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Convegno Internazionale
Commentare Dante oggi
Sotto l‟Alto patrocinio dell‟Ambasciatore d‟Italia, Sua Eccellenza Maria Assunta Accili
e del Ministro di Human Resources (EMMI) dell‟Ungheria, Zoltán Balog
Sotto il Patrocinio del Magnifico Rettore Barna Mezey, Università ELTE (Budapest)
del Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali (Ravenna)
e della Società Dantesca Italiana (Firenze)
27, 28 e 29 novembre 2014, Budapest
Università ELTE di Budapest – Istituto Italiano di Cultura di Budapest
Comitato organizzativo: János Kelemen, József Nagy, Judit Nahóczky, Norbert Mátyus,
Endre Szkárosi
Ambasciatore della Repubblica Italiana Rettore dell‟ELTE Ministro di Human Resources
(EMMI) dell‟Ungheria
Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali Società Dantesca Italiana Istituto Italiano di Cultura
Budapest
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PROGRAMMA
27 novembre (giovedì)
Aula “Pázmány”/Edificio “Gólyavár”
Università ELTE, Facoltà di Lettere, Múzeum Krt. 4
Mattina (9.00 – 13.15)
9.00 – 10.00: Registrazione
10.00 – 10.30: Inaugurazione
Indirizzo di saluto di Sua Eccellenza, Maria Assunta Accili,
Ambasciatore della Repubblica Italiana
e del professor Tamás Dezső,
Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell‟Università ELTE
János Kelemen, Norbert Mátyus: Dieci anni della Società Dantesca Ungherese
10.30 – 13.15:
Sezione I. Aspetti della poetica dantesca
Presiede Endre Szkárosi
10.30 – 11.10: József Pál: Parola e rima nel concetto di poesia di Dante
11.10 – 11.40: Pascaline Nicou: La poetica dell‟ineffabile nel Paradiso di Dante
11.40 – 11.50: Discussione
11.50 – 12.00: Pausa
12.00 – 12.30: Chiara Cappuccio: La costruzione del discorso musicale dantesco
12.30– 13.00: Kornélia Horváth: Poesia e prosa, epopea e romanzo (Vita Nuova, Commedia)
13.00 – 13.15: Discussione
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13.15 – 15.00: Pranzo
Pomeriggio (15.00 – 18.45)
15.00 – 16.45:
Sezione II. Approcci ermeneutici all’opera dantesca
Presiede Norbert Mátyus
15.00 – 15.30: Cécile Le Lay: «Baldezza e leggiadria» (Paradiso XXXII, 109): come
interpretare la risposta di Bernardo all‟ultima domanda di Dante?
15.30 – 16.00: Giampaolo Salvi: Postille al «forse cui» (Inferno X 63)
16.00 – 16.30: Paola Ureni: Stupor mentis: dalla patologia di Vanni Fucci alle esperienze
purgatoriali e paradisiache
16.00 – 16.15: Discussione
16.15 – 17.00: Pausa
17.00 – 18.45
Sezione III. Senso e intertesto
Presiede Magdalena Wrana
17.00 – 17.30: Morana Cale: «Udrete co‟ vostri orecchi e non intenderete» (Mt 13,14): «udite
il ragionar ch'è nel mio core» (Rime LXXIX, 2)
17.30 – 18.00: Eszter Draskóczy: Miti ovidiani del viaggio nella Commedia: figure ovidiane
che diventano figure dantesche
18.00 – 18.30: József Nagy: Il motivo del sogno nella Divina Commedia
18.30 – 18.45: Discussione
19:00: Ricevimento
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28 novembre (venerdì)
Istituto Italiano di Cultura di Budapest, Bródy S. u. 8
Mattina (8.45 – 11.45)
8.45
Indirizzi di saluto della Dott.ssa Gina Giannotti,
Direttore dell‟Istituto Italiano di Cultura di Budapest
9.00 – 11.45
Sezione IV. Esplicare, commentare e interpretare. Problemi metodologici
Presiede Maria Teresa Maślanka-Soro
9.00 – 9.40: Massimo Verdicchio: Il commento alla Commedia tra esposizione ed
interpretazione
9.40 – 10.10: Luisa Ferretti-Cuomo – Elisabetta Tonello: L‟edizione e il commento della
Commedia. Progetti in corso
10.10 – 10.20: Discussione
10.20 – 10.30: Pausa
10.30 – 11.00: Béla Hoffmann: Problemi testuali nel canto XXVII dell‟Inferno dantesco
11.00 – 11.30: Magdalena Wrana: Dante latinizzato: traduzioni latine come una forma
particolare di commento alla Commedia
11.30 – 11.45: Discussione
11.45 – 13.30: Pranzo
Pomeriggio (13.30 – 19.00)
13.30 – 16.45
Sezione V. Dante filosofo
Presiede Massimo Verdicchio
13.30 – 14.00: János Kelemen: Comprendere, sapere e credere: l‟epistemologia dell‟atto di
fede in Dante
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14.00 – 14.30: Tibor Szabó: Un approccio possibile a Dante: Gramsci
14.30 – 15.00: Maria Teresa Maślanka-Soro: Il “vero” innamoramento di Matelda e la
“falsa” memoria di Dante nel Paradiso Terrestre
