Aspetti sociolinguistici nel cinema inglese: il caso di Harry Potter

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FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN LINGUE E CULTURE STRANIERE OCCIDENTALI E ORIENTALI TESI DI LAUREA IN LINGUA E TRADUZIONE INGLESE ASPETTI SOCIOLINGUISTICI NEL CINEMA INGLESE: IL CASO DI HARRY POTTER Relatore: Laureanda:

Transcript of Aspetti sociolinguistici nel cinema inglese: il caso di Harry Potter

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA INLINGUE E CULTURE STRANIERE OCCIDENTALI E

ORIENTALI

TESI DI LAUREA IN

LINGUA E TRADUZIONE INGLESE

ASPETTI SOCIOLINGUISTICI NEL CINEMA INGLESE: ILCASO DI HARRY POTTER

Relatore: Laureanda:

Chiar.mo Prof. Stewart Dominic ItaliaSonia

ANNO ACCADEMICO 2011/2012Indice

Capitolo 1: INTRODUZIONE

1.1. Presentazione

p.4

1.2. La trama di un fenomeno mondiale

p.4

1.3. I temi dell'opera

p.5

1.4. Le figure cardine

p.6

Capitolo 2: GLI UOMINI SONO LINGUA

2.1. Premessa

p.8

2.2. Solidarietà sociale e distanza sociale

p.8

2.3. Accenti e dialetti

p.9

2.4. The dropping of the g

p.11

2.5. The dropping of the h

2

p.12

2.6. Status e ruoli all'interno della società

p.13

2.7. Codici ristretti e codici elaborati

p.13

2.8. La lingua nei gemelli

p.14

Capitolo 3: AD OGNI PERSONAGGIO, IL SUO ACCENTO

3.1. Premessa

p.16

3.2. Gli accenti “standard”

p.17

3.3. Gli accenti “non standard”: Ron

p.21

3.3.1. Il “glottal stop”

p.21

3.3.2. Lealtà e simpatia

p.22

3.3.3. Precarietà economica

p.23

3.3.4. Uno studente “giovane”

p.24

3.4. Gli accenti “non standard”: i gemelli Weasley

p.24

3.4.1. Positività d’animo e marginalità letteraria

p.26

3.4.2. Espressioni “private” e giochi di suono

3

p.27

3.4.3. Proposizioni a metà

p.27

3.5. Gli accenti “non standard”: Scabior

p.28

3.5.1. Il Cockney

p.28

3.5.2. Interessi divergenti e ruoli di sfondo

p.29

Capitolo 4: CONCLUSIONI

4.1. Premessa

p.31

4.2. Sintetizzando...

p.31

4.3. Alcune riflessioni

p.33

BIBLIOGRAFIA

p.34

FILMOGRAFIA

p.35

SITOGRAFIA

p.35

4

1. INTRODUZIONE

1.1. Presentazione

Il mio lavoro di tesi è principalmente rivolto a uno

studio di alcuni accenti circoscritti al Regno Unito e

applicati nell'ambiente del cinema. Più nel dettaglio, il mio

interesse primario era indagare le cause per le quali a

specifici ruoli corrispondono specifiche parlate, perché (e

questo è un concetto che deve risultare il più possibile

5

chiaro) vi è una stretta relazione tra la parte che viene

affidata a un attore e la personale maniera in cui

quest'ultimo pronuncia le varie frasi e parole.

Tra le molte pellicole verso cui le mie analisi potevano

orientarsi, ho scelto di esaminare alcune delle inflessioni

che si ritrovano nei film di Harry Potter, per due differenti

motivi: innanzitutto, perché quest'opera è di mio assoluto

gradimento, e secondariamente, per il grande impatto mediatico

che ha riscontrato sul pubblico.

Il documento è diviso in quattro capitoli, di cui nel primo

(il presente per l'appunto) sono esposti, nell'ordine, la

trama dei libri portati al successo da J.K. Rowling, i temi

principali che i sette volumi affrontano e i personaggi più

importanti in essi rappresentati.

Il secondo capitolo è invece prettamente teorico, e proprio

per questo la sua rilevanza è fondamentale, in quanto ho

potuto elaborare le mie ipotesi sul perché determinati ruoli

fossero caratterizzati da determinati accenti grazie alle

ricerche di alcune tra le più autorevoli voci della

linguistica, a cui ho dedicato ampio spazio.

Nel terzo capitolo vengono quindi presentati quattro diversi

tipi di inflessioni prese da tre degli otto film prodotti

dalla Warner Bros. Pictures: dopo averle descritte nei loro

tratti più identificativi, mi sono concentrata sulla

sociologia dei personaggi così come trasparivano dai libri,

notando sempre dei collegamenti tra il loro modo di esprimersi

e i loro risvolti psicologici.

L'ultimo capitolo è quello conclusivo, in cui prima sono

6

sintetizzati gli aspetti focali di tutto il discorso, mentre

in una fase finale, vengono offerti degli ulteriori spunti di

riflessione.

1.2. La trama di un fenomeno mondiale

L'opera di Harry Potter nasce dalla penna della scrittrice

britannica J.K. Rowling nel giugno del 1997. La saga, di

genere fantasy, è stata pubblicata in sette romanzi, che hanno

avuto uno straordinario successo a livello mondiale.

La storia narra le vicende di un ragazzino orfano di nome

Harry, che all'età di undici anni scopre le sue vere origini

di mago. Avrà così la possibilità di studiare a Hogwarts, una

prestigiosa scuola di magia britannica, dove conoscerà i suoi

migliori amici Ron e Hermione, che lo accompagneranno in tutte

le sue avventure e che diventeranno per lui un punto di

riferimento. Trama principale dell'opera è la sua lotta contro

Voldemort, un pericoloso mago oscuro autore dell'omicidio dei

suoi genitori e da sempre determinato a ucciderlo a causa di

una misteriosa profezia fatta poco prima della nascita di

Harry. Intorno a ciò ruoteranno tutti gli avvenimenti più

importanti della saga. Figure di rilievo per Harry, oltre ai

suoi amici, saranno anche il padrino Sirius, grande amico dei

suoi genitori e per anni creduto responsabile della loro

morte, e il preside della scuola in cui studia, Albus Silente

(nell'originale Albus Dumbledore), uomo di sconfinata saggezza

e grandi abilità magiche, l'unico mago al mondo capace di

incutere timore in Voldemort. Silente in particolare sarà una

guida fondamentale nella formazione spirituale di Harry, e gli

7

fornirà la chiave per sconfiggere Voldemort una volta per

tutte.

1.3. I temi dell'opera

Nei primi volumi della saga, il tema principale che viene

trattato è l'innocenza e l'unicità del periodo dell'infanzia,

due caratteristiche che, secondo la stessa autrice,

rappresentano la grande forza dei bambini: “Mi ricordo

benissimo dei miei undici anni: a quell'età si è del tutto

impotenti. Ma i bambini hanno un mondo segreto che per gli

adulti sarà sempre impenetrabile” (Harry Potter e la pietra

filosofale, seconda di copertina, traduzione di Marina

Astrologo). Via via che la storia prosegue però le questioni

sviluppate diventano più delicate. In parallelo con la

crescita del protagonista, a partire dal quinto volume della

saga vengono affrontati temi quali l'influenza delle scelte

personali sulla nostra vita, la paura della morte e

l'importanza dell'amore in tutte le sue forme. Vediamo di

analizzarli brevemente punto per punto.

L'influenza delle scelte personali sulla nostra vita: la

Rowling esprime la convinzione che ciò che di brutto o di

bello ci capita non dipende da un destino prestabilito o da un

progetto già scritto, ma è piuttosto una conseguenza delle

scelte che operiamo nell'arco della nostra vita. Questo è

chiaramente esemplificato dalle parole di Silente nel sesto

volume della saga, quando nel suo studio spiega a Harry il

vero significato della profezia su quest'ultimo e Voldemort:

“Harry, never forget that what the prophecy says is only

8

significant because Voldemort made it so. [...] If Voldemort

had never heard of the prophecy, would it have been fulfilled?

Would it have meant anything? Of course not!” (J.K. Rowling,

509-510).

La paura della morte: l'antagonista principale della storia,

Voldemort, ritiene che la morte sia la più grande debolezza

dell'essere umano. Tenterà quindi di vincerla in tutti i modi

creando degli Horcrux, oggetti oscuri capaci di garantire

l'immortalità a una persona. È in questi oggetti che risiede

il segreto della sua apparente invincibilità. Apparente è la

parola chiave: la morte non può infatti essere realmente

dominata. Voldemort concepisce la morte come una debolezza

solo perché è incapace di capire che esistono cose ben

peggiori, ed è questo che determinerà la sua sconfitta

nell'ultimo capitolo della saga.

L'importanza dell'amore in tutte le sue forme: è il vero filo

conduttore dell'opera, e attraversa tutte le pagine dei sette

romanzi. È per amore che all'inizio della storia la madre di

Harry muore per proteggerlo da Voldemort, ed è per amore che

Harry è pronto a fare lo stesso per i suoi amici nell'ultimo

volume della saga. La capacità di amare rappresenta l'arma

vincente del protagonista, e sarà questa capacità che gli

permetterà di avere la meglio sul suo nemico.

1.4. Le figure cardine

Sebbene in più parti della storia sembra trasparire una

certa somiglianza tra Harry e Voldemort, (entrambi per

esempio sono in grado di comunicare con i serpenti), da quanto

9

appena esposto sopra si ricava invece che a livello più

profondo essi rappresentano l'uno l'esatto opposto dell'altro.

