"Dal Mediterraneo a Leopardi. Quattro libri di Franco Cassano". In "La Capitanata, 2005, XVIII, pp....

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31 Francesco Giuliani Dal Mediterraneo a Leopardi. Quattro libri di Franco Cassano di Francesco Giuliani 1. Il peso della spada Da tanti anni portiamo nella nostra mente un’immagine incontrata sul sussi- diario della scuola elementare, quella di un uomo vestito da barbaro che, con modi arroganti, butta sul piatto di un’enorme bilancia la sua pesante spada, tra lo sgo- mento dei romani circostanti. Stiamo parlando, ovviamente, di Brenno e della sua celebre frase, “Guai ai vinti!”, rimasta come monito per tutti sulle dure leggi della storia e sull’importanza dell’uso della forza. Ma chi vince ha sempre ragione, come sostennero anche alcuni celebri pensatori? E qual è la vera vittoria, quella di chi percorre una brillante carriera o di chi rende la sua esistenza lineare, coerente e significativa? È un punto cruciale, al centro di tante analisi e di tante discussioni, che ci coinvolge tutti, volenti o nolenti. Allargando la visuale e sintonizzandoci sul presente, dopo i bagni di sangue del secolo appena archiviato, l’interrogativo porta a parlare della globalizzazione, delle prospettive di un mondo sempre ricco di pericoli e tensioni, malgrado la cadu- ta del muro di Berlino, ma anche della vittoria del modello occidentale, rapportato ai valori del Sud del mondo. Siamo stati abituati sin da piccoli a sentir parlare della questione meridionale, muovendoci tra lamenti e critiche, tra carenze e pregiudizi, tra ottimismi interessati e cifre realistiche ed inquietanti. Questa volta, però, il Sud non è solo l’antico Re- gno di Napoli, né ha solo i confini di un’Italia protesa nel Mediterraneo contrappo- sta alle nazioni europee centro-settentrionali, ma si allarga ulteriormente, sino a comprendere l’intero Sud del mondo, in una realtà sempre più tentacolare. Entriamo, così, in un campo che da anni è al centro anche delle analisi di Franco Cassano, uno studioso diventato molto noto per il suo “pensiero meridia- no”, che è poi, in estrema sintesi, l’idea che il Sud non deve solo imparare dal mon- do cosiddetto sviluppato, che è quello nord-occidentale, ma ha anche qualcosa da insegnare e da additare, chiedendo perciò rispetto e considerazione. Un pensiero che ha affrontato in modo originale un argomento di fondamentale rilievo, spo- stando l’ottica dell’osservazione dall’esterno all’interno, mettendo in discussione una serie di luoghi comuni che qualcuno considera erroneamente degli assiomi.

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Francesco Giuliani

Dal Mediterraneo a Leopardi.Quattro libri di Franco Cassano

di Francesco Giuliani

1. Il peso della spada

Da tanti anni portiamo nella nostra mente un’immagine incontrata sul sussi-diario della scuola elementare, quella di un uomo vestito da barbaro che, con modiarroganti, butta sul piatto di un’enorme bilancia la sua pesante spada, tra lo sgo-mento dei romani circostanti. Stiamo parlando, ovviamente, di Brenno e della suacelebre frase, “Guai ai vinti!”, rimasta come monito per tutti sulle dure leggi dellastoria e sull’importanza dell’uso della forza.

Ma chi vince ha sempre ragione, come sostennero anche alcuni celebripensatori? E qual è la vera vittoria, quella di chi percorre una brillante carriera o dichi rende la sua esistenza lineare, coerente e significativa?

È un punto cruciale, al centro di tante analisi e di tante discussioni, che cicoinvolge tutti, volenti o nolenti.

Allargando la visuale e sintonizzandoci sul presente, dopo i bagni di sanguedel secolo appena archiviato, l’interrogativo porta a parlare della globalizzazione,delle prospettive di un mondo sempre ricco di pericoli e tensioni, malgrado la cadu-ta del muro di Berlino, ma anche della vittoria del modello occidentale, rapportatoai valori del Sud del mondo.

Siamo stati abituati sin da piccoli a sentir parlare della questione meridionale,muovendoci tra lamenti e critiche, tra carenze e pregiudizi, tra ottimismi interessatie cifre realistiche ed inquietanti. Questa volta, però, il Sud non è solo l’antico Re-gno di Napoli, né ha solo i confini di un’Italia protesa nel Mediterraneo contrappo-sta alle nazioni europee centro-settentrionali, ma si allarga ulteriormente, sino acomprendere l’intero Sud del mondo, in una realtà sempre più tentacolare.

Entriamo, così, in un campo che da anni è al centro anche delle analisi diFranco Cassano, uno studioso diventato molto noto per il suo “pensiero meridia-no”, che è poi, in estrema sintesi, l’idea che il Sud non deve solo imparare dal mon-do cosiddetto sviluppato, che è quello nord-occidentale, ma ha anche qualcosa dainsegnare e da additare, chiedendo perciò rispetto e considerazione. Un pensieroche ha affrontato in modo originale un argomento di fondamentale rilievo, spo-stando l’ottica dell’osservazione dall’esterno all’interno, mettendo in discussioneuna serie di luoghi comuni che qualcuno considera erroneamente degli assiomi.

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Di qui, tra l’altro, le reazioni che si sono registrate un po’ ovunque, in Italia,nei paesi del Mediterraneo, ma anche in altri paesi del mondo, com’è facile verifica-re leggendo la pubblicistica internazionale.

Cassano, nato ad Ancona nel 1943, da madre marchigiana e da padre pugliese,è un docente universitario ordinario ed insegna Sociologia della conoscenzanell’Ateneo di Bari. Tiene corsi e lezioni anche all’estero, specie in Francia, ed ha alsuo attivo, sin dai primi anni Settanta, varie pubblicazioni, alle quali vanno aggiuntisaggi e contributi in lavori collettanei.

Tra i suoi ultimi testi, ricorderemo almeno Approssimazione,1 attento asmontare i pregiudizi e gli errori che caratterizzano il rapporto con l’altro, attra-verso una serie di acute osservazioni che spaziano in una vasta area interdiscipli-nare, dall’etologia alla letteratura, e Partita doppia,2 che è uno dei suoi lavori piùsolidi e acuti.

Il sottotitolo di quest’ultimo libro, Appunti per una felicità terrestre, è elo-quente: Cassano appare impegnato a delineare i limiti e i doveri dell’uomo, in unarealtà nella quale sono venuti meno i tradizionali punti di riferimento, a partire daquelli religiosi. Il conseguente smarrimento viene trasformato in un’assunzione diresponsabilità, in uno stimolo a svolgere un ruolo più attivo e partecipe.

Al fondo, qui come altrove, nella sua esplicita scelta di un punto di vistalaico, Cassano rivela un suo animo “religioso”, legato a doppio filo all’etica.

Partita doppia sottolinea “la scoperta del doppio lato delle cose, dell’ambiva-lenza del mondo, dell’impossibilità di ricondurre le azioni e gli atteggiamenti del-l’uomo nelle maglie di una contabilità semplice”;3 in altri termini, tutto ha un prez-zo e la stessa felicità umana si ritrova a misurarsi con i suoi risvolti negativi, senzapoter alterare l’equilibrio complessivo.

Il vero obiettivo polemico, di questo come degli altri libri che seguiranno, èla modernità, che crede, attraverso l’economia, l’industria e la tecnica, di poter di-sporre del nostro pianeta a suo piacimento, in nome delle proverbiali “magnifichesorti e progressive”, solo attualizzate ed adattate al bisogno. Un’idea insensata edestinata ad un tragico fallimento, che Cassano respingerà con forza, rendendo ilsuo pensiero sempre più lucido ed attento agli eventi che hanno segnato il trapassodal secondo al terzo millennio, che hanno portato in primo piano la globalizzazionee le problematiche dello sviluppo e dell’ecologia.

Questo solido volume (in cui non manca un significativo capitolo intitolatoEssere vinti) è dunque una tappa importante per il pensiero del Nostro; esso antici-pa, in particolare negli ultimi due capitoli, L’elezione fredda e Mediare le terre,quelli che saranno i punti cruciali della sua analisi sul “pensiero meridiano”, daltema della lentezza alla centralità del ruolo del Mediterraneo, fino all’attenzione

1 Franco CASSANO, Approssimazione, Bologna, il Mulino, 1989.2 Franco CASSANO, Partita doppia, Bologna, il Mulino, 1993.3 Ibid., p. 8.

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riposta sul senso del limite, che è un elemento sviscerato anche nel recente saggio suLeopardi, uno dei suoi maestri, accanto ad Albert Camus.

In questo nostro scritto esamineremo proprio i suoi ultimi lavori, ossia Ilpensiero meridiano (Bari, Laterza, 1996, ma più volte ristampato), Paeninsula. L’Italiada ritrovare (Bologna, il Mulino, 1998), Modernizzare stanca. Perdere tempo, gua-dagnare tempo (Bologna, il Mulino, 2001), e Oltre il nulla. Studio su Giacomo Le-opardi (Bari, Laterza, 2003).

Si tratta di opere legate da molteplici fili, soprattutto le prime tre (ma anchelo studio sul Recanatese, come vedremo, malgrado l’apparenza, ha un’inconfondibilearia di famiglia), offrendo numerosi spunti di meditazione, attingendo al tesorosapienziale degli antichi e dei moderni.

