Il Target Costing. Attività e strumenti per l'impresa Lean.
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ALMA MATER STUDIORUM ▪ UNIVERSITÁ DI BOLOGNA
SCUOLA DI ECONOMIA MANAGEMENT E STATISTICA
CORSO DI LAUREA IN MANAGEMENT E MARKETING
Il Target Costing Attività e strumenti per l’impresa lean
Tesi di Laurea in Controllo di Gestione
Presentata da:
Lorenzo Rizzoli
Sessione I
Anno Accademico 2013-2014
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
2
Indice
Introduzione al Toyota Production System …………………………………………………………. pag. 3
Lean Thinking. I cinque principi di Womack e Jones ……………………….………………….. pag. 5
The Lean Enterprise. Applicazioni, cultura e partnerships …………………………….……. pag. 7
Il Triangolo della Sopravvivenza ……………………………………………………………………….… pag. 9
L’importanza della fase di progettazione ………………………………………………………….. pag. 11
Il Target Costing ……………………………………………………………………………………………….. pag. 13
La percezione del prodotto. Il punto di vista delle imprese e dell’acquirente …... pag. 14
Il caso BMI Computers …………………………………………………………………………….……….. pag. 15
Il processo di definizione del Target Costing …………………………………………….………. pag. 17
La determinazione dei costi orientata al mercato ………………………………………..…… pag. 18
Target Costing vs. Cost Plus Pricing …………………………………………………………………… pag. 24
Value Engineering …………………………………………………………………………………………..… pag. 25
Activity Based Management ………………………………………………..…………………………… pag. 27
Conclusioni …………………………………………………………………………………………….………… pag. 28
Appendice e Bibliografia ………………………………………………………………………………….. pag. 30
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
3
Introduzione al Toyota Production System
Questa trattazione si pone l’obiettivo di fare luce su uno degli aspetti che ha reso il
Toyota Production System (TPS) così interessante e rivoluzionario: il Target Costing.
Si tratta di un approccio direttamente rivolto al controllo e alla gestione dei costi, i cui
principi fondanti non sono altro che quelli che permeano l’intera cultura organizzativa
dell’impresa automobilistica giapponese. L’impatto del sistema produttivo della Toyota
è talmente importante da essere diventato il punto di riferimento per le organizzazioni
rivolte al mercato di massa che vogliono ottenere risultati simili in termini di efficienza,
produttività e qualità. Altre imprese giapponesi come Honda, Yamaha, Sony, Canon e
Sharp hanno costruito il loro vantaggio competitivo seguendo la strategia organizzativa
Toyota ed in questo verso si stanno muovendo anche le maggiori imprese in tutto il
mondo, soprattutto se utilizzano prodotti e processi ad alto tasso tecnologico.
‘’The Toyota Production System, with its two pillars advocating the absolute
elimination of waste, was born in Japan out of necessity. Today in an era of slow
economic growth worldwide, this production system represents a concept in
management that will work for any type of business.’’
-Taiichi Ohno 1, Toyota seisan hoshiki, Tokyo, 1978; trad. Toyota Production System:
Beyond Large-Scale Production, New York, Productivity Press, 1988
I due pilastri ai quali si riferisce l’ingegnere giapponese Taiichi Ohno sono i principi
generali su cui si fonda il sistema di produzione della Toyota: il ‘’just-in-time’’ e il
‘’jidoka’’.
1 Taiichi Ohno è considerato il creatore del Toyota Production System. Nel corso della sua lunga carriera
presso la Toyota Motor Company raggiunse il ruolo di vice presidente nel 1975.
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
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Il just-in-time è un insieme di scelte organizzative e tecniche integrate volte a ridurre al
minimo le inefficienze e i costi che le scorte di magazzino in genere comportano, siano
esse scorte di materie prime, semilavorati lungo la fase del processo produttivo o
prodotti finiti. Una componente essenziale del just-in-time è il ‘’kanban’’, un sistema
per la gestione delle scorte mirato a realizzare le quantità richieste nelle tempistiche
richieste. Kanban significa ‘’cartellino’’ in giapponese e deriva dalle prime applicazioni
di questo sistema che consisteva nel porre un cartellino sul contenitore di componenti
esaurito, fungendo esso stesso come ordine di approvvigionamento, dalla linea
produttiva al fornitore. Il fornitore provvederà a consegnare i suoi prodotti solamente
quando riceverà il kanban e un contenitore vuoto. In ottica just-in-time, infatti, tutto
quello che non viene utilizzato immediatamente o eccede quanto richiesto è
considerato spreco.
Il secondo pilastro è il jidoka ovvero un sistema di controllo che interrompe il processo
produttivo nel momento in cui viene identificato un qualsiasi difetto. Avere una qualità
del prodotto sub-ottimale riduce l’efficienza del processo, perciò, individuare e
risolvere tempestivamente i problemi che sorgono lungo la linea produttiva evita gli
sprechi dovuti alla rilavorazione per colmare le imperfezioni. Si tratta di un aspetto che
permette di creare qualità all’interno del processo, denominato anche built-in quality.
Entrambi i pilastri del Toyota Production System evidenziano la necessità di ridurre gli
sprechi in ogni loro forma al fine di raggiungere un paradigma di produzione definito
‘’lean’’. La ‘’lean production’’, ovvero ‘’produzione snella’’, é incentrata sulle attività
che comportano creazione di valore per il cliente depurate dagli sprechi come
sovrapproduzione, tempi di attesa di materiali e manodopera, trasporto e
movimentazione di materiale ridondante, immagazzinamento di materie prime o
prodotti finiti.
La cultura lean è estendibile all’intero sistema aziendale. Per esempio, oltre alla fase
produttiva, la fase di sviluppo del prodotto, la gestione amministrativa o la gestione di
un reclamo, potrebbero essere svolte secondo l’applicazione di questi principi. Inoltre,
questo approccio, può essere efficacemente applicato ad imprese dei più disparati
settori, non strettamente a quello manifatturiero: ristorazione, sanità, trasporti e
vendita al dettaglio, per citarne alcuni.
