All'ombra di Scipione Borghese: Alessandro Turchi per Costanzo Patrizi e qualche altra precisazione,...

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460 All’ombra di Scipione Borghese: Alessandro Turchi per Costanzo Patrizi e qualche altra precisazione Davide Dossi Nel 1959 Roberto Longhi rese noto sulle pagine di Paragone un dipinto di Alessandro Turchi per il quale propose il titolo di “I progenito- ri redarguiti dopo il peccato originale” (fig. 1) 1 . Il soggetto del quadro, che raffigura Adamo, Eva, Dio Padre e due angeli che reggono il suo man- tello, veniva spiegato dallo studioso nel modo seguente: “l’Adamo che dorme significa il post factum smaccata- mente e l’Eva, già riazzimata e profuma- ta, sembra tentare il colpo grosso addirit- tura sul vegliardo che la rimprovera; mentre, a scagionarla, ci si mette anche un amorino alato che, nell’occasione, pare veramente un fuor d’opera” 2 . Una simile raffigurazione del rimprovero divino con Adamo addormentato (ed un angelo come mediatore fra i peccatori ed il loro creatore) non trova però corrispon- denza con l’episodio narrato nella Bibbia né con l’iconografia tradizio- nale. Nel libro della Genesi (Gen, 3, 7-23) Dio interroga l’uomo impauri- to che, consapevole della sua nudità, si nasconde fra gli alberi di Eden ed accusa la compagna di averlo indotto a cibarsi del frutto dell’albero proibito. Allo stesso modo il primo peccatore non viene rappresentato dagli artisti anteriori a Turchi come dormiente, ma vigile e in preda alla paura e alla vergogna dopo aver ottenuto la conoscenza del bene e del male. La figura di Adamo addormentato ci induce quindi a respingere l’interpretazio- ne di Longhi e a riferire il soggetto del dipinto ad un altro episodio della Genesi , la Creazione di Eva. Il quadro dell’Orbetto trova infatti un più preciso riscontro con quanto è scritto nel secondo capitolo di tale libro (Gen, 2, 18-22) - dove si legge che Dio addormentò l’uomo per plasmare la donna da una sua costo- la - e nella sua iconografia. A differenza di molti dipinti di Turchi, la cui committenza o le cui vicende collezionistiche rimangono oscure, la Creazione di Eva vanta un pedigree d’eccezione. E’ infatti possi- bile ricondurre il dipinto alla colle- zione del Tesoriere Pontificio Costanzo Patrizi (1590-1624). Que- sta circostanza ci permette di fare un po’ più di luce sui primi anni romani dell’artista veronese, che si trasferì da Verona nell’Urbe nel 1614, ed ampliare la rete dei suoi committenti romani 3 . Costanzo Patrizi discendeva da una famiglia di origine senese. Suo padre Solderio si trasferì a Roma nel 1583 e si inserì fruttuosamente nella cerchia della famiglia Borghese, allo stesso modo oriunda di Siena. Solde- rio, che desiderava ardentemente per il figlio una brillante carriera ecclesiastica, mise Costanzo nella posizione di ottenerla: nel suo testa- mento gli assegnò infatti un vitalizio di mille scudi d’oro annui e lo affidò alla protezione del cardinal nipote Scipione Borghese “fino a quel momento benignamente concessa” 4 . Il 22 settembre 1615 Costanzo Patrizi fu nominato da Paolo V Tesoriere generale e questo incarico gli fu con- fermato anche dai successivi papi Gregorio XV e Urbano VIII. La cari- ca di Tesoriere precedeva di solito la nomina cardinalizia, che Costanzo però non ottenne a causa della morte prematura. In poco più di un decennio il Patrizi costituì una notevole quadre- ria che, stando all’inventario post mortem redatto nel 1624 dal Cavalier d’Arpino, contava circa duecento opere. La costruzione di questa rac- colta si deve in massima parte allo stesso Tesoriere; egli infatti ereditò dal padre Solderio (deceduto nel 1614) soltanto una decina di dipinti 5 . Anna Maria Pedrocchi, che si è occupata in più occasioni del Patrizi, della sua collezione e del destino di quest’ultima 6 , ha indivi- duato alcuni criteri messi in atto dal collezionista nel formare la sua qua- dreria: l’emulazione del collezioni- smo del cardinal Borghese, uno dei più importanti committenti dell’e- poca nonché fautore della sua for- tuna, l’attenzione per i pittori del Cinquecento senese e l’interesse nei confronti del mecenatismo mediceo 7 . Relativamente al primo criterio, che fu forse dominante, la studiosa rileva come nell’inventario di Costanzo non ritornano soltanto Cardinal Scipione Borghese was the principal supporter and commissioner of Alessandro Turchi, called “l’Orbet- to”, at the beginning of the 17th cen- tury, a few years after the painter’s move from Verona to Rome. The Car- dinal commissioned several paintings for his collection (particularly on touchstone through which wonderful effects could be had in the darkness of night); he also ordered the painter to decorate some parts of his residences. At the same period Cardinal Borghese introduced Turchi to his group of friends who also ordered paintings for their own collections. One of these was Costanzo Patrizi (1590-1624) elected in 1615 General Treasurer for Paolo V Borghese. Costanzo Patrizi commis- sioned Turchi to paint a “ Creation of Eve” for him, which we have hereby published, and a small painting on stone, which has now disappeared, showing “ A Lamented Christ ”. In the same manner “Orbetto” was also commissioned various works by the Cardinals Orazio Lancellotti and Desiderio Scaglia. In this study we intend to discuss these commissions in trying to identify, where possible, the paintings which were once present in these collections pertaining to Cardi- nals.

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All’ombra di Scipione Borghese: AlessandroTurchi per Costanzo Patrizi e qualche altraprecisazione

Davide Dossi

Nel 1959 Roberto Longhi resenoto sulle pagine di Paragone undipinto di Alessandro Turchi per ilquale propose il titolo di “I progenito-ri redarguiti dopo il peccato originale”(fig. 1)1. Il soggetto del quadro, cheraffigura Adamo, Eva, Dio Padre edue angeli che reggono il suo man-tello, veniva spiegato dallo studiosonel modo seguente: “l’Adamo chedorme significa il post factum smaccata-mente e l’Eva, già riazzimata e profuma-ta, sembra tentare il colpo grosso addirit-tura sul vegliardo che la rimprovera;

mentre, a scagionarla, ci si mette ancheun amorino alato che, nell’occasione,pare veramente un fuor d’opera” 2.

