INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI ED EFFICIENZA ENERGETICA

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32 ENERGIA 3/2003 INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI ED EFFICIENZA ENERGETICA di Enzo Di Giulio*, Stefania Migliavacca* e Alessandro Vaglio*** AMBIENTE * ENI Corporate University - Scuola Mattei, Milano. E-mail: enzo.digiulio@enicorporateuniversity. eni.it stefania.migliavacca@enicorporate university.eni.it ** Università di Bergamo, Dipartimento di Economia E-mail: [email protected] This article studies the relationship between Foreign Di- rect Investment (FDI) and energy. The FDI structure plays an important role in the post-Kyoto context, since Cle- an Development Mechanism and Joint Implementa- tion projects are nothing but FDI. For such a reason, the research investigates the FDI trend, its composition by countries and sectors, and evaluates its coherence with energy efficiency improvement targets. Questo articolo analizza la relazione tra investimenti diretti esteri (IDE) ed energia. La struttura degli IDE assu- me particolare importanza nel contesto post-Kyoto, essendo i progetti previsti dal Protocollo nell’ambito del Clean Development Mechanism e della Joint Imple- mentation null’altro che IDE. Per tale ragione, il lavoro investiga il trend degli IDE, la sua composizione per Paesi e per settori e ne valuta la coerenza con possibili obiettivi di incremento dell’efficienza energetica. I l Clean Development Mechanism (CDM) e la Joint Implementation (JI), introdotti dal Pro- tocollo di Kyoto, sono due meccanismi cui possono fare ricorso i Paesi industria- lizzati per rispettare i vincoli di emissione. CDM e JI posso- no contribuire a ridurre i costi di abbattimento e, contempo- raneamente, a diffondere tec- nologia e sviluppo economico nei Paesi meno industrializza- ti. Alcune ricerche hanno sti- mato questo mercato tra i 25 e gli 85 mld. doll. Inoltre, duran- te la Conferenza delle Parti 6 bis di Bonn, nel 2001, è stata data ai Paesi in via di sviluppo la possibilità di inserire i pro- pri progetti nel registro del CDM, ottenendo così Certified Emissions Reductions (CER). Dato il ruolo centrale che CDM e JI si preparano ad assumere in futuro, diviene rilevante in- dagare in che misura essi po- tranno contribuire alla razio- nalizzazione dei sistemi ener- getici dei Paesi e quale sarà il loro impatto sull’efficienza energetica. La risposta a que- ste domande non è semplice. Di fatto esistono alcune cate- gorie di progetti che potrebbe- ro «spiazzare» gli investimen- ti in efficienza energetica. Una prima categoria è quella dei progetti che riguardano cam- biamenti nel mix dei combu- stibili (ad esempio l’impiego di fonti rinnovabili in sostituzio- ne del carbone). Una seconda categoria è quella dei progetti che sfruttano i carbon sinks (come la riforestazione), ed infine vi sono i progetti di stoc- caggio del carbonio nel sotto- suolo. Certamente, i progetti appartenenti alla prima cate- goria influenzano in molti casi anche l’efficienza ma, in linea generale, il potenziale di mi- glioramento dell’efficienza energetica è realmente sfrutta- to quando vengono messi in atto progetti specifici. Va ricor- dato inoltre che, nel quadro delle politiche energetico-am- bientali inerenti al Protocollo, CDM e JI rappresentano sosti- tuti delle misure domestiche, cioè di quegli interventi che prevedono una riorganizzazio-

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ENERGIA 3/2003

INVESTIMENTI DIRETTIESTERI ED EFFICIENZAENERGETICA

di Enzo Di Giulio*, Stefania Migliavacca* e Alessandro Vaglio***AMBIENTE

* ENI Corporate University - ScuolaMattei, Milano. E-mail:[email protected]@enicorporateuniversity.eni.it** Università di Bergamo,Dipartimento di EconomiaE-mail: [email protected]

This article studies the relationship between Foreign Di-rect Investment (FDI) and energy. The FDI structure playsan important role in the post-Kyoto context, since Cle-an Development Mechanism and Joint Implementa-tion projects are nothing but FDI. For such a reason, theresearch investigates the FDI trend, its composition bycountries and sectors, and evaluates its coherence withenergy efficiency improvement targets.

Questo articolo analizza la relazione tra investimentidiretti esteri (IDE) ed energia. La struttura degli IDE assu-me particolare importanza nel contesto post-Kyoto,essendo i progetti previsti dal Protocollo nell’ambito delClean Development Mechanism e della Joint Imple-mentation null’altro che IDE. Per tale ragione, il lavoroinvestiga il trend degli IDE, la sua composizione per Paesie per settori e ne valuta la coerenza con possibili obiettividi incremento dell’efficienza energetica.

Il Clean DevelopmentMechanism (CDM) e laJoint Implementation(JI), introdotti dal Pro-tocollo di Kyoto, sono

due meccanismi cui possonofare ricorso i Paesi industria-lizzati per rispettare i vincolidi emissione. CDM e JI posso-no contribuire a ridurre i costidi abbattimento e, contempo-raneamente, a diffondere tec-nologia e sviluppo economiconei Paesi meno industrializza-ti. Alcune ricerche hanno sti-mato questo mercato tra i 25 egli 85 mld. doll. Inoltre, duran-te la Conferenza delle Parti 6bis di Bonn, nel 2001, è statadata ai Paesi in via di sviluppola possibilità di inserire i pro-pri progetti nel registro del

CDM, ottenendo così CertifiedEmissions Reductions (CER).Dato il ruolo centrale che CDMe JI si preparano ad assumerein futuro, diviene rilevante in-dagare in che misura essi po-tranno contribuire alla razio-nalizzazione dei sistemi ener-getici dei Paesi e quale sarà illoro impatto sull’efficienzaenergetica. La risposta a que-ste domande non è semplice.Di fatto esistono alcune cate-gorie di progetti che potrebbe-ro «spiazzare» gli investimen-ti in efficienza energetica. Unaprima categoria è quella deiprogetti che riguardano cam-biamenti nel mix dei combu-stibili (ad esempio l’impiego difonti rinnovabili in sostituzio-ne del carbone). Una secondacategoria è quella dei progettiche sfruttano i carbon sinks(come la riforestazione), edinfine vi sono i progetti di stoc-caggio del carbonio nel sotto-suolo. Certamente, i progettiappartenenti alla prima cate-goria influenzano in molti casianche l’efficienza ma, in lineagenerale, il potenziale di mi-glioramento dell’efficienzaenergetica è realmente sfrutta-to quando vengono messi inatto progetti specifici. Va ricor-dato inoltre che, nel quadrodelle politiche energetico-am-bientali inerenti al Protocollo,CDM e JI rappresentano sosti-tuti delle misure domestiche,cioè di quegli interventi cheprevedono una riorganizzazio-

