G. Bellandi, D. Cesana - VIONE (BS), TOR DEI PAGÀ. UNA FORTIFICAZIONE BASSO-MEDIEVALE PER I...

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Parole chiave: Vione; Valcamonica; Brescia; Basso Medioevo; fortificazione; resti faunistici. Key words: Vione; Valcamonica; Brescia; Late Medioeval Time; fortification; faunal remains. RIASSUNTO / Vengono qui presentati i primi dati archeologici delle campagne di inda- gine della struttura fortificata basso-medievale (XIII-XIV secolo) denominata Tor dei Pagà, posta a 2240 metri s.l.m. a monte dell’abitato di Vione (Alta Valcamonica, Brescia). Nel corso di tre campagne di scavo archeologico (2011-2013) la struttura è stata liberata dalla vegetazione e dai crolli, e si è potuto verificare come essa si componga di vari edifici tra cui almeno due torri, un muro di cinta poligonale, un edificio interno, e un cortile dotato di un focolare. Fin dalla prima campagna di scavo si è constatata la presenza di resti ossei animali il cui numero si è incrementato nelle successive indagini. Data l’eccezionalità del ritrova- mento a questa altitudine si è proceduto con l’applicazione di metodologie di indagine ar- cheozoologica sul campo e in fase di laboratorio per l’analisi e l’interpretazione dei reperti faunistici. Tale studio rappresenta un rilevante contributo per integrare, insieme alle altre fonti e tracce archeologiche, le informazioni per la ricostruzione della funzione del sito. Inoltre fornisce nuovi indizi e pone nuove problematiche nell’ampio dibattito archeologico non solo sul rapporto tra gruppi umani e popolazione animale in ambiente alpino, in par- ticolare nell’epoca tardo medievale e pre-moderna, ma soprattutto sulla valutazione delle tracce archeozoologiche come indizio di attività pastorale e di status sociale. SUMMARY / We present here the first archaeological data from the ongoing research at the Late-Medieval fortified structure (13 th /14 th century) called Tor dei Pagà, situated at 2,240 metres a.s.l. above the village of Vione (Upper Valcamonica, Brescia). During three seasons of archaeological excavation (2011-2013) the structure was cleared of vegetation and rubble and has been shown to consist of several buildings, including at least two to- wers, a polygonal wall, an internal structure, and a courtyard with a fireplace. From the first season on, we noted the presence of faunal remains, the number of which has increased during subsequent investigations. Given the uniqueness of such a site at such an altitude, we decided to apply the methods of zooarchaeological investiga- tion both in the field and in the laboratory to best analyse and interpret the faunal remains. This study represents a significant contribution through its integration of zooarchaeological data with other data sources and other archaeological evidence in order to reconstruct the function of the site. It also provides new clues and poses new questions not only in the context of the wider archaeological debate concerning the relationship between human groups and animal populations in an Alpine environment, in particular during the late me- dieval and pre-modern eras, but also more specifically regarding the evaluation of archa- eozoological data as an indicator of pastoral activity and social status. GIOVANNA BELLANDI 1 *, DENEB CESANA 2 Vione (Bs), Tor dei Pagà. Una fortificazione basso-medievale per i pascoli d’altura? 1 Università Cattolica del Sacro Cuore, Largo A. Gemelli, 1, 20123 Milano 2 Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici, DAFIST - Dipartimento di Archeologia, Filologia Classica e loro tradizioni in epoca cristiana, medievale e umanistica “Francesco Della Corte”, Via Balbi 4, 16126 Genova * Autore corrispondente: [email protected] Atti della Tavola Rotonda / BOSCO CHIESANUOVA (VR) - 26, 27 OTTOBRE 2013 / 31

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Parole chiave:Vione; Valcamonica;Brescia; Basso Medioevo;fortificazione; restifaunistici.

Key words:Vione; Valcamonica;Brescia; Late MedioevalTime; fortification; faunalremains.

RIASSUNTO / Vengono qui presentati i primi dati archeologici delle campagne di inda-gine della struttura fortificata basso-medievale (XIII-XIV secolo) denominata Tor dei Pagà,posta a 2240 metri s.l.m. a monte dell’abitato di Vione (Alta Valcamonica, Brescia). Nelcorso di tre campagne di scavo archeologico (2011-2013) la struttura è stata liberatadalla vegetazione e dai crolli, e si è potuto verificare come essa si componga di vari edificitra cui almeno due torri, un muro di cinta poligonale, un edificio interno, e un cortile dotatodi un focolare.

Fin dalla prima campagna di scavo si è constatata la presenza di resti ossei animali ilcui numero si è incrementato nelle successive indagini. Data l’eccezionalità del ritrova-mento a questa altitudine si è proceduto con l’applicazione di metodologie di indagine ar-cheozoologica sul campo e in fase di laboratorio per l’analisi e l’interpretazione dei repertifaunistici. Tale studio rappresenta un rilevante contributo per integrare, insieme alle altrefonti e tracce archeologiche, le informazioni per la ricostruzione della funzione del sito.Inoltre fornisce nuovi indizi e pone nuove problematiche nell’ampio dibattito archeologiconon solo sul rapporto tra gruppi umani e popolazione animale in ambiente alpino, in par-ticolare nell’epoca tardo medievale e pre-moderna, ma soprattutto sulla valutazione delletracce archeozoologiche come indizio di attività pastorale e di status sociale.

SUMMARY /We present here the first archaeological data from the ongoing research atthe Late-Medieval fortified structure (13th/14th century) called Tor dei Pagà, situated at2,240 metres a.s.l. above the village of Vione (Upper Valcamonica, Brescia). During threeseasons of archaeological excavation (2011-2013) the structure was cleared of vegetationand rubble and has been shown to consist of several buildings, including at least two to-wers, a polygonal wall, an internal structure, and a courtyard with a fireplace.

From the first season on, we noted the presence of faunal remains, the number ofwhich has increased during subsequent investigations. Given the uniqueness of such asite at such an altitude, we decided to apply the methods of zooarchaeological investiga-tion both in the field and in the laboratory to best analyse and interpret the faunal remains.This study represents a significant contribution through its integration of zooarchaeologicaldata with other data sources and other archaeological evidence in order to reconstructthe function of the site. It also provides new clues and poses new questions not only inthe context of the wider archaeological debate concerning the relationship between humangroups and animal populations in an Alpine environment, in particular during the late me-dieval and pre-modern eras, but also more specifically regarding the evaluation of archa-eozoological data as an indicator of pastoral activity and social status.

GIOVANNA BELLANDI1*, DENEB CESANA2

Vione (Bs), Tor dei Pagà.Una fortificazione basso-medievale per i pascoli d’altura?

1 Università Cattolica delSacro Cuore, Largo A.Gemelli, 1, 20123 Milano2 Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici, DAFIST -Dipartimento di Archeologia,Filologia Classica e lorotradizioni in epoca cristiana,medievale e umanistica“Francesco Della Corte”, Via Balbi 4, 16126 Genova

* Autore corrispondente:[email protected]

Atti della Tavola Rotonda / BOSCO CHIESANUOVA (VR) - 26, 27 OTTOBRE 2013 / 31

1. INTRODUZIONE (G.B.)

Nel corso dell’anno 2011 è stato avviato il progetto “Vione archeologica - Pro-getto di valorizzazione del patrimonio archeologico nel Comune di Vione”, la cuifinalità generale è la realizzazione di indagini storico-archeologiche sulle testi-monianze presenti nel territorio vionese (Valcamonica, Brescia), in vista di unaloro valorizzazione turistico-culturale.