15.00 – 15.15: Pausa
15.15 – 15.45: Márton Kaposi: Il problema dell‟intellectus possibilis nella Monarchia di
Dante
15.45 – 16.15: Márk Berényi: Influssi averroistici nel pensiero di Dante Alighieri
16.15 – 16.30: Discussione
16.30 – 16.45: Pausa
16.45 – 19.00
Sezione VI. Studi comparativi danteschi
Presiede József Pál
16.45 – 17.15: Júlia Csantavéri: La Divina Commedia come riferimento-base nella
formazione dell‟immagine pasoliniana di Roma
17.15 – 17.45: Denise Ardesi: «L‟ombre du Mantuan»: Dante e Guy Le Fèvre de La Boderie
17.45 – 18.15: Daniela Neves: Avanti nel tempo, avanti nello spazio: il riferimento dantesco
nell‟opera di un modernista brasiliano
18.15 – 18.45: Ylar Ploom: Tra spazio fisico e mentale: su alcune immagini spaziali nella
Commedia di Dante
18.45 – 19.00: Discussione
19.00: Ricevimento
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29 novembre (sabato)
Sala Consiliare del Decano (Aula 39)/Edificio “A”
Università ELTE, Facoltà di Lettere, Múzeum Krt. 4
Mattina (9.30 – 11.45)
9.30 – 11.45
Sezione VII. Politica, etica e diritto nell’opera dell’Alighieri
Presiede József Nagy
9.30 – 10.10: Claudia Di Fonzo: La visio e il somnium: tra diritto, politica e letteratura
10.10 – 10.40: Imre Madarász: Motivi “premonitori” nel canto XXVI dell‟Inferno
10.40 – 11.10: Kristóf Hajnóczi: La “Monarchia Dantis” in the sixteenth century
11.10 – 11.30: Discussione
11.30 – 11.45: Pausa
11.45 – 12.00: Chiusura dei lavori
13.00: Cocktail
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ABSTRACTS
Ardesi, Denise (Dottoranda, CESR, Université François Rabelais de Tours – Sta
preparando una tesi, sotto la direzione della professoressa Marie-Luce Demonet, col titolo
«Edizione critica del De L‟Enfamentement de la Vierge scritto da Guy Le Fèvre de La
Boderie». Laureata in linguistica e didattica in lingue straniere [Francese e Russo] a Verona,
proseguiva con gli studi alla Scuola Normale di Lione, dove ha ottenuto la laurea specialistica
in letteratura francese. Ha acquisito una seconda laurea specialisica in studi cinquecentisti al
CESR a Tours. Parallelamente ha studiato anche l‟ebraico e ha intrapreso studi musicali
presso il conservatorio di Tours, inoltre ha approfondito le proprie conoscenze dei linguaggi
informatici per editare in linea manoscritti e incunabili. Nelle proprie ricerche i temi centrali
sono: la poesia del Rinascimento, la traduzione [francese, italiano, latino], i rapporti che
intercorrono fra l‟Italia e la Francia, le eterodossie e dissidenze religiose, la cabbala ebraica e
cristiana, la storia delle donne. Ha participato a numerosi convegni, tra cui il prestigioso 60th
annual meeting della RSA che si svolse a New York. Nel tema della profezia femminile ha
organizzato all‟università di Tours una giornata di studi sulle «Donne profetesse in Europa» e
un convegno sulle «Donne tra eresia e profezia». Tra le publicazioni è da accennare l‟articolo
sulla «Conceptio per aurem: la sessualità nascosta dell‟orecchio» [in corso di stampa])
«L’ombreduMantuan»: Dante e Guy Le Fèvre de La Boderie
Guy Le Fèvre de La Boderie (1541-1598), poeta e traduttore del re di Francia, è un fervente
umanista che traduce e incorpora nella sua produzione poetica i maggiori esponenti
dell‟umanesimo italiano. L‟oggetto della nostra communicazione sarà l‟analisi dell‟empatia
che s‟instaura tra Dante Alighieri e Guy Le Fèvre de la Boderie. Inanzitutto vedremo come
Guy Le Fèvre de La Boderie aborda le opere di Dante, analizzando le strategie traduttive
impiegate, mettendole in relazione al contesto storico della seconda metà del Cinquecento.
Proseguiremo la communicazione esaminando gli Hymnes Ecclesiastiques (1578). Vedremo
come Le Fèvre riprendendo il XXXIII canto del Paradiso della Divina Commedia possa
giustificare la sua visione cabbalistica cristiana dell‟unione mistica. Infine studieremo come la
visione (neoplatonica) della Vergine Marie descritta da La Boderie in La Galliade (1578) sia
una translatio studii della figura femminile di Beatrice. La nostra comunicazione si propone,
quindi, d‟analizzare il rapporto esistente tra Dante e Guy Le Fèvre de La Boderie che si basa
non solo sulla traduzione testuale, ma su un‟interiorizzazione ed una rielaborazione
neoplatonica della filosofia e delle tematiche dantesche.
