La dicotomia centro-periferia chiave per una strategia di rigenerazione urbana

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La dicotomia centro-periferia chiave per una strategia di rigenerazione urbana Teresa Nucera 1 La dicotomia centro-periferia chiave per una strategia di rigenerazione urbana Teresa Nucera Urbanista, dottoranda di ricerca in "Urban Regenation and Economic Development" Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria [email protected] Abstract Negli ultimi decenni la logica espansionistica ha caratterizzato la pianificazione e la gestione delle vaste aree urbanizzate. La rapida e costante crescita delle città, analogamente allo sviluppo economico, ha provocato l’insorgere di svariate problematiche, che possono essere sintetizzate tutte come forme di decongestionamento: mentre la città cresce a dismisura, configurando un sistema di 'nebulosa urbana' con un numero di cluster sempre maggiore, i flussi sociali si dirigono sempre di più verso le fasce centrali, laddove la presenza di funzioni di livello urbano e metropolitano ha, da sempre, assunto il ruolo di polo d’attrazione . Questa tipologia di espansione ha portato ad un paradosso attraverso il quale è facile intuire come questo assetto urbano non distingua solo la cronologia dell’accrescimento, ma rappresenti contemporaneamente anche una suddivisione del territorio di tipo funzionale e di tipo economico e sociale. Per bloccare questo 'sprawl' urbano si può ricorrere a pratiche di rigenerazione urbana dei quartieri degradati. Parole chiave Rigenerazione, Facilities, Paesaggi Ri-comporre la frammentazione La prospettiva autonoma con cui leggiamo oggi la città ci fa comprendere ogni 'sfumatura territoriale', così da assimilare la «città ad una sorta di 'fabbrica estetica'» (Carbone, 1996). La 'fabbrica estetica' intesa come forma, non formalismo, è il luogo in cui tanti soggetti concorrono con tecniche e creatività al progetto d’arte totale, al progetto della città. La forma della citt à è generata dal pensiero dell’uomo, guardando alcune forme, infatti, in noi si generano altre forme. L’estetica riguarda tutto. Riguarda noi esseri umani, l’ambiente in cui viviamo, le case che arricchiamo, ma, globalmente, le città (Szondi, 2007). La fabbrica estetica non implica il singolo 'arredamento' della città, perché strutturalmente resti la stessa e tolti i 'trucchi', le stratificazioni culturali rimangano identiche. La città, se vissuta nelle sue articolazioni profonde può dare numerose idee; ecco perché l’espressione 'fabbrica estetica', un luogo aperto, un cantiere in cui dobbiamo coniugare il tessuto presente che riesce a nutrirsi della forma e identità, e un tessuto che rinnova, che rigenera. La rigenerazione urbana è vista come uno strumento di recupero dell'arte della città, che è intelligenza creativa della struttura urbana e consiste soprattutto nel sentire il 'respiro' della duplicità insita nella città stessa. Duplicità che consente di cogliere al contempo la metropoli, sia come corpo che come corpo disperso, congerie di frammenti incoerenti, incapaci ormai di restituire qualsiasi idea, seppure residuale, di unità. L’esperienza estetica della città, vista nella sua globalità ma anche nella dimensione del piccolo quartiere periferico, è luogo benjaminiano di mappe mentali, è il luogo delle 'lacune urbane' (Figura 1), degli urban empty che la segnano, di grovigli onirici che seguono le leggi della distorsione e della dilatazione fino all’infinito dello spazio urbano. E’ in questo contesto che ci si sofferma all’analisi del fenomeno della morfogenesi delle frange periurbane; esse sono la forma tipica che la città assume quando cresce in modo disgregato. Esse, infatti, sono formazioni urbane costituite da un certo numero di centri abitati compatti, congiunti da tessuti edilizi disgregati che si propagano dalle loro periferie e nelle cui maglie sono stati inglobati residui di mosaici agricoli. La propagazione dei tessuti edilizi disgregati avviene, di preferenza, lungo le principali direttrici stradali di collegamento intercomunale ma è spesso attratta dalla presenza di aree dotate di una particolare amenità ambientale e paesaggistica, come sono, ad esempio, le aree collinari; le frange periurbane sono dunque sistemi multipolari, costituiti cioè da più centri abitati, resi continui da tessuti insediativi disgregati. Le formazioni disgregate delle frange periurbane non sono rinvenibili là dove lo sviluppo urbanistico della città si mantiene compatto ma nella maggior parte dei centri metropolitani sono una costante dell'assetto urbanistico territoriale. Se si vuole rigenerare un tessuto che risulti di qualità e tutelare, al tempo stesso, il paesaggio naturale, occorre contrastare il vuoto che le frange periurbane hanno creato. Queste 'lacune urbane' che si