Il promotore del progetto è l’attuale amministrazione del Comune di Vione,piccolo borgo montano (m 1250), che conta oggi con le sue frazioni di Stadolinae Canè poco meno di 750 abitanti.

In particolare il progetto di ricerca, che si è potuto avvalere del finanziamentodella Regione Lombardia e del contributo della Fondazione Cariplo, si è focaliz-zato nel corso del 2012 e 2013 sull’indagine dei resti della struttura fortificatadenominata Tor dei Pagà, a 2240 metri s.l.m. a monte dell’abitato di Vione.

Si è quindi intrapreso, a partire dell'estate 2011, il lavoro di documentazionefotografica e grafica dello stato attuale delle strutture in località Tor dei Pagà euna loro iniziale ripulitura dalla vegetazione e dai crolli, sotto la direzione delMinistero dei Beni Culturali (Soprintendenza per i Beni Archeologici) e con lacollaborazione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Nell’insieme il sito sem-bra conservare i resti di un sistema fortificato composto da diversi edifici tra cuitorri e cinte murarie. Il rinvenimento di reperti databili al XIII-XIV secolo ci con-sente inoltre un preliminare inquadramento cronologico del sito (a cui si aggiun-geranno i risultati delle analisi radiocarboniche e dendrocronologiche in corso),ma soprattutto la presenza di cuspidi per balestra e altri oggetti di uso militarespinge a considerare l’insieme della struttura come un sistema di difesa. Ma restaancora un problema aperto su quale fosse lo scopo di tale fortificazione.

L’uso dell’area in cui sorge la struttura, da sempre destinata allo sfruttamentodei pascoli d’altura, unito al reperimento di numerosi resti faunistici nel sito,rende plausibile, tre le ipotesi su cui si sta ragionando, che la fortificazione ser-visse a proteggere i pascoli d’altura.

Senza pretendere di dare qui un’interpretazione esaustiva, questo contributovuole presentare in via preliminare i dati raccolti fino a ora e soprattutto rendereconto del lavoro di studio e indagine in corso, in particolare per quanto concernei resti faunistici rinvenuti nel sito. Verranno in questa sede descritte le strutturefinora messe in luce rimandando a un secondo momento la possibile lettura in-terpretativa di esse alla luce delle ricerche in corso (soprattutto quelle docu-mentarie insieme allo studio dei reperti) e del completamento dei lavori diindagine archeologica.

2. IL SITO DI TOR DEI PAGÀ (G.B.)

2.1. Posizione geografica, tradizioni locali e indagini precedenti L’area dove è situata la struttura in corso di indagine è ubicata sul versante

orografico destro dell’Alta Valcamonica, quel settore cioè della lunga valle bre-sciana che, dall’asse sud-nord che caratterizza l’orientamento della valle dal lagod’Iseo fino all’abitato di Edolo, cambia direzione orientandosi da ovest verso estattestandosi su quote che vanno dai 720 metri di Edolo ai 1258 metri di Pontedi Legno fino al Passo del Tonale (m 1884).

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Il sito, e quindi la struttura stessa, trae la sua denominazione dal toponimolocale Tor dei Pagà, ed è situato lungo un sistema di rilievi rocciosi identificaticome Corni della Torre nella carta topografica IGM, a quota 2236 s.l.m. amonte dell’abitato di Vione [Fig. 1], appena oltre il limite di crescita della ve-getazione ad alto fusto. Tutta l’area è caratterizzata nella memoria popolaree nelle mappe locali da altri toponimi simili (Còrign de la Tòr, Canalì de la Tòr,Plassa del la Tòr, Segrà di pagà, Büs di pagà, Funtanì di pagà) che ricordano lapresenza di antiche fortificazioni e vengono ricondotti popolarmente a unaleggenda, riportata da fonti manoscritte e a stampa prodotte tra XV e XIX se-colo, e diffusa in tutta la Valcamonica e parte delle valli trentine, che narra ilpassaggio di Carlo Magno lungo la valle bresciana con al seguito l’esercito,sette vescovi e il papa (Azzoni 2012). Lungo tale percorso di conquista reCarlo avrebbe assoggettato o sconfitto i signori locali conquistando i loro ca-stelli e costringendoli alla conversione. Fonti storiche locali tardo seicentesche(Brunelli 1998) riferiscono come nelle alte torri fortificate presso la vetta delmonte Bles (m 2755 s.l.m.) che domina Vione trovarono rifugio gli oppositoriai Franchi che avevano conquistato tra gli altri anche il castello di Bellagra oPolagra (Vione)1.

Negli anni Settanta vennero intraprese alcune ricerche storico-archeologichedel sito da parte di Mario Mirabella Roberti con un gruppo di studenti dell’Uni-versità di Trieste: le indagini, non esaustive, permisero comunque l’accertamentodella reale presenza di strutture murarie e la realizzazione di una loro parzialeplanimetria (Mirabella Roberti 1987). L’assenza di elementi datanti e la difficoltàdi proseguire le indagini permisero però solo di intuire che si trattasse di unastruttura che si componeva di vari edifici, ma la cui collocazione cronologica re-stava incerta (Rossi 1991).

Il progetto intrapreso a partire del 2011 ha quindi permesso di proseguirele indagini e si è potuto accertare che sono presenti nell’area almeno due torri,di cui una è collocata al vertice di un sistema composto da un muro di cinta

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1 “Polagra, o Bellagra, ora Vione, ultimo castello a cui stava soggetto tutto il resto della Valle fino al confine, era tenuto da untale Astorio che, partigiano dei Longobardi, stava sulle difese e pensava di resistere. Quando si vide circondato dall’esercito di reCarlo, fuggì nottetempo con i suoi aderenti sotto le vette del Bles e fu sconfitto e il castello fu aperto dai fedeli, che erano in numeroconsiderabile” (Brunelli 1998: 140).

Fig. 1 - Localizzazione del sitodi Tor dei Pagà (2240 m) in una vista 3D del versantealla destra orografica del fiumeOglio, Alta Valcamonica.

Fig. 1 - The Tor dei Pagà site(2240 m) in a 3D view of the right bank of the riverOglio, Upper Valcamonica.

poligonale, un edificio interno, e un cortile con il focolare. Il rinvenimento direperti datanti (in particolare una chiave in ferro e due monete) ha permessoinoltre di inquadrare la struttura nel periodo basso-medievale (XIII-XIV se-colo).

2.2. Metodologia e strategia di lavoroLa localizzazione dell’area di indagine a quota elevata (2240 metri) insieme

alle innegabili difficoltà di accesso e trasporto sul sito di attrezzatura e strumen-tazione (possibile solo a piedi lungo un percorso su mulattiere di circa due oredal centro abitato della frazione di Canè) hanno condizionato e orientato lescelte metodologiche.

L’indagine dell’area, possibile solo nei mesi estivi per i limiti meteorologici eambientali, ha preso avvio nell’estate del 2011 (1 - 13 agosto) dall’osservazionee dalla documentazione fotografica (survey generale dell’area) delle evidenzestrutturali ancora visibili lungo la cresta discendente dalla cima del monte Blese solo parzialmente coperte dal manto erboso.

Si sono quindi programmate per le estati seguenti 2012 e 2013 due campa-gne di indagine archeologica e di documentazione grafica delle strutture. Le in-dagini, dirette dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia(dott. A. Breda), si sono svolte nei mesi estivi del 2012 (16 luglio - 11 agosto)e del 2013 (15 luglio - 9 agosto) con la presenza, oltre ai tecnici incaricati e dialcuni volontari, degli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Bre-scia e di Milano, grazie alla collaborazione con la cattedra di Archeologia Me-dievale della sede di Brescia (prof. Marco Sannazaro).