Voldemort infatti crede nel caso e nel destino, ha

terribilmente paura della morte ed è totalmente incapace di

concepire l'amore; Harry invece capisce che sono le scelte

personali ad avere influenza sulla nostra vita, comprende che

la morte non è il male peggiore ed è in grado di voler bene e

soffrire per le persone che ama.

Al centro di questi due personaggi si pone la figura di

Silente. In base a quanto raccontato nell'ultimo libro, il

preside da giovane era più simile a Voldemort nel modo di

pensare, poiché anche lui voleva dominare la morte. Nel corso

degli anni è riuscito però a capire appieno il valore

dell'amore e il ruolo che le scelte individuali ricoprono

nella nostra vita. In vecchiaia, quindi, diventa più simile al

protagonista Harry.

È chiaro che questi tre personaggi, per le ragioni fin qui

elencate, seppure in modo diverso rappresentano le figure

portanti dell'intera opera. Per questo motivo, nelle

trasposizioni cinematografiche di Harry Potter gli attori che

li interpretano parlano con un accento inglese “standard”, e

ciò li contrappone ad altri personaggi, che come vedremo, sono

interpretati da attori che parlano invece con altre varietà di

accento. Le implicazioni sociologiche che stanno dietro a

queste scelte sono argomento che verrà approfondito nei

capitoli successivi di questo documento.

10

11

2. GLI UOMINI SONO LINGUA

2.1. Premessa

Scopo di questo capitolo è illustrare alcune teorie

linguistiche che serviranno da supporto per la mia tesi

secondo la quale nel cinema le diverse varianti di accento con

cui parlano gli attori giocano un ruolo fondamentale nel

definire l'identità dei personaggi che essi interpretano. Lo

studioso a cui ho principalmente fatto riferimento è

l'irlandese David Crystal, scrittore, editore per la Cambridge

e attualmente professore di linguistica presso la University

of Wales, a Bangor. Tra i molti argomenti di cui Crystal si è

occupato fino a questo momento, ho incluso in particolare le

sue ricerche sulla morfologia di accenti e dialetti, sul

rapporto tra lingua e società e sulle forme di acquisizione

linguistica da parte dei gemelli nel periodo dell’infanzia. Ho

approfondito poi ognuno di questi contenuti con i contributi

di altri autori e studiosi, nello specifico:

Peter Trudgill e J.K. Chambers, professori di linguistica

rispettivamente alla University of East Anglia e alla

University of Toronto;

Jenny Cheshire, professoressa di linguistica alla University

of London;

Otto Jespersen e Martin Stevens, il primo professore

all'Università di Copenaghen, morto nel 1943, il secondo

12

professore al Michigan State College;

John Galsworthy, scrittore inglese morto nel 1933;

Basil Bernstein, sociologo e linguista britannico morto nel

2000;

William Labov, professore di linguistica alla University of

Pennsylvania;

David McNeill, professore di linguistica e psicologia alla

University of Chicago, nell'Illinois;

Charles Ferguson, professore di linguistica alla Stanford

University, morto nel 1998;

Elinor Ochs, professoressa di antropologia all'Università

della California, a Los Angeles.

2.2. Solidarietà sociale e distanza sociale

Secondo quanto afferma Crystal, i diversi usi che gli

uomini fanno della propria lingua sono espressione

dell'identità personale. Le differenze presenti nel nostro

modo di parlare possono facilmente rivelare a chi ci ascolta

alcuni tratti tipici di noi stessi, come per esempio le nostre

origini geografiche, la realtà sociale che ci circonda e il

livello di cultura che abbiamo: “[...] A major function of

language is the expression of personal identity – the

signalling of who we are and where we 'belong'” (Crystal 13).

Gli elementi che meglio ci permettono di attuare questa

caratterizzazione di noi stessi sono le inflessioni di accento

e le varianti dialettali, in base alle quali viene a

delinearsi una tra le funzioni più importanti della lingua:

gli uomini possono essere e sentirsi parte di un determinato

13

gruppo di persone (“solidarietà sociale”), oppure possono

percepire il medesimo gruppo come troppo lontano dalla propria

individualità (“distanza sociale”). (Crystal, 42)

2.3. Accenti e dialetti

È importante tenere questi due termini distinti, in quanto

sono ben lungi dall'essere sinonimi. Un accento è solo una

particolare pronuncia che un parlante applica alla propria

lingua; un dialetto invece include in sé anche differenze di

tipo grammaticale e lessicale. Per meglio spiegare la

differenza, si riportano le esemplificazioni di Crystal:

If we heard one person say He done it and another say He did it, wewould refer to them as using different dialects, because agrammatical difference is involved. Similarly, the choicebetween wee bairn and small child is dialectical, because this is acontrast in vocabulary. But the difference between bathwith a 'short a' [a] and bath with a 'long a' [ɑ:] is amatter of accent, as this is solely a matter of pronunciation.(Crystal 24)

Nonostante la considerevole divergenza, tuttavia, sia accenti

che dialetti vengono sottoposti a giudizi di valore, che

variano di grado di caso in caso. Per esempio, i parlanti che

utilizzano inflessioni “standard” per la propria lingua, nella

maggior parte dei casi vengono ritenuti più istruiti e vengono

considerati personalità più dominanti: “[...] The medium of

instruction and criterion of successful performance is

standard English” (Crystal, 35). Chi fa uso invece di accenti

associabili a classi sociali più basse e di dialetti più

periferici, è molto probabile che venga visto come portatore

14

di integrità morale ed è capace di esercitare un certo fascino

attrattivo sugli altri parlanti. La nostra percezione di una

persona, quindi (cioè l'immagine di innocenza, intelligenza o

ignoranza che per esempio ne ricaviamo), ci viene data dai

diversi fattori fonetici della lingua.

I dialetti sono argomento ampiamente discusso in “Dialects of

English: Studies in grammatical variation” a cura di Peter

Trudgill e J.K. Chambers. In questa raccolta di saggi vengono

analizzate le maggiori differenze di natura morfologica e

sintattica tra i vari dialetti dell'inglese. Nel capitolo

introduttivo, i due linguisti affermano che la maggior parte

dei parlanti di madrelingua inglese sparsi per il mondo

divergono tra loro più per le varianti di accento che per

quelle dialettali. Inoltre, la maggior parte dei dialetti sono

grammaticalmente e lessicalmente molto vicini allo Standard

English. È pur vero però che esiste una minoranza di persone

di lingua inglese che utilizza dialetti che Trudgill e

Chambers definiscono “traditional”, forme non standard e prive

di regole grammaticali fisse e definite: “These dialects

differ very considerably from Standard English, from other

mainstream varieties and from each other. They also differ in

unsystematic and unpredictable ways, and in their grammar as

well in phonology and lexis” (Trudgill and Chambers, 3). I

“traditional dialects” si possono localizzare geograficamente

soprattutto nelle aree rurali e periferiche, ma una parte di

essi la possiamo ritrovare anche in zone più urbane.

A supporto della teoria di Trudgill e Chambers circa la

differenza grammaticale tra forme standard e forme non

15

standard possiamo fare riferimento a uno studio compiuto da

Jenny Cheshire sul sistema verbale dei dialetti inglesi, il

cui saggio è anch'esso contenuto nella raccolta curata dai due

linguisti. Secondo la Cheshire, nelle forme dialettali non

standard della città di Reading, per esempio, il verbo “ain't”

viene adoperato in sostituzione di più forme standard, ed in

particolare:

come contrazione del presente negativo del verbo “to be”,

utilizzato come copula (We've got a park near us, but there

ain't nothing over there);

come contrazione del presente negativo del verbo “to be”,

utilizzato come ausiliare (How come that ain't working?);

come contrazione del presente negativo del verbo ausiliare

“to have” (I ain't got one single flea in my hair, they're

all married). (Cheshire, in Trudgill and Chambers, 54)

Le forme standard, invece, nel linguaggio colloquiale

comprendono:

il verbo assimilato al soggetto che lo precede (You're not

making room for me);

la particella negativa ridotta e assimilata al verbo che la

precede (You aren't a virgin). (Cheshire, in Trudgill and

Chambers, 62)

Dalla comparazione appena svolta, quindi, possiamo dedurre che

mentre con i dialetti standard ci troviamo semplicemente di

16

fronte a delle abbreviazioni, facilmente riconducibili alle

forme originali (You are not making room for me; You are not a

virgin), nei dialetti non standard la devianza dalle norme

grammaticali corrispondenti è nettamente maggiore (We've got a

park near us, but there is nothing over there; How come that is

not working?; I have not got one single flea in my hair, they're

all married). Proprio perché può abbracciare più funzioni

all'interno di una frase, risulta più difficile risalire alle

origini storiche del verbo “ain't”, che secondo Jespersen

(1940) e Stevens (1954) vanno rintracciate nel Middle English.

