La legislazione elettorale calabrese (agg. marzo 2013)

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La potestà concorrente e la sua “estensione”: il c.d. “sistema di elezione” Capitolo 2 LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE SOMMARIO: III.2.1. I “confini” della competenza concorrente: il nuovo art. 122 Cost. ed il “sistema di ele- zione” dei consiglieri regionali e del Presidente della Giunta. – III.2.2. L’attesa dello Statuto, gli elementi di reciproco condizionamento con la legge elettorale ed il ricorso alla c.d. novellazione. – III.2.3. Le mo- dalità di espressione del voto, le liste, la ripartizione della quota proporzionale e la soglia di sbarramento. – III.2.4. I “premi” di maggioranza. – III.2.5. La disciplina dell’elettorato attivo e passivo. – III.2.6. Ulte- riori aspetti della c.d. disciplina elettorale di contorno. III.2.1. I “confini” della competenza concorrente: il nuovo art. 122 Cost. ed il “si- stema di elezione” dei consiglieri regionali e del Presidente della Giunta La legislazione calabrese in materia elettorale trova il suo fondamento nel nuovo art. 122, c. 1, Cost., introdotto dalla l. cost. n. 1/1999, in base al quale le Regioni a statuto ordina- rio si vedono oramai riconosciuta la potestà legislativa in ordine al sistema di elezione dei consiglieri, degli assessori e del Presidente della Giunta, nonché ai casi di ineleggibilità e incompatibilità degli stessi nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Re- pubblica. Si tratta invero di una species della “potestà legislativa concorren- te” – nonostante il relativo “oggetto” non compaia nell’apposito “elen- co” di cui all’art. 117, c. 3 1 – la cui concreta estensione viene a di- pendere innanzitutto dal significato attribuito al termine “sistema di elezione”. Di certo, da essa va “scorporata” la disciplina relativa alla durata degli organi elettivi delle Regioni, che rimane affidata in modo espresso all’esclusi- va ed uniforme scelta dello Stato e risulta fissata in cinque anni (art. 5, l. stat. n. 165/2004) 2 . 1 Cfr. A. PERTICI, 1, 2429, ma già, sia pure interrogandosi sulle condizioni di una possibile “atipicità” della competenza in esame, M. OLIVETTI, 1, 480 ss. 2 In tal senso, salvo i casi di asimmetrie prodotte o “ereditate” da scioglimenti anticipati ex art. 126 (si pensi all’Abruzzo nel 2008, nonché al Lazio ed alla Lombardia nel 2012) o da pregresse vicende di annulla- mento delle intere elezioni, la chiamata alle urne per il rinnovo dei Consigli (e della carica di Presidente della Giunta, ove sia prevista l’elezione diretta) continua ad essere contestuale per le diverse Regioni, assicurandosi così a tali votazioni un’evidente risonanza politica nazionale. In Molise – a seguito dell’annullamento delle elezioni del 2000 (su cui cfr. G. TARLI BARBIERI, 1, 269 ss., ed E. CANITANO, 1, 133 ss.) – si è tornato a votare nel 2001, nonché, successivamente, nel 2006 e nel 2011. Anche le recenti elezioni del 2011 sono state a loro volta annullate dalla sentenza del T.A.R. Molise n. 224/2012 (confermata da Cons. St., V sez., sent. n.

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La potestà concorrente e la sua “estensione”: il c.d.

“sistema di elezione”

Capitolo 2

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE

SOMMARIO: III.2.1. I “confini” della competenza concorrente: il nuovo art. 122 Cost. ed il “sistema di ele-zione” dei consiglieri regionali e del Presidente della Giunta. – III.2.2. L’attesa dello Statuto, gli elementi di reciproco condizionamento con la legge elettorale ed il ricorso alla c.d. novellazione. – III.2.3. Le mo-dalità di espressione del voto, le liste, la ripartizione della quota proporzionale e la soglia di sbarramento. – III.2.4. I “premi” di maggioranza. – III.2.5. La disciplina dell’elettorato attivo e passivo. – III.2.6. Ulte-riori aspetti della c.d. disciplina elettorale di contorno.

III.2.1. I “confini” della competenza concorrente: il nuovo art. 122 Cost. ed il “si-stema di elezione” dei consiglieri regionali e del Presidente della Giunta

La legislazione calabrese in materia elettorale trova il suo fondamento nel nuovo art. 122, c. 1, Cost., introdotto dalla l. cost. n. 1/1999, in base al quale le Regioni a statuto ordina-rio si vedono oramai riconosciuta la potestà legislativa in ordine al sistema di elezione dei consiglieri, degli assessori e del Presidente della Giunta, nonché ai casi di ineleggibilità e incompatibilità degli stessi nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Re-pubblica.

Si tratta invero di una species della “potestà legislativa concorren-te” – nonostante il relativo “oggetto” non compaia nell’apposito “elen-co” di cui all’art. 117, c. 3

1 – la cui concreta estensione viene a di-pendere innanzitutto dal significato attribuito al termine “sistema di elezione”. Di certo, da essa va “scorporata” la disciplina relativa alla durata degli organi elettivi delle Regioni, che rimane affidata in modo espresso all’esclusi-va ed uniforme scelta dello Stato e risulta fissata in cinque anni (art. 5, l. stat. n. 165/2004)

2.

1 Cfr. A. PERTICI, 1, 2429, ma già, sia pure interrogandosi sulle condizioni di una possibile “atipicità” della competenza in esame, M. OLIVETTI, 1, 480 ss.

2 In tal senso, salvo i casi di asimmetrie prodotte o “ereditate” da scioglimenti anticipati ex art. 126 (si pensi all’Abruzzo nel 2008, nonché al Lazio ed alla Lombardia nel 2012) o da pregresse vicende di annulla-mento delle intere elezioni, la chiamata alle urne per il rinnovo dei Consigli (e della carica di Presidente della Giunta, ove sia prevista l’elezione diretta) continua ad essere contestuale per le diverse Regioni, assicurandosi così a tali votazioni un’evidente risonanza politica nazionale. In Molise – a seguito dell’annullamento delle elezioni del 2000 (su cui cfr. G. TARLI BARBIERI, 1, 269 ss., ed E. CANITANO, 1, 133 ss.) – si è tornato a votare nel 2001, nonché, successivamente, nel 2006 e nel 2011. Anche le recenti elezioni del 2011 sono state a loro volta annullate dalla sentenza del T.A.R. Molise n. 224/2012 (confermata da Cons. St., V sez., sent. n.

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Cambia invece molto in ordine alla scelta del Presidente della Giunta, che non deve più necessariamente avvenire da parte e all’interno del Consiglio regionale: anzi, la forma di governo regionale standard introdotta in Costituzione ne prevede l’elezione diretta, salvo diversa scelta statutaria.

Oltre a tali differenze, il complesso intreccio di competenze introdotto dalla riforma del 1999, impedisce di ritrovare nel contenuto delle leggi di attuazione del vecchio titolo V (cfr. ll. stat. n. 108/1968 e 43/1995) una sicura risposta sull’effettiva “perimetrazione” di tale nuovo ambito di potestà legislativa concorrente. In realtà, è apparso sin da subito quasi disperato il tentativo di dare coerenza all’art. 122, c. 1, rispettando la distinzione teorica – invero già di per sé non pacifica – fra sistema elettorale in senso stretto e sistema in senso ampio

3. Ad esempio, solo intendendolo in senso stretto avrebbe avuto senso l’ulteriore, autonomo riferimento ai casi di ineleggibilità e incompatibilità. Una tale inter-pretazione, ancorché non pacifica

4, pareva inoltre confortata dall’entrata in vigore di una legge cornice che, da un lato, pretende di stabilire «in via esclusiva» i principi fondamenta-li in tale ambito e, dall’altro, con l’eccezione delle cause di incompatibilità e ineleggibilità, non ne individua tuttavia alcuno in tema di legislazione elettorale di contorno (procedi-

5504/2012), ritornandosi dunque al voto nel 2013 (in tema v. ora G.M. DI NIRO, 1). In Abruzzo, invece, dopo le dimissioni del Presidente Del Turco, si è votato il 14 e 15 dicembre 2008 (v. A. STERPA, 1).

3 Sulla distinzione, cfr. fra gli altri F. LANCHESTER, 1, 41 ss., che la ritiene analoga a quella politologica fra election laws ed electoral laws. In realtà, il sistema in senso ampio potrebbe essere inteso in modo da abbrac-ciare l’intero fenomeno elettorale (compresa anche la c.d. legislazione elettorale di contorno: ineleggibilità, incompatibilità, procedimento elettorale, comunicazione politica, misure di riequilibrio di genere, rimborsi, ecc.). Ove fosse accolta tale accezione, il sistema in senso ampio non sarebbe cosa diversa dalla “materia eletto-rale” di cui all’art. 72, c. 4, Cost., e corrisponderebbe all’oggetto della c.d. legislazione elettorale [(si pensi a quella statale “sugli organi di Comuni, Province e Città metropolitane” di cui all’art. 117, c. 2, lett. p)]. Il si-stema in senso stretto, invece, riguarda sicuramente le c.d. formule elettorali (maggioritarie, proporzionali, a schema misto), ma anche, riteniamo, la delimitazione delle circoscrizioni – e dunque la c.d. magnitudine (su cui v. A. RUSSO, 2, 7 ss.) – il tipo di scheda, le modalità di espressione del voto (es. la presenza della pre-ferenza personale), nonché la modulazione di eventuali clausole di sbarramento e premi di maggioranza (e, più in generale, le c.d. technicalities che rendono più o meno selettivo il complessivo sistema elettorale: su queste ultime, v. L. TRUCCO, 1, 406). Considerati comunque gli stretti nessi ravvisabili fra i diversi istituti, la «le-gislazione elettorale» diventa un «sistema a cerchi concentrici», in cui peraltro non è sempre così netta la distinzione fra la «portata principale» ed il c.d. «contorno» (v. N. LUPO, 2, 420): si pensi alla possibilità di esprimere una seconda preferenza solo se la stessa si appunta su un candidato di genere diverso da quello scelto con la prima.

4 La lettura “riduttiva” era stata sostenuta già da F. LANCHESTER, 2, 32, che limitava l’estensione della potestà concorrente facendola coincidere con quella del classico sistema “in senso stretto” (mentre addirittura M. RAVERAIRA, 1, 24 ss. parrebbe limitarla ai soli meccanismi di trasformazione dei voti in seggi). Più pos-sibilista M. OLIVETTI, 1, 470, che comunque esclude possa rientrarvi tutta la disciplina di contorno. Simil-mente, J. LUTHER, 1, 650 e M. CECCHETTI, 1, 9, vi ritengono sicuramente ricompreso, oltre al sistema in senso stretto, il procedimento elettorale (ad eccezione del contenzioso giurisdizionale). In senso contrario, invece, C. FUSARO, 1, 105, che, al di là delle distinzioni dottrinarie, considera in questo caso l’espressione sistema di elezione «equivalente» a quello più ampio di “legislazione elettorale” (ed in tal senso v. già A. FERRARA, 2, 193). In tema, anche per posizioni più articolate e specifiche argomentazioni, cfr., fra gli altri, E. STRADELLA, 1, 124 ss.; M. ROSINI, 2, spec. 494 ss.; M. COSULICH, 1, 843 ss., 2, 219 ss., e 3, 307 ss.; G. TARLI BARBIERI, 5, 111 ss. e 6, spec. 44 ss. V. una sintesi delle diverse tesi in A. PERTICI, 1, 2433 (nonché, da ultimo, in A. RACCA, 1, 296 ss., e 2, nt. 19). Per una definizione lata del “sistema di elezione” di cui all’art. 122, c. 1, v. ad es. T.A.R. Puglia-Bari, n. 197/2010, in Giur. cost., 3/2011, spec. 2561.

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La giurisprudenza costituzionale:

l’interpretazione “ampia” e la sent. cost. n. 151/2012

mento, rimborsi elettorali, quote rosa, ecc.), così sembrando legittimare l’esclusione di tali istituti dall’ambito di potestà concorrente. Tale “restrizione”, invero, si prestava ugual-mente a far transitare tali istituti nella potestà residuale regionale

5 o, piuttosto, a prospet-tare l’esistenza di una competenza esclusiva statale in ordine a tutti gli ulteriori aspetti in cui le esigenze di uniformità legate all’incidenza sulla forma di Stato avrebbero richiesto una disciplina nazionale assai puntuale (così dicasi, ad esempio, per le delicate questioni in tema di estensione del diritto di voto)

6. A ben vedere, in senso contrario a tale interpretazione restrittiva

deponeva già la decisione con cui la Corte aveva ricondotto nell’am-bito della potestà concorrente «il procedimento per la elezione del Consiglio» (sent. cost. n. 196/2003, § 6 del Considerato in diritto

7), ovvero un istituto per nulla disciplinato dalla successiva legge quadro e non appartenente al sistema “in senso stretto”. Su tale solco, poi, la prospettiva fatta propria dalla normativa statale viene completamente ribaltata dalla sent. cost. n. 151/2012, nella quale la locuzione “sistema elettorale” è stata intesa come «com-prensiva, nella sua ampiezza, di tutti gli aspetti del fenomeno elettorale», non solo avuto riguardo al sistema in senso stretto (di cui farebbero parte le norme sul tipo di voto, di formula elettorale e sul tipo e la dimensione dei collegi) e del procedimento elettorale – e dunque anche del contenzioso, sia pure, dovrebbe ricordarsi, con i limiti derivanti dal-l’esclusiva potestà statale in tema di giurisdizione – ma anche della disciplina «che attiene, più in generale, allo svolgimento delle elezioni» (sent. cost. n. 151/2012, nostro il c.vo)

8. Quest’ultima precisazione, in verità, parrebbe forse escludere dalla competenza concor-

rente regionale la disciplina dell’elettorato attivo e di quello passivo – ad eccezione ovvia-mente della disciplina delle cause di ineleggibilità e incompatibilità – che costituiscono piuttosto altrettanti presupposti dello svolgimento delle elezioni. Ove così fosse, l’“amplia-mento” operato dalla Corte non sarebbe tale da coprire comunque l’intero ambito della “materia”/“legislazione” elettorale.

Sicuramente, da tale decisione deriva una riduzione del peso della legge cornice, la cui disciplina, oramai può dirsi, non “racchiude” tutti gli istituti riconducibili alla potestà concorrente (si pensi proprio ai rimborsi elettorali). Ciò che ne rimane fuori, dunque, non viene per ciò stesso precluso ai legislatori regionali, né può ritenersi transitato in via auto-matica nella potestà regionale residuale. Sicché, rispetto a tali ulteriori campi materiali,

5 In tal senso, v. ad es. e M. OLIVETTI, 1, 470 s.; M. COSULICH, 1, 843 ss., e 2, 224. Sulle possibili

conseguenze paradossali di una interpretazione restrittiva, da ultimo, A. RACCA, 1, 301. 6 Il che avrebbe richiesto l’individuazione di specifici titoli di competenza dello Stato, che solo in alcuni

casi si presentava poco problematica: si pensi alla giurisdizione, ai reati elettorali, nonché alle cause di incan-didabilità legate a motivi di contrasto alle infiltrazioni criminali nelle istituzioni.

7 In tema, P. MILAZZO, 3, 151ss. 8 Tale ultima apertura è valsa in particolare ad includere nella potestà concorrente le norme statali – pe-

raltro assai dettagliate (v. infra, § 6) – sul rimborso delle spese sostenute da movimenti e partiti. Ma la Corte si è comunque riferita espressamente alla più generale normativa «concernente le campagne elettorali per il rinnovo del Consiglio regionale», nella quale dovrebbero dunque rientrare, oltre ovviamente ai limiti relativi ai tetti di spesa, anche le altre norme sulla comunicazione politica e la propaganda elettorale (salva la competenza esclusiva statale in materia di reati elettorali).

ALESSIO RAUTI 158

La separazione “innaturale” con

la materia “forma di governo”

I limitati profili di competenza

statutaria in materia elettorale

ora espressamente “recuperati” dalla Corte, i princìpi fondamentali devono ricavarsi da altre discipline statali, anche se precedenti la legge cornice. Una volta poi ricondotto il sin-golo istituto alla potestà concorrente, è evidente che i principi fondamentali dovrebbero valere come limiti, la cui eventuale assenza non blocca la Regione, ma ne amplia piuttosto il margine di intervento.

Invero, una decisa “preferenza” per la potestà concorrente era già stata manifestata dalla Consulta nelle decisioni che segnano la ripar-tizione fra questa e la potestà statutaria all’interno di un rapporto considerato non a torto uno degli aspetti più delicati e controversi della riforma costituzionale

9. La Corte aveva già escluso infatti, sin dalla sent. cost. n. 2/2004, che lo Statuto potesse intervenire direttamente sull’ambito dell’art. 122, c. 1, pur riconoscendo peraltro la potenziale riconducibilità dell’intera legi-slazione elettorale alla forma di governo rimessa agli Statuti dall’art. 123 Cost. Si è preso dunque atto della “separazione” operata dalla riforma del 1999 tra forma di governo e si-stema elettorale, scelta peraltro opposta a quella operata dalla successiva l. cost. n. 2/2001 in relazione alle Regioni a Statuto speciale.

In realtà, i margini statutari di un intervento in materia ci sono, ma rimangono ridotti, ancorché «significativi», e in particolare solo “indiretti”: la stessa opzione fondamentale sulle modalità di elezione del Presidente rimessa agli Statuti non implica anche la possibilità di stabilire la natura del sistema elettorale, né di incidere sulla struttura

della scheda elettorale prescrivendo l’espressa indicazione/designazione in essa del candi-dato alla Presidenza (o addirittura del Vice-presidente in pectore, come richiesto dall’origi-naria formulazione dello Statuto calabrese

10, ciò che sarebbe piuttosto di competenza della fonte “legge regionale”). Allo Statuto spetta invece l’eventuale disciplina della prorogatio (sentt. cost. n. 196/2003 e 68/2010) e, soprattutto, la «scelta politica fondamentale» sul nu-mero complessivo dei consiglieri 11, comprensiva della possibilità di riservare un seggio al Presidente della Giunta (cfr. sent. cost. n. 3/2006), nonché al “miglior perdente” della com-petizione maggioritaria (ed eventualmente, dovrebbe ritenersi, anche agli “altri” candida-ti)

12. Infine, pure le cause di incompatibilità (c.d. interne) fra assessore e consigliere (sent.

9 Su tali rapporti, v. da ultimo A. VUOLO, 2. Sulla forma di governo regionale – con particolare riferi-

mento al problema dell’elezione del Presidente della Giunta (su cui, volendo, cfr. A. RAUTI, 1, 4441) – limi-tandoci ai lavori monografici e rinviando per la restante bibliografia (anche sulla specifica esperienza statuta-ria calabrese) all’apposito contributo in questo volume (v. Parte II, Cap. 2) – cfr. M. OLIVETTI, 1, spec. 124 ss.; C. FUSARO, 1, 37 ss. e, più di recente, A. BURATTI, 2; S. CATALANO, 2; N. MACCABIANI, 1; M. RUBECHI, 1; N. VICECONTE, 1 – sui quali v. utilmente C. PINELLI, 4, 872 ss. – nonché, per un taglio più politologico, F. MUSELLA, 1.

10 In base alla sent. cost. n. 2/2004, peraltro, lo Statuto non potrebbe neppure prescrivere la contestualità dell’elezione presidenziale rispetto a quella consiliare, ancorché nella successiva dec. n. 3/2006 la Corte ha ritenuto che legittimamente il legislatore statutario marchigiano abbia previsto la «concomitanza» fra le due elezioni.

11 Sentt. cost. n. 3/2006 e 188/2011. 12 In realtà, pur in assenza di una specifica norma statutaria, a volte è la stessa legge elettorale a garantire la

“riserva” di un seggio consiliare al Presidente o al leader della coalizione antagonista (v. quanto si dirà per la

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 159

La “ritrosia” delle Regioni: le esigenze del sistema politico

cost. n. 379/2004) 13, comprese le eventuali ipotesi affievolite di supplenza (sent. cost. n.

378/2004), analogamente al divieto di rieleggibilità dopo il secondo mandato per i Presi-denti della Giunta (sent. cost. n. 2/2004), risultano espressamente sottratte alla norma-zione statutaria e ricondotte alla potestà concorrente, come peraltro confermato dalla stes-sa legge cornice.

III.2.2. L’attesa dello Statuto, gli elementi di reciproco condizionamento con la leg-ge elettorale ed il ricorso alla c.d. novellazione

Sia pure a fronte di un complesso «mosaico» di fonti in materia 14,

con le modifiche costituzionali del 1999 alle Regioni è stata ricono-sciuta la possibilità di rompere l’assoluta uniformità fino ad allora “imposta” dalla legge del Parlamento («ex uno, plura»

15).Tuttavia, la potenziale accentuazione delle differenze fra i diversi territori non può dirsi sia stata fin qui seriamente ricercata e sorretta da una corrispondente volontà politica. Pur avendo qua-si tutte le Regioni approvato il nuovo Statuto (con l’unica eccezione del Molise), ancora molte di esse risultano prive di una nuova legge elettorale

16: in queste si applica il c.d. si-stema transitorio, i cui elementi fondamentali sono l’elezione diretta del Presidente, un complesso di formule proporzionali di assegnazione dei seggi “corretto” dalla garanzia di un premio di maggioranza e da una clausola di sbarramento. Ma anche le discipline fin qui varate, al di là del loro carattere più o meno organico, riproducono a grandi linee tali coordinate fondamentali

17. L’omogeneità è in particolare il frutto di un sistema politico an-cora parecchio “centralizzato” – al di là del concreto peso che possono avere nelle singole competizioni le c.d. “liste del Presidente”

18 – che riconosce ampia risonanza nazionale al

legge calabrese). Ove tuttavia si consentisse in tal modo l’eventuale innalzamento occasionale del numero dei consiglieri, si porrebbe il problema della “copertura” statutaria.

13 Nel senso di ritenerle invece parte integrante della forma di governo, v., fra gli altri, M. OLIVETTI, 1, 279 e 466; M. COSULICH, 5, 128, nonché M. VOLPI, 3, 1187.

14 Così G. TARLI BARBIERI, 5, 111 ss. 15 Cfr. M. COSULICH, 1, 843 ss. 16 Allo stato attuale, escludendo i casi di leggi annullate dalla Corte o di interventi “esigui”, le Regioni a

Statuto ordinario che hanno approvato non solo il nuovo Statuto ma anche la propria legge elettorale sono appena nove: Calabria, Toscana, Puglia, Lazio, Marche, Umbria, Campania, Lombardia e Veneto. Va ri-cordato comunque che l’intervento di dettaglio di altre Regioni in spazi peraltro assai ridotti è stato talvolta inteso dalla stessa amministrazione statale come esercizio della potestà legislativa di cui all’art. 122, c. 1, con conseguente riconoscimento in capo ad esse dei connessi oneri procedurali e finanziari (così, per la Regione Piemonte, v. utili ragguagli in J. LUTHER, 1, 652).

17 Sulle legislazioni elettorali regionali, oltre alla bibliografia già richiamata, v. almeno G. TARLI BARBIERI, 8, 71 ss.; A. FLORIDIA, 1, 841 ss.; M. COSULICH, 2, 843 ss., 3, 285 ss., e, per una sintesi, anche 4, 574 ss.; L. CASTELLI, 1, 713 ss.; AA.VV., 23 e 41. Sulle discipline regionali “alla prova” nelle diverse tornate elettorali, cfr. per le votazioni del 2005 AA.VV., 33; per quelle del 2010, AA.VV., 43 e 52 (e spec. R. D’ALIMONTE, 2, 13 ss.). In tema, v. pure F. GABRIELE, 2, 1 ss. Da ultimo, v. AA.VV., 54.

18 Sulla comparsa di diverse liste “del Presidente” (lists “for presidential candidate”) nelle elezioni regionali del 2010, cfr. A. FLORIDIA, 2, spec. 140.