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ne del sistema energetico na-zionale, e quindi, in parte, an-che un miglioramento dell’ef-ficienza energetica. Pertanto,se le misure domestiche sonosostituite da CDM e JI, e traquesti progetti quelli di effi-cienza energetica vengono«spiazzati», allora l’impatto delProtocollo di Kyoto sul livellodi efficienza energetica saràmolto debole o addirittura nul-lo.

Generalmente, il mercatodel CDM e della JI viene stu-diato attraverso modelli checonfrontano i costi di abbatti-mento dei gas serra nelle diver-se regioni e con diverse tecno-logie. Questo articolo proponeun approccio diverso: conside-rando che CDM e JI non sononient’altro che investimentidiretti esteri (IDE), a partiredalle serie storiche degli IDEvengono elaborate riflessioniquantitative sulle relazioni traIDE, CDM, JI ed efficienzaenergetica. In altre parole, ilpunto di partenza delle rifles-sioni è la convinzione che pro-getti come CDM e JI non sicollochino in un contesto pri-vo di coordinate, ma al contra-rio siano strettamente legatialla struttura passata e attualedei flussi di IDE.

1. GLI INVESTIMENTIDIRETTI ESTERI

Il flusso mondiale di IDE èaumentato in modo sostenutonegli ultimi anni. Nel 2000 haquasi raggiunto i 1.500 mld.doll., circa quattro volte il li-vello di quattro anni prima.Nello stesso anno oltre l’80%di questa somma proveniva daiPaesi industrializzati (PI) e piùdell’80% era indirizzata versolo stesso gruppo di Paesi. Neiquattro anni dal 1998 al 2001,la percentuale di FDI assorbi-ta dai PI era compresa tra il68% (2001) e l’82%, mentre lamedia del periodo 1990-95 era

pari al 64% (UNCTAD 2002).In altre parole, la maggior par-te degli IDE circola all’internodel mondo industrializzato equesta tendenza è in crescita.Tuttavia gli investimenti direttiesteri rappresentano una quo-ta rilevante del PIL dei Paesiin via di industrializzazione(PVI): quasi il 28% nel 2000,ma in Asia questa percentualearriva al 30%, mentre in Ame-rica Latina si aggira intorno al26%. Nei PI questa percentua-le scende al 14% e a livellomondiale è pari al 18% (OECD2002a). I dieci PVI che ricevo-no stock maggiori di investi-menti sono: Cina, Brasile, Mes-sico, Argentina, RepubblicaCoreana, Indonesia, Bermuda,Malesia, Sud Africa e Cile. Se-condo una recente indaginedell’OCSE i fattori che mag-giormente influenzano la desti-nazione del flusso degli IDEsono: la ricerca di risorse (cioèla ricerca di fattori di produ-zione a basso costo), la ricercadi mercati (cioè l’accesso anuovi mercati di sbocco) e laricerca di assets strategici(come conoscenze e capabili-ties particolari che possanocostituire vantaggio competiti-vo) (OECD 2002a). General-mente, il livello di IDE in en-trata è proporzionale alla qua-lità della struttura istituziona-le: «countries where the rule oflaw prevails and is enforceable,the judicial system is efficient,corruption is low and owner-ship is less concentrated, recei-ve more investment» (OECD2002a, p. 179). Al contrario, glielementi che ostacolano gli in-vestimenti in entrata sono l’in-stabilità economica e politica,il rischio concreto di perdite dicapitale (derivanti ad esempiodall’impossibilità di far rispet-tare i contratti), l’elevata tassa-zione. Questi ostacoli, che con-tribuiscono a creare un climasfavorevole all’investimento,possono spiegare ad esempiole difficoltà dei Paesi africani

nell’attrarre capitale dall’este-ro. Infatti, se escludiamo il SudAfrica, nel 2000 l’intero conti-nente africano ha ricevuto 8,5mld. doll., circa lo 0,6% del to-tale mondiale.

Per quanto riguarda la rela-zione tra IDE e ambiente, dob-biamo prendere in considera-zione due tesi opposte. Da unlato la tesi cosiddetta del raceto the bottom, secondo la qua-le nei PVI gli investimenti di-retti esteri possono danneggia-re gravemente l’ambiente at-traverso il fenomeno dei pollu-tion havens, ovvero il trasferi-mento di produzioni inquinan-ti in aree poco protette dalla re-golazione ambientale. In unostudio recente sugli IDE all’in-terno degli Stati Uniti, Kellere Levinson (2002) evidenzianocome i costi di abbattimentolegati alla regolamentazioneambientale abbiano un discre-to impatto sugli investimentiesteri. Tuttavia, alcuni studio-si sostengono che gli IDE co-stituiscono un’opportunità peri PVI, soprattutto per la tuteladell’ambiente (Warhurst 1999,Wheleer 2000). Uno studiocompiuto dall’OCSE sulla rela-zione tra IDE ed emissioni pro-capite di CO2 in 14 Paesi nonha fornito un’evidenza chiarain merito (OECD 2002a).

Dal momento che CDM e JIsono una forma di investimentidiretti esteri, iniziamo la no-stra analisi esaminando i flus-si di IDE in entrata in diverseregioni (Tab. 1).

