La persona “animaluccia”: Il raddoppiamento della figura animale e umana in La Storia di Elsa...
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Irene HatzopoulosITAL 6623 A—saggio finale
Prof. Livornilunedì, 12 agosto 2013
La persona “animaluccia”: Il raddoppiamento della figura animale e umana in La Storia di
Elsa Morante
Sin dall’inizio del romanzo, la voce narrante ci invita a
pensare sul raddoppiamento della figura umana: cioè, a
considerare i suoi lati, ovviamente, umani, però anche le sue
sfumature animalesche. La stessa considerazione può essere
applicata pure agli esseri animali che interpretano un ruolo
centrale lungo il romanzo. Una tale fissazione della Morante
sull’aspetto animale negli esseri umani, insieme all’aspetto
umano negli esseri animali ci segnala, innanzitutto, che in
questo mondo (romano) in piena guerra, gli esseri più umani di
tutti sono, appunto, gli animali1. Per mettere il
raddoppiamento umano-animale a luce, si farà una lettura
avvicinata di tre personaggi principali che appartengono sia
1 Sgorlon, Carlo. Invito alla letteratura di Elsa Morante. «La Morante in La Storia non tende ad animalizzare gli umani, ma ad umanizzare gli animali, ed alcune delle sue pagine più belle sono dedicate proprio ad essi: al cane Blitz, povero bastardello come Useppe, alla gatta Rossella, e soprattutto alla cagna Bella» p. 102.
al mondo umano che al mondo animale. Nel seguire dei tre
personaggi, Useppe, Blitz e Bella, si vedrà la dicotomia
umano-animale all’interno di ognuno e anche come una tale
doppiezza di carattere andrà amplificata tramite le loro
interazioni, appunto, doppie: prima si vedrà il mondo duplice
dal punto di vista di Useppe che agisce come un piccolo
animale ferito, passando a una certa crisi psicologica in
Blitz, e finalmente guardando il ruolo multi-sfaccettato di
Bella di cagna-madre e di cagna-protettrice, fra l’altro.
Questi rapporti, tenuti in un tale ambito ristretto, ci
faranno notare la totale mancanza di necessità di individuare
tra elementi umani ed elementi animali, soprattutto in una
situazione tumultuosa come quella in cui si ambienta il
romanzo, in cui non vengono massacrati soltanto gli esseri
umani, ma tutte le creature viventi.
Un altro richiamo all’impossibilità (ossia alla mancanza di
necessità) di distinguere tra esseri umani ed esseri animali
viene presentato in un particolarmente traumatico durante la
guerra: la madre di un resistente fucilato il 22 ottobre 1943,
commentando sulla piccolezza di Useppe gli dice: «Questa
2
guerra è la strage delle criature»2. Una tale indistinzione,
così voluta, ci chiede di seguire lo stesso sentiero: non si
distingue le figure umane dalle figure animali all’interno
della trama perché sono, in una maniera, interscambiabili.
Tenendo questo in mente, la prima figura alla quale ci si
avvicina è Useppe. Questo povero bambino, nato dalla violenza
della guerra, è il primo a proporre quest’idea che, infatti,
gli esseri animali sono più umani degli esseri umani stessi3.
Sin dall’inizio della sua presenza nella trama, si vede una
forte voglia di vivere, un istinto innato di sopravvivere,
sfidando ogni improbabilità. Prima di considerare la doppia
sfaccettatura di Useppe, bisogna tornare un attimo indietro e
fissare lo sguardo ad alcuni elementi animalistici della
madre, Ida. Anche se non è esplicitato il suo atteggiamento
animalistico, basta soltanto paragonarla alla gatta Rossella,
al mento per quanto riguarda i loro parti paralleli.
2 Morante, Elsa. La Storia. p. 289. 3 Sgorlon. «La Morante non si stanca mai di mettere nella massima evidenza il crudele paradosso storico per cui gente che non voleva la guerra, che non l’ha né preparata né decisa, è costretta a subirne le conseguenze, e magari ad essere bruciata nel suo rogo senza confine». p. 101
3
All’inizio del capitolo 1941 viene descritta la nascita di
Useppe4:
il parto non fu lungo né difficile. Pareva chequella sconosciuta creatura si adoperasse avenire alla luce con le proprie forze, senzacostare troppo dolore agli altri. E quando, datol’ultimo urlo […], la levatrice annunciò: “Unmascolillo!” Era, difatti, proprio un mascolillo:cioè un maschio ma piccirillo, invero. Era unacreaturina così piccola, che stava comodamentesulle due mani della levatrice, come unacanestra.