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La dicotomia centro-periferia chiave per una strategia di rigenerazione urbana

Teresa Nucera 1

La dicotomia centro-periferia chiave per una strategia di rigenerazione urbana

Teresa Nucera

Urbanista, dottoranda di ricerca in

"Urban Regenation and Economic Development"

Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria

[email protected]

Abstract Negli ultimi decenni la logica espansionistica ha caratterizzato la pianificazione e la gestione delle vaste aree

urbanizzate. La rapida e costante crescita delle città, analogamente allo sviluppo economico, ha provocato

l’insorgere di svariate problematiche, che possono essere sintetizzate tutte come forme di decongestionamento:

mentre la città cresce a dismisura, configurando un sistema di 'nebulosa urbana' con un numero di cluster

sempre maggiore, i flussi sociali si dirigono sempre di più verso le fasce centrali, laddove la presenza di

funzioni di livello urbano e metropolitano ha, da sempre, assunto il ruolo di polo d’attrazione. Questa tipologia

di espansione ha portato ad un paradosso attraverso il quale è facile intuire come questo assetto urbano non

distingua solo la cronologia dell’accrescimento, ma rappresenti contemporaneamente anche una suddivisione

del territorio di tipo funzionale e di tipo economico e sociale. Per bloccare questo 'sprawl' urbano si può

ricorrere a pratiche di rigenerazione urbana dei quartieri degradati.

Parole chiave Rigenerazione, Facilities, Paesaggi

Ri-comporre la frammentazione

La prospettiva autonoma con cui leggiamo oggi la città ci fa comprendere ogni 'sfumatura territoriale', così da

assimilare la «città ad una sorta di 'fabbrica estetica'» (Carbone, 1996).

La 'fabbrica estetica' intesa come forma, non formalismo, è il luogo in cui tanti soggetti concorrono con tecniche

e creatività al progetto d’arte totale, al progetto della città. La forma della città è generata dal pensiero

dell’uomo, guardando alcune forme, infatti, in noi si generano altre forme. L’estetica riguarda tutto. Riguarda noi

esseri umani, l’ambiente in cui viviamo, le case che arricchiamo, ma, globalmente, le città (Szondi, 2007). La

fabbrica estetica non implica il singolo 'arredamento' della città, perché strutturalmente resti la stessa e tolti i

'trucchi', le stratificazioni culturali rimangano identiche. La città, se vissuta nelle sue articolazioni profonde può

dare numerose idee; ecco perché l’espressione 'fabbrica estetica', un luogo aperto, un cantiere in cui dobbiamo

coniugare il tessuto presente che riesce a nutrirsi della forma e identità, e un tessuto che rinnova, che rigenera.

La rigenerazione urbana è vista come uno strumento di recupero dell'arte della città, che è intelligenza creativa

della struttura urbana e consiste soprattutto nel sentire il 'respiro' della duplicità insita nella città stessa. Duplicità

che consente di cogliere al contempo la metropoli, sia come corpo che come corpo disperso, congerie di

frammenti incoerenti, incapaci ormai di restituire qualsiasi idea, seppure residuale, di unità.

