Il partito comunista israeliano fra socialismo e nazionalismo

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Il partito comunista israeliano fra socialismo e nazionalismo Paolo Di Motoli In un’area caratterizzata da un durissimo scontro politico e militare tra arabi ed ebrei, il comunismo ha rappresentato per anni un’interessante soluzione per le divisioni etniche presenti all’interno dello stato di Israele. Il sistema ideologico che aveva nell’URSS un potente baluardo garantiva una solidarietà internazionale tra i lavoratori e la lotta di classe sembrava la soluzione ideale per tutti i problemi sociali e nazionali nell’area palestinese. La difficoltà del MAKI, giovane partito comunista israeliano con una base e una struttura multietniche, nel passare indenne attraverso le lacerazioni del mondo contemporaneo si infransero definitivamente negli anni tra il 1964 e il 1965. Il fallimento dei comunisti israeliani era frutto della debolezza del partito nei confronti del nazionalismo crescente tra le due comunità e 1

Transcript of Il partito comunista israeliano fra socialismo e nazionalismo

Il partito comunistaisraelianofra socialismo e nazionalismoPaolo Di MotoliIn un’area caratterizzata da un durissimo scontropolitico e militare tra arabi ed ebrei, ilcomunismo ha rappresentato per anni un’interessantesoluzione per le divisioni etniche presentiall’interno dello stato di Israele. Il sistemaideologico che aveva nell’URSS un potente baluardogarantiva una solidarietà internazionale tra ilavoratori e la lotta di classe sembrava lasoluzione ideale per tutti i problemi sociali enazionali nell’area palestinese.La difficoltà del MAKI, giovane partito comunistaisraeliano con una base e una strutturamultietniche, nel passare indenne attraverso lelacerazioni del mondo contemporaneo si infranserodefinitivamente negli anni tra il 1964 e il 1965.Il fallimento dei comunisti israeliani era fruttodella debolezza del partito nei confronti delnazionalismo crescente tra le due comunità e

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dell’incompatibilità tra sionismo e comunismo perla comunità ebraica palestinese e poi israeliana.I membri del partito erano lacerati dalla “doppiafedeltà” ai principi dell’internazionalismo e airichiami della comunità nazionale che liconsiderava molto spesso dei traditori. Il loro fuun tentativo di inserirsi nel contesto palestinesecon una teoria aliena dalle condizioni politichelocali e dalle specifiche condizioni sociali,seguendo le direttive di un paese terzo comel’Unione Sovieticai.Ma la vicenda dei comunisti di Palestina èsoprattutto, secondo Alain Greilsammer (autore delsaggio più completo in materia), la storia di unmito politico: l’unità dei rivoluzionari ebrei earabi in Medioriente. Questo mito incredibilmentepotente ha illuminato la storia ideologica el’esperienza politica del partito in epocamandataria (1920-1948) e dopo la nascita dellostato di Israele. Questa unità, sempre vanamentecercata, doveva concretarsi nella lotta contro leforze reazionarie arabe o ebraiche per fartrionfare una società multietnica einternazionalista che si liberasse finalmente dalcolonialismo e dall’imperialismoii.La tesi di Annie Kriegel sul partito comunista chefunziona come un partito-società è utile percomprendere le vicende del gruppo palestinese e poiisraeliano. Il partito prefigurava la futurasocietà socialista che dopo la conquista del poteresi sarebbe sostituita alla società correnteiii.

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I primi anniIl partito comunista nacque in Palestina nel 1919sull’onda della Rivoluzione di Ottobre da unaminoranza di sinistra del Poale Sion che rifiutavadi unirsi all’Hachdut Ha’avodah e fondò il Partitodei lavoratori socialisti (Mifleghet PoalimSozialistim - MOPS).La scissione veniva definita da alcuni membri delcongresso simile a quelle degli altri partitisocialisti, con la divisione tra massimalisti cheintendevano cambiare le cose attraverso unarivoluzione e riformisti che intendevano procederegradualmente al miglioramento delle condizioni divita delle classi disagiate. I militanti cheavevano deciso di costituire un partito marxista-leninista volevano rimanere fedeli al pensiero delmarxista russo di origini ebraiche Ber Borochoviv.Gli uomini del comunismo palestinese, in questiprimi anni, erano prevalentemente ebrei che avevanovissuto in Europa orientale soffrendol’antisemitismo. Sull’onda delle discriminazionipatite si erano persuasi che il sionismo potesserisolvere finalmente la questione ebraica;arrivarono in Palestina fermamente ancorati aiprincipi dell’ideologia marxista convinti di doverportare a termine una missione rivoluzionaria. I membri del MOPS si dividevano in due correnti: una“pre-comunista” con posizioni decisamente ostili alsionismo in sintonia con il comunismo russo (nel1918-1919 i bolscevichi intrapresero una campagnacontro il sionismo considerato ideologiareazionaria che distoglieva gli operai ebrei dalla

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lotta di classe) e una definita “sionismoproletario” più vicina alla dottrina di Borochov.Tale sionismo si poteva costruire solo attraversouna rivoluzione socialista e i suoi militantisognavano il giorno in cui l’Armata Rossa avrebbeattraversato il Caucaso realizzando una Palestinasovietica. Malgrado le divergenze sul sionismo i due gruppicooperavano all’interno del partito mantenendoaffinità di intenti in negativo, opponendosi cioèalla fusione con l’Hachdut Ha’avodah e scagliandosicontro le organizzazioni sioniste mondiali per laloro collusione con le potenze coloniali. La comuneammirazione per i bolscevichi e l’Armata rossacementava i due gruppi facendo passare in secondopiano le divergenze su altre questioni.

i E. Rekhess, Jews and Arabs in the Israeli Communist Party, in M.J. Esman, I. Rabinovich, Ethnicity, Pluralism, and the State in theMiddle East, Ithaca and London, Cornell University Press,1988; p. 121.ii A. Greilsammer, Les communistes Israeliens, Paris, PressesDe la Fondation Nationale Des Sciences Politiques,1978 ; p. 14.iii A.Kriegel, Les communistes francais et leur juifs, in «L’Arche»,26 fevrier 1971, n. 167 ; e riportato in Communisme aumiroir francais, Paris, Gallimard, 1974 ; p.179 citato in A.Greilsammer, Les communistes Israeliens, cit. ; p.15.iv Su Ber Borochov si veda J. Frankel, Gli ebrei russi. Trasocialismo e nazionalismo (1862-1917), Torino, Einaudi, 1990 pp.501-550; V. Pinto, Monismo o dualismo? Ber Borochov e laproblematica sintesi tra marxismo e sionismo (1902-1917), in “StudiStorici” Roma, Carocci, n. 3/2000