Se si va direttamente alla descrizione del parto del gattino
di Rossella, più o meno nella metà del capitolo 1943, si
possono vedere subito le somiglianze tra le due madri5:
Sul far della sera, mentre nessuno si ricordavapiù di lei, d’un tratto levò uno strano inquetomiagolio, e sortì da sotto la catasta vagolandointorno, [...] Era assalita da uno stimolo diforze terribile […]. E allora s’andò a metterenel suo buco di paglia dentro la tenda, dove, dilì a poco, partorì un gattino. Nessuno sel’aspettava, giacché non s’erano accorti chefosse incinta.
Da questi due parti paralleli (benché a distanza di due anni
l’uno dall’altro), si vede il primo avvicinamento al
raddoppiamento tra umano e animale. Se è Ida che agisce (o,
per meglio dire, si comporta) con atteggiamenti animalistici o
4 Morante, 94-95.5 Morante, 256.
4
se Rossella ha in sé caratteristiche umane è difficile
esplicitare. Resta evidente però che le due madri si
comportano in maniere più o meno uguali, sia dal fatto che
entrambe riescono a nascondere le loro gravidanze al mondo sia
dal modo in cui partoriscono da sole, di nascosto, sia della
forte similitudine tra le loro progenie.
Entrambi i figli sono paragonabili anche nella loro misura, ma
non soltanto per questo. Per quanto riguarda la loro scarsa
presenza fisica, prima basta guardare la scena della nascita
di Useppe. La levatrice lo nomina un mascolillo perché è così
piccolo che le sue mani formano un cestone intorno a lui.
Questa immagine invoca l’idea di Useppe come un cucciolo
appena nato e messo in un cesto. La piccolezza del bambino si
vede anche rispecchiato nella scarsa misura del gattino.
Subito dopo il parto di Rossella, la voce narrante descrive
l’animalino, dicendo che «si trattava infatti d’un figliolino
unico e stento, così minuscolo da parere d’una razza di topi,
più che di gatti»6. Il linguaggio usato in questa frase
rifletta tanto la nascita di Useppe, visto più in alto, e gli6 Morante, 256.
5
aggettivi usati sia dalla voce narrante sia dalla levatrice
per descrivere la sua piccolezza. La descrizione del gattino
di Rossella come se fosse una razza di topi invece di un gattino
richiama alla successiva inserzione di Useppe in un mondo
inevitabilmente non umano.
Come già detto prima, però, non è solo in quest’aspetto che i
due si rispecchiano. Durante la gravidanza di Ida, vengono
descritte diverse occasioni nelle quali Useppe, non ancora
nato, dà segni della sua volontà di vivere, del fatto che sì,
c’è, e riuscirà ad arrivare in questo mondo brutale e
tormentato. Facendo un ultimo paragone fra Useppe e il
gattino, si vede la stessa voglia di vita, la stessa
insistenza sul loro desiderio di vivere7:
Ogni volta che, per un breve intervallo, siabbassava il fracasso nello stanzone, si riudivail suo fioco miagolio, che continuava quasiininterrotto. Pareva strano che quel filo divoce […] mantenesse una resistenza simile: comese dentro quell’animalino impercettibile […],fosse contenuta una volontà di vita enorme.
7 Morante, 257.6
La volontà di vita vista nel gattino è stata presente anche in
Useppe sin prima della sua nascita. Le voci sentite da Ida
durante la sua gravidanza, continuano anche dopo la nascita
del bambino come questo miagolio continuo, mostrando che Useppe
resisterà, o almeno proverà a resistere tutte le sfide
propostegli dalla vita.