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
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Un’impresa lean, che utilizza il Target Costing, fa della creazione di valore per il cliente
il primo fattore di cambiamento, il primo passaggio verso il miglioramento. Dalla
comprensione del cliente si passa ad elaborare programmi di cambiamento interno,
coinvolgendo tutte le attività di un’impresa, dalla vendita alla produzione e
progettazione. In questo modo, aumenterà il valore del prodotto per il cliente,
vengono tenuti sotto controllo i costi di produzione e miglioreranno le performance
aziendali.
Naturalmente non esiste una formula segreta che generi un repentino successo al
proprio business, tuttavia, il Target Costing spinge radicalmente l’intera organizzazione
a diventare un’impresa lean.
Lean Thinking. I cinque principi di Womack e Jones
Un’impresa che applichi le linee guida e i metodi lean viene definita Lean Enterprise.
Secondo J.P. Womack e D.T. Jones esistono cinque principi fondamentali della lean
production2 :
Value
Comprendere quali operazioni aziendali aggiungono valore al prodotto è fondamentale
per qualsiasi manager: occorre non dimenticare il punto di vista del cliente e le
operazioni per cui quest’ultimo è disposto a pagare. Qualsiasi processo può essere
classificato in: attività creatrice di valore, attività che non aggiunge valore o attività di
supporto. Se da una parte il valore percepito dal cliente va incrementato, dall’altra gli
sprechi3 vanno individuati e eliminati, mentre le attività di supporto vanno ridotte il più
possibile perché sebbene necessarie, non creano valore per l’acquirente. Evidenze
empiriche mostrano come vi siano importanti margini di miglioramento, infatti le
2 J.P Womack e D.T. Jones, Lean Thinking: Banish waste and create wealth in your corporation, New
York, Simon & Schuster, 1996 3 In giapponese il concetto di spreco è descritto dalla parola ‘’muda’’. Esso possiede una valenza
fortemente negativa che sfocia anche nella morale: la caccia agli sprechi è un apporto fondamentale della cultura giapponese al modello lean.
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attività non a valore superano abitualmente il 50% delle attività svolte totali, in
un’impresa non efficiente.
Value Stream
Le attività che compongono il processo di produzione non vengono più concepite come
separate e isolate, ma come un insieme interconnesso, un flusso entro il quale la
materia prima diventa prodotto finito. Le migliorie devono essere valutate in base
all’apporto che forniscono a livello globale, non semplicemente in base alla
performance della singola operazione direttamente coinvolta. Questo approccio
permette di identificare informazioni, materie e lavoro che aggiungono valore al
prodotto, con la possibilità di redigere una mappatura dei flussi per analizzare nel
dettaglio l’apporto dei processi che compongono il value stream.
Flow
Il flusso di valore deve essere fatto scorrere il più speditamente possibile, e grazie alla
mappatura dei flussi è possibile individuare e gestire i colli di bottiglia che
caratterizzano la linea produttiva. L’attenzione è rivolta verso il continuo scorrere del
prodotto nelle sue fasi e non più semplicemente all’efficienza della singola attività. In
altre parole, immagazzinare semilavorati in metallo in attesa di essere torniti non è
ammesso dai principi della lean production.
Pull
Un sistema produttivo può seguire dinamiche ‘’push’’ o ‘’pull’’. Il sistema organizzativo
push raccoglie dati su un piano di vendita previsionale a medio-lungo termine dal
quale organizza le attività dell’intera impresa, dal lavoro agli approvvigionamenti. In
questo modo, il management, stima quantità e mix produttivo impostando le direttive
di produzione sulle sue indicazioni.
La lean production utilizza al contrario il sistema pull. L’attività del processo produttivo
viene in questo caso determinata dalla fine del processo, ovvero l’ordine da parte del
cliente. L’informazione risale la linea produttiva percorrendone tutte le fasi. Queste
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vengono attivate a cascata in modo da dettare sia il lavoro che gli approvvigionamenti
necessari.
Questo principio permette di superare la sovrapproduzione, considerato uno degli
sprechi più rilevanti di un’impresa manifatturiera.
Perfection
Applicando i precedenti principi della cultura lean, viene a generarsi un circolo
virtuoso di miglioramento del sistema: l’eliminazione degli sprechi, individuati grazie
alla focalizzazione sul cliente, permette di comprendere le dinamiche del flusso
produttivo. Quest’ultimo diventa sensibile alla minima imperfezione grazie al sistema
pull che non prevede scorte o code di materiali di alcun tipo. Ogni dispersione di
valore, interruzione del flusso o difetto emergerà immediatamente e potrà in questo
modo essere riveduto e corretto. La ricerca della perfezione in questo caso è il motore
che spinge al cambiamento. In giapponese si parla del ‘’kaizen’’, ovvero propensione al
miglioramento continuo, attraverso graduali modifiche al sistema produttivo.
The Lean Enterprise. Applicazioni, cultura e partnerships
Un’impresa lean possiede alla base una profonda conoscenza di questi cinque principi.
Essi non possono essere applicati in poco tempo, perché richiedono cambiamenti
radicali sia all’interno dell’azienda, sia all’esterno con i propri fornitori e partners.
Difatti, le caratteristiche della lean production, devono permeare i metodi produttivi
che l’impresa utilizza, la cultura del personale che la compone ed infine le relazioni
che essa stabilisce con le altre organizzazioni. Non appena si implementano i primi
metodi e attività che seguono la logica lean, risulterà necessario estendere sempre più
l’approccio in questione alle altre attività che compongono la catena del valore
dell’impresa. Ciò è dovuto al fatto che è necessario che tutta la macchina produttiva
segua gli stessi principi affinchè i miglioramenti apportati siano efficaci.
