L'abitato etrusco di Veio. Ricerche dell'Università di Roma, La Sapienza.1. . Cisterne , pozzi e...

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IUNOE D I Z I O N IIUNOE D I Z I O N I

A cura diGilda Bartoloni

CoordinamentoAlessandra Piergrossi

Cura editorialeMarco Arizza

Contributi diV. Acconcia, L. Ambrosini, B. Belelli Marchesini, A. Celant, G. Colantoni, C. Cucinotta , J. De Grossi Mazzorin, A. Di Napoli,G. Galante, B. Giuliani, M.R. Lucidi, M.H. Marchetti, M. Merlo,M. Milletti, V. Nizzo, V. Paolini, A. Piergrossi, F. Pitzalis, F.M. Rossi, F. Sciacca, I. van Kampen, S. ten Kortenaar

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RedazionePatrizia Arizza

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© 2009 Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – Dipartimento di Scienze Storiche Archeologiche e Antropologiche dell’Antichità

© 2009 Iuno s.r.l.

INTRODUZIONE7

VEIO-PIAZZA D’ARMIANALISI DI DUE CONTESTI ABITATIVI

ALLA LUCE DELLA CULTURA MATERIALE

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DIPIANO DI COMUNITÀ

ALLA CONOSCENZA DELL’ABITATO DI VEIO: MATERIALI DAL RIEMPIMENTO

DI UN POZZO SUL PIANORO SOMMITALE

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ANALISI ARCHEOZOOLOGICADI ALCUNI CONTESTI

DALLA CITTÀ ANTICA DI VEIO

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ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE139

INDICE ANALITICO155

INDICE

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ELL’AMBITO delle attività di ricerca in collaborazione tra l’Universitàdi Roma “La Sapienza” e la Soprintendenza Archeologica dell’EtruriaMeridionale gran spazio si è dato alle problematiche relative alla cit-tà di Veio, sia per quanto riguarda l’abitato che le necropoli. Se lo

studio di queste ultime, collegate a un progetto trentennale, ha già offertonumerosi frutti scientifici1, agli inizi è invece la ricerca sulle aree abitate. Pur-troppo anche a causa dei numerosi lavori agricoli, non conosciamo come sipotrebbe Veio, nonostante una massiccia opera di ricognizione e salvataggiodi manufatti effettuata da studiosi della British School di Roma, guidati daJohn B. Ward-Perkins, al primo manifestarsi della riforma agraria degli anniCinquanta del secolo scorso (Ente Maremma) che parcellizzò il paesaggioagrario nell’area intorno a Roma2.La ricerca archeologica, iniziata col cardinale Chigi dopo la metà del XVII se-colo con il ritrovamento di un enorme deposito votivo3 ora smembrato tra imusei di Firenze, Bologna, Roma e ripresa vigorosamente nell’età napoleo-nica, ma rivolta soprattutto ai resti monumentali del municipio romano (i cuiresti sono visibili nel centro di Roma, a piazza Colonna, nelle colonne di Pa-lazzo Wedekind), ha conosciuto una notevole espansione nel corso del XIXsecolo4, sull’onda della riscoperta romantica dell’Etruria, prima con gli scavicondotti nella necropoli da Secondiano Campanari, Luigi Canina e il futuromarchese Campana, nonché nuovamente dai Chigi (tumulo di Monte Aguz-zo, all’interno del quale è stata trovata la famosa olpe protocorinzia), poi congli scavi estesi a quasi tutta l’area urbana da Francesco Vespignani e RodolfoLanciani nel 1889-1890 promossi dall’imperatrice Maria Teresa del Brasile5,che portarono alla luce il deposito votivo attribuito alla fase più recente deltempio di Giunone Regina6. Scavi di diseguale valore, rimasti in gran parteinediti e i cui materiali sono per lo più andati dispersi.Un secondo ciclo di ricerche, veramente innovativo per l’epoca, includentel’area della città e le necropoli, disposte tutte intorno al pianoro occupatodall’abitato, ebbe inizio nel 1913 grazie ad A.M. Colini7 con la collaborazionedi Ettore Gabrici, Giulio Quirino Giglioli ed Enrico Stefani. Gli scavi miseroin luce l’esteso sepolcreto villanoviano in loc. Grotta Gramiccia e Casale delFosso, mentre nella città si scoprivano sia l’insediamento di Piazza d’Armicon casa tripartita e grossa cisterna, sia il santuario in località Portonacciocon il famoso tempio decorato dalle fastose statue acroteri.Dall’inizio del 1996, dopo diversi interventi della Soprintendenza, ha presoavvio, anche in previsione della fruizione archeologica nel Parco archeologi-co-naturalistico, e ora del progettato Parco archeologico della città di Veio, il‘Progetto Veio’ del Dipartimento di Scienze Storiche, Archeologiche e Antro-pologiche dell’Antichità dell’Università di Roma ‘La Sapienza’, associato inbase a un’apposita convenzione quinquennale alla Soprintendenza Archeo-

INTRODUZIONE

N1 BARTOLONI 1997; BARTOLONI

2001; BERARDINETTI INSAM

2001; DRAGO TROCCOLI 2005.

2 WARD-PERKINS 1961,PATTERSON 2004.

3 BARTOLONI, BOCCI PACINI

1996.

4 DELPINO 1985.

5 DELPINO 1999.

6 BARTOLONI 2005.

7 COLINI 1919.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

logica per l’Etruria Meridionale8. Il ‘Progetto Veio’, coordinato da GiovanniColonna dal 1996 al 2007 e successivamente dalla scrivente, ha visto impe-gnati docenti, allievi e studenti dell’Università di Roma. Un concorso di forzequale mai il sito aveva conosciuto in duecento anni di ricerche sul campo enei depositi dei musei, di cui già si possono apprezzare i primi risultati9.Nell’area settentrionale del pianoro, a Comunità, l’altura interessata dagli sca-vi dalla squadra di G. Colonna, recentemente identificata come l’acropoli diVeio, probabile sede del tempio poliadico di Giunone, le indagini stratigrafi-che hanno portato in luce strutture riferibili all’arco cronologico compreso trala prima età del Ferro e la tarda età imperiale, evidenziando in particolare unesteso complesso edilizio, organizzato su due distinte terrazze, impiantato apartire dalla tarda età repubblicana: sulla terrazza superiore è stata ricono-sciuta una domus con una superficie complessiva di almeno 2.500 mq, il cuisettore residenziale appare organizzato intorno a un atrio cruciforme con im-pluvium; su quella inferiore è stata rimessa in luce una monumentale cisternain opus incertum a pianta circolare (diam. 10 m), già scoperta dal Lanciani10.Nel cuore della città, in località Macchia Grande, l’indagine dell’èquipe Ca-randini ha permesso di analizzare un settore della città antica pari a quasi dueettari, identificando una sequenza di attività comprese tra l’età del Ferro equella tardo-antica: tra queste si sono individuati alcuni importanti elementiutili alla ricostruzione dell’impianto urbanistico della città romana, quali il Fo-ro circondato da strade di accesso alla piazza e da edifici sia pubblici che pri-vati11; nelle ricerche del gruppo di M. Fenelli, in località Campetti, sono rap-presentati tutti i momenti salienti della storia della città: dalle prime fasi di in-sediamento stabile con fondi di capanne riferibili alla prima età del Ferro allarioccupazione di età augustea concretizzata dal ritrovamento di un impiantorustico extraurbano attestato presso un incrocio stradale basolato: tra i restimurari va evidenziato un grande edificio pubblico, probabilmente un tempiodi età tardo arcaica, posto su un alto terrazzamento in opera quadrata. Al li-mite esterno del pianoro della città il complesso di Campetti, fino a oggi rite-nuto una villa romana, è stato recentemente interpretato (dal gruppo coordi-nato da A. Carandini) come complesso termale-terapeutico e cultuale almenoa partire dal I secolo d.C.12. L’altura di Piazza d’Armi, oggetto d’indagine del-l’unità da me diretta, appare frequentata senza soluzione di continuità dal IXal V secolo a.C. e articolata in almeno nove fasi di vita: già dall’inizio della suaoccupazione mostra segni di particolare pregio per la presenza di una struttu-ra a pianta ovale, accogliente al suo interno una tomba a fossa di inumato pri-va di corredo e protetta da un recinto, sostituita con un edificio ligneo forni-to di ante, che è ipotizzato trattarsi dell’“heroon” di un personaggio veneratodalla locale comunità come capostipite, finché la ristrutturazione urbana delsito, tra metà VII e inizio VI secolo, non lo ha cancellato. Sempre nell’ambitodel ‘Progetto Veio’ sono proseguiti i lavori di catalogazione e pubblicazionedei vecchi scavi a Portonaccio13, a Piazza d’Armi14, nella necropoli di GrottaGramiccia e Casal del Fosso15.Nello stesso periodo grandi novità sono venute dai lavori della Soprinten-denza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, diretti da FrancescaBoitani, con la scoperta nell’abitato sul limite occidentale del pianoro, allaporta NO del più antico sistema difensivo (prima metà dell’VIII secolo a.C.),composto da un muro a terrapieno16 e nella necropoli di Grotta Gramicciadella tomba dipinta più antica d’Etruria, la tomba dei Leoni ruggenti, databi-le all’inizio del VII secolo a.C.Alla luce dei nuovi e vecchi dati il processo di formazione urbana di Veio sipuò riassumere articolandolo in cinque momenti principali:

A Veio, differentemente da quanto evidenziato per Tarquinia e Vulci, il pia-noro non sembra occupato prima dell’inizio dell’età del Ferro. Alla serie di

8 COLONNA 1998.

9 SGUBINI MORETTI 2001; COLONNA 2002; BARTOLONI

2003, COLONNA 2004; BARTOLONI 2004.

10 COLONNA 2004.

11 D’ALESSIO 2001.

12 FUSCO, CERASUOLO 2001.

13 Scavi Giglioli: COLONNA

2008, BAGLIONE 2008a; scavi Pallottino: COLONNA

2002; scavi Santangelo: G.Colonna in AMBROSINI Cds.

14 Scavi Stefani: ACCONCIA,PIERGROSSI 2004; scavi 1968-1970: tesi di laurea di A. DiNapoli, M. Milletti, F.Pitzalis, V. Paolini inpreparazione per lapubblicazione.

15 BERARDINETTI INSAM 2001,DRAGO TROCCOLI 2005.

16 BOITANI 2008.

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INTRODUZIONE

villaggi della fase finale dell’età del Bronzo, posti per lo più su altopiani dif-ficilmente accessibili, con priorità difensiva rispetto all’esigenza dell’agricol-tura, si preferisce l’ampio pianoro dove la popolazione si raggruppa inun’unica unità orografica. Si assiste a una sorta di processo sinecistico per cuia Veio si riuniscono le comunità che abitavano dal lago di Bracciano al Te-vere, comprese l’area falisca e capenate. Il riferimento ad Halesos, figlio diSaturno, mitico fondatore di Faleri nella genealogia del re veiente Morrio(Serv., Ad Aen. VIII, 285), potrebbe adombrare questo stretto rapporto traVeio e l’agro falisco. Le ricognizioni e gli scavi stanno mostrando un’occupa-zione rada, a piccoli gruppi, ma dislocata su tutto il pianoro, generalmentesulle zone marginali. L’unico complesso per ora messo in luce, con un grup-po di capanne, è quello di Piazza d’Armi, con capanna ovale dal caratterecultuale e tondeggianti le altre. Una serie di fosse circolari sono interpretabi-li come resti di fornaci o di altre attività produttive. Quindi possiamo rico-struire per questo periodo un’articolazione del pianoro in diverse contrade o“quartieri” autosufficienti, cioè costituiti ciascuno da strutture abitative, dastrutture produttive e forse luoghi per il culto verosimilmente locale17.Meglio degli abitati conosciamo le necropoli (a Nord Quattro Fontanili, Grot-ta Gramiccia, a Sud Ovest Valle la Fata), attraverso l’analisi delle quali è statopossibile cogliere il quadro dello sviluppo culturale. Nel corso del IX secolo ilrito esclusivo è quello incineratorio. Le tombe scavate nel suolo vergine sonoin genere a pozzetto, cioè di forma cilindrica più o meno regolare. A prote-zione dell’ossuario si trova spesso una custodia in tufo. Nel periodo più anti-co della cultura villanoviana i corredi non sembrano lasciare trasparire alcunadifferenza di ricchezza o di condizione sociale: si distinguono solo le deposi-zioni femminili da quelle maschili, e tra queste solo poche sono connotate,mediante l’elmo o rare armi, come appartenenti a guerrieri. Elementi distinti-vi, come le urne a capanna, appaiono indistintamente prerogativa maschile efemminile. Non vi è differenza di corredo tra le deposizioni nell’urna a ca-panna e quelle nei vasi biconici. La documentazione delle necropoli sembraquindi delineare una struttura del tutto egualitaria. È però più probabile che,a causa di un’ideologia funeraria costante, i membri della comunità venisseroconsiderati uguali nel rito del seppellimento: si è parlato della combinazionedi una volontà isonomica unita alla rigidità del rito incineratorio18.Le analogie con i diversi centri dell’Etruria meridionale e settentrionale fannopropendere ora per un complesso unitario. Il tipo di insediamento, che ap-pare comunemente non solo nell’Etruria propria (ad esempio Tarquinia, Ve-io, Vetulonia) ma anche nei centri periferici (Pontecagnano, Fermo o Veruc-chio), è quello di un abitato ubicato su un pianoro di grandi dimensioni o suuna collina-acrocoro di media grandezza e di due necropoli o due gruppi dinecropoli poste generalmente a settentrione e a meridione, ma anche aoriente e occidente. Una di queste appare come la principale, l’altra, nume-ricamente inferiore ma con caratteri di eccellenza.

Nei decenni centrali dell’VIII secolo a.C., si avvertono mutamenti sia nell’or-ganizzazione dei vari insediamenti sia nell’assetto territoriale, attribuibili al-meno in parte al cambiamento dei rapporti socio-economici. L’abitato si cin-ge come nel Lazio di fortificazioni, datate da Francesca Boitani all’inizio del-l’VIII secolo a.C., e forse si comincia a vedere un’articolazione del pianoro inuna zona, quella settentrionale, per così dire residenziale, da una utilizzataprevalentemente a scopi artigianali, distinzione che sembra netta alla finedell’VIII secolo e percepibile anche nello studio delle diverse necropoli tar-do villanoviane e orientalizzanti. Al culto è stata riferita la struttura rinvenutaa Campetti negli scavi Carandini, in cui tra l’altro è stato rinvenuto un elmocrestato fittile19. L’altura di Piazza d’Armi assume già in questo periodo il ca-rattere di residenza privilegiata.

17 BARTOLONI 2008.

18 BARTOLONI 2002.

19 CERASUOLO et al. 2004.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

A mano a mano che ci si allontana dai decenni iniziali dell’VIII secolo a.C., sifa più manifesto il processo di differenziazione economica all’interno delcorpo sociale, evidente nelle tombe che contengono materiale sempre piùnumeroso e ricco e mostrano visibili segni di dislivello sociale. L’esame del-le necropoli settentrionali, le uniche con attestazioni in questo periodo, fasupporre un incremento demografico. È evidente da questa fase la presenzadi una classe egemone, testimoniata ampiamente nei corredi funerari delledue necropoli. L’esame della stratigrafia orizzontale evidenzia un’articolazio-ne delle tombe in gruppi più o meno consistenti, probabilmente pertinenti agruppi famigliari allargati, riconoscibili non solo in base alla loro disposizio-ne sul terreno, ma anche per la concomitanza di caratteri peculiari del ritua-le e del corredo. All’interno di questi gruppi più estesi sono a volte ricono-scibili alcuni nuclei familiari ristretti, comprendenti almeno una tomba ma-schile e una femminile accanto a una o a più tombe riferibili a individui gio-vani. Nel rituale funerario i bambini appaiono normalmente separati dalmondo degli adulti, così come nella vita non possono essere consideratimembri attivi della comunità. Fanno eccezione alcune deposizioni, general-mente corredate da ricchi corredi, in cui i vincoli familiari hanno il soprav-vento sulla comunità. Veio, tra IX e VIII secolo (Veio IIA), già in una faseprecoloniale, risulta il luogo di arrivo di mercanzie greche. Aumentano pro-gressivamente gli elementi che testimoniano uno scambio sempre più strettoe organizzato con persone provenienti da altre sponde del Mediterraneo:Greci innanzitutto, ma anche genti vicino-orientali. La popolazione con cuivennero in contatto i Greci e i Fenici appare ampiamente articolata, piena-mente interessata agli scambi, pronta quindi a ricevere qualsiasi stimolo pro-venisse dall’esterno. È a Veio che nasce la più antica produzione di ceramicadepurata dipinta d’imitazione. È indubbio che alla testa di questi traffici dob-biamo riconoscere delle figure egemoni, dei re che li gestiscono. Che a Veio,già in una fase così antica, fossero attestate figure di re, può essere adom-brato nel Vel Vipe, che apostrofa Amulio, quindi precedente Romolo di duegenerazioni, in una pretesta di Nevio. I Veienti avrebbero potuto sostenere lafazione avversa ad Amulio.

All’inizio del periodo orientalizzante vengono per lo più abbandonate legrandi necropoli della prima età del Ferro: solo alcune tombe paiono rioccu-pare queste necropoli con l’evidente volontà di ricollegarsi alle genti più an-tiche, a garanzia della continuità del gruppo. Non sembra di riconoscere, al-la luce dei nostri dati su Veio, un cimitero principale, come ad esempio lanecropoli dell’Esquilino a Roma, ma una serie di piccoli sepolcreti ubicatilungo le vie di comunicazione con i centri maggiori finitimi, probabilmentepresso le porte principali della città. L’inizio dell’uso di questi nuovi nucleisepolcrali coincide del resto con il ripopolamento del territorio, attribuito al-lo spostamento dal centro verso la periferia di gruppi di aristocratici terrieri.Il controllo strategico delle vie di comunicazione viene assicurato mediantel’impianto di centri di piccole e medie dimensioni, in evidente differenzia-zione gerarchica. Questi piccoli nuclei tombali “cittadini”, di cui il più consi-stente, Macchia della Comunità, sulla via per Roma, annovera non più dicento tombe, mostrano caratteri peculiari che li distinguono l’uno dall’altro,sia nella scelta della tipologia delle tombe che nella scelta dei materiali de-posti, tali da farli riferire a gruppi diversi da quelli deposti nelle necropolisettentrionali, all’interno delle quali singole famiglie nucleari venivano riuni-te nelle tombe a camera o in gruppi di fosse strettamente collegati tra loro.La composizione dei corredi e i tipi di strutture funerarie della necropoli diMacchia della Comunità, ad esempio, appaiono decisamente meno ricchi earticolati: tali deposizioni potrebbero essere riferite agli abitanti del quartiereartigianale, riconosciuto nella zona soprastante del pianoro dalle indagini

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INTRODUZIONE

della British School di Roma20 e dagli scavi dell’Università di Roma. Diversa-mente, i piccoli gruppi di Riserva del Bagno (sulla via per Caere), con 5 tom-be, tra cui la prestigiosa tomba delle Anatre, o quello recentemente scavatoda Francesca Boitani a Monte Michele (sulla via per Narce), con 6 tombe, sidistinguono non solo per la posizione separata, ma anche per il tipo di mo-numento funebre, la ricchezza dei corredi o la peculiarità del rituale funera-rio, come pertinenti a piccoli clan gentilizi. Tale disposizione sembra antici-pare quindi il fenomeno dei tumuli tardo-orientalizzanti, disposti a coronaintorno al centro urbano21.Dalle ricerche topografiche e da vari saggi di scavo è evidente la forte inge-renza di Veio nel territorio circostante in particolare verso la foce del Tevere.Ciò trova riscontro nelle leggende relative alle guerre tra Roma e Veio sottoRomolo con la successiva pace dei cento anni. Gli insediamenti che si svi-luppano in questa area occupano o, in alcuni casi, rioccupano colline isola-te con pianoro alla sommità, poste lungo le valli dei maggiori corsi d’acquache incidono da nord a sud la regione, come il fosso della Maglianella, il fos-so Galeria, l’Arrone e soprattutto presso gli incroci di queste valli fluviali coni principali assi viari che attraversano questo territorio e che saranno poi ri-calcati dal tracciato delle strade romane come l’Aurelia e la Cornelia. Si trattadi centri, tutti di piccole dimensioni (difficilmente superiori all’ettaro diestensione), a volte con le loro necropoli, densamente distribuiti sul territo-rio e che indicano lo sviluppo di un sistema di sfruttamento intensivo dellerisorse e di controllo capillare delle vie di comunicazione. Esemplificativi alriguardo i siti di S. Rufìna e Monte Roncione, presso gli incroci del fosso Ga-leria, rispettivamente, con la Cornelia e l’Aurelia22. Per quanto riguarda lestrutture abitative in vari punti del pianoro viene testimoniato il passaggiodalla capanna a pareti curvilinee a impianti rettangolari, le c.d. case di legno.Stessa tipologia si ritrova a Piazza d’Armi per l’heroon, conformato cometempietto in antis23.Da un punto di vista urbanistico a Piazza d’Armi si assiste alla definizionedello spazio con l’articolazione dell’abitato in isole rettangolari24.

Agli anni finali del VII secolo a.C. e all’inizio di quello successivo (periodoOrientalizzante Recente) si attribuisce la diffusione dell’uso dei rivestimentidi tegole e della decorazione dei tetti sia nelle strutture abitative che in quel-le pubbliche. La decorazione del tetto del tempio a oikos di Piazza d’Armi ri-sulta tra le più antiche del panorama etrusco-italico (I fase: 600 a.C. circa). AVeio si trovano infatti esempi precoci di un sistema decorativo con scene mi-litari che viene in seguito diffuso in diversi centri etruschi fino al 550-540 a.C.circa. Caratteristiche sono le lastre di rivestimento con processione di carri inuna scena comunemente descritta come “partenza del guerriero”, spesso ac-compagnata da cavalieri armati, iconografia ampiamente attestata nella cera-mica corinzia. Il tetto di questo sistema include anche antefisse a testa fem-minile e tegole di gronde con motivi floreali25. Coevo è l’inizio del culto aPortonaccio, nel santuario che, pur sconosciuto alla tradizione letteraria, finìcol primeggiare, a giudicare dall’arredo architettonico e votivo, tra quelli nonsolo di Veio ma dell’intera Etruria. In questa prima fase del santuario il cultodoveva essere ancora a cielo aperto intorno a un altare dedicato a Minerva.La frequentazione “internazionale” è documentata dalle iscrizioni sulle offer-te in bucchero, a cui si aggiungono offerte di piccoli contenitori portaprofu-mo di produzione greca e greco-ionica e figurine miniaturistiche in materialidiversi. Le dediche iscritte su alcune offerte, soprattutto di bucchero, ci mo-strano la fama “internazionale” del santuario con la frequentazione di gentida Caere, Vulci, Castro e Orvieto: un piede di vaso di bucchero su cui è scrit-to mine muluvanece avile vipiennas (mi ha donato avile vipiennas) richiamail nome di un personaggio denominato Avile Vipinas, cioè Aulo Vibenna,

20 CASCINO, DI SARCINA 2005.

21 BARTOLONI 2003.

22 DE SANTIS 1997.

23 BARTOLONI 2008.

24 BARTOLONI 2003.

25 WINTER Cds.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

uno dei fratelli che le fonti (Varrone, Tacito o Festo) collegano strettamentealla storia di Roma regia; l’oinochoe di bucchero con iscrizione sull’attaccosuperiore dell’ansa, recita mini mul-vanice Karkuna Tulumnes, cioè mi hadonato Karkuna Tulumnes, individuo appartenente alla stessa gens di un redi Veio noto da Livio26. La ricchezza dei donari è ribadita da una statua virilepanneggiata, il cui modello compositivo di area ionico-orientale incontrò no-tevole fortuna e appare elaborato, con leggere varianti, sia nella scultura chenella piccola plastica. La statua appare assegnabile ai decenni centrali dellaseconda metà del VI secolo a.C. e costituisce uno dei più antichi esempi distatuaria, realizzati dai plastae attivi presso il santuario che, in questo stessoperiodo, prima dell’impianto del grande cantiere del tempio, elaborano pro-dotti di particolare raffinatezza27.Le strutture a carattere privato sono testimoniate da una casa-torre, probabi-le hestiatorion all’ingresso del complesso residenziale di Piazza d’Armi, an-ch’essa con tetto riccamente decorato28.Agli inizi del VI secolo la città viene protetta da una robusta cinta fortificatanelle quali si aprono diverse porte29.Per quanto riguarda i sepolcreti, continua l’uso delle necropoli ubicate sulledirettrici verso i maggiori centri limitrofi, a cui si aggiunge la costruzione deitumuli, posti a corona della città in luoghi eminenti e in posizione ben visi-bile da lontano: la tomba a tumulo rappresenta la massima espressione delleélites aristocratiche che basano in larga misura la loro ricchezza e il loro pre-stigio sul possesso della terra30.A partire dal 580/570 a.C. e per tutto il V secolo, a parte pochissime eccezio-ni il costume funerario a Veio e nel suo territorio cambia radicalmente, le de-posizioni sono contraddistinte dall’uso quasi esclusivo dell’incinerazione edalla mancanza pressoché completa di corredo: si percepisce lo stesso rigo-re funerario che contraddistingue contemporaneamente la limitrofa area la-ziale31, che sottende da parte della classe egemone una precisa scelta cultu-rale di diretta ispirazione greca, come è ribadito dal confronto con analoghenorme istituite da Solone32.Qualunque sia l’origine e il significato di questo cambiamento, appare chia-ra la scelta politica di far convergere tutte le risorse nell’edilizia pubblica (pa-lazzi, piazze, cisterne) sottraendole al privato, come avveniva nelle tombe fa-stose dell’Orientalizzante. Tale scelta appare chiaramente legata al poterecentrale ormai pienamente in grado di compierla. L’attribuzione ricorrente diquesto tipo di legislazione a nomoteti o tiranni del VI secolo non è casuale:la lotta contro il lusso e la ricchezza è parte integrante della fase nomoteticadelle città greche, i provvedimenti antisuntuari sono essenzialmente e origi-nariamente antiaristocratici, anche se espressi da uomini aristocratici, e primadi coinvolgere la maniera di seppellire i morti, coinvolgono la vita quotidia-na dei cittadini più abbienti33. Alla fine del VII secolo e nel corso del VI, c’èuna crisi generale delle aristocrazie; nuove forze si fanno strada; fra le fami-glie aristocratiche sorgono conflitti e contrasti e vincitore di quei conflitti puòessere un uomo del vecchio gruppo dominante34.

Gli scavi in corso stanno mettendo in luce un fervore edilizio che caratteriz-za il pianoro e Piazza d’Armi nella seconda metà del VI secolo, con una nuo-va fase di costruzioni all’interno dell’area urbana a Macchia Grande, Vignac-ce e Comunità, con nuovi tracciati stradali e case a pianta rettangolare, ripar-tite internamente in tre vani, talvolta con portico antistante35. Se all’internodella città l’andamento curvilineo della strada determina un orientamentonon omogeneo delle strutture conservate, diverso è il quadro che ci prospet-tano gli scavi di Piazza d’Armi. Alla metà del VI secolo risulta riferibile ilcompletamento dell’impianto urbanistico con l’articolazione per isolati, conla via principale NO-SE, larga ca. m 5, le vie minori larghe m 2,80 a questa

26 COLONNA 2002.

27 BAGLIONE Cds.

28 S. Ten Kortenaar ed I. vanKampen, in BARTOLONI et al.2006, pp. 69-73; vedi oltre.

29 BOITANI 2008.

30 DE SANTIS 2003.

31 A. De Santis, in BARTOLONI etal. 1994, pp. 29-40; DRAGO

TROCCOLI 1997.32 PALMIERI Cds.

33 CORDANO 1980.

34 MAZZARINO 1989, p. 193.

35 D’ALESSIO 2001; BELELLI

MARCHESINI 2001a.

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INTRODUZIONE

perpendicolari, con una grande piazza con cisterna; le case del tipo ad asselongitudinale sembrano in più casi affacciate su grandi spazi (cortili) interniche trovano confronti numerosi in Etruria, come l’edificio tardo-orientaliz-zante di Murlo36. A questa fase va riferito probabilmente l’impianto della po-derosa fortificazione in opera quadrata. Un’attività edilizia sembra infatti in-teressare il pianoro di Piazza d’Armi anche alla fine del VI o all’inizio del Vsecolo a.C., come sembrano dimostrare la monumentalizzazione della strada,la costruzione della porta a dypilon e la realizzazione di porticati e struttureartigianali. Ne emergerebbe quindi un prolungamento, di almeno una gene-razione, dell’occupazione del complesso di Piazza d’Armi, generalmenteconsiderato già abbandonato nel tardo VI secolo a.C. Alla luce dei materialirinvenuti non sembra di poter riconoscere in Piazza d’Armi l’acropoli di Veiocon un tempio riferibile a età tardo arcaica, da essere riconosciuto comequello di Giunone Regina menzionato dalle fonti a proposito della presa diVeio da parte di Furio Camillo nel 396 a.C. Le recenti indagini sembranoavallare l’ipotesi37 di identificare l’arce ricordata da Livio, su cui era stato in-nalzato il tempio di Giunone Regina, nella propaggine meridionale del pia-noro di Comunità: tra i materiali rinvenuti, antefisse, ceramica votiva, loute-ria e thymiateria, degni di nota una testa forse cimata pertinente a una sta-tua acroteriale a grandezza naturale, assimilabile stilisticamente alle grandistatue di Portonaccio databili tra 520-510 a.C., e un frammento di altorilievo,leggermente più tardo, con avambraccio femminile in forte tensione afferra-to da una mano maschile indicante un’azione concitata, per cui è stata pro-posta l’interpretazione di una scena di rapimento o di amazzonomachia38.Sembrerebbe logico attribuire questo rinnovato fervore edilizio per cui Veioappare all’apice della sua fioritura artistica, a quel ventennio di relativa tran-quillità nei rapporti con Roma, governata da magistrati di origine etrusca,che è stato riconosciuto nello scorcio del VI secolo, dopo l’episodio di Por-senna e fino al secolare conflitto aperto dalla guerra gentilizia dei Fabi. E for-se proprio a questo ultimo evento si può attribuire un cambiamento sostan-ziale nella storia dell’urbanistica veiente con l’abbandono della cittadella diPiazza d’Armi e forse l’edificazione del tempio di Giunone Regina all’internodel pianoro.A questa stessa spinta culturale e artistica dei decenni finali del VI secolo a.C.si deve attribuire l’edificazione e la radicale ristrutturazione, presso le casca-te della Mola sul Cremera, del santuario extraurbano di Portonaccio, operache è stata attribuita alla volontà di un personaggio regale. Innanzitutto ven-ne progettato il tempio a tre celle innalzato sopra un podio quadrato, con unpronao in antis 39. L’esame dei materiali conservati nei magazzini ha eviden-ziato la ricchissima decorazione del tetto costituita da almeno una ventina distatue acroteriali, fra cui le più famose come il celeberrimo gruppo di Apol-lo ed Eracle, appena restaurato, che ben chiarisce la notizia relativa al “Ve-iente esperto di coroplastica” chiamato da Tarquinio il Superbo per erigere laquadriga di Giove sul tempio capitolino40.Dopo i primi decenni del V secolo a.C. le testimonianze archeologiche perora scarseggiano. Caduto il re Lars Tolumnius, Veio, dopo un assedio decen-nale, viene conquistata da Furio Camillo e il culto poliadico di Giunone Re-gina viene trasferito a Roma.

In questa sede si presentano i materiali di tre complessi più o meno chiusiprovenienti da Piazza d’Armi e da Comunità: una capanna, una cisterna e unpozzo.La capanna a pianta circolare con un ingresso porticato presenta accanto aforme ceramiche d’uso comune, anche oggetti di pregio, alcuni dei quali,specie nell’impasto rosso e nella ceramica depurata, direttamente collegabilial costume del banchetto/simposio e riferibili quindi a un contesto abitativo

36 PHILLIPS 1985.

37 TORELLI 1982.

38 BELELLI MARCHESINI 2001a, p.27, I.D.9.

39 Da ultimo COLONNA 2001a.

40 COLONNA 2008; BAGLIONE

2008a.

14

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

pertinente a genti di rango socialmente elevato. La cronologia dei materiali,con alcune eccezioni rappresentate da frammenti riferibili probabilmente al-l’Orientalizzante Antico, si concentra prevalentemente nei decenni prece-denti la metà del VII secolo a.C.Il materiale di riempimento della cisterna a scalini induce a datare il com-plesso di riferimento alla prima metà del VI secolo a.C., con una vita di al-meno 50 anni e a riferirlo a una struttura a carattere gentilizio, coperta da untetto riccamente decorato. Le indagini di scavo effettuate nella zona nordoc-cidentale del pianoro di Piazza d’Armi fanno per ora riferire questi materialiall’unica evidenza arcaica dell’area, costituita da un vano incassato quadran-golare, per cui si è ipotizzata la pertinenza a una casa-torre: la presenza dinumerosi resti di ossa animali può far pensare, come un analogo esempio daPortonaccio41, a un hestiatorion, posto all’ingresso del piccolo pianoro equindi della residenza.La natura del materiale rinvenuto nel pozzo, prelevato alla fine del IV secolocon ogni probabilità nelle immediate vicinanze, conferma la presenza a Co-munità di edifici a carattere pubblico-sacrale scaglionati tra la seconda metàdel VI e il V secolo a.C.; l’associazione delle terrecotte architettoniche construmentario e scarti di fornace sembra costituire segno di un rapporto di ta-li edifici con le officine ceramiche attive dalla fine del VII secolo a.C.La presentazione delle due diverse aree di scavo è stata affidata a Valeria Ac-concia e a Barbara Belelli Marchesini.Conclude il lavoro un esame d’insieme sulle faune rinvenute nei tre diversicontesti in cui è interessante notare le diverse percentuali nelle varie fasi deibovini, prima prevalenti, e gli ovini, presenti in gran numero nel contestopiù tardo. Di particolare interesse la presenza di resti di pollo.

Sono grata ai due giovani editori, Marco Arizza e Alessio De Cristofaro, peraver accolto generosamente questa pubblicazione tra i loro titoli e ad Ales-sandra Piergrossi per l’aiuto nel coordinamento e nella redazione.

GILDA BARTOLONI

41 COLONNA 2001a, p. 39.

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

16

FIGURA 1 Pianta del pia-

noro veiente di Piazza

d’Armi (in grigio, gli scavi

1996-2002 dell’Università di

Roma “La Sapienza”; elabo-

razione grafica: V.A., E.

Biancifiori)

17

1. LO SCAVO DELLA FOSSA DELL’AREA I E DELLA CISTERNA DELL’AREA V NELL’AMBITO DELLE NUOVE RICERCHE A PIAZZA D’ARMI

1.1. IL SITO: STORIA DEGLI STUDI E NUOVE ACQUISIZIONI

Il contributo qui presentato è frutto dello studio didue contesti indagati nel corso degli scavi condot-ti a Piazza d’Armi tra il 1996 e il 2002 dalla Catte-dra di Etruscologia e Archeologia Italica dell’Uni-versità di Roma “La Sapienza” (prof.ssa G. Barto-loni), nell’ambito del ‘Progetto Veio’.Come è noto, il pianoro di Piazza d’Armi è statooggetto di ricerche inizialmente a opera di R.Lanciani, E. Gabrici ed E. Stefani e da parte dellaSoprintendenza ai Beni Archeologici per l’EtruriaMeridionale negli anni 1968-1970 e nel 1988 (Fig.1)1.Tali indagini hanno contribuito a delineare unastoria della frequentazione del sito per cui, dopouna prima fase di occupazione databile tra l’etàdel Ferro e la prima metà del VII secolo a.C., que-sto si riorganizza secondo un impianto ortogonaleche sembra porsi in anticipo rispetto alle espe-rienze di urbanistica regolare note per altre cittàetrusche2.L’impianto si sviluppa a partire da un sistema gra-vitante su un asse di percorrenza principale (il cd.cardo) orientato in senso nord-ovest/sud-est, dalquale si dipartono altre strade con andamentonord-est/sud-ovest, che dividono lo spazio inse-diativo in isolati regolari. Gli scavi di E. Gabrici edE. Stefani portarono alla luce gli elementi princi-pali di tale sistema (porzioni di viabilità, unità abi-tative), al quale si ascrivono anche la struttura aoikos a nord-est della strada principale (Fig. 2.7),nota per aver restituito uno dei complessi di de-corazione architettonica più antichi attestati in

Etruria3, e la grande cisterna a pianta ottagonale,rivestita di un paramento in blocchi squadrati ditufo (Fig. 2.8). Quest’ultima costituisce il fulcro diun’area aperta che sembra raccordare la viabilità egli isolati affacciati su di essa4.La cronologia di tale complesso era posta nelperiodo segnato dall’impianto dell’oikos, ovverola fine del VII secolo a.C. (come indicato dal piùantico ciclo di terrecotte architettoniche associatoalla struttura), con uno sviluppo limitato nell’am-bito del VI. Già dalla metà dello stesso secolo,infatti, secondo M. Torelli il sito sarebbe entratoin una fase di decadenza e declino che si sarebbeconclusa agli inizi del V, con un abbandono pres-soché completo5. Tale fenomeno era riferito allapossibile funzione di Piazza d’Armi, interpretataa più riprese come “cittadella” o settore dell’abi-tato veiente, distinto dal pianoro principale permodi e tempi di occupazione. In questo senso,una volta sviluppatisi pienamente i caratteriurbani del centro, esso avrebbe assorbito ilnucleo di popolamento di Piazza d’Armi, deter-minandone l’abbandono. A tale interpretazionecontribuiva anche l’analisi delle fasi edilizie dellemura difensive di Piazza d’Armi che (Fig. 2.10),scavate all’inizio del XX secolo, risultavanocostruite con una tecnica edilizia differenterispetto a quella utilizzata per le mura urbane,analizzate successivamente da J. Ward-Perkins6.Queste ultime (a un unico paramento addossatoa terrapieno retrostante), infatti, erano datate nelV secolo a.C.; quelle di Piazza d’Armi, invece,realizzate in blocchi di tufo connessi a emplecton,secondo G. Colonna erano attribuibili agli inizidel VI, con una serie di rifacimenti nei decennisuccessivi, culminanti con l’aggiunta di unamonumentale porta a dypilon7, coeva al circuitodel pianoro principale8.

VEIO-PIAZZA D’ARMIANALISI DI DUE CONTESTI ABITATIVI ALLA LUCE DELLA CULTURA MATERIALE a Marco Montaleone*

VALERIA ACCONCIA (V.A.);

ANDREA DI NAPOLI (A.D.N.);

GLORIA GALANTE (G.G.);

MARIA HELENA MARCHETTI

(M.H.M.);

MANUELA MERLO (M.M.);

MATTEO MILLETTI (M.MI.);

VALENTINO NIZZO (V.N.);

VALERIA PAOLINI (V.P.);

ALESSANDRA PIERGROSSI

(A.P.);

FEDERICA PITZALIS (F.P.);

FEDERICA MICHELA ROSSI

(F.M.R.);

FERDINANDO SCIACCA (F.S.);

SILVIA TEN KORTENAAR

(S.T.K.);

IEFKE VAN KAMPEN (I.V.K.)

Università di Roma “La Sapienza”, Cattedra di Etruscologia e Archeologia Italica.

* Marco Montaleone ha lavo-rato con noi a Veio-Piazzad’Armi nel 2001, con la pas-sione e l’impegno che con-traddistinguono i giovani stu-denti di archeologia. Vogliamodedicare questo lavoro al suoricordo (Marco ci ha lasciatopoco dopo).

CONTRIBUTI DI:

1 BRUNETTI NARDI 1972; TORELLI 1982, p. 118; BARTOLONI 2006a,pp. 33-36.

2 GABRICI 1913; STEFANI 1922; 1944-1945. Per l’impianto ortogo-nale, GUAITOLI 1981a; COLONNA 1986, p. 426.

3 Per una sintesi, v. BARTOLONI et al. 2006 (con bibliografia pre-cedente).

4 GABRICI 1913, p. 167; STEFANI 1944-1945, coll. 181-186, figg. 2-10.

5 Sull’argomento, v. TORELLI 1982, p. 119; FONTAINE 1993, p. 232.6 WARD-PERKINS 1961, pp. 32-39.7 TORELLI 1982; COLONNA 1986, p. 426; FONTAINE 1993 (che ana-

lizza dettagliatamente le varie fasi edilizie delle mura e dellaporta, distinguendone quattro).

8 COLONNA 1986, pp. 432, 468.

18

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

Se per le mura di Piazza d’Armi non sono state an-cora avviate indagini utili a verificare queste crono-logie9, suggerite prevalentemente sulla base delletecniche utilizzate e su un’analisi solo preliminaredei materiali associati10, per le mura del pianoroprincipale le datazioni proposte in passato sulla ba-se delle associazioni con ceramica internal slip-wa-re e su considerazioni a carattere storico (collegatealle vicende delle guerre con Roma), sono state ra-dicalmente modificate nel corso degli ultimi anni.Gli scavi condotti nell’area di Campetti nel periodo2002-2004 dalla Soprintendenza ai Beni Archeolo-gici per l’Etruria Meridionale (v. G. Bartoloni, a p.8), infatti, hanno consentito di datare alla primametà del VI secolo a.C. proprio il circuito urbano,individuandone una più antica fase ad aggere, da-tabile alla prima metà dell’VIII secolo11.

Allo stesso modo, le ricerche dell’Università diRoma “La Sapienza” a Piazza d’Armi hanno contri-buito a modificare sensibilmente le conoscenzesulla frequentazione del sito.I risultati delle campagne 1996-2002 sono già statiresi noti in alcuni resoconti preliminari12 e lo stu-dio dei materiali, avviato nell’ambito di seminarifinalizzati alla pubblicazione completa dello sca-vo, ha contribuito a integrare e puntualizzare i da-ti stratigrafici, pianificati preliminarmente a partireda interrogativi programmatici sullo sviluppo delsito, che hanno suggerito il ricorso a indagini geo-fisiche, realizzate negli anni 1996-1998 dal-l’ITABC-CNR (dott. S. Piro). Nell’ambito di taliprospezioni sono state registrate numerose ano-malie che hanno quindi indirizzato la scelta dellearee di intervento13.

FIGURA 2 Pianta di dettaglio

della distribuzione degli

scavi dell’Università di

Roma “La Sapienza”; 1)

l’Area I (scavi 1996-2002);

2-4) le Aree II-IV (saggi

1996-1998); 5) l’Area V

(scavi 1999-2001); 6) scavi

2003-2008; 7) la struttura a

oikos; 8) la cisterna; 9) la

struttura abitativa a sud-

ovest della cisterna; 10) le

mura; 11) la Struttura A;

12) la Struttura B; 13) il

percorso stradale indivi-

duato nei saggi SAEM

1968-1970 diretto all’oikos;

14) probabile traccia di di-

verticolo nell’Area V (ela-

borazione grafica: V.A., E.

Biancifiori)

9 Nell’ambito delle ricerche dell’Università “La Sapienza” di Ro-ma, nel 2003 è stato avviato un breve saggio in corrisponden-za del tratto di mura indagato dalla Soprintendenza ai BeniArcheologici per l’Etruria Meridionale nel 1968-1970. Tale sag-gio non ha però condotto a risultati consistenti, avendo indi-viduato prevalentemente stratigrafie relative al periodo alto-medievale (con i resti di una sepoltura in fossa). Nella pro-grammazione della ricerca si prevede comunque di prosegui-re l’indagine presso le mura, ampliando i saggi a tratti non

esplorati. A questo riguardo, nel 2008 è stata avviato un pro-gramma di revisione della documentazione planimetrica delsito di Piazza d’Armi (V. Acconcia, E. Biancifiori), che ha pre-so le mosse proprio dalle mura.

10 Oggetto di studio da parte di A. Di Napoli per la sua tesi dilaurea, in pubblicazione.

11 BOITANI 2008.12 BARTOLONI et al. 1996; BARTOLONI 2004; BARTOLONI et al. 2005a-b.13 BARTOLONI et al. 1996; PIRO 2005; BARTOLONI et al. 2008.

10

5

24

36

13

8

9

7

14

11

121

19

VEIO-PIAZZA D’ARMI

Lo scavo è stato articolato in un saggio più esteso,realizzato in corrispondenza di un’anomalia ma-gnetica che segnalava la presenza di un possibileincrocio stradale (definito Area I; Fig. 2.1) e in unaserie di aree campione (è il caso delle Aree II-IV),alcune delle quali realizzate solo per trincee di di-mensioni ridotte (Fig. 2.2-4). Dal 1999 al 2001 èstato avviato un saggio localizzato nei pressi dellemura, nel tratto a nord-ovest della porta (Area V),per verificare la consistenza di una forte anomaliamagnetica registrata nel 1998 (Fig. 2.5).Dal 2002 in poi, le ricerche sono proseguite diret-tamente a nord-est dell’Area I, in una porzionedel pianoro già parzialmente interessata dagli sca-vi di E. Stefani e dai saggi della Soprintendenzadel 1968-1970 (Fig. 2.6)14.Numerosi sono gli spunti desumibili dalle ultimericerche, soprattutto per quanto riguarda le fasipiù antiche portate alla luce. A tale proposito, ri-sulta estremamente rilevante il rinvenimento nel2003 di una sepoltura maschile a inumazione, lo-calizzata proprio in quest’area e datata al IX seco-lo a.C. sulla base di analisi radiocarboniche e deimateriali rinvenuti nel riempimento della fossa15.La sepoltura, attribuita a un membro emergentedella comunità veiente, si pone in stretta relazio-ne con una struttura che la includeva e che fu poisottoposta a un rifacimento nell’avanzato VIII se-

colo, che ne modificò la pianta da ovale a rettan-golare in antis (v. G. Bartoloni, p. 8).Tale complesso, identificato come una sorta di“heroon”, fulcro simbolico della comunità di Piaz-za d’Armi, consente di articolare ulteriormente lacronologia della Fase I come proposta nelle pre-cedenti edizioni delle campagne 1996-2002. NellaFase I, infatti, erano state incluse tutte le emergen-ze precedenti al primo impianto del sistema orto-gonale, ovvero la capanna a pianta sub-circolarepresentata di seguito e alcune fosse di scarico, at-tribuendo alla fase un ampio arco cronologico tral’età del Ferro e gli inizi dell’Orientalizzante16.Allo stadio attuale delle ricerche, però, sembra dipoter distinguere all’interno della stessa fase unmomento più antico, nel quale inserire la tomba ainumazione e la struttura che la conteneva (Fig.3.1), l’ampia fossa rinvenuta a nord-ovest dellastruttura sub-circolare di seguito analizzata (Fig.3.2), la cui datazione al IX secolo a.C. (900-830a.C.) è confermata dalle analisi radiocarbonichealle quali sono stati sottoposti alcuni dei campionidi legno carbonizzato prelevati dai suoi riempi-menti da A. Nijboer17 dell’Università di Gronin-gen, e una fossa di scarico localizzata nella por-zione meridionale dello scavo dell’Area I (che ri-sultava riempita coerentemente di materiali data-bili agli inizi all’età del Ferro; Fig. 3.318). A tali

14 STEFANI 1922.15 BARTOLONI 2006a-b; per le datazioni radiocarboniche, v. l’ap-

pendice di L. Calcagnile, in BARTOLONI 2006b, pp. 61-63.16 S. ten Kortenaar, in BARTOLONI et al. 2005a, p. 278, fig. 2.

17 BARTOLONI 2006b, p. 59.18 Un esemplare dei materiali rinvenuti nella fossa è presentato

in PIERGROSSI 2001 (tazza di impasto ad ansa bifora databile al-l’inizio dell’VIII secolo a.C.).

12

3

5

6

4FIGURA 3 Pianta della Fase

I nella sua scansione più

antica (Fase Ia). 1) La ca-

panna e la sepoltura del IX

secolo a.C. (scavi 2003-

2008); 2) fossa con mate-

riali dell’età del Ferro (scavi

1996-2002); 3) fossa con

materiali dell’età del Ferro

(scavi 1996-2002); 4) la ca-

panna sotto l’oikos (scavi

Stefani); 5) la capanna ta-

gliata dalla cisterna (scavi

Stefani); 6) la capanna nella

Trincea I (scavi Stefani); ri-

quadro di dettaglio: la ca-

panna e la sepoltura del IX

secolo a.C. (elaborazione

grafica: V.A., E. Biancifiori)

20

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

emergenze vanno probabilmente associati un fon-do di capanna dalla Trincea I (nella porzionenord-orientale del pianoro), un altro tagliato dal-l’impianto della cisterna ottagonale e le fosse rin-venute al di sotto dei piani di imposta dell’oikos(dubitativamente interpretate come fondi di ca-panna), portati alla luce dallo Stefani (Fig. 3.4-6).La chiusura di tali contesti nell’ambito di un oriz-zonte non avanzato della prima età del Ferro èsuggerita dai materiali in impasto bruno decorati aincisione rinvenuti nei rispettivi riempimenti19.Nella scansione più recente della Fase I vanno in-vece inserite la capanna a pianta sub-circolarepresentata in questo contributo, per la quale pro-prio l’analisi dei materiali segnala una frequenta-zione tra la fine dell’età del Ferro e gli inizi del-l’Orientalizzante Antico (Fig. 4.1; v. p. 24) e, pro-babilmente, il rifacimento dell’“heroon” come sa-cello a pianta rettangolare in antis (Fig. 4.2).L’articolazione delle fasi successive risulta invecepiù serrata e si svolge coerentemente in relazioneall’impianto del sistema ortogonale e al suo svi-luppo. La definizione del nuovo assetto urbanisti-co si pone dopo la metà del VII secolo a.C., nelmomento di passaggio tra l’Orientalizzante Medioe Recente20, con una cesura netta rispetto ai modidell’occupazione precedente. Lo scavo dell’Area Iha messo in luce come le emergenze ascrivibili atale momento siano caratterizzate da una chiaraprogettualità, alla quale continuano a fare riferi-mento i progressivi rifacimenti registrati fino al-l’abbandono del sito agli inizi del V secolo.L’elemento che definisce con chiarezza la nuova si-stemazione è il tracciamento del già citato sistema

di viabilità regolare, di cui nell’Area I è stata porta-ta alla luce l’intersezione tra il cd. “cardo”, orienta-to in senso nord-ovest/sud-est, e un asse seconda-rio ortogonale che si sviluppa a sud-ovest. Le duestrade scandiscono le aree a margine in isolati re-golari, dei quali sono state individuate tre porzioni,due a nord-ovest e sud-est della strada secondariae una, più ampia, a est della principale.La datazione dell’impianto sembra indicata da al-cune evidenze relative alla fase immediatamenteprecedente, che si pongono quindi come significa-tivi termini ante quem. Si tratta di alcune fosse discarico e piani di livellamento che hanno restituitomateriali della metà del VII secolo e, soprattutto,della deposizione di un’olla globulare di impastorosso contenente un calice carenato di impastobruno conservato per metà, all’interno di una fos-sa tagliata nel banco geologico21. Le modalità digiacitura e la riproduzione della coppia calice-olla,riferibile al consumo ritualizzato del vino22, sugge-riscono che tale emergenza possa riferirsi a unadeposizione intenzionale interpretabile come of-ferta posta a segnare (quale rituale di fondazione)l’avvio della pianificazione regolare del sito e la fi-ne dell’abitato per nuclei sparsi di capanne. Il con-testo è databile nell’ambito del secondo venticin-quennio del VII secolo a.C. e consente quindi diporre la nascita dell’assetto regolare sul pianorointorno alla metà dello stesso secolo.Nella Fase II, l’area è quindi suddivisa con il primotracciato degli assi stradali, realizzati con profondisbancamenti del piano geologico e delle strutturesu di esso impostate. Una testimonianza diretta ditale momento si conserva nella strada secondaria,ai margini della quale, in prossimità dell’incrociocon la principale, sono stati portati alla luce duesolchi paralleli orientati in senso nord-est/sud-ovest, associati a due tagli circolari posti alle loroestremità nord-orientali e a un breve tratto di mu-ro di ciottoli, che potrebbe costituire una primadelimitazione del margine della strada23. I solchipotevano accogliere elementi lignei, successiva-mente asportati, forse necessari a segnare mate-rialmente la divisione dell’area, e testimonierebbe-ro pertanto un rituale di fondazione24. Il tracciatodella strada principale, che in questo momento ta-glia le stratigrafie riferibili all’“heroon” e al suo ri-facimento (attestandone pertanto l’avvenuto ab-bandono), non ha restituito tracce di solchi, chepotrebbero però essere state asportate dagli inter-venti immediatamente successivi, finalizzati a con-

19 STEFANI 1944-1945, coll. 183-184, figg. 8 e 11; col. 207, figg. 16-18; coll. 271-274, figg. 34, 79-87.

20 BARTOLONI 2004.21 ACCONCIA 2001a; BARTOLONI 2003, p. 17, fig. 10.22 Come suggerito anche da alcune testimonianze epigrafiche, v.

MARTELLI 1984.23 S. ten Kortenaar, in BARTOLONI et al. 2005a, p. 278, fig. 3; BAR-

TOLONI 2003, p. 16, tav. IIa.24 G. Bartoloni, in BARTOLONI et al. 2006, pp. 51-54.

FIGURA 4 Pianta della Fase

I nella sua scansione più

recente (Fase Ib). 1) La ca-

panna sub-circolare (scavi

1996-2002); 2) l’edificio in

antis (scavi 2003-2008)

(elaborazione grafica: V.A.,

E. Biancifiori)

1

2

21

VEIO-PIAZZA D’ARMI

solidarne e regolarizzarne i margini e il fondo.Gli isolati così delimitati risultano quindi definiti giàda questo momento, ma sono utilizzati per impian-tarvi strutture solo progressivamente. Tale elementoribadisce la forte coerenza progettuale nelle moda-lità di frequentazione del pianoro e di conseguenzaun controllo costante delle scelte urbanistiche.Dalla fase immediatamente successiva (Fase III),infatti, si assiste a una graduale monumentalizza-zione delle aree prospicienti i percorsi di viabilità:l’angolo nord-occidentale dell’incrocio, ad esem-pio, è rinforzato da una struttura addossata al tagliodelle strade, che diviene quindi la delimitazionedell’isolato fino all’ultima fase di frequentazioneprima dell’abbandono del sito. A tale complesso(denominato Struttura A, v. Fig. 3.11) fa riferimen-to anche la più antica regolarizzazione del fondodella strada principale con un battuto di terra eciottoli. La coerenza dell’impianto è ribadita dall’al-lestimento di due cippi in pietra agli angoli dell’in-crocio stradale, che fungono da paracarro ma, so-prattutto, segnano il punto di origine della viabilità,

anche in un momento in cui l’isolato a sud-est del-la strada secondaria non è delimitato da strutture,ma è comunque utilizzato per attività da realizzareall’aperto, come indicano alcune fosse da cottura25.L’analisi preliminare dei materiali sembra suggeri-re per questa fase una datazione agli ultimi decen-ni del VII secolo a.C., in significativa coincidenzacon l’impianto dell’oikos. Quest’ultimo va a occu-pare un isolato a nord-est del cardo, al quale èprobabilmente collegato tramite una strada indivi-duata nel corso dei saggi della Soprintendenza aiBeni Archeologici per l’Etruria Meridionale del1968-1970 (Fig. 3.13)26, che doveva delimitare a estl’isolato nel quale fu impiantata l’unità abitativaportata alla luce dagli scavi del 1996-2002 e defini-ta Struttura B (di seguito, p. 22; Fig. 3.12).Le fasi successive si caratterizzano per i vari rifaci-menti dei due assi di percorrenza, ai quali sono ag-giunte progressivamente le altre strutture rinvenute.Nella Fase IV (Fig. 5) l’ingombro della strada prin-cipale sembra essere ridotto a seguito di un avan-zamento del suo margine orientale27, a nord-est

25 S. ten Kortenaar, in BARTOLONI et al. 2005a, p. 278, fig. 4; BAR-TOLONI 2003, pp. 17-18.

26 I materiali da questo saggio sono stati studiati da V. Paolini

per la sua tesi di laurea, in corso di pubblicazione.27 S. ten Kortenaar, in BARTOLONI et al. 2005a, p. 281, fig. 5; BAR-

TOLONI 2003, p. 17.

FIGURA 5 Pianta della Fase

IV con le emergenze rinve-

nute nell’Area I e nell’Area

V (elaborazione grafica: V.

A., E. Biancifiori) e sezione

di dettaglio dei due pilastri

22

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

del quale sembra allestita un’area aperta, delimita-ta da almeno due pilastri, testimoniati dal rinveni-mento di due basi in blocchi di tufo alloggiate inprofondi tagli nel banco tufaceo (vedi sezione allaFig. 5). La scelta di questo isolato per allestire unasorta di portico, funzionale alla monumentalizza-zione dell’area antistante l’oikos, poteva suggerirela sepoltura dell’età del Ferro (della cui localizza-zione precisa si doveva però essere persa la me-moria). La Fase IV si pone agli inizi del VI secoloa.C., dato che nelle stratigrafie ad essa riferibile so-no attestati, per la prima volta nel complesso delsaggio di scavo dell’Area I, materiali in impastochiaro sabbioso, la cui datazione non è certo risal-ga oltre tale data.Di seguito, sono realizzati un rifacimento consi-stente dei piani di calpestio della strada principale(Fase V)28 e il completamento della delimitazionedella stessa tramite allineamenti a un solo filare diblocchi di tufo, associati a una pavimentazione inun battuto compatto di tufo grigiastro (Fase VI)29.Verso lo scorcio del VI secolo a.C. (Fase VII), laporzione sud-orientale del saggio è utilizzata perallestirvi una probabile area produttiva30, come se-gnala il rinvenimento di una profonda cavità ret-tangolare tagliata nel banco geologico, all’internodella quale è alloggiato un muro in blocchi di tu-fo. La cavità sembra servita da un breve canale discolo e si trova in prossimità di alcune fosse (chehanno restituito tracce di esposizione al fuoco) edi una cisterna a profilo troncoconico, localizzatanell’angolo meridionale del saggio. Contempora-neamente, nel cardo è approntato un breve trattopavimentato in lastre di tufo.Alla fine del VI secolo a.C. (Fase VIII) si pone ladelimitazione del margine meridionale della stra-da secondaria, con l’apprestamento di un muro inblocchi che si lega al tratto orientato in sensonord-est/sud-ovest della principale, che definiscei limiti dell’isolato corrispondente, nel quale saràsubito dopo allestita una struttura residenziale31.Il margine settentrionale della stessa strada secon-daria, inoltre, è monumentalizzato con una sorta diavancorpo in blocchi di tufo che viene a costituireun’area di rispetto, forse un marciapiede, che siprolunga a sud-ovest lungo il margine dell’isolato.Sullo stesso allineamento, a sud-ovest di esso, è sta-ta rinvenuta la fondazione di una sistemazione inblocchi di tufo forse corrispondente a un accesso.Alla fine della frequentazione avviata con la FaseI, si pone l’impianto di una unità abitativa (defini-

ta Struttura B) nell’isolato a sud-est del cardoche, nel breve periodo in cui fu utilizzata fino agliinizi del V secolo a.C., fu sottoposta ad almeno trerifacimenti (Fase IX)32.La struttura, indagata per buona parte della suaestensione, pur avendo subito pesanti spoliazioniin età alto-medievale e moderna, sembra fosse ar-ticolata in almeno due ambienti ed è possibile chesi estendesse in senso longitudinale, con un latocorto affacciato sulla strada principale e, probabil-mente, altri accessi da ipotizzare sul lato lungo,affacciati sulla secondaria che, come già accenna-to, probabilmente doveva condurre in origineall’oikos (v. p. 21)33.Agli inizi del V secolo a.C. si registra una cesuranella frequentazione dell’area, che sembra pertan-to abbandonata; solo materiali residui di età me-dio-repubblicana (frammenti di ceramica a verni-ce nera, anfore greco-italiche ecc.) suggerisconouna presenza successiva alla conquista romana(più evidente nell’Area V, v. p. 23).L’Area I ha quindi restituito la sequenza stratigra-fica più completa per il periodo etrusco e ha an-che consentito di sottoporre a verifica alcune del-le ipotesi finora avanzate sul sito di Piazza d’Armi,rialzando ad esempio di qualche decennio la pro-grammazione dell’impianto regolare ascritta allafine del VII secolo a.C., ma confermando allostesso tempo che il processo di monumentalizza-zione del tessuto urbano dovette avviarsi solo nelmomento in cui sembra porsi la costruzione del-l’oikos. Allo stesso modo, l’abbandono del sitonon sembra preceduto da una fase di lungo decli-no se, proprio tra la metà del VI e gli inizi del Vsecolo a.C., si registra una serrata sequenza di ri-facimenti e riutilizzi (culminante proprio con lacostruzione della Struttura B).Lo scavo non chiarisce le motivazioni di tale ab-bandono. A seguito delle più recenti scoperte re-lative alla cronologia del circuito murario princi-pale, poi, sembra necessario sottoporre a revisio-ne le ipotesi che facevano corrispondere le scelteinsediative della comunità veiente alle vicendeedilizie dei sistemi di fortificazione quali espres-sione di scelte politiche e autorappresentative.Potrebbe invece trovare conferma l’ipotesi che ilnucleo di popolamento di Piazza d’Armi sia statoincorporato in quello insediato nel pianoro princi-pale nel momento in cui i rapporti con Roma siavviarono decisamente alla crisi, prima della bat-taglia del Cremera34.

28 V. Acconcia, in BARTOLONI et al. 2005a, p. 282, fig. 6.29 V. Acconcia, in BARTOLONI et al. 2005a, p. 282.30 V. Acconcia, in BARTOLONI et al. 2005a, pp. 282-283.31 V. Acconcia, in BARTOLONI et al. 2005a, p. 284.32 V. Acconcia, in BARTOLONI et al. 2005a, p. 284.

33 La struttura B può quindi essere avvicinata a quella scavata daE. Stefani nell’area a sud della Cisterna e visibile in STEFANI

1944-1945, fig. 2 (v. Fig. 2.9, in questo contributo).34 CORNELL 1995, p. 311.

23

VEIO-PIAZZA D’ARMI

Gli altri saggi condotti dal 1996 al 2002 hannoavuto prevalentemente lo scopo di verificare laconsistenza del sistema stradale imperniato sulcardo, per comprenderne l’andamento rispetto al-la posizione dell’accesso al pianoro in corrispon-denza della porta.Se, infatti, la strada sembra proseguire in direzionedi uno degli angoli delle mura, dove non è stato lo-calizzato alcun accesso, l’individuazione nel corsodegli scavi del 1968-1970 di un diverticolo orienta-to verso la Porta Nord, suggeriva che vi fosse unadeviazione a raccordare l’impianto del cardo al si-stema di accesso. La pesante azione di asporto deidepositi stratigrafici legata ai lavori agricoli, però,ha probabilmente determinato l’impossibilità dileggere nuovamente tali tracce sul terreno tramitela realizzazione dei saggi per trincea.Se, infatti, il margine nord-orientale della stradaprincipale è stato individuato in almeno altri duesaggi (Fig. 3.2, 4), non è stata invece rinvenuta al-cuna testimonianza relativa a un possibile cam-biamento nell’orientamento, se non, nell’Area V,un breve tratto di muro con andamento nord-est/sud-ovest, che potrebbe costituire il resto diun raccordo con l’area della porta (Fig. 3.14).In realtà, in prossimità dell’Area V il percorso del-la strada sembra interrompersi, probabilmenteasportato dai lavori agricoli di età moderna.Come già accennato, quest’ultimo saggio di scavoè stato pianificato al fine di verificare una forteanomalia magnetica corrispondente, come si ve-drà, alla profonda cisterna che costituisce il se-condo dei contesti qui presentati. L’Area V ha re-stituito un deposito stratigrafico discontinuo, me-no conservato nella porzione sud-orientale, doveaffiorava il banco geologico direttamente al di sot-to dello strato agricolo, e più consistente nellaparte nord-occidentale, dove invece sono staterinvenute tracce evidenti di una frequentazionealto-medievale impostata su quella medio-repub-blicana, a sua volta successiva a quella arcaica.Le emergenze meglio leggibili corrispondono allacavità rettangolare di cui si tratterà di seguito,identificata come cisterna, e a un altro ambiente afondo ribassato, probabilmente collegato al primo(Figg. 10 e 37), che fu riutilizzato subito dopo laconquista romana per impiantarvi una struttura discarsa entità, probabilmente pertinente a una pic-cola fattoria.Sia la cisterna che l’ambiente ribassato sono ta-gliati nel banco tufaceo e non conservano restidegli alzati originari. Sulla base della cronologia

ricavata dai materiali presentati in questa sede edei confronti con altre strutture dello stesso perio-do, è stata avanzata l’ipotesi che il complesso diriferimento potesse ascriversi alla prima metà delVI secolo a.C.Data l’assenza di rapporti stratigrafici diretti tra lastrada principale e queste emergenze, è difficileproporre una collimazione delle strutture scavatenell’Area V con le fasi individuate nell’Area I. Sipuò pertanto solo avanzare l’ipotesi che la vitadella cisterna e del vano ribassato corrispondanogenericamente al periodo segnato dalle Fasi IV-VI(come suggerito dalla pianta alla Fig. 5).

2. LO SCAVO DEI DUE CONTESTI

I contesti presentati di seguito sono la fossa sub-circolare dell’Area I e la cisterna rettangolare del-l’Area V 35. Ambedue le emergenze sembrano es-sere state obliterate a seguito di azioni unitarie discarico, con l’accumulo di materiali provenientida contesti verosimilmente abitativi. Per le lorocondizioni di giacitura, quindi, sono state scelteal fine di caratterizzare le modalità di occupazio-ne del sito di Piazza d’Armi e (in parte) per pun-tualizzare la datazione delle fasi alle quali siascrivono36.

2.1. LA FOSSA (FIGG. 6-7)La fossa (US -843; v. Fig. 7), di forma sub-circola-re e dai contorni irregolari, portata alla luce all’in-terno dell’area occupata successivamente dallaStruttura A, era tagliata nel banco geologico di tu-fite alterata. Essa era orientata in senso nord-ovest/sud-est (7x6 m ca.), con fondo irregolare,che si approfondiva fino a 0.50 m ca. rispetto aimargini superiori. L’andamento del taglio, fornitodi un breve avancorpo a nord-ovest, e la presen-za di un buco di palo (US-80); anch’esso ricavatonel banco geologico) direttamente a ridosso delsuo margine occidentale suggeriscono di interpre-

35 Per una prima edizione dei due contesti, presentati nell’ambi-to di un seminario di studio a Roma nel 2003 (École Françai-se de Rome; Svenska Institutet i Rom), BARTOLONI et al. Cds.

36 Per una lettura degli scarichi di materiali di risulta, ACCONCIA

2001b.

FIGURA 6 La fossa in corso

di scavo (foto: S.t.K.)

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

tare l’emergenza come il fondo di una strutturacapannicola con piano interno ribassato37. L’as-senza di resti di alzato è probabilmente dovuta auna pesante azione di rasatura da porre in rela-zione con la pianificazione dell’impianto ortogo-nale di Piazza d’Armi, dopo la metà del VII seco-lo a.C. Le attività di livellamento e preparazioneapprontate in relazione a quest’ultima potrebberoquindi aver determinato un forte ribassamento deipiani di vita precedenti e di eventuali tagli di al-loggiamento per muri perimetrali o montanti li-gnei. Risulta quindi problematica una lettura pun-tuale della fossa, pur essendo ipotizzabile una suaidentificazione con una capanna a pianta circola-re, a tetto conico38 e alzato alloggiato direttamen-te in terra e realizzato con argilla pressata su basein pietra (Fig. 8).

Il riempimento della fossa era costituito da ottostrati di accumulo, ricchi di frammenti ceramici,materiale organico (ossa, carboni) e di spezzonitufacei di dimensioni varie, associati a grumi diconcotto (probabilmente dalla distruzione deglialzati; v. sezione alla Fig. 7). Gli strati superiori diriempimento si possono attribuire a una azione discarico coincidente con l’abbandono della struttu-ra, realizzata nell’arco di un periodo relativamen-te breve. Sul fondo si rinveniva un accumulocompatto di colore rossiccio (per la presenza al-l’interno della matrice della tufite alterata checompone il banco geologico; Fig. 7: US 829 nellasezione), tagliato da una fossa (US 827/-834)riempita di scaglie tufacee e frammenti ceramici(tra i quali anche il coperchio in impasto rossopresentato alla Fig. 19, 1). Tale evidenza suggeri-sce di identificare l’US 829 come il probabile restodi un piano di frequentazione, forse utilizzato perregolarizzare il taglio del fondo; tale livellamentosembra essere rimasto esposto per un certo perio-do, come indica la discontinuità segnalata dallafossa US -834, la quale a sua volta potrebbe averavuto una funzione primaria da collegare alle atti-vità all’interno della struttura (focolare? fossa daconserva?).Il complesso dei materiali ceramici rinvenuti, al-l’interno dei quali si è riscontrata una percentualedi residui più alta rispetto a quella verificata nelsecondo contesto in esame (di seguito, p. 27),consente di datare l’obliterazione della strutturanei decenni direttamente precedenti la metà delVII secolo a.C.Di una certa rilevanza è la pressoché totale as-senza del bucchero (è infatti attestato un solo

FIGURA 7 Pianta e sezione

della fossa e diagramma

stratigrafico relativo al-

l’emergenza (elaborazione

grafica: V.A., E. Biancifiori)

FIGURA 8 Ipotesi ricostrut-

tiva della capanna elabo-

rata per la mostra “Dalla

capanna alla casa. I primi

abitanti di Veio” (Archivio

Museo dell’Agro Veientano;

M. D’Eletto)37 BARTOLONI 2003, pp. 58-61, con discussione dei confronti. Da

ultimo, DI GENNARO et al. Cds.38 V., ad esempio, BROCATO, GALLUCCIO 2001; VAN KAMPEN 2003b,

p. 23, fig. 20, con bibliografia precedente.

25

VEIO-PIAZZA D’ARMI

frammento, probabilmente una intrusione dallestratigrafie più recenti39), la cui produzione e dif-fusione a Veio si datano a partire dal secondoquarto del VII secolo40. Coincide con questo da-to la presenza di pochi frammenti di ceramicaetrusco-geometrica databile nella prima metà delVII secolo a.C. (Fig. 15; v. F.M.R. a p. 29). Tra lealtre classi, per l’impasto bruno, a fianco di unnumero consistente di residui dell’età del Ferro(fenomeno del resto verificato per gran parte deidepositi stratigrafici dallo scavo 1996-2002) èpossibile segnalare un addensamento di alcunitipi rappresentativi dell’Orientalizzante Anticoavanzato (ad esempio le olle carenate, Fig. 16, 5-7, o le scodelle carenate, Fig. 17, 1-3; v. A.D.N. eG.G. a pp. 29-35). L’impasto rosso presenta for-me e tipi di lunga durata, attestati in area etru-sco-laziale per l’intero periodo orientalizzante,per i quali è pertanto difficile proporre una data-zione puntuale, soprattutto in contesto di abita-to. Alcuni esemplari, che afferiscono a tipi noncomuni (ad esempio il piede conformato a gam-ba umana e il cratere/coppa decorato in whiteon red) sembrano però databili nella prima metàdel VII (Fig. 19, 2-3; v. S.t.K. a pp. 35-39). Nel-l’ambito della ceramica di impasto rosso-bruno,invece, si registrano tipi tradizionalmente attri-buiti al periodo successivo alla metà dello stessosecolo e di lunga durata (Fig. 20; v. F.P. a p. 39).Tale anomalia può essere motivata dalla estremasemplicità delle forme dell’olla e della scodella,strettamente legate all’uso; la diffusione dei tipipresenti nella fossa potrebbe quindi essere rial-zata anche alla prima metà del secolo, come se-gnala del resto la coincidenza tipologica con leredazioni di olle e scodelle in impasto brunodallo stesso contesto. Allo stesso modo, l’instru-mentum domesticum non fornisce riferimentiutili per la datazione dell’abbandono della ca-panna: se, ad esempio, il confronto con i mate-riali dalla cisterna suggerisce una distinzionechiara nella produzione dei fornelli a diaframmarialzato e a sostegni conici, esso non è però diri-mente per fornire una datazione puntuale deidue contesti, venendosi invece a delineare unrapporto inverso, in cui è proprio la cronologiadei contesti a contribuire al chiarimento dell’evo-luzione della forma.La presenza di pesi da telaio, rocchetti e fuseruo-le e di un’alta percentuale di dolia, conferma delresto quanto suggerito di seguito (M.Mi. a pp. 39-

41) sul carattere della capanna. Se, infatti, i mate-riali rinvenuti al suo interno possono essere iden-tificati come il risultato dell’abbandono della strut-tura e della “pulizia” dell’area circostante, è possi-bile che essi segnalino un utilizzo della stessa ab-bastanza prolungato e la sua frequentazione daparte di un nucleo familiare connotato da un li-vello di cultura materiale elevato (come indicanole forme da mensa in impasto bruno, rosso e glialari), che però concentrava nella stessa unità abi-tativa anche le comuni attività domestiche (mani-polazione e cottura degli alimenti, filatura e tessi-tura)41.

2.2. LA CISTERNA (FIGG. 9-10)Il secondo contesto esaminato consiste in un va-no sotterraneo di forma pressoché rettangolare lo-calizzato nell’Area V, scavato nel banco tufaceo,che qui risultava abbastanza compatto in superfi-cie, mentre sul fondo del taglio si presentava alte-rato, con venature sabbiose. La cavità misurava3,40x2,50 m ca., era orientata in senso est-ovested era profonda 1,60 m ca.; era inoltre fornita diquattro gradini posti presso l’angolo settentriona-le, anch’essi ricavati tagliando il banco tufaceo. Lepareti avevano un andamento verticale regolare42.Il riempimento risultava costituito da una serie distrati piuttosto omogenei, frutto di scarichi realiz-zati in sequenza continua, ricchi di materiale cera-mico, con l’eccezione dell’US 1096, caratterizzatadalla forte presenza di ossa e carboni (v. diagram-ma stratigrafico alla Fig. 10). La cavità può essere identificata come vano sot-terraneo funzionale alla raccolta dell’acqua (unacisterna) o anche come ambiente ribassato confunzione di cantina. Mancano elementi utili a de-finire con maggiore puntualità la struttura di perti-nenza, essendo stati i piani di imposta della stessae gli alzati asportati successivamente. Le scale ta-

39 Il frammento è stato rinvenuto nell’US 753, una delle più su-perficiali nei riempimenti che componevano il deposito strati-grafico che obliterava la struttura (v. sezione alla Fig. 7).

40 Per una sintesi, MARCHETTI 2001, pp. 17-18; per la tomba n. 5di Monte Michele (databile intorno al 670 a.C.), nella quale

sono attestate le più antiche presenze di bucchero veiente,BOITANI 1983; 2001.

41 BARTOLONI 2003, p. 62.42 La cavità per misure si avvicina a quelle rettangolari rinvenu-

te nella tenuta Radicicoli: F. Fraioli, in DI GENNARO et al. Cds.

FIGURA 9 La cisterna, in

corso di scavo (foto: V.N.)

26

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

FIGURA 10 Pianta dell’area

della cisterna; sezione della

cisterna; diagramma strati-

grafico relativo all’emer-

genza (elaborazione grafica:

V.A., E. Biancifiori, A.D.N.,

M.M.)

FIGURA 11 Ipotesi ricostrut-

tiva dell’edificio rettango-

lare prospiciente la cisterna

(elaborazione: V.A.)

27

VEIO-PIAZZA D’ARMI

gliate nel banco potevano del resto risultare fun-zionali sia a un vano sotterraneo, sia a una cister-na43. Per ambedue le ipotesi si segnalano variconfronti, dalla struttura ipogea di Casale Pian Ro-seto nella stessa Veio44, a recenti rinvenimenti diambienti incassati nel suburbio di Roma: a Fide-nae, le cavità rinvenute nella tenuta Radicicoli45;in loc. Massimina, centro commerciale Colasanti46

e Casale De Giorgi47; a Centocelle, la struttura tar-doarcaica nell’area S5 e la struttura ipogea nel-l’area T. 50548 e a Monte dello Spavento sulla Ti-burtina49.L’elevato grado di ricomponibilità dei frammenticeramici rinvenuti nella struttura dell’Area V, di-stribuiti anche per varie unità stratigrafiche, sug-gerisce che i riempimenti fossero il frutto diun’unica attività, identificabile con una puliziaestesa e profonda realizzata in corrispondenza diuna struttura a carattere residenziale, probabil-mente alla fine del suo utilizzo.I materiali inducono a datare il complesso di rife-rimento nell’ambito della prima metà del VI se-colo a.C. con una vita di almeno 50 anni. Alcunedelle classi presenti nel primo contesto esamina-to, infatti, sono qui attestate prevalentemente inposizione residuale. Si tratta della ceramica etru-sco-geometrica (v. M.H.M. e F.M.R., p. 41) e del-l’impasto bruno, per il quale a fianco di olle ci-lindro-ovoidi che potrebbero richiamare tipi piùrecenti, diffusi poi nell’impasto rosso-bruno (Fig.24, 1-4; 25, 2), sono attestate anche forme tipichedel repertorio dell’Orientalizzante Antico e Me-dio (Fig. 24, 5-6; 25, 1, 3-4, 6-9; v. A.P., alle pp.44-47). Per l’impasto rosso, si registra la presenzadi olle globulari biansate più evolute rispetto alleredazioni di pieno VII secolo e l’introduzione dialcune forme non presenti nel contesto più anti-co, come ad esempio le brocche (Fig. 26, 6-7), lecoppe emisferiche (Fig. 27, 5) e le scodelle a lab-bro rientrante (Fig. 27, 11-12; v. V.N. alle pp. 47-49)50.Non erano invece presenti all’interno della fossaesaminata al paragrafo precedente la ceramicaetrusco-corinzia e il bucchero, che costituisconodue utili indicatori cronologici per la cisterna. Laprima classe, con i frammenti attribuiti al “Gruppoa Maschera Umana” e al Pittore dei Rosoni (v.

M.H.M., F.S., pp. 41-42), circoscrive l’arco cronolo-gico relativo alla chiusura del contesto a ridossodella metà del VI secolo a.C. Nell’ambito del buc-chero, per quanto la distribuzione dei tipi sia me-no puntuale rispetto a quella della ceramica etru-sco-corinzia, si registra una concentrazione delleattestazioni nella prima metà del VI secolo, con ti-pi caratterizzanti anche il periodo successivo finoal V, ma che nel contesto della cisterna presentanocaratteri ascrivibili all’avvio delle rispettive produ-zioni (v. M.H.M., F.S. e F.M.R. alle pp. 42-44).A favore di questa cronologia si pongono anche imateriali di impasto chiaro-sabbioso che, comesuggerito da M.M. (pp. 51-52) sembrano riferibiliall’inizio della produzione della prima metà delVI. La ceramica in impasto rosso-bruno e l’instru-mentum domesticum non forniscono elementiutili per definire la cronologia del contesto, essen-do attestati con tipi di lunga durata. Un elementodi un certo interesse può essere però rappresenta-to dal deciso aumento delle attestazioni di impa-sto rosso-bruno rispetto a quelle presenti nellafossa dell’Area I (Fig. 12), che conferma come ta-le classe nel corso del VI secolo a.C. sostituiscaprogressivamente le produzioni in impasto brunoper la ceramica d’uso comune.Come per la fossa, il riutilizzo successivo dell’area(occupata poi da un piccolo impianto di età me-dio-repubblicana e, di seguito, da attività riferibilial periodo alto-medievale51) e la rasatura comple-

FIGURA 12 Grafico relativo

alle percentuali delle classi

ceramiche attestate nei due

contesti in esame (A.P.)

43 Sull’argomento, vedi F. Di Gennaro, in DI GENNARO et al. Cds.44 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970; per una revisione della de-

stinazione del complesso e una sua rilettura come struttura ri-feribile a un santuario, TORELLI 2001.

45 F. Di Gennaro, in DI GENNARO et al. Cds46 Si tratta in questo caso di una cavità rettangolare originaria-

mente utilizzata come collettore di acque e successivamenteadattata ad accogliere una struttura abitativa (fine del VI-V se-colo a.C.; SCAROINA 2008).

47 Struttura a pianta complessa, utilizzata tra la fine dell’età ar-

caica e la media età repubblicana, ROSSI 2008.48 BETTELLI 2004; FESTUCCIA, REMOTTI 2004.49 CALCI, SORELLA 1995.50 Alcuni degli esemplari presentati, ad esempio i frammenti de-

corati in white on red (Fig. 27, 3-4), sono probabilmente inposizione residuale.

51 Al riutilizzo dell’area va anche attribuito l’impianto del muroin blocchi di tufo USM 1008 visibile nella sezione alla Fig. 10e il pozzo che taglia le due strutture incassate.