Questa somiglianza negli atteggiamenti con gli animali hanno
poi marcato Useppe per vita8. Lungo la trama si capisce che
Useppe non potrà mai identificarsi con gli altri ragazzi della
sua età (o lì vicino), tranne Pietro Scimò, che viene
descritto come un ragazzo animaluccio9. Oltre alle interazioni
con dei personaggi umani lungo il romanzo (sua madre, Nino,
Davide Segre, i Mille dello stanzone), gli unici compagni
stabili del mascolillo sono di razza animale. I due cani Blitz
e Bella interpreteranno poi un ruolo cruciale nell’educazione
e nello sviluppo di Useppe.
8 D’Angeli, Concetta. Leggere Elsa Morante: Aracoeli, La Storia e Il mondo salvato dai ragazzini. «Sempre poi i paragoni con gli animali accompagnano la vita di Useppe e ne illustrano gli atti: ma la sua prossimità al mondo animale non si limita ai soli paragoni, essendo vera e propria partecipazione e confusione, segnalata da alcune proprietà e caratteristiche del personaggio» p. 109.9 Morante, p. 535.
7
Blitz rappresenta l’inizio del suo vero rapporto con gli
animali e le prime fasi della sua propria trasformazione in un
ragazzo animaluccio. Si vede l’impatto della presenza di
questo canino randagio sulla precocità di Useppe sin
dall’inizio della sua vita10:
[…] certi giorni incitava Blitz a restare incasa con Giuseppe per tenergli compagnia.Quelle erano fortune indimenticabili perGiuseppe: e forse fu in quei suoi duettiprimitivi con Blitz, che imparò il linguaggiodei cani. Il quale, insieme con altri idiomi dianimali, doveva restargli un acquisto validofinché fu vivo.
È da questo rapporto iniziale con il cane di razza bastardo che
si capisce la strepitosa importanza per la e nella figura di
Useppe. Subito dopo la nascita del mascolillo, Nino va a
prendere Blitz dalla strada e lo porta a casa, mettendo in
qualche maniera le due figure sullo stesso livello. Cioè, il
raddoppiamento di entrambi Blitz e Useppe (e, come si vede
dopo, anche di Bella) ha anche delle influenze esterne.
10 Morante, p. 110.8
Infatti, questo piccolo uomo-animale, non ha mai
nessun’interazione con i bambini coetanei, fino al penultimo
capitolo, quando Ida comincia a portarlo all’asilo dopo che
torna al lavoro: a quel punto, Useppe ha sei anni. Le sue
interazioni con gli altri bambini sono, a dir poco, dolorose:
non sapendo come comportarsi con loro, si ritira nell’unico
comportamento che conosce, quello degli animali: «[…] se i
compagni allora lo invitavano a giocare, si ritraeva con
subitanea violenza. Ma di lì a poco lo si poteva trovare
accucciato per terra in qualche angolo, che piagnucolava, al
modo di un gattuccio di strada abbandonato»11. Basta
soltanto guardare questa citazione per capire la somiglianza
ancora una volta tra Useppe e il gattino di Rossella, se non
anche al cucciolo-bambino che diventerà dopo il suo contatto
estensivo con Bella. Innanzitutto, la sua violenza istantanea
è una grande indicazione del suo comportamento animale:
regredisce alla violenza sempre quando si sente spaventato o
minacciato in qualche maniera. Non sapendo come giocare o
interagire con gli altri bambini, risolve il suo dilemma in
maniera violenta. 11 Morante, 447.
9
Si vede, poco dopo nel romanzo, che tutto quello che fa Useppe
è per l’istinto. Qui, bisogna tornare ad una citazione
all’inizio del romanzo. La voce narrante propone l’idea che
tutti gli esseri animali sono consapevoli della loro
mortalità, e perciò sempre agiscono per l’istinto. Intorno a
questa specie di filosofia dice che «l’idiozia misteriosa
degli animali, i quali con la mente, ma con un senso dei loro
corpi vulnerabili, “sanno” il passato e il futuro di ogni
destino»12. Difatti è a questo punto nella storia di Useppe
che incomincia a farsi vedere il grande male; è da ciò che si
realizzano più atteggiamenti animali e istintivi in Useppe.