Una simile raffigurazione delrimprovero divino con Adamoaddormentato (ed un angelo comemediatore fra i peccatori ed il lorocreatore) non trova però corrispon-denza con l’episodio narrato nellaBibbia né con l’iconografia tradizio-nale. Nel libro della Genesi (Gen, 3,7-23) Dio interroga l’uomo impauri-to che, consapevole della suanudità, si nasconde fra gli alberi diEden ed accusa la compagna diaverlo indotto a cibarsi del fruttodell’albero proibito. Allo stessomodo il primo peccatore non vienerappresentato dagli artisti anterioria Turchi come dormiente, ma vigilee in preda alla paura e alla vergognadopo aver ottenuto la conoscenzadel bene e del male. La figura diAdamo addormentato ci inducequindi a respingere l’interpretazio-ne di Longhi e a riferire il soggettodel dipinto ad un altro episodiodella Genesi, la Creazione di Eva. Ilquadro dell’Orbetto trova infatti unpiù preciso riscontro con quanto èscritto nel secondo capitolo di talelibro (Gen, 2, 18-22) - dove si leggeche Dio addormentò l’uomo perplasmare la donna da una sua costo-la - e nella sua iconografia.

A differenza di molti dipinti diTurchi, la cui committenza o le cuivicende collezionistiche rimangonooscure, la Creazione di Eva vanta unpedigree d’eccezione. E’ infatti possi-bile ricondurre il dipinto alla colle-zione del Tesoriere PontificioCostanzo Patrizi (1590-1624). Que-sta circostanza ci permette di fareun po’ più di luce sui primi anniromani dell’artista veronese, che sitrasferì da Verona nell’Urbe nel1614, ed ampliare la rete dei suoicommittenti romani3.

Costanzo Patrizi discendeva da

una famiglia di origine senese. Suopadre Solderio si trasferì a Roma nel1583 e si inserì fruttuosamente nellacerchia della famiglia Borghese, allostesso modo oriunda di Siena. Solde-rio, che desiderava ardentementeper il figlio una brillante carrieraecclesiastica, mise Costanzo nellaposizione di ottenerla: nel suo testa-mento gli assegnò infatti un vitaliziodi mille scudi d’oro annui e lo affidòalla protezione del cardinal nipoteScipione Borghese “fino a quelmomento benignamente concessa” 4. Il 22settembre 1615 Costanzo Patrizi funominato da Paolo V Tesorieregenerale e questo incarico gli fu con-fermato anche dai successivi papiGregorio XV e Urbano VIII. La cari-ca di Tesoriere precedeva di solito lanomina cardinalizia, che Costanzoperò non ottenne a causa dellamorte prematura.

In poco più di un decennio ilPatrizi costituì una notevole quadre-ria che, stando all’inventario postmortem redatto nel 1624 dal Cavalierd’Arpino, contava circa duecentoopere. La costruzione di questa rac-colta si deve in massima parte allostesso Tesoriere; egli infatti ereditòdal padre Solderio (deceduto nel1614) soltanto una decina didipinti5. Anna Maria Pedrocchi, chesi è occupata in più occasioni delPatrizi, della sua collezione e deldestino di quest’ultima6, ha indivi-duato alcuni criteri messi in atto dalcollezionista nel formare la sua qua-dreria: l’emulazione del collezioni-smo del cardinal Borghese, uno deipiù importanti committenti dell’e-poca nonché fautore della sua for-tuna, l’attenzione per i pittori delCinquecento senese e l’interessenei confronti del mecenatismomediceo7. Relativamente al primocriterio, che fu forse dominante, lastudiosa rileva come nell’inventariodi Costanzo non ritornano soltanto

Cardinal Scipione Borghese was theprincipal supporter and commissionerof Alessandro Turchi, called “l’Orbet-to”, at the beginning of the 17th cen-tury, a few years after the painter’smove from Verona to Rome. The Car-dinal commissioned several paintingsfor his collection (particularly ontouchstone through which wonderfuleffects could be had in the darkness ofnight); he also ordered the painter todecorate some parts of his residences.At the same period Cardinal Borgheseintroduced Turchi to his group offriends who also ordered paintings fortheir own collections. One of these wasCostanzo Patrizi (1590-1624) electedin 1615 General Treasurer for PaoloV Borghese. Costanzo Patrizi commis-sioned Turchi to paint a “ Creation ofEve” for him, which we have herebypublished, and a small painting onstone, which has now disappeared,showing “ A Lamented Christ ”. Inthe same manner “Orbetto” was alsocommissioned various works by theCardinals Orazio Lancellotti andDesiderio Scaglia. In this study weintend to discuss these commissions intrying to identify, where possible, thepaintings which were once present inthese collections pertaining to Cardi-nals.

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gli stessi nomi di artisti che lavoraro-no per Scipione Borghese, ma spes-so anche i medesimi soggetti di qua-dri ancora oggi nell’omonima galle-ria (forse repliche o copie dei proto-tipi acquistati o commissionati dalcardinal nipote)8. A questo proposi-to Pedrocchi sottolinea proprio ilcaso dell’Orbetto9, il quale fu impie-gato fra il 1616 e il 1619 in diversicantieri borghesiani e verso il 1617vendette o dipinse per Scipione Bor-ghese tre quadri su pietra di parago-ne (la Resurrezione di Lazzaro e il Com-pianto di Cristo con la Maddalena equattro angeli si trovano ancora oggiin Galleria Borghese mentre il qua-dro “di San Pietro e dell’AncillaOstiaria”, ricordato da GiacomoManilli10, fuoriuscì in tempi impreci-sati dalla collezione)11.