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Il MOPS pretendeva di costituire un sindacato comunead arabi ed ebrei ma accettò comunque dipartecipare alla fondazione di un sindacatointeramente ebraico come l’Histadrut.Esso ebbe però vita breve e dopo i disordini del 1maggio 1921, quando dei gruppi arabi assalirono deicommercianti ebrei, si sciolse. I settorimaggioritari della società ebraica di Palestina egli inglesi ritennero i militanti del partitoresponsabili dei disordini e dei “pogrom” e lamaggior parte della dirigenza (Khalidi, Averbach,Dua, e l’ideologo più capace Yitzach Meierson)venne espulsa verso l’Unione Sovietica.All’interno dell’Hachdut Ha’avodah si era formataintanto una fazione comunista che si congiunse coni resti del MOPS. Il gruppo intendeva costituireun’organizzazione sindacale rivoluzionariaalternativa all’Histadrut che si opponesseduramente agli inglesi e agli sfruttatori. Lascissione dall’Hachdut Ha’avodah diede così origineal Partito comunista palestinese, il PKP (in yiddishPalestinishe Kommunistishe Partey). La direzione del partito, guidata da MenachemElisha, era moderata e soffriva ancora di“debolezze” nei confronti del sionismo, laminoranza interna contestava l’atteggiamento delgruppo maggioritario e chiedeva l’adesioneall’Internazionale comunista. Le dichiarazioni diElisha di voler costruire in Eretz Israel un vastocentro operaio ebraico vennero duramente contestateperché sembrarono favorevoli al sionismo. Allaquarta conferenza di partito del settembre 1922 laminoranza estremista si staccò costituendosi in un

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partito comunista rivale, il KPP guidato da BergerBarzilai; il suo slogan era «all’inferno isionisti»v. La maggioranza del PKP aveva 300 iscritti mentre ilnuovo KPP 150 circa. I due partiti, che sicontendevano ormai la rappresentanza del comunismoin Palestina, diedero vita a due fronti legaliall’interno del sindacato Histadrut: la “Frazioneoperaia” (legata al PKP) e la “Frazione proletaria”(espressione del KPP)vi.Nel 1923 la maggioranza accolse gran parte delleistanze della minoranza e le due fazioni siricongiunsero. Grande merito andò alla mediazioneoperata dall’emissario dell’InternazionaleComunista Wolf Averbach che era rientrato nel paeseclandestinamente dopo l’espulsione del 1921. Ilcompito principale del partito, il cui nomestabilito dal quinto congresso era PKP, fu quello dicombattere il sionismo. La fazione maggioritaria di Elisha, che detenevacinque seggi su otto nel Comitato Centrale, andòpertanto in crisi. Il gruppo venne accusato dimantenere un atteggiamento sionisteggiante e in unariunione del marzo 1924 la dirigenza vennerovesciata ed esclusa dal partito. La ragionescatenante era stata la pretesa di alcuni esponentidi lanciare un’organizzazione comunista chesostituisse il partito di tipo leninista. In

v W. Laqueur, Comunismo e nazionalismo nel Medioriente, Roma,Opere Nuove, 1959; p.118.vi W. Laqueur, The Soviet Union and The Middle East, London,Routledge and Kegan Paul, 1959; p. 82.

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Palestina non esisteva un proletariato operaio esecondo i seguaci di Elisha si rendeva necessariotrasformare il partito in un movimento di azione,cultura e propaganda comunista.Nel luglio del 1924 i comandi vennero dunque presidal gruppo di Wolf Averbach che gestì il partitofino ai terribili avvenimenti dell’estate 1929.Questi dirigenti furono i primi veri leader delcomunismo palestinese.

Il gruppo Averbach Il partito era stato riconosciuto membro delComintern nel febbraio del 1924 e nell’aprile dellostesso anno i comunisti riuniti all’interno della“Frazione” erano stati espulsi dall’Histadrut.L’espulsione era dovuta a attività sovversive comegli assalti ai consigli operai locali, ledimostrazioni contro la confederazione sindacalestessa e i violenti attacchi sulla stampa comunistasempre contro il sindacato definito fascista ecrumiro. La decisione rimase irrevocabile pervent’anni e venne abolita solo nel 1944vii.Il gruppo di Averbach (comprendeva anche BergerBarzilai che ebbe nel marzo del 1929 dei colloquipersonali con Stalin) elaborò con difficoltà elacerazioni la dottrina dell’yishuvismo dal nomedell’insediamento ebraico in Palestina: Yishuv. Puressendo parte del progetto sionista, l’insediamentonon doveva essere considerato assimilabile al

vii D. Habib Nahas, The Israeli Communist Party, Croom HelmLondon, Portico Publications, 1976; p. 18 e p. 100 nota28.

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programma dei sionisti. L’idea era di diventareavanguardia della regione per partecipare allalotta generale contro il giogo imperialista.Proprio in questi anni il gruppo di Averbach, sottola guida del Comintern, lavorò alla formazione deiprimi nuclei di comunisti in Libano, Siria edEgittoviii.In Palestina il gruppo dirigente comunista cercò diconciliare l’yishuvismo con le indicazioni di KarlRadek, autorevole esponente dell’Internazionale,che riteneva il successo del partito legato allaprospettiva di una sua trasformazione in movimentoarabo di massa. La parola d’ordine “arabizzazione”sarebbe stata l’indicazione più ricorrente anchenegli anni successivi. Diventava quindi essenzialeessere percepiti dalle masse arabe come difensoridelle loro istanze contro il sionismo (consideratostrumento dell’imperialismo) e la colonizzazioneebraica. Il compito dei comunisti ebrei era quellodi mettersi al servizio della classe operaia arabaforgiandone la coscienza rivoluzionaria atta aliberarla dalla potenza coloniale. Le struttureancora feudali della società araba, la religione,le sue istituzioni e l’esplodere del nazionalismoimpedirono però alle idee comuniste di propagarsiix.I quadri arabi dunque scarseggiavano e il successosperato non arrivava anche se il partito si

viii D. Meghnagi, La sinistra in Israele, Milano, Feltrinelli,1980 p. 76-77.ix M. Czudnowski, J. Landau, The Israeli Communist Party and theelections for the Knesset, 1961, Stanford University, The HooverInstitution on War Revolution and Peace, 1965; p. 6.

