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FRANCESCO CRAPANZANO
KOYRE, GALILEOE IL ‘VECCHIO SOGNO’
DI PLATONE
Leo S. OlschkiFirenzeMMXIV
LXXV
IL CULTO DI EPICURO.TESTI, ICONOGRAFIA E PAESAGGIO
a cura diMarco Beretta, Francesco citti
alessandro iannucci
Tutti i diritti riservati
Casa EditriCE LEo s. oLsChki
Viuzzo del Pozzetto, 850126 Firenzewww.olschki.it
© Marco Beretta, Francesco Citti, Alessandro Iannucci
ISBN 978 88 222 6189 2
Centro StudiLa permanenza del Classico
Ricerche 31
ante retroque prospiciens
Dipartimento di Filologia Classica e ItalianisticaUniversità di Bologna
http://www.permanenza.unibo.it
Culto di Epicuro.indb 4 20/04/2015 17:48:21
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Sara EliSa Stangalino – nicola Badolato
EPICURO ALL’OPERA!
I saggi che seguono presentano l’analisi di due drammi per musica che hanno per soggetto Epicuro e la sua scuola filosofica. Si tratta degli unici due esempi finora noti nella storia dell’opera, peraltro appartenenti a epoche tra loro distinte: Gl’atomi d’Epicuro, «drama per musica» di Nicolò Minato e Antonio Draghi, risale al 1672; Épicure di Charles-Albert Demoustier e Cherubini-Méhul fu rappresentato in forma di opéra-comique nel 1800.
Nella storia del teatro d’opera solo di rado i librettisti si preoccupano di svelare al lettore-spettatore le fonti alla base delle proprie scelte poetiche. L’insieme dei materiali sfruttati nelle loro rielaborazioni è assai composito: fonti antiche (note per via diretta, per scelta antologica o per citazione), scienza antiquaria, teatro letterario, svariati generi narrativi. I librettisti, nella maggioranza dei casi, derivano i propri soggetti da testi precedenti, narrativi o teatrali.1 Questo assioma è certamente valido per la maggior parte dei drammi musicali; nel nostro caso invece si applica con fatica, giacché ci s’imbatte in due drammi musicali non riconducibili a modelli letterari precedenti.
Nel contributo di Sara Elisa Stangalino (pp. 256-275) vengono affrontati tre ordini di problemi: (1) la contestualizzazione dell’opera di Minato nel-l’àm bito della corte viennese di Leopoldo I d’Asburgo e nel panorama della rivoluzione scientifico-filosofica del Seicento; (2) l’individuazione delle fonti alla base dell’intreccio; (3) l’analisi drammaturgica (struttura e tecniche di scrittura).
Il saggio di Nicola Badolato (pp. 276-287) propone una ricostruzione del lavoro di Demoustier sulla base di fonti secondarie giacché dell’opera ci sono pervenuti soltanto alcuni frammenti di partitura, non già un libretto che rechi il testo drammatico, e una contestualizzazione nel più ampio quadro delle riflessioni filosofiche del secondo Settecento francese.
1 Cf. lorEnzo Bianconi, “Introduzione”, in La drammaturgia musicale (Bologna: il Mulino, 1986), pp. 21-22.
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A) Un dramma filoSofico pEr la cortE di lEopoldo i: Gl’atomi d’Epicuro di nicolò minato
1) Nicolò Minato: da Venezia a Vienna
La produzione di Nicolò Minato, noto agli studiosi del teatro d’opera come acclamato autore di drammi per musica della seconda metà del Seicento, è sintetizzabile in due principali periodi:2 dal 1650 al 1669 è attivo a Venezia principalmente come drammaturgo del compositore Francesco Cavalli;3 dal 1669 fino al 1698, anno della morte, Mi na to è a Vienna quale poeta cesareo di Leopoldo I d’Asburgo.
Poco si sa della sua formazione. Fu allievo di Giuseppe Renzuoli,4 giu ri sta, pubblico lettore a San Marco e membro dell’Accademia degli Incogniti, ce-na colo di rilievo nel contesto della cultura veneziana, animato da intellettuali libertini eredi della tradizione letteraria marinista.5
2 Su Minato cf. EllEn roSand – HErBErt SEifErt, “Minato, Nicolò”, in The New Grove Dic-tion ary of Opera, edited by Stanley Sadie (London: Macmillan, 1992), pp. 402-404; degli stessi, “Minato, Nicolò”, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, edited by Stanley Sadie (London: MacMillan, 1992), pp. 710-711. Cf. anche norBErt dUBowy, “Minato, Nicolò”, in Die Musik in Geschichte und Gegenwart (Kassel: Bärenreiter, 2004), pp. 242-244; SErgio monaldini, “Minato, Nicolò”, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 74 (Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 2010), pp. 571-575; maria girardi, “Da Venezia a Vienna: le ‘Facezie teatrali’ di Nicolò Minato”, in Il diletto della scena e dell’armonia. Teatro e Musica nelle Venezie dal ’500 al ’700, a cura di Ivano Cavallini (Rovigo: Minelliana, 1990), pp. 189-221; alfrEd noE, “Biographische Notizen zum kaiserlichen Hofdichter Nicolò Minato”, Biblos, 2000, 49: 317-325; id., “Das Testament des Hofdichters Nicolò Minato”, Biblos, 2001, 50: 315-317; id., Nicolò Minato: Werkverzeichnis (Wien: Österreichische Akademie der Wissenschaften, 2004). Ringrazio Lorenzo Bianconi per la paziente lettura e per i consigli offerti durante la stesura di questo elaborato.
3 Su Cavalli si veda lorEnzo Bianconi, “Caletti Bruni, Pietro Francesco”, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 16 (Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 1973), pp. 686-696; tHomaS walkEr, “Cavalli Francesco”, in The New Grove Dictionary of Opera (cit. n. 2), pp. 783-789; tHomaS walkEr – irEnE alm, “Cavalli Francesco”, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians (cit. n. 2), pp. 302-313.
4 Minato ricorda il maestro nella dedica anteposta alla sua prima pubblicazione, la traduzione di un trattato erudito: Eruditioni per li cortigiani. Opera latina D’Autor incerto Fiammengo (Venezia: Guerigli, 1645). Cf. roSSana caira lUmEtti, “Le Eruditioni per li cortigiani: teoria e pratica del poeta cesareo Nicolò Minato”, in Sentir e meditar: omaggio a Elena Sala di Felice, a cura di Laura Sannia Nowé, Francesco Cotticelli, Roberto Puggioni (Roma: Aracne, 2005), pp. 67-73; e Sara EliSa Stangalino, “Eruditioni per li cortigiani di Nicolò Minato: genesi e incidenza di un trattato”, Studi secenteschi, 2014, 55: 183-197.
5 L’attività teatrale a Venezia è strettamente connessa alla vita delle accademie, che ne rap pre sen-tano il centro di propulsione ideologica. Gli Incogniti, epigoni delle idee libertarie sostenute da Cesare Cremonini nel contesto accademico padovano e sostenitori di una concezione di vita svin colata dalla rigida morale clericale, promuovono la celebrazione della Repubblica tramite l’esi bi zione del fasto scenico e allegorico proprio dell’opera in musica, che diventa così un efficace mez zo di propaganda ideologica. Minato è membro dell’accademia degli Imperfetti, legata alla più celebre accademia degli
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Minato intraprende la carriera forense per poi dedicarsi, a partire dal 1650, alla scrittura di drammi per musica. A Venezia ha modo di sperimentare e consolidare tecniche drammaturgiche sulla scorta delle esperienze teatrali che vivacizzarono la Serenissima a partire dagli anni quaranta del Seicento, ed acquisire abilità che gli torneranno alquanto utili una volta approdato a Vienna.
A partire dalla metà del secolo Vienna ospita numerosi intellettuali italiani poiché molti aristocratici avevano combattuto per l’Impero durante la guerra dei trent’anni.6 La permanenza di Minato nella capitale austriaca è dunque favorita dai rapporti intessuti con i conterranei in corte, ove v’è interesse per l’arte della penisola, per la sua lingua, letta e parlata, nonché per le meraviglie del dramma per musica. L’imperatrice Eleonora Gonzaga stessa,7 colta me-cenate, è promotrice della cultura italiana. Andata in sposa nel 1651 a Fer-di nando III (padre di Leopoldo I),8 Eleonora detiene un ruolo di rilievo nella scelta delle rappresentazioni musicali di corte9 e, insieme a Leopoldo,
Incogniti (le due accademie condividevano alcuni membri), e a quella dei Discordanti. Cf. giorgio Spini, Ricerca dei libertini. La teoria dell’impostura delle religioni nel Seicento italiano (Firenze: La Nuova Italia, 1983; 19501), e la prefazione di gino BEnzoni (“Isto riar con le favole e favoleggiar con le istorie”) a girolamo BrUSoni, Avventure di penna e di vita nel Seicento veneto, a cura di Gino Benzoni (Rovigo: Minelliana, 2001), pp. 9-28. Per l’ascendente eser ci tato dal Cremonini, dall’animatore dell’Accademia Giovan Francesco Loredan e da personalità co me Ferrante Pallavicino cf. Edward mUir, “Why Venice? Venetian Society and the Success of Early Opera”, Journal of Interdisciplinary History, 2006, 36: 331-353; cf. id. Guerre culturali: liber ti ni smo e religione alla fine del Rinascimento (Bari: Laterza, 2008) e JEan-françoiS lattarico, Venise “Incognita”: essai sur l’académie libertine au XVIIe siècle (Paris: Champion, 2012).
6 Nobili famiglie italiane si stabiliscono a Vienna. Tra queste vi sono membri delle casate di Montecuccoli, Colonna, Pallavicini, Caprara, Gonzaga, Strozzi, Collalto ecc. Cf. caira lUmEtti, “Le eruditioni per li cortigiani” (cit. n. 4).
7 Si tratta di Eleonora Gonzaga-Nevers (1630-1686), imperatrice vedova di Ferdinando III d’Asburgo Lorena (1608-1657). Più di un’imperatrice asburgica portò lo stesso nome, a cominciare dall’omonima Eleonora Gonzaga che nel 1622 andò in sposa a Ferdinando II, ed Eleonora Maddalena Teresa, terza moglie di Leopoldo I. Eleonora Gonzaga-Nevers, moglie di Ferdinando III, giunse a Vienna nel 1652. Cf. HErBErt SEifErt, “La politica culturale degli Asburgo e le relazioni musicali tra Ve nezia e Vienna”, in L’opera italiana a Vienna prima di Metastasio, a cura di Maria Teresa Muraro (Fi renze: Olschki, 1990), pp. 1-15, e id., “Da Rimini alla corte di Leopoldo, l’opera di Draghi in àm bito viennese”, in “Quel novo Cario, quel divin Orfeo”. Antonio Draghi da Rimini a Vienna, Atti del convegno internazionale, Rimini, palazzo Buonadrata, 5-7 ottobre 1998, a cura di Emilio Sala e Davide Daolmi (Lucca: Libreria Musicale Italiana, 2000), pp. 3-14 e p. 493.
