EDGAR LEE MASTER, IL TRADITORE DEL VILLAGGIO. Riflessioni su analogie e differenze tra sociologia e...

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EDGAR LEE MASTER, IL TRADITORE DEL VILLAGGIO Riflessioni su analogie e differenze tra sociologia e letteratura: Erving Goffman a Spoon River. RELATORE LAUREANDO Prof. Fele Giolo Cianci Francesco 1

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EDGAR LEE MASTER,

IL TRADITORE DEL VILLAGGIO

Riflessioni su analogie e differenze tra sociologia e letteratura: Erving Goffman a Spoon River.

RELATORE LAUREANDO

Prof. Fele Giolo Cianci Francesco

1

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Indice

INTRODUZIONE ...................................................................pag. 4

CAPITOLO PRIMO

Dall'epigramma greco agli epitaffi di Masters..........................pag. 8

L'antologia di Edgar Lee Masters ......................................... pag. 11

CAPITOLO SECONDO

Spoon River, la sua vita quotidiana come rappresentazione pag. 18

Masters e Goffman ............................................................... pag. 27

Vita di Masters ................................................................... pag. 29

CONCLUSIONI ..................................................................... pag. 34

BIBLIOGRAFIA........................................................................pag. 36

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INTRODUZIONE

SOCIOLOGIA E LETTERATURA

LETTERATURA E SOCIOLOGIA

Il rapporto tra letteratura e sociologia è da molto tempo oggetto di

discussione e riflessione teorica per chi si occupa di sociologia e di

scienze umane e sociali in genere. Tale campo di studi si è sviluppato,

tra ottocento e novecento, in relazione alla nascita concomitante del

romanzo realista con la sociologia, con quest'ultima che ha dato

diverse interpretazioni della funzione della letteratura. . Tarzia segue

la strada della costruzione teorica sul “come i sociologi utilizzano la

letteratura” delineando un'evoluzione delle concezioni sociologiche e

distinguendo diverse “stagioni” del pensiero sociologico della

letteratura: grandi raggruppamenti di teorie ( e di studiosi) all'interno

dei quali le teorie presenti sono accomunate da un'ottica più o meno

omogenea1. La prospettiva che si sviluppa in Europa attorno a quello

che l'autore chiama il gruppo di Heidelberg all'inizio del novecento,

che vede come esponenti Weber, Simmel, e che deriva da un intento di

ricollocazione teorica rispetto al marxismo ed allo storicismo

positivista. La prospettiva neo-marxista si sviluppa successivamente

da Heidelberg stessa, grazie ai contributi di Lukàcs; all'interno di

questa si possono ricomprendere gli esponenti della scuola di

Francoforte e che, aldilà delle variazioni autoriali (rilevanti in

Benjamin), avrà come fuoco del ragionamento il ruolo della cultura

per il sistema sociale e come appare la società attraverso il

“rispecchiamento” artistico. In questo filone, sono degni di nota e

importanti gli interventi di Benjamin e Watt, figure che si possono

definire interstiziali, a cavallo di diverse prospettive. Il primo,

profondo conoscitore di Freud, introduce, con la sua opera teorica, la

1Fabio Tarzia, I sociologi e lo spazio letterario. Un profilo del novecento. Liguori editore, 2003. Bisogna dire che tale evoluzione non avviene solo su un piano diacronico, ad un determinato periodo storico non corrisponde solo una prospettiva, come si vedrà in seguito. L'evoluzione non è quindi da intendere nel senso cronologico ed hegeliano.

4

possibilità che avvenga una rottura del rigido dualismo struttura-

sovrastruttura proprio della filosofia marxista, tramite il ripensamento

della società che può avvenire proprio grazie all'attività speculativa

che la cultura (quindi la letteratura) opera su di essa. Il secondo, più

weberiano che freudiano, parla sì della possibilità di capire la struttura

sociale grazie alla letteratura, elemento teorico marxista, ma anche di

capire la letteratura partendo da una analisi del sociale.

Fino a questo punto ci si muove quindi sempre su un piano di

distinzione tra la dimensione sociale e quella simbolico-culturale, cui

la letteratura appartiene.

Questi due filoni europei reagiscono, quasi attenuando le loro

differenze, se paragonati al terzo filone presentato da Tarzia. Esso è

costituito dalla sociologia americana, con un percorso teorico che

parte da autori della prima generazione, tra cui spicca George Mead,

ed arriva alla seconda generazione che da vita alla Scuola di Chicago,

con Park, Thomas, Znaniecky, i coniugi Lynd, etc. Già in Mead sono

presenti concetti che aumentano la complessità della concezione

dell'identità individuale e sociale, la teorizzazione del interazionismo

simbolico e quindi la possibilità di un immaginario “lontano dalla

strutturazione binaria marxista”2. Debitrice di questi contributi ma

portatrice di notevoli novità teoriche e metodologiche, la Scuola di

Chicago per la prima volta, intorno agli anni venti, utilizza nello studio

sociologico lo studio sul campo, ricorrendo per la raccolta delle

informazioni della ricerca a materiale documentario diretto (biografia

o auto-biografia) o indiretto (lettere). Znaniecki parla a proposito di

“coefficiente umanistico”3, si tratta di documenti e di elaborati scritti

dai soggetti partecipanti al fenomeno studiato che possono avere anche

contenuto intimo. Questo metodo ha una relazione stretta con l'uso

2 Fabio Tarzia, op. cit., pp. 8-93 Florian Znaniecki, The Social Role of the Man of Knowledge, Harper & Row, 1968. “An observer of cultural life can

understand the data observed only if taken with the ”humanistic coefficient”, only if he does not limit his observation to his own direct experience of the data but reconstructs the experience and the data in the social context of the people involved”

5

della letteratura, espressione massima dell'elaborazione personale, in

sociologia. Questo dato fa capire anche la crescente enfasi nella

letteratura degli studi etnografici sul genere narrativo da adottare per

la stesura del testo della ricerca o sull'approccio narrativo alle

interviste, enfasi che si spiega con la convinzione che sia il

mantenimento delle diverse narrazioni soggettive a costituire la realtà

complessa che si sta studiando. Le diverse pratiche discorsive, le

retoriche e le semantiche soggettive, stabiliscono, all'interno dello

stesso campo sociale, relazioni contrappositive fra di esse che devono

essere ricomposte dallo studioso in un quadro interpretativo unitario e

con una pratica narrativa che sarà egli/ella stesso/a a scegliere4.

Gli studiosi della Scuola di Chicago fanno un ampio ricorso alla

letteratura per la descrizione della realtà urbana, utilizzano non solo i

romanzi urbani contemporanei ma Park utilizzò anche la poesia di

Withman5 (autore peraltro caro a Masters, che di Withman scrisse una

biografia). L'originalità degli studiosi di Chicago sta nella posizione

che i testi letterari assumono nella loro epistemologia: a differenza dei

colleghi europei, essi non credono la letteratura sia un prodotto

simbolico e allegorico che spetta al ricercatore decifrare, al contrario,

credono che “la letteratura è documento, quasi un indagine

sociologica effettuata da un non sociologo tramite l'immaginazione”6.

Altra differenza è che per questi autori la letteratura rappresenta

un'aspirazione al particolare piuttosto che al generale, come invece

sostiene Lukàcs, e che il compito di generalizzare spetta al sociologo.

Tutte queste divergenze possono forse spiegarsi col fatto che diverso è

anche l'”oggetto letteratura” a cui ogni “scuola” si riferisce: il pensare

4 Mariano Longo, Sul racconto in sociologia. Letteratura, senso comune, narrazione sociologica, Nómadas: revista crítica de ciencias sociales y jurídicas, ISSN 1578-6730, Nº. 14, 2006. “Il sociologo, quando svolge consapevolmente il proprio lavoro, giunge a una conoscenza che è valida non perché si assume il compito di rassicurare i soggetti (e nemmeno di scardinarne le certezze), quanto piuttosto perchè utilizza la concettualità della propria disciplina per osservare il mondo da un punto di vista eccentrico. Le fonti narrative [...] vanno anche esse utilizzate non nel rispetto presupposto della rappresentazione che l'attore dà della realtà, ma alla ricerca di interpretazioni sociologicamente coerenti del dato”

5 Fabio Tarzia, op. cit.6 Fabio Tarzia, op. cit., p. 10

6

che la letteratura sia una ed unica annuncia già l'angolatura a-storica

con cui si guarda al fenomeno, trascurando gli aspetti che sono

particolari di ogni contesto. La poesia di Masters o di Withman, o i

romanzi di Fitzgerald o Faulkner, la letteratura americana

contemporanea, non è la stessa che si produce, e su cui il dibattito

intellettuale si sviluppa, in Europa con i romanzi di Kafka, Musil,

Dostoyevsky, e poi Sartre, Camus, effettivamente impregnati di

tematiche intellettuali e filosofiche: insomma, la stessa etichetta di

“letteratura” contiene significati differenti plasmati da campi

intellettuali differenti, di cui anche gli studiosi sono attori.

In questo elaborato si cercherà comunque di evitare, per queste ragioni

, di costruire teorie generali dell'arte e si adotterà una prospettiva

storica allo studio dell'opera scelta. Spero comunque sia utile scegliere

il “particolare” libro di Masters, ”L'Antologia di Spoon River”, caso

forse emblematico della massima convergenza possibile a cui

l'immaginazione sociologica e letteraria possano, parafrasando il titolo

del saggio di Gabriella Turnaturi, arrivare. Per la stessa ragione, aldilà

di questa presentazione della storia delle teorizzazioni sociologiche

della letteratura, non ci si occuperà della costruzione di una teoria

organica, che esula dallo studio “relativizzato”, ossia che concerne

soltanto l'opera in esame ed il suo autore.