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ostinava ad aiutare i beduini e i fellahin arabi asollevarsi contro il sionismo e le attività delFondo nazionale ebraico che si occupavadell’acquisto dei terreni. Oltre a questo genere diattività i comunisti attaccavano ferocemente ipartiti sionisti e difendevano tenacemente ilavoratori arabi. Le violenze scoppiate ad Afula nel novembre 1924allontanarono ancora di più le simpatie di moltiebrei verso i comunisti. Il Fondo nazionale ebraicoaveva acquistato dei terreni paludosi nella Valledi Jezreel e i coloni ebrei vennero attaccati dafellahin e beduini. I comunisti vennero ritenutiresponsabili dei disordini, più degli stessi arabi,per le loro attività sobillatrici.L’interesse dell’Internazionale comunista neiconfronti dei popoli sottoposti al giogoimperialista era emerso durante il suo secondocongresso e dal congresso dei popoli orientalioppressi svoltosi a Baku nel settembre del 1920.L’Internazionale aveva acquisito la coscienza delruolo decisivo delle lotte di emancipazione deipopoli coloniali all’interno del processo dellarivoluzione mondialex.Il movimento nazionale arabo assumeva agli occhidei comunisti un ruolo antimperialista e, dopo leindicazioni di Stalin sulla strategia dicollaborazione di classe emerse nel quintocongresso dell’Internazionale Comunista del 1924, icomunisti di Palestina cercarono contatti sia con

x A. Agosti, La Terza Internazionale storia documentaria, Roma,Editori Riuniti, 1974; p 759 e ss.

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la sinistra sionista del Poale Sion sia con ilmovimento nazionalista arabo.Tutto questo avveniva, è bene ricordarlo, sull’ondadi analisi fatte da Stalin sulla situazione cineseche impose il sostegno al Kuomintang consideratoperno di una rivoluzione democratica nazionalexi.Ciò portò a una proiezione automatica delleindicazioni politiche staliniane su tutti i paesiarretrati come la Palestina verso cui i sovietici eil Comintern avevano manifestato peraltro interessiassai limitatixii.I contatti sul versante arabo riguardaronospecialmente il gruppo di Musa Kazim al Husayni edel Muftì di Gerusalemme, Haj Amin al Husaynixiii.L’invito alla collaborazione tra nazionalisti arabie comunisti rimase però senza risposta rendendo ilsostegno unilaterale.Un piccolo gruppo interno al partito chiamatosi«Consiglio Ebraico degli operai» interpretava leindicazioni del Comintern volte a produrre unatotale identificazione con il nazionalismo arabo,senza tentare di escludere gli elementi piùretrogadi e reazionari del mondo arabo come ilclero e i possidenti terrieri. Secondo questoxi Sul tema si veda M. L. Salvadori , L’Utopia caduta: storia delpensiero comunista da Lenin a Gorbaciov, Bari, Laterza, 1992; pp.580-586xii J. Batatu, Some preliminary Observation on the Beginning ofCommunism in the Arab East in Islam and Communism, Munich,Institute for the study of the USSR 1960; pp. 46-71xiii Sulla figura del Muftì si veda il testo di S. Fabei,Una vita per la Palestina: storia di Hajj Amin al Husayni Gran Muftì diGerusalemme, Milano, Mursia, 2003.

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gruppo, la Palestina apparteneva agli arabi cheandavano sostenuti a ogni costo per favorire unasollevazione antisionista. La direzione del PKPchiese un arbitrato dell’Internazionale che sipronunciò a favore della segreteria agevolando cosìl’espulsione del gruppo estremista.

Le violenze del 1929Il fallimento della politica di collaborazione inCina tra comunisti e Kuomintang favorì uncambiamento nelle raccomandazionidell’Internazionale. Il capitalismo era consideratoinstabile e nei paesi coloniali si raccomandò aicomunisti di prendere la testa delle forzerivoluzionarie per ottenere un governorivoluzionario di operai e contadini. Non aveva piùsenso riprendere parole d’ordine nazionaliste el’accento andava posto ormai sulle differenze diclasse. Questo genere di indicazioni mandò però incrisi il PKP dato che alla rivolta “antimperialista”partecipavano anche elementi della borghesiaautoctona nazionale che avrebbero dovuto passarenel campo imperialista. Il problema sostanziale erache questo genere di indicazioni erano modellatesulla situazione asiatica, e cinese in particolare,e mal si adattavano al complesso rompicapopalestinese. Intanto iniziava a infuriare la lottatra Stalin e Bucharin che non credeva a imminentirivoluzioni. Per il dittatore georgiano e diconseguenza per il comunismo internazionale quelloche si stava vivendo era un periodo rivoluzionario

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e quindi anche i disordini dell’agosto 1929 inPalestina, che avevano il carattere di pogromantiebraici (130 morti e 300 feriti), vennero allafine considerati rivoluzionari. Il PKP aveva inizialmente condannato i disordinicome un puro e semplice pogrom a sfondo razzista efanatico religioso. Il delegato cecoslovacco delComintern Bhumir Smeral, presente in Palestinadurante i disordini, rimase inorridito e vennesalvato da uomini dell’Haganàxiv. In questasituazione di violenza diffusa, il partitocomunista non ebbe assolutamente la forza diconvertire i disordini antiebraici in rivoltacontro i britannici così come gli era statoraccomandato.In seguito alle pressioni esterne, esso vennecostretto alla rettifica delle precedenti posizionie la sommossa antiebraica venne considerata unarivolta antimperialista sabotata da agentiprovocatori. Il Comintern non dava segni didisagio: l’occasione sembrava buona per arrivarefinalmente alla sospirata arabizzazione. La nuovalinea del partito riteneva che non si potessescoraggiare un movimento rivoluzionario solo perchévi era il pericolo che si verificassero deipogromxv.L’opposizione che si rifiutò di operare la svoltafiloaraba venne definita “bukharinista” ed espulsadal partito nel dicembre del 1929.