L’esperienza estetica della città, vista nella sua globalità ma anche nella dimensione del piccolo quartiere

periferico, è luogo benjaminiano di mappe mentali, è il luogo delle 'lacune urbane' (Figura 1), degli urban empty

che la segnano, di grovigli onirici che seguono le leggi della distorsione e della dilatazione fino all’infinito dello

spazio urbano. E’ in questo contesto che ci si sofferma all’analisi del fenomeno della morfogenesi delle frange

periurbane; esse sono la forma tipica che la città assume quando cresce in modo disgregato. Esse, infatti, sono

formazioni urbane costituite da un certo numero di centri abitati compatti, congiunti da tessuti edilizi disgregati

che si propagano dalle loro periferie e nelle cui maglie sono stati inglobati residui di mosaici agricoli.

La propagazione dei tessuti edilizi disgregati avviene, di preferenza, lungo le principali direttrici stradali di

collegamento intercomunale ma è spesso attratta dalla presenza di aree dotate di una particolare amenità

ambientale e paesaggistica, come sono, ad esempio, le aree collinari; le frange periurbane sono dunque sistemi

multipolari, costituiti cioè da più centri abitati, resi continui da tessuti insediativi disgregati.

Le formazioni disgregate delle frange periurbane non sono rinvenibili là dove lo sviluppo urbanistico della città

si mantiene compatto ma nella maggior parte dei centri metropolitani sono una costante dell'assetto urbanistico

territoriale. Se si vuole rigenerare un tessuto che risulti di qualità e tutelare, al tempo stesso, il paesaggio

naturale, occorre contrastare il vuoto che le frange periurbane hanno creato. Queste 'lacune urbane' che si

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susseguono danno vita a costellazioni urbane e la loro morfogenesi è soggetta a due forze opposte: l’una di tipo

centrifugo, che tende ad espandere l’area di frangia; l’altra di tipo centripeto, che progressivamente colma i

vuoti, a cominciare da quelli più interni.

Figura 1. Con il termine 'lacuna urbana' si considerano i vuoti urbani che segnano l'assetto territoriale. L'immagine indica,

infatti, la presenza evidente di vuoti urbani che disegnano un territorio discontinuo.

La città che si forma sotto la spinta dominante di queste forze, è innanzitutto inefficiente sul piano funzionale ed

economico ed è scadente in termini di qualità urbana e ambientale, ecco perche si dovrà in termini progettuali

contenere i processi dispersivi tramite misure rigenerative per migliorare il paesaggio urbano e gli spazi pubblici

e renderlo accessibile e funzionale. Per comprendere meglio il problema, così da suggerire una soluzione

coerente, si può far caso all'immagine figurata del mosaico: un mosaico si compone di tanti singoli frammenti

che singolarmente non hanno alcun valore, però messi insieme, seguendo una determinata logica, acquistano un

valore simbolico attraverso la generazione di una nuova immagine; dal punto di vista estetico crea una serie di

valori prima inesistenti, spesso legati al nuovo valore simbolico, e dal punto di vista funzionale ogni singolo

pezzo o frammento adotta un 'ruolo' legato alle sue caratteristiche naturali e ad una specifica posizione

all’interno del mosaico. Per la creazione di un mosaico è l’artista che si serve delle tessere ed è lui che nel

processo creativo ne determina il valore finale; per la formazione del territorio, che è di per sé un mosaico

teorico perfetto, sono i continui processi di trasformazione che ne modificano l’equilibrio d'insieme preesistente,

dando vita di volta in volta a nuovi equilibri e nuovi mosaici. Quando per le caratteristiche dei cambiamenti poco

coerenti con il resto del tessuto urbano, esattamente come nel nostro caso, non si riesce a trovare un nuovo

equilibrio si determina una frattura, e quella parte di territorio diviene una 'tessera' staccata del mosaico con un