7

CAPITOLO PRIMO

DALL'EPIGRAMMA GRECO AGLI EPITAFFI DI MASTERS

L'epigramma nasce nell'Antica Grecia come iscrizione poetica funebre

o dedicatoria: la sua origine viene indicata dal nome stesso il cui etimo

, dal greco ἐπί-γραφὼ, significa letteralmente “scrivere sopra” e

rimanda a quello che è per noi l'epitaffio. Tale forma poetica è

caratterizzata dalla brevità e dalla icasticità della lirica, dal saper

racchiudere in poche parole espressioni definitive che non escludono

sentenza ne consiglio. Queste sono le caratteristiche principali che si

mantengono anche quando, nel periodo ellenistico, l'epigramma viene

adoperato per esprimere argomenti più vari e quindi,

corrispondentemente, mutano e decadono le norme che vincolano il

suo impiego ad un contesto preciso dell'esperienza quotidiana.

A partire dal V sec. a. C., infatti, epigrammi cominciano ad essere

composti da diversi lirici, tragici e anche qualche filosofo: molto

famosi, per la loro forma perfetta, quelli scritti da Platone e Simonide7.

Durante questo periodo gli argomenti trattati diventano molto varii e

quel che riconduce le poesie al genere comune sono la grazia e il

saper chiudere in pochi versi il concetto che si vuole comunicare.

Vengono riportate a tal proposito le parole di Cirillo, poeta, scrittore di

epigrammi, che così scrisse: “Vuoi un epigramma perfetto? Un distico

solo. Se giungi a tre versi, scrivi un poema, non un epigramma”8.

Gli epigrammi composti in età classica giungono ai giorni di Edgar

Lee Masters, ed ai nostri, raccolti in due grandi sillogi, l'Antologia

Planudea e l'Antologia Palatina che classificano le poesie per

argomenti tematici: epigrammi esortativi, dedicatorii,

dimostrativi,erotici, conviviali e sepolcrali.

7 Carlo Del Grande, Storia della Letteratura Greca, Loffredo- Napoli, 19758 Ibidem pag. 274

8

Le storie delle due sillogi sono differenti. La prima, la Antologia

Planudea, è il risultato di uno sviluppo lineare, fatto di ripubblicazioni

e di integrazioni di epigrammi mancanti nei volumi precedenti, una

sorta di “opera collettiva” nata dalla “collaborazione” di diversi

letterati appartenenti a diverse epoche, da Meleagro di Gàdara (III sec.

a. C.) a Costantino Cèfala che ne riordinò il materiale intorno al X

sec. d. C., fino a Massimo Planude che, nel XIV secolo, diede la

definitiva sistematizzazione alla raccolta che ne prese anche il nome.

La Antologia Palatina è il nome che prese un manoscritto, considerato

una revisione dell'Antologia di Cèfala, trovato nella Biblioteca

Palatina di Heidelberg; in questo manoscritto erano presenti poesie

che non si trovavano nell'altra raccolta, dal contenuto erotico e

amoroso, elemento che aveva fatto optare il monaco Planude per un

esclusione di questi testi dalla propria antologia.

La prima stampa completa di questa Antologia, più fedele e più

completa della Planudea, avviene nel 1776 e si può immaginare la

curiosità che suscitò in tutti i giovani interessati di poesia e letteratura

quella raccolta di 3400 poesie che, spaziando dall'erotismo, alla

morte , alla morale, toccavano tutti i problemi della vita e dell'uomo

vissuti in un epoca storica remota. Edgar Lee Masters la lesse nel

1913, dietro consiglio dell'amico, e direttore del giornale Reedy's

Mirrors, William Marion Reedy e, anche se non più giovanissimo, ne

restò molto affascinato e coinvolto. William Marion Reedy sarà, poi,

la persona che inviterà Masters a scrivere e pubblicare periodicamente

sul Reedy's Mirrors gli epitaffi che, raccolti, costituiranno la sua

nuova Antologia: l'Antologia di Spoon River. E' chiara che la volontà

dell'autore, attraverso l'escamotage dell'imitazione del titolo delle

Antologie classiche, è di richiamare provocatoriamente il/la lettore/ice

alla vigilanza circa le analogie e le differenze tra le opere classiche e

la sua. Queste ultime sono sia fonte di ispirazione da onorare quasi

con soggezione, cercando di imitarne la perfezione del linguaggio, la

9

grazia lirica, sia strumenti per la polemica sociale con il mondo e il

“cittadino medio” contemporanei. Questo si può desumere da diversi

elementi. La decisione innovativa di sfidare la rigida divisione

tassonomica della poesia epigrammatica delle Antologie9 creando

degli epigrammi funerari in cui si trattassero tutte le materie della vita

contemporanea: della quotidianità, dell'amore, del denaro, del

conformismo. La stessa scelta dei contenuti ed il modo di trattarli

letterariamente lasciano intravedere l'intento provocatorio dell'autore.

Così, da un lato egli apre alla prosaicità di temi che non compaiono

negli epigrammi greci: l'odio e il rancore nei confronti dei vivi da

parte dell'io parlante defunto, la mancanza di rimpianti al momento

della morte del vizioso e ubriacone del villaggio; dall'altro, riporta

degli eventi concreti e dolorosi della comunità di Spoon River, o di

suoi attori o gruppi, non per mezzo di metafore distaccate, dal tono

filosofico/moralistico e rassicurante, decontestualizzanti e de-

storicizzanti, proprie degli epigrammi classici, ma nel modo in cui il

soggetto farebbe nella pratica, nel linguaggio e nella forma che la

situazione sociale concreta ha plasmati in esso.

In sostanza, Masters costruisce una dialettica tra le immagini dei

mondi umani e sociali che evocano da un lato le antologie greche e

dall'altro l'Antologia di Spoon River, con le prime che proiettano un

mondo senza censure, una umanità libera che non pone limitazioni alle

esperienze esistenziali su cui far poesia, la seconda che ritrae un

umanità schiava del conformismo, in fuga dalla libertà ed

immoralmente moralistica.

9 Si è già detto che l'Antologia di Cèfala distingueva tgli epigrammi in: epigrammi cristiani, epigrammi ciziceni, epigrammi erotici, epigrammi sepolcrali, epigrammi epidittici, epigrammi morali o esortatorii, epigrammi conviviali o satirici, epigrammi in metri vari. [ Carlo Del Grande, 1975, pag.274]. In realtà la classificazione per materia non è stata che adottata dai letterati bizantini (tra cui lo stesso Cèfala) nel X sec. Le raccolte realizzate in epoca greca da Meleagro in poi , ragruppava le poesie in Corone, come se ogni poesia fosse un fiore.[ Antologia Palatina/ Scelta e traduzione di Salvatore Quasimodo, Arnoldo Mondadori Editore, 1992, pag. 8]. In quest'ottica la scelta di Masters è quasi un ritorno, non sappiamo se consapevole o meno, alle origini.

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L'ANTOLOGIA DI E. L. MASTERS

L'antologia di Spoon River è una raccolta di poesie in forma di epitaffi

pubblicati, dapprima, sul giornale “Reedy's Mirror” di St. Louis tra il

1914 e il 1915 e, nell'aprile del 1915, raccolti in un libro col titolo che

ha reso l'opera famosa. L'opera suscitò grande clamore in America , il

che contribuì al suo grande successo negli anni successivi alla sua

uscita, e fu tradotta in molte lingue, tra cui l'italiano.

Un caso di particolare successo fuori patria riguarda proprio l'Italia,

dove la fama del poeta degli epitaffi si diffuse singolarmente

raggiungendo quasi quella ottenuta negli Stati Uniti. Vale la pena

riportare le vicende della pubblicazione in Italia visto che di quella

vicenda sono protagonisti dei personaggi importanti per la letteratura

italiana del novecento10. Il libro “Spoon River Anthology” viene

regalato nel 1943 da Cesare Pavese, allora docente di Letteratura

Inglese e Americana e pressoché sconosciuto come scrittore, alla

“sua” studentessa Fernanda Pivano che comincia a tradurlo, all'inizio

per diletto; quando Pavese trova i manoscritti in italiano dell'opera di

Masters, spinge subito per pubblicare il libro completo delle poesie: in

un primo momento, il libro subisce la censura del regime fascista,

dopo, grazie all'escamotage di chiamarlo semplicemente “S. River” e

di spacciarlo per una agiografia di un fantomatico Saint River inglese,

viene pubblicato. Il motivo per cui l'opera viene censurata è lo stesso

per cui è così discussa in America e bene lo esprime la stessa Fernanda

Pivano: - “era superproibito quel libro in Italia. Parlava della pace,

contro la guerra, contro il capitalismo, contro in generale tutta la carica

del convenzionalismo. Era tutto quello che il governo non ci

permetteva di pensare [...], e mi hanno messo in prigione e sono molto

contenta di averlo fatto”11. Sarebbe interessante indagare il fatto che la

10 Le vicende qui riportate sono narrate con dovizia di particolari nell'autobiografia, ricostruita dalle pagine di diario, di Fernanda Pivano. - Enrico Rotelli, Mariarosa Bricchi (a cura di), FERNANDA PIVANO, DIARI [1917.1973],