xiv A. Greilsammer, Les communistes Israeliens, cit. ; pp. 58-60xv W. Laqueur, Comunismo e nazionalismo nel Medioriente, cit.; p.131

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ArabizzazioneTra il 1929 e il 1935 trenta esponenti arabi dipartito vennero inviati a Mosca per diventarequadri effettivi. La rivista mensile «Forois»(«Avanti» in yiddish) cessò le pubblicazioni nel1931 e appariva ora un mensile arabo con lo stessonome «Ala’l Amam». Il partito contrastava l’ebraicoma fu costretto a usarlo perché nessuno capiva piùl’yiddish, il nuovo organo di partito «Ha’or» («Laluce») era ora in ebraico. Fino al 1937, quandovenne creato il «Kol Haam» («La voce del popolo»)gli unici due giornali comunisti furono «Ha’or» e«al-Amam» in arabo.I comunisti si ritrovarono poi a dare il lorosupporto al partito nazionalista arabo Istiqlalnonostante avesse un carattere chiaramenteconservatore. Lo slogan era: «marciare separati;colpire uniti». Ancora più contraddittorio fu ilsostegno attivo alla rivolta araba del 1936 controebrei e britannici con due esponenti arabicomunisti che fecero da consiglieri del Muftì diGerusalemme.I comunisti denunciarono la natura sciovinista efascista del sionismo e rifiutarono, come gli arabie parte dei sionisti, il piano di spartizione Peeldel 1937 chiedendo anzi la revoca delladichiarazione di Lord Balfour che garantiva lacostituzione di un focolare ebraico in Palestina. Il partito era però in disfacimento e molti membriebrei per non uscirne si arruolarono come volontarinelle brigate internazionali che combattevano inSpagna. Il libro bianco del 1939, che limitava

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l’immigrazione ebraica e stabiliva la creazione diuno stato arabo, veniva approvato dal PKP che era inaccordo per la prima volta con la potenzamandataria. Il patto di non aggressione tra Russiae Germania Nazista portò i comunisti a sostenereche l’Hitler contro cui combatteva Chamberlain eraormai diverso da quello che voleva combattere isovietici. Non era più il gendarme degli inglesi edei francesi come prima ma era un affidabileinterlocutore per Mosca; si imponeva dunque labattaglia contro i «guerrafondai imperialisti»xvi.

Di fronte alla guerra mondialeNel 1941 il partito sostenne la rivoltafilofascista di Ali Rashid in Iraq ma l’attaccotedesco all’Unione Sovietica portò ancora una voltaa un cambio di posizioni.Dato il coinvolgimento di Mosca nella guerra controi nazisti anche in Palestina i comunisti godetterodi maggiore tolleranza da parte dell’autoritàmandataria. Intanto il partito vedeva la nascita alproprio interno di una “sezione ebraica” che aveval’incarico di propagare le decisioni del ComitatoCentrale nel campo ebraico. La sezione era guidatada Hanokh Bsosa un ebreo polacco vissuto inclandestinità per molti anni. Questo gruppocomunista ebraico andava consolidandosi acquistandosempre maggiore autonomia che lo portò a scontrarsicon la dirigenza del partito. Bsosa stesso erastato rimosso dalla direzione del «Kol Haam» perfare spazio a Shmuel Mikunis. Il gruppo era ormai

xvi idem; pp. 163-165

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diventato di opposizione e nell’agosto del 1940convocò un congresso che diede origine a un organodi stampa autonomo, «Haemet» («La verità»), che fuanche il nome del nuovo gruppo comunista ebraico.Le divergenze con la direzione di Radwan al HiluMoussa riguardarono la valutazione della rivoltaaraba che era stata appoggiata acriticamentetacendo le aperte simpatie naziste del Muftì e lecondizioni del paese. Non si chiese, come faceva ladirezione, l’indipendenza ma l’unità delle forzeprogressiste dei due gruppi etnici per una verademocratizzazione. L’immigrazione ebraica era ilmotivo di contrasto maggiore poiché il gruppoHaemet chiedeva di accogliere i profughi ebrei permotivi umanitari mentre la direzione Moussa erapreoccupata dell’oggettivo rafforzamento dell’Yishuv. Le divergenze tra i due gruppi si placaronosull’onda dell’appello lanciato dai sovietici dipraticare l’unità nella guerra contro il nazismo;tuttavia nel 1943 la scissione non poté essereevitata. Le divergenze riguardavano il sostegno dadare alle rivendicazioni sindacali dell’Histadrut,e l’assenso per la creazione di una brigata ebraicache combattesse al fianco dei britannici osteggiatadalla vecchia direzione. Si costituirono treraggruppamenti: quello di Meir Vilner, ShmuelMikunis, Ester Novak (Vilenska) che conservò ilnome del partito; il gruppo arabo guidato da EmileTouma, Boulos Farah, Moussa Dajani, Emile Habibi,Fuad Nassar, Tawfik Toubi che nel 1944 si sarebbechiamato Lega di liberazione nazionale, e infine ilgruppo di militanti ebrei dell’Associazioneeducativa comunista fondata nel 1945. Negli anni

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seguenti il gruppo Mikunis si riavvicinò sempre piùalla realtà dell’Yishuv, arrivando a riconoscere lanecessità di un focolare ebraico in Palestinapurché fossero salvaguardati i diritti di tutti.L’idea era quella di un focolare nazionalenell’ambito di uno stato binazionale unitarioarabo-ebraico. Il partito giunse perfino a chiedereun compromesso, simile al progetto costituzionalelibanese, in base al quale un terzo delle posizionichiave nella futura democrazia popolare sarebbestato assegnato agli ebrei e i restanti due terziagli arabi.Il gruppo arabo rigettava invece la prospettivabinazionale chiedendo il ritiro dei britannici e lostabilimento di un governo democratico eindivisibile che prendesse atto dell’esistenza diuna comunità ebraica nel paese. La posizione deicomunisti arabi differiva da quella deinazionalisti legati al Muftì, poiché questichiedevano la distruzione dell’Yishuv e lalimitazione del diritto di residenza agli ebreiarrivati nel paese prima della Grande guerra.Inoltre i comunisti arabi chiedevano il rinviodella questione della Palestina alle Nazioni Unitee non alla Lega Araba come facevano i nazionalistiIl partito nel 1948 sostenne la comunità ebraica difronte all’attacco degli eserciti arabi arrivando arifiutare armistizi in nome di una vittoriacompleta. Per contro, gli esponenti arabi cheseguirono le direttive moscovite, furono unaminoranza e tra quelli che accettarono laspartizione delle Nazioni Unite ci furono FuadNassar, Emile Habibi e Tawfik Toubi. Molti seguaci