28

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

ta dei piani di vita a seguito di lavori agricoli, ren-dono difficile avanzare ipotesi sui caratteri dellastruttura abitativa cui la cavità doveva fare riferi-mento; le ipotesi al riguardo, quindi, sono stateavanzate in gran parte sulla base dei materiali rin-venuti.I confronti con i vani ribassati b di Portonaccio econ quello di San Giovenale, recentemente identi-ficati come hestiatoria, suggeriscono di leggere ilcomplesso cisterna/vano ribassato adiacente co-me afferente a un edificio a sviluppo verticale, ric-camente decorato da terrecotte architettoniche(Fig. 11) (v. S.t.K. e I.v.K. alle pp. 54-62)52.

2.3. I DUE CONTESTI A CONFRONTO

Come già accennato, i materiali rinvenuti nellafossa dell’Area I e nella cavità dell’Area V vannoriferiti a due contesti abitativi di diverso orizzontecronologico.

L’analisi dei tipi e della distribuzione quantitativadelle varie classi di materiale rinvenute mette inevidenza alcune differenze tra le modalità di fre-quentazione della capanna e del complesso di ri-ferimento della cisterna.Per ambedue le emergenze, infatti, è attestata la ce-ramica da mensa, nelle forme legate al banchetto,che suggerisce la presenza di nuclei familiari di ran-go elevato, confermata nel caso della cisterna daimateriali di decorazione architettonica, solitamenteassociati, a una quota cronologica così alta, a edificisacri o a residenze con caratteri di rappresentanza.Se per tutte le classi esaminate si è riscontrata unatendenza a un aumento delle attestazioni nel riem-pimento della cisterna, legata alla maggiore consi-stenza del campione più recente (Fig. 13), l’unicaclasse che sembra invertire tale rapporto è quelladell’instrumentum domesticum (Fig. 14), e specifi-camente i grandi contenitori e gli elementi per latessitura.All’interno della struttura più antica, quindi, si po-tevano svolgere attività più concentrate, quali lalavorazione dei tessuti o lo stoccaggio degli ali-menti, mentre la scarsità di tali materiali dalla ci-sterna, suggerisce che all’interno del complessoabitativo di riferimento alcune di queste attivitànon fossero svolte o anche che quest’ultimo po-tesse sviluppare una articolazione interna piùcomplessa, per cui lo scarico all’interno della ci-sterna potrebbe essere riferito all’abbandono solodi una parte di una residenza a carattere gentilizio.I materiali rinvenuti, sembrano essere prevalente-mente ascrivibili a produzione locale e trovanoconfronti con la cultura materiale del sito nota daicontesti funerari e da quelli di abitato editi. Tra glielementi di interesse, si pongono gli spunti offertidalla netta distanza cronologica dei due contesti,che consente di puntualizzare lo sviluppo di alcuneproduzioni. Già si è fatto cenno al panorama offer-to da forme di impasto rosso (le olle); allo stessomodo, trovano conferma suggestioni relative al-l’evoluzione dell’impasto chiaro-sabbioso o all’in-troduzione di tipi specifici di fornelli (v. V.A. allepp. 52-54). Altre annotazioni possono essere rileva-te riguardo all’uso dei rivestimenti a scialbo internoed esterno, utilizzato per il vasellame da cucina maanche per l’impasto rosso. Tale riscontro potrebbesuggerire una rivalutazione della cronologia non-ché della funzione della scialbatura, tradizional-mente assegnata alle più recenti classi dell’internalslip-ware e dell’internal-external slip-ware. Così, èpresente un unico esemplare di anfora, anch’essoscialbato sia internamente che esternamente, perti-nente a un tipo non inserito nelle classificazionidelle anfore da trasporto etrusche, ma che sembraavere uno sviluppo esclusivamente veiente, finora

52 COLONNA 2001a; COLONNA, BACKE FORSBEG 1999; BARTOLONI

2003, p. 19.

FIGURA 13 Grafico relativo

alle forme attestate nei due

contesti in esame (A.P.)

FIGURA 14 Grafico relativo

alla presenza dell’instru-

mentum domesticum all’in-

terno dei due contesti in

esame (V.A.)

29

VEIO-PIAZZA D’ARMI

attestato in contesti funerari dell’Orientalizzante Re-cente o a Casale Pian Roseto. L’esemplare da Piaz-za d’Armi contribuisce a integrare la serie, ponen-dosi quindi in corrispondenza di una lacuna nellastessa (v. V.A., p. 54). [V. A.]

3. I MATERIALI

Lo studio dei materiali ceramici (risultavano as-senti quelli metallici, mentre i campioni faunisticisono analizzati da J.D.G.M. e C.C. in questo volu-me, pp. 125-136) è stato articolato per classi, percui si spiegano i numerosi autori di questa pre-sentazione53.

3.1. I MATERIALI DALLA CAPANNA

3.1.1. CERAMICA ETRUSCO-GEOMETRICA

La ceramica depurata è scarsamente attestata neldeposito stratigrafico relativo al contesto in esamee, nonostante la maggior parte dei frammenti rin-venuti non sia attribuibile a forme riconoscibili, sisono individuati pochi esemplari riconducibili allaforma del piatto ad aironi54 di produzione etru-sco-geometrica55 e databile alla prima metà delVII secolo a.C. (Fig. 15). La decorazione conserva-ta evidenzia solo una dipintura a fasce e lineeconcentriche di colore arancio all’interno e al-l’esterno della vasca e sul labbro. Il tipo è moltodiffuso in ambito etrusco laziale56. [F.M.R.]

3.1.2. IMPASTO BRUNO

La classe dell’impasto bruno, rappresentata da untotale di 729 frammenti, dei quali 216 tipologici,comprende le produzioni vascolari distribuite tra laprima età del Ferro e l’Orientalizzante. Un nutritonumero di frammenti, 432 di cui 119 tipologici57,appartiene al primo orizzonte cronologico; pur te-nendo presente che si tratta di un campione in po-

sizione residuale, si possono comunque indicare lecaratteristiche generali della produzione. Si tratta diframmenti di vasi realizzati a mano, probabilmentein ambito domestico, che presentano differenzetecniche nell’esecuzione in base alla loro probabiledestinazione d’uso. Le evidenti difformità cromati-che, attribuibili prevalentemente alla cottura nonuniforme, l’uso d’impasti generalmente grossolani,le palesi alterazioni dello spessore, l’irregolarità nelprofilo e il non accurato trattamento delle superfi-ci, sulle quali le tecniche ricorrenti della lisciatura esteccatura vengono eseguite spesso in coppia conun’alternanza tra l’esterno e l’interno del vaso, de-rivante presumibilmente dalla specifica destinazio-ne dei manufatti, caratterizzano e contraddistin-guono il vasellame destinato alla preparazione/cot-tura dei cibi, essenzialmente olle (14 frammenti) eciotole (8 frammenti). Quest’ultima forma presentageneralmente una vasca a calotta, prevalentementepoco profonda, con labbro indistinto e orlo ten-denzialmente arrotondato (Fig. 16, 18); in un caso,una vasca emisferica profonda con labbro indistin-to e orlo piatto (Fig. 16, 19)58.L’olla, pur presentando una discreta variabilitàmorfologica59, sembra tuttavia indirizzata verso tipicon un ampio labbro estroflesso, prevalentementedistinto internamente da spigolo vivo, cui si ac-compagna un orlo sagomato piatto (Fig. 16, 2)60 oarrotondato leggermente ingrossato all’esterno(Fig. 16, 3)61; di dimensioni ridotte sembra essere

FIGURA 15 La fossa all’in-

terno della struttura A: cera-

mica subgeometrica (F.M.R.)

53 Lo studio delle varie classi è stato condotto in collaborazione daimembri del gruppo di lavoro dell’Università di Roma “La Sapien-za” operante a Veio, Piazza d’Armi. Alcuni dei materiali analizza-ti in questo contributo sono già stati presentati in VAN KAMPEN

2003a, con schede a nome dei singoli autori e nel lavoro prelimi-nare, rivisto e aggiornato in questa sede, in BARTOLONI et al. Cds.

54 Piatto poco profondo, con labbro estroflesso leggermente rivol-to verso il basso e distinto dalla vasca (ROSSI 2003, p. 67, n. 74).Sulla tipologia di questi piatti: RICCI 1955, tav. H, 184-185 e LE-ACH 1987, pp. 96-101.

55 MARTELLI 1987, pp. 16-17 e nota 4.56 Veio, Pantano di Grano, tombe 1 e 2: DE SANTIS 1997, pp. 112-

113, 124-128, 133, e note 53-55, fig. 15/29, 132/13 (secondoquarto del VII secolo a.C.) con ampia bibliografia. Passo dellaSibilla, tomba A: RADDATZ 1983, p. 210, 9, fig. 4.1, tav. 27/4.Monte Michele, tomba V, cella destra: BOITANI 1983, p. 541, tav.XCIV/e (secondo quarto del VII secolo a.C.), e forse tomba B:CRISTOFANI 1969, p. 48/12-13, tav. XXIV/1. Riserva del Bagno,tomba V: BURANELLI 1982, pp. 94-95, n. 2, fig. 2 (VII secolo a.C.).Casale del Fosso, tomba 1090: inedita. A Cerveteri, dall’area del-

la Vigna Parrocchiale: SANTORO 1992, pp. 107-108, fig. 312 (pri-mo quarto del VII secolo a.C.) e RENDELI 2003, p. 70, fig. 40.474(dalla stratigrafia relativa alla “residenza” arcaica). Casaletti diCeri, tomba II: COLONNA 1968, p. 268, n. 7 (primo quarto del VIIsecolo a.C.).

57 Di questi, 65 frammenti rappresentano parti morfologichenon considerate in questa sede, essendo prevalentementefondi, piedi, anse e maniglie non particolarmente significativea fini diagnostici e di dimensioni spesso contenute.

58 Il frammento si presenta ben steccato su entrambe le superfi-ci. Si tratta di un tipo molto diffuso che trova confronti a Ve-io, Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, Group A2,bowls, p. 40, n. 12, fig. 3.

59 Va tenuto presente che, a causa delle ridotte dimensioni deiframmenti, è stato possibile riscontrare la variabilità morfolo-gica soltanto per la parte superiore del vaso.

60 Simile a un esemplare da Veio, Porta Nord-Ovest: MURRAY

THREIPLAND 1963, Group A2, jars, p. 40, n. 7, fig. 2.61 Tipo simile a Cerveteri,Vigna Parrocchiale: MOSCATI 1993a, ti-

po 3, olla cilindro-ovoide, p. 223, fig. 433, H 8.1.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

FIGURA 16 La fossa all’in-

terno della struttura A: im-

pasto bruno (A.D.N.)

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l’unico frammento di olla con breve labbro appe-na estroflesso distinto esternamente e con spigoloarrotondato internamente (Fig. 16, 1)62.Alla mensa dovevano essere destinati i frammentiper i quali è evidente una maggiore attenzionenella scelta dell’impasto, più fine, e nella resa uni-forme delle superfici, spesso rifinite tramite lucida-tura. Tra le forme chiuse sono presenti diversi vasia collo distinto63, con labbro estroflesso indistintoe orlo piatto orizzontale (Fig. 16, 4)64; con labbrodistinto internamente da spigolo vivo e orlo leg-germente assottigliato (Fig. 16, 5) o con ampiolabbro distinto esternamente ed internamente daspigolo arrotondato, orlo arrotondato e collo con-vesso (Fig. 16, 6)65; in un caso il labbro presentainternamente una decorazione a singola linea inci-sa, con un motivo a zig zag (Fig. 16, 3)66. Tale tec-nica si riscontra anche su due pareti e su due fon-di piani (Fig. 16, 9)67 che potrebbero appartenereai vasi collo distinto, così come le pareti decorate(11 frammenti) a pettine a due, tre, cinque o seipunte, con motivi non facilmente determinabili(Fig. 16, 8); in un caso è presente il motivo a falsacordicella sovrapposto all’incisione a pettine.

Le forme aperte sono rappresentate dalla scodella(12 frammenti) con labbro rientrante più o menoaccentuato (Fig. 16, 10, 12)68, in un caso decorataa incisione con motivo figurativo non definibilearricchito da cuppelle (Fig. 16, 11). Sono attestateanche scodelle carenate (3 frammenti) con ansasopraelevata decorata internamente con incisioniorizzontali; in un caso il labbro presenta una de-corazione a incisione con linee a falsa cordicellainclinate e serrate (Fig. 16, 13)69, forse sono perti-nenti a questi esemplari alcuni frammenti di piedea tromba di dimensioni contenute.Le tazze (5 frammenti) sono presenti con diversesoluzioni dimensionali: piccola con spalla com-pressa, breve labbro verticale e orlo piatto (Fig.16, 14), forse media, con spalla sfuggente, labbroverticale leggermente distinto esternamente e orloarrotondato (Fig. 16, 15) e grande con spalla arro-tondata, breve labbro distinto e orlo assottigliato(Fig. 16, 16)70; ad una tazza-cratere potrebbe ap-partenere il frammento con vasca profonda, lab-bro distinto esternamente da gola e internamenteda spigolo vivo e orlo assottigliato (Fig. 16, 20)71.È presente, inoltre, un frammento di forma non

62 Il frammento di olletta presenta una steccatura interna associa-ta a una lisciatura esterna; morfologicamente trova riscontri aVeio, Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, Group A2,jars, p. 40, n. 9, fig. 2; Ficana: BRANDT 1996, p. 188, tipo 35b,fig. 121, olla cilindrica o cilindro-ovoide piccola/media (il tipoè indicato come molto diffuso nei contesti della prima età delFerro). A Cerveteri, Vigna Parrocchiale è presente un tipo simi-le inserito nei vasi a collo troncoconico: MOSCATI 1993a, p. 221,fig. 429, H 4.1. Con spigolo vivo e steccatura interna, si presen-ta il tipo di olla cilindro-ovoide individuato a Roma, Palatino:FALZONE 2001a, Gruppo III, tipo 1, p. 169, tav. 4.16. È presenteanche a Cures Sabini, dove è meno marcata la distinzione dellabbro: O. Colazingari, M.T. Fulgenzi, in GUIDI et al. 1996, sca-vo A2, struttura L, fig. 16.6 (materiali dell’VIII secolo a.C.); do-ve il tipo con “corto bordo indistinto” continua a essere pro-dotto nella prima metà del VII secolo a.C., in “impasto grezzo”,spesso non tornito, con segni di steccatura ed ingubbiato: F. Bi-stolfi, A. Zifferero, in GUIDI et al. 1996, scavo A2, struttura M,pp. 179-181, fig. 21.2; cfr. anche Roma, Pendici settentrionalidel Palatino: CARAFA 1995, coarse ware, p. 138, tipo 326 e pp.140-141, tipo 334 (presenti dall’inizio del VII secolo a.C.).

63 Si è scelta questa denominazione per riunire i frammenti ca-ratterizzati dalla presenza di un collo distinto, che non è statopossibile attribuire a forme specifiche, a causa della loroframmentarietà e per l’assenza di elementi, quali anse o mani-glie, che costituiscono una discriminante fondamentale.

64 Il tipo è attestato a Veio, Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND

1963, Group A2, jars, p. 40, n. 8, fig. 2; Cerveteri, Vigna Par-rocchiale: MOSCATI 1993a, olla globulare, tipo 1, p. 221, fig.431, H 5.1; Ficana: BRANDT 1996, tipo 43a, olla globulare pic-cola/media, pp. 191 e 194, fig. 125 (tipo prevalentemente ese-guito a mano; indicato come molto diffuso nei contesti dellaprima età del Ferro).

65 Si confronti l’esemplare da Cures Sabini: O. Colazingari, M.T.Fulgenzi, in GUIDI et al. 1996, vaso biconico, p. 170, fig. 16.3(materiali dell’VIII secolo a.C.).

66 Per la decorazione si veda ad es. Osteria dell’Osa, tomba XIX:A.M. Bietti Sestieri, A.P. Anzidei, in COLONNA 1976, p. 183, cat.59, n. 2, tav. XXX.

67 Il motivo rappresentato potrebbe essere un meandro conti-nuo; si veda l’esemplare di vaso biansato dalla tomba I di Val-

visciolo (periodo laziale IIB): G. Bartoloni, in COLONNA 1976,p. 353, n. 1, tav. LXXXVII, A. Si veda anche l’esemplare da Sa-tricum, Borgo Le Ferriere: MAASKANT KLEIBRINK 1987, D 9 hutIV (Satricum, fase I/II, IX-VII secolo a.C.), pp. 79, 218, n.1267. Tale motivo sembra essere attestato anche su un esem-plare da Roma, Palatino: FALZONE 2001a, p. 173, tav. 8.36.

68 Le scodelle a orlo rientrante sono piuttosto comuni nei contestidella prima età del Ferro; l’assenza di ulteriori elementi morfo-logici non permette però di associare gli esemplari alle tipolo-gie strette proposte per le necropoli. Per esemplari veienti siveda: Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, Group A1,bowls, p. 39, nn. 13-14, fig. 1; Group A2, p. 40, n. 19, fig. 3.

69 Il frammento sembra potersi associare agli esemplari carenaticon fondo piano o piede a tromba ben attestati a Veio. Si ve-dano ad esempio i tipi individuati nella necropoli di QuattroFontanili: TOMS 1986, tipi X 12 e X 13, p. 91, fig. 28 (Toms IIB-IIC); GUIDI 1993, tipo 14, p. 22, fig. 9, 1-2 (fase IIB) e fig. 19,1 (fasi IIB1-IIC), tipo 20, p. 24, fig. 7, 3 (sottofase IIB1), tipo21, p. 24, fig. 15, 2 (fase IIC) e fig. 19, 3 (fasi IIB1-IIC), tipo23, p. 24, fig. 7, 4 (sottofase IIB1) e fig. 11, 2 (sottofase IIB2),tipo 24, p. 26, fig. 13, 5 (fasi IIB2-IIC). Sempre da Veio, PortaNord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, Group A2, bowls, p. 41,n. 22, fig. 3. È presente anche a Cerveteri, Vigna Parrocchiale:MOSCATI 1993a, scodelle, tipo 3, p. 225, fig. 434, H 12.2.

70 Il frammento presenta sulla parte superiore un’alterazione dellasuperficie e dello spessore, imputabile alla presenza di un’appli-cazione, forse funzionale, come potrebbe essere un’ansa soprae-levata; tale soluzione sembra avvalorata dallo stringente confron-to, individuato con l’esemplare, privo di confronti, da Cures Sa-bini: O. Colazingari, M.T. Fulgenzi, in GUIDI et al. 1996, scavo A2,struttura L, p. 167, fig. 14.9 (materiali dell’VIII secolo a.C.). A Ro-ma, Palatino è presente un esemplare, morfologicamente simile,di ridotte dimensioni (diametro 5 cm), ma inserito tra le olle adorlo rientrante: FALZONE 2001a, Gruppo I, tipo 4, p. 167, tav. 2.5.

71 Il frammento non sembra trovare confronti puntuali. Sembre-rebbe richiamare però scodelle con profilo simile del BronzoFinale: Veio, Isola Farnese, struttura B databile tra l’orizzontemedio e la fase evoluta del Bronzo Finale: OLIVIERI 2003, pp.52-53, cat. 44 (il tipo sembra avere diffusione dal Bronzo Re-cente richiamando a sua volta tipi dal profilo meno sviluppa-to del Bronzo Medio).

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

FIGURA 17 La fossa all’in-

terno della struttura A: im-

pasto bruno (G.G., A.D.N.)

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VEIO-PIAZZA D’ARMI

facilmente classificabile, a profilo quasi cilindrico,con labbro indistinto e orlo arrotondato che sem-bra presentare l’attacco di un’ansa (Fig. 16, 17)72.La produzione riferibile all’Orientalizzante, cui ap-partengono un totale di 178 frammenti di cui 97 si-gnificativi, destinata essenzialmente alla mensa, ècaratterizzata dall’esecuzione al tornio, dalla sceltadi impasti molto fini e dalla resa accurata delle su-perfici. Tra le forme chiuse si registra la predomi-nante attestazione dell’olla carenata (30 frammen-ti, per un numero minimo di 15 esemplari). L’ana-lisi della superficie interna ed esterna dei fram-menti ha rilevato un’accurata lisciatura a stecca,accompagnata sulla superficie esterna da lucidatu-ra. Il diametro delle olle, quando è stato possibileriscontrarlo, varia dai 14 ai 22 cm, con una mag-giore frequenza tra i 18 e i 20 cm. L’analisi morfo-logica ha evidenziato una forma caratterizzata dalventre emisferico con una carena a spigolo vivo ecollo troncoconico decorato da scanalature oriz-zontali; l’orlo presenta una variabilità morfologicasignificativa, ma non cronologicamente; le rese ar-rotondata, assottigliata (Fig. 17, 1), ingrossata (Fig.17, 2) e appiattita superiormente (Fig. 17, 3), pre-senti rispettivamente in 8, 2, 2 e 3 esemplari, sem-brano essere attestate per manufatti provenientidallo stesso contesto73. Tra i 15 frammenti di collinon facilmente classificabili, ve ne sono due condecorazione arricchita da cerchielli impressi, chenell’esemplare meglio conservato sono disposti suuna fila orizzontale (Fig. 17, 4)74. Ad almeno 2esemplari di anforette a spirali sono ascrivibili 14frammenti; quattro, probabilmente appartenenti aun esemplare di dimensioni contenute, ricostrui-scono parzialmente la decorazione a spirali a cin-que avvolgimenti (Fig. 17, 5)75. [A.D.N.]

FIGURA 18 La fossa all’in-

terno della struttura A: im-

pasto rosso (S.t.K., V.N.)72 Il frammento presenta la superficie interna abrasa mentre al-l’esterno soltanto una lisciatura; l’accenno di decorazione inci-sa, eseguita a pettine, non sembra aver avuto un ulteriore svi-luppo. L’esemplare presenta inoltre sulla superficie esternal’effetto di una probabilmente lavorazione per l’attacco diun’ansa; formalmente trova confronti con boccali, seppurecon diametro inferiore: Veio, Quattro Fontanili: GUIDI 1993, ti-po 61, p. 36, fig. 9, 11 (fase IIB). Si vedano anche esemplari daCerveteri, Sorbo, tomba 2399: TRUCCO 2007, p. 79, n. 6, fig. 10e Tarquinia, Pian di Civita: BONGHI JOVINO 1997b, dai contestidell’orizzonte protovillanoviano, tav. 103, n. 1/3 (interri deipavimenti 245, 262); da un contesto dell’Orientalizzante Anticomaturo, tav. 123, n. 2/7 (riempimento del forno 416/1).

73 L’esemplare n. 5 è pubblicato in DI NAPOLI 2003, pp. 63-64,cat. n. 64. Per le tre variabili sembra probabile una comunedatazione che, in base agli esemplari presenti a Veio, è defini-bile nei limiti dell’Orientalizzante Antico. I confronti proven-gono dalla necropoli di Casale del Fosso, tomba 856: BURA-NELLI et al. 1997, p. 80, fig. 43 con orlo appiattito; da quella diVaccareccia, tomba X: PALM 1952, pp. 65-66, n. 1, tav. XXI; daimateriali della Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, p.42, fig. 4, n. 33 con orlo assottigliato, n. 32 con orlo appiattitoe n. 31 con orlo ingrossato, p. 61, fig. 18, n. 20 con orlo ap-piattito. L’olla carenata n. 2 sembra avvicinabile cronologica-

mente alle olle carenate della prima metà del VII secolo a.C.,presenti nella tomba 89 della necropoli di Monte Abatone aCerveteri: A. Pugnetti, in BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 56, nn. 20-21, dalle quali però differisce per una minore svasatura dellabbro e profondità delle incisioni.

74 L’esemplare è pubblicato in DI NAPOLI 2003, p. 64, cat. n. 65.La scelta decorativa è inquadrabile nella prima metà del VIIsecolo a.C., in base al confronto dalla tomba 89 di MonteAbatone: A. Pugnetti, in BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 56, n. 22. Iltipo è attestato anche nella necropoli del Ferrone, saggiopresso la tomba 40: BROCATO 2000, p. 399, n. 22 (n. cat. 109),fig. 408 (la tomba per i caratteri architettonici si ascrive al-l’Orientalizzante Antico, ma è stata utilizzata per deposizionisuccessive).

75 Una sicura attribuzione a uno specifico tipo delle classifica-zioni conosciute (COLONNA 1970; BEIJER 1978) appare ardua,anche se un accostamento agli esemplari da Veio, necropolidi Pantano di Grano, tomba 1: DE SANTIS 1997, p. 120, nn. 6 e9, figg. 12-13 (secondo quarto del VII secolo a.C.) e Cervete-ri, necropoli di Monte Abatone, tomba 89: A. Pugnetti, in BO-SIO, PUGNETTI 1986, p. 54, n. 6 (prima metà del VII secoloa.C.), farebbe protendere verso un’identificazione di massimacon il tipo B del Colonna e IIb e Id di Beijer: COLONNA 1970,pp. 642-643; BEIJER 1978, pp. 10-11.

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dell’VIII secolo a.C.: ZEVI 1975, p. 270, n. 24, fig. 42.78 I confronti più stringenti sembrano gravitare in prevalenza

nell’area laziale, dove la scodella è genericamente inquadratanel periodo IVA: nell’area dell’Artemisio sono presenti dueesemplari su alto piede a tromba dalla tomba principesca diColle Mozzo: ANGLE 2003, p. 145, nn. 4-5, fig. 6. È frequenteanche la varietà con una o due anse, come nell’esemplarebiansato su piede ad Anzio: BERGONZI 1976, p. 320, n. 5, fig.LXXXIII. A Marino, loc. Riserva del Truglio, tomba XXX: CA-TALDI DINI 1976, p. 88, n. 1, fig. XI (primi decenni del VII se-colo a.C.). Monoansata con fondo piano ad Osteria dell’Osa:BIETTI SESTIERI, DE SANTIS 1992, p. 306, tipo 26u, fig. 25. Perquesta forma si ricorda anche la coeva produzione in impastorosso: GIEROW 1966, p. 276, tipo II A; DdA 1980, p. 129, n. 4,fig. 24 (periodo IVA). In area campana la forma è presente aPontecagnano in tombe databili dall’ultimo quarto dell’VIII al-la metà del VII secolo a.C.: D’AGOSTINO 1968, p. 122, tipo 77a,fig. 29, tombe XVI-XVIII-XXIII.

79 L’esemplare è pubblicato da G. Galante, in VAN KAMPEN 2003a, p.64, cat. n. 67. La scodella con labbro rientrante è attestata tral’ultimo quarto dell’VIII e la prima metà del VII secolo a.C., si ri-trova tra i materiali orientalizzanti dello scarico della Vigna Par-rocchiale a Cerveteri: M. Rendeli, in NARDI et al. 1993, p. 257, ti-po J 7.2, fig. 495. Presenta un’ansa a bastoncello sopraelevata incontesti tombali vulcenti: DOHAN 1942, tomba 25, p. 81, nn. 7-8-9, fig. XLIIIa; tomba 66, p. 84-85, nn. 3-4, fig. XLV e in quellianaloghi da Poggio Buco del secondo quarto del VII secoloa.C.: BARTOLONI 1972, tomba IV, p. 50, n. 12 (monoansata su pie-de a tromba), e 13 (monoansata su fondo piano), fig. 20. Sem-pre a Poggio Buco è presente la variante priva dell’ansa e supiede: BARTOLONI 1972, tomba VI, p. 72, n. 34, fig. 33. La scodel-la presenta una somiglianza morfologica anche con le coppe supiede a tromba da Narce: DOHAN, tomba 2, p. 52, n. 5, fig. XXVIIe tomba 16 F, p. 49, n. 5, fig. XXIV da Poggio Buco: BARTOLONI

1972, tomba IV, p. 52, n. 17, fig. 20, perciò sembra sicura unadatazione più precisa alla prima metà del VII secolo a.C.

80 La scodella trova confronti cronologicamente piuttosto ampi aRoma tra le ciotole con vasca poco profonda: CARAFA 1995, p.240, tipo 55 (dall’ultimo quarto dell’VIII al primo quarto delVI secolo a.C.). In Etruria, come nel Lazio, questa variante siriconnette alla tradizione precedente, soprattutto per il labbroindistinto e rientrante. A Veio, Porta Nord-Ovest: MURRAY

THREIPLAND 1963, p. 40, n. 18, fig. 3, con tipica decorazionevillanoviana. Tivoli, tomba IV: FUGAZZOLA DELPINO 1976, p.206, n. 2, tav. XXXIX (fase III laziale).

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

Tra le forme aperte è presente un bacino a vascatroncoconica profonda, con labbro indistinto e orlopiatto decorato da due incisioni concentriche (Fig.17, 15)76. Si riscontra inoltre una preminenza dellascodella carenata: tra i 29 frammenti presenti si so-no individuati 13 esemplari, che si distribuiscononelle 3 varianti definite in base alla conformazionedel labbro: 4 esemplari in quella rettilinea77 con ca-rena pronunciata a spigolo arrotondato e probabil-mente con vasca poco profonda (Fig. 17, 7), 3 inquella svasata78 con carena a spigolo vivo e vascaschiacciata (Fig. 17, 8), e 2 in quella rientrante79 concarena pronunciata e spigolo arrotondato (Fig. 17,6). Tra gli esemplari di questa forma si rileva una la-vorazione simile, caratterizzata da una particolarecura nella lisciatura e lucidatura interna ed esternadelle pareti, e una costante misura del diametro,mediamente attestata intorno ai 18 cm. Completa ilquadro una piccola scodella emisferica con labbrorientrante e orlo arrotondato (Fig. 17, 9)80.

76 L’esemplare non trova confronti puntuali; si può avvicinare aun esemplare da Cures Sabini: F. Bistolfi, A. Zifferero, in GUI-DI et al. 1996, scavo A2, struttura M, fig. 20, 2 (materiali del VIIsecolo a.C.; il frammento è realizzato in impasto buccheroide).

77 La variante con labbro rettilineo sembra essere prodotta inEtruria tra l’ultimo quarto dell’VIII e la prima metà del VII se-colo a.C. A Veio è presente alla Porta Nord-Ovest: MURRAY

THREIPLAND 1963, p. 42, fig. 4, n. 30; a Piano di Comunità: BE-LELLI MARCHESINI 2001a, p. 24, I.D.1; nella tomba X della ne-cropoli dei Quattro Fontanili: Quattro Fontanili 1970, p. 246,n. 1, fig. 38; nella tomba X di Vaccareccia: PALM 1952, p. 65, n.2, tav. XXI. A Cerveteri nello scarico della Vigna Parrocchiale:M. Rendeli, in NARDI et al. 1993, p. 257, tipo J 7.1, fig 493. ATarquinia: BONGHI JOVINO 2001, p. 56, gruppo 2Ib1, n. 221/3,tav. 38 D. A Poggio Buco nella tomba II: BARTOLONI 1972, p.32, n. 6, fig. 10 con ansa a bastoncello sopraelevata (fine delprimo quarto e inizio del secondo quarto del VII secolo a.C.).Questa scodella in area laziale è attestata a Roma, in strati-grafie che coprono tutto il VII secolo a.C.: CARAFA 1995, p. 40,tipo 65. A Castel di Decima sembra invece essere morfologi-camente simile un calice dalla tomba 15 dell’ultimo quarto

FIGURA 19 La fossa all’in-

terno della struttura A: im-

pasto rosso (S.t.K., V.N.)

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VEIO-PIAZZA D’ARMI

Tra i vasi potori sono identificabili le tazze, attesta-te da 2 soli frammenti che rappresentano le varie-tà caratterizzate o dalla vasca carenata e dal labbroleggermente rientrante (Fig. 17, 13)81 o dalla spallasfuggente ed il labbro leggermente svasato (Fig.17, 10); quest’ultima distinta anche da una decora-zione a bugne quadrangolari sulla carena82.Vi è inoltre una discreta attestazione, costituita da6 frammenti, della variante dimensionale miniatu-ristica, caratterizzata da labbro svasato rettilineo ecarena a spigolo vivo (Fig. 17, 11), associabili pro-babilmente a frammenti a vasca poco profonda efondo piano distinto (Fig. 17, 12)83.Presente con un solo esemplare è la coppa conorlo a tesa e vasca emisferica (Fig. 17, 14)84.L’impasto bruno rinvenuto all’interno della capan-na può essere attribuito a produzione locale, co-me dimostrano sia le caratteristiche morfologiche– che riflettono il repertorio vascolare della prece-dente tradizione formale – sia le affinità tecnicheriscontrate in tutti i frammenti presentati – quali larealizzazione a mano o al tornio lento, la costantelisciatura a stecca di entrambe le superfici, la luci-datura delle pareti esterne, la presenza di inclusidi mica, augite, calcare a grana piccola e medianell’impasto – sia i confronti con le strutture dellaPorta Nord-Ovest, che sembra essere il contestoche presenta maggiori consonanze per quanto ri-guarda il tipo e l’associazione dei materiali.

Accanto alle forme d’uso quotidiano, sono ri-scontrabili alcune forme collegate alla pratica delbanchetto, fortemente legata alla cultura dellaclasse aristocratica, alla quale sembra appartene-re il nucleo familiare insediato nella struttura ca-pannicola.Il complesso dei materiali di impasto bruno sug-gerisce una datazione nell’arco della prima metàdel VII secolo a.C. Anche se non sono stati indivi-duati all’interno di questa classe materiali di im-portazione, è comunque possibile riconoscerel’esistenza di contatti con altre culture, in partico-lare con l’opposta sponda del Tevere (Roma e Fi-cana in particolare), con cui Veio condivide partedella produzione artigianale. [G.G.]

3.1.3. IMPASTO ROSSO85

La classe è rappresentata da un totale di 564 fram-menti (dei quali 268 sono elementi tipologici), più1 con decorazione white on red.Si nota una netta prevalenza delle forme aperte etra queste in particolare i piatti, che, sulla basedell’analisi autoptica degli impasti e sul calcolodelle misure ricostruite, possono essere stimati inun massimo di 23 esemplari diversi86. Di questi, 18sono caratterizzati dal labbro liscio, con dimensio-ni e profondità della vasca piuttosto variabili (Fig.18, 1-3)87. Due esemplari, parzialmente ricostruibi-li, sono del tipo identificato dalle iscrizioni come

81 La variante con spalla sfuggente e labbro leggermente rien-trante sembra trovare confronti con la tradizione formale vil-lanoviana di Veio, un frammento di tazza con simili caratteri-stiche morfologiche, tuttavia differente per spessore, provienedalla Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, p. 42, fig. 4,n. 30. Vedi i tipi V,7 e V,13 della classificazione proposta da J.Toms: 1986, p. 85, fig. 20, fase IB-IIB; p. 86, fig. 26, fase IIB.Un confronto, databile al periodo orientalizzante e apparte-nente al gruppo delle tazze a vasca troncoconica con spigolovivo, proviene da Roma: CARAFA 1995, p. 64, tipo 139 (formadatata tra l’ultimo quarto dell’VIII e il terzo quarto del VII se-colo a.C.: CARAFA 1995, p. 60).

82 La decorazione a punte di diamante è ben attestata su questotipo di tazza a Veio, nella necropoli di Casale del Fosso, tom-ba 1049: BURANELLI et al. 1997, p. 82, fig. 44; in quella di Vac-careccia, tomba VII: PALM 1952, p. 64, n. 7, fig. XVII; anche nel-la tomba XIX, p. 71, n. 19, fig. XVIII; a Monte Michele, tombaB: CRISTOFANI 1969, p. 20, n. 7, fig. 3, e anche tra gli “sporadi-ci”: p. 50, n. 3, fig. 25. In ambiente laziale è presente a Roma,nella tomba 3 delle mura alle pendici del Palatino: GUSBERTI

2000, p. 296, e-f. I confronti presentati sembrano indicare ungenerico inquadramento nell’Orientalizzante Antico.

83 La variante miniaturistica a Veio ha una cronologia ampia, tral’Orientalizzante Antico e Medio, ed è documentata nella ne-cropoli di Vaccareccia, dove si riscontrano diverse attestazio-ni: PALM 1952, tomba VII, p. 64, n. 8, fig. XVII; tomba X, p. 66,nn. 15-19, fig. XXI; e nella tomba 2 di Pantano di Grano in ter-ritorio veiente: DE SANTIS 1997, p. 112, p. 133, n. 5, fig. 21.

84 Si tratta di un tipo di coppa su piede che, nella versione con am-pio labbro a tesa, trova fortuna sia in Etruria che nel Latium Ve-tus nell’Orientalizzante Medio. Pratica di Mare, tomba a cassonesotto l’heroon di Enea: SOMMELLA 1976, p. 308, tav. LXXX, n. 17,cat. 102. A Veio, Picazzano: PALM 1952, tomba XVIII, tav. 58, n. 4.

85 Lo studio dei materiali in impasto rosso di entrambi i contesti è

stato originariamente condotto in collaborazione da S. ten Kor-tenaar e V. Nizzo (cfr. S. ten Kortenaar e V. Nizzo in VAN KAMPEN

2003a, cat. 68-73, pp. 65-67 e cat. 156-164, pp. 110-113). Insie-me agli esemplari in impasto rosso sono stati presi in conside-razione anche frammenti caratterizzati dalla decorazione whiteon red, che non risultano sempre ben distinguibili dai primi acausa del cattivo stato di conservazione della decorazione. Do-po la prima stesura di questo articolo i materiali qui presentatisono stati inseriti all’interno di una tipologia più estesa nell’am-bito di uno studio riguardante le origini della classe, cui in que-sta sede si può solo accennare: TEN KORTENAAR 2005a.

86 Insieme a quella dell’olla è certamente una delle forme piùcaratteristiche della produzione in impasto rosso dell’Italiacentrale tirrenica, oltre ad essere una delle più antiche. PerVeio, necropoli di Quattro Fontanili, datati alla fase veienteIIB-IIC TOMS = II B2 GUIDI, momento di passaggio all’Orienta-lizzante: TOMS 1986, p. 93, tipo XII 5; GUIDI 1993, p. 87.

87 Il tipo presentato alla fig. 14, 2 si avvicina a un esemplare daVeio, Quattro Fontanili, Area QFX: WARD-PERKINS 1961, pp.106 e 112, fig. 40.12.A; il profilo inoltre è simile a quello di unesemplare con decorazione white on red da Roma, Esquilinotomba 50: CARAFA 1995, p. 113, tipo 255 (630/20-590 a.C.;GJERSTAD 1966, p. 165, fig. 65.5) e dagli strati di obliterazionedi uno dei pozzi della Velia: da ultimo CARAFA 1995, p. 115, ti-po 257. A Cerveteri, Monte Abatone, tomba 83: BOSIO, PU-GNETTI 1986, p. 52, n. 6. Meno stringenti i confronti per il tipodella fig. 14, 1, di dimensioni maggiori: da Veio, Casalaccio,tomba V: VIGHI 1935, p. 53, n. 2, tav. II,2 (Orientalizzante Me-dio/Recente); Tumulo della Vaccareccia, tomba a camera lun-go il dromos del sepolcro A: STEFANI 1935, p. 349, fig. 20 b (fa-se avanzata dell’Orientalizzante Medio/Recente; in entrambiquesti ultimi due casi la documentazione fotografica fornisceunicamente la visione frontale degli interni dei vasi, rendendoimpossibile il confronto per i profili).

36

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

spanti 88, a vasca schiacciata con fondo ombelicatoe piede molto basso (Fig. 18, 3)89. Infine, 5 pre-sentano labbro a solcature concentriche, in un ca-so con presa a rocchetto sull’orlo (Fig. 18, 4-6)90.Seguono bacini e coppe ad orlo indistinto, in al-meno 11 esemplari tutti molto frammentari (Fig.18, 7-8)91 e 3 coperchi (Fig. 18, 9)92. A questi van-no aggiunte forme quantitativamente meno rap-presentate, ma con maggiore variabilità tipologica,quali calici carenati, di cui sono attestati un esem-plare con scanalature orizzontali parallele (Fig. 18,

88 Le iscrizioni sono note da tempo (COLONNA 1973-1974, pp.144-45), mentre recente è l’interpretazione secondo la quale iltermine indicherebbe non solo la forma del vaso, ma piutto-sto la sua funzione nell’ambito di rituali particolari: BAGNASCO

GIANNI 1994; più diffusamente BAGNASCO GIANNI 1996, p. 332.89 Si tratta di tipi di piatti che presentano una elevata variabilità

nella profondità della vasca, particolarmente ben attestati aCerveteri, ma presenti anche in altri siti dell’Etruria meridio-nale e nell’agro falisco. Gli esemplari più antichi sono databi-li già alla fase antica dell’Orientalizzante, con attestazioni checontinuano fino al pieno VI secolo a.C. Vasi di tipo simile era-no prodotti anche in ceramica depurata per la serie etrusco-geometrica decorata ad aironi: LEACH 1987, tipo 1, pp. 96-100(genericamente avvicinabile, perché nello stesso tipo sono in-clusi sia piatti con carena che altri che ne sono privi e la do-cumentazione grafica non aiuta). I tipi a vasca mediamenteprofonda e profonda sono avvicinabili a piatti di produzionefenicia, sebbene questi ultimi presentino una tesa tendenzial-mente più larga e comunque raramente distinta da una care-na all’esterno della vasca, generalmente ancora più profonda;inoltre non hanno mai l’ombelico centrale, che invece caratte-rizza spesso gli esemplari etrusco-laziali di questi tipi (sullavalenza rituale dell’ombelico, BAGNASCO GIANNI 1994, p. 19,con bibliografia, nota 66, a proposito della diffusione di vasimetallici ombelicati; una relazione tra la presenza dell’ombe-lico e vasi destinati alle offerte è ipotizzata in PERUZZI 1978,pp. 157-158). Esemplari a vasca tesa e avvicinabili a quellicentro-italici si trovano ampiamente diffusi nel Mediterraneoorientale, centrale e occidentale (BAGNASCO GIANNI 1994, pp.15-17, con ampia bibliografia). Va rilevato infine che le iscri-zioni con il termine etrusco spanti ricorrono nei casi finoraconosciuti su piatti di questo gruppo ma a vasca profonda,

cui va aggiunto un esemplare in argilla depurata con decora-zione ad aironi: BAGNASCO GIANNI 1994, p. 8, n. 5, tav. I a-b.Un confronto puntuale per l’esemplare di Veio proviene daCerveteri, Monte Abatone, tomba 76: BOSIO, PUGNETTI 1986,pp. 38-39, n. 44 (Orientalizzante Antico).

90 Anche i tipi con il labbro decorato da solcature concentriche(solitamente su piede) sono attestati già a partire dall’Orienta-lizzante Antico. Si tratta di una decorazione caratteristica divasi che ebbero una particolare diffusione a Veio (dove pre-sentano spesso rocchetti o prese sul labbro), nel Latium Vetuse nell’agro falisco.Diversi sono i confronti con esemplari da Veio, Vaccareccia:tomba VI: PALM 1952, p. 61, n. 4, tav. XII (Orientalizzante Anti-co), di cui uno con quattro prese a rocchetto; tomba VII: p. 64,nn. 9-10, tav. XVII (Orientalizzante Antico). Confronti genericiper l’esemplare presentato in fig. 14, 4 sono da Veio, Monte S.Michele: CARBONARA et al. 1996, p. 120, figg. 234 e 234a (dise-gnato a rovescio) e da Roma, mura palatine, tomba 3: GUSBER-TI 2000, p. 296, esemplare c (725-650 a.C.). L’esemplare dellaFig. 18, 6 trova un confronto a Roma, Palatino: CARAFA 1995,pp. 113-114, tipo 259 (da attività datate al 530/20-500 a.C.).

91 Queste forme sono molto diffuse in contesti abitativi, sebbenenella maggior parte dei casi si tratti di esemplari prodotti in im-pasto bruno o rosso-bruno. La coppa della Fig. 18, 8 trova pe-rò almeno un confronto con un esemplare su piede in impastorosso (lavorato a mano) da Veio, Vaccareccia, tomba VII: PALM

1952, p. 63, n. 2, tav. XVII.2 (Orientalizzante Antico).92 Vicino a un tipo di dimensioni maggiori in impasto rosso-bru-

no da Roma, Palatino: CARAFA 1995, pp. 183 e 185, tipo 479(ricorrente in diverse attività datate a partire dal 675 fino al500 a.C.).

93 Calici simili sono molto diffusi nel Lazio ed in Etruria nel cor-so del VII secolo; la mancanza del piede, che poteva esseread anello o a tromba più o meno alto, impedisce un puntualeinquadramento tipologico.Si tratta di una forma realizzata generalmente in impasto bruno,di cui le versioni in impasto rosso sembrano rappresentare unfilone “sperimentale” da ricondurre probabilmente alle stessebotteghe. Questa produzione “minore”, sembra seguire in ge-nerale le linee evolutive tracciate per quella in impasto brunoe, anche in questo caso, gli esemplari più antichi sono datati apartire dalla fine dell’VIII secolo a.C. ma, mentre per i tipi inimpasto bruno si conosce una continuità fino a circa la metàdel VI secolo a.C. (ALBERICI VARINI 1997, p. 21), non sembra almomento documentata una simile durata per i tipi in impastorosso, che, pur essendo omogeneamente presenti in Etruriameridionale, ebbero una ben maggiore attestazione nei centridel Latium Vetus, che sembrano essere anche gli unici cui ri-condurre i tipi a basso piede. Avvicinabili al tipo da Piazzad’Armi: Veio, Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, p. 42,n. 30, fig. 4; Vaccareccia, tomba VI: PALM 1952, p. 63, nn. 6-7,tav. XV; tomba VII: PALM 1952, p. 63, n. 4, tav. XVII; tomba VIII:PALM 1952, p. 64, n. 9, tav. XVIII, in impasto bruno. Cerveteri:BOSIO, PUGNETTI 1986, tipo I, b6. Nel Lazio, Roma, Esquilino,sporadico: CARAFA 1995, p. 120, tipo 279; Osteria dell’Osa: BIET-TI SESTIERI, DE SANTIS 1992, p. 345, tipo 105d, tav. 31.

94 Si tratta di un esemplare attualmente privo di confronti puntua-li, a parte un esemplare molto frammentario da Ficana (defini-

FIGURA 20 La fossa all’in-

terno della struttura A: im-

pasto rosso-bruno (F.P.)

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VEIO-PIAZZA D’ARMI

10)93 e uno con decorazione plastica consistentein una costolatura verticale (Fig. 18, 11)94, unascodella a labbro rientrante con decorazione pla-stica ed impressa (Fig. 18, 12)95, una scodella/piat-tello con breve labbro a tesa e profonda vasca ca-renata (Fig. 18, 13)96, un coperchio con presa apomello quadriansato e ricca decorazione plasticae impressa (Fig. 19, 1)97, frammenti pertinenti a unholmos98, un piede conformato a gamba umana,pertinente probabilmente a una forma aperta (Fig.19, 3)99 e un cratere/coppa emisferica con decora-

to “coppa?”: BRANDT 1996, p. 233, tipo 119, fig. 147 (con ulte-riori confronti per il motivo decorativo in ambito etrusco e fali-sco; documentato nella “fase 2”: 630-600 a.C.). In effetti la de-corazione, tipica dell’ambiente etrusco, falisco e latino dell’VIIIe VII secolo a.C., ricorre più frequentemente su diversi tipi discodelle: a Veio, Porta Nord-Ovest: MURRAY TREIPHLAND 1963, p.39, nn. 13-14, fig. 1; p. 41, nn. 22-23, fig. 3. Osteria dell’Osa:BIETTI SESTIERI, DE SANTIS 1992, pp. 300-306, tipo 26 varietà q, r,u. L’esiguità del frammento non permette di escludere del tuttoche si tratti invece di un esemplare di questa forma.

95 Cerchielli impressi si trovano su una scodella a orlo meno rien-trante da Narce: POTTER 1976, fig. 100, n. 920, in impasto brunorossiccio. Entrambi i motivi decorativi (bugna e cerchielli im-pressi) ricorrono più frequentemente su vasi più antichi.

96 Per la forma, a Narce, Monte Li Santi, tomba 4.XL: MICOZZI 1994,p. 57, p. 287, F 44, tav. LXXV, c-d (piattello con decorazione whi-te on red; datato genericamente nell’ambito del VII secolo a.C.).È inoltre vicino ad un esemplare dal “Semi-subterranean Buil-ding” nell’Area B di San Giovenale: OLINDER, POHL 1981, p. 33,tav. 6, fig. 23 (in impasto definito “buccheroid red-slip impasto”e datato alla fine dell’VIII-inizi del VII secolo a.C.). In impastobruno: Ardea, scavi 1944: GIEROW 1966, p. 259, IV.A.1, fig. 80,5(in “advanced impasto C”; con labbro orizzontale e su piede).Questo tipo, avvicinabile ai piatti carenati a gola distinta e va-sca profonda ben diffusi nel territorio cerite (ad es. Cerveteri,Monte Abatone, tomba 89: BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 58, n. 30),trova scarsi confronti in impasto, ma è avvicinabile a esem-plari simili (ma con carena normalmente meno accentuata),in argilla figulina dipinta, molto diffusi in Etruria meridionale,Lazio, area falisco-capenate e alcuni siti della Sabina e dellaCampania, durante tutto il VII secolo a.C.: MICOZZI 1994, p.59, nota 204 con abbondante bibliografia. Tuttavia, mentre ivasi di questa produzione sono stati messi in relazione con ipiatti della banded ware greco-orientale (D’AGOSTINO 1968, p.105, fig. 20), per gli esemplari in impasto, o decorati in whiteon red, sembra lecito ipotizzare un’origine comune con i piat-ti sopra citati, che sono tra quelli da ricondurre probabilmen-te a prototipi fenici (vedi anche MICOZZI 1994, p. 59).

97 Tipo attualmente non conosciuto da contesti di abitato. Il con-fronto più puntuale è con un esemplare decorato in white onred di provenienza sconosciuta: MICOZZI 1994, p. 294, n. 3, tav.LXXXVI b. Più generici confronti con esemplari con ansa sorret-ta da archetti (in cui il pomello non è collegato alla vasca), sem-pre in white on red, di produzione ceretana e falisca: MICOZZI

1994, tav. VI, IX a, X (coperchi di pissidi attribuiti a produzioneceretana del VII secolo a.C.); tav. LXVII b, LXVIII a, (coperchi diolle con protomi di grifo da Narce, datate al secondo quarto delVII secolo a.C.). Un’ansa a quattro archi senza pomello è pre-sente su un coperchio di impasto decorato a incisioni a Satri-cum, tomba IV: WAARSEMBURG 1995, p. 89, tav. 15-4.2 (640-630a.C.). Nessuno degli esemplari chiamati a confronto presenta si-mili motivi decorativi, che permettono, insieme alla qualità del-l’impasto, di ipotizzare la pertinenza di questo coperchio all’ollamolto frammentaria della Fig. 19, 7.

98 L’esiguità dei frammenti rinvenuti non permette di andare oltrela semplice identificazione della forma ceramica. Rilevante è pe-rò l’attestazione di holmoi in scavi di abitato, in particolare a Ve-io dove, pur essendo localizzata una delle botteghe cui viene at-

tribuito lo sviluppo del sostegno a bulla dal calefattoio (G. Bar-toloni, in BARTOLONI 1997, p. 239), mancano invece attestazionidatabili al periodo orientalizzante (G. Bartoloni, in BARTOLONI

1997, p. 243). Generalmente si ritiene che la produzione veientesi arresti entro il primo trentennio della seconda metà dell’VIIIsecolo a.C., quando iniziano le produzioni vulcente e dell’agrofalisco: MICOZZI 1994, p. 52; SIRANO 1995, pp. 22-25 e 34.

99 Potrebbe essere pertinente a una scodella del tipo attestato aVeio, tomba B di Monte Michele: CRISTOFANI 1969, p. 24, fig. 5,21 (Orientalizzante Antico). Questo tipo di vaso, di produzio-ne assai limitata, è stato ritenuto da M. Cristofani una semplifi-cazione degli esemplari dalla tomba 2 della Capanna (RICCI

1955, fig. 77, nn. 15-16, col. 356, n. 9, col. 358, n. 39 e forma162, in impasto bruno, con labbro distinto; piedi con costola-tura centrale e sezione ovale; CRISTOFANI 1969, p. 53), che sem-brano rappresentare una variazione sul tema della coppa a va-sca emisferica, con o senza piede. L’uso di applicare tre piedia forme che normalmente ne erano prive sembra del resto ri-correre, anche se episodicamente, nel periodo orientalizzante,in particolare in Etruria e nell’agro falisco, anche su altre for-me, quali piatti o pissidi. Il gusto per la configurazione antro-pomorfa o zoomorfa dei piedi viene fatta risalire già ad epocaprotostorica in MICOZZI 1994, p. 63, nota 232 con bibliografia,cui aggiungere BIETTI SESTIERI, DE SANTIS 1992, pp. 273-74, tipo17 d, tav. 20, dove, per la presenza dei piedini, si avanza lapossibilità di un significato simbolico. A Veio sono del restonoti diversi esemplari di piatto tripode: Riserva del Bagno,tomba delle Anatre (datata verso il 675 a.C.): A. Medoro, in VAN

KAMPEN 2003a, p. 79, n. 96; Passo della Sibilla (datata agli inizidel VII secolo a.C.): RADDATZ 1983, p. 217, note 45-48 con bibl.(con decorazione in white on red sull’orlo); Veio, Vaccareccia,tomba X. PALM 1952, p. 66, n. 6, tav. XXI, 6.

FIGURA 21 La fossa all’in-

terno della struttura A: in-

strumentum domesticum

(M.Mi.)

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38

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

zione a motivi geometrici resa nella tecnica whiteon red (Fig. 19, 2)100.Tra le forme chiuse sono attestate in particolare leolle, tutte molto frammentarie, per un numeromassimo di esemplari stimato intorno alle 11 uni-tà101. Di queste, 6 hanno ampio labbro svasato de-corato a solcature concentriche (Fig. 19, 5-6)102, 1presenta il labbro liscio (Fig. 19, 8)103 e 4 sono ca-renate a labbro rientrante con costolature orizzon-tali all’esterno (Fig. 19, 9)104. Almeno due esempla-ri hanno il corpo decorato da costolature vertica-li105, nel primo caso delimitate superiormente da un

listello liscio e da una fila di puntini impressi (Fig.19, 7)106; il secondo, privo di listello, ha una presa arocchetto anch’essa costolata e tracce del probabi-le attacco di un’ansa orizzontale (Fig. 19, 4)107.Dal numero di anse a maniglia (24 esemplari sin-goli), sembra possibile dedurre l’esistenza di al-meno 12 esemplari di olle biansate108.L’uniformità tecnologica dei reperti relativi alle for-me meglio documentate (olle e piatti) e la fre-quente ricorrenza degli stessi tipi in altri contestiveienti rende molto probabile l’ipotesi di una loroproduzione locale. Più cautamente, la stessa ipote-

100 Forma ben attestata a Veio soprattutto in argilla figulina. Inwhite on red è documentata principalmente a Cerveteri e nel-l’agro falisco, meno comune nel Latium Vetus, dove è pre-sente a Crustumerium, Monte del Bufalo tomba 34: DI GEN-NARO 1990, p. 71, n. 34 e con documentazione grafica com-pleta in B. Belelli Marchesini, in TOMEI 2006, p. 223, n. I. 189(MICOZZI 1994, pp. 64-66 sulla forma, le sue origini e la diffu-sione). Un confronto abbastanza puntuale per la forma, an-che se di dimensioni minori, da Veio, Macchia della Comuni-tà, tomba 7: GALANTE 2003 (Orientalizzante Antico; confronta-bile soprattutto per il particolare del labbro leggermente rien-trante, che però presenta delle scanalature concentriche chenell’esemplare di Piazza d’Armi sono solo accennate).

101 La frammentarietà degli esemplari con labbro svasato, con osenza solcature, a corpo liscio o costolato, in molti casi pro-babilmente biansati, non permette di istituire puntuali con-fronti tipologici.

102 La forma è estremamente comune in ambito etrusco e lazia-le per tutto il corso del VII secolo a.C. Come già accennato,infatti quella delle olle è insieme ai piatti una forma tipicadella produzione in impasto rosso del periodo orientalizzan-te. Esemplari lavorati a mano e a corpo lenticolare sono atte-stati a Veio già a partire dalla locale fase IIB (760-730 a.C.;CLOSE BROOKS 1965, 58, tipo 35; TOMS 1986, p. 83, in partico-lare tipi IV 6-9; GUIDI 1993, p. 85). La continuità morfologicatra i tipi più antichi e quelli più recenti appare confermatadalla condivisione di molti degli elementi accessori, quali ladecorazione: la più antica attestazione delle scanalature con-centriche sul labbro delle olle si ha infatti proprio su esem-plari a corpo lenticolare da Quattro Fontanili (dalle tombe K7-8: Quattro Fontanili 1972, p. 366, n. 2, fig. 109) e BB 2-3:Quattro Fontanili 1972, p. 280, n. 2, fig. 59.

103 Si tratta di tipi più frequentemente prodotti in impasto rosso-bruno. Attualmente l’esemplare risulta privo di confrontipuntuali.

104 Si tratta di una forma abbastanza diffusa a partire dall’iniziodel VII secolo a.C., in Etruria meridionale, nel Latium Vetus enell’agro falisco, con alcune variazioni in particolare nella in-clinazione del labbro e nella carena, che può essere più omeno spigolosa. Normalmente è però una forma realizzatain impasto bruno (per la diffusione e ulteriori confronti, BO-SIO, PUGNETTI 1986, p. 91, n. 11). In impasto bruno: Veio, Vac-careccia, tomba X (datata all’Orientalizzante Antico): PALM

1952, tav. XXI, n. 1; Casale del Fosso, tomba 856 (datata al-l’Orientalizzante Antico): BURANELLI et al 1997, p. 82, fig. 43;abitato, Piazza d’Armi, capanna (US 655; stesso contesto diprovenienza degli esemplari in impasto rosso): DI NAPOLI

2003, p. 63, n. 64, fig. 64; Porta Nord-Ovest: MURRAY THREI-PLAND 1963, p. 42, fig. 4.32,61; fig. 18.20; a Cerveteri la formaè presente con tipi diversi nella necropoli del Sorbo: POHL

1972, p. 264, n. 3, fig. 267; Cerveteri, abitato, Vigna Parroc-chiale: M. Rendeli, in NARDI et al. 1993, p. 256, tipi J.5.1 e ss.fig. 493; S. Giovenale, abitato, “test-pits M-N” dall’Area B:BERGGREN, BERGGREN 1981, p. 38, nn. 100-101, tav. 28; p. 39,n. 130, tav. 30; Acquarossa: LUNDGREN, WENDT 1982, p. 53, n.59 (in particolare), tav. 6 (impasto bruno); Roselle, Casa del-

l’Impluvium, pozzo E, livello V (datato tra la fine del VII e gliinizi del VI secolo a.C.): DONATI 1994, p. 25, n. 92, fig. 12,tav. XX e p. 110, tipo 1 con ulteriori confronti (in impasto ditipo differente); S. Donato di Orbetello, tomba IV (datata al-la seconda metà del VII secolo a.C.): MICHELUCCI 1991, p. 35,n. 5, fig. 11, 6 (impasto di tipo diverso); Ficana: BRANDT 1996,p. 224, tipo 97, fig. 141.

105 La scarsità di esemplari con corpo costolato non va necessa-riamente connessa con fattori di carattere cronologico in par-ticolare per il fatto che, specialmente in contesti abitativi,queste ultime rispetto alle olle con corpo liscio sono gene-ralmente più rare.

106 Rara è la compresenza di punti impressi al di sotto del listel-lo su olle costolate, mentre più comune risulta su esemplaria corpo liscio. A Veio, tumulo della Vaccareccia: STEFANI

1935, p. 337, n. 31, fig. 11,b (630-20 a.C.). Picazzano, tombaXX: PALM 1952, p. 58, tav. VII,2 (deposizione databile alla pri-ma metà del VII secolo a.C.). Casalaccio, tomba VIII: VIGHI

1935, p. 59, n. 6, tav. 3/II (Orientalizzante Recente). Un’asso-ciazione di questo tipo è su un’olla della collezione Gorgadel Museo di Etruscologia dell’Università di Roma “La Sa-pienza”, attribuita a produzione veiente e datata entro la pri-ma metà del VII secolo a.C.: G. Benedettini, in BENEDETTINI

2007, pp. 60-62, tav. 7.27 e fig. 27. L’esemplare con la deco-razione più simile (con costolature verticali delimitate supe-riormente e inferiormente da listelli plastici orizzontali, quel-lo superiore con intacche), è dalla Vaccareccia, tomba VI:PALM 1952, p. 63, n. 2, tav. XV (Orientalizzante Antico). Taledecorazione è inoltre presente su un dolio, ma a corpo de-corato da striature dalla tomba Campana I, camera a destra:CRISTOFANI, ZEVI 1965, p. 10, tav. V,1 (Orientalizzante Recen-te). A Cerveteri decorazioni simili sono su olle a corpo ovoi-de realizzate in impasto scuro e ingobbio nero: per un esem-pio dal Sorbo: PARETI 1947, p. 440, n. 658, tav. LXX.

107 Il tipo di presa, soprattutto se in associazione con un’ansa amaniglia, non trova al momento confronti puntuali su olle.Tuttavia, prese a rocchetto lisce si trovano sulle spalle di pithoicostolati, sia da Veio (un esemplare inedito dagli scavi 1996-2003 di Piazza d’Armi, cui va aggiunto il pithos dalla tomba 5di Monte Michele, cella destra: BOITANI 1983, tav. XCIV a (con-testo datato al secondo quarto del VII secolo), che da Cerve-teri (tomba Regolini-Galassi: PARETI 1947, p. 438, n. 644, tav.LXX). Un confronto generico per la forma del corpo può es-sere il già citato esemplare da Veio, Vaccareccia, tomba VI:PALM 1952, p. 63, 2 tav. XV (Orientalizzante Antico).

108 Le olle biansate compaiono a Veio nella loro formulazioneormai “classica” in tombe datate già al momento di passag-gio tra le fasi IIC e IIIA (Veio, Casale del Fosso tombe 871 e872: DRAGO TROCCOLI 2005, p. 89, fig. 2 e p. 108, fig. 19). Laforma, che in particolare dall’Orientalizzante Recente ebbeun’ampia diffusione in tutta l’Etruria meridionale, nell’agrofalisco e nel Latium Vetus, continua ad essere attestata fino alVI secolo, anche avanzato, soprattutto in abitato (v. oltre),con una grande stabilità morfologica generale, probabilmen-te determinata dal forte legame con pratiche rituali relative albanchetto (v. Acconcia, in ACCONCIA et al. 2004, p. 121).

39

VEIO-PIAZZA D’ARMI

si può essere avanzata per altri reperti che invecetrovano un maggior numero di confronti altrove,quali il cratere/coppa emisferica con decorazionewhite on red , che, pur trovando paralleli in esem-plari dall’agro falisco e da Cerveteri, è avvicinabileper la forma a un esemplare della necropoli ve-iente di Macchia della Comunità109, e il coperchiocon presa a quattro anse, che trova riscontri for-mali in ambito cerite oltre che falisco, ma che pre-senta una decorazione del tutto originale. Sulla ba-se dei confronti, che sembrano indicare per tutti imateriali in impasto rosso dalla capanna un ambi-to cronologico compreso tra l’Orientalizzante Anti-co e la fase Recente dello stesso periodo110, è pos-sibile tracciare un quadro di stretti rapporti con leproduzioni in impasto rosso di Cerveteri, dell’agrofalisco e del Latium Vetus.Interessante, infine, per un migliore inquadra-mento del contesto di provenienza, appare la pre-senza, accanto a forme ceramiche d’uso comune,di oggetti di pregio, alcuni dei quali direttamentecollegabili al costume aristocratico del banchet-to/simposio e riferibili quindi a un contesto abita-tivo appartenente a genti di ceto socialmente ele-vato. [S.T.K.]

3.1.4. IMPASTO ROSSO-BRUNO111

Nella capanna, l’impasto rosso-bruno arcaico mo-stra una prevalenza di forme chiuse: fra di esse,praticamente esclusive sono le olle cilindro-ovoi-di, morfologicamente poco eterogenee, caratteriz-zate da labbro svasato curvilineo, orlo leggermen-te ingrossato (Fig. 20, 1-3) o arrotondato (Fig. 20,

4-10) e spalla per lo più sfuggente. Questo tipo diolla, che nel contesto in esame appare sempre dimedie dimensioni, con un diametro compreso trai 12 e i 20 cm e con uno spessore delle pareti in-feriore a 1,5 cm, risulta largamente diffusa in am-bito etrusco-laziale a partire dalla metà del VII se-colo a.C.112. Sulla superficie esterna dei frammen-ti, per lo più di dimensioni minute, si riconosconospesso tracce di bruciato, riconducibili probabil-mente nella maggior parte dei casi alla particolarefunzione domestica dei vasi, utilizzati per la cottu-ra degli alimenti, sebbene in mancanza di analisispecifiche non sia sempre facile distinguere letracce di utilizzo da quelle attribuibili ai processidi cottura e post-cottura dei manufatti o a inter-venti post-deposizionali.Per quanto riguarda le forme aperte, sono staterinvenute scodelle a vasca profonda, con orlo in-distinto, a volte ingrossato, e piede ad anello, indue varietà dimensionali (Fig. 20, 11-12), di cuiquella con diametro maggiore (30-40 cm) è pre-valente113. [F.P.]

3.1.5. INSTRUMENTUM DOMESTICUM

I grandi contenitori da derrate (dolia) sono la for-ma maggiormente attestata nell’ambito dei mate-riali di instrumentum domesticum rinvenuti nelloscavo della capanna. Sono attribuibili a questaforma 363 frammenti, prevalentemente pareti, dif-ficilmente integrabili tra di loro. Alcuni dei labbriindividuati, generalmente poco estroflessi e conorli indistinti, suggeriscono che tali contenitorifossero di notevoli dimensioni (Fig. 21, 1-3).

109 V. nota 100.110 Datazioni più recenti sono indicate dai confronti unicamente

per il piatto mostrato alla Fig. 19, 6 e per il coperchio dellaFig. 19, 7.

111 Con la denominazione di impasto rosso-bruno si intende in-dicare la classe, cronologicamente inquadrabile tra il VII se-colo a.C. e l’età arcaica, caratterizzata dall’impiego di argillanon depurata, lavorata al tornio, e da superfici grossolana-mente lisciate e prive di ulteriori trattamenti. Si tratta di unaceramica destinata prevalentemente alla manipolazione ecottura dei cibi, con una notevole variabilità cromatica, do-vuta anche all’esposizione al fuoco. Questa denominazione,utilizzata per la prima volta in riferimento ai materiali rinve-nuti durante le indagini condotte nell’area del santuario diPyrgi (Pyrgi 1970), non è stata adottata e riconosciuta da tut-ti gli studiosi, che spesso le hanno preferito soluzioni diver-se: G. Colonna ascrive questa classe ceramica al “Gruppo C”dei frammenti provenienti da S. Omobono (COLONNA 1963-1964); E. Gjerstad la definisce coarse ware (GJERSTAD 1953;1956; 1960; 1966, passim) ed è seguito da altri, tra cui L. Mur-ray Threipland e M. Torelli (MURRAY THREIPLAND 1963; MURRAY

THREIPLAND, TORELLI 1970) nelle pubblicazioni sui materialiveienti e in anni recenti da P. Carafa a proposito dei materia-li romani di età regia (CARAFA 1995). Ultima variante nel tem-po è quella di A. Carandini nella pubblicazione sulla Villadell’Auditorium, dove la classe viene indicata con “ceramicagrezza” (CARANDINI et al. 2006).

112 Veio, Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, p. 44, fig. 6.8(fine del VII secolo a.C., ma cfr. VAN KAMPEN 2003b, p. 26 per

una datazione entro l’Orientalizzante Medio, 770-740 a.C.).Gravisca: GORI, PIERINI 2001a, p. 164, tav. 36, nn. 343 e 344, ti-po B, variante B1 (periodo arcaico). Roma: CARAFA 1995, pp.146-147, fig. p. 149, n. 353 (600-500 a.C.). Acquafredda: DA-MIANI, PACCIARELLI 2006, p. 514, fig. 212 A1 (625-550 a.C.). An-temnae, rinvenimenti condotti sulla collina: QUILICI, QUILICI GI-GLI 1978, p. 128, tav. XLIX 28 (età orientalizzante e arcaica). Fi-cana, fossa F 14: BRANDT 1996, p. 191, fig. 123, 40 a (tipo bendiffuso in ambiente etrusco-laziale tra l’Orientalizzante Recen-te e il periodo arcaico). Satricum, fuori dall’edificio G, strato IIe misto con II B: MAASKANT KLEIBRINK 1992, pp. 245 e 363, fig.2701 (tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C.).

113 Il tipo è estremamente comune sia nel Latium vetus che inEtruria in contesti databili fra il VII ed il VI secolo a.C. Si ve-dano a titolo di esempio: Veio, Porta Nord-Ovest, buche dipalo non associate con la capanna ellittica: MURRAY THREI-PLAND 1963, pp. 44-45, fig. 6, n. 6 (periodo orientalizzante).Cerveteri, Vigna Parrocchiale: RENDELI 1993, p. 299, fig. 512,Kc 1.9 (epoca arcaica). Gravisca: GORI, PIERINI 2001a, p. 52,tav. 11, n. 115, tipo H, variante 11. Crustumerium, sito U:QUILICI, QUILICI GIGLI 1980, tav. LIII, n. 182 (epoca arcaica etardo arcaica). Antemnae, pendici sudorientali: BUONFIGLIO,D’ANNIBALE 1994-1995, fig. 103, n. 30 (epoca arcaica). Roma,S. Omobono, dai livelli sottostanti il primo pavimento di tufodel santuario repubblicano: COLONNA 1963-1964, fig. 11, n.117. Ficana edificio sulle pendici sud occidentali di MonteCugno: CATALDI DINI 1981, fig. 5 n. 11 (epoca arcaica); l’am-pia diffusione è legata in questo caso alla semplicità e gene-ricità della foggia.

40

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

I fornelli (49 frammenti) sono tutti pertinenti al ti-po a diaframma rialzato su bracci, che, secondo lacronologia indicata da Ch. Scheffer per il suo tipoID, è attestato in Etruria meridionale e nel Latiumvetus dal Bronzo Finale per tutta l’età del Ferro eparte del periodo successivo (Fig. 21, 4)114.Sono inoltre presenti i cd. “bacini di S. Omobono”(4 frammenti), in quantità pressoché identica alla ci-

sterna (Fig. 21, 5-6). Questi manufatti sono caratte-rizzati da due o quattro prese a linguetta impostatesulla base superiore ma non complanari ad essa.Confronti funzionali con materiali ceramici di età ro-mana ed alcuni rimandi delle fonti letterarie ai testa(utilizzati per la cottura di focacce di cereali), sugge-riscono per questa forma l’identificazione come for-ni portatili da pane115. Tale attribuzione sembrereb-be confermata da altri materiali rinvenuti nel corsodelle recenti ricerche a Piazza d’Armi in diversi con-testi stratigrafici, ascrivibili alla stessa forma e carat-terizzati da fori regolari ricavati sulla parete, utili al-la dispersione del calore interno durante la cottura.Rinvenuti solo nel contesto in esame, 13 frammen-ti relativi a elementi fittili parallelepipedi, decorati acerchielli impressi e denti di lupo o a traforo, sonoprobabilmente interpretabili come alari. Specifica-mente, alcuni dei frammenti qui presentati sembre-rebbero riconducibili a un esemplare a protomeequina, confrontabile con due analoghi provenien-ti rispettivamente dalla Porta Nord-Ovest e da Mac-chia Grande (Fig. 21, 13-18). Per gli esemplari dimaggior pregio, tra i quali dovevano rientrare glialari veienti in questione, va sottolineata, al di làdell’aspetto strettamente funzionale, anche la fortevalenza simbolica, connessa con il significato sa-crale attribuito al focolare domestico, mentre resta-no da chiarire le motivazioni alla base della fre-quenza con cui ricorrono, nell’ambito della catego-ria, gli esemplari a protome equina116.Numerosi rocchetti (38, mentre nella cisterna ne èstato rinvenuto solo un esemplare), una fuseruolae un peso da telaio sono invece riferibili alle atti-vità manifatturiere svolte all’interno delle singoleunità domestiche (Fig. 21, 7-12).La prevalenza di frammenti di dolia nell’ambitodell’instrumentum della capanna (con circa il78% delle presenze complessive), suggerisce chenelle strutture domestiche coincidenti con la suafase di vita non vi fosse una netta distinzione difunzioni in relazione agli spazi occupati. Al sem-plice uso abitativo, quindi, all’interno delle singo-le abitazioni potevano essere associati lo stoccag-

114 SCHEFFER 1981a, pp. 35-36, 65. Il tipo ID corrisponde alla va-riante 6B identificata da F. Delpino (1969, pp. 317-318). I varitipi di fornelli con diaframma a piastra rialzata sono stati inse-riti da E. Foddai, in un recente lavoro sugli esemplari fidena-ti, in un unico raggruppamento o famiglia tipologica (rag-gruppamento 2, FODDAI 2006, pp. 12-22 e 24-26). In quest’ul-timo studio, in particolare, si ribadisce come tra i fornelli apiastra rialzata ad un marcato conservatorismo a livello deco-rativo faccia riscontro un’ampia variabilità tipologica, pretta-mente su scala locale. Tali considerazioni sembrerebberosuggerire che la produzione di questi fornelli, poco standar-dizzata, avvenisse prevalentemente in ambito domestico.

115 Per l’identificazione della forma nel contesto di S. Omobonoa Roma: COLONNA 1963-1964, pp. 23-24. Per l’attuale ipotesifunzionale, CUBBERLEY et al. 1988; ZIFFERERO 2000 e 2004.

116 A Veio, per la decorazione, frammenti dalla Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, p. 61, fig. 18, 17. Recenti rin-venimenti da Piazza d’Armi: TEN KORTENAAR 2001a; dall’areadi Macchia della Comunità: BELELLI MARCHESINI 2001a (con da-tazione al VII secolo a.C.). Per le protomi, di cui un esem-plare molto simile da Piazza d’Armi (STEFANI 1944-1945, col.267, fig. 71), v. MURRAY THREIPLAND 1963, p. 64, fig. 23, 2;POHL 1966; D’ALESSIO 2001, pp. 21-22, I.C.10-12 (con tratta-zione della bibliografia). Un esemplare inedito, rinvenuto inoccasione degli scavi SAEM 1968-1970 a Piazza d’Armi, è sta-to analizzato da F. Pitzalis nell’ambito della sua tesi di laurea.Alari a singola e doppia protome equina, spesso con riccadecorazione stampigliata, seppure con motivi e teorie deco-rative differenti da quelle veienti, sono stati rinvenuti confrequenza nell’abitato di Bologna (TAGLIONI 1999, pp. 55-59).

FIGURA 22 La cisterna: cera-

mica fine da mensa (M.H.

M., F.M.R., F.S.)

1 2

34

5 6 7

8 9

41

VEIO-PIAZZA D’ARMI

gio delle derrate, la filatura e la tessitura, nonchéla stessa cottura dei cibi117. La differente percen-tuale delle forme registrata nello scarico della ci-sterna (v. pp. 52-54), invece, potrebbe indicareche in età più avanzata una parte di queste attivi-tà avesse luogo in ambienti e strutture apposita-mente adibite allo scopo e forse separate da quel-le destinate ad accogliere il nucleo familiare.[M.M.]

3.2. I MATERIALI DALLA CASA

3.2.1. CERAMICA ETRUSCO-GEOMETRICA

Per la ceramica subgeometrica le forme aperte (sco-delle e tazze biansate) risultano maggiormente atte-state rispetto a quelle chiuse (stamnoi e oinochoai).Tra le scodelle, rappresentate dal maggior numerodi esemplari, la più frequente è il tipo118 con vascaampia a calotta, labbro estroflesso e superiormenteappiattito119, dipinta completamente in bruno all’in-terno e decorata all’esterno da fasce concentriche aldi sotto del labbro e della vasca (Fig. 22, 1). La pro-duzione di questo tipo, comune in ambito etrusco-laziale a partire dall’ultimo trentennio dell’VIII120,prosegue per tutto il VII secolo a.C.È poi attestato un tipo di tazza biansata121 con lab-bro svasato e distinto, spalla arrotondata non mol-to accentuata e vasca ampia e profonda, decoratacon fasce di colore rossastro all’esterno del lab-bro, sulla spalla e all’interno del corpo (Fig. 22,2). Questa tazza ricorda morfologicamente le cd.coppe ioniche122, ma lo spessore accentuato dellepareti, nonché la fattura piuttosto grossolana e lacolorazione rossastra, farebbe propendere peruna produzione locale123.

Tra le forme chiuse sono presenti un’oinochoe euno stamnos. L’esemplare di oinochoe124 rinvenu-to nel deposito stratigrafico in esame, presentabocca trilobata molto pronunciata con breve col-lo troncoconico largo e distinto e giunzione conla spalla, ampia e arrotondata, molto accentuata,ansa verticale a nastro sormontante, impostatasulla sommità della spalla e sull’orlo (Fig. 22, 3).Il tipo (la cui decorazione è costituita da ampiefasce di colore rossastro su tutto il collo, l’ansa eall’interno della bocca e da gruppi di sette petalisulla spalla) è prodotto esclusivamente nel-l’Orientalizzante Recente125. [F.M.R.]Lo stamnos (Fig. 22, 4) di piccole dimensioni contracce dell’originaria decorazione dipinta, trae ori-gine dalle pyxides globulari greche del periodogeometrico di fabbriche continentali e insulari, edè adottato nel repertorio della ceramica tardo-geometrica e orientalizzante dell’Etruria meridio-nale126, dove la decorazione contempla sia aironi(posti nella fascia compresa tra le due anse), siamotivi esclusivamente geometrici (linee orizzon-tali concentriche sulla spalla e sul corpo). Il tipoviene generalmente datato alla metà del VII seco-lo a.C.127. [M.H.M.]

3.2.2. CERAMICA ETRUSCO-CORINZIA

Tra le forme maggiormente attestate della ceramicaetrusco-corinzia si segnalano le coppette acromesu piede a tromba (Fig. 22, 5)128, molto diffuse inEtruria129, nel Lazio, in area falisca e in Campania, apartire dalla prima metà del VII secolo a.C.130.Alcuni frammenti di quelli qui presentati presenta-no sulla vasca una decorazione di colore bruno

117 Nella capanna di Fidenae, ad esempio, sono stati rinvenutiancora in situ doli utilizzati per conservare derrate, probabil-mente a fini redistributivi (BIETTI SESTIERI, DE SANTIS 2001, pp.216-217). A Cures Sabini, all’interno della struttura L, era al-lestito un forno per la tostatura dei cereali (GUIDI et al. 1996,p. 153).

118 In argilla depurata chiara.119 Sul tipo: CANCIANI 1974, p. 54, tav. 39/9-10.120 Veio, Pantano di Grano, tomba 1: DE SANTIS 1997, p. 124, n.

28, fig. 15 (secondo quarto del VII secolo a.C.). Vaccareccia,tomba VIII: PALM 1952, p. 64, tav. XVIII, 10. Picazzano, tombaXX: PALM 1952, p. 59 tav. VIII, 26. Macchia della Comunità,tomba IV: ADRIANI 1930, p. 51, n. 8, tav. I, i. Passo della Sibil-la, tomba a: RADDATZ 1983, p. 210, n. 8, tav. 3/2. Nel LatiumVetus, a Osteria dell’Osa, tomba 227: BIETTI SESTIERI, DE SANTIS

1992, p. 343, 103c, fig. 3c.91,8, tav. 31 (periodo laziale IVB)con ampia bibliografia. Roma, area sud ovest del Palatino:ANGELELLI 2001a, p. 252, tipo 1, tav. 74:339 (VI secolo a.C.).

121 L’esemplare rinvenuto in argilla depurata chiara, non conser-va le anse.

122 VALLET, VILLARD 1955; MARTELLI 1978; PIERRO 1984. V. anche GI-LOTTA 1992, pp. 66-72 e BOLDRINI 1994, pp. 137-235. con am-pia bibliografia.

123 Sulle coppe ioniche e la problematica riguardante le loroimitazioni v. COOK 1989, pp. 170-172; BOLDRINI 1994, p. 163;VAN COMPERNOLLE 2007.

124 L’oinochoe in argilla depurata chiara (ROSSI 2003, pp. 102-

103, n. 131), deriva da modelli del protocorinzio tardo etransizionale: PAYNE 1931, tav. 11,3; 13,4.

125 Osteria dell’Osa, tomba a camera 62, deposizione ovest:BIETTI SESTIERI, DE SANTIS 1992, pp. 328 e 871, n. 13, fig.3c.107, tav. 29, 95k (periodo laziale IVB). In ceramica etru-sco-corinzia un esemplare identico si ritrova nella necropolidi Picazzano, tomba XV: PALM 1952, p. 55, n. 21, tav. II,21.

126 MARTELLI 1987, p. 255.127 Veio, Casalaccio, tomba IV: VIGHI 1935, n. 16, tav. II, 1 p. 52.

Macchia della Comunità, tomba 35, n. inv. 38242, 38243 didimensioni maggiori (inedito). Pozzuolo, tomba 1, nn. 5-6;tomba 4, n. 6; tomba 7, nn. 1 e 3; tomba 8, n. 6 (inediti). Por-tonaccio, cisterna (scavi Santangelo 1945-46), n. inv. 131257(inedito).

128 Gli esemplari presentano tutti vasca emisferica con orlo rien-trante e piede a tromba con una o più modanature all’attac-co della vasca.