L’inventario Patrizi del 1624rubrica un “quadro d’una creationed’Adamo et Eva mano di AlessandroVeronese con cornice d’oro scudi 50” e“un quadro d’un Christo morto con laMaddalena e tre angeli in paragonemano di Alessandro Veronese con corniced’ebbano scudi 100” 12. Pedrocchi pro-pone di identificare il primo di essicon Adamo ed Eva piangono Abele(Grenoble, Musée de peinture et desculpture), mentre il secondo dovevaessere una variante del già richiama-to Compianto di Cristo con la Maddale-na e quattro angeli in Galleria Borghe-se13. Il “quadro d’una creatione d’A-

damo et Eva” non è però identifica-bile con la tela ora a Grenoble poi-ché essa raffigura un episodio diffe-rente del libro della Genesi. Adamo edEva piangono Abele fu inoltre esegui-to alla fine del terzo decennio delSeicento e si trovava ancora nel1631 nella bottega dell’artista dovevenne acquistato dal famigeratoFabrizio Valguarnera14; non potevapertanto comparire per motivi cro-nologici nell’inventario post mortemdi Costanzo Patrizi, compilato setteanni prima. Il quadro già Patrizi,che in un inventario successivo dellafamiglia viene descritto come unatela d’imperatore (cm 100 x 130circa)15, è invece identificabile permisure, soggetto e datazione coldipinto pubblicato da Roberto Lon-ghi. Si tratta infatti di un olio su teladi cm 103,9 x 136,4 e databile fra il1617 e il 1620. La Creazione di Eva fueseguita dall’Orbetto a ridosso dellaResurrezione di Lazzaro per ScipioneBorghese, che, come abbiamo rile-vato, fu acquistata dal cardinale nel1617. Le fisionomie di Eva e di Cri-sto sono infatti sovrapponibili e ilmodo di rendere i panneggi è affi-ne. Nella Creazione di Eva si nota tut-tavia una tavolozza diversa, più limi-tata, che si ritrova al pari delle vestigonfie e vellutate nella Madonna colBambino in gloria e i santi Francesco eCarlo Borromeo, realizzata intorno al1620 per la chiesa romana di San

Salvatore in Lauro (fig. 2)16. I due quadri di Turchi furono

oggetto, insieme al resto della colle-zione di quadri e sculture Patrizi, diun fedecommesso istituito daCostanzo e restarono in possessodella famiglia per qualche secolo17. Ibeni artistici del Tesoriere furonoereditati dal fratello Francesco e allasua morte passarono al figlio Costan-zo. Quando questi morì nel 1645 essipervennero dopo un lungo conten-zioso allo zio Mariano, nel cui inven-tario post mortem del 1654 ritroviamoanche le opere dell’Orbetto18. Nonavendo discendenza, Mariano Patrizinominò erede universale il nipotePatrizio; anche nel suo inventariodel 1689 i due quadri vengono rubri-cati19. Costui lasciò i dipinti ai suoifigli di sesso maschile Costanzo, Gio-vanni Battista, Filippo, Mariano eFrancesco Felice. Da questo momen-to si perdono le tracce del Compiantodi Cristo con la Maddalena e angeli,mentre la Creazione di Eva è rubricatanell’inventario di Costanzo Patrizidel 1739 che elenca i soli dipinti sog-getti al fedecommesso20. L’unicofiglio maschio di Costanzo, PatrizioPatrizi, non ebbe discendenza enominò suo erede Giovanni Chigi-Montoro. Giovanni non ebbe figlimaschi, ma un’unica figlia di nomePorzia che nel 1770 sposò FrancescoNaro21. Nell’inventario dei quadri diquest’ultimo del 1814 l’opera di Tur-

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Ballo” un “quadro grande simile delVeronese dipinto con l’Innocenti posto d.incontro nel med.mo camerone con corni-ce indorata” 33. La tela, che raffiguravauna Strage degli Innocenti e costitutivaun pendant con le Sette Virtù di Anti-veduto Grammatica collocato sulcamino di fronte34, è riscontabileanche nell’inventario dei dipinti35

nel quale viene rubricata un’ ulterio-re opera dell’Orbetto non identifica-bile a causa della genericità delladescrizione e della mancanza dellemisure (“un quadro tondo con unaMadonna e il putto in braccio orig.di Alessandro Veronese”36). I duequadri, se consideriamo come termi-nus ante quem per la loro realizzazio-ne l’anno di morte di Tiberio Lan-cellotti, dovevano essere stati esegui-ti con buone probabilità fra il 1614,quando Alessandro Turchi arrivò aRoma, e il 1629.

Desiderio Scaglia (1567-1639),rinomato predicatore ed inquisitorea Pavia, Cremona e Milano, fu chia-mato a Roma nel 1616 da Paolo Vper ricoprire l’incarico di commissa-rio generale dell’Inquisizione e fufatto cardinale dallo stesso ponteficecinque anni più tardi, nel concistorodell’11 gennaio 162137. Nella cittàpontificia lo Scaglia prese inizial-mente alloggio in un palazzo sitoaccanto alla “corte Savella” (l’attualevia di Monserrato) dove trasportòanche la sua collezione di pittureprincipiata in Lombardia; successiva-mente si spostò in altri edifici la cuimagnificenza rispecchiava il rangosempre maggiore di cui lo Scagliagodeva38. Dopo il trasferimento ilcommissario del Sant’Uffizio ampliòla propria raccolta rivolgendosi aimolti pittori attivi sulla piazza roma-na; fra questi non stupirà di trovareanche Alessandro Turchi, del qualel’inventario Scaglia post mortem del1639 rubricava ben cinque opere(un’“Allegoria della Carità” , una

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chi è ancora presente seppur riferitaad autore incerto22. Questa è l’ulti-ma menzione del dipinto del vero-nese a Roma. Con l’instaurazionedella Repubblica Romana la situa-zione economica della famigliaPatrizi-Chigi-Montoro-Naro iniziòad incrinarsi e costrinse i vari mem-bri a vendere nel tempo parte dellacollezione23. Allo stato attuale delleconoscenze non sappiamo in qualeanno la Creazione di Eva fuoriuscìdalla raccolta Naro né sappiamo chifu il responsabile della sua vendita.Il quadro si trovava a Londra pressoil mercante Julius Weitzner quandofu pubblicato da Roberto Longhimentre negli anni sessanta delNovecento è attestato a New Yorknella collezione di Paul Ganz24.