I due linguisti ipotizzano che “ain't” deriverebbe da

cambiamenti di suono in “haven't/hasn't” e “am not”. Per

quanto riguarda il primo caso, quando “haven't/hasn't”

occorreva in posizione atona, l'h aspirata iniziale veniva a

mancare e la vocale lunga con cui allora venivano pronunciate

le forme negative dei verbi irregolari poteva andare incontro

ad un processo di dittongazione, nello specifico [eɪ]; nel

caso di “am not”, invece, la prima consonante nasale si

sarebbe assimilata alla seconda, mentre la vocale iniziale si

sarebbe allungata, diventando successivamente il dittongo

[eɪ]. (Trudgill e Chambers, 56)

Quanto detto fin qui sulla divergenza tra forme standard e non

standard sarà di fondamentale importanza per il capitolo

successivo, perché rappresenterà un utile strumento di

supporto per la mia tesi secondo cui il modo di parlare dei

personaggi nel cinema non è un fenomeno puramente casuale, ma

risponde a dei criteri e a delle scelte ben precise.

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2.4. The dropping of the g

Come abbiamo già accennato, uno dei principali fattori che

più influiscono sul nostro modo di parlare è il contesto

sociale del quale facciamo parte. La società è organizzata in

classi, costituite da un agglomerato di persone che

condividono simili caratteristiche economiche, oltre che

linguistiche. Le relazioni che intercorrono tra la lingua e la

classe sociale sono state oggetto di osservazione non solo da

parte dei linguisti, ma anche da parte di alcuni letterati dei

secoli XVIII e XIX. Ne è un esempio lo scrittore britannico

John Galsworthy, che nel romanzo “Maid in waiting”, scritto

nel 1931, attraverso una conversazione tra i personaggi di

Clare e Dinny Cherrel sottolinea alcune particolarità

linguistiche insite nel parlato di Lady Mont:

'Where on earth did Aunt Em learn to drop her g's?''Father told me once that she was at a school where an

undropped “g” was worse than a dropped “h”. They were bringin' in a country fashion then,

huntin' people, you know'. (John Galsworthy, chapter 31)

Dal dialogo traspare lo stupore di Clare per il modo di

parlare della zia, che fa uso di un linguaggio “basso” non

propriamente adatto alla posizione economica che ricopre.

Galsworthy sostanzialmente mette in luce uno dei segnali più

comuni che indicano la differente appartenenza di classe in

Gran Bretagna, e cioè la diversa pronuncia della “g” finale in

parole come “bringing” e “hunting”. Esistono fondamentalmente

due varianti: [n], più tipica delle classi proletarie, e [ƞ],

versione standard e in voga presso le classi più alte. Crystal

18

però asserisce che nel secolo scorso “dropping the g”, ossia

usare la prima delle due varianti di pronuncia illustrate

sopra, non era sintomo di ignoranza e mancanza di cultura, ma

piuttosto una caratteristica del parlato che le classi più

ricche ed istruite desideravano emulare, e questo è il motivo

per cui il personaggio di Lady Mont “drops her g's”. Solo nel

tardo XIX secolo si incominciò a considerare come più

“corretta” la pronuncia in [ƞ], poiché nella scrittura era

presente una “g” che si sentiva in qualche modo l'esigenza di

riprodurre. (Crystal 39)

2.5. The dropping of the h

Dall'estratto del romanzo di Galsworthy sopra riportato

viene messo in luce un altro connotato che è indicatore della

diversità di classe: “the dropping of the h”1, cioè la mancata

aspirazione dell'”h” iniziale in parole come “heaven” e

“head”, per esempio. Secondo Chambers e Trudgill, la pronuncia

aspirata dell'”h” darebbe più prestigio alla lingua inglese.

Ancora una volta, “the dropping of the h” si presenterebbe con

maggiore incidenza presso le classi sociali più basse di

qualsiasi regione geografica, come emerge da due diversi studi

che i due linguisti hanno svolto nel 1980 presso le città di

Norwich e Bradford, localizzate rispettivamente nell'est e nel

nord dell'Inghilterra (studi inclusi nell'opera

1 A differenza di quanto accade con “the dropping of the g”, in questo casonon vi è alcun accenno ad una possibile volontà da parte delle classi piùabbienti del secolo passato di imitare i proletari e pronunciare come loro un'”h” non aspirata, e questo dimostrerebbe che non ci sono mai stati dubbi su quali delle due varianti fosse generalmente considerata come la più “corretta”.

19

“Dialectology”). Per entrambe le città, è stata analizzata la

ricorrenza del fenomeno in cinque gruppi di parlanti divisi

per classe sociale, in base alla loro professione

e alla loro cultura. Si riporta sotto la tabella con i

risultati dell'indagine:

Class Bradford Norwich

Middle middle(MMC) 12% 6%Lower middle (LMC) 28% 14%Upper working (UWC) 67% 40%Middle working (MWC) 89% 60%Lower working (LWC) 93% 60%

Come traspare da questi dati, in tutte e due le aree la

percentuale di frequenza della mancata aspirazione dell'”h”

aumenta mano a mano che si scende nella scala sociale. Si può

inoltre notare che a Bradford “the dropping of the h” si

verifica con un'occorrenza assai maggiore in ogni fascia, e

questo probabilmente sta ad indicare che lì, rispetto a

Norwich, il fenomeno ha origini più antiche nel tempo.

(Chambers e Trudgill, 59)

2.6. Status e ruoli all'interno della società

Le differenze linguistiche riscontrabili tra i parlanti

non dipendono solo dalle diverse possibilità finanziarie di

ognuno di noi, ma anche dallo “status” e dal “ruolo” che le

persone esercitano all'interno della struttura sociale.

Secondo la definizione che ne dà Crystal, lo status è la

20

posizione che un individuo riveste all'interno della propria

comunità (prete, funzionario burocratico, ecc.). I ruoli sono

invece le modalità di comportamento che deve attuare chi ha un

determinato status. Ogni persona svolge più ruoli, che variano

a seconda dello status che per esempio ha all'interno della

propria famiglia (patriarca, primogenito, ecc.) o all'interno

del proprio luogo lavorativo (capo operaio, tirocinante,

ecc.). (Crystal, 41) In base all'importanza dello status e del

ruolo che si ricopre nella società, ne derivano determinate

convenzioni linguistiche, che possono comprendere un diverso

modo di approcciarsi e indirizzarsi alle persone, una diversa

proprietà di linguaggio e l'uso di un vocabolario più o meno

specifico.

Applicando le teorie di Crystal a livello pratico, possiamo

quindi dedurre che un rettore di un'università che sia al

contempo un capofamiglia tenderà generalmente a parlare con un

tipo di linguaggio “standard”. Diversamente, un operaio

semplice che all'interno del nucleo familiare rappresenti il

membro più giovane probabilmente utilizzerà un tipo di

linguaggio considerato più “basso”.

2.7. Codici ristretti e codici elaborati

È interessante apportare i contributi teorici del

sociologo britannico Basil Bernstein, che nel 1971 distinse

tra due diversi tipi di codici linguistici: un codice più

“elaborato” (elaborated code) e un codice più “ristretto”

(restricted code). Essi trarrebbero la loro origine

all'interno dei diversi tipi di struttura familiare, e si

21

trasmetterebbero negli individui attraverso l'educazione che

viene loro impartita. Codici elaborati sorgono in un contesto

in cui per esempio non si condividono gli stessi pensieri e

gli stessi valori, e proprio per questo vengono richieste una

maggiore specificità e chiarezza. Codici ristretti, invece,

sorgono all'interno di un medesimo gruppo di persone che non

ha bisogno di dettagli espliciti per comprendere determinati

significati, poiché i componenti hanno in comune tra loro lo

stesso bagaglio di conoscenze ed esperienze. Bisogna fare

attenzione però a non confondere il codice ristretto e il

codice elaborato rispettivamente con linguaggi e registri

“bassi” e “alti”.

Secondo molte teorie che Bernstein definisce errate, i bambini

della media borghesia avrebbero accesso facilmente ad entrambi

i codici, mentre i bambini appartenenti alla classe del

proletariato sarebbero limitati inizialmente all'utilizzo del

codice ristretto, e dovrebbero impegnarsi molto di più per

imparare a padroneggiare anche il secondo tipo di codice,

richiesto negli istituti scolastici. Le difficoltà a cui

andrebbero incontro dipenderebbero fondamentalmente

dall'incapacità dei bambini di estrazione sociale più bassa di

compiere astrazioni nei loro discorsi. Per dimostrare

l'infondatezza di queste teorie, Bernstein fa riferimento a

una registrazione compiuta dal linguista americano William

Labov, in cui un ragazzo di 15 anni di colore spiega perché

pensa che Dio sia bianco: “Why? I'll tell you why! Cause the

average whitey out here got everything, you dig? And the

nigger ain't got shit, y'know? Y'understan'? So – um – for in

22

order for that to happen, you know it ain't no black God that's

doin' that bullshit”. (Labov, 217)

La capacità di astrazione in queste poche battute appare

evidente, seppure il codice risulti ristretto e il linguaggio

usato non propriamente “standard”.

2.8. La lingua nei gemelli

Vorrei concludere questo capitolo discutendo delle

particolari circostanze in cui ha origine la lingua nei

fratelli gemelli. I bambini di norma ricevono la maggior parte

degli impulsi linguistici dai propri genitori o da altri

adulti in generale. Stando però agli studi di Crystal, questo

stesso principio non si verifica nel caso dei gemelli, poiché

essi dipenderebbero esclusivamente l'uno dall'altro per

apprendere le principali strutture morfo-sintattiche e

lessicali. In una simile situazione, crescendo e passando la

maggior parte del tempo insieme, non è affatto infrequente che

molti gemelli sviluppino forme di comunicazione assolutamente

“private”. Essi si esprimerebbero sostanzialmente attraverso

un tipo di linguaggio estraneo agli adulti che li circondano,

fatto di giochi fonetici e suoni apparentemente privi di

significato: “To the outsider, this kind of dialogue might

resemble a 'secret language', but it is no more than a form of

phonetic play”. (Crystal, 247)

Un'altra caratteristica molto interessante dei gemelli,

linguisticamente parlando, riguarda il loro modo peculiare di

interagire con le altre persone. Osserviamo un attimo le

conversazioni che seguono:

23

MOTHER: What can you see in the picture?TWIN A: A cat.TWIN B: And a dog.