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di questo triumvirato di comunisti palestinesivennero uccisi e deportati poiché consideratitraditori della nazione araba.Sotto gli auspici dell’Unione Sovietica, che votò afavore del piano di spartizione del 1947, lefazioni comuniste si riunirono nell’ottobre del1948 in un partito unico che ora si chiamava MAKI,il partito comunista di Israelexvii.Nell’estate del 1947 l’ambasciatore sovieticoAndrej Gromyko aveva affermato all’Onu che unostato binazionale in Palestina era preferibile ma,nel caso non fosse stato possibile, la soluzionedei due stati separati era la più pragmatica. Dopola conferma da parte del delegato sovietico all’OnuZarapkin il partito cessò di ondeggiare e chiese aisuoi militanti di partecipare alla guerra difensivadel 1948-1949.

L’era del MAKI unito (1948-1965)

xvii D. Habib Nahas, The Israeli Communist Party, cit.; pp. 23-27 e D. Meghnagi, La sinistra in Israele, cit.; pp. 91-101

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I comunisti israeliani durante la guerra furono piùnazionalisti del primo ministro Ben Gurion e glirimproverarono di essersi ritirato dal Sinai,occupato dalle forze di difesa israeliane, solo perle pressioni inglesi. La linea staliniana delmomento aveva dettato queste posizioni apertamentenazionaliste prese del partito comunistaisraeliano. Il MAKI esigette nel 1949 l’annessionedella parte ebraica di Gerusalemme da parteisraeliana in contrasto con i tentativi delleNazioni Unite di continuare a propornel’internazionalizzazionexviii, ma appena il delegatosovietico fece proprio il progetto dell’Onu ilpartito fu costretto a fare ammenda. Un nuovocambiamento di posizione si impose quando, nellatarda primavera del 1950, i sovieticiriconsiderarono la questionedell’internazionalizzazione giudicandolairrealizzabile.

xviii N. Weinstock, Storia del Sionismo, Roma, Samonà eSavelli, 1970, vol. II; p. 80

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L’accordo che aveva portato all’unione dei varifiloni comunisti palestinesi non durò a lungo edopo le elezioni del 1949, che fruttarono al MAKI 4seggi su 120 alla Knesset (il parlamentoisraeliano), la maggioranza di Mikunis, Vilner,Toubi e Vilenska espulse il cosiddetto gruppo deicomunisti ebrei. Queste persone vennero allontanateper le critiche espresse nei confronti dellecampagne sovietiche contro il nazionalismo borgheseche avevano come bersaglio principale leistituzioni ebraiche nel paese e i cittadini diorigine ebraica.Il gruppo di comunisti espulsi dal partito guidatoda Eliezer Preminger si unificò con il più moderatoMAPAM, espressione del movimento dei Kibbutzim.Ben Gurion stesso e Moshe Sharett avevanodichiarato inizialmente di voler mantenere unequilibrio in politica estera ma l’atteggiamento dicrescente ostilità sovietica contribuì a modificarele mosse di Israele. I motivi che produsserol’ondata di violenta propaganda antiebraica in URSSerano legati alla politica decisa dal Cremlino neiconfronti delle minoranze del paese e dallacrescente identificazione con Israele da partedegli ebrei sovietici come testimoniò la festosaaccoglienza di Golda Meir alla sinagoga di Moscaxix.

xix Y. Ro’i, The problematics of the Soviet-Israeli Relationship inSoviet Foreign Policy 1917-1991, London, Cass, 1994; pp. 150-151.

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La propaganda del MAKI venne condotta direttamente oattraverso gruppi come l’Organizzazione deicombattenti anti-nazisti, la Lega dei giovanicomunisti conosciuta come BANQI, l’Unionedemocratica delle donne e i vari movimenti diamicizia israelo-sovietica e amicizia con le altrerepubbliche popolari dell’est Europa come Polonia,Romania, Cecoslovacchia. I periodici legati al partito erano in ebraico, inarabo e in altre lingue europee; il quotidiano dipartito era il «Kol Haam», la cui circolazione eraperò limitata ai militanti di origine ebraica. Ilperiodico ebraico «Ba Derekh» («Sulla strada»)trattava questioni meramente ideologiche epubblicando testi tradotti da altre lingue. Ilquindicinale arabo «Al Ittihad» («L’unione») era dibuon livello e riportava spesso i lavori letteraridei più importanti scrittori arabi di Israele. Ilcorrispettivo arabo del «Ba Derekh» si chiamava «alDarb» («La strada») e si segnalava un mensileletterario di nome «al Jadid» («Il nuovo») cheponeva una certa enfasi anche sulle questionisociali. La lunga lista dei principali organi dellastampa comunista israeliana si chiude con mensile«al Ghad» («Domani») indirizzato a un pubblicogiovanile. Esistevano poi periodici e bollettinicomunisti indirizzati agli ebrei appena immigratidall’Europa come «La voix du peuple», «GlasulPopolurui» («La voce del popolo in rumeno»),«Nepszava» (in ungherese), «Naroden Glas» (inbulgaro), «Frei Yisroel» («Israele libero» inyiddish) e il polacco «Walka» («La lotta»)xx.

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Il MAKI in questa fase ritornò su posizioniantisioniste, il borochovismo e il sionismo disinistra vennero considerati espressioni del“nazionalismo borghese”. Il carattere universaledel popolo ebraico veniva negato e si cercò didistinguere lo stato di Israele e il suo movimentooperaio dalle funzioni pionieristiche che avevanonei confronti dell’ebraismo anche della diaspora inuna sorta di “israelismo” opposto al “sionismo”xxi.

xx M. Czudnowski, J. Landau, The Israeli Communist Party and theelections for the Knesset, 1961, cit.; pp. 32-34.xxi P. Merhav, Storia del movimento operaio in Israele 1905-1970,Firenze, La Nuova Italia, 1974; p. 83.