«Il deterioramento era cominciato, in realtà ino dal principio
dell’autunno, con l’esilio di Useppe dalla scuola. Benché
fosse stato lo stesso Useppe a esiliarsi (per quell’istinto
che caccia gli animali feriti nei nascondigli) […]»13. Non è
un caso che Useppe viene paragonato ad un animale ferito: è
vero che il mascolillo si nasconde dagli altri a causa dei suoi
episodi epilettici, ma le sue ragioni sono duplici.
12 Morante, 21.13 Morante, 476.
10
Innanzitutto lo fa per istinto, ma si nasconde anche perché si
vergogna del suo male. Ci sono parecchi momenti nei quali
chiede alla mamma o a Bella se qualcuno l’ha visto cadere, e
supplica a tutti di non dire niente a nessuno. Questa
vergogna, mancante prima nel piccolo Useppe che andava in giro
completamente nudo, adesso è una, anzi forse l’unica,
caratteristica umana che si verifica nel bambino-animaluccio.
Però, Useppe sempre torna al suo comportamento animale,
soprattutto al ritorno di Bella, alla quale si ritornerà
prossimamente. Viene confermata la mancanza di compagnia
umana, oltre a quella della madre, Nino (che a questo punto
nel romanzo è già morto), e dei colloqui infrequenti con
Davide Segre. La voce narrante conferma che «Costoro (i cani)
erano si può dire, i soli frequentatori di Useppe. Amici o
compagni della sua specie, lui non ne aveva più nessuno»14.
Come già visto, Useppe sembrava incapace di fare amicizie con
i bambini dalla scuola, sia quelli suoi coetanei dell’asilo
sia quelli allievi della sua madre. D’altronde, sembra chiaro
che Useppe non abbia bisogno dei compagni della sua specie:14 Morante, 494.
11
insomma si trova bene con Bella. Anzi, con il ritorno della
cagna, si verifica quasi una metamorfosi completa per quanto
riguarda la sua animalità. Essendo esiliato dalla scuola,
come già visto più in alto, Useppe comincia a girovagare per
Roma con Bella che guida lui con il guinzaglio piuttosto che
lui guida lei. La sua trasformazione viene data come se fosse
un’occorrenza completamente normale15:
Bella, da certi ragazzi del vicinato venivasoprannominata Pelozozzo. La si vedeva spessoindaffarata a grattarsi le pulci, e puzzavaassai di cane. Anzi, questa sua puzza s’eraattaccata pure a Useppe; tanto che a voltediversi cani gli giravano intorno annusandolo,forse nell’incertezza che lui pure fosse unaspecie di cucciolo canino.
Pure i cani lo credono cucciolo, e d’altronde viene accettato
da essi. Con quest’ingresso definitivo al mondo animale, pare
che Useppe inconsciamente neghi la sua identità umana per
diventare più un animale: un essere pieno d’amore e
d’innocenza16.
15 Ibidem. 16 D’Angeli. «Useppe è infatti il discrimine tra il mondo umano e il mondo animale, perché sa parlare il linguaggio degli uomini e quello delle bestie, ha una madre donna, Ida, e una madre cagna, Bella, la sua coscienzaassomiglia, più che alla individuale consapevolezza umana, alla “prescienzaoscura” degli animali, alla loro sapienza tragica, e “incurabile” ed `e come sono soltanto gli animali, perfettamente puro» p. 105.
12
Non è solo in Useppe poi che si verificano atteggiamenti
diversi da quelli che devono appartenere ad una specie
specifica. Questi cambiamenti avvengono anche nei
protagonisti animali del romanzo. Come già visto nel caso di
Rossella, non è inconsueto per gli esseri animali avere delle
caratteristiche umane. D’altra parte, però, questi
atteggiamenti si realizzano nella presenza di o in rapporto
agli esseri umani presenti in una data situazione.
Se ci si sofferma prima su Blitz, si vede che i sentimenti
sperimentati da lui hanno Nino e Useppe come istigatori. Per
Blitz, che è ugualmente pieno di amore e d’innocenza, la
lealtà e l’amore per gli esseri umani che lo circondano creano
un problema in lui di tipo psicologico: una cosa che, come la
vergona sperimentata dal bambino, lo rende assai più umano.