8 Leopoldo I d’Asburgo (1640-1705) era nato dal primo matrimonio di Ferdinando III con Maria Anna di Spagna.
9 «Eleonora Gonzaga aveva una buona parte nelle attività musicali della corte imperiale. […] L’importanza nelle scelte musicali rivestita da Eleonora fece sì che ogni anno venisse dedicata un’opera ad un personaggio femminile (Atalanta, Cidippe, Sulpizia, Tessalonica, Iphide, Gundeberga, Turia Lucretia, Chilonida ecc.), le cui virtù e nobiltà d’animo, messe alla prova da contrasti e sventure, trionfavano alla fine su ogni avversità». Cf. girardi, “Da Venezia a Vienna: le ‘Facezie teatrali’ di
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si impegna a ricreare l’atmosfera e il fervore intellettuale delle corti italiane del Rinascimento. L’imperatore Leopoldo in persona, letterato e dilettante di musica, scriverà svariate arie per i drammi di Minato e di Antonio Draghi, maestro di Cappella dell’imperatrice.10
Minato, quale poeta cesareo, appartiene a un’équipe eletta per l’orga-niz zazione e la produzione di spettacoli di corte, accanto ad artisti come lo scenografo Ludovico Ottavio Burnacini, i coreografi Santo e Domenico Ventura, i musicisti Johann Heinrich e Anton Andreas Schmelzer (addetti in primis alle musiche da ballo e da cerimonia). Con Antonio Draghi, Minato forma una coppia affia ta tis si ma addetta alla confezione di drammi per musica sacri e profani.
Abbandonato il contesto produttivo dell’opera veneziana, Minato deve rispondere alle urgenze del cerimoniale di corte, che intende il teatro come espressione del fasto imperiale e strumento di potere o propaganda, indirizzato ad una platea di volta in volta ampia (nello Hoftheater) oppure ristretta (per le opere di carnevale recitate auf geheimer Schaubühne).11 Il pubblico, all’atto pratico, costituisce comunque un’élite, più o meno ampia o ristretta; e i testi drammatici insinuano volentieri temi politici o ideologici.
Le occasioni dettate dal cerimoniale di corte impongono un rapido ritmo di scrittura. A fronte dei soli dodici libretti veneziani in vent’anni, nei primi dieci anni a Vienna Minato produce settanta lavori teatrali e quindici oratorii. Si contano opere per il Carnevale (che costituiscono comunque la parte del cartellone meno cospicua), per la Settimana Santa, per la celebrazione
Nicolò Minato” (cit. n. 2), p. 200; a p. 217, n. 35 leggiamo: «L’imperatrice Eleonora Gonzaga istituì nel 1667 l’Accademia degli Illustrati […] “i quali ogni giorno festivo raduneranno a servir S.M. e a far pompa del lor ingegno”. Minato fece parte dell’anonima accademia istituita da Leopoldo I nel 1674, accanto allo storico Galeazzo Gualdo Priorato, all’abate Filippo Maria Bonini, a Giovanni Fontana, a Filippo Sbarra figlio del poeta Francesco, a Carlo Draghi e altri ancora».
10 Antonio Draghi (1635-1700) dal 1658 è a Vienna dapprima in qualità di cantante nella cappella fondata l’anno precedente dall’imperatrice vedova Eleonora. Nel 1669 Draghi succede a Pietro Antonio Ziani come maestro di cappella dell’imperatrice, e nel 1682 è promosso a maestro della cappella imperiale. Dal 1670 la coppia Draghi-Minato garantisce con stupefacente continuità e abbondanza il fabbisogno di drammi musicali della corte. Cf. HErBErt SEifErt, “Da Rimini alla corte di Leopoldo, l’opera di Draghi in àmbito viennese”, in “Quel novo Cario, quel divin Orfeo” (cit. n. 7), pp. 3-14, pp. 4, 7, 10-11. Draghi scriverà più di duecento opere tra composizioni teatrali, cantate, messe. Cf. anche rUdolf ScHnitzlEr – HErBErt SEifErt, “Draghi, Antonio” in The New Grove Dictionary of Music and Musicians (cit. n. 2), pp. 545-551, p. 546.
11 Cf. HErBErt SEifErt, Die Oper am Wiener Kaiserhof im 17. Jahrhundert (Tutzing: Schneider, 1985), “Spielplan”, pp. 429 ss.; e lorEnzo Bianconi, Il Seicento, in Storia della musica, vol. 5 (Torino: EDT, 1991; 19821), in particolare del cap. 4 “Il teatro d’opera” si vedano il paragrafo 21: “I teatri d’opera di Venezia”, pp. 195-204, e il paragrafo 24: “L’opera nei paesi tedeschi: Vienna e Amburgo”, pp. 235-252, alle pp. 235-236.
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dei Geburtstage e Namensfeste (compleanni e onomastici) della famiglia imperiale, e componimenti per le villeggiature della corte.12
È in tale contesto che negli anni settanta del Seicento nascono i drammi a sfondo filosofico-moralistico (tra i quali anche Gl’atomi d’Epicuro, scritto per musica di Antonio Draghi),13 drammi che, attingendo tematiche e personaggi dalle antiche scuole filosofiche, satireggiano i frivoli costumi della corte e fungono da autorevole monito alle vanitates cortigiane.14
Questo singolare gruppo di opere prende avvio da Le risa di Democrito (1670), il cui tema dominante è la salace critica della superbia cortigiana; seguono titoli come L’avidità di Mida (1671), La lanterna di Diogene (1674), I pazzi abderiti (1675),15 Il silenzio di Harpocrate (1677), La pazienza di Socrate con due mogli (1680) e La Chimera (1682).
Ne Gl’Atomi d’Epicuro (1672), ad avere la meglio sui temi consueti, ovvero vacuità dei beni terreni e satira cortigiana, è l’intreccio amoroso.
2) Gl’atomi d’Epicuro: le fonti letterarie16
Minato trae il soggetto del dramma dalle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio (cf. “Argomento”, pp. 279-280).17 Dal dramma emerge la profonda
12 Cf. franco pipErno, “Venezia e Vienna. Produzione e circolazione dello spettacolo operi-stico”, in L’opera italiana a Vienna prima di Metastasio (cit. n. 7), pp. 115-125, p. 119.
13 Per la definizione si veda girardi, “Da Venezia a Vienna” (cit. n. 2), p. 201. Cf. id., “Elenco cronologico della produzione teatrale e dei drammi di Nicolò Minato rappresentati a Venezia (1650-1730) e a Vienna (1667-1699)”, in Il diletto della scena e dell’armonia (cit. n. 2), pp. 222-266.
14 È questo l’obiettivo dei ‘drammi a chiave’, che recano in calce una lista che esplicita la corrispondenza tra personaggi del dramma e nome del cortigiano satireggiato. Tra i libretti a chiave ricordiamo La lanterna di Diogene (1674), I pazzi abderiti (1675), Il silentio di Harpocrate (1677). Cf. manUEla HagEr, “La funzione del linguaggio poetico nelle opere comiche di Amalteo, Draghi e Minato”, in L’opera italiana a Vienna prima di Metastasio (cit. n. 7), pp. 17-30, e HErBErt SEifErt, Die Oper am Wiener Kaiserhof im 17. Jahrhundert (cit. n. 11), pp. 205-234.
15 La commedia è basata sulla satira greca di Luciano di Samòsata. Si veda il saggio di alBErt giEr, “Nicolò Minato, ‘I pazzi Abderiti’: Amore (sintagmatico) e pazzia (paradigmatica)”, Musica e Storia, 2004, 12: 389-399.
16 gl’ | atomi | d’EpicUro. | drama pEr musica | Nel giorno natalitio | Della S. C. R. M.tà | Dell’ | impEratorE | lEopoldo. | Per Comando | Della S. C. R. M.tà | Dell’ | impEratricE | margHErita. | l’anno mdclxxii. | Et alla Medesima consacrato. | Musica del S.r ant: dragHi, M.ro di Cap: della | s. c. r. m.tà dell’impEtratricE [sic] ElEonora | in ViEnna d’aUStria, | Apresso Matteo Cosmerovio, Stampatore di S. M. C.
17 Cf. alfrEd noE, Nicolò Minato: Werkverzeichnis (cit. n. 2), pp. 42-43. Assumo la seguente traduzione di riferimento: diogEnE laErzio, Vite dei filosofi, a cura di Marcello Gigante, vol. 2 (Roma-Bari: Laterza, 2002), pp. 400-575. Numerose le edizioni dell’opera a Venezia e in Europa tra Cinquecento e Seicento, tra le più diffuse: diogEnES laErtiUS, Vita de philosophi moralissime
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cono scenza che della dottrina epicurea dovette avere il drammaturgo; e seb-bene non sussistano ragioni per supporre da parte di Minato una personale pro pensione alle dottrine epicuree (ma neppure per escluderla), è pur certo che ben dovette vagliarne gli insegnamenti.
Cenni all’atomismo appaiono fin dalla dedica:18
Sac. Ces. Real Maestà.Io so che per applaudere al dì natalizio dell’Augustiss. Leopoldo si doverebbe
la sublimità delle piramidi e de’ colossi, non la bassezza di debolissimi Atomi. Li compatisca nondimeno la M.V., rifflettendo che di cose immense è talvolta segno la picciolezza, come per appunto si dimostra il moto del sole con l’ombra, e con le polveri quel del tempo. Si degni dunque la M.V. ch’io le prostri inanti questi fogli ne’ quali, se non altro, averò di vantaggio che meno appariranno le debolezze ridotte in Atomi, e più l’ossequio sì minutamente inchinato.
Di V. S. C. R. Mtà.
Vienna 8 Giu. 1672Hum.mo Div.mo Riv.mo S.re
Nicolò Minato.
A Minato, accademico erudito, non sarà sfuggito l’interesse che fin dal secolo xv gli umanisti avevano manifestato per la cultura antica in genere, in spe cial modo attraverso il recupero, la traduzione e la riscrittura delle ope-re scientifiche dei classici, tra i primi Democrito, alla cui dottrina Epicuro fu iniziato. Né il drammaturgo avrà ignorato le diatribe post-galileiane che corsero nella penisola all’epoca della rivoluzione scientifica, vertenti sulle cause generatrici dei fenomeni della fisica moderna e sui principii invarianti at traverso i quali la natura opera. Argomenti come la composizione della ma teria, la resistenza dei materiali, le leggi della dinamica, la composizione
et de le loro elegantissime sententie (Venezia: Sessa, 1508); Le vite degli illustri filosofi di Diogene Laertio, dal greco idiomate ridutte ne la lingua commune d’Italia (Venezia: Valgrisi al segno d’Erasmo, 1545); De vita et moribus philosophorum libri 10. Nunc iam ad finem graeci codicis diligentium quam unquam antea recogniti, cum indice locupletissimo (Lugduni: Antonium Griphyum, 1566); Delle vite e sententie de’ filosofi illustri. Di nuovo dal greco ridutto nella lingua italiana per i Rossettini da Prat’Alboino (Venezia: Farri, 1566); Compendio delle vite de filosofi antichi greci, et latini, et delle sentenze, & detti loro notabili. Tratte da Laertio, et da altri gravi auttori (Venezia: Brugnuolo all’insegna della Porta, 1598); Delle vite de’ filosofi di Diogene Laertio, libri 10. Ripieni d’istorie giouevoli; soggetti piaceuoli, essempi morali, & di sentenze graui. […] (Venezia: Bertoni al segno del Pellegrino, 1606); Delle vite de’ filosofi di Diogene Laertio libri dieci. Ripieni d’istorie giovevoli, soggetti piacevoli, essempi morali, & di sentenze gravi. […] (Venezia: Perchacino, 1611); Le vite de’ filosofi moralissime: estrate da Laertio, & da altri auttori. Nelle quali sono sentenze, & detti notabili, vtili, & essemplari a’ fanciulli, che negli studij si essercitano (Venezia: Pietro Vsso, 1628).