ALESSIO RAUTI 160

I rapporti di condizionamento

fra Statuto e legge elettorale

“banco di prova” delle elezioni regionali. Anche i principi fondamentali stabiliti dalla l. cornice n. 165/2004 (normativa di attuazione dell’art. 122, c. 1), destinati a “guidare” i legislatori regionali 19, sono il frutto degli equilibri e delle fibrillazioni di una lunga fase politica iniziata nei primi anni Novanta del secolo scorso.

Il condizionamento fra norme “statutarie” in materia di forma di governo e norme “legislative” (statali e regionali) del sistema eletto-rale è ovviamente reciproco. Nel primo senso, la Corte ha accolto una interpretazione rigida dell’art. 5 della l. cost. n. 1/1999, rite-nendo precluso l’intervento della legge elettorale senza la previa ado-

zione del nuovo Statuto, se non in relazione a «spazi esigui», ovvero ad «aspetti di detta-glio» costituenti «modifiche non significative». Il preciso rapporto cronologico realizza l’esigenza di evitare disfunzionalità o l’elusione del carattere fondamentale dello Statuto

20 – si pensi alla rispettiva scelta sul numero dei consiglieri regionali – ovvero evita che il condizionamento del sistema elettorale sulla forma di governo avvenga al di fuori dei limiti fissati dal primo

21. Tale esigenza è ritenuta comunque non sacrificata nel caso in cui la legge elettorale superi gli spazi esigui a disposizione rinviando tuttavia la propria applica-zione all’entrata in vigore della fonte statutaria

22. Più in generale, quanto a tali condizionamenti, se «l’iniziale presunzione di consonanza

politica» è stata ritenuta il perno essenziale ed il tratto distintivo della forma di governo standard rispetto al classico rapporto di fiducia del sistema parlamentare (cfr. sent. cost. n. 12/2006)

23, tale premessa si regge solo in presenza di uno svolgimento contestuale delle elezioni del Presidente e di quelle consiliari (cui la Corte si riferisce, ma che di per sé è un vincolo debole) e di un sistema che assicura l’iniziale omogeneità politica fra i due organi attraverso una solida maggioranza elettorale a favore del Presidente eletto. È facile osservare che in assenza di tale iniziale garanzia aumenti il rischio di rendere il simul stabunt simul cadent una “gabbia”, nella quale, salvo l’ipotesi improbabile di crisi e ritorno al giudizio degli elettori, Presidente e Consiglio sono costretti a vivere da “separati in casa”, con ri-flessi negativi sull’efficienza dell’azione di governo

24.

19 Sulla l. stat. n. 165/2004, oltre ai contributi richiamati in sede di analisi dei singoli istituti da essa disci-

plinati, v. almeno AA.VV., 25, passim; M. OLIVETTI, 5, 11 s.; M. RAVERAIRA, 1, 21 ss.; M. COSULICH, 3, 275 ss. 20 Cfr. sentt. cost. n. 196/2003; 4/2010; 45/2011. In particolare, sulle peculiarità della posizione della

Corte in quest’ultima sentenza v. G. TARLI BARBIERI, 14, 633 ss. In tema cfr. pure A. RACCA, 3, 161 s. 21 Sull’elezione diretta come elemento costitutivo della forma di governo regionale standard, cfr. M. CARLI-

C. FUSARO, 1, 101. In tema, v. da pure da ultimo G. FERRAIUOLO, 1, spec. 7 ss. Sul sistema elettorale in senso lato come parte integrante della forma di governo, cfr. A. SPADARO, 8, 104 (ma per molti aspetti, la c.d. legislazione elettorale di contorno, ricompresa nel primo, incide addirittura sul concreto assetto della forma di Stato).

22 Cfr. sent. cost. n. 3/2006 (relativa alla legge marchigiana). Si pone invece ugualmente il problema degli “spazi esigui” in caso di differimento dell’applicazione della legge elettorale ad una determina tornata di vo-tazioni: in questo caso, il “rinvio” non garantisce di per sé l’entrata in vigore, prima di quel momento tem-porale, di un nuovo Statuto (e la sua coerenza con la legge). Sulla base di tale condivisibile argomentazione, con la sent. cost. n. 45/2011 la Corte ha da ultimo annullato – proprio per “sconfinamento” – la parte più innovativa della leggi regionali elettorali della Regione Basilicata nn. 3 e 19/2010.

23 Sulla sent. cost. n. 12/2006, oltre agli Autori già citati, v. almeno A. RUGGERI, 9; A. BURATTI, 1, 90 ss.; S. CATALANO, 1, 102 ss.; S. MANGIAMELI, 4, 778 ss.; M. VOLPI, 3, 1185 s.

24 In tal senso, è emblematica la vicenda relativa alle elezioni nei Comuni maggiori, in relazione alle quali

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 161

I principi della legge cornice sul sistema elettorale in senso stretto

A ben vedere, però, nella fase “a regime”, tanto la contestualità delle elezioni che la creazione di meccanismi majority assuring sono rimesse alla competenza legislativa concor-rente.

In realtà, la prima (contestualità delle elezioni) costituisce uno dei princìpi fondamentali fissati dalla l. stat. cornice n. 165/2004 [art. 1, c. 4, lett. b)] nel caso di scelta statutaria a favore dell’elezione presi-denziale a suffragio universale. Si precludono in tal senso eventuali «scissioni temporali» fra le stesse, per quanto ciò non implichi la ne-cessaria unicità della scheda e del procedimento elettorale

25 e non impedisca l’eventuale introduzione di un sistema a doppio turno.

Quanto al secondo aspetto (majority assuring), invece, la legge cornice si limita a ri-chiedere un sistema che agevoli la formazione di stabili maggioranze consiliari, mentre impone che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. Al di là della differenza fra i due termini – che appare fisiologica in quanto con il solo sistema elettorale non si può ov-viamente assicurare che il Presidente riesca a contare per l’intera durata della legislatura su una maggioranza stabile

26 – il principio de qua non sembra richiedere necessariamente un premio di maggioranza, né ovviamente impedire la modifica di quello previsto dal sistema transitorio (anche nel senso di eliminare la possibilità dei c.d. seggi aggiuntivi: si pensi, ad esempio, all’esperienza Toscana). La strada dell’innovazione è dunque in teoria aperta an-

la giurisprudenza amministrativa ha adottato una interpretazione tesa a leggere in modo restrittivo le condi-zioni, negative e positive, previste dal TUEL per l’assegnazione del premio di maggioranza. Quanto alle prime, nel verificare se la lista o il gruppo di liste collegate ad un candidato a Sindaco diverso da quello vincente al secondo turno non abbiano comunque conquistato nel primo turno più del 50% dei voti validi, si deve tener conto non solo dei voti espressi a favore delle liste – la c.d. «cifra elettorale complessiva», cui del resto la nor-mativa fa riferimento per indicare i soli voti espressi nei confronti della lista o del gruppo di liste collegate – ma anche di quelli espressi nella prima tornata solo a favore del candidato a Sindaco collegato senza contestuali preferenze a favore di una qualsivoglia lista. E l’intero “paniere” cui rapportare le percentuali è dato dunque dall’insieme dei voti validi espressi a favore delle liste e di quelli destinati ai candidati alla carica di Sindaco che non risultano “accompagnati” dal primo voto a favore di una lista o di un gruppo di liste (cfr. T.A.R. Piemon-te, sent. n. 2316/2009, confermata da Cons. St., sez. V, sent. n. 3022/2010; in senso adesivo, cfr. pure lo stesso T.A.R. Calabria, Catanzaro, sent. n. 1821/2010). Contra tale orientamento giurisprudenziale – giudica-to eccessivamente appiattito sulle esigenze della governabilità, a discapito del valore davvero fondamentale della rappresentanza politica e della stessa funzione del voto disgiunto – cfr. T.E. FROSINI, 3, 6, nonché, più diffusamente, 4, in cui l’A. evidenzia anche talune evidenti incoerenze nella giurisprudenza di Palazzo spada. In senso invece adesivo all’orientamento dei giudici amministrativi, v. la relativa Postilla di V. ONIDA, 13. A ben vedere, poi, il ragionamento di fondo del Consiglio di Stato dovrebbe valere anche per verificare la realiz-zazione della condizione positiva richiesta nel caso in cui il Sindaco sia eletto al primo turno. In particolare, si tratta di valutare in tal modo se i gruppi di liste collegate a quest’ultimo abbiano conquistato almeno il 40% (anche qui: «dei voti validi»). In tal caso, se nel “paniere” si fanno rientrare anche i voti espressi solo a favore dei candidati a Sindaco, l’effetto non potrà che agevolare la lista o le liste collegate a quello vincente nel rag-giungimento della percentuale richiesta.

25 Cfr. F. DRAGO, 1, 143. Cfr. pure, retro, nt. 10. 26 È evidente che la concreta realizzazione di tale obiettivo dipende anche dalle altre norme sulla forma di

governo estranee alla competenza concorrente, dalle dinamiche inter-partitiche e infra-coalizionali e, infine, dalle stesse scelte personali dei singoli consiglieri che, forti del divieto di mandato imperativo, potrebbero in-fine abbandonare durante la legislatura la stessa maggioranza creata attraverso le elezioni (finanche nel caso in cui il loro seggio sia stato ottenuto proprio grazie al premio).

ALESSIO RAUTI 162

Il varo della legge elettorale calabrese

n. 1/2005

Il ricorso alla tecnica «impropria» della

novellazione

che a tutti quei sistemi che in altro modo – ovvero senza premio ed in modo correlato ad altre variabili – possono comunque agevolare la presenza di una solida maggioranza: si pensi al ricorso a collegi maggioritari uninominali, a turno unico o doppio, pur con il ne-cessario contrappeso di una quota proporzionale adeguata ad “assicurare” l’“altro” princi-pio

27. Occorrerà tuttavia valutare attentamente il diverso modo di ciascuno di tali sistemi di condizionare il funzionamento di un vero e proprio “governo di legislatura”.

Se si esclude una incursione iniziale nel campo della prorogatio, il legislatore calabrese non ha neppure tentato di disciplinare o “forza-re” gli spazi esigui concessi alla legge elettorale in assenza del nuovo Statuto. Dopo gli esiti non particolarmente felici del primo “model-

lo” di delibera statutaria (“bocciato” dalla sent. cost. n. 2/2004), il nuovo Statuto (la l. reg. n. 25/2004) comprensibilmente sceglie in modo chiaro l’elezione a suffragio universa-le e diretto del Presidente della Giunta (art. 33, c. 1, St.) ed innalza da quaranta a cin-quanta il numero di consiglieri. Entrato in vigore lo Statuto e la stessa “ritardataria” legge cornice, è stata infine approvata la l. elettorale n. 1/2005, una delle poche già applicate nelle votazioni regionali di quell’anno. In realtà, l’attesa anche di tale atto statale non era necessaria, potendosi ugualmente procedere al varo della nuova disciplina, purché «nel ri-spetto dei principi fondamentali che si ricavano dalla preesistente legislazione statale» (sent. cost. n. 196/2003).

La legge in questione ha in comune con altre normative elettorali regionali non solo l’essere stata approvata (con maggioranza assoluta, come prescritto dall’art. 38, c. 1, St. 28 a ridosso delle votazioni del 2005

29, ma anche la struttura per relationem derivante dal ricorso alla c.d. tecnica della “novellazione”, in base alla quale si recepisce con rinvio materiale il mo-

27 Sulla “preferenza” che potrebbe invece trarsi dalla legge cornice – attesa la diversità dei termini impiega-ti, che sottenderebbe un diverso giudizio di valore sulle esigenze rispettivamente sottese – per la definizione di sistemi proporzionali corretti cfr. invece A. MORELLI, 1, 209. Al contrario, per una lettura “riduttiva” dei princìpi in questione, che non escluderebbero invero alcuno dei sistemi noti in dottrina e attualmente indivi-duabili a livello comparato (come quello francese, spagnolo o tedesco), v. S. GAMBINO, 1, spec. 6 e 11. Diffi-cile, tuttavia, ammettere anche i sistemi proporzionali puri, per quanto anche questi potrebbero produrre ef-fetti selettivi ove i seggi fossero completamente ripartiti in circoscrizioni a bassa magnitudine. Anche al di là di tale limite, tuttavia, la Regione non può ritenersi completamente «libera di scegliere tra collegi uninominali e collegi plurinominali (o miscele tra i due), con tutte le loro varianti» (così, invece, G. FALCON, 6, 38), almeno se con ciò si lascia aperto il campo a (per la verità, improbabili) sistemi completamente o eccessivamente maggio-ritari (privi cioè di una totale o adeguata garanzia di rappresentanza delle minoranze). Altra cosa è ovviamente riuscire facilmente ad individuare, sia pure entro tale già ardua perimetrazione, il punto ragionevole di bilan-ciamento fra i due principi in gioco, evidentemente orfano di sicuri parametri di giudizio ed esposto all’inci-denza delle variabili del sistema politico. Per una valutazione dei tentativi di bilanciamento operati dalle diver-se leggi elettorali, v. G. PERNICIARO, 2, 409 ss.

28 Sulle procedure legislative rinforzate previste dai diversi statuti ordinari per l’approvazione della legge elettorale, cfr. da ultimo la sintesi di L. TRUCCO, 1, 530.

29 E dunque nell’anno precedente le elezioni, con buona pace delle contrarie indicazioni in tal senso provenienti della c.d. Commissione di Venezia. Sull’attività e sugli standards elaborati in materia elettorale dalla Commissione di Venezia (“Commissione per la democrazia attraverso il diritto”) – organo consultivo del Consiglio d’Europa – v. ora U. MIFSUD BONNICI, 1, spec. 7 ss., nonché N. LUPO, 2, 426 ss. (ivi riferimenti anche ai rilievi dell’OSCE-ODIHR sulle elezioni politiche italiane del 2006 e del 2008) e D. GIROTTO, 1, 1563 ss.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 163

I caratteri del sistema elettorale calabrese

Lo “svuotamento” del listino regionale

dello elettorale transitorio ad eccezione di quanto espressamente previsto dalla stessa legge (cfr. l’art. 1, c. 7). Per quanto la Consulta abbia “fatto salvo” sotto il profilo dell’il-legittimità il ricorso a tale tecnica, non ha mancato comunque di rilevarne l’«improprie-tà», visto che il rinvio generale finisce con l’abbracciare anche disposizioni – si pensi alla norma sulla durata dei Consigli – che, in quanto estranee alla competenza regionale, non possono essere, per così dire, “regionalizzate” e per le quali dunque non può valere il clas-sico effetto “sostitutivo” realizzato per le altre dal suddetto recepimento (sent. cost. n. 196/2003)

30.

III.2.3. Le modalità di espressione del voto, le liste, la ripartizione della quota pro-porzionale e la soglia di sbarramento

Il rinvio della legge elettorale calabrese alla legislazione statale in-duce a qualificare il sistema elettorale calabrese come “misto”, e in particolare proporzionale con premio di maggioranza sicuro, ancorché concretamente variabile

31. Come si vedrà, sono inoltre molteplici i piani di condiziona-mento – fino a registrarsi ipotesi di “fusione” a livello di voto – fra la quota proporzionale e quella maggioritaria. In realtà, tale rapporto dipende infine anche dai concreti risultati elettorali. Sicuramente, però, mentre la logica maggioritaria emerge attraverso la garanzia di una solida maggioranza consiliare a sostegno del candidato alla Presidenza della Giunta vincente, per le modalità di elezione dei consiglieri essa cede completamente il posto alla tipica logica proporzionale fondata su una competizione fra liste all’interno di circoscri-zioni, corrispondenti al territorio delle Province. Sicché, se si eccettua dunque la “corsa” maggioritaria alla Presidenza sono completamente assenti i collegi uninominali.

Le due diverse “competizioni” – fra liste circoscrizionali e fra liste regionali dei candidati alla Presidenza – sono invero intrecciate: per consentire, in caso di vittoria, l’assegnazione dei premi di maggio-ranza la lista regionale deve essere, a pena di nullità, collegata con un gruppo di liste circo-scrizionali presentate in almeno la metà delle Province della Regione, con arrotondamento per eccesso (dunque 3 su 5, ma – se il c.d. “riordino” delle Province farà venir meno in Calabria quelle di Vibo Valentia e Crotone – 2 su 3). Una speculare condizione è prevista per ciascuna lista provinciale. Peraltro, a seguito delle modifiche introdotte nel 2010, la lista regionale è oramai composta dal solo candidato alla Presidenza della Giunta – che non casualmente non risulta più definito “capolista” (art. 2, c. 4, l. reg. n. 1/2005) – e for-se discutibilmente non risulta più contrassegnata da alcun simbolo [cfr. art. 2, c. 1, lett. e),

30 Sui problemi di coordinamento posti dalla tecnica della novellazione e dal cattivo drafting della legge elettorale calabrese v. A. RAUTI, 3, 312 ss.

31 In particolare, «dal punto di vista puramente descrittivo» – ovvero al di là di qualsiasi indagine sul relativo “rendimento” – sono stati definiti misti «quei sistemi che impiegano (almeno) due differenti formule, l’una maggioritaria e l’altra proporzionale, simultaneamente in una stessa elezione, a patto che i rappresentanti eletti grazie a una delle due formule siano almeno il 5% di quelli eletti grazie all’altra» (così A. CHIARAMONTE, 1, 253, sulla scorta della letteratura politologica straniera, ma v., dello stesso A., 2, passim). Sul premio di maggioranza come “peculiarità italiana”, AA.VV., 53.

ALESSIO RAUTI 164

Le modalità di espressione del voto

Il voto disgiunto

l. reg. n. 1/2005]. Viene di conseguenza abolito l’obbligo per le liste provinciali collegate allo stesso candidato Presidente di presentare il medesimo simbolo [cfr. art. 2, c. 1, lett. d )], mentre per la concreta individuazione dei candidati destinatari del premio si attinge alle liste circoscrizionali.

Quanto alle modalità di votazione, il rinvio contenuto nell’art. 1, c. 7, l. n. 1/2005 alle «vigenti norme» della disciplina statale con-ferma non solo la presenza di una scheda unica (per l’elezione del

Presidente della Giunta e dei consiglieri regionali), ma anche la possibilità per l’elettore di esprimere … pluralisticamente il proprio voto: a) unicamente per la lista circoscrizionale [a1) con o a2) senza preferenza (unica) per il singolo candidato] – nel qual caso il voto si estende anche al candidato Presidente collegato – o b) per uno dei candidati Presidenti (voto “isolato” che invece non si estende al gruppo o ai gruppi di liste provinciali collega-te); c) per la lista circoscrizionale [c1) con oppure c2) senza espressione di una preferenza per il singolo candidato)] e per il candidato Presidente collegato (voto “congiunto”); d ) per la lista circoscrizionale [con d

1) o senza d 2) preferenza per il singolo candidato] e per un can-

didato Presidente non collegato a quest’ultima (c.d. voto disgiunto) 32.

Voto alla sola lista circoscrizionale

Trasferimento del voto anche al listino regionale collegato A)

a1) con voto di preferenza

a2) senza voto di preferenza

Voto al solo listino regionale B) Non si trasferisce alle liste circoscrizionali collegate

Voto alla listacircoscrizionale…

… e al listino regionale collegato (voto “congiunto”)

C) c1) con voto di preferenza

c2) senza voto di preferenza

COMPETIZIONE PROPORZIONALE COMPETIZIONE MAGGIORITARIA

Voto alla listacircoscrizionale…

… e ad un listino regionale non collegato alla prima (voto “disgiunto”)

D) d1) con voto di preferenza

d2) senza voto di preferenza

Modalità di espressione del voto

Il voto disgiunto – ordinariamente previsto anche dalle leggi elet-torali delle altre Regioni, ad eccezione delle Marche – accentua evi-

dentemente la personalizzazione della competizione presidenziale, consentendo all’elettore di accostare al “primo” voto per il proprio partito un secondo voto anche “eccentrico”, ovvero “dirottabile” verso un candidato alla Presidenza diverso da quello collegato alla li-

32 Cfr. art. 2, c. 2.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 165

Il voto di preferenza e le infiltrazioni criminali nelle

istituzioni

sta provinciale scelta ma ritenuto “preferibile” a quest’ultimo. Ciò rende possibile lo scosta-mento fra la percentuale di consensi ottenuta dai candidati alla Presidenza – che determina la conquista del premio di maggioranza – e quella raggiunta dalle liste provinciali ad essi col-legate. Peraltro, prima del 2010 la scelta dell’elettore di “premiare” un diverso “Presidente” poteva anche giustificarsi in chiave di “sanzione” nei confronti di taluni componenti del ri-spettivo listino regionale bloccato, che in caso di vittoria sarebbero stati eletti in conseguenza dell’applicazione del premio

33. Del resto, da ipotetica prefigurazione della probabile squadra di governo, nei fatti il listino era divenuto piuttosto un topos di “spartizione” proporzionale della quota maggioritaria fra i notabili dei diversi partiti (in teoria con particolare attenzione a forze politiche e territori altrimenti privi di adeguata rappresentanza). Sennonché, ormai lo svuotamento del listino non solo evita la presenza di una duplice tipologia di candidati, al-cuni dei quali non realmente “scelti” dagli elettori, ma verosimilmente potrebbe spingere ad un contenimento del voto disgiunto. Ove l’elettore rinunciasse a tale possibilità, infatti, la sua preferenza per un determinato candidato circoscrizionale potrebbe offrire a quest’ultimo una chance in più di elezione attraverso i seggi del premio laddove il candidato alla Presiden-za collegato vincesse la competizione maggioritaria.

Ciò va attentamente considerato alla luce del fatto che ancora og-gi in Calabria ben otto elettori su dieci esprimono la propria preferenza per un candidato circoscrizionale

34, nonostante una recente flessione di tale indice

35. La forte carica di micro-personalizzazione, strettamente connessa alle specificità della cultura politica regionale, si pone in un rapporto complesso con la macro-personalizzazione che caratterizza la competizione presi-denziale. È pur vero che il numero dei voti ottenuti dal Presidente vincente supera nor-malmente quello dei gruppi delle liste collegate

36, ma ciò non toglie che la presenza in queste ultime di candidati “forti” può costituire una “marcia in più” a volte essenziale quando la vittoria maggioritaria dipende da poche manciate di voti. Il voto ad personam dovrebbe almeno in teoria frenare la tendenza all’astensionismo

37 e costituire fisiologica-mente un possibile antidoto democratico contro l’abuso di potere delle oligarchie politi-che. I difetti sono altrettanto noti: tale possibilità non solo determina una forte competi-zione “intestina” alle singole liste, con il rischio di ulteriore frammentazione interna ai partiti, ma si presta alla patologia del voto clientelare, spesso trans-partitico (o trans-coali-zionale), fenomeno assai diffuso nel territorio calabrese.

33 Sui discutibili aspetti legati all’operare di voto disgiunto e premio di maggioranza, v. già, criticamente, A. DI GIOVINE-F. PIZZETTI, 1, 38; G. TARLI BARBIERI, 10, 152.

34 È ben noto, del resto, come il c.d. “indice di preferenza” – ovvero il rapporto fra voti alla lista circo-scrizionale e le preferenze espresse a favore di un suo singolo candidato – sia solitamente molto alto nelle Re-gioni meridionali. In tema, v. R. DE LUCA, 1, 101 ss.

35 Si passa dall’87,4% del 2005 all’84,1% del 2010, con percentuali più basse per alcune liste più for-temente caratterizzate sul piano ideologico (es. Bonino-Pannella) o strettamente legate, anche nella deno-minazione, al candidato alla Presidenza collegato. In ogni caso, l’indice di preferenza in Calabria rimane fra i più alti, subito dopo quello della Basilicata. Sul punto, cfr. R. DE LUCA, 2, 3 e 4. Per un quadro comparato dei dati delle precedenti elezioni, cfr. già D. FABRIZIO-P. FELTRIN, 2, 180. In tema v. pure D. NAPOLI, 1, 1170.

36 Per i dati fino al 2005, cfr. F. MUSELLA, 1, 93 ss., cui si deve la distinzione terminologica fra micro- e macro-personalizzazione utilizzata nel testo.