Dalla tabella emergono al-cune distinte informazioni:

– il totale di IDE diretti ver-so i Paesi industrializzati è net-tamente superiore al flussoverso i Paesi in via di industria-lizzazione (circa 3,5 volte nelperiodo 1998-2001);

– nello stesso periodo, gliIDE verso l’Europa Occidenta-le sono stati pari a 41 voltequelli verso l’Africa, 9 voltequelli verso l’America Latina e4,5 volte quelli verso l’Asia;

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– gli IDE sono caratterizza-ti da un trend crescente: nel pe-riodo 1990-2001, a livello mon-diale, si sono più che triplica-ti;

– nello stesso periodo, gliIDE verso i Paesi industrializ-zati sono cresciuti più veloce-mente (3,5 volte) di quelli ver-so i PVI (2,9 volte);

– nei Paesi industrializzatil’Unione Europea ed il NordAmerica sono caratterizzati daincrementi analoghi (3,8 e 3,2);

– tra i Paesi in via di indu-strializzazione, il Nord Africaha registrato una quadruplica-zione degli IDE, mentre l’Asiali ha raddoppiati.

È evidente che esistono dif-ferenze molto forti tra i flussidi IDE verso i Paesi industria-lizzati e i PVI e la distanza vaaccentuandosi nel corso degli

anni. Ciò significa che, se ilCDM e la JI devono diventareuno strumento per ridurre icosti di abbattimento delleemissioni di CO2, sfruttando ledifferenze di efficienza tra i si-stemi energetici delle variearee del mondo, il trend attua-le degli IDE deve modificarsi efluire maggiormente verso iPVI. Un altro spunto di rifles-sione utile si ottiene osservan-do i flussi di Investimenti Di-retti Esteri verso i diversi set-tori economici. Idealmente, nelcontesto post-Kyoto, gli IDEdovrebbero indirizzarsi versosettori ad alta intensità ener-getica, ovvero verso aree del-l’economia dove maggiori sonole potenzialità di miglioramen-to dell’efficienza energetica. Suquesto aspetto, abbiamo foca-lizzato la nostra attenzione sul-

l’Unione Europea, area per laquale le statistiche disponibilioffrono un soddisfacente livel-lo di disaggregazione per set-tori di destinazione degli IDE(Tab. 2).

A livello mondiale, il 40%degli IDE in uscita dall’Unio-ne Europea è diretto al settoremanifatturiero. È interessantenotare come il settore elettri-cità, gas e acqua assorba solouna piccola quota (7%) degliIDE europei, mentre il settoreservizi (intermediazione finan-ziaria, telecomunicazioni, im-mobiliare e commercio) ne as-sorbe quasi la metà (48%). Seconsideriamo i PVI, che costi-tuiscono lo scenario dei pro-getti di CDM, possiamo nota-re come la quota destinata aiservizi si aggiri intorno al 44%.Questo dato si mantiene co-

Tab. 1 - INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN ENTRATA PER REGIONE DI DESTINAZIONEINVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN ENTRATA PER REGIONE DI DESTINAZIONEINVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN ENTRATA PER REGIONE DI DESTINAZIONEINVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN ENTRATA PER REGIONE DI DESTINAZIONEINVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN ENTRATA PER REGIONE DI DESTINAZIONE (mil. doll.)

Regione 1990-95 (media) 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Paesi industrializzati 145.019 219.908 267.947 484.239 837.761 1.227.476 503.144Europa Occidentale 87.383 115.863 137.890 274.739 507.222 832.067 336.210Unione Europea 84.165 110.376 127.919 262.216 487.898 808.519 322.954Altri Paesi dell’Europa Occidentale 3.218 5.487 9.971 12.523 19.324 23.549 13.256Nord America 47.058 94.089 114.925 197.243 307.811 367.529 151.900Altri Paesi industrializzati 10.578 9.955 15.132 12.257 22.728 27.880 15.034PVI 74.288 152.685 191.022 187.611 225.140 237.894 204.801Africa 4.320 5.835 10.744 9.021 12.821 8.694 17.165Nord Africa 1.543 1.479 2.607 2.788 4.896 2.904 5.323Resto dell’Africa 2.777 4.356 8.137 6.233 7.925 5.790 11.841America Latina e Carabi 22.259 52.856 74.299 8.223 109.311 95.405 85.373Sud America 10.357 32.232 48.166 51.886 70.880 56.837 40.111Resto dell’America Latina 11.901 20.624 26.133 30.318 38.431 38.568 45.261Asia e Pacifico 47.710 93.994 105.978 96.386 103.008 133.795 102.264Asia 47.321 93.331 105.828 96.109 102.779 133.707 102.066Asia Occidentale 2.096 2.898 5.645 6.705 324 688 4.133Asia Centrale 662 2.590 3.844 3.152 2.466 1.895 3.569Sud, Est e Sud-Est Asia 44.564 87.843 96.338 86.252 99.990 131.123 94.365Pacifico 388 663 150 277 229 88 198Centro-Est Europa 6.014 13.547 19.113 22.608 25.363 26.563 27.200

Fonte: UNCTAD (2001).

Tab. 2 - INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USCITA DALL’UNIONE EUROPEA NEL 1999INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USCITA DALL’UNIONE EUROPEA NEL 1999INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USCITA DALL’UNIONE EUROPEA NEL 1999INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USCITA DALL’UNIONE EUROPEA NEL 1999INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USCITA DALL’UNIONE EUROPEA NEL 1999 (mil. euro)

Mondo UE non UE USA Giappone Canada EFTA PVI

Agricoltura & Pesca – 855 – 951 101 75 1 0 – 12 32Estrattivo 21.393 2.307 19.179 2.420 99 – 19 74 16.512Manifatturiero 196.568 139.207 47.532 33.521 5.850 974 1.529 15.487Elettricità, Gas & Acqua 32.290 2.894 29.519 20.940 337 – 85 385 7.819Costruzioni 2.155 1.102 614 – 45 – 32 2 – 13 1.141Commercio 13.744 9.378 4.347 1.538 – 103 – 184 – 1.065 4.180Alberghiero & Ristorazione 1.774 446 1.319 – 220 448 -47 33 1.114Trasporti 1.758 – 627 2.362 2.415 9 20 – 418 359Telecomunicazioni 101.677 14.566 87.433 72.920 1.296 – 111 1.004 12.002Intermediazione finanziaria 74.527 38.695 35.830 27.427 122 636 1.494 6.153Immobiliare 46.170 23.960 22.209 12.234 423 706 254 8.593Altri servizi 1.924 1.053 - 498 – 5 39 167 172

Fonte: Eurostat (2001).