129 Veio, Macchia della Comunità, tomba 24 n. inv. 38095 (inedi-to). Casalaccio, tomba V: VIGHI 1935, p. 55, nn. 25, 26, fig. 5.Tumulo di Vaccareccia, tomba A: STEFANI 1935, p. 338, nn.35-37, fig. 12. Picazzano, tomba XVI: PALM 1952, tav. III, n.16; tomba XVII: PALM 1952, n. 22, tav. IV, p. 57. Pozzuolo,tomba 2, n. 8/g; tomba 6, n. 3; tomba 7, n. 11; tomba 9, n.19, nn. 52-53 (inediti).

130 Per le altre attestazioni in area etrusca e zone limitrofe: MAN-GANI 1986, pp. 29-30. Sulla classe: BOSIO, PUGNETTI 1986, p.111.

42

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

con uccelli acquatici gradienti verso destra (Fig. 22,6), talvolta con penne alari incise (Fig. 22, 7)131. Gliesemplari in esame132 appartengono alla produzio-ne del “Gruppo a Maschera Umana”133 databile al

565-555 a.C. e molto diffusa a Veio134 e a Roma135,dove forse va localizzata la produzione136.Un piatto (Fig. 22, 8) con orlo a tesa e rosetta cen-trale recante al centro un duplice cerchio e suddi-visa da linee incise, è invece ascrivibile alla botte-ga del “Pittore dei Rosoni” databile al 580-560a.C.137. [M.H.M.]Nell’ambito della classe, si segnala infine un grup-po di frammenti di kylikes, che si distinguono peril colore verdastro dell’argilla; il frammento me-glio conservato (Fig. 22, 9) potrebbe essere iden-tificato come uno scarto di fornace, per le irrego-larità di fattura e per le colature della vernice sul-la superficie interna138. [F.S.]

3.2.3. BUCCHERO

Il bucchero è ampiamente attestato con quasi2000 frammenti, genericamente di colore nero lu-cido e spessore medio, con una significativa pre-senza di scarti di fornace. Le forme maggiormenterappresentate sono i vasi potori e tra questi, il ca-lice risulta il più attestato. Tuttavia per lo studio diquesta forma sono stati riscontrati problemi di og-gettiva identificazione, essendo essa assai simileal kantharos da cui differisce sostanzialmente perl’assenza di anse e di pochi altri particolari. Tra icalici, i tipi più diffusi sono il Rasmussen 3a (Fig.23, 1)139 e 4a/b140, su basso piede a tromba o pie-de a disco con carena liscia e tre solcature sullaparete, realizzati anche in bucchero grigio (Fig.23, 2) ed attestati soprattutto nella prima metà delVI secolo a.C.141. Un unico frammento presentauna decorazione più articolata con archi incisi sul-la carena e ventaglietti semi-aperti sulla parete(Fig. 23, 3)142.A causa dell’estrema frammentarietà dei pezzi, ikantharoi risultano presenti in minor misura e at-testati nel tipo Rasmussen 3e (Fig. 23, 5)143, diffu-sissimo in tutta l’area etrusca144 e laziale e datato

131 Entrambe a vasca emisferica con orlo rientrante.132 Gli esemplari con decorazione incisa potrebbero appartenere

ad una prima fase dell’attività dell’officina, mentre quelli di fat-tura più scadente all’ultima produzione (SZILAGYI 1998, p. 594).

133 SZILAGYI 1998, p. 577, tav. CCXXIV, e-f.134 Veio, Portonaccio: SZILAGYI 1998, p. 577, con elenco dei rin-

venimenti.135 Roma, Area Sacra di S. Omobono: Enea nel Lazio 1981, p.

137, c33. Ardea, Campo del Fico, tomba 5: Ardea 1983, pp.82-83, fig. 197.

136 SZILAGYI 1998, p. 596.137 SZILAGYI 1998, p. 334.138 Una produzione più tarda (V secolo a.C.) di skyphoi in argilla

depurata è stata individuata, per il territorio veiente, a CasalePian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, pp. 74-75, fig. 14.

139 RASMUSSEN 1979, p. 100, tav. 28, nn. 145-147.140 RASMUSSEN 1979, p. 100, tav. 29, n. 151.141 Veio, Picazzano, tombe X, XIII; XV, XVI, XXI: PALM 1952, p. 54,

tav. I, 4; p. 54, tav. II, nn. 3-4; pp. 55-56, tav. III, nn. 4, 7-8; p.60, tav. IX, n. 5. Macchia della Comunità, tomba 13, n. inv.37953, 37954 (inediti); tomba 15, n. inv. 38043 (inedito); tomba

31, n. inv. 38162 (inedito); tomba 42, n. inv. 38400 (inedito).Casalaccio, tomba IX: VIGHI 1935, tav. III, 1-2, n. 9. Pozzuolo,tomba 1, nn. 24a, 24b, 25, tomba 2 n. 15, tomba 6, nn. 8-10, 20,24-25; tomba 8, nn. 21, 23; tomba 9, nn. 37-38, 48, 50 (inediti).

142 RASMUSSEN 1979, tipo 2d, p. 99, tav. 27, n. 137.143 RASMUSSEN 1979, p. 106, tav. 32, nn. 171-172.144 Veio, Picazzano, tomba XIII: PALM 1952, p. 54, tav. II, n. 5;

tomba XIX: PALM 1952, p. 58, tav. VI, nn. 8-11; tomba XX:PALM 1952, p. 59, tav. VIII, nn. 17-23. Tumulo di Vaccareccia,tomba 2: STEFANI 1935, p. 351, nn. 8-9, fig. 21a, e. Monte Mi-chele, tomba E, nn. 8-9; tomba F, n. 5: CRISTOFANI 1969, p. 40,fig. 18, tav. XVIII, 3-4; p. 44, fig. 21, tav. XXI, 2. Casalaccio,tomba IV: VIGHI 1935, p. 50, tav. II,l 1, n. 13. Torraccia, tom-ba 2, n. inv. 36-38 (14 pezzi; inediti). Macchia della Comuni-tà, tomba 13, n. inv. 37955 (inedito); tomba 27, n. inv. 38085(inedito); tomba 47, n. inv. 38406 (inedito); tomba 62, n. inv.38521 (inedito); necropoli di Pozzuolo, tomba 6, nn. 26a,26b; tomba 7 nn. 16, 17; tomba 8 nn. 19, 20; tomba 9 nn. 1-2, nn. 30-36, n. 49 (inediti). Nel territorio veiente, necropolidi Volusia, tomba 1 nn. 25-42, tomba 4, nn. 32-41: CARBONA-RA et al. 1996, pp. 34, 61.

FIGURA 23 La cisterna: buc-

chero (F.S., F.M.R.)

1 2 3

4 56

7

8 9

1011

12

13

14

43

VEIO-PIAZZA D’ARMI

alla metà-terzo quarto del VI secolo a.C. e nel tipoRasmussen 3h/3i (Fig. 23, 6)145, piuttosto raro146 edatabile nella seconda metà del VI secolo a.C. Ikyathoi, sono rappresentati esclusivamente dadue esemplari miniaturistici del tipo Rasmussen3e147, diffuso ampiamente fino al Lazio148 e databi-li dalla metà del VII al V secolo a.C. (Fig. 23, 7).

[M.H.M.]Un frammento di ansa crestata potrebbe appartene-re a un kyathos di tipo Rasmussen 4a (Fig. 23, 8)149.Un unico esemplare risulta decorato con motivizoomorfi: si tratta di un frammento pertinente aun calice di bucchero sottile di colore grigio, re-cante un fregio a cilindretto con coppia di felinialati affrontati (Fig. 23, 4). Tale motivo, anche seisolato, trova i confronti migliori nella produzionetarquiniese dei decenni centrali del VI secoloa.C.150.Per quanto riguarda le forme chiuse, si segnala unframmento di ansa di anfora nicostenica con duetriangoli traforati, databile tra la fine del VII e gliinizi del VI secolo a.C. (Fig. 23, 12)151. Altri fram-menti documentano la presenza di anforette glo-bulari, attingitoi, olpai a bocca modanata di cuinon è individuabile il tipo. [F.S.]

145 RASMUSSEN 1979, p. 107, tav. 33, n. 175: vasca a profilo con-vesso con parete obliqua, piede ad anello, anse a nastro sor-montanti.

146 Vulci, Osteria, tomba B: SGUBINI MORETTI 2001, p. 218, n.III.B.5.3. Cerveteri, Monte Abatone, tomba 546: RIZZO 1990,p. 91, fig. 161. Gravisca, santuario: PIANU 2000, p. 33, tav. 9,n. 78.

147 RASMUSSEN 1979, p. 112, tav. 54.148 PELLEGRINI 1989, p. 98, n. 321, tav. LXVIII; PIANU 2000, p. 35,

tav. 10, n. 90. A Veio, necropoli di Pozzuolo tomba 1, tomba2, tomba 9 (inediti). Poggio Buco, tomba V: BARTOLONI 1972,p. 62, n. 17, fig. 26, tav. XXX.d.

149 Il tipo è ampiamente diffuso in area etrusco-meridionale(Cerveteri, Tarquinia, Vulci, Poggio Buco) tra la fine del ter-zo quarto del VII secolo a.C. e la fine dello stesso secolo: RA-SMUSSEN 1979, p. 115, tav. 16; BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 101;COEN 1991, pp. 94-95. Per Veio, necropoli della Vaccareccia:PALM 1952, p. 66, n. 13-15, tav. XXI.

150 La scelta esclusiva di animali, alcuni dei quali alati, e la resa aricciolo di code ed ali richiama i fregi II e III (CAMPOREALE

1972a, p. 123-128; nel fregio III appare anche il motivo sim-metrico delle sfingi alate affrontate attorno ad un albero) e XI(GUALTIERO 1993, p. 140, fig. 16) della produzione tarquiniese.

151 L’uso di triangoli a traforo si afferma, anche se con diversoschema, su varianti del tipo nicostenico documentate in pro-duzioni della fine del VII-primo quarto del VI secolo a.C., inparticolare di ambito ceretano: BONAMICI 1974, pp. 52, 63,130-131, 133, nn. 68, 89, tav. XLII b; GRAN AYMERICH 1982, p.57. Gli unici confronti ravvicinati per lo schema decorativo inesame, ma leggermente più semplificati, sono un frammentodi ansa da Pontecagnano, Scarico Granozio, Area di Via Sici-lia: CUOZZO 1993, pp. 152, 159, n. 9, fig. 15; ed il fregio su-periore di un’ansa di anfora nicostenica al Louvre (GRAN AY-MERICH 1982, p. 57, n. 14, tav. 15).

152 RASMUSSEN 1979, pp. 124-126.153 RASMUSSEN 1979, p. 125, tav. 41, fig. 256, con numerosissimi

confronti. A Veio, deposito votivo di Macchia Grande: MUR-RAY THREIPLAND 1969, p. 5, fig. 5:1-3. Casale Pian Roseto: MUR-RAY THREIPLAND, TORELLI 1970, 72, fig. 2 A1, 4, 8, 9, 18. Poggio

Buco, tomba XI: BARTOLONI 1972, p. 148, n. 18, fig. 71 (metàdel VI secolo a.C.). Tarquinia, Pian di Civita, area D1: CHIA-RAMONTE TRERÈ 1997, p. 65, tav. 137.2,9 (seconda metà del VIsecolo a.C.). S. Giovenale, necropoli di Porzarago, tomba 6:BERGGREN, BERGGREN 1972, pp. 49, 54, tav. XXIV. S. Giuliano,loc. S. Simone, tomba III e loc. Chiusa Cima, tomba V: VILLA

D’AMELIO 1963, p. 23, fig. 22, 28-29. Cerveteri, Banditaccia,tombe 426 e 434: RICCI 1955, c. 981, 9, 11, 13, e c. 1027, 24,tavola d’aggiunta I. Monte Abatone, tomba 250: RASMUSSEN

1979, p. 63, 4, fig. 256 (metà del VI-V secolo a.C.). Vigna Par-rocchiale: PANDOLFINI 1992, pp. 165-167, fig. 378, E50.5,11(seconda metà del VI secolo a.C.). Per una bibliografia ag-giornata sul tipo anche nell’Etruria interna, padana, in Sabi-na, nel Lazio e a Roma: ROSSI 2001, pp. 265-266.

154 Cerveteri, Vigna Parrocchiale: PANDOLFINI 1992, p. 166, fig.378, E50.4 (seconda metà del VI secolo a.C.).

155 ROSSI 2003, p. 106, n. 141.156 RASMUSSEN 1979, p. 124, tav. 41, fig. 252. Le numerose varian-

ti del tipo dipendono dalla diversa inclinazione del labbro.157 Esemplari simili si ritrovano a Veio, nel deposito votivo di

Macchia Grande: MURRAY THREIPLAND 1969, p. 7, fig. 5.4. Gra-visca, santuario: PIANU 2000 p. 19, tav. 2, n. 11. Cerveteri, ne-cropoli di Monte Abatone, tomba 211: RASMUSSEN 1979, p. 61,5, fig. 252 (VI secolo a.C.). Cerveteri, Vigna Parrocchiale:PANDOLFINI 1992, p. 161, fig. 371, E43.1 (VI secolo a.C.). Inbucchero grigio da Amelia, ex collegio Boccalini: GIONTELLA

1996, pp. 67, 120.158 RASMUSSEN 1979, p. 124, tav. 41, figg. 248-249.159 Confronti a Veio, Campetti, peristilio IV: GORI 2001, p. 13,

I.B.13-14 (prima metà del VI secolo a.C.). S. Giovenale, Por-zarago, tomba 14: BERGGREN, BERGGREN 1972, pp. 90, 92, tav.XLV. Tarquinia, Pian di Civita, fossa votiva 301: BONGHI JOVI-NO, CHIARAMONTE TRERÉ 1997, p. 38, tav, 133.1,10 (metà del VIsecolo a.C.). Gravisca, santuario: PIANU 2000 p. 18, tav. 1, n.5. Cerveteri, Vigna Parrocchiale: PANDOLFINI 1992, p. 159, fig.370, E41.3 (inizio del VI-V secolo a.C.).

160 ROSSI 2003, p. 107, n. 145. Il motivo è diffusissimo su fram-menti di differenti produzioni ceramiche: PENSABENE et al.2000, p. 192, nota 104.

Tra i vasi maggiormente legati all’uso comune, lescodelle sono attestate in un’ampia varietà di tipi(quasi tutti generalmente riferibili alla classifica-zione di Rasmussen152). Il più frequente è il tipocon vasca a calotta e orlo arrotondato (Rasmussen4)153, databile alla metà del VI-V secolo a.C. e pre-sente anche nella variante con labbro rientrante(Fig. 23, 9)154. Un’altra scodella molto attestata econ il maggior numero di varianti è quella carena-ta su piede ad anello, che presenta labbro vertica-le o leggermente obliquo e l’orlo piatto, frequen-temente decorato ad incisione con linee concen-triche155, riconducibile al tipo 2 di Rasmussen (Fig.23, 10)156. Gli esemplari di questo tipo sono pro-dotti per tutto il VI secolo a.C. e soprattutto neisuoi decenni finali157. Si sono rinvenuti anche di-versi esemplari di una scodella sempre a vasca ca-renata con labbro estroflesso e leggermente con-cavo e orlo ingrossato, confrontabile con il tipoRasmussen 1158 e databile al primo quarto del VIsecolo a.C. (Fig. 23, 11)159.Sono stati rinvenuti anche cinque frammenti graf-fiti a tratti piuttosto marcati: tre segni a croce (Fig.23, 13)160, uno costituito da due aste e uno a for-ma di alberello stilizzato o ramo secco (Fig. 23,

44

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

numerale oppure indicare partite di oggetti, rap-presentando “marchi” di fabbrica in rapporto allaproduzione o alla vendita162. [F.M.R.]

3.2.4. IMPASTO BRUNO

L’impasto bruno è presente nel riempimento dellacisterna in quantità fortemente ridotta, all’incircala metà, rispetto a quella trovata nel contesto pre-cedente163.Anche in questo caso si tratta per lo più di materia-li piuttosto grezzi, con pareti di spessore irregola-re164, attribuibili a vasi da cucina, come indicano an-che le tracce di annerimento per esposizione al fuo-co, di frequente realizzati a mano, ma che presenta-no superfici generalmente rifinite a stecca e spessolucidate. Meno attestate sono le pareti più sottili, ri-feribili a ceramica da mensa, che presentano unospessore ridotto (intorno ai 0,4 cm), superfici liscia-te internamente ed esternamente e, talvolta, lucida-te con cura.Il colore dei frammenti del vasellame da cucina ocomunque d’uso corrente oscilla in superficie frail bruno-nerastro e il bruno-rossastro, come anchequello del corpo ceramico, che si presenta pocodepurato con inclusi grandi e medi di augite, cal-care, pietrisco, a volte quarzo e mica. Più fine emaggiormente depurata risulta la ceramica damensa, ove gli inclusi, pur presenti, sono più radie meno visibili.Le forme d’uso comune ricalcano in parte quellecoeve dell’impasto rosso-bruno: le 7 olle ricono-sciute165 sviluppano un corpo cilindro-ovoide dimedie e piccole dimensioni166 con labbro svasatoe spigolo interno vivo o leggermente smussato(Fig. 24, 1-2)167 o labbro più corto e andamentocontinuo (Fig. 24, 3-4)168. Solo una di queste olleesibisce una semplice decorazione a piccole bu-

161 ROSSI 2003, pp. 106-107, n. 144. Un confronto simile nellastessa classe e sempre da Veio Piazza d’Armi, è conservatosu un oggetto a forma di ariete (alare, giocattolo, applique?)dalle pendici settentrionali (MURRAY THREIPLAND 1963, pp. 71-72, fig. 25, vedi nota 00). Il ramo secco graffito, già attestatosu numerosi esemplari in bucchero, è documento anche suframmenti di impasto, soprattutto pesi da telaio, argilla figu-lina e vernice nera (per una rassegna sui ritrovamenti: PENSA-BENE et al. 2000, pp. 203-205; da ultimi sul simbolo del ramosecco su lingotti: PELLEGRINI, MACELLARI 2002).

162 Su queste ipotesi: SASSATELLI 1993c e da ultimo, con ampia bi-bliografia, PENSABENE et al. 2000.

163 Si contano infatti circa 320 frammenti, di cui 190 di pareti ap-partenenti a forme difficilmente individuabili, a fronte deglioltre 700 frammenti dalla capanna.

164 Lo spessore medio si aggira intorno a 1 cm ca.165 L’identificazione è avvenuta sulla base degli orli conservati,

mentre per i fondi, presenti con 12 esemplari, l’attribuzionerisulta più difficile: potrebbero infatti essere relativi anche al-le scodelle o ciotole.

166 Le dimensioni del diametro oscillano fra i 16 ed i 7 cm.167 Si tratta di una foggia ampiamente diffusa in ambito etrusco-

laziale in contesti databili entro il periodo IVB (BRANDT 1996,

p. 364). Gli esemplari alle Fig. 24, 1-2 rientrano nel tipo A in-dividuato da G. Colonna a Sant’Omobono: COLONNA 1963-1964, p. 17, fig. 7, nn. 79, 88- 89; nel tipo 37 Carafa: CARAFA

1995, p. 31, n. 37, fig. 37 a p. 29; nel gruppo 4IIa1 degli sca-vi dell’abitato di Tarquinia, datato tra l’Orientalizzanti Anticomaturo e l’Orientalizzante Medio: BONGHI JOVINO 2001, pp.16-17, in special modo vedi n. 180/101, tav. 6B e nel tipo 37da Ficana, abitato capannicolo: BRANDT 1996, fig. 6.11, n.37c. Per Veio vedi: Casalaccio, tomba II: VIGHI 1935, p. 45 n.2, tav. 2/I; Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, p. 40,fig. 2:7; Macchia Grande: MURRAY THREIPLAND 1969, p. 10, fig.6:9. Sono datate alla seconda metà del VII le attestazioni dal-le necropoli di Poggio Buco: tomba D, MATTEUCIG 1951, p.34, nn. 15-16, tav. IX, nn. 23-24; tomba VI: BARTOLONI 1972,p. 70 n. 19, fig. 32.19.

168 Anche questa versione rientra nel tipo A di Colonna: COLONNA

1963-1964, p. 15, fig. 6, n. 86. Veio, Porta Nord-Ovest: MURRAY

THREIPLAND 1963, p. 61, fig. 18:14; Macchia Grande: MURRAY

THREIPLAND 1969, p. 13, fig. 7:4, 5. Ficana, abitato capannicolo:BRANDT 1996, tipo 40, fig. 6.11, n. 40a. Tali olle sono presentiin contesti della seconda metà del VII secolo a.C. a Poggio Bu-co: tomba F, MATTEUCIG 1951, p. 394, nn. 7-8, tav. XIV, nn. 13-14; tomba VI: BARTOLONI 1972, p. 69 n. 17, fig. 32.17.

1

2

3

4

5

6

14)161. I graffiti sono localizzati indifferentementesul fondo della vasca di forme aperte o all’internodi piedi ad anello e potrebbero avere un valore

FIGURA 24 La cisterna: im-

pasto bruno (A.P.)

45

VEIO-PIAZZA D’ARMI

gne circolari sulla spalla (Fig. 24, 1)169.Le olle carenate presentano, rispetto a quelle rinve-nute nel contesto precedente, uno sviluppo mag-giore della parte superiore del vaso e del labbro,sempre svasato, pur rientrando ancora in un ambi-to cronologico ristretto all’Orientalizzante Medio.Questa forma è caratterizzata da un impasto riccodi inclusi di calcare, augite, quarzo e mica e, laddo-ve conservata, da una attenta lisciatura. Pur mante-nendo la decorazione a larghe solcature orizzontalisul collo (anche se almeno un esemplare non pre-senta tale attributo) e la carenatura, la forma sembraevolvere verso quella dell’olla cilindro-ovoide d’im-pasto rosso-bruno, evidentemente sotto l’influenzadella più recente produzione. I 15 frammenti rico-nosciuti per tale forma ricostruiscono 6 esemplariche si articolano in 3 varianti, sostanzialmente coe-ve: con orlo arrotondato o ingrossato o obliquoesterno (Fig. 24, 5-6; Fig. 25, 1)170.Per quanto riguarda le forme aperte, 8 frammentitestimoniano la presenza di almeno 6 ciotole ociotole-coperchio di grandi dimensioni171 che pos-sono essere unitariamente considerate dello stes-so tipo con corpo troncoconico o tronco-ovoide,labbro leggermente rientrante e orlo tendenzial-mente piatto superiormente (Fig. 25, 2)172. La for-ma è di uso comune e stabilmente attestata in tut-ta l’epoca orientalizzante. A questa forma appar-tengono con ogni probabilità alcuni degli 8 piediad anello rinvenuti.L’attestazione di ceramica destinata alla mensa ap-pare numericamente molto limitata, ma con unagamma morfologica maggiormente variata, in al-cuni casi rappresentata da un esemplare isolato.Le forme chiuse sono presenti con due diversi ti-pi. Il primo è una oinochoe del cd. tipo “fenicio-cipriota” (Fig. 25, 3)173 attestata ampiamente inambito funerario in Etruria, ma anche nel Lazio,nell’agro falisco-capenate e in Campania, e legataalla diffusione della pratica del banchetto. Questebrocche, attestate anche in impasto più spesso,

sono tipiche dell’Orientalizzante Antico e Medio evengono realizzate anche in bucchero e in argilladepurata174. La loro denominazione è dovuta alladerivazione da prototipi metallici, la cui produzio-ne è stata variamente riferita a Cipro, alla Feniciapropriamente detta e alla Siria settentrionale175. Inambito tirrenico la forma viene imitata con diver-se varianti nell’articolazione del profilo, nelle di-mensioni e nella decorazione. L’esemplare in esa-

169 Tale decorazione si trova su un’olla dal corpo globulare daFicana, abitato capannicolo: BRANDT 1996, fig. 6.13, n. 43.b.

170 La forma si ritrova in contesti datati a partire dalla prima me-tà del VII secolo a.C. (v. note 73 e 104) a Cerveteri, MonteAbatone, tomba 90: BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 65, n. 13; VignaParrocchiale: M. Rendeli, in NARDI et al. 1993 p. 256, fig. 493:J5.1, J 5.2, nel suo territorio a San Giovenale, “Semi-subterra-nean building in area B”: OLINDER, POHL 1981, p. 28, tav. 3.72,a Tarquinia: BONGHI JOVINO 2001, gruppo 4IIf1, 202/74, p. 18,tav. 8A. Il tipo è noto anche nel Lazio, a Roma: CARAFA 1995,tipo 21, p. 25, fig. 21 a p. 25, assimilato ad altri tipi con orlorientrante da cui sembra però discostarsi, in contesti della pri-ma metà del VII secolo a.C.; a Ficana, negli strati della casaarcaica nel settore 6a: CATALDI DINI 1981, p. 274, fig. 7,34.

171 I due esemplari per cui è stato possibile ricostruire il diame-tro indicano una misura fra i 26 e i 30 cm ca.

172 Ciotole-coperchio di questo genere si ritrovano per un am-pio periodo di tempo a partire dall’Orientalizzante Antico al-

l’epoca arcaica: a Roma, Sant’Omobono: COLONNA 1963-1964,p. 24, fig. 11:128; CARAFA 1995, tipi 79, 85, 87, pp. 44-45, ,figg. 79, 85, 87; in Etruria meridionale a Cerveteri, Vigna Par-rocchiale: NARDI 1993a, p. 372, fig. 574: N 4b.1 e a Tarquinianell’abitato: BONGHI JOVINO 2001, Gruppo 1Ia1, 136/1, p. 46,tav. 27D.

173 L’esemplare è caratterizzato da alto collo troncoconico, spal-la sfuggente con accenno di carena arrotondata, corpo ovoi-de, fondo piano profilato, ansa sormontante a doppio ba-stoncello impostata dall’orlo alla spalla. La decorazione inci-sa sul collo presenta una linea a zig-zag delimitata inferior-mente da una linea continua, sovrastante un motivo a mollanon particolarmente usuale, inquadrato da doppia linea inci-sa, seguita nuovamente da un motivo a zig-zag continuo, an-che sulla spalla la linea a zig-zag sovrasta la linea a molla.

174 V. al riguardo DE SANTIS 1997, pp. 111-112, nota 39, con bi-bliografia precedente.

175 D’AGOSTINO 1977, p. 51; COEN 1991.

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FIGURA 25 La cisterna: im-

pasto bruno (A.P.)

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

me presenta corpo ovoide espanso, caratteristicadei tipi inquadrabili tra l’Orientalizzante Medio el’Orientalizzante Recente, con un maggiore ad-densamento delle testimonianze verso il limite su-periore di tale arco cronologico176.La seconda forma chiusa, di cui rimane solo partedel corpo e del collo (Fig. 25, 4), è attribuibile a unabrocchetta o un attingitoio di piccole dimensioni,molto simile ad alcune realizzazioni in bucchero177.Isolata la presenza di un boccale ovoide monoan-sato di fattura poco raffinata, ma realizzato al tor-nio e lucidato a stecca, quasi interamente rico-struito da circa 10 frammenti (Fig. 25, 5), formapoco standardizzata e non specializzata, caratte-rizzata dalla larga imboccatura, destinata a uso in-dividuale per attingere e bere, diffusa a partiredalla prima età del Ferro e sostituita nel tempo daaltre forme atte al bere di ispirazione ellenica178.Altre forme aperte, attestate da piccoli piedi adanello e a tromba caratterizzati dalla stessa argilladelle parti sicuramente attribuite, sono rappresen-tate da calici su alto e poi basso piede afferenti aun orizzonte maturo della fase orientalizzante:una parete decorata presenta il caratteristico moti-vo ad archetti intrecciati (Fig. 25, 6) e altre 4 per-tinenti a vasche troncoconiche sono ornate dasottili linee orizzontali incise (Fig. 25, 7-8)179. Al-

176 In Etruria la forma è diffusa nelle necropoli veienti (Macchiadella Comunità, tomba IV: ADRIANI 1930, p. 51, tav. Id; Casa-laccio, tomba III: VIGHI 1935, p. 47, tav. I.3; Monte Michele,tomba 5: BOITANI 1983, p. 546, tav. C.d; nell’agro veiente, ne-cropoli di Volusia, tomba 8, fine VII-inizi VI secolo a.C.: CAR-BONARA et al. 1996 , pp. 81 e 84, figg. 154, 154a; Pantan diGrano-Malagrotta, tomba 1: DE SANTIS 1997, p. 120, fig. 13,12)e a Cerveteri (RICCI 1955, col. 354, fig. 77.4, col. 224, fig. 13;COEN 1991, p. 23, tav. XIV a). Un esemplare dalla forma simi-le proviene dalla tomba 83 di Monte Abatone a Cerveteri,contesto databile tra la fine dell’VIII-inizi VII secolo a.C.: BO-SIO, PUGNETTI 1986, p. 51,1. Nel Lazio esemplari di impasto so-no documentati solo nella fase IVA: Castel di Decima, tomba93: DdA 1980, tav. 34, 14.a,b; Osteria dell’Osa, tipo 95b, vari:BIETTI SESTIERI, DE SANTIS 1992, p. 326, tav. 29; Quadraro, tom-ba 7: MARCHETTI 2006, p. 369, n. 659; Laurentina Acqua Aceto-sa, tomba 133: CASSOTTA 2006, p. 475, nn. II.948-949.

177 La forma è genericamente assimilabile a una brocca di pic-cole dimensioni frequente dal secondo quarto del VII secoloa.C., presente anche in impasto spesso, in ambito laziale(DdA 1980, p. 130); in particolare vedi Castel di Decima,tomba 68bis, metà VII secolo a.C.: BARTOLONI 1975a, p. 351,fig. 144.6. Per la versione in bucchero vedi RASMUSSEN 1979,tav. 23-24, tipo 1b.

178 L’esemplare presenta orlo arrotondato, labbro distinto svasa-to, corpo ovoide, ansa a bastoncello verticale impostata dal-la spalla al ventre e fondo piano. Un esemplare simile, menosviluppato in altezza e con corpo ad andamento globulare, èattestato a Tarquinia negli scavi dell’abitato ed è datato nel-

l’ambito dell’Orientalizzante Antico maturo e l’Orientalizzan-te Medio (BONGHI JOVINO 2001, orciolo gruppo 1IIa1, 303/10,p. 38-39, tav. 21C).

179 A Veio calici decorati ad archetti intrecciati, assegnati dalla Clo-se Brooks (1965) all’Orientalizzante maturo, sono presenti a Pi-cazzano, tombe 20 e 21: PALM 1952, pls. 7/10, 9/4; Monte Mi-chele, tomba C, metà-terzo quarto del VII secolo a.C.: CRISTOFA-NI 1969, p. 26, fig. 8:3, tav. X:1; Pantano di Grano, tombe 1 e 2,secondo quarto VII secolo a.C.: DE SANTIS 1997, p. 124, n. 22,fig. 14.22; p. 133, n. 9, fig. 22.9 (gli archetti, diversamente dalframmento da Piazza d’Armi, sono direttamente a contatto conl’orlo). A Roma: Esquilino, tomba 128, fase IVA: DdA 1980, tav.27:20b; CARAFA 1995, tipi 117-118, p. 56, figg. 117 e 118. Nel La-zio: Castel di Decima, tomba 152, primo quarto del VII secoloa.C.: BARTOLONI 1975b, pp. 309-310, fig. 82, nn. 11-12; Ficana,abitato capannicolo: BRANDT 1996, tipo 100, fig. 6.30:100a;Osteria dell’Osa, tipo 105e, IV fase laziale: BIETTI SESTIERI, DE

SANTIS 1992, p. 347, tav. 31. In area falisca da Narce, tomba 25:DAVISON 1972, p. 73, tav. XXI.e, dell’Orientalizzante Antico.Per la decorazione a incisioni o solcature parallele orizzonta-li, utilizzata correntemente sui calici vedi, per Veio, Casalac-cio, tombe III, VI, VIII: VIGHI 1935, p. 48, tav. 3/I n. 15; p. 56,fig. 6, n. 3.4; p. 59, tav. 3/II, n. 2; Porta Nord-Ovest: MURRAY

THREIPLAND 1963, p. 61, fig. 18.21-23; Volusia, tomba 4: CARBO-NARA et al. 1996, p. 51, fig. 86 e 86a; Pantan di Grano, tombe1 e 3, secondo quarto VII secolo a.C.: DE SANTIS 1997, p. 124,nn. 21, 23, fig. 14.21, 23; p. 138, n. 12, fig. 27.12. A Roma enel Lazio: Sacra Via, tomba 1: GJERSTAD 1956, p. 130, fig. 126,n. 1; Esquilino, tomba XCV: GJERSTAD 1956, p. 251, fig. 223, n.2; CARAFA 1995, tipi 119-121, pp. 56-57, figg. 119-121; Castel diDecima, tomba 68bis: BARTOLONI 1975a, p. 352, fig. 144, nn.11-13; Ficana, pozzo 1: PAVOLINI, RATHJE 1981, p. 84, n. 31 a-b,tav. XIX; Ficana, abitato capannicolo: BRANDT 1996, tipo 100,fig. 6.30:100b; Osteria dell’Osa, tipo 105b e d, IV fase laziale:BIETTI SESTIERI, DE SANTIS 1992, pp. 346-347, tav. 31; Marino,Riserva del Truglio, tomba 2, fase IVA: DdA 1980, tav. 24.3a.

FIGURA 26 La cisterna: im-

pasto rosso (S.t.K., V.N.)

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VEIO-PIAZZA D’ARMI

cuni frammenti di parete con scanalature potreb-bero essere pertinenti a scodelle carenate, la cuipresenza in più di un esemplare è testimoniatada un alto piede a tromba lucidato a stecca (Fig.25, 9), da un’ansa a bastoncello verticale decora-ta con solcature orizzontali nella parte interna eda un orlo con bugna allungata verticale180. Taleforma è attestata a Veio sin dalla fase IIB e rima-ne in uso fino all’Orientalizzante Antico e forseoltre.Mentre nel contesto della capanna l’impasto bru-no risulta essere la classe maggiormente rappre-sentata, sia per le forme di uso domestico che perquelle da mensa, in quest’ultimo, pure quantitati-vamente più ampio per le altre classi, apparechiaro invece che l’impasto bruno, legato alla tra-dizione protostorica, cede il passo alle nuove pro-duzioni, da un lato in impasto rosso e rosso-bru-no per quanto attiene i recipienti da cucina, dal-l’altro, per quanto riguarda il vasellame fine, albucchero e alla ceramica depurata.L’insieme dei materiali in impasto bruno sembrariferibile alla prima metà del VII secolo a.C., fat-ta eccezione forse per alcune olle da fuoco e perle ciotole, tipi di lunga durata che pur iniziandoa essere prodotti nell’Orientalizzante Antico tro-vano confronti anche in ambiti cronologici piùrecenti (Fig. 24, nn. 1-4, Fig. 25, n. 2, 5), segna-lando quindi l’uso ormai limitato di questa pro-duzione.Le attestazioni di vasi da mensa – l’oinochoe, i ca-lici a decorazione incisa, le scodelle carenate sualto piede, l’olpe-attingitoio – sono sicuramente ri-feribili a un orizzonte cronologico e culturale pre-

180 Si tratta di una forma ampiamente diffusa nel corso della pri-ma metà del VII secolo a.C. Con questa particolare decora-zione a bugne si ritrova a Veio, Quattro Fontanili: GUIDI

1993, tipo 14 varietà A, p. 22, fig. 19.1 nelle fasi IIB-IIC; aMacchia della Comunità, tomba 7: GALANTE 2003, p. 69, n. 77,fig. 77, con esaustiva bibliografia precedente. A Tarquinia,Monterozzi, tomba M4: HENCKEN 1968, p. 192, fig. m.174;tomba 6134: BONGHI JOVINO 1986, p. 218, fig. 197, 606-201.Esemplari in impasto bruno e rosso sono molto diffusi in am-bito laziale: a Marino, Osteria dell’Osa, Castel di Decima, An-zio: DdA 1980, tav. 24.4, con bibliografia, Ficana: BRANDT

1996, p. 212, n. 81, fig. 137 e Fidenae: TEN KORTENAAR 2001b,p. 234, fig. 27.11.

181 Come nel caso della capanna (v. p. 27), le due pareti decoratee le due anse a bastoncello, pertinenti con ogni probabilità avasi biconici, sono da considerarsi residui la cui giacitura incontesti posteriori è spiegata dalla particolare modalità di for-mazione dei depositi e degli strati del sito d’abitato.

182 Tale aumento è comunque proporzionato alla maggiore con-sistenza del contesto di provenienza e agli aumenti riscontra-ti per la maggior parte delle altre classi di materiali.

183 Si tratta in buona parte dei casi di una versione evoluta del-le olle globulari di impasto rosso di produzione orientaliz-zante (v. sopra, nota 102), che presentano una grande varia-bilità nella resa degli orli. Se ne distinguono per una diversaqualità dell’impasto e dell’ingobbio, oltre che per una diver-

sa resa del labbro, che, in generale, in questi esemplari re-cenziori si presenta più breve e contratto che nei tipi più an-tichi (anche MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 84). L’esem-plare della Fig. 26, 1 (contraddistinto, come numerosi altriframmenti dallo stesso contesto, dalla presenza della scial-batura chiara sulla parete interna, particolarità tecnica checaratterizza spesso la produzione arcaica e tardo arcaica del-l’impasto rosso) trova un confronto a Veio, Casale Pian Ro-seto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 84, n. E6, fig. 34ed uno a Roma, Auditorium: ARGENTO 2006, p. 354, n. 28,tav. 3, con ulteriori confronti a Gravisca ivi citati alla nota 60(l’esemplare va riferito ad una fase frequentativa anterioreall’impianto della fattoria: 630-590 a.C.). Quello della Fig.26, 2 si avvicina ad un tipo da Volusia, tomba I: CARBONARA

et al. 1996, p. 23, n. 7, fig. 15 (fine del VII-metà del VI seco-lo a.C.), ad un esemplare da Roma S. Omobono: COLONNA

1963-1964, pp. 12-13, n. 59, fig. 5 (Gruppo C, periodo arcai-co) e ad uno da Roma, Auditorium: ARGENTO 2006, p. 354,nota 61, n. 29, tav. 3, con ampia rassegna di riscontri da Ro-ma (Tempio della Vittoria), Pratica di Mare, Cures Sabini,Antemnae e Ficana (il tipo è documentato in contesti perti-nenti alle prime fasi di impianto della fattoria ed è datato ge-nericamente nell’ambito del VI secolo a.C.); meno puntualecome confronto per la resa dell’orlo un esemplare da Veio,Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 119,n. E5, fig. 34.

cedente a quello del resto dei materiali dalla ci-sterna, e sono pertanto da considerare residuali181.Sebbene, quindi, siano meno rilevanti per l’inqua-dramento cronologico della formazione del depo-sito, dal momento che sembrano indicare, in baseai confronti proposti, una maggiore diffusione inun momento maturo dell’Orientalizzante Recente,tali reperti, legati alla pratica del banchetto, po-trebbero suggerire una continuità d’uso dell’areada parte di gruppi aristocratici. [A.P.]

3.2.5. IMPASTO ROSSO

Accanto a un aumento delle attestazioni (3612frammenti di impasto rosso e 33 decorati in whiteon red , di cui 759 elementi tipologici)182, la situazio-ne riscontrata nella cisterna presenta alcune diffe-renze rispetto a quanto osservato per il complessoprecedentemente esaminato. Innanzitutto, si notauna prevalenza delle forme chiuse su quelle aperte,con un’ampia presenza di olle globulari con labbroa solcature concentriche, generalmente più breverispetto agli esemplari della capanna (Fig. 26, 1-2).In particolare, allo stato attuale dello studio è statopossibile ricostruirne integralmente il labbro in 8casi, parzialmente in 6; a questi va aggiunto unesemplare biansato ricostruito fin sotto le anse (Fig.26, 1)183, oltre a 29 frammenti non ricomponibili. Ildiametro varia da un minimo di 16,5 ad un massi-mo di 20,8 cm. Buona parte di tali olle doveva es-sere biansata come documenta la presenza di alme-no 9 coppie di anse a maniglia e 6 esemplari singo-li, più numerosi altri frammentari. Tra le olle globu-lari va citato 1 esemplare con labbro svasato, orloobliquo verso l’esterno contraddistinto da sottili sol-

48

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

cature e parete decorata da bugne (Fig. 26, 3)184.Meno rappresentate sono le olle ovoidi con lab-bro svasato e orlo arrotondato (Fig. 26, 4)185 equelle cilindro ovoidi, prodotte più comunementein impasto rosso-bruno: 1 con il labbro svasato ri-costruito integralmente, orlo arrotondato e spalladistinta (Fig. 26, 5)186 e 6 ricostruiti parzialmente,cui vanno aggiunti 40 frammenti non ricomponi-bili, con un diametro variabile dai 14 ai 25 cm. So-no presenti inoltre alcuni esemplari di brocchecon ansa impostata sul labbro: 2 con labbro sva-sato, corpo ovoide e collo troncoconico (Fig. 26,6)187, 1 con orlo rientrante, labbro svasato e spalladistinta (Fig. 26, 7) ed 1 o forse 2 con labbro trilo-bato, oltre a 7 frammenti non meglio identificabi-li, tutte caratterizzate da un impasto più chiaro eingobbio esterno più sottile. Almeno 1 esemplarecondivide con la maggior parte delle olle globula-ri la presenza di una scialbatura biancastra, più omeno pesante, sulle superfici interne, che trovanumerosi confronti a partire da esemplari da Ca-sale Pian Roseto188.Numerosi sono i frammenti riconducili a diversigrandi contenitori, in condizioni di estrema fram-

mentarietà, tali da non permettere alcuna ricostru-zione. Tra questi, 1 con labbro svasato e orlo de-corato a solcature (Fig. 27, 2)189 e almeno 2 esem-plari con labbro rientrante, orlo appiattito e deco-rato a solcature concentriche e con listello lisciosulla spalla (Fig. 27, 1)190, del diametro di circa 90cm. Si conserva inoltre una grande quantità diframmenti di parete probabilmente pertinenti apithoi con corpo costolato.Tra i frammenti con decorazione white on red, 1 èpertinente al labbro di una grande anfora decoratada una fascia orizzontale (Fig. 27, 3)191, altri posso-no essere ricondotti a pissidi a corpo cilindrico,probabilmente poggianti su tre o quattro peducci,decorati con motivi geometrici e vegetali, o a ollebiansate (Fig. 27, 4)192. Il numero di vasi di formaaperta è significativamente ridotto: tra le formemeglio rappresentate sono le coppe emisferiche(almeno 4 esemplari distinti molto frammentari,con labbro svasato e solcature concentriche, condiametri compresi tra i 19 e i 30 cm circa (Fig. 27,5)193, cui seguono i coperchi, con 1 frammentodalla vasca troncoconica (Fig. 27, 8)194 e 6 relativi aesemplari con vasca schiacciata (Fig. 27, 7)195. So-

184 Si tratta di un tipo ampiamente diffuso nel periodo arcaiconel Latium Vetus e a Veio, anche con variazioni nella resadell’orlo. A Veio, Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TO-RELLI 1970, p. 118, D6-7, fig. 33. Roma, S. Omobono: COLON-NA 1963-1964, pp. 12-16, n. 64, fig. 5 (Gruppo C, periodo ar-caico); Palatino: CARAFA 1995, pp. 152 e 156, tipo 368 (da at-tività datate tra il 650 e il 550 a.C.); Tempio della Vittoria: FAL-ZONE 2001b, p. 190, tipo, 14, tav. 25, 115; Auditorium: ARGEN-TO 2006, p. 354, n. 32, tav. 3 (confronto generico, datato frail 575 e il 500 a.C.; il tipo è documentato nella fase 2 del pe-riodo 2 della fattoria). Ficana: BRANDT 1996 (con ulteriore bi-bliografia), p. 180, tipo 31 g, fig. 118 (contesto datato tra il610 e il 570). Acqua Acetosa Laurentina: BEDINI 1990, p. 176,fig. 8.1.25 (pozzo 2, con riempimento datato alla metà del Vsecolo a.C.). Satricum, MAASKANT KLEIBRINK 1987, p. 243, n.194 (p. 151, per un commento sul tipo).

185 Si avvicina a un esemplare da Roma, pozzo III della SacraVia: GJERSTAD 1966, pp. 201 e 424, fig. 86 (periodo arcaico).Cfr. inoltre genericamente, a causa dell’elevato grado diframmentarietà e per la forma più ingrossata dell’orlo, unesemplare da Roma, Auditorium: ARGENTO 2006, p. 355, n.35, tav. 4 (documentato in strati della fase 1 del periodo 2 edatato, in base a confronti da Cerveteri, al 550-490 a.C.).

186 Veio, Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, p. 48, nn.9-10, fig. 8.

187 Nonostante il tipo di impasto si discosti notevolmente dallaproduzione di impasto rosso più antica, l’esemplare, insiemead altri simili dallo stesso contesto, viene fatto rientrare inquesta classe per la presenza dell’ingobbio di colore rosso. Sitratta di una forma prodotta nel periodo arcaico anche in ar-gilla depurata e impasto chiaro sabbioso. Il tipo trova con-fronti generici in esemplari di impasto a Tarquinia: CHIARA-MONTE TRERÈ 1999b, p. 63, n. 170/12, tav. 26,1 (da un contestoobliterato nella seconda metà del VI secolo a.C.). Cerveteri,Vigna Parrocchiale: M. Rendeli, in NARDI et al. 1993, p. 266,J.30.1 (dove l’esemplare, confronto piuttosto stringente conquesto da Veio, è in impasto rosso con scialbatura bianca al-l’interno). A Veio: MURRAY THREIPLAND 1963, p. 53, fig.12, n. 4.Nel Lazio meridionale si vedano: Roma, Auditorium: ARGENTO

2006, p. 355, n. 41, tav. 4 (documentato a partire dalle prime

fasi della fattoria: 550-500 a.C.); Satricum: BOUMA 1996, pp.387-88, tipo Ju 1, tav. CXX (strato 3: 490/80-450 a.C.).

188 Per le olle, MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, pp. 83-84.189 Si tratta di una versione di dimensioni maggiori dello stesso

tipo dell’olla della Fig. 27, 3, di cui condivide l’ampia diffu-sione. A Veio, Grotta Gramiccia: WARD-PERKINS 1961, n. 18,fig. 32 (sporadico). Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND,TORELLI 1970, p. 110, E.2, fig. 25. Roma, Palatino: CARAFA

1995, tipo 634, pp. 229-30 (da attività datate tra il 530 e il475/50 a.C.). Satricum: BOUMA 1996, p. 333, n. 289, tav. XXI(strato II: dall’Orientalizzante Antico all’inizio del periodo ar-caico), e per un tipo più evoluto tav. XXXII (strato I: dal Vsecolo a.C. in poi).

190 Al momento privo di confronti puntuali.191 Tale anfora sembra ascrivibile, genericamente, al tipo A3 del-

la Micozzi (1994, pp. 34-35, tav. XXVIII), diffuso a partiredalla metà del VII secolo a.C.

192 I frammenti conservati sono pertinenti uno a un’ansa a ma-niglia, a sezione circolare riferibile sia a un’olla biansata chea una pisside, l’altro (non riprodotto), va invece certamenteriferito a una pisside cilindrica. Per le pissidi: MICOZZI 1994,pp. 25-26, tav. IIIs. La frammentarietà dell’esemplare e il cat-tivo stato di conservazione dei motivi decorativi conservatiimpedisce un puntuale inquadramento del tipo e della cro-nologia, che andrà ricercata genericamente nell’ambito delVII secolo a.C. Per le olle biansate white on red: MICOZZI

1994, pp. 43-46.193 Sommariamente: CARAFA 1995, p. 110, tipo 244 (documentato

in contesti datati dal 550 al 500 a.C.). Ficana: BRANDT 1996, p.197, fig. 128, tipo 52b (entrambi con labbro liscio).

194 Genericamente: CARAFA 1995, p. 112, tipo 251 (documentatoin un contesto datato dal 550 al 520 a.C.).

195 Sono documentate diverse varietà sulla base della forma del-l’orlo (piano, assottigliato o arrotondato); per gli esemplaricon orlo arrotondato: CARAFA 1995, p. 112, tipo 253 (contestidatati dal 530 al 500 a.C.). V. anche: CARAFA 1995, p. 183, tipo479 (contesti datati dal 675 al 500 a.C.). Per gli esemplari conorlo piano: genericamente CARAFA 1995, p. 184, tipo 482, inimpasto rosso bruno (documentato in contesti datati dal 650al 500 a.C.).

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VEIO-PIAZZA D’ARMI

no presenti inoltre 3 grandi bacini con labbro sva-sato e solcature concentriche, di cui 2 con spalladistinta (diametro compreso tra i 30 e i 40 cm ca;Fig. 27, 6)196 e 3 con labbro indistinto (Fig. 27, 9-10)197, oltre a scodelle a labbro rientrante (Fig. 27,11-12)198. Tra i piatti è in parte ricostruibile 1 esem-plare con labbro liscio (mancante del piede, pro-babilmente ad anello; Fig. 27, 13)199, cui si posso-no aggiungere 9 piccoli frammenti di forma analo-ga, dei quali uno solo presenta delle solcature.Va notata, infine, la presenza di un probabile so-stegno con base cilindrica (Fig. 27, 14)200.Da quanto finora esposto è utile sottolineare lagrande differenza quantitativa tra i due contesti inesame. Nella capanna, infatti, il numero di fram-menti di impasto rosso è nettamente inferiore ri-spetto a quanto osservato nel contesto della casa.Accanto a questa forte attestazione, dovuta proba-bilmente anche alla presenza di frammenti piùantichi da considerare residui, ma che comunqueindica la continuità di questa produzione nel pe-riodo arcaico, se non un vero e proprio aumentoproduttivo, già constatato in altri siti nello stessoperiodo201, va sottolineata la presenza di ingobbidi minor spessore rispetto a quelli più antichi e lacomparsa della scialbatura biancastra all’internodi numerosi vasi di forma chiusa dal contesto piùrecente. Nello stesso tempo non risultano più at-testate decorazioni particolarmente ricche, mentreperdurano, come elemento ricorrente, le solcatureconcentriche sugli orli. [V.N.]

3.2.6. IMPASTO ROSSO-BRUNO

All’interno del contesto nella cisterna, l’impastorosso-bruno presenta una prevalenza di formechiuse (il 78%) rispetto a quelle aperte (il 22%),fra quelle identificabili.L’olla cilindro-ovoide è la sola forma attestata, sesi eccettua un unico esemplare di brocca (Fig.28, 1), con orlo arrotondato, labbro svasato di-stinto e ansa verticale sormontante a sezionequadrangolare, il cui profilo, caratterizzato dalla

196 Genericamente: CARAFA 1995, p. 133, tipo 302 (documentatoin contesti datati dal 600 al 500 a.C.).

197 Per il tipo sono documentate le varietà con orlo ingrossato sol-cato e liscio arrotondato. La prima trova confronti generici conesemplari romani: CARAFA 1995, p. 214, tipo 593 (documentatoin contesti datati dal 530 al 500 a.C.). La seconda trova con-fronti a Veio, Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, p. 48,fig. 8, n. 12. Roma: CARAFA 1995, p. 111, tipo 248 (identificatocome coperchio, documentato in contesti datati dal 730 al 500a.C.). Ficana: BRANDT 1996, p. 205, fig. 132, tipo 67a.

198 Tipo estremamente comune con ampia diffusione in Etruriameridionale e nel Latium Vetus, in contesti databili tra l’Orien-talizzante e l’età arcaica. Un esemplare conserva tracce di in-gubbiatura bianca all’interno. Ficana: BRANDT 1996, p. 212, fig.137, tipo 79, con numerosi confronti (il tipo è documentato intutte le fasi di vita dell’abitato, 760-570 a.C., con maggiori atte-stazioni nell’ambito della prima fase: 760-690 a.C.).

199 Veio, Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, p. 53, fig. 12,n. 8. Nel Lazio, a Roma: CARAFA 1995, p. 115, tipo 257 (docu-mentato solo negli strati di obliterazione dei pozzi della Velia).Ficana: BRANDT 1996, p. 217, tipi 83a, 83b, fig. 139 (documen-tato in tutte le fasi di vita dell’abitato: 760-570 a.C., con mag-giori attestazioni nell’ambito della seconda fase: 630-600 a.C.).

200 Probabilmente relativo a un vaso di forma aperta staccatosidi netto e che doveva essere applicato sulle quattro basi diforma irregolarmente ovale.

201 CARAFA 1995, p. 93.202 Osteria dell’Osa, tombe 601-607: BIETTI SESTIERI, DE SANTIS

1992, p. 329, tav. 30, tipo 96 a (IV fase laziale).203 Bucchero: Cerveteri, Bufolareccia: RASMUSSEN 1979, p. 91, tav.

24, 105, tipo 1b (tra l’ultimo quarto del VII-primo quarto del VIsecolo a.C. ed il terzo quarto del VI secolo a.C.). Ceramica inargilla depurata: Roma, Villa dell’Auditorium: CARANDINI et al.2006, p. 348, tav. 2.16 (fine VI - epoca medio-repubblicana).

FIGURA 27 La cisterna: im-

pasto rosso (S.t.K., V.N.)

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definizione accentuata della spalla, non trovaconfronti puntuali nella classe in esame, ma inesemplari in impasto bruno202 e in bucchero e inceramica depurata203, denunciando chiaramenteil suo debito nei confronti di morfologie vascola-ri pertinenti a produzioni differenti.Tra le olle, prevalgono nettamente quelle con lab-bro svasato curvilineo e orlo leggermente ingros-

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

teso verso l’esterno (Fig. 29, 1-2), di olle con lab-bro quasi verticale e orlo obliquo esterno (Fig. 29,8-9), databili dalla metà del VI secolo a.C. in poie, coerentemente con la cronologia proposta, deltutto assenti nell’altro contesto in esame205. Per quanto riguarda le dimensioni dei vasi, rarisono i casi in cui il diametro dell’orlo superi i 18cm: prevalgono imboccature con un diametro di14-16 cm accanto a un gruppo quasi altrettantoconsistente di ollette con diametro di 10-12 cm al-l’orlo e 6-8 al fondo, che è del tipo piano. Si ricorda inoltre la presenza di un’olletta minatu-ristica, con orlo arrotondato, labbro svasato cur-vilineo e spalla leggermente sfuggente, nella qua-le il diametro dell’orlo misura 7 cm (Fig. 29, 5)206.Tra le presenze più interessanti si menziona inol-tre un frammento di olla di medie dimensioni,con orlo leggermente ingrossato, labbro svasatocurvilineo e spalla sfuggente, morfologicamentesimile ai tipi più largamente diffusi nel contestoin esame, sulla cui superficie esterna, in corri-spondenza del collo, appare graffita la lettera A,eseguita dopo la cottura (Fig. 29, 10).Per quanto riguarda le forme aperte, sono state rin-venute scodelle a vasca profonda, con orlo indi-stinto a volte ingrossato e piede ad anello, in duevarietà dimensionali, l’una di 30-40 cm di diametro(Fig. 29, 11) e l’altra di 15-18 cm207 (Fig. 29, 12);quest’ultima potrebbe costituire il coperchio delleolle di medie dimensioni208. Si rinvengono diversiframmenti con margine superiore dell’orlo piatto209,assenti nel più antico contesto della capanna210.Sono inoltre presenti alcuni esemplari di scodellecon orlo superiormente appiattito, internamenteobliquo e fondo piano (Fig. 29, 13), con forteabrasione sulla parte interna del fondo, per i qua-li non è stato possibile reperire confronti puntua-

204 Veio, Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p.82, fig. 28. 10 e 16 (VI secolo a.C.); Veio, Piazza d’Armi, casaB (510-480 a.C.), II fase: BARTOLONI 2004, p. 194, fig. 5.2. Cer-veteri, Vigna Parrocchiale: RENDELI 1993, p. 285, fig. 506 Kb2.5 (epoca arcaica). Cerveteri, Quartaccio: ENEI 2001, p. 328,tav. 14, 63.342 (VI secolo a.C.). Piana di Stigliano: ZIFFERERO

1980, p. 43, fig. 11.9 (VI secolo a.C.). Crustumerium, Cam-pogrande, sito U: QUILICI, QUILICI GIGLI 1980, p. 130, tav. L. 91(epoca arcaica). Ficulea, sito 219, n 14: QUILICI, QUILICI GIGLI

1993, p. 230, tav. XC (periodo arcaico). Roma, S. Omobono:COLONNA 1963-1964, p. 18, fig. 9.105 (575-500 a.C.); Roma,Villa dell’Auditorium, CARANDINI et al. 2006, pp. 358-359; tav.9.62b (per la fig. 28.2), 500-300 a.C.; tav. 9.72 (per la fig.28.4), 600-400 a.C.; tav. 5.47b (per la fig. 28.6), 600-500 a.C.Ancora non risolto sembra il problema della relativamentefrequente attestazione di fori sul fondo delle olle, come nelcaso della fig. 28.2.

205 Veio, Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND 1963, p. 46, fig.7.4 (entro l’Orientalizzante Medio). Castel di Decima, stratoA, saggio II: GUAITOLI 1981b, fig. 20.5 (seconda metà del VIsecolo a.C.). Roma, Villa dell’Auditorium, CARANDINI et al.2006, pp. 358-359; tav. 7.61a (per la fig. 29.3), 550-490 a.C.;tav. 5.47a (per la fig. 29.8), 600-500 a.C.

206 Roma, S. Omobono: COLONNA 1963-1964, p. 29, fig. 16.148 (575-500 a.C.).

207 Per il tipo valgono le considerazioni già riportate sopra sulrapporto diffusione/genericità del labbro; a tale proposito siveda il confronto possibile con contesti anche distanti, comead esempio Cerveteri, Vigna Parrocchiale: RENDELI 1993, p.299, fig. 512, Kc 1.12 (epoca arcaica).

208 Per l’ipotesi di un utilizzo primario di questi oggetti come co-perchi, sulla base di considerazioni derivanti dal trattamentodella superficie e dal confronto fra la curva di distribuzionedei diametri delle olle e di quella delle scodelle a Ficana:BRANDT 1996, pp. 351-352.

209 Rientra nel tipo 566 da Roma, via Nova-via Sacra, attività 25:CARAFA 1995, p. 207, incluso in questa classificazione fra i ba-cini e datato al 600/590-550 a.C.

210 Lo sviluppo morfologico non sembra in questa fase aver anco-ra toccato la profondità della vasca, che rimane costante rispet-to all’ambito cronologico del contesto precedentemente illu-strato. In ambito veiente sembrerebbe infatti delinearsi un’evo-luzione da forme a vasca più profonda verso oggetti piùschiacciati (si vedano gli esemplari da Casale Pian Roseto: MUR-RAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 109, fig. 24), contrariamente aquanto riscontrato per Roma (CARAFA 1995, p. 173).

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sato (Fig. 28, 2-3, 6-7) o arrotondato (Fig. 28, 4-5),di dimensioni medie204. Si sottolinea inoltre la presenza, accanto ad alcuniesemplari più antichi con labbro nettamente pro-

FIGURA 28 La cisterna: im-

pasto rosso-bruno (I.v.K.)

51

VEIO-PIAZZA D’ARMI

li; le tracce d’uso indiziano una loro probabilefunzione come piccoli mortai. [I.v.K.]

3.2.7. IMPASTO CHIARO SABBIOSO

All’interno dei contesti in esame, l’impasto chiarosabbioso è stato rinvenuto solo nelle stratificazio-ni della cisterna. Sono stati reperiti attacchi fra di-versi strati all’interno del riempimento, segno chequesti vasi al momento della creazione del depo-sito erano già in frammenti.La maggior parte delle forme è attestata da un sin-golo esemplare o da una coppia, fra cui troviamo lascodella con orlo indistinto e fondo piano a disco(fig. 30, 3)211, il coperchio (cui, forse è da ricondur-re un frammento di pomello212) (fig. 30, 4 e 6), ilthymiatérion (di cui sono attestate due varietà tipo-logiche213) (fig. 30, 5-7) e l’anfora (fig. 30, 8)214.In questo panorama spiccano per netta superioritànumerica i frammenti di scodelle con orlo a fasciae fondo piano215: la ricerca degli attacchi e il calco-lo del numero di vasi hanno permesso di indivi-duare infatti la presenza di diciannove esemplari.Questi vasi sono raggruppabili in due varietà di-mensionali (fig. 30, 1-2), con diametri inferiori ai 20cm oppure compresi fra 25 e 30 cm. Molti degliesemplari conservano la tipica decorazione pittori-ca a fasce, di colore rosso o bruno216, che è attesta-ta per la classe fino alla metà del V sec. a.C. Lamorfologia dei vasi e le caratteristiche dell’impastoindicano una pertinenza degli esemplari alle primefasi della produzione. Fra le scodelle va segnalatoun esemplare che presenta un foro al centro delfondo, ricavato in maniera intenzionale successiva-mente alla cottura, indice di un riutilizzo dell’og-getto per una funzione diversa da quella originaria.Appare degna di nota la completa mancanza di

211 L’esemplare è privo di confronti: va notato in generale cheframmenti di orli indistinti pertinenti a forme aperte realizza-ti con questo tipo di impasto sono poco comuni, e spesso lalacunosità dei pezzi lascia il dubbio se siano da attribuire ascodelle o a coperchi. Una somiglianza formale (anche senon un’identità) è riscontrabile, invece con esemplari in ar-gilla depurata da Roma (struttura ipogea sotto il tempio del-la Vittoria; ANGELELLI 2001a, tipo 4 varietà B, tav. 75, 352).

212 Il coperchio è paragonabile con esemplari romani, dallastruttura ipogea sotto il tempio della Vittoria (ANGELELLI

2001b, tav. 66, 287 e 289), mentre il pomello non è confron-tabile con esempi noti.

213 Il primo (fig. 26, 5) presenta orlo ingrossato esternamentecon margine superiore appiattito e decorato con tre solcatu-re parallele, vasca a calotta ed è confrontabile con esemplarida Veio (Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI

1970, p. 106, f. 21, tipo H 1) e Roma (dal Palatino, strutturaipogea sotto il tempio della Vittoria: ANGELELLI 2001b, tipo 3varietà A, tav. 67, n. 299; dalla villa presso il nuovo Audito-rium, ARGENTO 2006 , p. 366, tav. 16, T2); per il secondo (im-pasto chiaro sabbioso, casa, 6), che presenta invece orlo in-distinto leggermente rientrante con margine superiore arro-tondato, vasca emisferica, non sono reperibili confronti pun-tuali.

FIGURA 29 La cisterna: im-

pasto rosso-bruno (I.v.K.)

214 Questo esemplare si rivela piuttosto isolato a livello formale.L’unico confronto possibile è con un frammento di orlo ecollo proveniente dalla stessa Veio (Porta Nord-Ovest, terra-pieno: MURRAY THREIPLAND 1963, p. 59, f. 17, n. 3) e databilenell’ambito della prima metà del VI secolo a.C.

215 La forma ha un’ampia diffusione, e si rinviene in molteplici va-rietà tipologiche in tutta l’Etruria e il Latium vetus; tuttavia lesomiglianze maggiori possono essere riscontrate, oltre checon materiale dalla stessa Veio (Piazza d’Armi, scavi Universi-tà di Roma “La Sapienza”; materiale inedito) con frammenti daFidenae (contesti inediti da scavi della Soprintendenza Ar-cheologica di Roma ed editi: QUILICI, QUILICI GIGLI 1986, tav.XL, 12) Roma (Palatino, struttura ipogea sotto il tempio dellaVittoria: ANGELELLI 2001b, tipo 2 varietà A, tav. 63, 269) e Fica-na (edificio della zona 5b, strati da abbandono; MAGAGNINI

1985, p. 177, 5.62). Nelle aree più interne, lungo il corso delTevere, sono invece comuni esemplari con fondo a margineesterno distinto (come esempio si veda un esemplare sporadi-co da Orvieto: CAMPOREALE 1970, p. 34-35, f. 3, tav. 6c), mentrein Etruria confronti stringenti sono rintracciabili a Caere (VignaParrocchiale: NARDI 1993a, p. 388, fig. 582, N 11a.5), Tarquinia(CHIARAMONTE TRERÉ 1999b, tav 33, 10) e Gravisca (GORI, PIERI-NI 2001a, tipo A1, tav. 1, 14, 17; 2, 22: tipo A2, tav. 3, 39, 41).

216 In 9 casi.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

forme abbondantemente rappresentate a CasalePian Roseto e in parte a Piazza d’Armi all’internodi altri bacini deposizionali, quali mortai a fasciacon beccuccio, bacini a orlo ingrossato lisci o concordone, brocche e situle. Ciò può essere valutatocome un preciso indicatore cronologico, in quan-to le scodelle sono considerate fra i primi vasiprodotti in impasto chiaro, mentre i bacini tronco-conici e altre forme, pur rimanendo nell’ambitodel VI secolo a.C., si rinvengono in contesti datatileggermente più tardi; tale cronologia è sostenuta,

oltre che da caratteristiche tecniche217, dalla pre-senza di diversi tipi privi per cui non è stato pos-sibile reperire confronti (fig. 30, 3, 5-7), che po-trebbero essere stati prodotti proprio a Veio, inuna fase iniziale e “sperimentale”, e non aver avu-to fortuna in seguito. Anche i confronti, reperibilicon poche eccezioni lungo l’asse del Tevere, fraVeio stessa, Fidenae e Roma, indicano una perti-nenza delle forme a una fase in cui la produzioneancora non era commercializzata su un ampioraggio territoriale. [M.M.]

3.2.8. INSTRUMENTUM DOMESTICUM

Contrariamente a quanto verificato per la capan-na, per la cisterna è stato possibile individuarenon solo tipi specifici, ma anche un numero mini-mo di esemplari attribuibili alle varie forme del-l’instrumentum domesticum, alcuni dei quali rein-tegrabili in buona misura.Come già accennato, i frammenti di doli presen-ti sono numericamente inferiori (154, con un nu-mero minimo di circa 13 esemplari) rispetto aquelli del contesto più antico, e presentanocomplessivamente labbri e orli più articolati(Fig. 31, 1-3). Molti degli esemplari individuatisono inoltre scialbati internamente: tale dato po-trebbe indurre a riesaminare la cronologia del-l’introduzione in area veiente di questo accorgi-mento tecnico, tradizionalmente ascritto alle piùrecenti classi dell’internal e dell’internal-exter-nal slip-ware.Per quanto riguarda i fornelli, (52 frammenti, connumero minimo di 12 esemplari), un solo esem-plare, in posizione probabilmente residuale, èascrivibile al tipo Scheffer ID, tutti gli altri sonoinvece attribuibili alla forma a tre sostegni tronco-conici (tipo IIA della stessa classificazione)218.Nell’ambito di quest’ultima prevalgono però iframmenti con labbro estroflesso e orlo ingrossa-to, corrispondenti al tipo 2.1.1 della classificazio-ne proposta da A. Zifferero, prevalentemente dif-fuso in area veiente e falisco-capenate (Fig. 31, 4-7)219. Solo due degli esemplari presentano orlosquadrato, caratteristico dei territori cerite e tar-quiniese (tipo Zifferero 1.1.2; Fig. 31, 8-9)220.Questo dato conferma la netta distinzione cronolo-gica dei due contesti qui presi in esame, nonchédei tipi e in qualche modo può contribuire a inte-grare le conoscenze sull’introduzione della forma atre sostegni almeno nell’area veiente, che potrebbequindi essere avvenuta nel corso della seconda

217 Nella fase più antica della produzione il corpo ceramico ap-pare costituito da una pasta più farinosa e morbida, di colo-re tendente al rosa e al beige, con superfici maggiormentesoggette all’abrasione.

218 SCHEFFER 1981a, p. 43, 71.219 ZIFFERERO 1996, p. 196; 2004.220 ZIFFERERO 1996, pp. 192-193.

FIGURA 30 La cisterna: impa-

sto chiaro-sabbioso (M.M.)

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VEIO-PIAZZA D’ARMI

Un altro elemento di novità rispetto al complessopiù antico è un’anfora con scialbatura interna edesterna, non ascrivibile alle tipologie articolateper i rinvenimenti da relitti o dall’area transmarinabensì a forme diffuse in area veiente fin dal VII

FIGURA 31 La cisterna: in-

strumentum domesticum

(V.A.)

221 A tale proposito, di recente, L. Mordeglia per i fornelli tar-quiniesi suggerisce una maggiore complessità nell’attribuzio-ne delle varie attestazioni dei tipi IIA e B della Scheffer a sin-goli centri etrusco-meridionali (2001, p. 164). In realtà, se al-meno per Piazza d’Armi non sembra valida l’ipotesi di un’in-troduzione del fornello a tre sostegni fin dall’età del ferroavanzata da Zifferero (p. 196; tale cronologia era comunqueipotizzata sulla base di dati preliminari dalla stessa Tarquinia,v. MORDEGLIA 2001, p. 163, nota 137), è comunque evidente –anche dal complesso dell’intero deposito stratigrafico finoravenuto alla luce negli scavi dell’Università di Roma a Piazzad’Armi – una prevalenza del tipo a labbro estroflesso. Per ladistribuzione delle attestazioni, si fa riferimento alla biblio-grafia di confronto citata in SCHEFFER 1981a; ZIFFERERO 1991,MORDEGLIA 2001; di recente, Roma, Auditorium: ARGENTO

2006, p. 372, n. 168, tav. 21.222 Per confronti con contesti abitativi, ancora da Tarquinia, Pian

di Civita: MORDEGLIA 2001, gruppo II, p. 158, tav. 74B (con bi-

bliografa di riferimento).223 Per Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p.

83, fig. 30, 5-6: per la Porta Nord-Ovest: MURRAY THREIPLAND

1963, p. 68, fig. 24,4. Da ultimo, Roma, Auditorium: ARGENTO

2006, p. 372, n. 166, tav. 21, indica un frammento che, puressendo orientato nel senso opposto agli esemplari qui pre-sentati, è identificato dubitativamente come pertinente a unfornello.

224 SCHEFFER 1981a, pp. 52-54, 72. La stessa Scheffer nella secon-da parte del suo lavoro propone molte evidenze comparati-ve, alcune delle quali potrebbero essere avvicinate alla ipote-tica funzionalità nonché alla forma di questi materiali. È inol-tre necessario rilevare come tra i materiali del contesto in esa-me sia stato rinvenuto un frammento pertinente all’attacco diuna presa (o di un’ansa) realizzato nello stesso tipo di impa-sto dei “sostegni” (fig. 27, 10), che potrebbe quindi essereidentificato come un elemento funzionale al trasporto e allospostamento di questi ultimi, applicato forse sulla sommità.

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metà del VII secolo a.C. (corrispondente al va-cuum cronologico tra la capanna e la cisterna, chenon presentano commistioni evidenti di tipi)221.Un’altra forma ricorrente è quella del cd. “testo dapane” (4 frammenti), mentre sembrano di incertainterpretazione 4 frammenti pertinenti a due anseorizzontali di forma trapezoidale e non complana-ri alla parte piana, che potrebbero essere attribuitea un braciere (Fig. 32, 1-3)222.Un braciere con tre piedi e presa a pomello im-postata in corrispondenza dell’orlo è invece rein-tegrabile da 4 frammenti (Fig. 32, 4).A queste attestazioni si aggiungono 36 frammenti(con numero minimo di 11 esemplari) pertinenti auna forma articolata in una base estroflessa aper-ta con (almeno) una apertura semicircolare, profi-lo a campana e sommità sconosciuta (Fig. 31, 11-15). Questi esemplari, qui prudentemente definiti‘sostegni’, sono inoltre caratterizzati da un impa-sto completamente differente da quello della ce-ramica da fuoco dallo stesso contesto, vicino aquello dei materiali da copertura, lisciato sulla su-perficie esterna e lasciato grezzo internamente.Materiali analoghi ricorrono in pochi significativiconfronti veienti, nello scarico di Casale Pian Ro-seto, dove sono stati rinvenuti frammenti conser-vanti una porzione maggiore del profilo e, conqualche dubbio, dalla Porta Nord-Ovest, identifi-cati genericamente come stands 223. Anche a Casa-le Pian Roseto non è attestato alcun resto dellaparte superiore di questi utensili, e la ricostruzio-ne proposta dalla Murray Threipland con piastraforata superiore resta dubitativa. Con estremacautela, se l’identificazione funzionale propostafosse corretta (non si esclude infatti che si possatrattare di oggetti utilizzati in tutt’altra maniera –ad esempio come comignoli?), si potrebbe assimi-lare questa forma ai fornelli del tipo III dellaScheffer, che la studiosa interpreta come forniportatili224.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

secolo e presenti anche nel contesto più tardo diCasale Pian Roseto (Fig. 32, 5)225.Tra gli altri materiali rinvenuti, frammenti di coper-chi (un esemplare ben reintegrabile), un rocchettoe due pesi da telaio (Fig. 31, 16; Fig. 32, 6). [V.A.]

3.2.9. IL MATERIALE EDILIZIO

Il materiale edilizio, molto cospicuo, provienepressoché esclusivamente dalla cisterna226. Oltre auna ricca serie di terrecotte architettoniche, recen-temente presentata227, il materiale si divide in te-gole e coppi, per il 99% in impasto rosso.

Le tegole, secondo la tipologia di Ö. Wikander228,sono identificabili per la maggior parte generica-mente nel più antico tipo I (l’80%), mentre un ul-teriore 15% può essere ascritto più precisamenteal I A (Fig. 33, 1) e il 3% al I B (Fig. 33, 2). Sol-tanto il 2% può essere attribuito al tipo II, piùevoluto (Fig. 33, 3). Tra i frammenti di tegole pre-si in esame se ne segnala una con l’impressionedi una zampetta felina (Fig. 33, 4).I coppi sembrano per la quasi totalità del tipo Wi-kander I, con pareti rastremate, il che spiega levarie dimensioni dell’arco della sezione attestate(Fig. 33, 6). Un solo frammento, che presenta unacurvatura a sesto acuto, può essere interpretatocome coppo di colmo (Fig. 33, 5). Interessante èil bordo esterno distinto di alcuni frammenti, chesembra attestare una forma di coppo con dentemolto rudimentale (Fig. 33, 7). Non è chiaro sequesto debba essere attribuito al tipo WikanderIIIA, oppure, forse più probabilmente, possa esse-re visto come un precoce esperimento all’internodel sistema a pareti rastremate: il tipo II ma condente molto ben sviluppato. [V.P.]

3.2.10 ELEMENTI DI DECORAZIONE ARCHITETTONICA

La cavità rettangolare ha restituito un considerevo-le numero di frammenti di decorazione architetto-nica. Si conservano sia frammenti decorati con lasola tecnica del white on red (acroteri a ritaglio, unpossibile frammento di lastra e un frammento in-terpretabile come coppo), sia frammenti decoraticon la pittura e plasticamente (lastre di rivestimen-to decorate a stampo, acroteri a ritaglio e un’ante-fissa felina). Alcuni frammenti interpretabili comeacroteri a disco, decorati plasticamente, sono inve-ce senza tracce di pittura, ma con ogni probabilitàerano anch’essi dipinti.

ELEMENTI DI RIVESTIMENTO DECORATI NELLA TECNICA WHITE ON RED

È stato riscontrato la presenza un frammento deco-rato con la tecnica white on red229, interpretabilecome un coppo (Fig. 34, 1), con confronti ad Ac-quarossa in esemplari decorati anche con protomiplastiche230. Un frammento con profilo simile, de-corato nella stessa tecnica, è stato rinvenuto a Mur-

225 Per i rinvenimenti di anfore simili all’esemplare qui presentatonelle tombe della necropoli veiente di Volusia, dalla tomba 1:CARBONARA et al. 1996, p. 20, nn. 1-5 (Orientalizzante Recente);tomba 4: p. 46, nn. 1-2 (Orientalizzante Recente; con discus-sione della bibliografia). Per Casale Pian Roseto: MURRAY THREI-PLAND, TORELLI 1970, p. 84, fig. 34,1. Si segnala, in contesto com-pletamente differente, un’anfora definita “di tipo fenicio” dallatomba 69/1966 dalla necropoli di Poggio Maremma a Vulci:SGUBINI MORETTI 2001, pp. 188-189, n. III.B.1.1 (ultimo quartodell’VIII secolo a.C.). L’esemplare si discosta dai tipi più recen-ti di anfore da trasporto noti dalla storia degli studi (PY, PY

1974; GRAS 1985), mentre per il profilo sembra abbastanza vici-

na all’esemplare qui presentato. Si potrebbe pertanto trattare diuna sorta di capofila di una produzione non destinata al tra-sporto marittimo, i cui tratti devono ancora essere delineati.

226 Nella fossa in esame è attestata soltanto un’aletta in impastorosso, non meglio identificabile, ed alcuni frustuli di paretedi tegola.

227 BARTOLONI et al. 2006228 WIKANDER 1986a; 1993.229 N. 88. 10,4 x 5,6 cm ca. La superficie interna è ruvida, renden-

do impossibile l’interpretazione come frammento vascolare.230 WIKANDER 1986b, pp. 62 e 69, fig. 49. Il tetto della casa B zona

G, con lastre tipo II B è databile entro la fine del VII secolo a.C.

FIGURA 32 La cisterna: in-

strumentum domesticum

(V.A.)

1

2

3

4

5

6

55

VEIO-PIAZZA D’ARMI

lo e interpretato come sima rampante – in questocaso, però, la curva è disposta nel senso inverso231.A Veio il ritrovamento è confrontabile, oltre checon gli acroteri a ritaglio del contesto in esame (v.sotto), anche con quanto riscontrato nello scavodel pozzo di Piano Comunità presentato in questovolume, dove è attestata una lastra di rivestimentotipo Acquarossa IA, oltre ad altri frammenti da altricontesti nello stesso sito232. Il frammento in esame,ancora non restaurato, presenta linee disposte tra-sversalmente con una serie di elementi tondi più omeno allineati e non sembra interpretabile comeguilloche. Le decorazioni architettoniche nella tec-nica white on red sono state datate tra il 640 e il580 a.C.233; sulla base dei confronti, una datazioneentro la fine del VII secolo a.C. per il nostro esem-plare sembra la più probabile.Un ulteriore frammento (Fig. 34, 2)234 è lisciatosulla superficie e presenta un foro di fissaggio; es-so deve essere probabilmente interpretato comelastra di rivestimento decorata nella tecnica whiteon red ma con la pittura oramai mancante.

ACROTERI A RITAGLIO

Si conservano 5 frammenti di decorazione architet-tonica da interpretare come acroteri a ritaglio, deiquali 2 conservano tracce di decorazione white onred 235 (Fig. 34, 3). Il frammento meglio conservatosi distingue anche per il modellato più accurato,con bordi arrotondati ed entrambi i lati rifiniti,mentre gli altri frammenti presentano un lato grez-zo e bordi non lisciati. Un ulteriore frammento(Fig. 35, 1), che mostra un ritaglio semi-circolare,potrebbe essere interpretato anche come opaion olucernario236, ma sembra mancare il caratteristicobordino che delimita il foro e quindi più probabil-mente il numero di acroteri a ritaglio non decoratiplasticamente si può determinare in 6.Un acroterio a ritaglio presenta anche una decora-zione a rilievo e sembra raffigurare un occhio(Fig. 35, 2)237.Un piccolo corno in impasto rosso può essere in-terpretato come parte di decorazione architettoni-ca acroteriale (Fig. 35, 3)238; frammenti simili sonostati rinvenuti anche nel contesto della III Regia aRoma239.Non è possibile ricostruire la forma complessiva

di alcun acroterio tra quelli rinvenuti e le argilledei frammenti sembrano anche di fattura legger-mente diversa fra loro, con colori che variano daun rosso vivo a un arancio più chiaro.Fino ai ritrovamenti di Piazza d’Armi la classe de-gli acroteri a ritaglio non sembrava attestata a Ve-io. Essa è stata riconosciuta grazie allo scavo e al-l’edizione dei materiali di Acquarossa e Murlo240 erisulta attestata in alcuni altri siti, quali Tuscania-Ara del Tufo241, Ficana-Monte Cugno242, Cervete-ri-Vigna Parrocchiale243 e Satricum244. Gli acroteri

231 WINTER 1999, fig. 177, da un tetto datato tra il 640/30 a.C. e il630 a.C., forse da ribassare.

232 Vedi B. Belelli Marchesini in questo volume.233 WINTER 2006c, 128c. Oltre a Veio, Murlo e Acquarossa abbiamo

attestazioni a Cerveteri (CRISTOFANI 1992b; MAGGIANI, BELLELLI

2006) e Roma, III Regia (DOWNEY 1993, 239; 1995, figg. 22-35).234 N. 73. 7,5x10,2 cm; spessore 2,0.235 I. van Kampen, in VAN KAMPEN 2003a, pp. 119-120, tav. XVa;

BARTOLONI et al. 2006, pp. 72-73, figg. 6.25 e 6.26.

236 WIKANDER 1986b, pp. 60-61, figg. 45-46.237 N. 87. 8,5 x 5,5 cm; spessore 2,5-3,4 cm.238 N. 85. 8,7 x 4,5 cm; spessore max. 2,5 cm.239 DOWNEY 1993, p. 242, nota 36.240 RYSTEDT 1983; Ead. in RYSTEDT 1986, pp. 65-67.241 SGUBINI MORETTI 1986, p. 138.242 RYSTEDT 1983, p. 156, nota 280.243 CRISTOFANI 1992b, pp. 31-32.244 LULOF, KNOOP 1998, p. 20, fig. 8.