11 Intervista rilasciata da Fernanda Pivano alla trasmissione “La Storia siamo Noi”, RaiTre, 25 febbraio 2008

11

fama de L'Antologia di Spoon River è quasi scomparsa in tutti i paesi

in cui è stata tradotta tranne che in Italia, dove ebbe maggior fortuna

per il “favore” del gruppo di intellettuali anti-fascisti di Torino (i già

citati Pavese e Pivano e inoltre Vittorini, Bobbio, Einaudi, Leone e

Natalia Ginzburg, Calvino, Primo Levi), e quali sono i rapporti di

influenza tra la letteratura americana, civile e realista, del primo '900

(si pensi ad Hemingway ed agli autori già citati) e quella italiana del

secondo dopo-guerra, di cui molti di quegli autori furono

protagonisti.12

Per quanto esuli dal tema trattato, un po' di suggestioni sparse si

possono dare in forma di domande. Chicago e Torino sono le città

industriali che incarnano la velocità della modernizzazione socio-

economica nei rispettivi paesi; puntualizzando le dovute differenze e

analogie (modello industriale con grande concentrazione di capitale

fisico; elevata immigrazione) si può dire che la Torino degli anni

'30/40 italiani, è, funzionalisticamente, la Chicago degli anni a cavallo

tra '800 e '900 negli Usa? Sul versante della “sociologia dell

soggettività artistica”, è possibile che il contesto della borghesia

intellettuale, che accomuna Masters con gli intellettuali italiani citati,

dia la possibilità (compiuta) di una critica che si basa sul vedere le

“virtù pubbliche e i vizi privati” degli strati socialmente e

capitalisticamente dominanti? Che le scelte critiche di alcuni, di

militanza apertamente anticapitalistica nella maggiorparte dei casi,

maturino da questo intreccio di visuale situata, capacità

intellettuale/simbolica elevata, e carica di indignazione giovanile che

si lega a momenti sociali conflittuali13? Sarebbe interessante indagare

1213 Chicago era il centro dell'attività degli IWW, il potente sindacato rivoluzionario americano: inoltre sono di Chicago

i morti del 1886, durante una giornata di sciopero operaio che ha dato al mondo del lavoro la giornata simbolo della loro lotta. Torino è al centro dell'attività antifascista e dell'insurrezione: in Piemonte sono state fondate molte Libere Repubbliche partigiane. Sia nel primo che nel secondo caso l'atmosfera elettrica della lotta si diffonde a tutta la società e in specie agli ambienti intellettuali socialmente più aperti, come dimostra il caso di Italo Calvino partigiano; nel caso di Masters, sia lui che il padre, che hanno condiviso la professione forense, hanno difeso militanti anarchici e rivoluzionari, “quando questo significava coraggio”, per utilizzare le parole di un'intervista rilasciata da De Andrè a Fernanda Pivano.

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a partire da queste domande ma, appunto, esula dall'economia e dagli

obiettivi del testo.

Tornando all'Antologia di Masters, nelle prossime pagine si cercherà

di cogliere il punto di vista dell'autore sulla società, mettere in luce i

contenuti di critica sociale dell'opera e cioè i motivi per cui l'autore fu

emarginato e stigmatizzato da quelle comunità da egli mise a nudo,

come egli stesso dice nella sua biografia e come risulta dalle lettere

scritte ad amici e parenti14.

Il motivo principale del malcontento è stato la scelta (ingenua?) del

poeta di raccontare storie che riguardavano persone ancora in vita e

avvenimenti allora recenti che presumibilmente gli interessati

cercavano di mantenere segreti.

L'opera è composta da duecentoquarantaquattro epitaffi; i personaggi

citati e trattati sono duecentoquarantotto; alcuni fatti narrati negli

epitaffi si intrecciano tra loro creando diciannove storie all'interno

della raccolta15. Una simile opera, piuttosto che tramite la polifonia di

voci dei tanti io parlanti degli epitaffi, avrebbe potuto essere realizzata

più agevolmente (per l'autore) tramite la forma-romanzo che, con

l'utilizzo della narrazione onnisciente, avrebbe fatto superare la

disgregazione narrativa. Sia che questo dato sia stata dettato da motivi

contingenti e casuali (la pubblicazione periodica sull'inserto di un

giornale è più compatibile con la produzione di poesie), sia che sia

stato invece una scelta consapevole, rende questa opera ancora più

interessante per il fatto che, mentre si è riflettuto molto in sociologia

sul rapporto tra narrazione della realtà nel romanzo e interpretazione

sociologica della realtà, poco si è scandagliato l'orizzonte della poesia

e le peculiarità di conoscenza sociale che è possibile ricavare rispetto

alle altre forme letterarie.

14 E. L. Masters, Across Spoon River, An Autobiography, Prairie State Books, 1990 Herbert K. Russell,Edgar Lee Masters: a biography, Univerity of Illinois Press, 2005

15 E. L. Masters, Across Spoon River, An Autobiography, Prairie State Books, 1990 Fernanda Pivano, Intervista immaginaria ad E.L. Masters, 1971

13

Il lettore che abbia finito di leggere l'Antologia si domanda subito se

Spoon River sia un villaggio esistente della provincia americana, quali

siano i riferimenti reali del libro e quali quelli inventati, come si

colleghino le storie presentate con la vita dell'autore e così via.

Spoon River, come ammetterà l'autore nella sua autobiografia, è un

luogo che non esiste nella realtà, quanto meno con questo nome.

Masters, quando matura la scelta di scriverlo, vive e lavora a Chicago

da diversi anni, e nelle poesie rievoca il periodo vissuto a Petersburg e,

soprattutto, a Lewistown, sul fiume Spoon. Poco tempo prima la

pubblicazione, gli era stata regalata dall'amico William Marion Reedy

l'Antologia Palatina ed un incontro con la madre gli fa tornare in

mente l'infanzia e l'adolescenza passata tra casa dei nonni, a

Petersburg, e Lewistown: questa la situazione in cui decide di

cominciare a scrivere. Quelle che scrive sono esperienze e storie,

alcune inventate, altre realmente accadute e ricordate, unificate

dall'intelligenza dello scrittore-osservatore che ha la capacità di vedere

le comuni regole dell'interazione sociale di contesti in apparenza

completamente diversi, come quelli della città, in cui vive (e osserva la

società) quando sta scrivendo, e quelli del villaggio di provincia in cui,

soprattutto durante l'adolescenza a Lewistown, è avvenuta la genesi

del suo “sguardo sociale”: “mi venne quasi subito l'idea: perché non

fare così il libro che avevo immaginato nel 1906, in cui volevo

rappresentare il macrocosmo descrivendo il microcosmo?”16. L'autore

crea un cosmo sociale fittivo con il fine di far specchiare il cittadino

moderno, metropolitano e colto, che legge il suo libro sull'immagine

del cosmo di uomini che recitano i loro epigrammi e da cui, allo stesso

tempo, sono raccontati. Questo mondo viene delineato con una

sensibilità ed una capacità di interpretare fenomeni complessi che si

16 Fernanda Pivano, Intervista immaginaria ad E.L. Masters, 1971. Utilizzo questa intervista immaginaria, perché costruita dall'autrice grazie alla lettura dell'auto-biografia di Masters ed a interviste agli abitanti di Petersburg e Lewistown realizzate nel 1956, quando l'autore era morto. Per queste ragioni penso sia comunque utilizzabile come fonte. E. L. Masters, Across Spoon River. An Autobiography, Prairie State Books, 1990, p. 339. L'espressione contenuta è la seguente: “...my purpose was to draw the macrocosm by portraying the microcosm.”

14

possono definire sociologiche, seppure inconsapevolmente.

Quello che accomuna tutte le figure rappresentate è la condivisa sorte

della morte , vista come la chiusura del sipario sulla vita; quest'ultima

invece vista (dal retroscena della morte) come continua pressione

esterna sull'individuo e sulla sua libertà. In effetti, la maggior parte dei

personaggi esce sconfitta da questa tendenza al controllo, da questa

forza antagonista della libertà, ma non tutti hanno le stesse rimostranze

e le stesse frustrazioni, oltre al fatto che alcuni outsider si sono posti

totalmente al di fuori del paradigma imposto (è il caso, ad esempio, di

“Jones il violinista”). Questa voglia di controllo e il continuo sentirsi

giudicati rappresentano la dimensione psicologica di fenomeni che

avvengono socialmente. La dimensione sociale, su cui, per quanto

riguarda l'analisi di quest'opera, troppo poco ci si è soffermati, si

sostanzia nel fatto che tutti gli individui denunciano le stesse pressioni,

si sentono braccati dal potere del controllo sociale della comunità di

cui fanno parte. In realtà, nella pratica dei discorsi dei “cittadini” di

Spoon River, è chiaro come la sfera soggetivo-psicologica e quella

oggettiva- sociale non siano distinguibili, essendo entrambe chiamate

in causa e poste in relazione dai soggetti stessi: lo evidenzierò in

seguito analizzando alcuni componimenti particolarmente eloquenti da

questo punto di vista.

In quest'ottica Masters fa un ritratto della pratica dell'azione sociale

molto consonante con la teoria della pratica di Bourdieu e con lo

schema concettuale dello strutturalismo genetico17. Questa prospettiva

della sociologia dell'arte, che vede come esponenti Goldmann e

Bourdieu, assume come fondamento di ogni studio sulle opere

culturali un approccio che sia al contempo storico e sociologico e che

si studi non solo il contesto di ricezione dell'opera ma anche quello di

17 Lucièn Goldmann, Genetic Structuralism in Sociology of Literature in Sociology of Literature & Drama (a cura di Elizabeth e Tom Burns, Penguin Edition, 1973. Pierre Bourdieu, Le regole dell'arte. Genesi e strutture del campo letterario, Il Saggiatore, 2005. A proposito del concetto di pratica, di conoscenza implicita e di teoria della pratica v. anche: Pierre Bourdieu, Per una teoria della pratica. Con tre studi di etnologia cabila, Raffaello Cortina Editore, 2003.

15

produzione18.