37 Per quanto quest’ultima si mostri invece in progressiva crescita: cfr. R. D’ALIMONTE, 3, 13.

ALESSIO RAUTI 166

Le difficili alternative Al di là della risposta da ricercarsi sul piano culturale – risco-

prendo il genuino pathos della politica nel quadro dell’ethos costitu-zionale

38 – è difficile individuare valide ed efficaci soluzioni sul piano elettorale. Non pos-sono esserlo i collegi uninominali maggioritari – che anzi agevolerebbero il dominio poli-tico delle cellule della criminalità organizzata calabrese capaci di controllare singole por-zioni di territorio in una sorta di “federalismo del crimine”

39 – e neppure le liste bloccate, ovvero “blindate” dalle segreterie dei partiti senza possibilità di preferenza, per quanto queste ultime sarebbero comunque mediamente “corte”

40, non confondendo l’elettore di fronte ad un elenco infinito di candidati. Del resto, la profonda delegittimazione dei par-titi presenti in Regione deriva anche dalla loro scelta di sostituire già a livello nazionale le “preferenze” con le “nomine” dei candidati in concreto eletti, effetto reso possibile dalla presenza di liste bloccate e dalla possibilità di un candidato di presentarsi in tutte le circo-scrizioni (e di “vincere” in più d’una fra queste, scegliendo poi a quale rinunciare e quindi chi, il primo dei non eletti, far subentrare al suo posto). Una dinamica simile potrebbe ri-prodursi “in piccolo” anche nelle elezioni regionali, vista l’attuale possibilità – con la riser-va prima ricordata – di presentare candidature circoscrizionali in addirittura tre Province (limite massimo mutuato dal sistema transitorio in base al rinvio generale dell’art. 1, c. 7) su cinque, che potrebbe divenire un limite inesistente laddove il processo di riordino delle stesse le riducesse a tre. Né sarebbe un vero rimedio lo svolgimento delle c.d. “primarie”, che ripropongono il problema della preferenza e del “confezionamento” delle relative liste (anche qui ad opera delle segreterie dei partiti). Al più si potrebbe intervenire in una du-plice direzione: da un lato, impedendo la presentazione delle candidature in più di una circoscrizione e, dall’altro, “riequilibrando” il peso determinante delle preferenze attraver-so il ricorso a liste né del tutto “aperte”, come quelle attuali, e neppure completamente “bloccate”, ma “flessibili”. In particolare, nella ripartizione dei seggi l’ordine dei candidati in lista prestabilito dal partito potrebbe essere “scalato” da chi fra questi riuscisse a con-quistare un’adeguata percentuale di consensi (es. la metà dei voti necessari per raggiungere un quoziente elettorale)

41. Ma non si può ovviamente escludere che la seconda “correzio-ne” proposta sia infine “piegata” ad una duplice patologia, finendo paradossalmente per non scalfire né il peso della “nomina” partitica nella fissazione dell’ordine dei candidati in elenco e neppure l’eventuale capacità delle “clientele” di ottenere comunque l’elezione dei “propri” candidati “sostenuti” da un numero molto alto di preferenze.

38 Che è, infine, un super-ethos (M. LUCIANI, 1, 120 s.) o una vera e propria meta-etica (cfr. A. SPADARO, 14, spec. 261 ss., ma passim, e A. RAUTI-A. SPADARO, 1, 65 ss.).

39 Su tali aspetti, cfr. nuovamente A. RAUTI-A. SPADARO, 1, 37 ss. Sul rapporto fra i ristretti collegi uni-nominali ed il potere dei gruppi locali – sia pure in una prospettiva interna all’organizzazione partitica – v. M. DUVERGER, 1, 84.

40 In particolare, in base ai dati delle elezioni del 2010, attualmente, il numero massimo dei soggetti candidabili in lista – pari al numero dei seggi assegnati nella singola circoscrizione – nelle province calabresi è in media di 8, sia pure con minimi di tre e punte di quindici. Il numero minimo di candidati per ciascuna lista, invece, è pari a due terzi di quello massimo (art. 3, c. 1, modificativo dell’art. 9, c. 5, l. n. 108). Tuttavia, è evidente che la prospettiva di riordino delle Province potrebbe portare, di riflesso, ad una crescita del numero di seggi in palio nelle singole circoscrizioni elettorali e, dunque, a liste più “lunghe”.

41 Sulle differenti dinamiche che caratterizzano il ricorso alle liste “flessibili” nei Paesi europei – nelle quali il singolo partito potrebbe addirittura optare anche per le liste bloccate – cfr. R. D’ALIMONTE, 4; 5, 13.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 167

La ripartizione della quota proporzionale

Lo “slittamento” dei seggi

Nella prima fase di assegnazione della quota proporzionale, la par-te di essa assegnata a ciascuna circoscrizione viene ripartita con la formula di Hagenbach-Bischoff, ovvero del quoziente “rettificato di una unità”

42, correzione che, riducendo il quoziente rispetto a quello “naturale”, facilita l’assegnazione dei seggi in tale sede. In particolare, da un lato, i piccoli partiti hanno una maggiore chance di ottenere quantomeno il loro primo seggio (abbassandosi in tal senso l’effettiva soglia di sbarramento “implicita”

43 – ancorché non è affatto detto che ciò accada in concreto – dall’altro, il partito più forte (o i più forti) ne ricevono spesso un beneficio in termini di ulteriori seggi conquistati, con un relativo effetto di sovra-rappresentazio-ne

44. Nel complesso, la formula in questione agevola il radicamento territoriale della rap-presentanza e dunque la visibilità anche di liste a carattere localistico.

I seggi eventualmente non assegnati a quoziente intero nei collegi circoscrizionali (c.d. resi-dui) confluiscono nel collegio unico regionale (C.U.R.) per essere ripartiti al suo interno fra i gruppi di liste con il medesimo contrassegno attraverso la formula del quoziente naturale e dei più alti resti. Si tiene conto, a tal fine, dei c.d. voti residuati, ovvero non utilizzati per conqui-stare seggi a quoziente intero nelle circoscrizioni. In tale seconda fase, del tutto eventuale, il ricorso ad una formula maggiormente proiettiva in un collegio territorialmente più ampio offre un’importante chance alle formazioni politiche minori, specie a quelle diffuse nell’intero terri-torio regionale ma prive, magari, di un radicamento locale tale da consentire loro la conquista di seggi in una determinata circoscrizione provinciale. Solo una volta ripartiti i seggi residui fra queste si procederà alla rispettiva assegnazione “finale” fra le liste provinciali del gruppo

45. In tale ultima fase si privilegiano peraltro le liste il cui numero di

voti residui si avvicini maggiormente in percentuale al quoziente inte-ro della propria circoscrizione. Pure il riferimento a tale indice – in luogo del “resto” più alto in termini assoluti – ugualmente non impedisce il fenomeno del c.d. “slittamento” dei seggi, ovvero la relativa assegnazione in una Provincia – verosimilmente,

42 Com’è noto, la formula utilizzata è Q = V/S + 1, dove V indica la somma delle cifre elettorali (ovvero dei voti) ottenuti dalle liste concorrenti ed S il numero dei seggi in palio in quella specifica circoscrizione. Invero, tale formula potrebbe anche condurre ad assegnare virtualmente più seggi di quelli effettivamente in palio nella circoscrizione. Proprio in relazione a tale ipotesi, l’art. 15, c. 3, lett. b), dispone che si proceda ad una nuova assegnazione utilizzando stavolta il divisore diminuito di una unità (ovvero adottando la formula del quoziente naturale). Sull’origine storica della formula di Hagenbach-Bischoff e sul suo funzionamento v. da ultimo L. TRUCCO, 1, 355.

43 Sulle diverse definizioni di soglia implicita (“di inclusione” o “di esclusione”), v. D. FABRIZIO-P. FELTRIN, 1, 205 ss. e la sintesi di L. TRUCCO, 1, 455 ss.

44 In tal senso, v. le simulazioni condotte in passato proprio sui sistemi elettorali regionali da A. AGOSTA, 1, 174, nt. 10 e, dopo la riforma del 1999, da A. CHIARAMONTE-R. D’ALIMONTE, 1, 190. In particolare, in molte delle simulazioni realizzabili, fermo restando il “peso” della diversa magnitudo dei collegi e del numero di competitori al loro interno, uno dei primi effetti di tale correzione – a volte l’unico – è proprio l’acquisto di un surplus di seggi (uno o talvolta più) da parte dei partiti meglio piazzati.

45 Il quoziente naturale regionale si ottiene dividendo i voti residui dei gruppi di liste per il numero di seggi non assegnati nelle circoscrizioni provinciali. I seggi spettanti a ciascun gruppo vengono poi attribuiti alle rispettive liste circoscrizionali secondo una graduatoria che tiene conto del numero di voti da esse conse-guito, moltiplicato per cento e diviso per il quoziente della propria circoscrizione (cfr. l. stat. n. 108/1968, art. 15, c. 10). Laddove tutti i relativi candidati siano risultati eletti il seggio è assegnato alla lista di altra circo-scrizione individuata sulla base della suddetta graduatoria. Ove così non fosse, è proclamato eletto il candidato fra i non eletti in sede circoscrizionale che ha ottenuto la maggiore cifra individuale (art. 15, u.c.).

ALESSIO RAUTI 168

I riflessi della soglia di sbarramento: 1) sul quoziente circoscrizionale;

una di quelle più “ampie” – diversa da quella cui questi erano stati originariamente “destina-ti” in base alla popolazione residente. È chiaro che il compito generale di rappresentanza del consigliere regionale non può essere vincolato agli interessi della circoscrizione in cui è eletto – stante il divieto di mandato imperativo

46 – ma non può escludersi che il rischio di privare soprattutto le circoscrizioni più piccole di qualsiasi rappresentanza

47 possa costituire un in-centivo all’astensione elettorale, anche e soprattutto nella misura in cui svuota di forza pro-pulsiva lo stesso ricorso al voto di preferenza

48. In realtà, a seguito delle modifiche interve-nute nel 2010, è molto più difficile che una circoscrizione rimanga senza rappresentanza, visto che anche il premio di maggioranza è ora destinato alle liste provinciali. Altro, ovvia-mente, è ritenere semplicemente con ciò assicurata «la rappresentanza in Consiglio regionale delle diverse Province», come invece richiesto dallo Statuto calabrese [art. 38, c. 1, lett. d )].

In realtà, sulle fasi di assegnazione dei seggi nelle circoscrizioni e nel C.U.R. incide in modo sensibile la c.d. clausola di sbarramento, che esclude dall’accesso al riparto circoscrizionale – e, di riflesso, a quello regionale – le liste il cui gruppo non abbia ottenuto, nell’intera Regione, almeno il 4% dei voti validi. La “nuova soglia”, introdotta

già dalla l. n. 1/2005, costituisce senz’altro una delle modifiche più innovative della discipli-na calabrese. Si tratta con evidenza di un meccanismo selettivo più rigoroso della soglia ori-ginaria prevista dal modello transitorio (3%): a differenza di quest’ultima, infatti, non è “ag-girabile” neppure laddove il medesimo gruppo risulti «collegato ad una lista regionale che ha superato la percentuale del 5%» (art. 1, c. 3). In tal senso, poiché neppure l’appartenenza ad una delle due principali coalizioni offre automatico riparo dall’effetto selettivo, la soglia in questione non favorisce di per sé la bipolarizzazione dell’offerta politica.

In secondo luogo, poi, in virtù dell’oramai costante indirizzo della giurisprudenza ammi-nistrativa – maturatosi, con un netto revirement, dopo la svolta maggioritaria del 1995

49 e confermato da ultimo proprio in relazione all’applicazione dello specifico sistema calabre-se

50 – la verifica del superamento della soglia precede già la conclusione della prima fase, visto che ai fini determinazione del quoziente circoscrizionale (e, di riflesso, di quello re-gionale) devono essere scorporati i voti ottenuti dalle liste il cui gruppo è risultato sotto-soglia. In tal senso, in modo correlato al grado di frammentazione dell’offerta politica e dunque di dispersione dei voti – fattori che facilitano la collocazione di liste provinciali sotto la soglia – il conseguente abbassamento del quoziente favorisce l’assegnazione dei seggi all’interno della circoscrizione e dunque, come già rilevato, consolida complessiva-

46 Principio che potrebbe infine risultare inciso ove si «enfatizzasse» oltre modo la questione della rappresen-tanza territoriale: così G. TARLI BARBIERI, 10, 97. In tema, da una prospettiva più generale, cfr. I. CIOLLI, 1.

47 Sullo spiegarsi di tale effetto penalizzante in Toscana, v. G. TARLI BARBIERI, 10, 97. 48 Tale esito estremo – che, tuttavia, neppure viene escluso da una apposita norma della legge cornice statale –

non si è per fortuna verificato nelle elezioni calabresi del 2010, che pure hanno fatto emergere uno slittamento nella quota proporzionale di un seggio a favore delle due circoscrizioni più ampie (Reggio Calabria e Cosenza).

49 In tal senso, con argomenti in verità non irresistibili – e fra questi l’idea che in tal modo si assicuri una «piena corrispondenza fra la volontà degli elettori ed il risultato delle elezioni» – cfr. la storica decisione del-l’adunanza plenaria n. 13/1997 (su cui criticamente T.E. FROSINI, 1, 4147 ss.). In tema, v. S. SASSI-A. VEDASCHI, 1, spec. 246 s., nt. 182.

50 In tal senso, cfr. sent. Cons. St. n. 124/2006, che conferma la decisione n. 1342/2005 del T.A.R. Ca-tanzaro, nonché, da ultimo, Cons. St. n. 3806/2011.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 169

2) sull’accesso alla quota maggioritaria;

3) sulla strategia dei partiti

mente la rappresentazione dei partiti più forti (così accentuando l’effetto distorsivo già in teoria imputabile alla soglia di sbarramento). In realtà, le conseguenze vanno valutate in modo organico, non escludendosi effetti boomerang e casi davvero paradossali 51.

Comunque sia, una volta determinato il quoziente circoscriziona-le con il previo scorporo dei voti delle liste sotto-soglia, si deve attri-buire il premio di maggioranza non più al listino regionale, oramai “svuotato”, ma proprio alle stesse liste provinciali collegate al candidato alla Presidenza vincente tenendo conto del grado con cui il numero dei rispettivi voti residuati si avvicina al quoziente circoscrizionale intero

52. Di conseguenza, è evidente che la clausola ne sbarra l’accesso non solo alla quota proporzionale

53, ciò che appare del tutto naturale, ma anche alla “fruizione” del premio di maggioranza

54. Si tratta dunque di una vera soglia minima di inclusione, il cui mancato superamento impedisce di avere una rappresentanza, mentre il suo raggiungimento in teoria offre una chance, non ancora la certezza, di conquistare il proprio primo seggio, ed in pratica ha consentito nelle due ultime elezioni di ottenere normalmente più di uno scranno consiliare nella quota proporzionale

55. Di certo, una soglia così alta rende indispensabile la creazione di

liste unitarie fra i partiti a rischio di non farcela con le proprie sole forze, per quanto proprio tali operazioni aggregative possano essere infine di mero maquillage (di sola “facciata”)

56, specie permanendo per i singoli partiti la

51 In relazione alla tornata elettorale del 2010, assai “istruttivo” è il ricorso al giudice amministrativo

presentato da un candidato della lista PDL, collegata al candidato alla Presidenza vincente, diretto a contestare la correttezza dell’interpretazione che esclude i voti delle liste sotto-soglia dal computo del quoziente, ritenuta all’origine della sua mancata elezione. La diversa ed opposta “lettura” ermeneutica sostenuta dal ricorrente, in-fatti, avrebbe determinato un innalzamento del quoziente circoscrizionale rispetto a quello determinato dagli Uffici elettorali, impedendo infine alla propria coalizione di raggiungere già in quota proporzionale la metà dei seggi consiliari complessivi. Tale differente interpretazione avrebbe dunque reso necessario, per la differenza di appena un seggio, l’assegnazione del premio di maggioranza in misura intera e la conseguente conquista, da parte del ricorrente, del proprio “scranno”. Sulla vicenda, cfr. la già citata sent. Cons. St. n. 3806/2011.

52 In particolare, si moltiplica per cento il numero dei voti che ciascuna lista del gruppo ha ottenuto e si divide il risultato per il quoziente della relativa circoscrizione. Si procede poi a formare una graduatoria decrescente (art. 15, c. 10, l. stat. n. 108/1968).

53 E ciò anche laddove nel proprio collegio la lista ottenesse una quota di consensi molto alta e finanche nel caso in cui uno dei propri candidati fosse risultato il più votato in quella circoscrizione, come verificatosi nella tornata del 2005: cfr. D. NAPOLI, 1, 1168.

54 Per un’analoga conclusione – invero, a nostro avviso, non adeguatamente argomentata – cfr. T.A.R. Ca-tanzaro, sent. n. 1724/2010.

55 In particolare, nel 2010, nella sola quota proporzionale – senza dunque tener conto dell’assegnazione del premio di maggioranza dimezzato e del riparto dei seggi residui alle liste non collegate al candidato alla Presi-denza vincente – il gruppo di liste Insieme per la Calabria (collegate con la coalizione vincente di centrodestra) ha ottenuto due seggi con il 5,15%. Analogo risultato in termini di seggi ottengono il gruppo di Italia dei Valori (collegato al candidato Callipo) con il 5,38% e, in modo ancor più significativo, Rifondazione comunista, grup-po collegato invece al candidato Loiero del centro-sinistra, con appena il 4,03% (cfr. il Verbale delle operazioni dell’Ufficio centrale regionale, modello n. 283-AR). Può inoltre ricordarsi che nel 2005 la lista “Progetto Calabrie” – collegata al listino di centro-sinistra assegnatario del premio di maggioranza – aveva ottenuto due seggi con il 4,22% dei consensi e che lo stesso risultato era stato raggiunto da “Rifondazione comunista” con il 5,16%.

56 Si consideri peraltro che l’introduzione della soglia calabrese nell’imminenza delle elezioni del 2005 ha ulteriormente agevolato la creazione di liste unitarie poco omogenee (soprattutto nel centrosinistra). Per una panoramica, cfr. D. NAPOLI, 1, 1151.

ALESSIO RAUTI 170

Il “primo” premio di maggioranza

possibilità di recuperare in seguito identità e visibilità costituendo propri mini- o mono-gruppi consiliari o attraverso le c.d. componenti politiche del gruppo misto

57.

III.2.4. I “premi” di maggioranza

Com’è noto, la stessa legge elettorale calabrese n. 1/2005 (art. 1, c. 2) fissa il numero dei consiglieri regionali «in cinquanta, in armo-nia con quanto previsto nello Statuto della Regione», salvo poi confer-

mare comunque l’applicabilità delle specifiche norme della legislazione statale in tema di assegnazione di seggi aggiuntivi 58. Prima ancora di occuparci di questi ultimi, va ricordato che il rinvio all’art. 15, c. 13 e 14, l. stat. n. 108/1968 – così come modificati dalla l. stat. n. 43/1995 – rende innanzitutto applicabile il c.d. “primo premio” di maggioranza già previsto dal sistema transitorio. Quali saranno le liste che ne fruiranno in concreto dipen-derà innanzitutto dall’esito della “corsa” fra i candidati alla Presidenza, i quali competono in un collegio regionale uninominale plurality (in cui vince semplicemente chi ottiene più voti). In realtà, chi taglia il traguardo in tale “corsa” ottiene molto più del proprio seggio di Presidente e di consigliere: può contare su un premio di maggioranza sicuro, ancorché in concreto variabile. E dunque può dirsi che sia proprio questo il reale numero minimo di seggi in palio (la magnitudo minima effettiva), che corrisponde ordinariamente a nove [art. 1, c. 1, lett. b)] – pari, insieme al seggio riservato al Presidente, al 20% degli scranni consi-liari – destinato tuttavia a ridursi a quattro nel caso in cui i gruppi di liste collegate al candi-dato alla Presidenza vincente abbiano già raggiunto il 50% dei seggi complessivi attraverso il riparto della quota proporzionale. In quest’ultimo caso i restanti cinque seggi non assegnati a titolo di premio sono ripartiti proporzionalmente fra gli altri gruppi di liste (garantendosi così una sorta di premio di opposizione o diritto di tribuna per le minoranze).

Peraltro, dopo la riforma del 2010, i consiglieri destinatari in concreto del premio «sono eletti con sistema maggioritario nell’ambito dei candidati concorrenti nelle liste circoscrizionali, in base ai voti conseguiti da liste regionali …» (nostri i c.vi). L’infelice formulazione va interpre-tata – non potrebbe essere diversamente – nel senso che, essendo oramai “svuotato” il listino, i seggi della quota maggioritaria vengono ripartiti in modo proporzionale (e non con formula maggioritaria) fra i gruppi di liste collegati al Presidente vincente, deve ritenersi, risultati sopra la soglia di sbarramento. Si ricorre in tal senso al quoziente naturale, integrato dal riferimento successivo ai più alti resti e alla più alta cifra elettorale. Quelli assegnati a ciascun gruppo sono poi ripartiti al suo interno fra le varie liste provinciali che lo compongono, a cominciare dalla prima circoscrizione cui non sono stati assegnati seggi nel riparto regionale della quota propor-zionale (ex art. 15, c. 13, n. 3, secondo periodo della l. stat. n. 108/1968)

59.

57 Sulle condizioni per la costituzione dei gruppi con meno di tre consiglieri (mini- o mono-), cfr. A. RAUTI,

3, 321 e la Parte II, Cap. II, §§ 5 e 7 e Cap. 3, § 4 di questo volume. In tema di struttura e finanziamento dei gruppi consiliari, v. ora la l. reg. n. 1/2013.

58 Art. 15, c. 13 e 14, l. stat. n. 108/1968, così come modificata dalla l. stat. n. 43/1995 e dall’art. 5, c. 1, l. cost. n. 1/1999. Peraltro, la successiva l. reg. n. 6/2010 ha introdotto un riferimento ulteriore all’asse-gnazione dei seggi aggiuntivi nell’art. 4, c. 1.

59 Cfr. T.A.R. Catanzaro, sent. n. 1724/2010.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 171

Il c.d. “premio di governabilità”:

l’assegnazione dei seggi aggiuntivi

L’originaria incostituzionalità della l. n. 1/2005

L’assegnazione di seggi aggiuntivi – il c.d. premio di governabilità – può invece risultare necessario per assicurare alle liste collegate al Presi-dente vincente il 55% o il 60% dei seggi complessivi, sempre che tale risultato non sia stato già raggiunto con l’assegnazione per intero del primo premio. La scelta fra le due percentuali dipende dall’entità di voti conquistati dal Presidente, rispettivamente minore o almeno pari (o superiore) al 40% di quel-li complessivi. Tale effetto di rafforzamento di una maggioranza che normalmente già esiste è risultato necessario in Calabria nelle votazioni del 1995 (quando ancora non vi era elezione diretta del Presidente) e nel 2000 (sotto, dunque, la vigenza del regime transitorio), ma non nelle due tornate successive (ovvero dopo il varo della nuova legge elettorale regionale).