Il primo intervento ha comportato la rimozione manuale della vegetazione(cotica erbosa d’alta montagna e piante di basso fusto). Si è quindi intervenutisui crolli che sigillavano le strutture e ne impedivano la corretta lettura plani-metrica con l’ausilio di un piccolo mezzo meccanico trasportato in quota.

Si è scelto di focalizzare le indagini solo su una delle strutture identificabilinell’area (struttura denominata E, Fig. 3), la più complessa ed estesa, per nondisperdere le energie e per ottimizzare i tempi e le risorse a disposizione, e soloparzialmente sulle altre (solo rimozione della vegetazione).

La seconda fase di intervento ha visto quindi il rilievo topografico planime-trico della struttura mediante stazione totale e parziale rilevazione della mor-fologia dettagliata dell’area con strumentazione DGPS.

Nel dettaglio della documentazione delle strutture si è deciso di distinguerei singoli elementi strutturali (murature) identificando ciascuno di essi con unnumero di unità stratigrafica (US) con la compilazione di relativa scheda. Si èritenuto inefficace e inapplicabile al tipo di murature presenti l’uso del concettodi unità stratigrafica muraria (USM, Brogiolo 1988), trattandosi prevalente-mente di murature composte in pietra a secco e in rari casi dotate di tessituramuraria ordinata e provviste di legante in malta. I questi ultimi rari casi, si è ul-teriormente documentato le murature con rilievo del prospetto e descrizionedettagliata secondo modello della scheda USM.

Un’ultima fase delle indagini è stata dedicata al saggio archeologico di unodei piani d’uso della struttura E che ha permesso la verifica della presenza dimateriali archeologici e ha consentito di poter identificare reperti datanti in con-testo stratigrafico ora in corso di studio presso il “laboratorio di archeologia”dell’Università Cattolica.

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2.3. Caratteristiche e organizzazione delle struttureLa maggior parte delle strutture che compongono la fortificazione di Tor dei

Pagà sono localizzate lungo la cresta discendente dalla cima del monte Bles chedomina l’abitato di Vione al culmine di una conca naturale in cui si alternanoboschi e radure [Fig. 2].

Il versante occidentale della cresta digrada verso una piccola conca naturaleche precede l’inizio del bosco, mentre il versante orientale, che dovrebbe im-mettere direttamente sulla Val di Canè, è invece caratterizzato dalla presenzadi uno stretto avvallamento naturale (che presenta il caratteristico toponimo diCanalì de la Tor) e nel quale trovano collocazione due degli edifici.

L’affioramento di roccia naturale, in particolare scisti, quarziti e marmi, èstato sfruttato sia per la realizzazione degli elementi che compongono le mura-ture della struttura sia per la sua stessa fondazione.

Entrando nel dettaglio dei singoli edifici, l’insieme è suddivisibile in almenocinque corpi di fabbrica (A, B, D, E, F), di cui uno complesso (E), per identificarei quali si sono mantenute le lettere dell’alfabeto adottate negli anni Settanta perindividuare le strutture [Fig. 3].

Allo stato delle indagini solo il complesso di edifici denominato E è stato in-dagato in maniera sufficiente da poter permettere una preliminare descrizionee rilievo delle strutture. Si sono evidenziati infatti un muro di cinta poligonaledominato da una torre quadrangolare (denominata torre G), un edificio interno(ambiente H) e un cortile con il focolare (ambiente I).

Le restanti strutture sono state solo parzialmente pulite dalla vegetazione,cosa che ha permesso di attestare comunque la presenza, poco distante, di unaseconda torre più piccola, denominata B, e due altri edifici, denominati D e F.

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Fig. 2 - Il sito di Tor dei Pagà visto dall’alto. (Foto R. Valente)

Fig. 2 - The Tor dei Pagà site seen from above. (Photo R. Valente)

Fig. 3 - Planimetria generale delle strutturerealizzata negli anni Settanta (Mirabella Roberti1987: 138, Fig. 3, mod.).

Fig. 3 - General plan of the structures, drawn in the1970s (Mirabella Roberti, 1987: 138, Fig. 3, mod.).

2.3.1. Gli elementi strutturali del complesso di edifici E: la torre GL’edificio definito torre G [Fig. 4] sembra costruito con una tecnica muraria

omogenea, esito di un unico cantiere edilizio. La torre è impostata direttamentesulla roccia, che in più punti affiora visibilmente e che costituisce precisi puntid’appoggio per le murature.

Presenta pianta quasi quadrata, la cui dimensione esterna è di m 5,89 (latoest), m 5,90 (lato nord), m 6,10 (lato sud) e m 7,33 (lato ovest), per una luceinterna di m 3,52 x 3,09 circa, mentre lo spessore medio dei muri varia da m1,36 del lato settentrionale a 1,34 m del lato meridionale, e le altezze conservatevanno dai 30 cm (un corso) del lato settentrionale, ai 150 cm del lato occiden-tale. Le murature sono costituite di pietra scistosa, sbozzata o anche sagomata,e realizzate con la tecnica del muro a sacco, e verso l’esterno si presentano leg-germente inclinate a scarpa.

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Fig. 4 - La torre G vista da sud-ovest. (Foto G. Bellandi)

Fig. 4 -Tower G seen from the southwest. (Photo G. Bellandi)

Fig. 5 - Perimetrale orientaledella torre G, prospettoesterno, US 119. (Foto G. Bellandi)

Fig. 5 - Eastern wall of towerG, seen from outside. (PhotoG. Bellandi)

I paramenti esterni delle murature della torre (US 119, 134, 122) si con-servano per un massimo di nove corsi (prospetto orientale, US 119, Fig. 5) esi presentano irregolari per l’utilizzo di pietre di diversa lavorazione e dimen-sioni: alcune sono semplici pietre di scisto a spacco, di forma irregolare, nonlavorate e spesso usate a zeppatura; altre sono pietre sbozzate o lavorate, sub-rettangolari, anche di notevoli dimensioni (1,50 x 0,50 m). Lungo il prospettooccidentale (US 122) alcune pietre sono inoltre disposte inclinate, con dispo-sizione a spinapesce. Il legante è costituito generalmente da una malta discarsa consistenza, di colore bianco-rosato con inclusi di pietra di varia gra-nulometria, conservatasi in minima percentuale tra i corsi di pietra.

I paramenti interni non sono stati messi in luce, poiché la struttura è com-pletamente colmata da un probabile livello di preparazione per il piano d’uso(US 135), costituito da pietre scistose di uguale natura rispetto a quelle dellemurature, ma di più piccole dimensioni (scaglie irregolari) e apparentementeprive di legante, e da roccia naturale affiorante.

Si è constatato inoltre come le fondazioni dei muri della torre siano di di-versa natura: in alcuni punti la struttura poggia infatti direttamente sulla roccianaturale, in altri casi su uno stato organico naturale, adattandosi all’andamentodel terreno, e infine, nel caso del lato settentrionale, si è evidenziata la presenzadi un sistema di terrazzamento, composto da un muretto di contenimento im-postato entro una consistente spaccatura della roccia naturale e una colmaturain pietre che riempie lo spazio tra il muro di contenimento e il muro di cintadella torre [Fig. 6]. Tale colmatura costituisce quindi anche la base d’appoggiodella muratura stessa, e si concretizza lungo un buon tratto con una risega diappoggio.

Solo in rari casi si è evidenziato un vero e proprio taglio nel terreno per l’im-postazione delle murature, che sembrano invece sfruttare il più possibile la na-tura del terreno, prevedendo in questo modo un dispendio energetico minorenella costruzione.