Questa prospettiva comporta l'analisi della relazione tra il contesto

sociale19 e il suo autore e guardare all'opera come un prodotto di

questa interazione. Vedere l'opera come prodotto particolare della

traiettoria sociale in cui la conoscenza in essa contenuta rappresenta,

in questo caso particolare, al contempo, la messa in opera della

conoscenza situata associata alla posizione occupata da lui e

l'elaborazione intellettuale sulla logica delle interazioni quotidiane.

Inoltre, l'operazione culturale deliberata di questa antologia è di

mischiare elementi reali e elementi inventati, seppure realistici, per

lasciare una teoria- pamphlet, un'analisi ed un messaggio critico in un

opera che unifica questi elementi. Eppure, oltre al contenuto che si

riferisce all'esperienza particolare della vita dell'autore nella provincia

americana, quest'opera è partecipata altresì dalla vita della metropoli

Chicago, dalle interazioni fuggenti ed epidermiche che nella moderna

metropoli avvengono; quindi, per quanto lo schema con cui Masters

legge la società aveva gettato i suoi semi a Lewistown, è

nell'esperienza a Chicago che esso si struttura: la stessa città che vedrà

nascere, dieci anni più tardi, uno dei gruppi di ricerca e teoria

sociologica più importanti per la storia della sociologi e, trent'anni

dopo, vedrà operare il sociologo Erving Goffman.

Tornando a Lewistown, lo sguardo dell'”attore” Masters, per quanto

critico, si è costruito in reazione alle relazioni, ai valori promossi, alle

visioni della vita di quella piccola società; il suo è uno sguardo situato

ma interno ed è per questo che dopo la pubblicazione e diffusione

dell'Antologia egli ha subìto l'ostracismo dalla “comunità”. Tuttavia, il

18 Goldmann arriva anche a teorizzare l'impossibilità di distinguere i due approcci di studio. Lucièn Goldmann, op. cit. pp. 109-110.

19 Si è detto che le storie riportate sono un amalgama di storie inventate e reali avvenute tra Petersburg e Lewistown. Tuttavia, l'autore dà molta più importanza all'esperienza sociale ed esistenziale vissuta a Lewistown nel determinare le sue disposizioni ed il suo orientamento sociale e politico: è a Lewistown durante l'adolescenza, essa gli sembra un città in miniatura, qui comincia a partecipare della vita “da grande”, a maturare un suo proprio sguardo e ad immergersi nella lettura. E' Lewistown, quindi, il luogo cui ci se riferirà quando si parlerà astrattamente di “contesto sociale”.

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“trauma” della rottura della pace sociale che la comunità, con

quest'atto, denuncia di aver subito, è dovuto sì al discredito che lo

scrittore ha gettato (senza troppe remore) su quel modello di società

ma anche a fattori esterni e, in un certo senso, superiori. Il fenomeno

della mobilità geografica e sociale che ha reso possibile l'incontro di

Masters con le località sul fiume Spoon, è il sintomo di un

cambiamento che è già avvenuto sia nelle strutture di possibilità

economiche della società sia nella mentalità- e i cambiamenti in essa

riflettono i cambiamenti delle prime-, almeno dello strato sociale cui la

famiglia Masters appartiene. Come vedremo meglio nella parte in cui

ci si soffermerà brevemente sulla vita dell'autore, la scelta di trasferirsi

a Lewistown e , in generale, l'infanzia e adolescenza nomade di

Masters, sono dettati dall'agire da homo oeconomicus del padre

avvocato; le considerazioni alla base degli spostamenti da un villaggio

più piccolo (Petersburg) ad uno più grande (Lewistown), sono

considerazioni che ineriscono le possibilità di inserimento lavorativo

in un mercato più “fertile”, ossia con più domanda e meno offerta del

bene “assistenza forense”, di quello da cui si parte. E' chiaro che la

costruzione di una simile ottica, tipica degli attori in una economia di

tipo capitalistico, rimanda ad un fenomeno molto più globale, lo

strutturarsi appunto del capitalismo, che esula dalla località di

Lewistown o Petersburg; ed è chiaro, anche, come corrispondano a

questo sistema economico una serie di valori culturali e di dinamiche

psicologiche che si estrinsecano, tra le altre cose, nel fatto che la

appartenenza territoriale, a differenza delle società tradizionali e

omogenee al proprio interno, non è più l'unica fonte di identità e

nemmeno la più forte. In questa prospettiva, il libro in questione non

sarebbe stato realizzabile da una persona che, vivendo tutte le sue

relazioni in una città e non avendo speranza di spostarsi, si trova in

una totale dipendenza individuale dalle relazioni materiali e

immateriali che intrattiene con la società cittadina. Io ritengo che il

punto di vista dell'autore, al contempo interno ed esterno, abbia tra le

17

sue cause anche i cambiamenti strutturali della società americana che

agiscono all'interno delle città della provincia. Tali elementi di

cambiamento, che vanno nel senso di una maggiore complessità della

realtà sociale, della comparsa di identità individuali e collettive che

infrangono la monoliticità voluta dalla società puritana, sono già

presenti prima della pubblicazione de L'Antologia: lo “scandalo”

associato alla sua uscita è dovuto al fatto che esplicitamente viene

proiettata nella sfera pubblica l'immagine di una società conflittuale e

disgregata, quanto meschina e ripiegata su sé stessa. Per tutti questi

motivi, l'idea di una reazione compattamente ostracistica della società

cittadina nei confronti di Masters per la critica sociale contenuta ne

L'Antologia si fonderebbe, innanzitutto, sull'incapacità di questa di

leggere il contenuto non locale della denuncia e, in secondo luogo,

dovrebbe implicare una omogeneità sociale che non c'è più: basti

pensare che anche le reazioni in seno alla famiglia del poeta sono state

discordanti, essendo, l'opera, piaciuta molto al padre e poco alla

madre. A proposito del contenuto non locale della denuncia, si è già

detto che la natura “comparativa” delle riflessioni da cui scaturisce

L'Antologia è chiaramente enunciata nella autobiografia di Masters,

l'oggetto dell'argomentazione del presente elaborato è che la posizione

“sociologica” di Masters presenta molto analogie, non esplicitate, con

la teoria teatrale dell'inter-azione sociale di Erving Goffman.

Quest'ultimo è sicuramente più attento alle dimensioni empiriche delle

sue argomentazioni, in numerosi passaggi de La vita quotidiana come

rappresentazione specifica che la sua analisi è adatta a spiegare i

contesti anglo-americani, forse per eccesso di relativizzazione, visto

che in questi contesti ha condotto le sue osservazioni; Masters non si è

mai posto il problema di circostanziare i confini sociali della

leggibilità del suo libro, proprio per la differenza di statuto del campo

letterario da quello scientifico. Tuttavia, se si considera l'affermazione

dell'organizzazione capitalistica della vita sociale l'elemento

consustanziale e determinante le caratteristiche delle teorie sociali dei

18

due autori, si possono dare le società anglo-americane come contesti di

riferimento anche dell'opera di Master, essendo le più progredite, da

questo punto di vista, all'epoca in cui scrivono entrambi20. Nell'ottica

di accostare le figure di Masters e Goffman, può essere utile rilevare la

complementarità delle scelte dei campi simbolici in cui ognuno ha

espresso le proprie posizioni. A proposito dello scrittore Masters, egli

non ha mai nascosto il suo schieramento politico democratico,

-testimoniato anche dalle autobiografie dedicate a Whitman, a

Lincoln,- e umanistico-radicale; sono state invece poco evidenziate le

posizioni sociologiche connesse alla sua posizione politica. Goffman,

d'altro canto, si è sempre e solo “espresso” tramite le sue ricerche e la

capacità, giustamente elogiata, di costruire, partendo da queste,

modelli teorici interpretativi della realtà sociale caratterizzati da una

versatilità che li rende applicabili a qualsiasi contesto; tuttavia, “[...] a

causa di questo commitment scientifico, oltre che per la sua naturale

antipatia per gli slogan e per le facili prese di posizione, ha sempre

evitato di schierarsi politicamente.”21 Nel prossimo paragrafo, si

cercherà di esplicitare i rispettivi contenuti tenuti in ombra dei due

autori.

20 C'è una differenza notevole nella diffusione internazionale dei due libri. Per quanto riguarda il libro di Masters, si è già detto del suo limitato impatto di traduzione e di diffusione , fatta eccezione per l'Italia, in Europa: esso può essere dovuto al fatto che in Europa si combatteva una guerra per cui è presumibile che le energie dei campi intellettuali di questi paesi erano tutte assorbite dal conflitto bellico e da problemi “interni”. Per quanto riguarda il saggio di Goffman, esso fu tradotto in tutte le lingue dei paesi europei e si diffuse molto fin da subito , il che conferma l'omologia dei contesti europei di ricezione e di quello americano di produzione nel momento in cui la guerra è finita ed il modello capitalistico di produzione e consumo unito a valori liberal-democratici si sono affermati anche in Europa.

21 Pier Paolo Gilgioli, Introduzione all'edizione italiana de La vita quotidiana come rappresentazione, Il Mulino, 1969, p. XII.

19

CAPITOLO SECONDO

SPOON RIVER

La sua vita quotidiana come rappresentazione

Il tentativo di far emergere dal (iper)testo in questione un contenuto di

tipo sociologico, implica che ci sia una sorta di sotto-testo: un

contenuto non immediato, da ricostruire, quindi, mediatamente.