Cassano è un personaggio per molti versi anomalo, che ama porsi in unaposizione di frontiera, di dialogo, da uomo di sinistra che ha attraversato la stagio-ne dell’ideologia, alla quale si legano i suoi primi studi, finendo per ritrovarsi, dopoaver bruciato molte certezze, accanto a pensatori che talvolta hanno seguito unpercorso ideologico opposto (si pensi a Franco Cardini, ad esempio); il vero trait-d’union è rappresentato proprio dalla critica alla modernità, alla globalizzazione, alpensiero unico, alla dittatura del mercato, ad un modello di sviluppo, insomma, chevanta proseliti nelle file di tutti gli schieramenti politici ed ideali, sia pure con ledovute accezioni e sfumature.

Egli è uno di quei pensatori che amano spezzare i fronti, che hanno i loronemici tra gli integralisti, tra i chierici abituati a vedere ovunque dei tradimenti e deicompromessi in realtà inesistenti, tra gli zelanti pronti ad alzare una coltre di fumointorno a chi pone dei problemi concreti, che vanno conosciuti e approfonditi, peracquistare una maggiore consapevolezza della realtà.

2. Il pensiero meridiano

La tesi di partenza de Il pensiero meridiano è di una chiarezza esemplare: se sivuole discutere di Sud assumendo il punto di vista dominante ed esterno, allora nonè nemmeno il caso di addentrarsi nell’analisi. La conclusione è scontata: il Sud sipuò salvare solo diventando altro da sé, solo inserendosi in modo amorfo nellemaglie del mondo occidentale. Ma tutto questo non è possibile, come avverte l’au-tore, denunciando i danni causati dalla modernizzazione, da quest’infezione chepretende di essere la cura del male.

Con sempre maggiore lucidità, fino al volume apparso nel 2001, Cassanorimarcherà i guasti prodotti dalla civiltà nord-occidentale, che pensa di poter risol-vere i problemi del nostro pianeta imponendo la propria visione e i propri metodi,bollando come sorpassate o dannose le altre culture. Un atteggiamento di sufficien-za che non è utile a nessuno, tanto meno all’Occidente, che in questo modo nonsupera gli ostacoli, bensì ne crea degli altri, favorendo lo sradicamento, l’integralismoe il risentimento, che così tanti danni stanno producendo nei nostri giorni.

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Ne consegue che la reductio ad unum dei punti di vista non è possibile. Diqui la necessità del “pensiero meridiano”, che vuole, come si legge nella Introdu-zione all’omonimo libro, “restituire al sud l’antica dignità di soggetto del pensiero,interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato da altri”.4 “Un pensie-ro del sud - aggiunge poco dopo Cassano- un sud che pensa il sud, vuol dire guada-gnare il massimo di autonomia da questa gigantesca mutazione, fissare criteri digiudizio altri rispetto a quelli che oggi tengono il campo, pensare un’altra classedirigente, un’altra grammatica della povertà e della ricchezza, pensare la dignità diun’altra forma di vita”.5

Il meridione in questo modo ritorna al centro della discussione, ma in uncontesto universale, strappando l’analisi ai limiti della difesa dello status quo, altimore di voler, in fondo, tessere l’apologia di una parte del mondo, negando l’evi-denza dei problemi esistenti al suo interno o ritenendoli solo effetti di causeestrinseche.

Non si tratta, come ha inteso qualcuno, di facili assoluzioni, di sogni roman-tici o puramente teorici, né bisogna rifiutare internet ed il computer per cullarsinelle nostalgie del passato, privandosi delle notevoli potenzialità dei nostri tempi,che hanno permesso di realizzare dei sogni di antica data, sia pure a caro prezzo.

Cassano dà al suo pensiero un taglio equilibrato, guardandosi bene dal difen-dere quanto la ragione ha rifiutato nelle civiltà orientali e meridionali, quanto èstato giustamente o necessariamente abbandonato e condannato nel corso dei seco-li. Il problema, semmai, è cogliere nel Sud, accanto al degrado e all’oscurantismo, legemme esistenti, gli aspetti positivi, utilissimi e preziosi per quel riequilibrio tra leculture che rappresenta l’unica soluzione esistente, e per giunta né meccanica nésemplice.

Il metodo, infatti, va poi adattato caso per caso e non rappresenta una facilepanacea.

Equilibrato ma anche provocatorio, lo scrittore non nasconde comunque lasua pretesa di abbattere tutti gli idoli della modernità, tutti i presunti dogmi propa-gandati dai sacerdoti del modello occidentale, ovunque essi siano.

Di qui il successo di queste tesi, che hanno avuto il merito di riaprire undibattito che rischiava di chiudersi in una unanimità di facciata, suggerendo, invece,l’esistenza di diverse soluzioni, di fronte ad un argomento complesso e problemati-co. Sull’altro lato della medaglia, poi, c’è un invito a dare un giusto valore all’orgo-glio meridionale, da intendere nella sua più corretta formulazione, lontano dalleinsidie del vittimismo e della spersonalizzazione, spronando gli intellettuali del suddel mondo a far sentire sempre più alta la propria voce.

Non è un caso, insomma, che il testo edito dalla Laterza si sia imposto sin dalprimo momento come libro cult, come testo di riferimento per una vasta area. Aquesto successo hanno contribuito di sicuro le doti di scrittore di Cassano, che

4 Franco CASSANO, Il pensiero meridiano, Roma-Bari, Laterza, 2003 (Economica Laterza), p. 3.5 Ibid., p. 5.

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riesce a trasmettere le sue qualità di studioso e di saggista in una prosa attraente eleggibile, che possiede il giusto ritmo. Egli spezza la trattazione in brevi capitoli chesi chiudono senza stancare, concedendo un attimo di pausa, prima di riprenderel’analisi.

Scrittore asciutto e chiaro, egli possiede una indubbia misura giornalistica,nel senso migliore del termine, e non a caso nel 2001, come vedremo, darà allestampe Modernizzare stanca, che è proprio una silloge di interventi apparsi sullepagine di due quotidiani nazionali.

Il pensiero meridiano, ben lontano dal trattato ostico e scostante, è un lavororassicurante sin dal primo impatto visivo, che consta di tre parti, Mediterraneo,Homo currens e L’attrito del pensiero, nelle quali l’autore riprende anche, con pochicambiamenti, alcuni saggi precedenti.

Nel complesso, si tratta di un’opera unitaria, il cui filo rosso viene esplicitatonelle pagine dell’Introduzione, Per un pensiero del sud, che ben compendiano ilsenso complessivo del libro. Come avverrà anche nei tre libri successivi, l’introdu-zione è così completa da poter quasi sostituire (sia detto cum grano salis) la letturadell’opera.

Cassano vi riversa il suo realismo, ma anche il suo entusiasmo, la sua cordia-lità, consapevole di non presentare parole di circostanza o di mera testimonianza,ma di lanciare una sfida possibile, malgrado le prevedibili parole di scherno deisacerdoti della modernità.

Il “pensiero meridiano” fa riferimento a tutte e tre le dimensioni temporali,dal passato greco ad un futuro auspicabile, badando bene (e le puntualizzazionisono esplicite) di non mescolarsi alle grette polemicucce leghiste, chiuse in un oriz-zonte asfissiante, di terra, direbbe lui, come quello di una valle opulenta che preten-de di tagliare fuori la realtà.

Le prime due sezioni del libro teorizzano direttamente il “pensiero meridia-no”, e sono, a nostro modo di vedere, quelle più avvincenti, mentre la terza sisofferma su due autori-maestri, come Camus e Pasolini, che hanno offerto un mo-dello di sfida alle idee dominanti della modernità e che per questo vengono esami-nati criticamente.

Mediterraneo si apre con un capitolo, Andare lenti, che ci offre un esempiodelle provocazioni alle quali abbiamo già accennato.

Si può fare, nel nostro mondo dai ritmi forsennati e vorticosi, in cui il tempoè denaro, in cui la gente si affanna per produrre di più, per programmarsi una gior-nata sempre più densa e produttiva, un elogio della lentezza? Sono passati quasicento anni dal primo manifesto del Futurismo, ma Cassano non ha dubbi: “Bisognaessere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, comechi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliareil libro e invece correre è guardarne soltanto la copertina”.6

6 Ibid., p. 13.

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In una prosa che assume cadenze liriche, come non di rado avviene nellaproduzione del Nostro, troviamo un’apologia di un modo di vivere che vuole an-dare al fondo delle cose, gustando il mondo in profondità. Non è un invito all’ozioe al disinteresse, bensì uno stimolo a non diventare schiavi delle cose.

È uno dei temi più ricorrenti nel pensiero dello studioso, che in Modernizza-re stanca ricorda che “La globalizzazione, di cui tanto si parla, non è che un’inten-sificazione del dominio della velocità su tutte le sfere della nostra esistenza”.7 Tuttoavviene ad un ritmo accelerato, rendendo lo stesso uomo vittima di un gigantescomeccanismo che lo trasforma in un oggetto da usare e gettare, come un rifiuto.

Ecco, allora, l’importanza della lentezza, una delle più importanti “terapie”appartenenti ancora alle culture cosiddette sconfitte, ed in particolare a quella me-ridionale. Di fronte all’ottundimento dell’uomo, la lentezza è un momento di re-spiro, una forma di difesa, una riappropriazione della propria vita da un meccani-smo che per certi versi appare schopenhaueriano.

Non è mancato chi, sui giornali, ha ironizzato su questo tema, ricadendo, aben pensarci, nei soliti stereotipi, in visioni sterili ed oleografiche, quando non dicomodo. Un dato significativo è che le critiche sono giunte da meridionali come dasettentrionali, anzi, forse più dai primi che dagli altri.

In molti casi non è difficile scorgere il mero richiamo di un conformismomeridionale dal fiato corto, che denota l’esistenza di antichi complessi d’inferioritàe spera di salvarsi allineandosi acriticamente ai nuovi dogmi.

Da parte nostra riteniamo che se anche il “pensiero meridiano” si potesseridurre ad una semplice provocazione, esso avrebbe comunque colto nel segno,illuminando errori, ipocrisie e ottimismi infondati.