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Fig. 6 - Sistema di terrazzamento lungo il latosettentrionale della torre G.(Foto G. Bellandi)

Fig. 6 - System of terracingalong the northern side of tower G. (Photo G. Bellandi)

2.3.2. I muri di cinta della struttura EAll’attuale stato delle indagini, la cinta di fortificazione della struttura E ri-

sulta composta da tre distinti segmenti [Fig. 7].Il primo, e meglio conservato, è il muro di cinta settentrionale (US 102) che

discende con orientamento NE-SW, per una lunghezza di 13,80 m, a valle dellatorre G, alla quale è collegato presso lo spigolo nord-occidentale della torre,dove entrambe le strutture poggiano sulla roccia naturale. Il muro presenta unospessore di circa 0,90 m ed è costituito da pietre scistose a spacco di diverse di-mensioni e sfaldature che formano i due paramenti esterni; è legato con duetipi di malta: sciolta di colore rosato nella parte interna della struttura e biancamolto più tenace nel paramento esterno.

I paramenti esterno e interno presentano caratteristiche molto simili: sonocostituiti da corsi orizzontali di pietre scistose a spacco, di varie dimensioni (me-diamente piccole) e disposte in modo piuttosto regolare, che diventano semprepiù sconnessi e inclinati man mano che la struttura segue il naturale pendiodella montagna fino al punto di cedimento della struttura. Sono leggibili da cin-que a dieci corsi di pietre disposte orizzontalmente, poste a zeppatura e ancheinclinate a spinapesce nei cambi di pendenza [Fig. 8].

Il muro presenta un’interruzione della struttura nei pressi dello spigolo sud-occidentale (identificabile nel collasso delle pietre murarie in uno specificopunto della muratura), interpretabile forse come un varco per l’accesso agli am-bienti interni dell’edificio E, ma al momento non ulteriormente verificabile, datoche si tratta del punto in cui il muro subisce la maggiore pendenza e dove il col-lasso generale della struttura è maggiormente evidente.

A causa dei problemi di conservazione della struttura (aggressioni biologi-che e danni meccanici) si è intrapreso su di essa durante la campagna 2013 unintervento di restauro conservativo per impedirne crolli.

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Fig. 7 - Il sistema delle trecinte murarie della struttura E e la torre G. (Foto R. Valente,modificata)

Fig. 7 - The three walls of the structure E and tower G. (Photo R. Valente, mod.)

Il secondo muro di cinta, quello occidentale (US 105), presenta orienta-mento N-S e si estende per circa 7,30 m, con larghezza massima di 1,74 m; ècomposto di pietre scistose a spacco di diverse dimensioni e sfaldature, siste-mate in diversi corsi abbastanza regolari disposti a secco per un’altezza varia-bile di circa un metro lungo il prospetto esterno occidentale, l’unico almomento visibile. Il rapporto con il muro di cinta settentrionale è di difficilelettura, dato che i due muri si congiungono nel punto di collasso del muro US102, ma si auspica che il proseguo degli scavi possa chiarire meglio il rapportotra le due strutture.

L’ultimo muro di cinta individuato, definito meridionale (US 133), è orientatoE-W e lungo complessivamente 27,60 m circa; è composto anch’esso da pietre sci-stose a spacco di diverse dimensioni e sfaldature, sistemate in diversi corsi disor-dinati e privi di legatura, per un’altezza massima conservata variabile da 0,50 a0,80 m. Il muro di cinta meridionale si trova collocato in forte pendenza: questofattore ne ha determinato il collasso quasi totale, con l’aggravante della spinta de-terminata dall’ingente crollo delle strutture della torre G e degli edifici internidella struttura E, che hanno seguito la direzione di pendenza del pendio (N-S). Siè quindi riusciti a seguire la struttura solo parzialmente, mettendo in luce il pro-spetto meridionale del muro (conservato al massimo per due, tre corsi), fino a in-dividuare il punto in cui la struttura, con andamento leggermente divergente versosud-est e quindi non perfettamente parallelo al muro settentrionale, si esauriscepoggiandosi direttamente sulla roccia naturale del pendio [Fig. 9].

La porzione di muro messa in luce sembra quindi essere, più che un semplicemuro di cinta, il sistema di fondazione del muro stesso, e anche una sorta distruttura di contenimento per il livellamento dei piani degli ambienti internidella struttura E, forse a due livelli (si conservano al massimo per due, tre corsi,per un’altezza massima conservata variabile da 0,50 a 0,80 m), di cui quello di

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Fig. 8 - Muro di cinta settentrionale della struttura E, US 102. (Foto G. Bellandi)

Fig. 8 - Northern wall of structure E, US 102. (Photo G. Bellandi)

Fig. 9 - Muro di cinta meridionale della struttura E,US 133, particolare del settore sud-orientale. (FotoG. Bellandi)

Fig. 9 - Southern wall of structure E, US 133, detailof the south-eastern section. (Photo G. Bellandi)

base pare più largo a formare quindi una sorta di risega di fondazione (larghezzamassima 1,45 m).

Lungo l’andamento irregolare del muro è però perfettamente individuabile(per l’interruzione della muratura) il varco di accesso alle strutture interne del-l’edificio E (larga 2,35 m).

Anche se il dato è ancora da verificare, si ipotizza un rapporto di continuitàcon il muro di cinta US 105 dal momento che le strutture sono molto simili eparrebbero frutto di un’unica azione.

2.3.3. Gli ambienti interni della struttura EAll’interno delle tre cinte murarie (US 102; US 105; US 133) si trovano al-

meno due ambienti. Nel 2013 si è portata a compimento la messa in luce della quasi totalità degli

ambienti interni alla cinta muraria della struttura E eccetto l’angolo sud-occiden-tale, che presenta alcuni problemi di interpretazione ancora da chiarire, e la por-zione sud-orientale dell’area di scavo ancora occupata dalla vegetazione (laricie cotica erbosa). Tutte le strutture relative all’edificio E si trovavano sigillate daun crollo di grosse proporzioni composto in gran parte da blocchi di scisto cadutidalla torre G, ma anche dalle murature che compongono la stessa struttura E, eda abbondante malta sbriciolata.

Per convenzione si sono nominati i due ambienti interni principali della strut-tura E come ambiente H (perimetrali in muratura) e ambiente I (dotato di fo-colare) [Fig. 10].

L’ambiente H è un edificio a pianta rettangolare irregolare che si compone dimurature perimetrali US 110 (con nicchia), US 111=112, US 113 e US 136 e diun piano d’uso US 132 in terra battuta. Le murature US 110 e US 111=112 sonoaddossate al pendio adattandosi all’andamento naturale del terreno in modo taleda creare un differente asse di allineamento con le altre murature perimetrali. Iparamenti interni conservati in alzato (US 110, US 111=112) sono molto più cu-rati di tutte le altre strutture murarie sia dell’edificio E, sia della torre G: il peri-metrale meglio conservato US 110 presenta fino a otto corsi regolari di pietre

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Fig. 10 - La torre G,l’ambiente H e l’ambiente Ivisti dall’alto. (foto G. Valente, mod.)

Fig. 10 - Tower G, zone H and zone I viewed from above.(Photo G. Valente, mod.)

scistose a spacco di piccole e medie dimensioni, disposte prevalentemente in oriz-zontale, ma talora anche in verticale a zeppatura. Sempre il prospetto del muroUS 110 è caratterizzato dalla presenza di una nicchia formata da pietre poste inverticale e una in orizzontale da base (manca la corrispondente parallela supe-riore), interpretabile coma nicchia porta-lume anche per il rinvenimento nei pressidi essa di una candela in cera. Il muro US 111=112 presenta caratteristiche moltosimili, con la variante della disposizione a spinapesce di alcuni corsi di pietra.Meno ben conservate sono le murature meridionale (US 113) e occidentale (US136): la prima è conservata quasi solo in fondazione (sono visibili uno o massimodue corsi di pietre legate con malta e disposte prevalentemente in corsi orizzontali,ma anche obliqui a spinapesce); la seconda è presente solo a livello di fondazione.