I metodi che vengono implementati, come le celle di produzione, gli shop floor
supermarkets e il kanban sono una buona base di partenza per creare il flusso
produttivo lean, tuttavia, essi devono essere supportati da caratteristiche culturali
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coerenti. Il modello di produzione occidentale difficilmente è integrabile con le teorie e
i metodi presentati, perché legato ad una concezione del business di tipo tradizionale.
Affinchè esista un’impresa lean, è necessario modificare l’interno dell’azienda non solo
nei processi produttivi ma anche nel management. L’enfasi è posta sul valore per il
cliente, sull’aumento dell’efficienza del flusso e non solamente su una revisione della
spesa e relativo taglio dei costi. Il management non deve più ragionare per
dipartimenti produttivi ma sul flusso produttivo fino al cliente; ed è normale che
questo comporti un cambiamento sostanziale nella concezione culturale del personale
verso il proprio business.
Il cambiamento culturale parte perciò dal management, il quale modifica il proprio
atteggiamento verso i problemi, un atteggiamento che da tradizionale diviene lean. E’
sufficiente osservare l’applicazione del metodo lean del ‘’visual management’’. Esso
consiste nello spostare il lavoro dei manager fuori dai loro uffici, lungo le varie attività
di cui è composta l’azienda, camminando nelle postazioni dedicate alla produzione, al
design, alla logistica e così via. I manager osservano il flusso di creazione del valore del
prodotto, partecipando attivamente alla risoluzione dei problemi e incontrando
direttamente il punto di vista dei lavoratori. I lavoratori stessi si accorgeranno del
cambiamento culturale, quando le loro idee di miglioramento potranno essere
ascoltate dal manager e saranno utilizzate come drivers per ottimizzare il processo
stesso a cui si dedicano.
Un’azienda che abbia adottato una produzione lean necessita inoltre di imprese che la
accompagnino e che parlino lo stesso linguaggio organizzativo. I fornitori devono
garantire spedizioni puntuali, in piccole quantità e più frequenti. Devono garantire
servizi come il rifornimento di componenti direttamente sulla linea produttiva, le line-
side deliveries. Inoltre, la qualità dei loro prodotti, deve essere garantita senza che sia
necessaria un’attività ispettiva. Questa descrizione del perfetto fornitore si discosta
visibilmente dal fornitore occidentale che spedisce i propri prodotti in grandi lotti, con
ritardi e costringendo ad adottare verifiche della qualità dei beni ricevuti. La differenza
risiede nella relazione che si instaura tra imprese. Le imprese automobilistiche
americane, per esempio, utilizzano un rapporto coercitivo con i loro fornitori,
strappando concessioni grazie al loro potere contrattuale o multando in caso di ritardi
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delle consegne. Il rapporto viene concepito come collusivo, uno scontro per strappare
accordi che vanno a vantaggio solo delle proprie necessità. In questo modo il fornitore
perde profittabilità, diminuisce i propri margini, creando i presupposti per
performance ancora peggiori, schiacciato dal potere esercitato dall’acquirente. Altre
imprese, anche nel settore automobilistico, preferiscono invece creare partnership che
conducano a migliorare l’intero sistema del valore che esse creano. Le relazioni lean,
come il sistema pull, vengono implementate anche tra imprese distinte, con il risultato
di abbassare i costi per entrambe e crescere insieme.
Le organizzazioni lean instaurano rapporti molto stretti anche con i loro acquirenti: ciò
è necessario per concretizzare la focalizzazione sul cliente in un reale cambiamento
delle proprie attività interne. Nelle relazioni business to business vengono concordati
metodi per gestire al meglio gli scambi: come sistemi pull integrati, accesso alle
informazioni del proprio acquirente riguardanti capacità e domanda o frequenti
pianificazioni in comune. Il Vendor Managed Inventory è una tecnica nella quale il
fornitore gestisce direttamente il magazzino delle scorte dell’acquirente, in modo da
ottenere una perfetta sincronizzazione del flusso produttivo interaziendale.
Il Triangolo della Sopravvivenza
Il proposito del target costing è quello di guidare l’impresa lean dal valore che il
prodotto crea per il cliente, fino alla fase di progettazione e design. Per comprendere
come le caratteristiche del prodotto vengono messe in relazione con l’acquirente,
Robin Cooper introduce il cosiddetto ‘’triangolo della sopravvivenza’’4.
L’impresa si rivolge ad un mercato che sempre più non permette di ottenere un
vantaggio competitivo sostenibile, costringendo i partecipanti ad un’inesorabile
competizione frontale. Le imprese lean sono la risposta migliore per affrontare il gioco
competitivo che il mercato propone, grazie all’attenzione verso la percezione
dell’acquirente in termini di qualità, funzionalità e prezzo. (Figura 1.)
4 Cooper R., When lean enterprises collide: competing through confrontation, Boston, Harvard Business
School Press, 1995.
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Queste tre dimensioni identificano la ‘’zona di sopravvivenza’’ entro la quale le
imprese possono scegliere di posizionare il loro prodotto. Ad esempio il minimo di
qualità ammissibile è il minimo valore che l’acquirente è disposto ad acquistare,
mentre il massimo è il valore maggiore che può essere conferito al cliente senza
andare ad intaccare le altre dimensioni del triangolo.
Un’impresa che segue una strategia di cost leadership si ritaglierà uno spazio vicino
all’origine degli assi fornendo il minimo delle funzionalità e qualità al minor prezzo
possibile. D’altro canto un’impresa che ha implementato una strategia di
differenziazione cercherà di fornire più alte funzionalità e qualità di prodotto a fronte
di un premium price.
L’impresa lean si intromette in questa distinzione, modificando la forma della zona di
sopravvivenza. Il target costing e la focalizzazione sul cliente, aumentano le
funzionalità, mentre la tensione verso la perfezione attraverso continue migliorie
(kaizen) migliora la qualità. La struttura lean del processo cancella gli sprechi
garantendo un costo ridotto per l’impresa.