Già molto tempo fa, d’altra parte, in una realtà tanto diversa dalla nostra, unpensatore come Seneca ha difeso il valore dell’interiorità, soffermandosi sulla ne-cessità di sfuggire alle mille distrazioni, anzi, ai “divertimenti”, per riprendere Pascal,un altro pensatore ricordato più volte da Cassano, anche se per lo più per segnarnela distanza.

La lentezza del Sud, nell’attuale fase storica, sostiene il sociologo, può essereuna risorsa, e dunque non va buttata via o sottovalutata.

Nell’Introduzione del libro del 1996 l’autore chiarisce preliminarmente che“Pensiero meridiano è quel pensiero che si inizia a sentir dentro laddove inizia ilmare, quando la riva interrompe gli integrismi della terra (in primis quello dell’eco-nomia e dello sviluppo), quando si scopre che il confine non è un luogo dove ilmondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano e la partita del rapporto conl’altro diventa difficile e vera”. 8

Nel secondo capitolo di Mediterraneo, Di terra e di mare, Cassano va pro-prio alle radici di questo pensiero, soffermandosi sul mondo greco, visto come culladella civiltà.

7 Ibid., p. 42.8 Ibid., pp. 5-6.

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Laddove il mare si trasforma in oceano, senza più contatto con la riva, pre-valgono lo sradicamento e il nichilismo, argomenta lo studioso; dove invece la terraregna assoluta, si impone la chiusura sulle proprie radici, l’imperialismo aggressivo,il fondamentalismo. L’equilibrio greco, frutto di un’armonia favorita dalle condi-zioni fisiche, è una preziosa eredità da attualizzare.

Si tratta di pagine interessanti, in cui le argomentazioni lasciano spazio a cita-zioni da pensatori del calibro di Heidegger e Nietzsche, e a riferimenti ad eroi sem-preverdi come Ulisse, insieme avventuroso e desideroso di ritornare nella propriaisola, che si chiudono riaffermando la vocazione dell’uomo mediterraneo ad unire,a costruire ponti e contatti.

Il Mediterraneo, insomma, non è solo un mare del passato e l’unico faro nonpuò provenire dalla modernizzazione occidentale. Il centro non è unico.

L’analisi controcorrente dello studioso diventa ancora più serrata e coinvol-gente nella seconda parte del libro, Homo currens, che si apre con delle pagine sug-gestive sul tema del confine. È un quadro ampio, aperto a tutto il mondo, quelloche Cassano ci presenta, rimarcando che “Tutti noi siamo gettati nella grande reli-gione universale della corsa, veniamo sradicati dalle nostre culture, abitudini, vizi esiamo chiamati ai blocchi di partenza. Gli economisti sono i teorici dell’homo currens,i medici sapienti che non si stancano mai di ripetere che per la nostra salute è neces-sario correre in ogni momento della giornata e in ogni momento della vita”.9

Ma il modello occidentale non è esportabile ovunque, questo Cassano ce loha già detto, e le prove sono in molti dei fenomeni che caratterizzano i nostri tempi.Di fronte all’estensione della modernità ci sono due tipi di risposte, entrambe se-gnate dal fallimento: da una parte, quella di chi si “prostituisce” di fronte al model-lo occidentale, provocando l’aumento del potere criminale, dell’economia illegale edei fenomeni di disgregazione sociale (e Cassano fa l’esempio del Brasile); dall’al-tra, c’è la risposta del fondamentalismo, che rifiuta in blocco i modelli esterni, contutte le conseguenze legate alla repressione, ai pregiudizi, alla mancanza di ognidiritto civile (e anche in questo caso gli esempi potrebbero essere tantissimi, con intesta i paesi musulmani). Mutuando la terminologia di Toynbee, Cassano parla di“erodiani”, che prendono l’altro come modello, imitandolo, e di “zeloti”, che sichiudono a riccio nella propria stretta identità.

Le eccezioni a questa duplice scelta sono davvero poche ed isolate, permet-tendo in ogni caso di trovare conferma alla regola generale, che delinea uno scena-rio inquietante, che purtroppo è sotto i nostri occhi e che ha trovato confermeanche in eventi successivi al 1996. L’autore, in verità, non si abbandona a toniapocalittici, ma non rinuncia a chiamare lucidamente le cose con il proprio nome,lasciandoci delle pagine da meditare con attenzione.

La corsa dissennata in atto a livello mondiale provoca danni, si badi bene,pure all’interno del mondo occidentale, togliendo protezioni e garanzie ai ceti piùdeboli, smantellando i paracadute dello stato sociale in nome di un imperativo della

9 Ibid., p. 61.

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vittoria che ignora le regole della partita doppia, riprendendo il titolo del volumedel 1993 (anche in questo caso ci sembra superfluo soffermarci sui tanti esempi deinostri tempi). È un processo di privatizzazione del mondo, che è sotto i nostriocchi.

L’analisi di Cassano però non si ferma qui, trovando le sue conclusioni nelquarto capitolo di questa seconda parte de Il pensiero meridiano, che si intitola, confelice scelta, L’integralismo della corsa. Qui il Nostro, oltre a tirare le fila del discor-so, indica anche l’unica strada necessaria per bloccare o almeno arginare questainfezione mondiale che crea perdenti (sarà lo stesso tema, come vedremo, diModernizzare stanca).

In particolare, si ponga attenzione a questo passo:

[…] il dovere di ogni intellettuale è quello di condannare il terrorismo omicidadegli integralisti e di salvare tutte le voci che dall’interno di altre culture hannocercato un dialogo creativo con la nostra. Ma da solo questo atteggiamento èinsufficiente. L’Occidente può fare un passo decisivo contro l’integralismo al-trui solo avviando la decostruzione del proprio, di quella camicia di forza im-posta sia all’interno che al mondo intero instaurando la legge della corsa e dellacompetizione.10

Da una parte, dunque, c’è la condanna netta della violenza, dall’altra la con-sapevolezza che anche l’Occidente deve fare la propria parte. Quando ha scrittoquesto passo Cassano ovviamente ignorava cosa sarebbe accaduto l’11 settembre2001, ma proprio questi eventi dimostrano, in fondo, la necessità di una correzionedi marcia, o almeno di una riflessione a più voci capace di incidere sugli sviluppidella realtà, senza cullarsi su fantomatici allori o sulla parzialità di certe aride cifre.Di fronte a quanti pensano che tutto vada bene nel migliore dei mondi possibile,bisogna far sentire alto il proprio dissenso.

Lo studioso chiude la sezione ponendo l’accento sull’esistenza di un altrointegralismo, questa volta occidentale, definito “freddo”, che usa strumenti diversi,ma non è meno duro di quello delle altre culture (“Il nostro integralismo non assas-sina: rende obsoleti, licenzia, mette fuori mercato. Esso ha altri templi, altri breviari,altre pene, altri inferni”).11

È la seconda faccia della medaglia, che non può essere ignorata, anche se c’èchi vorrebbe nasconderla sotto i dati del PIL o della diffusione di computer edantenne paraboliche, sotto il fumo di una retorica adattata alle circostanze: “Solosmascherando la repressione mimetizzata nell’integralismo freddo della competi-zione e nell’inquieta religione del possesso e del consumo il dialogo può tornare adessere paritario, può evitare che una cultura sia obbligata a scegliere tra la rinunziaalla propria dignità e la demonizzazione dell’Altro”.12

10 Ibid., p. 77.11 Ibid., p. 78.12 Loc. cit.

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L’analisi dunque va condotta in ogni direzione, all’esterno come all’interno,alla ricerca dei mezzi più idonei per invertire la china.

Da questo quadro generale, in fondo, non è difficile ritornare indietro, a quel-l’orizzonte mediterraneo che ha dominato nella prima parte del libro, a quell’in-contro di mare e terra che non rappresenta l’idillio, ma dove ci sono anche dellerisorse preziose, che in questa fase dello sviluppo possono essere utili alla moderni-tà. È un ritorno mentale che permette di gustare con più forza il calore di quel maretra le terre, così centrale nella nostra storia.

La terza parte del libro, L’attrito del pensiero, può apparire, per certi aspetti,meno coinvolgente, legata com’è dal filo rosso di due personaggi, del calibro diCamus e Pasolini, visti come modelli di un pensiero estraneo al conformismo e agliidoli della modernità. Ma è anche vero che Cassano non perde, neanche in questepagine, l’occasione per riaffermare le proprie convinzioni, pagando nel contempo ilsuo tributo di ammirazione e di emulazione verso degli intellettuali coraggiosa-mente disposti a svolgere il proprio dovere, pagando di persona.

Particolarmente felice e sentito ci è sembrato il primo saggio, intitolato AlbertCamus: necessità del pensiero meridiano, dedicato al celebre autore de Lo straniero,il cui nome si ritrova più volte nei testi di Cassano.

In Partita doppia, in particolare, c’è un capitolo, Santi e inquisitori, dove ilsociologo confessa la propria vicinanza a Camus e ai medici de La peste, che lottanoin un mondo impazzito, nel quale Dio non fa sentire la propria voce, tutto sembraassurdo, ma nulla autorizza il disimpegno dalla lotta e dalla solidarietà verso il pros-simo.

La santità dell’uomo, in una realtà segnata dal silenzio di Dio, è un temamolto avvertito da Cassano. Non a caso anche nel saggio su Leopardi, Oltre ilnulla, e proprio nel finale, ricorrerà il nome del premio Nobel del 1957: “Si riapre lastrada per la grandezza: i migliori tra gli uomini sono, come i medici della Peste diCamus, quelli che trasformano il sentimento della nostra fragilità in una battagliacomune, che non trasferiscono l’odio sugli altri uomini, ma sanno trasformarlo insolidarietà”.13

Non stupisce, pertanto, la presenza di Camus anche ne Il pensiero meridia-no, con argomentazioni per molti versi simili, in cui si esprime ammirazione per ilnemico delle ideologie totalitarie, per il pensatore che aveva ben chiara l’esistenzadel senso del limite, senza folli sogni di onnipotenza, ma che non rinunciò alla suamissione di uomo aggrappato fattivamente al suo grido di rivolta.