MOTHER: What do you want me to read?TWIN A: Puss.TWIN B: In boots.2

Da entrambi questi dialoghi si rileva che i gemelli

abitualmente, piuttosto che parlare in contemporanea, si

dividono in parti eque una stessa frase. La loro capacità di

sincronizzazione è sorprendente: se il primo sa esattamente

quando e dove interrompersi, il secondo riesce a completare in

maniera soddisfacente e nelle giuste tempistiche quanto appena

detto dal fratello. Ciò dimostra quindi che essi si conoscono

a vicenda più che esaustivamente: “They know each other's

rhythms, and each is able to predict a great deal of what the

other is likely to say”. (Crystal, 247)

2 Cfr. Crystal pag. 247.

24

3. AD OGNI PERSONAGGIO, IL SUO ACCENTO

3.1. Premessa

Questa terza parte costituisce il cuore del mio lavoro e

la sua importanza è di conseguenza fondamentale, poiché viene

dimostrato dettagliatamente quanto i connotati fonetici di un

attore vadano ad incidere sulla rappresentazione del ruolo che

egli deve interpretare. Come già enunciato nell'introduzione

di questa tesi, il mio studio socio-linguistico si è basato

principalmente sugli accenti che si riscontrano nei film di

Harry Potter. Dato però che i membri che compongono il cast

effettivo sono in numero troppo elevato, non ho potuto

esaminare la parlata di ognuno di loro, anche per limiti di

spazio, per cui, dopo un'attenta selezione3, la mia scelta si è

rivolta verso l'analisi delle inflessioni fonetiche di otto

personaggi in particolare, elencati qui di seguito:

3 I primi cinque personaggi sono stati selezionati per la loro importanza all’interno della storia. Difatti, a mio parere, è attorno ad essi che vengono costruite le trame principali, e sono essi che nella maggior parte dei casi sciolgono gli intrecci della saga. Gli ultimi tre personaggi invece sono stati selezionati per le loro peculiarità fonetiche, reputate da me decisamente curiose e meritevoli di riflessioni.

25

Harry Potter, protagonista indiscusso dei libri;

Tom Riddle, alias Lord Voldemort, antagonista di Harry e da

sempre determinato ad ucciderlo;

Albus Silente, preside della scuola di magia dove Harry e i

suoi compagni studiano;

Hermione Granger, migliore amica di Harry e figlia di

genitori non maghi;

Ron Weasley, anche lui migliore amico di Harry, di umili

origini;

Fred Weasley e George Weasley, gemelli omozigoti

appassionati di scherzi e burle, fratelli maggiori di Ron;

Scabior, un Ghermidore (Snatcher nell'originale inglese) che

sarà presente solo nell'ultimo episodio della saga.

Il metodo che ho adottato per costruire le mie ipotesi è

sempre lo stesso. Dopo avere ascoltato alcune loro

conversazioni, prese da più film della serie, le ho riportate

in questo documento prima in inglese, e poi le ho trascritte

nei simboli fonetici corrispondenti, secondo la diversa

pronuncia che ognuno di questi otto personaggi applicava alle

varie parole. Questo procedimento iniziale mi ha permesso di

stabilire se il loro accento fosse da considerarsi vicino o

lontano rispetto alle regole della fonetica inglese. Ciò che

ne è emerso è che le prime quattro parlate sono abbastanza

fedeli agli standard prefissati, mentre le ultime quattro, in

un climax crescente, se ne distanziano sempre più. Conclusa

questa fase meramente linguistica, in un passaggio successivo

26

ho tracciato il profilo di ognuna di queste figure così come

appariva dai romanzi, da un punto di vista sociale e mettendo

soprattutto in rilievo aspetti caratteriali, competenze

intellettive e possibilità finanziarie. Infine, ho supportato

le mie argomentazioni con i contributi di Crystal e degli

altri studiosi a cui ho fatto riferimento anteriormente.

3.2. Gli accenti “standard”

Basandoci sulle teorie che abbiamo discusso nel capitolo

precedente, non stupisce affatto che i personaggi di Harry,

Hermione, Voldemort e Silente (Dumbledore in originale),

parlino con un accento che rispecchia appieno i canoni della

fonetica inglese. Gli attori che li interpretano sono

rispettivamente Daniel Radcliffe, originario di Londra, Emma

Watson, cresciuta nell'Oxfordshire, Ralph Fiennes, nato ad

Ipswich, nel Suffolk, e Michael Gambon, proveniente da

Dublino. Tutti e quattro gli attori fanno uso di un accento

che può essere considerato di tipo assolutamente “standard”,

in quanto le devianze dalla norma in esso presenti sono

pressoché nulle. Per dimostrare la veridicità di questa

affermazione, ho riportato sotto alcune loro battute tratte da

due diverse scene del quinto film della saga, “Harry Potter e

l'ordine della fenice”, che ho poi trascritto in simboli

fonetici. Nella prima delle due scene, Hermione cerca di

spiegare ai suoi amici i sentimenti di confusione che prova la

ragazza di cui Harry è innamorato:

Don't you understand how she must be feeling? Well,

27

obviously she's feeling sad about Cedric, and therefore confusedabout liking Harry and guilty about kissing him. Conflicted

because Umbridge is threatening to sack her mother from her jobat the Ministry and frightened of failing her O.W.L.s because she'sso busy worrying about everything else. (Harry Potter and theorder of the phoenix, scene 16)

Ecco la trascrizione fonetica della scena:

[dəʊnt ju: ʌndə'stænd haʊ ʃi: mʌst bi: 'fi:lɪŋ wel 'ɒbviəsliʃi:z 'fi:lɪŋ sæd ə'baʊt 'sedrɪk ænd 'ðeəfɔ: kən'fju:zd ə'baʊt'laikɪŋ 'hæri ænd 'gɪlti ə'baʊt 'kɪsɪŋ hɪm kən'flɪktɪd bə'kɒz'ʌmbrɪʤ ɪz 'θretənɪŋ tə sæk hə 'mʌðə frɒm hə ʤɒb æt ðə 'mɪnɪstriænd 'fraitənd ɒv 'feilɪŋ həraʊlz bə'kɒz ʃi:z səʊ 'bɪzi 'wɒrɪŋə'baʊt 'evriθɪŋ els]4

Nella seconda scena, Voldemort sopraggiunge al ministero della

magia per uccidere Harry, ma si affronta invece a duello con

Silente, accorso per salvare il ragazzo. Alla fine, Harry

viene posseduto da Voldemort:

Dumbledore: It was foolish of you to come here tonight, Tom.The Aurors are on their way.

Voldemort: By which time I shall be gone. And you...shall bedead.

Harry: [While being possessed by Voldemort] You, you've lost old man.Dumbledore: Harry.Voldemort: So weak, so vulnerable! Look at me!Dumbledore: Harry, it isn't how you are alike. It's how you are

not! [Pause] Harry.Harry: ...You're the weak one. And you'll never know love, or

friendship. And I feel sorry for you.Voldemort: You're a fool, Harry Potter. And you will lose

everything. (Harry Potter and the order of the phoenix, scene 29)

Ecco la trascrizione fonetica della scena:

4 Per tutte le trascrizioni fonetiche, cfr. l’applicazione online PhoTransEdit.

28

Dumbledore: [ɪt wɒz 'fu:lɪʃ ɒv ju: tə: kʌm hi:ə tə:'nait tɒmði: 'ɔ:rəz ɑ:rɒn ð eiə wei]

Voldemort: [bai wɪtʃ taim ai ʃæl bi: gɒn ænd ju: ʃæl bi: ded]Harry: [ju: ju:v lɒst əʊld mæn]Dumbledore: ['hæri]Voldemort: [səʊ wi:k səʊ 'vʌlnəbl lʊk æt mi:]Dumbledore: ['hæri ɪt ɪznt haʊ ju: ɑ:rə'laik ɪts haʊ ju: ɑ: nɒt

'hæri]Harry: [jʊ ðə wi:k wʌn ænd ju:l 'nevə nəʊ lʌv ɔ: 'frendʃɪp ænd

ai fi:l 'sɒri fɔ: ju:]Voldemort: [jʊrə fu:l 'hæri 'pɒtə ænd ju: wɪl lu:z

'evriθɪŋ]

Come già ripetuto più volte nei vari passaggi di questa tesi,

gli attori che interpretano un determinato ruolo nel cinema

vengono scelti anche in base al loro modo di parlare, poiché

il loro particolare accento caratterizza il personaggio che

essi incarnano. Cerchiamo di capire quali sono le ragioni per

cui tutti e quattro i personaggi di Harry, Hermione, Voldemort

e Silente utilizzano un accento che potremmo definire quasi

impeccabile dal punto di vista fonetico. Per farlo, è

necessario ricordare una frase di Crystal esposta al paragrafo

2.3.: “The medium of instruction and criterion of successful

performance is standard English”. Come già detto infatti,

secondo Crystal chi adopera un accento inglese standard viene

visto come portatore di una grande personalità, oltre che in

possesso di notevole cultura. Quest'ultima condizione si

applica perfettamente a tutte e quattro le figure in

questione: tutti e quattro sono dei leader e tutti e quattro

sono alquanto intelligenti e dotati dal punto di vista

29

dell'abilità magica. Vediamo di esaminarli singolarmente.