FIGURA 33 La cisterna: ma-

teriale edilizio (I.v.K.)

1 2

4

5

6 7

56

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

a ritaglio, senza decorazione a rilievo, sono data-ti a partire dalla metà del VII fino al primo quar-to del VI secolo a.C., mentre nel primo quarto siaggiunge anche la produzione a rilievo245. Stantel’impossibilità di una ricostruzione complessivadei frammenti ritrovati ed essendo l’unico fram-mento decorato a rilievo molto simile agli altriframmenti senza decoro plastico, è evidente ladifficoltà di escludere la presenza di una decora-

zione a rilievo anche sugli elementi che ne risul-tano privi.

ACROTERI A DISCO

Sulla base di 5 frammenti è possibile presupporrela presenza di due distinti acroteri a disco246. I dueelementi sono eseguiti in impasto rosso vivo e sicaratterizzano per una base piana e un breve bor-do; a un primo esame potrebbero essere confusicon teglie in impasto rosso. L’acroterio più grandeconserva però l’attacco dell’elemento di fissaggioal tetto247 e una parte della decorazione plastica aforma di occhio, mentre l’altro frammento mostral’occhio pendant della faccia che doveva decorareil disco; vi è poi un ulteriore frammento che po-trebbe essere pertinente. L’interpretazione piùprobabile della decorazione a testa isolata sembraquella della maschera gorgonica248. Un decoro si-mile potevano avere gli acroteri a disco eseguiti inpietra della Tomba di Pian di Mola a Tuscania,che mostrano un incasso quadrangolare destinatoprobabilmente ad accogliere un elemento decora-tivo perduto249. Il diametro ricostruibile è pari a 24cm ca. Il disegno ricostruttivo mostra un’ipotesi diposizionamento dei frammenti conservati (Fig. 35,4). Un altro esemplare, del tutto simile come ar-gilla e fattura, conserva solo 2 frammenti del bor-do ed è di diametro più piccolo, 20 cm ca., e bor-do leggermente più basso (Fig. 35, 5).Gli acroteri a disco costituiscono una classe pocoattestata nell’area centro-tirrenica in età orientaliz-zante-arcaica, anche se possiamo presupporrel’esistenza di altri esemplari forse non riconosciu-ti fra i materiali di scavo, in base a quanto cono-sciamo dei modellini votivi250. In area campanasono consueti gli acroteri a disco, caratterizzati daun disco dal profilo svasato251.Oltre alla testimonianza di Tuscania troviamoesemplari a Roma, che sembrano tutti di una fattu-ra più avanzata o comunque diversa, in quantodecorati solo con pittura. Il confronto più impor-tante è quello fornito dal contesto della III Regia,considerati gli altri paralleli già istituiti252. Un altroframmento proviene dal Palatino-pendici sud-oc-

245 RYSTEDT 1983, p. 154.246 Ringraziamo la dott.ssa Francesca Melis per avere discusso

con noi questi materiali.247 Nel caso si tratti di un acroterio a disco, questa base di fis-

saggio risulta piuttosto ampia (17,6 cm); nel caso di un’ante-fissa circolare tipo VII Acquarossa, l’attacco al coppo, nonsimmetrico, potrebbe essere più ristretto (cfr. WIKANDER

1986b, p. 62, fig. 51).248 Un Gorgoneion dipinto si trova anche su un acroterio a disco

ritrovato a Capua, ora al Louvre, databile in “età arcaica”(KOCH 1912, pp. 7-9, tav. XX e fig. 13), che mostra la versio-ne “a campana” del disco. In comune con il nostro acroterioha il breve e piatto bordo del disco. Altri confronti da indica-re sono quelli degli acroteri a disco di Kalydon (databile in-

torno al 575 a.C.) e di Thermon nell’Etolia, decorati entram-bi con Gorgoneion (GOLDBERG 1982, p. 203, D 54 e D56).

249 SGUBINI MORETTI 1986, pp. 141-142, nn. 1-2, figg. 15-18. L’appre-stamento della tomba è databile nel primo quarto del VI secoloa.C. Anche per l’acroterio a disco di Punta della Vipera, databi-le al IV secolo a.C., è stata presupposta la decorazione centralemobile a Gorgoneion (STOPPONI 1985b, p. 150, n. 2, fig. 8.1).

250 STACCIOLI 1968, p. 15, n. 1, tav. I; p. 38, n. 29, tavv. XXXII-XXXIII; p. 41, n. 32, tavv. XXXVIII-XXXIX.

251 WINTER 2006a, p. 352.252 DOWNEY 1993, pp. 240-241; figg. 13-15; 1995, figg. 36-40, Re-

construction A-D. Come indicato dal Rescigno, la testimo-nianza della III Regia trova stretti paralleli con quanto atte-stato in area cumano-pitecusana (RESCIGNO 1998, p. 380).

FIGURA 34 Elementi di deco-

razione architettonica (S.t.K.,

I.v.K)

1 2

3

57

VEIO-PIAZZA D’ARMI

cidentali (saggio GJ)253. In comune essi hanno ilbordo svasato della campana del disco, elementoquesto che potrebbe essere confuso con l’imboc-catura di un louterion. Un ulteriore frammento delForo Romano proveniente dal Lacus Iuturnae èstato interpretato da S. Downey come acroterio adisco, dall’editore invece come acroterio a rita-glio254. Tutti i confronti menzionati hanno un dia-metro intorno ai 50 cm255, così che diventa ancorapiù importante l’“antefissa a placca circolare” pro-veniente dal Pozzo di Veio-Comunità presentata inquesto volume, la quale presenta un diametro di17 cm. Essa può essere identificata come antefissatipo Acquarossa VII, ma viene anche ricondotta alprototipo di acroterio a disco di tipo “laconico”256.Il nostro acroterio presenta una sezione molto si-mile a quelli attestati per il santuario arcaico diMarasà a Locri Epizefiri, datato dal De Franciscisalla metà del VII, dal Gullini alla fine del VII seco-lo a.C257: in comune essi hanno il disco piano e ilbreve bordo squadrato. Gli esemplari di Locri so-no sovradipinti; l’esemplare meglio conservatopresenta un umbone centrale258. Quello di Locri èconsiderato l’unico tempio tra quelli eretti daiGreci d’Occidente che recepisce il tetto di tipo la-conico, per il sistema di copertura delle tegole259.P. Danner, al quale dobbiamo l’inquadramentopiù organico della classe degli acroteri, presuppo-ne uno sviluppo indipendente su suolo etruscoper l’elaborazione degli acroteri a ritaglio e unaderivazione da prototipi greci per gli acroteri a di-sco260. L’autore propone il tramite della Greciad’Occidente per questi ultimi, considerando l’altacronologia delle testimonianze di Locri: oral’esemplare veiente ci mostra con ogni probabilitàla controparte del passaggio su suolo etrusco.Il diametro minore sembra un indizio di arcaicità,ma dobbiamo anche presupporre una dimensionedell’acroterio adeguata alle misure del tetto cheandava a decorare261. Il tetto di un modellino voti-vo edito da F. Buranelli mostra una soluzione contre acroteri a disco, uno sulla trave maestra e dueal termine degli spioventi del piccolo tetto a duefalde262. Il secondo acroterio, più piccolo di dia-metro ma di fattura del tutto simile al primo, po-trebbe quindi essere riferito a uno degli spioventioppure al frontone posteriore del tetto. [I.V.K.]

LASTRE DI RIVESTIMENTO

LASTRE CON TEORIA DI FELINI

17 frammenti di terrecotte possono essere riferiti alastre di rivestimento con teoria di felini, costituenti10 insiemi attribuibili a almeno 2 esemplari di lastra.Una lastra conserva integralmente la sua altezza e,in base ai confronti263, può essere ricostruita per unmodulo di 21,7 x 51 cm (Fig. 36, 1). Da sinistra adestra si vede il corpo di un felino incedente versodestra, caratterizzato da una lunga e sinuosa codaterminante a voluta, di grande effetto decorativo,che si doveva ripetere sul terzo animale della lastra,probabilmente un altro essere dal corpo felino;

FIGURA 35 Elementi di deco-

razione architettonica (S.t.K.,

I.v.K)

253 PENSABENE 2001, p. 82, fig. 4, con datazione forse eccessiva-mente bassa (540-510 a.C.).

254 PHILLIPS 1989, pp. 277-279, n. 1, fig. 1. Sembra più probabilel’interpretazione come acroterio a ritaglio.

255 Gli acroteri a disco editi da KOCH variano da 38 a 59 cm(KOCH 1912, p. 8).

256 Vedi B. Belelli Marchesini in questo volume.257 DE FRANCISCIS 1979, p. 71; GULLINI 1981, pp. 102-103, nota 3.258 DE FRANCISCIS 1979, figg. 48-53, tav. b.259 DE FRANCISCIS 1979, pp. 69-70. Il primo tetto conosciuto di

questo tipo è quello del tempio di Artemis Orthia a Sparta,datato dopo la metà del VII secolo e prima del 620 a.C.(DAWKINS 1929; WINTER 1993b, p. 18, fig. 2).

260 DANNER 1989; 1993, pp. 106-107.261 M. Goldberg parla della decorazione di naiskoi per gli acro-

teri a disco di diametro piccolo (GOLDBERG 1982, p. 202).262 BURANELLI 1985, p. 62, figg. 35-36.263 Per le misure delle lastre di rivestimento v. anche CRISTOFANI

1987a.

1 2

3

4 5

58

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

mancano invece le teste degli animali. Le zampeanteriori del primo felino si incrociano con quelledel secondo. Un frammento raffigurante un’ala264,per il tipo di impasto e spessore, è probabilmentericonducibile allo stesso motivo e potrebbe indicarequindi la presenza di un animale alato nella teoria,collocabile al centro della scena. In base allo spaziodisponibile, possiamo presupporre che si tratti didue animali della stessa specie alternati ad uno dispecie diversa. Per i confronti con lastre di PoggioBuco265, si può ipotizzare che si tratti di un grifo.Alcuni dettagli dovevano essere indicati con lapittura, quali la criniera dorsale, resa con tratti dipittura bianca. La cornice plastica presenta bac-cellature alternate rosse (?) e bianche, mentre il li-stello inferiore è nero nella parte frontale e deco-rato a fasce rosse e nere nella zona inferiore.Il soggetto di questo fregio è poco diffuso nel-l’ambito delle terrecotte architettoniche note, seb-bene la teoria di animali sia invece un motivo lar-gamente diffuso in Etruria nel VII e VI secolo a.C.per altre classi di materiale. L’assenza di un ele-mento centrale (l’uomo con la testa di toro o il vo-latile) distingue queste dalle altre lastre con feliniconosciute a Roma, Veio e Gabii266.Il fregio sembra quindi riallacciarsi a soggetti confunzione eminentemente decorativa, derivati dal re-pertorio corinzio come nel caso delle lastre di Pog-gio Buco con teorie di grifi e cervi pascenti e delle

sime rampanti con teoria di leoni accucciati fra ele-menti vegetali da Roma-S. Omobono267; per la resadella coda si tratta anche del confronto più vicino.La perdita di buona parte del fregio e in particola-re delle teste degli animali268, non consente con-fronti puntuali; alcuni generici si hanno però per laparticolare resa della coda (sia su pantere, che sualtri animali), su lastroni a scala da Tarquinia data-bili agli anni centrali del primo quarto del VI seco-lo a.C.269, sulla situla della Pania270, su buccheri de-corati a cilindrettodatati alla fine del VII-inizi del VIsecolo a.C.271 e infine sulla ceramica etrusco-corin-zia del Gruppo degli anforoni squamati272. [S.T.K.]A Veio si segnala la presenza del tema dei felini sulastre provenienti da Piazza d’Armi, sia dagli scavidi E. Stefani dell’oikos273, sia da un contesto pro-spiciente l’edificio tardo nella zona centrale delpianoro274, probabilmente da riferire a una teoriadi felini con una parte figurativa non del tuttoidentificabile, simile al braccio dell’uomo-minotau-ro delle lastre della III Regia di Roma, ma forse dainterpretare come motivo ornitomorfo (gru ?)275. APortonaccio sono attestate sia la testa di pantera276,sia zampe felini isolate. Non sembra possibile enemmeno necessario ricostruire un’unica lastrache combini le due “versioni veienti” del tema delfelino, quella della pantera in visione frontale conquella di un leone e altro essere alato del contestoin esame, come anche tentato recentemente277.

264 N. 47, S. ten Kortenaar in VAN KAMPEN 2003a, p. 117, n. 176,tav. XVIa.

265 BARTOLONI 1992, p. 15. Il confronto per le lastre con grifi ecervi pascenti di Poggio Buco è con le varie produzioni diceramica “di prevalente influsso tardoprotocorinzio-transi-zionale”. Se l’edificio scavato dal Mancinelli ha reso materia-le databile dalla fine del VII alla metà del VI secolo a.C., lalastra in questione viene collocata alla fine del VII-inizio delVI secolo a.C. (BARTOLONI 1992, p. 17).

266 Per la disamina dei confronti si veda A. Piergrossi, in BARTOLO-NI et al. 2006. Sul piano della cronologia, bisogna tenere pre-sente, come notato da S. Downey, che la III Regia, spesso uti-lizzata come punto fermo per la datazione e collocata nel 580-575 a.C., si data sulla base delle terrecotte e ha il solo termi-nus ante quem della data di distruzione fissata intorno al 540-530 a.C. G. Colonna, seguito da N. Winter, pone la costruzio-ne della III Regia nel 590-580 a.C. in base al confronto dell’an-tefissa a Gorgoneion con quella del Lapis Niger, databile a su-bito dopo l’incendio del 600 a.C. (COLONNA 1988, p. 312).

267 SOMMELLA MURA 1977, pp. 68 e 92, figg. 17-18; 2000. L’attribu-zione al primo tempio dei frammenti di leoni “araldici”, ac-cucciati e affrontati intorno ad un motivo a fiore di loto, fis-sato intorno al 580 a.C., è stato contestato da M. Cristofani,forse a ragione vedendo l’articolazione a toro con decorazio-ne a squame molto simile a quella delle lastre Roma-Veio-Velletri. Egli proponeva una datazione intorno al 540-530a.C., con conseguente attribuzione al secondo tempio, latopostico, o al tempio gemello (CRISTOFANI 1990a).

268 D’ACUNTO 1995, p. 35 per la cronologia della ceramica corin-zia in base alle teste delle pantere.

269 BRUNI 1986, p. 46, n. 13; p. 54, n. 15.270 Cfr. da ultima MINETTI 2000.271 CAMPOREALE 1972b, pp. 30-31, tavv. VI-VII.272 SZILÁGYI 1992, tavv. XLVI,77 e LI, 121, entrambi attribuiti allo

stile miniaturistico, produzione datata dall’autore al 630-625

fino al 610-600 a.C. ca.273 A. Piergrossi, in BARTOLONI et al. 2006, pp. 68-69, fig. 6.21b. Si

tratta di una zampa isolata di un felino incedente verso de-stra, di cui si conserva il margine destro della lastra; potreb-be essere riferita ad una lastra come quella ricostruita per ilcontesto in esame.

274 PIERGROSSI 2001, p. 33; Ead. in BARTOLONI et al. 2006, pp. 68-69, fig. 6.21a.

275 Per la ricostruzione del soggetto nelle lastre della III Regia lastrada migliore sembra quella indicata da S. Downey (1993 e1995), lasciando in sospeso la ricostruzione completa per as-senza di dati certi. La ricostruzione elaborata da E. Monacocon le quattro figure di pantera, minotauro, pantera e uccel-lo su un’unica lastra, utilizzata in IACOPI 1982 e COARELLI 1983risulta eccessivamente lunga e comunque basata su dati erra-ti, mentre la ricostruzione di CRISTOFANI che prevede leonicon Minotauro verso sinistra e pantere e gru verso destra co-me uniche possibilità (CRISTOFANI 1990a-b) non può dirsi fon-data su dati statisticamente certi. La proposta di E. Rystedt(pantera seguita da leone, con i diversi elementi al centro)sembra funzionare per quanto attestato a Roma (RYSTEDT

1993), ma v. alla nota 277 per le testimonianze veienti.276 STEFANI 1953, p. 58, fig. 32:l.277 N. Winter nella sua esposizione nella sessione dedicata a Veio

nel XVII Congresso Internazionale di Archeologia Classica, te-nutosi a settembre 2008 a Roma, in preparazione per gli atti.La lastra da lei ricostruita mostrava, incedenti da sinistra a de-stra, il leone, una sfinge alata e la pantera, forse più su sugge-rimento degli esempi romani (Panther followed by Lion) chenon in base ai ritrovamenti veienti, dove la pantera presenta,almeno negli esemplari finora conosciuti, un altro essere allasua destra (e che non può essere la sfinge alata), che non co-stituisce il limite della lastra e proviene comunque da un con-testo diverso – e piuttosto distante – da quello della cisternaqui in esame.

59

VEIO-PIAZZA D’ARMI

La mancanza di confronti specifici non permetteun inquadramento cronologico preciso. È peròprobabile che il fregio, legato stilisticamente eiconograficamente a prototipi più antichi, appar-tenga allo stesso ambito cronologico delle lastrecon felini da Roma e Veio e che possa essere da-tato entro il primo quarto del VI secolo a.C.

[I.V.K.]

LASTRE CON CAVALIERI AL PASSO

43 frammenti provenienti dal contesto della cister-na appartengono a lastre con cavalieri278, costi-tuenti 23 insiemi attribuibili ad almeno 3 esempla-ri. Alcuni frammenti si distinguono per il forte lo-gorio della matrice utilizzata, mentre altri presen-tano un rilievo più fresco.Le lastre conservano tracce di pittura bianca, nerae rossa, con i contorni delle figure a rilievo evi-denziati da una spessa linea di contorno nera obianca, e alcuni dettagli resi soltanto con la pittu-ra bianca, quali ad esempio la decorazione asquame sul treno posteriore di un cavallo. Le bac-cellature sono alternativamente bianche e rosse,mentre il bordo inferiore del listello delle lastrepresenta un ornato a riquadri neri.È stato possibile ricostruire tre parti di una scenafigurativa che probabilmente formava un’unica la-stra (Fig. 36, 2). Da sinistra a destra troviamo laparte iniziale di un corteo, con un uomo elmato,armato di lancia in posizione verticale279, dove èevidente l’assenza dello scudo, e una coppia dicavalli. Può trattarsi, quindi, di un’alternanza dicavalieri armati di scudo e non, come nelle primeterrecotte di Tuscania280, oppure di un corteo dicavalieri e biga, come nelle lastre del tipo Acqua-rossa B, attestate anche a Tuscania281 e a Piazzad’Armi, dove il tipo è datato alla metà del VI se-colo a.C.282 La seconda ipotesi sembra esserequella preferibile. Se osserviamo il personaggioelmato in secondo piano dietro ai cavalli, notiamoche le redini proseguono anche dietro alla sua fi-gura, mentre sul treno posteriore si vede partedella bardatura del carro. L’elemento sotto la pan-cia del cavallo andrà quindi interpretato come unoggetto da lui portato, forse un’arma, e non comeil piede di un cavaliere. La figura a piedi dietro ilcavallo, eccessivamente grande, può essere para-gonata a quella presente, per esempio, sulle lastre

FIGURA 36 Elementi di deco-

razione architettonica (S.t.K.,

I.v.K)

278 Cfr. BARTOLONI et al. 2006.279 Una lastra con figura simile proviene da Veio-Portonaccio:

STEFANI 1953, p. 56, fig. 32:a.280 ANDRÉN 1940, tav. 24;87; SGUBINI MORETTI, RICCIARDI 1993, p.

170, fig. 24.281 STRANDBERG OLOFSSON 1986, p. 84, fig. 85; SGUBINI MORETTI,

RICCIARDI 1993, p. 170, figg. 19-23. Per una variante della“partenza” attestata a Tarquinia vedi WINTER 2006c, pp. 128-

129, databile nel secondo quarto del VI secolo a.C.282 STEFANI 1944-1945, pp. 247-259; MELIS 1985, p. 59, 2.4.2.283 Cfr. S. Fortunelli, in TORELLI, SGUBINI MORETTI 2008, p. 263, n.

249. Questa caratteristica ritorna sul Cratere Astarita: BEAZLEY

1957, tav. XV.284 WINTER Cds, fig. 3.285 Cfr. ÅKERSTRÖM 1954, p. 200, riferito alla corsa di cavalieri,

con la fig. 12.

del tipo Roma-Veio-Velletri283. La ricostruzioneavanzata recentemente, la quale prevede una fi-gura che cavalca uno dei due cavalli della coppiadella biga, non sembra quindi accettabile284.Il lato destro della lastra presenta una secondacoppia di cavalli montati da un cavaliere armato discudo e, dobbiamo presumere, da uno scudieronon armato che monta il cavallo di riserva285, conin alto a destra un uccello in volo verso sinistra.Più incerta risulta invece la parte centrale dellascena: si conservano frammenti relativi ad un car-ro con ruote a quattro raggi e altri con quella chedeve essere forse interpretata come parte della

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2

3

60

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

sponda del carro e delle braccia dell’auriga. Unulteriore frammento conserva bene lo scudiscio,sempre compatibile con un corteo procedenteverso sinistra. Davanti alla seconda coppia di ca-valli si intravede inoltre il piede di una figuraumana, incedente verso sinistra286.Il disegno alla Fig. 36, 2 mostra un’ipotesi rico-struttiva della scena complessiva, per una lastra di23,3 cm di altezza per 51 di lunghezza (in base aiconfronti).Una scena con corteo di cavalieri al passo in combi-nazione con un uccello in volo non era finora atte-stata fra le lastre etrusco-italiche. Le lastre di tipo Ci-sterna offrono un confronto per gli uccelli287, mamostrano i cavalieri al galoppo, associando appun-to al volo degli uccelli il senso di movimento tra-smesso dalla corsa. Questo elemento si nota anchenegli esempi di lastre greche più vicini alle testimo-nianze etrusco-italiche, ad esempio a Thasos 288 e aLarissa sull’Ermos289, dove l’uccello nella maggiorparte dei casi sembra caratterizzato come rapace290,impiegato dal signore sul carro durante una caccia.Nel caso vi siano due uccelli, quello più vicino alcarro è un rapace, mentre il secondo sembra un uc-cello acquatico, come anche nella nostra lastra. Si-gnificativamente le lastre Cisterna che, anche per al-tri dettagli, quali la bardatura dei cavalli, sono vicinea una prima versione del tema della corsa equestre,mostrano il rapace e anche la lepre e il cane, men-tre più tardi questo schema, sia in Grecia che in am-bito etrusco-italico, sarà abbreviato con la sola pre-senza della lepre sulle lastre con corsa dei cavalli.Nella ceramica corinzia si ritrova la combinazionedi cavalieri al passo e uccelli in volo. In particola-re una coppa del Pittore del Fregio dei Cavalieri291

e su una cratere a colonnette del Pittore di Mem-non, databili al Corinzio Medio, si notano file didoppi cavalieri con uccello in volo292. Il confrontoforse più importante è fornito dal Cratere Astarita,databile intorno al 560 a.C., dove il corteo di cava-

lieri in doppia fila con gli uccelli in volo è am-bientato in un contesto troiano293. È poi interes-sante notare come anche nelle rappresentazionidel Lusus Troiae le schiere dei partecipanti proce-devano in doppia fila294, mentre nelle lastre etru-sco-italiche i cavalieri al passo sono singoli, trannenel caso delle lastre di Acquarossa tipo B. Si trattaquindi di una variante, forse nata per “effetto mi-metizzante”, per cui l’artista-artigiano raddoppial’elemento emotivamente più importante295.Siamo dunque di fronte a una variazione sul temadel corteo di cavalieri al passo in combinazionecon la biga, già attestata sul pianoro. La presenzadegli uccelli, se non si preferisce l’interpretazionecome mero riempitivo, darebbe una perfetta illu-strazione dell’idea espressa da Ch. Chateigner delsignore (sul carro) come detentore del potere inquanto interprete e tramite del sacro (rex quiaaugur). La presa degli auspici sarebbe infatti lega-ta al tema della partenza prima del combattimen-to espressa dal corteo di cavalieri in armi, anzi necostituirebbe una parte essenziale296.La composizione del contesto nel suo insieme fissala datazione degli esemplari non oltre la metà delVI secolo a.C. Considerando le due versioni delmotivo della partenza già attestate a Piazza d’Armiper l’oikos, databili all’inizio e alla metà del VI se-colo297, bisogna notare come la nostra lastra siamolto più vicina a quella del più recente di questidue cicli decorativi. Per motivi stilistici e strutturalipossiamo concludere che si tratti comunque di untipo leggermente precedente298. [I.V.K.]Nella cisterna sono stati rinvenuti circa 70 fram-menti. di lastre di rivestimento299, parzialmente ri-componibili in lastre con cavalieri incedenti versosinistra e lastre con felini verso destra, accomuna-te dalla stessa articolazione di elementi decorativi:un listello inferiore di 1,0-1,7 cm, una parte figu-rativa alta 16,5-17 e una cornice superiore baccel-lata di 4,6-5,0 cm. Lo spessore varia da 1,4 a 2,6

286 Nella ricostruzione proposta in WINTER Cds, la parte anterio-re della seconda coppia di cavalli e il piede della figura chesale sul carro sono dati come ricostruiti, mentre possono es-sere dati come certi, fondandosi su frammenti attestati (cfr. I.van Kampen, in BARTOLONI et al. 2006, fig. 6.24).

287 Oltre che dai ritrovamenti di Cisterna di Latina conservati aOxford e in collezioni private, il tipo è noto a Roma, Palati-no e Roma-S. Omobono (cfr. BROWN 1973-1974). M. Cristofa-ni, in CRISTOFANI 1990c, p. 245, n. 76, fig. 9.6.76 e, da ultima,DE REUVER 1997. La datazione viene posta nell’ultimo terzodel VI secolo a.C.

288 WINTER 1993a, p. 258, n. 102, intorno al 550 a.C.289 ÅKERSTRÖM 1966, tav. 25.290 Cfr. ÅKERSTRÖM 1966, p. 62.291 AMYX 1988, p. 197, tav. 80:1c.292 AMYX 1988, p. 234, tav. 103:1b.293 BEAZLEY 1957; AMYX 1988, p. 264, tav. 116. “There are many

cavalcades on Corithian vases, but this is the grandest” (BEA-ZLEY 1957, p. 237).

294 Cfr. MENICHETTI 1992, p. 26.295 COLONNA 1980, p. 320.296 CHATEIGNER 1989.297 Cfr. ACCONCIA, PIERGROSSI 2004; V. Acconcia e A. Piergrossi, in

BARTOLONI et al. 2006, p. 63.298 MELIS 1985, p. 59. Nella seriazione elaborata in base alle ca-

ratteristiche tecniche da Ch. Wikander le lastre del secondooikos apparterrebbero ad un gruppo intermedio, con le bac-cellature già coronate da un bordo indipendente e non soloripiegate su se stesse, ma comunque di forma tozza (WIKAN-DER 1997, p. 233); le baccellature delle lastre della cisternamostrano ancora questa caratteristica di baccellature “ripie-gate”, suggerendo un momento cronologico precedente aquello del secondo oikos. Da notare, per la III Regia, è il fat-to che sia lastre con coronamento dipinto, sia lastre con bac-cellature plastiche vengano assegnate allo stesso edificio.

299 N. 9 frammenti sono lastre di rivestimento ma non identifica-bili in uno dei due tipi ricostruiti.

61

VEIO-PIAZZA D’ARMI

cm. I due tipi sembrano invece distinguersi siaper il profilo leggermente diverso della cornicesuperiore che per la diversa altezza complessiva:21,7 (felini) e 23,3 cm (cavalieri).In base ad alcuni elementi comuni (tipo di argilla,dimensioni e articolazione interna), i frammentiqui presentati potrebbero appartenere ad un uni-co tetto. D’altro canto, la diversità del modulo del-le due serie di lastre non consente un loro direttoaccostamento. [S.T.K., I.V.K.]

ANTEFISSA FELINA

Fra i materiali riconducibili a terminali di coppi siconserva un’antefissa ricomposta da 2 frammenti,lavorata a stampo e configurata a protome felina(Fig. 36, 3). Essa presenta grandi occhi obliquisporgenti sotto le arcate sopracciliari che conti-nuano la linea del naso, a sua volta costituito daun elemento longitudinale a rilievo che si allargain una base quasi piatta; è inoltre fratturata in cor-rispondenza dell’apertura delle fauci e priva delleorecchie; conserva tracce di pittura nera e rossa.Sul retro il tipo di frattura porta ad interpretarel’esemplare come terminale di un coppo300.Teste di felini, dall’iconografia ampiamente atte-stata nella ceramica etrusco-corinzia, sono usatespesso per i gocciolatoi nelle sime laterali. Affian-cate ad antefisse a testa femminile, sono moltodiffuse nel periodo arcaico sia in Etruria che nelLazio. Sono presenti infatti a Murlo301, Poggio Bu-co302 e Acquarossa (zona F)303. A Tarquinia-PortaRomanelli è nota un’antefissa di testa felina contracce di decorazione white on red, forse di fattu-ra meno plastica e più piatta304. A Roma sono tragli elementi decorativi della IV fase della Regia305

e nella II fase del tempio di S. Omobono306; sonoattestate inoltre a Velletri307. Fuori dall’area centro-italica possiamo citare la “pantera” dalla bellissi-ma policromia proveniente dagli scavi di Naxos,interpretata come antefissa e datata negli annicentrali del VI secolo a.C.308.

I confronti più stringenti per la resa del muso ap-paiono quelli con il gocciolatoio di Acquarossa(dalla zona F) e con un frammento dalla policro-mia ben conservata, proveniente sempre da Ac-quarossa, zona G309, interpretato come una sorta diantepagmentum. Quest’ultimo trova dei confrontianche funzionali con una serie di elementi architet-tonici a protome felina rinvenuti a Murlo e relativial palazzo arcaico. Tali elementi, non essendo de-stinati alla protezione di parti lignee del tetto, sonostati interpretati come maschere dalla funzione de-corativa e apotropaica310. Meno comune l’uso delleteste feline come antefisse, quale sembra esserequesto esemplare: ne è stato rinvenuto uno a Ro-selle ed è datato intorno al 580-560 a.C.311. [S.T.K.]

La datazione dei vari elementi permette di ipotizza-re la presenza di più di un ciclo di decorazione ar-chitettonica. Verso la fine del VII-inizio VI secoloa.C. si collocano gli elementi architettonici con de-coro in white on red, da un tetto conservato solo inminima parte (e proveniente non necessariamentedalle immediate vicinanze della cisterna). Le lastredi rivestimento, insieme agli acroteri (a ritaglio, a di-sco) potrebbero essere datate entro il primo quartodel VI secolo a.C., con uno scarto cronologico tra lachiusura del contesto e la datazione delle terrecottearchitettoniche all’interno di esso – non inspiegabi-le se pensiamo alla durata di vita dell’edificio312.Una decorazione databile entro il primo quartodel VI secolo che includa sia i felini sulle lastreche un Gorgoneion per l’acroterio a disco mostranuovamente i punti di contatto tra Veio e Romanell’elaborazione di alcuni motivi decorativi moltoin voga in questa fase storico-culturale. Conside-rando la popolarità degli stessi motivi sulla cera-mica di provenienza corinzia non sembra neces-sario presupporre la “proprietà” di una determina-ta famiglia dei mezzi di produzione313, né il mar-chio “bacchiade” per l’utilizzo delle espressioniartistiche di tutto un periodo314.

300 TEN KORTENAAR 2001a; S. ten Kortenaar, in VAN KAMPEN 2003a,p. 120, n. 182, tav. XVb.

301 PHILLIPS 1968, p. 252; ANDRÉN 1974, tav. XXII, fig. 50.302 ANDRÉN 1940, tav. 25:I.303 WIKANDER 1986a, pp. 149-50, 157 e figg. 76, 78, 88; pp. 187-

188, fig. 23.304 CARLUCCI 2004, p. 75, n. I.e.1 e p. 70 (altri 2 frammenti); WIN-

TER 2006c, pp. 128 e137, fig. 1.305 M.G. Cimino, in CRISTOFANI 1990c, p. 61, n. 16, fig. 3.2.16.306 F.P. Arata, in CRISTOFANI 1990c, p. 125, n. 26, fig. 5.1.26.307 ANDRÉN 1940, pp. 414, I:13, tav. D 1-2.308 CIURCINA 1993, p. 37.309 PHILLIPS 1983, pp. 17-19; WIKANDER 1986a, pp. 187-188, fig.

102,23.310 PHILLIPS 1983, p. 17.311 PHILLIPS 1983, p. 14 con bibliografia e fig. 41; l’autore ipotizza

invece per questo pezzo una datazione intorno al 600-590 a.C.312 Non è da escludere nemmeno il rifacimento di una o più

parti del tetto, soprattutto considerando l’utilizzo di matrici inalcuni casi molto consunte per le lastre con cavalieri.

313 WINTER 2006b.314 Per la discussione su Demarato e il suo seguito in Italia vedi

BLAKEWAY 1935, AMPOLO 1976-1977, WILLIAMS 1978, MUSTI

1987, COLONNA 1987b, RIDGWAY, RIDGWAY 1994, ZEVI 1995,MERTENS HORN 1995, WINTER 1999, SOMMELLA MURA 2000, WIN-TER 2005, WINTER 2006a, WINTER 2006b e infine COLONNA 2008.L’esame delle argille (AMMERMAN et al. 2008), molto importan-te per Roma, non ci potrà probabilmente dare risposte per laproblematica del rapporto tra le diverse città, considerandola quasi impossibilità di trasportare l’argilla a lunga distanzanella produzione degli elementi di copertura di un tetto.Quello che è da evitare è l’elaborazione di un’altra Tale ofTwo Cities come giustamente sottolineato da David Ridgway,con al posto di Londra e Parigi all’epoca della rivoluzionefrancese Roma e Veio nel tempo di Tarquinio Prisco (RIDG-WAY 2006).

62

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

Il punto essenziale è, invece, che alcune testimo-nianze recentemente acquisite mostrano la preco-cità dello sviluppo veiente nell’ambito coroplasti-co, rendendo comprensibile la chiamata di unVulca intorno al 580 a.C. a Roma da parte di Tar-quinio Prisco.La ricostruzione della casa a sviluppo verticalecon annessa cisterna proposta nel 2003 mostrava,soprattutto per via dell’estensione in piano ridottadella casa (2,80 x 4,60 m) e per l’attestazione diun unico senso di direzione per ognuno dei duetipi di lastre, un tetto a un’unica falda con la pro-

cessione di cavalieri incedenti verso sinistra sullospiovente e una teoria di felini incedente versodestra sull’architrave. Diversamente, se vogliamoriferire il coppo di colmo e l’acroterio a disco allastessa struttura dalla quale provengono le lastre,soluzione indicata anche dall’omogeneità crono-logica delle attestazioni, sembra preferibile pensa-re a una casa con un piccolo tetto a doppia falda.Questa soluzione permette anche una più agevo-le collocazione degli acroteri a ritaglio sul colmodel tetto315. [S.T. K., I.V.K.]

315 Cfr. DANNER 1993; GOLDBERG 1982, p. 193.

FIGURA 37 Ambiente a

fondo ribassato a nord

della ‘cisterna’, in corso di

scavo (foto: V.A.)

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

64

FIGURA 1.1 Planimetria

della Veio di epoca etrusca,

con indicazione dell’“edifi-

cio Lanciani” (da WARD-PER-

KINS 1961, fig. 6, p. 26)

FIGURA 1.2 Veio, Piano di

Comunità. Distribuzione

delle evidenze archeologi-

che

FIGURA 1.3 Veio, Piano di

Comunità. Pianta del set-

tore di scavo del pianoro

sommitale (B.B.M.)

1 2

3

65

Il contesto che si presenta in questa sede è statoindagato alla fine della campagna annuale di sca-vo condotta nel luglio 20011 sul rilievo di quota126, che costituisce il punto più elevato dell’unitàorografica di Comunità2. La natura dei materialirestituiti dal pozzo, estremamente abbondanti, haimmediatamente attirato la nostra attenzione: daun lato, in rapporto alla funzione specifica del di-stretto urbano nell’ambito della Veio etrusca;dall’altro, in relazione alla particolare modalità diintervento realizzato, a breve distanza di tempodalla presa della città da parte di Roma, per sigil-lare il pozzo, bonificare l’area e predisporla anuova frequentazione.La pulitura e la siglatura del materiale dal pozzo èstata immediatamente inserita nel programma del-le attività svolte presso il Laboratorio di Etruscolo-gia3. Nel corso del lavoro, valutando la potenziali-tà del nostro campione di ceramica, abbiamo rite-nuto opportuno impostare una ricerca interdisci-plinare sulla produzione artigianale di Veio nel VIe V secolo a.C. coinvolgendo diversi specialisti eutilizzando diverse metodologie4: la ricerca, in-centrata sul vasellame da mensa, non ha tralascia-to di indagare la natura dei pigmenti utilizzati, in-cludendo anche campioni di ceramica di impasto(chiaro-sabbioso, rosso-bruno con internal-exter-nal slip-ware) e di terrecotte architettoniche, e haprodotto incoraggianti risultati preliminari, già an-ticipati in altre sedi5.

In questa sede si propone la rassegna complessi-va dei materiali archeologici restituiti dal contesto,che si carica di una specifica valenza anche graziealla presenza e particolare natura dei reperti ar-cheozoologici e botanici.

PIANO DI COMUNITÀ: LE EVIDENZEARCHEOLOGICHE

L’indagine archeologica dell’altura di Piano di Co-munità, avviata da Rodolfo Lanciani nel 18896 conuna serie di fortunati saggi, è stata ripresa nel1997 sotto la direzione scientifica del prof. Gio-vanni Colonna nell’ambito del ‘Progetto Veio’ deLa Sapienza – Università di Roma7, con il precisoobiettivo di chiarire destinazione d’uso e assettotopografico di questo comprensorio urbano e,nello specifico, di sottoporre a verifica l’ipotesi in-terpretativa relativa all’identificazione del pianorodi sommità come acropoli “storica” di Veio e co-me sede del tempio poliadico di Giunone Regina.Com’è noto, tale ipotesi è stata formulata da MarioTorelli8 sulla base delle risultanze dei saggi di sca-vo ottocentesco e dell’interpretazione delle tracceaerofotogrammetriche proposta da J. Ward-Per-kins9 (Fig. 1.1), ma anche della natura del materia-le sporadico raccolto a più riprese negli immediatidintorni, indicativo della presenza di più edificidecorati scaglionati tra la seconda metà del VI se-colo e il primo quarto del secolo successivo10.

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI

PIANO DI COMUNITÀALLA CONOSCENZA DELL’ABITATO DI VEIO:MATERIALI DAL RIEMPIMENTO DI UN POZZO SUL PIANORO SOMMITALE

LAURA AMBROSINI (L.A.);

BARBARA BELELLI MARCHESINI

(B.B.M.); GABRIELE

COLANTONI (G.C.); BIAGIO

GIULIANI (B.G.);

MARIA ROSA LUCIDI (M.R.L.);

MANUELA MERLO (M.M.)

ALESSANDRA CELANT*

* Laboratorio di Paleobotanica e Palinologia –Dipartimento di Biologia Vegetale, Sapienza Universitàdi Roma.

CONTRIBUTI DI:

1 La campagna si è svolta sotto la direzione scientifica del prof. G.Colonna, che ha voluto affidarmi la responsabilità sul campodelle operazioni di scavo. Ringraziamo la prof.ssa G. Bartoloniper averci offerto la possibilità di pubblicare il contesto di scavo.

2 Per considerazioni relative alla posizione panoramica, e dun-que strategica dell’altura, si rimanda a COLONNA 2004, p. 206.

3 Il lavoro è stato completato, con il coordinamento di chi scri-ve e di L. Ambrosini, dagli Allievi della I Scuola di Specializza-zione dell’A.A. 2002-2003, che si ringraziano: Lorella Balsora-no, Filippo Brocato, Anna Maria Gemelli, Marina Giocoli, Va-lentina Nicolucci, Beatrice Giorgetta, Roberta Irrera, Giulia AdaLorino, Marco Mannino, Maria Cristina Masci, Gigliola Possen-ti, Bartolomeo Ruggero, Carmen Santagata, Chiara Santini, Da-niela Spano, Daniela Tabò, Emanuela Trani, Sara Vizoco e Ga-briella Coppola.

4 I campioni sono stati sottoposti a diffrazione a raggi X pressoil Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Università di Roma

Tre (Prof. C. Giampaolo), a spettroscopia di fluorescenza diraggi X, presso il laboratorio di Archeometria del Dipartimen-to di Energetica de La Sapienza – Università di Roma (Prof. M.Piacentini e Dott. A.C. Felici) a diffrazione di raggi X in di-spersione di energia, presso l’Istituto di Struttura della Materiadel CNR (Dott. V. Rossi Albertini e Dott. A. Generosi); la con-sulenza in materia geologica è stata fornita dal Dott. A. Ar-gentieri del Servizio Geologico della Provincia di Roma. A tut-ti i nostri più sinceri ringraziamenti.

5 AMBROSINI, BELELLI MARCHESINI Cdsa; AMBROSINI et al. Cds.6 LANCIANI 1889; DELPINO 1999, p. 80, nota 42; COLONNA 2004, p.

207-208, fig. 2 (rilievo di Lavernio Lufrani).7 COLONNA 2001b.8 TORELLI 1982.9 WARD-PERKINS 1961, pp. 27, 31; fig. 6, pl. IX.10 VON URLICHS 1846; COLONNA 2004, pp. 208-209; C. Carlucci, in

BELELLI MARCHESINI, CARLUCCI 2004; BELELLI MARCHESINI 2001a.

66

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

Per quanto riguarda il quadro delle conoscenzearcheologiche pregresse, ricordiamo che il Lan-ciani aveva individuato e indagato un immensodeposito votivo11 sulle propaggini dell’altura diComunità, a est del tracciato stradale (tratto mo-derno) che conduce a Piazza d’Armi, deposito cuisi riferisce lo scarico di frammenti “non significati-vi” accumulato nell’ampia conca a valle del cigliomorfologico dell’unità orografica. In corrispon-denza del pianoro di sommità e delle sue pendiciin direzione di Piazza d’Armi, costeggiato sul latoovest dal medesimo percorso (coincidente, inquesto tratto, con la strada antica), lo stesso Lan-ciani aveva eseguito tre diversi saggi, uno deiquali con risultato negativo, individuando una ci-sterna a pianta circolare e un fabbricato a caratte-re monumentale, preceduto da portici con colon-nine in laterizio, pavimentato con mosaici a tesse-re bianche e nere e sovrapposto, a giudicare dallanatura dei materiali restituiti dallo scavo eseguitoalle spalle delle strutture murarie, su precedenti li-velli di frequentazione12.La pertinenza delle strutture individuate dal Lan-ciani a un esteso complesso, articolato su diversilivelli e marcato dalla presenza di due terrazza-menti artificiali, suggerita peraltro dall’andamentorigido e marcato delle curve di livello, è stato perla prima volta evidenziato dal Ward-Perkins; suc-cessive prospezioni commissionate dalla Soprin-tendenza Archeologica per l’Etruria Meridionaleed eseguite mediante il metodo della resistivitàelettrica13 hanno consentito di delineare l’anda-mento delle principali strutture murarie e di alcu-

ne strutture secondarie, arricchendo, in particola-re, la conoscenza del versante settentrionale del-l’altura. Le anomalie lineari messe in risalto davecchie e nuove14 prospezioni, in parte coinci-denti con le tracce individuate mediante interpre-tazione fotogrammetrica15, hanno guidato l’avviodelle indagini attraverso il tracciamento di una se-rie di trincee di verifica, orientate secondo i punticardinali16. Intercettate le strutture principali eidentificate le presenze archeologiche documen-tate dal Lanciani, l’esplorazione è proseguita me-diante lo splateo della “terrazza superiore”, cheha consentito di portare interamente alla luce ilsettore residenziale di una domus17 incentrata suun atrio cruciforme con impluvium, accessibile daest mediante fauces di ingresso e contornata daportici (scanditi lungo il perimetro da colonninelaterizie18) e preceduta verso valle, a quota infe-riore, da una cisterna a pianta circolare19 collegataad un condotto di redistribuzione idrica, in opusincertum. A est della pars urbana del complessola nostra indagine ha portato alla luce, solo par-zialmente, una serie di ambienti e strutture di ser-vizio, fiancheggiati da una cisterna in opera ce-mentizia a pianta rettangolare provvista di con-trafforti, di epoca augustea (Fig. 1.2,A; 1.3).Lo scavo stratigrafico, limitato ad alcuni degli am-bienti della pars urbana20, ha permesso di attri-buire l’impianto del complesso residenziale ad etàtardo-repubblicana21 e di identificare una serie difasi di ristrutturazione; in particolare, alla primaetà imperiale si riferisce un sistema decorativocomposto da antefisse a testa di Gorgone e da si-

11 Per un inquadramento del deposito e le vicende della suaesplorazione, tra saccheggio e scavo, si rimanda a BARTOLONI

2005, con riferimenti.12 LANCIANI 1889, p. 63; DELPINO 1999, p. 80, fig. 11 e tav. V: map-

pa topografica in scala 1:8000, sito L; Biblioteca dell’INASA diPalazzo Venezia, Mss Lanciani 79, inv. 40045, tavv. XIX-XX.

13 Realizzate dallo studio Di Grazia.14 Una breve campagna di prospezioni è stata eseguita nel 1999

con il metodo del georadar (GPR) dal Dipartimento di Scien-za e Tecnica dell’Informazione e della Comunicazione dellaFacoltà di Ingegneria de La Sapienza – Università di Roma(PIRRI et al. 2000).

15 All’inizio delle nostre indagini abbiamo potuto disporre di unestratto della carta archeologica finalizzata elaborata dalla Cat-tedra di Topografia Antica (prof.ssa M. Fenelli) in collaborazio-ne con il laboratorio CNR di Lecce (prof. M. Guaitoli). Le traccesul nostro sito, in rapporto alle riprese degli anni Quaranta eCinquanta del secolo scorso, sono considerate “modeste” inGUAITOLI 2003, p. 17: nella carta aerofotogrammetrica propostaa fig. 304, le tracce della restituzione sono state integrate con lestrutture nel contempo portate alla luce dai nostri scavi.

16 Sui risultati della prima campagna, condotta “per trincee” dinotevole sviluppo lineare nelle diverse direzioni, limitatamen-te all’asportazione della coltre di humus, cfr. BELELLI MARCHESI-NI, CARLUCCI 2004.

17 Per un primo bilancio sulla storia edilizia della domus nel-l’ambito del contesto archeologico generale, si rimanda adAMBROSINI, BELELLI MARCHESINI Cdsb.

18 La proposta ricostruttiva è possibile sulla base del rilievo ese-

guito dal Lufrani per conto del Lanciani; delle colonnine deiportici non esiste più alcun riscontro sul terreno; numerosiframmenti di mattoncini sagomati sono stati raccolti nella col-tre di humus, su entrambi i versanti del declivio collinare.

19 Si tratta della cisterna indagata dal Lanciani, che presenta undiam. di 10 m ed una profondità di 2,50 m, è realizzata a sac-co con rivestimento in opus incertum, presenta un rivesti-mento in cocciopesto ed è coronata alla quota dell’imbocca-tura da due giri di lastroni in tufo giallo, messi in opera in pia-no e a coltello. Il condotto idrico che riferiamo alla cisterna,di cui si osserva l’innesto, corre parallelo al percorso della Ve-ientana; nel 1999 ne abbiamo indagato ed osservata una se-zione per il crollo della copertura displuviata.

20 Si tratta degli ambienti A, B, C e D, all’angolo sud-occidentale(sulla sinistra del tablino); degli ambienti G, H e I, all’angolonord-occidentale. Una guida significativa per affrontare loscavo e valutare la potenza della stratigrafia archeologica èstata fornita dalle sezioni occasionali offerte da una serie disaggi a pianta quadrangolare e disposti a scacchiera, che noiriteniamo possibilmente eseguiti dai fratelli Giorgi all’iniziodell’Ottocento, seguendo la maglia delle strade.

21 L’inquadramento cronologico collima con la datazione dellacisterna circolare, confrontabile in maniera puntuale con ilserbatoio dell’acropoli di Segni, davanti al tempio di GiunoneMoneta (sul complesso, da ultimo, cfr. CIFARELLI 2003); il carat-tere pubblico del serbatoio appare ribadita dall’esempio di ci-sterna a pianta circolare sull’acropoli di Norba nell’ambito diun oculato sistema di approvvigionamento idrico, per il qualesi rimanda a QUILICI GIGLI 2008.

67

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

me e lastre di rivestimento di tipo Campana, cuiappartengono i frammenti raccolti in precedenzae risultanti dai nostri stessi scavi22. All’abbandonodel complesso, datato dal riempimento dell’im-pluvium alla metà del III secolo d.C., segue l’im-pianto di una piccola necropoli con sepolture aenchytrismos e alla cappuccina, e infine una fasedi frequentazione all’aperto, strettamente collega-ta alla spoliazione del complesso e all’apertura diun’enorme calcara sul versante settentrionale del-l’altura23.La parzialità delle indagini condotte nel sottosuo-lo della domus non consente di delineare in ma-niera sufficientemente puntuale la sistemazionedel pianoro sommitale nelle precedenti fasi di fre-quentazione.Alla fase medio-repubblicana appartiene un com-plesso di vani, con orientamento divergente ri-spetto al più recente intervento costruttivo, che èstato solo parzialmente portato alla luce in corri-spondenza dell’angolo nord-occidentale della do-mus, nel sottosuolo dei vani G e I; tale complessoinsiste su un poderoso intervento di terrazzamen-to della pendice collinare, caratterizzato da ab-bondanti macerie segnate dall’effetto di un incen-dio24. Alla medesima fase sono riconducibili inter-venti generali di sistemazione dell’area, ai qualiappartiene anche la chiusura del pozzo analizzatoin questa sede; la frequentazione dell’altura inquesto periodo, ancora da mettere a fuoco neisuoi caratteri precipui, può essere collegata al-l’apertura della stipe votiva sulle pendici di Co-munità25.I livelli di frequentazione riferibili alla fase prero-mana risultano sottoposti in antico a una forteazione erosiva, che probabilmente coincide inparte con l’effetto di un abbandono più o menoprolungato del sito dopo la presa della città, in

22 Un’antefissa a testa di Gorgone (simile a PENSABENE, SANZI DI

MINO 1983, p. 154, n. 315, tav. LXXII, databile al II-I secoloa.C.) raccolta nei dintorni di Piazza d’Armi compare nella ta-vola allegata a VON URLICHS 1846 (riprodotta in COLONNA 2004,p. 206, fig. 1): otto antefisse del medesimo tipo, alcune di si-cura provenienza veiente (da Quaranta Rubbie e dall’area del-la città) sono conservate ai Musei Vaticani (LIVERANI 1987, pp.66-67); frammenti di lastre di tipo Campana ed una testa dibaccante in marmo della prima età imperiale provengono in-vece dagli scavi del Lanciani (Biblioteca dell’INASA di Palaz-zo Venezia, Manoscritti Lanciani 79, tav. XX, riprodotta inDELPINO 1999, p. 81, fig. 12). È noto come la decorazione fitti-le di questo tipo sia riservata a diverse categorie di edifici: sul-l’impiego in complessi di tipo santuariale, meno attestato ri-spetto a quello in dimore di tipo aristocratico, si rimanda aSTRAZZULLA 1993, con riferimenti.

23 La calcara, ben apprezzabile sulla base della dispersione su-perficiale del materiale calcinato, si estende in prossimità del-la grande quercia radicata all’angolo nord dell’altura. Ad essacorrisponde una vasta traccia circolare rilevata su base aero-fotogrammetria.

24 Uno spaccato di tale potente riporto è stato osservato sulla se-

zione occasionale di un saggio di scavo (ottocentesco?) da noiriaperto. Le tracce di incendio ci hanno indotto ad istituire unpossibile collegamento con la descrizione dell’assedio da par-te di Camillo, ma occorre sottolineare che la situazione appa-re abbastanza circoscritta e relativa ad un singolo edificio, an-cora da raggiungere con lo scavo in profondità, ubicato sullamezzacosta della pendice collinare.

25 Il deposito votivo, che dista dalla sommità dell’altura non piùdi 180 m., è datato dalla “fine del IV secolo e la metà o pocodopo del III secolo a.C., con pochi esemplari che scendononel II”: BARTOLONI 2005, p.172.

26 Tale struttura (riprodotta in COLONNA 2004, p. 214, fig. 7) siconfigura come limite della terrazza inferiore del complesso,occupata dalla cisterna tardo-repubblicana a pianta circolare erappresenta al momento l’unico significativo indizio della so-pravvivenza di elementi urbanistici preromani nella sistema-zione del complesso di piena età romana. Le tracce aerofoto-grammetriche segnalano che la struttura proseguiva in origineverso ovest rispetto all’attuale limite conservato e che correvadi fronte alla cisterna, mentre le diverse verifiche di scavohanno dato esito negativo.

parte con le conseguenze di un intervento di tipointenzionale, finalizzato alla bonifica dell’area e alrecupero di materiale (in particolare, edilizio).In conseguenza di ciò si conservano soprattutto lediverse attività in negativo sul banco, databili apartire da un momento avanzato della Prima Etàdel Ferro, per lo più rasate a una medesima quo-ta. Si tratta di fosse di scarico con resti di pasto, dipozzetti con funzione di silos e di buchi e cavitàriferibili a strutture abitative, relativi alle più anti-che fasi di vita dell’insediamento, fino all’Orienta-lizzante Medio; di pozzi per la raccolta dell’acqua,di canalette, di tettoie e di cavità adibite a funzio-nalità specifica, riferibili alle fasi di frequentazionesuccessive e interpretabili come indizio dellosvolgimento di attività a carattere produttivo. Inparticolare, all’angolo nord-occidentale della do-mus è stata intercettata una piccola fornace apianta rettangolare per la produzione di dolia ediverse fosse, una delle quali riferibile alla decan-tazione dell’argilla, un’altra contenente lo scaricodi ceramiche da mensa malcotte.Anche se l’indagine è stata inizialmente incentratasul pianoro di sommità, nel corso degli anni nonsi è tralasciato di monitorare le pendici dell’alturaattraverso reiterata attività di ricognizione e attra-verso lo splateo, eseguito con mezzo meccanico,nei punti di affioramento di maggiore interesse.Sono pertanto emerse una serie di strutture che il-lustrano in maniera significativa lo sviluppo inchiave urbanistica dell’altura e chiariscono la de-stinazione d’uso di determinati settori.Sul versante sud-occidentale del pianoro di som-mità, le indagini iniziali avevano accertato la pre-senza di un muro di sostruzione in opera quadra-ta26 (Fig. 1.3) databile su base stratigrafica al pienoVI secolo e fiancheggiato da un percorso stradale,presumibile diramazione della via Veientana. Nel

68

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

2008, è stata accertata la pertinenza di tale mura-glione a un articolato sistema di strutture di con-tenimento della pendice collinare (Fig. 1.2, B), se-condo un andamento a gradoni, condizionatonella sua articolazione dalla viabilità preesistente.A partire dalla mezza costa della collina fino al ci-glio tattico delle mura, è stato possibile inoltreevidenziare parte di un vero e proprio quartiere

artigianale27 attivo a partire dalla fine del VII seco-lo e finalizzato alla produzione di vasellame damensa, con fornaci a pianta circolare e rettangola-re tra loro fittamente intersecate28 (Fig. 2.1) e inol-tre ambienti di servizio e magazzini.La presenza del quartiere ceramico giustifica, a no-stro giudizio, quanto emerso lungo il fianco orien-tale del pianoro di sommità. All’altezza della do-mus è stata, infatti, intercettata un’interessante va-sca di raccolta idrica a pianta rettangolare allunga-ta29, con fondo ritagliato a gradoni e muraglione difodera in opera quadrata, affiancata da un cunico-lo di redistribuzione (Figg. 1.2,C; 2.2). Tale vasca,impiantata in un’area precedentemente occupatada pozzi, fosse e capanne della Prima Età del Fer-ro, è stata colmata intorno alla metà del V secoloa.C. con un’enorme quantità di materiale, signifi-cativo dei rivestimenti e degli arredi delle case del-la città di Veio nei secoli VII e VI secolo a.C.Ulteriori vasche idrauliche connesse a cunicoli so-no state evidenziate immediatamente a nord,sempre lungo il declivio collinare (Fig. 1.2,D), aindizio della presenza di una rete di redistribuzio-ne e raccolta idrica accuratamente organizzata, in-quadrabile al pieno VI secolo30, e verosimilmentefunzionale alle attività a carattere produttivo. Inquest’ultimo settore è stata, infine, evidenziatauna probabile tagliata viaria che risale l’altura dalciglio tattico delle mura, e che dunque può esseremessa in rapporto con la viabilità di ingresso at-traverso la presunta posterula della Valchetta31.Le nostre indagini non hanno infine tralasciato lapendice dell’altura in direzione di Piazza d’Armi,dove affiorano materiali riferibili a strutture a ca-rattere abitativo, scaglionate tra la Prima Età delFerro e l’età arcaica32; ingente risulta su questoversante l’incidenza delle arature e della conse-guente azione di dilavamento.Presso la vallecola interessata dall’accumulo (de-gli scarti) della stipe votiva Lanciani, un limitatointervento di pulizia e di decorticamento eseguitocon il mezzo meccanico ha permesso nel 2005 di

27 Tale quartiere è emerso in corrispondenza di un’area di massi-mo affioramento di frammenti di ceramica da mensa (per lopiù malcotti di bucchero, pochi gli scarti di ceramica etrusco-corinzia) che è stata evidenziata anche attraverso la ricognizio-ne di J. Ward-Perkins. Per quanto riguarda la distribuzione neldistretto di Comunità degli indizi relativi alla presenza di forna-ci, si rimanda a CASCINO Cdsb; BELELLI MARCHESINI, CASCINO Cds.

28 La situazione evidenziata appare simile all’area di fornaci evi-denziata in loc. Casale Giustri in Val di Cecina, databili tra lafine del IV e l’inizio del III secolo a .C. (ESPOSITO 2007, p. 195,fig. 2).

29 Tale struttura trova confronto con due cisterne recentementeindagate dalla Soprintendenza Speciale per Roma rispettiva-mente nel IV Municipio (cortese informazione F. di Gennaro)e nel territorio di Veio in via Casale del Vescovo (cortese in-formazione F. Chiocci).

30 La serie di vasche è stata portata alla luce nel corso della cam-pagna del 2008, aprendo un saggio esplorativo in corrispon-denza di un’area di eccezionale affioramento di materiale ar-cheologico: oggetto di raccolta negli ultimi cinque anni, il ma-teriale di superficie comprende essenzialmente tegolame diprima fase, bucchero (forme databili entro la metà del VI se-colo a.C.), impasti rossi e rosso-bruni (con particolare inci-denza delle olle biansate).

31 WARD-PERKINS 1961, p. 36. Andamento della linea difensiva eposizione degli accessi sono, su questo versante del plateau,ancora da chiarire.

32 Lungo il versante è stato raccolto tra l’altro un frammento difoculo con motivi ad impressione (BELELLI MARCHESINI 2001a, p.25, I.D.6); nel 2006 lungo il declivio è stato raccolto inoltre ilfondo di un’olla, possibilmente interpretabile come suggrun-darium, di cui verrà presto effettuato il microscavo.

FIGURA 2.1 Veio, Piano di

Comunità. Veduta dell’area

delle fornaci, con succes-

sive strutture di terrazza-

mento in opera quadrata

(da sud)

FIGURA 2.2 Veio, Piano di

Comunità. Veduta della va-

sca arcaica e di strutture di

tipo abitative impiantate al

suo interno (in corso di

scavo, da sud)

69

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

intercettare un breve tratto delle mura di fortifica-zione, e di portare inoltre alla luce una struttura didelimitazione in grandi blocchi di tufo giallo (Fig.1.2,E); quest’ultima struttura, disposta con anda-mento rettilineo a sbarramento della vallecola e acontenimento di una potente massicciata in sca-glie di tufo, si configura come il ciglio di una ter-razza all’aperto e costituisce il primo, prezioso in-dizio di uno spazio organizzato in possibile colle-gamento con il punto di accumulo della stipe.

[B.B.M.]

LO SCAVO DEL POZZO

Il pozzo è stato intercettato alla base della sequen-za stratigrafica dell’ambiente A, all’angolo sud-oc-cidentale della domus sul pianoro sommitale33

(Figg. 3.1, 4.1). Tale pozzo presenta allo stato at-tuale un’imboccatura rivestita da tre anelli concen-trici di blocchi di tufo, progressivamente sfalsati esottoposti a un minimo lavoro di sagomatura; unacanna cilindrica a sezione circolare, provvista didue serie contrapposte di pedarole e di una cop-pia di comodi appigli per le mani, scavata nel ban-co geologico per una profondità di almeno 5,80

m34, fino all’affioramento della falda idrica; è dota-ta infine di tre “camerette” di forma irregolarmentetrapezoidale e di diverse dimensioni, a sezionegrosso modo tronco-piramidale, che si aprono auna profondità di m 3,55 dalla sommità e che, ri-cavate presumibilmente in funzione di una miglio-re captazione della falda, esercitano al contempola funzione di serbatoio (Figg. 3.2, 4.2).La capacità del pozzo, esclusa la porzione sommi-tale foderata in blocchi, è infatti di 7.600 litri, dipoco superiore rispetto ai pozzi-serbatoio a sezio-ne tronco-ogivale ben documentati nei quartieriurbani di Fidenae in età arcaica35. Per l’accorgi-mento delle espansioni di forma irregolare, il ser-batoio del nostro pozzo può essere consideratocome variante del tipo provvisto di tre cunicoliciechi radiali, documentato nella stessa Veio a Pia-no di Comunità e nelle adiacenze del tempio ar-caico di Piazza d’Armi36; lo stesso criterio ricorrenell’intervento di modifica della cisterna arcaicasotto il Palazzo dei Conservatori, a Roma37.A causa dell’enorme quantità di materiale imme-diatamente restituita dal pozzo, pur registrando icambiamenti di situazione stratigrafica e le relativequote, si è deciso di procedere per tagli progressi-

FIGURA 3.1 Veio, Piano di

Comunità. Pianta degli am-

bienti all’angolo sud-ovest

della domus (B.B.M.)

FIGURA 3.2 Veio, Piano di

Comunità. Sezione trasver-

sale dell’ambiente A, con

spaccato del pozzo (B.B.M.)

33 Lo scavo del è stato eseguito dal 14 al 29 luglio con il suppor-to logistico della Ditta ECOL B., che ha predisposto le neces-sarie condizioni di sicurezza; hanno partecipato attivamenteallo scavo gli archeologi Lorenzo Minciotti e Serena Privitera.

34 Problemi di sicurezza e l’arrivo di una forte perturbazionenon ci hanno consentito di perfezionare lo scavo della canna,

che si approfondisce per almeno un’altra ventina di cm ri-spetto alla quota raggiunta.

35 F. di Gennaro, in CRISTOFANI 1990C, p. 158.36 STEFANI 1944-1945, coll. 263-264, fig. 69.37 CASSATELLA 2005, con riferimenti.

1 2

70

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

vi e di numerare le cassette di materiali in sequen-za, scelta che ci ha di molto facilitato nella succes-siva gestione delle operazioni di magazzino.Il riempimento del pozzo si presentava organizza-to secondo una scansione regolare. In basso, allaquota delle camerette radiali, era accumulata unaquantità ingente di frammenti ceramici fittamentecostipati, pertinente a vasellame in buona parte ri-componibile ma anche ad instrumentum, ben si-gillata con un livello consistente di frammenti ditegolame38; in questa parte profonda erano pre-senti reperti botanici che indicano l’offerta inten-zionale di primizie, probabilmente all’interno di

coppe e calici di bucchero39, ma anche abbon-danti faune. La canna era colmata con uno scaricodi materiale eterogeneo, meno abbondante e piùframmentato; non sono tuttavia mancati rinveni-menti particolari, quali un alare con protome ani-male decorato a incisione, forse un oggetto sim-bolico. Non ci sembra, infatti, casuale che questosecondo scarico sia stato sigillato con una partico-lare concentrazione di ossa triturate, pertinenti adiversi crani di suino, caratterizzati da tracce dipigmentazione. Immediatamente al di sopra era-no presenti diversi spezzoni accatastati di blocchitufacei, riferibili forse allo smontaggio intenziona-le di un quarto anello della camicia del pozzo. Al-la quota sommitale l’imboccatura era infine riem-pita da uno strato di terra quasi sterile, probabil-mente aggiunto o rincalzato in occasione dell’in-tervento di livellamento generale del vano A, inun momento avanzato del III secolo.Lo studio generale dei reperti ha consentito di ac-certare che, nonostante l’articolazione in due scari-chi principali scanditi da interventi intenzionali dilivellamento/sigillo, la colmatura del pozzo è avve-nuta mediante un’operazione unitaria, utilizzandomateriale in parte frantumato in precedenza, conuna sequenza di operazioni che ci sembrano forte-mente connotate in senso cerimoniale. [B.B.M.]

I MATERIALI

Il pozzo ha restituito circa 27.000 frammenti, sud-divisi in 80 cassette, che sono stati provvisti inmagazzino di una sigla indicativa del taglio diprovenienza40. Il conteggio dei frammenti suddivi-si per classi, anche se puramente indicativo ri-spetto al computo reale/ipotetico degli individui,ci ha fornito un quadro preliminare particolar-mente indicativo del suo contenuto.Anzitutto, ha evidenziato la netta prevalenza deiframmenti ceramici (88%) rispetto ai frammenti ditegolame di copertura (11%) e di instrumentum(1%); in secondo luogo ha evidenziato, all’internodel gruppo delle ceramiche, una netta prevalenzadel vasellame da mensa (92%) rispetto ai fram-menti di contenitori per dispensa e cottura; infineha rilevato l’esorbitante quantità del buccheroche, all’interno del gruppo del vasellame da men-sa, è attestato dal 96% dei frammenti.Lo studio analitico delle diverse classi ha permes-so di attenuare questo tipo di valutazioni, dimo-

38 L’alternanza di scarichi più o meno coerenti e di livelli di te-gole corrisponde in realtà ad una modalità comunemente im-piegata nel riempimento delle cavità, finalizzata a garantirnel’assestamento.

39 Il prelievo dei reperti botanici dal fondo dei vasi di buccheroè stato curato dalla dott.ssa A. Celant. Occorre ribadire che

non si tratta di vasi interi, e che dunque, se la nostra interpre-tazione è corretta, i vasi sono stati gettati nel pozzo insiemealle offerte e non deposti.

40 Composta dalla sigla del cantiere, l’anno, il numero di US ge-nerale (469), il taglio di provenienza ed infine il numero di in-ventario identificativo del singolo frammento.

FIGURA 4.1 Veio, Piano di

Comunità. Veduta dell’am-

biente A della domus, con

il pozzo intercettato nel sot-

tosuolo (da sud)

FIGURA 4.2 Veio, Piano di

Comunità. Veduta dell’in-

terno del pozzo (dal basso)

71

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

strando, ad esempio, come il gruppo delle cera-miche da mensa presenti un’alta incidenza di in-dividui ricomponibili da più frammenti; al contra-rio, come i vasi in impasto, escludendo poche ec-cezioni, si presentino in genere piuttosto fram-mentari e siano stati soggetti a rottura prima dellaloro obliterazione nel pozzo.Dal punto di vista del metodo, ci preme sottolinea-re che il computo del numero minimo di esempla-ri suddivisi per classe/forma/tipo non è stato sem-pre agevole, a causa dell’abbondanza estrema delmateriale; ci siamo avvalsi in alcuni casi (in parti-colare, per il bucchero) di calcoli basati sulla con-servazione percentuale dei frammenti diagnostici.Il materiale archeologico presente nel pozzo costi-tuisce, nel suo insieme, un campione significativodella cultura materiale di Veio nei secoli VI-V a.C.,accogliendo un ristretto numero di frammenti in-quadrabili nella prima età del Ferro e nel periodoOrientalizzante e un altrettanto ristretto nucleo diframmenti che, raccolti nella parte più profonda delserbatoio, permettono di inquadrarne cronologica-mente l’operazione di colmatura a distanza di circaun secolo dalla presa della città. Rispetto al contestodi Veio – Casale Pian Roseto41, che nella sua artico-lazione costituisce il miglior termine di paragone, ilnostro pozzo tuttavia offre, attraverso la presenza diterrecotte architettoniche e di strumentario, anchepreziose informazioni sulla natura degli edifici edelle attività presenti nei dintorni. [B.B.M.]

LA CERAMICA

IMPASTO BRUNO (PRIMA ETÀ DEL FERRO/ORIENTALIZZANTE)Il gruppo di 150 frammenti attribuibili alla classenon è affatto rappresentativo delle attestazioni dicultura materiale del periodo protostorico restitui-ti dal nostro sito42; scarsa, inoltre, è l’incidenza de-gli elementi diagnostici.Prevalgono i contenitori di grandi dimensioni e isostegni (da fuoco), ai quali si riferiscono la mag-

gior parte delle pareti e, in particolare, gli 11 fram-menti con cordoni orizzontali digitati (Fig. 5.6-10).Alla categoria dei sostegni si riferisce, in particola-re, un frammento di orlo con apertura arcuata ecordone plastico decorato a tacche43 (Fig. 5.11).Tre frammenti di orlo e altrettanti frustuli perti-nenti a fondi piani sagomati (Fig. 5.2) documenta-no la presenza di almeno un contenitore per der-rate a corpo cilindro-convesso, con diametro al-l’imboccatura di cm. 4044 (Fig. 5.1). Per quanto ri-guarda le forme chiuse, segnaliamo un frammen-to di maniglia costolata (Fig. 5.4) attribuibile pro-babilmente a un vaso a collo.Per quanto concerne, invece, le forme aperte, so-no presenti un frammento di scodella a profilocontinuo a orlo rientrante45 (Fig. 5.12), un minutoframmento di scodella carenata a breve orlo verti-cale (Fig. 5.13) e un piccolo frammento di tazzache conserva il raccordo tra la vasca e l’ansa a lar-go nastro (Fig. 5.14).Se si esclude un minuto frammento di parete con4 linee incise a pettine (Fig. 5.5), non è documen-tato vasellame decorato con motivi “villanoviani”.Alla produzione di età orientalizzante è attribuibi-le un frammento di olla a corpo cilindro-ovoide(Fig. 5.3), con orlo a labbro ingrossato, di grandeformato (diametro di 25 cm)46, che documenta ilpassaggio al repertorio tipologico proprio dell’im-pasto rosso-bruno. [B.B.M.]

IMPASTO BRUNO SOTTILE

Il vasellame da mensa in impasto bruno sottile èdocumentato da pochi frustuli (3 frr.). L’unicoframmento diagnostico appartiene a un calice ca-renato che conserva parte della decorazione incisacon motivo a palmetta fenicia (Fig. 5.15). Il tipo èben attestato nei corredi funerari veienti e romanidatabili nell’Orientalizzante Medio47. [M.R.L.]

IMPASTO ROSSO (ETÀ ORIENTALIZZANTE/ARCAICA)All’impasto rosso48 appartengono 671 frammenti,

41 Si rimanda al riesame del contesto, anche attraverso il com-puto del numero di esemplari, in TORELLI 2001.

42 Per considerazioni generali sulla distribuzione e natura delleevidenze della Prima Età del Ferro relative a Comunità, si ri-manda all’analisi dei materiali del Survey di J. Ward-Perkins indi GENNARO et al. 2004, p. 161, fig. 9: 4-7, 9.

43 Confrontabile almeno con esemplari dal Gran Carro di Bolse-na (TAMBURINI 1995, p. 228, fig. 50, n. 2120) e di Veio (MURRAY

THREIPLAND 1963, p. 69, fig. 24).44 Sulla categoria, cfr. BIETTI SESTIERI et al. 1998. Grandi conteni-

tori con funzione di dolia, riferiti alla conservazione di pro-dotti di salagione, sono presenti e caratteristici degli insedia-menti costieri etruschi (BELARDELLI, PASCUCCI 1998).

45 Inv. 469/17.105; diam 28.46 Inv. 469/1.1; presenta entrambe le superfici irregolarmente li-

sciate e lucidate, di colore bruno-nerastro. Per l’accenno digola, rientra nel tipo B di S.Omobono (COLONNA 1963-1964,fig. 7:94 (con cordone digitato); simile a MURRAY THREIPLAND

1963, fig. 8:9 (“Stone Building”).47 DE SANTIS 1997, fig. 22.10, tomba 2 di Pantano di Grano (Ma-

lagrotta), secondo quarto del VII secolo a.C., con bibliografia;BURANELLI et al. 1997, fig. 51-54, Veio, Casale del Fosso, tomba809; Roma, Esquilino, tomba CXXVII datata al 640-630 a.C., inCOLONNA 1976, p. 76, tav. XXI.D.5; CARAFA 1995, p. 55, n.112.Per la decorazione simile su un’olla da Ficana: BRANDT 1996,p. 225, fig. 142.98b.

48 Per una definizione di impasto rosso di età orientalizzante(Red Impasto) ed arcaica e per la relativa letteratura si riman-da a CARAFA 1995, pp. 91-93, 261. Per quanto riguarda in par-ticolare la produzione veiente di età Orientalizzante, è statoosservata l’impossibilità “di enucleare, […], produzioni pecu-liari – al di là di varianti locali – , rientrando Veio in un piùampio circuito di forme e modelli che coinvolgono da un latoil territorio laziale e l’Agro falisco meridionale dall’altro l’areaceretana”: DE LUCIA BROLLI, BENEDETTINI 2000, p. 30.

72

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

FIGURA 5 Veio, Piano di Co-

munità: pozzo. Impasto

bruno protostorico e impa-

sto bruno sottile (B.B.M.)

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

dei quali 135 risultano diagnostici. Accanto aiframmenti che mostrano le ben note caratteristi-che della produzione, sono compresi in questaclasse anche alcuni materiali che presentano nu-cleo e superfici di colore arancio, che sembranoessere prodotti tra il periodo tardo arcaico ed elle-nistico49. Occorre, a tale proposito, ricordare chetra la metà e la fine del VI secolo a.C. si registraun incremento esponenziale della presenza diquesta classe, ma che al contempo si nota unoscadimento qualitativo che pone difficoltà nel “di-stinguere produzioni in impasto rosso e in coarseware”50; tale processo, che si collega a una stan-dardizzazione tipologica e dimensionale delle for-me, risponde a precise richieste di mercato51.Le forme attestate sono: olle, ciotole, ciotole/co-perchio, coperchi, bacini e piatti.Per quanto riguarda le olle – unica forma chiusaattestata – è stato possibile elaborare una suddivi-sione dei frammenti sulla base della morfologiadegli orli:• gruppo A: orlo estroflesso con solcature con-

centriche;• gruppo B: orlo a profilo esterno appiattito obli-

quo o arrotondato;• gruppo C: orlo a mandorla con breve collo di-

stinto;• gruppo D: orli a profilo uncinato.La bassa incidenza di profili rappresentativi nonconsente di considerare prioritaria ai fini tipologi-ci la conformazione del corpo, che può essereconsiderato globulare od ovoide.

In generale, la forma è rappresentata da circa 85frammenti: 43 orli, il cui diametro si attesta tra i 10e i 30 cm; 41 fondi piani, con diametro variabiletra 6 e 26 cm; è attestato un unico fondo con pie-de a disco. Un solo esemplare è stato ricostruitoalmeno parzialmente.Il gruppo A (Fig. 6.1-3) è attestato da tre frammen-ti di orlo pertinenti ad altrettanti esemplari, condiametro oscillante tra 16 e 18 cm 52. Questo tipodi orlo è associato con olle a corpo globulare, cono senza anse53. La forma è attestata in Etruria e nelLazio a partire dall’Orientalizzante Antico fino allametà del VI secolo a.C., tanto in contesti funerariche di abitato, a Veio54, a Cerveteri-Vigna Parroc-chiale e a Roma da contesti urbani e suburbani55.Dall’abitato della Civita di Tarquinia provengonoda strati datati tra la fine del VI ed il V secolo a.C.e sono considerate elaborazioni tarde di prototipiorientalizzanti, in cui il conservatorismo è ricon-dotto ad un uso e ad una valenza specifica in am-bito rituale come contenitore di acqua lustrale56.Possono riferirsi a questo specifico tipo di olledue frammenti di parete: uno conserva almeno trecostolature verticali, l’altro è pertinente ad unaspalla con costolatura orizzontale a sezione trian-golare57 (Fig. 6.4-5).In questo primo gruppo è inseribile un frammen-to di orlo ingrossato pendulo decorato da solcatu-re concentriche su breve collo distinto58 (Fig. 6.6)confrontabile in maniera abbastanza puntuale conesemplari da Roma S. Omobono (tipo B), dal Pa-latino e dal complesso dell’Auditorium 59.

49 Manca ancora uno studio specifico relativo a questa produ-zione: CHIARAMONTE TRERÈ 1999b, p. 52; CUOMO DI CAPRIO 1999,p. 313 ss. Dall’analisi a vista del corpo ceramico sui campionidella Civita di Tarquinia sono stati enucleati due gruppi: il pri-mo caratterizzato da impasto grigio-nero o rosso-bruno (frr.degli strati più antichi); il secondo gruppo caratterizzato daimpasto rosso più chiaro tendente all’arancio intenso (frr. da-gli strati di VI-III secolo a.C.). Le analisi archeometriche con-validano parzialmente questi dati; più che a differenti compo-sizioni mineralogiche la comparsa di paste tendenti all’aranciosembra imputarsi a differenti processi tecnici quali l’uso co-stante del tornio a ruota semplice e a procedure di cotturasempre più controllate.

50 FALZONE 2001b, pp. 185-186.51 Sul problema di committenza/offerta e richiesta nelle produ-

zioni preromane si rimanda a CHIARAMONTE TRERÈ 1999b, pp.45-46, con riferimenti bibliografici.

52 Invv. VPC 469/4.6 diam. cm 16; VPC 469/4.7 diam. cm 18;VPC 469/9.53 diam. cm 18.

53 Per un prototipo si rimanda in modo esemplificativo all’olladalla tomba Esquilino 128, datata all’ultimo quarto del VII se-colo a.C.: CARAFA 1995, p. 95, n. 193.

54 Per gli esemplari da Veio Piazza d’Armi si rimanda a: VAN KAM-PEN 2003a, p. 65, fig. 68; p. 71, fig. 81, con ulteriori rimandi bi-bliografici; Veio Casale Pian Roseto, MURRAY THREIPLAND, TO-RELLI 1970, p. 119, fig. 34. E6-7; Volusia: CARBONARA et al. 1996,p. 47, n. 4, fig. 78, la tomba è datata tra l’ultimo quarto del VIIe la prima metà del VI secolo a.C.

55 Cerveteri: M. Rendeli in NARDI et al. 1993, p. 261, tav. 496.

J15.1-7; RENDELI 1993, pp. 295, 297, tav,. 511.Kb 21.4, con ul-teriori rimandi bibliografici; Roma – S. Omobono: COLONNA

1963-1964, p. 12, fig. 5. 59 (575-500 a.C.); Roma – Audito-rium: ARGENTO 2006, p. 354, tav. 3. 29, il tipo è datato tra il600 e il 500 a.C.; Castel di Decima: Decima: tomba CVIII(terzo quarto del VII secolo a.C.), F. Cordano, in COLONNA

1976, p. 286, tav. LXXI. 25-27; da ultimo si veda: B. BelelliMarchesini, in TOMEI 2006, p. 223, II.190 (Crustumerium,tomba 34); A. Cassotta, in TOMEI 2006, p. 471, II.895 – II.902(Laurentina Acqua Acetosa, tomba 133); A. De Cristoforo, A.Piergrossi, in TOMEI 2006, p. 536, II.1119 (Via Trionfale, tom-ba VIII).

56 CHIARAMONTE TRERÈ 1999b, pp. 62-63, tav. 23.5, con riferimentibibliografici. Sulla presenza in ambito rituale di VI-V secoloa.C. vengono ricordati, all’interno del complesso della Civita,due esemplari rispettivamente all’interno di un deposito voti-vo e come offerta di fondazione. Le attestazioni più recentirinviano ad esemplari da Sovana in contesti funerari di inizioV secolo a.C., ibidem, p. 63, nota 81.

57 Sono rispettivamente i frr. invv. VPC 469/28.255 e VPC469/52.6.

58 Inv. VPC 469/35.7.59 Roma – S. Omobono: COLONNA 1963-1964, p. 12, fig. 5. 64

(575-500 a.C.), lo studioso rimanda ad un confronto con unosporadico di impasto rosso da Veio, nota 42. Roma – Audito-rium: ARGENTO 2006, pp. 354, 361, tavv. 3.32 e 10.80a-b, il ti-po è presente nel Periodo 1; Roma – Palatino: CARAFA 1995, p.230, n. 636 e nota 32 con ulteriori riferimenti bibliografici; iltipo è inserito dallo studioso tra i dolia.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

FIGURA 6 Veio, Piano di Co-

munità: pozzo. Impasto

rosso: olle (B.G.)