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stante anche se analizziamo unintervallo di tempo più ampio,partendo dal 1994. A livellomondiale, la quota di IDE di-retti al settore servizi è sempremaggiore di quella registratanel 1999 (il massimo è raggiun-to nel 1995 con il 63%). Nei PVIil massimo flusso verso i servi-zi si registra nel 1998 con unaquota del 90%. Per quanto ri-guarda il settore energia, i datidel 1999 sono i più alti del pe-riodo in considerazione e siaggirano intorno al 3%. NeiPVI la quota più elevata è il 7%nel 1997. Questo quadro nonfa che confermare il ruolo ri-levante dei servizi tra i settorieconomici e contemporanea-mente mette in luce un proble-ma: l’attuale struttura degliIDE, sia per aree che per setto-ri di destinazione, è molto di-stante da quella ideale.

2. INVESTIMENTI DIRETTIESTERI ED EFFICIENZAENERGETICA

Per analizzare correttamen-te la struttura degli IDE è ne-cessario considerarla relativa-mente alla dimensione econo-mica del Paese. Nel nostro stu-dio abbiamo preso in esame110 Paesi, calcolando un indi-ce di concentrazione degli IDE(Ic):

Ic= IDEi/IDE

PILi/PIL

dove IDEi e IDE sono, rispetti-vamente, il flusso medio di IDEin entrata verso l’i-esimo Pae-se tra il 1996 e il 2001 e la stes-sa grandezza riferita all’interocampione di Paesi. PILi e PILmisurano, rispettivamente, ilPIL del 1999 dell’i-esimo Pae-

se e il PIL totale dell’interocampione di Paesi (UNCTAD2002; IEA 2002a, 2002b, 2002c;World Bank 2001). Se l’indiceIc di un Paese risulta esseremaggiore di 1 significa chequesto Paese ha una buonacapacità di attrarre capitalidall’estero; il contrario, se l’in-dice è inferiore ad 1. Se l’indi-ce assume valore negativo sia-mo in presenza di disinvesti-menti. In Tab. 3 appaiono evi-denti i differenti valori assuntida questo indice nei diversiPaesi (si passa dal – 0,97 delloYemen al 12,57 di Belgio e Lus-semburgo). È interessante no-tare che quando consideriamogli IDE in relazione al PIL nonvi è una netta separazione traPVI e Paesi industrializzati.Infatti, sebbene l’indice di con-centrazione nei Paesi indu-strializzati sia solitamente

Tab. 3 - INTENSITÀ ENERGETICINTENSITÀ ENERGETICINTENSITÀ ENERGETICINTENSITÀ ENERGETICINTENSITÀ ENERGETICA E INDICE DI CONCENTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI E INDICE DI CONCENTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI E INDICE DI CONCENTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI E INDICE DI CONCENTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI E INDICE DI CONCENTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI

Intensità Ind. concent. Intensità Ind. concent. Intensità Ind. concent.energetica IDE energetica IDE energetica IDE

Albania 0,14 0,97 Gabon 0,22 – 0,54 Panama 0,16 3,26Algeria 0,19 0,43 Georgia 0,22 2,21 Paraguay 0,17 0,86Angola 0,25 4,72 Germania 0,18 1,00 Perù 0,11 1,36Arabia Saudita 0,49 0,17 Ghana 0,22 0,44 Polonia 0,26 1,73Argentina 0,14 1,42 Giappone 0,17 0,05 Portogallo 0,15 1,20Armenia 0,22 2,49 Giordania 0,27 0,85 Regno Unito 0,18 1,77Australia 0,23 0,67 Grecia 0,18 0,28 Rep. D. Congo 0,47 0,13Austria 0,15 0,92 Guatemala 0,18 0,60 Rep. Ceca 0,30 2,79Azerbaijan 0,56 5,88 Haiti 0,19 0,10 Romania 0,27 1,29Bangladesh 0,10 0,12 Honduras 0,20 1,25 Russia 0,55 0,31Belarus 0,34 0,33 India 0,22 0,24 Senegal 0,23 0,83Belgio&Luss. 0,23 12,57 Indonesia 0,25 0,00 Singapore 0,27 3,96Benin 0,40 1,03 Iran 0,32 0,01 Slovacchia 0,31 1,69Bolivia 0,26 3,59 Irlanda 0,14 4,56 Slovenia 0,20 0,53Bosnia&Erzeg. 0,20 0,74 Italia 0,14 0,25 Spagna 0,17 1,11Brasile 0,15 1,24 Jamaica 0,43 2,34 Sri Lanka 0,13 0,54Bulgaria 0,43 1,93 Kazakhstan 0,51 4,33 Sud Africa 0,29 0,71Camerun 0,27 0,20 Kenya 0,52 0,19 Sudan 0,32 1,21Canada 0,31 1,67 Kuwait 0,71 0,10 Svezia 0,23 3,62Cile 0,18 3,18 Kyrgyzstan 0,20 1,67 Tailandia 0,20 1,11Cina 0,24 1,69 Latvia 0,23 2,31 Tajikystan 0,43 0,44Colombia 0,12 1,31 Libano 0,29 0,46 Tanzania 0,92 0,80Congo 0,34 0,72 Lituania 0,29 1,68 Togo 0,25 1,33Costa d'Avorio 0,28 1,20 Malesya 0,26 2,03 Trinidad&Tobago 0,79 4,02Costa Rica 0,11 0,95 Marocco 0,11 1,02 Tunisia 0,14 0,94Croazia 0,24 2,01 Messico 0,19 1,19 Turchia 0,18 0,26Danimarca 0,14 2,49 Moldova 0,32 2,82 Turkmenistan 0,75 1,32Ecuador 0,23 2,51 Mozambico 0,50 1,90 Ucraina 0,80 0,63Egitto 0,21 2,49 Namibia 0,10 1,39 Ungheria 0,22 1,68El Salvador 0,16 0,13 Nepal 0,27 0,10 Uruguay 0,11 1,29Emirati Arabi Uniti 0,56 – 0,01 Nicaragua 0,22 3,31 Uzbekistan 0,91 0,24Eritrea 0,23 2,16 Nigeria 0,87 1,34 Venezuela 0,44 1,49Estonia 0,38 2,78 Norvegia 0,22 1,03 Vietnam 0,25 2,31Etiopia 0,46 0,81 Nuova Zelanda 0,26 1,48 Yemen 0,27 – 0,97Filippine 0,15 0,69 Olanda 0,19 3,46 Zambia 0,82 1,45Finlandia 0,27 1,63 Oman 0,23 0,14 Zimbabwe 0,32 0,87Francia 0,19 1,00 Pakistan 0,26 0,38