18 Non occorrerà qui insistere sulle polemiche intorno all’atomismo diffuse in Francia e in Italia nel Sei e nel Settecento, cf. in questo volume il contributo di M. Beretta.
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del la luce e la natura del vuoto divengono per Minato spunti da cui trarre una materia del tutto nuova, inusitata in un dramma per musica. Certo, nel dramma la scienza e la filosofia sono assunte soltanto per dare una cornice in tellettuale all’opera: il sapere filosofico si pone come elemento posticcio, co munque assoggettato alle convenienze drammaturgiche.19
Riferimenti alla dottrina atomistica si ravvisano per esempio nell’ampia scena V del second’atto, dove il filosofo indottrina Anassicrate, arconte di Ate ne, proprio in merito alla teoria degli atomi. Gli istituti formali adottati nel dramma sono quelli collaudati da Minato nelle sue opere veneziane degli anni ‘60: a un pezzo chiuso (un’aria in due strofe polimetriche, con rima baciata in chiusa) segue una lunga sezione dialogica in versi sciolti.20 La dottrina è enun ciata e dibattuta in forma di dialogo tra due interlocutori, il succitato Anassicrate e lo stesso Epicuro. Quanto mai appropriato perciò è l’impiego dello stile recitativo, in cui i versi sciolti tendono a riprodurre il ritmo del par lato. Nelle quaestiones poste dall’arconte spicca il tema del rapporto tra microcosmo e macrocosmo; Epicuro replica argomentando intorno alla costi-tu zione della materia e del nulla, e affiorano altresì riflessioni circa la natura della luce:
EpicUro Non sia chi resista a creder ch’il mondo tutto consista in atomi congiunti, s’il tempo che ’l misura è sol di punti. Se forse v’adombra vederlo sì grande, mirate l’ombra ch’a ricoprirlo basta: come l’ombra, ch’è un nulla, è tanto vasta?anaSSicratE Ma principii sì lievi avrà sì nobil mole?EpicUro Non vien da picciol fonte
19 È del 1647 un’opera capitale di Blaise Pascal, Expériences nouvelles touchant le vide, pub-bli cata a seguito degli esperimenti che gli permisero di dimostrare l’esistenza del vuoto sulla scia del le in tuizioni di Evangelista Torricelli, e di sconfessare una volta per tutte il pensiero della fi-sica ant ica. Le sco per te della rivoluzione scientifica non dovettero lasciar indifferente Minato, che, nell’argomento preposto all’opera, precisa: «Ebbe [Epicuro] varie opinioni di quelle che cade ro no nella men te de’ primi filo sofanti quando ne’ principii delle specolazioni era imperfetta anco ra la co gnizione del le cose».
20 Cf. Sara EliSa Stangalino, I drammi musicali di Nicolò Minato per Francesco Cavalli, Bologna, Università degli Studi di Bologna, 2011 (tesi di dottorato in Musicologia e Beni musicali), in particolare parte I, cap. 4: “La morfologia delle arie”.
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vastissimo torrente? E da minuto seme alta quercia non sorge? La luce, a chi ben scorge, è un incorporeo ente, e pur anima gl’occhi, colorisce gl’ogetti, d’un atomo ell’è men, perch’egl’ha corpo. Ell’è senza figura e pur per tutto si dilata e spande. Or, l’atomo che fia, s’il nulla è grande?anaSSicratE Da granella sì lievi uscir opre sì illustri?EpicUro Odimi, odimi attento. Il non esser è meno ch’esser atomo; dunque il venir dal non esser è più strano di quel che sia venir d’atomi lievi: sì ch’è minor stupore che dagl’atomi uscito il mondo sia, che non è che sia ciò che non fu pria. Così di te medesmo stupir più tosto dei: men d’un atomo fosti, e un rege or sei.anaSSicratE Ammiro tua virtute. Andiam. Di Teti in grembo non cadrà ’l novo giorno che dal Senato ti sarà permesso poter negl’orti tuoi, tra i più teneri fiori, far germogliar de la virtù gl’allori. (Gl’atomi d’Epicuro 2,5)
Cenni alla dottrina si ravvisano anche nell’atto primo, in particolare emergono riferimenti alla qualità della materia, alla sua densità e rarefazione. Epicuro spiega ad Anassicrate l’utilità degli studi filosofici grazie al procedere analogico:
EpicUro D’Atene eccelso arconte.anaSSicratE Che vuoi, saggio Epicuro?EpicUro Che permesso mi sia d’aprire gl’orti miei com’altrui l’academie ed i licei.anaSSicratE Cercherò d’ottenerlo dal Senato a tuo pro. Ma perché godi
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ir rintraciando l’orme de la materia informe, de l’indistinto caos, degl’enti primi? Son più proficui studi, più sicure virtudi di cittadi e di regni andar in traccia, e con più fermo piede filosofar quel che si tocca e vede.EpicUro Anassicrate, senti. È d’atomi composto quanto qua giù rimiri in varie forme, quivi sono più rari, ivi più densi. Folle sei, s’altro pensi. Or di formiche nero stuolo osserva: scorron l’estate i campi e di predata messe i tetti angusti a riempir intente: una va, l’altra torna, a le più lente altre porgono aita, altre dan fretta, e con saggio governo son poi proviste per l’algente inverno. Or, che non s’arma Atene e i loro erari a depredar non viene?anaSSicratE Non sarebbe pazzia?EpicUro E tanto a punto è contro vaste mura mover armi nemiche: che tutti atomi son, città e formiche. (Gl’atomi d’Epicuro 1,5)
3) Argomento e struttura del dramma
L’Argomento, tra i paratesti la sezione più articolata, ha la funzione di in trodurre il lettore al dramma, enunciandone la fabula e riferendo in bell’or-di ne gli antefatti necessari alla sua comprensione: all’at to della recita teatrale essi vengono invece dispensati secondo le esigenze, spes so aggro vigliate, dell’intreccio.
A partire dal Xerse (1655), il suo primo dramma di successo, Minato usa bipartire l’esposizione dell’Argomento: la prima sezione riporta ciò che tramanda la storia, nella seconda il drammaturgo dichiara alcune delle trovate impiegate per elaborare l’intreccio.
Di quello si ha dall’istoria Epicuro, filosofo di setta agli stoici contraria, nacque in Atene. Con la colonia man-
data dagli ateniesi in Samo anch’egli colà si portò. Passò alcuni anni di sua adolescenza
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e gioventù in Mitilene ed in Lampsaco, indi ritornò in Atene mentr’eravi arconte Anassicrate. Disse ch’il sommo bene consiste nella voluttà e, se bene egli l’intese con onestà, nond‹i›meno gli stoici, presa ocasione dal nome di voluttà, detrassero, benché ingiustamente, della sua fama. Ebbe varie opinioni di quelle che caderono nella mente de’ primi filosofanti quando ne’ principii delle specolazioni era imperfetta ancora la cognizione delle cose e, tra l’altre, ch’il mondo fosse d’Atomi composto.
Hæc & plura apud Laert.
Si finge Che egli venga a chieder licenza dal Senato di Atene di poter aprire la sua scola
di filosofia negl’Orti a tal fine da lui comprati, e ciò col motivo che si ha, perché ciò era proibito a ciascun filosofo senza la publica permissione.
Che Anassicrate si ritrovasse aver un figlio chiamato Focide e che, essendogli nata una femina al tempo del cui parto mancò la genitrice, e si ebbe dagl’astrologi che se prima degl’anni adulti si fosse allevata appresso il padre gli sarebbe avvenuto grave sinistro, l’avesse perciò fatta nodrire in Mitilene appresso Firite, uomo saggio e da sé dipendente.
Che in fascie fosse ella morta e che Firite, per timore dello sdegno di Anassicrate, avesse finto essergli morta una sua bambina ch’aveva, ed avesse quella sostituita all’estinta allevandola come figlia d’Anassicrate con il nome che quella ebbe, ch’era stato Euleria.
Che, fatta adulta, venga in Atene con la sua nutrice, e che senta continuare nel suo petto l’amore per Focide, di cui s’era accesa alcuni anni prima, quand’egli fu a vederla in Mitilene, ma taccia l’amore, credendo esserli sorella.
In questo stato di cose si tesse il presente drama.
Lo svolgimento del dramma si articola essenzialmente in due filoni di per sé eterogenei e autonomi; un intrigo di tipo amoroso (a) e una serie di dialoghi filosofici (b). Il collegamento tra questi due nuclei, che tendenzialmente pro-ce do no paralleli e giustapposti, è tenue. Da un lato essi sono annodati nella figura dell’arconte Anassicrate: interlocutore del filosofo, è al contempo genitore di Focide, protagonista maschile nel plot amoroso. Questo legame og gettivo si palesa soprattutto nello scioglimento del dramma, ma la dottrina pro pugnata da Epicuro ‘filtra’ talvolta al di fuori delle scene basate su dialoghi filosofici (per esempio la prima scena del terz’atto, pur essendo riservata a questioni di tipo amoroso, accoglie accenni alla dottrina atomistica; cf. sinossi pp. 286-291, e tra scrizione dei versi interessanti nel testo a p. 285).
Ecco un sunto dei due filoni: e si noti a colpo d’occhio il ben diverso svi-lup po che essi assumono.
(a) Focide, figlio di Anassicrate arconte di Atene, è amato – ma non è chiaro in che misura egli lo sappia davvero – dalla principessa Euleria, ch’egli però crede essergli sorella. Euleria ha lasciato Mitilene per approdare ad Atene con l’intento di raggiungere finalmente il genitore da cui fu allontanata alla nascita a
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causa delle funeste profezie di un oracolo. Soltanto più avanti si scoprirà che la principessa Euleria era morta a Mitilene ancora in fasce, e Firite, l’uomo cui fu affidata, per non incorrere nelle ire di Anassicrate aveva sostituito la propria figlia alla principessa deceduta. Di Focide è innamorata anche Iblisca, principessa ateniese a sua volta venerata da Ossinte, giovine che però ella disdegna. Euleria, gelosa dell’amore – invero piuttosto tiepido – di Focide per Iblisca, macchina un tranello per dimostrare a Iblisca la presunta infedeltà dell’amato. In seguito a svariate peripezie i fatti si ribaltano: si scoprirà che Euleria e Focide non hanno alcun legame di sangue. Nulla sembra ora impedire a Euleria d’unirsi a Focide; il persistente tentennare del principe stanca Iblisca, inopinatamente convertita all’amore del giovane Ossinte. Ma l’origine non nobile di Euleria osta al matrimonio con Focide, e dunque al lieto fine. Giunge allora Epicuro il quale, proprio come deus ex machina, scioglie il nodo intercedendo presso Anassicrate: Euleria non ha nobili natali, ma non siamo forse tutti uguali? Non siamo forse tutti formati da aggregazioni di atomi? Il provvidenziale intervento di Epicuro consente la felice composizione delle coppie Focide-Euleria e Ossinte-Iblisca.
(b) Epicuro giunge in Atene per aprire la scuola negl’orti. Dialoghi con Anassicrate.