Questa metodo sarà utilizzato per mettere in luce le analogie dei sotto-

testi delle poesie di Spoon River con lo schema concettuale di

Goffman sull'interazione quotidiana. Utilizzerò questo metodo anche a

proposito dell'opera di Goffman, La vita quotidiana come

rappresentazione. Se è vero quello che dice Pier Paolo Giglioli a

proposito di Goffman che era dotato de“la grazia e l'ironia dello stile,

la straordinaria acutezza e precisione descrittiva nel cogliere la

complessità del sociale in atti minimi della vita quotidiana fino ad

allora trascurati dalla sociologia, la voluta irriverenza con cui,

sfidando le tradizionali gerarchie intellettuali, sono accostate nella

stessa pagina citazioni colte, riferimenti a manuali di etichetta e curiosi

ritagli di giornali”, è perché il sociologo canadese era ben cosciente

dell'effetto tipicamente letterario, di incuriosimento del lettore tramite

lo shadowing dell'autore, dell'utilizzo di questi artifici; e competente

nel loro utilizzo. Insomma, lo stile, eretico per un sociologo ma non

per uno “scrittore”, di osservazione e tessitura dei testi di Goffman

concede un'analisi del contenuto dei suoi testi.

La prima analogia che può essere rilevata riguarda proprio il self dei

soggetti narranti; questi sono infatti soggetti, si rappresentano come

tali in forza delle frizioni con quello che è diverso da sé: di volta in

volta il marito, la famiglia, la città: le istituzioni, che di volta in volta

si rintracciano come ostacoli alla affermazione del sé. Questa analogia

20

è in forte relazione con le affermazioni di Goffman circa la divinità

dell'individualità come tratto caratterizzante, e socialmente

determinato, la vita moderna22. Eppure, lo stesso Goffman sa quanto

l'idea del self come espressione dell'individuo sia ingannevole23 e lo

schema della contrapposizione dell'antico col moderno inganna

facendo credere ad una discontinuità: la dialettica dell'uomo moderno

liberato contro quello pre-moderno schiavo della società in cui vive.

Questa dialettica è fallace perché omette la dimensione del self come

parte determinata socialmente e funzione della routine che si sta

inscenando. Il libro di Goffman serve, quindi, a mostrare come

centinaia di situazioni diverse siano isomorfe da un punto di vista

sociologico e accomunate culturalmente dalla costruzione sociale della

selficità come categoria teatrale e prodotto della rappresentazione.

Utilizzo la categoria di selficità per distinguerla da individualità, anche

se l'autore statunitense usava ora una ora l'altra senza troppe

differenze. In realtà a me sembra di dovere distinguerle per non

confondere troppo la vita, come insieme di possibilità ed energie

contemplate e non contemplate al momento dell'azione, con

l'immagine necessariamente semplificata e reificata che ne dà la

scienza sociale per servirsene nella propria gnoseologia. Per lo stesso

motivo per cui non sono identica cosa azione e comportamento (che

rappresenta, al più, il lascito esterno visibile dell'azione), e solo di

quest'ultimo un'osservazione esterna può servirsi, l'individualità è a

mio avviso la forza vitale che, cristallizzata e formalizzata, produce

selficità.

Nelle città piccole, come quelle che si nascondono dietro il nome di

Spoon River, le routine da rappresentare sono relativamente poche ma,

22 Erving Goffman, Modelli di interazione, New York, 1967.pp. 99-104 “E' quindi importante notare come il sé sia parte di un oggetto cerimoniale, qualcosa di sacro che deve essere trattato con la dovuta attenzione rituale e che, a sua volta, deve essere presentato agli altri nella sua giusta luce.[...] Ci siamo sbarazzati di molti dei, ma l'individuo rimane ostinatamente una divinità di notevole importanza”

23 Erving Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, p.289. “Una scena ben congegnata e rappresentata induce il pubblico ad attribuire un sé a un personaggio rappresentato, ma ciò che viene attribuito- il sé- è il prodotto di una scena che viene rappresentata e non una sua causa.”

21

non di meno, incentrate sulla presentazione del self come modalità di

regolazione sociale.

Di seguito, riporto degli epigrammi utili a farci capire cosa prevede il

copione per alcuni attori parlanti, quali siano le aspettative e, quindi, i

ruoli, quale la posizione dell'autore sui fatti che racconta. Tutte le

storie raccontate sono piuttosto eccentriche; questo è dovuto al fatto

che sono state raccolte da quel tipo di narrazione e forma di controllo

propria del paese che è il pettegolezzo: fenomeno che si nutre di

situazioni che deviano dalla norma.

Constance Hately

Tu lodi la mia abnegazione, Spoon River,perché ho cresciuto Irene e Mary,orfane della mia sorella più grande!E biasimi Irene e Mary per il loro disprezzo per me!Ma non lodare la mia abnegazionee non biasimare il loro disprezzo:io le ho cresciute, mi sono curata di loro, è vero!-ma ho avvelenato le mie buone azionirinfacciandogli sempre che mi erano di peso!

La signora Pantier

Lo so, che diceva che gli avevo catturato l'anima/ con un laccio che lo

dissanguò a morte./ E tutti gli uomini lo amavano, e tante donne lo

compiangevano./ Ma immaginate di essere una vera signora, e di

gusti delicati,/ e che vi nausei l'odore di whisky e di cipolla,/ e che il

ritmo dell' Ode di Wordsworth vi mormori all'orecchio,/ mentre lui da

mattina a sera va in giro a ripetere banalità del genere: “Oh perché si

inorgoglisce lo spirito mortale?” [...] Per questo lo cacciai di casa/ a

vivere col cane/ nel retro del suo ufficio.

Aner Clute Tante volte mi chiedevano/ mentre mi offrivano vino o birra,/ prima a Peoria e poi a Chicago,/ Denver, Frisco, New York, dappertutto,/ perchè facessi la vita/ e come avevo cominciato./ Beh, dicevo, un abito di seta/ e l'offerta di matrimonio di un ricco-/ (era Lucius Atherton)./ Ma non era vero niente./ Mettiamo che un ragazzo rubi una mela/ dalla cassetta sul banco del droghiere,/ e tutti comincino a dirgli ladro,/ il giornalista, il prete, il giudice, tutti quanti-/ “ladro”, “ladro”, “ladro”, dovunque vada. E non trova lavoro, e non mangia/ se non ruba, allora il ragazzo ruba./ E' come la gente vede il furto della mela/ che fa il ragazzo ladro.

La prima, e fondamentale, cosa da rilevare è la personalità che

emerge, sorta di rivincita del disordine sull'ordine, che emerge in

relazione al ruolo, sorta, invece, di effetto di un meccanismo

eteronomo e autoritario di assegnazione delle identità. La doppiezza di

tutti i personaggi, allo stesso tempo vittime e carnefici del gioco

sociale, a cui non riescono a sottrarsi, che impone la differenziazione

tra ribalta e retroscena e le regole dello spettacolo.

La più elementare assegnazione di ruolo a Spoon River deriva dal

genere cui si appartiene, come si può dedurre da queste poesie, con la

22

netta penalizzazione delle donne: in tutte le poesie, il genere dello

individuo, predetermina i piani dell'azione sociale esperibile, se si è

donna si può essere brava o cattiva moglie (madre, nutrice, zia, ecc.)

ed il “campo del giudizio” non riguarda quasi mai l'azione sociale

pubblica; un caso a parte riguarda le prostitute, in questo caso Aner

Clute, donne in stato di eccezione, come per tutte le società, per cui

l'ascrizione di genere non esiste più.

Nella prima storia, alla donna spetta il dovere di accudire (o meglio,

far apparire questo dovere come assolto) le nipoti a causa della morte

della loro mamma, sua sorella; questo dovere è socialmente prescritto

da norme non scritte, alla donna, dall'intera comunità a cui si rivolge:

quella “Spoon River” troppo severa con le nipoti e indulgente con lei.

Si vede inoltre la doppiezza del personaggio che appare come il

ritratto della perfetta donna davanti al paese giudicante, la persona che

coincide col personaggio sociale che si caratterizza in rapporto alla

“abnegazione” nei confronti della famiglia ma, nel rapporto con le

nipoti, al chiuso delle mura domestiche, è dura ed astiosa. La seconda

poesia, che si pensa sia di ispirazione profondamente autobiografica24,

rivela lo scorcio di un conflitto coniugale dovuto al conflitto sociale

tra gli ambienti di provenienza: la donna sembra estranea al contesto

cittadino e per questo capace (o ignorante delle conseguenze) di una

scelta, quella di cacciare il marito di casa, tanto biasimata da

costringerla a distanza di anni ad una auto sconfessione di quell'azione

(capita la “gravità” della propria colpa). Quel”immaginate di essere

una vera signora[...]” fa capire lo sforzo che necessita la

comprensione, quasi in senso weberiano, dell'azione compiuta e, di

converso, lo spirito reazionario con cui si sanzionano a Spoon River le

“piccole ribellioni” delle minoranze25. L'ultimo dei tre epitaffi riportati

24 Masters. Vita, Poetica, Opere Scelte , Il Sole 24 ore, 2005. La madre di Masters era un'amante della letteratura e donna raffinata come la signora Pantier, il padre un avvocato con scarso capitale culturale, come Benjamin Pantier. Anche il rapporto conflittuale tra i due era un dato di fatto, testimoniato dallo stesso Masters nella sua autobiografia.