Figura 1.
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Il risultato è un assottigliamento della zona di sopravvivenza e dei suoi confini: l’agilità
delle imprese lean garantisce una rapida appropriazione dei miglioramenti che le altre
imprese presenti sul mercato raggiungono. Differenziarsi non è più possibile,
semplicemente perché non vi è sufficiente margine per differenziare i propri prodotti
in modo da giustificare un aumento di prezzo. (Figura 2.)
Ѐ comprensibile quanto sia delicata e complessa la gestione integrata di queste
variabili, gestione che non sarebbe possibile senza un’attenzione al processo di
sviluppo dei propri prodotti.
L’importanza della fase di progettazione
Il processo di sviluppo e progettazione di un prodotto riguarda tutte le attività
aziendali rivolte all’ideazione di un elemento innovativo che porti conseguenze non
solo tecnologiche ed industriali, ma anche economiche e competitive. La crescente
importanza che viene rivolta verso la capacità di migliorare il proprio prodotto con
interventi sia efficaci che tempestivi, ha posto in discussione il modello organizzativo
tradizionale. Il processo di sviluppo tradizionale viene definito seriale, perché scandito
da fasi ordinate sequenzialmente e funzionalmente. La fase di progettazione a monte
impartisce le istruzioni alla fase di produzione a valle in modo discontinuo e solo dopo
che è stata completata la propria attività. La fase a valle viene attivata solo dal
Figura 2.
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comando della fase di progettazione, ricevendo le informazioni dalla precedente e mai
viceversa. In questo modo, le varie funzioni aziendali, entrano a far parte della fase di
sviluppo una per volta. Il reparto ricerca e sviluppo, marketing, progettazione e
acquisti svolgono il proprio compito in completo isolamento e con scarsissime
informazioni circa l’andamento degli altri reparti. Cosa ancora più grave è che non si
conosce appieno l’impatto che una modifica nella progettazione può avere sull’attività
produttiva e, in caso di insorgenza di problemi, l’intervento sarebbe rigido e
difficoltoso.
Appare perciò essenziale restituire un ruolo chiave all’attività di progettazione del
prodotto, fornendo un modello di processo che permetta l’accesso più immediato a
feed-back da altre attività. Non bisogna dimenticare che la scelta vincente è quella che
persegue unitamente al miglioramento del prodotto dal punto di vista tecnico; sia gli
aspetti economici che quelli produttivi.
La funzionalità e la qualità del prodotto devono essere progettate prima della
produzione, ed è costoso se non fuorviante, il tentativo di verificare la qualità alla fine
della linea produttiva5.
Anche i livelli di costo dipendono dalle decisioni progettuali conseguite. Il numero di
componenti, la tipologia di materiali usati e il tempo di assemblaggio sono stabiliti
preventivamente: circa l’ 80% dei costi di prodotto vengono infatti stabiliti nella fase di
progettazione, venendo cioè impegnati prima del loro effettivo sostenimento. In
questo modo la gestione dei costi non può disinteressarsi di questa fase, che è
determinante sul costo del prodotto più delle fasi successive. Nella fase di produzione
vengono sostenuti la maggioranza dei costi, ma questi sono stati impegnati e stabiliti
più a monte, secondo quanto concordato in fase di ideazione e progettazione. (Figura
3.)
5 Robin Cooper e W. Bruce Chew, Control Tomorrow’s Costs Throught Today’s Designs, Harvard Business
Review, Boston, January and February, 1996, pp.88-97.
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Questo ragionamento porta a considerare la focalizzazione sul cliente fin dall’inizio del
ciclo di sviluppo del prodotto. Le richieste degli acquirenti e le sfide lanciate dai
competitor, devono essere portate all’interno dell’azienda fino alla sua fase iniziale,
attraverso l’intera catena del valore. L’impresa lean risponde a queste dinamiche con
l’armonizzazione e integrazione delle varie attività aziendali, dai ricercatori di mercato
agli addetti al controllo di gestione. Il target costing è un approccio gestionale che
spinge a ritroso la sfida del mercato, grazie a ‘’team interfunzionali permanenti’’ che
pianificano e gestiscono i costi coinvolgendo la totalità delle attività interne.
Il Target Costing
Il target costing riprende i cinque principi del Lean Thinking6. La creazione di valore per
il cliente è la sorgente stessa del processo, ovvero indagare ciò che l’acquirente reputa
utile al soddisfacimento delle sue necessità. Il flusso di valore è il canale che il target
costing utilizza per coinvolgere tutte le attività dell’impresa e in aggiunta il sistema
organizzativo che è utilizzato per questo processo è quello totalmente pull. Il target
6 J.P Womack e D.T. Jones, Lean Thinking: Banish waste and create wealth in your corporation, New
York, Simon & Schuster, 1996.
Figura 3.
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costing rappresenta, perciò, lo strumento per guidare il business proprio di un’impresa
lean.
Esso può essere utilizzato sia per introdurre nuovi flussi di valore all’interno
dell’impresa, introducendo nuovi prodotti, sia per riprogettare un processo o un
prodotto esistente.
Il fine ultimo del target costing è quello di essere un metodo per controllare i profitti
futuri dell’impresa. Per raggiungere questo obiettivo viene corretto il processo di
sviluppo, identificando il costo al quale il prodotto dovrebbe essere fabbricato e il
prezzo a cui essere venduto se si vuole raggiungere il margine di profitto obiettivo
dell’impresa. Una volta stabilito il target cost di prodotto esistono alcuni strumenti,
come il value engineering7, utilizzati per raggiungere questo obiettivo.