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

Si osserva che il medesimo tipo di orlo, a Veio-Ca-sale Pian Roseto60 come a Ficana61, ricorre su con-tenitori di grandi dimensioni assimilabili a dolia.Il gruppo B (Fig. 7.1-2) comprende 18 frammenti,di cui almeno quattro pertinenti a forma globulare.Il tipo di riferimento è attestato soprattutto in con-testi dell’Etruria meridionale (Veio-Casale Pian Ro-seto, Cerveteri, Stigliano, Tarquinia) e del LatiumVetus (Ficana)62, con un ampio range cronologicotra la fine del VII e l’inizio del V secolo a.C. Per gliesemplari romani si rimanda ai materiali dal Pala-tino, dall’Auditorium e da Sant’Omobono63.A eccezione di due frammenti relativi a olle digrande formato (diam. tra i 26 e i 28 cm), i fram-menti appartengono forse alla variante con dia-metro dell’orlo uguale all’altezza ed equivalente aldoppio del diametro della base64 e presentanodiametro dell’orlo compreso tra 18 e 20 cm65.Il gruppo C (Fig. 7.3-6) è attestato da 17 fram-menti pertinenti a esemplari che rientrano in trecategorie dimensionali diverse e presentano carat-teristiche condivise anche dalla produzione incoarse ware e in internal slip-ware, con un ex-cursus cronologico che sembra esaurirsi verso lafine del III secolo a.C.66

Gli esemplari più antichi da contesti stratigraficisono attestati in Etruria e a Roma, dall’area urbanae suburbana, a iniziare dalla fine del VII – inizidel VI secolo a.C.; in ambito etrusco confronti

FIGURA 7 Veio, Piano di Co-

munità: pozzo. Impasto

rosso: olle (B.G.)

60 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 81, fig. 25. E1-2.61 L’esemplare da Ficana, inserito per forma nel gruppo dei do-

lia ma qualificato per capacità come un’olla grande, presental’orlo ingrossato e il profilo continuo: BRANDT 1996, p. 180, fig.117.31b. Al riguardo si veda anche Satricum, materiali del-l’edificio A, dove ricorrono medesimi tipi proposti nella rea-lizzazione di dolia e olle. I materiali in strato, si collocano fragli ultimi venti anni del VII e la prima metà del VI secolo a.C.:STOPPONI 1985a, p. 183, fig. 6.4, p. 185, figg. 6. 12-13.

62 Le olle in questione rientrano nei Tipi 362, 364, 365, 370 diCarafa a cui si rimanda per il corposo riferimento bibliografi-co sia per gli esemplari etruschi che romani: CARAFA 1995, pp.150-152. Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970,fig. 28. H12-18; Ficana: CATALDI DINI 1981, fig. 6.30; Ficana:BRANDT 1996, fig. 125.41; Stigliano: ZIFFERERO 1980, fig. 13.1;Cerveteri: RENDELI 1993, pp. 276, 278, tav. 503.Ka3.1 e Ka3.7;Tarquinia: CHIARAMONTE TRERÈ 1999b, tav. 15.12 (Tipo 3); perla forma si veda pure: Gravisca: GORI, PIERINI 2001a, pp. 161-163, tav. 39.392 e .394 (Tipo B, variante B3).

63 Roma – Auditorium: ARGENTO 2006, tav. 3.33; il tipo è datatotra il 600 e il 500 a.C.; S. Omobono: COLONNA 1963-1964, pp.15-16, figg. 7-8, gli esemplari rientrano nel Gruppo C tipi A eB (575-500 a.C.).

64 CARAFA 1995, p. 151; standard dimensionali sembrano attestatipure a Tarquinia: CHIARAMONTE TRERÈ 1999b, p. 55.

65 Nove sono gli orli con diam. attestato tra i 18-20 cm a cui po-trebbero corrispondere i 10 frr. di fondo piano con diam.compreso tra i 9-10 cm tra i 44 dello stesso tipo presenti tra gliimpasti rossi.

66 Il tipo è presente nel complesso dell’Auditorium tra i materia-li di impasto grezzo nel Periodo 1 (fase 2), in strati della villadell’Acheloo, nel Periodo 3 fino al Periodo 4 (fase1) datato trail 550 e il 300 a.C.: ARGENTO 2006, pp. 359-360, nota 102, tav.8. 63a-c, con riferimento bibliografico.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

possono istituirsi con Veio-Casale Pian Roseto eCerveteri-Vigna Parrocchiale67; a Tarquinia il tipoè presente in stratigrafie datate a partire dalla pri-ma metà del VI secolo a.C., perdurando con mas-sima incidenza nel V e nel IV secolo a.C.68

All’interno di questo nucleo rientra l’olla ovoidericomposta per l’80% da 67 frammenti provenientidalla canna del pozzo, dai livelli compresi tra i m2 e i m 469 (Fig. 8.1).L’olla trova un puntuale confronto con un esem-plare di internal slip-ware da Casale Pian Roseto70:per la forma e le dimensioni richiama alcuni esem-plari, con orlo diverso, della necropoli di Volusia,databili dopo la metà del VI secolo a.C.71

Il gruppo D comprende quattro frammenti: dueorli estroflessi (Fig. 8.2-3) su collo distinto72 trova-no puntuali confronti con grandi contenitori in-gobbiati sulle pareti interne da Veio-Casale PianRoseto e dallo stesso sito di Comunità; per il pro-filo si ricorda anche un’olla dalla Civita di Tarqui-nia priva di ingobbio, inquadrabile cronologica-mente tra la fine del VI – inizi V secolo a.C.73

I frammenti pertinenti a imboccature impostateverticalmente (Fig. 9.1), con cordoncini plasticisul collo, sono pertinenti a olle di grande formatoe al momento non trovano confronti puntuali74.Tra le forme aperte, la ciotola è documentata da21 frammenti. L’unico frammento diagnostico ècostituito da un orlo assottigliato e arrotondato,leggermente rientrante, con parte della vasca acalotta75 (Fig. 9.2). Sono presenti anche 20 fondicon piede ad anello, talora sagomato, riferibili adalmeno 17 esemplari76 (Fig. 9.3-4).La forma dipende da prototipi di produzione gre-ca o greco-orientale in ceramica depurata; gliesemplari più antichi si distinguono per una rela-tiva profondità della vasca e orlo indistinto, varia-mente assottigliato e arrotondato77. Confronti pos-sono essere istituti con esemplari dal Palatino,

67 Tra gli esemplari più antichi in Etruria si rimanda ad Acqua-rossa: LUNDGREN, WENDT 1982, tavv. 11.125, 15.164. Roma: peri materiali dal c.d. Equus Domitiani (strato 11) e dal Comizio,esplorazione IX (strato 6) inquadrabili tra il 530 ed il 450 a.C.,si rimanda a CARAFA 1995, p. 157, n. 387. Per S. Omobono si fariferimento agli esemplari enucleati nel Gruppo C/tipo C: CO-LONNA 1963-1964, p. 18, fig. 9. 107. Dal complesso dell’Audi-torium il tipo è presente tra gli impasti grezzi, in strati degliinizi del V secolo a.C.; ARGENTO 2006, p. 357, tav. 7. 61c; Veio:MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 82, fig. 27. G11-18; Cer-veteri: RENDELI 1993, p. 292, tav. 509. Kb13.1-2, Kb13.5.

68 CHIARAMONTE TRERÈ 1999b, pp. 56-59, tav. 18.3-5 (tipi 4B, 4C),con ulteriori rimandi bibliografici.

69 Inv. VPC 469/11.3 ecc. Alt. 36 cm; diam. orlo 13,5 cm, diam.

max, 28 cm, diam fondo 11,5 cm. Priva di alcuni frammentidel corpo.

70 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, fig. 31.A1.71 CARBONARA et al. 1996, p. 78, fig. 147; p. 114, figg. 221–221a;

nei riferimenti si menziona l’impasto rosso tardo.72 I frr. in questione sono: invv. VPC 469/50.26 (diam. 18 cm,

spess. 0,8 cm); VPC 469/22.11 (diam. 20 cm, spess. 0,9-1 cm).73 Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 82,

fig. 33. D8; Comunità: BELELLI MARCHESINI 2001, p. 24, fig. n. 3;Tarquinia: CHIARAMONTE TRERÈ 1999b, p. 58, tav. 17.1. Si vedapure: ARGENTO 2006, p. 360, tav. 10.79.

74 I frr. in questione sono invv. VPC 469/76.369 (diam. 30 cm,spess. 1 cm); VPC 469/31.178 (diam. 28 cm, spess. 1,1 cm).

75 Il fr. inv. VPC 469/1.12 (diam. 10 cm; alt. 3 cm, spess. max. 0,4cm).

76 Diam. e spess. rendono pertinenti almeno 7 frr. a tre distintivasi.

77 CARAFA 1995, pp. 107-108. Per il problema dei prototipi o rie-laborazioni, una sintesi in BAGNASCO GIANNI 2007, in particola-re p. 97.

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FIGURA 8 Veio, Piano di Co-

munità: pozzo. Impasto

rosso: olle (B.G.)

77

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

FIGURA 9 Veio, Piano di Co-

munità: pozzo. Impasto

rosso: olle, piatti e coperchi

(B.G.)

presenti dalla fine del VII alla seconda metà delVI secolo a.C., e dall’abitato di Stigliano78.I venti frammenti di fondo con piede ad anellosono pertinenti a ciotole-coperchio. Il profilo deiframmenti in esame appare alquanto standardiz-zato come pure l’elemento dimensionale; i diame-tri si attestano tra i 6 e i 10 cm. Confronti strin-genti possono istituirsi con i numerosi esemplarida Casale Pian Roseto, da Cerveteri-Vigna Parroc-chiale, spesso dotati di segni o lettere incise all’in-terno della vasca o all’interno del piede79.A coperchi sono riferibili 49 frammenti, pertinentia 42 diversi esemplari. Alla forma si collegano va-ri tipi di orli (ingrossato e rilevato, ingrossato e ar-rotondato, oppure articolato con una tesa distintadal battente); sono inoltre presenti sei prese a po-mello discoidale.Del tipo con orlo ingrossato e rilevato si è rico-struito per l’80% un esemplare80 che presenta unavasca schiacciata a profilo sinuoso con presa apomello sagomato (Fig. 9.5); i diametri indizianodue gruppi di medie (10-17 cm) e grandi (20-28cm) dimensioni. Appare ben attestato a Veio-Ca-sale Pian Roseto, Cerveteri e Tarquinia in contestidi VI secolo a.C.; dal Palatino è presente in stratiche coprono un ampio range cronologico, dal675 al 475 a.C., con un incremento nel VI in cui èpresente con molteplici varianti81.I tipi con orlo ingrossato e orlo assottigliato arro-tondato sono tra i più comuni e di lunga durata esono attestati dall’Orientalizzante Antico; confrontisono istituibili, ad es., con esemplari dal Palatino82.Diversamente, del tutto particolare appare l’esem-plare con vasca a calotta e orlo a tesa, provvisto dibattente (Fig. 9.6). Ricostruito per il 70% da treframmenti83, presenta un impasto compatto di colo-re rosso con la presenza di inclusi di piccole e me-die dimensioni, la superficie esterna è steccata e ca-ratterizzata da un ingobbio rosso brillante, la super-ficie interna, ben lisciata, è accuratamente ingobbia-ta da uno spesso strato di argilla denso e pastoso dicolore bianco rosato84. Un confronto, in particolareper l’orlo, può istituirsi con un coperchio, della fase

orientalizzante, da Cerveteri-Vigna Parrocchiale85.I piatti86 sono rappresentati da 2 frammenti di or-lo a tesa (uno con scanalature concentriche, l’al-tro liscio87) e un frammento di vasca (Fig. 9.7-8).Per quanto riguarda la forma, la vasca schiacciatacarenata sembra conservarsi immutata nel tempo,

78 Palatino: CARAFA 1995, p. 108, n. 237; Stigliano: ZIFFERERO

1980, pp. 33-34, tav. 3.5. La piccola ciotola a calotta, caratte-rizzata da spesse pareti, è inserita nell’impasto tardo-ceretano.

79 Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 81,figg. 24.A1-26, B25.1-5; Vigna Parrocchiale: RENDELI 1993, p.292, tav. 516. Kc24.7, tav. 517. Kc30.1.

80 Il coperchio è ricomposto da tre frammenti: invv. VPC469/27.2, VPC 469/35.5 e VPC 469/68.1. Alt. 4,5 cm, diam. 17cm, spess. 0,8 cm.

81 Veio: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 81, fig. 25.C1-3; Cer-veteri: RENDELI 1993, p. 311, tav. 518. Kc36.2; CARAFA 1995, p.187, n. 495.

82 CARAFA 1995, per l’orlo arrotondato ingrossato si rimanda inparticolare: ai nn. 499, 503, 515; per l’orlo assottigliato si ri-manda in particolare: ai nn. 510, 512.

83 Il vaso è ricomposto da tre frammenti (invv. VPC 469/14.1,

VPC 469/35.8, VPC 469/45.1). Alt. 9 cm, diam. 20 cm, spess.0,6-1,6 cm.

84 Seppure siano attestati coperchi con superfici interne trattatecon “una pittura” (RENDELI 1993, p. 311) queste non sempresono ingobbi ma scialbature più o meno consistenti che ten-dono a rifinire superfici lisciate. L’ingobbio è cotto e ha unafunzione impermeabilizzante, le scialbature sono realizzateper immersione o con pennello a crudo. Per osservazionianaloghe sulla classe dell’internal slip-ware, vedi infra.

85 M. Rendeli, in NARDI et al. 1993, p. 268, tav. 500.J39.1.86 COLONNA 1988, pp. 299-304; BAGNASCO GIANNI, PROSDOCIMI

1993, pp. 3-21.87 Orlo a tesa con due solcature concentriche inv. VPC 469/1.20

(diam. cm 16, spess. cm 0,5); orlo a tesa liscio inv. VPC469/15.2 (diam. cm 24, spess. cm 1).

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plari da Roma (Palatino), da Ficana, Cerveteri89.Il frammento di orlo a tesa liscia, a differenza del-l’orlo con solcature concentriche, è ben attestato aVeio: confronti possono istituirsi con esemplaridalla tomba 3 di Pantano di Grano, dalla tomba Idi Picazzano, dalla tomba 5 di Monte Michele,dalla tomba 10 di Volusia e dalla “casa-torre” diPiazza d’Armi, in contesti databili tra la metà e lafine del VII secolo a.C.90; le attestazioni di Romasembrano riferirsi al terzo quarto del VII secolo91.I bacini sono attestati da 6 frammenti di orlo, per-tinenti ad altrettanti vasi. Il corpo ceramico pre-senta tessitura compatta e omogenea, superfici li-sciate, steccate, in particolare all’interno, caratte-rizzate da un ingobbio rosso scuro, in un caso lasuperficie interna presenta tracce di scialbatura.La particolare cura delle superfici indirizza versoun uso come contenitore di sostanze liquide92.Sono presenti 4 frammenti di orli a breve tesa deco-rati con solcature concentriche (Fig. 10.1-2) perti-nenti a forme con vasca schiacciata, del tipo diffusodalla seconda metà del VI secolo a.C.93. Il tipo consolcature concentriche è presente con quattro di-verse categorie dimensionali: tra questi è attestatoun esemplare di grandi dimensioni (diam. 51 cm),confrontabile con esemplari dal Palatino inquadra-bili tra il 500-475 a.C.94. Sono inoltre presenti 2frammenti di orlo ingrossato e aggettante (Fig. 10.3-4) che trovano puntuali confronti con esemplaridalla Civita di Tarquinia databili al VI secolo a.C.95

Tra le pareti si segnalano due frammenti pertinen-ti a contenitori di forma chiusa, caratterizzati dauna serie di fitte solcature orizzontali96. [B.G.]

IMPASTO ROSSO BRUNO

Rientrano in questa classe di produzione97 610 fram-menti caratterizzati da un corpo ceramico ricco diinclusi calcarei, micacei e augitici e di piccoli cristal-li di quarzo. Sono attestate un numero molto ridottodi forme, tutte strettamente legate all’ambito dome-stico, in particolare funzionali alla conservazione ealla cottura del cibo: in prevalenza olle e coperchi,

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

FIGURA 10 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Impasto

rosso: bacini (B.G.)

88 Per l’evoluzione della forma: CARAFA 1995, pp. 112-114.89 Palatino: CARAFA 1995, p. 115, fig. 259 (530/20 a.C.); Tempio

della Vittoria: FALZONE 2001b, p. 195, tav. 34.140; Ficana:BRANDT 1996, p. 217, fig. 139.83b; Cerveteri: M. Rendeli, inNARDI et al. 1993, p. 267, tav. 500.J34.2-4, con ulteriori riferi-menti bibliografici.

90 Pantano di Grano: DE SANTIS 1997, pp. 108-111, 135, fig. 26.2,con riferimenti; Picazzano: in DE SANTIS 1997, nota 33; MonteMichele: BOITANI 2001, p. 114, n. 8.3; Volusia: CARBONARA et al.1996, p. 47, fig. 78, la tomba è datata tra l’ultimo quarto delVII e la prima metà del VI secolo a.C.; Piazza d’Armi: V. Niz-zo, in VAN KAMPEN 2003a, p. 110, n. 156.

91 CARAFA 1995, p. 115, nn. 257 e 260, con riferimenti anche adulteriori esemplari da Veio – Picazzano (tombe XVI e XVII);gli esemplari romani si datano tra 650-625 a.C.

92 Sulla destinazione d’uso: NARDI 1993a, p. 367; ROSSI DIANA,CLEMENTINI 1988, p. 40.

93 CARAFA 1995, pp. 196-198.94 Gli esemplari di orli con solcature concentriche presentano

diam. di cm 16, 31, 36, 51. Per gli esemplari del Palatino: CA-RAFA 1995, p. 222, n. 623, con rimandi.

95 CHIARAMONTE TRERÈ 1999b, pp. 69-70, 73, tavv. 36.7, 38.5, nota138; in particolare, la presenza in contesto a carattere votivodel reperto 36.7 “conferma l’interpretazione più volte propo-sta per questi bacini quale suppellettile anche ritualmente im-piegata in occasione di offerte sacrificali”.

96 VPC 469/24.1 e 34.1 Entrambi presentano una scialbaturabiancastra diluita tanto all’interno quanto all’esterno.

97 Nel corso della storia degli studi sono state adottate varie de-nominazioni e classificazioni per definire questa peculiareproduzione di vasellame domestico, caratteristica dell’areaetrusco-laziale. Si veda da ultimo ARGENTO 2006, p. 356 e nota77 con bibliografia precedente.

contrariamente all’orlo a tesa dritta, che apparepeculiare dei tipi più antichi; dall’OrientalizzanteRecente la tesa sarà più o meno arrotondata e ar-ticolata88. Il frammento di orlo a tesa con solcatu-re concentriche trova precisi confronti con esem-

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

in misura ridotta ciotole-coperchio. Del tutto isolata,ma non eccezionale, in considerazione dell’ubica-zione del contesto di rinvenimento all’interno diun’area santuariale e alla stessa modalità di oblitera-zione del pozzo, appare la presenza di un’olletta aformato ridotto, del tutto simile a esemplari assaidiffusi in contesti votivi di periodo arcaico.98

La maggior parte dei frammenti significativi è per-tinente a olle. A differenza di quanto si è registra-to per le altre classi ceramiche attestate nel pozzo,non si è potuto ricostruire alcun profilo completo.Alla forma sono riferibili 35 frammenti di fondipiani e 2 di piedi a disco, con diametri compresitra i 6 e i 10 cm (in prevalenza, misuranti 7-8 cm);un frammento di fondo presenta all’esterno ungraffito a croce (Fig. 11.9)99.Sono inoltre pertinenti a olle 59 frammenti di or-lo, riferibili in generale a esemplari a corpo cilin-dro-ovoide (il 20% con tracce di esposizione alfuoco sulla superficie esterna), e suddivisibili inquattro gruppi tipologici:• gruppo A: orli estroflessi semplicemente arro-

tondati;• gruppo B: orli a profilo esterno obliquo o arro-

tondato;• gruppo C: orli estroflessi con fascia esterna rileva-

ta e profilo interno orlo-collo piatto o curvilineo;• gruppo D: orli estroflessi a fascia esterna

schiacciata verso la parete.Il gruppo A comprende 6 frammenti, con diametricompresi tra i 10 e i 18 cm ed è genericamente ri-feribile a un tipo di olla attestata, con numerosevarianti, in vari contesti del Lazio e dell’Etruriameridionale100 (Fig. 11.1). Dal punto di vista cro-nologico, il tipo dovrebbe esaurirsi entro la finedel VI secolo a.C.101

Il gruppo B comprende 19 frammenti, con diame-tri compresi tra gli 8 e i 26 cm, con maggiore con-centrazione tra i 12 e 14 cm (Fig. 11.2). Anche inquesto caso si tratta di una classe di olle ben atte-

98 P. Carafa pur non includendo nella sua tipologia i vasi minia-turistici, nota che essi erano prodotti in coarse ware: CARAFA

1995, p. 128.99 Ricorda un graffito presente nell’interno di una vasca di un piat-

tello acromo da Veio-Portonaccio, in cui sono visibili però solodue tratti convergenti ed un tratto orizzontale, motivo per il qua-le è stato interpretato come segno alfabetico: L. MINCIOTTI, REEin StEtr LXX, 2004, p. 289, n. 17. Per la presenza di segni a cro-ce sulla parete esterna di coperchi di impasto si veda anche: V.Acconcia, in DI MARIO 2005, p. 350, nn. 113-114, 116-121. O. CO-LAZINGARI, in ScAnt 10, 2000, p. 241, fig. 20.190, per un segno acroce su fondo interno di una ciotola dall’area sud-ovest del Pa-latino; Cerveteri: RENDELI 1993, p. 306, fig. 516.Kc25.3, per un se-gno a croce sul fondo di una ciotola-coperchio. Nel nostro casola presenza di graffiti in parti non visibile del vaso orienta per uncontrassegno di fabbrica (vedi avanti per altri tre graffiti di cuiuno è un segno alfabetico tutti realizzati all’interno di coperchi).

100 Rientrano nel tipo A del gruppo C di S. Omobono in partico-lare gli esemplari con profilo continuo: COLONNA 1963-1964,

p. 15, fig. 6; Tarquinia: BONGHI JOVINO 1997a, pp. 53-54. Si ve-da recentemente per gli scavi dell’Auditorium: ARGENTO

2006, pp. 358-359.101 ARGENTO 2006, p. 357, ma a Tarquinia la variante con collo a

profilo interno piatto sembra ancora attestata nella prima metàdel V secolo a.C.: CHIARAMONTE TRERÈ 1997a, pp. 53-54, tipo 1 C.

102 Rientra nei tipi B e C del gruppo C di S. Omobono: COLONNA

1963-1964, p. 18, fig. 9, p. 19, fig. 10. Confrontabile con Tar-quinia tipi 3A-C: CHIARAMONTE TRERÈ 1999b, pp. 54-56. In parti-colare per gli esemplari a profilo esterno appiattito obliquo siveda Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, figg.28. H6-8 e 32. B7; Stigliano: ZIFFERERO 1980, tav.13.1; Roma: CA-RAFA 1995, p. 155, n. 370; Roma Auditorium: ARGENTO 2006,tavv. 5.46 e 7.61a-b (in contesti stratigrafici datati tra 550-490a.C.); Ficana: BRANDT 1996, fig. 125.41; Tarquinia: CHIARAMONTE

TRERÈ 1999b, tav. 15.13. Cerveteri: RENDELI 1993, tav. 503.Ka3.2.Per gli esemplari a profilo esterno arrotondato: Stigliano: ZIFFE-RERO 1980, tav. 13.6; Tarquinia: CHIARAMONTE TRERÈ 1999b.

stata nel Lazio e nell’Etruria meridionale, la cuidiffusione si data a partire almeno dalla secondametà del VI secolo per continuare a persistere for-se fino al IV secolo a. C.102

Nel gruppo C, che comprende il numero maggio-

FIGURA 11 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Impasto

rosso-bruno: olle (G.C.)

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re di esemplari (27 frr.), rientrano le olle con orloa mandorla e a profilo uncinato e collo distinto103.I vasi sono caratterizzati sia da alto che da bassocollo. Si possono distinguere tre diverse categoriedimensionali: un formato piccolo, rappresentatoda un esemplare con diametro di cm 12; un for-mato medio, con esemplari di 14-16 cm di diame-tro; un formato grande, con esemplari di 18-22cm di diametro. Il confronto più diretto può esse-re istituito con le olle ovoidi in coarse ware rinve-nute a Casale Pian Roseto104.L’olla con orlo a mandorla (Fig. 11.3-5), attestata nelcontesto del pozzo di Piano di Comunità anche nel-la variante in impasto rosso e in internal slip-ware,è una forma di lunga durata che abbraccia un arcocronologico piuttosto ampio (almeno dagli inizi delVI secolo al IV secolo a.C.) ed è ampiamente diffu-sa nel Lazio, nell’Etruria meridionale e a Roma105.L’olla con orlo a profilo uncinato e collo distinto(Fig. 11.6-7) trova confronto, oltre che a Veio-Ca-sale Pian Roseto, anche a Tarquinia; vasi morfolo-gicamente simili sono presenti inoltre a Cerveterinella versione con rivestimento interno e a Stiglia-no106. Dal punto di vista cronologico anche que-sto tipo dovrebbe avere un excursus che va dagliinizi del VI al IV secolo a.C. In particolare a Tar-

quinia i dati stratigrafici fanno pensare a un floruitdella produzione nell’ambito del V-IV secolo.Il gruppo D è rappresentato da un solo esempla-re (Fig. 11.8) e trova un confronto puntuale a Tar-quinia, in contesto stratigrafico che non va oltre ilV secolo a.C. È stato ipotizzato che questo tipo diolle fosse utilizzato per essere sospeso, vista ladifficoltà di presa offerta dall’orlo e la mancanzadi anse107.Due soltanto le olle a corpo cilindro-ovoide checonservano in parte il profilo, entrambe prive del-l’orlo. La prima, decorata lungo il perimetro di ba-se da un cordone digitato (Fig. 11.10), rientra inun tipo ben documentato tra la fine del VII e il VIsecolo in area etrusca e laziale; la seconda appar-tiene a una variante miniaturistica, ampiamenteattestata nei depositi votivi del Lazio e di Roma108

(Fig. 11.11).A ciotole-coperchio sono riferibili 1 esemplareparzialmente ricostruibile con piede ad anello sa-gomato e orlo indistinto arrotondato (Fig. 12.1), 4frammenti di piede e 5 di orlo, con diametri chevanno dai 17 ai 19 cm.109. Gli esemplari attestatinel nostro complesso sono attribuibili a ciotole avasca schiacciata110, attestate anche a Casale PianRoseto111.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

103 Confrontabile con Tarquinia tipi 4B, 4C: CHIARAMONTE TRERÈ

1999b.104 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 112, fig. 27.G. Il confronto

è valido in particolare per gli esemplari a collo alto. È da nota-re che gli esemplari di Casale Pian Roseto del gruppo G pre-sentano superficie interna grezza. Sempre a casale Pian Rosetovi è sostanziale corrispondenza morfologica tra le olle in coar-se ware e quelle in internal slip-ware. A Tarquinia non sembrainvece essere attestata la produzione di olle con rivestimentointerno. È presente invece precocemente la produzione di ollecon superficie interna lisciata, con caratteri morfologici simila-ri, già dalla prima metà del VI a.C.. In base a questa considera-zione, e al fatto che l’olla con superficie interna lisciata è atte-stata a Roma tra la metà del VI e i primi del V secolo a.C., laChiaramonte Trerè suggeriva un rialzamento cronologico dellaclasse, la cui apparizione viene tradizionalmente inquadratanon prima della metà del V secolo a.C.: CHIARAMONTE TRERÈ

1999b, pp. 56-59. Nel recente scavo dell’Auditorium è stato pe-rò notato, negli strati relativi alle fasi 2 e 3 del periodo 2 (com-prese tra la metà del V secolo e al massimo gli inizi del IV se-colo a.C.), “[...] l’assenza delle olle contraddistinte da caratterimorfologici più evoluti, quali l’orlo a mandorla schiacciata bre-ve o sviluppato, che attingono al repertorio formale dell’inter-nal slip-ware, che è stata invece rinvenuta frequentemente inassociazione con la vernice nera”: ARGENTO 2006, p. 361.

105 Esemplari del tutto analoghi a quelli rinvenuti nel nostrocontesto sono presenti a Casale Pian Roseto: MURRAY THREI-PLAND, TORELLI 1970, p. 112, fig. 27.G11-18; dalle pendici set-tentrionali del Palatino: CARAFA 1995, pp. 159, nn. 387, 396. Iltipo 387 è presente in stratigrafie datate tra il 600/590 e il 450a.C., il tipo 396 in stratigrafie datate tra 550 e 450 a.C.. S.Omobono: COLONNA 1963-1964, p. 18, fig. 9.107; la forma èattestata anche dai recenti scavi dell’Auditorium di Roma:ARGENTO 2006, pp. 359-360, tav. 8.63 a-c, p. 357, tav. 7.61 c.Il tipo 61 c dell’Auditorium è presente solo nella fase 2 delperiodo 1 (ca. 550-490 a.C.), mentre il tipo 63 a-c perduraaddirittura dalla metà del VI alla fine del III secolo; insedia-

mento di Acquafredda, Fase 3 (ca. 450/25 – 390 inizi IV se-colo): DAMIANI, PACCIARELLI 2006, p. 521, fig. 214.1-2; Cervete-ri: RENDELI 1993, tav. 509.Kb13.1-2, 5.

106 Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 112,fig. 27. G.1-9; Tarquinia: CHIARAMONTE TRERÈ 1999b, tav. 17.7-8; Cerveteri: RENDELI 1993, tav. 510.Kb15.2-3; Stigliano: ZIFFE-RERO 1980, tav. 12.5 (in impasto tardo ceretano, ma affine al-le forme in internal slip-ware).

107 CHIARAMONTE TRERÈ 1999b, p. 59, tav. 20.1.108 Il vaso è stato rinvenuto nella camera C del pozzo. Confron-

tabile in particolare con un esemplare da S. Omobono: CO-LONNA 1963-1964, p.29, fig. 16,48. Il profilo è simile a quellodi un esemplare dal Timber Building di Veio (MURRAY THREI-PLAND 1963, fig. 7.3). Al tipo sono assimilabili due esemplarida Piazza d’Armi pertinenti a vasi di medie dimensioni, ilmaggiore con foro intenzionale sul fondo (cfr. VAN KAMPEN

2003a, p. 114, schede 166-167, con ulteriori confronti).109 L’esemplare ricostruibile presenta una lieve risega al disotto

dell’orlo. I frammenti pertinenti a fondi presentano i seguen-ti diametri: tra 5 e 17 cm i fondi con piede ad anello sago-mato, 7 cm l’unico fr. di piede ad anello. Sono attestate le se-guenti varianti di orlo: semplicemente arrotondato (2 frr.); in-grossato e arrotondato superiormente distinto; appiattitoesternamente; leggermente ingrossato e appiattito.

110 Per l’inquadramento di questo gruppo: CARAFA 1995, pp. 172-174. Dal punto di vista cronologico all’assottigliamento del-l’orlo dovrebbe corrispondere una maggiore recenziorità. Siveda anche: ZIFFERERO 1980, pp. 25-30. Quest’ultimo studiosobasa l’inquadramento tipologico più che altro sulle caratteri-stiche del piede. Si veda anche recentemente: ULISSE 2005,pp. 59-60 con bibliografia precedente. Dal punto di vista cro-nologico la forma è particolarmente attestata tra ultimo quar-to del VI e primo del V secolo a.C., pur essendo presente findalla seconda metà del VII secolo a.C. e arrivando fin i primidecenni del IV secolo a.C.: BOUMA 1996, pp. 383-384.

111 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 109, fig. 24A; si veda an-che Cerveteri: RENDELI 1993, tav. 516.Kc24, tav. 517.Kc30.

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

112 I confronti più puntuali, per la caratteristica del bordo ingrossa-to più o meno volto all’insù si hanno con Casale Pian Roseto:MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 110, fig. 25.C1-5. Presentiin misura minore bordi arrotondati ingrossati o assottigliati.

113 Confrontabile con un esemplare dalla pendici settentrionalidel Palatino, attestato nelle attività 52 e 53 (530/520 – 500a.C.): CARAFA 1995, p. 195, tipo 518 senza solcatura interna. Ilgraffito è composto da linee con andamento orizzontale everticale che disegnano una sorta di reticolo in cui nella par-te centrale si sovrappongono altri segni che formano dei ver-tici: per un motivo composto da linee verticali e orizzontaliche si intersecano sull’esterno di una ciotola vedi: S. Falzone,in PENSABENE et al. 2000, p. 210 fig. 14.82.

114 Il primo è edito in CIE 2006, p. 19, n. 6334. Numerosi i graf-fiti rinvenuti a Casale Pian Roseto su bucchero e coarse wa-re. In particolare cfr.: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 90,fig. 5.G8, p. 91, fig. 6.K9 su bucchero; p. 110, fig. 25.C6 supomello di coperchio.

115 Dal riconoscimento della classe negli anni ’60 e ’70 del seco-lo scorso le testimonianze di internal slip-ware sono aumen-tate e di pari passo con loro gli studi sulla produzione e sul-la cronologia della classe ceramica. Per un inquadramento sirimanda a CASCINO, DI SARCINA 2008. Con l’occasione ringra-zio le autrici per aver potuto consultare anticipatamente il lo-ro contributo. Recentemente un approccio più attento alle

implicazioni funzionali legate ai sistemi alimentari della cera-mica d’uso comune ha rivalutato la classe dell’internal per laparticolare cura nella impermeabilizzazione delle pareti (perl’approccio ZIFFERERO 2004, p. 261; STANCO 2001, p. 103 per latecnica e la destinazione d’uso). Per la frequenza in contestisacri di vasi in internal con iscrizioni, che tra l’altro sono as-senti tra gli esemplari del pozzo, e interpretati come ex-voto:PENSABENE et al. 2000, p. 220 ss.

116 CASCINO, DI SARCINA 2008: una prima produzione con tessitu-ra compatta, superfici lisciate e a volte steccate con unaspessa ingubbiatura all’interno e all’esterno dell’orlo, chepuò variare dal bianco al giallo crema ritenuta il gruppo piùantico e una seconda caratterizzato da un impasto più fine egeneralmente di colore arancio, pareti più sottili e scialbatu-ra di colore bianco meno resistente, con l’eccezione che aPian di Comunità l’ingobbio è di color albicocca.

117 La particolare attenzione nel trattamento con un’accurata li-sciatura delle superfici interne si riscontra anche tra il mate-riale di impasto grezzo arcaico sempre dal pozzo 469. Re-centemente è stata sottolineata una certa continuità nella tec-nica di impermeabilizzare le pareti, dal periodo tardo arcai-co, legata anche agli usi alimentari, sia a Veio che a Caere eRoma. Non a caso questa tecnica si riscontra con maggiorfrequenza tra le olle inseribili nella prima produzione (vedinota precedente). CASCINO, DI SARCINA 2008.

FIGURA 12 Veio, Piano di Co-

munità: pozzo. Impasto

rosso-bruno: coperchi (G.C.)

I coperchi presentano profilo più o meno schiac-ciato, e hanno diametri compresi tra i 12 e i 29cm. Sono attestati: un esemplare integro (Fig.12.2), 5 parzialmente ricostruibili, 63 frammenti diorlo di cui 7 con tracce di esposizione al fuoco112.Tra questi ultimi, si segnala un frammento di co-perchio a vasca profonda, con orlo ingrossato,provvisto all’interno di un graffito composto dauna serie di linee disposte a reticolo (Fig. 12.3)113.Sempre a coperchi sono pertinenti 5 prese a bot-tone sagomato. Tra queste, sono presenti dueframmenti che presentano graffiti all’interno dellacalotta: rispettivamente, la lettera M (Fig. 12.4) eun motivo a raggiera (Fig. 12.5)114. [G.C.]

INTERNAL ED EXTERNAL SLIP-WARE

La classe115 comprende 210 frammenti, il 52% co-stituito da orli e fondi. A eccezione di quattro va-si ricostruiti, solo uno integralmente, la maggiorparte dei frammenti sono di piccole dimensioni enon presentano attacchi.Le caratteristiche degli impasti, ricchi di quarzo,augite, calcare e mica, fanno rientrare i frammentidi Piano di Comunità all’interno delle due produ-zioni recentemente individuate attraverso l’analisidei materiali provenienti dalla survey della BritishSchool116. La tecnica del rivestimento prevedespesso il trattamento a lisciatura delle superfici in-terne, al contrario quelle esterne sono lasciategrezze e ruvide al tatto117.I frammenti diagnostici superano raramente il 17%della loro misura originaria e solo il 30% degli orliconserva l’attacco della spalla. La forma predomi-nante è l’olla, irrilevanti le forme aperte con co-perchi (tre frammenti) e scodelle (un frammento).

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

Nonostante sia auspicabile affrontare l’esame diqueste forme ceramiche evitando la classificazionedegli orli che non sono diagnostici al fine di unascansione cronologica, data la natura dello scarico,si è proceduto a un’analisi tipologica basata sulconfronto con materiali provenienti da contesticon un inquadramento cronologico più preciso118.Per quanto riguarda le olle, sono rappresentati 38esemplari di forme e dimensioni diverse, ma ben in-quadrabili in ambito veiente: la maggior parte si in-serisce in una produzione di lunga durata, dal V alIII secolo a.C.; 7 olle invece possono più puntual-mente inquadrarsi tra il IV e la fine III secolo a.C.Il primo gruppo è costituito da 7 frammenti perti-nenti a olle ovoidi, con diametri dell’imboccaturacompresi tra 11 e 16 cm, breve orlo svasato estro-flesso e arrotondato119 (Fig. 13.1), a volte lieve-mente pendulo120 (Fig. 13.2). Il tipo è attestato in

Etruria, a Roma e nel Lazio in un’ampia forbicecronologica, tra il V e il III secolo a.C.121

Il secondo gruppo, più rappresentativo, è costituitoda 34 orli a mandorla più o meno ingrossata e arro-tondata, del tipo associato a olle cilindro-ovoidi concollo svasato122. È stato possibile ricostruire parzial-mente un esemplare con imboccatura di 14 cm didiametro e spalla molto ampia123 (Fig. 13.3), similead altra olla con imboccatura di 16 cm124. Nello stes-so gruppo si inseriscono 10 frammenti, con diame-tro all’imboccatura compreso tra 14 e 17 cm, ricon-ducibili ad almeno sette olle con orlo a mandorlaingrossata (Fig. 13.4); tra questi, tre esemplari mo-strano tracce di ingobbio solo sulla superficie ester-na125. Diffuse in ambiente etrusco e laziale sonopresenti in grande quantità e con molte varianti aVeio-Casale Pian Roseto, Porta Nord-Ovest e PiazzaD’Armi126. Morfologicamente affine ma di maggiori

118 Ai contesti in cui tradizionalmente è segnalata la presenza diinternal slip-ware si aggiungono: Roma, Palatino pendicisettentrionali, dalla fossa nella domus Regis sacrorum IV-IIIsecolo a.C., CHERUBINI 2004; Acquafredda: II fase dell’insedia-mento datata al 450/425-375, dal pozzo e dal fossato G: DA-MIANI, PACCIARELLI 2006, pp. 521 ss; Fattoria dell’Auditorium:DI GIUSEPPE 2006, p. 393 ss., IV-III secolo a.C.; Via Portuense:H. Di Giuseppe, in DI GIUSEPPE, SERLORENZI 2008, pp. 8-9; viaAurelia: con materiali di V - prima metà IV secolo a.C., D.Rossi, in TOMEI 2006, p. 527; Palestrina: con materiale di V-IV/inizi III secolo a.C., D. Pietrafesa, in GATTI, CETORELLI SCHI-VO 2003, pp. 102-103.

119 Tipo ben attestato nel vasellame da cucina in impasto grezzodella piena età arcaica, di larghissima diffusione nel Lazio enell’Etruria meridionale, di durata piuttosto ampia. Avvicina-bile al tipo B di Sant’Omobono (COLONNA 1963-1964, p. 17,fig. 8.100); a Roma: CARAFA 1995, p. 154, n. 370; Auditorium:ARGENTO 2006, tav. 9.69 a-d (500-350/300 a.C.); a Lavinium:dallo strato D del santuario delle Tredici Are (CASTAGNOLI etal. 1975 II, pp. 70 e ss.), e dall’ambiente I dell’edificio arcai-co, strato di crollo datato entro i primi decenni del V secoloa.C. (M. Guaitoli, in Enea nel Lazio 1981, p. 183, D 45 e 46);Cerveteri: ENEI 1993, tavv. 34.14, 35.2; RENDELI 1993, p. 294,tav.510.Kb16.4 (550-490 a.C.); l’uso è attestato dalla metà delVI secolo a.C. ai primi decenni del V secolo a.C.

120 Veio: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 117, fig. 32. B13;Cerveteri: RENDELI 1993, p. 284, tav. 505.Ka15.13 (550-490a.C.); ENEI 1993, tav. 35.4; Acquarossa: LUNDGREN, WENDT

1982 , tav. 15.168 (VI secolo a.C.); Gravisca: GORI, PIERINI

2001b, tav. 39.396 (V secolo a.C.); Roma Auditorium: ARGEN-TO 2006, tav. 9.70 (500-400/350 a.C.).

121 Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 116,fig. 31.A15, ma con spalla più ampia, p. 117, fig. 32.B8 in in-ternal-external slip-ware (530-350 a.C.); TORELLI 2001, p. 129,fig. 8, olla in internal ma già pubblicata come coarse ware inMURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 112, fig. 27.G23; Roma,Palatino: PENSABENE 1984, p. 155, fig. 5.20; Auditorium: DI GIU-SEPPE 2006, tav. 33.289-290 (IV-III secolo a.C.); Caere: V. Bel-lelli, in CRISTOFANI 2003, p. 54, fig. 40.385, dallo strato 9 a delsettore Est della Residenza con materiali tardo arcaici; Satri-cum: BOUMA 1996, tav. XCIX.j664, e vicino a 671, dallo strato 8datato al 440/430-375 a.C.. Narce: POTTER 1976, p. 278, fig.98.868 (ca. 400-240 a.C.); Antemnae: BUONFIGLIO, D’ANNIBALE

1994-1995, p. 268, fig. 101.8-9 (V-III secolo a.C.); Lavinium:CASTAGNOLI et al. 1975, p. 430, fig. 501.75, con collo meno svi-luppato; Cosa: DYSON 1976, fig. 2.CF24, CF26 (275-150 a.C.).

122 Per il profilo: Veio: Casale Pian Roseto, MURRAY THREIPLAND,TORELLI 1970, p. 116, fig. 31. A3; Campetti, POHL, TORELLI

1973, p. 221, fig. 103.50 dal ‘Pozzo’; Gravisca: GORI, PIERINI

2001a, tav. 46.502.123 Invv. VPC469/01/ 14.7; VPC469/01/ 14.8; VPC469/01/ 14

s.n.; VPC469/01/ 22 s.n.. I frammenti provengono dalla can-na del pozzo da -3,50 m a -5 m.

124 Questa forma è attestata nella produzione degli impasti grezziin contesti tardo-arcaici diffusamente a Roma, nel Lazio e inEtruria: BUONFIGLIO, D’ANNIBALE 1994-1995, p. 267, fig. 101.11,con bibliografia. Confronti puntuali con esemplari in internalslip-ware da Veio Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TO-RELLI 1970, p.116, fig.31.A17; a La Giostra datati tra la fine delVI e l’inizio del IV secolo a.C.: MOLTESEN, BRANDT 1994, p. 127,fig. 80.262-264; Satricum: BOUMA 1996, tav. XCIX. J666 dallostrato 10 datato al 375-200 a.C.; BORRELLO et al. 2006, p. 409,fig. 15.140-144 datati entro la fine del IV secolo a.C.

125 Nell’occuparsi dei materiali da Veio Casale Pian Roseto ac-canto all’internal slip-ware la Murray Threipland ha indivi-duato una produzione di olle ingubbiate sia all’esterno cheall’interno (MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 117, fig. 32B). Le pareti di queste olle hanno uno spessore max. fino a0,8 cm.

126 Veio: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 116, fig. 31.A10-14contesto di lunga durata (550-350 a.C.). I confronti si istitui-scono con le olle più antiche per il collo poco sviluppato:MURRAY THREIPLAND 1963, p. 55, fig. 14.2-4, soprattutto per si-mili dimensioni dell’imboccatura e per il profilo del corpo,datate almeno alla fine del V secolo a.C. con proposta di rial-zare la datazione alla metà dello stesso secolo; POHL, TORELLI

1973, p. 221, fig. 103.III39, dallo strato III terra bruna (V-fineIII secolo a.C.); BARTOLONI 2004, p. 196, fig. 5.6, fase III del-l’edificio B datato almeno all’inizio del V secolo a.C. (510-480 a.C.). Diffuso anche in contesti romani e etruschi: Palati-no: PENSABENE 1984, p. 155, fig. 5.21; D. Rossi, in TOMEI 2006,p. 527, II.1081, da un’abitazione sulla via Aurelia Km 13.200datata alla fine del VI-prima metà del IV secolo a.C.; DAMIA-NI, PACCIARELLI 2006, fig. 214.1, tra i materiali della fase 3 del-l’insediamento di Acquafredda (450-425/inizi IV secolo a.C.);Palestrina: D. Pietrafesa, in GATTI, CETORELLI SCHIVO 2003, p.103, fig. XV.28, da una fossa votiva del santuario loc. S. Lu-cia, precedente la ristrutturazione di IV-inizi II secolo a.C.;DUNCAN 1965, p. 157, fig. 12.A94; Satricum: BOUMA 1996, tav.XCIX. J665, J674, dallo strato 10 datato al 375-200 a.C.; TAM-BURINI 1987, tav. V, fig. 29 da Orvieto-Cannicella senza dati dirinvenimento; Pyrgi: SERRA RIDGWAY 1970, p. 512, fig. 386.17;RICCIARDI 1988-1989, p. 198, fig. 58.108, “dalla parte finaledello strato del deposito sparso all’esterno del lato N dell’al-tare”, insieme ad altro materiale assegnato alla fine del IV-primo trentennio del III secolo a.C.

83

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

dimensioni è un’olla cilindro-ovoide mancante delfondo127 (Fig. 14.1) e un’altra rappresentata da 3frammenti, con imboccatura di 28 cm; attestati incontesti che scendono fino alla fine del III secoloa.C., contenitori di questo formato erano destinatiall’immagazzinamento delle derrate alimentari128.Nel gruppo si distinguono 22 frammenti pertinentia olle cilindro-ovoidi con diametro all’imboccaturacompreso tra i 12 e i 20 cm, breve collo svasato conorlo a mandorla nettamente distinto, spigolo inter-no al raccordo tra corpo e collo del contenitore129.Accanto a un esemplare integralmente ricostruito130

(Fig. 13.5), se ne possono isolare altri 11, di cui 4 amandorla ingrossata131, attestati in contesti di piùlunga durata che scendono fino al IV secolo a.C.Nello stesso gruppo si inserisce un’olla in externalslip-ware ricostruita per la metà superiore, con dia-metro dell’imboccatura di 18 cm, che per le caratte-ristiche del profilo (spalla ampia, corpo espanso)rappresenta una tappa intermedia tra la produzionesub arcaica di olle a corpo ovoidale e quello cilin-dro-ovoidi con alto collo caratteristiche della tardaproduzione in internal slip-ware132 (Fig. 13.6).Con lo stesso trattamento sulla superficie esternasi registra un altro orlo dello stesso tipo con dia-

FIGURA 13 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Internal-

external slip-ware : olle

(M.R.L.)

127 Invv. VPC 469/55 s.n; VPC/469/58.1; VPC/469/60 s.n.;VPC/469/61 s.n.; VPC/469/63 s.n.; VPC/469/64 s.n.;VPC/469/76.270. I frammenti provengono dalla canna delpozzo ad una profondità compresa tra -5 e -5,40 m, dalla ca-mera B a -5,40 m e dalla camera A. Alt. cons. 40 cm, diam.orlo 23 cm. Sulle pareti esterne si nota una spessa concre-zione di colore chiaro.

128 Confronti puntuali con le olle da Veio-Casale Pian Roseto in-quadrabili in un orizzonte avanzato del IV secolo a.C.: MUR-RAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 116, fig. 31.A2 senza le solca-ture sul corpo, ibidem, 117, fig. 32.B5; COMELLA, STEFANI 1990,tav. 58.M192; MOLTESEN, BRANDT 1994, p. 127, fig. 80.267; PEN-SABENE et al. 2000, p. 242, fig. 20.205 (V-III secolo a.C.). Oltread essere tutte olle di grande formato sono contraddistinte daun alto collo a imbuto e profilo cilindro ovoide.

129 Si tratta degli esemplari con orlo a profilo adunco assimilabi-li agli Hooked Rims caratteristici delle produzioni di Veio diV-III secolo a.C.: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 84.

130 Alt. 14,4 cm; diam. orlo 12,4 cm; diam. fondo a base piana6,9 cm; lo spesso ingobbio che ricopre le superfici internedel vaso e dell’orlo è stato passato senza cura anche al disotto. All’interno il colore dell’ingobbio non è uniforme maappare scuro, di colore violaceo, in corrispondenza delle zo-ne sottoposte a forte esposizione al fuoco testimoniate daimpronte di focature sulle pareti esterne. Invv. VPC 469/4s.n.; VPC/469/7 s.n.; VPC/469/7.2-3; VPC/469/7.6; VPC/469/9s.n.; VPC/469/9.93; VPC/469/9.102 a- b; VPC/469/13.11;VPC/469/13 s.n.; VPC/469/22.16; VPC/469/26.3; VPC/469/46s.n.; VPC/469/47.46; VPC/469/65.263;VPC/469/50s.n.;VPC/469/67.41. I frammenti che compongono il vaso pro-vengono dalla canna del pozzo da 0 a -5 m dalla camera Bda -5 m e dalla camera C. Confronti puntuali soprattutto inambito veiente a Casale Pian Roseto (MURRAY THREIPLAND, TO-RELLI 1970, p. 116, fig. 31.A22), Campetti (POHL, TORELLI 1973,p. 221, fig. 103.52, dal ‘Pozzo’; fig. 103.405-200, dallo stratovotivo V) e tra gli impasti del deposito votivo di Macchia-grande (MURRAY THREIPLAND 1969, p. 12, fig. 7.18-20).

131 MURRAY THREIPLAND 1963, p. 55, fig. 14.1-3; DUNCAN 1965, p.

157, fig. 12.A87-88; DAMIANI, PACCIARELLI 2006, fig. 214.2, tra imateriali della fase 3 dell’insediamento di Acquafredda (450-425/inizi IV secolo a.C.); per quelli a mandorla ingrossata:MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 117, fig. 32.B15; POHL,TORELLI 1973, p. 221, fig. 103.III58; MURRAY THREIPLAND 1963,p. 55, fig. 141.2-3; a Pyrgi, in SERRA RIDGWAY 1970, p. 512, fig.386.3; nel Lazio a partire dal V e per tutto il IV secolo a La-vinium: CASTAGNOLI et al. 1975, p. 432, fig. 502.81; Priverno:CANCELLIERI 1986, p. 154, fig. 9.11; Artena: LAMBRECHTS 1983,p. 205, fig. 20.244; Crustumerium: QUILICI, QUILICI GIGLI 1980,tav. L, 124; Antemnae: BUONFIGLIO, D’ANNIBALE 1994-1995, p.267, fig. 101.12-13; DUNCAN 1965, p. 157, fig. 12.A86; olle inimpasto grezzo della stessa forma da Viterbo, Poggio Giudio,tomba 1 con materiali datati tra il IV e il III secolo a.C., BAR-BIERI 1996, p. 24, nn. 80-81.

132 Invv. VPC 469/59 s.n.; VPC/469/66.275; VPC/469/69.2;VPC/469/69.5; VPC/469/70 s.n.; VPC/469/ 70.7;VPC/469/71.171; VPC/469/71.286; VPC/469/71 s.n.;VPC/469/76.37. I frammenti provengono dalla camera A delpozzo da -5,40 m a -5,70 m. Al di sotto dell’orlo si conserva-no l’impronta di due polpastrelli e una grossa goccia di ver-nice sul corpo. Ben lisciata all’interno con un ingobbio colorcrema che occupa solamente l’orlo, le pareti esterne lasciategrezze invece conservano tracce di focature.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

metro dell’imboccatura di15 cm. Come il tipo pre-cedente anche questo si inserisce nella produzio-ne veiente ritenuta più antica con fenomeni dilunga durata, sia per le caratteristiche dell’impastoche per la morfologia con collo svasato e orlo ar-ticolato esternamente a cordone, secondo alcuniper agevolare la presa133.A una fase più recente, a partire dalla fine IV-IIIsecolo a.C., possono essere invece assegnati i tipicon orlo mandorla più o meno schiacciata e concollo sempre più verticale. Il nucleo è costituitoda 5 frammenti pertinenti a quattro olle assimila-bili per la forma alle produzioni di età medio-re-pubblicana134, che presentano un diametro del-l’imboccatura compreso tra 14 e 16 cm, impastopiù fine tendenzialmente di colore rosso-arancioe pareti più sottili (Fig. 14.2). In un orizzonte cro-nologico più recente si inquadra invece il tipo diorlo a fascia schiacciata (Fig. 14.3), presente nelcontesto in esame in esigue quantità: 3 frammentiriconducibili a due olle distinte. All’imboccaturastretta con un diametro compreso tra 10 e 12 cmsi associa una maggiore verticalità delle pareti delcollo. Diffusa anche tra i prodotti in impasto grez-zo, si trova in Etruria e nel Lazio in contesti di abi-tato e sepolcrali135, associato a volte a olle di pic-cole dimensioni con orlo assottigliato. Di quest’ul-timo tipo si registra un solo frammento, con pare-ti molto sottili e con una fine linea incisa all’ester-

FIGURA 14 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Internal-

external slip-ware: olle e

coperchi (M.R.L.)

133 Di queste 12 olle di internal slip-ware quattro con imbocca-tura compresa tra 14 e 16 cm, con un impasto fine colorarancio e ingobbio color crema, si inseriscono nella secondaproduzione ritenuta più recente, CASCINO, DI SARCINA 2008.Nella Fattoria dell’Auditorium recipienti così caratterizzatisono destinati alla cottura dei cibi per le diffuse tracce dicombustione: DI GIUSEPPE 2006, p. 396.

134 Veio: POHL, TORELLI 1973, p. 221, fig. 103.III75 (Porta Caere,“strato III/terra bruna”, al di sotto dello “strato votivo”, mate-riali databili tra il V e fine III/inizi II secolo a.C.); COMELLA,STEFANI 1990, p. 161, tav. 58.M191 (santuario di Campetti, IV-III secolo a.C.); MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 116, fig.31.A3; Roma, Sant’Omobono: MERCANDO 1963-1964, pp. 62ss., tav. VII.9 (saggio c, strato III, fine III - inizi del II secoloa.C.), tav. IX.2 (seconda metà del III secolo a.C.); Palatino:PENSABENE 1984, p. 155, fig. 5.22; BORRELLO et al. 2006, p. 409,fig. 15.155 (datato entro la fine del IV secolo a.C.); Fattoriadell’Auditorium: DI GIUSEPPE 2006, tav. 33.292-293 (fine IV-IIIsecolo a.C.); Acquafredda: DAMIANI, PACCIARELLI 2006, p. 523,fig. 214.3, (450-425/inizi IV secolo a.C.); Cosa: DYSON 1976,p. 23, fig. 2.CF25, (275-150 a.C.); DUNCAN 1965, p. 151, fig.6.A14-18 (seconda metà del II secolo a.C.); MOLTESEN, BRANDT

1994, p. 127, fig. 80.261 datato entro la seconda metà del IIIsecolo a.C.; CASTAGNOLI et al. 1975, p. 430, fig. 501.73; Artena:QUILICI 1974, p. 82, fig. 33-35; LAMBRECHTS 1996, p. 61, fig.

27.124, dalla cisterna della piazza A (IV-III secolo a.C.); Valledel Mignone: STANCO 2001, p. 103 ss., fig. 4.12FF9.60 (Frassi-neta Franco, Monti della Tolfa, cunicolo, metà del III – metàdel II secolo a.C., “si riallaccia alla produzione di internal ”);Antemnae: BUONFIGLIO, D’ANNIBALE 1994-1995, p. 268, fig.101.15 (V-III secolo a.C.); Satricum: BOUMA 1996, tav.XCIX.J673 (375-200 a.C.); Narce: POTTER 1976, p. 278, fig.98.850 (ca. 400-240 a.C.); Cerveteri: M. Rendeli, in CRISTOFANI

2003, p. 114, fig. 51.1288, materiale tardo arcaico dalla cana-letta NS del settore Alfa (IV - prima metà del III secolo a.C.);Ostia: CARTA 1978, p. 59, fig. 72.38 (250-200 a.C.); Populonia:ROMUALDI 1984-1985, p. 483, fig. 44 a; Tarquinia: CAVAGNARO

VANONI 1996, pp. 121, fig. 32.27 (inizio III secolo a.C.); CAVA-GNARO VANONI 1977, p. 180, fig. 25.7, Monterozzi, tomba5801; H. Di Giuseppe, in DI GIUSEPPE, SERLORENZI 2008, p. 9,fig.14.18 (fine IV-III secolo a.C.) dal riempimento di una fos-sa, ritenuta rituale, dai livelli di fondazione della via Portuen-se; CHERUBINI 2004, p. 2 fig. 4 e p. 8 tabella 1, (fine IV-III se-colo a. C) da una fossa rituale nella domus Regis sacrorum.

135 Roma, S. Omobono: MERCANDO 1963-1964, pp. 64 ss., tav.VIII.1-2 (saggio c, strato III, fine III – inizi del II secolo a.C.);Tarquinia e territorio: con una notevole incidenza le olle ri-corrono nei corredi funerari che raramente scendono oltre lametà del III secolo a.C., Tarquinia Località Calvario la tomba5859 (Monterozzi), CAVAGNARO VANONI 1977, p. 189, fig. 35.1-8; CAVAGNARO VANONI 1996, p. 346, fig. 119.36, tomba 6093(intatta) utilizzata tra l’ultimo quarto del III-inizio II secoloa.C.; da Blera Località Casacce tomba 4, BARBIERI 2002-2003,p. 133, fig. 34.17 (secondo quarto del III secolo a.C.); daNorchia, “tomba della donna coi sandali”, G. Barbieri, inBARBIERI et al. 1996-1997, p. 349, fig. 17.8 datata alla fine delIV - primi decenni del III secolo a.C.; Populonia: cfr. con laceramica da cucina a pareti sottili, ROMUALDI 1984-1985, p.64, fig. 52.219, tomba E, inizi del III secolo a.C.

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85

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

no (Fig. 14.4)136. Solo 13 sono i frammenti di fon-di a base piana, riconducibili a nove contenitoricon diametro compreso tra 6 e 10 cm137.Per quanto riguarda le altre forme, si riconoscono3 frammenti pertinenti ad altrettanti coperchi diforma troncoconica con vasca poco profonda eorlo arrotondato (Fig. 14.5) o tagliato obliqua-mente138 (Fig. 14.6).A una scodella si può forse riferire un frammentocon orlo ingrossato139 (Fig. 14.7): la forma è atte-stata a Veio e Caere sia con ingobbio interno chein Coarse Ware. [M.R.L.]

DOLIA, PITHOI

Il pozzo ha restituito 20 frammenti di orlo e 77frammenti di parete pertinenti a contenitori daderrate, ma non è stato possibile ricomporre nep-pure parzialmente alcun esemplare.È rappresentato un esemplare di dolio a corpoglobulare, profilo continuo, orlo molto ingrossatoe arrotondato, riferibile a un tipo diffuso in arealaziale e etrusca in età orientalizzante e arcaica140

(Fig. 15.1).A più esemplari si riferiscono i 7 frammenti di or-lo ingrossato estroflesso con solcature concentri-che, che rientrano in una categoria di contenitoriben attestata in area laziale ed etrusca a partiredalla seconda metà del VII secolo a.C. fino allatarda età arcaica141 (Fig. 15.2-3).Altri 5 frammenti appartengono ad altrettanti con-tenitori a profilo continuo con orlo svasato in-grossato, arrotondato o appiattito superiormente.Il tipo ha un’ampia diffusione geografica e crono-logica: è attestato in Etruria e nel Lazio in contestidatati tra il VI e il III secolo a.C.142 (Fig. 15.4-5).Sei frammenti sono relativi a un tipo di orlo a cor-done ingrossato esternamente arrotondato, asso-ciabile a contenitori a profilo distinto; il tipo di ri-ferimento è attestato a Roma e nel Lazio tra il VI eil IV secolo a.C.143 (Fig. 16.1-2).

136 POHL, TORELLI 1973, p. 221, fig. 103.V110, dallo strato votivocon materiali di III-II secolo a.C.; ROMUALDI 1984-1985, fig.52.219 insieme a materiale proveniente da un pozzo datatotra il V e gli inizi del II secolo a.C. Orcioli miniaturistici mol-to simili sono diffusi nei corredi di III secolo a.C., alcuniesempi: P.A. Gianfrotta, in AA.VV. 1973, tav. LIX. 411, tombadi Via Cornelia (fine IV-III secolo a.C.); M. N. Gagliardi, in DI

MINO, BERTINETTI 1990, p. 89, n. 66, tomba 58 necropoli diGrottaperfetta (fine IV- III secolo a.C.).

137 Il rapporto orli/fondi è sproporzionato a vantaggio dei primi,anche i tre vasi ricostruiti per la metà superiore mancano delfondo.

138 PENSABENE 1984, p. 154, fig. 4.45; CARAFA 1995, p. 191, n. 517.139 Rispetto alle olle le scodelle, in generale le forme aperte han-

no una minore incidenza all’interno della classe dell’internal,tuttavia sono attestate a Veio (CASCINO, DI SARCINA 2008).

140 Pertinenti al dolio sono anche quattro frammenti di paretespesse 3,7 cm, diam. dell’orlo non calcolabile, forse 11 cm.Veio: MURRAY THREIPLAND 1963, pp. 45, 61, figg. 6.18. Ficana:

BRANDT 1996, p. 180, fig. 117.30 a, con bibl. prec.141 I diam. degli orli sono compresi tra 20 e 26 cm, lo spess. del-

le pareti tra 3 e 3,3 cm. Per un inquadramento: CARAFA 1995,pp. 230- 231. Per la fig. 2: QUILICI, QUILICI GIGLI 1986, tav.XLVII.11-12; BOUMA 1996, p. 162, tav. XXI.287; per la fig. 3:ARENA 2005, tav. XVII. 857, con riferimenti ai contesti di abi-tato di Crustumerium, Fidenae, Antemnae, Acqua Acetosa-Laurentina, Ficana, Acquafredda e Veio.

142 I diam. degli orli sono compresi tra 26 e 34 cm, lo spess. del-le pareti tra 2,3 e 2,5 cm. Cfr.: ENEI 1993, tav.34.9 361 e 8 188;MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 113, fig. 28. H16–18; DI

GIUSEPPE 2006, tav. 36.321; ARENA 2005, tav. XVII.858, conbibl. cit.

143 Cfr.: per la fig. 6: QUILICI GIGLI 1986, tav. XLXII. 8; QUILICI,QUILICI GIGLI 1978, p. 125, tav. XLVII. 11; per la fig. 7: ENEI

1993, tav.41.10 388; MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 114,fig. 29.J4. Da ultima: ARGENTO 2006, p. 371, nota 222, conbibl. cit., tav. 21.

FIGURA 15 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Dolia

(B.G.)

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

Un frammento di orlo profilato a ‘becco di civetta’(Fig. 16.3) è probabilmente pertinente a un pithos,forma ampiamente documentata a Caere dall’Orien-talizzante Antico144; alla forma possono riferirsi an-che 8 frammenti di parete con costolature verticalidocumentati, sempre in ambito ceretano, dalla se-conda metà del VII all’inizio del VI secolo a.C.145

Tra le pareti si segnalano 2 frammenti, probabil-mente appartenenti allo stesso contenitore, con leimpronte dei polpastrelli di una mano146 (Fig.16.4). [B.G., M.R.L.]

IMPASTO CHIARO SABBIOSO

Dagli strati di riempimento del pozzo provengono196 frammenti in impasto chiaro sabbioso, in par-te ricomponibili. Di questi, tre frammenti di orlosono riconducibili a forme chiuse, ventisei a for-me aperte.Fra le forme chiuse, due frammenti sono perti-nenti a due esemplari diversi di olle (Fig. 17.10),

mentre il terzo, molto deteriorato, appartiene auna brocca.Le forme aperte sono rappresentate da una mag-giore quantità di vasi, eterogenei per forma e tipo.Infatti sei frammenti sono riconducibili a scodellea fascia (pertinenti a cinque esemplari: Fig. 17.7);un frammento è pertinente a un piccolo coper-chio (Fig. 17.9); sono inoltre individuabili setteesemplari di mortai a fascia (Fig. 17.6), rappresen-tati ciascuno da un frammento; due bacini a orloingrossato: uno di cui sopravvivono due fram-menti, l’altro invece interamente ricomposto (Fig.17. 1); due frammenti corrispondenti a due diver-si esemplari di bacini a orlo ingrossato con mani-glie impostate verticalmente sull’orlo (Fig. 17.2);quattro frammenti di bacini con cordone plasticoliscio, pertinenti a due varietà dimensionali (Fig.17.3-4); tre frammenti di bacini di grandi dimen-sioni (Fig. 17.5).Sono presenti anche ventidue frammenti di fon-do, di cui sedici fondi piani e sei piedi ad anello;non tutti però hanno una porzione di profilo suf-ficiente a consentire con ragionevole certezza l’at-tribuzione a forme aperte o chiuse. Tra quellemaggiormente conservate si segnalano cinqueframmenti di piede ad anello attribuibili a mortai;un piede ad anello pertinente a una forma chiusa(probabilmente un’olla globulare, a cui sarebbeinoltre da attribuire un’ansa orizzontale); noveframmenti di fondo piano riconducibili a scodellea fascia e cinque dello stesso tipo pertinenti a for-me chiuse.Le anse conservate sono sette, di cui quattro a ba-stoncello e tre maniglie a sezione quadrangolare,con decorazione dipinta a tratteggio di colorebruno o rosso.Oltre ai frammenti significativi sono infine presen-ti 127 frammenti di parete, di cui uno con corpoceramico stracotto e due con decorazione dipintaa fasce all’interno.È stato possibile ricomporre interamente solo unesemplare di bacino (Fig. 17.1), mentre il restodel vasellame era in stato frammentario già al mo-mento della deposizione. La ricerca degli attacchiha permesso la ricomposizione di frammenti rin-venuti a profondità differenti, ulteriore indiziodella rottura dei vasi anteriore alla creazione deldeposito.Il materiale è databile, in base sia al repertorio diforme e tipi sia alle caratteristiche tecniche del-l’impasto che alla decorazione, nell’ambito del Vsecolo a.C.

FIGURA 16 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Dolia e

pithoi (B.G.)

144 Diam. 38 cm, spess. 2 cm. Cfr.: NARDI 1993d, fig. 539, M3.12,pp. 351 e ss. con dettagliata bibl. sulla diffusione geograficanell’area ceretana in contesti di abitato e funerari.

145 Per una sintesi sui pithoi si rimanda a DE LUCIA BROLLI, BENE-DETTINI 2000, p. 29.

146 Invv. VPC 469/10 s.n. e VPC 469/15.7.

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87

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

FIGURA 17 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Impasto

chiaro sabbioso (M.M.)

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

I tipi presentano nella maggior parte dei casi fortianalogie con il materiale proveniente da numero-si contesti veienti147 e fanno quindi parte a pienotitolo della produzione locale. Il ritrovamento diframmenti con colorazione alterata o deformati incottura (cioè veri e propri scarti: vedi infra) costi-tuisce invece una prova dell’esistenza di officinedi produzione a Veio, finora soltanto supposta inbase all’analisi morfologica dei vasi. La presenzadi scarti di lavorazione era, fino a ora, nota perquesta classe di materiali solo dalla Laurentina Ac-qua Acetosa, dove sono stati rinvenuti alcuniesemplari di brocche148, e a Pyrgi149.Va inoltre notata la stretta analogia di alcuni fram-menti con il materiale da Fidenae, che va a con-fermare la già nota influenza del centro etrusco suquest’area nel V secolo a.C.Confronti stringenti sono inoltre possibili conmateriale da contesti romani150: in particolare siveda l’analogia fra uno dei frammenti di olle pro-venienti dal contesto in esame (Fig. 13.10) edesemplari da Veio151 e Roma152. Altri confronti so-no possibili con frammenti da Ficana153 e da De-cima154: l’asse costituito dal fiume Tevere sembrainfatti aver svolto un ruolo importante nella cir-colazione di manufatti e archetipi formali, fin dal-le prime fasi della produzione. Per alcuni tipi siregistrano analogie su un raggio più ampio, chegiunge fino al territorio tarquiniese155 e cereta-no156.I vasi rinvenuti coprono la quasi totalità delle for-me funzionali relative a questa classe. I bacini,sia senza che con maniglie, avevano probabil-

mente un utilizzo generico di contenitori per me-scolare gli ingredienti durante la preparazionedel cibo. Gli scodelloni erano invece veri e pro-pri mortai157, utilizzati con macinelli, come testi-moniato dalle tracce d’uso costituite dalla forteabrasione sulla superficie interna, presenti anchesui materiali dal pozzo di Comunità. Per le olle,data la presenza frequente di decorazione pittori-ca che conferisce pregio estetico, è stato recente-mente ipotizzato un utilizzo come vasellame damensa, piuttosto che da dispensa158; dipinte era-no spesso anche le scodelle, la cui dimensione el’assenza quasi costante di tracce di usura parti-colari fa propendere per un utilizzo come piat-ti159. I thymiateria, infine, sono solitamente inter-pretati come oggetti legati all’uso cultuale, anchese l’assenza pressoché costante di bruciature harecentemente messo in discussione quest’idea160.I vasi in impasto chiaro sabbioso vengono rinve-nuti abitualmente in contesti sia di tipo domesti-co sia sacrale, ma va notato che forme come ilthymiaterion sono prevalentemente rinvenute inaree a carattere santuariale. Per quanto riguarda imortai, le fonti testimoniano come questi oggettifossero usati nella preparazione di pane: Panemdepsticium sic facito. Manus mortariumque benelavato. Farinam in mortarium indito, aquaepaulatim addito subigitoque pulchre161. Pane efocacce costituivano spesso offerte legate a divi-nità femminili162. In generale è estremamente fre-quente rinvenire ceramica in impasto chiaro sab-bioso all’interno di santuari: estesi repertori, rela-tivi anche a fasi più recenti, provengono infatti

147 Casale Pian Roseto (MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970: in par-ticolare per alcune forme chiuse: p. 106, fig. 21. G1-3; ma an-che per quanto riguarda forme aperte: p. 103, fig. 18. D5);Porta nord ovest (MURRAY THREIPLAND 1963, p. 59, fig. 17);Campetti (POHL, TORELLI 1973), ma anche da Piazza d’Armi(scavi Bartoloni, materiale inedito).

148 BEDINI 1990, p. 175, n. 13: la presenza di materiale deforma-to in cottura è stata considerata come indice di presenza diofficine anche in centri minori.

149 Si tratta di scarti rinvenuti all’interno dei pozzi ovest e sud epertinenti alla fase finale della produzione, in cui si fa piùsfumato il limite fra l’impasto chiaro sabbioso propriamentedetto e la ceramica comune romana (Pyrgi 1988-89, pp. 18-19, 109-110 e nota 147).

150 Roma, Palatino scavo presso il tempio della Magna Mater (inparticolare un confronto stringente per uno scodellone: PEN-SABENE 1985, p. 154, fig. 7.1); Roma, struttura ipogea sotto ilTempio della Vittoria (ANGELELLI 2001a); Roma via Nova – viaSacra (CARAFA 1995, ad esempio p. 240, 656); Roma S. Omo-bono (COLONNA 1962, in particolare p. 142, fig. 11. G).

151 Casale Pian Roseto: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 107,fig. 22, I 2.

152 Roma, struttura ipogea sotto il Tempio della Vittoria: ANGE-LELLI 2001a, tav. 56. 237.

153 Ad esempio con una scodella da Monte Cugno area 6a: CA-TALDI DINI 1981, p. 284, fig. 10. 13.

154 Un confronto è rappresentato da un bacino ad orlo ingrossa-to: GUAITOLI et al. 1974, fig. 21. 44.

155 L’analogia delle forme è visibile soprattutto nelle scodelle: edesempio GORI, PIERINI 2001a, tipo A, variante A1, tav. 1, 17.

156 Si veda ad esempio un frammento di scodella dai terrapienidi fondazione del tempio B (G. Colonna, in Pyrgi 1988-1989,p. 229, fig. 198).

157 MATTEUCCI 1986, in particolare pp. 249-250.158 ARGENTO 2006, p. 364.159 Per un’opinione diversa, che si basa sul ritrovamento di una

scodella con tracce d’ocra macinata al suo interno dagli sca-vi della Vigna Parrocchiale a Cerveteri, si veda V. Bellelli, inSGUBINI MORETTI 2001, p. 130 e fig. II.a.3.3.

160 In almeno un caso, tuttavia, è testimoniata la presenza di bru-ciature: si tratta di un esemplare dall’abitato della Doganella(MICHELUCCI 1984, p. 381, n. 3). Sulla funzione dei thymiateriasi veda inoltre TEN KORTENAAR 2005b, pp. 47-48, con bibl.

161 CATONE, De agri cultura, LXXIV.162 Fra le focacce ricordate nelle fonti si segnala il libum, legata

al cerimoniale dei sacrifici o delle feste religiose di cui Varro-ne (De Lingua Latina VII, 44.) ci tramanda che era confezio-nata da specifici fictores: Liba, quod libandi causa fiunt. Fic-tores dicti a fingendis libis. Catone (De agri cultura, LXXV) cisegnala, inoltre, che nella preparazione veniva utilizzato ilmortarium: Libum hoc modo facito. Casei P. II bene disteratin mortario [...]. Carna, antica divinità romana riceveva co-me offerta una polenta di farro e fave: in generale molti cul-ti legati a personificazioni femminili implicavano l’uso di of-ferte di cereali o derivati, da mettere in relazione con antichiriti propiziatori per una buona riuscita del raccolto.

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

dal Santuario delle XIII are di Lavinum163, da Sa-tricum164 e dalla stipe votiva di Casarinaccio, adArdea165.Molto frequente è anche il ritrovamento di vasel-lame in impasto chiaro all’interno di pozzi o ci-sterne: esempi coevi sono reperibili alla Laurenti-na. Nel caso del contesto in esame, tuttavia, laframmentarietà del materiale e la sua associazionecon cospicue quantità di vasi appartenenti ad al-tre classi costituisce un unicum nel panorama deicontesti finora conosciuti. [M.M.]

ANFORE DA TRASPORTO

Nello scavo sono stati rinvenuti pochi frammentidi anfore da trasporto: dal serbatoio provengono iframmenti di un’anfora samia166 (Fig. 18.1) del tipopiù antico (variante 1 della Grace)167, del primotrentennio del VI secolo a.C. Le recenti revisionidella classe, effettuate da F. Dupont e Gassner,sembrano aver lasciato ancora dei problemi irrisol-ti, relativi alla classificazione delle forme di questaproduzione168. In particolare P. Dupont, ha solle-vato nuovi dubbi sull’antico tipo samio della Gra-ce, sul tipo samio e protosamio di Zeest169 e sulleloro relazioni con le anfore milesie: per alcuni diquesti tipi lo studioso propone come centro diproduzione non Samos, bensì Mileto o l’area del-l’Egeo settentrionale (in particolare la Tracia)170.Recentemente R.F. Docter, sulla base dei rinveni-menti di Cartagine, dove le anfore samie risultanoattestate già nel terzo quarto del VIII secolo a.C.171,e di Toscanos, ha affermato che la cronologiad’inizio della produzione172, comunemente fissataalla fine del VII - inizi del VI secolo a.C., merite-rebbe una revisione173. In Etruria la variante 1 è at-testata da pochi esemplari da Cerveteri, senza con-testo e inediti, e da Vulci (Osteria, tomba 61 e 81Hercle, in contesti databili tra la fine del VII e ilprimo trentennio del VI secolo a.C.); altri rinveni-menti sono stati effettuati a Gravisca174, Regisvil-la175, Pisa, in Campania e nell’Italia settentrionale

FIGURA 18 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Anfore

(L.A.)

163 CASTAGNOLI et al. 1975.164 BOUMA 1996, in particolare tavv. CIX-CXII.165 MERLO 2005.166 Invv. VPC 469/31.179; VPC 469/32.s.n.; VPC 469/52.s.n.; VPC

469/54.s.n.; VPC 469/57.s.n.; VPC 469/58.s.n.; VPC 469/59.s.n.;VPC 469/60.s.n.; VPC 469/61 s.n.; VPC 469/64.247; VPC469/65 s.n.; VPC 469/67.33; VPC 469/68 s.n.; VPC 469/70 s.n.

167 Per la bibliografia delle anfore samie si rinvia a FORTUNELLI

2007, p. 268, nota 12. Sulle anfore samie dall’Etruria meridio-nale: BOITANI 1985, con bibl. cit.; RIZZO 1990, pp. 18, 80-81, n.1, fig. 125, 85, n. 1, fig. 137, 87, n. 1, fig. 144 e 356 (da Cer-veteri), 19-20, 110-111, fig. 213-214, 352, 117, n. 1, fig. 238(da Vulci), 122, n. 1-2, fig. 245, 355 (da Montalto di Castro);MORSELLI, TORTORICI 1985, pp. 33-35, fig. 8 (da Regisvilla); AL-BORE LIVADIE 1985, pp. 138-139, n. 1-4 (dalla Campania); e daultimo A. Corretti, in TANGHERONI 2003, p.354, sub n.16.

168 COOK, DUPONT 1998, p. 142 ss; GASSNER 2003, p. 123 ss.; DU-

PONT 2000.169 Bibl. cit. in DUPONT 2000, p. 58, nota 7.170 DUPONT 2000.171 DOCTER 2000, p. 69.172 Per la descrizione delle caratteristiche dell’argilla si rinvia al-

la bibl. cit. in DOCTER 2000, p. 69.173 A Cartagine le anfore samie sono attestate in strati dal 760 al

645 a.C.; una cronologia così alta sarebbe dovuta in parte an-che al fatto che le anfore fossero destinate al trasporto diolio, mentre quelle greco-orientali, destinate al trasporto delvino, sarebbero state importate in un data più recente, ac-compagnate da vasellame per bere, sempre di produzionegreco-orientale: DOCTER 2000, p. 69.

174 SLASKA 1985, p. 19, con bibl. prec.175 RIZZO 1990, pp. 19-20, 110-111, n. 1, fig. 213, 352, 119, n. 1,

fig. 241, 351. Per la tipologia vedi GRACE 1971.176 V. Bellelli, in CRISTOFANI 2003, p. 61, con bibl. cit.