Nel suo saggio sui Pazzi abderiti, dramma del 1675, Albert Gier propone un modello analitico applicabile anche a Gl’Atomi d’Epicuro.21 Tale modello è fondato sull’opposizione tra sezioni definite ‘sintagmatiche’, nelle quali l’a zio-ne procede con una certa qual speditezza e complessità (in questo caso si tratta della vicenda amorosa (a), cf. sinossi, pp. 286 ss., quarta colonna), e sezioni dal carattere più riflessivo, nelle quali l’azione ristagna, sezioni definibili ‘pa-ra digmatiche’ (vicenda (b), che coincide con le lunghe tirate dialogiche tra Epicuro e Anassicrate; cf. sinossi, pp- 286 ss., quinta colonna).
Nelle scene di tipo paradigmatico la dottrina atomistica viene assunta come modello analogico a sostegno della teoria degli affetti, in quanto l’amore tra le coppie è concepito come effetto dell’attrazione indotta dal movimento degli atomi.22
In tal caso l’insegnamento di Epicuro, oltre ad essere un pretesto per moraleggiare divertendo ed esortare i cortigiani alla virtù, fa luce sulla logica che sottende i rapporti umani-amorosi nella corte. Nell’affermare una basilare uguaglianza tra gli uomini in ragione della loro comune ‘composizione’ corporea e animica, il testo è latore di un razionalismo materialistico in linea con l’eredità del pensiero libertino.
21 giEr, “Nicolò Minato,‘I pazzi Abderiti’” (cit. n. 15).22 Qui è lampante il riferimento a dottrine meccaniciste; l’uguaglianza tra gli uomini è garantita
da una innegabile realtà condivisa: la comune costituzione del corpo e dell’anima.
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Emblematici a tal proposito sono i versi nella scena dello scioglimento, in particolare l’ultimo verso, probabilmente indirizzati ai cortigiani, se non addirittura ai membri della famiglia reale:
EpicUro Ne l’esser di Natura non v’è disuguaglianza. Bissi, porpore ed ori son ornamenti esterni, ma se meglio miriamo, o sotto cenci od ostri, atomi siamo. Neghi Focide a Euleria perché inegual la credi? Mira meglio i mortali: nascono tutti nudi e tutti eguali. Umile è sempre il ferro, e trae la calamita anche dorato. E noi forse pensiam di cangiar stato per un vano decoro? Atomi siam, benché coperti d’oro. (Gl’atomi d’Epicuro, 3, scena ultima)
Il teatro d’opera del Seicento ama ricorrere a svariati espedienti per com-plicare l’intreccio drammatico, la cui struttura consente di gestire con una certa libertà una serie di convenzioni sceniche, topoi drammaturgici che arricchiscono la nuda trama di intrighi e arrecano scompiglio nella vicenda, diletto nella varietà.23 Minato ne fa ampio uso, fin dai suoi drammi veneziani. La letteratura drammatica pullula di oggetti che favoriscono visivamente sulla scena l’innescarsi di complicazioni:24 oggetti come lettere, per esempio, recapitate a errati destinatari, o scritti il cui senso si presta a fraintendimenti, sono tra le cause più frequenti d’equivoco. La parola scritta offre in questo
23 La creazione di un genere teatrale in parte svincolato dalle norme aristoteliche è in linea con le tendenze poetiche sostenute dagli accademici veneziani, in primo luogo dagli Incogniti. La moderna drammaturgia si emancipa, i drammaturghi tendono a superare la precettistica antica per voltarsi a una inaudita varietà di approcci e metodi finalizzati all’accrescimento dell’effetto spettacolare. Cf. rEnato di BEnEdEtto, “Poetiche e polemiche”, in Storia dell’opera italiana, a cura di Lorenzo Bianconi, Giorgio Pestelli, vol. 6, “Teorie e tecniche, immagini e fantasmi” (Torino: EDT, 1988), pp. 3-76; alESSandra cHiarElli – angElo pompilio, «Or vaghi or fieri». Cenni di poetica nei libretti veneziani (circa 1640-1740) (Bologna: CLUEB, 2004); e paolo faBBri, Il secolo cantante. Per una storia del libretto d’opera in Italia nel Seicento (Roma: Bulzoni, 2003), pp. 114 ss.
24 paolo faBBri, Il secolo cantante (cit. n. 23), p. 191 ss. Per la funzione della lettera nella drammaturgia musicale del secolo xVii si veda in particolare BEtH l. glixon, “The Letter as Convention in Seventeenth-Century Venetian Opera”, in Critica musica: Essays in Honour of Paul Brainard, edited by John Knowles (Amsterdam: Gordon and Breach, 1996), pp. 125-141.
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senso copiose potenzialità: i personaggi interpretano i contenuti in base alla carica informazionale assunta durante il corso della vicenda, un bagaglio di conoscenze per propria natura parziale, perciò manchevole e imperfetto. Ne Gl’Atomi d’Epicuro per esempio il rivelarsi dell’identità di Euleria è possibile grazie alla comparsa di una lettera vergata dal padre Firite. Lo scritto scivola tra le mani di diversi personaggi: Alea, ancella di Euleria, consegna alla padrona il foglio rivelatore: la giovine non è figlia di Anassicrate, non dunque sorella di Focide. Potrebbe allora divenire sua sposa, ma Focide, una volta avuta la lettera dalle mani di Euleria, non la legge, e la consegna a Iblisca. Entrambi sospettano che lo scritto riporti parole d’amore vergate da Euleria per Focide. Iblisca, gelosa, consegna la lettera ad Anassicrate, il quale, appresone il contenuto, la farà riconsegnare a Focide. Focide e Iblisca leggono infine lo scritto e ne colgono finalmente la carica rivelatrice.
Un ulteriore topos risiede nel travestimento di uno dei personaggi, di solito uno dei protagonisti, che sotto mentite spoglie raggiunge più facilmente gli obiettivi prefissi.25 Se all’inizio del dramma Iblisca si traveste da paggio per sorvegliare l’amato Focide, alla fine del second’atto Euleria, gelosa dell’amore di Focide per la principessa, si vela il capo per non essere da lei riconosciuta e per indurla a sospettare dell’infedeltà dell’amato. Quando Euleria avverte l’approssimarsi di gente smorza il lume per fuggire da una porta segreta (2,11).26
25 Cf. faBBri, Il secolo cantante (cit. n. 23), p. 169 ss. Il travestimento è topos caro anche alla drammaturgia del siglo de oro cf. maria grazia profEti, Introduzione allo studio del teatro spagnolo (Firenze: La Casa Usher, 1994), p. 170.
26 La giovane che, velata, misteriosamente scompare per un andito segreto rinvia al dispositivo scenico e drammatico centrale della Dama duende di Pedro Calderón de la Barca (1629), commedia che ha dato luogo a numerose traduzioni e riscritture. Cf. grazia gori, “Fortuna italiana de ‘La dama duende’ nel Seicento”, in Commedia aurea spagnola e pubblico italiano, vol. 4, Spagna e dintorni, a cura di Maria Grazia Profeti (Firenze: Alinea, 2000), pp. 61-104. Sulle traduzioni e rifacimenti della Dama duende in Italia si veda in particolare il contributo di carmEn marcHantE moralEJo, “Calderón en Italia: traducciones, adaptaciones, falsas atribuciones y ‘scenari’”, in Commedia aurea spagnola e pubblico italiano, vol. 2, Tradurre, riscrivere, mettere in scena, a cura di Maria Grazia Profeti (Firenze: Alinea, 1996), pp. 17-64, pp. 30-35. Considerata la consuetudine coltivata dalla casa imperiale con la drammaturgia teatrale spagnola intorno al 1670, è ipotizzabile che Minato possa aver attinto alcune trovate da quel repertorio. La stessa imperatrice Margarita era spagnola (il padre era Filippo iV di Spagna, la madre Marianna d’Austria), e la corte austriaca fin dal 1666 è solita allestire feste di tipo spagnolo in suo onore: gli anni di punta sono quelli che corrono dal 1667 al 1673. Ecco le principali pièces spagnole allestite nella corte austriaca: Amado y aborrecido e Fineza contro fineza di Calderón (entrambe nel 1667), Aun vencido vence amor (1669) di un autore altrimenti ignoto (Ximenes; musica forse di Draghi), Del mal lo menos di Antonio Folch de Cardona (1671), La flecha de amor di autore sconosciuto (1672). Maria Grazia Profeti dimostra però che in sostanza l’interesse dell’imperatore per il teatro spagnolo fu scarso: infatti, morta nel 1673 l’imperatrice Margarita, non si allestiranno più drammi spagnoli a corte. Cf. maria grazia profEti, “‘Primiero es la honra’ di Augustín Moreto con le musiche di Antonio Draghi”, in“Quel novo Cario, quel divin Orfeo” (cit. n. 7), pp. 99-118, pp. 99-103.
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Ne Gl’Atomi d’Epicuro assume un certo rilievo una convenzione che pone alle origini dell’intrigo una profezia annunciata da un oracolo, del cui con te-nuto lo spettatore è reso edotto se non altro dall’antefatto presentato nel l’Ar-go mento.27 Euleria si allontana da Mitilene per raggiungere Atene poiché vuole vedere il padre dal quale fu allontanata in fasce a causa delle infauste profezie di un oracolo. Il ruolo dell’oracolo è dato per sottinteso fin dalla prima scena, ed è reso manifesto allo spettatore nella scena ottava del primo atto:
focidE Intendo a fé. Mia vita, di gelosia discaccia ogn’ombra vana: Euleria, ch’era meco, è mia germana.iBliSca Germana?focidE Sì, qua giunta di Mitilene, dove fin da le fasce l’allevò Firite.iBliSca Perché?focidE Perché nel parto morì la genitrice, ed a Fato infelice esser sogetta minacciar le Stelle, se pria degl’anni adulti tratti i suoi giorni avesse appresso il genitore. (Gl’atomi d’Epicuro 1,8)
Per concludere: le convenzioni drammaturgiche impiegate da Minato per tes se re l’intreccio del dramma rispondono perfettamente a schemi già
27 faBBri, Il secolo cantante (cit. n. 23), p. 89. Il topos è tra l’altro a fondamento di alcuni dram-mi veneziani di Minato come L’Orimonte e Antioco. «Nel giorno dell’arivo del sudetto re di Media in Assiria, per consue tu dine annua doveasi mandar un cavaliere a tentar la morte d’un serpe che in certo bosco alla città vi cino quella infestava, di cui correva oracolo che quando fosse rimasto uc ciso si sarebbe confir mata a micizia tra le corone di Media e d’Assiria. Nello stato di queste cose si dà prin cipio al drama» (L’Orimonte, Argomento). Analogamente in Antioco “si finge”: «Che dopo di ciò nascesse a Tolomeo Berenice, della qua le avesse avuto dagli oracoli che doveva sturbar le nozze tra Laodicea ed Antioco. Che però Tolomeo, fatta allevar Berenice in una torre con concetto che fosse una schiava presa in guerra, nominandola Erinta, allevò, in luoco di Berenice, Anassandra, figliola di Lincaste, Satrape dell’Egitto, suo privato, con il quale il tutto partecipò, sì che crebbe Anassandra con nome di Berenice, e Berenice, chiusa nella torre, mai da alcuno veduta, se non da chi permetteva Tolomeo, e tutti la crederono Erinta» (Antioco, Argomento). Il tema della torre rimanda forse a uno dei drammi più conosciuti del siglo de oro: La vida es sueño di Calderón (1635), che prende le mosse proprio dalla reclusione del protagonista maschile nella torre-carcere. Ma il tema delle visite amorose notturne potrebbe a sua volta rimandare a una comedia come La viuda valenciana di Lope de Vega (1620). Nell’Antioco di Minato la torre è un carcere in cui la principessa Laodicea giace ogni notte, occultata dalle tenebre della cella, con l’amante Stesicrate, il quale per questo ignora l’identità dell’amata.