1) Voldemort: è indubbiamente il capo sotto tutti i punti di

vista del suo gruppo di seguaci, da lui chiamati

Mangiamorte (Deatheaters nell'originale). Egli dà ordini

e si fa obbedire, incutendo timore e punendo chi

contravviene alle sue regole o semplicemente chi fallisce

nel portare a compimento i suoi piani, come appare

evidente già dal primo libro della saga, dove nel

penultimo capitolo il professor Raptor (Quirrell

nell'originale), sostenitore dell'oscuro mago, spiega

come il suo “padrone” sia stato spesso duro con lui

quando commetteva degli errori: “[...] I have let him

down many times. He has had to be very hard on me. [...]

He does not forgive mistakes easily. When I failed to

steal the stone from Gringotts, he was most displeased.

He punished me...” (J.K. Rowling, 234)

Il timore che Voldemort incute ai suoi Mangiamorte deriva

in buona parte anche dalla sua immensa abilità come mago,

abilità che si è manifestata fin dai tempi in cui iniziò

a studiare alla scuola di Hogwarts e di cui egli è

pienamente cosciente. La consapevolezza delle proprie

grandi capacità lo hanno portato spesso ad

autoproclamarsi il più grande mago del mondo;

2) Silente: personalità dominante sotto più aspetti. Egli è

il capo sia della scuola di Hogwarts, essendone il

preside fin da prima della nascita del protagonista, sia

di una società segreta fondata da lui stesso che si

30

contrappone all'operato di Voldemort e dei suoi seguaci,

società chiamata Ordine della fenice (Order of the

phoenix nell'originale). A differenza di Voldemort, però,

le sue qualità di leader nella maggior parte dei suoi

studenti e dei suoi colleghi non infondono paura, bensì

un profondissimo rispetto, che deriva anche nel suo caso

dalle sue impressionanti potenzialità magiche e dalla sua

intelligenza. Dalla lettura dei vari romanzi possiamo

trovare più testimonianze di ciò, che vanno dalle sue

innumerevoli invenzioni e scoperte scientifiche fino ai

suoi duelli con altri pericolosi maghi oscuri, da lui

sempre battuti. In particolare, nel sesto capitolo del

primo libro, si legge: “Considered by many the greatest

wizard of modern times, Dumbledore is particularly famous

for his defeat of the dark wizard Grindelwald in 1945,

for the discovery of the twelve uses of dragon's blood,

and his work on alchemy with his partner, Nicholas

Flamel.” (J.K. Rowling, 81) Come già accennato nel primo

capitolo di questa tesi, proprio per il suo valore

Silente è l'unico mago che Voldemort teme;

3) Harry: rappresenta certamente l'asse portante del suo

piccolo gruppo, composto da lui stesso e dai suoi due

migliori amici, Ron e Hermione. È infatti lui la mente

della maggior parte dei piani che i tre organizzano per

affrontare le sfide che si presentano sul loro cammino.

Nel settimo libro, da un litigio tra Harry e Ron, appare

chiaro come quest'ultimo e Hermione sembrano quasi

dipendere dal protagonista per portare a termine le loro

31

missioni: “We thought you knew what you were doing! [...]

We thought you had a real plan! (J.K. Rowling, 266)

Viene inoltre affermato più volte nel corso dei romanzi

come Harry sia un mago molto valido e molto brillante per

la sua età, (alla conclusione del ciclo, ha infatti

appena 17 anni). Egli è in grado di produrre magie molto

avanzate per un ragazzo così giovane, e dimostra di

sapere tenere testa più che egregiamente a maghi molto

più anziani ed esperti di lui. Non a caso, è infatti

riuscito a sfuggire al suo nemico mortale per un

considerevole numero di volte, un'impresa, come detto da

Silente nel quinto volume della saga, mai riuscita a

nessun altro prima di lui. Ma oltre alle mere abilità

magiche, il vero punto di forza di Harry è il suo

coraggio, che gli permette di agire sempre con la massima

lucidità anche di fronte alle situazioni più drammatiche;

4) Hermione: anche lei può essere considerata assolutamente

una leader, seppure in maniera diversa rispetto agli

altri tre. Se è vero infatti che non si trova “a capo” di

nessun gruppo, è anche vero però che all'interno dei

romanzi ella rappresenta senza dubbio il personaggio

femminile più importante di tutta la storia, ed è grazie

a lei e alle sue intuizioni che al lettore vengono

chiariti alcuni dei punti più oscuri della trama.

Hermione, inoltre, essendo una ragazza altamente posata e

riflessiva, agisce da influsso moderatore tra i suoi due

amici Harry e Ron (entrambi dal carattere molto più

impulsivo ed impetuoso), e qualora essi volessero

32

compiere azioni troppo avventate, riesce il più delle

volte con i suoi consigli a richiamarli all'ordine. È

anche dotata di grande astuzia e dedizione allo studio,

caratteristiche che nell'ambito scolastico le permettono

di apprendere velocemente; è per questo unanimemente

vista dai suoi compagni e dai suoi insegnanti come una

strega molto capace e molto competente. “You're the

cleverest witch of your age I've ever met, Hermione”:

queste sono le parole che alla pagina 290 del terzo libro

della saga, “Harry Potter and the prisoner of Azkaban”,

le rivolge un suo professore.

In conclusione quindi, quanto sostenuto da me alla pagina 18

di questa tesi viene confermato dai brevi profili appena

tracciati: tutte e quattro queste figure sono personalità

dominanti e tutte e quattro sono in possesso di

un'intelligenza non indifferente e di capacità fuori dal

comune. Pertanto, è probabile che questi loro tratti

distintivi si riflettano anche nel loro modo di parlare, ed è

per questo che nelle trasposizioni cinematografiche essi

vengono interpretati con un accento inglese assolutamente

“standard”.

3.3. Gli accenti “non standard”: Ron

L'accento del migliore amico di Harry Potter, Ron Weasley

(il cui ruolo è affidato nelle trasposizioni cinematografiche

all'attore Rupert Grint, originario di Watton-at-Stone,

nell'Hertfordshire), è a mio parere uno dei più interessanti

33

da analizzare. Pur essendo una figura importante della storia

infatti, Ron, a differenza degli altri personaggi di cui

abbiamo discusso nel paragrafo precedente, ha un'inflessione

del suo parlato piuttosto lontana dallo “standard English”.

Questo lo si evince immediatamente da alcune sue battute

tratte da una scena del settimo film della saga, battute che

ho poi di nuovo trascritto in simboli fonetici. Nella scena in

questione, Ron e Harry hanno un diverbio abbastanza acceso:

All right, I'll spit it out. But don't expect me to be gratefuljust because now there's another damn thing we've gotta find.[...] We're about as close to getting rid of it as we are to

finding the rest of them, aren't we? (Harry Potter and thedeathly hallows part 1, scene 16)

Ecco la trascrizione fonetica della scena:

[ɔ:l'rait ail spɪt ɪʔ aʊʔ bʌt dəʊ:n ɪcs'pect mi: tə bi:'greitfʊl ʤʌst bə'kɔ:z naʊ ðeəz ə'nʌðə dæm θɪŋ wi:v 'gɒʔə faindwi:rə'baʊʔ æz kləʊs tə 'geʔɪŋ rɪd ɒv ɪt æz wi: ɑ: tə 'faɪndɪŋ ðərest ɒv ðəm ɑ:nʔ wi:]

3.3.1. Il “glottal stop”

Come si nota, nella trascrizione di cui sopra è presente

per ben sei volte un simbolo fonetico che non occorreva in

nessuna delle espressioni precedenti, poiché non fa parte

dell'inglese “standard”: il simbolo [ʔ], definito in

linguistica “glottal stop”. Si tratta in sostanza di una

consonante occlusiva glottidale, la cui articolazione avviene

appunto nella glottide (o laringe), attraverso una brusca

apertura delle pliche vocali; non è mai accompagnata da

34

vibrazione laringea.5

Nella lingua inglese il “glottal stop” si verifica soprattutto

con la mancata pronuncia della “t”6 (per dirla nei termini di

Crystal, “the dropping of the t”), sia che essa si trovi in

posizione intervocalica o in posizione finale.

Perché il personaggio di Ron fa uso di questo tipo di accento

così lontano dai canoni della fonetica inglese? Le ragioni

principali che si possono addurre (e che verranno esaminate

nel dettaglio nei paragrafi che seguono) sono da ricercarsi

sostanzialmente nei suoi tratti caratteriali e nella sua

situazione familiare.

3.3.2. Lealtà e simpatia

La prima motivazione che possiamo trovare per spiegare la

particolarità dell'accento di Ron va rintracciata alla pagina

9 di questa stessa tesi, in cui si legge: “Chi fa uso invece

di accenti associabili a classi sociali più basse e di

dialetti più periferici, è molto probabile che venga visto

come portatore di integrità morale ed è capace di esercitare

un certo fascino attrattivo sugli altri parlanti”.