Lo spazio interno si presenta ad aula unica con un piano d’uso (US 132) insemplice terra battuta.

Atti della Tavola Rotonda / BOSCO CHIESANUOVA (VR) - 26, 27 OTTOBRE 2013 / 41

Fig. 11 - L’ambiente I con al centro il focolare. (foto R. Valente)

Fig. 11 - Zone I with centralhearth. (Photo R. Valente)

Fig. 12 - Ambiente I: dettaglio della trave lignea.(foto R. Valente)

Fig. 12 - Zone I: detail of wooden beam. (Photo R. Valente)

L’accesso alla stanza doveva avvenire dall’angolo sud-occidentale, lungo il muroperimetrale occidentale US 136, dove si evidenzia la presenza di una grossa pietrascistosa (0,75 x 0,44 m) interpretabile come soglia della porta di accesso.

All’interno della cinta dell’edificio E, tra il perimetrale occidentale dell’am-biente H e il muro di cinta occidentale (US 105), è presente anche un secondoambiente che è stato denominato ambiente I [Fig. 11]: di esso non sono statiindividuati con chiarezza i limiti perimetrali, ma è stata individuata la presenzadi un focolare (US 129-130) parzialmente strutturato con pietre perimetrali di-sposte di piatto sui lati orientale e settentrionale intorno a un’area di terra scot-tata, posizionato al centro di quello che a una prima analisi pareva un cortile acielo aperto nei pressi dell’ambiente H.

Anch’esso si presenta come un ambiente a pianta rettangolare, impostato suun substrato roccioso affiorante soprattutto lungo il lato sud della struttura dovele pendenze del pendio costringono a un salto di livello verso un piano inferioredi quota.

L’ambiente I ha caratteristiche strutturali diverse rispetto all’ambiente H dalmomento che non ha murature perimetrali: esso presenta un unico lato strut-turato a nord (lunghezza 5,33 m), composto da una struttura in tecnica mista,legno e muratura, impostata in un taglio entro il livello evidenziato sotto ilcrollo a ovest della torre G. Si tratta, più che di una vera e propria costruzioneperimetrale, di una sorta di struttura di contenimento del pendio in forte pen-denza, entro cui si imposta l’ambiente. Risulta di notevole interesse l’utilizzotra i materiali utilizzati lungo il perimetrale nord dell’ambiente I di una travelignea (larice), lunga 3,69 m, disposta orizzontalmente alla base della strutturae perfettamente conservata sotto i livelli di malta dei crolli e che è stata sotto-posta ad analisi dendrocronologica e radiocarbonica (analisi in corso).

La trave è impostata al di sotto e in parallelo a un ulteriore elemento strutturalein pietra, ovvero un muro in pietra a secco (US147, lungo 84 cm e alto 40 cmcirca), che presenta uguale funzione di elemento di terrazzamento [Fig. 12].

L’ambiente I presenta quindi il lato orientale in condivisione con l’ambienteH di cui sfrutta il muro occidentale US 136. I restanti due lati perimetrali (occi-dentale, lungo 4,91 m, e meridionale, 3,92 m) sembrano mancare di elementistrutturali in muratura, anche se, almeno per il lato occidentale, la struttura po-teva sfruttare la presenza del muro di cinta occidentale (US 105), ma è anchepossibile ipotizzare che o essi fossero aperti oppure che essi potessero esserecomposti da elementi lignei.

A confermare la presenza di una struttura lignea (anche solo una copertura),è infatti una serie di buche per palo tagliate nel piano d’uso dell’ambiente I (US148), di cui una, in posizione centrale nei pressi del focolare e inzeppata conpietre, potrebbe essere interpretabile come funzionale al palo portante di unatettoia lignea di copertura dell’ambiente.

2.4. Le altre strutture circostantiLa presenza di altri edifici nell’area sottoposta a indagine è attestata già dai ri-

lievi planimetrici degli anni Settanta. Durante le recenti indagini si è limitato l’in-tervento alla sola rimozione della vegetazione per la torre B e gli edifici F e D.

Tra di essi sicuramente la più interessante è la cosiddetta torre B [Fig. 13],molto simile alla torre G, ma di poco più piccola per dimensioni: anch’essa è im-postata direttamente sulla roccia naturale e presenta pianta quadrata, la cui di-

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mensione esterna è di m 5,50 x 5,63, per una luce interna di m 3,03 x 2,54 circa,mentre lo spessore medio dei muri varia da m 1,36 del lato sud a 1,20 m del latonord. È ugualmente realizzata con pietre scistose sbozzate, con la tecnica delmuro a sacco. Sono stati messi in luce solo i prospetti interni (eccetto il muro oc-cidentale US 204 di cui si è messo in luce, solo parzialmente, il prospetto esterno,ma non quello interno), dal momento che non sono stati rimossi i crolli esternialla torre. È stata realizzata però una piccola trincea lungo il prospetto esternodel muro meridionale (US 201) per individuare gli spigoli esterni della torre.

I paramenti interni delle murature della torre B (US 201, 202, 203) si conser-vano per un massimo di cinque corsi (per un massimo di 1 m di altezza) e si pre-sentano irregolari per l’utilizzo di pietre di diversa lavorazione e dimensioni: alcunesono semplici pietre di scisto a spacco, di forma irregolare, non lavorate e spessousate a zeppatura; altre sono pietre sbozzate o lavorate, sub-rettangolari. Ancheper le murature della torre B è stata usata una malta di scarsa consistenza, conser-vatasi in minima percentuale tra i corsi di pietra, di colore bianco-rosato, con inclusidi pietra di varia granulometria. I muri US 201-202-203 sono sicuramente fruttodi un medesimo cantiere e si legano tra loro in perfetta continuità. Così deve essereanche per il muro occidentale della torre (US 204) che, avendo subito il dannomaggiore per il collasso della struttura, resta ancora sigillato sotto il crollo e non èpossibile al momento stabilirne esattamente le relazioni con le altre murature.

Anche per quanto riguarda l’interno della torre si è provveduto unicamentea rimuovere la vegetazione.

Si è quindi messa in luce, presso il muro meridionale della torre (US 201) eparallela ad esso, una trincea (US 212) molto probabilmente da ricondurre aiprecedenti saggi degli anni Settanta (nel riempimento US 208 si sono trovatiinfatti materiali moderni). Così come da attribuire a tali lavori è lo strato US205, come parte della terra di risulta degli scavi di Mirabella Roberti.

Allo stato attuale della situazione si ipotizza che il piano d’uso della torre siaimmediatamente sotto il materiale riportato negli anni Settanta (considerandoche lo stesso Mirabella riporta nel diario di scavo del 1977 di averlo raggiunto2),

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2 Archivio Soprintendenza Archeologica della Lombardia.

Fig. 13 Torre B, localizzazionerispetto alla struttura E. (foto R. Valente, mod.)

Fig. 13 -Tower B, position with respect to structure E.(Photo R. Valente, mod.)

dal momento che presso il muro settentrionale della torre (US 203) già affiorala roccia naturale (US 211) su cui la torre è fondata.