valore indipendente. La frammentazione della città è stata generata da fattori sia materiali che immateriali. Tra

questi ultimi troviamo i fenomeni sociali legati all’ineguaglianza, alla segregazione, alla ghettizzazione. Si

riscontrano problemi di tipo politico-gestionale, come nel caso delle strategie urbane inadeguate o inesistenti, o

coordinamenti delle trasformazioni territoriali insufficienti; infine si trovano fenomeni di natura economica,

come per esempio l’incorporazione ai mercati transnazionali, allo sviluppo delle economie locali o alla

distribuzione del reddito pro capite sul territorio. Gli altri fattori, quelli materiali, si suddividono, innanzitutto, in

elementi naturali e manufatti fisici. I primi riguardano la geografia del posto, che determina dei limiti naturali

come nel caso delle fiumare, del repentino passaggio dalla costa alla montagna ed altri, e possono produrre una

frattura del territorio. Tra i manufatti fisici, invece, si collocano le urbanizzazioni chiuse, i grandi complessi di

abitazioni popolari, le aree urbane in disuso, gli insediamenti abitativi abusivi, grandi infrastrutture non

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sotterranee e complessi urbani di grandi dimensioni. La maggior concentrazione di elementi generatori di

frammentazione si localizza spesso nelle periferie, nelle nuove aree di espansione e nei settori meno consolidati.

Quelle aree con carenze nel sistema della mobilità e dei servizi urbani sono sicuramente molto più vulnerabili

rispetto ai problemi dell'integrazione e della rigenerazione delle realtà frammentate. La presenza di elementi

generatori di frammentazione produce un effetto diretto sull'intorno immediato, ma anche su tutta la città. E' da

questi elementi che si da luogo alla previsione di rigenerazione urbana.

La rigenerazione è, una pratica emergente che l'urbanistica contemporanea utilizza al fine di conferire alla città

una trasformazione equilibrata mirata al miglioramento globale della città esistente. Questa pratica coinvolge

diversi aspetti che interagiscono all'interno del milieu territoriale; quello fisico perché avvenga il recupero e la

valorizzazione tangibile delle aree dismesse o marginali; quello economico perché si possa incentivare la crescita

e l'occupazione e, quello sociale per arginare i fenomeni di esclusione sociale presenti nelle attuali

configurazioni periferiche.

Attraverso l'ipotesi di rigenerazione urbana diretta verso gli urban empty, riconosciuti come spazi pubblici o

paesaggi comuni, si arriva al punto focale del processo di ricerca. L'attuale mosaico territoriale è dotato, infatti,

di questi pieni e vuoti che danno vita ad una struttura che manca di coesione proprio perchè le 'lacune urbane'

non riescono a connettersi alle strutture e infrastrutture esistenti. Esse sono dei paesaggi svuotati e di

conseguenza inutilizzabili e la sfida progettuale è quella che utilizza in maniera sostenibile queste presenze che

possono diventare delle opportunità di rigenerazione e ri-conversione verso spazi pubblici e allo stesso tempo

comuni.

L'idea è quella di creare dei facilities clusters (Figura 2) dati dagli esistenti servizi urbani, dal livello locale o

periferico, fino al livello metropolitano, intrecciati ai new facilities clusters creati all'interno di queste 'lacune

urbane'.

Figura 2. I facilities clusters ipotizzati come nodi di servizi esistenti (evidenziati in rosso) connessi a nuovi nodi (evidenziati

in marrone) ipotizzati faranno emergere una città equilibrata e una distribuzione regolare delle attività.

Il risultato sarà quindi una sorta di network (Figura 3) di spazi pubblici che sarà fruibile, sostenibile e innovativo.

L’attenzione è perlopiù rivolta al paesaggio in connessione all'agglomerato urbano, per una questione di

immediatezza dell'intervento, ma anche per integrazione dell'azione progettuale sia dal punto di vista dell'impatto

visivo, ambientale e di coerenza storica, che dal punto di vista della vocazione territoriale intrinseca di un luogo,

di uno spazio.