Il saggio prende le mosse da una citazione tratta dai Taccuini, “se Dio nonesiste, non è permesso nulla”,14 che nega ogni possibilità al nichilismo, in ognunadelle sue versioni. L’uomo deve assumersi le sue responsabilità, senza finzioni efurbizie.

13 Ibid., pp. 84-85.14 Ibid., p. 81.

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Cassano pone anche l’accento, per ovvi motivi, sui passi in cui lo scrittorefrancese esalta il Mediterraneo, che ha addolcito il cristianesimo giudaico con lacomponente ellenistica, che possiede il segreto della misura, dell’accordo tra l’uo-mo e la natura. “Il pensiero di Camus - si legge, in polemica con lo storicismo diHegel - va nella direzione opposta: il Midi si ribella all’Abend-land, a quella conce-zione che pretende che tutto culmini in quella terra della sera che è l’Occidente”.15

Lo scrittore francese, insomma, è un maestro non solo per la sua etica laicadella responsabilità, ma anche per le sue osservazioni sulla meridianità.

Cassano nel corso del saggio non si lascia sfuggire delle amare notazioni su diun Sud che ha aumentato il suo reddito in maniera esponenziale, ma che appare,malgrado tutto, più povero. Le ingiustizie e le esclusioni si sono solo trasformate,mentre persino il mare e il sole stanno perdendo il loro carattere di bene pubblicoper diventare proprietà privata (“Più danaro, più recinti, più rabbia per le nuoveesclusioni: il sud si è venduto ma ha perso se stesso”).16

Anche da queste pagine viene fuori, com’è facile verificare, la necessità dievitare una negativa replicazione del Nord.

Meno stringente ci sembra la presenza del saggio su Pasolini, più sfuocatorispetto al cuore del “pensiero meridiano”, pur offrendo, ovviamente, una serie diinteressanti spunti critici.

Lo scritto riprende un lavoro apparso nel 1994 su «Democrazia e diritto». Iltitolo, Pier Paolo Pasolini: ossimoro di una vita, si propone di spiegare i motividell’attualità del personaggio, che rivela, a vari anni dalla sua scomparsa, delleprofetiche doti di osservatore e di indagatore della società, da fermo nemico delleovvietà dei suoi tempi.

Cassano pone l’accento sulla vitalità delle sue contraddizioni, sul suo spiritodi polemista portato a spezzare fronti, a smentire previsioni, a suscitare clamori, lacui eco non si è ancora spenta.

Uno spirito libero ed inquieto, un modello nella sua singolarità, di cui sicerca di offrire un ritratto a tutto tondo, a partire dal cruciale rapporto tra colpa eomosessualità. Nel terzo paragrafo, in particolare, La diversità della diversità diPasolini, si ricorda, con opportune precisazioni, la sua estraneità alla cultura gay:“L’ossimoro pasoliniano è invece inchiodato sulla convinzione che la diversità deb-ba proprio al suo carico di scandalo, sofferenza e contraddizione la possibilità diuna parola sul mondo capace di raggiungere l’umanità di tutti, debba alla sua stra-ordinaria e “patologica” dipendenza dall’ “altro” una capacità di parlare non desti-nata al solo universo omosessuale”.17

Nelle pagine successive ritroviamo il suo rifiuto dell’umorismo in nome del-la passione, il suo difficile rapporto con il padre, lo scontro con le convenzioni, letradizioni e le autorità, il suo legame con il sacro: il tutto sempre letto sulla base di

15 Ibid., p. 92.16 Ibid., p. 100.17 Ibid., p. 115.

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quella vitale contraddizione, di quell’ossimoro assunto come tema dominante nel-l’indagine sulla vita di un uomo coraggioso e acutamente polemico, il cui messaggiocontiene per Cassano ancora molte gemme da valorizzare.

Il pensiero meridiano è, nel complesso, un libro denso di analisi, di riflessio-ni, di slanci sentimentali, ma anche di proposta di modelli, che ha saputo offrire unaconsapevolezza ed una inedita ed ariosa base di discussione, in una realtà nella qua-le non abbondano i veri punti di orientamento, capaci di reggere all’entusiasmo delmomento.

3. L’Italia debole ma forte

Nel 1998 Cassano dà alle stampe Paeninsula, che reca come sottotitolo L’Italiada ritrovare. Si tratta di un testo che si pone nella scia de Il pensiero meridiano, dicui riprende gli assi portanti, anticipando alcuni spunti che saranno ripresi e svilup-pati in Modernizzare stanca.

Rispetto ai due libri appena citati, Paeninsula rappresenta un lavoro più agile emeno complesso, di poco meno di cento pagine di piccolo formato, inserito nella colla-na dei Saggi tascabili della Laterza, ma non per questo privo di interesse. Tutt’altro.

Cassano, di cui abbiamo già ricordato la scarsa propensione per una scritturafluviale e ridondante, a favore di una dimensione saggistica, pone in primo piano lanostra nazione, scegliendo, come al solito, un punto di vista inusuale, che lo porta aconclusioni gravide di interesse. Qual è il futuro dell’Italia nel nuovo contesto eu-ropeo ed internazionale? Esiste la possibilità di recuperare il lato valido del suopassato, attualizzandolo e valorizzandolo?

Il tema dell’identità italiana ha stimolato nel tempo autorevoli analisi (si pen-si solo a quelle di Leopardi e Machiavelli), giunte alle più diverse conclusioni, nu-merose delle quali registrate da Cassano, a partire dalla definizione, poco lusinghie-ra, di “espressione geografica” data dal Metternich.

L’Italia è senza dubbio la nazione più propensa a denigrarsi, più incline asottostimarsi, ad invidiare le altre realtà statali. Lo studioso si guarda bene dal nega-re questo dato di fatto, parlando di “identità debole”,18 ma il suo punto di partenzaè altrettanto chiaro: “essere italiani non è una disgrazia, un errore da riparare. L’ita-liano non possiede solo difetti ma, spesso come loro controfaccia, anche qualità,che occorre saper riconoscere con intelligenza ed equilibrio”.19

Una nazione del genere è infatti lontana dai fondamentalismi, dagli eccessi,dal potere disumano e spietato, dalla chiusura secca alle ragioni degli altri. Per que-sto motivo, l’Italia, nell’attuale fase storica, può ritagliarsi un suo ruolo come na-zione ponte, come cuore mediterraneo di un’Europa che ha bisogno di scenderesempre più giù, verso le rive bagnate dal sole. È una tesi già presente nel testo del

18 Franco CASSANO, Paeninsula. L’Italia da ritrovare, Roma-Bari, Laterza, 1998, p. V.19 Loc. cit.

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1996, ma che ora assume rilievo dominante, fungendo da leit-motiv per un viaggiotra storia ed attualità.

Il ruolo dell’Italia risalta in modo ancor più vivido se si pensa al fallimento diquanti, nel corso del tempo, da D’Azeglio a Mussolini, da De Sanctis a Gramsci,hanno provato, in vari modi, a fare gli italiani, con in mente modelli inadatti, senzaimmaginare che i limiti potevano diventare dei punti di forza. “L’Italia - si legge-potrà esistere e non solo resistere se saprà reinterpretare creativamente il proprionazionalismo debole, trasformarlo nella capacità di costruire legami al di là delleappartenenze di fede o di lingua, in una solidarietà che scatta di fronte alla sempliceprecarietà e nudità della condizione umana”.20

Nelle pagine che lo studioso dedica alla forma fisica dell’Italia troviamo con-fermata la grande attenzione assegnata ai condizionamenti geografici, alle peculia-rità del territorio, che invece oggi si tendono sempre più ad ignorare, in nome diuna modernità in grado di superare ogni limite. Seguiremo ancora questo discorsonel saggio su Leopardi, ma intanto segnaliamo la cura nel definire le conseguenzedella forma peninsulare, che porta ad una duplice infedeltà, rispetto alla terra ed almare. La “geofilosofia dell’Italia”21 per Cassano è ricca di aspetti interessanti, chepossono dare risposta a molti quesiti.

Il capitolo più acuto del libro ci sembra L’anima italiana, attraversato da unnon facile lavoro di sintesi, ma anche di proposta di personaggi emblematici, trattidal nostro patrimonio comune. Oltre che dell’amato Leopardi, Cassano si ricordadi Boccaccio, contrapponendolo a Pascal e al suo severo giansenismo.

La gioia del Decamerone non può essere mai intesa a fondo senza ricordarel’esistenza del flagello della peste, del negativo al quale reagiscono i dieci giovanidella brigata. Quella dei personaggi dell’opera non è una fuga, ma un modo percelebrare con intensità la forza della vita. La villa risuonante di canti e racconti nelmezzo della tragica epidemia viene accostata alla celebre ginestra minacciata dallalava del Vesuvio.

È uno schema che, nella sua sostanza, Cassano utilizza altre volte (ad esem-pio a proposito di Camus), arrivando ad una conclusione che lascia pensare, anchese non la si volesse condividere in toto: “L’anima italiana sa che l’universo non èstato creato per l’uomo, ma sa anche che conviene rappresentarlo nel modo contra-rio, come se esso fosse stato fatto per l’uomo”.22

Lo studioso lavora, pertanto, sulla dolcezza italiana, sul dominio del ruolodella madre nella nostra cultura, definendo sempre più l’idea. La finzione, tra gliestremi del cinismo e dell’illusione, spinge tutti, quando c’è equilibrio, a “recitare leloro parti migliori, incoraggiando quella lieve esagerazione dei sentimenti che fasentire meno soli di fronte alla morte”.23

20 Ibid., p. VII.21 Ibid., p. 3.22 Ibid., p. 17.23 Ibid., p. 22.

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Il “come se”, insomma, è una buona terapia contro il negativo del mondo,trasformandolo in forza attiva, pur senza poter annullare la realtà stessa, e di questobisogna essere consapevoli.