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collaudati nel pe riodo veneziano, adattati a nuovi argomenti e per diverse finalità. Emergono nondimeno alcune differenze: Gl’atomi d’Epicuro non è sol tan to sensibilmente più breve dei drammi del periodo veneziano (i quali con tano tre atti con venti scene per atto a fronte delle sole dodici scene che com pongono ciascuno dei tre atti di questo drammetto viennese) ma è anche tecnicamente meno articolato, non tanto per quel che concerne la struttura nel suo complesso quanto per il minor numero dei topoi drammaturgici impiegati e la maggior sveltezza nella loro gestione. Lo testimoniano proprio le scene nelle quali Epicuro è implicato, nelle quali l’intrigo è pressoché assente. Esse forniscono però all’intreccio principale la giustificazione filosofico-ideologica, e in una certa misura anche quella drammatica: in primo luogo la richiesta di apertura della scuola da parte del filosofo si configura come un ‘pretesto nel pretesto’: la domanda di apertura degli Orti consente lo svolgersi di dialoghi pseudofilosofici, i quali non sono a loro volta che un pretesto per dotare il dramma di una struttura dallo scheletro tanto più saldo, la cui pregnanza è avvalorata dall’impiego di una auctoritas di indiscusso prestigio. Secondariamente la dottrina atomistica fornisce a Focide l’‘alibi’ con cui dimostrare la propria estraneità alla misteriosa vicenda della dama dileguatasi alla fine del second’atto (2,10-3,1). Egli così placa infatti la gelosia d’Iblisca:
focidE Oltre quel de’ tuoi lumi, unico mio desio, altro foco non arde il petto mio.iBliSca Così ancor mi favelli? Pur udisti ch’udii, pur vedesti ch’io vidi! De la dama che sai gl’affetti e l’ire dimmi, dimmi, che furo?focidE Atomi d’Epicuro a caso congregati a danno mio, che in nulla poi spariro. (Gl’atomi d’Epicuro 3,1)
Non meraviglia perciò se il personaggio Epicuro sia infine ben lungi dal configurarsi come protagonista, ma assuma la funzione a latere di aiutante o ‘fautore’,28 intercedendo presso l’arconte affinché questi dia il benestare alle nozze dei due giovani.
28 Rimando ai modelli di schematizzazione del testo drammatico proposti da annE UBErSfEld, “Le modèle actantiel au théâtre”, nel suo Lire le théâtre, vol. 1 (Paris: Belin, 1996), pp. 43-87.
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B) Un filoSofo all’opéra-comiqUE: ÉpicurE di dEmoUStiEr E cHErUBini-méHUl (parigi, 1800)
L’interesse per la cultura filosofica antica che fin dal primo Cinquecento gli umanisti coltivarono attraverso la riscoperta e il recupero, in forma di tra du zione e riscrittura, delle opere scientifiche dei classici greci e latini persiste an cora nel Seicento e per tutto il Settecento. Fra gli argomenti più largamente di battuti prevalgono le dispute sull’atomismo, diffuse in particolar modo in Italia e in Francia tra pensatori illustri come Galileo Galilei (1564-1642),29 Ales sandro Marchetti (1633-1714),30 e soprattutto Pierre Gassendi (1592-1655),31 la cui reinterpretazione del meccanicismo atomistico alla luce di un fi nalismo provvidenziale ebbe vasta eco in tutta Europa.
Al centro della cultura libertina del primo Seicento troviamo ancora la riscoperta delle filosofie antiche che si erano applicate all’analisi della con di zio ne umana e dei rapporti profondi tra ragione e istinto, tra teoria e azione. In àmbito morale, il libertinismo secentesco rivaluta non solo la filosofia ma terialista di Democrito e Lucrezio (a cui anche Molière aveva dedicato una traduzione oggi
29 L’interpretazione galileiana della dottrina atomistica democritea è affrontata nei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti la meccanica ed i movimenti locali (Leida: Elsevirii, 1638). Cf. francESco ioVinE, Galileo e la Nuova Scienza (Firenze: La Nuova Italia, 1987); micHElE camErota, Galileo Galilei e la cultura scientifica nell’età della controriforma (Roma: Salerno, 2004); andrEa BattiStini, Galileo (Bologna: il Mulino, 2011).
30 La fama di Alessandro Marchetti è legata soprattutto alla prima traduzione italiana del De rerum natura di Tito Lucrezio Caro da lui avviata nel 1664 e conclusa nel 1668. Al di là dei contenuti filosofici e scientifici, centrali per la riflessione coeva sulle dottrine epicuree, l’opera è con siderata fra gli esiti illustri della poesia scientifica italiana. Della traduzione, che ebbe vasta cir colazione in forma manoscritta – la prima edizione a stampa è quella londinese di Pickard, 1717 –, esistono varie redazioni: nel 1884 il Carducci ne curò un’edizione pubblicata a Firenze presso l’editore Barbèra. Nei suoi elogi a Pierre Gassendi, il Marchetti definisce il significato profondo da at tribuire all’opera di Lucrezio: manifesto di una sintesi culturale rivoluzionaria, in grado di col le gare la nuova scienza dei moderni con la tradizione materialistica antica. Cf. mario SaccEnti, “Il manifesto galileiano di Alessandro Marchetti”, Lettere Italiane, 1965, 18: 407-419; nicola Badaloni, “Intorno alla filosofia di Alessandro Marchetti”, Belfagor, 1968, 23: 283-316; piEr carlo maSini, Lucrezio e Alessandro Marchetti (Firenze: Libreria Antiquaria Palatina, 2008); gUStaVo coSta, Epicureismo e pederastia: il Lucrezio e l’Anacreonte di Alessandro Marchetti secondo il Sant’Uffizio (Firenze: Olschki, 2012).
31 Gli opera omnia di Gassendi sono pubblicati nel 1658 in sei volumi a cura di Henri-Louis Habert de Montmor. Si vedano almeno gli studi seguenti: antonina alBErti, sensazione e realtà. Epicuro e Gassendi (Firenze: Olschki, 1988); SaUl fiSHEr, Pierre Gassendi’s Philosophy and Science (Leiden-Boston: Brill, 2005); lynn SUmida Joy, Gassendi the Atomist: Advocate of History in an Age of Science (New York: Cambridge UP, 1987); antonia lolordo, Pierre Gassendi and the Birth of Early Modern Philosophy (New York: Cambridge UP, 2006).
epicuro all’opera!
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perduta),32 ma anche l’Epicuro ciceroniano del De na tura deo rum e i testi scettici di Sesto Empirico, le nozioni sulla natura e sugli animali provenienti da Plinio e Plutarco, le lezioni erudite derivanti da Diodoro Siculo e Diogene Laerzio.33
Ancora in pieno Settecento gli intellettuali e i poeti illuministi si associano, almeno in parte, a simili forme di pensiero e concetti filosofici. Su tutti, gli echi della filosofia di Epicuro nell’illustrazione, difesa e rilettura che a metà Seicento ne aveva dato Gassendi in senso morale e cristiano si protraggono in Francia per buona parte del secolo successivo fondendosi, dopo gli anni ’50, con la ‘moda della mitologia’ tipica del neoclassicismo e con l’attenzione con cui la letteratura e le arti figurative rivalutano e ripropongono moduli ed ele-menti propri della cultura antica greco-romana.34 Un esempio concreto di tale processo si ha con la pubblicazione del trattato La morale d’Épicure tirée de ses propres écrits (Paris: Desaint & Saillant, 1758) dell’abate Charles Batteux (1713-1780), professore di filosofia greca e latina nel Collège Royal de France e nell’Académie Royale des Inscriptions et Belles-Lettres.35 Questo lavoro con tribuì assai efficacemente alla diffusione di una più esatta conoscenza del pen siero del filosofo greco, ancora una volta sulla scorta delle riflessioni di Gas sendi («J’aurai pour guide principal dans mon travail le sage Gassendi, qu’on ne soupçonnera pas de m’avoir donné des impressions contraires à la droiture et à l’équite», p. 10) volte in ottica moralizzatrice e cristiana («Épi-cure […] admis les atômes; mais c’est Dieu qui les a crées», p. 12).
32 Si vedano a tal proposito le considerazioni di oliViEr rEné BlocH, “Molière metteur en scène de la libre pensée”, in Libertinage et philosophie au XVIIe siècle, vol. 1 (Saint-Étienne: Publications de l’Université de Saint-Étienne, 1996), pp. 111-124.
33 Su queste riflessioni cf. gErHard ScHnEidEr, Il libertino. Per una storia sociale della cultura borghese nel XVI e XVII secolo (Bologna: il Mulino, 1974); tUllio grEgory, “Il libertinismo della prima metà del Seicento”, in Ricerche su letteratura libertina e letteratura clandestina nel Seicento, Atti del convegno di Genova, 30 ottobre-1° novembre 1980 (Firenze: La Nuova Italia, 1981), pp. 3-47; alESSandro mEtlica, “Libertini e libertinismo tra Francia e Italia”, Intersezioni, 2013, 33: 25-44.
34 Cf. Howard JonES, The Epicurean Tradition (London-New York: Routledge, 1992), trad. it. La tradizione epicurea. Atomismo e materialismo dall’antichità all’età moderna (Genova: ECIG, 1999), pp. 207-229 (“La rinascenza francese”) e pp. 231-262 (“Epicurus Britannicus”); Roma triumphans? L’attualità dell’antico nella Francia del Settecento, a cura di Letizia Norci Cagiano (Roma: Edizioni di Storia e Letteratura, 2007); alVaro BarBiEri, Il mito classico nella letteratura francese, in Il mito nella letteratura italiana, vol. 3, Dal Neoclassicismo al Romanticismo, a cura di Raffaella Bertazzoli (Brescia: Morcelliana, 2009), pp. 155-200.
35 Tra le opere principali di Batteux ricordiamo il trattato di poetica Les Beaux-Arts réduits à un même principe (Paris: Durand, 1746), il Cours de belles lettres (Paris: Desaint & Saillant & Durand, 1753), i Principes de la littérature (Paris: Le Breton, 1773). Tra gli scritti filosofici, oltre al trattato su Epicuro, ricordiamo l’Histoire des causes premières (Paris: Saillant, 1769).