Il ricorso ai seggi aggiuntivi in realtà può aversi anche per garantire la riserva di un seggio consiliare al “miglior perdente” laddove non sia a tal fine possibile attingere ai seggi della quota proporzionale (o della quota maggioritaria non assegnata alla coalizione del Presidente in presenza di un eventuale dimezzamento del premio) ripartiti nel C.U.R. sul-la base dei più alti resti (art. 5, c. 1, l. cost. n. 1/1999). A tale conclusione non osta la cir-costanza per cui la legge calabrese stabilisce espressamente una riserva del seggio a favore del candidato vincente alla carica di Presidente della Giunta e non anche del “miglior perden-te”. È corretto, infatti, ritenere – sulla scorta peraltro della giurisprudenza amministrativa – che in virtù del rinvio operato dalla l. reg. n. 1/2005, fra l’altro, all’art. 5, c. 1, l. cost. n. 1/1999, essa debba valere anche per le elezioni calabresi a titolo peraltro di norma non più statale e transitoria ma oramai pienamente a regime e regionale

60. In realtà, originariamente proprio tale rinvio rendeva la legge elet-

torale incostituzionale per violazione della norma statutaria che fissa-va il numero di consiglieri senza contenere un’apposita clausola di fles-sibilità idonea a consentire un suo eventuale innalzamento

61. Peral-tro, l’esistenza nella legge elettorale di un rinvio specifico alle apposite norme statali in materia di assegnazione dei seggi aggiuntivi (cfr. l’attuale art. 1, c. 2, seconda disposizio-ne) – ulteriore rispetto alla clausola residuale di rinvio (art. 1, c. 7) – ne avrebbe realisti-camente precluso una lettura “statutariamente orientata”, aprendo piuttosto la strada al relativo annullamento per violazione di fonte interposta

62. In realtà, nelle elezioni del 2005 non è stata necessaria l’assegnazione di seggi aggiunti-

60 Cfr. T.A.R. Catanzaro, sent. n. 1728/2010. 61 Sul punto, fra gli altri, cfr. B. CARAVITA, 4, X s. 62 Del resto, com’è noto, la presenza nella legge elettorale pugliese n. 2/2005 di una norma [l’art. 10, c. 1,

lett. j)] che modificava espressamente la formulazione della specifica disposizione della normativa statale sui seggi aggiuntivi, sia pure al solo scopo di tener conto dell’abolizione del listino regionale, ha indotto il T.A.R. Puglia-Bari a ritenere non percorribile la via dell’interpretazione statutariamente orientata della normativa elet-torale, considerando al contrario applicabili le norme sull’innalzamento del numero di consiglieri, ma ravvi-sando al contempo una violazione dello Statuto e rivolgendosi così alla Corte costituzionale con una nutrita serie di ordinanze di rimessione, alle quali ha fatto seguito l’annullamento della disposizione impugnata con la sent. n. 188/2011. La lettura statutariamente orientata era invece stata accolta dai giudici amministrativi per la legge del Lazio n. 2/2005, nella quale v’era solo il rinvio generale alla normativa statale (T.A.R. Lazio nn. 32394 e 32395/2010, nonché Cons. St. nn. 163 e 165/2011). In tema, G. TARLI BARBIERI [8, 83 ss., e 11]; A. STERPA, 2, 3052 ss.; M. MASSA, 2; E. PAPARELLA, 1; A. DANESI, 1, 2562; F. GABRIELE, 1; A. FUSCO, 1, 667 ss.; M. TROISI, 1, 83 ss.; A. RACCA, 2, 1268 ss.; G. D’ALBERTO, 1.

ALESSIO RAUTI 172

La “copertura” inizialmente offerta

dalla l. reg. n. 11/2005 e l’attuale

art. 15 St.

vi e, all’indomani delle votazioni, il legislatore calabrese ha comunque approvato la novel-la statutaria n. 11/2005 per offrire “copertura” tardiva alla legge elet-torale, peraltro intervenendo curiosamente sulle disposizioni transito-rie e finali dello Statuto

63. In seguito, un’ulteriore legge di modifica dello Statuto (n. 3/2010, art. 2) ha opportunamente integrato l’art. 15 dello Statuto, relativo alla composizione del Consiglio, confer-mando il numero massimo di cinquanta consiglieri «salvo quanto

stabilito dalla legge elettorale per agevolare la formazione di maggioranze stabili ed assicu-rare la rappresentanza delle minoranze» (nostri i c.vi). La “copertura” è, a ben vedere, più ampia di quella del 2005

64, legittimandosi una deroga al numero fisso di consiglieri da parte della legge elettorale regionale – non solo nelle due ipotesi contemplate dalla legge statale (ovvero: per la riserva del seggio consiliare al leader “ombra” e per la garanzia alla coalizione di maggioranza del 55% o 60% dei seggi complessivi), ma – in tutti i casi in cui la legge elettorale eventualmente dovesse richiederla in futuro al fine di realizzare i predetti princìpi (si pensi ad eventuali premi di opposizione)

65. Uno schema generale può aiutare.

Ripartizione dei seggi nelle

circoscrizioni fra le liste provinciali

QUOTA PROPORZIONALE: 40 seggi (80%)

Ripartizione proporzionale dei seggi nel Collegio unico regionale fra gruppi

di liste provinciali

QUOTA MAGGIORITARIA: 10 seggi (20%)

9 seggi (+ quello riservato al Presidente) = 20% ai gruppi di liste collegate al candidato

alla Presidenza vincente + eventuali seggi aggiuntivi (garanzia del 55% o 60%)

4 seggi (+ quello riservato al Presidente) = 10% ai gruppi di liste collegate al candidato

alla Presidenza vincente + i residui 5 (10%) riservati alle altre liste

Seggi residui Verifica soglia di sbarramento

Assegnazione dei seggi alle singole liste provinciali e, infine, ai candidati

oppure nel caso in cui i gruppi di liste collegati abbiano già ottenuto il 50% dei seggi con la sola quota proporzionale

63 In particolare, si introduceva un c. 5 bis nell’art. 59 dello Statuto – relativo alle disposizioni transitorie e fi-nali – ai sensi del quale «il numero dei membri del Consiglio regionale di cui all’art. 15 dello Statuto può essere aumentato ai sensi dell’art. 15, comma 13, nn. 6, 7 e 8 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, così come modifica-ta dalla legge 23 febbraio 1995, n. 43 e dall’art. 5, comma 1, della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1».

64 Invero, il c. 5 bis dell’art. 59, disposizione finale e non meramente transitoria (in tema, cfr. A. RAUTI, 3, 317 s.), non è stato espressamente abrogato. E tuttavia un effetto simile può dirsi oramai tacitamente pro-dottosi a seguito della recente novella statutaria, considerato peraltro il suo contenuto più ampio, che po-trebbe “coprire” soluzioni innovative per l’esperienza calabrese.

65 Sulle conseguenze di tali autorizzazioni “in bianco” nei confronti del legislatore elettorale – al di là del vincolo teleologico – v. criticamente F. GABRIELE, 1, 13.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 173

I “difetti” dei “premi” di maggioranza: I) … il rischio di

supermaggioranze

II) … la carenza di “monotonicità”

I “difetti” dei due meccanismi di “stabilizzazione” appena descritti confermano l’esistenza di una sorta di “ossessione maggioritaria” che il sistema calabrese mutua da quello transitorio, ultimo “figlio” dei noti referendum elettorali degli anni ’90 del secolo scorso. Innanzitutto, già in sede di applicazione del primo premio i gruppi di liste collegati al Presidente vincente potrebbero in teoria ottenere addirittura il 69% dei seggi complessivi avendone conquistati appena il 49% in quota proporzionale, con un effetto “stabilizzatore” della maggioranza ampiamente spropositato e potenzialmente dannoso per il ruolo dell’oppo-sizione: si pensi alle ipotesi in cui lo Statuto prescrive per l’approvazione di talune leggi la maggioranza dei due terzi proprio al fine di ottenere su di esse una convergenza ampia e non limitata alle sole forze di governo, che invece nel caso di specie, proprio grazie al premio blin-dato, potrebbero avere da sole i numeri sufficienti per la valida adozione dell’atto

66. C’è poi un “crinale” decisivo davvero sottile: se con il riparto pro-

porzionale la coalizione di maggioranza ottiene non il 49% ma alme-no il 50% dei seggi, a danno della stessa si produce un paradossale effetto svantaggioso conseguente al già descritto dimezzamento del premio. Al contrario, ottenendo meno voti si potrebbe ricevere non solo il premio intero ma anche, eventual-mente, una quota aggiuntiva di seggi, così ulteriormente divaricando la forbice rispetto alla percentuale dei consensi conquistati. È questo il secondo profilo di irragionevolezza, sub specie di illogicità e disproporzionalità, noto come difetto di monotonicità, per cui più voti non assicurano più seggi, potendo anzi verificarsi il contrario. Se ne hanno evidenze anche in Calabria, come dimostra la seguente tabella.

Esempio di difetto di monotonicità nelle elezioni regionali calabresi 67

1995 (premio intero + premio di gov.)

2000 (premio intero + premio di gov.)

2005 (premio dimezzato)

2010 (premio dimezzato)

% V.P. (Voti dei gruppi di liste collegati al candidato alla Presidenza vincente)

% seggi totali

% V.P.

% seggi totali

% V.P.

% seggi totali

% V.P.

% seggi totali

45,04 59,5 50,07 60,5 60,69 60,0 57,58 60,0

Tale difetto della disciplina sul premio potrebbe indurre le coalizioni a non “allargarsi”

eccessivamente al fine di non subire, in caso di vittoria, il “dimezzamento” della quota maggioritaria. E tale spinta viene dunque a controbilanciare l’opposta esigenza di massima

66 Ci riferiamo in particolare alla legge mediante la quale «la Regione può istituire enti, aziende e società regionali, anche a carattere consortile, con enti locali o con altre Regioni, nonché partecipare o promuovere intese, anche di natura finanziaria» (art. 54, c. 3, St. cal.).

67 I dati fino al 2005 sono ripresi dal sito del Ministero dell’Interno. Quelli relativi alle elezioni del 2010 sono direttamente tratti dai verbali dell’Ufficio Centrale Regionale (modello n. 282-AR bis). Per la per-centuale dei voti ottenuti complessivamente dai gruppi di liste collegati al candidato alla Presidenza vincente si è tenuto conto anche dei risultati dei gruppi sotto-soglia.

ALESSIO RAUTI 174

III) … il bipolarismo frammentato

IV) … l’assenza di una soglia minima o quantomeno di

“maggioranza relativa” per i gruppi di liste circoscrizionali

inclusione nello schieramento di gruppi di liste il cui apporto appare invero addirittura indi-spensabile in situazioni di incertezza sul futuro esito elettorale, a maggior ragione ove si pen-si che il candidato alla Presidenza può vincere anche con un solo voto di scarto. Insomma, nel complesso l’attuale disciplina è irragionevole – e, sotto tale aspetto, dunque, di dubbia costituzionalità – per l’intrinseca contraddittorietà delle rationes che sembrano ispirarla.

Del resto proprio tale dato, insieme al “bonus” del premio – di-stribuito peraltro in modo massimamente proporzionale fra i gruppi collegati – produce un effetto bipolarizzante, al costo, tuttavia, di

un’altissima eterogeneità delle coalizioni e di una frammentazione del sistema politico. Tale “effetto collaterale” parrebbe un terzo “difetto” del premio, per quanto tali indicatori negativi non siano addebitabili solo alla modulazione di quest’ultimo. In ogni caso, la frammentazione politica reale calabrese

68 – ancora molto alta nonostante la flessione del 2010 (registrata peraltro anche in altre Regioni tradizionalmente molto “frammentate”) – richiede apposite misure, che potrebbero anche consistere nell’utile limitazione del nume-ro dei gruppi di liste coalizzabili 69.

Ci si può chiedere, infine, se l’assenza di una soglia minima di con-sensi (una sorta di II clausola di sbarramento) per ottenere la garanzia complessiva di maggioranza costituisca un quarto difetto del premio. Si consideri, fra l’altro, che il ricorso al voto disgiunto consente, almeno in astratto, che i gruppi di liste collegati al candidato alla presidenza vincente possano fruire del premio senza raggiungere neppure la mag-gioranza relativa dei consensi. In tale ipotesi, resa per fortuna poco rile-

vante dalla prassi, lo scarto rispetto ai seggi ad essi garantiti apparirebbe ancora più vistoso (e il numero complessivo dei consiglieri potrebbe crescere spropositatamente). L’eventuale pre-scrizione di un minimum è invero una questione storicamente assai dibattuta anche per le leggi elettorali delle Camere (dalla c.d. “legge Acerbo” del 1923 fino ai referendum elettorali sul c.d. Porcellum). Partendo dal presupposto per cui già la stessa clausola di sbarramento produce infine piccoli “premi” per i partiti più forti 70, ci sembra che il vero problema sia sol-tanto la ragionevolezza della distorsione, assicurabile comunque attraverso una rimodulazione del primo premio che non solo argini il difetto di monotonicità ed impedisca la formazione di supermaggioranze, ma risulti calibrata su fasce più articolate e comunque fondate sulla per-centuale di consensi ottenuta dalla coalizione collegata al candidato alla Presidenza vincente

68 Si considera in tal senso, fra i diversi indici di reale frammentazione partitica, il c.d. Neff (Effective number of parties) – elaborato da M. LAAKSO-R. TAAGEPERA, 1, 3 ss. – che consente di determinare il numero effettivo dei partiti tenendo conto non solo del loro numero nominale, ma anche della relativa consistenza in termini di consensi o di seggi, in base ad una formula matematica che attesta una frammentazione reale tanto alta quanto più ci si allontana dal minimo di 1. Sui diversi indici di frammentazione/disproporzionalità, cfr. A. RUSSO, 2, 21 ss.

69 In tal senso, v. la limitazione al numero massimo di cinque prevista dal progetto di legge n. 228/9^, che tuttavia si riferisce stranamente alle «liste provinciali» e non ai “gruppi di liste”, con possibili effetti para-dossali, visto che già un singolo gruppo potrebbe contare su ben cinque liste provinciali.

70 Sull’accostamento, in tale prospettiva, fra premi di maggioranza e clausola di sbarramento v. la decisio-ne Saccomanno e altri c. Italia del 13 marzo 2012, con cui la Corte edu ritiene comunque non superato l’am-pio margine di apprezzamento riconosciuto ai singoli Stati dalla normativa italiana sul premio di maggioranza, pur mancando in quest’ultima la fissazione di una soglia minima di consensi.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 175

V) la sopravvenuta “rigidità” della legge elettorale

Il D.L. n. 138/2011 ed i progetti statutari

di riduzione del numero di consiglieri

(a partire, ragionevolmente, dal minimum della maggioranza relativa) 71. Né può ritenersi che

il principio per cui occorre agevolare la formazione di stabili maggioranze ne imponga ovvia-mente la “creazione” sempre e comunque, per quanto ovviamente potrebbero derivarne effetti negativi in ordine al concreto funzionamento della forma di governo.

La discutibile scelta del legislatore calabrese di quantificare sia la quota proporzionale che il premio ricorrendo a cifre assolute (es. “nove” consiglieri) – e non più, in modo “elastico”, alla percentuale corrispondente – rende invero tali disposizioni non più “adattabili” a qualsiasi futura variazione della composizione consiliare e richiederà dunque per ogni modifica statutaria altrettanti “ritocchi” della legge elettorale

72. Tale scelta di drafting po-tenzialmente esaspera la continua produzione di norme su norme. Di essa, ad esempio, si dovrà pur tener conto nella prospettiva dell’imminente diminuzione del numero di consi-glieri regionali richiesta dall’art. 14, c. 1, D.L. n. 138/2011, convertito nella l. stat. n. 148/2011 (disposizione in parte modificata dall’art. 30, l. stat. n. 183/2011).

Con tale “delicato” intervento statale, in realtà, non si individua il numero fisso di consiglieri, quanto, piuttosto, il massimale fino a cui può spingersi la scelta regionale – a sua volta modulato in base a sei fasce di popolazione residente – che corrisponderebbe per la Calabria a quaranta consiglieri, ad esclusione del Presidente della Giunta. Ora, al di là dei possibili rilievi di costituzionalità

73 – peraltro non accolti dalla Consulta in re-lazione alle Regioni a statuto ordinario (cfr. la sent. cost. n. 198/2012)

74 – siffatto limite,

71 Per un esempio di rimodulazione, v. già A. RAUTI, 3, 342 s., nonché, da ultimo, le tre “fasce” di premio

– legate ai consensi ottenuti dalla coalizione collegata al Presidente vincente – di cui all’art. 22, c. 4, lett. h) della recente l. Veneto n. 5/2012. Invero, anche l’ipotesi di una percentuale complessiva fissa di seggi garantita a titolo di premio senza ricorrere agli scranni aggiuntivi, magari corredata da un premio di opposizione, può solo “contenere” gli effetti più vistosi del difetto di monotonicità (così, per il rendimento del sistema toscano nelle elezioni del 2005, cfr. A. FLORIDIA, 1, 851).

72 Di tale necessità si mostra invece del tutto ignaro il legislatore calabrese, che in alcune recenti proposte di legge (es. n. 228/9^) si limita ad una modifica volta semplicemente ad adeguare il numero complessivo dei consiglieri previsto dalla normativa elettorale a quello stabilito da progetti pendenti di modifica statutaria.

73 Cfr. G. TARLI BARBIERI, 15, 5. Il collegamento fra il rispetto dei parametri e la collocazione nella fascia delle Regioni più virtuose scompare infatti a seguito delle “correzioni” operate con la l. stat. n. 183/2011.

74 In particolare, la Corte ritiene che il limite introdotto dal D.L. n. 138/2011 costituisca un criterio per superare le attuali sproporzioni fra i diversi territori in ordine al rapporto fra numero di abitanti (per quanto la Consulta faccia pure riferimento anche agli “elettori”) e numero di consiglieri (nonché di assessori, consi-derata la presenza di un corrispondente vincolo quantitativo anche per la composizione della Giunta: su tale aspetto v. in particolare le perplessità di L. TRUCCO, 4), in modo da ripristinare le «condizioni di eguaglianza» anche nel “peso” del voto in entrata e nell’accesso alle cariche pubbliche (comprese quelle non elettive) fra Regione e Regione. Invero, almeno in teoria, una chiara violazione del principio di eguaglianza poteva quan-tomeno essere imputata alla normativa in questione nella parte in cui impedisce alle Regioni il cui numero dei consiglieri è attualmente già al di sotto del massimale di aumentarlo, sia pure entro il tetto previsto. Tuttavia, tale censura di illegittimità – pure prospettata da due delle Regioni ricorrenti – è stata ritenuta comunque inammissibile per difetto di interesse, non versando alcuna Regione in tale condizione. La Corte ritiene invece fondate le questioni sollevate sull’applicabilità di tale normativa anche alle Regioni ad autonomia differenziata, atteso che una fonte legislativa di rango ordinario non può porre limiti ad uno Statuto speciale: sul punto, cfr. L. MACCARRONE, 1, nonché da ultimo, per i “maliziosi” nessi con la recente crisi di governo in Sicilia, A. FUSCO, 2. Sul D.L. n. 138/2011, v. comunque già le criticità evidenziate da R. LOUVIN, 1, 99 ss.

ALESSIO RAUTI 176

stando anche a tale ultima decisione, deve intendersi come «complessivo», dunque: insupe-rabile. Peraltro, le successive modifiche del decreto impediscono oramai di configurare ta-le vincolo come un mero “onere” di adeguamento al fine di rientrare fra le Regioni più virtuose

75, secondo l’originario schema peraltro congeniale alla definizione di “misure premiali” di cui al titolo dell’art. 14

76. Si tratta invece di un preciso “obbligo”, il cui ina-dempimento apre la strada all’impugnazione governativa delle leggi e degli statuti regiona-li approvati in difformità dai parametri indicati dalla legge statale

77. In tal senso, appare insufficiente il testo del progetto di legge (di qui in avanti: p.l.) n. 10/9^ già oggetto della deliberazione in prima lettura il 9 ottobre 2012

78, nella parte in cui riduce da 50 a 40 il numero dei consiglieri ma lascia in piedi la clausola di flessibilità relativa ai c.d. seggi ag-giuntivi, la cui permanenza consentirebbe invece l’occasionale innalzamento del numero di scranni consiliari. Ovviamente un intervento in tal senso andrebbe accompagnato da una nuova e diversa formulazione anche del primo premio di maggioranza, che consenta di garantire la presenza di una adeguata maggioranza consiliare a sostegno del Presidente senza il ricorso ai seggi aggiuntivi (si pensi al modello toscano)

79.

Sulla riduzione del numero dei consiglieri regionali in Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna v. ora le ll. cost. n. 1, 2 e 3/2013.

75 In tal senso, invece, F. GABRIELE, 1, § 4. Di una riduzione «incentivata» discorre E. ALBANESI, 1, 110, che peraltro critica anche l’inopinata scelta statale di incidere sulla competenza statutaria con un provve-dimento di urgenza.

76 Si tratterebbe, in tal senso di un “ricatto finanziario”: così A. STERPA, 4, 4. 77 Curiosa, per non dire emblematica, è la vicenda relativa alla nuova legge elettorale veneta (n. 5/2012),

impugnata nella parte in cui fissa il numero dei consiglieri in misura di uno ogni centomila abitanti con esclu-sione della parte frazionaria del quoziente ottenuto (cui si aggiungono i due seggi riservati al Presidente vin-cente e al “candidato ombra”). Considerata la popolazione attuale, l’applicazione di tale norma avrebbe potuto portare ad una composizione consiliare complessiva identica a quella consentita dalla legge statale, se pure “calcolata” con modalità diverse (49 + 2 componenti in luogo dei 50 + 1). Un contrasto potenziale comunque esisteva, la sua concreta realizzazione dipendendo dalle future variazioni della popolazione. Tuttavia, para-dossalmente, il Governo ha deciso infine di non impugnare anche lo Statuto (v. ora la l. stat. n. 1/2012, art. 34, c. 2), nonostante quest’ultimo riproduca puntualmente il dettato della legge elettorale e ovviamente lo vincoli, fissando altresì un limite massimo di sessanta consiglieri, cui si aggiungono sempre i due seggi “ri-servati”. Da ultimo, comunque, la sopravvenuta modifica della l. reg. n. 5/2012 (ad opera della l. reg. n. 47/2012) in senso conforme alla normativa statale ha indotto la Corte cost. a dichiarare cessata la materia del contendere relativamente alle censure rivolte alla parte della normativa “a regime”, pronunciando invece la manifesta infondatezza della questione posta sulla disciplina transitoria, che in sede di prima applicazione fissava a 49 il numero complessivo dei consiglieri, cui si aggiungono i due seggi riservati dallo Statuto al Presidente eletto ed al “miglior perdente”, per un totale di 51 (corrispondenti al massimale previsto dal D.L. n. 138/2011: cfr. ord. n. 31/2013).

78 Cfr. la deliberazione n. 230. Analoghe previsioni erano pure contenute nei progetti nn. 3/9^, 4/9^, 6/9^ e 9/9^.

79 Una soluzione ulteriore – ispirata anche all’esigenza di ridurre il numero dei componenti della classe politico-istituzionale – potrebbe consistere nell’abbassare ulteriormente il numero dei seggi, ad esempio a trenta – v., infra, la proposta formulata nella Parte II, Cap. II, § 1 – con la possibilità comunque di assegnare seggi aggiuntivi, ma entro la misura massima (per vincolo di legge statale) di quaranta. La corrispondente modifica della legge elettorale regionale dovrebbe tuttavia mettere in conto l’ipotesi, forse astratta ma da non trascurare, di non poter assicurare in tal modo le percentuali, del 55% o 60%, garantite dall’attuale premio di governabilità, che andrebbe dunque ripensato.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 177

Il D.L. n. 174/2012 e l’insolita “sostituzione

legislativa statale”

Elettori ed eleggibili

A rendere urgente una correzione di rotta sono anche le conse-guenze del mancato (o “incompleto”) adeguamento previste dall’art. 2 del successivo D.L. n. 174/2012, convertito nella l. stat. n. 213/2012. Va ricordato che le Regioni hanno sei mesi di tempo dall’entrata in vigore della legge di conversione (8 dicembre 2012) per adeguare i propri ordinamenti. Decorso tale termine, per quelle inadempienti vi sarà la decurtazione dell’80% dei trasfe-rimenti erariali alle Regioni (diversi da quelli destinati alla sanità ed al trasporto pubblico locale) e l’indizione delle future elezioni nel rispettivo territorio avverrà in numero pari al massimale stabilito per la singola Regione in base alla sua popolazione (c. 3): trattasi di un vero e proprio anticipo di “sostituzione legislativa” da parte dello Stato. Ove quest’ultimo scenario si concretizzasse, risulterebbe davvero problematica l’eventuale applicazione delle norme della legge elettorale calabrese che consente, ove necessario, l’assegnazione di seggi aggiuntivi, così prospettandosi una situazione di possibile ingovernabilità nel caso in cui gli stessi risultassero in futuro indispensabili per assicurare al Presidente eletto il sostegno di una adeguata maggioranza in Consiglio.

Infine, alle Regioni inadempienti verrà assegnato un ulteriore termine di novanta gior-ni per provvedere, il cui mancato rispetto risulta espressamente qualificato come “grave violazione di legge” ex art. 126 Cost. e legittima dunque il ricorso alla misura estrema del-lo scioglimento del Consiglio regionale (c. 5).