Che l’anima italiana sia distante da quella germanica, che in certi momentifunge da ideale contraltare, pur senza vis polemica, appare evidente anche pensan-do al senso dell’ironia e dell’autoironia, che trova un punto di riferimento in un’al-tra sfera, quella teatrale, con il personaggio di Totò. L’abbondanza dei riferimenti,che inglobano anche l’ambito cinematografico, ci permette di rimarcare una voltadi più la capacità di Cassano di spaziare a trecentosessanta gradi, con naturalezza esenza presunzione accademica.

Il richiamo ad un “rapporto morbido” con la vita si ritrova pure nel capitolosuccessivo, Una tradizione da reinventare, con il suo richiamo alla forza della fan-tasia, dell’immaginazione, della creatività, per riscoprire, attualizzare e valorizzarela tradizione italiana. Un discorso che ha come corollario il rifiuto “dell’ideadepressiva che il meglio sia alle spalle e ci si trovi di fronte solo a repliche scadenti inun inarrestabile involgarimento del mondo”.24 Un invito chiaro, dunque, rivoltoalle giovani generazioni, “a mettersi in gioco”, senza falsi alibi.

Nelle pagine di Sapere cardinale, invece, il quadro si amplia ad una dimensioneplanetaria, che coinvolge i popoli di tutta la terra, seguendo lo schema di una divisio-ne ispirata dalla bussola, dal nord al sud. I quattro punti cardinali sono anche all’in-terno di ogni uomo, nota Cassano, e dunque l’orizzonte diventa più complesso.

In ogni caso, lo studioso spezza una lancia a favore del riequilibrio delle cul-ture, ricordando i danni prodotti dalla dismisura, dal prevalere del nord e dell’ovest.È un tema che troverà una sua più organica sistemazione in Modernizzare stanca, enon a caso il paragrafo La conquista del centro di Paeninsula sarà in gran parteriproposto proprio nel volume del 2001, nel brano Equilibri cardinali, che è l’ulti-mo dell’opera.

Da quest’elogio di una diversità messa duramente in crisi il discorso si spo-sta, in Provaci ancora, Sud, a quello che è forse il capitolo più animato da una con-fidente fiducia nel futuro prossimo.

La situazione storica offre l’occasione, per dirla con un termine machiavelliano(e proprio il modello dell’ultimo capitolo del Principe sembra ora operante, con lesue suggestioni, in Cassano), per una vera crescita, garantita dalla felice situazionegeografica dell’Italia, ma anche dal sorgere di una nuova classe dirigente, che ha ilsuo simbolo nei nuovi amministratori dell’era del maggioritario.

Spesso è stato evidenziato il problema della debolezza della tradizione civicanel Sud, e il rilievo è sensato per l’autore, che spera nella possibilità di inserire la“ricostruzione delle identità locali”25 in un saldo quadro di riferimento nazionale.L’autonomia dal potere centrale non deve travalicare dai giusti limiti, e per questo

24 Ibid., p. 39.25 Ibid., p. 67.

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motivo Cassano boccia severamente, parlando di “razzismo ben temperato”,26 laproposta del senatore Miglio di qualche anno fa, favorevole ad una tripartizionedell’Italia in macroregioni.

Troviamo qui una conferma della distanza tra certe formulazioni leghiste el’apertura che intende darsi il “pensiero meridiano”. Va anche chiarito, d’altra par-te, che nella mente del sociologo la dimensione mediterranea dell’Italia porta con séla revisione di certe linee della tradizionale politica estera nazionale.

L’ultima considerazione del capitolo è di natura più specificamente culturale,vedendo il Sud d’Italia in armonia con i caratteri dell’epoca postmoderna, che habruciato tante concezioni della storia e tante illusioni ideologiche. Dunque ancheda questo punto di vista ci sono le premesse necessarie per un’idea di sviluppo cheva senz’indugio riempita di contenuti.

Aggiunge poco ai concetti finora ricordati la sezione successiva, L’Europa e ilpensiero meridiano, che funge da ricapitolazione del quadro generale, sia storico chegeografico. Ritroviamo il riferimento ai greci, al mare, alla nascita della filosofia, allacondanna della “dismisura”, alla necessità che ha l’Europa di scendere fino alle rivedel Mediterraneo. Le argomentazioni portano lo studioso a ribadire un caloroso in-vito: “Riscoprire il sud, il Mediterraneo, ricondurre a valore il suo innato politeismo,il sapore di una misura che ci viene da questa antica destinazione all’incrocio dellegenti, questo oggi è possibile, l’unica cosa giusta. Qui e non solo qui”.27

È questo il vero finale saggistico di Paeninsula, che presenta ancora le seipagine di Italia-Italiae, una sorta di scanzonata ballata sui tanti volti della nostranazione. Un modo per congedarsi con quel sorriso autoironico, che vuol essere unsegno di saggezza.

Le intenzioni di Cassano ci sembrano chiare, anche se nutriamo qualche dub-bio sull’opportunità di una tale scelta.

Ogni verso si apre con il nome dell’Italia, aggiungendovi una definizione chene evidenzia uno dei tanti e contradditori volti. L’Italia è tutto ed il contrario ditutto, è “donna” e “madonna”, ma in questa presunta ed apparente debolezza èforte e preziosa, come sappiamo e come l’autore ha dimostrato nei vari capitoli dellibro, con il suo gusto degli sguardi e delle argomentazioni inconsueti.

La ballata si chiude così:

…l’Italia che vuole vivere, l’Italia che dimentica, l’Italia che la sa lunga, l’Italia che frana a valle, l’Italia che tocca con mano, l’Italia tarallucci e vino, l’Italia che riscopri,

26 Ibid., p. 68.27 Ibid., p. 90.

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l’Italia che ti sorprende, l’Italia che ti vergogni, l’Italia che ci è invidiata, l’Italia che se ne frega, l’Italia che non è una sola, l’Italia che meno male.28

L’ultimo verso è eloquente e segna il logico epilogo del “divertimento” diCassano.

Nel complesso, Paeninsula non nasconde qualche “stiracchiamento” atto afar rientrare il lavoro nella dimensione di libro, pur apparendo una tappa logica nelcammino del suo autore. Il tema, che conosce momenti di straordinaria intensità,come nelle pagine di L’anima italiana, lascia spazio anche a momenti di dispersionee di calo di tensione, motivo per cui l’opera, pur nel suo indubbio interesse, ci sem-bra meno felice rispetto a Il pensiero meridiano e a Modernizzare stanca.

4. Il difficile equilibrio

Modernizzare stanca29 racchiude testi apparsi su «Avvenire» e «L’Unità»,due quotidiani evidentemente diversi, per idee, lettori e tradizioni storiche, ad ulte-riore conferma della posizione dell’autore, che ama spezzare i fronti; a questi branigiornalistici, egli affianca alcune altre pagine inedite, con felice scelta.

Ne viene fuori un testo di 173 pagine, una sorta di breviario laico (ma offertosin dall’inizio anche ai lettori cattolici, confidando nella comune sensibilità ai temietici) da assaporare un po’ alla volta, riflettendo sulle due paginette circa che formanoi singoli contributi. In questo libro trovano una organica e più matura collocazionetutti i temi del pensiero di Cassano seguiti attraverso Il pensiero meridiano e Paeninsula,con uno sforzo di decantazione e di chiarezza senz’altro coronato dal successo.

È un lavoro di grande leggibilità, che ha il merito di amplificare le doti discrittore dell’autore, ben distante dall’immagine del sociologo incendiario, abile avendere fumo, o del propagandista del vuoto, usando magari a sproposito paroletecniche o difficili; ma il Nostro, al contrario, non è neanche un personaggio cheriesce a far credere che le banalità siano succhi concentrati di sapienza, da vendere almiglior offerente.

In queste prose, nate nell’arco di un triennio, Cassano riesce ad essere, insie-me, semplice e profondo, esauriente ed originale, acuto e capace di far sentire il suopalpito al lettore. Una cordialità che si apprezza e si desidera, anche, anzi soprattut-to, quando non si condividono tutte le opinioni espresse.

28 Ibid., p. 96.29 Franco CASSANO, Modernizzare stanca, Bologna, il Mulino, 2001.

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Modernizzare stanca, che ha come sottotitolo Perdere tempo, guadagnare tem-po, è articolato in sei sezioni, che disegnano un cammino in cui l’analisi riesce a lascia-re spazio anche ai consigli concreti, ai suggerimenti da mettere immediatamente inpratica. Più precisamente, possiamo riconoscere una divisione in due parti uguali,ognuna di tre capitoli, concluse, rispettivamente, da Piccole salvezze e da Terapie.

Il tutto, poi, è preceduto da una lucida Premessa, L’equilibrio e la modernità,che focalizza, con le già evidenziate qualità di sintesi, la posizione dell’autore, sem-pre attento non ad una mera critica distruttiva, ma ad illuminare i due lati dellaproverbiale medaglia; non per questo, però, egli vuole praticare sconti a quello cheè l’obiettivo polemico per eccellenza del libro, ossia “la mitologia della moderni-tà”.30 È l’idea, sempre più forte e radicata, per cui la civiltà nord-occidentale pensadi poter risolvere i problemi del nostro pianeta modernizzando, imponendo la pro-pria visione e i propri metodi su tutte le altre culture. Un grave errore, come sappia-mo, che non favorisce la risoluzione dei problemi, bensì “allarga progressivamentele legioni degli sradicati, moltiplica le forme del risentimento, gli integralismi reat-tivi”.31

Il titolo del libro, dunque, richiama proprio questa situazione di disagio pro-dotta dalla modernizzazione.