Entrando nella psicologia del cane, ci si rende facilmente
conto del tiro alla fune all’interno della sua anima17:
Per Blitz, intanto, era cominciato un dilemmaquasi tragico. Siccome col passar di tempoGiuseppe e lui si capivano sempre meglio […],
17 Morante, 109.13
gli accade di trovarsi innamorato cotto anche diGiuseppe, oltre che di Nino. Ma Nino stavasempre in giro, e Giuseppe sempre a casa: percui gli era impossibile vivere perennemente incompagnia di entrambi i suoi amori, come avrebbevoluto. E in conseguenza, sia con l’uno che conl’altro, era di continuo straziato da unrimpianto: e se si trovava con l’uno, glibastava la citazione dell’altro nome, o un odoreche gli ricordasse l’altro che subito la suanostalgia, come una bandierina controvento, siprotendeva indietro.
Quel tipo di conflitto psicologico non si vede nemmeno nei
personaggi umani presentati lungo il romanzo: è vero che Ida,
Useppe e pure Nino si amano l’un l’altro, ma non gli capita
mai di esseri così sovracaricati d’amore da non poter stare
con l’uno senza pensare all’altro. Un ulteriore sentimento
verificato in Blitz (che poi si rivedrà nel caso di Bella),
che non è neanche uno dei sentimenti presenti negli umani in
questo libro, è la nostalgia. Un’emozione fortemente umana,
essa diventa la realtà sentimentale del cagnolino nei
confronti dei due fratelli. Quando è con uno, gli basta un
solo richiamo all’altro per sentire altamente la sua mancanza.
Alla fine, è Useppe che vince la gara sentimentale-psicologica
agli occhi di Blitz. Ormai andato a combattere nella guerra
14
che si sta svolgendo in Italia, Nino non si trova più a casa a
confondere le emozioni del povero cane. Adesso che fa parte
della famiglia Ramundo-Mancuso, si vede come dimostra i suoi
sentimenti verso il bambino18:
Al loro ritorno, fino dalla strada potevanosentirlo che li salutava a piena voce, divedetta su presso la finestra aperta all’ultimopiano. E all’arrivo, lo trovavano in attesadietro l’uscio, pronto a riceverli con effusioniscatenate, che si rivolgevano principalmente aUseppe, ripetendogli cento volte: “Oramai,l’ultimo bene mio sei tu!”.
Blitz mette un’enfasi, un valore su Useppe che non si vede né
nella madre, né in Nino. Infatti, questo canino sperduto e
raccolto da Nino è più un parente al masculillo che ai suoi
propri parenti, un fatto che riguarda il fatto che Useppe non
coltiva mai un rapporto con gli altri esseri umani. È stato
Blitz ad insegnare il linguaggio degli animali al bambino; è
stato Blitz a vegliare sul bambino quando era a casa da solo;
finalmente è stato lui a dichiarare che Useppe era un bene
suo: tutte cose mai fatti né dalla madre ne dal fratello.
18 Morante, 168.15
Questo atteggiamento si verifica soprattutto in Bella,
un’altra cagna salvata dal canile da Ninnuzzu19. Se la
caratteristica umana saliente in Blitz è la nostalgia, in
Bella si realizza un’emozione simile, se non più forte e
sfumata di ricordi dolorosi che si abbinano con la sua
grandissima capacità di amare. Tale descrizione della nuova
presenza viene data sin dal primo incontro con Useppe, che la
paragona (tramite la voce narrante) a Blitz: «Una differenza,
invece, si notava fin da principio nei loro sguardi. Infatti,
Bella aveva a volte, nei suoi occhi di color nocciola, una
dolcezza e malinconia speciale, forse perché era femmina»20.
In Blitz non si realizza nessuna malinconia, siccome era
maschio. Occorre in Bella una tale malinconia perché ha
sperimentato dei doloro in una maniera in cui soltanto una
femmina li può sperimentare: dei dolori che poi vengono
trasmessi tra il suo sguardo. Questo sguardo dolce e
malinconico è un tratto che appartiene soltanto a Bella lungo
19 Venturi, Gianni. Elsa Morante. «Ma dove l’interscambiabilità sentimentale tra uomo e animale raggiunge la perfetta uguaglianza è nel rapporto Bella-Useppe. La cagna parla, agisce, pensa come un essere umano, mentre Useppe assume atteggiamenti canini in perfetta simbiosi con la sua seconda madre» p. 124.20 Morante, 436.