III.2.5. La disciplina dell’elettorato attivo e passivo

L’art. 1, c. 1, della legge elettorale calabrese stabilisce che sono eleggibili alla carica di consigliere regionale i cittadini iscritti nelle liste elettorali dei Comuni della Repubblica. In realtà, si dovrebbe seriamente dubitare della competenza delle Regioni a statuto ordinario ad intervenire sull’estensione dell’elet-torato passivo (salvo ovviamente la legittima disciplina delle ineleggibilità e incompatibili-tà), nonché di quello attivo

80. Tuttavia, riproducendo la regola in questione quanto già previsto dalla normativa statale sulle elezioni regionali, non dovrebbero porsi problemi di costituzionalità (cfr. sent. cost. n. 196/2003). Del resto, l’intenzione di non intervenire innovativamente su tali campi materiali parrebbe confermata dal rinvio residuale alla legi-slazione statale vigente per quanto non espressamente previsto nella legge elettorale (art. 1, c. 7). Si applica dunque de plano anche l’art. 1 della l. stat. n. 154/1981 che richiede il compimento della maggiore età nel primo giorno fissato per la votazione. Analogo requisi-to devono possedere i cittadini iscritti nelle liste elettorali di qualsiasi Comune della Re-pubblica per essere elettori (cfr. art. 4, l. stat. n. 108/1968 che richiama il d.P.R. n. 223/1960). Tuttavia, il recente progetto di legge n. 94/9 rilancia discutibilmente l’idea di una innovativa disciplina regionale sull’elettorato attivo e passivo, al punto da prevedere l’estensione di quest’ultimo anche agli stranieri regolari residenti nel territorio calabrese (art. 8, c. 1).

80 In tal senso, v., ad esempio, P. CARETTI-G. TARLI BARBIERI, 1, 162.

ALESSIO RAUTI 178

Le cause di ineleggibilità e di

incompatibilità della l. stat. n. 154/1981

I principi della legge cornice

La legge elettorale non contiene una disciplina organica delle cause di incompatibilità e di quelle di ineleggibilità. In realtà, il rinvio re-siduale alla vigente legislazione statale rende tuttora applicabili, ora-mai a titolo di legislazione regionale e non solo più in via transitoria in applicazione del principio di continuità

81, anche le corrispondenti disposizioni di dettaglio della l. n. 154/1981

82. Queste ultime, peraltro, riferendosi ai con-siglieri, trovano applicazione ovviamente anche nei confronti del Presidente della Giun-ta

83 e del suo “miglior rivale” – come si è visto, consiglieri “necessari” – e degli assessori, ad eccezione però di quelli “esterni”, per i quali comunque valgono le incompatibilità fis-sate dal nuovo art. 122, c. 2, Cost. 84. Di seguito, una sintesi della disciplina statale ancora applicabile alle elezioni calabresi.

La legge quadro ha tracciato con chiarezza la ratio di fondo delle cause di ineleggibilità, distinguendola nettamente da quella legata alle incompatibilità. Le prime presuppongono la capacità di «turbare

o condizionare in modo diretto la libera decisione del voto degli elettori» oppure di «viola-re la parità di accesso» e possono divenire inefficaci se rimosse dal consigliere non oltre il termine fissato per la presentazione delle candidature (o altro termine anteriore stabilito dalla legge regionale). Le incompatibilità, invece, nascono da una situazione di conflitto «suscettibile (...) di compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazio-ne ovvero il libero espletamento della carica elettiva». Ulteriori principi maggiormente speci-ficativi riguardano, fra l’altro, oltre al divieto di immediata rielezione del Presidente della Giunta dopo due mandati consecutivi, la tendenziale (ma non automatica) trasformazione delle ineleggibilità sopravvenute in altrettante incompatibilità, nonché infine, l’eventuale: 1) differenziazione della posizione del Presidente della Giunta, degli assessori e dei consi-glieri sia rispetto alle cause di ineleggibilità che a quelle di incompatibilità; 2) sussistenza

81 Com’è noto, la l. stat. n. 154/1981 era stata ritenuta ancora applicabile fino all’intervento regionale in

base al principio di continuità (su cui v. ad es. sent. cost. n. 223/2003) e tuttavia non più modificabile dal legi-slatore statale con norme di dettaglio (v. ad. es., sent. cost. 303/2003, ma già prima, sulla vicenda del netto rin-vio presidenziale alle Camere di un disegno di legge in materia, sulla scia della sent. cost. n. 282/2002, cfr. G. TARLI BARBIERI, 5, 155; G. PERNICIARO, 1, 473). Ciò si accompagnava, secondo la giurisprudenza costituziona-le, all’impossibilità di sindacare la vigente legge statale in materia per contrasto con l’art. 122 Cost. (cfr. ord. n. 383/2002, nonché ord. n. 270/2003). In tema v. pure Cons. St. n. 6770/2003, su cui M. COSULICH, 5, 131.

82 Limitandoci ai contributi di taglio più generale sul tema delle ineleggibilità e incompatibilità a livello regionale, anche per opportuni confronti con altre discipline – in specie, con quella organica della Regione Abruzzo – cfr. G. PERNICIARO-G. PICCIRILLI, 2; A. RAUTI, 3, 381 ss.; M. COSULICH, 5, 133 ss.; P. MILAZZO, 2, 193 ss.; J. ROSI, 1; G. ROSA, 2, 65 ss.; F. DRAGO, 1, 41 ss., e 2; D. NARDELLA, 1, 146 ss.; G. PERNICIARO, 1, 467 ss.; G. CORDINI, 1, 159 ss.; F. BAILO, 1, 155 ss.; P. GRIMAUDO, 1, 523 ss.; N. LUPO, 4, 49 ss. Sulle cause di ineleggibilità e di incompatibilità in rapporto ai diversi “livelli” di governo, cfr. AA.VV., 5.

83 Peraltro, la carica di Presidente della Giunta viene ad essere indirettamente lambita dall’art. 13, c. 3, D.L. n. 138/2011 (convertito in l. stat. n. 148/2011), secondo cui le cariche di deputato e di senatore, di Pre-sidente del Consiglio dei ministri, di Ministro o Vice Ministro, di sottosegretario di Stato e di commissario straordinario del Governo di cui all’art. 11, l. 23 agosto 1988, n. 400, sono incompatibili «con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 5.000 abitanti».

84 In particolare, nessuno può appartenere contemporaneamente ad una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 179

di cause di incompatibilità per lite pendente con la Regione oppure per cumulo della cari-ca di consigliere con quella di assessore (c.d. incompatibilità interna).

È INCOMPATIBILE CON LA CARICA

DI CONSIGLIERE REGIONALE:

1. la carica di membro di una delle due Camere, di Parla-mentare europeo (cfr. il nuovo art. 122, II c.), di Ministro e Sottosegretario di Stato, di giudice ordinario della Corte di cassazione, di componente del Consiglio superiore della ma-gistratura, di membro del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, di magistrato del Tribunale supremo delle acque, magistrato della Corte dei conti, di magistrato del Consiglio di Stato, di magistrato della Corte costituzionale, di presi-dente e assessore di Giunta provinciale, di sindaco e di asses-sore dei Comuni compresi nel territorio della Regione; 2. la carica di consigliere regionale ricoperta in altra Regione; 3. l’amministratore o il dipendente con poteri di rappresen-tanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza da parte della Regione o che dalla stessa stessi ri-ceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell’anno il dieci per cento del totale delle entrate dell’ente; 4. colui che, come titolare, amministratore dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, diret-tamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, som-ministrazioni o appalti nell’interesse della Regione, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzio-nate dalla stessa in modo continuativo, quando le sovven-zioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della Regione; 5. il consulente legale, amministrativo e tecnico che presta opera in modo continuativo in favore delle imprese di cui ai numeri 3) e 4); 6. colui che ha lite pendente, in quanto parte in un proce-dimento civile od amministrativo con la Regione. La pen-denza di una lite in materia tributaria non determina in-compatibilità.

SONO INELEGGIBILI ALLA CARICA

DI CONSIGLIERE REGIONALE:

1. il capo della polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero dell’interno, i dipendenti civili dello Stato che svolgano le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori ed i capi di gabinetto dei Ministri; 2. i titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo istitu-zionale sull’amministrazione della Regione, nonché i di-pendenti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici; 3. i dipendenti della Regione; 4. i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale maggioritario della Regione; 5. gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordi-namento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente dalla Regione; 6. i consiglieri regionali in altra Regione. Limitatamente a quanti esercitano nel territorio regio-

nale le loro funzioni, il comando o l’ufficio: 1. i prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i funzio-nari di pubblica sicurezza; 2. gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali supe-riori delle Forze armate dello Stato; 3. gli ecclesiastici ed i ministri di culto, che hanno giu-risdizione e cura di anime e coloro che ne fanno ordina-riamente le veci; 4. i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, alle preture ed ai tribunali amministrativi regionali non-ché i vice pretori onorari e i giudici conciliatori; 5. i Direttori generali delle A.S.L. (art. 3, IX c., D.lgsl. 502/1992).

Purtroppo, non sempre la disciplina statale attualmente applicabile appare in linea con

i nuovi princìpi posti dalla legge cornice, per quanto, in attesa della sua opportuna “rivisi-tazione”, eventuali casi di contrasto potranno comunque essere sindacati dalla Corte costi-tuzionale. Ciò si deve al fatto che l’esistenza in sé di una legge elettorale regionale, quale quella calabrese – corredata anche da un rinvio generale – ha sostanzialmente oramai “at-tivato” lo schema dell’art. 122 Cost., e reso dunque applicabili tali principi 85, non solo quale parametro interposto in un giudizio di costituzionalità – attualmente, in via inci-dentale, non potendo più il Governo impugnare la legge elettorale in via d’azione – ma anche come criteri guida per la “lettura” costituzionalmente orientata delle cause di ine-leggibilità e incompatibilità già previste, per quanto ovviamente i limiti posti all’elettorato passivo debbano considerarsi «di stretta interpretazione».

85 In tema, v. già A. RAUTI, 3, 381 ss. nonché, da ultimo, COSULICH, 5, 131.

7.

ALESSIO RAUTI 180

Taluni recenti interventi statali di dettaglio in

materia: la c.d. legge “Lazzati” …

… ed il “fallimento politico” del Presidente

della Giunta

Peraltro, non sono neppure mancati recenti interventi statali che incidono sulle cause di ineleggibilità con norme di dettaglio. Così di-casi per la c.d. legge Lazzati (l. stat. n. 175/2010), normativa appli-cabile anche alle elezioni regionali, che stabilisce l’ineleggibilità quale conseguenza (!) dell’interdizione dai pubblici uffici derivante dalla pe-na detentiva comminata nei confronti di quanti svolgono propaganda

elettorale in regime di sorveglianza speciale (se trattasi di misura definitiva) e dei candidati che concretamente e consapevolmente se ne avvalgano. In questo caso, tuttavia, si potrebbe forse ritenere che, pure a fronte del diverso termine utilizzato (ineleggibilità), prevalgano le stesse esigenze di contenimento delle infiltrazioni criminali nelle istituzioni che in tali mate-rie legittimano lo Stato a disciplinare anche nel dettaglio il più radicale istituto delle c.d. in-candidabilità, come del resto espressamente riconosciuto dalla stessa legge cornice (art. 2, c. 1, l. stat. n. 165/2004) attraverso il rinvio alla l. n. 55/1990. Vengono in gioco in particola-re sia la competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza che quella re-lativa all’ordinamento penale [art. 117, c. 2, rispettivamente lett. h) ed l )]

86. La questione appare invece ancor più delicata per la misura del-

l’incandidabilità per dieci anni a qualunque carica elettiva disposta dall’art. 2, c. 3, D.lgsl. n. 149/2011 a carico del Presidente della Giunta, nominato Commissario ad acta in caso di disavanzo sanita-rio della Regione, rimosso dalla sua carica a causa del c.d. «grave dis-

sesto finanziario» addebitabile al dolo o alla colpa grave del medesimo o della sua Giunta. Anche tale misura interviene evidentemente nel dettaglio, mentre la potestà legislativa in-vocabile dallo Stato è in definitiva di tipo ripartito/concorrente (coordinamento della fi-nanza pubblica). In aggiunta, accanto ai problemi di interferenza con l’autonomia statuta-ria regionale e di compatibilità con il principio di rigidità della Costituzione

87, mancano qui imperative esigenze direttamente legate alla lotta contro le infiltrazioni criminali nelle istituzioni. Piuttosto, a ben vedere, attraverso la predetta misura di contenimento della fi-nanza pubblica passa, per così dire, la garanzia uniforme e organica del principio costitu-zionale di buon andamento della Pubblica amministrazione. Ma in tal modo si rischia comunque di ricorrere al termine incandidabilità quale passepartout per erodere facilmente

86 Altro discorso, ovviamente, riguarda la ragionevolezza della scelta di far discendere dall’interdizione la semplice ineleggibilità di chi ne è colpito, in deroga alla regola generale che in tali casi stabilisce la rispettiva cancellazione dalle liste elettorali per la durata dell’interdizione. Se dunque, normalmente, l’interdetto non può candidarsi e neppure esercitare il proprio diritto di voto [cfr. art. 28 c.p. e art. 2, c. 1, lett. e), d.P.R. n. 223/1967], in questa specifica ipotesi non rimane altra misura che l’eventuale pronuncia di decadenza dopo la sua partecipazione alle elezioni. Per ulteriori indicazioni e profili di criticità, v. A. RAUTI-A. SPADARO, 1, 61 ss. Sulla normativa statale in tema di incandidabilità e sospensione dei consiglieri regionali, cfr. di recente C. SALAZAR, 1, 3897 ss. Sui rapporti fra tale disciplina ed il codice di autoregolamentazione dei partiti varato dalla Commissione parlamentare antimafia, v., in relazione alle elezioni del 2010, A. RAUTI, 4, III ss.

87 La legge in questione, infatti, qualifica espressamente tale ipotesi come un caso di “grave violazione di legge”, celando in verità un tentativo di ampliamento delle cause di rimozione del Presidente della Giunta e, in definitiva, di scioglimento del Consiglio regionale. Sui rapporti tra “fallimento politico” e nomina del Commis-sario ad acta, G. PERNICIARO-G. PICCIRILLI, 1, 2. In realtà, la locuzione “fallimento politico” non compare nel te-sto definitivo del Decreto, a differenza dell’originario schema n. 365, in cui peraltro la conseguenza della rimozio-ne del Presidente non era la sua incandidabilità ma l’interdizione da cariche in enti vigilati, comunque non estesa alle cariche pubbliche elettive: su tali aspetti, v. A. RAUTI-A. SPADARO, 1, 62 ss. In tema, v. pure E. JORIO, 4.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 181

L’intervento del legislatore regionale: la vita “effimera” della

c.d. supplenza …

… ed il tentativo di superare il

tendenziale divieto di cumulo delle cariche regionali con quelle

di governo degli enti locali

lo spazio di dettaglio riservato alla potestà legislativa regionale in materia. Sarà dunque ne-cessario un accorto giudizio costituzionale di bilanciamento fra i valori in gioco.

Recentemente, il legislatore calabrese aveva provveduto ad introdur-re nell’art. 35, c. 4 bis, dello Statuto l’istituto della sospensione del consi-gliere nominato assessore. A differenza della piena incompatibilità, in tal caso, le rispettive funzioni di consigliere sarebbero state svolte da un “supplente”, sicché la scelta in questione avrebbe potuto depotenziare il potere di revoca – e dunque il “peso” – del Presidente all’interno della Giunta nei confronti degli assessori, la cui revoca non avrebbe ovviamente impedito loro di ritornare fra gli effettivi componenti del Consiglio. Nonostante i chiari, potenziali effetti sul concreto funzionamento della forma di governo, era ugualmente evidente, alla luce della giurisprudenza costituzionale, il difetto di competenza gravante in capo alla fonte statutaria, la cui disposizione sul punto, peraltro, non risultava neppure “doppiata” dalla legge elettorale. A fronte dei diversi dubbi sull’opportunità e, ciò che più conta, sulla legittimità costituzionale della supplenza

88, la cor-rispondente disposizione statutaria è stata prima resa “inapplicabile” – sia pure con un inter-vento dalla natura assai insolita e francamente discutibile – e poi abrogata, ripristinando così la piena (e dunque anche sincronica) compatibilità fra le due cariche

89. Censura ben più grave è stata invece indirizzata alla scelta del

Consiglio regionale di “sanare” diverse situazioni di incompatibilità rilevabili in relazione alle elezioni del 2010 attraverso l’approvazione della l. reg. n. 34/2010 (art. 46, c. 1), che stabiliva la compatibilità delle cariche di Presidente e assessore della Giunta provinciale e di Sindaco e assessore dei comuni compresi nel territorio della Regione con la carica di consigliere regionale

90, «anche in deroga» a quanto fino a quel momento previsto non solo dalla normativa statale (l. stat. n. 154/1981, applicabile in base al principio di continuità) ma pure dall’art. 65 del Testo Uni-co sugli Enti locali 91, nell’evidente tentativo di consentire pure la permanenza in carica del consigliere regionale nelle cariche di governo degli enti locali.

88 Si pensi alla discutibile logica di “nomina” partitica dei candidati, fra i primi dei non eletti, che avreb-bero dovuto concretamente subentrare in Consiglio, alla possibile lesione del principio del mandato imperati-vo per i supplenti – la cui permanenza in carica dipendeva in sostanza dal “gradimento” delle rispettive scelte da parte dell’assessore e del Presidente – nonché, infine, al potenziale aumento dei già alti costi della politica.

89 In particolare, l’art. 35, c. 4 bis, Stat., introdotto con la l. reg. n. 3/2010, veniva prima curiosamente re-legato ad uno stato di “limbo” dal nuovo c. 6 bis dell’art. 1, l. reg. n. 1/2005 – aggiunto dalla successiva l. reg. n. 12/2010 – secondo cui «nelle more dell’approvazione di una legge regionale che disciplini in forma specifi-ca le modalità della supplenza del Consigliere regionale nominato Assessore, l’istituto della sospensione di di-ritto dall’incarico di Consigliere regionale, previsto dall’articolo 35, c. 4 bis, dello Statuto regionale, non trova applicazione». In seguito – come suggerito a suo tempo (A. RAUTI, 3, 388) – si è provveduto con la l. reg. n. 27/2010 all’abrogazione della norma statutaria, ancorché ancora oggi la legge elettorale vi faccia riferimento … per dichiararla transitoriamente non applicabile.

90 Per una analisi dei singoli casi di incompatibilità risultanti dalle elezioni del 2010 e sull’incostituzio-nalità di tale normativa, cfr. A. RAUTI-A. SPADARO, 1, 63 s.

91 A fronte di tali “intrecci”, i nodi fra la competenza concorrente regionale ex art. 122, c. 1, Cost., e quel-la esclusiva statale prevista dall’art. 117, c. 2, lett. p), Cost., relativo alla legislazione elettorale di Comuni, Province e Città Metropolitane, sono stati sciolti dalla Corte costituzionale riconoscendo la prevalenza della prima (cfr. sent. cost. n. 201/2003: sul punto v. pure Cons. St., V sez., n. 8096/2004): sulla giustificazione di

ALESSIO RAUTI 182

La c.d. “verifica dei poteri” fra regolamento

consiliare e Giunta “fantasma”

Peraltro, il cumulo di cariche di governo – che quantomeno non si estendeva alle relative indennità, dovendosi comunque optare fra le stesse – operava senza alcun distinguo, sia ri-spetto alle dimensioni demografiche degli enti locali che alla specificità delle cariche di go-verno (ad es., distinguendo eventualmente i Sindaci dagli assessori, ecc.). In tal modo, risul-tava completamente vanificato il principio fondamentale fissato dalla legge cornice – che consente un margine di elasticità in virtù delle «peculiari condizioni» delle singole Regioni – e ci si allontanava palesemente dal solco della giurisprudenza della Corte costituzionale che aveva già ritenuto il cumulo di mandati, «in linea di principio, contrario all’art. 97 Cost.»

92, riconoscendo al contempo la possibilità di eventuali “modulazioni” ragionevoli del limite in questione, la cui giustificazione peraltro è un onere che grava sulla stessa legge.

L’incostituzionalità della disposizione calabrese, dichiarata con la sent. cost. n. 310/2011, non deriva comunque dal tentativo in sé di introdurre una espressa deroga anche al TUEL e dunque dalla potenziale interferenza con la potestà esclusiva statale di cui all’art. 117, c. 2, lett. p) – parametro comunque prospettato dal ricorso governativo – quanto piuttosto dall’applicazione del principio che non solo ispira l’art. 65 del Testo Unico ma che ora risulta tendenzialmente fissato dalla stessa legge cornice ed «integralmente disatteso», inve-ce, nel caso di specie, «dalla norma regionale impugnata, che stabilisce (…) l’opposto principio della generale compatibilità delle cariche di consigliere regionale e presidente o assessore provinciale, sindaco o assessore comunale» (nostri i c.vi). In tal senso, l’annulla-mento della disposizione in esame – per contrasto con l’art. 122 Cost. e con il principio di eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive (art. 51 Cost.) – sembra in grado di determi-nare la necessaria riespansione (o se si vuole: la reviviscenza, sotto tale profilo) delle dispo-sizioni in materia di cumulo di cariche che la stessa testualmente derogava

93. Al Consiglio regionale veniva già espressamente riservata dalla di-

sciplina statale la convalida dell’elezione dei propri componenti. Fra questi, in base alla scelta della legge elettorale calabrese, vanno ora computati il Presidente della Giunta ed il suo candidato “ombra”

94. Attualmente, lo Statuto regionale rinvia al regolamento interno del

tale scelta in termini di “specialità”, v. M. COSULICH, 5, 134. Le leggi regionali possono dunque stabilire che chi rivesta una carica locale sia ineleggibile a consigliere regionale o Presidente della Giunta o incompatibile con tali cariche e/o con quella di assessore. Allo stesso modo, la legge statale può stabilire che una delle cariche politiche regionali determini l’ineleggibilità o incompatibilità con quelle locali. Va peraltro rilevato come la Corte abbia ritenuto che le cause di ineleggibilità e incompatibilità tendano ad avere naturalmente un carattere biunivoco, per cui, ad esempio, se la legge regionale stabilisce che la carica di Sindaco non è compatibile con quella di consigliere e che quest’ultimo decade se non rinuncia alla prima, in linea di massima le stesse ragioni che giustificano tale previsione dovrebbero legittimare anche la previsione speculare (ovvero che il Sindaco sia dichiarato decaduto se non rinuncia alla carica di consigliere). Tuttavia, la Consulta precisa che quello della specularità/biunivocità sia un dato naturale ma non assoluto e soprattutto non automatico delle cause di ineleggibilità e incompatibilità (cfr. sent. cost. n. 67/2012) e dunque il giudice non è autorizzato ad applicare queste ultime, per così dire, “a specchio” (come si desume dall’ord. n. 383/2002).

92 Cfr. sent. cost. n. 143/2010 (su cui v. G. PERNICIARO, 3, 151 ss.). Il principio era comunque già stato affermato prima dell’entrata in vigore della legge cornice con la sent. cost. n. 201/2003.

93 Sulla possibilità di una reviviscenza della norma abrogata a seguito di annullamento – e non di abro-gazione referendaria – di quella abrogante, cfr. da ultimo la già citata sent. cost. n. 13/2012 (ma in senso dubitativo v. comunque, fra le altre, la sent. cost. n. 294/2011).

94 In realtà, in base alla legge cornice, la convalida dell’elezione del Presidente eletto a suffragio universale e

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 183

Consiglio per la disciplina della fase di c.d. “verifica dei poteri”,* nella quale la Giunta delle elezioni deve procedere alla verifica dell’eventuale sussistenza di cause di ineleggibilità e di incompatibilità. La fase di convalida – avviabile non prima di quindici giorni dalla procla-mazione degli eletti – consente al Collegio di accertare d’ufficio innanzitutto l’eventuale pre-senza di cause di ineleggibilità previste dalla legge, provvedendo in esito positivo alla pro-nunzia di decadenza del soggetto che ne risulta colpito ed alla sua sostituzione con chi ne ha diritto (il primo dei non eletti nella stessa lista e circoscrizione)

95. È evidente, peraltro, che l’ineleggibilità che riguarda il Presidente della Giunta, in modo specifico – si pensi alla c.d. Legge Lazzati – o in quanto consigliere attualmente necessario, non può che determinare, invece, in base al meccanismo del simul stabunt vel simul cadent, il rinnovo dell’intero Con-siglio.