La soluzione, com’è noto, per quanto non agevole, è legata all’equilibrio trale culture del sud e dell’est con quelle attualmente vincenti.

Il confronto può nascere solo dal dialogo, dall’incontro in quelle Terre dinessuno (è questo il titolo della prima sezione del libro), dov’è possibile impararetanto, abbattendo i muri che ci separano dagli altri. Si tratta di pagine da gustare,ricche di un antimodernismo intriso di umanità, di un vivo rapporto con la realtà,ma anche di un afflato ideale che non deve mai spegnersi.

Nell’articolo Antipodi l’autore chiarisce, a scanso di equivoci, che confrontonon significa recidere le proprie radici (“Non si tratta di rinnegarle, ma solo di nonmurare tutta la vita nella ripetizione passiva di ciò che esse insegnano, di evitare didiventare i bigotti della nostra tradizione”).32 Tutto va inteso con il proverbialegranello di sale.

L’uomo, evidenzia Cassano, escludendo dal suo orizzonte Dio ha assuntouna precisa responsabilità; ma il mondo è ancora pieno di dogmi, per quanto laici: èil caso della triade “competizione-innovazione-progresso”,33 che occulta la verità eche i sacerdoti del modello culturale occidentale difendono con ogni mezzo.

C’è poi il dogma della velocità, già al centro delle belle pagine di Andarelenti, ne Il pensiero meridiano (si veda il secondo paragrafo di questo nostro sag-gio), sul quale Cassano concentra ora i propri attacchi nella seconda sezione diModernizzare stanca, Ossessioni.

30 Ibid., p. 7.31 Ibid., p. 8.32 Ibid., p. 18.33 Ibid., p. 16.

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È una parte ricca di brani interessanti e vivaci, forse i più densi e problematicidi tutti, in cui persino fatti ed eventi apparentemente secondari e privi di sensovengono illuminati da una luce nuova, che sorprende. Sono scomparsi i telefonipubblici, ad esempio, di fronte all’avanzata dei cellulari, e questo è un dato positi-vo, ma Cassano inquadra il cambiamento nell’ambito di un fenomeno più generale,“l’irresistibile tendenza verso la scomparsa dei beni pubblici”,34 e il lettore attentonon può non fermarsi a considerare l’emergere dell’ennesimo risvolto negativo.

L’affermarsi, in forme sempre più radicali ed aggressive, dell’individualismoporta i cosiddetti vincitori a concepire egoisticamente il proprio benessere, senzabadare ai costi, disinteressandosi dell’utilità generale. Si tratta di una denuncia cheabbiamo già incontrato nel volume laterziano del 1996, dove si lamentava la rapidascomparsa di tutto ciò che è collettivo, un processo che non produce nulla di posi-tivo e che non si può certo giustificare, come vorrebbero alcuni, come forma disacrosanta reazione al crollo del socialismo reale. Un eccesso non può essere lagiusta risposta ad uno di carattere opposto.

Riflettendo con calma (non a caso il sottotitolo del libro è Perdere tempo,guadagnare tempo) diamo un giusto valore alle cose, riprendiamo il dominio di noistessi, assumiamo anche un buon rapporto con il senso del limite, che ci aiuta acomprendere e ad accettare con minore difficoltà una triste verità: la scienza haaumentato la durata della vita dell’uomo, la tecnica lo ha reso più potente, ma lamorte è sempre lì a ricordarci la nostra finitezza, come notò un secolo fa GiovanniPascoli.

A ben pensarci, il prezzo pagato dall’uomo, privato per giunta delle consola-zioni oltremondane del passato, è stato finora altissimo. A suo tempo, nota Cassano,la scelta è caduta su Cartesio ai danni di Montaigne; ora l’attenzione al senso dellimite è l’unico palliativo rimasto.

Segnaliamo, tra gli altri, il brano La libertà vista di spalle, dove si parte da unpregnante riferimento al buzzatiano Deserto dei tartari, che rinvia all’inesorabile esubdolo passare del tempo, per chiudere con un accorato appello a riscoprire ilvalore del legame con gli uomini.

Lo scrittore, nel complesso, smonta lucidamente, tassello dopo tassello, i fon-damenti della modernità, avendo cura di chiarire i termini della sua critica.

Il linguaggio chiaro e pregnante fa appello alla componente razionale del let-tore, ma non solo ad essa. L’arco di Cassano ha infatti numerose frecce a disposi-zione, e lo dimostra la sezione Piccole salvezze, dove risuonano note più liriche,dove si gusta quella poesia delle piccole cose, dai toni vagamente crepuscolari, chetrasporta la pagina dalla saggistica verso le terre della letteratura.

La fuga può essere più semplice di quanto sembra in un primo momento;basta liberarsi dal vortice per riassaporare il gusto della provincia, dove sono nati igrandi poeti (e Cassano, oltre al solito Leopardi, cita Fellini, sacerdote della decima

34 Ibid., p. 53.

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musa), dove nascono le idee, anche se in apparenza la bilancia sembra pendere afavore delle città.

La salvezza può venire, altresì, dalla nostalgia, dal silenzio, dall’osservazionedegli altri esseri, che ci spinge ad apprezzare le qualità del cane, visto come un “es-sere profondamente religioso”,35 con la sua grande fiducia negli uomini.

Il brano più bello e riuscito, dal punto di vista artistico, ci sembra Ci sonogiorni, che apre la sezione di cui ci stiamo occupando. Qui la viva e acuta curiositàverso tutti gli aspetti del reale si esprime utilizzando una prosa poetica ricca dienumerazioni, sostenuta da un vistoso, quasi martellante, uso dell’anafora (Ci sonogiorni/ Ci sono i giorni).

Si pensi, per esempio, a questo brano:

Ci sono giorni di altri che una volta erano anche i tuoi e che adesso non sonopiù nel tuo calendario, giorni che non ritornano. Ci sono giorni burrasca, che tisorprendono al largo mentre stai facendo le solite cose e devi pregare per riu-scire a tornare. Ci sono i giorni più duri, bui anche a mezzogiorno, degli strap-pi improvvisi, quelli dei congedi definitivi, delle cose che non puoi cambiare, igiorni in cui paghi tutto e con gli interessi, quelli in cui una fitta che avevidimenticato torna a farsi sentire. Ci sono i giorni che si sciolgono al sole: sonobelli al mattino, ma poi non accade nulla. Ci sono i giorni-destino, in cui tuttoti accade e tu non hai scelto nulla, i giorni che decidono anche per quelli succes-sivi senza averli consultati. Ci sono i giorni tagliati in due, quelli in cui devistrapparti via mentre vorresti rimanere oppure riesci a passare tra le sbarre e seilibero all’aperto. Ci sono i giorni in cui voli leggero ad alta quota e quelli in cuianche camminare stanca, giorni da giovani e giorni da vecchi.36

L’anafora scandisce la varietà dell’esistenza, fino alla malinconica conclusio-ne, all’amaro succo della consapevolezza della fine: “C’è un giorno in cui ti accorgiche una vita è una successione di giorni diversi, una collezione di fotografie chelascerai ad altri nella speranza che ne conservino qualcuna”.37

Anche Piccolo grande epos ha un finale dolente ed ispirato, dopo aver de-scritto la varietà di cose e di uomini che scorrono davanti agli occhi di un passegge-ro seduto nello scompartimento di un treno. Il tempo necessario per giungere adestinazione non è speso invano, anzi, rappresenta un momento prezioso per ac-quisire consapevolezza della propria vita, che passa rapida e leggera come le imma-gini viste durante il viaggio.

Enumerazioni ed anafore ricorrono altre volte nel libro (ad esempio, nellastessa sezione, in Le città visibili: esercizi spirituali per viaggiatori), sempre coneffetti felici, variando, con queste accensioni di lirismo, il panorama del libro. LePiccole salvezze non sono poi tanto piccole!

35 Ibid., p. 89.36 Ibid., pp. 67-68.37 Ibid., p. 68.

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Più legati alla politica e all’attualità appaiono gli undici brani che formanoStorie comuni. I primi articoli si collegano al dibattito che ha fatto seguito all’epocalecrollo del socialismo reale e alla fine del timore della rivoluzione del popolo. Cassanoprende posizione contro il ridimensionamento dei diritti sociali, chiedendo allapolitica più entusiasmo, più passione, ben al di là dell’interesse individuale e delprotagonismo spicciolo.

Una similitudine ci ha colpito su tutte per la sua assiomatica evidenza: “Ipolitici sono un po’ come i professori, non possono trasmettere l’amore per unapoesia se non fanno vedere ai ragazzi senza pudore il loro amore. Se non si fa vederela propria passione, non la si riesce a trasmettere agli altri. I movimenti nasconodalle commozioni”.38 Un pensiero limpido, che non ammette troppe disquisizionie che gireremmo volentieri a quanti pensano che la scuola possa cambiare attraver-so parole alla moda o alchimie gattopardesche.

Il mondo ha bisogno di persone che esprimono quel che sentono nel cuore,venendo messe nelle condizioni di farlo.

Si noti, in La sinistra e il papa, come la visuale laica dell’autore non gli impediscadi riconoscere i meriti del pontefice da poco scomparso, che brillano nei confronti dicerto laicismo poco accorto e cieco, per niente disposto a correzioni di rotta. GiovanniPaolo II è la più grande dimostrazione di un occidente che non si identifica con il con-sumismo, i potentati economici ed il militarismo, e dunque si tratta di un punto sulquale fare leva, nella convinzione che la battaglia non è irrimediabilmente perduta.