La percezione del prodotto. Il punto di vista dell’impresa e dell’acquirente
Le imprese giapponesi hanno sviluppato il target costing come un potente
meccanismo per creare una disciplina che coordini il lavoro dei vari partecipanti alla
fase di sviluppo e produzione, dai progettisti e ingegneri meccanici ai ricercatori di
mercato e fornitori. Il target costing aiuta ad armonizzare il rapporto produzione-
sviluppo creando un linguaggio comune: un elemento critico se tutte le attività di
un’impresa devono comunicare tra loro. Spesso, in aziende dove non è utilizzato il
target costing, i vari attori sviluppano linguaggi idiosincratici basati sulla percezione
individuale del prodotto. (Figura 4.)
7 Il value engineering verrà presentato ed esplorato più avanti in questo testo.
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
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L’acquirente ha bisogni espressi in termini di attributi del prodotto, lo sviluppatore si
occupa di funzionalità, l’ingegnere lavora in sottoinsiemi del prodotto finito e il
fornitore parla di specifici componenti. In questo modo per rispondere alla richiesta
del cliente di ascoltare musica in auto, lo sviluppatore progetta un impianto audio,
l’ingegnere monta un CD player sul veicolo e il fornitore consegnerà le varie casse e
amplificatori.
Con il target costing si sviluppa un comune linguaggio incentrato sull’acquirente in
modo da poter assegnare obiettivi di profitto ai singoli interpreti della catena del
valore.
Il caso BMI computers
L’attenzione si deve spostare ora sulla percezione dell’acquirente del prodotto,
affinchè la ‘’value proposition’’ dell’impresa possa coincidere il più possibile con il
‘’value profile’’ che l’acquirente ricerca. Per spiegare quanto sia importante questo
passaggio viene preso l’esempio di BMI, una grande impresa americana produttrice di
computer, che negli anni ottanta stava pensando di ridisegnare le sue attività per
incrementare la domanda dei suoi prodotti e servizi. Per fare ciò il management
analizzò attentamente la connessione tra il valore che le attività fornivano e i costi ad
esse associate. In particolare i servizi post-vendita erano una componente essenziale
nella creazione di valore per il cliente: quest’ultimo non acquistava solo un computer,
ma anche tutti i servizi di assistenza tecnica e operativa che la BMI garantiva. Alcuni di
essi erano la vendita di manuali che facilitavano la comprensione del sistema
Figura 4.
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
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operativo e un servizio di assistenza telefonica attivo dalle nove di mattina fino alle
cinque di pomeriggio. Sulla costa orientale statunitense la differenza di fuso orario
rendeva disponibile il servizio solo da mezzogiorno. Perciò allungandosi i tempi di
risposta e intervento, aumentarono i reclami, e le vendite diminuirono. Per
comprendere meglio la situazione il management decise di chiedere ai suoi acquirenti
quali servizi richiedevano. (Figura 5.)
Dai risultati i clienti avrebbero impiegato il 60% della loro spesa per l’assistenza
telefonica e solo il 5% direttamente per i manuali. Questi dati vennero confrontati con
le spese che l’impresa affrontava per gli stessi servizi: la differenza era fin troppo
evidente. Il 60% delle sue risorse l’impresa le impiegava nel produrre manuali e solo il
15% per i servizi telefonici. Non è una questione di quanto è efficace ed efficiente
l’impiego delle risorse nella produzione di manuali: il 55% dei costi non producevano
valore ma spreco. I risultati di questa analisi furono determinanti: i manuali vennero
revisionati e resi disponibili in download direttamente sul computer dell’acquirente, le
risorse liberate permisero di aumentare la copertura del servizio telefonico a 24h,
sette giorni a settimana.
Rilevare gli attributi che l’acquirente valuta e comprenderne il loro impatto è un
aspetto fondamentale del target costing, al fine di direzionare al meglio le proprie
risorse.
Figura 5.
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
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Il processo di definizione del Target Costing
Come precedentemente affermato il target costing non può fare a meno di allinearsi
con il mercato; raggiungendo in modo specifico l’acquirente, capendo le sue necessità
e quanto è disposto a pagare per soddisfare ciascuna di esse.
Le analisi di mercato aiutano l’impresa a determinare la zona di sopravvivenza del
‘’Triangolo di Cooper’’: il concetto di distribuire l’attenzione sulla triade di elementi
come funzionalità, qualità e prezzo permette di passare dalla determinazione delle
specifiche di prodotto all’ individuazione dei costi accettabili per l’impresa al fine di
operare su quel mercato.
La determinazione di questi costi trasmette la sfida competitiva agli sviluppatori di
prodotto. Sui costi da raggiungere è focalizzata la creatività dei progettisti che cerca di
raggiungere gli obiettivi di qualità e funzionalità stabiliti dal mercato. Una volta
determinati questi fattori a livello di prodotto, vengono scomposti gli obiettivi nei vari
componenti fino ad arrivare ai fornitori. (Figura 6.)
Figura 6.
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
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La determinazione dei costi orientata al mercato
La logica del target costing è semplice e prevede cinque passaggi:
1. Rivolgersi al mercato che si andrà ad occupare, individuando i segmenti più
attrattivi.
2. Dal segmento individuato determinare quale livello di qualità e funzionalità di
prodotto avrà successo.
3. Associare un prezzo obiettivo
4. Stabilire un margine di profitto per l’impresa
5. Progettare gli approvvigionamenti, la produzione, la logistica che rende possibile
raggiungere il profitto desiderato al predeterminato target price
1. Condizioni di mercato
Per formulare il target costing è necessario per l’impresa formulare piani di vendita e
obiettivi di profitto. La credibilità di questi obiettivi risiede nella rilevanza delle
informazioni su cui si basa, in modo da approvare solamente piani realistici, e sulla
robustezza degli obiettivi, che tengano presente le condizioni competitive. Ad esempio
la Olympus Corporation, specializzata in apparecchiature ottiche e fotografiche,
progetta un vasto piano di produzione che racchiude il mix di fotocamere che si
aspettano di vendere nei successivi cinque anni. Per assicurarsi l’applicabilità del piano,
Olympus raccoglie informazioni quantitative sulla vendita di fotocamere e informazioni
qualitative sulle tendenze dei consumatori, effettua analisi tecnologiche, studia un
report sull’ambiente business in generale e sulla competizione specifica del suo
mercato di riferimento, integrando i dati provenienti da queste fonti.