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maggiore di 1, tuttavia questiPaesi non sempre riportanovalori superiori a quelli deiPVI. Tralasciando i due casiestremi sopra citati, possiamodire che Paesi che hanno unabuona performance rispetto al-l’indice di concentrazionesono: l’Azerbaijan (5,88), l’An-gola (4,72), l’Irlanda (4,56), ilKazakhstan (4,33), Trinidad &Tobago (4,02), Singapore(3,96), il Cile (3,18). Al contra-rio, Paesi che hanno difficoltàad attrarre gli IDE sono: il Ga-bon (– 0,54), gli Emirati ArabiUniti (– 0,01), l’Indonesia(0,00), l’Iran (0,01), il Giappo-ne (0,05), il Nepal, Haiti e Ku-wait (0,10), il Bangladesh(0,12), El Salvador (0,13).

Ad ogni modo, poiché il no-stro scopo è analizzare il poten-ziale dei Paesi in merito a CDMe JI, la distribuzione geografi-ca degli IDE rappresenta solouna parte dell’informazione.Allo scopo di capire se attual-mente tali investimenti seguo-no percorsi virtuosi, volti asfruttare al meglio i potenzialidi miglioramento dell’efficien-za energetica, analizziamo larelazione tra IDE e intensitàenergetica (usata come proxydell’efficienza energetica). Unastruttura ideale di IDE dovreb-be prevedere un maggiore af-flusso di investimenti nei Pae-si dove l’intensità energeticaassume valori più elevati. Dal-la Fig. 1, in cui è rappresenta-ta la correlazione tra l’indice di

concentrazione degli IDE el’intensità energetica nel mon-do e nelle aree industrializza-te, appare evidente che nonesiste una correlazione positi-va tra le due variabili. Il valoredel coefficiente di correlazio-ne (0,019 per il mondo e 0,167per i Paesi industrializzati)conferma la deduzione grafica.Analizzando questa relazioneanche per altre aree del mon-do, emerge che tutte sono ca-ratterizzate da un bassissimolivello di correlazione. In par-ticolare, i valori del coefficien-te di correlazione sono i se-guenti: economie in transizio-ne (ex-pianificate): 0,016; Afri-ca; – 0,037; Asia: – 0,165. Unaparziale eccezione a questi ri-sultati è l’area del Centro-SudAmerica, con un coefficiente dicorrelazione pari a 0,519.

Al fine di approfondire ul-teriormente la nostra indagineabbiamo distinto, a livellomondiale, tra gli investimentiindirizzati verso il settore in-dustriale e quelli indirizzatiagli altri settori, ed osservatose vi fosse correlazione tra iprimi e l’intensità energeticadel settore industriale, ripeten-do l’esercizio anche per gli al-tri settori. In entrambi i casi ri-sulta ancora una volta confer-mata l’assenza di correlazionepositiva significativa. Comepossiamo vedere in Fig. 2, nelcaso del settore industriale ilcoefficiente di correlazione èpari a – 0,048, mentre per gli

altri settori abbiamo – 0,029.Di conseguenza possiamo af-fermare che a livello mondia-le, sia per il settore dell’indu-stria che per gli altri settori,non esiste alcuna evidenzaempirica del fatto che gli IDEtendano ad indirizzarsi verso iPaesi a maggior potenziale diincremento dell’efficienzaenergetica.

L’ultimo approfondimentoche abbiamo compiuto riguar-da la relazione tra l’indice dicorrelazione degli IDE e unindice di efficienza energetica:le perdite di distribuzione del-l’energia elettrica. Come si puòvedere dalla Fig. 3 (coefficien-te di correlazione – 0,091), an-che questa indagine ha confer-mato i risultati ottenuti in pre-cedenza.

3. CORREGGERE GLIINVESTIMENTI DIRETTIESTERI: UN ESERCIZIO

L’analisi dei dati disponibi-li ha confermato le nostre ipo-tesi: i flussi di IDE sono preva-lentemente guidati da una lo-gica di sfruttamento delle mi-gliori opportunità di businesse, pertanto, non esiste una re-lazione tra i flussi di IDE ver-so un Paese e il livello di inten-sità energetica di quel Paese.Il passo successivo dell’indagi-ne è chiedersi quanto l’attualestruttura degli IDE si discostida una ideale, in cui gli inve-

Fig. 1 - INDICE DI CONCENTRAZIONE DEGLI IDE ED INTENSITÀ ENERGETICA

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14Mondo

Intensità energetica Intensità energetica

Paesi industrializzati

Indi

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Indi

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cent

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one

0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,90 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35

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ENERGIA 3/2003

stimenti siano «guidati» dallalogica del miglioramento del-l’efficienza energetica. Per ri-spondere a questa domanda,abbiamo ordinato i Paesi inbase al loro livello di intensitàenergetica e calcolato la lorointensità energetica relativa:REIi = EIi/E dove EIi ed E sono,rispettivamente, l’intensitàenergetica dell’i-esimo Paesenel periodo 1996-2001 e la stes-sa grandezza riferita a tutto ilcampione dei Paesi. Abbiamopoi calcolato l’indice EMFi:

EMFi = REIi

(PILi/PIL) IDE

EMFi è l’acronimo di Ener-gy Motivated Flows e rappre-senta il flusso di IDE che rice-verebbe l’i-esimo Paese se l’in-dice di concentrazione degliIDE rispecchiasse il suo indi-ce relativo di efficienza ener-getica ed il suo peso economi-co. Poiché REIi è il rapporto tradue intensità energetiche[(TPESi/PILi)/(TPES/PIL)],EMFi può anche essere espres-so come:

EMFi = (TPESi/TPES) IDE

cioè come quota di TPES (To-tal Primary Energy Supply) delPaese stesso rispetto al totalemondiale. A questo punto pos-siamo confrontare la situazio-ne ideale (EMFi) con quellareale (IDEi) e valutare la cor-rezione necessaria per far sìche gli investimenti seguano gliobiettivi di efficienza energeti-

ca. La Tab. 4 mostra i risultatidella nostra analisi per le mag-giori aree geografiche.