Particolare attenzione merita l’ultimo brano della sezione, L’immortalità delcretino, contro i profeti del verbo liberista, ma soprattutto contro coloro che sonopronti a diffamare ed a screditare i nemici della modernità. Un discorso che coin-volge direttamente l’autore, com’è facile comprendere, ma che pone anche una piùgenerale questione di metodo: se qualcuno chiede di capire, non gli si può rispon-dere invocando una cieca obbedienza o passando sul piano delle offese. È un con-cetto apparentemente scontato, ma che nella vita quotidiana si dimentica facilmen-te, specie in certi ambiti intellettuali. Il re può essere nudo e qualcuno, magari l’ul-timo della classe, potrebbe ricordarcelo.

Che certe idee siano trasversali, poi, si può notare dalle pagine della quintasezione, Ri-orientamenti, correzioni di rotta, dedicate al processo europeo. Anchenella costruzione della grande casa europea, sottolinea Cassano, viene applicato ilsolito schema, che vede la civiltà moderna risiedere a nord, tra i popoli germanici,mentre a Sud ci sono solo persone da incivilire, da “normalizzare”.

L’Italia ha sempre recitato la parte della parente povera, che deve entrare inEuropa, magari in punta di piedi e recitando un mea culpa, mentre le altre nazionigià ci sono e possono svolgere il ruolo di giudici inflessibili. La posizione mediter-ranea della nostra nazione viene vista solo come problema, come fastidiosa vicinan-za con l’Africa e l’Asia.

38 Ibid., p. 108.

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Questa concezione è errata e pericolosa. “L’Europa - scrive il Nostro - nonriuscirà mai a camminare se si amputerà del suo sud, se non riuscirà ad immetterenella sua logica di movimento accanto all’ascetismo dei governatori delle banchecentrali un’idea della buona vita, il suo distendersi al sole”.39

Si tratta di un’affermazione che suggerisce una visuale molto più aperta esensata, nell’ambito della quale anche le carenze e le contraddizioni degli italiani sitrasformano in pregi, come abbiamo visto in Paeninsula. L’et et può essere più pro-ficuo di certi teutonici aut aut.

Il che non significa che tutto vada bene da noi, ovviamente, ma nemmeno sipuò affermare che l’Italia (e, a maggior ragione, nell’ambito della nazione, il Sud)sia solo una periferia di Bruxelles.

I pregi del Meridione, d’altra parte, salgono in primo piano, come già antici-pato, nelle ultime pagine, quelle di Terapie, dove abbondano nuovamente i mo-menti lirici. Nel brano d’apertura, Passeggiare non stanca, troviamo un elogio delcontatto con la strada e con il prossimo. “Passeggiare - si legge - è un’arte povera,un far niente pieno di cose, il piacere di scrivere una pagina bianca, una risacca dolcedella nostra vita minima”.40 La conclusione segna ancora una volta la sua distanzadal pensiero di Pascal: “Diceva Pascal che tutti i guai dell’uomo derivano dal fattoche non è capace di stare da solo tra quattro mura. Per noi invece nascono dal fattoche non scende in strada per passeggiare”.41

E che dire del gusto della pausa, della pennichella? Oggi persino i managerpiù agguerriti e produttivi stanno scoprendo che perder tempo è un modo per gua-dagnarlo, proprio come, aggiungiamo noi, da un po’ di tempo i medici e gli studiosidi alimentazione hanno riscoperto i pregi della dieta mediterranea, accusata a lungodi essere un relitto dell’atavica e gretta civiltà contadina, di fronte all’avanzata deiMc’Donalds.

Perché allora la modernità deve privarsi di queste qualità? Perché deve segui-re una frenetica ed insensata velocità, che trasforma gli essere viventi in automi?Sono questi i quesiti posti da Cassano, con un duplice, prezioso risultato: da unaparte, fornisce ai meridionali di tutto il mondo, che sono tanti, la consapevolezzache non è adeguandosi a modelli estrinseci che si risolvono i problemi di fondo;dall’altra, invita proprio i “vincitori” a piegarsi di più sulle ragioni degli altri.

Il “pensiero meridiano” fa risaltare i suoi pregi proprio perché mette in di-scussione i presunti assiomi, impone l’assunzione di altri punti di vista, restandolontano dall’essere un mero strumento di difesa dello status quo meridionale. Italebani, più o meno interessati, non sono solo i sacerdoti laici della tecnologianordista, ma anche quelli che pensano che tutto vada bene nelle terre del sole, perperpetuare privilegi ed ingiustizie.

39 Ibid., p. 126.40 Ibid., p. 150.41 Ibid., p. 151.

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Lo scrittore riassume le sue ragioni negli ultimi due paragrafi del libro, Fra-telli del sombrero, ricco della poesia di un Sud che sfugge alle due alternative, appa-rentemente draconiane, della fuga sdegnosa e della trasformazione in Nord, ed Equi-libri cardinali, elogio della diversità tra gli uomini, che si chiude con l’anelito acercare un’armonia che possa rendere il mondo più giusto e tranquillo.

Modernizzare stanca, insomma, con la sua equilibrata posizione di criticadella modernità, va gustato a piccole dosi e tenuto a portata di mano, per rileggerlo,a distanza di tempo.

Il volumetto, ricordandoci che la questione meridionale, ben lungi da certegrette impostazioni in chiave leghista, non è più un problema di rapporto tra regio-ni dell’Italia continentale e dell’ex Regno di Napoli, ma ha assunto una rilevanzamondiale, è un testo laico nel senso più alto del termine, ossia che riesce a parlare atutti, che si può centellinare ed apprezzare anche se non si condividono le posizionidi partenza o non tutte le soluzioni. Non è poco per un libro!

5. Leopardi: dai massimi ai minimi sistemi

Dopo Modernizzare stanca Cassano è ritornato in libreria nel 2003 con untesto incentrato sul grande poeta di Recanati, Oltre il nulla. Studio su GiacomoLeopardi.42

Si tratta di un cambiamento che può inizialmente disorientare il lettore, madopo lo sconcerto iniziale ci si accorge che anche questo lavoro presenta un’indub-bia aria di famiglia. Chi lo legge dopo aver familiarizzato con i capisaldi del “pen-siero meridiano”, infatti, finirà, benché l’argomento non manchi di un’intrinsecadifficoltà e complessità, per scorgervi la presenza dei temi più cari al professore.

Anche stavolta, poi, si tratta di un lavoro di dimensioni contenute, poco piùdi novanta pagine, di piccolo formato, ma ricche di argomentazioni e di motivi diinteresse.

Leopardi è un autore che sta conoscendo una sempre crescente fortuna criti-ca. Dopo Dante, è ormai lo scrittore più studiato in Italia, mentre all’estero aumen-tano in modo costante i segnali di attenzione verso la sua opera, rendendola semprepiù nota, sia nella lingua originale che attraverso le traduzioni.

Una tendenza rafforzata di recente da due ricorrenze, il centocinquantenariodella morte, nel 1987, e il bicentenario della nascita, nel 1998, che hanno offertoovunque l’occasione per manifestazioni, giornate di studio e pubblicazioni di note-vole livello. Un’esplosione di attenzioni che qualche vecchio leopardista ha accoltocon malcelato disappunto, ma che evidentemente non può che rappresentare undato positivo, di cui tenere conto.

Leopardi nel tempo è stato capace di attrarre le attenzioni di numerosi stu-

42 Franco CASSANO, Oltre il nulla. Studio su Giacomo Leopardi, Roma-Bari, Laterza, 2003.

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diosi, italianisti, ma anche filosofi, storici e scienziati, attratti dallo spessore e dallapoliedricità del genio del Recanatese.

Il pensiero di Giacomo, in particolare, con la sua maturazione e le suecomprensibili oscillazioni, è una miniera di osservazioni e spunti per saggi che nefanno risaltare la profondità e la significatività, ma è anche un terreno di scontro,intellettuale, s’intende, viste le diverse conclusioni alle quali sono giunti i vari espesso autorevoli interpreti.

Un terreno da tastare con attenzione, ma forse proprio per questo ancor piùstimolante, nel quale si è inserito Cassano, con un saggio tutto giocato sulla quasiprofetica attualità di Leopardi, sulla sua capacità di parlare alla nostra razionale etormentata epoca, che ha bruciato per sempre le illusioni degli antichi.

Giacomo, così, rivela i pregi del suo pensiero ad uno studioso che si china asviscerarne gli aspetti, riconoscendo le sue ragioni e cogliendo il destro per comple-tare la disamina con le proprie posizioni.

Se proprio vogliamo trovare una pecca in questo lavoro, è proprio in questasimbiosi tra Leopardi e Cassano, che talvolta non lascia distinguere dove finiscel’uno ed inizia l’altro; ma in generale si tratta di un lavoro di notevole rilievo e bencaratterizzato.

Il Leopardi affrontato dal Nostro è soprattutto quello dello Zibaldone, ilfrutto di un uomo che si interroga sui perché della vita, stendendo nel corso deglianni un ponderoso “scartafaccio”; ma nel finale del saggio si accampa al centrodella scena anche La ginestra, l’ultimo approdo di Giacomo, la poesia ricordata inun passo di Modernizzare stanca, nell’articolo La libertà vista di spalle, che vale lapena di richiamare:

Se non vogliamo consegnare i giovani a una solitudine insostenibile, dobbiamoripensare il valore del legame con gli altri. La morte, anche da sola, è già abba-stanza potente: non si capisce perché noi le allarghiamo gli spazi procedendo inordine sparso verso di essa. Solo la nostra capacità di legarci in quella che Gia-como Leopardi chiamava “social catena” potrebbe attutire lo strapotere che lamoderna solitudine regala alla morte.43

Leopardi, come sappiamo, al pari di Camus, è un costante punto di riferi-mento per Cassano, oggetto, tra l’altro, del saggio Il valore e la sventura: la fonda-zione materialistica della virtù in Giacomo Leopardi, apparso sulla rivista «Demo-crazia e diritto» nel 1991, che, rielaborato, costituisce proprio la seconda parte dellibro laterziano.