(ad es. Mantova e Spina)176. Il rinvenimento in abi-tato non sorprende e trova confronto con le anfo-re samie rinvenute, ad es., nell’abitato di Pyrgi (ca-

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

sa delle anfore)177, a Cerveteri178 e a Fossa Nera,nel pisano179. Vari esemplari frammentari proven-gono dallo scarico arcaico della Vigna Parrocchia-le a Caere180. Le anfore samie, largamente diffusenel Mediterraneo a partire dalla fine del VII secoloa.C., vengono comunemente considerate conteni-tori oleari; la Di Sandro ha avanzato l’ipotesi, sullabase di alcuni bolli rappresentanti brocche e kan-tharoi impressi sulle anse di anfore di questa pro-duzione, che esse potessero fungere anche dacontenitori di vino181 (o altro, come ad es. la vale-riana)182.In Etruria, talora, anfore samie vengono rinvenuteprive della parte superiore, riutilizzate come con-tenitori aperti. È quanto accade, ad es., per l’anfo-ra samia rinvenuta a Caere-Vigna Parrocchialenello strato 14 (colmata che costituisce un settoredei terrapieni di fondazione del tempio), che èstata tagliata all’altezza della spalla per essere riu-tilizzata come contenitore aperto. Recentemente,un’altra anfora samia, volutamente tagliata percontenere un attingitoio di bucchero, è stata rin-venuta nella quarta deposizione del deposito rei-terato dell’area gamma del “complesso monu-mentale” di Tarquinia183.Dalla parte profonda della canna184 proviene unframmento di spalla con ansa di un’anfora da tra-sporto etrusca185 (Fig. 18.2) riferibile al tipo Py 4186

e al gruppo EMD di M. Gras187, che si data dall’ul-timo trentennio del VI a tutto il V secolo a.C. Sitratta di una delle forme più diffuse188, con dueconcentrazioni principali, dove sembra esistesserocentri di produzione: nell’area compresa tra i terri-tori di Vulci e Caere e nell’estrema Etruria setten-trionale, in particolare nel territorio pisano e versi-liese189. Il tipo è diffuso in Etruria meridionale (ades., a Pyrgi, Caere, Civitavecchia, Tarquinia, Gra-visca e Regisvilla)190 e ben attestato in Etruria set-tentrionale (Elba, Populonia, Isola di Capraia, Pisa,

Livorno ecc.), in Campania (ad es., a Cuma, Ca-pua, Calatia, Vico Equense, Castellammare di Sta-bia, Nuceria, Punta Tresino)191, in Sardegna192, inSicilia (Camarina, Lipari)193, in Spagna lungo le co-ste catalane194 e soprattutto nel Midi de la Gaule195,dove la diffusione è piuttosto ampia nei relitti di fi-ne VI e V secolo a.C. Oltre ai rinvenimenti in relit-ti, anfore di questo tipo costituiscono anche ogget-ti recuperati isolatamente lungo il litorale mediter-raneo francese (es., Agde – gisement V, Carnon,Grau-du-Roi, Îles d’Hyères, Chappe-Rayol, Sainte-Maxime, Saint-Raphaël) e nella Corsica meridiona-le196. Attestazioni sono presenti anche nell’Orientemediterraneo (Mileto)197. Il tipo sembra comparirenon prima del 530 a.C., avere la massima diffusio-ne nell’ultimo trentennio del secolo, quando sem-bra “sostituire” i tipi 3A e 3B, per poi proseguireper tutto il V secolo (gli ultimi esemplari sono deiprimi decenni del IV secolo a.C.)198. Il rinvenimen-to di frammenti di anfore tipo Py 4 nei terrapienidel tempio B di Pyrgi dimostra che il tipo circola-va almeno dal 520 a.C.199. Tra le attestazioni piùtarde possiamo citare quelle dalle inumazioni afossa di Satricum, la cui cronologia è stata giusta-mente ricondotta da G. Colonna e da F. Zevi ai de-cenni finali del V secolo a.C.200; inoltre le anfore ti-po Py 4 sembrano diffondersi a Nocera-Castellam-mare alla fine del secolo con qualche attardamen-to nella prima parte del IV secolo a.C. a Castellam-mare di Stabia201. Tra i recenti rinvenimenti di an-fore del tipo Py 4 non possiamo non citare il relit-to del Gran Ribaud F (Giens) che trasportava circa800-1000 anfore esclusivamente di questo tipo,chiuse con tappi di sughero e impilate in almenocinque strati. La produzione dei contenitori rinve-nuti nel relitto, che è stato datato dagli scavatori al500-475 a.C.202, è stata ricondotta in modo ipoteti-co alla zona di Caere 203. Anfore del tipo Py 4 sonotalvolta associate, come, ad es., nel relitto di Poin-

177 COLONNA 1985b, pp. 9-10, fig. 11. Sull’abitato di Pyrgi vedi daultima BELELLI MARCHESINI 2001b.

178 V. Bellelli, in CRISTOFANI 2003, pp. 61, n. 441, 63. L’esemplaredi Caere, datato 500-490 a.C., appare relativamente recenterispetto a quello di Veio.

179 Vedi infra.180 BOSS 1993, pp. 325-326, L34-38.181 Per la bibliografia si rinvia a FORTUNELLI 2007, p. 268.182 In una delle anfore samie da Gela: V. Bellelli, in CRISTOFANI

2003, p. 61, con bibl. cit.183 DURANTI 2001, pp. 43, fig. 52, 44; BAGNASCO GIANNI 2005a, p. 92.184 Da -3,50 a -4,70 m.185 Inv. VPC 469/11.60.186 PY 1985, pp. 78, 80-81, fig. 6.187 GRAS 1985, p. 329, fig. 46b; per la diffusione ibidem, pp. 333-

364.188 CIBECCHINI 2006, pp. 542-543.189 CIBECCHINI 2006, p. 543. Per la diffusione si rinvia alla cartina

edita in CIBECCHINI 2006, p. 544, fig. 5 ed alla lista edita allepp. 546-547.

190 MORSELLI, TORTORICI 1985, p. 32; SLASKA 1985.191 ALBORE LIVADIE 1985, pp. 132-133. Per la circolazione delle

anfore tra Pithecusa, Lazio ed Etruria, da ultima PETACCO

2003.192 BOTTO 2007, pp. 91-92, con bibl. cit.193 CIBECCHINI 2006, p. 547, con bibl. cit.194 BOTTO, VIVES FERRÁNDIZ 2006, pp. 146-147, 151, con bibl. cit.195 NARDI, PANDOLFINI 1985, p. 55.196 LONG 2002, pp. 71, n. 10, 72, nn. 22, 24, 26-28, 73, n. 40, 74,

n. 46, 75, nn. 55 e 62, 76, n. 67.197 NASO 2000, p. 182, tav. V.1; CIBECCHINI 2006, p. 543.198 PY 1985, pp. 78, 81; CIBECCHINI 2006, p. 543.199 COLONNA 1985b, p. 12.200 ZEVI 1985, pp. 124-125, nota 41.201 ALBORE LIVADIE 1985, p. 133. Per una lista delle attestazioni

vedi ALBORE LIVADIE 1985, pp. 143-144, F1-26.202 LONG et al. 2006, p. 483. Per le iscrizioni rinvenute su un’an-

fora prossima alla forma Py 5 e su un’anfora ionico-massa-liota si rinvia a COLONNA 2006b, pp. 672-673.

203 LONG, SOURISSEAU 2002a, p. 55; LONG et al. 2006, pp. 458-460.

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

te Lequin 1B-Porquerolles, ad anfore massaliotedel tipo Bertucchi 2, databili tra la fine del VI e ilprimo quarto del V secolo a.C.204.Un interessante contesto di rinvenimento in abitatodi anfore del tipo Py 4 è quello di Fossa Nera nellazona di Pisa; il sito, sfruttando la via fluviale Arno-Auser, rappresentava una sorta di terminal di in-tensi scambi marittimi internazionali mediati dalcentro propulsore di Pisa. A nord delle case sonostate rinvenute due discariche, nella seconda dellequali, a pianta ellissoidale e di notevoli dimensioni(circa 5,5 x 3 m), insieme con pietre e laterizi sonostati rinvenuti pochi frammenti di ceramiche atti-che a figure nere e rosse, qualche frammento dianfore ionico-marsigliesi con orlo decorato à labrosse, qualche frammento di anfore samie ed etru-sche di forma Py 4, moltissimi frammenti di olle epithoi, nonché due scorie di ferro elbano205.Nel pozzo di Veio sono stati rinvenuti altri minutiframmenti, per lo più di pareti, pertinenti ad anfo-re da trasporto e ad anforette da mensa di produ-zione non determinabile (Fig. 18.3-4). [L.A.]

CERAMICA ETRUSCO-GEOMETRICA

La parte sommitale della canna ha restituito unframmento206 di parete (Fig. 19.1) pertinente auna forma chiusa, probabilmente una brocca; de-corato con un motivo a cerchi concentrici che rin-via al patrimonio decorativo di ambito euboico,attribuibile a fabbrica veiente. Il motivo, come ènoto, è attestato in ambito veiente su olle, subrocche, su oinochoai, su brocchette biconiche esu anforette globulari compresse207 databili nelterzo quarto dell’VIII secolo a.C. [L.A.]

CERAMICA GRECO ORIENTALE

Dal serbatoio (camera C) proviene un piccoloframmento di orlo208 (Fig. 19.2) riferibile a unacoppa “ionica” di tipo B 2209, prossima alle formu-lazioni tipo “Little Masters”, databile ai decennicentrali del VI secolo a.C.210 Come è noto, la di-scussione intorno alle produzioni di coppe “ioni-che” di tipo B 2 stimolata dal riconoscimento diproduzioni locali in Italia meridionale e in Sicilia,è ancora aperta. [L.A.]

CERAMICA ETRUSCO-CORINZIA

Dal pozzo, soprattutto dalla parte sommitale dellacanna, provengono pochi frammenti di ceramicaetrusco-corinzia, tutti riferibili a forme aperte, adeccezione di un frammento pertinente a un un-guentario (probabilmente un aryballos)211 a deco-razione lineare della fine del VII-metà VI secolo

FIGURA 19 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Ceramica

etrusco-geometrica (1),

greco-orientale (2), etrusco-

corinzia (3-6), a v.n. etru-

sco-arcaica (7), depurata a

fasce (8-12) (L.A.)

204 LONG, SOURISSEAU 2002b, pp. 63-64.205 CIAMPOLTRINI 1994, pp. 77-78, fig. 9.1-3.206 Inv. VPC 469/4.2.207 Su olle (ad es. Casale del Fosso, tomba 853: BURANELLI et al.

1997, p. 79, nota 66, fig. 39); su brocche: Casale del Fosso,tomba 878 (BURANELLI et al. 1997, fig. 23); oinochoai: Casaledel Fosso, tomba 885 (BURANELLI et al. 1997, fig. 25); su broc-chette globulari compresse: Casale del Fosso, tombe 841 e888 (BURANELLI et al. 1997, p. 73, nota 40, fig. 26), Casale delFosso, tomba FF 19 B (BERARDINETTI INSAM 2001, p. 109,I.G.6.12); su brocchette biconiche: Grotta Gramiccia, tomba783 (da ultima BERARDINETTI INSAM 2001, p. 110, I.G.6.13), Ca-

sale del Fosso tombe 844, 929 e 965 (BURANELLI et al. 1997, p.73, nota 43, fig. 30-32) e su anforette globulari compresse:Casale del Fosso, tomba 877 (BURANELLI et al. 1997, p. 73, no-ta 44, fig. 33), Quattro Fontanili, tomba LL 12-13 (BERARDINET-TI INSAM 2001, p. 108, I.G.6.8). Per l’attestazione a Cerveteri,Vigna Parrocchiale, da ultimo M. Rendeli, in SGUBINI MORETTI

2001, p. 125, II.A.1.9. e M. Rendeli, in CRISTOFANI 2003, p.129, n. 1498, tav. XIX.1498.

208 Inv. VPC 469/50.68.209 BOLDRINI 1994, pp. 162-163, tipo IV.210 Cfr. GILOTTA 1992, pp. 69, 71, fig. 172-174.211 Inv. VPC 469/4.64.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

a.C. (Fig. 19.3). Tra le forme riconoscibili si se-gnala una coppetta212 (Fig. 19.4) che riprende laforma delle coppe ioniche A2, riferibile al Gruppoa Macchie Bianche e databile nel secondo venti-

cinquennio del VI secolo a.C.213, un coperchiet-to214 (Fig. 19.5) e un frammento di una piccolapisside215 (Fig. 19.6) con resti di vernice bruna sul-l’est. dell’orlo, sul battente e con una fascia chearriva a metà circa del corpo. [L.A.]

CERAMICA A VERNICE NERA ETRUSCO-ARCAICA

Dal pozzo provengono anche frammenti di cera-mica a vernice nera etrusco arcaica. Si tratta, co-m’è noto, di una produzione identificata a Pyrgida G. Colonna216. Oltre ai frammenti di parete dicoppa217, rinvenuti nella canna si segnala, dallacamera B, un frammento di orlo appiattito supe-riormente pertinente a una coppa218 (Fig. 19.7) si-mile a esemplari da Pyrgi219 (uno dalle fondazionidel tempio A)220. [L.A.]

CERAMICA DEPURATA A FASCE

Ben attestata è la ceramica depurata dipinta a fa-sce. Nel pozzo sono stati rinvenuti frammenti dibacini o scodelle con orlo a tesa piana, talora de-finite lekanai (Fig. 19.8-12). La decorazione con-siste il più delle volte in una fascia interna postaimmediatamente al di sotto del labbro, mentresulla superficie superiore dell’orlo possono esse-re presenti sia tratti verticali che una fascia con li-nea centrale risparmiata. Dal punto di vista mor-fologico si rifanno a esemplari etrusco-geometricidi VII secolo a.C. ed etrusco-corinzi221 di fine VII-inizi VI a.C. Sulla scia di questa tradizione sem-brano essere attivi, dal punto di vista formale, an-che dei modelli di riferimento samii, mentre dalpunto di vista decorativo sui precedenti della tra-dizione geometrica sembrano maggiormente atti-vi gli influssi delle ceramiche rodio-ioniche222. Inostri frammenti sono simili a esemplari dalla Ci-vita di Tarquinia223 datati al VI e al V secolo a.C. emostrano affinità con esemplari laziali ed etru-schi, talora in impasto chiaro-sabbioso, rinvenutiin contesti arcaici di Roma (ad es., Palatino)224,nel santuario di Gravisca225 o nel deposito votivodi Casarinaccio ad Ardea226. Si tratta di una formache risulta attestata dall’inizio del VI ai primi de-cenni del IV secolo a.C. e che trova esempi ana-loghi anche nella produzione locale di Cuma, do-

FIGURA 20 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Ceramica

depurata a fasce: skyphoi e

ciotole (L.A.)

212 Inv. VPC 469/56.14.213 SZILÁGYI 1998, pp. 523-528.214 Inv. VPC 469/1.114.215 Inv. VPC 469/65.265.216 G. Colonna, in Pyrgi 1959, pp. 225-226. Sulla classe vedi an-

che BAGNASCO GIANNI 2001a, pp. 449-463, con bibl. cit.217 Invv. VPC 469/6.37 e VPC 469/6 s.n.218 Inv. VPC 469/27.11.219 G. COLONNA, in Pyrgi 1959, pp. 236, fig. 81.1, 237.220 G. COLONNA, in Pyrgi 1970, p. 242, fig. 167.1.221 Si vedano ad esempio i piatti etrusco-geometrici da Caere

(SANTORO 1992, pp. 107-110, fig. 312) e le coppette su piede

da Calatia (V. Bellelli, in CRISTOFANI 2003, pp. 169, n.191.193, 170, fig. 153-154).

222 BAGNASCO GIANNI 1999, p. 121.223 BAGNASCO GIANNI 1999, tav. 50.6-7.224 Vedi ad es. ANGELELLI 2001a, p. 250, brocca tipo 1 varietà A,

con bibl. cit. tav. 72. 322, p. 252, scodella tipo 1 varietà B-C-D, tav. 74.339-341. Per l’inquadramento delle scodelle di tipovedi ibidem, p. 252 (cronologia: fine VII - prima metà VI se-colo a.C.).

225 GORI, PIERINI 2001a, pp. 41-42, tavv. 7-8, tipo D.226 Vedi ad es., MERLO 2005, pp. 28-29, tav. I. 30-32, tipo 1, va-

rietà a-c.

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

cumentata, ad es., in un contesto arcaico227.Abbiamo poi tre skyphoi (Fig. 20.1-3)228 che trova-no confronti puntuali a Veio-Casale Pian Rose-to229, e soprattutto frammenti di ciotole (55, deiquali ben 32 riferibili al tipo con orlo ingrossatoesternamente), presenti in maniera omogenea neidiversi livelli del pozzo.Pochi sono gli esemplari di ciotole a orlo verticale230

(6 frr.) (Fig. 20.4-6) che presentano una fascia mar-rone scuro sia all’esterno che all’interno dell’orlo. Sitratta di un tipo che sembra imitare prototipi greco-orientali come, ad es., quelli delle coppe monoan-sate da Rass el Bassit231 della prima metà del VI se-colo a.C., o dei piatti a piedistallo da Samos232, cosìcome attestato anche in altre produzioni diffuse nelbacino del Mediterraneo233 (come, ad es., la cerami-ca a pasta chiara massaliota con decorazione dipin-ta)234. Com’è noto, in questi ultimi anni il problemadelle relazioni tra queste produzioni sono stati af-frontati da vari studiosi sia italiani che stranieri235.La maggior parte delle ciotole sono riferibili al tipocon orlo ingrossato esternamente (Fig. 21.1-3) erientrano nel tipo 1 Santoro (a orlo ingrossato edesternamente arrotondato)236 attestato a Cerveteri. Sitratta di ciotole con vasca emisferica su piede adanello con orlo rientrante o ingrossato. La decora-zione, a fasce orizzontali, copre la fascia esternadell’orlo e nel fondo interno sono presenti lineeconcentriche, spesso intorno a un cerchiello o pun-to centrale (Fig. 21.4). Analogie sembrano esistere,anche in questo caso, con i piatti greco-orientali,come è possibile verificare, ad es., dai rinvenimentidi Gravisca237. Si tratta di piatti su piede prodottinella prima metà del VI secolo a.C., con una sem-plice decorazione lineare con o senza motivo flo-reale al centro238, attestati, ad es., a Samo, Delo, Ro-di, Egina ecc... Va ulteriormente sottolineato il lega-me esistente, dal punto di vista formale e decorati-vo, con produzioni coeve in impasto chiaro-sabbio-so239, che mostrano un addensamento delle attesta-zioni tra la metà del VI e la metà del V secolo a.C. Iltipo presente nel pozzo di Veio, della seconda me-

tà del VI secolo a.C., è attestato, con le sue varianti,a Veio, Cerveteri, Pyrgi, Tarquinia ecc… Occorrenotare che, rispetto agli esemplari da Cerveteri-Vi-gna Parrocchiale, le nostre ciotole, oltre ad avere unmaggiore diametro dell’orlo, sono più profonde,così da far pensare a un utilizzo diverso da quello

227 MUNZI 2007, p. 119, fig. 9, lekanai con profili meno rettilineie 125, fig. 14 bacini con labbro a tesa.

228 Per la produzione si rinvia a MURRAY THREIPLAND, TORELLI

1970, pp. 76-77.229 Invv. VPC 469/14.41-42 e s.n., VPC 469/24.129, VPC

469/35.3-4: la forma sembra intermedia tra MURRAY THREI-PLAND, TORELLI 1970, p. 99, fig. 14, N 3 ed N 5. La decorazio-ne è simile a MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 99, fig. 14,N 5. Per l’esemplare invv. VPC 469/4.80, VPC01/469/12.58,VPC 469/26.20, VPC 469/26.57, VPC 469/30.24: per la forma:MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 99, fig. 14, N 2 e 3; perla decorazione: MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 99, fig.14, N 3, 6 e 7. Esemplari frammentari sono stati rinvenuti re-centemente anche nella necropoli di Colle del Forno (BENEL-LI, SANTORO 2006, pp. 100, fig. 1.3.1-2 n. 24, 103, n. 24).

230 Invv. VPC 469.9.120; VPC 469/11.55; VPC 469/12.59-60; VPC

469/12.66; VPC 469/13.90a-b.231 COURBIN 1978, p. 41, tav. XVII.11.232 ISLER 1978, pp. 75-76, tav. XXXII.1-2.233 Vedi, ad es., Ampurias: ROUILLARD 1978, pp. 282-283, tavv.

CXXVII.fig. 8.9, CXXVIII. fig. 9.7 e 10.234 Vedi Emporion: AQUILUÉ ABADÍAS et al. 2000, fig. 17.10 (di

produzione non determinata), fig. 27.4-7.235 Cito, ad es., gli studi di G. Bagnasco Gianni: BAGNASCO GIAN-

NI 1999; BAGNASCO GIANNI 2001b; BAGNASCO GIANNI 2006; BA-GNASCO GIANNI 2007 e FRÈRE 2007.

236 SANTORO 1992, p. 127.237 BOLDRINI 1994, tavv. 1.171, 2.173.238 BOLDRINI 1994, p. 94.239 Si veda ad es. GORI, PIERINI 2001b, pp. 41-42, tavv. 7-8, baci-

ni di tipo D.

FIGURA 21 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Ceramica

depurata a fasce: ciotole

(L.A.)

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

potorio (per mescolare il cibo, e per conservarlo,come le terrine moderne, ad es.). Verso questa in-terpretazione della loro funzione spinge anche lamorfologia dell’orlo, a sezione tendenzialmentetriangolare arrotondata. Un ulteriore dato in questo

senso viene offerto anche dall’esistenza di esem-plari di diverso diametro (valori compresi tra 18,4 e36,2 cm): esistevano dunque dei “set” di questeciotole di dimensioni modulari, per contenerequantità diverse di cibo, ma anche per essere impi-late con facilità una dentro l’altra, quando venivanoriposte vuote. In ambito veiente, il confronto mi-gliore per i nostri esemplari è senz’altro quello conle ciotole in fine creamware da Veio-Casale PianRoseto240. In quel contesto si metteva in evidenza ilfatto che le ciotole dipinte a fasce avessero lo stes-so tipo di corpo ceramico delle ciotole acrome, madimensioni maggiori: il corpo ceramico della finecreamware di Casale Pian Roseto è caratterizzatoda frammenti di mica muscovite e orneblenda241 edè stato comparato a quello del bucchero, della ce-ramica a vernice nera e a vernice rossa. Il pozzo harestituito anche dei thymiateria242 (Fig. 22.1-6) de-corati a fasce che appartengono al tipo243 con cop-pa su alto fusto244, provvisto spesso di collarini ebase espansa, caratterizzato da argilla depuratachiara (beige, gialla o rosa) e dalla decorazione afasce orizzontali parallele in vernice opaca bruno-nerastra o rossa.La quantità degli smagranti presenti nell’impasto el’assenza (antica o attuale) della decorazione a fa-sce condiziona spesso una suddivisione in classidei thymiateria, talora un po’ forzata (impastochiaro-sabbioso, fine creamware, ceramica depu-rata, ceramica a fasce, ecc…)245. Tra gli esemplarisuddivisi nelle varie classi si nota infatti una so-stanziale uniformità tipologica e decorativa cheforse non giustifica tale distinzione. La produzio-ne “fine”, spesso caratterizzata da argilla depuratachiara (beige, gialla o rosa) e dall’uso di verniceopaca bruno-nerastra, considerata apparentemen-te secondaria rispetto a quella ben più consisten-te in impasto, sembra attestata a partire dal perio-do tardo-arcaico246. Utilizzato per contenere car-boni sui quali venivano deposti incenso od olii,questo tipo di incensiere in ambito etrusco e fali-sco sembra, allo stato attuale, di esclusiva perti-nenza santuariale. I thymiateria sono attestati so-prattutto in santuari e depositi votivi247, particolar-

FIGURA 22 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Ceramica

depurata a fasce: thymiate-

ria (L.A.)

240 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, pp. 75, 94, fig. 9.241 In MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 74-75.242 Invv. VPC 469/4.75; VPC 469/9.125; VPC 469/11.53; VPC

469/11.56; VPC 469/13.92; VPC 469/30.27; VPC 469/55.239;VPC 469/55.248.

243 Sulla produzione vedi da ultimi AMBROSINI 2002, pp. 456-457e V. Bellelli, in CRISTOFANI 2003, p. 166, n. 1835; TEN KORTENAAR

2005b, pp. 46-48; AMBROSINI Cdsa.244 FABBRICOTTI 1986, p. 188.245 Ad es. TEN KORTENAAR 2005b, gli esemplari di impasto chiaro

sabbioso con decorazione a fasce risultano divisi da quelli“in ceramica depurata” con decorazione a fasce (PIERGROSSI

2005) che però risultano sempre ricchi di inclusi di mica, au-gite (talora anche pietrisco e forse pozzolana).

246 TEN KORTENAAR 2005b, p. 280.247 Secondo M. Fenelli (FENELLI 1989-1990, p. 502), l’importanza

di attestazioni in contesti abitativi è evidente: la presenza diesemplari identici a quelli rinvenuti in luoghi di culto atteste-rebbe l’uso dell’oggetto nella vita quotidiana, in una formache non potrebbe più essere considerata miniaturizzazionedi altro. Non pertinenti a contesti votivi sembrerebbero, se-condo la studiosa, gli esemplari da Veio Porta Nord Ovest eCasale Pian Roseto, alcuni da Roma e dall’Acqua AcetosaLaurentina. Non avrebbe carattere cultuale, a giudizio degliscavatori, l’edificio di Artena in cui sono stati rinvenuti duethymiateria, uno di grandi dimensioni (h 62 cm; diam. piede51 cm), che indubbiamente ripropone il problema della mi-niaturizzazione.

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

mente in quelli dedicati a divinità ctonie, nel pe-riodo compreso tra gli inizi del V e il IV/III secoloa.C.248. È stato affermato di recente che, anche serinvenuti in ambito domestico, continuano a rive-stire una valenza rituale249. Gli esemplari rinvenu-ti nel pozzo trovano confronto con esemplari daVeio stessa: da Piano di Comunità250, da Campet-ti251, da un cuniculo che corre sotto al bastionedella Porta Nord-Ovest252, da Casale Pian Rose-to253, dal santuario di Portonaccio254 e dalle rico-gnizioni della British School255. In ambito medio-tirrenico hanno una diffusione a Gravisca256 e Ro-ma257, nell’Agro Falisco (a Falerii Veteres 258, Nar-ce259 e Mazzano), nel Lazio (Lavinium260, Trevi,Artena261, Ardea262, Palestrina263, Anagni264, Se-gni265, Minturnae266) e in Campania267 (Teano268 enel santuario di Mefite)269. Inoltre mostrano affini-tà con analoghi esemplari diffusi in Italia centrale(Bettona, Terni, Amelia e Todi)270, in Basilicata271 ein Puglia272. L’ampia diffusione è certamente sin-tomo dell’esistenza di più centri di produzione;essa sembra risalire agli inizi del VI e proseguirealmeno fino agli inizi del III secolo a.C.273

Pochissimi i frammenti di ceramica a fasce riferi-bili a forme chiuse. [L.A.]

CERAMICA A VERNICE ROSSA

Pochi sono i frammenti di ceramica a vernice ros-sa274, tutti dalla canna del pozzo: due coppe275

(Fig. 22.7-8) e una coppetta miniaturistica276 (Fig.22.9) che trovano confronti a Veio-Casale Pian Ro-seto277. La coppetta miniaturistica appartiene al ti-po 5, variante b identificato dalla scrivente a Veiostessa, tra i materiali rinvenuti nel santuario diPortonaccio278. Si tratta di una coppetta (spessominiaturistica) con orlo verticale arrotondato, pro-fonda vasca troncoconica quasi rettilinea, piede

248 AMBROSINI 2002, p. 457 con riferimenti.249 H. Di Giuseppe, in CARANDINI et al. 2006, p. 457.250 BELELLI MARCHESINI 2001a, p. 25, I.D.5.251 VAGNETTI 1971, p. 105, n. 2, tav. LIX,2.252 MURRAY THREIPLAND 1963, pp. 54-55, fig. 13.1.253 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, pp. 77-78, 101, fig. 16 P1-8.254 Riferimenti in BELELLI MARCHESINI 2001a, p. 25, I.D.5. e AMBRO-

SINI 2002, pp. 456-457. Numerosi esemplari inediti dagli sca-vi Stefani e Pallottino.

255 PEÑA 1987, pp. 300, n. 16/21, 628, fig. 19.3.256 GORI, PIERINI 2001a, p. 83, tavv. 17-18.257 Tra i rinvenimenti più recenti ricordiamo quello della Villa

dell’Auditorium: H. Di Giuseppe, in D’ALESSIO, DI GIUSEPPE

2005, pp. 14-15, nota 60, fig. 11.21, dallo scarico “protetto”esterno alla villa, nei pressi del tempietto; contesto chiuso in-torno all’ultimo quarto del III secolo a.C.; ARGENTO 2006, pp.457-458, 460, tav. 23.191. Per i thymiateria da Roma vedi an-che S. Zeggio, in PANELLA 1996 e ROSSI 2006, pp. 417-418, fig.10, 421, fig. 19.

258 MOSCATI 1983, p. 60, tav. XIIb.1.259 In coarse creamware: POTTER 1976, pp. 277, n. 845, 278, fig.

845.260 P.A. Gianfrotta, in Enea nel Lazio 1981, p. 204, D98, fig. D 98

primo a sinistra, datato fine V-IV secolo a.C.261 LAMBRECHTS 1983, tav. LVI.262 TEN KORTENAAR 2005b, pp. 44-45, n. 158, tav. IV.158.263 QUILICI 1983, fig. 18, n. 167.264 GATTI 1993a, p. 104, n. 8.206; GATTI 1993b, p. 308, fig. 15.265 AMBROSINI 2002-2003, p. 260.266 KIRSOPP LAKE 1934-1935, p. 104, type 14, tavv. XI.14a-b-

XII.14a-b.267 Riferimenti in AMBROSINI 2002, p. 457.268 JOHANNOWSKY 1963, fig. 5D.134.269 BOTTINI et al. 1976, p. 469, nn. 471-487, figg. 38-39.270 M. Broncoli, in STOPPONI 2006, pp. 191-192, con bibl. cit.271 FABBRICOTTI 1979, pp. 376-397, 410-413; PIERGROSSI 2005, p.

279, con bibl. cit.272 BOTTINI et al. 1976, p. 469, con bibl. cit. alla nota 273.273 TEN KORTENAAR 2005b, p. 47.274 Per l’inquadramento della classe si rinvia ad AMBROSINI Cdsa.275 Inv. VPC 469/11.57 ad orlo appiattito superiormente; inv.

VPC 469/52.7 ad orlo rientrante arrotondato.276 Inv. VPC 469/9.126; inv. VPC 469/9 s.n.277 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 78, Q 1-3, fig. 16, Q 1-3.278 AMBROSINI Cdsa.

FIGURA 23 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Buc-

chero: forme chiuse e fram-

menti decorati a solcature e

a ventaglietti (B.B.M.)

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

ad anello o, meno di frequente, fondo piano pro-filato. Il tipo risulta attestato a Veio-Casale PianRoseto279 e Campetti280, e in depositi votivi a Lavi-nium, santuario orientale281, a Vulci, santuario diFontanile di Legnisina282 (deposito databile tra fi-ne IV-III secolo a.C., forse prima metà). In corredi

funerari è attestato a Caere-Laghetto283, tombe199, 200, 230 e 244 (datate al III-II secolo a.C.),nella tomba 164 di Aléria284 e a Roma, ad esempiodalla tomba a camera 8 Lucrezia Romana concontesto datato IV-III secolo a.C.285 e dalla tomba88 della necropoli di via di Grottaperfetta286, data-ta 305-250 a.C.Tra i materiali del pozzo di Veio è presente inoltreun piattello287 (Fig. 22.10) che trova confronto conesemplari da Falerii Veteres288. Quest’ultimo ap-partiene a un tipo ampiamente diffuso in Etruriameridionale (ad es., Caere e Tarquinia) e attestatoanche in Etruria centro-settentrionale, che ripren-de la forma di esemplari di bucchero databili trala seconda metà del VI e il V secolo a.C. Nel ser-batoio (camera B) è stato rinvenuto anche unbocchello di lekythos289 (Fig. 22.11), decorato confascia rossa sulla superficie superiore dell’orlo chetrova strette affinità con bocchelli di lekythoi atti-che della “Little Lion Shape” che escono dall’offi-cina dei Pittori di Diosphos e di Saffo, agli inizi delV secolo a.C.290 [L.A.]

BUCCHERO

Il bucchero è la classe ceramica più abbondante-mente rappresentata all’interno del pozzo: è atte-stato da ben 21.924 frammenti e la percentuale diframmenti diagnostici è pari al 54%. Per quanto ri-guarda la distribuzione, è da rilevare che il 98%dei frammenti è stato rinvenuto nello scarico pro-fondo all’interno del serbatoio.A parte alcuni frustuli di calici (e kantharoi) che,per la presenza di decorazione a ventaglietti e sol-cature e per le caratteristiche della pasta291, rien-trano nel bucchero nero di transizione (Fig. 23.14-15), la massa del materiale, prodotta tra la fine delVI e il V secolo, presenta le caratteristiche di unaproduzione corrente: pasta micacea porosa, ten-dente a una facile fessurazione292; superficie suffi-cientemente lisciata, in genere opaca; superficiedi colore nerastro, con fiammate rossastre e gri-gie; presenza di difetti dovuti a mancato processodi ossidoriduzione o cattiva gestione nella fase di

FIGURA 24 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Bucchero:

calici e coppe (B.B.M.)

279 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 78, fig. 16, Q3.280 VAGNETTI 1971, pp. 151, 390, tav. LXXV.281 P.A. Gianfrotta, in Enea nel Lazio 1981, p. 204, D100, fig. D

100 a destra datata “probabile IV secolo a.C.”.282 RICCIARDI 1988-1989, pp. 208, fig. 64.162, 209, n. 162, con or-

lo più appuntito e rientrante.283 Laghetto II: MAV 1966, pp. 185, n. 33, tav. 4.33 (dalla tomba

199), n. 19, tav. 5.19 (dalla tomba 200), tav. 18.44 (dalla tom-ba 230), 196, n. 44, tav. 23.25, 201, n. 25 (dalla tomba 244);si veda anche BONGHI JOVINO et al. 1980, p. 175, fig. 23, convasca più carenata e fondo piano, dalla tomba a camera 200,datata al III secolo a.C.

284 Dalla deposizione B, datata verso il 325 a.C.: JEHASSE, JEHASSE

2001, p. 248, n. 3687, tav. 173.3687.285 C. Gallo, in TOMEI 2006, p. 372, II.681.

286 Cfr. PAGLIARDI, CECCHINI 2002-2003, pp. 359, fig. 11.5, 360, n. 88/5.287 Inv. VPC 469/24.127.288 BENEDETTINI 2007, pp. 201-202, n. 134.289 Inv. VPC 469/64.243.290 VALENTINI 1993, p. 30, tav. 9. 66.291 Sulla periodizzazione delle fasi di produzione del bucchero

e sulle caratteristiche tecniche del vasellame nelle diverse fa-si, si rimanda a GRAN AYMERICH 1993, pp. 21-23. Per quanto ri-guarda nello specifico la composizione del bucchero prodot-to a Veio tra VI e V secolo su base mineralogica, si rimandaa BURKHARDT 1991, pp. 96-99, 108.

292 Questa caratteristica, com’è noto, si traduce nella tendenza adisgregarsi a contatto con l’acqua. Per questo motivo l’interolotto di materiali non è stato lavato, ma pulito a secco con ilbisturi e lo spazzolino a setole morbide.

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

cottura. Si individuano solo pochi esempi di buc-chero grigio.Il repertorio delle forme rientra perfettamente nelpanorama offerto nella stessa Veio dal contesto diCasale Pian Roseto293 ed è comunque il riflessodell’attività di officine locali.Sono quasi assenti le forme chiuse (Fig. 23.1-11),rappresentate da frustuli di oinochoai tipo Rasmus-sen 7294 (Fig. 23.1-2) e Rasmussen 8295 (Fig. 23.3-4),di olpette (Fig. 23.10-11) e da un frammento di ol-la296 (Fig. 23.12-13); tale evidenza non è necessaria-mente interpretabile come frutto di una selezioneintenzionale del materiale, ma piuttosto riflette iltrend della fase finale della produzione di bucchero,a partire dagli anni finali del VI secolo È noto infatticome, a partire dalla fase post-arcaica, si assista a unconsolidamento delle produzioni a carattere localee alla preferenza di forme aperte e comunque di ti-po utilitario, prive di decorazione accessoria297.La prevalenza delle forme aperte corrisponde, difatto, alla presenza cospicua e quasi esclusiva didue principali forme, il calice e la ciotola, ciascu-na rappresentata da un consistente numero diesemplari in buona parte ricomponibili.Il calice su basso piede ad anello (Fig. 24.1), concarena arrotondata (Rasmussen chalice type 4c)298,è presente con almeno 250 esemplari di scadentequalità e dimensioni standardizzate299; la varianteè documentata a partire da un momento avanzatodel VI e probabilmente viene prodotta per tuttol’arco del secolo successivo. Anche a Gravisca lapresenza dei calici è assolutamente preponderan-te e ne è stata proposta la funzione, in contrappo-sizione all’impiego potorio dei kantharoi, comecontenitori per piccole porzioni di cibo solido; lapertinenza della forma alla suppellettile del san-tuario è comprovata, sempre a Gravisca, dall’ap-posizione dell’iscrizione ihron300. Tra i calici si di-stinguono almeno due esemplari con parete a svi-luppo pronunciato, percorsa da lievi costolatureorizzontali (Fig. 24.2), forse attribuibili a un tipodi coppa/calice su basso piede strombato, già do-

cumentato a Veio e ugualmente databile tra loscorcio del VI e il V secolo301.La coppe su piede ad anello (Fig. 24.4-8) con vascaa calotta e orlo rientrante, presenti con almeno 300esemplari, sono documentate soprattutto in ambito

293 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, pp. 72-74, figg. 2-7.294 RASMUSSEN 1979, pp. 84-86: inquadrabile entro la metà del VI

secolo.295 RASMUSSEN 1979, pp. 86-87: inquadrabile tra la fine del VI e il

V secolo.296 La forma non è presa in considerazione dal Rasmussen ed è

comunque abbastanza rara. Ricorre almeno a Cerveteri- Vi-gna parrocchiale con tre diversi tipi (PANDOLFINI 1992, pp.141-142), Corchiano (Secondo Sepolcreto di Caprigliano,tomba 28: COZZA, PASQUI 1981, p. 244, n. 64), in un contestodatato al V secolo della necropoli di Porzarago a San Giove-nale (BERGGREN, MORETTI 1960, pp. 38, n.4, 39, fig. 37 al cen-tro; BERGGREN, BERGGREN 1972, p. 70, n. 16, tav. XXXIV, n.16). La forma dell’olletta globulare è documentata nella ne-cropoli di Volusia (CARBONARA et al. 1996, tomba 1, n. 12, p.25, alt. 10 cm, diam. orlo 8,3 cm). Il frammento dal pozzo di

Comunità, per il momento isolato, si avvicina al repertoriodell’impasto.

297 Fase 6, delineata in GRAN AYMERICH 1993, p. 23. Il fenomeno èstato sottolineato anche per lo scarico ceretano di Vigna Par-rocchiale (PANDOLFINI 1992, p. 175, con ulteriori riferimenti).

298 RASMUSSEN 1979, p. 101, pl. 29. Il tipo, con carena arrotonda-ta e lieve distinzione interna tra parete e vasca, è presente aVeio anche a Casale Pian Roseto (MURRAY THREIPLAND, TORELLI

1970, p. 73, fig. 6K), e a Portonaccio (inediti).299 Il diam. dell’orlo oscilla tra 12 e 13 cm, l’alt. tra 4,8 e 5,3 cm,

il diam. del piede tra 6,3 e 7,5 cm.300 PIANU 2000, p. 50.301 MURRAY THREIPLAND 1969, p. 6, fig. 4:11-12; RASMUSSEN 1979, p.

125, tav. 41, 256 A.302 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 72, fig. 2.303 PANDOLFINI 1992, pp. 165-167, fig. 378.

FIGURA 25 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Buc-

chero: ciotole (B.B.M.)

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

veiente302, ceretano303, orvietano304 e tarquiniese305.Rientrano nel Rasmussen bowl type 4306 e presenta-no al loro interno una possibile articolazione tipo-logica basata sul profilo della vasca (continuo o leg-germente carenato), sul rapporto dimensionale trail diametro dell’orlo e la profondità della vasca,nonché sulla morfologia dell’orlo, verticale o ripie-

gato all’interno con una sorta di cordoncino. In pre-valenza gli esemplari appartengono a un formatostandard con diametro all’orlo di 16-17 cm; menodocumentata è la variante dimensionale più picco-la, con diametro di 12 cm.Tra le ciotole, si distingue un esemplare a vascaprofonda, con orlo superiormente appiattito e se-rie di scanalature concentriche sul fondo esterno(Fig. 24.3), avvicinabile per il profilo al tipo Ra-smussen 2307.Pochi frammenti documentano la presenza di cio-tole carenate con orlo sagomato, riferibili al tipoRasmussen 1, cronologicamente inquadrabile trala fine del VII e la prima metà del VI secolo a.C.308

(Fig. 25.1). Sono invece ben rappresentate le cio-tole a vasca espansa con orlo ingrossato e distinto,inseribili nel Rasmussen bowl type 3309 (Fig. 25.2-10) anche in questo caso con una possibile artico-lazione tipologica basata sulle variazioni del profi-lo e sulla morfologia dell’orlo. Sono presenti tredistinte categorie dimensionali: un formato “minia-turistico”310 con diametro di cm. 11-13 (Fig. 25.2-4); un formato medio, con diametro oscillante tra18 e 22 cm (Fig. 25.5-7); un formato grande, condiametro che si aggira tra 25 e 30 cm (Fig. 25.8-9).Le ciotole di maggiori dimensioni presentano ingenere un profilo rientrante e un orlo piuttostosviluppato e sono caratterizzate da una pasta gri-gia omogenea, con superfici bruno-nerastre, con-dividendo dunque gli aspetti tecnici riscontrati an-che sulle ciotole ceretane di Vigna Parrocchiale311.L’impiego di queste ciotole è certamente legato acibi solidi o semisolidi, mentre destinate forse acontenere liquidi sono le coppe a vasca profondacon orlo ingrossato, documentate localmente an-che a Casale Pian Roseto312 (Fig. 26.1).Si segnala inoltre un esemplare parzialmente con-servato, forse una ciotola con orlo ingrossato, confondo crivellato a crudo (Fig. 26.2), che trova unpossibile termine di confronto locale con il colinoin argilla depurata da Casale Pian Roseto313 e unriferimento significativo nell’esemplare frammen-tario, sempre in argilla depurata, da un contestodi tipo cultuale della Villa dell’Auditorium314; sicollega a una categoria di oggetti utilizzati per

FIGURA 26 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Buc-

chero: ciotole profonde e

coppe con filtro; kylikes e

phialai (B.B.M.)

304 TAMBURINI 2004, p. 210, fig. 11.305 PIANU 2000, tavv. 3-5, anche con esemplari di tipo miniaturi-

stico.306 RASMUSSEN 1979, p. 125, tav. 41.307 RASMUSSEN 1979, p. 125, tav. 41: tipo con carenatura più ac-

centuate, caratterizzato però dalla presenza di scanalature(sul piano dell’orlo, sulla vasca all’altezza dell’attacco delpiede).

308 RASMUSSEN 1979, p. 124, tav. 41.309 RASMUSSEN 1979, p. 125, tav. 41.310 Ciotole con orlo ingrossato e vasca a calotta, con diametro

che si aggira intorno a 10 cm., sono in genere consideratecome esemplari miniaturistici e classificati a parte (RASMUSSEN

1979, p. 125, fig. 260: Miniature bowl type 2), come nel casodel contesto ceretano di Vigna Parrocchiale (PANDOLFINI 1992,p. 165, tipo E.47). L’affinità morfologica con gli esemplari dimaggiore formato ci induce a considerare le ciotoline di Ve-io nell’ambito di set composti da esemplari di dimensionimodulari, in proporzione di 1:2 e di 1:3.

311 PANDOLFINI 1992, pp. 163-165, fig. 372, con riferimenti.312 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 74, fig. 6, M1.313 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p.75, fig. 8, A10.314 Si tratta di una scodella in ceramica depurata, per la quale è

stata proposta la funzione di filtro per bevande aromatizzate.Il contesto di provenienza si data alla fine del IV-inizio III se-colo a.C.: CARANDINI et al. 2006, p. 504; DI GIUSEPPE Cds.

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

specifici cerimoniali e attestati a partire dalla Pri-ma Età del Ferro, soprattutto in ambito sepolcrale,nella stessa Veio315.Il pozzo ha restituito frammenti pertinenti ad alme-no otto phialai con omphalos globoso (Fig. 26.9),forma legata alla libagione di tipo rituale e attestataa Veio anche nel santuario di Portonaccio, nelleversioni a vasca baccellata e liscia316; abbastanza ra-ra nel bucchero, la forma è presente in contesti se-polcrali e santuariali di area etrusco-meridionale apartire dalla prima metà del VI secolo317.Per quanto riguarda le kylikes, se si esclude unesemplare vicino al tipo Rasmussen 3b318, ma pri-vo di decorazione (Fig. 26.3), la totalità delle cop-pe – almeno 67 esemplari – rientra nel tipo Ra-smussen 5, dipendente da modelli attici della finedel VI secolo319, documentato a Veio anche neisantuari di Campetti320 e di Casale Pian Roseto321,nel santuario di Gravisca322 e in Sabina323 (Fig.26.6). I profili completi disponibili associano allaforma un basso piede ad anello, ma sono possi-bilmente pertinenti alla forma anche piedi strom-bati di media altezza. Sono attestati anche tipi lo-cali di coppe ansate o biansate (Fig. 26.5), chetrovano confronto nel deposito di Campetti324; sisegnala inoltre frammento di ciotola di grandeformato con orlo distinto mediante solcatura, for-se biansata (Fig. 26.4).Una dozzina di esemplari parzialmente conserva-ti, pertinenti a coppe di tipo greco o forse anchea phialai, presentano un’interessante decorazionea rotellatura, su unico o doppio registro, con l’im-piego di almeno cinque rulli diversi (Fig.26.7,8,10). L’uso di questo tipo di decorazione,sperimentata per un breve lasso di tempo già nelVII secolo, è in seguito piuttosto raro ed è docu-mentato nel V secolo almeno a Vigna Parrocchia-le325; a Corchiano, su una coppa biansata326, e aBlera, su una phiale327. Per Veio mi viene ora se-gnalato un frammento di “sostegno” da MacchiaGrande328. Il fenomeno concorre a sottolinearel’importante ruolo del bucchero nei confronti del-l’acquisizione e rielaborazione di forme e anchetecniche decorative mutuate dal mondo greco,con funzione di tramite rispetto alle produzionisuccessive: valga, per la vernice nera, l’esempiodella specie Morel 4250.

L’associazione tra la decorazione a rotellatura e laforma della kylix segnala la presenza di un filoneproduttivo locale altamente specializzato: le ana-lisi di tipo archeometrico hanno infatti dimostratoche il corpo ceramico delle kylikes presenta un ti-po di composizione chimico-mineralogica del tut-to peculiare, avvicinabile a quello delle cerami-che in argilla depurata, acroma o decorata a ban-

315 Gli esempi sono raccolti in ACCONCIA 2004, pp. 138-139.316 COLONNA 2002, p. 165, tav. XXXIV.317 RASMUSSEN 1979, p. 126-127, tav. 42; PANDOLFINI 1992, p. 153,

fig. 367, con riferimenti all’agro ceretano e vulcente; perl’agro orvietano, TAMBURINI 2004, p. 206, tav. 10 a.

318 RASMUSSEN 1979, p. 119, tav. 39.319 RASMUSSEN 1979, p. 121, tav. 40. Sulla forma, CAMPOREALE

1970, p. 19.320 VAGNETTI 1971, p. 113, n. 60, tav. B, tav. LXII.321 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, fig. 5 H, 5-9.

322 PIANU 2000, p. 21 (26 esemplari).323 BENELLI, SANTORO 2006, con riferimenti.324 VAGNETTI 1971, p. 112, n. 58, tav. LXII.325 PANDOLFINI 1992, p. 175, figg. 390-392, con riferimenti alla

tecnica.326 Corchiano, tomba 6 lungo il fosso del Ponte delle Tavole

(cortese informazione L. Ambrosini).327 PANDOLFINI 1992, p. 175 (Pian del Vescovo, tomba a dado C).328 Inedito: ringrazio M. Teresa di Sarcina per la segnalazione.

FIGURA 27 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Buc-

chero: kotylai, kantharoi,

kyathoi e coperchi (B.B.M.)

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

de329; anche a un semplice esame autoptico, labuona qualità emerge dalla tessitura compatta,dall’aspetto metallico e dalle fratture nette.Le kotylai, in una redazione non decorata ma re-lativamente di buona qualità, attestate anche a Ca-

sale Pian Roseto330, dipendono dal tipo Rasmus-sen b331 (Fig. 27.1).Quasi assenti i kantharoi, rappresentati da unesemplare di tipo Rasmussen 3e332 (Fig. 27.2) e daalmeno due esemplari in bucchero grigio (Fig.27.3) con vasca a profilo continuo e anse a ba-stoncello schiacciato poco sviluppate, avvicinabilial tipo Rasmussen 3i, inquadrabile alla fine del VIsec.333

Rari anche i kyathoi, presenti con tre esemplariframmentari che rientrano in un tipo non moltocomune (Fig. 27.4-5) con carena arrotondata e an-sa bifora, con sferetta di argilla a elemento sepa-ratore (tipo Rasmussen 1f) documentato anche aCasale Pian Roseto334 e Vigna Parrocchiale335, in-quadrabile tra la fine del VI e il V secolo.Sono attestati almeno 10 esemplari di piattelli supiede (Fig. 27.6-7), con possibile uso di coper-chio, con profilo più o meno schiacciato e diame-tro standard di 16 cm; la forma, comune nei cor-redi tombali dei decenni finali del VI e degli inizidel V secolo, è attestata a Veio nei depositi votividi Campetti336, Macchia Grande337 e Casale PianRoseto338.La categoria dei coperchi comprende esemplari acalotta convessa con presa a pomello sagomato(Fig. 27.9-10) ed esemplari con calotta schiacciataa profilo teso e con presa ad anello (Fig. 27.8),muniti di battente. Si tratta di tipi attestati local-mente339, che trovano possibili confronti in ambi-to falisco340 e orvietano341.Veiente è il coperchio a calotta carenata, provvi-sto di pomello conformato a olletta e coppetta(Fig. 27.11-13), che dipende probabilmente dalleelaborate versioni attestate al Portonaccio342 e ri-sulta utilizzato a copertura dei cinerari in tombeveienti di VI-V secolo343.Per quanto riguarda le forme in miniatura, segna-liamo anzitutto la notevole quantità di coppette avasca troncoconica (Fig. 28.1-3) su fondo piano odistinto, con orlo ingrossato, redatte in buccherogrigio o nerastro e attestate a Veio in ambito san-tuariale344 ma anche sepolcrale345. I kyathoi minia-

FIGURA 28 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Buc-

chero: forme miniaturisti-

che; frammenti con lettere

graffite e incise (B.B.M.)

329 In altre parole, l’analisi mediante fluorescenza a raggi X ese-guita dall’équipe del prof. Piacentini ha dimostrato che esi-stevano officine che producevano oggetti in bucchero di uncerto pregio utilizzando materia prima selezionata (per gliaspetti specifici delle analisi, si rimanda ad AMBROSINI et al.Cds).

330 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, fig. 5, H2.331 RASMUSSEN 1979, pp. 93-94, tav. 25.332 RASMUSSEN 1979, pp. 104-106.333 RASMUSSEN 1979, pp. 108, tav. 33, 177.334 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, fig. 6 L.335 PANDOLFINI 1992, p. 152, fig. 362, E.22.336 VAGNETTI 1971, p. 113, n. 65.337 MURRAY THREIPLAND 1969, fig. 5, n. 7.

338 Con numerosi graffiti, assenti nei nostri esemplari: MURRAY

THREIPLAND, TORELLI 1970, fig. 5 G.339 VAGNETTI 1971, p. 113, n. 63, tav. LXIIb; MURRAY THREIPLAND,

TORELLI 1970, fig. 7, P.4.340 Corchiano, tomba 28, continuazione del secondo sepolcreto

di Caprigliano (cortese segnalazione L. Ambrosini).341 CAMPOREALE 1970, p. 64, fig. 16, tav. XIIIf.342 Si vedano le prese dei coperchi in COLONNA 2002, fig. 13, n.

162; fig. 14, n. 168.343 Grotta Gramiccia, tomba 419: DRAGO TROCCOLI 1997, p. 243-

246, fig. 3b, 3d; Casalaccio, tomba XV: VIGHI 1935, p. 64, fig. 9.344 VAGNETTI 1971, p. 112, nn. 55-56, tav. LVII e tav. A; MURRAY

THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 73, fig. 5I, 1-5.345 VIGHI 1935, p. 62, fig. 8.

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tustici (“fossile-guida dei contesti sacri dell’arcai-smo etrusco-laziale”346) tipo Rasmussen 1e347, so-no attestati con tre diversi tipi (Fig. 28.4-5; 6-7: 8-10): sono inoltre presenti una coppetta carenata(Fig. 28.13)348, una serie di piattellini (Fig. 28.12)con appiccagnolo (con probabile funzione di co-perchio), una possibile phiale (Fig. 28.11) e unacoppetta con orlo a tesa349 (Fig. 28.14).Non mancano di contro forme “monumentali”, re-datte in bucchero grigiastro: a una tazza con pos-sibile funzione di cratere si riferisce forse unesemplare di considerevoli dimensioni (Fig. 29.9),parzialmente ricomposto (manca, per una miglio-re determinazione della forma, qualsiasi tracciadell’ansa); a una ciotola carenata a vasca profon-da (Fig. 29.6-7) si riferiscono una vasca con orloingrossato e, con ogni probabilità, un fondo prov-visto di robusto piede ad anello.Sono infine attestati due esemplari di askos a botti-cella, forma documentata anche a Casale Pian Ro-seto350 e a Capena351 e almeno tre diversi esemplaridi “alare” miniaturistico (fig. 29.8), oggetto diffusoa Veio in area urbana e in contesti santuariali, in re-dazioni caratterizzate da diverso impegno esecuti-vo, e a Capena in contesto sepolcrale352.In generale, si rileva che mancano iscrizioni, incontrasto con il ricco panorama offerto dal conte-sto di Casale Pian Roseto353: sono presenti pochisegni alfabeti – la A, il segno a croce e il segno atridente354 (Fig. 28.15-18, 20) – tracciati prima del-la cottura, ai quali si aggiungono due segni a cro-ce graffiti nel fondo interno di calici (Fig. 28.19),che rivestono possibilmente un significato diversorispetto a quello di sistema di contrassegno dellepartite di vasellame.Si segnala infine che è possibile individuare alcuniframmenti di calici e coppe con il fondo intenzio-nalmente forato (Fig. 29.1-4); accanto agli esempi difori praticati dopo la cottura, è interessante rilevare

346 TORELLI 2001, a proposito della destinazione votiva degliesemplari di Casale Pian Roseto, per i quali MURRAY THREI-PLAND, TORELLI 1970, fig. 5 I, 9-11.

347 RASMUSSEN 1979, p. 112, pl. 34. Nel santuario di Gravisca ilkyathos è l’unica forma soggetta a miniaturizzazione (PIANU

2000, p. 26). Il moltiplicarsi dei rinvenimenti, non solo inambito santuariale ma anche in area di abitato, fa propende-re per l’ipotesi di un collegamento con culti di tipo domesti-co, in cui vengano utilizzate bevande di pregio (per la fasecronologica che ci interessa, si rimanda alla raccolta dei con-testi e alle osservazioni di G. Poggesi, in CAMPOREALE 1997,pp. 161-164).

348 RASMUSSEN 1979, pl. 42, n. 281; è attestata a Veio in ambitosantuariale (MURRAY THREIPLAND 1969, p. 6, fig. 4, n. 5-6; MUR-RAY THREIPLAND, TORELLI 1970, fig. 5 I, 12) e anche a Gravisca(PIANU 2000, p. 23).

349 Avvicinabile solo genericamente ad una forma ben docu-mentata nei contesti di Veio Picazzano databili tra la fine delVII ed il primo quarto del VI secolo (RASMUSSEN 1979, pp. 40,239-240: goblet tipo b).

350 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, fig. 7Q, n. 2.351 Esemplare dalla tomba 22 del Sepolcreto del Vallone: COZZA,

PASQUI 1981, p. 275, n. 35.352 Questa categoria di oggetti, a base parallelepipeda cava e

munita di forellini, provvisti di terminazioni a protome diariete o cavallino, inquadrata dalla Murray Threipland (MUR-RAY THREIPLAND 1963, pp. 71-73, con riferimenti) è estrema-mente diffusa su tutto il pianoro di Veio, come dimostrano irecenti ritrovamenti dalla villa di Campetti (U. Fusco, in SGU-BINI MORETTI 2001, p. 13-14, I.B.17) da Macchia Grande-Vi-gnacce (D’ALESSIO 2001, p. 21, I.C.10-11) e gli esemplari dalPortonaccio (forse dalla Cisterna Santangelo?, segnalazionedi L. Ambrosini) anche ad ariete (COLONNA 2002, p. 180-181,n. 345-346, tav. XLIV, p. 234). Si discute se considerarli alariminiaturistici o piuttosto, per la presenza dei forellini, ele-menti decorativi da applicarsi a mobilio o elementi di arredolignei.

353 REE in StE XXXVII, 1969, nn. 323-330.354 Editi in CIE, II, I, 5. ADD. II, 2, 1, p. 18, nn. 6329-6333.

FIGURA 29 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Buc-

chero: frammenti di oggetti

forati; askoi, alari miniaturi-

stici, forme “monumentali”

(B.B.M.)

che 3 fondi di calice, con superficie esterna scabra,presentano un foro (diametro di circa 3 cm), prati-cato prima della cottura (Fig. 29.2, 4): tale dato è diestremo interesse in rapporto alla recente presenta-

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

zione di un simile frammento da Piazza d’Armi, in-terpretato come “provino” da ceramista e analizzatoin rapporto al problema della ricostruzione del cicloproduttivo del bucchero355. [B.B.M.]

CERAMICA ATTICA A FIGURE ROSSE

Pochi sono i frammenti di ceramica attica a figurerosse, tutti riferibili a kylikes e ad una glaux. Dal-

la parte sommitale della canna356 provengono dueframmenti di kylikes databili intorno alla metà delV secolo a.C., uno di parete (Fig. 30.1; Fig. 31.1)con parte di una figura panneggiata (?)357, e unodella vasca (Figg. 30.2; 31.2) che reca parte delbusto di una figura femminile nuda (?)358. Le ridot-te dimensioni dei frammenti non consentono ulte-riori approfondimenti di studio. Sempre a una ky-lix della metà del V secolo a.C. è riferibile partedel piede (Figg. 30.3; 31.3) discoidale359, con stelocilindrico cavo, decorato sul piano di posa con fa-sce e filetti concentrici. Dalla camera A provieneun frammento di orlo di glaux360 (Figg. 30.4; 31.4)con parte di civetta che mostra all’esterno vernicegiallastra per cattiva cottura o, più probabilmente,per ulteriore ricottura (incendio?). Il frammento,purtroppo, a causa delle ridotte dimensioni, nonè inquadrabile con sicurezza nella tipologia diJohnson361 (potrebbe forse appartenere al gruppoII databile intorno alla metà del V secolo a.C.)362.Nella camera B363 è stata rinvenuta una kylix del ti-po “stemless”364(Figg. 30.5; 31.5) che reca nel ton-do interno un volatile (oca o anatra o cigno) versodestra365, con ali aperte, raffigurato nell’atto discuoterle. Il frammento può essere riferito a unakylix “stemless” del tipo “large plain rim”366. La ky-lix di Veio mostra una decorazione del fondoesterno che appare anch’essa ben attestata su cop-pe attiche a figure rosse dalla metà del V secoloa.C.367 in poi, in particolare nel decennio 430-420a.C. nella tarda produzione del Pittore del Coper-chio368, ma anche, ad es., nelle “Cástulo cups”369.La canna del pozzo (da -1,80 a -3,50 m) ha resti-tuito un frammento di fondo di un’altra kylix 370

(Fig. 30.6), sempre del tipo “stemless”, e dueframmenti di orlo di kylix, riferibili con ogni pro-babilità alla stessa produzione371.La kylix con il volatile è di notevole interesse sot-to vari punti di vista372.Sin dal momento del rinvenimento, ci era sembra-to naturale confrontare la nostra kylix con unesemplare da Spina (Fig. 31.6), giudicato di pro-duzione etrusca da F. Gilotta e ricollegare entram-

FIGURA 30 Veio. Piano di

Comunità. Ceramica attica a

ff.rr. dal pozzo e compa-

randa (7-8) (L.A.)

355 ACCONCIA 2004.356 Da 0 a –1,80 m.357 Inv. VPC 469/1.125.358 Inv. VPC 469/5.1. Dalla canna (da - 3,50 a – 4,70 m) provie-

ne anche un frammento di orlo verticale arrotondato che re-ca all’esterno resti di decorazione non identificabile (inv.VPC 469/11.58).

359 Inv. VPC 469/57.2. Dall’approfondimento della canna (- 5,40da – 5,70 m).

360 Inv. VPC 469/66.276.361 JOHNSON 1955.362 Cfr. MOORE 1997, p. 306, n. 1315, tav. 122.1315.363 Dall’approfondimento da – 5,00 m.364 Inv. VPC 469/63.1. Dall’approfondimento da -5 metri. Argilla

2.5YR5/6 ‘red’, vernice nera iridescente e coprente; si con-

serva soltanto il 39% fondo; alt. 2 cm; diam. piede 8,7 cm;alt. piede 1,15 cm.

365 GILOTTA 2001, p. 141, tav. XXIV e-f.366 SPARKES, TALCOTT 1970, p. 102.367 Cfr., ad es., la kylix “stemless” attica a figure rosse da Gravi-

sca in HUBER 1999, p. 75, n. 296.368 Kylix “stemless” attica a figure rosse del Pittore del Coper-

chio, anch’essa da Gravisca: HUBER 1999, p. 106, n. 493.369 Ad es. dal Cancho Roano: GRACIA ALONSO 2003, pp. 52-53,

fig. 6.1.I ed M; JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO 2004, pp. 30-31,PAJ/1, fig. 1, 126, fig. 35.I.

370 Inv. VPC 469/9.1.371 Inv. VPC 469/25.1 e inv. VPC 469/54.495.372 Vedi AMBROSINI Cdsb.

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2

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8 (Cancho Roano)

7 (Cancho Roano)

103

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

bi a una kylix attica a figure rosse rinvenuta nel-l’Agora di Atene373 (Fig. 31.7-8).In effetti, la kylix da Veio trova un confronto pun-tuale con una kylix da Spina, di fine V-inizi IV se-colo a.C., uscita dalla stessa bottega, e quasi cer-tamente opera del medesimo artigiano, come la-sciano intuire alcuni dettagli (soprattutto l’occhioe la resa delle piume). L’esemplare da Spina, con-siderato “in apparenza non attico”374, secondo F.Gilotta, ricorda molto da vicino per il soggetto delmedaglione lo stamnos di Bologna 824 ed è statopertanto considerato un’attache padana al gruppodi vasi raccolti da F. Gilotta intorno alla Bottegaomonima375. La tettonica del vaso e la doppia li-nea a risparmio attorno al medaglione sembrereb-bero connettere le due kylikes (quella da Veio equella da Spina) alle coppe apode studiate da Pie-ra Bocci376. La bottega, che secondo F. Gilotta sa-rebbe da localizzare in Etruria settentrionale, ve-rosimilmente in Val di Chiana, diffonde i suoi pro-dotti anche in territorio senese, volterrano, pada-no (Bologna) e volsiniese377. La distribuzione del-le ceramiche porrebbe in evidenza l’esistenza diuna via fluviale meridionale, già prospettata da V.Jolivet e F. Gilotta. In questo quadro ben si inseri-rebbe la nuova attestazione da Veio. Recentemen-te F. Gilotta sembrerebbe orientato verso la loca-lizzazione della o delle botteghe proprio nel di-stretto tiberino a Chiusi od Orvieto, senza esclu-dere l’esistenza di altri centri produttivi in gradodi soddisfare le richieste di clientele dislocate inun territorio che è in effetti piuttosto ampio378. Vanotato che un frammento di coppa con tondo in-terno delimitato da due linee concentriche in mo-do analogo alla nostra kylix da Veio è stata rinve-nuta recentemente a Ferento e attribuita da M. Mi-cozzi379 a produzione attica, senza tuttavia esclu-dere l’ipotesi di una produzione etrusca.Se ampliamo il nostro raggio di indagine vediamoche kylikes di questo tipo, con la raffigurazione diun volatile nel tondo interno delimitato da duecerchi concentrici vengono prodotte ad Atenenell’ultimo quarto del V secolo a.C., come testi-monia un esemplare rinvenuto in un pozzo del-l’Agora di Atene (Fig. 31.7), dell’ultimo quarto delV secolo a.C., riutilizzato come ostrakon per Hy-perbolos tra il 417 e il 415 a.C.380 La kylix di Atene

reca nel tondo interno un volatile verso sinistra enel fondo esterno, nella fascia perimetrale,un’iscrizione graffita dopo la cottura, che ne fa atutti gli effetti un ostrakon (Fig. 31.8): `Uperboloj'Antif£noj; si tratta di Hyperbolos AntiphanousPerithoides, il democratico radicale, il cui ostraci-smo viene datato in base a Teopompo al 417 a.C.,mentre in base ad altre evidenze al 416 o al 415a.C.381 La kylix è stata rinvenuta insieme a due oi-

373 AMBROSINI, BELELLI MARCHESINI Cdsa; AMBROSINI et al. Cds.374 GILOTTA 2001, p. 141.375 GILOTTA 1986, p. 5 s.; GILOTTA 1998 (2001), pp. 139-142; GI-

LOTTA 2003, pp. 207-208; AMBROSINI 2005, p. 163, con bibl. cit.376 BOCCI 1979, p. 61 s.377 GILOTTA 2003, p. 208.378 GILOTTA 2003, pp. 210-211.379 MICOZZI 2004, pp. 124-125, tav. XXXVI.8.380 MOORE 1997, p. 315, n. 1390, con bibl. cit., tav. 128, 1390, at-

tica, dell’ultimo quarto del V secolo a.C. N. inv. P18495,

diam. int. piede 6,9 cm, diam. est. piede 8,6 cm, spess. pare-ti vasca 0,8 cm. È presente miltos su tutto l’esterno del piede;argilla rosa carico e vernice opaca. Si tratta di un ostrakon:LANG 1990, p. 64, n. 309, fig. 11, con bibl. cit. Per la docu-mentazione fotografica completa del vaso si rinvia a THOM-PSON 1948, p. 186, fig. 8, tav. 66.3.

381 Dall’Agora di Atene provengono altre due ostraka con il no-me di Hyperbolos Antiphanous; la forma delle lettere ed icontesti consentono di datare gli ostraka all’ultimo quartodel V secolo a.C. (LANG 1990, p. 64).

FIGURA 31 Veio, Piano di

Comunità. Ceramica attica a

ff.rr. dal pozzo e compa-

randa

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104

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

nochoai attiche a figure rosse dell’ultimo quarto edella fine del V secolo aC.382 La raffigurazione delvolatile verso sinistra, isolato, appare anche su le-kythoi attiche a figure rosse del medesimo perio-do rinvenute nella stessa Agora di Atene383 ma, ades., anche ad Ampurias e Ibiza384. Oche del mede-simo tipo sono raffigurate su squat lekythoi dallatomba 36 del Kerameikos di Atene (datata al 410a.C.)385 o conservate, ad es., a Karlsruhe386, Mila-no387, Cracovia388 e Würzburg389; inoltre la figuradell’oca, talora alternata a teste femminili raffigu-ranti forse un divinità della quale il volatile po-trebbe essere un attributo (Afrodite?)390, sono pre-senti su coperchi di pissidi attiche a figure rossedi tipo A, datate nel secondo quarto del IV secoloa.C.391 Occorre anche sottolineare che il motivodell’oca/cigno si inserisce all’interno del reperto-rio decorativo proprio della ceramica attica a figu-re rosse a partire dalla fine del V-inizi IV secoloa.C.392 In questo quadro rientrano anche gli askoidiscoidali attici della classe Ia di L. Massei393, cherecano la raffigurazione di un volatile e di un feli-no databili nel primo venticinquennio del V seco-lo a.C., ben diffusi a Spina394.L’attribuzione della nostra kylix alla produzioneetrusca a figure rosse, sulla scorta della kylix diSpina, giudicata etrusca da F. Gilotta, pone, a no-stro avviso, dei problemi non secondari.La kylix da Veio, infatti, è identica non solo aquella di Spina ma, ad es., anche a quella rinve-nuta in Spagna, nel palazzo-santuario del CanchoRoano395 (Zalamea de la Serena, Badajoz) (Fig.30.7) in Extremadura, il cui livello di distruzione èdatato alla fine del V o inizi del IV secolo a.C., male cui fasi iniziali risalgono al VI secolo a.C., senon prima. La kylix, rinvenuta al Cancho Roano

nel 1989, ma edita solo di recente da F. GraciaAlonso, mostra non solo la medesima decorazio-ne del tondo interno, ma anche lo stesso tratta-mento del fondo esterno. Il vaso è stato attribuitoa produzione attica e datato al 430-425 a.C. Sem-pre dal palazzo-santuario del Cancho Roano pro-viene un’altra kylix frammentaria di questo tipoche conserva parte di un’ala del volatile396 (Fig.30.8). Lo schema decorativo del volatile è fre-quente su kylikes a figure rosse rinvenute in Spa-gna, come quella da Château Rousillon/Ruscino397

(Pirenei orientali) datata al 400 a.C., quella dallanecropoli di Las Madrigueras (Carrascosa delCampo, Guadalajara)398, le due kylikes da Ampu-rias (una delle quali molto frammentaria)399, quel-la da Illeta dels Banyets (Campello, Alicante)400 equella, inedita, conservata al Museo di Elche401.Le kylikes dal Cancho Roano vengono definite“Copas de pie bajo de tipo Plain Rim”, l’equiva-lente di “stemless large plain rim” adottata nel vo-lume relativo alla ceramica attica a vernice nerarinvenuta nell’Agora di Atene402. Inizialmente col-legate alla produzione del Pittore Marlay, sonostate in seguito attribuite da F. Gracia Alonso allaCerchia del Pittore di Londra E 777 e alla Cerchiadel Pittore di Bologna 417, a sua volta in rapportocon la Cerchia del Pittore di Pentesilea. Si tratta diun gruppo di kylikes di qualità inferiore rispetto aquelle prodotte dalla Cerchia del Pittore di Mar-lay, realizzate nella stessa epoca, ma da mani dif-ferenti403. L’uniformità e la singolarità del gruppohanno condotto il Gracia Alonso a individuare unpossibile artista indipendente da quelli citati, re-sponsabile di questa produzione, che egli deno-mina “Pittore di Zalamea”404. La produzione si si-tuerebbe nella seconda metà del V secolo a.C.405

382 MOORE 1997, pp. 233, n. 633, 244, n. 719, tavv. 68.633 e76.719; la prima, con raffigurazione di un komos è datata al-l’ultimo quarto del V secolo a.C., la seconda con scena di pa-lestra è datata al 400 a.C. ca.

383 MOORE 1997, p. 266, n. 933, tav. 92.933.384 TRIAS DE ARRIBAS 1967, pp. 192, n. 615, 303, n. 29, tavv. CXI.1

e 2, CL.9.385 Vedi SCHLÖRB-VIERNEISEL 1968, p. 93, tav. 32.1; CVA Stuttgart

1, tav. 31.3.386 CVA Karlsruhe 1, tav. 29.5.387 CVA Milano 1, tav. 11.5.388 CVA Cracow, tav. 13.5.389 THOMPSON 1948, p. 187. Per Würzburg: LANGLOTZ 1932, p.

117, n. 589, tav. 209.589.390 Relativamente a divinità e figure mitologiche maschili occor-

re ricordare almeno Apollo, Zeus, Iacinto ecc.391 MOORE 1997, tav.98.1021.392 A tale riguardo vedi anche GRACIA ALONSO 2003, p. 35.393 MASSEI 1978, p. XXXIII ss.394 Vedi, ad es., SASSATELLI 1993a, pp. 22 (fotografia a colori), 99-

100, n. 124, con bibl. cit.395 GRACIA ALONSO 2003, pp. 34-35 tav. 2.1, p. 124, p. 81, p. 82

tav. 7.3, p. 127; JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO 2004, pp. 26-28,CR3. Inv.-Campaña 1989, h 2,2 cm, diam. piede 9,5 cm, pre-senta pasta rossa, compatta e depurata e sgrassanti micacei.

396 GRACIA ALONSO 2003, p. 82 tav. 7.3 n. inv. Campaña 1994; alt.1,8 cm, diam. piede 8 cm, pasta grigia dura, compatta, depu-rata con sgrassante micaceo. Datata 430-425 a.C. Il frammen-to mostra notevoli affinità con la kylix dall’Agora di Atene,già citata.

397 JULLY 1983, p. 254.398 Per la necropoli vedi ALMAGRO GORBEA 1965; ALMAGRO GOR-

BEA, OLMOS 1981; MENA MUÑOZ 1984, p. 165.399 TRIAS DE ARRIBAS 1967, p. 145, nn. 439 e 441, tav. LXXIX.3 e 5;

JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO 2004, p. 120; MIRÓ I ALAIX 2006,pp. 249, 260, fig. 706.2587 e 739.

400 GARCÍA MARTÍN 2003, fig. 12.76; JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO

2004, pp. 120-121. La raffigurazione, interpretata come civet-ta, è, secondo gli autori, discutibile.

401 Ringrazio con affetto il Prof. R. Olmos per la cortese segna-lazione che mi consente di ampliare il dossier a me noto at-traverso fonti bibliografiche.

402 JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO 2004, pp. 115-123.403 Vedi anche DOMÍNGUEZ SANCHEZ, SÁNCHEZ 2001, pp. 440-441.404 GRACIA ALONSO 2003, pp. 35-36; JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO

2004, p. 116. Per la bibliografia sul pittore: DOMÍNGUEZ SAN-CHEZ, SÁNCHEZ 2001, p. 440.

405 La diffusione di queste kylikes in Spagna riguarda non solositi costieri come Ampurias e Illeta de Banyets, ma anchel’interno: JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO 2004, p. 119, fig. 33.

105

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

Le caratteristiche tecniche e stilistiche hanno dun-que permesso al Gracia Alonso di raggruppare in-torno al Pittore di Zalamea un gruppo ceramiconel quale si possono riconoscere le mani di variartigiani operanti nel Kerameikos, influenzati daimaggiori pittori del momento406; non solo, ma lekylikes di questo Gruppo di Zalamea, insieme alle“Cástulo cups”, alle glaukes, agli skyphoi attici conghirlanda, ai kantharoi tipo “Saint Valentin”, allekylikes della “delicate class”, costituirebbero unservizio vascolare che consente di delineare unprofilo commerciale caratteristico degli anni finalidel V secolo a.C. che P. Cabrera ha denominato“horizonte ampuritano”407.Il rinvenimento effettuato nel centro tartessico delCancho Roano è un dato importante: se è veroche nei centri indigeni dell’interno sono del tuttoassenti bucchero e anfore etrusche, mentre risultadiffusa la ceramica greca (vedi, ad es., nell’inse-diamento fortificato di Castro Marim)408, è altret-tanto vero che attraverso il corso del Guadiana lepopolazioni tartessiche regolavano il flusso di be-ni esotici verso l’interno dell’Extremadura409, co-me testimoniano, ad es., i due infundibola etru-schi, uno del tipo 1 a lira e uno del tipo 3 a pal-metta rinvenuti al Cancho Roano410. Come è noto,il flusso della ceramica etrusca verso la costa ibe-rica sembra essersi fermato completamente nellaseconda metà del V secolo a.C.411 Uno studio con-dotto recentemente sulla circolazione della cera-mica greca nell’Extremadura412, ha rivelato che alCancho Roano la ceramica attica compare nellafase finale del palazzo-santuario, alla fine del Vsecolo a.C. È inoltre interessante notare che le“stemless large plain rim kylikes” hanno, in Extre-madura, la loro massima concentrazione proprioal Cancho Roano, con ben 45 esemplari, dei qua-li almeno 22 recano una decorazione a figure ros-se nel fondo interno; al di fuori del Cancho Roa-no, sono state rinvenute soltanto nel grande tu-mulo di El Turuñuelo de Guereña413.L’esame autoptico della kylix di Atene414, da mecondotto recentemente, consente di effettuare al-cune riflessioni in merito alla nostra kylix da Veio.Il colore dell’argilla (grigia nell’esemplare spagno-

lo, rosso in quello veiente, rosa carico in quelloateniese) non consente automaticamente l’asse-gnazione alla medesima produzione dei diversiesemplari, dal momento che esso appare variabi-le e che tale variabilità potrebbe essere legata afattori difficilmente controllabili (difetti di cottura,approvvigionamento da punti diversi della mede-sima cava, approvvigionamento da cave differentiecc…). Tuttavia, la presenza di miltos sia sul-l’esemplare ateniese che su quello veiente, tradi-scono un medesimo trattamento delle superfici,atto a uniformare il colore dell’argilla e a renderlodi un rosso maggiormente vivace.L’analisi da fluorescenza di raggi X condotta sullakylix di Veio ha messo un evidenza la presenzadel solo cobalto, laddove gli altri frammenti di ce-ramica attica hanno evidenziato la presenza di ni-chel e cobalto, e di fatto i diversi elementi sonopresenti nella kylix con percentuali diverse rispet-to al quadro delle ceramiche locali, con un mag-giore contenuto di ferro e minore contenuto inve-ce di manganese, rubidio, stronzio e zirconio.Purtroppo non è stato possibile procedere al pre-lievo di un piccolo campione d’argilla per effet-tuare delle analisi, perché il frammento di kylix diAtene riveste un’importanza particolare dal puntodi vista storico, trattandosi di un ostrakon415.Merita dunque di essere approfondito l’esamedella kylix di Veio, al fine di stabilire se si tratti diuna produzione effettivamente attica, come cre-do, oppure una produzione etrusca di marca atti-cizzante che doveva soddisfare i gusti di unaclientela già predisposta al consumo di ceramichefigurate di pregio416.In conclusione, a favore dell’attribuzione a produ-zione attica della kylix di Veio sono vari elementiinterni che esterni. Tra quelli interni i più rilevantisono la tettonica del vaso, la decorazione, il tratta-mento delle superfici; tra quelli esterni va conside-rata l’improbabilità che esistesse una “imitazione”etrusca di una kylix così poco diffusa in Etruria eche tale “imitazione” fosse così pedissequa. È notocome la creazione di “imitazioni” sia legata alla ri-chiesta di un “surrogato” che assomigli a un pro-dotto largamente noto e apprezzato in loco, ma

406 JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO 2004, p. 154.407 GRACIA ALONSO 2003, p. 37; JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO

2004, p. 155, con bibl. cit.408 BOTTO, VIVES FERRÁNDIZ 2006, p. 130.409 Sulla diffusione delle ceramiche attraverso il corso del Gua-

diana vedi JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO 2004, pp. 213-224.410 CELESTINO PÉREZ, ZULUETA DE LA IGLESIA 2003, p. 57, fig. 17.1-2;

BOTTO, VIVES FERRÁNDIZ 2006, pp. 129-130, fig. 23.411 SANMARTÍ et al. 2006, p. 202.412 JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO 2004, p. 26.413 JIMÉNEZ VILLA, ORTEGA BLANCO 2004, pp. 115-116, 119, fig. 33.122.414 Effettuato il 31 dicembre 2007 presso il Museo dell’Agora.

Ringrazio con affetto la Dott. K. Lazaride, la Dott. N. Saraga,la Dott. M. Geraniou (I Eforato di Antichità Preistorica e Clas-sica), la Dott. J. Jordan (American School of Classical Studiesin Ancient Agora).

415 Secondo quanto comunicato dal Ministero della Cultura allamia richiesta del 9/11/2007. Piuttosto complesso risulta effet-tuare delle analisi non distruttive del frammento di Atene(fluorescenza da raggi X) poiché occorrerebbe utilizzare lamedesima strumentazione con le stesse condizioni ambien-tali nelle quali sono state effettuate le misurazioni sulla kylixdi Veio.

416 GILOTTA 2003, pp. 207-208.

106

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

prodotto altrove. Prendiamo ad es. il caso delle ce-ramiche attiche ben diffuse in Etruria come le glau-kes, i kantharoi tipo “Saint Valentin” ecc… Questeproduzioni vengono largamente imitate in Etruria,ma con la tecnica della sovradipintura e con l’ag-giunta di varianti (maggiormente evidenti nella de-corazione dei kantharoi tipo “Saint Valentin”). Nelnostro caso, mi sembra piuttosto difficile (anche senon impossibile) che in Etruria sia nata una produ-zione di kylikes “stemless” proprio con la raffigura-zione del volatile nel tondo interno, così poco dif-fuse, a quanto noto, non solo in Etruria ma nel re-sto del bacino del Mediterraneo e che essa abbiaimitato i prototipi attici senza introdurre neppureuna minima variante decorativa o di tipo tecnico. Atale proposito, invece, va sottolineato il fatto cheesiste una produzione coeva di kylikes che recanonel tondo interno il medesimo volatile, ma realizza-te in ceramica a vernice nera sovradipinta; le sei ky-likes finora riunite da S. Bruni provengono da Fie-sole (esemplare rinvenuto presso il versante meri-dionale delle mura etrusche, con l’iscrizione rarul-puia graffita sotto al piede), dall’agro volterrano,dall’area aretina e chiusina e da Orvieto417. Ad essesi può aggiungere un esemplare inedito da Roma418.Come è noto, il flusso della ceramica attica a Spinacontinua in quantità rilevante durante il corso delV secolo a.C., non frenato neppure dalla Guerradel Pepolonneso; non solo, ma si è anche credutodi individuare in Spina un possibile punto di tran-sito dei prodotti attici attraverso l’Appennino, siaverso Nord, che verso Sud, per raggiungere l’Etru-ria interna e tiberina419. Un altro punto nodale percomprendere la circolazione della ceramica atticain Etruria tra gli ultimi decenni del V e i primi de-cenni del IV secolo a.C. è, a nostro avviso, proprioVeio420. Della circolazione a Veio della ceramica at-tica a figure rosse in questo periodo si sa ancorapoco. Dalle liste del Beazley conosciamo una peli-ke del Pittore di Londra E 395, un frammento dellaManiera del Pittore di Meidias, quattro kylikes del“Gruppo delle Coppe Sub-Meidiache”421. Ad essiaggiungerei anche un frammento da MacchiaGrande edito di recente, datato genericamente allaseconda metà del V secolo a.C.422 Rinvenimenti so-

no stati effettuati anche nelle necropoli di Picazza-no e nella tomba IX di Macchia di Comunità423. Ilrinvenimento della kylix di Veio mi sembra cheapra nuove prospettive relativamente alla diffusio-ne della ceramica attica in Etruria nell’ultimo quar-to del V secolo a.C., e che consenta anche di ana-lizzare in modo migliore gli influssi che essa ebbesulle produzioni locali, sia per quanto riguarda leforme vascolari che, soprattutto, per quanto ri-guarda il patrimonio iconografico424. [L.A.]