Integrità morale e fascino attrattivo: due condizioni che

calzano a pennello al nostro Ron. Nell'arco di tutti e sette i

romanzi egli appare come un personaggio immancabilmente buono

e pulito. Il suo miglior pregio è la lealtà verso gli amici,

che lo porta ad appoggiarli incondizionatamente e a schierarsi

dalla loro parte quando ne hanno più bisogno. Significativa al

5 Cfr. Leoni e Maturi, pag. 61.6 Cfr. Sivertsen, pag. 111.

35

riguardo è la trama del secondo volume della saga, in cui

Harry per un breve periodo viene accusato da tutta la scuola

(a torto) di essere il responsabile delle aggressioni ai danni

di alcuni suoi compagni. In quella circostanza, Ron, migliore

amico del ragazzo, è uno dei pochi che credono alla sua

innocenza.

Ron non ha di fondo un carattere coraggioso come quello del

protagonista, ma appunto il suo forte senso della lealtà lo

costringe a sfidare le sue peggiori paure per aiutare le

persone a cui tiene, come accade sempre nel secondo libro

della saga. Nel quindicesimo capitolo, infatti, egli deve

affrontare il suo terrore per i ragni per cercare di scoprire

la verità riguardo ai crimini commessi all'interno della

scuola, crimini che hanno portato ingiustamente all'arresto di

Hagrid, il guardiacaccia della scuola a cui Harry, Ron e

Hermione sono molto affezionati.

Il fascino che questo personaggio esercita, oltre che dalla

sua lealtà, scaturisce indubbiamente anche dalla sua simpatia

e dal suo umorismo. Ron fin dalle prime pagine dei romanzi

viene descritto come un adolescente immensamente divertente e

capace di trasmettere allegria a coloro che lo circondano.

Queste sue qualità vengono evidenziate nel quarto volume della

saga, in cui Harry, dopo un litigio con Ron, mette

quest'ultimo a confronto con Hermione: “Harry liked Hermione

very much, but she just wasn't the same as Ron. There was much

less laughter and a lot more hanging around in the library

when Hermione was your best friend”. (J.K. Rowling, 315)

Riassumendo quindi, l'integrità e il fascino di Ron sono due

36

fattori che, stando alle teorie linguistiche di Crystal,

contribuiscono a rendere il suo accento così poco fedele alle

norme della fonetica inglese.

3.3.3. Precarietà economica

Il secondo motivo per cui Ron nelle pellicole

cinematografiche viene interpretato con un accento inglese

“non standard” va ricercato nella situazione finanziaria dalla

quale questo personaggio, nella finzione letteraria, proviene.

Nel capitolo 2 di questo documento viene ripetuto più volte

come la differente appartenenza di classe economica vada ad

influenzare il nostro modo di parlare: più in basso si scende

nella scala sociale, maggiore è la distanza dai canoni

fonetici prestabiliti (si rimanda, al riguardo, alla tabella a

pagina 12 sul fenomeno “the dropping of the h”).

Dalla descrizione fornitaci dalla Rowling appare evidente che

le possibilità finanziarie in cui versa Ron non sono delle

migliori. La sua famiglia è composta da nove persone: lui, i

suoi genitori, i suoi cinque fratelli maggiori e sua sorella

minore. Il padre Arthur ha un lavoro da impiegato al

ministero, ma le mansioni di cui quotidianamente si occupa non

sono delle più redditizie. Molly, moglie di Arthur, è una

casalinga. Quando il personaggio di Ron ci viene introdotto

(cioè nel primo volume, in procinto di frequentare il suo

primo anno a Hogwarts), solo due dei suoi fratelli, Bill e

Charlie, hanno già preso il diploma di magia e si sono resi

economicamente indipendenti, mentre tutti gli altri devono

ancora completare gli studi. A causa delle condizioni poco

37

agiate in cui si trova quindi, Ron è costretto ad utilizzare

abiti, libri e strumenti magici di seconda mano. Ciò gli

provoca spesso un certo imbarazzo, soprattutto nei confronti

del suo migliore amico Harry, che seppure orfano, è invece in

possesso di una vera e propria fortuna, ereditata dai suoi

defunti genitori. Nel quarto libro della serie manifesta così

la sua insofferenza verso le sue precarie origini: “Must be

nice to have so much money you don't notice if a pocketful of

Galleons goes missing. [...] I hate being poor. It's rubbish.

I don't blame Fred and George for trying to make some extra

money. Wish I could”. (J.K. Rowling, 540)

È legittimo supporre, in definitiva, che la bassa estrazione

sociale di Ron abbia avuto delle ripercussioni sulle sue

caratteristiche linguistiche, e il suo accento nei film di

Harry Potter viene quindi riprodotto come altrettanto basso

anche per questa ragione.

3.6. Uno studente “giovane”

Vi è una terza spiegazione che potremmo addurre per

giustificare le peculiarità fonetiche di Ron. Ripensiamo un

attimo a quanto asserito da Crystal circa status e ruoli

all'interno della comunità: dallo status specifico che si

riveste nella propria famiglia o nel proprio luogo lavorativo,

ne deriva un ruolo specifico che determina modalità

comportamentali specifiche, e per esteso, modalità

linguistiche specifiche. Maggiori sono le responsabilità che

ricopre un individuo quindi, maggiore risulta essere la sua

proprietà di linguaggio (anche a livello fonetico).

38

Nel caso di Ron, dal paragrafo precedente appare chiaro quale

sia il suo status all'interno della struttura sociale: non ha

un'occupazione professionale, in quanto è ancora un semplice

studente, e nella sua famiglia rappresenta il figlio maschio

più giovane. Egli, in sostanza, è esente da grosse

responsabilità e può pertanto permettersi di attuare un

comportamento meno rigoroso, che va ad influenzare anche il

suo modo di parlare.

3.4. Gli accenti “non standard”: i gemelli Weasley

È possibile riscontrare un accento “non standard” anche

nei personaggi di Fred e George (interpretati dagli attori

James e Oliver Phelps, nati a Birmingham nel 1986), due

gemelli omozigoti che nella finzione letteraria sono due dei

fratelli di Ron. Nonostante il legame di sangue che intercorre

tra di loro e l'appartenenza al medesimo gruppo familiare

tuttavia, il parlato di Fred e George, sotto il profilo

fonetico, ha pochi connotati in comune con quello di Ron e per

la maggior parte ne differisce in maniera considerevole.

Vediamo con la conversazione di cui sotto, tratta dal terzo

episodio della serie, di capire perché.

Fred: Nicked it from Filch's office of course, first year. George: Now listen, there are seven secret passageways out of

the castle; we'd recommend...Fred and George: ...this one. George: The one-eyed witch passageway, it'll lead you straight

to Honeydukes cellar. Fred: But you'd best hurry, Filch is heading this way. George: Oh, and Harry don't forget: when you done, just give it

a tap and say...

39

Fred and George: ...“Mischief managed”, otherwise anyone canread it. (Harry Potter and the prisoner of Azkaban, scene 167)

Ecco la trascrizione fonetica della scena:

[nɪkt ɪɁ frɒm fɪlʧǝz 'ɒfɪs ɒv kɔ:s fɜ:st jiǝ naʊ 'lɪsǝn ðerɑ:sevən 'sɪkrɪt 'pӕsǝʤweiz aʊt ɒv ðǝ kɑ:səl wi:d rǝkǝ'mend ðɪswʊn ðǝ wʊn aid wɪʧ 'pӕsǝʤwei ɪtl lid ju: streit tə hʌni dju:ks 'selə bəɁ ju:d best hʊri fɪlʧ ɪz 'hedɪŋ ðɪs wei ǝʊ ænd 'hӕridǝʊn fǝ'get wen ju: dʊn ʤʊst gɪv ɪt ə tӕp ænd sei 'mɪsʧi:f'mӕnɪʤd 'ʌðǝwaiz 'eniwʊn kӕn ri:d ɪt]

Da queste poche righe emerge che ad eccezione di “honey” e

“otherwise” (pronunciate “correttamente”), le altre parole che

nell'inglese “standard” contengono il fono [ʌ] vengono invece

riprodotte dai gemelli con il fono [ʊ]. Nello specifico:

[wʊn] e ['eniwʊn] al posto di [wʌn] e [eniwʌn][hʊri] al posto di [hʌri][dʊn] al posto di [dʌn][ʤʊst] al posto di [ʤʌst]8

L'accento di Fred e George appare quindi in netto contrasto

con quello di Ron, poiché come si rileva dalla scena che

abbiamo esaminato alla pagina 21 di questa tesi, il migliore

amico di Harry non sostituisce mai a [ʌ] il suono [ʊ].

Inoltre, Ron faceva un maggiore utilizzo del fono [Ɂ] (nella

scena che ho portato come esempio si ripeteva per sei volte),

mentre nel caso dei gemelli è presente solo in due occasioni.

Alla luce di quanto detto fino ad ora, gli interrogativi che

dobbiamo porci sono a questo punto numerosi: perché Fred e

7 Nella scena in questione, Fred e George stanno consegnando a Harry una mappa incantata che gli permetterà di recarsi di nascosto al villaggio vicino alla scuola.

8 Cfr. Oxford English Dictionary.

40

George non si esprimono con un accento “standard”? Perché non

fanno un uso regolare del suono [ʊ], ma lo alternano invece a

[ʌ]? Perché, pur essendone fratelli, l'inflessione del loro

parlato si distingue da quella di Ron? Le risposte a queste

domande sono fornite nei paragrafi seguenti.