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Su questa stessa linea ideologica si colloca anche l’opera del francese Charles-Albert Demoustier (1760-1801).36 Giurista di formazione, attivo dap-prima come avvocato, ben presto decide di dedicarsi alla letteratura. Scrit tore assai prolifico, è noto soprattutto come drammaturgo: numerose e spesso molto fortunate le sue opere teatrali, fra le quali ricordiamo almeno Le Conciliateur ou L’Homme aimable (1791); Le Tolérant ou La Tolérance morale et religieuse (1795); Les femmes (1793).37 L’esordio letterario di Demoustier risale invero al 1786 con la pubblicazione della prima parte delle Lettres à Émilie sur la mythologie, fortunatissimo prosimetro in sei volumi concepito in forma epistolare e terminato nel 1798 con la stampa della sesta parte.38 Nelle Lettres à Émilie Demoustier raccoglie una serie di ‘lezioni’ indirizzate a una giovane allieva, strutturate in forma di chiosa e commento a episodi del mito classico (le divinità pre-olimpiche nelle lettere II e III, Giove e gli dèi olimpici nella IV e V, gli amori tra Venere e Marte nella VI, e così via) o a massime di letterati e filosofi greco-romani (Omero, Orazio, Ovidio).
La riflessione sull’antico ritorna anche in un altro lavoro (postumo) di argomento segnatamente filosofico: il Cours de morale stampato a Parigi da Antoine-Auguste Renouard nel 1804. Questo trattato è concepito, al pari delle Lettres à Émilie, come strumento didattico per «l’instruction des femmes», e viene ripartito in due distinti tomi.39 Nel primo tomo, suddiviso in due parti, Demoustier sintetizza le dottrine filosofiche di dieci pensatori antichi: Talete (pp. 13-34), Solone (pp. 35-59), Socrate (pp. 60-109), Antistene (pp. 110-125),
36 Nato a Villerts-Cotterêts il 13 marzo 1760, Demoustier si proclamava discendente da Racine per parte di padre e da La Fontaine per parte di madre (la notizia è riportata in tutti gli scritti, peraltro non abbondanti, sulla vita e l’opera di Demoustier). Morì a Parigi il 2 marzo 1801, di tubercolosi polmonare. Cf. “Charles-Albert Demoustier. Sa vie et ses œuvres”, Bulletin de la Société Archéologique, Historique et Scientifique de Soissons, 1887, 12: 1-100 (una vera e propria monografia sull’autore), e la “Notice sur Demoustier”, La décade philosophique, littéraire et politique, 1803, 8.2: 559-564.
37 Oltre ai titoli citati, una parte cospicua della sua produzione teatrale è raccolta nel Théâtre de Ch. A. Demoustiers (Paris: A.-A. Renouard, 1804).
38 La prima edizione del volume inaugurale delle Lettres à Émilie sur la mythologie (Paris: Garnier, 1786) fu seguita da numerose ristampe parigine lungo tutto il corso dell’Ottocento: Tenré, 1820 (I e II tomo); Bureau des Éditeurs, 1830 (I tomo); Librairie des Bibliophiles, 1833 (tomo II); Langlois, 1835 (I e II tomo). Se ne registrano anche alcune traduzioni italiane: domEnico roSSEtti, La nascita d’amore. Lettera ad Emilia di C.A.D. (Parma: Luigi Mussi, 1806); angElo maria ricci, Lettere ad Emilia sulla mitologia. Libera imitazione di Demoustier (Livorno: Glauco Masi, 1821).
39 Così nell’«Avis de l’éditeur» in apertura del volume citato (p. 1): «Charles-Albert Demoustier, non moins recommandable par la pureté de ses mœurs, qu’ami zélé d’un sexe auquel la nature même sembloit l’avoir attaché par des rapports sympathiques, je veux dire, par la délicatesse de son esprit et l’aménité de son caractère, avoit ouvert une espèce de Cours de morale, principalement destiné à l’instruction des femmes».
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Aristippo (pp. 126-150), Platone (pp. 163-197), Diogene (pp. 198-219), Cra te te e Zenone (pp. 220-267), ed Epicuro (pp. 268-311). In particolare, del pen siero epicureo Demoustier fornisce una visione ‘moralizzata’: il filo-so fo av versato dai pensatori cristiani in quanto sostenitore della voluptas come prin cipale istinto dell’uomo (e dunque fonte di corruzione), viene qui dipinto come un intellettuale amabile dell’Attica che predica il piacere vir tuoso, inteso come «sentiment sublime» e «pure émanation du ciel, qui descendant sur la terre, pénètre nos sens, enivre notre cœur, gonfle notre poitrine oppressée d’un bonheur qu’elle ne peut contenir» (p. 268).40 Anche gli amori lussuriosi di Epicuro con la giovane etèra Leonzio (tanto criticati già nell’antichità: secondo Cicerone, quello di Epicuro era un «giardino di piacere, dove i discepoli languivano in mezzo a raffinati godimenti») sono al contrario ricondotti a ben più casti sodalizi:
Il existoit à Athènes une femme célèbre qui, réunissant les talens les plus aimables aux dons les plus parfaits de la nature, avoit rendu tous les Athéniens esclaves et tributaires de ses charmes. On la nommoit Leontium […]. Lasse enfin de demander vainement le bonheur aux amours, Leontium, pour l’obtenir, eut recours à la philosophie. Elle écrivit à Épicure qu’elle desiroit se rendre chez lui. Épicure se rendit chez elle (pp. 287-288).
Simili tematiche e riflessioni di àmbito filosofico si possono ritrovare anche nella produzione teatrale di Demoustier, e in modo particolare nel suo Épicure (1800), libretto confezionato per essere messo in musica sotto forma di opéra-comique da due dei maggiori compositori attivi in Francia a fine secolo: Luigi Cherubini (1760-1842) ed Étienne-Nicolas Méhul (1763-1817).41 Teatro d’opera e indagine speculativa sembrano trovare nell’Épicure un territorio d’intersezione, uno spazio di commistione che riporta sul palcoscenico il filosofo di Samo, più di un secolo dopo la sua prima apparizione a Vienna con Gl’atomi di Epicuro di Nicolò Minato e Antonio Draghi (1672).42
Se ferventi furono i dibattiti filosofici dell’ultimo Settecento francese, di cui non è possibile in questa sede render conto in maniera esauriente, altrettanto vivace furono l’attività teatrale e operistica (concentrata soprattutto a Parigi)
40 Per questa visione del pensiero di Epicuro anche Demoustier, come il suo predecessore Batteux, si rifà a Gassendi, cui assegna il merito di aver ricondotto alla ‘purezza originaria’ la dottrina epicurea (p. 307).
41 Il drammaturgo non era peraltro nuovo a questo genere di scrittura teatrale, avendo già all’attivo almeno altri due lavori precedenti: Apelle et Campaspe (1798, musica di André-Frédéric Eler) e L’amour filial (1792, musica di Pierre Gaveaux).
42 Si veda il contributo di Sara Elisa Stangalino qui alle pp. 272-291.
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e le relative teorizzazioni estetiche. Tra gli scritti più significativi e influenti in tal senso, ricordiamo l’esteso saggio di Beaumarchais (1732-1799), stampato come introduzione al suo Tarare (1784),43 in cui il drammaturgo dichiara apertamente l’intenzione di creare un ‘genere misto’ di spettacolo operistico che accolga nel tessuto drammatico scene comiche, satiriche, eroiche e filo-so fiche.44 Negli ultimi anni del Sette e nei primi dell’Ottocento, come del resto nell’arco della maggior parte della storia francese, al teatro fu inoltre accordato dal governo un posto di rilievo nella politica culturale, e assunse un compito fondamentale nel sistema educativo pubblico e nella formazione mo rale e politica dei citta dini, che nel teatro potevano celebrare i pochi eroi repubblicani (Bruto, Guillaume Tell), i progenitori della Rivoluzione (Rous-seau, Voltaire, Marat) e i principali eventi della storia recente (la presa della Bastiglia, la conquista di Tolone). Il teatro diviene insomma una sorta di culto cittadino, nazionale e laico, in forme peraltro già enunciate nelle riflessioni di Denis Diderot, Louis-Sébastien Mercier e Jean-Jacques Rousseau.45
Furono in particolar modo i musicisti italiani stabilitisi a Parigi a fine Sette e a inizio Ottocento (Piccinni, Sacchini, Salieri, Cherubini, Spontini) a promuovere un forte rinnovamento del teatro d’opera francese, la cui ‘rina-
43 L’opéra di Beaumarchais fu messo in musica da Antonio Salieri e rappresentato nel Théâtre de la Porte Saint-Martin l’8 giugno 1787. Lo stesso dramma fu poi rielaborato da Lorenzo da Ponte per lo stesso Salieri nell’Axur, re d’Ormus rappresentato a Vienna nel gennaio 1788.
44 Per il contenuto ideologico (l’intreccio, ambientato in Asia, poggia interamente sull’oppo-sizione tra un sovrano potente ma crudele e un suddito virtuoso e felice nei suoi affetti privati), il ricorso a episodi spettacolari e l’intensificazione di elementi patetici e sentimentali, Tarare contiene in nuce alcuni elementi che saranno poi ripresi nell’opera romantica del pieno Ottocento. Cf. william d. HowartH, Beaumarchais and the Theatre (New York: Routledge, 1995).
45 Durante il decennio della Rivoluzione e il successivo periodo napoleonico il linguaggio tea trale in genere, e quello operistico in particolare, si arricchì notevolmente sul piano tanto let-terario quanto musicale. Nell’intento di sfruttare le arti per fini politici e propagandistici, le au torità rivoluzionarie incoraggiarono in particolare l’impiego della musica nei grandi spettacoli all’aperto e nei teatri, dove venivano spesso inscenati soggetti ispirati agli ideali patriottici o che mettessero in evidenza la dignità dell’uomo indipendentemente dal ceto sociale d’appartenenza. Si prediligono dapprima opere basate sulla storia francese, poi su argomenti di derivazione classica, quasi a voler prendere le distanze dalla monarchia e a voler nel contempo rappresentare le origini e il modello della repubblica francese nelle corrispondenti forme politiche antiche. Per un pa norama generale si veda il saggio di Elio franzini, Il teatro, la festa e la rivoluzione. Su Rousseau e gli enciclopedisti (Palermo: Aesthetica, 2002). Il rinnovamento nei costumi, nell’architettura, nella pittura avviene soprattutto sul modello romano antico: Jacques-Louis David, il noto pittore neoclassico, svolse un ruolo decisivo anche nell’organizzazione di feste rivoluzionarie e negli alle sti menti teatrali, dipinse un nuovo sipario per l’Opéra in cui tra l’esecuzione capitale dei tiranni e i martiri della libertà era rappresentato un ‘trionfo del popolo francese’. Si vedano a tal proposito al meno i seguenti contributi: laUra malVonE, “L’Évènement politique en peinture. À propos du Marat de David”, Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée, 1994, 106: 33-54; régiS micHEl – mariE catHErinE SaHUt, David. L’art et la Politique (Paris: Découvertes Gallimard, 1988).