16
l’intero romanzo. Come s’impara più tardi, Bella (come Ida)
ha sperimentato delle perdite grandissime nella sua vita, sia
di esseri umani sia dei suoi propri cuccioli. Di nuovo si
entra nella psicologia della cagna, e si confermano dei tratti
più umani di quelli osservati nelle persone stesse. Il suo
lato umano si fa vedere come quello preminente dei suoi lati21:
Attualmente, essendo in età di due anni,corrispondeva, secondo la specie umana, a unaragazzetta di quindici anni circa. Però, amomenti pareva una cucciola di pochi mesi, tantoche bastava una palletta, della misura di unamela, per farla ammattire in un divertimentofantastico; e a momenti, pareva una vecchia dimigliaia d’anni, di memorie antiche e sapienzasuperiore.
La vecchiaia e la saggezza antica a cui si riferisce la voce
narrante sono, appunto, la malinconia (umana) che Bella
sperimenta quotidianamente. Anche se ha soltanto due anni, ha
subito troppe situazioni dolorose per la sua giovane età: cosa
che richiama alla strage delle criature (benché la guerra sia già
finita). Il fatto che la voce narrante dà la sua età in anni
umani insieme agli anni animali richiama di nuovo al fatto che
tramite tutto il romanzo non c’è una ragione, una necessità di
21 Morante, 437. 17
distinguere fra esseri umani ed esseri animali, né fra i loro
tratti condivisi. Tutti, in questo mondo turbato e pieno di
violenza, sono vittime della carneficina di questi anni di
guerra (e, a questo punto, anche di dopoguerra).
Si sa, attraverso la voca narrante, che Bella ha perso il suo
primo padrone a causa del suo coinvolgimento nel traffico di
contrabbando, e che viene data a Nino per salvarla dal canile.
Purtroppo lei deve sperimentare la stessa perdita con
Ninnareddu, che viene ucciso in un incidente stradale (il
furgone che portava Nino portava anche merce di contrabbando).
Insomma, Bella si trova di nuovo sola al mondo; l’unica
famiglia che ha è una famiglia distante: Ida e Useppe. Dopo
la morte di Nino, fa tutto quello che può per tornare da loro.
La voce narrante racconta una serie di scappatoie e
inseguimenti di macchine che la riportano finalmente alla casa
Ramundo, mettendo un fumo di riservatezza intorno a
quest’avventura22:
[…] né mai sarà dato sapere quali e quantetraversie passò prima di tornare all’unica estremasua famiglia. […] La storia di quella sua
22 Morante, 474.18
latitanza restò sempre un segreto suo proprio, sucui lo stesso Useppe mai le fece domanda, nemmenoin seguito. […] Intanto, là nell’ingresso […] leigli andava tendendo un discorso d’amore che[suonò] appena: […] “Adesso, al mondo mi rimani tusolo. E nessuno potrà mai separarci”
L’affermazione di Bella alla fine del suo lungo viaggio di
ritorno a casa Ramundo richiama la frase detta (o almeno
pensata) da Blitz dopo la partenza di Nino. Per Bella e per
Useppe, però, questa frase della cagna porta più peso e
significato che di quella di Blitz. Con questa dichiarazione,
Bella si assicura che loro due non si separeranno mai: essa
diventa una mamma nuova, se non un angelo custode per Useppe—
una cosa importantissima per il bambino. La voce narrante
spiega il comportamento della cagna dicendo che «verso il
piccolo Useppe [si portava] come una protettrice e una
sorvegliante. Ora, l’arrivo della sua nuova madre Bella fu
una fortuna per Useppe: giacché attualmente la sua madre
Iduzza non solo era vecchia […] ma anche, nella condotta,
strana e rimbambita»23. Il nuovo ruolo di madre, protettrice
e confidente svolto da Bella è cruciale nella vita di Useppe.