Il caso di Costanzo Patrizi èemblematico di come gli afferentiall’entourage borghesiano prendesse-ro a modello le scelte collezionisti-che del cardinal nipote o le elegges-sero a proprie e, così facendo, con-tribuissero all’affermazione di unartista.

L’Orbetto si era fatto conoscere aRoma al principio del secondodecennio del Seicento grazie allapittura su pietra di paragone permezzo della quale si potevano otte-nere affascinanti effetti di notturno.La strada era già stata aperta prece-dentemente da Jacopo Bassano, dicui Karel van Mander poté ammira-re a Roma negli anni settanta delCinquecento alcuni dipinti su pietranera25, e dal condiscepolo PasqualeOttino, il cui primo soggiornoromano si situa fra il 1608 e il 1609circa. Durante il primo viaggio aRoma Ottino dipinse un’opera peril cardinale Alessandro Peretti Mon-talto, che gli fu saldata in data 27aprile 1609 attraverso il Banco Her-rera & Costa. Possiamo supporreche il veronese abbia eseguito per ilPeretti Montalto proprio un dipintosu pietra poiché già nel 1610 riforni-va di paragoni Guido Reni (chelavorò nel medesimo frangente perlo stesso cardinale), probabilmentein conseguenza del successo ottenu-to grazie a questi manufatti26.

Scipione Borghese, come abbia-mo già rilevato, si rivolse ad Alessan-dro Turchi per dei dipinti di questogenere (ed altri ne acquistò diPasquale Ottino e Jacques Stella), alpari del cardinale Francesco Mariadel Monte, dei fratelli Benedetto eVincenzo Giustiniani e di altri colle-zionisti desiderosi di possedereoggetti allora non comuni. Questa

peculiarità della sua produzione fuprontamente registrata da GiulioMancini nelle Considerazioni sulla pit-tura, che sottolineò altresì come ildipingere su paragone fosse propriodella città di Verona. Scrive infattiche “è qui in Roma ***, veronese, cheadesso col suo operare dà gran gusto.[…] Conduce alcune cose in pietra nera(modo proprio di colorir della città diVerona per la commodità di tal pietra)molto bene, et ultimamente n’ha fattauna al capitan Sacripante molto bella emolto ben intesa” 27.

Scipione Borghese non si accon-tentò però soltanto di questi qua-dretti ma, avendo apprezzato laprova ad affresco che l’Orbettoaveva nel frattempo eseguito nellaSala Regia al Quirinale, gli affidòun’altra decorazione ad affresco peril Casino del Barco e la realizzazionedella pala destinata alla cappelladella propria villa di Mondragone.In altre parole il cardinale lo sottras-se a quella nicchia della pittura inpiccolo su supporto lapideo, che ilpittore aveva saputo crearsi per pro-muoversi in una città e in un merca-to fortemente competitivi, e lo reseun artista richiesto da alcuni suoisodali di stanza a Roma e da impor-tanti collezionisti d’Oltralpe come ilduca Massimiliano I di Baviera28 el’arcivescovo di Bordeaux Françoisd’Escoubleau de Sourdis29 che glicommissionarono grandi tele per leproprie gallerie o residenze. Fra icommittenti romani che, ispirandosial gusto del cardinal Borghese, inol-trarono all’Orbetto alcune commis-sioni si annoverano, oltre a Costan-zo Patrizi, Orazio Lancellotti e Desi-derio Scaglia.

Orazio Lancellotti (1571-1620),uditore di Rota dal 1597, fu creatonel 1611 da Paolo V Borghese cardi-nale prete con il titolo di San Salva-tore in Lauro30. Assieme al fratellominore Tiberio (1577-1629) presedimora nel palazzo in via dei Coro-nari, costruito dallo zio ScipioneLancellotti, e si occupò della suadecorazione architettonica (in parti-colar modo del cortile, delle logge,delle scale e del vestibolo di ingres-so31). Ai due fratelli si deve inoltre lacreazione di una notevole raccoltadi quadri e sculture, testimoniata dadue inventari redatti nel 164032.L’inventario relativo alle statue, cheinclude anche qualche dipinto digrandi dimensioni e lo localizzaall’interno del palazzo, menzionasopra di un camino nella stanza cheoggi viene chiamata “Salone da

1. Turchi, Creazione di Eva, ubicazio-ne sconosciuta.

2. Turchi, Madonna col Bambino in glo-ria e i santi Francesco e Carlo Borromeo,Roma, Chiesa di San Salvatore inLauro.

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“Madonna con figlio ed altre figure”,una “Madonna col figliolo”, una “Mad-dalena in piedi” e una “Madonna chelatta il putto”)39.

L’Allegoria della Carità è stata iden-tificata da Fiorenza Rangoni Gàl coldipinto conservato a Melbournepresso la National Gallery of Victo-ria, che fu commissionato all’Orbet-to entro il 1620 dal conte veroneseGian Giacomo Giusti insieme adun’Allegoria della Speranza e a un’Alle-goria della Fede (oggi rispettivamentea Detroit, The Detroit Institute ofArts e Verona, collezione privata).

Secondo la studiosa il dipinto venneprobabilmente acquistato a Verona,forse insieme agli altri due che loScaglia avrebbe donato o rivendutoprima della morte (non sono infattirubricati nell’inventario del 1639)40.