25 In questo caso si tratterebbe di una doppia minoranza: sia perché donna, sia perché forestiera. La madre di Masters ha anche questo elemento in comune con la signora Paintier

23

è utile a capire come l'essere una prostituta possa portare ad una

“uscita di ruolo-genere” per cui ci si può trovare gomito a gomito con

gli uomini (maschi) a bere al bancone, come in un gruppo dei pari;

inoltre, è interessante vedere come non si tratti solo della liberazione

dall'obbligo della rappresentazione del ruolo, ma della creazione di un

ruolo nuovo che debba rappresentare la versione ribaltata della donna

puritana virtuosa: in questa poesia, infatti, ella mette in luce quei

valori edonistici (quando parla dell'abito di seta) con cui la società

ufficiale caratterizza l'immagine stereotipica della prostituta, una

figura che “naturalmente” tende all'idea di male, rovesciamento

dell'idea di bene che vuole la donna tutta sacrifici ed attenzioni verso

gli altri (come visto nel primo caso). In questo caso infatti, le stesse

regole di rappresentazione del personaggio che costringono le prime

due donne ad apparire come brava zia o moglie, qui agiscono nella

direzione opposta: la persona- prostituta deve degradarsi per essere

coerente coll'immagine del ruolo che ricopre. E' solo quando è liberata

dal giogo sociale che dice quello che pensa veramente sul “come

aveva cominciato la vita” e, nel farglielo esprimere, Masters rivela la

capacità di mettere in relazione scelte individuali e fenomeni sociali,

contingenza e potere- nel doppio senso di capacità di perpetuazione

della contingenza e soggetto/i sociali in carne ed ossa. E' la stessa

società ufficiale (“il giornalista, il prete, il giudice”), che

etichettando arbitrariamente ed emarginando i soggetti etichettati, crea

le condizioni della “professionalizzazione” del presunto deviante (“E'

come la gente vede il furto della mela che il ragazzo ladro”).

Troviamo, ed è questa la cosa sorprendente, in questo passaggio

un'anticipazione letteraria del cosiddetto Teorema di Thomas,

teorizzato dall'omonimo sociologo dell'università di Chicago, una

ventina di anni dopo, per spiegare i legami tra la devianza e la

condanna sociale.

Un'altra, altrettanto fondamentale, fonte di assegnazione dei ruoli è il

24

lavoro, come testimoniato dal fatto che molti epigrammi hanno come

titolo il nome proprio seguito dal lavoro; in realtà, gli epigrammi con

titoli di questo tipo sono quelli che riguardano i personaggi più in

vista, a significare una corrispondenza istituita tra la gerarchia sociale

e la gerarchia delle professioni: il dottore, il farmacista, il professore,

il reverendo, il direttore del giornale, il diacono. Questi personaggi

sono quelli le cui vicende si intrecciano in diversi epigrammi, entrano

nella vita di molte persone e della comunità: essi sono dotati di potere.

Nondimeno, l'etica del lavoro e la credenza, in una società a religione

protestante, che il successo in esso è espressione del merito della

persona, è presente in quasi tutti gli epitaffi “maschili” (si è detto che

le donne possono ambire unicamente al lavoro di moglie o, al

massimo, insegnante).

Daisy Fraser

Avete mai sentito che il direttore Whedon26/ desse all'erario un po' di soldi intascati/ per appoggiare un candidato?/ O per scrivere elogi della fabbrica di scatolette/ e spingere la gente a fare investimenti?/ O per tacere i misfatti della Banca,/ quando fu marcia e sull'orlo del fallimento?/ Avete mai sentito che il giudice distrettuale/ appoggiasse qualcuno tranne le ferrovie “Q”, o i banchieri?/ O che il reverendo Peet o il reverendo Sibley/ dessero un po' della paga, guadagnata tenendo la bocca chiusa,/o dicendo quello che faceva comodo ai capi,/ per la costruzione dell'acquedotto? [...]

Sexsmith il dentista

Credete che le odi e i sermoni,/ e il suono delle campane,/ e il sangue dei vecchi e e dei giovani,/ martiri della verità che vedevano con occhi illuminati dalla fede in Dio,/ abbiano attuato le grandi riforme del mondo?/ Credete che l'inno della Repubblica/ si sarebbe udito se la merce schiavo/ avesse rafforzato il dominio del dollaro/ nonostante la sgranatrice di Withney,/ e il vapore e i laminatoi e il ferro/ e il telegrafo/ e il libero lavoro bianco?/ Credete che Daisy Fraser/ l'avrebbero buttata fuori/ se la fabbrica di scatolette non avesse avuto bisogno/ della sua casetta e del suo terreno?/ [...] Insomma, un principio morale è come un dente cariato/ che bisogna puntellare coll'oro.

26 Il direttore Whedon, direttore del giornale locale.

25

Griffy il bottaio

Un bottaio deve intendersi di botti./ Ma io conoscevo anche la vita,/ e voi che gironzolate tra queste tombe credete di conoscere la vita./ Credete che il vostro occhio abbracci un vasto orizzonte,/ forse,/ in realtà vedete solo l'interno della botte./ Non riuscite a innalzarvi fino all'orlo/ e vedere il mondo di cose al di là,/ e a un tempo vedere voi stessi-/ tabù e regole e apparenze/ sono le doghe della botte./ Spezzatele e rompete la magia/ di credere che la botte sia la vita,/ e che voi conosciate la vita!

Jones il violinistaLa terra alimenta un fremito continuo/ nel tuo cuore, e quello sei tu./ E se la gente vede che sai suonare,/ be',/ ti tocca suonare,/ per tutta la vita./ Che vedi, una messe di trifoglio?/ O un prato tra te e il fiume?/ C'è vento nel granturco: ti freghi le mani / per i manzi già pronti per il mercato;/ o ti giunge un fruscio di sottane/ come al Little Grove quando ballano le ragazze./ [...] Come a fare a coltivare i miei quaranta acri,/ non parliamo di aumentarli,/ con la ridda di corni, fagotti e ottavini/ che cornacchie e pettirossi mi agitavano in capo,/ e il cigolio di un mulino a vento- vi par poco?/ Mai misi mano all'aratro in vita mia/ senza che ci si mettesse di mezzo qualcuno/ e mi trascinasse via a un ballo o a un picnic./ Finii con i miei quaranta acri;/ finii con il mio violino sgangherato-/ e una risata rauca, e mille ricordi,/ e neppure un rimpianto.

Questi quattro epitaffi riportati, aiutano a sintetizzare bene come

Masters ci presenta il rapporto tra le dinamiche micro-sociali e il

potere a Spoon River. Quest'ultimo è ritratto nei primi due epitaffi: il

direttore di giornale peroratore degli interessi del candidato politico,

del banchiere; i reverendi, al soldo di speculatori edìli, i loro “capi”; il

magnate del paese che sfratta Daisy Fraser per impiantare una fabbrica

di scatolette. Mentre la doppiezza della vita sociale serve alla gente

comune per nascondere “peccati”, socialmente prescritti, di natura

morale, alla elite a compiere azioni che accrescano il loro potere

economico e politico. Quello che Masters ci presenta è un nucleo

integrato di poteri locali: il giornalista, il pastore religioso,

l'industriale. Rileggendo, inoltre, l'epitaffio di Aner Clute troviamo,

con qualche variazione, queste figure presiedere alla costruzione

dell'etichetta di deviante per la prostituta o per il ladro- “[...]e tutti

cominciano a dirgli ladro,/ il giornalista, il prete, il giudice[...]”.

Insomma, l'autore vuole invitare la gente comune ad aprire gli occhi

sulla vera natura delle convenzioni sociali e a vedere queste come il

risultato del processo culturale messo in campo da quel sistema di

potere tramite i propri agenti culturali: il giornale, il reverendo. Questo

punto è allegoricamente ripreso sul epigramma di “Griffy il bottaio”,

nel passaggio, riportato in neretto, in cui invita a rompere i tabù e le

rappresentazioni e a non identificarsi con esse. In pratica, l'autore

26

riconosce la natura finta e socialmente determinata del sistema di

regole drammaturgiche, ma anche morali e culturali, cui le persone, il

voi sottinteso a quel “Non riuscite...”, aderiscono, riconoscendo

legittimità alle istituzioni (chiesa locale, gruppi industriali, etc.)che

creano e promuovono questo sistema; egli intuisce anche che questa

adesione non avviene una volta per tutte ma viene reiterata nella

pratica dell'agire quotidiano, degli stili di vita scelti e che, quindi, il

sovvertimento di questa logica può avvenire altrettanto

quotidianamente: nella metafora, le doghe (le maschere) della botte

(del self) possono essere mandate in frantumi. Questa possibilità di

trasformazione non è, come si potrebbe pensare, soltanto il risultato di

una riflessione filosofica sull'orizzonte del possibile ma del non ancora

avvenuto, essa non appartiene al regno dell'utopia: a Spoon River ci

sono, infatti, esempi concreti di vita che si sottrae alla logica della

rappresentazione. L'epitaffio di Jones il volinista ci dimostra questa

possibilità. Egli, alla febbre dell'accumulo di ricchezza, preferisce gli

inviti degli amici alle feste che, in quanto suonatore, lo vedono

protagonista; questa alternativa tra due scelte di vita differenti è resa

bene nella frase seguente: “C'è vento nel granturco: ti freghi le mani /

per i manzi già pronti per il mercato;/ o ti giunge un fruscio di

sottane/ come al Little Grove quando ballano le ragazze./” Nella

congiunzione, in neretto, “o” risalta la scelta alternativa di chi decide

di vivere il proprio tempo dedicandolo ai valori stigmatizzati

dell'edonismo, tra donne e vino27. Questo personaggio, tra i pochi

anticonformisti del villaggio, finì “con i quaranta acri”, di quaranta

che ne aveva, quindi senza alcun “progresso”, con il violino

sgangherato, “la voce rauca, mille ricordi, e neppure un rimpianto”:

egli è tra i pochi a morire felice, senza rimpianti né frustrazioni.

I sentimenti che i soggetti hanno, da morti, di fronte alla vita possono

27 In quei tre versi c'è forse anche un'allusione alla funzione del lavoro come canale di sublimazione sessuale, resa possibile dalla conoscenza di Freud dell'autore. Questa impressione è data dall'accostamento dell'eccitazione del primo personaggio quando pensa ai proventi futuri alla sensualità della seconda immagine.