23 Ibidem19
Il bambino-cucciolo si trova anche lui, in un certo senso,
tutto solo: la mamma lo lascia spesso da solo per andare al
lavoro e, più che altro è assente psicologicamente, perché sta
soffrendo, anzi lamentando, la perdita del suo Ninnuzzu.
In una prima dimostrazione del suo nuovo ruolo, s’incontra il
duo che va verso il fiume per farsi il bagno e riprendersi
dalla calura della giornata. Come si sa, Useppe soffre già
degli attacchi epilettici assai frequenti. Essendo troppo
vicino all’acqua al momento del grande male (oltre che non
sapere nuotare), il povero Useppe sta per annegare quando si
sviluppa questa scena24:
Con la vista già annebbiata, Useppe ci si buttòa precipizio. In quel punto, la corrente erapiuttosto tranquilla, però l’acqua era diparecchio più alta di lui. Un abbaio disperatoecheggiò dalla riva; e in un attimo Bella fuaddosso a lui, che starnazzava in un disordineincoerente, sballottato dall’acqua come a unapovera bestiola, d’aria o di terra, ferita nellaschiena. ‘Aggrappati, aggrappati a cavalluccio’,lo supplicò Bella, scivolando pronto sotto lasua pancia e così sorreggendolo a galla nelnuotare verso terra. Dentro il tempo di duerespiri, il salvataggio era compiuto: di nuovo,nei suoi pannucci grondanti, Useppe stava alsicuro sul margine del prato.
24 Morante, 551.20
Se non ci fosse stata Bella, Useppe sarebbe morto: il suo
istinto materno, pur essendo così giovane, ha surclassato ogni
altra azione e pensiero suo per salvare il suo bambino-
cucciolo. Il lato umano di un tale istinto viene trasmesso
attraverso la lettura della sua psiche e la traduzione in
parole dei suoi latrati supplicanti25. Qui si verifica anche
un totale svolto dei ruoli naturali. Mentre Bella svolge il
ruolo di madre e salvatrice, quello di Useppe viene descritto
tramite aggettivi e immagini animali: incapace di gridare
“aiuto”, il bambino-cucciolo lancia degli alarmi tramite i
suoi starnazzi, suoni che appartengono soprattutto al mondo
animale, che poi è affermato tramite la descrizione del
mascolillo come una povera bestiola. Bella, tramite i suoi latrati
che supplicano Useppe di aggrapparti a cavalluccio, oscilla tra i
mondi animale-umano: a cavalluccio è la maniera in cui molti
genitori portano in giro i loro figli, sia per divertimento
sia per stanchezza dalla parte del bambino, ma può essere
25 D’Angeli. «Su Bella la Morante si ferma a lungo, ne racconta, come per gli altri protagonisti del romanzo, la storia passata e ne descrive la forma fisica e le caratteristiche psicologiche […]. Nella psicologia di Bella un aspetto, sopra tutti gli altri, risulta centrale e distintivo, e aquesto probabilmente Bella deve la posizione centrale che ricopre nel romanzo: è la sua straordinaria capacità di amare, solo in parte coincidente con la proverbiale fedeltà dei cani» p. 106-107.
21
anche considerato come un tentativo di bella di rimettersi nel
mondo animale, essendo un tipo di cavallo che potrà portare
Useppe alla salvazione.
Poco dopo, quando Useppe si è ripreso un po’ dal suo male,
rintristito e vergognato dal suo attacco, Bella interviene a
consolarlo. È in questo momento che si apprende della fonte
di malinconia della cagna. Racconta al suo cucciolo
surrogato26:
“Io una volta, avevo dei cagnoli…” Ancora maigliene aveva parlato: “Non so quanti fossero, dinumero”, seguitò, “io non so contare. È certoche all’ora del latte mi trovavo le sise tutteoccupate al completo!!! Insomma, erano tanti, euno più bello dell’altro. […] La loro bellezzaera infinita, ecco il fatto. Le bellezze non sipossono confrontare.” “E come si chiamavano?”“Non ebbero nome.” “Non ebbero nome.” “No.” “Edove so’ iti?” “Dove?...su questo, io non so chepensare. Da un momento all’altro, li cercai, enon c’erano più. […] Li ricercai, li aspettaichi sa quanto, ma non hanno fatto ritorno”.