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Figura 3. La tipologia di collegamento che permetterà la rigenerazione sarà una rete, un mobility network sostenibile; ciò

consentirà collegamenti rapidi e decentrerà l'area centrale che attualmente è spesso congestionata.

Così operando vi sarà la rigenerazione del 'vuoto' e, pertanto, l'utilizzo degli spazi periferici o centrali

inutilizzabili. La previsione di questa dicotomia territoriale data dalla rigenerazione delle aree periferiche che si

intrecciano a quelle attualmente attrattive, incrementerebbe la competitività delle città e la giusta armonia

urbana. Nel complesso si avrebbe un assetto territoriale equilibrato e al contempo multicentrico.

Overlapping solution

Non sono pochi gli studi recenti sui fenomeni urbani che tendono a sottolineare uno degli aspetti più evidenti di

trasformazione dei luoghi quale quello della frammentazione territoriale, che interessa in modo particolare le

grandi aree urbanizzate. Se osservata dal punto di vista spaziale, la frammentazione comporta una

configurazione simile ad una 'costellazione', dove alcune zone sono caratterizzate da un efficace sistema di inter-

relazioni, altre disconnesse o investite da processi di progressiva marginalizzazione.

La scomposizione in unità urbane elementari, in sostanza, seguirebbe una logica inversa rispetto a quella del

'mosaico', in cui ciascuna singola parte acquista un senso soltanto all'interno del disegno complessivo (Barberis,

2007).

Ad accentuare questa tendenza, la doppia dimensione globale/locale che, dal punto di vista dei comportamenti

sociali, si concretizza, ad esempio, nella rottura dei legami individuo/territorio, evidenziando l'innegabile crisi di

rappresentanza di quella che è stata descritta come liquid society (Bauman, 2005).

Nell’affrontare il tema della frammentazione esaminando la città come oggetto di artificio di dovrà studiare e

capire i segni che compongono le città.

I layout territoriali segni temporali tangibili e visibili che intrecciandosi e sovrapponendosi generano il territorio

che noi vediamo e viviamo, potrebbero essere la soluzione al problema degli spazi pubblici scarsamente fruibili.

La loro sovrapposizione, vista come un processo di overlapping di strati territoriali da integrare a quelli esistenti

ri-modulerebbe la superficie territoriale 'malata', ovvero tutte quelle aree o fasce in degrado e in stato di

abbandono, attraverso segni coerenti al tessuto circostante. La soluzione, sostenibile ma innovativa, garantirebbe

una stratificazione di funzioni e presenze, dal verde alle attrezzature di interesse collettivo, accessibili facilmente

da ogni individuo.

L'importanza della funzione di overlapping (Figura 4) sta proprio nell'inserimento di attività e destinazioni d'uso

dirette verso ogni singolo soggetto componente della comunità (Khor, 1992), dal bambino all'anziano, dal

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diversamente abile allo sportivo, dal turista al cittadino che vive il luogo quotidianamente, così da soddisfare il

bisogno del singolo all'interno di uno spazio pubblico.

Figura 4. L'overlapping indica la sovrapposizione di elementi già esistenti ad elementi ipotizzati dalla ricerca. L'assetto

territoriale sarà il frutto di una serie di 'layer' di servizi differenti e connessi.