27

essere presi come funzioni della posizione occupata da ognuno in vita:

l'outsider (come Jones il violinista, o la stessa Aner Clute, la

prostituta) non ha nessun rimpianto né rabbia; la lunga schiera di gente

comune, nell'opera le persone identificate semplicemente dal nome,

che ha servito quel modello senza ricavarne niente, si rammarica e

talvolta è rabbiosa al momento della morte; i soggetti dotati di potere,

coloro che hanno riprodotto nel loro agire quel sistema di controllo dei

cui frutti si sono nutriti, sentono un grande senso di colpa. Riporto di

seguito gli epigrammi del Direttore Whedon e di “Indignazione”

Jones, per far notare il differente tono che accompagna la riflessione

su due vite differenti. Il primo è il direttore del giornale citato anche

negli epitaffi precedentemente riportati.

Direttore WhedonSaper vedere ogni aspetto del problema, / dar ragione a tutti, essere tutto, non essere nulla a lungo; / pervertire la verità, strumentalizzarla, / sfruttare i grandi sentimenti e le passioni della famiglia umana/ per bassi scopi, per fini astuti / indossare una maschera come gli attori greci- / il tuo quotidiano di otto pagine- / dietro cui ti nascondi, / strillando nel megafono dei caratteri cubitali: / “Sono io il gigante”. / E quindi vivere la vita di un ladruncolo, / avvelenato dalle parole anonime di una amica segreta./ Per danaro insabbiare uno scandalo / o divulgarlo ai quattro venti per vendetta,/ o per vendere il giornale, / distruggendo reputazioni, o corpi, se necessario, / vincere a ogni costo, salvo la vita./ Gloriarsi di un potere demoniaco, minare la civiltà, / come un ragazzo paranoico mette un tronco sulle rotaie / e fa deragliare il rapido./ Essere un direttore come, ero io./ Poi giacere qui accanto al fiume sopra il punto/ dove scorre la fogna del villaggio, / e scaricano barattoli vuoti e immondizie, / e nascondono gli aborti.

“Indignazione” Jones Non ci credereste, vero, / che fossi di buona razza gallese? / Che fossi di sangue più puro della plebaglia bianca di qui? / E di discendenza più diretta di quelli del New England / o della Virginia venuti a Spoon River? / Non ci credereste che avevo studiato / e letto dei libri. /Voi avete visto in me solo un uomo finito, / dai capelli arruffati e la barba / e il vestito a brandelli. / A volte la vita di un uomo si trasforma in un cancro / a furia di venire pestata, pestata sempre di più, / e si gonfia in una massa violacea, / come escrescenza su stelo di granturco. / Ed eccomi falegname affondato nel pantano della vita / in cui camminavo, e lo credevo un prato, /con una sciattona per moglie e la povera Minerva, mia figlia, / che voi avete tormentato e spinto alla morte./ Così strisciai, strisciai da lumaca attraverso i giorni / della vita. / Più non udite i miei passi la mattina, / che risuonano sul marciapiede vuoto, / mentre vado dal droghiere a prendere un po' di farina / e pochi soldi di lardo.

28

MASTERS E GOFFMAN

Quello che abbiamo chiamato lo sguardo sociale di Masters, per

concludere, è uno sguardo composito che realizza la lettura di una

realtà sociale particolare, e delle relazioni che avvengono al suo

interno, con lo spirito di uno studio culturale, come abbiamo visto: una

cultura delle interazioni che travalica i confini della città di provincia

americana e che egli trova a Chicago. L'autore vede questa cultura

delle interazioni fondata sull'utilizzo continuo e capace della messa in

scena da parte degli attori sociali, sull'utilizzo di pratiche teatrali: egli

anticipa lo schema euristico di Goffman. A differenza di quest'ultimo,

però, egli circoscrive la generalità di queste dinamiche relazionali,

prevedendo ed auspicando la possibilità di liberarsene e vedendo,

nell'uso di esse, una pratica strumentale al riconoscimento (od alla non

emarginazione) in società. Altra differenza è che nella pervasività del

controllo resa possibile dalla mancanza di barriere tra le diverse

routine in un contesto semplice come quello di Spoon River, non

esiste differenziazione tra la dimensione micro-sociale e quella macro-

sociale. Se pensiamo infatti quest'ultima rappresentata dall'azione di

quel gruppo (composto dall'industriale, dalla chiesa locale, dal

giornale, dai politici proibizionisti), che si trova effettivamente in una

posizione centrale indicata dal fatto che molti epigrammi citano questo

“gruppo”, esso non agisce in un ambito separato spazialmente e

istituzionalmente dal resto della comunità. Esso non è ancora

istituzionalizzato, non agisce in base a routine standardizzate, a

cerimonie codificate: esso viene raffigurato come in una fase ancora

costituente in cui l'afflato sociale e aggregante è quello

dell'acquisizione di potere nelle varie forme: politiche, economiche,

culturali. Questa particolare situazione descritta da Masters,

verosimilmente reale, poiché fondata sulle conoscenze acquisite di

quel campo dal padre tramite l'esercizio della professione di avvocato,

29

dà la possibilità di pensare che all'epoca della ”osservazione” di

Masters, intorno alla fine dell'ottocento, si stesse realizzando una fase

costituente del processo di istituzionalizzazione che porterà alle

istituzioni, quali luoghi sociali di interazione rituale, di cui parlerà

Goffman. Proprio il fatto di essere in una fase costituente, in cui le

costituende istituzioni sono ancora poco identificabili e separate

socialmente28, rende possibile, poiché lo stesso Masters lo fa, il

tracciare nessi causali tra elementi (che diventeranno) strutturali, e che

investono (e sono investiti) da cambiamenti globali nella sfera

economica e culturale, ed elementi dell'interazione quotidiana. Il

tentativo di tracciare tale nesso manca del tutto in Goffman, come è

stato rilevato29. Tuttavia, se è vero che manca una esplicitazione in

positivo di tale nesso, è anche vero che la maggior parte degli esempi

utilizzati di interazione in contesti naturali ci parla di strati

socialmente centrali: la classe media dei paesi anglo-sassoni, la corte

imperiale cinese, le cerimonie delle istituzioni politiche. Inoltre, vi

sono diversi passaggi in cui si afferma che il livello di sofisticazione

della rappresentazione è direttamente proporzionale allo status sociale,

per ragioni di disponibilità economica- ad esempio la possibilità,

avendo una casa adeguatamente grande, di differenziare gli spazi di

ribalta e retroscena- e capacità culturale- la possibilità di re-inventarsi

e di scegliere diverse routine e identità, per la maggiore quantità di

stimoli che riceve, ad esempio, un professionista di un muratore; il

fatto che questa realtà venga designata con quello che è stato chiamato

il distacco dello scienziato30, che si concretizza nel trattare fenomeni

che riguardano l'alto e il basso della società con lo stesso schema- il

dire che le gerarchie si fondano sulla “scienza della finzione”-, ha una

portata che è indubbiamente, anche se involontariamente, in polemica

con le concezioni dominanti di legittimazione delle diseguaglianze

sociali. Quello che cerco qui di sostenere è che la posizione da cui

28 Sorta di organizzazioni “loosely coupled”, di cui parla Karl Weick. 29 Pier Paolo Giglioli, op. cit., pp. XXIII- XXIV30 Pier Paolo Giglioli, op. cit.

30

Masters e Goffman guardano alla realtà sociale è molto simile e anche

l'oggetto- l'impatto delle istituzioni (come portatrici di idee sociali

totali) sull'interazione- è simile: la embrionalità della analisi di

Masters corrisponde alla embrionalità del fenomeno all'epoca di

Masters, la compiutezza dell'euristica di Goffman al completato

sviluppo di quei fenomeni.

VITA DI MASTERS

Masters nasce a Garnett, nel Kansas, nel 1868 da Emma Dexter e da

Hardin Masters. I suoi primi anni, dopo la guerra civile, li trascorre in

Kansas dove il padre lavora e in seguito a Menard, villaggio dove

vivono i nonni paterni. Il padre del poeta è avvocato, è figlio di un

benestante contadino dell'Illinois nonché uomo politico, esponente

democratico all'Assemblea Legislativa dello Stato: dal ramo paterno

quindi giunge l'interesse e la passione per la politica che animerà

anche il poeta. Il padre, Hardin, studia da giovane alla Michigan

University per diventare avvocato: qui conosce Emma Dexter, la

ragazza che diventerà sua moglie e madre dello scrittore. La madre di

E. L . Masters, figlia di un pastore metodista, era una ragazza

religiosa, amante della letteratura e della musica, e sprezzante del

provincialismo dei paesi dell'Illinois dov'è costretta a vivere a causa

del lavoro del marito. Il rapporto tra i genitori del poeta è molto

conflittuale, a causa dei differenti caratteri dei due- la madre

rimprovera al padre l'indifferenza nei confronti della cultura-, e la

problematicità è acuita dall'insofferenza della madre per l'ambiente

provinciale in cui vivono. L'infanzia e la prima adolescenza sono

comunque caratterizzate dal nomadismo della famiglia: il padre

diventa Procuratore di Stato, eletto come rappresentante democratico,

e la famiglia si trasferisce a Petersburg, capitale della contea.