3.4.1. Positività d’animo e marginalità letteraria

Le motivazioni per le quali i gemelli Weasley nelle serie

cinematografiche di Harry Potter sono contraddistinti da un

accento non canonico risiedono, ancora una volta, nella loro

moralità, nel loro fascino attrattivo (che deriva anche in

questo caso dalla loro simpatia) e nella situazione economica

da cui provengono. Di quest'ultima ho già ampiamente trattato

a pagina 23, e pertanto non aggiungerò ulteriori dettagli.9 Per

quanto riguarda invece le altre due caratteristiche,

esattamente come il loro fratello Ron, Fred e George sono da

considerarsi due personaggi estremamente positivi e piacevoli.

Essi infatti non sono mai attratti dalle forze del male e

posseggono un forte senso della lealtà. Sono inoltre sempre

fedeli ai giusti, che supportano in ogni circostanza. Un

esempio di ciò lo possiamo ritrovare nel quinto episodio della

serie, in cui Hermione, a causa della mancanza di competenza

di una professoressa della scuola, chiede a Harry di insegnare

a lei e ad altri compagni alcune magie difensive che

permettano loro di proteggersi nel caso venissero aggrediti.

Nel sedicesimo capitolo, un ragazzo di nome Zacharias Smith

9 Dato che Fred e George sono i fratelli di Ron, ne consegue che tutti e tre condividono il medesimo stato di precarietà finanziaria.

41

mette in discussione le reali capacità del protagonista

(“[...] We've all turned up to learn form him and now he's

telling us he can't really do any of it”), e questo è ciò che

i due gemelli gli rispondono: “That's not what he said. Would

you like us to clean out your ears for you?”. (J.K. Rowling,

307).

Oltre a queste loro qualità morali, i gemelli Weasley sono

senza ombra di dubbio i personaggi più comici dell'intera

saga. Dentro la scuola di Hogwarts sono conosciuti per essere

dei veri burloni, e il loro talento per combinare guai supera

di gran lunga la loro predisposizione agli studi. Questo loro

talento si tramuterà nel futuro nel loro mestiere effettivo:

apriranno infatti un negozio di scherzi a Diagon Alley, un

villaggio magico situato a Londra.

C'è infine un'ultima ragione per giustificare l'accento “non

standard” di Fred e George, ed è da ricercarsi nella funzione

che i due fratelli svolgono all'interno dei romanzi di Harry

Potter. A differenza dei personaggi che abbiamo analizzato

precedentemente, i due gemelli non hanno un'importanza

fondamentale ai fini della trama, poiché il ruolo che essi

esercitano è piuttosto secondario; rispetto ad altre figure

primarie quindi, le responsabilità che ricoprono per gli

sviluppi della storia, a livello simbolico, sono molto più

ridotte.

3.9. Espressioni “private” e giochi di suono

La risposta agli ultimi due interrogativi che ci eravamo

posti alla fine del paragrafo 3.4. la possiamo rintracciare

42

nelle parole di Crystal riportate alla pagina 14 di questa

tesi, in cui si legge in particolare che i fratelli gemelli

“dipenderebbero esclusivamente l'uno dall'altro per apprendere

le principali strutture morfo-sintattiche e lessicali. In una

simile situazione, crescendo e passando la maggior parte del

tempo insieme, non è affatto infrequente che molti gemelli

sviluppino forme di comunicazione assolutamente 'private'”.

Nel caso specifico di Fred e George Weasley, il loro modo

“privato” di comunicare si tradurrebbe in un'inflessione del

parlato divergente da quella dei familiari più stretti, e

sarebbe dunque questo il motivo principale per cui il loro

accento inglese non è assolutamente accomunabile a quello di

Ron.

Crystal proseguiva poi il suo discorso sul linguaggio dei

gemelli affermando che, nel periodo dell'infanzia, essi si

esprimono attraverso una serie di “giochi fonetici”. Ebbene,

non è lecito supporre che il continuo alternarsi del fono [ʊ]

con il fono [ʌ], di cui prima abbiamo fatto menzione, sia il

risultato di un gioco fonetico che Fred e George mettevano in

atto quando erano bambini?

3.4.3. Proposizioni a metà

Prima di terminare la mia analisi delle caratteristiche

linguistiche di Fred e George, vorrei puntare un momento

l'attenzione su quanto scritto nell'ultima parte del paragrafo

2.8.: [...] I gemelli abitualmente, piuttosto che parlare in

contemporanea, si dividono in parti eque una stessa frase. La

loro capacità di sincronizzazione è sorprendente: se il primo

43

sa esattamente quando e dove interrompersi, il secondo riesce

a completare in maniera soddisfacente e nelle giuste

tempistiche quanto appena detto dal fratello”.

Questa condizione si riscontra anche nelle interazioni dei

gemelli Weasley. In una scena del terzo film della saga, Ron

fa vedere ai suoi amici Harry e Hermione un ritaglio di

giornale raffigurante lui e la sua famiglia in vacanza in

Egitto. Fred e George lo prendono in giro dicendo che non l'ha

mostrato a nessun altro prima di loro,

Fred: Not unless you count Tom...George: The day maid...Fred: The night maid...George: That bloke who fixed the toilet...Fred: And that wizard from Belgium! (Harry Potter and the

prisoner of Azkaban, scene 6)

Come si può notare, sia Fred che George spezzettano le varie

frasi, lasciandole in sospeso in determinati punti. L'uno

ricomincia da dove l'altro si era arrestato, con sicurezza e

senza alcun tipo di esitazione, ed entrambi si dimostrano in

grado di concludere più che correttamente i propri pensieri.

3.5. Gli accenti “non standard”: Scabior

L'ultimo accento che esamineremo prima di porre fine a

questo capitolo è quello di Scabior, interpretato al cinema

dall'attore londinese Nick Moran.

Scabior è un personaggio comparso solo nell'ultimo libro della

saga, e funge, in un certo senso, da aiutante dei cattivi.

Egli ha il compito di scovare, dietro compenso, tutti i

44

Mudblood, cioè maghi e streghe discendenti da una famiglia non

magica (che sono spesso oggetto di razzismo da parte degli

altri maghi), e portarli al ministero, dominato ormai da

Voldemort e i suoi seguaci, per farli processare e condannare.

La pronuncia che nel settimo film Scabior applica alla propria

lingua è veramente curiosa e particolare, come palesa la scena

che segue, in cui lui e un altro gruppo di maghi riescono a

catturare Harry, Ron e Hermione:

(To Hermione) Hello beautiful. [...] Your boyfriend will getmuch worse than that if he doesn't learn to behave himself. (Toa transfigured Harry) What happened to you, ugly? [...] What's yourname? (Harry Potter and the deathly hallows, scene 26)

Ecco la trascrizione fonetica della scena:

[eləʊ 'bju:ʔɪfʊl jɔ: 'bɔ:ifrend wɪl geʔ mʌʧ wɜ:s ðæn ðæt ɪf i:dʌzn lɜ:n tə bə'haiv 'ɪmself wɒʔ 'æpənd tə ju: ʌgli wɒts jɔ:naim]

3.5.1. Il Cockney

Dalle brevi battute appena prese in considerazione si

intuisce che l'accento di Scabior è, tra tutti quelli che

abbiamo in precedenza analizzato, forse il più lontano dalle

norme fissate dalla fonetica inglese. Difatti, oltre al

fenomeno del glottal stop, che costituiva uno dei tratti

peculiari di Ron e che è qui presente in maniera più

consistente, ci sono altri due elementi che contribuiscono a

rendere l'inflessione di Scabior del tutto “non standard”: la

mancata aspirazione dell'h (ossia il cosiddetto “dropping of

45

the h”), e la diversa pronuncia del dittongo [ei], resa in

questo caso come [ai]. Queste due componenti insieme sono tra

gli ingredienti principali10 del Cockney, una parlata tipica

della classe proletaria di Londra, che si verifica soprattutto

nella zona dell'East End.

Nel paragrafo che segue verranno approfondite le ragioni che

sussistono dietro alle scelte degli autori cinematografici di

rappresentare Scabior con un accento Cockney.

3.5.2. Interessi divergenti e ruoli di sfondo

Proprio all'inizio del capitolo 2 è enunciata la teoria

principale di Crystal: le diverse caratteristiche fonetiche di

ognuno di noi, oltre che a individualizzarci, ci permettono di

sentirci partecipi di un determinato gruppo di persone, o al

contrario di sentirci distanti dallo stesso. È precisamente

questo il punto di partenza per spiegare l'inflessione Cockney

di Scabior. Egli infatti si esprime in modo così dissimile

dagli altri personaggi già incontrati (Harry, Ron, Hermione,

Silente, Voldemort e i gemelli Weasley) perché non si sente

solidale con nessuno di loro.

Per tutto il corso del settimo libro viene detto

esplicitamente che il mondo della magia è in guerra e tenta di

resistere alla campagna di terrore messa in atto da Voldemort

e i suoi seguaci. Uno degli obiettivi primari del signore

oscuro è purificare la sua razza dai Mudblood e convertirsi in

una specie di sovrano, dominando, con il consenso o con la

forza, tutto il popolo magico. Tra le molte figure che, per10 Cfr. Wells, pagg. 307-308 e pag. 322.