L’intero processo di target costing sarebbe privo di senso se i piani e gli obiettivi non
fossero realistici. Ѐ necessario inoltre che siano raggiungibili i volumi di vendita
preventivati, sui quali è stato basato il target cost. Per fare ciò si possono analizzare i
livelli di vendita passati, le tendenze del mercato e le offerte di mercato dei
competitors.
Una volta che sono stati formulati questi obiettivi sotto la supervisione di tutte le
divisioni dell’impresa, essi vengono sottoposti a simulazioni e what-if analysis per
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
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preventivare le variazioni lungo la curva di prezzo e volumi. L’attenzione che viene
rivolta nel cercare di individuare i possibili scenari futuri, svela la necessità di creare un
ombrello protettivo sotto il quale implementare il sistema di target costing. Sebbene
questo sistema sia proprio di un’impresa lean, snella e ‘’tirata’’ dal consumatore, non
significa che possa fare a meno di una pianificazione dei propri obiettivi e un’analisi
delle situazioni future.
2. Definizione delle linee di prodotto
Per assicurarsi linee di prodotto di successo, esse devono essere progettate
attentamente, al fine di soddisfare più acquirenti possibile senza creare quella
confusione che troppe linee creerebbero sulla percezione del consumatore. Ad
esempio la casa automobilistica giapponese Nissan Motor Company, progetta i suoi
nuovi modelli in relazione all’atteggiamento mentale degli acquirenti verso il veicolo.
Vengono così analizzate le caratteristiche con cui l’acquirente concepisce la propria
auto, in modo da ideare componenti che soddisfino questi criteri di scelta. Le tipiche
modalità con cui l’acquirente concepisce un’automobile possono essere: la ricerca di
eleganza, l’attenzione alla sicurezza e praticità, l’interesse alle prestazioni e al design
accattivante. Identificati i clusters di riferimento la Nissan progetta modelli studiati per
quella precisa nicchia di mercato.
Allo stesso modo Olympus progetta differenti modelli di fotocamera in base agli stili di
vita dei suoi acquirenti. Dopo aver analizzato che il market share associato ad alcuni
livelli di prezzo era molto più rilevante rispetto ad altri, l’impresa di fotocamere digitali
ha introdotto più modelli allo stesso prezzo8. Così facendo, oltre a differenziare i suoi
prodotti verticalmente in base al prezzo e alla capacità delle lenti, Olympus si è
differenziata orizzontalmente, con diverse combinazioni di funzionalità e struttura
come la resistenza all’acqua e le dimensioni dello strumento, senza cambiare il prezzo
di riferimento. In questo modo è possibile rispondere alle necessità di più segmenti di
mercato. (Figura 7.)
8 Le due linee di prodotto introdotte erano la Stylus Family e la Super Zoom Family, presentate
entrambe negli anni novanta.
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
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3. Prezzo di vendita obiettivo
L’identificazione del prezzo di vendita del proprio prodotto dipende da elementi sia
esterni che interni all’impresa di riferimento. I fattori interni rappresentano gli obiettivi
strategici che sono stati posti dal management, riguardanti gli obiettivi di profitto e il
market share da raggiungere. I fattori esterni riguardano l’immagine dell’impresa nel
mercato, la fedeltà degli acquirenti e le offerte dei competitors. (Figura 8.)
Figura 7.
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L’elemento fondamentale presente nell’individuazione del prezzo obiettivo è il valore
percepito. Il consumatore che assegna ad un prodotto un valore maggiore, si aspetta di
pagare di più per quest’ultimo. Questo può accadere sia quando una marca conosciuta
rilascia un modello nuovo che sostituisce il precedente, sia quando sono presenti
componenti e funzionalità aggiuntive.
Alcune imprese, come la Toyota, adottano questo approccio incrementale all’analisi. Il
prezzo di vendita di un’ automobile è determinato aggiungendo al prezzo della
versione standard il valore che l’aggiunta, ad esempio di un impianto di aria
condizionata, ha per l’acquirente. Naturalmente il valore della funzione aggiuntiva
dipende dalla maturità del settore di riferimento, nel nostro caso l’impianto di
condizionamento è diventato ormai elemento dato per scontato nell’industria
automobilistica. Ѐ necessario ricercare le caratteristiche distintive del prodotto che
giustifichino l’incremento di valore percepito rispetto ad altre versioni. Nel caso non
sia disponibile un modello standard o una versione precedente del prodotto, la
determinazione del prezzo appare più complessa. Essa si può basare solamente su
ricerche di mercato che indagano il prezzo accettabile dagli acquirenti e l’attrattività
del prodotto.
Figura 8.
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22
Infine va considerata l’immagine che l’impresa vuole trasmettere. Se essa vuole
proporre al mercato prodotti ad alto valore grazie alla sua superiorità tecnologica, sarà
giustificato un prezzo più elevato, che assume anche valore segnaletico per
l’acquirente.
Tuttavia in generale, le imprese si trovano a competere su mercati esistenti i cui
prodotti sono prezzati dal mercato e la singola impresa si trova a non poter influire su
di essi. Perciò il management, per prodotti esistenti, non può fare altro che assumere
come dato il prezzo
4. Margine di profitto obiettivo
Dopo aver determinato il prezzo obiettivo del prodotto, è necessario stabilire il
margine di profitto (mark-up) che l’impresa intende ottenere su ogni unità di prodotto.
Per determinare questo margine si ricorre all’obiettivo di profitto dell’impresa,
scomponendolo per i vari prodotti che essa produce. Allo stesso modo il reparto che
stabilisce i margini di profitto dei singoli prodotti è responsabile del raggiungimento
degli obiettivi di profitto di lungo termine dell’impresa. (Figura 9.)