3. IL CONTRIBUTO DELL’INDAGINE ARCHEOZOOLOGICA:OBIETTIVI, METODI, RISULTATI PRELIMINARI, CONFRONTI(D.C.)

3.1. Introduzione e obiettiviI reperti osteologici animali raccolti durante le indagini nel sito di Tor dei Pagà

offrono l’occasione unica di documentare, per un contesto fortificato di alta quota,quali specie animali fossero presenti e allevate o sfruttate dai residenti. Il poten-ziale informativo risulta estremamente interessante se si considera la complessitàdei fattori che determinano la composizione di un campione faunistico prove-niente da uno scavo archeologico: l’azione dell’uomo, ovvero le diverse strategieeconomiche umane per lo sfruttamento della risorsa animale, e il contesto am-bientale, cioè l’ecosistema circostante e la disponibilità delle risorse ambientali.

Si rinvia alla pubblicazione specifica in corso di preparazione per la spiegazionedettagliata delle metodologie applicate e l’analisi dei dati archeozoologici raccoltisul campo e ottenuti in laboratorio. Il contributo presentato in questa tavola rotondasi focalizza sui principali indicatori archeozoologici offrendo un’interpretazione pre-liminare: composizione del campione faunistico, profilo demografico degli animalidomestici, studio della frequenza degli elementi scheletrici, valutazioni morfome-triche, osservazione di tracce di macellazione e di lavorazione. Infine alcuni con-fronti con altri siti alpini comparabili per datazione, contesto e altitudine sonodisponibili e offrono spunti di discussione attualmente in corso di approfondimento.

Tale studio rappresenta un rilevante contributo per integrare, insieme allealtre fonti e tracce archeologiche, le informazioni per la ricostruzione della fun-zione del sito. Inoltre fornisce nuovi indizi e pone nuove problematiche nell’am-pio dibattito archeologico non solo sul rapporto tra gruppi umani e popolazioneanimale in ambiente alpino, in particolare nell’epoca tardo medievale e pre-mo-derna, ma soprattutto sulla valutazione delle tracce archeozoologiche come in-dizio di attività pastorale e di status sociale.

3.2. MetodiLe metodologie seguite durante l’indagine sul campo hanno incluso la valu-

tazione delle condizioni di conservazione e di frammentazione del materiale,l’osservazione dello stato di giacitura e della disposizione delle ossa, l’indivi-duazione di eventuali aree di maggiore o minore concentrazione, la documen-tazione della presenza di elementi scheletrici in connessione anatomica, l’esamein fase di scavo di una serie di indicatori tafonomici (modificazione delle super-fici, “weathering”, tracce di rosicchiamento o morsicatura di animali, segni ditaglio o di frammentazione intenzionali, Reitz & Wing 2008), infine raccolta avista e selezione delle US destinate alla setacciatura.

Le analisi di laboratorio hanno seguito i criteri codificati in archeozoologia perla diagnosi di specie (Schmid 1972; Barone 1980; Prummel 1988; Cohen & Ser-jeantson 1996; Hillson 1999; Williams 2001) e per la quantificazione dei reperti(NISP, NMI, resa in carne, Flannery 1969; Vigne 1991; O’Connor 2000; Chaix &Meniel 2001). Nella determinazione dei reperti di ovicaprini, quando possibile, si

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è distinto tra capra e pecora secondo i criteri di Bössneck et al. (1964), Payne(1985), Prummel & Frisch (1986), Zeder & Pilaar (2010) e Zeder & Lapham(2010), tuttavia vengono per adesso valutate in un unico gruppo. La stima dell’etàalla morte è ottenuta con l’osservazione dello stato di saldatura delle epifisi e del-l’eruzione dentaria (Silver 1969) insieme alla valutazione del grado di usura deidenti (Grant 1982 per i bovini e i suini; Payne 1987 per gli ovicaprini). Le misura-zioni delle ossa sono state effettuate secondo i criteri formulati da Von Den Driesch(1976), mentre l’altezza al garrese è stata calcolata tramite i coefficienti propostida Teichert (1969) per i suini e gli ovicaprini e da Matolcsi per i bovini (1970).

Per quanto riguarda la metodologia seguita per l’analisi delle paleopatologiesu resti faunistici, l’osservazione è stata condotta seguendo gli studi di Baker &Brothwell (1981).

3.3. RisultatiIl materiale faunistico analizzato è stato raccolto durante le tre campagne di

scavo archeologico a Tor dei Pagà (Vione) negli anni 2011, 2012 e 2013. Al mo-mento non si segnalano differenze tra l’area della torre e gli ambienti, ma ulte-riori informazioni potrebbero giungere dall’analisi statistica in corso a cura deldr. C. Alexander che potrebbe evidenziare un accumulo differenziale.

In via preliminare si possono individuare due gruppi: quello corrispondente almateriale raccolto nel 2011-2012 e quello dell’ultima campagna di scavo. Il primocampione proviene da strati più recenti e superficiali, esclusivamente crolli, e contaun numero totale di 525 reperti, di cui soltanto 114 determinabili (oltre la metàdei resti appartiene a ovicaprini). A causa delle condizioni ambientali il materialeosteologico è caratterizzato da un alto livello di frammentazione e da un interes-sante numero di ossa con segni di weathering, di morsicatura di carnivori, di rosic-chiamento di roditore. Tutte queste tracce sono da correlare a una giacitura insuperficie delle ossa. Data la localizzazione del sito, questi livelli più superficialidovrebbero essere coerenti con una frequentazione pastorale (?), ma il materialeè molto frammentario e in quantità limitata. Inoltre non sono stati ritrovati animaliin connessione o altri indizi compatibili con simile frequentazione (per es. animalimorti durante l’alpeggio in modo naturale, Nussbaumer & Rehazek 2008).

Per la campagna 2013 il totale dei resti è 2566 (1953 indeterminabili; 613 de-terminabili) ed è stato raccolto in US sottostanti i crolli che sono state sottopostea setacciatura. In particolare in questo gruppo l’area di ritrovamento principale ènell’ambiente con focolare (ambiente I). Per ogni indicatore archeozoologico ven-gono fornite in sintesi le caratteristiche di ogni specie determinata nell’insiemefaunistico del 2013 con una interpretazione indicativa e provvisoria da conside-rarsi con cautela e soggetta ad aggiornamenti nel caso di incremento del campionee nell’ampliarsi delle possibilità di confronto.

3.3.1. Composizione del campione Il rapporto percentuale tra il numero dei resti per le principali specie dome-

stiche si presenta, nei risultati preliminari, piuttosto equilibrato, soprattutto sesi considera la resa in carne: ovicaprini (40,5%)3, bovini (23,4%), suini (13,2%),

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3 In generale in ambito bassomedievale l’aumento dell’allevamento ovicaprino è sintomatico sia per lo sfruttamento di lanache di latte (Albarella 1997, 1999).

galliformi domestici (18,2%). Il campione include animali giovani sia tra gli ovi-caprini che tra i suini, il cui numero minimo rispetto agli adulti risulta in alcunicasi maggiore. Non mancano i resti di fauna selvatica (4,4%) tra cui lepre, cervo,orso, avifauna (fagiano)4.

3.3.2. Profilo demografico della popolazione di animali domestici(ovicaprini, bovini, suini)

Tra gli ovicaprini vi sono animali giovanissimi minori di 10 mesi, adulti gio-vani e maturi tra i 18-42 mesi e qualche soggetto senile di oltre 4 anni (fino a 6anni di età). L’età di abbattimento che include animali di tutte le età è coerentecon il tipo di sfruttamento diversificato (carne, latte, lana) a cui sono destinatiquesti animali. L’importanza di capre e pecore è nota fin dall’epoca romana perBrescia e per l’economia delle sue montagne nell’Alto Medioevo (Baker 1999).

I bovini risultano macellati tra i 18 e i 48 mesi. Questo dato indicherebbeuno sfruttamento prevalentemente alimentare come fonte carnea ed eventual-mente per i prodotti secondari (latte).