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Il MAKI dichiarò formalmente di non essere contrarioall’immigrazione ebraica nel paese ma diedeindicazione ai militanti ebrei della diaspora neivari partiti comunisti delle democrazie popolari diopporsi all’immigrazione in Israele. Riguardo allequestioni di politica interna il MAKI nei primiquattro anni di vita dello stato di Israele chieseripetutamente un cambio di governo e la direzionedi Mikunis si congratulò con il MAPAM per il rifiutodi partecipare alla coalizione governativa di BenGurion. I comunisti chiesero poi una politicaestera neutrale lontana da pericolosiassoggettamenti all’imperialismo anglo-americano. Irapporti con l’URSS dovevano essere amichevoli datoil ruolo ricoperto dal paese nella nascita dellostato. Si chiese ancora il mantenimento dellastruttura popolare dell’esercito e la nascita diuno stato arabo palestinese a fianco di quelloebraico. Un tema forte che accompagnò la vita delpartito anche negli anni a seguire fu quello dellabattaglia per l’uguaglianza completa all’internodel paese tra arabi ed ebrei.Gli arabi di Israele, nel dopoguerra, furonosottoposti per ragioni di sicurezza a unaamministrazione militare che limitava moltostrettamente l’esercizio delle libertà pubblicheanche per coloro che non erano sospettati diprodursi in attività ostili. La stampa araba vennesottoposta a censura e la libertà di associazionevenne fortemente limitata. I partiti sionisti eranopreclusi a possibili militanti arabi e nonrimanevano che il MAPAM e il MAKI che riuscirono perforza di cose a catturare le simpatie della

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minoranza palestinese in Israele. La lunga duratadell’amministrazione speciale per le zone abitatedagli arabi di Israele, che si protrasse fino al1966, cristallizzò una situazione di subordinazionedi questa minoranza alla maggioranza ebraica contutti i risentimenti e le sofferenze del casoxxii.Il MAKI aveva tra i suoi obiettivi la fine di ognidiscriminazione contro la minoranza araba el’abolizione della legislazione di emergenza edell’amministrazione militarexxiii.Nel corso degli anni Cinquanta il servizio segretointerno di Israele, lo Shin Bet, si preoccupò dicontrollare le attività dei partiti sia di destrache di sinistra tra cui il MAPAM di cui si temeva ladoppia fedeltà allo stato e all’Unione sovietica enaturalmente del MAKIxxiv che raccoglieva lefrustrazioni degli arabi di Israele considerati unaspecie di quinta colonna anche dal primo ministroBen Gurionxxv.Israele allo scoppio della guerra di Corea prese leposizioni degli Stati Uniti e questo fece temere aicomunisti la volontà del governo di schierarsiapertamente dalla parte occidentale.

xxii A. Dieckhoff, Démocratie et ethnicité en Israel in Sociologie etsociétés, vol. XXXI, n. 2 automne 1999, Presses del'Université de Montréal ; pp. 165-166.xxiii D. Meghnagi, La sinistra in Israele, cit.; pp. 101-102.xxiv La Kenesseth dénonce le scandale du réseau d’écoute secret in «Lavoix du peuple: bulletin du parti communiste d’Israel», a. IV, n. 45del 24 novembre 1955.xxv B. Morris, I. Black, Mossad: le guerre segrete di Israele,Milano, Rizzoli, 2003; pp. 182-186.

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Ma gli anni Cinquanta furono segnati dal drammaticoprocesso di Praga (1952) con cui i sovieticieliminarono una serie di dirigenti del partitocomunista cecoslovacco (su 14 accusati 11 eranoebrei) perché, queste le motivazioni ufficiali,«facevano del paese l’anello debole del bloccoorientale». Nella seconda fase dei processi però laconcezione ideologica si modificò a favoredell’antisemitismo e degli attacchi contro ilsionismo che riflettevano il cambiamento dellapolitica sovietica in Medioriente. Talisconvolgimenti portarono a una crescitadell’antisemitismo in Unione sovieticaxxvi ed ebberoripercussioni anche nella sinistra israeliana. L’imbarazzo del MAKI fu notevole e il primodirigente ad approvare i processi fu Meir Vilner.Tra gli accusati figurava anche un membro del MAPAM,Mordechai Oren arrestato a Praga in rapporto con il“processo Slansky” e accusato di spionaggio afavore degli occidentali. Le accuse di spionaggiovennero lanciate contro tutte le organizzazionisioniste e contro il MAPAM stesso. I militanticomunisti e della sinistra israeliana eranodisorientati ma la decisa condanna del MAPAM degliistigatori del processo di Praga portaronoall’espulsione dal partito della corrente piùestrema e filosovietica, coagulata attorno allabrillante figura di Moshe Sneh uno dei guardianidella purezza ideologica del partito. Gli esponentidella maggioranza del MAPAM avevano deciso di

xxvi K. Kaplan, Le ‘Proces’ politique de 1952 en Tchecoslovaquie in«Communisme» n. 26-27 2e-3e trimestre, 1990; p. 70.

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rimanere fedeli alla sintesi tra pionierismosionista e socialismo, mentre Sneh e i suoi seguacifondarono il Partito Socialista di Sinistra inIsraele che fece fronte con i comunisti del MAKI perpoi confluirvi nel 1954. xxvii

Di fronte alla crisi di SuezLa politica sovietica negli anni ’50 era cambiata esi trovava di fronte alla minaccia dei tentativioccidentali di creare una sorta di NATO delMedioriente. La firma del patto di Baghdad nelfebbraio del 1955 da parte di Turchia, Iraq,Pakistan, Iran e Gran Bretagna era vista come unaseria minaccia e la ricerca di alleanze con i paesiarabi per rompere il blocco filoccidentale era peril Cremlino ormai necessaria. L’Egitto in questoquadro geostrategico era il candidato ideale e lacontrarietà del Cairo al patto di Baghdad loconfermava. L’Unione Sovietica nel suo tentativo diazione verso i paesi del Terzo Mondo, dovevainoltre fronteggiare la nascente concorrenza dellaCina del presidente Mao che nella conferenza diBandung dell’aprile 1955 aveva dimostrato di saperconquistare la simpatia di molti. Mosca riuscì a vendere armi all’Egitto, alla Siriae all’Arabia Saudita. Gli incontri decisivi perqueste forniture di armi a Nasser erano avvenutitra il luglio e il settembre 1955 a Praga. Nasser,dopo aver incassato il rifiuto degli Stati Uniti al

xxvii si vedano I processi di Praga. La scissione del Mapam in P.Merhav, Storia del movimento operaio in Israele 1905-1970, cit.; pp.163-174.