Figura 9.
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23
Esistono due metodologie per stabilire il margine di profitto obiettivo di prodotto. La
prima si basa sul margine attuale della precedente versione per poi essere aggiustato
ai cambiamenti delle condizioni di mercato. La seconda si basa sul margine di profitto
obiettivo della linea di prodotto, aggiustata per il singolo in base alla realtà del
mercato.
Simulazioni informatiche permettono di stabilire il margine di profitto che è possibile
ottenere, basandosi sui volumi di vendita previsti e sul prezzo di vendita obiettivo
individuato al punto precedente. La profittabilità calcolata viene confrontata con gli
obiettivi del management, e se risponde ad un livello soddisfacente, viene impostato il
margine di profitto obiettivo al prodotto.
5. Costi accettabili
Una volta calcolati gli obiettivi di prezzo di vendita e margine di profitto di prodotto, i
costi accettabili per unità possono così essere calcolati:
Costi accettabili unitari = prezzo di vendita obiettivo – margine di profitto obiettivo
Dati gli elementi all’interno della formula, i costi accettabili rappresentano la posizione
competitiva dell’impresa.
Occorre tenere a mente però, che i costi accettabili ricavati rappresentano il costo
unitario totale di prodotto ottenuto come:
Costo unitario totale prodotto = costo unitario variabile + quota unitaria dei costi fissi
La quota unitaria di costi fissi aziendali dipende dalla quantità di prodotti venduta:
Quota unitaria dei costi fissi = costi fissi aziendali
quantità di prodotti venduti
I costi accettabili dipendono perciò dalla quantità di prodotti venduti. Questi ultimi
rappresentano il denominatore con cui ripartire i costi fissi dell’impresa ed evidenziano
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l’importanza che i primi passaggi del processo hanno riservato alla stima dei volumi di
vendita e alla determinazione del market share obiettivo.
Target Costing vs. Cost Plus Pricing
Oltre al target costing, dove il costo di produzione è la variabile dipendente, esiste un
altro approccio più tradizionale dove la variabile dipendente diventa il prezzo. Il
metodo del Cost Plus Pricing prevede di prendere come punto di partenza, al contrario
del target cost, il costo pieno unitario di prodotto al quale aggiungere un margine di
profitto (mark-up) stabilito dal management:
Prezzo unitario di prodotto = costo unitario totale prodotto + margine di profitto
Per il target costing il mercato era il punto di partenza per definire un obiettivo di costo
da raggiungere e il prezzo il vincolo che porta a riconsiderare progetto e processi. Nel
cost plus pricing il costo unitario di prodotto viene preso come dato e il prezzo come
una diretta conseguenza delle dinamiche interne dell’impresa, riguardanti i costi e gli
obiettivi di profitto, senza considerare i prezzi di mercato.
Si tratta senza dubbio di un approccio più semplice, che oltretutto fornisce la base di
definizione dei prezzi nei settori regolamentati o soggetti al controllo di autorità
governative.
Un aspetto negativo del cost plus pricing è che porta a rinchiudere la visione di
manager e ingegneri nella stretta cerchia delle loro attività senza fornire lo spunto per
una visione generale, l’orientamento è verso l’interno.
Il cost plus pricing era molto diffuso in passato. Questo perché le imprese leader che si
apprestavano ad introdurre nuovi prodotti tecnologicamente differenziati avevano la
possibilità di ragionare secondo questa logica. L’interesse principale di queste imprese
era quello di entrare per primi nel mercato per ottenere un vantaggio del pioniere,
anticipando i profitti delle successive generazioni, rivolgendosi ai lead users che
accettavano un price premium. La progettazione si preoccupava semplicemente di
selezionare ed implementare le funzioni del prodotto. Tuttavia questo lead time,
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ovvero il tempo di vantaggio del pioniere, non è più cosi marcato come in passato.
Esso è stato eroso sempre più dagli imitatori che non concedono più il tempo di
introdurre un nuovo prodotto per poi passare alla produzione di massa. Gli inseguitori,
solitamente imprese lean, sono rapidi a sviluppare prodotti simili che non concedono il
tempo per costruire una brand loyalty al pioniere. Oggigiorno non vi è quindi altra
scelta che controllare i costi fin dalla fase di progettazione, per poi lanciare i prodotti a
prezzi che possano ritagliarsi un’ampia quota di mercato e disincentivare gli
inseguitori.
Un ultimo confronto interessante è riscontrabile nelle leve di riduzione dei costi a
disposizione delle due metodologie.
Il cost plus pricing può fare affidamento al raggiungimento di economie di scala e di
scopo che permettono di diminuire i costi fissi a fronte della stessa quantità di output,
oppure ad economie di esperienza che migliorano i rendimenti fisici unitari di materie
prime e manodopera.
Il target costing invece interviene sui costi grazie a team interfunzionali che ricercano
un continuo miglioramento dei processi interni. Ciò è reso possibile grazie all’analisi del
valore delle funzioni del prodotto nella fase di progettazione, processo chiamato Value
Engineering, e alla ricerca di attività a valore aggiunto, attraverso l’Activity Based
Management.
Value Engineering
Il value engineering è un’indagine sistematica ed interdisciplinare dei fattori che
influenzano i costi di prodotto. Il fine è quello di escogitare degli accorgimenti dal
punto di vista ingegneristico per ottenere le stesse caratteristiche di prodotto allo
stesso livello di qualità obiettivo, attenendosi al target cost individuato. Le imprese
giapponesi formano specifici ed autonomi ‘’team interfunzionali permanenti’’
composti da ingegneri, manager e controller con l’obiettivo di gestire il rapporto tra
funzionalità di prodotto e costi. Alla Nissan per esempio i costi accettabili sono stabiliti
da team composti dalla maggior parte delle attività dell’impresa: la progettazione, gli
acquisti, la produzione e il marketing. Il contesto organizzativo è fondamentale per
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
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perseguire programmi di value engineering, infatti non è sufficiente lanciare un’attività
rivolta alla riduzione dei costi, perché l’efficacia viene raggiunta strutturando il lavoro
in programmi e sottoprogrammi di analisi della linea produttiva. L’autonomia e la
specificità degli obiettivi di questi team permettono di tradurre la pressione del target
cost sulla riduzione dei costi della attività in modo operativo.