46

amor del bene, hanno scelto di contrastarlo, troviamo appunto

Harry, Ron, Hermione, Silente e i gemelli Weasley.

Scabior non ha interesse a parteggiare né per il gruppo di

Voldemort (di cui infatti non è diretto alleato), né per il

gruppo che tenta di resistergli. Per lui non ha importanza se

al bene avrà il sopravvento il male o viceversa, non ha

importanza se il signore oscuro sarà sconfitto o se invece

riuscirà a soddisfare la sua sete di potere. Quello che a

Scabior sta a cuore è semplicemente trarre profitto come può

dalle varie situazioni che gli si presentano davanti. Il

Ministero corrotto gli ha offerto una lauta ricompensa per dar

la caccia ai Mudblood, e lui adempie a questo dovere per puro

scopo di lucro e nulla più.

In quest'ottica dunque, è legittimo supporre che Scabior

adotti la parlata del Cockney come un mezzo per enfatizzare

maggiormente la sua posizione di distacco rispetto agli altri

personaggi sopra menzionati, con cui avverte di non avere

nulla in comune. E con loro non ha nulla in comune anche sotto

il profilo del ruolo che riveste all'interno della saga.

Abbiamo già accennato infatti che egli viene per la prima

volta introdotto solo nel volume conclusivo della serie, dove

permane nello spazio di un capitolo per poi sparire dalla

storia senza più rientrarne. Questo, a mio parere, è già

sufficiente a relegarlo come personaggio di sfondo, in quanto

nei romanzi Scabior ha una rilevanza del tutto minima, ancora

minore rispetto a quella di Fred e George, che per lo meno

compaiono in tutti e sette i libri. Il peso quasi

inconsistente che Scabior riveste nella saga costituisce

47

quindi, potenzialmente, il secondo motivo per cui egli viene

interpretato con un accento Cockney.

4. CONCLUSIONI

4.1. Premessa

In questo quarto e ultimo capitolo, articolato in due

parti distinte, verranno tirate un po' le somme di tutto il

discorso fin qui sostenuto.

Nella prima parte sono riassunti i punti chiave del mio

studio, relativi soprattutto al tipo di accento parlato dai

personaggi e alle supposte motivazioni per le quali essi

comunicano in un determinato modo, con un veloce riferimento

anche alle teorie linguistiche utilizzate a sostegno delle mie

ipotesi.

Nella seconda parte, che si configura come la conclusione vera

e propria di questo documento, vengono espresse delle

ulteriori deduzioni sullo stretto legame che vi è tra

inflessioni fonetiche e ruoli cinematografici. Sono inoltre

messe a nudo anche alcune pecche e debolezze che possono

48

essere presenti in questo lavoro di ricerca, proprio per

fornire le basi per una riflessione più accurata su un tema

vasto come quello scelto, che avrebbe sicuramente meritato di

essere discusso con più ricchezza di particolari.

4.2. Sintetizzando...

È apparso già evidente come i diversi accenti che abbiamo

illustrato nel capitolo precedente riflettano in toto la

psicologia dei personaggi dei film di Harry Potter, che

vengono in qualche modo particolareggiati dalle loro stesse

inflessioni del parlato. Vediamo di riassumere brevemente in

che misura ciò si verifica per ognuno degli otto ruoli sui

quali ho maggiormente rivolto l'attenzione.

1) Harry, Silente, Voldemort e Hermione: ognuno dei quattro

possiede, in maniera differente, qualità di leader ed

elevate capacità intellettive, due connotati che

risaltano costantemente e regolarmente durante il corso

dei romanzi. Un accento prevalentemente standard, stando

alle teorie discusse nel capitolo 2, appare quindi essere

il migliore per evidenziare in modo potenziato questa

loro forte personalità;

2) Ron: i suoi pregi più grandi sono l'integrità morale, che

si traduce in fiducia e lealtà verso i propri cari, e la

simpatia, che è spesso un'arma vincente per

sdrammatizzare le situazioni più difficoltose e per

smorzare la tensione a cui per buona parte del tempo sono

sottoposti i protagonisti. Dando adito alle voci più

49

autorevoli della linguistica, queste due caratteristiche

di Ron, unite alle sue umili origini, alla sua condizione

di figlio maschio più giovane e alla sua professione di

studente, sono ancor più messe in luce da un accento non-

standard avente come tratto principale la consonante

occlusiva glottidale [ʔ];

3) Fred e George: come il loro fratello minore Ron,

anch'essi sono dominati da grande moralità, poiché

mostrano di sapere perfettamente distinguere cosa è bene

da cosa è male, e cosa è giusto da cosa è sbagliato. Sono

inoltre l'incarnazione vivente della simpatia, che

sfoggiano in moltissime occasioni con scherzi e dispetti

di ogni sorta. La loro funzione secondaria per gli

sviluppi della storia è un ulteriore motivo che

giustifica la scelta di rappresentarli con un accento

non-standard, accento divergente da quello di Ron

soprattutto per l'adozione, nella maggior parte dei casi,

del fono [ʊ] in sostituzione del fono [ʌ]. Le domande che

ci eravamo posti (perché Fred e George non parlano come

il loro fratello Ron e perché non utilizzano il suono [ʊ]

in maniera uniforme), hanno trovato risposta nella loro

condizione di gemelli, i quali, secondo gli studi di

Crystal, da piccoli apprendono le fondamenta della lingua

l'uno dall'altro (al contrario degli altri bambini, che

invece dipendono dai genitori) e questo può contribuire

quindi a rendere la loro inflessione diversa da quella

degli altri componenti del gruppo familiare. Nel periodo

dell'infanzia inoltre, i gemelli mettono in atto anche

50

dei giochi fonetici. Nel caso di Fred e George, è

risultato appunto plausibile che l'alternarsi dei suoni

[ʊ] e [ʌ] sia una traccia di un loro personale linguaggio

con cui erano soliti interagire da bambini. Ultimo

elemento riscontrabile in Fred e George (e di nuovo nei

gemelli in generale), è la loro tendenza a dividersi in

parti uguali uno stesso enunciato in modo naturale e

istintivo grazie alla profonda conoscenza che hanno l'uno

dell'altro;

4) Scabior: non condivide gli interessi di nessuno dei

personaggi principali della saga, con cui non ha nulla in

comune anche dal punto di vista dell'importanza che

riveste all'interno dei romanzi, dove ha un ruolo del

tutto irrilevante. Sempre tenendo in considerazione le

teorie linguistiche alle quali si è fatto riferimento,

l'accento Cockney, molto lontano dall'inglese standard,

si configura come il più appropriato per enfatizzare la

distanza di Scabior rispetto agli altri protagonisti

della serie.

4.3. Alcune riflessioni

Lo scopo del mio lavoro era quello di sottolineare come in

ambito cinematografico nulla è lasciato al caso, neppure la

parlata degli attori, la quale è anzi un fattore fondamentale

nella costruzione del personaggio da interpretare. I

contributi teorici esposti nel capitolo 2 e applicati poi a

livello pratico nel capitolo 3, avvalorano a mio parere in

pieno la mia tesi, nonostante questo documento possa

51

ovviamente presentare delle limitazioni, prima fra tutte la

vasta entità dell'opera da me scelta per argomentare le mie

ipotesi. Infatti, i reali personaggi che popolano la storia

del maghetto inglese più famoso del mondo sono in quantità

elevatissima, mentre quelli da me qui presi in esame si

riducono ad un numero che in comparazione appare quasi

ridicolo. Alla luce di quest'ultima considerazione quindi, se

si andassero a studiare gli accenti di ogni singolo

protagonista dei film di Harry Potter potrebbero sorgere delle

incongruenze rispetto a quanto affermato fino ad ora in queste

pagine.

Vorrei cercare di respingere la suddetta obiezione che

potrebbe giustamente essere rivolta asserendo che comunque mi

sono concentrata sulle inflessioni fonetiche che reputavo più

curiose e peculiari e che quindi proprio per questo potessero

fornire un più valido supporto alle mie convinzioni.

Focalizzando l'attenzione sulla diversa influenza che i

diversi accenti esercitavano sulla psicologia dei personaggi,

è stato possibile dedurre che maggiori erano i tratti che

questi ultimi condividevano nel modo di comunicare, maggiore

era la probabilità che essi, nella finzione scenica, si

assomigliassero caratterialmente (si veda al riguardo quanto

accade con Harry e Hermione: entrambi hanno inflessioni molto

vicine e – pura e semplice coincidenza? – un bellissimo

rapporto di amicizia). Viceversa, più i protagonisti

differivano nella maniera di esprimersi e più i punti di

contatto nei loro comportamenti venivano a mancare. Per dar

credito a quest'affermazione, basti pensare per esempio ai

52

ruoli di Ron e di Scabior: entrambi manifestano un certo

interesse per il denaro, ma mentre il primo, alla fine del

ciclo, riesce a capire che la ricchezza materiale non è e non

può essere ciò che più conta nella vita, il secondo è disposto

a tutto pur di ottenere dei guadagni, e agisce secondo il

detto “Il fine giustifica i mezzi”.

L'argomento trattato è a mio modesto giudizio decisamente

interessante, e la mia personale speranza pertanto è che

questo lavoro, come tutte le indagini, possa rappresentare uno

spunto per compiere un'analisi più approfondita sul campo,

magari in uno spazio più ampio, in maniera più completa e con

una competenza migliore di quella dimostrata.

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