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finanziamento dei lavori relativi alla diga diAssuan, si decise a nazionalizzare la Compagniauniversale del Canale di Suez. L’Urss di Krusciovsi dimostrò pronta a sostenere le ragioni egizianema con una certa cautela. Gli obiettivi sovieticierano puramente orientati all’egemonia daconquistare in Medioriente e avevano anche risvoltinella battaglia interna che il gruppo dirigentekruscioviano stava conducendo contro l’immobilismodi uomini della vecchia guardia come Molotov chevenne infatti rimosso nel giugno del 1957 dal Plenumdel Comitato Centralexxviii.Il MAKI sostenne le posizioni sovietiche e lo stessosegretario Mikunis avvertì l’ambasciatore sovieticoin Israele Abramov dei preparativi militari incorso alla frontiera egiziana. I sovietici nonvolevano uno scontro armato tra israeliani eoccidentali con l’Egitto e diedero prova diincertezza nel comprendere il reale precipitaredella situazionexxix.Il sostegno sovietico al nazionalismo di Nasserdiede l’impressione che comunismo e nazionalismofossero due ideologie distinte che potevano peròconvivere. In realtà, il Cremlino fu costretto asposare il radicalismo arabo per ragionigeostrategiche, passando sotto silenzio lepersecuzioni cui erano sottoposti i comunisti inEgitto. Tra gli effetti negativi di questospostamento della politica estera sovietica va

xxviii L. Rucker, L’Urss et la crise de Suez in «Communisme» n. 49-50 1e-2e trimestre, 1997, L’Age D’homme ; pp. 159-164.xxix idem; p. 162.

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segnalata la rabbiosa propaganda antisionista chespesso cadeva in vecchi stereotipi antisemiticreando imbarazzo anche ai comunisti dei paesioccidentalixxx.Il MAKI si trovò dunque a operare in questo delicatocontesto internazionale mentre i risultati delleelezioni del 1955 portarono a un lieve calo dellepreferenze tra gli arabi di Israele ma ad unacrescita del voto tra gli ebrei israeliani chefruttarono al partito 6 seggi nella Knessetxxxi. Ilpartito si spese per evitare che il governo di BenGurion sposasse alleanze antisovietiche e si opposeal patto di Baghdad che portando alla creazione diblocchi militari in Medioriente, avvicinava laguerra e metteva in pericolo Israele. Il bollettinodel partito scriveva: «Ben Gurion ha dimenticatoche il governo britannico ha aiutato i generaliClayton e Glubb che hanno organizzato la guerracontro Israele, quando l’Urss appoggiava la nostralotta per l’indipendenza [ …] C’è unacontraddizione essenziale tra la politicabritannica e la politica sovietica. La primaprovocò una guerra per impedire la creazione delnostro stato, quando la seconda lavorava per lapace e l’indipendenza dei popoli palestinesi»xxxii. Inquel periodo Israele reagiva con durezza agli

xxx W. Laquer, The Struggle for The Middle East, London, Routledgeand Kegan Paul, 1968; pp. 47-49.xxxi D. Nahas, The Israeli Communist Party, cit.; p.40.xxxii L’ interview de Ben-Gourione à l’Observer, modèle de falsification in«La voix du peuple: bulletin du parti communisted’Israel», a. IV, n. 45 del 24 novembre 1955.

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assalti dei fedayn provenienti dalla striscia diGaza e il partito comunista condannò alcuneritorsioni (come quella famosa di Kibya)evidenziando come Israele, dopo le dimissioni delministro degli esteri “colomba” Sharett, stessedisperdendo il patrimonio di simpatia conquistato efosse ormai isolato dai paesi asiatici e africaniper seguire lo sciovinismo di Ben Gurion xxxiii.In sintonia con l’Unione Sovietica il MAKI attaccòpoi l’avvicinamento della Germania Federale conIsraele sostenendo con durezza che Ben Gurionvoleva riabilitare il nazismo. Ma il tema dominantedi questi anni fu la necessità di sostenere ilnazionalismo antimperialista di Nasser contro laGran Bretagna e gli altri paesi capitalisti.Il sostegno a Nasser, la cui nazionalizzazione delcanale di Suez venne definita “esemplare”xxxiv e laforte opposizione dei comunisti alla guerra, iniziòa essere pericoloso e il MAKI fu costretto amoderare i toni per evitare di essere emarginatodalla vita politica del paese. In quel periodoavevano iniziato a levarsi richieste ufficiali dimessa al bando del partito per la sua attivitàantinazionale. Nel frattempo esso poteva continuarea sostenere la battaglia per l’uguaglianza deicittadini arabi di Israele chiedendo con forza la

xxxiii La demission de Charett in «La voix du peuple: bulletindu parti communiste d’Israel», a. V, n. 24 del 21 giugno1956.xxxiv L’Egypte nationalise le canal de Suez in «La voix du peuple:bulletin du parti communiste d’Israel», a. V, n. 30 del2 agosto 1956.

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sospensione delle leggi militari per le zone daessi abitate, il riconoscimento dell’arabo qualelingua ufficiale al pari dell’ebraico, il ritornodei rifugiati arabi che abitavano in Israele e laloro reintegrazione con l’aiuto del governo, oltreal finanziamento della modernizzazione dei villaggiarabi.Nel frattempo i due partiti di sinistra vicini alMAKI, l’Hachdut Ha’avodah e il MAPAM assumevanoposizioni sempre più critiche nei confrontidell’Unione Sovietica e iniziavano a contestareduramente le prese di posizione dei comunisti. IlMAKI però scelse deliberatamente l’isolamento dalmondo ebraico con la speranza di ottenere piùconsensi tra gli arabi di Israele.Le frange del partito più legate alla questionenazionale vennero espulse, primo fra tutti ilvecchio esponente della sezione ebraica Bsosa,accusato di essere un agente imperialista.