Tale ipotesi non può tuttaviamantenersi poiché il gruppo delletre allegorie rimase unito sino al 25marzo 1806 allorquando fu messo invendita da Sir George Yonge pressoMr. George Squibb in Saville Passa-ge a Londra. I tre quadri passaronoalla morte del conte Gian GiacomoGiusti al figlio Marcantonio che li

trasferì dal palazzo paterno sito aVerona nella contrada di SantaMaria in Organo a quello di Chiavi-ca nella stessa città. Successivamentesi ritrovano uniti a Venezia – insie-me a qualche altro quadro già Giusti– nella collezione Sagredo; nell’“inventario di quadri del palazzo aS. Sofia”, redatto il 23 novembre1738 in seguito alla morte di Gerar-do Sagredo, vengono rubricati“detto Carità grande dell’Orbeto”,“detto grande la Speranza dell’Or-betto” e “detto Fede grande dell’Or-beto”. I tre dipinti furono poi cedutinel 1753 a Giambattista Pasquali -uno dei più importanti editori vene-ziani del Settecento, finanziato dalconsole inglese Joseph Smith - che lirivendette quasi subito. Il botanicoinglese Thomas Martyn li ricordainfatti nel 1766 a Foot’s Cray Placenel Kent nella dimora di BouchierCleeve (“Faith, Hope and Charity -Lorbetto di Verona [sic]”), fondito-re di stagno e ricco proprietario ter-riero che morì nel 176041. La colle-zione di Bouchier Cleeve fu eredita-ta dalla figlia Ann che sposò nel1767 Sir. George Yonge. Quest’ulti-mo, come abbiamo visto, vendette itre dipinti con riferimento all’“Erbetta di Verona” nel marzo 1806(l’Allegoria della Carità fu acquistatain quest’occasione da Jacob Pley-dell-Bouverie, secondo conte diRadnor)42.

Ritornando alla Carità Scaglia,piuttosto che pensare a una secondaversione o a una copia del quadroGiusti viste l’alta valutazione che leera stata assegnata nel suddettoinventario (ben 200 scudi) e la cir-costanza che spesso le copie veniva-no rubricate in questo documentocome tali, si potrebbe riconoscere ilquadro di Desiderio Scaglia nellatela di ubicazione sconosciuta realiz-zata da Alessandro Turchi con lacollaborazione di un suo allievo o diun altro pittore che aggiunse lanatura morta collocata sul tavolino adestra della figura della Carità (fig.3)43. Oppure nella perduta CaritàGiustiniani, nota attraverso l’incisio-ne di Louise-Charlotte Soyer conte-nuta nella Galerie Giustiniani44 e ladescrizione fornita da HippolyteDelaroche e Alexandre J. Paillet nelcatalogo di vendita della famosa rac-colta45. Il quadro di ubicazione sco-nosciuta si può situare cronologica-mente non oltre il quarto decenniodel Seicento, circostanza che colli-merebbe con la data di stesura del-l’inventario post mortem del commis-

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sario del Sant’Uffizio. La Carità Giu-stiniani non è invece databile acausa della sua irreperibilità, ma ilcollegamento fra questo dipinto equello Scaglia non è da escludersipoiché esso entrò a far parte delpatrimonio artistico Giustiniani frala fine del Seicento e l’inizio del-l’Ottocento, quindi in un momentoposteriore alla morte del commissa-rio generale dell’Inquisizione.

All’Allegoria della Carità RangoniGàl affiancò in un primo momentola Madonna che allatta il Bambino delChrysler Museum of Art di Norfolk,che la studiosa identificava con la“Madonna che latta il putto” ricordatanell’inventario Scaglia del 163946.Successivamente, alla luce dellabassa valutazione attribuitale (sol-tanto 40 scudi), Rangoni Gàl feceun passo indietro ipotizzando trat-tarsi invece di una versione di botte-ga eseguita sul modello del quadrodel Chrysler Museum of Art, consi-derato il prototipo di questa compo-sizione a cui seguì negli anni qua-ranta del Seicento la Madonna cheallatta il Bambino del Kunsthistori-sches Museum di Vienna47.

Il caso di Costanzo Patrizi si diffe-renzia da quelli appena descritti diOrazio Lancellotti e Desiderio Sca-glia. Il Tesoriere si rivolse infatti adAlessandro Turchi entro il 1620,allorquando il pittore si stava affran-cando dalla fama di pittore su pietrae si stava lentamente guadagnando lesue prime commissioni ecclesiasticheal di fuori di Verona (non oltre il

trovavano nella “stanza dell’armariode’ libri” “un quadretto alto palmi treCornice d’ebano, dipintovi sul paragoneuna Madonna con il puttino, un S. Gio-van.no et un frate di aless.ro Veronese” e“un Christo morto con più figure dipintosul paragone alto tre palmi cornice d’eba-no di mano d’aless.ro veronese” 49. Sitrattava, con ogni probabilità, diuna versione della Madonna col Bam-bino e i santi Giovannino e Francesco(di cui si conoscono almeno dieciesemplari, il più celebre dei quali siconserva a Verona presso il Museodi Castelvecchio) e di un Compiantooggi perduto, allo stesso modo altotre palmi. Nel secondo inventario,redatto nel 1633 dal pittore e esti-matore Antonio Mariani della Cor-nia50, le opere dell’Orbetto eranoinvece tre: oltre ai due quadri appe-na richiamati compare un “Christomor to sul Paragone con un Angeloappresso alto p.mi uno e mezzo cornicenera” 51. Questa circostanza ci lasciasupporre che il cardinale Ludovisiabbia acquistato fra il 1623 e il 1632,anno della sua morte, un ulteriorequadro dell’Orbetto su pietra e chequindi l’interesse per questo tipo dimanufatto non era venuto meno. Ildipinto si potrebbe identificare permisure col Cristo morto pianto dallaMaddalena e da due angeli (fig. 4).Olio su pietra di paragone, cm 24,9x 35,6, che fu eseguito dall’artistaveronese verso il 1617 (nel medesi-mo tempo in cui licenziò perCostanzo Patrizi la Creazione di Evache ha aperto questo contributo).

1620 dovrebbe infatti datarsi la giàrichiamata Madonna col Bambino ingloria e i santi Francesco e Carlo Borromeoa San Salvatore in Lauro, seguita abreve termine dall’ Assunzione dellaVergine con i santi Antonio abate e Fran-cesco per la chiesa di Sant’Antonio deiCappuccini di Trevi e dall’ Incorona-zione della Vergine con i santi Carlo Bor-romeo e Ubaldo per San Venanzio aCamerino). L’inventario Patrizi segnail momento di transizione, il passag-gio dalla pittura su pietra a quella sutela per i committenti romani. Gliinventari Lancellotti e Scaglia testi-moniano invece il graduale affermar-si dell’artista come pittore da cavallet-to, che sapeva comporre grandi qua-dri da caminetto allo stesso modo diopere devozionali.