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scita’ era stata anticipata da una maturazione dello stile letterario e musicale dell’opéra-comique. Strutturato secondo un’alternanza di parti cantate (arie, duetti, cori), dialoghi parlati senza accompagnamento musicale e mélodrames (melologhi, ossia scene mimate e recitate in concomitanza, o a rotazione, con la musica), l’opéra-comique aveva avuto un grande sviluppo soprattutto a partire dagli anni ’70, grazie a Romualdo Duni (1708-1775), François-André Danican Philidor (1726-1795) e Pierre-Alexandre Monsigny (1729-1817).46 Sul finire del secolo, il nuovo genere divenne lo strumento espressivo privilegiato per veicolare messaggi di carattere politico, sociale, morale e – come vedremo – filosofico.47
Negli anni più significativi nella storia dell’opéra-comique si stabilisce a Parigi Luigi Cherubini.48 Nato a Firenze nel settembre 1760 in una famiglia di musicisti (il padre è ‘maestro al cembalo’ nel Teatro della Pergola), si avvicina alla composizione operistica attraverso Giuseppe Sarti, col quale lavora a Bologna e Milano tra il 1778 e il 1780. Nel 1784 lascia l’Italia, dapprima per Londra, poi per Parigi, dove nel 1788 esordisce all’Opéra col Démophoon. Il decennio 1790-1800 è senza dubbio il più felice per Cherubini: collabora con la banda repubblicana di Sarrette, compone inni e marce, riceve incarichi uffi ciali, mette in scena al Feydeau quattro importanti lavori, che lo assurgono all’Olimpo dei compositori di Parigi: Lodoïska (1791), Éliza (1794), Médée
46 Cf. Lo spettacolo nella Rivoluzione francese, Atti del Congresso internazionale di Milano, 4-6 maggio 1989, a cura di Paolo Bosisio (Roma: Bulzoni, 1989); giUSEppE radiccHio – micHEl SaJoUS d’oria, Parigi: i teatri negli anni della Rivoluzione (Milano: Electa, 1989). Dagli anni della Rivoluzione e dell’Impero Parigi dispone di tre principali organismi teatrali che occupano sale diverse (con trasferimenti frequenti in nuove sedi), e che hanno la responsabilità di tre tipologie principali di spettacolo: (1) il Théâtre de l’Opéra, finanziato dal governo nazionale, rappresenta l’opera seria integralmente cantata e il balletto; possiede un’orchestra numerosa e cori formati da molti elementi, ampie risorse sceniche e un eccellente corpo di ballo; (2) il Théâtre de l’Opéra-Comique mette in scena tutta la gamma delle opere francesi che impiegano, oltre al canto, anche il dialogo parlato; negli anni occupò sale diverse (Feydeau, Favart e Ventadour); (3) il Théâtre Italien (dal 1801) che accoglie l’opera italiana cantata in italiano ed è luogo d’incontro per i ceti intellettuali e altolocati; tra i musicisti italiani che ne tennero la direzione figurano Gaspare Spontini (1810-1812), la cantante Angelica Catalani (1814-1815), Ferdinando Paer (1815-1824 e 1826-1827) e Gioachino Rossini (1824-1826).
47 Per un panorama sull’opera in Francia sul finire del Sette e il primo Ottocento si veda HErBErt ScHnEidEr, Il teatro musicale da Rameau al 1830, in Musica in scena, vol. 2, Gli italiani all’estero. L’opera in Italia e in Francia, a cura di Alberto Basso (Torino: UTET, 1996), pp. 537-610.
48 Dell’ampia bibliografia su Luigi Cherubini segnaliamo qui almeno i seguenti titoli: Luigi Cherubini nel II centenario della nascita: contributo alla conoscenza della vita e dell’opera, a cura di Adelmo Damerini (Firenze: Olschki, 1962); BaSil dEanE, Cherubini (London: Oxford UP, 1965); Vittorio dElla crocE, Cherubini e i musicisti italiani del suo tempo (Torino: EDA, 1983); StEpHEn cHarlES williS, Luigi Cherubini: A Study of his Life and Dramatic Music, 1795-1815 (Ann Arbor: UMI, 1984).
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(1797) e Les Deux journées (1800). L’apice della sua drammaturgia arriva con Médée, da Euripide, un’opéra-comique che farà epoca nella storia del teatro d’opera. Dopo il 1800 inizia per Cherubini un periodo più difficile: in contrasto con l’ideologia artistica napoleonica, concentra la sua attività musicale soprattutto sull’insegnamento in Conservatorio e cerca di lanciare le sue opere ‘rivoluzionarie’ in Germania e in Austria. Nel 1803 presenta Anacréon ou L’amour fugitif all’Opéra: l’opera non riscuote un gran successo, in primis per l’argomento, scevro da qualsiasi eroismo, ma soprattutto per ra gioni strutturali della musica: troppo sinfonica l’ouverture, troppo grevi i recitativi, troppo simili tra loro i pezzi musicali, scarse le idee melodiche pregnanti.
Accanto all’italiano Cherubini, l’altro importante autore di opéras-comi-ques fu il francese Étienne-Nicolas Méhul. Organista di formazione e con solidi interessi per la musica strumentale, arriva al teatro sulla scia di Gluck, dal quale fu incoraggiato a intraprendere la carriera di operista. Nel gruppo dei musicisti rivoluzionari, è quello che più d’ogni altro condivide il nuovo corso repubblicano. Nel 1793 fu nominato ispettore per la musica nel neonato Conservatoire National Supérieur de Musique et de Danse di Parigi. Dopo aver pubblicato una raccolta di sei Sonate per cembalo (1783) si impone al teatro Favart con Euphrosine et Corradin (1790), poi con la Stratonice (1792) e Le jeune Henry (1797).49
Tra i lavori teatrali dei due musicisti qui sopra sommariamente introdotti, come s’è detto, compare anche l’Épicure di Charles-Albert Demoustier, rap-pre sentato nel Théâtre Favart di Parigi il 14 marzo 1800 in forma di opéra-comi que; i tre atti furono composti a quattro mani da Cherubini e Méhul, autori l’uno del primo e l’altro del second’atto, e coautori del terzo. Tanto sul piano musicale quanto su quello della scrittura drammatica, Épicure è oggi pressoché ingiudicabile, essendosene perduti sia il libretto sia la quasi totalità della partitura, di cui restano soltanto otto brani in tutto, di mano di Cherubini: i primi quattro numeri del prim’atto (1-4), due del terzo (8 e 10, quest’ultimo con due appendici che registrano alcune variazioni alla pri-ma stesura), oltre all’ouverture.50 La tabella qui di seguito riporta l’elenco
49 Su Méhul si vedano artHUr poUgin, Méhul: sa vie, son génie, son caractère (Genève: Minkoff, 1973); mary ElizaBEtH carolinE BartlEt, Étienne-Nicolas Méhul and Opera: Source and Archival Studies of Lyric Theatre during the French Revolution, Consulate and Empire (Weinsberg: Musik-Edition Lucie Galland, 1999).
50 Gli autografi di Cherubini sono conservati a Brunswick, Stadtarchiv und Stadtbibliothek (Mus. Ms. Autogr. Cherubini, n. 125). Un’edizione moderna dell’ouverture dell’opera è stata recen-temente pubblicata a cura di Pietro Spada: lUigi cHErUBini, Épicure. Ouverture (Roma: Boccaccini & Spada, 2007).
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dei pezzi superstiti con l’indicazione dei personaggi coinvolti e dei rispettivi incipit.51
Atto Primo n. 1 Duetto Aspasie-Épicure «Du tourment cruel que j’endure»n. 2 Épicure, Aspasie, Coro «Amans, amis» (Andantino grazioso)n. 3 Épicuro, Coro «Voyez dans mon champêtre asile»n. 4 Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite, «Mon ami, qui vois-je là bas?» Narcisse, Démocrite, Ruston
Atto Terzo
n. 8 Épicure, Héraclite, Narcisse, Démo- «Répands sur nous, céleste vérité, un pur rayon crite, Ruston de ta lumière»n. 10 Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite «Voici les maux que mon génie enfante» Narcisse, Démocrite, Ruston, Coron. 10a Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite, «Voici les maux que mon génie enfante» Narcisse, Démocrite, Ruston, Coron.10b Finale: Aspasie, Épicure, Héraclite, Narcisse, Démocrite, Ruston, Coro «Grands dieux»
Quale sarà mai stato il ruolo di Epicuro in quest’opera? Come sarà stato delineato il filosofo greco da un autore – Demoustier – che già aveva di mo-stra to di conoscere a fondo il mondo antico e le dottrine filosofiche mag giori? Difficile a dirsi. Una ricostruzione plausibile dell’immagine del filosofo nel dramma risulta estremamente ardua, in mancanza di un libretto che ci con senta di analizzarne partitamente i contenuti. E tuttavia possiamo tentare di comporre un profilo a partire dalle considerazioni ‘di seconda mano’, contenute nelle non poche descrizioni di corredo alla prima esecuzione del l’opera.
Dalle recensioni coeve sappiamo che alla sua prima apparizione l’opera ricevette un’accoglienza piuttosto negativa da parte degli spettatori, che giu-dicarono irrazionale la figura del protagonista e sconclusionata l’intera vicenda. Una seconda recita dell’opera, data tre giorni dopo la première del 14 marzo 1800, indusse Demoustier a rivedere il testo del libretto in vista di una terza replica in programma il 20 marzo: l’esito non fu tuttavia dissimile, ed Épicure venne cancellato dal cartellone del Théâtre Favart. La rumorosa oppo sizione del pubblico riecheggiò immediatamente sulla stampa parigina; ce lo dice il seguente passo tratto dalla Gazette de France del 15 marzo 1800:
L’opéra d’Épicure a excité plus de bruit que d’applaudissements; cependant on continuera à la jouer. La musique de Méhul et de Cherubini, les tirades qui ont fait reconnoître l’auteur du Conciliateur, méritent de tenter plus d’une fois le goût du
51 Lo schema è ripreso da micHaEl fEnd, Cherubinis Pariser Opern (1788-1803) (Stuttgart: Franz Steiner Verlag, 2007), pp. 348-352, p. 349.
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public qui, soit dit sans l’offenser, porte à présent au spectacle la turbulence dont il s’est corrigé dans les affaires politiques.52
Allo stesso modo una recensione comparsa sull’Année théâtrale a ri dos-so della ‘prima’ dell’opera ne riassume assai vivacemente la recezione, col-locando peraltro Épicure nel quadro più ampio della produzione di Che ru-bini e Méhul:
Trois auteurs connus par des succès nombreux et mérités, le poète Demoustier, les compositeurs Méhul et Chérubini, se sont réunis pour éprouver une chûte […]. Épicure, ainsi présenté, ne pouvait plaire à des spectateurs qui s’en étaient fait toute autre idée. Rarement le public pardonne à un auteur de lui avoir appris qu’il était dans l’erreur. Épicure a été mal accueilli: en vain par la suite on a supprimé un second acte inutile. Les deux autres, quoique restés sans concurrens, n’ont pu se soutenir. Méhul et Chérubini n’ont point démenti, dans les morceaux dont ils ont enrichi cet ouvrage, leur réputation distinguée. On reconnut dans le premier acte la facture originale et brillante de l’auteur de Lodoïska, et dans le second, la touche savante, le style soutenu et harmonieux de l’auteur d’Euphrosine […]. Lorsque deux talens unissent ainsi leurs efforts, les détails peuvent être charmans; mais l’ensemble est rarement satisfaisant. L’ouvrage a deux couleurs, le même style n’est pas reconnu par-tout, et l’unité, ce principe de tous les arts d’imitation, est sacrifié à une innovation d’un dangereux exemple.53
Le cronache dell’epoca presentano ancora diversi resoconti di questo sfortunato lavoro, ed è da tali dettagliate relazioni che occorre partire anche per farsi un’idea dei contenuti di un’opera che, per l’argomento semiserio, costituisce un elemento di curiosità per la mancanza di precedenti cherubiniani nel genere. Una delle sintesi più particolareggiate ed efficaci dell’intreccio dell’Épicure è questa che riportiamo dall’Almanach des Muses:
Épicure est aimé d’Aspasie, son élève et sa pupille; mais il croit plutôt à sa reconnaissance qu’à son amour. Il lui annonce quatre soupirans qui prétendent à sa main: le sybarite Narcisse, le stoïcien Rustaie [sic], le pleureur Héraclite et le rieur Démocrite. Leur déclaration est mal accueillie; ils soupçonnent qu’Épicure en est la cause, et, pour s’en venger, ils vont le dénoncer à l’aéropage. Épicure est conduit en prison. Sa philosopie le soutient, et le lieu qu’il habite lui parâit un lieu enchanteur. Il s’endort, et le rêve aimable qu’il fait se réalise par l’apparition de la Sagesse qui descende du ciel, et vient chanter une ariette. Épicure s’éveille: le charme se son rêve est détruit. Il est sous les verroux d’une prison, et sous la garde d’un geôlier
52 Il passo è citato in Vittorio dElla crocE, Cherubini e i musicisti italiani del suo tempo (Torino, EDA: 1983), pp. 292-293.