Dopo pochi anni, nel 1881, si trasferiscono a Lewistown, città in cui il

31

padre aveva molti amici e sperava di trovare maggior fortuna,

speranza poi rivelatasi infondata. La famiglia infatti si trova in cattive

condizioni economiche. E' a Lewistown che Edgar comincia ad

approfondire la conoscenza della letteratura americana ed europea, in

essa si rifugia per trovare quella serenità che in famiglia manca a

causa dei continui screzi tra i genitori. Il giovane Masters, crescendo,

cerca di ritagliarsi i propri spazi di autonomia: comincia a lavorare al

giornale locale, per uno stipendio misero, grazie al quale riesce a

comprare libri e a costruirsi una preparazione letteraria da

autodidatta . Masters comincia a capire sempre di più che la

letteratura è il campo attraverso cui si esprime la sua diversità in

famiglia: al momento della scelta sugli studi universitari, le pressioni

del padre si fanno sempre più insistenti nel prospettare una carriera

forense al figlio e nell'invitare il figlio a lasciare stare l'ambizione

letteraria. E' con questa istanza anti- intellettualistica del padre, che

frustra qualsiasi capacità e attitudine scrittoria del figlio, che Masters

comincia a concepire la realtà sociale costituita come elemento di

oppressione della libertà. Infatti, egli capisce bene come la posizione

del padre sia dettata da considerazioni e idee conformistiche

sull'importanza di una vita ben inserita e decorosa anche

economicamente. Egli si trova combattuto: da un lato non vuole

innescare un conflitto con la famiglia, dall'altro non vuole rinunciare

alla poesie e alla letteratura . In questo conflitto, comincia a

strutturarsi il suo punto di vista con cui concepisce una struttura

duale del “suo” rapporto con la società: le spinte alla conformità e

quindi alla accettazione dei rapporti sociali che gli appaiono intrisi di

falsità; la letteratura, per contrasto, come dimensione “anti-sociale”,

che lo avrebbe portato alla miseria, secondo il padre, quindi regno in

cui si ribaltano i valori dominanti in società. Quindi, questa vita di

relativo isolamento dalla società esterna- in realtà, di cambiamento

dei contesti, egli cambia spesso scuola, non ha amici stabili- dettato

dal nomadismo della crescita, dall'altro la conflittualità in famiglia,

32

contribuiscono a creare uno spazio interiore da cui osserva le

contraddizioni delle persone, le incongruità delle situazioni sociali,

con occhio critico e letterario. Finite le scuole superiori, si allontana da

Lewistown per iscriversi alla Knox Academy di Galesburg, dove

svolge studi umanistici, disapprovati dalla famiglia al punto da non

sostenerlo economicamente. Nonostante avesse cercato di mantenersi,

con un sentimento di rivalsa nei confronti dei genitori, e cominciato a

dare seguito alle sue ambizioni, pubblicando poesie sui giornali locali,

è costretto a ripiegare sugli studi di giurisprudenza. Il senso di

inferiorità nei confronti del padre, di cui non riusciva a eguagliare le

abilità professionali, e continui litigi con la madre gli fanno decidere d

i trasferirsi a Chicago. Chicago è in quel periodo la città simbolo del

capitalismo, di cui segue i ritmi ciclici di espansione e depressione

economica, era passata dall'avere poche centinaia di abitanti a più di

un milione e mezzo, è meta di migrazioni dall'Europa e dal resto

d'America: tutte quelle contraddizioni sociali create dallo sviluppo

forsennato, che Masters vive, di cui si occuperà anni dopo la

sociologia urbana della Scuola di Chicago. Dapprima svolge lavori

svariati, come esattore dei crediti della Edison Company, che gli

forniscono posizioni di osservazione privilegiata sulla città e le sue

diseguaglianze- frequenta osterie, pernsioni, bordelli; in seguito, trova

opportunità di esercitare nuovamente la professione di avvocato

divenendo socio di diversi altri avvocati e vivendo una carriera in

ascesa. Il successo lo apre sia alla vita dell'alta società che alla

conoscenza degli ambienti intellettuali della città e anche in questo

periodo si manifesta tutta la sua doppiezza: conosce e si fidanza con

la figlia di un magnate, Helen Mary Jerkins. Masters dichiara

apertamente nei suoi scritti che in lei vede l'opportunità di sistemarsi

economicamente per poter svolgere la sua attività di scrittore- che

continua a svolgere, con scarso successo, parallelamente a quella di

avvocato- ma non la ama e riconosce che molte differenze lo dividono

da lei. Dietro consiglio del padre, che lo avverte della pubblica

33

riprovazione che seguirebbe la rottura di una promessa di matrimonio

e gli “ricorda” la natura economica di quel matrimonio, si sposa.

Anche in città, negli strati superiori della società, Masters si scontra

con quelle etichette e quel convenzionalismo che lo avevano fatto

partire, anche qui egli non riesce a sciogliere quelle contraddizioni:

come avvocato difende anarchici, sindacalisti e gli oppressi e, grazie ai

lauti proventi della professione, vive una vita agiata al cospetto di

uomini di affari, della borghesia avida e possessiva della città, che

disprezza; sposa, in ottemperanza alle istanze paterne interiorizzate,

una donna che non ama e intrattiene relazioni con donne artiste,

scrittrici e col mondo letterario in genere, le cui frequentazioni sono

tenute quasi segrete. Tuttavia, una nuova speranza lo investe quando

conosce William Marion Reedy, l'editore che pubblicherà in seguito le

poesie di Spoon River, che gli regala l'Antologia Palatina, con la

raccolta di epigrammi greci, che lo illuminerà, e Theodore Dreiser,

scrittore di romanzi in cui si descrive la violenza della vita quotidiana

nella metropoli e di cui Masters apprezza la schiettezza dello stile che

farà sua. In questa situazione interiore, con il pensiero che si fa strada

che l'America moderna avesse tradito lo spirito democratico ed eroico

dei suoi fondatori, l'America di eguaglianza e fratellanza di Whitman,

con gli stimoli delle nuove letture realiste di Dreiser, avviene un

incontro inaspettato con la madre. E' a seguito di questo incontro con

la madre, con cui ricostruirà vicende e ricordi della gente di

Lewistown, che Masters decide di scrivere la Antologia di Spoon

River, un ritratto umano e sociale della America a lui contemporanea.

Dopo quell'incontro, egli arriva alla consapevolezza dell'isomorfismo

delle realtà sociali, della somiglianza delle persone di campagna e di

città. Bisogna tuttavia domandarsi come si siano costituite le capacità

che si sostanziano in quello che egli stesso chiama il suo “occhio

clinico”. L'ontogenesi di Masters avviene in una famiglia appartenente

alla classe media della società americana, essa è, nel contesto delle

città che attraversa, in possesso di capitale culturale maggiore rispetto

34

al resto della popolazione; il progressismo politico del padre, mal si

amalgama con la spinta al successo che vuole istillare nel figlio.

Queste due tendenze della famiglia, e della classe media, da un lato,

ad accettare il modello di organizzazione sociale fondato sul benessere

che garantisce al proprio gruppo, e , dall'altro a criticarlo per le

ingiustizie su cui si fonda, si manifestano nella consapevolezza di

Masters grazie all'autoanalisi cui lo costringe la letteratura. Questi

elementi si arricchiscono della vita a Chicago. Qui, il prorompere dei

fenomeni della complessa realtà sociale metropolitana a cui assiste, e

il contatto con il campo letterario in formazione della città, composto

da scrittori attenti alle tematiche sociali, come Dreiser, fanno nascere

in lui l'esigenza di una espressione dei mali della modernità di cui tutti

partecipano, come in un microcosmo.

CONCLUSIONI

L'Antologia di Spoon River è una metafora della modernità resa

possibile dall'isomorfismo che è alla base di tutti i contesti sociali

organizzati, come direbbe Goffman, di cui l'autore ha preso coscienza.

Il microcosmo è uguale al macrocosmo, per riprendere la metafora di

Masters, perché, a discapito di quel che pensava prima di trasferirsi a

Chicago, la dimensione quantitativa dei fenomeni sociali, il trovarsi in

una metropoli o in villaggio di poche anime, non incide sull'identicità

qualitativa con cui si crea, nell'uno come nell'altro posto, il cosmo di

rapporti istituzionalizzati a cui gli individui e i gruppi, le equipe,

prendono parte. Questa convinzione si è fatta strada nella coscienza di

Masters grazie alla “comparazione” che ha potuto fare dei diversi

contesti ed alla sua particolare identità doppia che gli ha reso

possibile, contemporaneamente, il prendervi parte ed il rimanere

spettatore costante di essi. Tale esperienza può essere paragonata a

35

quella dell'osservatore partecipante che continua a immergersi e a

distaccarsi dal contesto di osservazione e di partecipazione.

Inoltre, le obiezioni che si possono muovere a Masters come uomo e

scrittore per la scelta- che gli è costata la prevedibile emarginazione da

Lewistown e Petersburg- di aver pubblicato storie reali riguardanti

persone che le avrebbero voluto tenere nascoste, sono le stesse che si

potrebbero muovere ad un ricercatore sociale che agisse nello stesso

modo dopo una osservazione sul campo non palesata: nel primo caso

in nome di principi morali, nel secondo in nome dell'etica

metodologica scientifica.

Inoltre, se è vero che rappresentazioni del mondo simili sono il

risultato di posizioni e disposizioni analoghe nel mondo sociale, si

dovrebbe cercare di capire, se la mia argomentazione sulla

somiglianza dei punti di vista dei due autori ha convinto, da quale

punto di vista gli habitus di Masters e Goffman possano essere simili.

Questo orientamento implicherebbe, più complessivamente, lo

studiare le teorie sociologiche anche in relazione alla storia sociale

dell'autore ovvero mettere da parte la convinzione che i sociologi non

siano influenzati dai fenomeni sociali che vivono e attraversano.

D'altro canto, una auto-riflessione critica del sociologo può aiutare a

“prendere atto della propria posizione e del suo evolversi nel tempo

per tentare di controllare gli effetti che potrebbero avere sulle proprie

posizioni scientifiche”31.

31 Pierre Bourdieu, Questa non è un'auto-biografia, Feltrinelli, 2005. Ho modificato alcune parti del testo, essendo il testo originale tutto in prima persona.

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