La crisiIn questi anni il partito condusse una strategiafrontista con i nazionalisti arabi e il linguaggioutilizzato diventò sempre più aggressivo con invitiall’insurrezione. Nel maggio1958, dopo che aNazaret la polizia aveva proibito un corteo deicomunisti contemporaneo a quello del sindacato edel MAPAM, scoppiarono gravi disordini checoinvolsero anche semplici cittadini arabi che nonsimpatizzavano con i comunisti. Gli arresti dimolti esponenti comunisti di origine ebraica e dicittadini arabo-israeliani segnarono il dibattito

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politico successivo. Il MAKI si spese ripetutamenteper la liberazione dei prigionieri all’interno delFronte popolare (il nome Fronte Arabo venneproibito dalle autorità) che sembrava ormai unembrione di un possibile partito unico degli arabidi Israele. Il fronte però si spaccò poiché inazionalisti pro-nasseriani rimasero fedeli aNasser contro i comunisti e l’Unione Sovietica,dando origine al movimento al Ard (la Terra)xxxv

messo poi fuori legge nel 1964. Secondo le stime il MAKI in questi anni contava sucirca quattromila aderenti di cui milletrecentoarabixxxvi. Esso iniziò a dover affrontare problemischiettamente arabi e non più ebraici come inpassato andando in crisi. Il gruppo dirigente erain maggioranza ancora ebraico ma i quadri arabi cheerano i più adatti a comunicare con la propriagente, pretendevano nuovamente una arabizzazionedel partito che si doveva integrare agli altripartiti comunisti dei paesi arabi, identificandositotalmente con le aspettative degli arabi diIsraele. Il partito iniziava così a dividersietnicamente: gli ebrei si occupavano dei militantidelle zone a maggioranza ebraica e gli arabi diquelle arabe. I due gruppi nazionali erano diversiper cultura e linguaggio: gli ebrei erano“sovietici” anche nel linguaggio e dimostravanodimestichezza con le questioni del marxismo-leninismo, mentre i dirigenti come Emile Habibi e

xxxv J. Sabri, Les arabes en Israel, Paris, Maspero, 1969; p 172.xxxvi I. Greilsammer, Les communistes Israeliens, cit.; p. 212.

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Tawfik Toubi utilizzavano una retorica tonante maaliena da questioni dottrinali. I giornali in araboe in ebraico scrivevano cose diverse e ledivergenze su molte questioni si moltiplicavano.Il gruppo Mikunis-Sneh criticò duramente latolleranza nei confronti dello sciovinsimo arabo diampi settori del partito che iniziavano a nonparlare più di riconoscimento dello stato diIsraele ma di diritto del popolo israelianoall’autodeterminazione. Il gruppo di Vilner, Toubie Habibi era invece più solidale con i regimiprogressisti arabi. Quando Mikunis censurò con unalettera di protesta sul quotidiano di partito leposizioni del leader algerino Ben Bella la fratturasi consumò definitivamente. Pur ribadendo lasolidarietà del MAKI con la lotta anti-imperialistaalgerina, Mikunis condannò le espressionisciovinistiche di Ben Bella che negavano il dirittoall’esistenza dello stato di Israele. L’organoarabo del partito della frazione Vilner-Toubi-Habibi, «Al Ittihad» censurò la lettera nelsettembre del 1964. Dopo meno di un anno (agosto1965) la scissione era cosa fatta. L’atteggiamentodell’Unione Sovietica fu di estrema cautela: finoal 1967 il Cremlino non scelse nessuno dei duepartiti come referente privilegiato. La fazioneVilner-Toubi-Habibi diede vita alla nuova listacomunista RAKAH, che era ormai un partito arabo,mentre il gruppo di Mikunis e Sneh mantenne ladenominazione MAKI. Nel giro di un decennio il MAKIscomparve dalla scena politica fondendosi in altrischieramenti, mentre il RAKAH gli sopravvisse.

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Particolarità di una scissioneLa scissione del partito comunista israelianodimostrò la debolezza dell’internazionalismocomunista nei confronti del richiamo delle singolecomunità nazionali poiché essa avvenne su basietniche. Il MAKI, infatti, diventò un partitoebraico e il RAKAH un partito arabo. La peculiaritàdel MAKI venne mantenuta anche con la scissione cheera assai diversa nei modi e nelle motivazionirispetto a quelle intervenute in altri partiticomunisti nel mondoxxxvii. La spaccatura,contrariamente a quanto avvenne in altri partiticomunisti del periodo non aveva rapporto con ladiatriba tra Cina e Unione Sovietica. Il Cremlinonon riuscì a evitare la divisione e il processo diseparazione non fu condotto in segreto. Laspaccatura fu limitata a 7 membri su 19 delComitato Centrale e non coinvolse la base delpartito che, particolarmente nelle sezioni, araberimase a guardare attonita. Questa ennesimascissione patita dal partito comunista israeliano,con la conseguente arabizzazione del RAKAH, in cuipure rimanevano dirigenti ebrei come Vilner, segnòla rottura definitiva del mito rivoluzionario diuna società di ebrei e arabi unita contro leingiustizie di classe.Il filone dominante e vincente del laburismoisraeliano era pregno di quel “socialismocostruttivo” che altro non era che una variante disocialismo nazionalista impegnato in una lottacontro i “pericoli” dell’individualismo liberale exxxvii Idem; pp. 251-253

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del perenne conflitto marxista. Secondo ZeevSternhell, autore di una polemica opera sulleorigini del socialismo israeliano, «la mancanza divalori universali contribuisce a spiegare laparalisi morale, politica e intellettuale delpartito laburista»xxxviii. La domanda più provocatoriasul laburismo israeliano posta dallo studioso è laseguente: «un movimento nazionale, il cui obiettivoè una rivoluzione culturale, morale e politica, icui valori sono particolaristici, è in grado dicoesistere con i valori universali delsocialismo?»xxxix. Per aggiungere altri dubbi,focalizzandoci invece sul minuscolo segmento dicomunismo israeliano, potremmo domandarci:«l’universalismo e l’antisionismo del comunismoisraeliano erano in grado di coesistere con l’ideadi un spazio politico dove gli ebrei fossero ingrado di governarsi senza patire le discriminazionidel passato?».

xxxviii Z. Sternhell, Nascita di Israele: miti, storia, contraddizioni,Baldini & Castoldi, Milano, 1999; p. 21xxxix idem; p. 17

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