Le norme del regolamento interno 96 richiedono ai singoli componenti di sottoscrivere

presso la segreteria del Consiglio ed entro la data della prima seduta consiliare una di-chiarazione con cui attestino di non versare in una situazioni di ineleggibilità previste dalla legge, mentre il Presidente del Consiglio, nella prima riunione successiva alla sua elezione, comunica al Consiglio i nomi dei consiglieri regionali, designati, uno da ciascun gruppo, per costituire la Giunta delle elezioni, che è insediata entro i successivi sette giorni con l’elezione nel suo seno del Presidente (art. 17, nostri i c.vi). La Giunta procede «su-bito dopo» ad esaminare la condizione di eleggibilità dei consiglieri a partire dai propri componenti, adottando le relative decisioni a maggioranza semplice e presentando entro quindici giorni dalla sua costituzione le proprie proposte al Consiglio. Si tratta di un termine insolitamente breve

97, il cui inutile decorso, peraltro, viene espressamente e di-scutibilmente inteso come proposta di convalida. Infine, entro i quindici giorni successivi il Consiglio adotta le sue decisioni a maggioranza assoluta. Manca, paradossalmente, il riferimento ad una qualsivoglia fase di pur minimo contraddittorio

98, invece espressa-mente garantita per il controllo sulle incompatibilità e sulle ineleggibilità sopravvenute. Ma è evidente che proprio considerata l’inevitabile decadenza connessa all’accertamento definitivo di una causa di ineleggibilità “originaria”, in questo caso il contraddittorio sarebbe invece essenziale per poter eventualmente dimostrare l’avvenuta rimozione della stessa causa nei termini di legge.

Le ineleggibilità sopravvenute e le incompatibilità sono disciplinate dal regolamento al-lo stesso modo, per quanto invero la “trasformazione” delle prime nelle seconde, stando ai princìpi della legge cornice, non dovrebbe essere affatto automatica. In particolare, su ri-chiesta della Giunta il Presidente del Consiglio procede entro cinque giorni alla notifica della contestazione all’interessato, che entro i successivi cinque giorni può presentare le proprie controdeduzioni per iscritto. Infine, nei dieci giorni seguenti il Consiglio delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa di incompatibilità, chiede al consigliere

*e diretto avviene comunque da parte del Consiglio, a prescindere dunque dall’eventuale riserva a suo favore di un seggio consiliare.

95 Cfr. l. stat. n. 108/1968, artt. 16 e 18. 96 Deliberazione del Consiglio regionale n. 5 del 27 maggio 2005, oggetto di successive, svariate modifiche. 97 Per utili comparazioni con i regolamenti consiliari delle altre Regioni, cfr. C. PANZERA, 1, spec. 453. 98 Per tale rilievo, cfr. nuovamente C. PANZERA, 1, spec. 453.

ALESSIO RAUTI 184

La tutela giurisdizionale

e gli atti endoprocedimentali:

la necessità di anticipare il giudizio sulle ineleggibilità

La Giunta per le elezioni come

“organo fantasma”

di procedere all’opzione, a pena di decadenza, «entro il termine previsto dalla legge eletto-rale regionale» (art. 19, c. 3). Va ricordato che quest’ultimo, comunque, non può essere superiore a trenta giorni dall’accertamento della causa di incompatibilità, termine massimo stabilito dalla legge cornice

99 anche al fine di rimuovere eventualmente la causa di incom-patibilità. Sul punto, tuttavia, la legge elettorale regionale tace

100, anche se l’accennato rinvio generale alla legislazione statale (ai sensi dell’art. 1, c. 7, l. reg. n. 1/2005), rende-rebbe comunque applicabile l’art. 7 della l. n. 154/1981, relativo alla contestazione e ri-mozione delle cause di incompatibilità (nonché alle cause di ineleggibilità sopravvenuta), quantomeno in relazione al termine, ivi previsto, di dieci giorni dalla delibera definitiva del Consiglio al fine di esercitare, a pena di decadenza, l’opzione fra le due cariche incom-patibili (c. 6)

101. In realtà, anche tali sforzi interpretativi potrebbero rivelarsi del

tutto inutili di fronte a discutibili prassi istituzionali: si pensi, da ul-timo, alla mancata costituzione per le votazioni del 2010 della Giun-ta per le elezioni – vero e proprio organo “fantasma” – in aperta vio-

lazione del regolamento consiliare e, ciò che più conta, dello stesso Statuto. Per fortuna, l’eventuale mancanza di una delibera consiliare che chiuda la fase di con-

valida – impugnabile entro trenta giorni dalla pubblicazione o dalla notifica (per l’interes-sato) – ugualmente non impedisce, secondo una costante giurispru-denza, il ricorso al giudice ordinario per far valere eventuali ineleggibi-lità e/o incompatibilità degli eletti 102. Gli atti del procedimento eletto-rale possono invece essere impugnati, unitamente all’atto di proclama-zione degli eletti, con un ricorso al giudice amministrativo entro il termine di trenta giorni da quest’ultimo (art. 130, c. 1, D.lgsl. n. 104/2010) – dunque, pur sempre dopo le elezioni, salvo talune ipotesi

particolari di cui si dirà a breve – non avendo peraltro il Consiglio alcuna competenza in me-rito. Comunque sia, nel primo come nel secondo caso, siamo di fronte a vere e proprie forme di actio popularis, attivabili da ciascun elettore regionale (oltre che da ciascun candidato).

In realtà, tale “rete” di tutele giurisdizionali, nella misura in cui consente di accertare la presenza di cause di ineleggibilità soltanto ex post, appare «evidentemente incongrua» ri-

99 Del tutto illogico e comunque inspiegabile appare invece il primo comma dello stesso articolo 19 del

regolamento in base al quale il termine previsto dalla legge cornice (sic!) decorre dalla notifica della contesta-zione. Oltre al paradosso di un termine potenzialmente identico con differenti dies a quibus – contestazione iniziale e accertamento definitivo dell’esistenza delle cause di incompatibilità – va ovviamente considerato che la disciplina statale di principio fissa solo un termine massimo, la cui modulazione peraltro è rimessa alla legge elettorale regionale e non al regolamento consiliare.

100 Per l’esame del progetto legge della scorsa legislatura relativo all’incompatibilità della carica di consi-gliere con le cariche di vertice delle ASP o delle Aziende ospedaliere, v. A. RAUTI, 3, 387 s.

101 Si consideri peraltro che il recente progetto di legge regionale n. 248/9^, diretto a disciplinare le cause di ineleggibilità e di incompatibilità non contiene norme sul versante “procedimentale”, rinviando comunque, per quanto non espressamente previsto, alle disposizioni della normativa nazionale in materia.

102 In tal senso, la delibera di convalida, non convalida o surrogazione vale come semplice «presupposto pro-cessuale», la cui assenza tuttavia non impedisce il ricorso ma, al contrario, fa sì che non decorrano i termini per il suo deposito: cfr., per tutti, E. CASETTA, 1, 967 s. In tema trova applicazione l’art. 19, l. stat. n. 108/1968 ed il rinvio, ivi contenuto, alla l. stat. n. 1147/1966.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 185

La irragionevole distinzione dei vizi fra: a) l’indebita

esclusione di liste/candidati e

b) l’indebita ammissione di

soggetti incandidabili

spetto all’esigenza di garantire la «pari opportunità fra i concorrenti», in quanto: «non as-sicura la genuinità della competizione elettorale, nel caso in cui l’ineleggibilità sia successi-vamente accertata; induce il cittadino a candidarsi violando la norma che, in asserito con-trasto con la Costituzione, ne preveda l’ineleggibilità; non consente che le cause di ineleg-gibilità emergano, come quelle di incandidabilità, in sede di presentazione delle liste agli uffici elettorali»

103. Senza considerare peraltro che spesso la correzione dei risultati eletto-rali e la conseguente sostituzione del consigliere illegittimamente proclamato con l’avente diritto – a seguito di sentenza divenuta definitiva o quantomeno esecutiva – interviene a distanza di parecchio tempo dalle elezioni, se non addirittura dopo il successivo rinnovo del Consiglio, dunque non più in tempo realmente utile

104. A ben vedere, però, neppure l’estensione del controllo anticipato già

previsto per le incandidabilità 105 anche alle vere e proprie ineleggibilità –

che la Corte ha ritenuto comunque di non poter sic et simpliciter realiz-zare con una pronunzia additiva

106 – risolverebbe, da sola, tutti i pro-blemi. In realtà, pure l’attuale disciplina relativa alle incandidabilità po-ne problemi non secondari. È pur vero infatti, che, a dispetto della pre-gressa netta chiusura normativa (sia pure temperata dalle timide apertu-re di una oscillante giurisprudenza), il nuovo codice del processo ammi-nistrativo contempla il ricorso al T.A.R. contro atti endoprocedimentali anche prima della proclamazione degli eletti (art. 129, c. 1, D.lgsl. n. 104/2010). Tuttavia, nonostante le modifiche da ultimo intervenute (cfr. D.lgsl. n. 160/2012), tale possibilità è comunque limitata all’impugnazione di «atti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a parte-

103 Così sent. cost. n. 84/2006, richiamata dalle sentt. cost. nn. 236 e 257/2010. Si consideri peraltro che in una vicenda riguardante un Comune siciliano la Corte dei Conti Sicilia, sent. n. 2959/2010, ha ritenuto responsabile per danno erariale il candidato presentatosi alle elezioni per Sindaco (e successivamente eletto) nonostante la presenza di una sentenza definitiva che ne determinava l’incandidabilità.

104 In tal senso, cfr. sent. Cass. n. 12653/2010, relativa alla vicenda del consigliere regionale calabrese Chiap-petta, eletto nella tornata elettorale del 2005 e – in difformità da quanto ritenuto dalla Corte d’Appello – di-chiarato dagli ermellini ineleggibile soltanto il 25 maggio 2010, ovvero dopo lo svolgimento delle successive elezioni, per non essersi tempestivamente dimesso dal consiglio di amministrazione del Consorzio ‘Co.M.A.C’ a partecipazione maggioritaria della Regione.

105 Quest’ultimo riferimento chiama in causa ovviamente la norma della l. stat. n. 108/1968, applicabile alle elezioni calabresi, che abilita l’ufficio centrale circoscrizionale a cancellare dalle liste i nomi dei candidati a carico dei quali viene accertata la sussistenza di una delle condizioni previste dalla l. stat. n. 55/1990 (purché, deve ricordarsi, in presenza di una pronunzia definitiva di condanna: cfr. sent. cost. n. 141/1996). La cancellazione è altresì prevista nel caso in cui manchi o sia incompleta la dichiarazione di accettazione della propria candidatura (art. 10, c. 1, n. 2), con la quale peraltro si deve espressamente dichiarare anche di non versare in una delle situazioni previste dalla l. stat. n. 55/1990 (art. 9, c. 8, n. 2).

106 Cfr. la sent. cost. n. 257/2010, relativa invero alle elezioni locali ma sorretta da argomentazioni co-munque estendibili anche a quelle regionali. In particolare, si dichiara inammissibile la richiesta di estendere, mediante una pronunzia additiva, la possibilità già contemplata per la Commissione elettorale circondariale di escludere la candidatura del sindaco incandidabile anche alle relative ipotesi di ineleggibilità. Da un lato, la Corte rileva la diversità di ratio che caratterizza le prime rispetto alle seconde, mentre, dall’altro, sottolinea la spettanza esclusiva in capo al legislatore, in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata, del compito di bilanciare «i principi previsti dagli artt. 51 e 97 Cost.», «valutare, sulla base della ragionevolezza e con scelte di carattere certamente politico, le diverse ipotesi e, in relazione alla gravità di ciascuna di esse, graduare il trattamento normativo più appropriato e proporzionato».

ALESSIO RAUTI 186

La connessa questione del limite del terzo mandato

presidenziale

cipare al procedimento elettorale preparatorio» 107. Dunque, almeno gli aspetti che qui in-

teressa analizzare, sembra più formale che sostanziale la “correzione” dell’originaria dizio-ne del codice, che faceva riferimento alla «indebita esclusione» di liste e/o candidati. A ben vedere, infatti, se è ipotizzabile la competenza del giudice amministrativo a giudicare sui ricorsi contro atti di indebita esclusione di un candidato fondati dagli Uffici elettorali sul-la presunta ricorrenza di cause di incandidabilità, rimangono evidentemente “scoperti” proprio i casi di indebita ammissione di un soggetto che effettivamente versa in una di tali situazioni, a dispetto della più ampia apertura desumibile invece dalla motivazione della sent. cost. n. 236/2010

108. In tal senso, solo dopo la fase della proclamazione degli eletti sarà possibile esperire i rimedi necessari per far decadere gli in candidabili, anche attraver-so il rimedio dell’azione popolare.

L’esigenza di anticipazione del giudizio sulle ineleggibilità presuppone dunque, in de-finitiva, anche un’ampia rivisitazione della tutela elettorale endo-procedimentale, mentre, alla luce del reiterato monito della Corte e della sua più recente giurisprudenza, si potreb-be perfino dubitare della ragionevolezza della legge cornice nella parte in cui garantisce al consigliere l’esercizio delle sue funzioni addirittura fino alla pronunzia definitiva sui ricor-si, tanto in tema di ineleggibilità [art. 2, c. 1, lett. d )], che di incompatibilità

109 [art. 3, c. 1, lett. e)], specie considerando che attualmente l’esecuzione della decisione di primo gra-do che accerta l’esistenza di una tali cause può essere sospesa solo fino alla definizione dell’eventuale appello (art. 84, c. 3, d.P.R. n. 570/1960).

La questione appena posta vale a maggior ragione per le ineleggi-bilità che riguardano il Presidente della Giunta, la cui decadenza tra-volgerebbe l’intera elezione consiliare, stante il vincolo del simul e la stessa configurazione del sistema elettorale

110. Considerazioni speci-fiche merita poi la «non immediata rieleggibilità allo scadere del se-

condo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio uni-versale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia», principio fon-damentale introdotto dalla l. cornice n. 165/2004 [art. 2, c. 1, lett. f ), nostro il c.vo]. È evidente infatti che, al di là del termine utilizzato – che corrisponde a quello previsto dal TUEL per i Sindaci ed i Presidenti di Provincia (art. 51, c. 2) – il limite da essa previsto, proprio in quanto non rimuovibile, si avvicina più ad una vera e propria incandidabilità

111.

107 Su tali modifiche, cfr. M.A. SANDULLI, 1, che rileva comunque, quale effetto di queste ultime, un «am-pliamento delle ipotesi in cui i provvedimenti relativi al procedimento elettorale preparatorio sono immedia-tamente impugnabili».

108 Sulla sent. cost. n. 236/2010, cfr. E. LEHNER, 1, 2908 ss.; R. CHIEPPA, 1, 2905 ss. Sulle criticità del codice del processo amministrativo in ordine a tali profili, v. già P. QUINTO, 1, nonché, fra gli altri, A. CAR-DONE, 1, 664 s., e 2, § 2.

109 Ovviamente, per le incompatibilità non si pone il problema di una “tutela anticipata” alla fase prece-dente le elezioni, quanto piuttosto l’esigenza di un corretto equilibrio fra i valori in gioco al fine di non sacri-ficare completamente i princìpi di imparzialità e buon andamento della P.A. Sulla necessità, in tal senso, di una ragionevole brevità del termine previsto per esercitare l’opzione dopo la notifica del ricorso elettorale «per assicurare un equilibrio fra la ratio giustificativa della incompatibilità e la salvaguardia del diritto di elettorato passivo» v. comunque la sent. cost. n. 294/2011.

110 In tema, v. A. RAUTI, 3, 255. 111 Sulla qualificazione di tale ipotesi come una causa di incandidabilità – a dispetto della sua rubricazione –

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 187

L’anticipazione della tutela richiederebbe tuttavia mirati interventi sul procedimento elettorale. In tal senso non sarebbe comunque sufficiente la scelta – consacrata in diver-se normative elettorali regionali 112, nonché nel progetto di legge regionale calabrese n. 248/9^

113 – di utilizzare direttamente il diverso termine “incandidabilità”. La stessa l. stat. n. 108/1968 andrebbe comunque modificata al fine di ampliare i casi (tassativi) di incan-didabilità in cui l’Ufficio elettorale circoscrizionale può escludere il singolo dalla competi-zione. Non trattandosi di contenzioso giurisdizionale, dovrebbe a tal fine ritenersi compe-tente la stessa Regione, ancorché in un quadro di intesa con lo Stato (almeno fintanto che gli Uffici elettorali saranno composti da magistrati). È necessaria però anche una corri-spondente modifica del codice del processo amministrativo, ovviamente a titolo “esclusi-vo” statale, diretta a consentire il ricorso al T.A.R. anche nei casi di indebita ammissione della candidatura del Presidente da parte di tali Uffici.

In attesa dell’approvazione di specifiche norme sul punto, il principio della legge cornice rimane invero “congelato”, in primo luogo perché la giurisprudenza lo ha ricostruito in ter-mini di norma a precettività differita, rivolta cioè al solo legislatore regionale e non diretta-mente applicabile nonostante la sua struttura assai dettagliata

114. Anche ad ipotizzare, in caso di prolungata inerzia, lo scioglimento del Consiglio regionale da parte del Presidente della Repubblica ex art. 126, c. 1, Cost., per grave violazione di legge, tale “sanzione”, al di là della

v. N. LUPO, 4, 59 (che tuttavia, richiamando la sent. Cass. civ., I sez., n. 11895/2006, sottolinea la diversa qualificazione della giurisprudenza in ordine all’analogo limite previsto per i sindaci e i Presidenti di Provin-cia); M. OLIVETTI, 1, 16; F. DRAGO, 1, 60; S. CATALANO, 2, 110; N. VICECONTE, 1, 220 e, se abbiamo ben compreso, anche L. CASTELLI, 2, spec. 500 s. Contra Corte d’Appello Bologna, I sez. civ., 25 marzo 2011, n. 453. Di certo, comunque, al di là del nomen utilizzato, l’analogo divieto di rielezione previsto per i Sindaci ed i Presidenti di Provincia è comunque ritenuto «a carattere originario ed irremovibile (…) sicché il successivo accertamento da parte degli organi competenti non può che avere natura dichiarativa ed effetto “naturalmente retroattivo”» (Cons. St., VI sez., n. 2765/2008).

112 In particolare, cfr. l’art. 12, c. 7, l. reg. toscana n. 25/2004, nonché l’art. 6, c. 2, l. reg. Veneto n. 5/2012 (che impedisce solo l’immediata candidabilità del Presidente dopo due mandati). Analoga terminologia viene fra l’altro utilizzata dall’art. 20, l. reg. friulana n. 17/2007 (cfr. M. COSULICH, 3, 202, nt. 196).

113 Cfr. in particolare l’art. 1, c. 5. Peraltro, il riferimento alla candidatura emergeva anche dal progetto calabrese n. 368 presentato nella scorsa legislatura e mai giunto alla sua approvazione.

114 Così, in ordine all’art. 2 della l. cornice – sia pure in giudizi non relativi alla specifica causa di non rie-leggibilità del Presidente dopo il secondo mandato consecutivo – cfr. Cass., sez. un., n. 16898/2006, secondo cui la stessa non modifica direttamente le disposizioni statali della l. stat. n. 154/1981 in tema di ineleggibili-tà, che dunque continuano ad applicarsi (in tema, fra gli altri, v. G. PERNICIARO, 1, 468 s. e 484 ss., e 2, 157 ss.; L. CASTELLI, 2, 504 ss.). Nelle elezioni regionali del 2010 la questione si è invece specificamente posta rispetto alla rielezione di Roberto Formigoni (addirittura dopo il suo terzo mandato consecutivo nella Regione Lombardia, ancorché il primo non fosse invero computabile in quanto derivante dall’elezione indiretta ad opera del Consiglio) e Vasco Errani (in Emilia Romagna). Il principio di divieto del terzo mandato è stato ritenuto non direttamente applicabile dai tribunali di Milano e di Bologna, le cui decisioni (rispettivamente: sentt. nn. 9052 e 9053/2010; 2746/2010) sono state successivamente confermate in appello (Corte d’Appello Milano, sent. n. 1404/2011, e Corte d’Appello Bologna, I sez. civ., n. 453/2011). Da ultimo, analoga vicenda ha riguardato il Presidente molisano Angelo Michele Jorio, rieletto nel 2011 per il suo terzo mandato. A favo-re della immediata applicabilità diretta del divieto posto dalla legge cornice, cfr. invece L. CASTELLI, 2, 501 ss.; M. RAVEIRARA, 1, spec. 42 s., e 2, 4; G. TARLI BARBIERI, 5, 128, nt. 70; N. VICECONTE, 1, 220; S. CECCAN-TI, 3, 5; N. LUPO, 4, 59, che la considera ardua ma non impossibile alla luce di una interpretazione sistemati-ca; A. PERTICI, 1, 2436 s., nonché, sia pure con maggiore prudenza, E. GIANFRANCESCO, 2, nt. 105. Contra: v. L. BRUNETTI, 1; C. TUCCIARELLI, 1, 6.

ALESSIO RAUTI 188

Il terzo mandato dei consiglieri:

incongruità delle attuali proposte

sua concreta praticabilità, non colmerebbe di per sé la lacuna, potendo al più costituire un valido “precedente” per spingere il Consiglio regionale “rinnovato” a legiferare sul punto in modo tempestivo. Si può al più auspicare che le modifiche apportate in futuro alla legge elettorale non dispongano (o non siano comunque interpretate) nel senso di considerare i due mandati consecutivi a partire da quello in corso nel momento della sua entrata in vigore – o addirittura da quello successivo – in virtù di una (insolita) applicazione del principio di retroattività pure vigorosamente affacciata in dottrina

115. In caso contrario, occorrerebbe at-tendere le elezioni del 2020 (se non quelle del 2025) per averne una prima applicazione.

Predilige invece espressamente la logica dell’ulteriore “rinvio” la diversa proposta – addirittura di modifica dello Statuto, fonte più volte giudicata “incompetente” in materia

116 – volta ad introdurre il terzo mandato per gli stessi consiglieri, soluzione assai rara nel suo genere e non espressamente prevista dalla legge cornice

117. Ancorché non del tutto priva di una sua ratio – legata anch’essa ad una generale prospettiva demo-cratica di alternanza nelle cariche politiche e potenzialmente capace di rinforzare anche il limite previsto per il Presidente della Giunta

118 – tale proposta non solo lascia stranamente fuori gli assessori, ma porrebbe invero parecchi problemi di coordinamento

119.

115 In tal senso, v., ad es., S. CECCANTI, 3, 5 s. e, sia pure in relazione alla normativa del F.V.G, M. CO-SULICH, 1, 205. La stessa Corte d’Appello milanese nella decisione n. 1404/2010 – con cui ha ritenuto eleg-gibile il Presidente Formigoni nonostante i due mandati consecutivi a suffragio universale e diretto già rico-perti – non ha mancato di precisare che, anche a ritenere immediatamente applicabile la relativa disposizione della legge cornice, ai fini dell’applicazione del limite in essa previsto si dovrebbero computare solo i mandati ricoperti dopo la sua entrata in vigore (sulla decisione v. A. LOLLO, 1). Contra M. AINIS, 1, secondo cui il ri-chiamo in questo caso all’irretroattività – principio peraltro costituzionalmente sancito solo in ordine alle norme penali – è davvero fuori luogo: «altrimenti dovremmo pensare che se domani verrà impedito ai ciechi di guidare un aeroplano, il divieto colpirà soltanto i nuovi ciechi». Critiche analoghe in ANGIOLINI, 1, spec. 7 ss. In tema, v. pure L. CASTELLI, 2, 512 s. e S. CATALANO, 2, 119.