Come emerge chiaramentedalla prima colonna, l’aggiu-stamento richiesto consiste inuna ridistribuzione di 262.615mil. euro, con cambiamentisostanziali dei flussi in entra-ta nelle varie aree rispetto allastruttura attuale. Nella colon-na 2 l’aggiustamento degli IDEè espresso in termini relativirispetto agli IDE delle diversearee, mentre le colonne 3 e 4riportano in percentuale (nega-tiva o positiva) l’ammontaredel riaggiustamento. I Paesieuropei dovrebbero contribui-re alla ridistribuzione con unadiminuzione degli IDE in en-trata pari allo 0,7 del loro at-tuale ammontare: solo questorappresenterebbe il 91% delprocesso di correzione da at-tuare a livello mondiale. Un

altro 8% del totale dovrebbeavvenire nei Paesi dell’Ameri-ca Latina e un 1% in NordAmerica. Le aree che dovreb-bero beneficiare del corrispon-dente aumento degli IDE sa-rebbero principalmente il SudEst Asiatico (+ 40%) e le Eco-nomie in Transizione. I Paesinordafricani dovrebbero arri-vare a ricevere tre volte il flus-so di IDE che ricevono attual-mente, il che significa un 8%in più del totale degli IDE.

La Tab. 5 fornisce un qua-dro sintetico per Paese del pro-cesso di riaggiustamento. Lariduzione degli IDE in entratain soli otto Paesi europei per-metterebbe di realizzare giàl’80% dell’aggiustamento tota-le. In particolare, il contributodell’area Belgio e Lussembur-go, che ospita un elevato nu-mero di multinazionali, do-vrebbe ammontare al 26,2%

Fig. 2 - INDICE DI CONCENTRAZIONE DEGLI IDE ED INTENSITÀ ENERGETICA

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1 3 5 0,2 0,4 0,6 0,8

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Intensità energetica Intensità energetica

Settore industriale Altri settori

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Indi

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i con

cent

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Fig. 3 - INDICE DI CONCENTRAZIONE DEGLI IDE E PERDITE DI TRASMISSIONE E DISTRIBUZIONE

Indi

ce d

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mon

dial

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Perdite di trasmissione e distribuzione a livello mondiale(% dell'output)

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dell’aggiustamento totale,quello del Regno Unito al16,3%, quello dell’Olanda al10,1% e quello della Germaniaal 9,5%. Sulla base dello stes-so criterio, il 47% del totaledegli investimenti da riposizio-nare sarebbe destinato a trePaesi: Cina, Russia e India. Irisultati ottenuti in questo eser-cizio rappresentano certo unasituazione estrema ed ideale.Nondimeno, il messaggio cheessi ci consegnano è assoluta-mente ragionevole e confermache, se l’obiettivo è migliorarel’efficienza energetica, è neces-saria una riallocazione degliIDE in direzione dei Paesi conlivelli di efficienza energeticapiù bassi.

4. LA SITUAZIONE ITALIANA

Se passiamo ad analizzarel’Italia, dobbiamo anzituttosoffermarci sugli IDE in usci-ta, e in particolare sulla lorodestinazione geografica e set-toriale. Siamo interessati a ve-dere se gli investimenti fluisco-

no verso Paesi che, dal puntodi vista della nostra analisi,possiedono un alto potenziale(in altre parole, un livello ele-vato di intensità energetica),costituendo quindi un buonpunto di partenza per futuriprogetti di CDM e JI. L’anda-mento degli IDE italiani dal1993 al 1999 è rappresentatoin Fig. 4: nel 1998, anno in cuisi registra il valore massimo,la quota italiana è pari al 4%del totale mondiale.

Analizzando le destinazionidi questi investimenti, si evi-denzia come l’Italia investaprincipalmente all’interno del-la Unione Europea (Tab. 6),anche se negli ultimi anni laquota destinata agli altri Paesieuropei è in crescita. Tra que-sti, in particolare, la Polonia el’Ungheria sono le destinazio-ni preferite.

Analizzando i settori di de-stinazione degli investimenti(Tab. 7), scopriamo che il 63%s’indirizza verso il settore fi-nanziario mentre solo il 14%verso il settore energetico(estrattivo, elettrico, gas e ac-

Tab. 4 - CORREZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI SULLA BASECORREZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI SULLA BASECORREZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI SULLA BASECORREZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI SULLA BASECORREZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI SULLA BASEDELL’INTENSITÀ ENERGETICA DEI PAESIDELL’INTENSITÀ ENERGETICA DEI PAESIDELL’INTENSITÀ ENERGETICA DEI PAESIDELL’INTENSITÀ ENERGETICA DEI PAESIDELL’INTENSITÀ ENERGETICA DEI PAESI

EMF-IDE (EMF-IDE)/IDE % di aggiustamento(mil. euro) negativo positivo

Paesi europei – 238.884 – 0,7 91Nord America – 2.155 0,0 1Altri Paesi industrializzati 37.453 2,6 14America Centrale e del Sud – 21.576 – 0,3 8Economie in transizione 68.231 2,7 - 26Nord Africa 5.306 1,5 - 2Altri Paesi africani 19.731 3,2 - 8Medio Oriente 27.222 12,3 - 10Sud-Est Asiatico 104.672 1,6 - 40

qua). Il quadro non cambia seconsideriamo solo i Paesi non-UE: la composizione settoria-le rimane pressoché invariata,con la differenza che la quotadella manifattura raddoppia ascapito del settore energia.