Anche se Alessandro Turchismetterà sul principio del terzodecennio del Seicento di dipingerele pietre di paragone per dedicarsi acommissioni più prestigiose, i suoiparagoni non smisero di esserericercati ed apprezzati. Un caso inte-ressante è rappresentato dalla colle-zione del cardinale Ludovico Ludo-visi (1595-1632), nipote di papa Gre-gorio XV Ludovisi, successore diPaolo V Borghese.

Del cardinale Ludovisi si cono-scono a tutt’oggi due inventari. Ilprimo fu stilato nel 1623 da Giovan-ni Antonio Chiavacci e descrive stan-za per stanza gli oggetti conservatinell’omonimo palazzo e nel celebreCasino. Nel Casino, che ospitava idipinti di piccole dimensioni48, si

(1) R. LONGHI, Presenze alla Sala Regia,in “Paragone”, 9, 1959, 117, p. 38 e tav. 32.

(2) L’interpretazione longhiana è dovu-ta al fatto che lo studioso non si accorsedella presenza del secondo angioletto raffi-gurato dall’artista alle spalle del Creatore ereggente il suo mantello. Per questo motivola presenza del compagno in primo pianoappariva a Longhi immotivata (“un fuord’opera”) sebbene subordinata a una certafunzione narrativa. Alessandro Turchi sole-va invece accompagnare nelle opere delprimo e secondo decennio del Seicento lefigure dei santi oppure quella di Dio daangioletti di corredo, che nella maggiorparte dei casi recano gli attributi specificioppure sostengono drappi o mantelli. Talepeculiarità non era sconosciuta nella Vero-na di Cinque e Seicento e possiamo suppor-re che l’Orbetto abbia assorbito più omeno consciamente canoni decorativi invoga nella città natale. Ne troviamo esem-pio in un disegno di Paolo Farinati che raf-figura La Creazione di Adamo (Venezia, Gal-lerie dell’Accademia, Gabinetto dei Disegnie delle Stampe, Inv. Nr. 581). Il mantello di

Dio Padre è sorretto nel disegno, come neldipinto di Turchi, da due angioletti, la fun-zione dei quali è puramente accessoria. A.PERISSA TORRINI, Brevi note sui disegnidelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, in“ARTE Documento”, 11, 1997, p. 103 e tav.1.

(3) J. COSTELLO, The twelve pictures“ordered” by Velasquez and the trial of Valguar-nera, in “Journal of the Warburg and Cour-tauld Institutes”, 13, 1950, p. 279.

(4) M. MINOZZI, in Le stanze del Tesorie-re. La quadreria Patrizi: cultura senese nella sto-ria del collezionismo romano del Seicento, Mila-no 2000, pp. 17-18.

(5) Minozzi, 2000, p. 386.

(6) Le prime notizie sulla famiglia Patri-zi e sugli inventari di Costanzo e dello zioMariano sono state fornite rispettivamenteda L. SPEZZAFERRO, in Frescobaldi e il suotempo , Venezia 1983, pp. 125-128 e E.FUMAGALLI, Raffaello Vanni in palazzoPatrizi a Roma, in “Paragone”, 40, 1989, 477,

pp. 140-148. Si vedano inoltre A. M.PEDROCCHI, Le stanze del Tesoriere. La qua-dreria Patrizi: cultura senese nella storia del col-lezionismo romano del Seicento, Milano 2000;A. M. PEDROCCHI, in I segreti di un collezio-nista. Le straordinarie raccolte di Cassiano dalPozzo 1588-1657, a cura di F. Solinas, Roma2001, pp. 61-67; A. M. PEDROCCHI, in Ago-stino Tassi (1578-1644). Un paesaggista traimmaginario e realtà, a cura di P. Cavazzini,Roma 2008, pp. 151-168.

(7) Pedrocchi, 2000, pp. 45-46.

(8) Pedrocchi, 2000, p. 45.

(9) Altre coincidenze sono state riscon-trate da Pedrocchi relativamente alle operedel Cavalier d’Arpino, di Antonio Tempe-sta, dello Scarsellino, di Luca Cambiaso e diFrancesco Vanni. Pedrocchi, 2000, p. 48;Pedrocchi, 2001, p. 62.

(10) G. MANILLI, Villa Borghese Fuori diPorta Pinciana, Roma 1650, p. 82.

(11) Per la Sala Regia si veda L. TREZZA-

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NI, in Il patrimonio artistico del Quirinale. Pittu-ra antica. La decorazione murale, a cura di G.Briganti, L. Laureati, L. Trezzani, Milano1993, p. 76 con bibliografia precedente. Peril Casino del Barco A. CAMPITELLI, VillaBorghese da giardino del Principe a parco deiromani, Roma, 2003, pp. 181-182 con biblio-grafia precedente. Per la Villa Borghese diMondragone: T. LEE EHRLICH, The VillaMondragone and Early Seventeenth-Century Vil-leggiatura at Frascati, Columbia 1995, p. 495;T. LEE EHRLICH, Landscape and identity inearly modern Rome. Villa culture at Frascati in theBorghese era, Cambridge 2002, p. 129 conbibliografia precedente. Per i quadri su pie-tra D. SCAGLIETTI KELESCIAN, in Alessan-dro Turchi detto l’Orbetto 1578-1649, a cura diD. Scaglietti Kelescian, Milano 1999, p. 100;Scaglietti Kelescian, 1999, p. 102 con biblio-grafia precedente; E. FUMAGALLI, PadreCosimo Cappuccino a Roma, in Paolo Piazza. Pit-tore Cappuccino nell’età della Controriforma traconventi e corti d’Europa, a cura di S. Marinelli,A. Mazza, Verona 2002, p. 230; C. VOLPI,Modelli estetici ed ispirazione poetica al tempo diScipione Borghese: i casi di Ippolito Scarsella e diAlessandro Turchi, in I Barberini e la culturaeuropea del Seicento, a cura di L. Mochi Onori,S. Schütze, F. Solinas, Roma 2007, p. 63.