Il processo di value engineering si concentra prevalentemente nella fase di
progettazione del prodotto, perché l’intento è quello di sviluppare funzioni che
soddisfino gli acquirenti ad un costo accettabile. Affrontare questo problema in una
fase aziendale successiva sarebbe poco efficace.
Esistono tre differenti livelli di value engineering. Il primo, lo zero-look VE, si concentra
nella primissima fase di proposta dei concetti di progettazione, dove vengono
preliminarmente stabiliti i livelli di qualità, costo e investimento. Il primo livello si
propone di trovare diverse forme di funzionalità di prodotto che prima non esistevano,
in risposta alle attese del cliente. (Figura 10.)
Il livello successivo è denominato first-look VE. In questo caso dopo aver identificato i
componenti chiave e le loro funzioni, il compito dei team interfunzionali è quello di
cercare strade per mantenere le stesse funzionalità riducendo i costi. (Figura 11.)
Figura 10.
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In questo semplice esempio si può notare come siano stati ridotti i costi di produzione
di questa matita, senza venire meno alle richieste dell’acquirente, ed intervenendo sui
due elementi che compongono circa i 2/3 del costo totale di materie prime per matita.
La banda in metallo è stata sostituita da una più economica in plastica, che permette
una maggiore flessibilità nella scelta delle dimensioni della gomma per cancellare.
Nell’ultima fase, la second-look VE, vengono analizzati i primi prototipi del prodotto,
per correggere eventuali deviazioni dalle funzionalità progettate precedentemente.
Activity Based Management
L’activity based management viene attuato da molte aziende attraverso il sistema
dell’Activity Based Costing (ABC). Questa metodologia permette di raccogliere e gestire
dati sui costi delle varie attività necessarie alla realizzazione del prodotto. La
conoscenza dei costi delle attività consente di identificare i costi di prodotto attraverso
la ripartizione dei costi diretti e indiretti. I costi indiretti vengono assegnati al prodotto
grazie ai Cost Drivers, ovvero le determinanti di costo. Identificare il Cost driver
Figura 11.
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significa selezionare il fattore che più di ogni altro esprime il generare dei costi di una
data attività. Per esempio per l’attività di logistica in entrata, il ricevimento merci, il
driver di costo potrebbe essere il numero o il peso di pezzi ricevuti.
Successivamente viene determinato il tasso di costo unitario per ogni driver, ovvero il
coefficiente di allocazione, che permette di attribuire i costi delle attività agli oggetti di
costo, i prodotti. Per esempio se per ogni chilo di merce ricevuta si sono spesi 3,90 € e
il prodotto A ha richiesto 10 chili di merci in entrata, l’attività di logistica in entrata
imputerà 39 € (3,90 x 10) al prodotto A.
Il sistema dell’activity based costing fornisce costi relativi a specifiche linee di prodotto
per supportare i processi decisionali strategici, perché permette di comprendere al
meglio le relazioni causa-effetto tra le attività svolte e i costi riferibili a particolari
prodotti9. Questo strumento di accounting va oltre quella che è la tradizionale
imputazione dei costi al prodotto, concentrata sui soli costi di produzione,
coinvolgendo anche tutte le altre attività della catena del valore come la
progettazione, il marketing, la gestione degli ordini e la fase di assistenza. Il target
costing possiede perciò un secondo valido strumento per andare a gestire i costi delle
attività dell’impresa.
Conclusioni Il target costing sta raggiungendo sempre più popolarità per via dell’aumento della
concorrenza a livello mondiale in molti settori, causa della sempre minore capacità
delle aziende di influire sui prezzi di mercato rispetto al passato. Per questo motivo la
gestione dei costi diventa la chiave della redditività, perché costringe i manager a
concentrarsi sui costi per raggiungere gli obiettivi prefissati10.
Non a caso il target costing è adottato da un numero di imprese sempre più rilevante,
non solo in Giappone: Renault, Boeing, Magneti Marelli, Siemens, Mercedes-Benz,
Procter & Gamble e Piaggio seguono già questa linea.
9 C.T Horngren, G. L. Sundem, W. O. Stratton, D. Burgstahler, J. Schatzberg, M. Agiati, A. Ditillo,
Programmazione e controllo, Pearson Italia, Milano, 2011 10
Ibidem
Il Target Costing Rizzoli Lorenzo
29
La diffusione del target costing non è avulsa dai sempre più comuni principi della lean
manufacturing; concetti che stanno modificando sia il concetto di business nel mondo
sia l’attenzione verso la gestione ed il controllo dei costi. L’ulteriore messaggio che il
Toyota Production System vuole dare alle imprese occidentali è che i principi quali la
focalizzazione sul cliente, l’attenzione alla fase di progettazione, il controllo degli
sprechi in ogni loro forma, possiedono tecniche operative per essere implementati
senza rimanere astratte congetture teoriche.
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30
Appendice
A. Diagramma logico del processo di determinazione del target cost. Il grafico
illustra le caratteristiche iterative dell’analisi, rappresentate dalle linee
tratteggiate.
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31
Bibliografia
G.Toscano (1997), Il target costing: le attività di cost management a supporto dello
sviluppo di un nuovo prodotto, in Saggi in onore di Camillo Bussolati, a cura di G.
Rebora, F. Silva, A. Sinatra, Edizioni LIUC, Castellanza, p. 183-193. (Reperibile al link:
http://my.liuc.it/MatSup/2013/A83015/001_Target_Costing_Nota_Didattica.pdf)
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