Oltre il nulla, frutto di un amore di vecchia data, si apre con un’illuminantePremessa, Il pensiero e i luoghi, che racchiude, specie nel secondo paragrafo, tutti itemi sviluppati nello studio.

43 Ibid., p. 61.

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Nella prima parte, Marchingegno, giocando con la parola, Cassano, come avoler rispondere allo sconcerto del lettore di fronte all’argomento, solleva il velo sualcune motivazioni autobiografiche. Egli ci parla del forte legame esistente tra lui ele Marche, regione d’origine della madre, oltre che sua, descrivendo questa terra,cara sin dagli anni giovanili, come “una dolce e quasi continua successione di vallatee colline affacciate sul cielo, dalla cui sommità è possibile cogliere, lontano ma for-temente presente, l’azzurro dell’Adriatico”.44

Un ambiente che spiega le caratteristiche dei suoi abitanti e che ha condizio-nato lo stesso Giacomo, marchiandolo indelebilmente, prima del distacco. Recanati,si sa, resta sempre il paese dell’anima del poeta.

Ancora più importanti, come già detto, sono le pagine del secondo paragra-fo, Lo sguardo da lontano. Leopardi ci ha lasciato una grande lezione, quella di“Sapersi far carico della verità senza rassegnarsi”.45 Il titolo del libro, del resto, Ol-tre il nulla, ben chiarisce il senso della interpretazione leopardiana del Nostro, lon-tana da certe restrizioni di crociana memoria, come anche da certe ricostruzionipiattamente materialistiche o, peggio, che ripropongono, per altra via, l’esaltazionedelle “magnifiche sorti e progressive”.

Cassano, che non manca di rilevare i limiti del Leopardi progressivo di Luporinie Binni, laddove “toglie peso proprio alla riflessione leopardiana sulla politica”,46 nonnasconde le suggestioni esercitate da Bruno Biral, autore, tra l’altro, di un fortunatolibro, La posizione storica di Giacomo Leopardi, dove troviamo il pensatore corrosi-vo verso il mondo moderno, ma ancora capace di spingere alla resistenza e all’utopia.

In Giacomo, nota Cassano, “il nulla ha un ruolo cruciale, ma è solo la penul-tima parola”,47 evidenziando il suo sforzo di andare al fondo delle cose, sgombran-do il campo da tutte le false illusioni e da ogni finzione, con coerenza. È un Leopar-di che non rinuncia all’aspetto civile del pensiero, alla volontà di sentirsi legato congli altri uomini, avvertendo una comunanza di destino.

Ma cosa resta alla fine di questa rigorosa operazione di demistificazione?Cosa produce questo sforzo doloroso ma necessario? Qual è, in altri termini, “l’ul-tima parola”? Cassano non ha dubbi: è lo “sguardo da lontano”, tante volte presen-te negli scritti del Recanatese, la capacità di osservare gli uomini con una distanzache è spaziale e temporale, come abitanti di una piccola sfera sperduta nell’univer-so, destinata a sparire senza lasciare traccia.

Una visione che rimarca la debolezza umana, ma mostra anche l’unica, possi-bile grandezza, ponendo le basi per un vero amore universale, non basato sui falsiideali di fraternità dei nostri giorni, che nascondono, sotto la coltre di un illimitatosolidarismo, un sostanziale egoismo, e neppure legato ai tramontati e limitati idealidi nazione del passato.

44 Ibid., pp. V-VI.45 Ibid., pp. VIII-IX.46 Ibid., p. 54.47 Ibid., p. IX.

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Questo “sguardo da lontano”, che non tradisce la verità, può offrirlo solol’immaginazione, ragion per cui Cassano ha buon gioco nel concludere: “È l’inse-gnamento paradossale di Leopardi: solo l’immaginazione potrà ricondurre gli uo-mini alla realtà”.48

Ma se l’immaginazione è una dote soprattutto dei popoli del Sud, ritornia-mo, per questa via, all’autore del “pensiero meridionale”, che smonta l’idea di unaciviltà basata solo sui valori del Nord, che pretende di plasmare il mondo a suaimmagine, cancellando i tesori del Sud, sottraendoli all’intero mondo. Di qui unanuova, sostanziale critica alla dittatura del pensiero unico, alla globalizzazione, chenon può portare alla felicità del mondo, ma consolida l’ingiustizia.

Merito di Cassano, nella prima parte del libro, intitolata Il problema dell’emi-nenza meridionale, è di aver posto l’attenzione sulle tante riflessioni dedicate da Le-opardi alle caratteristiche delle civiltà meridionali e settentrionali. Il dato appare ancorpiù evidente se utilizziamo un’edizione su cd rom, che ci permette di verificare quan-to cospicue siano le occorrenze di termini come “meridionale” e “meridionali”.

Giacomo a più riprese, non senza oscillazioni nel tempo, ha sottolineato ledifferenze esistenti tra i popoli del Sud e quelli del Nord. La civiltà è nata nei paesibaciati dal sole, che ebbero la supremazia finché durarono le illusioni; col tempo,però, la situazione è cambiata, sancendo l’egemonia del razionale Nord.

Lo stesso Leopardi finisce per affiancare gli antichi ai meridionali, da unaparte, e i moderni ai settentrionali, dall’altra; ma mentre la differenza tra antichi emoderni è presente su tutti i testi scolastici, anche nelle sintesi più rapide, l’altradiversità è rimasta molto più in ombra, considerata, suggerisce il sociologo, come laconseguenza di pregiudizi pseudoscientifici dell’epoca, taciuta forse proprio percomplice amore verso Giacomo.

Questa spiegazione, che riteniamo condivisibile, offre comunque lo spunto aCassano per evidenziare la netta sottovalutazione dell’importanza dell’ambientenella nostra epoca, permeata, non a caso, da una esagerata fiducia nella tecnica. È untema già colto nei tre libri esaminati in questo nostro saggio.

In poche ma dense pagine, lo studioso segue un cammino che porta a rivalu-tare l’immaginazione andando al di là della modernità: “Nell’età moderna la scien-za e la tecnica hanno trasformato il mondo, riempiendolo con le loro conquiste, maproprio questi grandi successi hanno dato modo di sperimentare i loro limiti: ledisuguaglianze e l’ostilità non sono diminuite, anzi forse è accaduto il contrario”.49

Di qui la necessità di “provare a ridimensionare la loro arroganza e a riconoscerel’importanza dell’immaginazione”.50

Cassano amplia poi il discorso, soffermandosi sulla “dittatura del ‘qui’ ed‘ora’”,51 ricordando che “Un mondo capace di muoversi solo in base a ciò che è

48 Ibid., p. XI.49 Ibid., p. 17.50 Loc. cit.51 Ibid., p. 19.

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sicuro ed esperibile direttamente, è prigioniero del presente, non riesce a trascen-derlo, è una vita misera, chiusa in un piccolo tempo e in un piccolo spazio”.52

Altrettanto acute sono le pagine della seconda e più ampia parte del libro,Non mentire né rassegnarsi, un titolo che ha la secchezza di uno slogan politico opubblicitario, con il quale viene definito l’atteggiamento di Leopardi, il suo serratoesame del mondo e degli uomini, ma anche il suo rifiuto del cinismo e dell’egoismo.Ogni rigo di Giacomo, si legge, “rinnova la protesta, l’incapacità di rassegnarsi al-l’assurdità della morte, alla destinazione del genere umano al silenzio infinito del-l’universo”.53

Leopardi non mente quando ricorda che gli uomini sono sempre scontentiperché sono sempre infelici, cercando ovunque dei capri espiatori, come i politici,ai quali vengono dedicate delle osservazioni di straordinaria efficacia, né quandosegue i segni camuffati dell’individualismo.

L’opera di costante demistificazione del Recanatese culmina, e non potevaessere diversamente, con il messaggio de La ginestra, trasferendo l’odio dagli uomi-ni alla Natura, in cambio dell’unica, vera solidarietà possibile. Della celebre operain Oltre il nulla vengono non a caso riportati i versi 111-135, che poeticamente nonhanno convinto tutti i critici, specie quelli più nostalgici del poeta dell’idillio, mache, dal punto di vista ideologico, sono senza dubbio alti e chiari, oltre che veri.

È un messaggio la cui forza è ancora immutata, che richiama in causa lo sguar-do da lontano: “Tutti gli uomini dovrebbero, con una preghiera laica, ripetere ilgioco infantile di Leopardi, allontanarsi da questo globetto, per scoprire, da quellaenorme distanza, la loro comune condizione”.54

La vera grandezza è figlia dell’avvertimento della fragilità umana, ricordaCassano, che arriva all’epilogo di questo studio quasi con un complice cenno d’in-tesa allo scrittore di Recanati, di cui si evidenzia, una volta di più, la straordinaria,anzi, la pressante e profetica attualità per l’uomo moderno.

Oltre il nulla è pertanto un attento studio su Leopardi, che si chiude con unalezione sui massimi sistemi che può facilmente tradursi anche in un insegnamentospicciolo di vita, in un appello alla vera saggezza, che porta a non fermarsi alleapparenze e a non montarsi troppo la testa, senza per questo mai rinunciare allapropria testimonianza, al proprio sincero impegno in questo piccolo granello chia-mato Terra.

52 Ibid., p. 21.53 Ibid., p. 44.54 Ibid., p. 84.