(12) Minozzi, 2000, p. 387 e p. 389;Archivio del collezionismo romano, a cura di A.Giammaria, Pisa 2009, p. 413.

(13) Pedrocchi, 2000, p. 48.

(14) Del quadro di Grenoble esistevanoin realtà due redazioni. La prima, ora aGrenoble, fu dipinta dall’Orbetto verso il1628 e fu acquistata da Fabrizio Valguarne-ra nel 1631; la seconda fu commissionataall’artista dallo stesso Valguarnera nel 1631.La data di esecuzione di entrambe le operele esclude dalla committenza di CostanzoPatrizi, deceduto nel 1624. D. DOSSI, Ales-sandro Turchi e Fabrizio Valguarnera, in “Para-gone”, 61, 2010, Ser. 3, 90, pp. 66-69.

(15) Minozzi, 2000, p. 398.

(16) Scaglietti Kelescian, 1999, p. 104con bibliografia precedente.

(17) Minozzi, 2000, p. 21.

(18) “un quadro d’un Cristo morto conla Madonna [sic] e i suoi Angeli in parago-ne mano d’Alessandro Veronese corniced’ebano scudi 100” e “un quadro dellaCreazione d’Adamo et Eva mano d’Alessan-dro veronese con cornice d’oro scudi 050”.Minozzi, 2000, p. 395.

(19) “un Quadro della creatione d’Adamo etEva mano di Alesandro Veronese con corniced’oro C.P scudi 50” e “un quadro d’un Christomorto con la Madalena e tre Angioli in paragonemano d’Alessandro Veronese cornice d’ebano C.Pscudi 100”. Minozzi, 2000, p. 396 e p. 398.

(20) “altro in misura d’imperatore rappre-sentante la Creazione di Eva con cornice lisciadorata di Alessandro Veronese scudi 50”. Minoz-zi, 2000, p. 410.

(21) Minozzi, 2000, pp. 23-38.

(22) “un quadro rappresentante la Creazio-

ne di Adamo ed Eva Autore incerto cornice dora-ta franchi 321”. M. Minozzi, Gli inventaridella Collezione Patrizi, op. cit., p. 431;Pedrocchi, 2000, p. 74.

(23) Pedrocchi, 2000, p. 74.

(24) A loan exhibition of Venetian BaroquePaintings, New York 1964, senza numerazio-ne di pagina, n. 12.

(25) Si veda in particolare A. BALLA-RIN, La vecchiaia di Jacopo Bassano : le fonti ela critica. (Nota introduttiva alla “Chirurgiabassanesca”) con, in appendice, la ristampadell’elogio del Marucini e la traduzione italianadella Vita del van Mander, in “Atti dell’Istitu-to Veneto di Scienze, Lettere ed Arti”, 125,1966-67, pp. 177-179 e p. 192; H. SEIFER-TOVA, Painting on stone. An Artistic Experi-ment in the 16 th and Early 17th Centuries,Praga 2007, pp. 71-75.

(26) D. DOSSI, Cronologia dell’opera diPasquale Ottino, in “Proporzioni”, 9-10,2008-2009, p. 90.

(27) G. MANCINI, Considerazioni sullapittura, a cura di A. Marucchi con il com-mento di L. Salerno, I, Roma 1956, p. 255.

(28) D. DOSSI, Committenza bavarese nelXVII secolo: Carlo Saraceni, Marcantonio Bas-setti e Alessandro Turchi, in “Storia dell’arte”,134, 2013, pp. 95-97.

(29) Si veda in particolare D. DOSSI,Alessandro Turchi nella Francia del Seicento:opere, mercato, commissioni, in “ArtItalies”, 19,2013, p. 11.

(30) A. ANGUISSOLA, La storia dellacollezione Lancellotti di antichità, in Collezionedi antichità di Palazzo Lancellotti ai Coronari.Archeologia, architettura, restauro, a cura diM. Barbanera e A. Freccero, Roma 2008, p.48.

(31) Anguissola, 2008, p. 48.

(32) P. CAVAZZINI, Palazzo Lancellotti aiCoronari. Cantiere di Agostino Tassi, Roma1998, pp. 145-146; Anguissola, 2008, pp.48-51.

(33) Patrizia Cavazzini ipotizza che siastato Agostino Tassi, che eseguì degli affre-schi a palazzo Lancellotti, a suggerire aiLancellotti di acquistare o commissionaread Alessandro Turchi (che allo stessomodo del Tassi era stato attivo alla SalaRegia al Quirinale) alcune opere per laloro collezione. Cavazzini, 1998, p. 32, p.147 e p. 160.

(34) Di Alessandro Turchi si conserva-no attualmente due versioni della Stragedegli Innocenti (Vienna, KunsthistorischesMuseum e Wiltshire, Corsham Court),entrambe di piccole dimensioni. Presso ilZentralinstitut für Kunstgeschichte di

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Monaco di Baviera si trova una fotografiache testimonia l’esistenza di un terzodipinto dell’artista veronese con questosoggetto (resa nota da Daniela ScagliettiKelescian nel 1985). Patrizia Cavazzini pro-pone di identificare la Strage degli Innocentigià Lancellotti proprio con questa versio-ne. D. SCAGLIETTI KELESCIAN, Inediti diAlessandro Turchi, in “Paragone”, 36, 1985,419/423, p. 232; Cavazzini, 1998, p. 160.

(35) “Un quadro della distruzione degliinnocenti orig. di Alessandro Veronese”.Cavazzini, 1998, p. 160.

(36) Cavazzini, 1998, p. 160.

(37) L. RANGONI GÀL, “In communisvita splendidus et munificus”: la collezione didipinti del cardinale di Cremona Desiderio Sca-glia, in “Paragone”, 52, 2001, Ser. 3, 35, p.48; L. RANGONI GÀL, Fra’ Desiderio Scagliacardinale di Cremona. Un collezionista Inquisi-tore nella Roma del Seicento, Gravedona (CO)2008, pp. 11 e s.