In conclusione, gli IDE ita-liani sono diretti principal-mente verso Paesi industrializ-zati ed in particolar modo al-l’interno dell’Unione Europeae verso il settore servizi (so-prattutto intermediazione fi-nanziaria). Ciò significa chesino a questo momento la stra-tegia seguita dalle imprese ita-liane, per quanto concerne gliinvestimenti all’estero, non hasfruttato le opportunità dispo-nibili per il CDM e la JI. Lenuove linee guida italiane perla riduzione dei gas serra(CIPE 2002) ambiscono ad unrovesciamento di tale situazio-ne. Il documento presenta unquadro dettagliato delle attua-li emissioni italiane, una pre-visione delle stesse al 2010 epropone una serie di politichee misure che dovrebbero esse-re adottate per realizzarel’obiettivo di Kyoto. Secondo ildocumento del CIPE, una quo-ta rilevante della riduzione deigas serra andrebbe realizzataall’estero, per via del minorcosto di questa opzione rispet-to alle altre disponibili. In par-ticolare, si prevedono crediti diCO2 via CDM e JI pari a 12 mil.tonn., più riduzioni per «valo-ri compresi tra 20,5 e 48,0 mil.tonn. CO2 eq. per effetto degliulteriori crediti di carbonio,ottenibili attraverso progettiindustriali e nel settore foresta-le, nell’ambito dei meccanismidi JI e CDM». Poiché non esi-stono esperienze pregresse intema di meccanismi flessibili,la loro implementazione daparte del settore privato do-vrebbe avvenire almeno ini-zialmente con un supporto delGoverno. Proprio per questomotivo nel documento CIPE siafferma che «il Ministero del-

Tab. 5 - RIPOSIZIONAMENTO: I PRIMI DIECI PAESIRIPOSIZIONAMENTO: I PRIMI DIECI PAESIRIPOSIZIONAMENTO: I PRIMI DIECI PAESIRIPOSIZIONAMENTO: I PRIMI DIECI PAESIRIPOSIZIONAMENTO: I PRIMI DIECI PAESI (% del totale)

10 maggiori aggiustamenti negativi in 10 maggiori aggiustamenti positivi inpercentuale dell’aggiustamento totale percentuale dell’aggiustamento totale

Belgio e Lussemburgo 26,2 Cina 17,5Regno Unito 16,3 Russia 16,0Olanda 10,1 India 13,0Germania 9,5 Giappone 12,7Svezia 6,4 Indonesia 4,1Francia 5,6 Ucraina 3,7Irlanda 3,4 Iran 3,1Danimarca 3,3 Arabia Saudita 2,7Brasile 3,2 Sud Africa 2,2Canada 2,5 Italia 2,2Totale 86,5 Totale 77,2

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l’Ambiente e della Tutela delTerritorio dovrà, tra l’altro, as-sicurare alle imprese italianeun’informazione completa eaggiornata sulle opportunitàofferte dai meccanismi di JI eCDM, sugli eventuali meccani-smi incentivanti previsti dallenorme nazionali, e sugli even-tuali finanziamenti resi dispo-nibili dalla Banca Mondiale,dalla Global Environment Fa-cility, dalle Banche di Svilup-po Regionali, dalla Banca Eu-ropea degli Investimenti, non-ché dalle Istituzioni Finanzia-rie Internazionali». La stimadei costi di abbattimento deiprogetti di CDM e JI contenu-ta nel documento CIPE sembraessere piuttosto ottimistica,essendo essi negativi, nulli,oppure compresi tra 1,5 e 2,5euro/tonn. CO2.

In sintesi, la delibera CIPEdisegna implicitamente unanuova struttura degli IDE inuscita, con l’obiettivo di sfrut-tamento delle opportunità di

miglioramento dell’efficienzaenergetica attraverso investi-menti in aree e settori specifi-ci. Tuttavia, non va dimentica-to che dall’analisi delle seriestoriche emerge che l’Italia,come la maggior parte deglialtri Paesi, ha sino ad oggi in-vestito seguendo criteri cheesulano da considerazioni diefficienza energetica e riduzio-ne della CO2. Questo ci inducea ritenere che il piano dei pro-getti di JI-CDM ipotizzato daldocumento CIPE sia eccessiva-mente ottimistico.

5. CONCLUSIONI

Possiamo riassumere i pun-ti principali della nostra anali-si come segue:

– a livello mondiale, l’am-montare dei flussi di investi-menti diretti esteri è notevol-mente aumentato negli ultimianni (circa il 300% in più dal1990 al 2001). La maggior par-

te di questo aumento si regi-stra nelle aree industrializza-te;

– se costruiamo un indice diconcentrazione degli IDE chetenga conto della dimensioneeconomica dei Paesi, notiamoche la distanza tra Paesi in viadi industrializzazione e Paesiindustrializzati non è così net-ta come quella che emerge seconsideriamo il valore assolu-to degli IDE;

– studiando la relazione traIDE ed intensità energetica sievidenzia come fino ad oggi iflussi di IDE non hanno privi-legiato i Paesi o i settori conpotenziali di riduzione dell’in-tensità energetica più elevati;

– una ideale ridistribuzionedegli investimenti diretti este-ri che sfrutti al meglio il poten-ziale dei progetti di CDM e JIdovrebbe spostare una quotasignificativa di investimentidai Paesi europei (– 91%) aquelli del Sud-Est Asiatico(+40%) e alle economie in tran-sizione (+26%);

– i flussi di IDE che dovreb-bero subire la riduzione piùsignificativa sono quelli in di-rezione di Belgio, Lussem-burgo, Regno Unito e Olanda.Al contrario, sarebbe necessa-rio un forte incremento versoCina, India e Russia;

– al pari di molti altri Paesi,l’Italia non ha sfruttato le op-portunità di investimento inprogetti di efficienza energeti-ca. Le nuove linee guida adot-tate dal governo in tema di po-litiche energetiche e ambienta-li introducono molti elementiinnovativi. Tuttavia, esse nonpossono garantire che in futu-ro le imprese italiane modifi-chino nel modo sperato le lorostrategie di investimento, dalmomento che il loro compor-tamento sino ad oggi è statodecisamente difforme.

I dati disponibili a livellomondiale suggeriscono che ilprincipale elemento di attra-zione degli IDE è costituito dal

Tab. 6 - INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USCITA DALL’ITALIA PERINVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USCITA DALL’ITALIA PERINVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USCITA DALL’ITALIA PERINVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USCITA DALL’ITALIA PERINVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USCITA DALL’ITALIA PERDESTINAZIONE, 1993-1999DESTINAZIONE, 1993-1999DESTINAZIONE, 1993-1999DESTINAZIONE, 1993-1999DESTINAZIONE, 1993-1999 (mil. euro)

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999

Europa 5.695 3.347 3.743 3.592 6.046 5.913 2.330Altri Paesi europei 371 120 114 88 168 661 1.000Africa 33 19 48 68 329 125 94Nord America –194 413 357 669 1048 1894 266Centro America – 88 3 93 42 935 1.507 – 239Sud America – 24 31 98 132 252 1507 632Asia 35 270 48 159 695 222 132Oceania – 5 – 33 – 2 3 58 16 – 21

Fonte: Eurostat (2001).