Oltre ad essere una confessione dalla parte di Bella, questo
dialogo dimostra quanto i due protagonisti sono mutualmente
comprensibili. Quello che Useppe ha imparato nella sua
26 Morante, 556.22
infanzia con Blitz gli ha servito fin a quel punto nella sua
vita.
Purtroppo, il discorso di Bella riguarda, poco dopo, anche la
sorte del suo bambino-cucciolo: anche questo suo cagnolino la
lascerà senza tornare mai più. Nell’ultima scena ugualmente
dolorosa per personaggi e lettori, vengono raccontati gli
ultimi momenti di Useppe27:
[…] in realtà Useppe, là nell’ingresso, eracaduto e ricaduto da un attacco a un altro e aun altro, quasi senza sosta […] E dopo averlotrasportato in braccio sul letto, essa si tennelà china su di lui come le altre volte, inattesa che lui rialzasse le palpebre in quel suosolito sorriso particolare. Solo in ritardo,incontrando gli occhi di Bella, essa capì. Lacagna difatti era lì che stava a guardarla conuna malinconia luttuosa, piena di compassioneanimalesca e anche di commiserazione sovrumana:la quale diceva alla donna: “Ma che aspetti,disgraziata? Non te ne accorgi che non abbiamopiù niente da aspettare?”.
In questa scena, si capisce la limitatezza di Bella, in quanto
non è umana, ma anche le sue capacità di sperimentare le
emozioni28. Mentre Useppe soffre l’ultima serie di attacchi
27 Morante, 646.28 D’Angeli. «Durante la lunga agonia di Useppe è infatti a Bella non meno che Ida […], che viene affidato il compito di esprimere i principali sentimenti materni: la protezione e la pietà dolorosa» p. 107.
23
epilettici, Ida era a scuola a un convegno di maestri: non era
una cosa nuova lasciare suo figlio a casa con Bella. Ma,
questa volta Bella non poteva fare nulla per salvarlo come
aveva fatto quel giorno al fiume. Capita la sua limitatezza,
Bella viene presa di nuovo della sua malinconia; questa volta
però è una malinconia condivisa con il lutto di Ida, perché
come la cagna, anche lei ha perso tutti i suoi figli per
sempre.
Il raddoppiamento delle figure importanti in questo romanzo
non viene a caso. Blitz rivela la sua umanità tramite una sua
lotta psicologica, incisa dal grande amore che provava per gli
esseri umani intorno a lui. Bella realizzava la sua umanità
con il suo ruolo di seconda madre, angelo custode, e amica
fidata per il bambino. Useppe poi verifica la sua animalità
seguendo i suoi istinti e affermando l’idiozia misteriosa degli animali:
tutto quello che ha fatto nella sua brevissima vita era fatto
con la consapevolezza della sua fine. E, così con la morte di
Useppe, il romanzo perde il personaggio più puro e innocente
che sia esistito lungo la trama. La sua fine è la
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culminazione di tutte le altre morti che sono presentate nel
romanzo: la morte imprecisa di Gunther; la morte di Blitz con
il crollo del palazzo nel quartiere di San Lorenzo; la morte
di Nino nell’incidente stradale; la morte (oppure, il
suicidio) di Davide Segre tramite una sovradosi di droghe;
tutte le persone vittime della guerra e delle leggi razziali
contro gli ebrei. La strage delle criature proclamata con una
sfumatura premonitoria dalla madre del resistente, si verifica
tramite la strage del piccolo bambino-cucciolo che viveva la
sua vita circondata da animali-umani, alla fine più umani
dagli esseri umani stessi.
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Bibliografia
D’Angeli, Concetta. Leggere Elsa Morante: Aracoeli, La Storia, Il mondo
salvato dai ragazzini. Roma: Carocci, 2003.
Morante, Elsa. La Storia. Torino: Einaudi, 1995.
Sgorlon, Carlo. Invito alla lettura di Elsa Morante. Milano: Mursia,
1988.
Venturi, Gianni. Elsa Morante. Firenze: La Nuova Italia, 1977.
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