(xxxviii) L. RANGONI GÀL, Aggiorna-menti romani della collezione di frà DesiderioScaglia, in Arte e immagine del papato Borghese(1605-1621), a cura di B. Toscano con lacollaborazione di B. Cirulli e F. Papi, SanCasciano V. P. (FI) 2005, p. 187; RangoniGàl, 2008, p. 87 e s.

(39) Rangoni Gàl, 2001, p. 53, p. 91 epp. 94-95; Rangoni Gàl, 2005, p. 195, nota29; Rangoni Gàl, 2008, p. 336, pp. 340-341.

(40) Rangoni Gàl, 2001, p. 61; RangoniGàl, 2005, p. 193; Rangoni Gàl, 2008, pp.180-183 e pp. 239-240.

(41) Daniela Scaglietti Kelescian sostie-ne che i quadri di Turchi si trovavano aFoots Cray Place (distrutta da un incendionel 1949) nel 1752, ma questa circostanzaappare alquanto improbabile. In quest’an-no Bouchier Cleeve acquistò infatti la resi-denza da William Boothby, che rimasesostanzialmente invariata fino al 1754,quando Cleeve commissionò la sua trasfor-mazione da casa di campagna a villa in stilepalladiano. Inoltre la prima documentazio-ne sulla raccolta risale al 1761, l’anno suc-cessivo alla morte del suo fautore. Scagliet-ti Kelescian, 1999, p. 112.

(42) Per il quadro e le sue vicende siveda in particolare F. PONA, Sileno o Delle

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3. Turchi e collaboratore, Allegoriadella Carità, ubicazione sconosciuta.

4. Turchi, Cristo morto pianto dallaMaddalena e da due angeli, ubicazionesconosciuta.

Bellezze del Luogo dell’illustriss. Sig. Conte GIO.GIACOMO GIUSTI, Verona 1620, pp. 36-37;T. MARTYN, The English connoisseur: contai-ning an account of whatever is curious in pain-ting, sculpture, &c., in the palaces and seats ofthe nobility and principal gentry of England,both in town and country, I, Londra 1766, p.62; E. M. GUZZO, I dipinti di AlessandroTurchi nella collezione Giusti e qualche aggiun-ta al primo Seicento veronese, in “Arte Cristia-na”, 86, 1998, pp. 369-370; Scaglietti Kele-scian, 1999, p. 116; C. MAZZA, I Sagredocommittenti e collezionisti d’arte nella Veneziadel Sei e Settecento, Venezia 2004, pp. 88-89,p. 134 e p. 262; E. M. GUZZO, Per la storiadel collezionismo a Verona. Nuovi documentisulle quadrerie India, Giusti, Muselli, Canossae Gherardini, in “Studi Storici Luigi Simeo-ni”, 54, 2004, p. 403; D. DOSSI, La collezionedi Agostino e Gian Giacomo Giusti, in “VeronaIllustrata”, 21, 2008, p. 118.

(43) Olio su tela, cm 89,5 x 69,5.

(44) Il dipinto era una tela di formatoorizzontale di cm 95 x 130. Dal 1829 si trova-va nel castello di Berlino ove fu rubato nel1920. C. P. LANDON, Galerie Giustiniani: oucatalogue figuré des tableaux de cette célèbre gale-rie, transportée d’Italie en France, Parigi 1812,tav. 8; C. P. LANDON, Annales du Musée et del’ecole moderne des beaux-arts ou Recueil completde Gravures: Galerie Giustiniani, Parigi 1829,p. 20; G. BARTOSCHEK, I dipinti della colle-zione Giustiniani nei castelli prussiani, in Cara-vaggio e i Giustiniani. Toccar con mano una col-lezione del Seicento, a cura di S. Danesi Squar-zina, Milano 2001, p. 157; S. DANESISQUARZINA, La collezione Giustiniani. Inven-tari I, Torino 2003, tav. 264.

(45) Il dipinto fu messo in vendita aParigi nel 1808. Il catalogo, a cura di Paillete Delaroche, lo descrive in questi termini:“la charité représentée sous les traits d’une bellefemme richement vêtue. Elle est assise sur untrône, et entourée de pauvres qui reçoivent seslargesses. Elle tient dans ses bras un enfant

qu’elle allaite, tandis qu’un autre, auprès d’elle,et un troisième assis sur le premier degré dutrône, semblent l’implorer. Cette composition deplus de quinze figures, présente la meilleuremanière de cet habile peintre; c’est-à-dire, cellequ’il avait prise à Rome, où son goût fut épurépar la vue des chef-d’oeuvres qu’il trouva danscette ville: aussi cette production est-elle remar-quable par la vérité et la beauté des caractères, lechoix des attitudes et des draperies, ainsi que parle précieux de l’exécution, peinture sur toile,haut. 36 p., larg. 48”. La Carità non fu com-missionata o acquistata da Benedetto Giu-stiniani o dal fratello Vincenzo poiché nonè riscontrabile né nell’Entrata della Guarda-robba del cardinale Benedetto (1600-1611circa), né nel suo inventario post mortem del1621 né in quello del 1638 del marcheseVincenzo. A. J. PAILLET e H. DELARO-CHE, Catalogue historique et raisonné detableaux par les plus grands peintres, principale-ment des écoles d’Italie, qui composent la rare etcélèbre galerie du Prince Giustiniani, Parigi1812, pp. 53-54.

(46) Rangoni Gàl, 2001, p. 71.

(47) Rangoni Gàl, 2008, p. 240.

(48) C. H. WOOD, The Ludovisi Collec-tion of Paintings in 1623, in “The BurlingtonMagazine”, 134, 1992, p. 515.

(49) Wood, 1992, p. 517.

(50) K. GARAS, The Ludovisi Collection ofPictures in 1633 – I, in “The BurlingtonMagazine”, 109, 1967, p. 287.

(51) Gli altri due quadretti sono un“Christo morto con molte figure dipintosul paragone alto p.mi 3 cornice d’ebano”e una “Madonnina col Puttino. e S. Giovan-nino con un frate in ginocchione dipintasul paragone alta p.mi due e mezzo, corni-ce d’ebano”. K. GARAS, The Ludovisi Collec-tion of Pictures in 1633 – II, in “The Burling-ton Magazine”, 109, 1967, p. 346.