Fig. 4 - TOTALE DEGLI IDE IN USCITA DALL'ITALIA (mld. euro)

Fonte: Eurostat (2001).

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999

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livello atteso di remunerazio-ne e dall’efficienza finanziariadell’investimento. La maggio-ranza dei flussi di investimen-to rimane nell’ambito dei Pae-si industrializzati e all’internodi settori caratterizzati da bas-sa intensità energetica (teleco-municazione e intermediazio-ne finanziaria). Uno sposta-mento degli IDE verso i Paesiin via di industrializzazione, inparticolare in settori ad altaintensità energetica, anche dimodeste dimensioni, può dareluogo a sensibili miglioramentidell’efficienza energetica. Unadelle grandi sfide lanciate dalProtocollo di Kyoto è proprioquesta: concepire in modonuovo gli IDE, come veicolo disviluppo per i Paesi in via diindustrializzazione e contem-poraneamente come strumen-to per l’abbattimento delleemissioni e il miglioramentodell’efficienza energetica. Laprobabilità di riuscire in que-sta sfida dipende in modo cru-ciale dal prezzo che si formeràsul mercato dei crediti di CO2derivanti dai progetti di CDMe JI. Più elevato sarà il prezzo,maggiore sarà l’incentivo per leimprese ad intraprendere ini-ziative di CDM e JI. Tuttavia,non solo il mercato della CO2non è ancora pronto, ma fino-ra il prezzo della CO2 è statomolto più basso di quello stima-to nel 1998, a pochi mesi di di-

stanza dalla firma del Protocol-lo. Esattamente come accaddenegli Stati Uniti con i crediti diSO2, i prezzi dei permessi sisono rivelati sensibilmente piùbassi di quelli stimati. Mentrenel 1998 si ipotizzavano valoriintorno ai 200 doll./tonn. CO2,attualmente le stime sono nel-l’ordine dei 20 doll., o meno. Unvalido punto di riferimento peril mercato del CDM è il Proto-type Carbon Fund (http://prototypecarbonfund.org),un’iniziativa della Banca Mon-diale che realizza programmidi riduzione delle emissioni,verifica l’abbattimento e lo ac-credita pro-quota ai sottoscrit-tori del fondo. Questo pro-gramma ha concorso a fissareprezzi attorno ai 3-4 doll./tonn.Secondo gli esperti, il prezzodella CO2 andrà aumentandocon l’avvicinarsi del primocommitment period, quando iPaesi potrebbero acquistare unnumero maggiore di crediti perrispettare il vincolo definito nelProtocollo. Nonostante ciò, ilprezzo dovrebbe mantenersi aldi sotto di 20 doll./tonn. CO2.Questo genere di previsioni ri-sente della scelta degli StatiUniti di rimanere fuori degliaccordi di Kyoto: ciò, infatti,implica una domanda di cre-diti molto ridotta. Va anchesottolineato che, pur esistendouna prospettiva di rialzo delprezzo della CO2, è improba-

bile che ciò sia sufficiente aspingere le imprese a realizza-re progetti di CDM e JI. Di fat-to le decisioni strategiche sonoprese sulla base di ritorni fu-turi abbastanza verosimili, enon su previsioni di prezzocosì incerte.

Infine, non va dimenticatoche i progetti di riforestazio-ne costituiscono un set di op-zioni a costo ridotto, e di con-seguenza molto competitivi ri-spetto ai progetti di efficienzaenergetica. Proprio per i bassicosti di abbattimento, la car-bon sequestration (afforesta-zione e riforestazione) e la car-bon conservation (la preven-zione della deforestazione edel degrado del territorio) han-no concrete possibilità di«spiazzare» gli investimenti inefficienza energetica. Alcuniprogetti di carbon sinks in Cen-tro e Sud America hanno regi-strato costi di abbattimento at-torno a 0,07-0,39 doll./tonn.CO2. In Paraguay, ad esempio,la AES, una delle maggioricompagnie elettriche indipen-denti, insieme a The NatureConservancy, ha creato unariserva di foresta tropicale so-stenendo costi di abbattimen-to pari a 0,07 doll./tonn. CO2.In Bolivia American ElectricPower, PacifiCorp, BP Ameri-ca e The Nature Conservancysi sono impegnati a preserva-re 640 mila ettari di foreste,con costi pari a circa 0,17 doll./tonn. CO2. Competere conqueste cifre è piuttosto diffici-le, e forse addirittura impossi-bile. I prossimi anni riveleran-no se i progetti di efficienzaenergetica sono in grado diraccogliere la sfida lanciata daimolti nemici: progetti di rifo-restazione a basso costo, logi-ca dei profitti, costi di transa-zione.

·

Le opinioni espresse in questo articolo sono degli Autori e non riflettono, necessariamente, la posizione delle istituzio-ni nelle quali lavorano. Il lavoro si basa sull’articolo, degli stessi Autori, CDM potential and energy efficieny: an applica-tion to Italy, presentato alla European Council for an Energy Efficient Economy (ECEEE) Summer Study, Saint-Raphael,Francia, 2-7 Giugno, 2003.

Tab. 7 - ITALIA: COMPOSIZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI INITALIA: COMPOSIZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI INITALIA: COMPOSIZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI INITALIA: COMPOSIZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI INITALIA: COMPOSIZIONE DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI INUSCITA PER SETTORE DI DESTINAZIONE, MEDIA 1993-99 USCITA PER SETTORE DI DESTINAZIONE, MEDIA 1993-99 USCITA PER SETTORE DI DESTINAZIONE, MEDIA 1993-99 USCITA PER SETTORE DI DESTINAZIONE, MEDIA 1993-99 USCITA PER SETTORE DI DESTINAZIONE, MEDIA 1993-99 (%)

Totale Paesi non-UE

Manifatturiero 10 21Elettricità, Gas & Acqua 14 6Costruzioni 1 2Commercio 3 1Alberghiero & Ristorazione 1 0Trasporti & Telecomunicazioni 2 7Intermediazione finanziaria 63 56Altri 6 7

Fonte: Eurostat (2001).

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