L’abbattimento dei suini entro un anno di vita e tra 2-3 anni, ottimale per laresa in carne, è un dato decisamente indicativo del primario ruolo del maialecome fonte alimentare; oltre alla carne, si consumavano anche gli organi interni(cervello, stomaco, sangue, fegato, cuore).

3.3.3. Studio della frequenza degli elementi scheletrici La presenza di ossa di tutta la carcassa, cranio, arti anteriori e posteriori ed

estremità delle zampe, a cui si aggiungono elementi vertebrali e coste, confermala probabile macellazione in situ degli ovicaprini. Al momento non vi sono ul-teriori dati sull’assenza di corna, infatti nonostante gli ovicaprini siano la speciemaggiormente presente per numero di resti, è stato rinvenuto soltanto un corno.

Per quanto riguarda la valutazione delle porzioni della carcassa, per i suini idati sono esigui, ma sembrano prevalere gli arti anteriori e gli elementi dentari,e non si esclude un approvvigionamento dall’esterno di questi animali.

Anche nel caso dei bovini tutte le porzioni della carcassa sono rappresentate,in particolare i tagli più ricchi di carne che potrebbero indicare un apporto dal-l’esterno. In questo caso ancora più probabile vista la difficoltà di gestione cheavrebbe avuto l’abbattimento di una bestia intera per il consumo di un piccolonucleo di residenti.

Infine il pollame da cortile presenta tutti gli elementi dello scheletro (anchecrani completi) e il ritrovamento in giacitura primaria di alcune zampe in con-nessione anatomica lascia ipotizzare la loro presenza in situ.

3.3.4. Valutazioni morfometricheIn generale le dimensioni riscontrate sui reperti integri sono compatibili con

altri siti di montagna medievali (Riedel 1996), tuttavia approfondimenti sono incorso di studio e si rinvia alla pubblicazione analitica dei dati (in preparazione).Per gli ovicaprini si registra un’alta variabilità che probabilmente rispecchia lacomplessità della composizione della popolazione ovicaprina: presenza di pecore

4 Le specie selvatiche presenti (orso, lepre, cervo) sono caratteristiche fin dall’Alto Medioevo e presenti sia in contesti urbaniche montani (Baker 1993).

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e capre, di soggetti maschili e femminili, oltre che di possibili razze differenti. Aquesto proposito i dati osteometrici sono limitati e per ora non vi è possibilità dianalisi del DNA, quindi sono in corso ricerche storiche di archivio per individuarele razze che potevano essere privilegiate a seconda delle loro qualità (prevalen-temente per il latte? Oppure per la lana?).

Le ossa di bovino hanno dimensioni piuttosto ridotte, “buoi e pecore sem-brano segnare, dopo la parentesi romana che ha visto l’introduzione di esemplarirelativamente grandi, il ritorno a forme più piccole destinate ad una vita abba-stanza lunga anche oltre il Medioevo” (Tecchiati 2012).

Per quanto riguarda i suini, le misure che è stato possibile rilevare sonotroppo esigue e non trovano al momento validi riscontri, neanche per ipotizzarel’eventuale distinzione tra maiale e cinghiale.

L’ampia variabilità nelle dimensioni dei volatili è probabilmente dovuta allapresenza sia di galli che di galline e di qualche giovane pollo, oltre che alla pre-senza di altri galliformi selvatici (per es. fagiano, quaglia).

3.3.5. Osservazione di tracce di macellazione e di lavorazione della materia dura animale

Lo studio delle tracce di macellazione ha riscontrato dimensioni e morfologiadei tagli compatibili con il processo di disarticolazione e di suddivisione della car-cassa effettuati con fendenti, in alcuni casi anche di sfilettamento con lame sottili.La tecnica di macellazione che prevede la suddivisione sagittale delle vertebre comeviene qui riscontrata [Fig. 14], si afferma proprio nel periodo bassomedievale.

Oltre ai consueti segni visibili nei punti di divisione su arti anteriori e posteriori,nei bovini su una mandibola si distinguono piccole striature ovvero segni di lamasottile per il distacco della lingua, e nei suini su una porzione di mandibola una seriedi quattro profondi tagli per la separazione del grugno dal resto del cranio [Fig. 15].

Un unico reperto, probabilmente uno scarto di lavorazione, è indicativo dilavorazione dell’osso a livello occasionale in ambito familiare. Si tratta di una

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Fig. 14 - 13 VTP US 115 - Tracce di macellazione. Cinque vertebre dimedie dimensioni con segni di suddivisione sagittale. (Foto D. Cesana)

Fig. 14 - 13 VTP US 115 - Butchery marks: five vertebrae of mediumsize with signs of sagittal split. (Photo D. Cesana)

Fig. 15 - 13 VTP US 124 - Sus domesticus. Porzione di mandibola con serie di quattro profondi tagli per laseparazione del grugno dal resto del cranio. (Foto D. Cesana)

Fig. 15 - 13 VTP US 124 - Sus domesticus: portion of themaxilla with a series of four deep cuts made to separatethe snout from the rest of the skull. (Photo D. Cesana)

diafisi di tibia di bovino con segno di taglio in due punti effettuato con lamadentata (seghetto) che ha lasciato sottili striature parallele.

3.4. Discussione e confronti5

Le problematiche e le difficoltà di interpretazione di tale campione derivanodalla rara disponibilità di confronti compatibili per datazione, localizzazione econtesto. Come si può intuire dalla discussione che segue, in ambito archeozoo-logico non vi sono in Val Camonica altri siti con dati faunistici disponibili e peril resto della provincia di Brescia si tratta di siti urbani o rurali di fondovalle e didatazione anteriore (a cura di P. Baker le analisi su Monte Barro, Brescia S. Giulia,Calvatone6). Approfittando della consolidata tradizione nello studio dei repertifaunistici del Trentino (Riedel 1979, 1987; Tecchiati 2009, 2012; Boschin 2012),è stato possibile instaurare una prima base di confronto con altre ricerche di mon-tagna e in siti fortificati. Infine si è ampliata l’indagine al resto dell’arco alpino,in particolare ad alcune ricerche dell’area svizzera.

Un parametro di confronto proposto in ambito medievistico (Clark 1987; Baker& Clark 1993; Salvadori 2003) considera il rapporto in percentuale tra bovini-ovi-caprini-suini e la sua variabilità quale indicatore socio-economico (Albarella 1997).Sebbene molto utile per delineare tendenze generali, il confronto dei dati archeo-zoologici fra siti di montagna e contesti rurali e urbani di fondovalle (di cui esi-stono molti studi soprattutto per la Lombardia) è molto difficile, perché complessisono gli equilibri dell’economia di montagna e delle sue relazioni con il territorio.

La composizione del campione di Tor dei Pagà, rispettivamente in ordine diimportanza per numero di resti, di ovicaprini, bovini, pollame e suini trova ri-scontro nel sito di Prösels (Boschin 2012), datato al XVI-XVII sec., dove l’ampiavarietà di fauna domestica e selvatica è indicativa di elevato rango sociale.

La presenza nell’insieme faunistico di molti animali giovani trova riscontroinvece nei dati del castello di Hauenstein (BZ), una roccaforte alpina datata alXIV-XV sec. (Tecchiati 2011). In questo sito una fossa di rifiuti ha restituito prin-cipalmente le ossa di bestiame domestico (45,4% del campione), in particolaredi vitelli giovani (indicativi di uno sfruttamento prevalentemente carneo), a cuiseguono suini e ovicaprini adulti (utilizzati nell’ambito della produzione casea-ria) e quindi pollame e avifauna domestica. Nonostante l’elevato rango socialedei residenti, la selvaggina (lepre, cervo, camoscio, orso, gatto) si attesta su unapercentuale piuttosto ridotta del 2,2%. Anche a Toblburg (Kofel, BZ) (Tecchiati2012), un castello medievale del X-XII sec., oltre la metà del campione appar-tiene a bovini 54,8%, seguono suini e ovicaprini.