116 Al di là della dichiarata e discussa “incompetenza” di tale fonte a disciplinare siffatti istituti (che emerge in modo netto, ma non altrettanto argomentato, dalla sent. cost. n. 2/2004), è comunque evidente l’incidenza di tale limite sulla forma di governo – (in tema, v., fra gli altri, M. OLIVETTI, 1, 257 ss.; 4, spec. 450 s.; 5, 16; M. VOLPI, 1, 732; F. DRAGO, 1, 60) – al punto da far dubitare della stessa legittimità costituzionale della scelta della legge cornice. In senso analogo, cfr. M. LUCIANI, 3, 187 che ritiene piuttosto tale peculiare causa di ineleggibilità inerente alla «disciplina della carica», ovvero al mandato e dunque alla forma di governo. Il modo in cui tale condizionamento può operare, invece, non è così facilmente predeterminabile in astratto. In tema, v. G. FALCON, 6, 35; M. OLIVETTI, 1, 259; F. DRAGO, 1, 60; P. GRIMAUDO, 1, 531.

117 Cfr. la proposta n. 2/9^, diretta a modificare l’art. 18 dello Statuto. Peraltro, l’insolita “appendice” a corredo della proposta “stabilisce” che il limite del doppio mandato consecutivo «sarà disciplinato anch’esso dalle norme transitorie della legge regionale elettorale che dovrà fissare (…) la decorrenza del limite dei due mandati consecutivi (primo mandato 2010-2015 e secondo mandato 2015-2020), come anche tutti “i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale”». Insomma, il legislatore statutario fissa il limite, rinvia a tal fine alla legge regionale e pretende pure in modo del tutto insolito di “orientare” la relativa scelta sulla decorrenza dei mandati!

118 In particolare, chi ha due mandati consecutivi alle spalle come Presidente – e dunque anche come consigliere, stante la riserva di un seggio consiliare garantita a quest’ultimo dalla legge elettorale regionale (art. 1, c. 2) – si vedrebbe precluso anche l’accesso alla “semplice” carica di consigliere, ciò che eviterebbe di ridurre il tanto proclamato “rinnovo” ad un semplice “scambio di posizioni” per un solo turno elettorale. Su tali rischi v. G. CORDINI, 1, 175. Sul rapporto fra concentrazione di potere e limiti al numero di mandati delle cariche elettive, cfr. N. LUPO, 4, 59.

119 Appare in particolare problematica l’ipotesi di chi dopo aver già ricoperto per due mandati consecutivi

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 189

Il procedimento elettorale: le

sottoscrizioni ed il “privilegio dei partiti”

III.2.6. Ulteriori aspetti della c.d. disciplina elettorale di contorno

La c.d. legislazione elettorale di contorno, di cui si considera parte integrante la discipli-na sull’elettorato attivo e passivo già descritta, non va evidentemente intesa come un minus rispetto al sistema elettorale in senso stretto, implicando al contrario profili assai delicati e profondi intrecci con le problematiche della tutela dei diritti fondamentali in condizioni di uguaglianza e dunque, in definitiva, del grado di democraticità effettiva della forma di Stato.

Della normativa di contorno deve ritenersi parte integrante la di-sciplina relativa al procedimento elettorale, di cui tuttavia la l. reg. calabrese n. 1/2005 si occupa solo in relazione alla questione della sottoscrizione e dei contrassegni delle liste. Per gli altri aspetti vale il rinvio alle leggi statali che disciplinano il c.d. sistema transitorio.

Per il numero di firme richieste al fine della sottoscrizione delle liste provinciali e di quella regionale relativa ai candidati alla Presidenza vale il rinvio a quanto già disposto dalla legge statale

120. La necessità delle firme, normalmente, oltre ad implicare già un po-tere democratico degli elettori nel condizionare con le loro firme l’ammissibilità delle li-ste

121, mira anche ad evitare che il voto di questi sia eccessivamente “disperso” a favore di forze politiche che mirano «ad assumere elettoralmente un ruolo di rappresentanza politi-co-amministrativa della comunità» senza adeguate garanzie di «credibilità ed affidabili-tà»

122. Si tratta tuttavia, pur sempre, di un appesantimento procedurale che, ove non mo-dulato in modo ragionevole, potrebbe divenire un serio ostacolo soprattutto alla comparsa sulla scena politica di nuovi soggetti, ordinariamente più esposti rispetto ad altri alla diffi-coltà di dimostrare in tal modo l’esistenza di una minima base di consenso prima ancora di poterlo acquisire attraverso l’essenziale fase della propaganda elettorale

123.

la carica di consigliere decida di candidarsi alla presidenza della Giunta. Nel caso di vittoria, infatti, il neo-eletto Presidente parrebbe trovarsi nell’impossibilità di far parte, allo stesso tempo, anche del Consiglio, ciò che evidentemente non solo determinerebbe una applicazione “a macchia di leopardo” della disposizione della elettorale sulla riserva a quest’ultimo di un seggio consiliare, ma creerebbe una lacuna sul modo di assegnare tale seggio, che risulterebbe ulteriore rispetto ai nove o ai quattro del premio di maggioranza da ripartire con sistema proporzionale fra le liste provinciali.

120 In particolare, per le liste provinciali, sono previste quattro classi di limiti minimi e massimi differenti di firme a seconda del numero di abitanti nella singola circoscrizione. In realtà, per quattro su cinque Province calabresi – che contano un numero di abitanti superiore comunque a 100.000 ed inferiore a 500.000 – si rientra nella lett. c) dell’art. 9, c. 2, e dunque le firme devono essere non meno di 1000 e non più di 1500. Per quella di Cosenza, invece, il limite minimo sale a 1750 e quello massimo a 2500. Quanto alla lista regiona-le, ai sensi del rinvio operato dall’art. 1, c. 3, l. stat. n. 43/1995 all’art. 9, c. 6, primo periodo, D.lgsl. n. 533/1993 – ovvero alla normativa sull’elezione del Senato nella sua formulazione originaria, ovvero prima delle modifiche apportate dal c.d. Porcellum (l. stat. n. 270/2005) – nel caso della Regione Calabria, che conta più di un milione di abitanti, è richiesta la relativa sottoscrizione da almeno 3500 e non più di 5000 elettori iscritti nelle liste elettorali di Comuni compresi nella Regione. In caso poi di scioglimento anticipato, l’art. 1, c. 3, l. stat. n. 43/1995, stabilisce che il numero delle firme così determinato sia ridotto alla metà.

121 In tal senso, la capacità di raccogliere le firme costituirebbe un indice non solo di rappresentatività, ma anche di democraticità: così J. LUTHER, 1, 661.

122 Cfr. da ultimo Cons. St., ord. n. 1415/2010, ma v. già la sent. cost. n. 83/1992 (ivi opportuni richiami storici al rapporto fra l’istituzione in Italia del controllo sulle candidature nel 1946, l’esigenza di assicurare una minima credibilità dei candidati ed il contenimento della dispersione dei voti).

123 In tal senso il “Codice di buona condotta in materia elettorale”, stilato nel 2002 dalla Commissione di

ALESSIO RAUTI 190

Il rischio di un’alterazione dell’uguaglianza nella competizione elettorale è ovviamente accresciuto nel caso in cui la legge introduca specifiche presunzioni di rappresentatività a fa-vore di taluni partiti già esistenti e rappresentati nei Consigli regionali. Per quanto ammessi dalla giurisprudenza

124, tali “privilegi” premiano discutibilmente il radicamento già ottenuto da taluni soggetti politici attraverso le precedenti tornate elettorali 125. L’idea che una vota-zione possa lasciare in “dote” per quella successiva una non bene precisata presunzione di “consenso” sembra tradire l’impegno della Repubblica a rimuovere gli ostacoli che impedi-scono la partecipazione di nuovi soggetti alla vita politica del Paese, rifiutando la prospettiva promozionale, e dunque necessariamente dinamica, del principio di uguaglianza sostanzia-le

126. Gli stessi indici di “rappresentatività”, specie se non ragionevolmente calibrati, possono diventare uno strumento per consolidare discutibilmente i preesistenti rapporti di forza.

Sul punto, la deroga attualmente prevista dall’art. 1, c. 4, della legge elettorale calabre-se, più volte modificato, avvantaggia le “liste” che costituiscono espressione di partiti rap-presentati nel Parlamento italiano, nonché le “liste provinciali” che siano espressione di almeno un gruppo consiliare ovvero di una delle componenti politiche del gruppo misto. Infine, l’ultimo inciso – introdotto con la l. reg. n. 6/2010 – esonera “in ogni caso” dalla raccolta delle firme la lista regionale “cui siano collegate le liste provinciali”.

La cattiva formulazione del testo ha posto innanzitutto un problema sulla condizione della lista regionale, la cui ammissibilità deve ritenersi comunque garantita già dal necessa-rio collegamento con almeno un gruppo di liste provinciali in possesso dei requisiti previ-sti per essere ammesse alla competizione: o in quanto “sorrette” dalle sottoscrizioni richie-ste dalla legge oppure in quanto rientranti nelle condizioni di deroga appena descritte

127. Tale collegamento, del resto, oltre a costituire indizio “indiretto” della rappresentatività

Venezia del Consiglio d’Europa, stabilisce che «la legge non dovrebbe esigere la firma di più dell’1% degli elettori della circoscrizione» al fine di impedire eventuali manipolazioni in senso escludente della competizione elettorale. La Corte edu, poi, ha ritenuto esistente in materia di legislazione elettorale un ampio margine di apprezzamento statale, al punto da ritenere compatibile con il diritto a libere elezioni di cui all’art. 3 del Pro-tocollo addizionale n. 1 anche la richiesta di un alto numero di firme per partecipare alla competizione (Federación Nacionalista Canaria v. Spain (dec.), no. 56618/00, ECHR 2001-VI, richiamata da Sukhovetsky n. 13716/02, 68) o la stessa eventuale richiesta di una cauzione, fermo restando tuttavia il sindacato sulla proporzionalità delle singole misure di volta in volta adottate al fine di verificare se la rispettiva incisione sui diritti elettorali sia tale da privare questi ultimi della loro “essenza” o “effettività”.

124 V. ancora sent. cost. n. 83/1992. 125 Sul criticabile automatismo che lega presuntivamente la presenza di taluni partiti nelle assemblee rap-

presentative al loro “radicamento” nella società, cfr. da ultimo, L. TRUCCO, 2, spec. 697. 126 Sul principio costituzionale di uguaglianza sostanziale come clausola volta ad impedire la cristallizzazio-

ne dei rapporti di forza agevolando invece la possibilità di ricambio nel sistema politico, v. P. RIDOLA, 1, 33 s. 127 Alla seconda delle due condizioni fa espressamente riferimento il T.A.R. Calabria, Catanzaro, ord. n.

241/2010 – confermata dall’ord. n. 1415/2010 del Consiglio di Stato – che ha respinto l’istanza cautelare proposta contro l’esclusione dalla competizione elettorale della lista regionale “Partito Comunista dei Lavo-ratori” da parte dell’Ufficio elettorale centrale, in quanto non solo priva delle sottoscrizioni richieste dalla legge, ma neppure collegata a liste provinciali espressioni di un gruppo consiliare o di una componente politica del gruppo misto. Per il caso inverso, v. T.A.R. Calabria, Catanzaro, n. 1738/2010, che ha ritenuto invece ammissibile la presentazione di due delle principali liste regionali sulla base del loro collegamento a liste provinciali in possesso dei requisiti per godere della deroga alla sottoscrizione in base alla novella del 2010 (l. reg. n. 6), nonostante la sua entrata in vigore dopo la convocazione dei comizi, ritenendola comunque applica-bile in virtù del principio tempus regit actum.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 191

La disciplina dei contrassegni

Le “primarie”: una vicenda a più puntate

della lista regionale, risulta comunque richiesto a pena di inammissibilità per consentire la stessa assegnazione del premio di maggioranza. E dunque sarebbe, allo stesso tempo, causa necessaria e sufficiente per l’ammissibilità della lista regionale, a prescindere dal fatto che quest’ultima sia dunque in possesso dei “propri” indici di rappresentatività. Il secondo aspetto critico riguarda l’estensione della deroga proprio all’ipotesi di liste espressione di partiti rappresentati nel Parlamento italiano, condizione ovviamente ben lontana dall’of-frire serie garanzie di rappresentatività di una forza politica all’interno dello specifico terri-torio regionale calabrese (si pensi al caso della Lega nord Padania). In terzo luogo, poi, la prospettiva di una deroga concessa a liste espressione di mini- e mono-gruppi e addirittura delle stesse componenti politiche del gruppo misto – che potrebbero non vantare realmente alcun indizio di sicura rappresentatività – pecca di incoerenza, oltre a costituire un’ulteriore spinta alla frammentazione consiliare e politica.

Per certi versi, proprio la possibilità di deroghe alla raccolta delle firme rende ancor più necessaria l’inammissibilità di liste i cui con-trassegni siano «identici o confondibili con quelli presentati in prece-denza» ovvero nel caso in cui stessi riproducano «simboli usati tradizionalmente da altri partiti» o “simboli o elementi caratterizzanti simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento, possano trarre in errore l’elettore» (art. 1, c. 5, l. reg. n. 1/2005). Invero il quadro di tali vincoli corrisponde a quello sostanzialmente già delineato dall’art. 9, c. 8, n. 4, l. stat. n. 108/1968

128, ad eccezione dell’ulteriore limite – curiosa-mente non ripreso dalla legge calabrese – relativo alla «presentazione di contrassegni ri-producenti immagini o soggetti religiosi». Potrebbe invero soccorrere il rinvio generale operato dalla legge regionale a quella statale per quanto non previsto dalla prima. Tuttavia, pare ragionevole ritenere che la presunta “omissione” del legislatore regionale esprima in-vece una vera e propria voluntas excludendi – ancorché non esplicita, come pure sarebbe stato preferibile – e dunque tale limite dovrebbe di conseguenza considerarsi non operante per le elezioni calabresi. Rispetto alla normativa statale del 1968, comunque, la legge elet-torale in questione si distingue anche per il tentativo di individuare i possibili elementi di “confondibilità” dei contrassegni, secondo tuttavia uno schema ed una formulazione lette-ralmente mutuati dalle leggi elettorali della Puglia e del Lazio

129. Il legislatore calabrese è l’unico finora, insieme a quello toscano,

ad aver varato una disciplina apposita sullo svolgimento di elezioni primarie. Invero, in base al testo originario della l. reg. n. 25/ 2009 le primarie si caratterizzavano, fra l’altro: a) per il loro carattere non solo pubblico ma an-che aperto, potendo votare tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali dei Comuni della Regione; b) per l’obbligatoria partecipazione dei partiti e gruppi politici che volessero pre-

128 Si noti che l’unica differenza testuale in tale primo inciso risiede nel riferimento a simboli usati tradi-zionalmente da altri partiti e non ai simboli «usati notoriamente da altri partiti o gruppi politici» (secondo quanto disposto dalla l. stat. n. 108/1968). Analoghe varianti formali sono presenti anche nel secondo inciso. In tema, cfr. A. RAUTI, 3, 335.

129 In tal senso, «costituiscono elementi di confondibilità congiuntamente od isolatamente considerati, ol-tre alla rappresentazione grafica e cromatica generale, i simboli riprodotti, i singoli dati grafici, le espressioni letterali, nonché le parole o le effigi costituenti elementi di qualificazione degli orientamenti o finalità politi-che connesse al partito o alla forza politica di riferimento».

ALESSIO RAUTI 192

sentare poi proprie liste alle elezioni regionali, con conseguenti dubbi sul rispetto della lo-ro autonomia costituzionale; c) per la rispettiva limitazione alla sola individuazione dei candidati – paradossalmente, anche di uno solo per coalizione o forza politica – alla Presi-denza della Giunta e non al Consiglio, scelta apparsa legata ad un utilizzo di tale istituto a soli fini “acclamatori” di decisioni già prese altrove e comunque poco giustificabile alla luce, invece, della necessità di temperare la natura “bloccata” del vecchio “listino” regiona-le); d ) per la richiesta di una cauzione ai partiti – non restituita a quanti fra questi non avessero rispettato l’esito delle primarie nella predisposizione delle liste – e per lo stanzia-mento di un fondo necessario per il rimborso delle spese sostenute da questi ultimi (se-condo un calcolo forfettario) e dai Comuni; e) per l’istituzione di un organo temporaneo, il Collegio regionale di garanzia elettorale, chiamato ciclicamente a svolgere compiti di controllo sullo svolgimento delle primarie (e in particolare, a ricevere e giudicare su even-tuali ricorsi, rendere nota la graduatoria definitiva e accertare il rispetto dei risultati ai fini della restituzione della cauzione e dell’erogazione del rimborso). Su taluni di tali aspetti si erano appuntate vivaci critiche della dottrina, le quali tuttavia si indirizzavano soprattutto verso quelle disposizioni della disciplina che costringevano l’elettore a ricevere, sulla base della relativa scelta, solo una delle schede, ciascuna di diverso colore, legate alle singole forze politiche

130. Si paventava infatti un serio rischio per la segretezza del voto o, comun-que, per le pericolose conseguenze – specie in un contesto regionale assai flagellato dai fe-nomeni di corruttela elettorale – derivanti dal costringere in tal modo il partecipante alle primarie ad una «esposizione pubblica» delle proprie opinioni politiche neppure indispen-sabile alla corretta funzionalità dell’istituto (e dunque, potrebbe dirsi, pure irragionevole sotto tale aspetto per difetto di proporzionalità).

A seguito dell’intervenuta impugnazione da parte del Governo, il legislatore calabrese è intervenuto con la l. reg. n. 38/2009 (ma v. pure la l. reg. di coordinamento formale n. 44/2009) rendendo facoltative le primarie, introducendo la c.d. scheda unica per tutti i candidati delle diverse forze politiche – in modo da superare in tal modo i problemi di segretezza/riservatezza – ed abrogando le norme relative alla cauzione obbligatoria ed al rimborso per i partiti che partecipano alle primarie. Soprattutto tale ultima scelta, poi, è parsa assai discutibile, se è vero che proprio la facoltatività presupporrebbe adeguati stru-menti premiali per i partiti sensibili al problema della democraticità delle proprie scelte in materia di candidatura – anche in relazione alle esigenze di riequilibrio di genere – e disposti a “vincolarsi” all’esito delle primarie (considerati peraltro i costi che la Regione dovrebbe sostenere per il loro svolgimento)

131. Infine, ulteriori, rocamboleschi sviluppi

130 Cfr., fra gli altri, A. SPADARO, 15 e 16, 43 ss., nonché, volendo, A. RAUTI, 3, 357 ss. 131 Infine, in occasione di tale modifica si stabilisce che «alla presentazione delle candidature alla carica di

Presidente della giunta regionale, anche quando il partito o gruppo politico organizzato abbia partecipato con il medesimo contrassegno alle elezioni primarie, continuano ad applicarsi le disposizioni delle citate leggi sta-tali nn. 108/1968, 43/1995 e della l. reg. n. 1/2005 e delle successive integrazioni e modificazioni alle mede-sime». Così, non solo la partecipazione – per la quale pure è richiesta la sottoscrizione della lista da parte di almeno tremila elettori – ma anche l’esito delle primarie non incide sull’applicabilità delle disposizioni statali in tema di raccolta delle firme per la presentazione delle liste alle elezioni vere e proprie. In tal senso, tale con-dizione rimane parimenti necessaria anche in presenza di un’ottima performance in termini di consensi rag-giunta alle primarie. Se poi ricorrono le previste condizioni per la deroga, questa è applicabile paradossalmente anche nei confronti del candidato che in ipotesi abbia perso le primarie.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 193

I “tetti” di spesa elettorale …

hanno impedito l’applicazione della legge in questione nelle elezioni del 2010 132.

La legge elettorale calabrese nulla dispone in ordine ai tetti di spe-sa ed ai rimborsi delle spese elettorali sostenute dai candidati e dai partiti. Per gli stessi devono dunque ritenersi ancora applicabili, in virtù peraltro del rinvio alla legislazione statale, le disposizioni della l. stat. n. 43/1995. Com’è noto, i tetti relativi alle spese elettorali – ma anche gli stessi rimborsi (purché con-tenuti nei limiti delle prime) – mirano ad impedire che il fondamentale presupposto de-mocratico di uguaglianza politica sia inquinato dalle disuguaglianze del sistema economi-co (esito di fatto ammesso invece dalla tradizionale prospettiva statunitense del c.d. “mo-ney is speech”: il denaro è parola)

133. L’art. 5 della citata legge contempla due soglie: la prima è relativa alle spese sostenute

dai singoli candidati 134, che devono essere quantificate nella dichiarazione prevista dall’art. 2, c. 1, n. 3, l. n. 441/1982

135. Una parziale attuazione di tale normativa è offerta, da ul-timo, dalla l. calabrese n. 24/2010, che tuttavia, pur richiedendo ai consiglieri e allo stesso Presidente (nonché agli assessori esterni, ai sottosegretari ed ad altri soggetti) la presenta-zione di diversi documenti attestanti la propria situazione patrimoniale entro tre mesi dal rispettivo insediamento o dalla relativa nomina – documentazione corrispondente ad una parte di quella prescritta dalla stessa legge statale – inspiegabilmente omette proprio, in relazione ai primi, il riferimento alla dichiarazione relativa alle spese elettorali. Con un’in-terpretazione in bonam partem può ritenersi tuttavia che a ciò soccorra il rinvio della di-sciplina regionale a quest’ultima “per quanto non espressamente previsto”. In tal senso, la suddetta dichiarazione dovrebbe essere inviata dai candidati consiglieri e dai candidati alla Presidenza, anche quelli non eletti, entro tre mesi dalla proclamazione (art. 7, c. 7 e 8, l. stat. n. 515/1993, espressamente richiamata dalle l. stat. n. 43/1995) al Presidente del Consiglio regionale ed al Collegio regionale di garanzia elettorale (art. 13, l. stat. n. 515/1993)

136 per le adeguate forme di pubblicità previste dalla legge.

132 Da un lato, a fronte delle modifiche sopravvenute il Governo ha infatti deciso di rinunziare al ricorso,

con la conseguente estinzione del giudizio costituzionale (cfr. ord. n. 147/2010); dall’altro, nel frattempo, le primarie, comunque indette dal Presidente della Giunta, sono state poi sostanzialmente “bloccate” con l’ap-provazione della l. reg. n. 57/2009 che ha differito l’applicazione della relativa disciplina alle elezioni successive a quelle del 2010 (per quanto il PD ha provveduto a svolgere comunque le proprie primarie “private” il 14 marzo dello stesso anno). Sui diversi aspetti della vicenda, anche per opportuni approfondimenti dei punti critici appena abbozzati nel testo, v. L. GORI, 1 e 2, 687 ss.; A. SPADARO, 15 e 16, 42 ss.; A. RAUTI, 3, 368 ss.

133 In tema, più in generale, cfr. A. PIZZORNO, 1, 231 ss. 134 La cifra risulta ancora fissata a 60 milioni di lire (ovviamente ora da riconvertire in euro) per i candidati

della lista regionale (ovvero, nel caso della Calabria, per il solo candidato alla Presidenza), somma incrementa-ta invece per i candidati circoscrizionali di dieci lire per ogni cittadino residente nella circoscrizione. Ulteriori aumenti, fino ad un massimo del 30%, sono poi previsti nel caso di presentazione della candidatura in più circoscrizioni e/o anche nella lista regionale. Comunque sia, tale soglia ricomprende anche le spese sostenute dai partiti ma espressamente riferite ai rispettivi candidati circoscrizionali.

135 «Una dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale ovvero l’attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e di mezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione dal partito o dalla formazione politica della cui lista hanno fatto parte, con l’apposizione della formula «sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero».

