, ricercatore N S,trovatore R3 66 a] in (’n B) �1 A Ad F 68 di] om. di l M; saper più] saper me’�5 F, saper tanto l, meglio saper M, più saper P, saper meglio U 69 che] chel � Ad PR, quanto l, che·llo L1; trovatore] trovare Ad R3 72 Apollo] esso (egli M R3) � (-PU) � L1, el dicto apollo P, om. Apollo U; el fé poi] il fece (fé M) poi (poscia F, om. poi P)� (-Ad) � L1, poi el fecie Ad

LE “CHIOSE SOPRA LA COMMEDIA” DI MINO DI VANNI D’AREZZO 169

73 E per quest’aroganza sì ’l ponio,a dar essenpro che pratico maico·lla scïenza pugnar non patio.

76 Dante, per non cader in simil guai,cantar volendo degli etterni giri,al Sol ricorre, dio de’ divin lai,

79 lui invocando, che dentro li spirila sapienza che Marsïa sconfisse,e, del suo petto cantando, rispiri.

82 E mentre Beatrice gli occhi fisseper entro e’ Cieli, e Dante e’ suoi in lei,sé trasformato, fa ch’al Ciel salisse:

85 nel suo aspetto tal dentro mi fei,qual si fé Glauco nel gustar de l’erbache ’l fé consorto i·mar degli altri dei.

88 Dice d’un pescator che, gustand’erba,si trasformò d’umano in dio marino,sì che tra gli altri dei sua fama serba;

91 e divenuto di mortal divinoper lo gustar della dolce radice,che sucitava color che morino,

94 così guardando negli ochi Beatrice,sé trasformato, subito salia,trasumanato al Ciel primo, felice.

97 Vuol dir: studiando la teologia,con più intelletto in lei si trasformava,e, trasformato, più alto vedia,

100 e più vedendo quanto più studiava,più conoscea de’ Ciel le condizionie conoscendo più, più s’apagava.

103 E così fu: di quistioni in quistioni

75 patio] potio (poteo R3) �5 L1 M, potrio l P, potia U 76 in] a � P 78 al Solricorre] appollo chiama �2, ricorre a·Re L1; lai] rai l S 79 dentro] degno �3 R, degnar�1, de dentro L1; li spiri] a·llui spiri �2, lo spiri �1 �6 L1, li spiriti R 80 sconfisse]confisse P R3 82 mentre] mentre che A M 84 sé trasformato] sé trasmutato �1,sé trasformando A, si trasformò Ad, si trasmutò M; fa] fu �1 L1 N P, om. fa Ad R, su U86 glauco] glaricho �3 Ad; nel] al �3 R, del Ad 87 i·mar] in man �3 M 88 pe-scator] pecchator Ad N 89 si trasformò] si trasmutò �6 A B, divenne �� 91 dive-nuto] diventò (diventoe A) A L1 R2, ed è divenuto Ad 93 sucitava] risucitavano Ad,sucitavan F 94 così] sì � l; guardando] guardando ei (e’ R1) � (-L) l; ochi] o. di �, ab. R3 95 sé] si Ad B L M 96 trasumanato] trassumenato Ad, trasformato M,trasmutato P, transumenato U 97 dir] dire che Ad L1; la] om. la L1 R2 98 in-telletto] diletto M R1 100 più] poi �6 F 102 più più] più e più �6 A B L, più �Ad R3 S; s’apagava] si dilettava �� 103 fu] su A R1, om. fu �7 (-M)

CRISTIANO LORENZI BIONDI170

lo ’ntendimento si facie chiaritodi Beatrice udir i suoi sermoni.

106 Di quel che vide del bene infinito,tutte le creature che fur maio,sono e saranno infin’al dì finito:

109 ciascuna mille, unde mille migliaio,e, per ogni migliaio, mille cotantedal sanza fine superno primaio!

112 Le ditte creature tutte quante- e fosse ognuna mille vangelista,e ogni vangelista contemplante -;

115 quel Serafin, che·lla divina listapiù vede adentro, in oltra Dio guardandocon più sublime e penetrante vista,

118 dal primo a l’ultimo dì parlando,non poterebbon dire una favilla,tanto comprende più moltipricando

121 e tanto più mille volte s’inmillael suo valor sanza mai fine suso,che di vergogna chiudo la pupilla,

124 quand’io vil verme, moritoio qua giuso,ho ardimento di toccarne punto,qual tutte cose tiene a pugno chiuso,

127 faccendo fine al mio ardir consunto,volgendo me tra l’altre pecorelle,sempre laudando te, mente compunto,

130 l’amor che move ’l sole e l’altre stelle.

105 di] da � � l; udir] udendo �1 �, a dire Ad, vedendo P 106 del] di � Ad B R3107 fur] furon Ad F L M, fono P, fuorono U maio] mai �5 �7 L L1, mai io R2;108 e] o Ad F; finito] compito �� 109 unde mille migliaio] e (om. e M) mille ognimigliaio (migliaia �1, migliai �4 (-�1) L, migliary P, migliaro U) � � L1 110 cotante]tante A l 111 dal] del � (-M), dil M; primaio] primai �4 L, primari P R1 113 fosseognuna] ciascuna fosse (fosser �4, fusseno R3) � � L1, si fusse ognuna A, ognuna fosse L115 quel] qual l; che·lla] che a la �1 �3 116 in oltra] oltra in L R2 117 sublime]divina � P, solenne M, solo una U; e] om. F S 120 comprende] comprendo � l, com-prender Ad, complende B C N R3 121 s’inmilla] semila Ad, semilla An M, se mille R,similla R2, similia R3 122 valor] volar �� 123 chiudo] chiude A S U, chiuden P124 quand’io vil] quand’un (in R3) vil �5, quando vil �8 (-P) A, quando io l, quando iovedel P; moritoio] mortal Ad, morirò l, montano U 125 ho] a � (-S), con S; toccarne]tocchare Ad R2 R3 126 qual tutte cose tiene] quel tutte cose tiene l, quel che tien tuttecose L1 127 al mio ardir] al suo dir (dicer �1) �4, al mio dir �8 (-P) F R3 128 vol-gendo me] volendo me �1, volghomi Ad, volgendomi L1 U 129 compunto] et c. �2(-S) L

FINITO DI STAMPARENEL MESE DI APRILE 2011

PER CONTO DELLACASA EDITRICE LE LETTERE

DALLA TIPOGRAFIA ABCSESTO FIORENTINO - FIRENZE

Direttore responsabile: Rosanna BettariniAutorizz. del Trib. di Firenze del 25 luglio 1958, n. 1255