Per quanto riguarda eventuali connotazioni militari, finora la presenza di suiniè considerato il principale indicatore. A questo proposito una interessante osser-vazione proviene dagli studi su sedi fortificate di epoca altomedievale a cura diTecchiati (2009). La crescente importanza del maiale, che quasi pareggia in nu-mero di resti con gli ovicaprini, è correlata a contesti militari e residenziali, comea Castel Drena, Loppio, Cosma e Damiano. A confermare la preminente necessitàdi rifornimento carneo, vi è la generalizzata preferenza per animali giovani. Inaltri siti, a Lamprecht o Stufles (Riedel 1979, Tecchiati 2009), una composizionepiù equilibrata del campione viene interpretata (Tecchiati 2009) come «espres-

5 Per quanto riguarda la ricerca di confronti archeozoologici sono grata per i consigli soprattutto al prof. U.Albarella, al dr. U. Tecchiati, alla dr. P.Baker, al dr. A.Rehazek, al prof. P. Della Casa e alla dr. Reynaud Savioz. 6 Baker 1999, 2001; Baker & Di Martino 1996.

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sione di comunità pienamente agricole di tipo più squisitamente civile, che trova-vano nell’allevamento di animali domestici uno degli aspetti economici più tipici».

Il sito di Tor dei Pagà sembra presentare in questo senso entrambe le carat-teristiche: prevalgono i resti di capre e pecore e minori sono i reperti di suino,però l’età di abbattimento e gli elementi scheletrici presenti sembrano indicareuna preferenza per la resa in carne.

Il campione analizzato si caratterizza anche per una consistente percentualedi pollame e una buona percentuale di selvaggina, entrambi gli animali sonoper il Medioevo considerati indizi di privilegi di caccia o di donazioni da partedei contadini. A questo proposito i confronti si ampliano ad alcuni castelli sviz-zeri coevi: il castello di Hohenklingen ob Stein am Rhein del XII-XV sec. (Reha-zek 2010), il Castello di Nidau del XIII sec. (Büttiker & Nussbaumer 1990) e laFortezza di Mülenen datata al XIII-XIV sec. (Rehazek comunicazione personale).Sebbene in questi siti le proporzioni suini-bovini-ovicaprini siano molto diffe-renti da Tor dei Pagà, la rilevante percentuale di pollame e una simile percen-tuale di fauna selvatica (rispettivamente al 4%, 7,7%, 5%) completano il quadrodi una dieta privilegiata in una sede residenziale di rango nobiliare.

Per quanto riguarda il confronto con altri siti pastorali in ambito alpino, al mo-mento risulta molto prezioso lo studio archeozoologico del sito svizzero di Brienz-Axalp (Chüemad) (Nussbaumer e Rehazek 2008). Si tratta di un recinto alpinodi epoca tardo medievale XIII-XV sec. la cui funzione economica è dapprima cor-relata alla produzione casearia e poi dedicata all’allevamento per carne. I resti de-terminati sono 185 e la quasi totalità (94%) appartiene a bovini. Nel campione sidistinguono alcuni animali morti per cause naturali (sia domestici che selvatici7)e i rifiuti alimentari di quelli macellati in alpeggio (molto rari e, secondo l’ipotesidegli autori, effettuata sui bovini soltanto in caso di emergenza)8 oppure, più pro-babilmente, portati dal villaggio per il consumo in situ. La presenza di qualcheresto di suino è probabilmente residuo di approvvigionamenti dall’esterno, infattil’uso di mantenere i maiali nella porcilaia integrando la loro dieta con il siero dellatte delle capre di alpeggio9 è databile al periodo successivo il XV sec. La compo-sizione del campione, l’osservazione delle tracce di macellazione, la frequenzadegli elementi scheletrici sono piuttosto diversi a Tor dei Pagà dove i risultati delleanalisi archeozoologiche delineano un quadro più ampio e articolato.

Chiaramente ogni sito è espressione di molteplici variabili, date le condizioniambientali e le tradizioni differenti che determinano le scelte umane, inoltre nelcondurre confronti diretti con altri studi archeozoologici si procede consapevolidelle relative problematiche (Albarella 199510). Tuttavia al momento i dati dispo-nibili hanno permesso di evidenziare alcune somiglianze e alcune differenze conaltri siti e contribuiscono a indirizzare le prime tendenze interpretative. I residentidi Tor dei Pagà avevano a disposizione animali, in parte portati dall’esterno e in

Atti della Tavola Rotonda / BOSCO CHIESANUOVA (VR) - 26, 27 OTTOBRE 2013 / 49

7 Si tratta di animali ritrovati durante lo scavo archeologico in connessione anatomica o in condizioni di giacitura tali.8 A differenza di Tor dei Pagà, in questo sito vi sono pochi segni di macellazione.9 Simile pratica è attestata soprattutto in quelle aree di alta quota oltre la linea della vegetazione.10 I problemi e i limiti metodologici nell’analisi e nei confronti fra i dati intra-sito e inter-sito sono molto complessi. La diffe-renziazione nelle tecniche di rinvenimento e di raccolta del materiale, l’originaria modalità di trattamento della carcassa daparte dell’uomo, la degradazione tafonomica differenziale e i metodi di quantificazione dei dati di laboratorio determinanoselezioni e influenzano la rappresentatività tra specie animali, maschi e femmine, giovani e adulti. Consapevoli di questolimite metodologico e delle condizioni di conservazione del materiale, lo studio dei reperti faunistici presenta in ogni casouna potenzialità informativa concreta su modi di vita e strategie economiche (Albarella 1995).

parte allevati in situ, garantendosi una dieta con apporto carneo di buona qualità,integrata eventualmente anche dai prodotti secondari, indice di un rango socialeelevato. Simile conclusione è indicativa e provvisoria e in attesa di aggiornamenticon il proseguire delle indagini in livelli stratigrafici sempre più interessanti.

L’incremento del campione e l’ampliarsi ad altri confronti intra-sito e inter-sito, l’integrazione dei dati con le analisi archeobotaniche e ulteriori informa-zioni dalle fonti etnografiche e di archivio potranno fornire una interpretazionepiù completa dell’insieme faunistico fin qui documentato.

4. CONCLUSIONI (G.B.)

La complessità del sito di Tor dei Pagà e i problemi ancora aperti riguardantila struttura fortificata, di cui in questa sede si è dato un primo e parziale quadro,non permettono di arrivare per ora ad una interpretazione definitiva.

Si confida che future ricerche diano nuovi spunti alla conoscenza del sito in-dagato nel contesto generale dell’Alta Valcamonica nel quale esso è inserito.

RINGRAZIAMENTI

Hanno sostenuto il progetto “Vione Archeologica”: Comune di Vione, RegioneLombardia, Fondazione Cariplo, Consorzio Parco dello Stelvio, Comunità Montanadi Valle Camonica, Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano e Brescia), So-vrintendenza ai Beni Archeologici della Lombardia, CAI – Club Alpino Italiano –Sotto sezione di Manerbio, Ecomuseo Alta Via dell’Oglio.

Un ringraziamento particolare al dott. Andrea Breda, al prof. Marco Sannazaro,al sindaco di Vione Mauro Testini, all’assessore Luigi Sterli, e a tutti coloro che invario modo hanno contribuito alla buona riuscita delle campagne archeologichefino ad ora realizzate a Tor dei Pagà.

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