CERAMICA ATTICA A VERNICE NERA

Dal pozzo provengono anche pochi frammenti diceramica attica a vernice nera425 (Fig. 32.1). Diquesti l’unico attribuibile con certezza a un tipo èil frammento di orlo di una kylix 426 “stemless”, deltipo “inset lip = Cástulo cup” (Athenian Agora471)427, datato al secondo quarto del V secolo a.C.attestato a Veio anche, ad es., a Casale Pian Rose-to428. Il nostro frammento, nonostante le ridotte di-mensioni, potrebbe forse essere riferito al tipo 1AGracia Alonso429, caratterizzato da orlo superior-mente convesso e labbro concavo con risega in-terna. Come è noto, le problematiche relative allacronologia di questa produzione e alla sua diffu-sione non solo in Etruria, ma nel resto del bacinodel Mediterraneo, sono molto complesse e nonpossono essere affrontate in questa sede. Basti tut-tavia sottolineare come la cronologia attribuita airinvenimenti dell’Agora di Atene necessiti di esse-re ben ponderata alla luce dei contesti di rinveni-mento effettuati. In Spagna, ad es., le prime asso-ciazioni certe di “Cástulo cups”, che consentono diporle in relazione a vasi attici a figure rosse delleserie recenti del Gruppo “Saint Valentin” (VII eVIII della tipologia di Howard a Johnson), datanoall’ultimo quarto del V secolo a.C.430 [L.A.]

CERAMICA A VERNICE NERA SOVRADIPINTA

Il pozzo ha restituito pochi frammenti di ceramicaa vernice nera sovradipinta431, tutti riferibili a formeaperte e ancora inquadrabili nella seconda metàdel IV secolo a.C. Dalla camera B proviene unaglaux lacunosa432 (Fig. 32.2), forma Morel 4313a2,caratterizzata dalla decorazione sovradipinta in ro-

417 BRUNI 2003, pp. 283-284, tav. II.4b.418 Pendici nord-est del Palatino. Ringrazio la prof. C. Panella eil dott. A. Ferrandes per avermi invitato ad esaminare la ceramicarinvenuta nello scavo.419 SASSATELLI 1993b, p. 195, con bibl. cit.420 AMBROSINI 2005, p. 325, nota 169.421 ARV 2, pp. 1140, n. 12, 1329, n. 113, 1396, nn. 7-10.422 G. Cifani, in SGUBINI MORETTI 2001, p. 19, I.C.5, l’esemplare,

per il quale non si forniscono confronti.423 DRAGO TROCCOLI 1997, pp. 265, 271.424 Si veda, ad es., AMBROSINI 2005.425 Rinvenuti sia nella parte sommitale della canna (da 0-1,80 m)

che in quella più profonda del pozzo (da -5,00 a -5,70 m).

426 Inv. VPC 469/57.1.427 SPARKES, TALCOTT 1970, p. 268, n. 471, fig. 5.471. Per la defini-

zione della forma, nomenclatura, tipologia e diffusione si rin-via da ultimo a GRACIA ALONSO 2003, pp. 40-63, con bibl. prec.

428 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 70, n. 8, 101, fig. R4.429 GRACIA ALONSO 2003, pp. 49-50, fig. 5.430 GRACIA ALONSO 2003, p. 62.431 La percentuale dei frammenti di ceramica a vernice nera so-

vradipinta è molto bassa, così come nei materiali recente-mente rinvenuti nel pozzo scavato a Nepi, vicino al Vescova-do (DI GENNARO et al. 2002, p. 55, fig. 12.2).

432 Inv. VPC 469/42.1.

107

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

sa scuro e dotata di linee incise. L’esemplare puòessere ascritto al “Gruppo delle Glaukes Etru-sche”433, in particolare al I° gruppo di Bruni, inqua-drabile nella produzione iniziale del “Gruppo So-kra”, caratterizzato dalla forma assai vicina a quel-la dei modelli attici434, dalla vernice lucida, densa eabbastanza omogenea, sovradipintura di color ros-so-arancio, particolari resi con il graffito. Irrisolti,come è noto, restano ancora alcuni problemi rela-tivi a questa produzione: l’inquadramento cronolo-gico, il centro o i centri di produzione. È altamenteprobabile che la produzione sovradipinta nacquecome precoce imitazione del prototipo attico nel-l’Agro Falisco, dove glaukes attiche circolavanoampiamente. Sempre dalla stessa camera B provie-ne un frammento di ansa verticale di glaux 435, for-se pertinente all’esemplare precedente.Al “Gruppo Sokra” possono essere attribuiti unframmento di parete di skyphos 436 (Fig. 32.3) dallacamera B, che conserva parte della decorazionecon un tralcio di olivo verticale, un frammento divasca di kylix 437 (Fig. 32.4), dalla camera A, delquale ignoriamo il motivo decorativo del meda-glione centrale e un frammento di parete di sky-phos (Fig. 32.5)438, con foglia sovradipinta in rosascuro, dalla canna del pozzo439. [L.A.]

CERAMICA A VERNICE NERA

Dal pozzo provengono pochi frammenti di cera-mica a vernice nera, il cui esame è reso difficiledal loro stato di conservazione (basso numero dielementi diagnostici e piccole dimensioni). Tutta-via, sembra che, tranne pochi casi, essi siano tuttiinquadrabili nella seconda metà del IV secolo a.C.Dalla parte più profonda del pozzo provengonoframmenti riferibili a skyphoi 440 (Fig. 32.6) dellaseconda metà-fine IV secolo a.C. I materiali piùrecenti sembrano essere contenuti, al massimo,entro i primi decenni del III secolo a.C. e proven-gono dalla parte sommitale della canna.Per quanto riguarda le produzioni, accanto a cera-mica di produzione locale o comunque etrusco-meridionale (cosiddetta Campana B), ricoperta davernice spesso opaca, talvolta arrossata o legger-mente iridescente per cattiva cottura, si segnala lapresenza di due frammenti attribuibili a fabbricaromana (“Atelier des Petites Estampilles”)441: un

frammento di orlo di coppa442 (Fig. 32.7), formaMorel 2981a e uno di vasca443 con stampiglio apalmetta444 (Fig. 32.8). Il pozzo ha restituito ancheun frammento di lucerna445 (Fig. 32.9), che appar-tiene alla classe delle lucerne etrusco-meridionalirealizzate al tornio, produzione di III-II secoloa.C., affine a quella del tipo c.d. biconico del-

FIGURA 32 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Ceramica

attica a v.n. (1), a v.n. so-

vradipinta (2-5), a v.n. (6-

9), depurata acroma (forme

aperte: 10-19) (L.A.)

433 BRUNI 1992, p. 70-72, con bibl. cit.; SERRA RIDGWAY 1996, p.233-234, con bibl.

434 JOHNSON 1955. Vedi L. Ambrosini, in SGUBINI MORETTI 2001, p.82, I.F.7.4. e AMBROSINI Cdsa.

435 Inv. VPC 469/41.4.436 Inv. VPC 469/64.1.437 Inv. VPC 469/30.31.438 Inv. VPC 469/26.2.439 Da – 4,70 a – 5,00 m.440 Invv. VPC 469/46/75; VPC 469/63.2; VPC 469/65.271; VPC

469/75.380.441 Per la distribuzione della produzione dell’“Atelier des Petites

Estampilles” a Veio si rinvia ad AMBROSINI Cdsa.442 Inv. VPC 469/1.129; MOREL 1981, tav. 84.443 Inv. VPC /469/4.82.444 Per lo stampiglio a palmetta a sette foglie sorgente su doppia

voluta, impresso in negativo, cfr. VALENTINI 1993, p. 250, n.441, tav. 43.441; simile a CEDERNA 1951, p. 211, fig. 15.28;MOREL 1969, p. 72, fig. 5.28, 73.

445 Inv. VPC 469/1.127.

1

2

3 4

5

7

8 9

6

19

13 (tipo 3)

14 (tipo 3a)

15 (tipo 4)

16 (tipo 4a)

17 (tipo 4b)

18 (tipo 5)

10 (tipo 1)

11 (tipo 2)

12 (tipo 2a)

108

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

l’Esquilino, dalla quale si distingue per la formaglobulare del serbatoio446. [L.A.]

CERAMICA ACROMA DEPURATA

Ben attestata è la ceramica acroma depurata, sia conle forme aperte che con quelle chiuse (meno ab-

bondanti). Su 445 frammenti di ceramica acromadepurata, ben 233 appartengono a piattelli, cioè po-co più della metà. I tipi più attestati sono il tipo 1 eil tipo 2, rispettivamente con 75 e 69 frammenti. Se-guono il tipo 3 con 35 frammenti, il tipo 3a con 12frammenti, il tipo 2a con 8 frammenti, il tipo 4 e 4a,entrambi con 3 frammenti, il tipo 4b e 5, entrambicon 1 frammento. Infine 24 frammenti appartengo-no a tipi che non è possibile identificare a causadelle ridotte dimensioni. Tra i piattelli (almeno ses-santa esemplari, uno soltanto con un graffito447) sisegnalano almeno trenta esemplari riferibili al tipo1, tredici del tipo 2, tre del tipo 2a, sette del tipo 3,due del tipo 3a, uno del tipo 4, uno del tipo 4a, unodel tipo 4b e uno del tipo 5 (Fig. 32.10-18). Sebbe-ne la forma di questi piattelli sia particolarmente dif-fusa, con alcune varianti tipologiche, a partire dallafine del VI fino al III secolo a.C.448, i nostri esempla-ri, dalle pareti piuttosto rettilinee e sviluppate, ap-partengono a una fase cronologica ancora di pienoV secolo a.C. Trovano confronto, per rimanerenell’ambito di Veio, ad es. con gli esemplari di G 2,3 e 4 da Casale Pian Roseto, nella tomba XII di Ca-salaccio449 e nella tomba 426 di Grotta Gramiccia450.I rimanenti 212 frammenti, circa 100 sono relativi aforme chiuse non determinabili a causa dello statodi conservazione dei frammenti; gli altri sono per-tinenti per lo più a oinochoai, olpette a bocca ton-da e oinochoai di forma VII. Le forme aperte sonopresenti soltanto con due coppette e due coper-chietti451 (Fig. 33.3-4). Delle due coppette452 (Fig.33.1-2) rinvenute nella canna e nella camera B,una è miniaturistica. Un piccolo gruppo di orli dibrocche453 (Fig. 33.5-6) trova confronti stringenticon i materiali della Civita di Tarquinia e risultanoattestati in Etruria durante la fase arcaica454.Tra le brocche si segnalano inoltre alcuni fram-menti con labbro decorato da solcature orizzontaliparallele455 (Fig. 33.7-10) che trovano confrontocon esemplari da Veio-Casale Pian Roseto, da Cae-re-Vigna Parrocchiale456, Pyrgi457, Castel di Decimae Roma (Palatino)458, dei quali potrebbero essererecenziori a causa della conformazione del labbro.

FIGURA 33 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Ceramica

depurata acroma: forme

aperte 1-4; forme chiuse 5-

15 (L.A.)

446 Sul tipo vedi da ultimo V. Bellelli, in CRISTOFANI 2003, p. 150,n. 1679.

447 Ampiamente attestato su materiali (impasto rosso bruno,bucchero, ecc…) da contesti arcaici, vedi ad es. PENSABENE etal. 2000, pp. 214, fig. 15.99 e 110, 238, fig. 19.172.

448 Per le attestazioni di età arcaica: MAGGIANI 1979 e MARTELLI

1986; sui piattelli da ultimi BENEDETTINI 1996, pp. 18-19 e PAO-LUCCI, RASTRELLI 1999, pp. 87-89; V. Bellelli, in CRISTOFANI 2003,pp. 44-45, con bibl. cit. Sulla forma da ultima AMBROSINI 2004,pp. 319-320, ad n. 40, con bibl. cit.

449 VIGHI 1935, p. 62 fig. 8, p. 63, n. 10-27 (diciotto piattelli diterracotta diam. 12,5 cm, dalla tomba XII); DRAGO TROCCOLI

1997, p. 252, nota 28. Bisognerebbe verificare anche la for-ma dei piattelli della tomba XVII (VIGHI 1935, p. 65, n. 3-5)diam. 10,5 cm e dalla tomba XIX (VIGHI 1935, p. 66, n. 3-5)

diam. 11 cm pubblicati senza foto né disegno. Per il contestovedi anche L. Ambrosini, in SGUBINI MORETTI 2001, p. 82,I.F.7.4.

450 DRAGO TROCCOLI 1997, p. 250, fig. b-e, 252.451 Inv. VPC 469/55.246; inv. VPC 469/55.249.452 Inv. VPC 469/13.81; inv. VPC 469/28.240.453 Inv. VPC 469/9.114 e inv. VPC 469/50.38.454 BAGNASCO GIANNI 1999, tav. 56.7-8.455 Inv. VPC 469/55.244; inv. VPC 469/45.49a-b; inv. VPC

469/47.23; inv. VPC 469/5.40.456 SANTORO 1992, pp. 118-122 (a fasce), 129-130 (acroma depu-

rata).457 Pyrgi 1959, p. 233, fig. 82, n. 12.458 Da ultima ANGELELLI 2001a, pp. 250-251, con bibl. cit., tav.

72.323-327.

1 2

5

6

3

4

7

8

9

10

11

13

14 15

12

109

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

Il tipo, presente sia nella produzione a fasce, chein quella etrusco-corinzia lineare, sembra risentirenell’impostazione generale di modelli corinzi di fi-ne VII e, soprattutto, di modelli greco-orientali.Tale fenomeno ben evidenzia l’osmosi esistentenell’attività delle officine ceramiche della primametà del VI secolo a.C.459

Tra le forme chiuse segnaliamo almeno sette ol-pette a bocca tonda460 (Fig. 33.11-12) (delle qualialmeno un esemplare del tipo 3a, uno simile al ti-po 4b461 e uno al tipo 5 Ambrosini462), e una mi-niaturistica463 (Fig. 33.13), di una forma464 che, co-me è noto, viene prodotta dal V fino alla metà delIII secolo a.C., e che trovano confronto con esem-plari da Veio-Casale Pian Roseto465 e da Gravi-sca466, in contesti ancora di V secolo a.C.Abbiamo inoltre tre oinochoai di forma VII467 (Fig.33.14) inquadrabili, per la morfologia del beccopiuttosto allungato e del ventre poco rigonfio, inun’epoca recenziore rispetto agli esemplari da Ca-sale Pian Roseto468. Trovano invece confronto conesemplari da Veio-Portonaccio (Cisterna Santange-lo)469, attestati anche, ad es., a Caere 470, a Civita-vecchia471 e a Roma472. Forma realizzata a partireda metà V, appare diffusissima in contesti di fineIV-III secolo a.C.473 nel Lazio, in Etruria e nell’Agrofalisco. Dal momento che esiste un’altissima fre-quenza di questa forma474 nelle altre classi (cera-mica a figure rosse, a vernice nera sovradipinta e avernice nera), mentre le attestazioni in ceramicadepuratata acroma sono più rare, si è ipotizzatauna sostanziale identità delle creazioni del singolovasaio, divise poi dall’opera dei vari decoratori475.Abbiamo infine delle brocche (Fig. 33.15) chesembrano essere degli antecedenti del tipo 1bAmbrosini476, di età ellenistica attestato nel santua-rio di Portonaccio a Veio. [L.A.]

INSTRUMENTUM

STRUMENTI PER LA FILATURA E LA TESSITURA

Dal riempimento del pozzo provengono anchesette pesi da telaio477, quattro integri e tre conser-

459 SANTORO 1992, pp. 118-119.460 Inv. VPC 469/7.19; inv. VPC 469/9.118; inv. VPC 469/11.49;

inv. VPC 469/12.45a-b e VPC 469/14.34; inv. VPC 469/45.48a-b; inv. VPC 469/46.80; inv. VPC 469/49 s.n.

461 AMBROSINI Cdsa.462 AMBROSINI Cdsa.463 Inv. VPC 469/9/117.464 Per la forma ed il suo uso si rinvia a AMBROSINI Cdsa.465 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 76, L 3-5, fig. 13, L 3-4.466 GORI, PIERINI 2001b, p. 335, n. 719, tav. 65.719.467 Inv. VPC 469/9.119; inv. VPC 469/32.5; inv. VPC 469/51.293.468 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, fig. 11. I.469 AMBROSINI Cdsa.470 Dalla tomba 69 di Laghetto II: BONGHI JOVINO et al. 1980, p.

256, n. 100, fig. 100, datata fine IV secolo a.C.; dalla tomba acamera 263 di Laghetto II: ZAMPIERI 1991, I, pp. 145-146, n.

74, 151, fig. 74; ZAMPIERI 1994, pp. 193, fig. 299.13, 194, n. 13,con corpo meno rigonfio nella metà sup.; dalla tomba 92 diBufolareccia: MICOZZI 1993, pp. 4, 9, fig. 31, con parte inf. delcorpo meno sviluppata.

471 Dalla tomba E, sul piano tra le due banchine: MENGARELLI

1941, pp. 360, fig. 6.8, 368, n. 39.472 Dalla tomba a camera della Circonvallazione Cornelia:

P.A. Gianfrotta, in AA.VV. 1973, pp. 249, 258, n. 412, tav.LIX.412.

473 BEAZLEY 1947, pp. 205-206; TEN KORTENAAR 2005b, p. 268.474 Per la forma si rinvia a AMBROSINI Cdsa.475 SARTORI 2002, p. 104; TEN KORTENAAR 2005b, p. 268.476 AMBROSINI Cdsa.477 Per problemi di interpretazione generale si rimanda a AM-

BROSINI 2000 e PIERGROSSI 2005.

vati soltanto nella porzione superiore (Figg. 34-35). Quattro dei cinque esemplari integri proven-gono dalle camere del pozzo, gli altri tre esem-plari, lacunosi, provengono dalla canna (da -3,50a -4,70 m). Appartengono tutti al tipo parallelepi-pedo, tranne uno (dalla camera A), di forma tron-copiramidale. Per il tipo di argilla utilizzata e perla forma sembrano inquadrabili nel V secolo a.C.

FIGURA 34 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Strumenti

per la filatura e la tessitura

(L. A.)

1

2

3

4

110

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

Pesi da telaio da Veio provengono anche da Casa-le Pian Roseto478 e dal deposito di Campetti479.È inoltre presente un rocchetto (Fig. 34.4) a corpocilindrico con terminazioni lievemente espanse eappiattite che, per le caratteristiche tecniche, sem-bra riferibile all’età protostorica480. [L.A.]

STRUMENTI CONNESSI ALL’USO DEL FUOCO E DELLE BRACI

ALARI

Alari a mattonella parallelepipedi sono attestatidall’estremità di un esemplare con piano superio-re appena incavato481 (Fig. 36.2) e da un esempla-re completo, gettato intero nel pozzo ma frattura-to in due metà per condizioni di giacitura, che ri-sulta eccezionale per la presenza di una ricca de-corazione incisa482. L’alare (Figg. 36.1;42.2) pre-senta una terminazione a protome stilizzata, forseornitormorfa, ed è percorso lungo il dorso da unacoppia di scanalature che risparmiano un cordo-ne centrale, secondo un tipo di accorgimento de-stinato a migliorare il processo di combustione,documentato a partire dal protovillanoviano483. Èdecorato sulle fiancate, sulle testate e sul collodella protome con una serie di metope, nastri maanche motivi semplici che utilizzano una limitatagamma di motivi decorativi di tipo villanoviano484;l’estremità del muso, ampiamente scheggiata, pre-senta sui lati due motivi a “enne” semplice conbraccio sinistro rivolto verso l’alto485, in alto unaserie di trattini che probabilmente si riferiscono aun qualche tipo di caratterizzazione.L’esemplare si colloca in posizione intermedia tragli esemplari della Prima Età del Ferro a protomestilizzata, talvolta decorati a tacche sul dorso (do-cumentati anche a Veio486) e i più elaborati alaricon protomi di animali, con corpo a cassetta cava,provvisti di decorazione stampigliata e particolar-mente diffusi nel nord Italia487. Nella stessa Veiorisulta ben attestato l’uso di protomi di ariete e ca-vallo riferibili a manufatti connessi con l’uso delfuoco488; al dossier è ora possibile aggiungere unesemplare a testa di ariete rinvenuto al Portonac-cio nel corso degli scavi Santangelo, provvisto didecorazione impressa a cilindretto489. [B.B.M.]

FORNELLI

Sono rappresentati almeno un esemplare perti-nente al tipo con diaframma a piastra rialzata490,largamente documentato a partire dal Bronzo Fi-

478 MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970, p. 85, n. 1, 121. fig. 36B.479 VAGNETTI 1971, p. 103, n. 5, tav. LVIII.480 Inv. VPC 469/37.252. Rientra nel tipo III distinto, per la Vigna

Parrocchiale di Cerveteri, dalla MOSCATI 1993b, p. 475, con ri-ferimenti.

481 Inv. VPC 469/43.5. Presenta il piano superiore leggermenteincavato.

482 BELELLI MARCHESINI 2001, p. 26, I.D.7.483 TAMBURINI 1995, p. 231, con riferimenti; GUIDETTI 1998.484 Si tratta di metope campite con motivo ad angoli concentrici

fitti entro riquadro (cfr. DE ANGELIS 2001, tav. 21, motivo 31E); di riquadri bipartiti e campiti con angoli concentrici inschema speculare, che ricordano il motivo più complesso re-datto entro metopa quadripartita (DE ANGELIS 2001, tav. 23,motivo 36); di nastri campiti con motivo ad “enne” con trattiobliqui tra gli angoli, motivo che sulla ceramica trova preva-

lente redazione a falsa cordicella (DE ANGELIS 2001, tav. 41,motivo 10, p. 116). Sulla diffusione di motivi di tipo villano-viano a Veio e prevalente impiego di motivi metopali, si ri-manda a DE ANGELIS 2001, p. 299, con riferimenti.

485 DE ANGELIS 2001, tav 2. 6 A 1.486 MURRAY THREIPLAND 1963, p. 64, nn. 6-7, tav. VII:1,2.487 SCHEFFER 1981b, pp. 59-60; TAGLIONI 1999, tavv. VII, XIII:1,

XXIII.488 Piazza d’Armi: STEFANI 1944-1945, c. 265. Porta Nord-Ovest:

MURRAY THREIPLAND 1963, p. 64, n. 8. Sporadico: POHL 1966.489 L’esemplare, disperso, compare in una foto dell’ICCD; la do-

cumentazione relativa è in corso di pubblicazione da partedi Laura Ambrosini (AMBROSINI Cdsa).

490 Tipo Delpino 6 B = Scheffer I D (SCHEFFER 1981, pp. 35-36).Da ultima, FODDAI 2006, pp. 12-26.

FIGURA 35 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Strumenti

per la tessitura (L.A.)

1

2

3

4

111

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

nale in Etruria e nel Latium vetus fino a età arcai-ca (Fig. 37.1), e a un secondo esemplare perti-nente invece al tipo “etrusco meridionale” con so-stegni complanari al bordo491 (Fig. 37.2).È infine ricomponibile in buona parte un bacinotroncoconico con prese complanari alla base492, lacui funzione di coperchio per la cottura sub testudel pane è stata chiarita da recenti studi493 (Fig.37.3). Il nostro esemplare, con solcature orizzon-tali sulla parete, presenta un diametro di 34 cm.;ad esso è riferibile un frammento di presa contracce di esposizione al fuoco (Fig. 37.4).

[B.B.M.]

FORNI

Il pozzo ha restituito un esemplare di forno porta-tile riferibile al tipo Scheffer III A494, con profilo abotte, piccolo portello di alimentazione e caratteri-stica decorazione a unghiate, che trova diffusionead Acquarossa, San Giovenale495, Cerveteri496, Pyr-gi497, Tarquinia498 e Gravisca499. Parzialmente rico-struibile nella sua porzione inferiore (Figg. 38.1;42.1), presenta la superficie interna accuratamenterivestita di un ingobbio biancastro e aderente ap-plicato a pennello, che in parte investe anche ilpiano di posa, come negli esemplari ceretani500. Ildiametro di base è di 44 cm e rientra dunque nelrange dimensionale degli esemplari conosciuti501.Per quel che concerne la sua specifica funzione diforno da pane502, è interessante citare il confrontoetnografico con i forni (guja) attualmente in usonella Tunisia settentrionale, che perpetuano una

FIGURA 36 Veio, Piano di Co-

munità: pozzo. Strumenti con-

nessi all’uso del fuoco: alari

(B.B.M.)

FIGURA 37 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Strumenti

connessi all’uso del fuoco:

fornelli e testo da pane

(B.B.M.)

491 Tipo Scheffer IIA: Scheffer 1981, pp. 15, 43-52. Sul tipo, cfr.ZIFFERERO 1996.

492 Il bacino è stato ricomposto da Biagio Giuliani con sei fram-menti (invv. VPC/469/12.1, VPC/469/13.146, VPC/469/14.3,VPC 469/26.3-4, VPC/469/64.240), recuperati nel serbatoio;al medesimo esemplare è attribuibile anche un frammento dipresa. Com’è noto il tipo è stato identificato per il contesto diS. Omobono da Colonna (COLONNA 1963-1964, pp. 24-25,figg. 13-15); è attestato nella versione a calotta liscia anche aVeio, Casale Pian Roseto (MURRAY THREIPLAND, TORELLI 1970,p. 81, fig. 26, F 4).

493 CUBBERLEY et al. 1998; ZIFFERERO 2004, con ulteriori riferimenti.494 SCHEFFER 1981a, PP. 52-55.495 POHL 1977, tav. 23, nn. 1-7.496 NARDI 1993C, pp. 458-462, figg. 694-702.497 Pyrgi 1959, figg. 86:31, 87:24.498 MORDEGLIA 2001, p. 163, tav. 70, 7/110.499 GORI, PIERINI 2001B, tav. 56, tipo 3, variante 3a, pp. 264-265,

con decorazione realizzata con differenti tecniche (digitatu-ra, a stecca) anche abbinate tra loro e diversi schemi decora-tivi (impressioni orizzontali, verticali o disposte a spinapesceo losanga).

500 Per gli esemplari di Gravisca è stata invece osservata la pre-senza frequente di una “velatura biancastra disomogeneaaderente a superfici già lisciate e trattate, da attribuirsi a rea-zioni al calore”.

501 A Cerveteri, il diam. di base è compreso tra 30 e 50 cm; aGravisca, le dimensioni ricostruite per i due esemplari sonorispettivamente di 31,2 e di 23,4 cm.

502 Ben illustrata in SCHEFFER 1981a, p. 106.

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

tradizione risalente, nella stessa regione, almeno alV secolo a.C. Tali forni vengono utilizzati applican-do all’esterno una camicia di materiale refrattario,lasciando liberi soltanto i fori di alimentazione, ecuocendo il pane a contatto delle pareti interne503.Dal punto di vista tipologico, il tipo di forno ver-ticale decorato “a ditate” trova invece confrontopuntuale con manufatti (tabuna) diffusi in anticonelle regioni di influenza fenicia e cartaginese504.Al nostro esemplare può essere associato, confunzione di base, un piccolo frammento di lastra

circolare, di diametro coincidente; un set da cottu-ra composta da un forno e di una base fittile, as-sai meglio conservati rispetto al nostro esemplare,è documentato anche nel santuario di Monte LiSanti, Narce505. [B.B.M.]

BRACIERI

Il pozzo ha restituito due frammenti di orlo di bra-ciere506, entrambi dal serbatoio. Il primo (Fig. 38.2)reca sul piano della tesa un segmento del cilindret-to documentato anche a Piazza d’Armi507 e, conuna possibile variante iconografica incentrata sullafigura del Sileno recumbente, anche a Fidenae508.Il secondo frammento (Fig. 38.3) presenta due di-stinti fregi, sulla tesa e sulla parete interna, riferibi-li a un medesimo rullo: sono conservati il treno po-steriore di un felino (?) in movimento verso destra,cui segue un alberello; lo schema dei cinghiali af-frontati con alberello centrale. Leggere differenzesegnalano che si tratta di una variante del motivoprecedente; per entrambi la produzione locale509 èdimostrata dal caratteristico uso di striature oriz-zontali a delimitazione della parte figurata.Si coglie l’occasione per segnalare un piccoloframmento di braciere (Fig. 38.4) raccolto a Co-munità prima dei nostri scavi, che presenta la par-te posteriore di due felini gradienti in direzioniopposte; la resa piatta e scadente permette di ac-costarlo a un ulteriore fregio attribuito a produ-zione locale510. [B.B.M.]

REPERTI ASSOCIABILI AD ATTIVITÀ A CARATTERE PRODUTTIVO

Il pozzo ha restituito 72 frammenti di oggetti for-temente alterati per l’esposizione al calore, in ge-nere di aspetto refrattario (porosi, di colore gri-gio-verdastro) talvolta vetrificato. Tali oggetti, rin-venuti a più riprese anche lungo il declivio del-l’altura e, nel 2008, osservati in associazione ascarti nell’area del quartiere ceramico, si riferisco-no evidentemente alla sfera produttiva e sono po-tenzialmente interpretabili come elementi compo-sitivi delle stesse fornaci ceramiche oppure comeelementi funzionali alle operazioni di cottura511.Si enucleano in primo luogo 35 frammenti di“mattoncini” a sezione rettangolare (Fig. 39.1-3),

FIGURA 38 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Strumenti

connessi all’uso del fuoco:

forno portatile; bracieri

(B.B.M.)

503 DI GENNARO, DEPALMAS Cds.504 CENTAS 1962; SCHEFFER 1981a, p. 80; DI GENNARO, DEPALMAS

Cds, con precisazioni relative alla diffusione nel Mediterra-neo occidentale ed ulteriori riferimenti.

505 In corso di pubblicazione da parte di C. Carlucci. Ringraziola dott.ssa M.A. De Lucia per la segnalazione.

506 Avvicinabili agli esemplari ceretani di tipo 1 (NARDI 1993a,pp. 399-400). Inv. VPC 469/19.154; diam. 29 cm; inv.469/4.99, diam non determinabile.

507 PIERACCINI 2003, p. 151, fig. 97, con riferimenti.508 PIERACCINI 2003, p. 152, fig. 98, con riferimenti.509 Considerazioni generali in PIERACCINI 2003, p. 198, che attri-

buisce a produzione ceretana il fregio con Eracle e Pholos da

collezione privata con provenienza da Veio (BANTI 1966, fig.1, PIERACCINI 2003, pp. 104-105, fig. 62), che tuttavia a Veio èdocumentato anche nel santuario di Portonaccio, ma anche aCampetti e Piazza d’Armi (L.M. Michetti, in COLONNA 2002, p.238, nota 287).

510 Per la resa delle figure di felino, è confrontabile con il fregiocon Sirena: cfr PIERACCINI 2003, pp. 152-153, M3.

511 Per osservazioni generali sui diversi tipi di manufatti (“sup-porti” – distanziatori – separatori) e sulla necessità di distin-guere la presenza oggettiva di effetti di esposizione diretta alfuoco per determinarne la funzione, si rimanda a CUOMO DI

CAPRIO 1971-1972, pp. 381-382.

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

di forma allungata, rastremata e progressivamenteschiacciata; presentano l’estremità breve stondatae in genere si presentano rotti all’estremità oppo-sta; si tratta di elementi ricavati da stampi e par-zialmente modellati a mano, caratterizzati da unimpasto ricco di elementi vegetali. Le dimensionisembrano essere sufficientemente standardizza-te512 e la lunghezza, nonostante la frammentarietà,può essere calcolata non inferiore a cm 15. Fram-menti del medesimo tipo sono stati rinvenuti an-che a Piazza d’Armi513 e nel corso del Survey diWard-Perkins, in particolare in corrispondenzadella fornace ben apprezzabile sul limite del di-stretto di Comunità, poco a nord del casale Gra-zioli, successivamente ricognita anche dal Peña514.Dal punto di vista morfologico tali elementi posso-no essere assimilati solo genericamente ai sostegnia cuneo, utilizzati come puntelli per sorreggere pi-le di vasi o contenitori di grandi dimensioni, docu-mentati in Grecia e ambito coloniale515; questospecifico tipo di sostegno è peraltro attestato a Co-munità nell’area di scavo all’angolo occidentaledella domus, in rapporto a una piccola fornacerettangolare che conservava ancora in posto, beninzeppate alla quota del piano di appoggio, dueesemplari di olle/dolia516. Confronti più specificipossono essere eventualmente istituiti con alcunidistanziatori da Taranto517, a sezione quadrangola-re o troncopiramidale, inquadrabili tra V e IV se-colo, ma di minori dimensioni. Per l’ambito etru-sco, elementi simili sono segnalati anche dallo sca-vo delle mura di Tarquinia presso la porta Roma-nelli, forse in rapporto a una fornace di tegole518.Nonostante la particolare conformazione a zeppa,i nostri elementi sono interpretabili piuttosto co-me “materiale costruttivo” sulla base del confron-to con gli elementi prismatici restituiti dal santua-rio di Pyrgi, giudicati come possibile rivestimentodelle fornaci o come base di appoggio di griglieforate e intercapedini519.In riferimento alla forma allungata e più schiacciatadei nostri mattoncini rispetto a quelli pyrgensi, cisembra interessante segnalare l’uso di particolarielementi nella fornace di Mozia (600-300 a.C.): sitratta di una serie di sbarre fittili larghe cm 16 e lun-ghe al massimo cm 26, a sezione piano-convessa,messe in opera per creare un ponte tra l’arco del

prefurnio e la camera di combustione, e per crearel’ossatura della parte iniziale del piano forato520. LaFalsone ha rilevato che il tipo di mattone piano-convesso utilizzato a Mozia deriva dalla Mesopota-mia, dove gli stessi mattoni si trovano impiegati an-che nella suola e nelle volte dei forni ceramici521.Il secondo nucleo comprende 28 frammenti perti-nenti ad almeno 10 piattelli (Fig. 39.6-7) a calottaschiacciata, privi di un piano di appoggio, realiz-zati a tornio lento e rifiniti a mano: caratteristica èla differente lavorazione delle superfici, sufficien-

512 Misure medie: largh. max compresa tra 6,5 e 7 cm ; spess.max 3,3 cm (in un solo caso, 4 cm).

513 Ringrazio V. Acconcia per la segnalazione.514 PEÑA 1987; BELELLI MARCHESINI, CASCINO Cds. Devo la segnala-

zione a Roberta Cascino, che ha analizzato il materiale daquest’area.

515 CRACOLICI 2003, p. 49, tipo VI.516 Si tratta di una fornace lievemente incassata nel banco, per

cottura a catasta: CUOMO DI CAPRIO 2007, pp. 506-507.517 DELL’AGLIO 1996, pp. 68-71, n. 33 = CRACOLICI 2003, fig. 3.

518 Sul contesto, BARATTI et al. 2008, p. 161. Ringrazio M. Cataldiper le informazioni fornite.

519 F. Melis, in COLONNA 1985a, p. 47, A.1-3. Per l’Etruria, si pos-sono citare, quale materiale costruttivo utilizzato per finalitàspecifiche, anche i “pani di impasto poroso” del quartiereproduttivo di Marzabotto (Regio II, insula I): cfr. NIJBOER

1998, pp. 171-182 con riferimenti.520 CUOMO DI CAPRIO 1977, p. 13, con riferimenti a nota 18; CUO-

MO DI CAPRIO 2007, p. 555.521 FALSONE 1981, p. 69.

FIGURA 39 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Strumen-

tario ed elementi da for-

nace (B.B.M.)

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

temente lisciate all’interno e rese scabre e sfaccet-tate, mediante uso di una lama sull’argilla fresca,all’esterno. Presentano un formato standard di cm20-21 di diametro e si presentano più o meno ir-regolari nella fattura; la frequente vetrificazionedelle superfici ne indica un’esposizione diretta alcalore, mentre il fondo ruvido li qualifica proba-bilmente come elementi da utilizzare a contrasto.Non si dispongono di confronti convincenti522 perquesto tipo di oggetto, avvicinabile per la sua for-ma a un più piccolo “elemento separatore” del-l’officina di Jesi, del diametro di cm 7,2523.Il pozzo ha restituito anche un frammento di ele-mento cilindrico524 (Fig. 39.4) internamente cavo,che conserva la base di appoggio e presenta pare-ti spesse, vetrificate, completamente annerite al-l’interno: confrontabile per forma ma non per di-mensioni con alcuni sostegni di Jesi, adatti a impi-lare vasi di grandi dimensioni525, è interpretabile

piuttosto come bocca di mantice, e trova puntualeconfronto con un esemplare dal Quarto di MonteBischero526. Una simile funzione è forse ipotizzabi-le per un elemento imbutiforme (Fig. 39.5) solo inparte ricomposto da due frammenti, che per la for-ma può trovare confronti solo generici con ogget-ti utilizzati come sostegni o distanziatori, in generecon profilo “a rocchetto”527, e piuttosto può riferir-si a un mantice a tronco di cono, del tipo più omeno incurvato nella parte superiore528. Grandjeanosserva che tali oggetti, considerati indizio dellapresenza di officine metallurgiche, nella maggiorparte dei casi non sono stati rinvenuti in rapportoa strutture di produzione e che al contrario essiprovengono da settori nevralgici delle aree urba-ne, quali l’agorà di Atene e l’area sacra di Himera.Infine, alla categoria di oggetti utilizzati in ambitoartigianale appartengono forse anche 11 fram-menti di coppi (Fig. 40.1-2) di piccolo formato529,colore giallo paglierino e aspetto leggermente re-frattario, con superficie esterna accuratamente li-sciata e superficie interna sfaccettata, forse usaticome canaletti o piuttosto come dispositivo perintercapedini. [B.B.M.]

SCARTI DI FORNACE

L’attenzione sulla particolare diffusione di scarticeramici nel distretto di Comunità è stata per laprima volta attirata da R. Cascino che, analizzan-do i materiali del Survey di Ward-Perkins, ha indi-viduato frammenti riferibili almeno alla produzio-ne di ceramica etrusco-geometrica, etrusco-corin-zia ed etrusca a fasce a indizio dello sfruttamentoartigianale dell’area a partire dal VII secolo530.I frammenti restituiti dalla nostra area di scavo531

hanno consentito di raccogliere indizi relativi allaproduzione di ulteriori classi ceramiche, secondodiversi livelli di specializzazione artigianale in unarco cronologico compreso tra il VII e il V secoloa.C.: l’impasto chiaro-sabbioso, la ceramica depu-rata acroma (?) e i contenitori da dispensa. Man-cano per il momento indizi sicuri di produzionerelativa alla Prima Età del Ferro, ben documentata(almeno) a Campetti presso la porta nord-ovest532

e a Piazza d’Armi.

FIGURA 40 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Strumen-

tario da fornace; scarti ce-

ramici (B.B.M.)

522 Suggestivo è il confronto, per il profilo e le dimensioni, coni due coperchi frammentari rinvenuti nel riempimento delforno 416/1 nell’area di scavo B2 di Tarquinia. Tale forno,datato all’VIII secolo, è stato abbandonato in un momentoavanzato dell’Orientalizzante Antico: BONGHI JOVINO 2001,pp. 53, 62, tavv. 96. 124:1-2; 47.

523 BRECCIAROLI TABORELLI 1996-1997, fig. 124, n. 720.524 Inv. VPC 469/59.211; diam 18 cm, conservato al 25%.525 BRECCIAROLI TABORELLI 1996-1997, fig. 124, nn. 714-715: il

diam. max degli oggetti è di 9,4 cm.526 F. Melis, in COLONNA 1985a, p. 48, 1.38 A4.527 DELL’AGLIO 1996, p. 71, nn. 48-50.

528 Mantici di questo tipo sono stati restituiti dal quartiere diThasos presso la porta delle Sirene, da Atene, dall’Histria,daHimera, da Ampurias, da Corinto, da Marsiglia; a Pithekous-sa in associazione a scorie di ferro: GRANDJEAN 1985, con rife-rimenti ai siti di rinvenimento (alle note 3-10). Per le attesta-zioni di Murlo, cfr. NIELSEN 1993.

529 La largh. è di cm 7, l’arco varia da 2,5 a 3,5 cm.530 CASCINO Cdsa; ulteriori informazioni e puntualizzazioni sulle

produzioni attestate a Comunità in BELELLI MARCHESINI, CASCI-NO Cds.

531 Cenno preliminare in BELELLI MARCHESINI 2001a.532 BOITANI et alii 2007-2008.

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

Il pozzo ha restituito, oltre a numerosi frammentidi bucchero sottoposti a un parziale processo diossidoriduzione, ma privi di sostanziali difetti, unristretto nucleo di veri e propri scarti di fornace,vetrificati e deformati. Esso comprende il fondo diun bacino di impasto chiaro-sabbioso (Fig. 40.3),che si aggiunge al frammento ipercotto considera-to sopra (vedi contributo di M. Merlo); un fram-mento di ciotola in argilla depurata (Fig. 40.4), treframmenti riferibili a vaschette di thymiateria(Fig. 40.6) decorati a fasce, inoltre un frammentodel fondo (Fig. 40.5) di una oinochoe o brocca inargilla depurata con fondo esterno incavato533; sisegnala infine un frammento di piattello di “buc-chero” (di colore rosa-arancio acceso, con super-fici di consistenza saponosa e qualche bolla dicottura) che, provvisto al suo interno di una lineagraffita (intenzionale?), probabilmente è stato co-munque immesso in circolazione. [B.B.M.]

MATERIALI EDILIZI

TERRECOTTE ARCHITETTONICHE

Il pozzo ha restituito un esiguo numero di frustu-li di terrecotte riferibili a coperture di edifici condiversa destinazione funzionale, scaglionati dallaseconda metà (avanzata) del VII secolo al periodotardo-arcaico. Si tratta di disiecta membra che ac-quistano notevole valore documentario alla lucedei diversi recuperi finora effettuati, a partire dal-la fortunata ricognizione del von Urlichs nei din-torni di Piazza d’Armi nel 1824.Al tetto più antico finora individuato appartieneun frammento di lastra di rivestimento di primafase, provvista di un breve tratto di margine oriz-zontale, di due fori per chiodi in corrispondenzadei margini di frattura e di labili tracce di decora-zione dipinta in bianco534 (Fig. 41.3). Il frammen-to è riferibile alla parte superiore di una lastra tipoAcquarossa I, variante A535, a semplice placca ret-tangolare, e si riferisce con ogni probabilità a si-stemi di copertura in uso a Veio prima dell’elabo-razione, a partire dallo scorcio del VII secolo, deisistemi che caratterizzano gli edifici a caratterepubblico-cerimoniale dell’acropoli di Piazza d’Ar-mi; il tipo è stato infatti riconosciuto come puntodi partenza del processo evolutivo che, in brevetorno di tempo, determinò la formulazione di la-

stre decorate a rilievo, ma provviste di un corona-mento a cavetto liscio evidenziato con una deco-razione dipinta, del tipo attestato in particolarenel più antico sistema di rivestimento dell’oikos diPiazza d’Armi536, e inoltre a Roma e Vignanello537.Il valore documentario del frammento dal pozzoè sottolineato dal recente rinvenimento, in altrocontesto di Comunità, di frammenti di lastre delmedesimo tipo associate a sime frontonali a spon-da dritta538, caratterizzate dal punto di vista tecni-co da una griglia di linee sottilmente incise come

533 Si rimanda per considerazioni sulle singole classi ai contribu-ti specifici di L. Ambrosini.

534 Inv. VPC 469/39.17; largh. cons. 10 cm; alt. cons. 10,5 cm. Larestauratrice dott.ssa G. Ceroli – che ringrazio – ha eseguitoun intervento di pulitura sul frammento che mi ha consenti-to, attraverso un successivo esame al microscopio, di pro-porre nel grafico la presenza di una sottile fascia orizzontaledipinta lungo il margine e di un possibile dentello; i resti dipittura sono troppo esigui per proporre, come tuttavia mi

sembra possibile, l’eventuale presenza di un motivo a lineaspezzata o meandro.

535 WIKANDER 1988, pp. 17-22.536 Per una revisione complessiva dei sistemi decorativi dell’oi-

kos di Piazza d’Armi ACCONCIA, PIERGROSSI 2004; BARTOLONI etal. 2006, pp. 61-69.

537 Sull’evoluzione delle lastre con decorazione a stampo si ri-manda a WIKANDER 1997.

538 WIKANDER 1988, pp. 22-28.

FIGURA 41 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Terrecotte

architettoniche (B.B.M.)

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

guida per l’applicazione del colore539. Anticipan-do alcune considerazioni dello studio in corso, cipreme sottolineare che si tratta di un tetto del tut-to nuovo per Veio, che dimostra forti contatti conla tradizione coroplastica ceretana540 e trova riferi-

menti anche nel tetto proto arcaico del tempio diMarasà a Locri541.Rispetto all’adozione a Veio di sistemi di rivesti-mento decorati nella tecnica del white on red, bendocumentati ad Acquarossa, Murlo e Caere tra il640 e il 580542, i frammenti di Comunità sembranoillustrare la tappa iniziale del processo: frammentidi acroterio a ritaglio con tracce di decorazioni inbianco sono stati attribuiti al tetto della casa a svi-luppo verticale di Piazza d’Armi, in associazionecon lastre di rivestimento a matrice e di antefissea protome felina543.A un sistema di copertura cronologicamente dipoco posteriore è riferibile un tipo di antefissa aplacca circolare (Figg. 41.1-2; 42.3), documentatoda due piccoli frammenti pertinenti forse a mede-simo esemplare544: provvista di un breve listellosagomato lungo il margine e decorata con una se-rie di scanalature e cordoni concentrici, presentaun diametro ricostruito di cm 17; doveva innestar-si al coppo di falda in corrispondenza della metàsuperiore. Stringenti affinità sono riscontrabili, an-che dal punto di vista dimensionale, con l’antefis-sa tipo Acquarossa VII, utilizzata per un singolotetto della zona F e non databile con sicurezza,che è stata accostata per forma e tipo di decora-zione plastica agli acroteri a disco di tipo “laconi-co”545. L’attestazione veiente consente forse di ri-proporre il problema della recezione e della riela-borazione di un tale elemento/schema decorati-vo, che trova finora applicazioni isolate nel pano-rama dell’architettura romana ed etrusca di età ar-caica546.Alla fine del VI secolo è riferibile un esemplare,mutilo della parte superiore e inferiore, di antefis-sa a testa femminile priva di nimbo547, posterior-mente cava e interamente emergente dall’estremi-tà del coppo, che era applicato all’altezza del lar-go collo (Fig. 42.4). Presenta un volto allungatocon occhi appena allungati con orbite sporgentidelimitate da cordoncino, naso sottile e labbrabrevi e carnose atteggiate a sorriso; una frangia di

FIGURA 42 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Instru-

mentum e terrecotte archi-

tettoniche

539 Tali terrecotte sono state restituite dal riempimento di una ci-sterna arcaica in corso di scavo sul fianco orientale dell’altu-ra (saggio 19), e sono attualmente in corso di restauro e distudio. La pratica artigianale di utilizzare un disegno prepa-ratorio, certamente legata al repertorio decorativo (di tipogeometrico?) delle terrecotte veienti, corrisponde all’impiegodel compasso (per motivi a guilloche) osservato per le terre-cotte di Acquarossa (WIKANDER 1988, p. 71).

540 Per l’impiego di sime con sponda priva di coronamento, sirimanda a CRISTOFANI 1992b, pp. 35-36, tipo I.

541 DE FRANCISCIS 1979. Per una revisione della cronologia alla fi-ne del VII secolo a.C., GULLINI 1981.

542 WINTER 2006C, P. 128.543 I. van Kampen, in BARTOLONI et al. 2006, pp. 72-73.544 Invv. VPC 469/35.292; VPC 469/26.37. Il primo frammento

conserva sul retro, in corrispondenza del margine di frattura,la traccia probabile dell’innesto di un coppo di falda.

545 WIKANDER 1987, pp. 133-136, nn. 18-20, figg 69, 71; p.157, fig.84; WIKANDER 1993, p. 75. Comuni in Grecia durante il perio-do arcaico, meno di frequente anche in Asia Minore (GOLD -BERG 1982, p. 202). Gli acroteri laconici sono molto comples-si e articolati con una serie di cordoni concentrici, dipinti inrosso, nero e bianco; i primi esempi si datano a partire dallafine del VII secolo

546 Ricordiamo almeno il tetto della tomba rupestre di Pian di Mo-la a Tuscania e, a Roma, il tetto della Terza Regia (DOWNEY

1995, pp. 40-46) ed un tetto della metà/ terzo quarto del VI se-colo, restituito dal saggio GJ dello scavo del Palatino (PENSABE-NE 2001, pp. 82, 87, fig. 4); la presenza di un disco acroteriale èstata dubitativamente proposta per il tempio arcaico di S.Omo-bono (A. Sommella Mura, in SGUBINI MORETTI 2001, p. 122, 12).

547 Alt. cons. 10 cm; largh. cons. 18 cm. L’antefissa è stata rinve-nuta in data 22.VI.2001, a quota -5 m, nella cameretta B: BE-LELLI MARCHESINI 2001a, p. 27, n. I.D.10.

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IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

riccioli trattenuti da un diadema incornicia il vol-to, due trecce attorte scendono dietro le orecchiedecorate con orecchini a disco. L’esemplare ap-partiene a un tipo già documentato al Portonac-cio548, che è stato considerato una variante serioredi un prototipo, fortemente improntato a modulistilistici della scultura attica, attribuito alla stessamano del maestro del donario dell’Ercole e dellaMinerva549.A un elemento acroteriale, assegnabile al medesi-mo periodo per le sue caratteristiche tecniche, ap-partengono due frammenti di piccole volute (Figg.41.5-6; 42.7-8), identiche e speculari, frammentateall’attacco di base e alle estremità in modo appa-rentemente intenzionale; recano sulla faccia supe-riore e sullo spessore laterale una decorazione di-pinta nei colori rosso scuro e nero, applicata su in-gobbio biancastro, con motivo a denti di lupo. Co-m’è noto, l’impiego delle volute sui tetti come mo-tivo decorativo connotato di forte valenza apotro-paica è strettamente collegato al risalto conferitoall’incrocio sommitale dei travetti nei manti di co-pertura straminea e deve la sua fortuna alla tra-sposizione del motivo in chiave fittile (acroteri aritaglio tipo A1) con schemi più o meno elaborati,secondo quanto illustrato anche dai modellini550. Ilmotivo, utilizzato anche sui coronamenti delletombe di Populonia, viene elaborato in chiavemonumentale nel sistema decorativo acroterialedel tempio arcaico di S. Omobono551. Si osservache nella seconda metà del VI secolo l’uso dellevolute acroteriali, spesso abbinate alla presenza disfingi alle estremità del frontone, è ben documen-tato nell’architettura greco-orientale552.I nostri frammenti sono riferibili a un elemento dicoronamento di piccolo formato, improntato allatradizione degli acroteri a ritaglio, e trova un pun-tuale termine di confronto con una voluta dal san-tuario di Veio-Portonaccio553, raccolta nell’ambitodegli scavi del Pallottino e attribuita a un “fron-toncino”.Ad un tetto databile intorno al primo quarto del Vsecolo è riferibile un frammento di tegola di gron-da554 (Figg. 41.7; 42.6), di cui si conserva l’angoloinferiore destro, parte del margine laterale condente a sezione rettangolare e un breve tratto del-la porzione iposcopica. Lo spessore della tegola

presenta un motivo a dentelli, di colore rosso vio-laceo in alto e nero in basso, a delimitare una gre-ca centrale. La faccia inferiore presenta, dallafronte, una fascia bianca e una fascia rosso viola-cea abbinate, contrapposte mediante un motivo adenti di lupo; segue, assai meno conservata, unaserie di almeno due fasce spezzate a zig-zag, trac-ciate in verticale in colore rosso e bruno (o nerodiluito) su fondo bianco. Trova confronto puntua-le con tegole di gronda da Portonaccio555.

548 F. Melis, in COLONNA 1985a, pp. 101-102, n 5.1.B2.549 COLONNA 1987a, fig. 65, pp. 28 e 30, nota 60, con riferimenti.550 Acroteri tipo A1: RYSTEDT 1983, pp. 142-143, fig. 35, pls 4-6,

p. 152). Sull’argomento, in generale, si rimanda a DANNER

1993, pp. 93-99, con riferimenti. Per i coronamenti delle tom-be di Populonia, cfr. MARTELLI 1979.

551 Per il quale si rimanda a MURA SOMMELLA 1993.552 Le volute fittili hanno precedenti dall’età del Ferro in esempi

di architettura frigia ispirati ad architetture lignee: GOLDBERG

1982, p. 203.

553 L.M. Michetti, in COLONNA 2002, p. 242, tav. LXI: 739.554 Inv. VPC/469/12.77. Argilla granulosa rosa arancio, ricca di

vacuoli, con inclusi di augite, pietrisco triturato, mica, calcite;superfici lisciate e coperte da ingobbio di colore bianco-gial-lastro, su cui è applicata la decorazione dipinta.

555 STEFANI 1953, p. 48, fig. 24e; è inserita nelle tegole di grondadi secondo tipo, con fascia dipinta larga cm 19. I motivi de-corativi ricorrono anche nelle fasce superiori delle lastre fitti-li dipinte dal santuario, cfr. ibidem, p. 68, fig. 47.

FIGURA 43 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Tegole di

I fase (B.B.M.)

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

Al medesimo tetto è assegnabile un piccolo fram-mento di lastra (Figg. 41.4; 42.4) attribuibile pro-babilmente a un tipo attestato al Portonaccio556,che conserva in maniera eccezionale il colore.Per quanto riguarda i pigmenti utilizzati nelle ter-recotte dal pozzo, i risultati in corso di pubblica-zione delle analisi eseguite mediante fluorescenzadi raggi X557, dimostrano che i colori rosso e neroerano in genere ottenuti attraverso i diversi stadi

di ossidazione del ferro, ma che non mancanoesempi (la tegola di gronda) che indicano invecel’impiego di vere e proprie sostanze coloranti (ilminio).

TEGOLE E COPPI

Nel pozzo erano presenti 1607 frammenti di tego-lame, addensato in particolar modo, con funzionedi livellamento, alla quota del soffitto delle came-rette radiali e alla sommità della canna. Si tratta dimateriale di scarto, non ricomponibile, derivantedallo smantellamento di tetti di edifici a caratteredomestico558.Il materiale è ascrivibile per il 95% alla I fase ecomprende almeno 20 tegole piane frammentarieriferibili ai tipi IA e IB559 del Wikander (Fig. 43) ealmeno 2 coppi di falda semplicemente rastrema-ti560 (Fig. 44.3-4), anche in spezzoni di grandi di-mensioni; infine due frammenti pertinenti a coppidi colmo (uno con parte dello sbocco laterale,uno con invito della linguetta di incastro: Fig.44.2,5). Tra le tegole si segnala un frammento condente estremamente sviluppato, interpretabile co-me sima rampante di tipo rudimentale (Fig.43.7)561; tra i coppi, diversi frammenti con ditatesulla linea di mezzeria. Il peso complessivo del te-golame, considerando validi i parametri forniti dalWikander per i tetti del periodo arcaico562, con-sente di proporre l’equivalenza tra il quantitativodi frammenti restituiti dal pozzo e soltanto 4 mqdi manto di copertura fittile.Resta infine da segnalare un frammento di angoloche, sulla base dello spessore, può essere asse-gnato ipoteticamente a un tabellone (Fig. 44.1)piuttosto che a una semplice tegola, dunque rife-rirsi a molteplici impieghi (ad es., il rivestimentodi una vasca di impluvium, la definizione di unpiano di cottura: funzioni assolte, peraltro, anchedalle normali tegole di copertura).Alla II fase iniziale è riferibile uno spezzone di te-gola (Fig. 44.8) con dente largo e schiacciato, chele caratteristiche della pasta permettono di colle-gare all’antefissa dal nostro pozzo. Alla fase tardo-arcaica sono infine attribuibili lo spezzone di unategola di tipo Wikander II563 e frammenti di alme-no un coppo (Fig. 44.6-7).

FIGURA 44 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Coppi di

I fase (2-5) e tabellone (1);

coppi e tegole di II fase (6-

8) (B.B.M.)

556 STEFANI 1953, p. 64, fig. 43.557 AMBROSINI et al. Cds.558 Non si dispone finora di un sufficiente numero di informa-

zioni per discutere i formati delle tegole delle case di Veio.Per una prima raccolta si rimanda a WIKANDER 1993, p. 35,T93-99, cui si possono aggiungere gli esemplari (ad uso se-polcrale?) misuranti 52 x 33 cm, dalla necropoli di Volusia(CARBONARA et al. 1996: tomba 11, loculo nord, cm 52 x 33).

559 WIKANDER 1993, pp. 27-29. I denti dei nostri esemplari sonogeneralmente appena ripiegati in basso e talvolta proseguo-no assottigliandosi fino al margine superiore della tegola, e

sono quasi riferibili ad un tipo intermedio. I denti presenta-no una limitata gamma di profili (a sezione rettangolare e adarco di cerchio, eventualmente sagomati) e talvolta hanno lospigolo esterno resecato Il computo degli individui è statofatto, ovviamente, contando gli angoli conservati.

560 Tipo I: WIKANDER 1993, p. 46.561 Inv. VPC 469/10.10. Sull’interpretazione: WIKANDER 1993, p.

80.562 Il peso di riferimento è di 60 kg/mq: WIKANDER 1993, pp.

128-130.563 WIKANDER 1993, p. 29.

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119

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

Per quanto riguarda l’uso secondario degli ele-menti di copertura, si segnalano tre diversi tap-pi564 ricavati dal piano di tegole.

INTONACI E MALTE DI ARGILLA

Il pozzo ha restituito eccezionalmente un nutritogruppo di frammenti (330, pari a un peso di kg5,900) pertinenti a strutture in elevato in materialedeperibile, accumulati prevalentemente nella par-te profonda del serbatoio, dove erano frammistialle ceramiche. Tale gruppo di materiali è attual-mente in corso di studio, anche attraverso analisispecialistiche mirate565.Si tratta di frammenti di impasto a base argillosaessiccato al sole, con tracce abbastanza evidentidell’impiego di materiale sgrassante di tipo vege-tale e, in particolare, di frustuli di materia carbo-nizzata in disposizione caotica566; nessuno deiframmenti mostra traccia di esposizione al fuoco,dunque la provenienza presunta è da strutturecrollate per problemi di tipo statico o smantellateintenzionalmente.Il 95% dei frammenti si riferisce a intonaci parieta-li (Fig. 45.7-8) che presentano un aspetto del tut-to omogeneo: superficie esterna accuratamentescialbata e lisciata con una lama, di colore giallopaglierino; retro grezzo, spesso conservante unaserie di sottili striature longitudinali (riferibili a im-pronte di fibre lignee, talvolta mineralizzate), co-stantemente annerito (probabilmente per il con-tatto con una struttura lignea che abbia subìto unapreventiva tempratura567); spessore minimo 1 cm,massimo 2,5 cm; tracce di stratificazione, a possi-bile dimostrazione di rifacimenti; assenza di qual-siasi traccia di decorazione dipinta.Tali intonaci possono trovare confronto con fram-menti, in argilla relativamente depurata, spessidue cm e recanti tracce di ingobbio di colore bru-nastro, rinvenuti nell’insula V,3 di Marzabotto568.Il resto dei frammenti comprende un piccologruppo di “intonaci” di maggiore spessore (fino acm. 4,5), talvolta con impronte di travetti sul retro(Fig. 45.9); un frammento stondato, riferibile a ri-vestimento di un angolo; infine un piccolo grup-po di malte di argilla che presenta tracce di arma-

tura lignea, tra i quali figura un frammento conimpronte convergenti a 45°. A un esame autopti-co i diversi frammenti non differiscono per com-posizione e per tessitura, ma le analisi in corso in-dicano viceversa la presenza di differenze nel-l’amalgama e nel peso specifico (indicative di di-versa funzione).Nonostante lo scarso numero di frammenti riferi-bili alla struttura muraria vera e propria, la pre-senza di impronte possibilmente riferibili a tavo-

564 Due sono ricavati da tegole di II fase (inv. 469/12.180;469.11.76) e presentano rispettivamente un diametro di 4,7cm e di 5,2 cm; il terzo tappo (inv. 469/11.75) è ricavato dauna tegola di I fase ed ha un diametro di 6,6 cm.

565 La parte botanica è curata da A. Celant, che ringrazio peravermi anticipato alcuni risultati delle analisi in corso, con-dotte per il momento su una selezione dei campioni; la par-te di analisi archeometriche è affidata al prof. Giampaolodell’Università di Roma Tre, e verrà svolta nell’ambito di unprogetto finalizzato all’individuazione delle argille locali im-piegate in antico, attraverso una serie mirate di campionatu-re dai giacimenti affioranti nei fondovalle; si segnala che al-

cuni letti di “argilla da vasaio”, anch’essa campionata, sonoemersi nel corso dei nostri scavi nel sottosuolo della domus.

566 Sulla diversa composizione di malte e intonaci di fango a se-conda di funzione e sollecitazioni nell’architettura di tipo ca-pannicolo, si rimanda a MOFFA 2002.

567 Devo questa indicazione ad A. Celant. Un possibile terminedi confronto è offerto dalla segnalazione di blocchi rettango-lari di argilla con tracce di legno combusto a Sannace (RUSSO

TAGLIENTE 1992, pp.225-226, con bibl.prec.).568 F.H. Massa-Pairault, in ADAM et al. 1997, pp. 90-96, figg. 16,

18-19, con discussione sulla realizzazione degli elevati nellatecnica a graticcio.

FIGURA 45 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Metalli e

frammenti di intonaco di ar-

gilla (B.B.M.)

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L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

le/travi suggerisce che i frammenti di intonacofossero utilizzati come rivestimento di strutture inelevato realizzate nella tecnica del pisè569 rinforza-to o, più probabilmente, con una serie portante ditelai lignei, tamponati con argilla mediante uso dicontroventature570.A strutture in elevato possono ipoteticamente rife-rirsi i 3 frammenti di legno di quercia tagliati aforma di assicelle o tavolette di spessore variabile(da 0, 6 a 0,9 cm) raccolti nel pozzo; non è possi-bile escludere tuttavia che si tratti di elementi dimobilio571. [B.B.M.]

METALLI

Il pozzo ha restituito 6 oggetti in metallo, 5 deiquali dalla parte profonda del serbatoio: tra questifigura un frammento di verga a sezione trapezoi-dale di aes rude 572 (Fig. 45.6). Sono presenti 2chiodi in ferro (Fig. 45.1-2), uno dei quali con ste-lo a sezione quadrangolare riferibile a uso di car-penteria; inoltre un frammento di chiodo decora-tivo (Fig. 45.4) in ferro con capocchia rivestita dalamina di bronzo573 e un chiodino di bronzo (Fig.45.3), riferibili in genere al fissaggio di rivestimen-ti, ai quali si collega un piccolo frammento ripie-gato di lamina in bronzo (Fig. 45.5). [B.B.M.]

ANALISI SPECIALISTICHE

ANALISI DEI MACRORESTI VEGETALI CARBONIZZATI

DA PIANO DI COMUNITÀ E RICOSTRUZIONE DEL CONTESTO

PALEOAMBIENTALE DI VEIO (VI-IV SEC. A.C.)Le ricerche paleobotaniche, attraverso lo studiodei resti vegetali conservati negli scavi archeologi-ci, confrontate e integrate con altre disciplinescientifiche e umanistiche, sono utili per indivi-duare le piante utilizzate nel passato nel territorioindagato, il loro significato paleoecologico e bio-climatico, l’utilizzazione che di esse facevano lecomunità antiche dal punto di vista alimentare,tecnologico e simbolico574. La relazione direttache fin dall’antichità l’uomo ha instaurato con lerisorse naturali presenti nel territorio in cui svol-geva le sue attività, rende necessario l’inquadra-

mento delle condizioni ambientali di cui egli eraparte integrante. Alla luce di ciò, la lettura delletracce di materiali inorganici e organici e dei re-perti biologici (paleobotanici, faunistici, antropo-logici) archiviati nei sedimenti archeologici è unostrumento di conoscenza fondamentale per com-prendere l’ambiente naturale e di conseguenzal’attività, le abitudini e la gestione spaziale e fun-zionale del territorio da parte dell’uomo in tempipregressi575. Il mondo vegetale si dimostra moltosensibile alle variazioni ecologiche e ambientali;pertanto i materiali paleobotanici registrano fedel-mente le modificazioni del paesaggio naturale in-tercorse nel tempo; possono altresì documentarein dettaglio l’aspetto naturale e/o antropico del-l’utilizzazione delle risorse vegetali, se legati a unpreciso contesto cronologico.Con questi presupposti l’indagine paleobotanicacondotta sui macroresti vegetali del pozzo di Veiosi propone di identificare i taxa vegetali presentinel contesto e di delineare alcuni aspetti legati al-l’attività antropica locale, come pratiche agricole,economia di sussistenza (soprattutto se corrobo-rata da resti faunistici), utilizzazione tecnologicadel legno, uso di piante selvatiche e coltivate perfinalità cultuali, risalenti a un precisa fase cronolo-gica (VI-IV a.C.) nel distretto veiente, di cui finoranon esiste documentazione archeobotanica.I macroresti vegetali recuperati dai sedimenti diriempimento del pozzo di Veio sono tutti carbo-nizzati e in precario stato di conservazione, tran-ne alcuni frammenti antracologici, aventi strutturapiù compatta e dimensioni centimetriche. Si trattadi resti carpologici di cereali (fam. Poaceae) e diframmenti antracologici di angiosperme latifoglie(Angiospermae Dycotiledones). L’analisi dei ma-croresti vegetali è stata eseguita mediante osser-vazione al microscopio ottico a luce riflessa e almicroscopio ottico a luce trasmessa munito di di-spositivo a contrasto d’interferenza differenzialesecondo Nomarski (DIC). Per il riconoscimentotassonomico sono stati utilizzati atlanti e testi spe-cialistici576 e materiali della collezione di confron-to del Laboratorio di Paleobotanica e Palinologiadel Dipartimento di Biologia Vegetale.

569 L’introduzione della tecnica del pisé in ambito medio-tirreni-co è avvenuta almeno dalla metà dell’VIII secolo, come di-mostra la capanna a pianta rettangolare di Fidenae: BIETTI SE-STIERI, DE SANTIS 2001.

570 Secondo lo schema proposto per Lavinium in GIULIANI, SOM-MELLA 1977, pp. 364-365, fig. 6.

571 Un confronto per il tipo di lavorazione è offerto da alcuni le-gni (di quercia sempreverde e ontano) lavorati rinvenuti nelpozzo sud del tempio A di Pyrgi, per i quali si è proposta lapertinenza a piani di mobili o fasciame di imbarcazioni: G.Colonna, in Pyrgi 1992, p. 117, n. 7, fig. 93. Per l’ampio usodel legno di quercia in campo edilizio, si rimanda alla rasse-gna delle fonti in MARTIN 1965, pp. 22-29.

572 Inv. VPC/469/48.52; peso g. 17. Per la suddivisione tipologi-ca delle frazioni dei lingotti di aes rude si rimanda a CATTANI

1986.573 Un repertorio completo di chiodi in ferro con capocchia ri-

vestita in bronzo di due diverse dimensioni (quella maggio-re, riferibile alla decorazione di porte) è stata restituita dalcomplesso di Murlo (R.L. Lacy, in STOPPONI 1985a, pp. 88-92).Per l’uso di borchie bronzee, si veda inoltre M.T. FalconiAmorelli, in Pyrgi 1970, p. 727.

574 VAN ZEIST 1991.575 EVANS, O’CONNOR 1999; DINCAUZE 2000.576 SCHOCH et al. 1988; ZOHARY, HOPF 1993; ABBATE EDLMANN et al.

1994; SCHWEINGRUBER 1990; GALE, CUTLER 2000.

121

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

I resti di Poaceae sono sei cariossidi (frutti) di ce-reali, di cui cinque attribuibili al genere Triticumsp. (frumento) e una a Hordeum vulgare L. var.nudum (orzo). Delle cinque cariossidi di frumen-to, molto deteriorate, è stato possibile identificarela specie solo in due esemplari (Triticum dicoc-cum Schübl., farro), poiché in esse erano ancoravisibili gli elementi morfobiometrici diagnosticifondamentali, nonostante la deformazione struttu-rale causata dal fuoco e dalla compressione deisedimenti (Fig. 46.1-2). Questi reperti carpologici,seppur in quantità modesta, mostrano una colti-vazione non monospecifica, ma mista di orzo e difrumento. Non sono stati ritrovati semi di legumi-nose (fam. Fabaceae), che sono generalmente as-sociati a una produzione agricola di tipo misto,già documentati nell’area veiente in un contestodi insediamento protostorico a Isola Farnese577.I reperti antracologici (59 frammenti), reperiti avarie profondità del pozzo, sono più numerosidei resti carpologici, in discreto stato di conserva-zione e di dimensioni centimetriche; essi sono ri-feribili a 6 taxa legnosi: Quercus sp. gr. caducifo-glie (querce caducifoglie, 88%), Ulmus sp. (olmo,3,4%), Phillyrea sp. (fillirea, 3,4%,), Quercus sp.gr. sempreverdi (querce sempreverdi, 1,7%), Al-nus sp. (ontano, 1,7%), Buxus sempervirens L.(bosso, 1,7%). La maggior parte dei carboni di le-gno sono frammenti carbonizzati di rametti. I re-stanti frammenti mostrano evidenti tracce di lavo-razione (squadratura), che conferiscono loro unaforma simile a tasselli (Fig. 46.3). Si tratta presu-mibilmente di elementi strutturali di costruzioniedilizie, smantellate e utilizzate, insieme a fram-menti di intonaco, laterizi e ceramiche, per ilriempimento del pozzo. È interessante notare chetutti i frammenti di legno lavorato sono riconduci-bili a un solo taxon legnoso, quello del gruppodelle querce caducifoglie. Dal punto di vista del-l’interpretazione funzionale, la presenza nel poz-zo dei numerosi rami combusti frammentati, ap-partenenti a 4 taxa legnosi diversi (olmo, fillirea,ontano, bosso), può essere spiegata in vari modi:caduta accidentale di parti di piante appartenentialla vegetazione circostante l’insediamento; rac-colta e deposizione volontaria da parte dell’uomo,con valenza di offerta simbolica o votiva, comesuggerito dalla presenza contestuale di reperticarpologici, e soprattutto di reperti faunistici.Dal punto di vista paleobotanico i dati antracolo-gici trovano riscontro in quelli pollinici finora re-gistrati a nord di Roma nello stesso periodo ditempo578, che delineano un paesaggio naturale

composto da boschi misti caducifogli con elemen-ti sempreverdi, a carattere submediterraneo. An-che la coltivazione di frumento e di orzo è docu-mentata dal punto di vista pollinico, che testimo-nia la diffusione regionale di pratiche agricole epastorali.Le ricerche paleobotaniche eseguite sui macrore-sti vegetali del pozzo di Veio rivestono pertantoparticolare importanza perché, integrandosi conle indagini interdisciplinari condotte da archeolo-gi e archeozoologi, forniscono nuove informazio-ni su aspetti socio-economico-cultuali, in una pre-cisa fase di occupazione della comunità etruscanel distretto veiente. [A.C.]

577 CELANT 2003. 578 KELLY, HUNTLEY 1991; BIONDI et al. 1998.

FIGURA 46 Veio, Piano di

Comunità: pozzo. Macrore-

sti vegetali carbonizzati

577 Per un bilancio complessivo si rimanda a PATTERSON et al. Cds.578 Un primo quadro di sintesi sul periodo che qui interessa è

proposto da H. Di Giuseppe, in PATTERSON et al. 2004, pp. 19-22, fig. 10-1.

579 TORELLI 1982, p. 127. La corona delle aree di culto frequenta-te in questa fase comprende le stipe votive di Comunità e diMacchia Grande, presso la porta Capena, entrambe attivate apartire dallo scorcio del IV secolo; il santuario di Campetti de-dicato a Vei e poi a Ceres; l’area santuariale dedicata a Miner-va presso la porta Caere e, non da ultimo, il santuario di Por-tonaccio. Per osservazioni topografiche generali e riferimenti,si rimanda in generale a H. Di Giuseppe, in PATTERSON et al.2004, p. 20; G. Colonna, in CIE II, I, 5. Add. II, 2,1 (2006), pp.11-13, fig. 4, nn.1-6. Per un aggiornamento bibliografico sullesingole aree di culto, si segnalano almeno: BARTOLONI 2005(stipe di Comunità); OLIVIERI 2005 (stipe di Macchia Grande);CAROSI 2002 (santuario di Campetti e stipe).

580 Si confronti la carta con la distribuzione di votivi e di fornacidi epoca romana, in PATTERSON et al. 2004, fig. 11. La raccoltadi votivi ed anche di statue (“an arm entwined by a snakeand holding a dish”) è riferita al pianoro sommitale dalWard-Perkins (1961, p. 31), anche nelle schedine di ricogni-zione scritte di suo pugno (COLONNA 2004, p. 209, nota 8)conservate alla British School at Rome.

581 COLONNA 2004, p. 208, con riferimenti ad una raccolta di su-perficie eseguita dal Giglioli nel 1923 sul versante N-NE del-l’altura. Occorre precisare che, nelle reiterate ricognizioni ese-

guite sui versanti dell’altura, non abbiamo riscontrato alcunaevidenza di questo possibile secondo deposito e che, d’altraparte, il versante in questione si presenta eroso dall’attivitàagricola fino all’affioramento quasi totale del banco geologico.

582 Il nostro contesto rientra nella categoria dei depositi di obli-terazione (BONGHI JOVINO 2005, p. 40), Sulle modalità di de-posizione, che non consente di operare distinzioni nette tra isingoli oggetti deposti, cfr. BAGNASCO GIANNI 2005b, p. 352.

583 Analisi del termine e delle sue interpretazioni in HACKENS 1963.584 Per l’analisi di dettaglio ed ulteriori interpretazioni, rimando

al contributo di J. de Grossi Mazzorin, in questa stessa sede.585 La testa animale ricorre come marcatore forte di attività a carat-

tere rituale con riflesso sull’organizzazione spaziale delle areesacre, come indicano ad esempio: la deposizione di sei crani disuino, allineati lungo la linea del podio in opera quadrata deltempio di Cibele sul Palatino, Roma, avvenuta alla fine del IIsecolo a.C. (COLETTI et al. 2006, p. 560, fig. 2) e la deposizionedi crani di bovini adulti presso l’angolo nord-orientale del San-tuario Meridionale di Pyrgi (BAGLIONE 2008b, p. 307).

586 Basti ricordare l’interramento di un porcellino intero nel poz-zo dell’area C del Santuario Monumentale di Pyrgi (L. Cardi-ni, in Pyrgi 1970, p. 620; F. Melis, in COLONNA 1985a, p. 35.

587 BEDINI 1997, p. 14.588 Sulla consacrazione delle teste e sul collegamento con l’am-

bito ctonio e in particolare demetriaco, si rimanda a MASTRO-CINQUE 2005. Ringrazio G. Bagnasco per il proficuo scambiodi idee sull’argomento.

ticolari a carico di un pozzo: non dunque una sem-plice azione di interramento, ma un’azione che de-termina come conseguenza l’interruzione definitivadella comunicazione con la falda acquifera e ilmondo infero584, prerogativa essenziale dei pozzi(favissae, nella terminologia di Festo585) ricavati inambito di tipo santuariale. La pregnanza dell’azioneappare sottolineata dalla selezione del materiale, inprevalenza rappresentato da vasellame da mensa,in buona parte ricomponibile; dal criterio utilizzatoper realizzarne e organizzarne lo scarico all’internodel pozzo, con due operazioni di colmatura ben di-stinte; dalla presenza di offerte vegetali nel serbato-io, forse presentata come contenuto dei vasi di for-ma aperta egualmente gettati al suo interno; infinedal particolare rituale di chiusura, eseguito median-te un accumulo consistente di ossa animali586.Quest’ultimo rituale è caratterizzato dalla deposizio-ne plurima della testa587 animale (in numero alme-no di 20), dalla selezione di una determinata speciecon specifica valenza ctonia (il suino588), dall’ecce-zionale ricorso alla pigmentazione in rosso dei ca-nini e dei terzi molari, documentato a quanto paresolo su elementi craniali di suino dalla Civita di Tar-quinia589; è inoltre possibilmente collegabile sul pia-no ermeneutico alla deposizione (a una quota dipoco inferiore) di un alare intero riccamente deco-rato (per l’epoca, un vero e proprio cimelio) allusi-vo forse della cerimonia del sacrificio (Fig. 42.2).La deposizione della protome di un’antefissa a te-sta femminile (Fig. 42.5) nella parte profonda delserbatoio permette forse di riconoscere nell’attorituale del seppellimento (effettivo o simbolico)della testa590 il filo di collegamento nella sequenza

CONCLUSIONI

L’analisi dei materiali restituiti dal pozzo indica chela colmatura è stata effettuata tra la fine del IV seco-lo e l’inizio del secolo successivo, dopo una fase re-lativamente breve di “crisi” a seguito della presadella città da parte di Roma. La revisione dei datidel Survey di Ward-Perkins579 e soprattutto la ripresadelle indagini sul pianoro di Veio hanno permessodi delineare nei suoi caratteri principali la ripresadella frequentazione, indirizzata prioritariamente al-la rioccupazione dei due settori settentrionale (Mac-chia Grande-Campetti) e meridionale (Comunità –altura di quota 126) della città580 e legata alla ristrut-turazione/fondazione di una cospicua serie di areedi culto581 dislocate in posizione marginale.Per quanto riguarda l’altura di Comunità, la sceltadella rioccupazione si fonda probabilmente sulparticolare ruolo assolto dal distretto urbanonell’ambito della città di epoca etrusca, ed è forsecollegabile in maniera stretta con l’apertura dellastipe “Lanciani”, deposta sulle propaggini meri-dionali dell’unità orografica, anche se non manca-no segnalazioni circa la provenienza di votivi dal-lo stesso pianoro di sommità582 e indizi circa lapresenza di un eventuale, ulteriore deposito voti-vo sul versante opposto dell’altura583.Lo stesso contesto di scavo analizzato in questasede, pur configurandosi come un intervento acarattere utilitario, svolto presumibilmente nel-l’ambito di una serie di opere di sistemazione acarattere generale del pianoro di sommità, pre-senta una forte connotazione in chiave rituale.Si tratta di un intervento eseguito con modalità par-

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

122

591 Si rimanda alla ricca presentazione dei dati di scavo in Pyrgi1992, pp. 11-138 e in particolare, all’analisi di sintesi di G.Colonna, ibid., pp. 11-20.

592 Per un bilancio complessivo, si rimanda a DE LUCIA BROLLI

2006 (con riferimenti ulteriori), dove si sottolinea (in partico-lare, a p. 98) lo stretto legame tra tutte le aree produttive in-dividuate sul pianoro urbano e contigue aree di culto.

593 Sul quadro della diffusione, desunto dalla distribuzione delmateriale di superficie e comprensivo dell’intero distretto diComunità, si rimanda a CASCINO Cdsb e BELELLI MARCHESINI,CASCINO Cds.

594 SCATOZZA HÖRICHT 2007, pp. 101-104, con riferimenti; la pre-senza di botteghe di coroplasti, ceramisti e metallurghi ac-canto ad aree sacre e templi ricorre anche sull’acropoli pi-

thecussana di Monte Vico.595 Sulla carriera veiente del Pittore, rivelato nella sua identità

dalla firma apposta su una phiale dedicata da Laris Leqaiesnel santuario di Portonaccio, cfr. COLONNA 2006a.

596 Per il posizionamento delle aree di produzione in epoca pre-romana, si rimanda a PATTERSON et al. 2004, p. 16, fig. 5.

597 Mi riferisco al ritrovamento di matrici per terrecotte nel corsodi scavi condotti nell’ambito del Progetto Veio e, in partico-lare, dello scavo di una fornace per terrecotte architettonichein località Macchia Grande da parte di Maria Santangelo, dicui darà notizia il prof. G. Colonna.