Dallo studio preliminare dato da una destrutturazione logica delle presenze esistenti scopriamo nuovi linguaggi

che convivono nello stesso apparato globale e che al contempo non si assomigliano; contenitori di culture e segni

che esplodono per la tanta ricchezza di diversità 'apparente' che li affolla. Ciò, ovviamente, disturba la visione

d'insieme che si ha quando si guarda un paesaggio o parte della città, proprio perché l'affollamento di segni non

garantisce equilibrio e omogeneità architettonica, ed è questo che bisognerebbe evitare nel processo di

rigenerazione. Occorre quindi ristabilire un unico filone concettuale, d'arte, estetica, etica e architettura. Creare

nuovi linguaggi coerenti al contesto assimilandoli l’uno all’altro e dando spazio ad una ricerca del futuro delle

città, delle metropoli, dell'architettura in senso singolare e dell'arte che dovrebbe convivere all'interno dei segni

che riconosciamo nelle città.

Si deve anteporre, quindi, ad uno spazio alienato, ostile e psicotico uno spazio vivente, a misura d’uomo, dove

l’espressione della cultura e del pensiero possano vivere attraverso gli spazi pubblici che inizierebbero, così, a

comunicare e vivere attraverso chi li fruisce, non rimanendo sterili arredamenti di città caotiche.

La rigenerazione di questi paesaggi comuni potrà quindi mettere in luce ciò che di buono il passato ha lasciato e

fare in modo che vi sia dialogo tra passato, presente e futuro che si proietta in un lirismo e una bellezza unica

avendo così l'occasione di creare luoghi poetici, carichi di storia, cultura e tradizioni, espressioni suggerite dallo

spazio stesso; in cui il solo sentimento che si potrà provare a vivere sarà ricco di estro fascino e ispirazione.

L’evasione stessa di vivere in un ambiente che crea suggestione darà la sensazione di vivere uno spazio pubblico

e, nello stesso momento, in epoche differenti. Abbracciare passato e presente e, nell’astrazione, proiettarsi verso

un futuro sostenibile.

Connettori tangibili

Il collante o la legatura che consentirà di sviluppare questa sovrapposizione di segni e forme per rigenerare i

luoghi sarà il dialogo. Il dialogo come tema centrale in tutte queste riflessioni; gli spazi che dialogano, non più

silenti e laconici, quasi ovattati nel loro stesso chiasso di forme e segni ma, spazi loquaci che dialogano anche

con l'uomo stesso che li attraversa. Il dialogo dovrà essere inteso anche come intreccio coerente di forme

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artistiche tramandate ed evolute nel tempo. Quindi gli spazi dell’arte, della cultura, intesi appunto come luoghi

che hanno corpo ma anche anima, e l'intreccio coeso, logico e uniforme dei linguaggi presenti andrebbe a

rinvigorire l'identità dei luoghi e delle forme creando l'alfabeto estetico che incrementerebbe il valore artistico e

naturale delle città. La sintonia che serve a non arrivare al declino totale, è una sintonia di comportamenti, stili,

linguaggi che riunendosi ed associandosi in maniera razionale e conforme creano dialogo. Il dialogo, visto dal

punto di vista pratico e tangibile potrebbe ricadere all'interno delle buffer zone, ovvero quelle aree 'cuscinetto'

che diventerebbero l'elemento di connessione del nuovo spazio pubblico rigenerato con la città che contorna

questo spazio; delle zone che risulterebbero il collante naturale del centro città con le sue molteplici e caotiche

periferie. Al fascino e sensualità che avrebbe potuto dilagare vibrando tra il passato e il futuro ci si è imbattuti in

un vortice di moderna alienazione e disorientamento che ha fatto perdere memoria e identità alla città. La

continua crescita degli agglomerati urbani esplosi (Indovina, Fregolent, Savino, 2005) fino a diventare enormi

metropoli ha scostato l'obiettivo principale per cui gli individui scelgono di vivere un luogo, ovvero la presenza

di spazi collettivi, concentrandosi direttamente sulla presenza o meno di strutture 'contenitore' che probabilmente

generano flussi economici o commerciali ma che non garantiscono il benessere della collettività. L'attuale

configurazione territoriale (Indovina, 1990) delinea un distacco fisico, ma anche sociale, tra il centro e la

periferia. Intervallo fisico tra i due tessuti urbani sono proprio gli urban empty rimasti vuoti durante la crescita

repentina e irregolare e il loro buffer zone (Figura 5) è l'elemento che contornando questi vuoti, rigenerati

attraverso l'overlapping di servizi e presenze collettive, lega il centro città con le sue molteplici periferie,

sfumando il vuoto inaccessibile attraverso la previsione di spazi destinati alla collettività.