136 Si tratta di un organo ancora diverso rispetto a quello, omologo, “istituito” dall’art. 13, l. reg. n. 25/2009, che finora, tuttavia, è rimasto solo sulla carta: quest’ultimo, infatti, viene eletto dal Consiglio regionale in oc-

ALESSIO RAUTI 194

… e le possibili sanzioni

I rimborsi elettorali

La seconda soglia stabilita dalla legge statale riguarda invece le spese sostenute dai par-titi movimenti (o liste) che partecipano alle elezioni regionali e non riferite espressamente ai singoli candidati 137. Il consuntivo di tali spese e delle fonti di finanziamento deve essere presentato dai rappresentanti di partiti, movimenti, liste e gruppi di candidati al Presiden-te del Consiglio regionale entro quarantacinque giorni dal relativo insediamento, al fine del successivo invio alla Corte dei Conti 138.

Nel caso di sforamento dei tetti previsti per i singoli candidati e di mancata presentazione della relativa dichiarazione il Collegio regiona-le di garanzia elettorale è legittimato a comminare apposite sanzioni

amministrative pecuniarie. V’è poi, comunque, una “sanzione” ben più grave, ovvero la specifica causa di ineleggibilità che deriva dall’accertata violazione delle norme che discipli-nano la campagna elettorale, dichiarata dal Collegio di garanzia elettorale in modo definiti-vo (art. 15, c. 7, l. stat. n. 515/1993). Tale limite, in quanto ovviamente non rimuovibile, comporterebbe la sicura decadenza dalla carica del candidato eletto, pronunciabile già con delibera del Consiglio regionale o decretata dalla pronuncia giudiziale. Per quanto di detta-glio e per nulla contemplata in linea di principio dalla legge cornice, tale norma statale par-rebbe ancora applicabile – a parte la sua eventuale qualificazione in termini di invalidità sopravvenuta – sulla base del rinvio della legge elettorale calabrese alla l. n. 43/1995, che, a sua volta, opera un espresso rimando alla specifica disposizione citata contenuta nella legge del 1993.

Rimane comunque aperta la questione degli spazi realmente con-cessi all’autonomia regionale in relazione agli istituti tipici della cam-

pagna elettorale, come i rimborsi e la stessa comunicazione politica, la cui modulazione incide in modo frontale sull’effettività del principio di uguaglianza nella competizione democratica che preme invero verso una riduzione dello spazio discrezionale di eventuale differenziazione fra i diversi territori. Verso una particolare valorizzazione delle esigenze di uniformità parrebbe del resto muoversi la stessa Corte costituzionale nella recente sent. n. 151/2012. Senza poter qui accennare ai diversi problemi legati al c.d. finanziamento della politica

139, va ricordato che l’importo previsto – sganciato dalle effettive spese sostenute,

casione dello svolgimento delle primarie e destinato a svolgere temporanei compiti limitati al controllo degli eventuali ricorsi legati all’indizione delle stesse (nonché, secondo l’inciso della formulazione originaria, poi espunto nel 2009, alla restituzione della cauzione).

137 In questo caso, il massimale è pari al prodotto che si ottiene moltiplicando l’importo di un euro per il numero complessivo degli elettori della Camera iscritti nelle liste elettorali delle circoscrizioni provinciali nelle quali tali soggetti competono.

138 La l. stat. n. 43/1995 rinvia infine ad ulteriori articoli della l. stat. n. 515/1993, relative al c.d. manda-tario elettorale, alla tipologie delle spese, alla particolare disciplina delle riunioni elettorali, al già citato Colle-gio regionale di garanzia elettorale, da istituirsi presso la Corte d’Appello del capoluogo, ai rispettivi compiti di controllo ed alla possibilità per gli elettori di presentare a quest’ultimo esposti sulla regolarità elettorale.

139 L’art. 1, c. 5, l. stat. n. 157/1999, prima delle modifiche introdotte dalla l. stat. n. 96/2012, prevedeva che per le quattro diverse elezioni (Camera, Senato, Regioni, Parlamento europeo) fosse accantonato per cia-scun anno di legislatura un fondo – a carico del bilancio interno della Camera, ad eccezione di quello relativo al Senato – il cui importo corrisponde all’unità base di un euro moltiplicato per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei Deputati. In tema, v. almeno AA.VV., 12, passim, nonché, più di recente, C. PINELLI, 1, 223, e 5, 15. Sulla sent. cost. n. 151/2012, cfr. da ultimo T. MARTINES-A. RUGGERI-C. SALAZAR, 1, 35.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 195

ed in effetti fin qui ben più alto di queste ultime, al punto da divenire sostanzialmente a partire dal 1999 una vera e propria forma di finanziamento della vita ordinaria dei partiti mascherata da rimborso elettorale – veniva già ripartito, quanto alle elezioni regionali, sul-la base dei criteri stabiliti dall’art. 6, c. 2, l. stat. n. 43/1995.

Senonché, anche dopo la riforma del titolo V, lo Stato è intervenuto a più riprese in materia, registrandosi peraltro un’importante decisione della Corte costituzionale

140, la quale, pronunciandosi in particolare sul D.L. n. 78/2010, ha ricondotto la disciplina della campagna elettorale e in particolar modo dei rimborsi alla potestà legislativa concorrente di cui all’art. 122, c. 1, e non a quella residuale regionale, scelta peraltro ampiamente sug-gerita dalla connessa esigenza di far valere un pressante limite di uniformità, considerato che l’eguale misura del fondo e dei rimborsi a livello nazionale è volta ad assicurare non solo l’«uguale libertà del voto a tutti gli elettori, a qualunque Regione appartengano (art. 48 Cost.), ma anche la parità di trattamento di tutti i movimenti e partiti politici che par-tecipano alle competizioni elettorali (art. 49 Cost.)». In tal senso, per la Corte la norma che stabilisce, riducendola, la misura fissa dell’unità di base del rimborso, ancorché di det-taglio sotto il profilo strutturale, può essere ugualmente qualificata alla stregua di un prin-cipio fondamentale sotto il profilo sostanziale/teleologico, in quanto collegata all’obiettivo di garantire l’uguale esercizio dei diritti politici tutelati dalle indicate disposizioni costitu-zionali e di evitare irragionevoli discriminazioni nel godimento degli stessi che potrebbero realizzarsi ove la concreta disciplina posta dipendesse dalle differenti disponibilità eco-nomiche fra Regione e Regione

141. In realtà, da ultimo tale sistema dei c.d. “rimborsi”, considerati anche quelli relativi al-

le elezioni regionali, è stato sensibilmente modificato dalla l. stat. n. 96/2012, che, come anticipato, elimina il riferimento al “moltiplicatore di base”. Tale normativa non solo si muove in direzione di una ulteriore contrazione dei fondi complessivi a ciò stanziati – ri-dotti a 91.000.000 euro annui – ma fa emergere con chiarezza che tale importo è in realtà destinato ai partiti e ai movimenti politici a titolo di contributo generale, ovvero non solo per il rimborso delle spese elettorali ma più in generale per il finanziamento della loro at-tività politica “ordinaria” (cfr. art. 1, c. 1), così adeguando il “nome” alla “cosa”. Il nuovo corpus normativo introduce in particolare un peculiare “doppio binario” che “scorpora” tale contributo annuale in due quote. La prima, stabilita nella misura del 70% dell’impor-to complessivo, viene ripartita fra i quattro fondi previsti, tra cui quello relativo alle ele-zioni regionali, cui sono dunque destinati 15.925.000 euro. La restante quota, invece, co-stituisce la misura massima complessiva di “cofinanziamento”, destinandosi 50 centesimi a ciascun partito o movimento politico per ogni due euro ricevuti attraverso erogazioni liberali da parte di persone fisiche o enti, a condizione che i primi abbiano ottenuto alme-no il 2% dei voti validi nelle elezioni della Camera o quantomeno un seggio in una delle

140 Dopo la l. stat. n. 244/2007 (art. 2, c. 275) – che aveva già disposto una riduzione di 20 milioni di euro dell’autorizzazione di spesa complessiva prevista dalla l. stat. n. 157/1999 – il moltiplicatore di base (un euro) era stato decurtato del 10% in virtù del D.L. n. 78/2010 (art. 5, c. 4), convertito nella l. stat. n. 122/2010, e di un ulteriore 10% in base all’art. 6, c. 1, D.L. n. 98/2011 (convertito nella l. stat. n. 111/2011). Ma v. ora, da ultimo, l’ennesima modifica introdotta con la l. stat. n. 96/2012, che elimina completamente il riferimento al moltiplicatore di base (art. 1, c. 2).

141 Cfr. sent. cost. n. 151/2012.

ALESSIO RAUTI 196

altre assemblee rappresentative (Senato, Parlamento europeo, Consigli regionali o delle Province di Trento e Bolzano) e comunque entro un massimo che corrisponde in propor-zione alla percentuale di voti validi ottenuti nelle ultime elezioni. Anche tale seconda quo-ta viene ripartita nei quattro fondi relativi alle elezioni delle diverse assemblee rappresenta-tive. Tuttavia, v’è una evidente differenza in ordine all’assegnazione del fondo relativo alle elezioni regionali. Sia per la prima che per la seconda quota la ripartizione avviene sempre su base regionale in proporzione alla rispettiva popolazione, ma solo per la prima si con-fermano i criteri già fissati dalla legge del 1995 (art. 1, c. 3), ovvero la ripartizione, al-l’interno di ciascuna Regione, fra le liste concorrenti provinciali che abbiano ottenuto al-meno un candidato eletto al Consiglio regionale, specificazione che risulta invece omessa per la seconda quota (art. 2, c. 2).

A ben vedere, comunque, anche la condizione minima della conquista di un seggio, prevista nel primo caso, si è fin qui tradotta in un’ampia accessibilità delle liste circoscri-zionali al contributo – agevolata peraltro dalle ulteriori “smagliature” offerte da una discuti-bile prassi applicativa

142 – e, dunque, in un rilevante incentivo alla frammentazione consilia-re. In base alla nuova legge, poi, la conquista di un seggio consiliare può servire in genera-le al partito per aver diritto al cofinanziamento e diventa anche una possibile condizione di detraibilità dell’erogazione liberale

143. Alla luce, poi, della motivazione che sorregge la citata sent. cost. n. 198/2012, dovreb-

be concludersi che anche le condizioni di accesso al contributo (in particolare, la conqui-sta di un seggio consiliare) siano considerabili come veri e propri princìpi fondamentali, per quanto a loro volta non esenti da possibili dubbi di costituzionalità

144, riducendosi dunque sensibilmente lo spazio di manovra delle Regioni ad un effetto indiretto operabile attraverso una accorta modulazione della clausola di sbarramento

145. In particolare, diven-

142 Ci si riferisce ad una decisione dell’Ufficio di Presidenza della Camera che ha comunque ammesso ai rimborsi le liste rimaste prive del proprio seggio in virtù della garanzia di partecipazione al Consiglio stabilita a favore del candidato alla Presidenza della propria coalizione non eletto: critico sul merito della scelta, conside-rate anche le negative conseguenze in tema di frammentazione partitica, cfr. G. TARLI BARBIERI, 9, 130 s. (ma v., sul punto, l’apposita bibliografia ivi segnalata).

143 In particolare, la detrazione – limitata ora alle erogazioni liberali di importo compreso fra i 50 e i 10.000 euro – viene, sì, elevata al 24% (per il 2013 e, dal 2014, al 26%: cfr. art. 7, c. 1), ma allo stesso tempo riconosciuta solo in relazione alle somme elargite ad un partito o movimento politico che abbia presentato proprie liste nelle elezioni della Camera, del Senato o del Parlamento europeo oppure che abbiano almeno un rappresentante eletto ad un Consiglio regionale o ai Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano (art. 7, c. 1).

144 Una volta riconosciutasi alle Regioni con la l. cost. n. 1/1999 la facoltà di differenziare anche le clau-sole di sbarramento, la perdurante condizione relativa alla conquista di un seggio consiliare per l’accesso al con-tributo può infatti determinare evidenti sperequazioni in ordine alla percentuale di voti validi a tal fine ne-cessari. In tal senso, il riferimento all’unità minima di un seggio andrebbe sostituito con la richiesta di una percentuale minima di voti ottenuta dalle liste.

145 È evidente che non si può disconoscere oramai l’esistenza in capo alle Regioni di un nucleo insopprimi-bile di autonomia sul piano del sistema elettorale (a maggior ragione, di quello “stretto”, in cui andrebbero ricomprese anche le soglie di sbarramento), indispensabile, peraltro, al fine di contemperare i principi posti dalla legge cornice. In tal senso, allora, il rischio di possibili violazioni (o menomazioni) del principio di ugua-glianza eventualmente discendenti dalla diversa modulazione delle clausole di sbarramento, pure opportuna-mente paventato in dottrina (G. TARLI BARBIERI, 9, 139 s.), dovrebbe essere depotenziato modificando la condizione di accesso al contributo nel senso indicato nella nota precedente.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 197

I “riflessi” sulla normativa regionale in tema di quote rosa

ta ancor più importante l’effetto selettivo prodotto dalla rigorosa soglia fissata dalla legge elettorale calabrese al 4% per ogni gruppo di liste, capace di arginare quantomeno gli ef-fetti negativi maggiormente vistosi di una normativa fortemente dominata dalla cultura politica proporzionalistica. Sul punto v. pure la Parte II, Cap. II, §§ 5 e 7.

Le esigenze di uniformità ribadite dalla Corte nella citata sent. cost. n. 151/2012 rendono sicuramente problematica la sorte delle eventuali norme regionali volte a decurtare sotto forma di sanzione il rimborso elettorale dei partiti in caso di violazione delle norme di rie-quilibrio fra i generi in materia di rappresentanza politica, che peraltro parrebbero destinate ad incidere discutibilmente sul bilancio interno della Camera

146. La stessa l. stat. n. 96/2012, peraltro, direttamente provvede a decurtare del 5% la prima quota del contributo per i par-titi e i movimenti politici che abbiano presentato nel complesso dei candidati ad esso ricon-ducibili per l’elezione dell’assemblea di riferimento un numero di candidati del medesimo sesso superiore ai due terzi del totale, con arrotondamento all’unità superiore (art. 1, c. 7). È verosimile attendersi che anche tale disposizione, per quanto dettagliata, verrebbe fatta rien-trare dalla Corte costituzionale nel legittimo spazio di competenza statale, in quanto giudi-cata, sotto il profilo funzionale, alla stregua di un principio fondamentale.

Peraltro, a partire da tali premesse anche eventuali specifici incentivi per i partiti vir-tuosi il cui costo gravasse direttamente sui bilanci regionali 147, se in teoria apprezzabili e legittimi, rischiano di essere “bloccati” dall’inciso della decisione costituzionale per cui la concreta disciplina dei rimborsi non può dipendere dalle differenti disponibilità economi-che fra Regione e Regione. Dunque, anche lo spazio di autonomia in melius lasciato in concreto a tali enti sembra ridursi ben oltre l’immaginabile, con una contrazione della concreta portata ermeneutica dello stesso art. 117, c. 7, il cui imperativo – che impegna le Regioni, ciascuna nella sua autonomia, a dare effettività con le proprie “leggi” alla logica del riequilibrio – in teoria potrebbe invece offrire copertura alla “vocazione trasversale” degli interventi di pari opportunità, per loro stessa natura potenzialmente capaci di inci-dere su svariati ed ulteriori aspetti della più ampia materia elettorale: dai rimborsi alla predisposizione delle liste, fino alla stessa modalità di espressione del voto (come attesta l’esperienza campana della c.d. doppia preferenza di genere

148 e, sia pure con estrema cau-

146 Si pensi alla legge laziale o a quella pugliese, sulla base di una soluzione che per G. TARLI BARBIERI, 9,

138, «in linea di principio» dovrebbe ritenersi non preclusa alle Regioni dalla perdurante competenza statale (divenuta tuttavia di tipo concorrente).

147 Per una panoramica delle soluzioni adottate finora dalle leggi elettorali regionali, cfr., anche per indi-spensabili approfondimenti bibliografici, A. RAUTI, 3, 344 ss. In tema v. comunque utilmente G. BRUNELLI, 1, 53 ss.

148 Com’è noto, la l. n. 4/2009 della Campania consente all’elettore di esprimere anche una seconda prefe-renza, che tuttavia si considera valida solo se relativa ad una candidato di sesso diverso da quello su cui si è appuntata la prima. La normativa de qua – sulla cui legittimità si era già espressa parte della dottrina (cfr. M. CAIELLI, 1; M. RAVERAIRA, 3) è stata impugnata dal Governo, il cui ricorso è comunque stato giudicato in-fondato dalla Corte costituzionale con la sent. cost. n. 4/2010. Per quanto fossero seri i diversi dubbi di costi-tuzionalità della legge in questione sollevati in dottrina (v. ad es. P. MILAZZO, 3, spec. 181 ss.), alcuni dei quali stranamente neppure prospettati dal Governo, le possibili “ombre” sulla normativa non hanno impedito al giudice delle leggi di dare piuttosto spazio ad un bilanciamento di ampio respiro che ha portato ad assicura-re prevalenza all’esigenza di riequilibrio di genere, ritenuta realizzata in modo non irragionevole da una solu-

ALESSIO RAUTI 198

I progetti di legge regionale in materia

Il riequilibrio “minimale” nella legge elettorale

calabrese

Il “nuovo” principio fondamentale della

legge cornice

tela, alla c.d. comunicazione politica, attualmente disciplinata anche per le elezioni regio-nali dalla l. stat. n. 28/2000 e successive modifiche (la normativa sulla c.d. par condicio).

In ogni caso, la specifica questione non si è finora posta per la legge elettorale calabrese, che stabilisce invece genericamente (e pi-latescamente) solo l’inammissibilità della lista formata da candidati tutti dello stesso sesso (art. 1, c. 6)

149. La soluzione di riequilibrio indicata è davvero minimale e poco incisiva in quanto superabile

con il semplice inserimento di un solo candidato di sesso diverso, vincolo che può avere qualche peso reale solo in una circoscrizione con un numero molto basso di seggi in pa-lio

150 – come quella di Vibo Valentia, dove tale limite corrisponde al 33% del numero massimo di candidati inseribili in lista – mentre nelle altre, via via più consistenti, perde progressivamente un valore pratico fino ad operare in talune di esse come una mera clau-sola di stile

151. In tal senso, la normativa elettorale calabrese appare quanto mai

carente rispetto al compito di attuazione non solo della norma co-stituzionale (art. 117, c. 7, Cost.), ma anche del principio fonda-mentale introdotto da ultimo nella legge cornice statale. In partico-

lare, la l. stat. n. 215/2012 (art. 3, c. 1) ha integrato l’art. 4, c. 1, l. cornice n. 165/2004 con la lett. c-bis), introducendo il principio fondamentale della «promozione della pari-tà tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l’accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive».

Lo stato di arretratezza sul punto dell’esperienza calabrese emerge peraltro anche dall’attuale composizione tutta al maschile del Consi-glio regionale, segno anche di una diffusa e perdurante “tara” sul

piano culturale e sociale. Quanto ai progetti pendenti, si segnala la proposta volta ad in-trodurre anche in Calabria la c.d. “preferenza di genere” – rivelatasi capace di un forte impatto di rinnovamento sulla composizione del Consiglio campano nelle elezioni del 2010 – nonché una quota “neutra” di genere di almeno un terzo per ogni lista ed infine talune disposizioni sul rispetto delle pari opportunità anche in materia di comunicazione politica

152. L’esperienza della passata legislatura getta tuttavia serie ombre sulle reali …

zione comunque “neutra”, se pure assai avanzata ed “ardita”, e tale comunque da non precostituire garanzie di risultato e da non coartare la libertà di voto dell’elettore, cui rimane comunque la facoltà di esprimere, ove lo voglia, anche una sola preferenza. Sui diversi aspetti dell’argomentazione utilizzata dalla Corte, v. già C. SALA-ZAR, 2, spec. 770 ss.; L. CAIELLI, 2; A. RAUTI, 4, 349 ss., nonché da ultimo L. CARLASSARE, 2, 81 ss.; M. OLIVETTI, 7, 84 ss.; S. LEONE, 1, 93 ss.; G. FERRI, 1, 902 ss.; A. MARESCA, 1.

149 Nessuna misura di riequilibrio fra i generi è invece contemplata dalla legge sulle c.d. primarie. 150 Per tale rilievo, v. R. DE LUCA, 4, 232. Più in generale, sulla pessima prova delle misure regionali di

debole riequilibrio come, appunto, l’inammissibilità di liste “mono-genere” – prevista sulla scia della “soluzio-ne valdostana” considerata non illegittima dalla Consulta nella sent. cost. n. 49/2003 – v. B. PEZZINI, 1, 127.

151 Così, nella circoscrizione di Cosenza – con il più alto numero di seggi in palio (15 nel 2010) – la clau-sola di riequilibrio ha sostanzialmente impedito che la rappresentanza di ciascun sesso scendesse sotto il 6,66% rispetto al numero massimo dei candidati inseribili in lista, percentuale davvero irrisoria che attesta la natura davvero “eufemistica” della misura apprestata dalla legge calabrese.

152 Cfr. il progetto n. 170/9^.

LA LEGISLAZIONE ELETTORALE REGIONALE 199

Le norme staturarie

chances di approvazione di tali progetti, in parte già presentati – e puntualmente messi da canto – in occasione del varo delle modifiche elettorali del 2010.

La mancanza, invece, di proposte di modifica dello Statuto – che pure detta una norma assai generica sul punto (cfr. art. 38, c. 2) – può spiegarsi con la netta prevalenza in materia della potestà ripartita/concorrente, più volte ribadita dalla Consulta, che tuttavia in questa specifica “materia” non sembra di per sé escludere qualsivoglia intervento di principio da parte del primo negli spazi lasciati libe-ri dalla legge statale, nel presupposto che le Regioni con il complesso delle loro competenze sembrano a ciò direttamente sollecitate dalle stesse norme costituzionali sulla promozione delle pari opportunità nell’accesso alle cariche elettive (e, in particolare, dall’art. 117, c. 7)

153. Ovviamente, siffatte preoccupazioni di invasione dell’ambito “sistema di elezione” di cui all’art. 122., c. 1, Cost., non valgono nel caso di vincoli di riequilibrio riferiti alla nomina degli assessori, non eletti dal corpo elettorale. Non casualmente, proprio in tale diversa sfera di applicazione – riconducibile pienamente alla propria competenza in tema di “forma di governo” – le disposizioni statutarie risultano ultimamente “valorizzate” sot-to il profilo della loro precettività dalla giurisprudenza amministrativa e da quella costitu-zionale

154.

153 In tema, da ultimo, cfr. B. PEZZINI, 1, 127, nt. 10 e C. SALAZAR, 4, 118 ss. 154 Al punto da escludere, anche sotto tale aspetto, che la “politicità” degli atti di nomina degli assessori

della Giunta regionale – ma la questione riguarda anche, mutatis mutandis, gli organi degli enti locali – si tra-duca in una loro automatica “insindacabilità”. Sul punto, oltre alle diverse pronunzie dei giudici amministra-tivi di primo grado (sulle quali v. il Dossier in www.federalismi.it, 13/2012), si v. le decisioni del Consiglio di Stato quinta sezione, n. 4502/2011 e n. 3670/2012, nonché la sent. cost. n. 81/2012 adottata dalla Consulta in esito ad un conflitto tra Enti sollevato dalla Regione Campania. In tema, cfr. C. SALAZAR, 4, 118 ss.; F. COVINO, 1; M.G. RODOMONTE, 2; A. AMATO, 1, 913 ss.; C.M. SARACINO, 1, 1829 ss.; M. CERRONI, 1. An-cor più di recente, invero, in presenza di norme di statuti provinciali che non fissano la “quota” minima di riequilibrio, il Consiglio di Stato ha ritenuto di dover considerare il principio costituzionale di riequilibrio sod-disfatto anche dalla mera presenza di una sola donna in Giunta (v. il parere del Cons. St., I sez., 18 gennaio-16 marzo 2012, nell’affare n. 1263/2011, consultabile in www.federalismi.it). Da ultimo però il Consiglio di Stato ha ritenuto che anche la semplice prescrizione statutaria del rispetto di un più generico “equilibrio” fra i generi – priva, dunque, di indicazioni sul rispetto di specifiche “quote” – impedisca comunque una «manifesta sproporzione» nella composizione della Giunta regionale (così, in relazione a quella lombarda, v. Cons. St., IV sez., sent. n. 3670/2012).