53 Si veda l’Année théâtrale: Almanach, 1800, 9: 226-229
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dont il veut faire son disciple. Cependant on le mène devant l’aéropage. Il est accusé de séduire la jeunesse, et de prêcher la corruption. Épicure expose les principes les plus purs de sa morale. Aspasie vient à son aide, et dévoile les motifs criminels de l’accusation. Épicure est absous et pardonne à ses dénonciateurs.54
L’azione si svolge in Atene. Al centro della trama dell’opera vi è una vicenda amorosa che vede coinvolti l’eroe eponimo e la sua giovane ‘allieva e pupilla’ Aspasia, contesa allo stesso tempo da altri quattro pretendenti, opposti per carattere e per tendenze speculative rispetto al filosofo protagonista (i nomi ri mandano a personaggi del mito classico e a pensatori antichi; le loro con-no tazioni di ‘sibarita’, ‘stoico’, ‘plorante’ e ‘ridente’ sono eloquenti). Costoro, respinti dalla giovane innamorata del maestro, denunciano Epicuro di fronte all’areopago, trasformandolo in un novello Socrate accusato di corrompere i giovani con le proprie dottrine filosofiche edonistiche. Proprio l’esposizione dei principii «les plus purs» della sua morale assicura però a Epicuro l’assoluzione e all’opera il lieto fine.
Un dato salta agli occhi: la vicenda sentimentale che coinvolge Epicuro e Aspasia è storicamente infondata, perlomeno se si associa quest’ultima all’omonima etèra di Mileto vissuta tra il 470 e il 400 a.C. (Epicuro visse tra il 341 e il 271 a.C.), nota per la relazione con Pericle.55 L’Aspasia di Demoustier appare in effetti molto diversa rispetto a quella che le fonti classiche hanno tramandato, tradizionalmente associata all’immagine della donna am ma lia trice56 che, secondo Plutarco (Vita di Pericle 24,5), sedot-to Pericle con la sua saggezza e abilità politica, fu addirittura tacciata pub-blicamente di empietà e pros senetismo, condannata all’esilio e alla pena capitale (evitata in extremis per l’intervento personale di Pericle). Di Aspasia il drammaturgo Demoustier, sulla linea di quanto aveva fatto nel Cours de morale a proposito dell’altra etèra, Leonzio (lei sì storicamente associata ad
54 Cf. l’Almanach des Muses, 1801, 9: 311-312. 55 La figura di Aspasia è ben nota tanto nel teatro per musica quanto nella letteratura e nell’arte
figurativa coeva. Ricordiamo rispettivamente: L’Aspasia di Gaetano Sertor musicata da Giuseppe Giordani (Venezia: Fenzo, 1790); il romanzo L’amor tra l’armi ovvero La storia militare e amorosa di Aspasia e Radamisto di Antonio Piazza (Venezia: Fenzo, 1773); il dipinto Aspasia s’entretenant avec Alcibiadés et Socrate di Nicholas-André Monsiau (1798). Per un quadro complessivo sulla figura di Aspasia nelle arti in genere si veda ilaria crotti, “Prime note per Aspasia”, Critica letteraria, 2003, 121: 651-669.
56 Per un profilo della connotazione tradizionale di Aspasia cf. nicolE loraUx, Aspasia, la straniera, l’intellettuale, in Grecia al femminile, a cura di Nicole Loraux (Roma-Bari: Laterza, 1993), p. 135-137; madElEinE m. HEnry, Prisoner of History. Aspasia of Miletus and Her Biographical Tradition (Oxford: Oxford UP, 1995).
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Epicuro),57 ci fornisce anche in questo caso un’immagine moralizzata, depurata di ogni connotato erotico e tutta rivolta alla «céleste volupté». Le figure di Aspasia e Leonzio sembrano quasi fuse in un solo carattere, contrario a quello che la tradizione antica aveva disegnato, coerente col processo di rivalutazione moralizzante del filo sofo avviato da Demoustier sull’onda lunga di Batteux e, prima ancora, di Gassendi. Lo si evince già dai toni del duetto che apre l’opera:58
aSpaSiE Du tourment cruel que j’endure Faudra-t-il longtems souffrir! Ah mon ami! pour peu qu’il dure Je sens bien qu’il faut mourir.épicUrE Ah! que ton cœur se rassure, Du tourment secret qu’il endure Il est rare de mourir Et facile de guérir.aSpaSiE Près de vous mon âme se trouble.épicUrE Et bien, ma fille, éloigne-toi.aSpaSiE Mais loin de vous mon mal redouble.épicUrE Mon enfant, reste auprès de moi. Viens dans mes bras, rassure-moi.aSpaSiE Comment supporter la vie Si je ne vous voyois pas.épicUrE Sois sans effroi, ah calme-toi.aSpaSiE Ici que je passe ma vie, De ces lieux ne m’exilez pas Et permettez à votre amie De vous voir tous les jours. Mon ami, je vous verrai toujours.épicUrE Oui, ma fille, tu me verras toujours.aSpaSiE Pour couronner tant de bonté, De vertus et de bienfaisance, Favorable divinité! Conserve-moi l’ami de mon enfance.épicUrE Pour couronner tant de beauté, De vertus, de reconnoissance, Viens, ô céleste volupté! Viens habiter le cœur de l’innocence.
57 Secondo il recensore della Décade philosophique, littéraire et politique, 1800, 8: 560, la scelta del nome di Aspasia sarebbe semplicemente legata a ragioni tecnico-strutturali: «l’histoire désigne sa courtisane Leontium, mais les formes lyriques ont fait préférer sans doute le nome d’Aspasie».
58 Il testo è riprodotto in micHaEl fEnd, Cherubinis Pariser Opern (cit. n. 52), pp. 350-351.
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Dai materiali lacunosi in nostro possesso emerge se non altro la buona conoscenza che della figura di Epicuro dovette avere il drammaturgo, forte anche delle precedenti esperienze nel campo della trattatistica filosofica. Dal Bulletin de la Société Archéologique, Historique et Scientifique de Soisson,59 una vera e propria monografia su Charles-Albert Demoustier, apprendiamo che del filosofo di Samo il dramma offrì appunto una visione di tipo ‘mo ra lizzato’, coerente con le posizioni più aggiornate in campo speculativo: Epi curo è presentato come un pensatore amabile dell’Attica che predica il pia cere virtuoso, non l’abuso del piacere stesso, che condurrebbe l’uomo alla cor ruzione:
Dans son Traité de morale, il venge Épicure des reproches immérités et rétablit sa mémoire: c’était un philosophe aimable de l’Attique qui prêchait la volupté, mais la volupté vertueuse, et dont l’abuse a conduit à la corruption, aux excès de la débauche qu’Horace désignait ainsi: «Epicuri de grege porcum» (porc du Tropeau d’Épicure)60 […]. On a dit que, dans son Cours de morale, on retrouvait la peinture des sentiments et des vertus qu’on admirait dans l’auteur pendant sa vie. (pp. 97-98)
La presenza della figura del filosofo in un’opéra-comique troverebbe inoltre giustificazione nel coevo panorama teatrale e letterario, nonché figurativo, ov vero con l’imperante ‘moda della mitologia’ tanto cara al neoclassicismo francese del secondo Settecento:
La mode tenait pour la mythologie et au théâtre, dans les lettres et les arts, jusque dans les actes du gouvernement, on ne voit partout que des réminiscences du paganisme, et des dieux et des déesses de l’antiquité: on peut voir les tableaux de David, de Prud’hon, etc. les discours des orateurs, les poésies de Lebrun, Parny, Chénier, etc.
Si può presumere che nel dramma di Demoustier la riflessione scientifica e la speculazione filosofica svolgessero un ruolo significativo, più ampio che non quello di una semplice cornice intellettuale e ideologica (i resoconti circa l’in-trec cio dell’opera sembrerebbero confermarcelo): e forse proprio qui andrà cer cato il motivo della débâcle di questo Épicure. Tornando ancora al giudizio espresso nell’Almanach des Muses del 1801 (p. 312, qui citato a nota 54), la tra-ma ordita da Demoustier sarà forse risultata poco congeniale al palcoscenico ope ristico, forse squilibrata nel rapporto tra le parti musicali e quelle recitate: «Peu d’action; situations qui, toutes, n’ont pas également intéressé. De jolis détails. Des morceaux de musique qui ont plu généralement», conclude sbri-ga tivamente l’anonimo recensore della rivista parigina.
59 Cf. “Charles Albert Demoustier. Sa vie et ses oeuvres” (cit. n. 36).60 Espressione autoironica, con cui Orazio si descrive nell’epistola a Tibullo (Hor. epist. 1,4,10).
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INDICE
Marco Beretta – Francesco citti – alessandro iannucci, Premessa ..... Pag V
Michael erler, La sacralizzazione di Socrate e di Epicuro . . . . . . . . . . » 1
Matteo Martelli, L’assimilazione al dio attraverso le τέχναι.Gli ‘scie nziati’ in età ellenistica e imperiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 15
Francesca longo auricchio, Il culto di Epicuro. Testi e studi:qualche aggiornamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 39
giovanni indelli, Epicuro fondatore e maestro del giardino . . . . . . . » 65
gianluca del Mastro, Filodemo e la lode di Zenone Sidonio:πιϲτὸϲ ἐραϲτὴϲ καὶ ἀκοπίατοϲ ὑμνητήϲ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 89
guido Milanese, L’immagine di Epicuro, la totalità della vita,la cultura romana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 111
Jürgen haMMerstaedt, Strategie di persuasione all’epicureismonell’iscrizione filosofica di Diogene di Enoanda . . . . . . . . . . . . . . . . . » 139
Maria Paola guidoBaldi, L’impronta epicurea nella Villa dei Papiridi Ercolano alla luce delle recenti indagini archeologiche . . . . » 151
FaBrizio Pesando, Epicuri parietinae: Filodemo di Gadara ad Ateneall’epoca del sacco sillano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 163
Bernard Frischer, Ripensando The Sculpted Word. Come ricostruiree interpretare la statua di Epicuro oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 177
Marco Beretta, Immaginare Lucrezio. Note storiche sull’icono-grafia lucreziana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 193
elena nicoli, Il giudizio su Epicuro nel commento di Giovan Battista Pio a Lucrezio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 227
sara elisa stangalino – nicola Badolato, Epicuro all’opera! . . » 255
Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 289