Figura 5. Le buffer zone sono le aree che contornano il tessuto edilizio esistente e i vuoti urbani presenti; queste aree

'cuscinetto' sfumano i contorni densi della città facendo emergere l'ipotesi di servizi innovativi.

Questa tipologia di rigenerazione da un lato potrebbe generare caos nella struttura urbana esistente, proprio

perché la rimodulazione di queste 'lacune urbane' inserirebbe nuovi segni e forme che nell'immaginario collettivo

apparirebbero nuove, e forse contrastanti con l'esistente maglia territoriale. Dall'altro lato il caos potrebbe essere

interpretato come l’ordine complesso della contemporaneità; il segno, la forma, l'impronta inserita in un contesto

svuotato da immagini e strutture potrebbe essere l'elemento di connessione e sfumatura, ma anche elemento di

distacco ottico e innovazione, che come nuovo polo attrattore darebbe vita a nuovi flussi di comunicazione e

gestione dello spazio pubblico. Nel caos, infatti, ci può essere sia continuità culturale che dialogo,

comunicazione. L'idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia,

uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata. Oggi la città ma sopratutto gli spazi

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differenziati che la compongono, appaiono come un’insieme di manufatti spaziali complessi e da questa visione

dipende anche la loro interpretazione e comprensione.

L'instabilità e la mobilità che si è tanto evoluta, il continuo spostarsi e riorganizzarsi delle diverse attività, le

dismissioni, i fenomeni di degrado e filtering-down cui danno luogo, le azioni di riuso, recupero ed up-grading

che eventualmente ne consegue, le politiche di gentrification di parti circoscritte e limitate di città delle quali è

teatro, sono nello stesso tempo la causa e la rappresentazione di una continua distruzione-democratizzazione-

ricostruzione di valori posizionali e di orizzonti che appaiono sotto le sembianze del caos.

Le morfologie della dilatazione urbana contemporanea, nelle loro molteplici forme, si presentano come

l’espressione di una serie di processi scarsamente governati e al di fuori di una qualsiasi strategia di sviluppo

territoriale. La città che osserviamo ha perso di vista la dimensione del rapporto con l’uomo, la centralità

dell'uomo, le esigenze di comunicazione dell'uomo e di conseguenza gli spazi da destinare a queste forme di

dialogo.

L'ipotesi di una dicotomia territoriale, tra il centro e la periferia, che trasforma gli spazi inutilizzabili in valore

aggiunto per la collettività è la strategia rigenerativa moderna. Essa non crea impatti ottici, ambientali e

strutturali evidenti ma applica una serie di 'retini', coerenti all'assetto fisico delle città, che dissolvono il degrado

dello spazio anonimo inserendo un innovativo e distintivo tratto riconoscibile come veicolo della 'rinascita'.

Bibliografia

Wates N., Knevitt C., (1987). Community Architecture: How People Are Creating their Own Environment,

Penguin edition, Harmondsworth.

Indovina F., (1990). La città diffusa, Iuav-Daest editore, Venezia.

Kohr L., (1992). La città a dimensione umana, Red editore, Como.

Carbone M., (1996). Il sensibile e l’eccedente. Mondo estetico, arte, pensiero, Guerini editore, Milano.

Bauman Z., (2005). Liquid Life, Polity edition, Cambridge.

Indovina F., Fregolent L., Savino M., (2005). L’esplosione della città, Compositori editrice, Bologna.

Szondi P. (a cura di, 2007), Immagini di città, Milano, FrancoAngeli.