598 PEÑA 1987, pp. 284-304, maps 10 e 15, pottery drawings 18-20.599 STOPPONI 2008, p. 571, con riferimento al tempio in località

Imbelli di Campora nel territorio di Temesa.

gna Grecia (con il caso emblematico di Meta-ponto)594, dove frequente è la collocazione dellearee di produzione nelle immediate vicinanzedell’acropoli urbana.Nel caso di Veio, i dati disponibili permettononello specifico di individuare a Comunità il setto-re urbano destinato prevalentemente alla produ-zione di ceramica e dove poter rintracciare le offi-cine specializzate responsabili dei sontuosi serviziin bucchero esibiti nel Santuario del Portonaccioma anche le botteghe di ceramica etrusco-corinziadi alto livello nel quale ha operato Velthur Anci-nies, pittore vicino al Pittore dei Rosoni595. È pro-babile, invece, che le officine di coroplasti fosseroubicate nel settore settentrionale, come sembranoindicare dati di ricognizione596 e dati inediti di sca-vo597; in quest’ultimo settore si concentrerannotutte le attività a carattere produttivo attivate all’in-domani della presa della città, rimanendo in usosoltanto l’officina ubicata al confine con il distret-to di Comunità, a nord del Casale Dominici598.Tornando al contenuto del nostro pozzo, ritenia-mo possibile che la grande quantità di vasellamescaricato al suo interno possa provenire in preva-lenza da un magazzino, forse contiguo a un’areapubblica, e fosse destinato in primis a una frui-zione di tipo santuariale o comunitario (in quantoarredo, o funzionale a pasti/cerimonie), nono-stante la forte selezione di forme vascolari; lamancanza di iscrizioni di dedica non permette ov-viamente di considerare, come nel caso di CasalePian Roseto, la sfera del dono votivo. Quanto allasua sistemazione originaria, è forse possibileavanzare l’ipotesi di appositi mobili lignei (scaffa-li, armadi), sulla base di quanto l’archeologia starivelando circa le aree santuariali599; in quest’otti-ca, i frammenti di legno lavorato rinvenuti nelpozzo insieme alle ceramiche potrebbero teorica-mente riferirsi a questo tipo di contenitori.La chiusura definitiva del pozzo è avvenuta in unafase successiva, in un momento avanzato del IIIsecolo a.C., e si collega all’edificio articolato inpiù vani che sta affiorando nel sottosuolo delladomus di età tardo-repubblicana. [B.B.M.]

delle operazioni eseguite, conferendo all’interocontesto una forte connotazione cerimoniale.Per quanto concerne composizione e articolazio-ne del riempimento, un buon termine di confron-to è offerto dai pozzi del tempio A di Pyrgi591, inparticolare per la presenza di uno scarico profon-do composto essenzialmente da materiale archeo-logico fittamente costipato, con alta percentualedi vasellame intero e ricomponibile e materialeorganico (legni, semi e faune); di uno scaricocomposto essenzialmente da terracotte al di sopradella messe di vasi; inoltre, per l’associazione dimateriali architettonici di spoglio dal santuariocon vasellame deformato e anelli distanziatoriprovenienti da un atelier ceramico operante neipressi e/o al diretto servizio dell’area santuariale.Quest’ultimo tipo di associazione è indicativo, daparte dei poli santuariali, della capacità di gestio-ne della produzione e dello smercio di prodottiattinenti alla sfera del culto e alla frequentazionedei devoti. In termine di organizzazione urbana,tale particolare attitudine dei santuari può tradursiin una capillare diffusione di aree sacre e aree ar-tigianali di pertinenza, come è stato ben docu-mentato almeno a Falerii Veteres, da vecchi e danuovi accurati interventi di scavo592.Diverso il caso del distretto urbano veiente diComunità, dove i dati archeologici (a partire daimateriali del pozzo) dimostrano da un lato lapresenza di edifici a carattere pubblico-sacralescaglionati tra la seconda metà del VI e il V se-colo a.C. (ancora da rintracciare sul terreno),dall’altro la concentrazione esclusiva di officineceramiche specializzate593 attive a partire dalla fi-ne del VII secolo; si tratta piuttosto di un caso diinterazione tra la Città e il suo Ceramico che, nelcorso del periodo arcaico si consolida, a quantopare, attraverso l’attuazione di un piano di tipourbanistico e la definizione di precisi spazi pub-blico-monumentali. Il modello di riferimento,mutuato dal mondo greco, è da ricercarsi in Sici-lia (come dimostra, ad esempio, la presenza diateliers di coroplasti e ceramisti attivi dalla finedel VII secolo sull’acropoli di Selinunte) e in Ma-

IL CONTRIBUTO DEGLI SCAVI DI PIANO DI COMUNITÀ

123

125

INTRODUZIONE

I campioni faunistici, oggetto di questa analisi,provengono da diversi contesti della città di Veio,indagati tra il 1999 e il 2000 (Tab. 1). I due più an-tichi erano posti nella parte centrale dell’area discavo V presso il margine nord-occidentale delpianoro di Piazza d’Armi; il primo è riferibile al-l’obliterazione di una fossa interpretata come ilfondo di una capanna circolare con tetto strami-neo, in cui erano presenti materiali ceramici data-bili genericamente all’Orientalizzante antico, maprevalentemente riferibili ai decenni precedenti lametà del VII secolo a.C., il secondo era costituitoda un vano sotterraneo di forma pressoché rettan-golare, denominato convenzionalmente “cisterna”,colmato in un lasso di tempo abbastanza limitatointorno alla prima metà del VI secolo a.C. L’analisidei resti ceramici sembra indicare con grande pro-babilità la provenienza dei materiali da un unicocontesto probabilmente abitativo.L’ultimo contesto, infine, si riferisce al riempimen-to di un pozzo individuato sul pianoro sommitaledell’altura di Piano di Comunità. Questo fu colma-to intenzionalmente, con un’ingente quantità diceramica e resti di fauna, verso la fine del IV se-colo, probabilmente a seguito della bonifica diun’area pubblica. L’operazione di colmatura fuunitaria, anche se nei diversi tagli effettuati duran-te lo scavo si osserva una significativa concentra-zione di vasellame da mensa sul fondo e l’impie-go di frammenti di tegole per sigillare le colmatea due distinti livelli del serbatoio; lo studio delmateriale ha inoltre permesso di identificare, nel-la parte sommitale del pozzo, il momento culmi-nante del rito di obliterazione (taglio 2)1.

ANALISI DEI MATERIALI

In tutti i campioni i frammenti determinati rappre-sentano prevalentemente le tre principali categorie

di animali domestici usualmente utilizzati nell’ali-mentazione, come bovini, ovicaprini, suini e nelcaso di Piano di Comunità anche il pollame. Gli al-tri animali domestici come il cane, il cavallo e l’asi-no sono presenti con un numero esiguo di resti;per quanto riguarda invece gli animali selvatici,

ANALISI ARCHEOZOOLOGICADI ALCUNI CONTESTI DALLA CITTÀ ANTICA DI VEIOdi JACOPO DE GROSSI MAZZORIN, CHIARA CUCINOTTA

1 La maggior parte dei resti determinati (il 56,4%) proveniva daltaglio 2 (a ca. 1 m. dalla superficie).

2 I resti esaminati provengono dalle USS 558, 603, 655, 827, 828e 829.

TABELLA 1 PIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀ“CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”NR % NR % NR %

Resti identificati 31 32,3 343 32,4 660 41,4Coste 4 4,2 139 13,1 209 13,1Vertebre 0 0,0 23 2,2 72 4,5Resti non identificabili 61 63,5 553 52,3 654 41Totale 96 1058 1595

TABELLA 2 PIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀ“CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

SPECIE NR NMI NR NMI NR NMI

Asino – Equus asinus L. - - 1 1 - -Cavallo - Equus caballus L. 2 1 7 1 1 1Bue – Bos taurus L. 13 1 69 3 26 2Pecora o Capra – Ovis vel 6 112 108Capra 2 15 11 10 13Pecora – Ovis aries L. 2 1Capra – Capra hircus L. - 2Maiale – Sus domesticus Erx. 9 1 118 11 481 31Cane – Canis familiaris L. 1 1 10 2 5 2Cervo – Cervus elaphus L. - - 1 1Roditori ind. - - - - 2 2Uccelli ind. - - 3 3 2 1Gallo – Gallus gallus L. - - - - 8 3 Testuggine – Testudo hermanniGml. - - 5 1Anfibi ind. - - - - 16 1Totale 33 5 343 34 660 56

TABELLA 1 Composizione

dei campioni faunistici di

Veio-Piazza d’Armi e Pian

di Comunità (NR= numero

dei resti)

TABELLA 2 Elenco delle

specie identificate e rela-

tivo numero di resti (NR) e

numero minimo di indivi-

dui (NMI)

questi sono rappresentati da scarsissimi resti dicervo, roditori, uccelli, testuggini e anfibi (Tab. 2).Il bue è ben rappresentato in percentuale nelleUSS della capanna2, meno nel campione della ci-sterna (circa il 22%) e scarsissimo in quello del

126

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

presentava, inoltre, tracce di macellazione o di-sarticolazione. Nel pozzo di Piano di Comunitàtre frammenti ossei presentavano evidenti traccedi macellazione e solo due, una porzione di man-dibola e una diafisi, erano stati parzialmenteesposti al fuoco.Dai dati sulla mortalità ricavati dalla fusione delleepifisi sembra che i bovini fossero uccisi preva-lentemente in età adulta probabilmente dopo es-sere stati sfruttati per i prodotti dell’animale viven-te (Tab. 4). I resti di ovicaprini sono riferibili ad almeno 2 in-dividui (un adulto e un subadulto) nella capanna,11 individui (4 adulti, 3 subadulti, 3 giovanili e 1neonato) nella cisterna e 13 individui (5 adulti, 3subadulti, 3 giovanili e 2 neonati) nel pozzo. Acausa del grado di frammentazione non sempre èstato possibile distinguere, in base alle osservazio-ni di Boessneck e colleghi (1964), le pecore dallecapre, tuttavia in ogni contesto risultano larga-mente più rappresentate le pecore (Tab. 5).La frequenza dei resti delle porzioni craniali e de-gli arti anteriori e posteriori mostra un sostanzialeequilibrio solo nel campione di Piano di Comuni-tà, nella cisterna di Piazza d’Armi invece si notauna maggiore rappresentazione degli elementischeletrici dell’arto anteriore, il campione dellacapanna è invece troppo esiguo per una valuta-zione del genere. Dall’esame della saldatura delleepifisi articolari delle ossa lunghe e sulla base del-la registrazione dell’eruzione, rimpiazzamento eusura dei denti si è cercato di valutare quale fosseil modello di abbattimento dei caprovini, anche sei due campioni cronologicamente più antichi pre-sentano un numero di osservazioni abbastanzaesiguo per poter formulare qualche ipotesi sul lo-ro sfruttamento.Più interessante è il campione di Piano di Comu-nità dove, in base ai dati della mortalità, ricavatidalla fusione delle epifisi delle ossa lunghe4, si os-serva come quasi due terzi del gregge risulti ma-cellato entro il primo anno, circa l’8% tra il secon-do e il terzo anno mentre il restante 22% oltre i 4-5 anni. (Tab. 6).Da tali valori sembra che l’economia pastoralefosse rivolta soprattutto verso la produzione lat-tea, come indicherebbe la presenza di individuimolto giovani, o il reperimento di tagli di carnepiù pregiata. I dati ricavati in base alla metodolo-gia di S. Payne5 su l’eruzione, rimpiazzamento e

TABELLA 3 PIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀELEMENTO ANATOMICO “CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

Cavicchie - 3 -Neurocranio - 1 2Mascellare + osso incisivo - 3 1Denti superiori 6 1 1Mandibola - 7 2Denti inferiori - 2 3Denti indeterminabili - 1 -Epistrofeo - 1 -Scapola - 1 3Omero 1 3 1Radio - 3 -Ulna 1 3 -Carpali - 3 -Metacarpali - - 1Coxale - 3 1Sacro - - 1Femore - 10 -Tibia 1 3 1Astragalo - 4 1Calcagno 1 3 1Metatarsali 2 4 2Prima falange 1 3 4Seconda falange - 5 1Terza falange - 2 -Totale 13 69 26

TABELLA 3 Elenco dei resti

bovini suddivisi per ele-

mento anatomico

TABELLA 4 Dati sulla mor-

talità dei bovini in base alla

fusione delle epifisi articolari

(Silver 1969); NF = non

fuse, F = fuse)

TABELLA 4 PIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀ“CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

OSSO ETÀ NF-F NF-F NF-F

Scapola 7-10 mesi 0 – 0 0 – 0 0 – 1Coxale 7-10 mesi 0 – 0 0 – 1 0 – 0Omero dist. 12-18 mesi 0 – 0 0 – 1 0 – 0Radio pross. 12-18 mesi 0 – 0 0 – 2 0 – 0Prima falange 18 mesi 0 – 0 0 – 1 0 – 3Seconda falange 18 mesi 0 – 0 0 – 4 0 – 1Tibia dist. 24-30 mesi 0 – 0 1 – 0 0 – 1Metatarso dist. 30-36 mesi 0 – 0 0 – 0 1 – 0Calcagno 36 mesi 0 – 0 1 – 1 0 – 1Femore pross. 42 mesi 0 – 0 1 – 3 0 – 0Femore dist. 42-48 mesi 0 – 0 0 – 1 0 – 0Omero pross. 42-48 mesi 0 – 0 1 – 0 0 – 0Ulna pross. 42-48 mesi 0 – 0 0 – 1 0 – 0Tibia pross. 42-48 mesi 0 – 0 0 – 1 0 – 0

pozzo (poco più del 4%); i resti sono riferibili ri-spettivamente a un unico individuo adulto, a treindividui adulti e a 2 individui (un adulto e unsubadulto)3. Il rapporto tra i resti delle porzionicraniali e degli arti anteriori e posteriori mostraun sostanziale equilibrio solo nel campione diPiano di Comunità (Tab. 3). Nella cisterna diPiazza d’Armi invece si nota una maggior rappre-sentazione degli elementi scheletrici dell’arto po-steriore, il campione della capanna è invece trop-po esiguo per una valutazione del genere. Circail 15% dei resti della cisterna di Piazza d’Armi

3 Il calcolo del numero minimo di individui è stato effettuatoper ogni specie a partire dall’elemento anatomico più rappre-sentato tenendo conto di ogni altro dato discriminante comel’età, il sesso e le dimensioni.

4 BULLOCK, RACKHAM 1982.5 PAYNE 1973.

127

ANALISI ARCHEOZOOLOGICA DI ALCUNI CONTESTI DALLA CITTÀ ANTICA DI VEIO

usura dei denti mandibolari sono invece abba-stanza contraddittori; la curva di mortalità ricava-ta, confrontata con le curve ideali per l’allevamen-to il cui scopo primario fosse della produzione dicarne, latte o lana, mostra un andamento che nonsi conforma a nessuna di queste strategie di alle-vamento. Si nota infatti la macellazione del 21%degli individui entro il primo anno, del 40% entroil compimento del secondo anno e del restante40% circa tra il terzo e il quarto anno di vita(Figg.1-2).Visto l’alto grado di frammentarietà delle ossalunghe è stato possibile, nello stesso campione,distinguere il sesso delle pecore e delle capre so-lo in due casi, entrambi femminili: una pecora eun generico ovicaprino. In tutti i campioni letracce di macellazione e/o cottura non sono par-ticolarmente frequenti; si sono rinvenuti un den-te parzialmente combusto e un frammento diomero con tracce di taglio nella cisterna, mentrenel pozzo solo 4 frammenti che presentavanoparziali tracce di combustione6. Più frequenti era-no invece i segni della macellazione, individuatiprevalentemente sulla parte postcraniale delloscheletro: su una scapola, un omero, tre radii (dicui uno con l’ulna saldata), un coxale, un femoree tre tibie. Questi segni sembrano essere stati la-sciati da uno strumento pesante come la manna-ia, probabilmente per dissezionare e predisporrei tagli.I suini sono presenti nella capanna con 9 resti ri-feribili a un individuo adulto, 118 resti apparte-nenti a 11 individui (4 adulti, 3 subadulti, 3 giova-nili e un neonato) nella cisterna e 31 nel pozzo (4senili, 15 adulti, 3 sub-adulti/adulti, 4 sub-adulti 2giovanili/sub-adulti e 3 individui giovanili). LaTab. 7 mostra la frequenza dei singoli elementianatomici; per quanto riguarda gli arti è interes-sante notare come in tutti e tre i campioni vi sia

TABELLA 5 PIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀELEMENTO ANATOMICO “CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

Cavicchie 2 3 (2o) -Neurocranio - 3 9 (1o)Mascellare + osso incisivo - 7 7Denti superiori - 18 2Mandibola - 23 (7o) 16 (2o)Denti inferiori - 17 4Denti indeterminabili - - 1Osso ioide - - 2Atlante - 1 (1o) -Epistrofeo - 1 1Scapola - 6 (3o) 2Omero - 9 8Radio - 9 (1o) 14 (1o)Ulna - 1 6Radio + Ulna - - 2Metacarpali 2 (1o) 5 (1c) 4Coxale - 2 5Femore - 2 5 (1c)Tibia 3 9 11Astragalo - 4 -Calcagno - 2 2Metatarsali - 3 9 (1o)Metapodiali - 2 1Prima falange 1 (1o) 2 (1o, 1c) 6 (4o)Seconda falange - - 1Terza falange - - 1 (1o)Totale 8 129 119 (10o, 1c)

TABELLA 5 Elenco dei resti

di pecora e capra suddivisi

per elemento anatomico (o

= ovis; c = capra)

FIGURA 1 Veio: curva di

mortalità degli ovicaprini

confrontata con quelle in cui

vi sia un allevamento fina-

lizzato alla produzione di

carne, latte o lana

FIGURA 2 Veio: percentuali

di animali uccisi, suddivisi

per classi di età

6 Un frammento di cranio, uno di mandibola, uno di femore euno di ulna.

un sostanziale equilibrio tra gli elementi scheletri-ci dell’arto anteriore e quello posteriore. Gli ele-menti del cranio sono invece molto più rappre-sentati e questo può essere in parte giustificatodalla loro maggiore fragilità rispetto alle ossa lun-ghe. Basti pensare che i mascellari possono rom-persi facilmente liberando nel terreno denti scioltiche possono aumentare considerevolmente il nu-mero dei resti rinvenuti. È soprattutto il campionedel pozzo che mostra una percentuale elevata dielementi craniali ma, come vedremo, questi pro-vengono per la maggior parte dal taglio 2 con cuiè stato sigillato il pozzo e sono pertinenti a

FIGURA 1 FIGURA 2

128

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

proposto da Bull e Payne (1982). I dati sulla fu-sione delle ossa lunghe7 mostrano che nel cam-pione della cisterna i maiali erano stati uccisi pre-valentemente tra un anno e mezzo e i tre annid’età; non risultano infatti individui macellati pri-ma dei 18 mesi di vita né individui che ne oltre-passano i 36. Il campione di Piano di Comunitàinvece sembra mostrare una politica di abbatti-mento molto più articolata: la mortalità nei primimesi di vita era molto alta (il 75% dei resti non su-perava i 12 mesi), il 18% veniva macellato tra ilprimo e il terzo anno e solo il 7% superava i treanni (Tab. 8).Diverso sembra invece il quadro che emerge dal-l’osservazione dell’eruzione, rimpiazzamento eusura dei denti: nel campione della cisterna eranoinfatti presenti anche diversi mascellari e mandi-bole di individui al di sotto dei 7-11 mesi (40%).Nel pozzo di Piano di Comunità solo il 10.5% deidenti indica un’uccisione effettuata entro il primoanno di vita, il 15.8% entro i 24 mesi mentre oltreil 70% supera invece il secondo anno di vita (Tab.9). Questa differenza sostanziale fornita dal con-fronto tra i due sistemi di valutazione dell’età dimorte è sicuramente condizionata dalle caratteri-stiche ben precise del deposito che, come vedre-mo, lo contraddistinguono inconfondibilmenteper il suo carattere cultuale.

TABELLA 6 Dati sulla morta-

lità dei caprovini in base alla

fusione delle epifisi articolari

(BULLOCK, RACKHAM 1982)

TABELLA 7 Elenco dei resti

di maiale suddivisi per ele-

mento anatomico

TABELLA 6 PIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀ“CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

OSSO ETÀ NF-F NF-F NF-F

Omero dist. -12 mesi 0 – 0 0 – 7 2 – 1Radio pross. -12 mesi 0 – 0 0 – 1 5 – 1Coxale -12 mesi 0 – 0 0 – 0 0 – 2Scapola 12 mesi 0 – 0 0 – 1 1 – 0Prima falange 14-35 mesi 1 – 0 0 – 2 1 – 5Seconda falange 14-35 mesi 0 – 0 0 – 0 0 - 2Tibia dist. 35 mesi 0 – 0 0 – 0 1 – 3Femore pross. 35 mesi 0 – 0 0 – 0 2 – 2Metacarpo dist. 48 mesi 0 – 1 0 – 0 0 – 0Metatarso dist. 48 mesi 0 – 0 0 – 0 2 – 0Metapodio dist. 48 mesi 0 – 0 1 – 1 1 – 0Femore dist. 48 mesi 0 – 0 1 – 0 0 – 0Tibia pross. 48 mesi 0 – 0 0 – 0 1 – 0Omero pross. 48-60 mesi 0 – 0 0 – 0 1 – 1Radio dist. 48-60 mesi 0 – 0 1 – 3 4 – 0Ulna pross. 48-60 mesi 0 – 0 0 – 0 2 – 0Calcagno 48-60 mesi 0 – 0 0 – 2 0 – 1

TABELLA 7 PIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀ“CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

ELEMENTO ANATOMICO NR NR NR

Neurocranio - 7 87 (73)Mascellare + osso incisivo 1 7 62 (50)Denti superiori - 5 66 (62)Mandibola 1 18 94 (75)Denti inferiori 1 15 75 (60)Denti indeterminabili - 2 8 (8)Atlante - 3 1 (0)Sterno - - 2 (0)Scapola 1 3 2 (2)Omero 2 2 11 (3)Radio - 5 11 (2)Ulna - 4 7 (1)Metacarpali - 4 7 (1)Coxale - 5 10 (5)Femore - 3 12 (2)Tibia 2 10 7 (3)Fibula - 2 6 (1)Calcagno - 1 1 (0)Astragalo - 1 4 (2)Metatarsali 1 6 5 (3)Metapodiali ind. - 7 -Prima falange - 6 1 (0)Seconda falange - 1 -Terza falange - 1 -Totale 9 118 481 (353)

un’azione di tipo cultuale effettuata al momentodella sua chiusura (tab. 7; Fig. 3).Per quanto riguarda l’età di abbattimento dei sui-ni, sono state analizzate sia le fusioni delle epifisiarticolari delle ossa lunghe sia i dati ricavati dal-l’analisi dell’eruzione, del rimpiazzamento e del-l’usura dei denti, entrambi secondo il metodo

7 Bull e Payne (1982) hanno stimato l’età in cui si saldavano leepifisi articolari. Questi dati permettono pertanto di rilevarese un reperto abbia oltrepassato o meno una certa età.

FIGURA 3 Percen-

tuali di resti fauni-

stici nelle diverse

sezioni del pozzo

129

ANALISI ARCHEOZOOLOGICA DI ALCUNI CONTESTI DALLA CITTÀ ANTICA DI VEIO

Un ulteriore dato sulla mortalità dei suini si puòinfine ricavare dall’analisi di cinque resti apparte-nenti a maialini in età neonatale. Si tratta di dueomeri, un’ulna, un femore e un tibia che presen-tano entrambe le epifisi non saldate. Gli studicondotti da Gjesdal (1972) e da Wenham, Mc Do-nald e Ewlsey (1969) mettono in correlazione lalunghezza diafisaria delle ossa lunghe con l’età disviluppo fetale e neonatale. Dalla loro analisi si èstimato un periodo di gestazione pari a 107 gior-ni, leggermente inferiore a quello usualmente no-to tra gli allevatori di suini che si aggira attorno ai115 giorni8. Dal confronto delle lunghezze diafisa-rie delle ossa rinvenute nel pozzo di Veio con gliequivalenti numeri di giorni dal concepimento,calcolati secondo i metodi di Gjesdal e di Wen-ham e colleghi, si evince che i maialini in esamesono stati macellati in tempi molto vicini ai termi-ni della gestazione (Tab. 10).In base ai canini superiori e inferiori o, quandomancanti, alla morfologia dei loro alveoli, sonostati separati gli individui di sesso maschile daquelli di sesso femminile (Tab. 11). I due campio-ni più antichi sono statisticamente poco significa-tivi, più attendibile è quello del pozzo di Piano diComunità, dove si evidenzia una preponderanzadi verri rispetto alle scrofe. Questo dato può esse-re interpretato o come scelta economica volta almantenimento in vita delle scrofe o come esito diprecise esigenze cultuali in cui si richiedeva il sa-crificio di individui maschili.Sono state analizzate anche le eventuali tracce dimacellazione e cottura visibili sulla superficie del-le ossa; i primi due campioni non presentavanoné segni di cottura né di macellazione, mentre nelcampione più recente questi erano abbastanzafrequenti. Tracce di cottura si sono notate su treresti (un mascellare e un III metacarpo, entrambicombusti, e un dente da latte calcinato per la pro-lungata esposizione al fuoco) mentre le tracce dimacellazione erano invece presenti su 12 fram-menti (tre elementi craniali, uno sterno, un ome-ro, tre radii, un coxale, un femore e due tibie). Isegni erano dovuti a diversi strumenti da taglio,sia coltello che mannaia. È stata inoltre notata lapresenza di macchie di colore rosa su undiciframmenti, tutti denti, di cui otto canini superiori(sei destri e due sinistri) tutti relativi a individuimaschili e tre terzi molari (uno inferiore destro edue superiori di ambedue i lati). È significativoche anche questi provengano tutti dallo strato 2,quello con cui è stato sigillato il pozzo e costitui-to, nella quasi totalità, da ossa di maiali prevalen-

TABELLA 8 PIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀ“CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

OSSO ETÀ NF-F NF-F NF-F

Scapola 7-11 mesi 0 – 0 0 – 0 2 – 0Coxale 7-11 mesi 0 – 0 0 – 0 0 – 0Radio pross. +11 mesi 0 – 0 0 – 2 5 – 1Omero dist. +11 mesi 0 – 1 0 – 0 5 – 1Seconda falange 12-18 mesi 0 – 0 0 – 0 0 – 1Tibia dist. 19-23 mesi 0 – 1 1 – 4 4 – 0Prima falange 19-23 mesi 0 – 0 1 – 5 0 – 0Metacarpo dist. +23 mesi 0 – 0 1 – 0 5 – 1Metatarso dist. +23 mesi 0 – 0 0 – 1 4 – 0Metapodio dist. +23 mesi 0 – 0 3 – 2 1 – 0Fibula dist. +23 mesi 0 – 0 1 – 1 0 – 1Femore pross. 31-35 mesi 0 – 0 0 – 0 1 – 0Omero pross. +35 mesi 0 – 0 0 – 0 4 – 0Radio dist. +35 mesi 0 – 0 0 – 0 4 – 1Ulna pross. +35 mesi 0 – 0 0 – 0 3 – 0Ulna dist. +35 mesi 0 – 0 0 – 0 1 – 0Femore dist. + 35 mesi 0 – 0 1 – 0 0 – 0Tibia pross. +35 mesi 0 – 0 2 – 0 0 – 0Calcagno +35 mesi 0 – 0 0 – 0 0 – 0

TABELLA 9 PIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀ“CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

ETÀ NR % NR % NR %

sotto i 7 mesi - - 1 10 3 3.9tra i 7 e gli 11 mesi - - 4 40 5 6.6tra i 12 e i 18 mesi - - - 0,0 4 5.3tra i 19 e i 23 mesi - - 1 10 8 10.5tra i 24 e i 30 mesi - - 3 30 8 10.5tra i 31 e i 35 mesi - - 1 10 32 42.1oltre i 35 mesi - - - 0,0 16 21.1Totale - 10 76

TABELLA 11 PIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀ“CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

MASCHILI FEMMINILI MASCHILI FEMMINILI MASCHILI FEMMINILINR NR NR NR NR NR

mascellari - 1 - - 6C superiori - - - 1 14 2mandibole - - - - 4 4C inferiori - 1 1 - 16Totale - 2 1 1 40 6

TABELLA 10 GIORNI DAL CONCEPIMENTO

OSSO GLD GIESDAL WENHAM ETÀ

omero 42.1 112 116 Nomero 42.5 113 117 Nulna 40 120 Nfemore 41.2 116 119 Ntibia 42.5 124 118 N

TABELLA 10 Stima dell’età

dal concepimento (GLd=

lunghezza diafisaria; N=neo-

nato)

TABELLA 11 Dati sul sesso

dei suini in base all’esame

dei canini

TABELLA 8 Dati sulla mor-

talità dei suini in base alla

fusione delle epifisi articolari

(BULL, PAYNE 1982)

TABELLA 9 Dati sulla mor-

talità dei suini in base al-

l’eruzione, rimpiazzamento

e usura dei denti (BULL,

PAYNE 1982)

8 Si dice infatti che una scrofa impieghi 3 mesi, 3 settimane e 3giorni per portare a termine la gestazione.

130

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

temente relative al cranio. La localizzazione dellapigmentazione su elementi craniali e in particola-re sui quei denti che nel verro sono particolar-mente sviluppati, appunto i canini e i terzi molari,sembra indicare una precisa scelta per evidenzia-re i caratteri peculiari del maschio da riportare auna pratica di carattere religioso e cultuale.I resti di equini sono abbastanza scarsi in tutti e trei campioni. Dall’area della capanna provenivanoun molare e un frammento di estremità distale dimetacarpo, entrambi riferibili a un individuo adul-to, dalla cisterna alcuni denti superiori (un ossotarsale e una prima falange di cavallo e una primafalange di asino), dal pozzo, infine, una terza fa-lange. Tali resti molto probabilmente non sono dariferire a resti di pasto ma ad animali utilizzati co-me cavalcature o da soma; sono infatti perlopiùintegri, senza tracce di macellazione o cottura9.Il cane è invece presente con un terzo metacarpodi un individuo adulto nella capanna, dieci restinella cisterna, riferibili ad almeno due individuiadulti10, e cinque nel pozzo ascrivibili a due indi-

vidui, di cui uno giovanile. È interessante notareche in alcune ossa erano presenti evidenti traccedi macellazione: un astragalo proveniente dallacisterna di Piazza d’Armi e due delle mandiboledel pozzo di Piano di Comunità. Una delle duemandibole presenta un taglio, prodotto da unostrumento da taglio di tipo pesante, trasversale alpiano di masticazione tra il primo e il terzo mola-re, l’altra un taglio più fine, prodotto probabil-mente da uno strumento tipo coltello, lasciatoall’altezza della sinfisi mentoniera (Figg. 4-5).Nel pozzo erano presenti anche otto resti di pol-lame riferibili ad almeno tre individui, di cui unofemminile e uno giovanile. Il femore dell’indivi-duo giovanile presenta tracce di esposizione alfuoco mentre una scapola, oltre a essere combu-sta, evidenzia chiari segni di macellazione. Sem-pre nello stesso contesto le specie selvatiche sonorappresentate da 20 frammenti, di cui 16 appar-tengono a un rospo, rinvenuto nello strato più su-perficiale (taglio 2) e da considerare pertanto in-trusivo (attirato forse dall’umidità residua del poz-zo), due a uccelli di cui non è stata determinata laspecie e gli altri due a roditori. Nella cisterna diPiazza d’Armi erano invece presenti una secondafalange di cervo adulto e alcuni frammenti di ca-rapace e piastrone di testuggine.

OSTEOMETRIA

Solo pochi dati ci permettono di ricostruite le ta-glie delle specie rinvenute nei diversi contesti ve-ienti e di confrontarle con quelle dei siti coevidell’Italia centrale. L’impossibilità di ricavare lemisure necessarie al calcolo delle altezze al garre-se e di quelle altre caratteristiche deducibili sem-pre dai dati osteometrici (quali l’individuazionedel sesso nei bovini, l’indice di snellezza degli ar-ti dei bovini e dei cavalli) è dovuta all’alto gradodi frammentarietà dei campioni e alla composizio-ne stessa. Infatti, come abbiamo visto precedente-mente, si può osservare che, in particolare per isuini, gli individui adulti (dalle cui ossa lunghe siricavano le misurazioni) sono principalmente rap-presentati da elementi craniali; le ossa lunghe ap-partengono invece, prevalentemente, a individuigiovanili i quali, non avendo le epifisi saldate allediafisi, non sono utili a questo scopo.Comunque, è stato possibile calcolare l’altezza algarrese per cinque pecore della cisterna di piazzad’Armi e di una del pozzo di Piano di Comunità;le altezze al garrese variavano da 62,8 cm a 68,7(Tab. 12).

9 BARTOLONI et al. 1997; DE GROSSI MAZZORIN 2001; 2006.10 Erano presenti un frammento di mandibola, un frammento di

scapola, due ossa carpali, un frammento di coxale, due fram-menti di tibie, un astragalo e due calcagni.

FIGURA 4 Mandibola di cane

proveniente dal pozzo di

Piano di Comunità con evi-

denti tracce di macellazione

FIGURA 5 Mandibola di cane

proveniente dal pozzo di

Piano di Comunità con evi-

denti tracce di macellazione

131

ANALISI ARCHEOZOOLOGICA DI ALCUNI CONTESTI DALLA CITTÀ ANTICA DI VEIO

Per quanto riguarda i maiali, invece, i valori varia-no da 51,2 cm a 68 cm.Tali valori, confrontati con altri contesti dell’Etru-ria (Tab. 13), indicano delle pecore leggermentepiù alte rispetto a quelle di Monteriggioni e Tar-quinia e analoghe, come dimensioni, a quellepresenti a Populonia, mentre i maiali sono di di-mensioni molto ridotte rispetto agli altri siti.In base ai coefficienti di Clark (1995) è stato pos-sibile valutare anche l’altezza di un cane, prove-niente dalla capanna di Piazza d’Armi, che è risul-tata di cm 53,5.I resti riferibili al bue, invece, sono scarsi e moltoframmentati, così come quelli del cavallo, nonhanno fornito nessuna misura utile per la stimadella dimensione delle rispettive popolazioni.

CONCLUSIONI

I tre campioni esaminati presentano una composi-zione percentuale delle tre principali categorie dianimali domestici (bovini, caprovini e suini) ab-bastanza diversa tra loro. In particolare, si distin-gue il campione proveniente dalla capanna diPiazza d’Armi perché caratterizzato da un’ingentequantità di ossa bovine (ca. il 45%). Premesso chetale campione è quantitativamente poco attendi-bile, vista l’esiguità dei resti rinvenuti, e che lapercentuale potrebbe essere viziata da una raccol-ta selettiva in fase di scavo, si deve ricordare chealtre strutture abitative di VII e VI secolo presen-tano una percentuale di resti bovini elevata. Traqueste va ricordata la capanna di Cures in Sabinae, in ambito magnogreco, i due siti della chorametapontina di Incoronata e Pantanello. In questiultimi, tra età pre-coloniale e fasi occupazionaligreche, la specie maggiormente rappresentata èquella bovina (percentuali intorno al 40%). Anchela struttura abitativa messapica, scavata di recentea San Vito dei Normanni, è caratterizzata daun’elevata percentuale di resti bovini (ca. 40%) eciò ha lasciato ipotizzare, per le modalità di depo-sizione, un vero e proprio banchetto sacrificale11.Il campione proveniente dalla cisterna, sempresul pianoro di Piazza d’Armi, è invece molto piùsignificativo da un punto di vista numerico. Inquesto caso gli animali più rappresentatati sonogli ovicaprini (40,8%) e i suini (37,3%). Percen-tualmente il campione è analogo a quello di altricontesti coevi del Lazio arcaico come Fidenae,Cures e Ficana12, o in Etruria a San Giovenale.L’attività venatoria è testimoniata da un unico re-sto di cervo che lascia intuire come questa attività

economica fosse scarsamente influente nell’ali-mentazione abituale.Infine il campione faunistico del pozzo di Pianodi Comunità si caratterizza per una composizionepercentuale completamente diversa rispetto allefaune provenienti dagli altri contesti tipicamenteabitativi. Si può notare un forte sbilanciamento tragli animali domestici verso i suini a discapito, inparticolare, dei bovini e ovicaprini; i maiali, infat-ti, rappresentano il 76.8% dei resti, gli ovicaprinidal 19% e i bovini sono invece presenti con soloil 4.2% dei resti (Tab. 14).Considerando, però, le modalità di deposizionedei resti faunistici del pozzo il quadro cambiacompletamente. Gran parte dei resti faunistici era,infatti, concentrata nella parte sommitale delriempimento (taglio 2) con cui fu sigillato il poz-zo, immediatamente al di sotto la concentrazionedi spezzoni di tufo. Quest’ultima deposizione po-trebbe, quindi, essere interpretata come un attocultuale direttamente connesso alla chiusura fina-le del pozzo in cui erano stati gettati i materialiprovenienti dalla bonifica dell’area circostante. Iresti faunistici esaminati appaiono così fortemente

TABELLA 12 PECORAPIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀ

OSSO “CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

Metacarpo (GL=152,4) - - 68,7Astragalo (GLl=29,3) - 66,4 -Astragalo (GLl=29,3) - 66,4 -Astragalo (GLl=27,7) - 62,8 -Calcagno (GL=58) - 66,1 -Altezza media - 65,4 68,7

MAIALEPIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀ

OSSO “CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

IV metacarpo (GL=63,8) - - 67,2Astragalo (GLl=38) - - 68Astragalo (GLl=31,7) - - 56.7Astragalo (GLl=29.3) - - 52.5Astragalo (GLl=29) - - 51.9Astragalo (GLl=37) - 66,2 -Altezza media - 66,2 59,2

CANEPIAZZA D’ARMI PIAZZA D’ARMI PIANO DI COMUNITÀ

OSSO “CAPANNA” “CISTERNA” “POZZO”

III metacarpo (GL=67) 53,5 - -Altezza media 53,5 - -

TABELLA 12 Altezze al gar-

rese di pecore, maiali e ca-

pre valutate in base ai co-

efficienti di Teichert (1969;

1975) e Clark (1995)

TABELLA 13 Medie delle al-

tezze al garrese di pecore e

maiali di alcuni siti del-

l’Etruria valutate in base ai

coefficienti di Teichert

(1969; 1975)

TABELLA 13 PECORA MAIALESITO BIBLIOGRAFIA DATAZIONE NR MEDIA NR MEDIA

Monteriggioni Bartoloni et al. 1997 VIII-VII a.C. 3 57,8 1 64,6Veio (cisterna) VI sec. 4 65,4 1 66,2Tarquinia Bedini 1997 VI-V a.C. 5 58,8 6 75,9Pyrgi (pozzo) Cardini 1970 V sec. a.C. - - 2 61,6Veio (pozzo) IV sec. 1 68,7 5 59,2Populonia De Grossi Mazzorin 1985 III a.C. 30 65,3 47 70,2

11 DE GROSSI MAZZORIN et al. Cds.12 DE GROSSI MAZZORIN 1989.

132

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

influenzati da una forte componente cultuale; so-no, infatti, rappresentati quasi esclusivamente daelementi craniali di maiale13 (Tab. 15), apparte-nenti per la maggior parte a individui adulti (co-me si può notare dall’eruzione dei denti e dal gra-do di usura). A questo dato bisogna anche ag-giungere che, all’interno di questo secondo taglio,393 frammenti sono risultati non determinabiliper l’alto grado di frammentarietà, ma da un pun-to di vista morfologico è molto probabile che sitratti di porzioni craniali di maiale. Questo sembraindicare un’evidente selezione sia delle specie, siadelle porzioni anatomiche impiegate per sigillareil deposito. Al contrario, le pochissime ossa lun-ghe (solo il 7% del totale dei resti di maiale del ta-glio 2), si riferiscono tutte a individui giovanili. Ilquadro viene completato dalla pigmentazione ro-sacea (Fig. 6), presente sui canini dei verri e su al-cuni terzi molari, che sembra evidenziare ulterior-mente l’importanza della scelta del cranio e dellaselezione sessuale, entrambe ai fini del culto.Le caratteristiche di questo contesto trovano con-fronto nei materiali della fossa votiva 301 a Tarqui-

nia14, dove è presente un elevato numero di restisuini (il 49% dei resti seguiti dal 20.8% degli ovica-prini e 11.2% dei bovini) abbattuti sia in età giova-nile che adulta, caratterizzati prevalentemente daframmenti cranici. Interessante, in tale contesto, èanche il rinvenimento di un canino inferiore di unascrofa recante tracce di ocra. Questa pigmentazioneè stata rinvenuta anche su altre ossa all’interno delcampione della Civita: un canino (maschile) di ca-vallo, un canino inferiore femminile, due canini su-periori maschili, una radice di un dente premolareo molare, l’epifisi distale di un III metacarpo e unframmento di tibia, tutti appartenenti al maiale15.Dal quadro generale che emerge dall’analisi delleossa provenienti dal taglio 2, si può notare che imaiali, pur essendo rappresentati da un cospicuonumero di individui16, non dovevano fornire unalto quantitativo di carne; infatti, come abbiamogià detto, gli individui adulti sono rappresentatiprincipalmente dalle porzioni craniali, mentre leparti anatomiche postcraniali, quelle cioè che for-niscono il maggior apporto di carne, sono rappre-sentate solo in minima parte da individui adulti,

TABELLA 14 BUE PECORA/CAPRA MAIALECONTESTO DATAZIONE BIBLIOGRAFIA NR % NR % NR %

Gran Carro IX a.C. De Grossi Mazzorin 1995a 66 35,9 88 47,8 30 16,3Tarquinia

“P.gio Cretoncini” IX a.C. De Grossi Mazzorin 1995b 61 30,9 100 50,7 36 18,3Tarquinia “fase 1” IX-VII a.C. Bedini 1997 145 23,1 213 33,9 269 42,9Campassini - fase I VIII a.C. Bartoloni et al. 1997 8 18.6 15 34,8 20 46,5S. Giovenale

(Spring- building) VIII-VII a.C. Sorrentino 1981a 174 62,1 44 15,7 62 22,1Campassini - fase II VII a.C. Bartoloni et al. 1997 34 13,6 124 49,6 92 36,8Veio Piazza d’Armi

(capanna) VII a.C. 13 43,3 8 26,7 9 30S. Giovenale (Cisterna I) VIII-VI a.C. Sorrentino 1981a 27 62,8 5 11,6 11 25,6S. Giovenale – “Acropoli” VIII-VI a.C. Sorrentino 1981b 12 18,7 26 40,6 26 40,6 Acquarossa - zona A VII-VI a.C. Gejvall 1982 308 82,7 48 12,9 16 4,3Acquarossa - trincee VII-VI a.C. Tagliacozzo 1990 88 52,7 44 26,3 85 20,9Roselle - scavo Donati VI a.C. Corridi 1989 42 30 40 28,5 58 41,4Roselle - scavo

Cyegelmann VI a.C. Corridi 1989 19 35,1 11 20,3 24 44,4Veio Piazza d’Armi

(cisterna) VI a.C. 69 21,8 129 40,8 118 37,3Tarquinia “fase 2” VI-V a.C. Bedini 1997 67 17,1 132 33,7 193 49,2Cerveteri VI-V a.C. Clark 1989 175 37 162 34,3 135 28,6Montecatino V a.C. Ciampoltrini et al. 1991 85 32,4 97 37 80 30,5Veio Piano di IV a.C. 26 4,2 119 19 481 76,8

Comunità (pozzo) (9,5) (43,6) (46,9)Populonia III a.C. De Grossi Mazzorin 1985 205 10,3 854 43 929 46,7Tarquinia “fase 3” III-II a.C. Bedini 1997 23,1 27 27 31,7 35 41,1

TABELLA 14 Percentuali dei

resti delle tre principali ca-

tegorie di animali domestici

(bovini, caprovini e suini) di

alcuni siti dell’Etruria tra IX

e III sec. a.C. (per Veio-Pia-

no di Comunità sono indi-

cate tra parentesi le percen-

tuali escludendo il taglio 2)

13 Oltre ai resti di maiale erano presenti tre ossa di pollo e di-verse ossa di anfibio riferibili probabilmente un rospo entratosuccessivamente nel deposito.

14 BEDINI 1997.15 BEDINI 1997, pp. 111-114.16 Dagli elementi del cranio si è calcolato un numero minimo di

20 individui: 13 adulti (uno di più di 36 mesi, 10 tra i 31 e i 35mesi, 2 tra i 24 e i 30 mesi), 3 subadulti (di 19/23 mesi), 4 gio-vanili (2 tra i 12 e i 18 mesi e 2 tra i 7 e gli 11 mesi). A questibisogna aggiungere un individuo in età neonatale individuatodalle ossa lunghe.

133

ANALISI ARCHEOZOOLOGICA DI ALCUNI CONTESTI DALLA CITTÀ ANTICA DI VEIO

mentre la parte più cospicua appartiene ad ani-mali che non avevano ancora raggiunto la maturi-tà e quindi la maggiore resa carnea. Si può dun-que ipotizzare che nel pozzo non siano stati de-posti i resti del pasto, che doveva essere costitui-to da tagli di carne più pregiata, ma vi siano finitigli elementi di scarso pregio da un punto di vistaalimentare. Infatti, gli animali scelti per essere im-molati venivano sottoposti a pratiche sacrificaliben precise: la vittima, dopo essere stata uccisa,veniva sezionata e smembrata secondo schemicostanti. Anche la distribuzione e il consumo del-le carni seguiva delle regole ben precise; solo unparte veniva distribuita tra il celebrante e i conve-nuti, mentre la parte più consistente era destinataalla divinità e poteva essere combusta17. Probabil-mente alcune parti, come la testa, la pelle, i tendi-ni e le zampe non venivano distribuite18.Escludendo quindi i resti provenienti dal taglio 2(vedi cifre tra parentesi nella Tab. 14) abbiamo pro-porzioni tra le tre principali categorie di animali do-mestici del tutto simili agli altri insediamenti. Il cam-pione di Veio viene quindi a essere del tutto similea quello osservato a Populonia in un conteso leg-germente più recente19. Suini e ovicaprini presenta-no percentuali simili tra loro, rispettivamente circa il47 e il 44%, e sembrano, dai dati sulla mortalità,sfruttati prevalentemente per il consumo carneo. Ilbue invece sembra essere sfruttato per le caratteri-stiche proprie dell’animale vivente, quali il lavoroagricolo, la produzione del latte, la riproduzione elo sfruttamento del letame; pertanto veniva general-mente macellato in età senile, quando aveva ormairaggiunto il termine della sua attività produttiva.Di particolare interesse in questo contesto è lapresenza di resti di pollo. Questo animale vieneprobabilmente introdotto in Italia nella prima etàdel Ferro, ma comincia a diffondersi in pieno pe-riodo etrusco20. Tuttavia la presenza di resti osseidi gallo in contesti abitativi è documentata in fasi

TABELLA 15 Elenco delle

specie identificate nel cam-

pione di Piano di Comuni-

tà a seconda dei diversi li-

velli del pozzo

TABELLA 15 CANNA E CAMERETTESPECIE TOTALE TG. 2 RADIALI

Cavallo - Equus caballus L. 1 - 1Bue - Bos taurus L. 26 - 26Pecora o Capra - Ovis vel Capra 108 - 108Pecora - Ovis aries L. 10 - 10Capra - Capra hircus L. 1 - 1Maiale - Sus domesticus Erx. 481 353 128Cane - Canis familiaris L. 5 - 5Roditori ind. 2 - 2Uccelli ind. 2 - 2Gallo - Gallus gallus 8 3 5Anfibi ind. 16 16 -Totale 660 372 288

17 Questa pratica è ben documentata nei riti descritti nelle Tavo-le Iguvine, in particolare nel sacrificio del cane, tavola II.

18 Nell’inno omerico a Ermes, nel quale il dio è rappresentatocome inventore e come esecutore del primo sacrificio anima-le, la pelle viene tesa sopra una roccia, mentre la testa e lezampe sono escluse dal banchetto sacrificale e vengono bru-ciate a parte insieme a un rimanente non meglio identificabile(Omero, Inno IV, 105-141). Anche in Ovidio (Fasti IV, 649-654) nel sacrificio compiuto da Numa per gli dei Fauno e Son-no, le pelli delle due pecore vittime vengono stese sul nudoterreno: …hic geminas rex Numa mactat oves. Prima caditFauno, leni cadit altera Somno; itemitur in duro vellus utrum-que solo. È possibile anche che la testa e le zampe rimanesse-ro attaccate alle pelli delle vittime sacrificate, che in parte ve-nivano conservate nel tempio e in parte erano vendute, comeè documentato nel santuario di Giove a Furfo (CIL I, 756).

19 DE GROSSI MAZZORIN 1985.20 La più antica attestazione di questo animale in Italia centrale

è segnalata in una tomba a incinerazione proveniente da Ca-

stel Gandolfo (BARTOLONI et al. 1987, p. 229) databile alla pri-ma metà del IX sec. a.C. Nell’area padana, invece, resti osseie gusci d’uova sono attestati a partire dall’ultimo quartodell’VIII sec. a.C., (t. Benacci Caprara 38; Romagnoli 1; Villa-nova - Caselle; t. 19 Castenaso). Frammenti di ossa provengo-no da Vulci (t. 47 c.d. del “guerriero” della necropoli del-l’Osteria – ultimo quarto del VI sec. a.C.), mentre gusci di uo-va sono stati ritrovati poggiati sui bracieri di numerose sepol-ture di Cerveteri e Tarquinia (t. 3 Maroi della Banditaccia – VIsec. a.C.). Altri resti ossei di gallo sono stati rinvenuti in poz-zi del IV-III sec. a Pyrgi (CARDINI 1970) e a Blera (RICCIARDI etal. 1987), e a Populonia sempre nel III sec. a.C. (DE GROSSI

MAZZORIN 1985). Negli insediamenti etrusco-padani altri restisono documentati dal VI sec. a.C. (San Claudio – VI sec. a.C.;Casale di Rivalta – V sec. a.C.; Marzabotto – fine V – inizi IVa.C.) (FARELLO 1995).

21 DE GROSSI MAZZORIN 2005.22 Un frammento di ulna di gallo proviene da un interro della Ci-

vita di Tarquinia, databile alla prima metà del VI sec. a.C.

cronologiche molto più tarde rispetto a quella deicontesti sepolcrali21. In molti centri dell’Etruriameridionale non sono documentati né nell’orien-talizzante né nel periodo arcaico22. Probabilmente

FIGURA 6 Denti di verro

provenienti dal pozzo di

Piano di Comunità con evi-

denti tracce di pigmenta-

zione (indicate dalle frecce)

134

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

fino al V sec. erano ben conosciuti ma ancora po-co diffusi e, visto il loro valore, utilizzati specieper le pratiche cultuali e funerarie. È tra il IV e ilIII secolo che questo uccello domestico cominciaa essere presente in contesti abitativi; nell’insedia-mento agricolo di “Le Pozze” a Blera23, in un poz-zo databile dal materiale ceramico associato tra lametà del IV e gli inizi del III secolo a.C., nella ci-sterna 7 di Musarna, con materiali associati data-bili tra il III secolo a.C. e il I d.C.24 e a Populonia25

dove nel III secolo a.C. i galli costituiscono lo0,3% dei resti determinati.

Infine il cane, che pur non rientrando tra gli ani-mali domestici impiegati comunemente nell’ali-mentazione, trovava invece un largo impiego neiriti sacrificali e nelle deposizioni funerarie26. Nel-l’ambito dei campioni faunistici di Veio si sono in-dividuate alcune ossa (v. sopra) in cui erano pre-senti tracce di macellazione, tuttavia non è dettoche queste si riferiscano necessariamente a prati-che cultuali, possono infatti essere riferite a unconsumo alimentare poco comune o semplice-mente al recupero della pelle per usi artigianali.

23 RICCIARDI et al. 1987.24 TAGLIACOZZO 1990.

25 DE GROSSI MAZZORIN 1985.26 DE GROSSI MAZZORIN 2008.

135

ANALISI ARCHEOZOOLOGICA DI ALCUNI CONTESTI DALLA CITTÀ ANTICA DI VEIO

APPENDICE MISURELe misure, riportate in mm, sono state prese in ac-cordo a quanto stabilito da A. von den Driesch(1976) e riportate qui di seguito suddivise crono-logicamente per specie animale ed elementoscheletrico. Le abbreviazioni usate per indicarlesono quelle in lingua inglese adottate dall’Autrice.

PIAZZA D’ARMI “CAPANNA”

Equus caballus L.Metacarpo: 1) Bd=48,8

Bos taurus L.Metatarso: 1) Bp=49,5 Dp=46,5

Ovis aries L.Metacarpo: 1) Bd=26,9 Dd=17

Sus domesticus Erx.Omero: 1) Bd=35,5;Tibia: 1) Bd=28,7 Dd=24.

Canis familiaris L.III metacarpo: 1) GL=67

PIAZZA D’ARMI – “CISTERNA”

Equus asinus L.Prima falange: 1) GL=66,6 Bd=33,7 SD=21,7BFd=32,3

Bos taurus L.Cranio: 1) (21)=76,5Mandibola: 1) (9)=46Omero: 1) Bd=75,5Metatarso: 1) Bp=48,5 Dp=46,6; 2) Bd=48 Dd=27,7Astragalo: 1)GLl=59,5 GLm=53,3 DL=33,1 DM=31,7Bd=37,2; 2) GLl=62,6 GLm=58,5 DL=35,7 DM=35,5Bd=39,5

Canis familiaris L.Mandibola: 1) (13)=19x8 (14)=18 (19)=25 (17)=12,5Scapola: 1) SLC=19 GLP=21 BG=11,5 LG=17,5Tibia: 2) Bp=30,1 Dp=33,5Astragalo: 1) GL=27Calcagno: 1) GL=46,5; 2) GL=40

Ovis vel CapraMandibola: 1) (9)=23; 2) (9)=23; (15c)=18; 3)(10)=23x8,6; 4) (10)=21,6x7,9; 5) (10)=20,8; 6)(10)=20,6x8,2

Ovis aries L.Cranio: 1) (22)=43,9Mandibola: 1) (7)=73; (8)=50; (9)=22; (15c)=19,5;(15b )=21,5; 2) (10)=21,5x7,5Epistrofeo: 1) BFcr=43,7Scapola: 1) GLP=30,6 SLC=18,5 BG=20Omero: 1) Bd=31; 2) Bd=28,4 Dd=24,6; 3) Bd=25,5Dd=22,7Radio: 1) Bp=27,4 Dp=14,8; 2) Bd=28,3 Dd=19,5; 3)Bd=27,7 Dd=19,2; 4) Bd=26,3Tibia: 1) Bd=31,4 Dd=24,1; 2) Bd=27,7 Dd=20,1; 3)Bd=27,6 Dd=21,2Astragalo: 1) GLl=29,3 GLm=27,7 Dl=16,4 Bd=19,5;2) GLI=29,3 GLm=27,1 Dl=16,3 Bd=19,4; 3) GLl=27,7GLm=25,4 Dl=15,3 Bd=17,6Calcagno: 1) GL=58Metatarso: 1) Bp=16,9 Dp=17,2

Sus domesticus Erx.Cranio: 1) (29)=42Radio: 1) Bp=28,9Tibia: 1) Bd=30,2 Dd=25; 2) Bd=28,5 Dd=24,2 ; 3)Bd=26,4 Dd=23,1; 4) Bd=25,4 Dd=23,6Astragalo: 1) GLl=37,5 GLm=34,5 Dl=18,4 BD=22

PIANO DI COMUNITÀ

Bos taurus L.Scapola: 1) GLP=80; LG=66,6; BG=58; SLC=59,6Tibia: 1) Bd=68; Dd=56Astragalo: 1) GLl=68; Bd=46,4; GLm=65,4; Dm=41;Dl=38,5

Equus caballus L.III falange: 1) GL=65,5; GB=70; Ld=55,7; HP=42,3;Lf=25,8; Bf=46,9

Ovis vel CapraCranio:1) 23)=24; (22)=48,1; (21)=72,7Mandibola: 1) (9)=20,4; (8)=50,4; (15c)=19,9;(15b)=21,7; (7)=70,5; (10)=20,6x7; 2) (9)=22,3;(8)=45,3; (15b)=22,1; (7)=68,3; 3) (9)=22;(15c)=19;(15b)=24,7; 4) (9)=23; (15c)=20,9; 5) (10)=21,4x7,9Omero: 1) Bp=28,4; Dp=24,9; Dd=24,9; Bt=26,6Tibia: 1) Bd=27,8; Dd=22,3; 2) Bd=28,9; Dd=21,6

Ovis aries L.Metatarso: 1) Gl=152,4, Bp=21,6, SD=14, DD=11,8,Dp=21,8, Bd=26,2, Dd=17,8

Capra hircus L.Femore: 1)Bp=36,4; DC=18,2

136

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

Sus domesticus Erx.Cranio: 1) (30x31)=26,9x14,7; 2) (30x31)=28,9x15,1;3) (30x31)=29,6x16; 4) (30x31)=29,7x17,2; 5)(30x31)=30,4x18,3; 6) (30x31)=32,1x18; 7)(30x31)=33,5x19,2; 8) (30)=25,9; (31)=16; 9)(30)=26,4; (31)=17,3; (28)=59,8; 10) (30)=28;(31)=16,9; (28)=58; 11) (30x31)=31x18,8; (28)=61; 12)(30x31)=30,7x18,9; 13) (30)=30; (31)=19,1; 14)(30)=28x17; 15) (30)=31,3; (31)=18,8; 16)(30x31)=28,7x18,3; 17) (30x31)=28,9x16,9; 18)(30x31)=31x18,9; 19) (30x31)=33,2x18,6; ; 20)(29)=42,8; 21) (28)=61,2; (30)=30,8; (31)=17,8; 22)(28)=58,3; (30)=27,4; (31)=16,2; 23) (28)=59,8;(30)=28; (31)=16,3; 24) (30x31)=29,4x18; (28)=61,1Mandibola:1) (10)=30,4x14,1; 2) (10)=31,7x15,1; 3)(10)=32,5x15; 4) (21)=12,4; (11)=38,8; 5) (9)=46,5;(9a)=33; 6) (9a)=32,8; (9)=48,5; (16b)=42,8;(16c)=46,1; 7) (10)=31,2x15,8; 8) (10)=29,9; (8)=62; 9)(8)=62,3; (10)=29,8x15; 10) (8)=64,5; (10)=28,9x15,9;11) (8)=67,1; (10)=30,9x16,2; 12) (10)=31,3x16,2;(8)=65,8; 13) (10)=29x14,7; 14) (10)=30,7x14,6; 15)(10)=32x15,3; 16) (9a)=34,2; (9c)=50,3; 17) (9)=52,1;(9a)=34; 18) (9a)=33,4; 19) (9a)=34,1; 20) (9a)=35,3;21) (9a)=37; 22) (9a)=33,7; (21)=12,7; (9)=30,7; 23)8)=65,6; (10)=32,9x15,4; (9)=52,3; (9a)=33,9;

(7a)=101; (7)=119,2; 24) (8)=63,3; (10)=30,4x13,6; 25)(21)=17,5; (9a)=34,4; (9)=48,6; (9c)=48,7; (11)=42,1;(12)=68,9Atlante: H=43,7Omero: Bd=31,9; Dd=32,4Radio: Bd=29,7; Dd=20,3IV metacarpo: 1) GL=63,8Fibula: 1)Bd=15Astragalo: 1) GLl=38; Glm=34,8; Bd=22,8; 2)GLl=31,7; GLm=31,3 Dl=16; Bd=18,5; 3) GLl= 29.3;GLm=28.6; Dl=16.3; Bd=17.1; 4) GLl=29; Glm=28.3;Dl=16; Bd=17.7

Canis familiaris L.Cranio: 1)(16)=16,9; (18)=18,9x10,2Mandibola:1) (12)=33,5; (20)=19,3; (10)=37,5;(13)=22,9x8,6; (14)=21,8; (19)=25,1; (7)=81,6;(8)=80,8; (9)=69,7; (11)=45; (15)=9,8x7,5; (17)=11,3; 2)(3)=127*; (5)=112,9; (1)=133,3; (4)=118,7;(7)=77,8;(8)=72,3; (9)=67,2; (10)=36,2; (13)=20,9x7,4;(14)=20; (19)=23,5; (20)=18,9; (17)=12; (18)=53,7

Gallus gallus L.Metatarso: 1) Bd=12,9

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AAcqua Acetosa – Laurentina,

pp. 48, 73, 85, 88, 89, 94

Acquafredda, pp. 39, 80, 82, 83,84, 85

Acquarossa, pp. 38, 54, 55, 56, 57,59, 60, 61, 76, 82, 111, 115, 116,132

acropoli, p. 123

acroterio, pp. 54, 55, 56, 57, 61,62, 116, 117

aes rude, p. 120

Agro falisco, pp. 9, 36, 37, 38, 39,45, 71, 95, 107, 109

alare, pp. 25, 40, 42, 44, 70, 101,110, 122

Aléria p. 96

Amelia, pp. 43, 95

Ampurias, pp. 93, 104, 114

Anagni, p. 95

anfora, pp. 22, 28, 33, 43, 48, 51,53, 54, 105

samia, pp. 89, 90, 91

antefissa, pp. 11, 13, 57, 61, 66,67, 116, 118, 122

Antemnae, pp. 39, 47, 82, 83, 84, 85

Anzio, p. 34

Ardea, p. 37stipe di Casarinaccio, pp. 89, 92,

95necropoli di Campo del Fico,

p. 42,

Artemisio, Colle del Mozzo, p. 34

Artena, pp. 83, 84, 95, 95

aryballos, p. 91

askos, pp. 101, 104

Atelier des Petites Espampilles, p. 107

Atene, pp. 103, 104, 105, 106, 114

attingitoio, pp. 43, 46, 47, 90

Aurelia, via, pp. 11, 82

Bbacino, pp. 34, 36, 40, 49, 50, 52,

73, 78, 86, 88, 92, 93, 106, 111,115

banchetto, pp. 13, 28, 35, 38, 39,45, 47, 131, 133

banded-ware, p. 37

Basilicata, p. 95

Bettona, p. 95

Blera, pp. 84, 99, 133, 134

boccale, pp. 33, 46

Bologna, pp. 7, 40, 103, 104

Bolsena, abitato del Gran Carro,pp. 71, 132

braciere, pp. 53, 112, 133

brocca, pp. 27, 45, 46, 48, 49, 52,86, 88, 90, 91, 92, 108, 109, 115

bucchero, pp. 11, 12, 24, 25, 27,34, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 49,68, 70, 71, 81, 90, 94, 95, 96,97, 98, 99, 100, 101, 102, 105,108, 115, 123

CCaere /Cerveteri, pp. 11, 36, 38,

39, 43, 46, 48, 75, 77, 78, 80,81, 82, 85, 86, 89, 90, 92, 93,96, 108, 109, 111, 116, 132, 133

necropoli del Quartaccio, p. 50necropoli del Sorbo, pp. 33, 38necropoli della Banditaccia, p. 43necropoli della Bufolareccia,

p. 49, 109necropoli di Laghetto, pp. 96, 109necropoli di Monte Abatone, pp.

33, 35, 36, 37, 43, 45, 46tomba 2 Capanna, p. 37tomba Regolini-Galassi, p. 38Vigna Parrocchiale, pp. 29, 31,

34, 38, 39, 43, 45, 48, 50, 51,55, 73, 76, 77, 78, 79, 80, 82,84, 88, 90, 91, 93, 97, 98, 99,100, 108, 110

Calatia, pp. 90, 92

calefattoio, p. 37

calice, pp. 20, 34, 36, 42, 43, 46,47, 70, 71, 96, 97, 101

Camarina, p. 90

Campania, pp. 37, 41, 45, 89, 90, 95

Cancho Roano, santuario, pp. 104-105

capanna, pp. 9, 11, 13, 19, 20, 24,25, 28, 29, 35, 37, 38, 39, 40,41, 44, 47, 49, 50, 52, 53, 120,125, 126, 127, 128, 129, 130,131, 132, 135

Capua, pp. 56, 90

Cartagine, p. 89

casa-torre, pp. 12, 14, 78

Castel di Decima, pp. 34, 46, 47,50, 73, 88, 108

Castellammare di Stabia, p. 90

Castro Marim, p. 105

Castro, p. 11

Cástulo cups, pp. 102, 105, 106

Centocelle, p. 27

ceramica a vernice nera, pp. 22,92, 94, 106, 107

ceramica attica, pp. 102, 103, 104,105, 106, 107, 117

ceramica corinzia, pp. 11, 58, 60Pittore del Fregio dei Cavalieri,

p. 60Pittore di Memnon, p. 60

ceramica da fine o da mensa, pp. 28, 31, 33, 44, 47, 67, 68,70, 71, 122

ceramica da fuoco o da cucina,pp. 28, 44, 47, 53, 82, 84

ceramica depurata, pp. 10, 13, 29,36, 47, 49, 76, 94, 98, 109, 114

a fasce, pp. 92, 93, 94

ceramica etrusco-corinzia, pp. 27,41, 61, 91, 109, 114, 123

Gruppo a Maschera umana, pp. 27, 42

Gruppo degli Anforoni squamati,p. 58

Pittore dei Rosoni, pp. 27, 42, 123

INDICE ANALITICOdi A. PIERGROSSI

(Nell’indice sono stati presi in considerazione luoghi, contesti e materiali)

156

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

ceramica etrusco-geometrica, pp. 25, 27, 29, 41, 91

ceramica greca orientale, pp. 37,76, 89, 91

ceramica protocorinzia, p. 7

Chiusi, p. 103

ciotola, pp. 76, 77, 79, 80, 81, 93,94, 97, 98, 99, 101, 115

ciotola-coperchio, pp. 45, 73, 77,79, 80

Cipro, p. 45

cisterna, pp. 7, 8, 12, 13, 14, 17,18, 19, 20, 22, 23, 25, 27, 28,40, 41, 44, 47, 49, 51, 52, 53,54, 58, 59, 60, 61, 62, 66, 67,68, 69, 84, 88, 101, 109, 116,125, 126, 127, 128, 129, 130,131, 132, 134, 135

coarse ware, pp. 31, 39, 73, 75,79, 80, 81, 82

coperchio, pp. 24, 36, 37, 39, 48,49, 50,51, 54, 77, 78, 79, 81, 85, 86, 100, 101, 104, 108, 111, 114

coppa, pp. 27, 34, 35, 36, 37, 41,48, 60, 70, 92, 93, 94, 95, 97,98, 99, 100, 101, 103, 106, 107,108,

attica, p. 102ionica, p. 91-92coppa/calice, p. 97

coppo, pp. 54, 56, 61, 62, 114,116, 118

Corchiano, pp. 97, 99, 100

Cornelia, via, pp. 11, 85, 109

corse creamware, p. 95

Cosa, pp. 82, 84

cratere, p. 101Astarita, pp. 59, 60cratere/coppa, pp. 25, 37, 39

Crustumerium, pp. 39, 50, 83, 85necropoli Monte del Bufalo,

pp. 38, 73

Cuma, pp. 90, 92

Cures Sabini, pp. 31, 34, 41, 47,131

necropoli di Colle del Forno, p. 93

DDelo, p. 93

deposito votivo, pp. 7, 43, 66, 67, 73, 80, 83, 92, 94, 96, 100,122

Doganella, p. 88

dolio/a, pp. 25, 38, 39, 40, 41, 52,67, 71, 73, 75, 85, 113

EEgina, p. 93

Elba, p. 90

Emporion, p. 93

FFaleri, pp. 9, 95, 96, 123

Fenicia, p. 45

Fermo, p. 9

Ficana, pp. 31, 35, 36, 38, 39, 44,45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 55,71, 75, 78, 79, 85, 88, 131

Ficulea, p. 50

Fidenae, pp. 47, 51, 52, 69, 85, 88,112, 131

capanna, pp. 41, 120tenuta Radicicoli, p. 27

fine creamware, p. 94

fornace, pp. 9, 14, 42, 67, 68, 112,113, 114, 115, 122, 123

fornello, pp. 25, 28, 40, 52, 53,110, 111

forno da pane, p. 111

fortificazione, pp. 9, 13, 22, 69

fossa, pp. 8, 10, 17, 18, 19, 20, 21,22, 23, 24, 25, 27, 28, 39, 43,67, 68, 82, 84, 90, 125, 132

Furfo, santuario di Giove, p. 133

fuseruola, pp. 25, 40

GGabii, p. 58

glaux, pp. 102, 105, 106, 107

Gravisca, santuario, pp. 43, 92,97, 99, 101

Grottaperfetta, p. 85

Gruppo Sokra, p. 107

Hheroon, pp. 8, 11, 19, 20, 35,

152

hestiatorion, pp. 12, 14, 28

Himera, p. 114

holmos, p. 37

IIbiza, p. 104

impasto bruno, pp. 20, 25, 27, 29,35, 36, 37, 38, 44, 47, 49, 71

impasto chiaro sabbioso, pp. 22,27, 28, 48, 51, 86, 88, 92, 93,94, 114, 115

impasto rosso, pp. 13, 20, 24, 25,27, 28, 34, 35, 36, 38, 39, 44,45, 46, 47, 48, 49, 54, 55, 56,71, 73, 76, 80

instrumentum domesticum, pp. 25, 28, 39, 40, 52, 54, 70, 109

internal slip-ware, pp. 18, 28, 52,75, 76, 77, 80, 81, 82, 83, 84

internal-external slip-ware, pp. 28, 52, 65, 81, 82, 83

intonaco, pp. 119, 120, 121

KKalydon, p. 56

kantharos, pp. 42, 90, 96, 97, 99,100

tipo Saint Valentin, pp. 105-106

kotyle, pp. 100

kyathos, pp, 43, 100, 101

kylix, pp. 42, 98, 99, 102, 103,104, 105, 106, 107

LLarissa, p. 60

lastra di rivestimento, pp. 11, 22,54, 55, 57, 58, 59, 60, 61, 62,67, 102, 112, 115, 116, 117, 118

Lavinium – Pratica di Mare, pp. 35, 47, 83, 95, 120

santuario delle XIII are, pp. 82, 89

santuario orientale, p. 96

Lazio, pp. 9, 34, 36, 37, 41, 43, 45, 46, 48, 49, 61, 73, 79, 80,82, 83, 84, 85, 90, 95, 109, 131

lekane, pp. 92. 93

lekythos, pp. 96, 104

Lipari, p. 90

Livorno, p. 90

Locri, tempio di Marasà, pp. 57, 116

louterion, pp. 13, 57

lucerna, p. 107

MMantova, p. 89

Marino, necropoli di Riserva delTruglio, pp. 34, 46, 47

Marzabotto, pp. 113, 119, 133

Massimina, p. 27

Mazzano, p. 95

Metaponto, pp. 123, 131

Mignone, valle del, p.84

Mileto, pp. 89, 90

Minturnae, p. 95

157

INDICE ANALITICO

Montalto di Castro, p. 89

mortaio, pp. 51, 52, 86, 88

Motivi decorativia cilindretto, pp. 43, 58, 110, 112a falsa cordicella, pp. 31, 110a graffito, pp. 43, 44, 79, 81, 100,

101a pettine, pp. 31, 33, 71ad incisione, pp. 31, 43, 70archetti intrecciati, p. 46bugna, pp. 35, 37, 47, 48cerchielli impressi, pp. 33, 37, 40cordone plastico, pp. 71, 86, 116costolatura, pp, 37, 38, 73, 86, 97cuppella, p. 31denti di lupo, pp. 40, 117palmetta, pp. 71, 107traforo, pp. 40, 43zig-zag, pp. 31, 45, 117

Mozia, p. 113

mura, strutture murarie, pp. 8, 17,18, 19, 22, 23, 35, 36, 66, 68,69, 106, 113, 119

Murlo, pp. 13, 55, 61, 114, 116,120

NNarce, pp. 34, 37, 46, 82, 84, 95necropoli di Monte Li Santi,

p. 37santuario di Monte Li Santi,

p. 112

necropoli, pp. 7, 8, 9, 10, 11, 12,31, 33, 34, 35, 38, 39, 41, 42,43, 44, 46, 54, 67, 76, 85, 93,96, 97, 104, 106, 118, 133

Nepi, p. 106

Norba, acropoli, p. 66

Norchia, p. 84

Nuceria, p. 90

Ooinochoe, pp. 12, 41, 45, 47, 91,

97, 108, 109, 115

olla, pp. 20, 25, 27, 28, 29, 31, 33,35, 37, 38, 39, 44, 45, 47, 48,49, 50, 68, 71, 73, 75, 76, 77,78, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 85,86, 88, 91, 97, 100, 113

olpe, pp. 7, 43, 47, 97, 108, 109

Orvieto, pp. 11, 51, 103, 106santuario della Cannicella, p. 82

Osteria dell’Osa, pp. 31, 34, 36,37, 41, 46, 47, 48, 49

Ostia, p. 84

PPalestrina, p. 95santuario loc. S. Lucia, p. 82

Pantano di Grano, pp. 29, 33, 35,41, 46, 71, 78

peso da telaio, pp. 25, 40, 44, 54,109, 110

phiale, pp. 98, 99, 101, 123

Piana di Stigliano, p. 50, 75, 77,79, 80

piatto, pp. 29, 35, 36, 37, 38, 39,42, 49, 73, 77, 79, 92, 93, 96,115

ad aironi, p. 29tripode, p. 37

piattello, pp. 37, 79, 96, 100, 101,108, 113, 115

Pisa, pp. 89, 90, 91

pisside, pp. 37, 41, 48, 92, 104

Pithecusa, p. 90; acropoli diMonte Vico, p. 123

pithos, pp. 38, 48, 85, 91

Pittore del Coperchio, p. 102

Pittore di Bologna 417, p. 104

Pittore di Meidias, p. 106

Pittore di Pentesilea, p. 104

Pittore di Zalamea, pp. 104, 105

Pittore Londra E 395, p. 106

Pittore Londra E 777, p. 104

Pittore Marlay, p. 104

Poggio Buco, pp. 34, 43, 44, 58,61

Pontecagnano, pp. 9, 34, 43

Populonia, pp. 84, 90, 117, 131,132, 133, 134

Portuense, via, pp. 82, 84

pozzo, pp. 13, 14, 27, 35, 38, 46,48, 49, 55, 57, 65, 67, 68, 69,70, 71, 72, 76, 79, 80, 81, 82,83, 85, 86, 88, 89, 91, 92, 93,94, 95, 96, 97, 99, 102, 103, 106,107, 109, 110, 111, 112, 114,115, 118, 119, 120, 121, 122,123, 125, 126, 127, 128, 129,130, 131, 132, 133, 134

Puglia, p. 95

Punta della Vipera, p. 56

Punta Trosino, p. 90

Pyrgi, santuario, pp. 39, 113, 122tempio A, pp. 92, 120, 123tempio B, pp. 88, 90

RRass el Bassit, p. 93

Regisvilla, pp. 89, 90

rocchetto, pp. 25, 40, 54, 110, 114presa a, pp. 36, 38

Rodi, p. 93

Roma, pp. 7, 11, 12, 13, 18, 22,27, 34, 35, 39, 42, 43, 45, 56,48, 49, 50, 52, 56, 58, 59, 61,62, 65, 68, 69, 73, 75, 78, 79,80, 81, 82, 85, 88, 94, 95, 106,109, 115, 122

Comizio, p. 76,Equus Domitiani, p. 76Lacus Iuturnae, p. 57necropoli Esquilino, pp. 10, 35,

36, 46, 71, 73, 108necropoli Lucrezia Romana,

p. 96Palatino, pp. 31, 35, 36, 41, 48,

51, 60, 73, 78, 82, 88, 92, 108,116

Regia, pp. 55, 56, 58, 60, 61, 116tempio della Magna Mater o di

Cibele, pp. 88, 122tempio della Vittoria, pp. 47, 48,

51, 78, 88tempio di S. Omobono, pp. 39,

40, 42, 44, 45, 47, 48, 50, 58,60, 61, 71, 73, 75, 76, 79, 80,82, 84, 88, 111, 116, 117

villa Auditorium, pp. 39, 47, 48,49, 50, 51, 53, 73, 75, 76, 79,80, 82, 84, 95, 98

SSabina, pp. 37, 43, 99, 131

Samos, pp. 89, 93

San Giovenale, pp. 28, 37, 38, 43,45, 97, 111, 131, 132; acropoli,p. 132

San Giuliano, p. 43

San Vito dei Normanni, p. 131

Satricum, pp. 31, 37, 39, 48, 55,75, 82, 84, 89, 90

scodella, pp. 25, 27, 31, 34, 37,39, 41, 43, 44, 47, 49, 50, 51,52, 71, 81, 85, 86, 88, 92, 98

Segni, p. 95; acropoli p. 66

Selinunte, p. 123acropoli, p. 123

Sicilia, pp. 90, 91, 123

sima, pp. 58, 61, 115, 116, 118

Siria, p. 45

situla, p. 52della Pania, p. 58

skyphos, pp. 42, 92, 93, 105, 107

sostegno, pp. 37, 49, 99, 113

Sparta, tempio di Artemis Orthia,p. 57

Spina, pp. 89, 102, 103, 104, 106

stamnos, pp. 41, 103

statua acroteriale, pp, 7, 13

TTaranto, p. 113

Tarquinia, 8, 9, 33, 34, 43, 44, 45,46, 47, 48, 51, 53, 58, 59, 73,75, 76, 77, 78, 79, 80, 84, 90,92, 93, 96, 108, 111, 113, 114,122, 131, 132, 133

necropoli Calvario, p. 84

158

L’ABITATO ETRUSCO DI VEIO

Porta Romanelli, p. 61, 113

Taso, pp. 60, 114

tazza, p. 19, 31, 35, 41, 71, 101

tazza-cratere, p. 31

Teano, p. 95

tegola, pp. 11, 54, 57, 68, 70, 113,117, 118, 119, 125

Temesa, tempio loc. Imbelli diCampora, p. 123

terrecotte architettoniche, pp. 14,17, 28, 54, 58, 61, 65, 71, 115,116, 123

testa, p. 40

testo da pane, p. 53

Thasos, Porta delle Sirene, p. 114

Thermos, p. 56

Tiburtina, via, p. 27

Tivoli, p. 34

Todi, p. 95

Tolfa, Monti della, p. 84

Toscanos, p. 89

Tracia, p. 90

Trevi, p. 95

Tuscania, p. 59Ara del Tufo, p. 55tomba Pian di Mola, pp. 56, 116

VValle d’Ansanto, santuario di

Mefite, p. 95

Veioabitato di Macchia Grande, pp. 8,

12, 40, 43, 44, 99, 100, 101, 106,122, 123

acropoli, pp. 8, 13, 65, 115, 125Campetti, pp. 8, 9, 18, 43, 82, 83,

84, 88, 95, 96, 99, 100, 101, 110,112, 114, 122

Casale Pian Roseto, pp. 27, 29,42, 43, 47, 48, 50, 51, 52, 53,54, 71, 73, 75, 76, 77, 79, 80,81, 82, 83, 88, 93, 94, 95, 96,97, 98, 99, 100, 101, 106, 108,109, 110, 111, 123

Isola Farnese, pp. 31, 121necropoli di Casalaccio,

pp. 35, 38, 41, 42, 44, 46, 100,108

necropoli di Casale del Fosso,pp. 7, 29, 33, 35, 38, 71, 91

necropoli di Grotta Gramiccia,pp. 7, 8, 9, 48, 91, 100, 108

necropoli di Macchia dellaComunità, pp. 10, 38, 39, 40,41, 42, 46, 67

necropoli di Monte Michele, pp.11, 25, 29, 35, 36, 37, 38, 42,46, 78

necropoli di Picazzano, pp. 35,38, 41, 42, 46, 78, 101, 106

necropoli di Pozzuolo, pp. 41,42, 43

necropoli di Quaranta Rubbie, p. 67

necropoli di Quattro Fontanili,pp. 9, 31, 33, 34, 35, 38, 47, 91

necropoli di Riserva del Bagno,pp. 11, 29, 37

necropoli di Valle la Fata, p. 9Passo della Sibilla, pp. 29, 37, 41Piazza d’Armi, porta a dypilon,

pp. 13, 17, 23Porta Caere, pp. 84, 113, 122Porta Capena, p. 122Porta Nord-Ovest, pp. 8, 29, 31,

33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40,44, 46, 48, 49, 50, 51, 53, 87,88, 94, 95, 110, 114

santuario di Portonaccio, pp. 7, 8,11, 12, 13, 14, 28, 41, 42, 58,59, 79, 95, 97, 99, 100, 101, 109,110, 112, 117, 118, 122, 123

tempio di Giunone Regina, pp. 7,8, 13, 65

tempio di Piazza d’Armi, pp. 11,69

tomba Campana, p. 38tomba dei Leoni Ruggenti, p. 8Torraccia, p. 42tumulo di Vaccareccia, pp. 33, 34,

35, 36, 37, 38, 41, 42, 43Vignacce, pp. 12, 101

Velletri, pp. 58, 59, 61

Verucchio, p. 9

Vetulonia, p. 9

Vico Equense, pp. 90, 123

Vignanello, p. 115

Viterbo, necropoli di PoggioGiudio, p. 83

Volusia, necropoli, pp. 42, 46, 47,54, 73, 76, 78, 97, 118

Vulci, pp. 8, 11, 43, 89, 90necropoli Osteria, pp. 43, 89, 133necropoli Poggio Maremma, p.

54

Vulci, santuario Fontanile diLegnisina, p. 96

Wwhite on red, pp. 25, 27, 35, 37,

38, 39, 47, 48, 54, 55, 61, 116

Finito di stampare nel mese di settembre 2009presso la stabilimento tipografico

QUINTILY S.P.A.ACILIA - ROMA