Berényi, Márk (Dottorando, Università ELTE di Budapest – Dopo aver conseguito la
maturità scientifica presso l‟Istituto Paritario Caterina Volpicelli di Roma, si è iscritto alla
facoltà di lettere dell‟Università ELTE dove ha ottenuto la laurea in Lettere Medievali nel
2012, e quello in pedagogia come insegnante liceale di lingua italiana e francese nel 2014. Nel
2012 ha iniziato gli studi presso la Scuola di Dottorato in Studi Letterari con un argomento di
ricerca che verte sulla concezione etica di Dante. I suoi principali campi di ricerca sono gli
studi danteschi e la letteratura toscana medievale con particolare attenzione allo stil novo.
Membro della Società Dantesca Ungherese, autore di articoli e saggi in materia dantesca e
partecipe a convegni nazionali ed internazionali, come il convegno „L‟Italia e la cultura
europea” organizzata presso l‟Università Jagellonica di Cracovia. Ha insegnato lingua italiana
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e francese presso licei di Budapest ed è stato insegnante incaricato presso il dipartimento di
italianistica dell‟ELTE)
Influssi averroistici nel pensiero di Dante Alighieri
L‟intervento si pone l‟obiettivo di presentare e di analizzare gli influssi averroistici nel
pensiero filosofico di Dante Alighieri. Dopo una presentazione schematica della filosofia del
pensatore arabo, intendo soffermarmi su cosa sia stata in occidente, nel corso del XIII e del
XIV secolo, la corrente filosofica chiamata “averroismo“ e cosa Dante abbia inserito di essa
nel proprio pensiero. Nel corso dell‟intervento presenterò quelle citazioni dantesche che
sembrano derivare da pensieri averroistici cercando di rintracciare la fonte precisa da cui essa
ha origine. Infine vorrei soffermarmi sul rapporto che Averroè propone come ideale tra
filosofia e teologia e, analogamente, tra ragione e fede per poi, seguendo le orme di Bruno
Nardi e Michele Barbi, giungere all‟impatto che quest‟idea averroistica ebbe sulla concezione
del rapporto ideale tra Impero e Papato in Dante.
Brambilla, Simona (Ricercatrice confermata di Filologia italiana, Università Cattolica
del Sacro Cuore, Milano – Dal settembre 2003 insegna Filologia italiana presso il Corso di
Laurea Triennale della Facoltà di Lettere e Filosofia. Si è occupata soprattutto di
volgarizzamenti dai classici [in particolare il "Somnium Scipionis" di Cicerone], della
tradizione manoscritta delle opere di Dante e di Petrarca [anche attraverso la schedatura e la
descrizione di fondi manoscritti], della storia della filologia italiana tra Settecento e
Ottocento, in particolare in ambito milanese [ha recentemente pubblicato in volume il corpus
delle postille di Vincenzo Monti e Giulio Perticari al "Dittamondo" di Fazio degli Uberti;
Pisa: ETS, 2011] e della letteratura mercantile medievale [ha pubblicato di recente anche un
volume di Lettere di religiosi al mercante pratese Francesco Datini, morto nel 1410, edito dal
Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale per gli Archivi, nel 2010].
Attualmente è impegnata nell'edizione critica delle "Chiose Selmi alla Commedia" entro
il progetto di Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi e, in collaborazione con il Prof.
Jérome Hayez [Università della Sorbona], nell'edizione critica dello "Zibaldone" di Francesco
Bentaccordi, un fiorentino residente ad Avignone nei primi decenni del Quattrocento)
Dante sull’internet [Contributo per gli Atti]
Cale, Morana (Ordinaria di letteratura italiana presso il Dipartimento di Italianistica
della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Zagabria – Ha pubblicato sei libri di
studi comparatistici in croato, tra questi accenniamo: Demiurg nad tuđim djelom.
Intertekstualnost u romanima Umberta Eca [Demiurgo sull‟opera altrui. Intertestualità nei
romanzi di U. Eco], Zagreb, 1993; Theoria in fabula. Romani Umberta Eca [Theoria in
fabula. I romanzi di U. Eco], Zagreb, 2012. È autrice di diversi saggi di teoria e critica
letteraria [su Manganelli, Eco, Croce, Goldoni, Pirandello, D‟Annunzio, Saba, Tommaseo,
Dante, Petrarca, Verne] pubblicati in Austria, Bulgaria, Croazia, Francia, Germania, Gran
Bretagna, Italia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia e Ungheria. Ha collaborato alla cura di
tre volumi di atti [Sulla traduzione letteraria italiano-croata e croato italiana, Zagreb, 1996;
I mari di Niccolò Tommaseo e altri mari, Zagreb, 2004; Il doppio nella lingua e nella
letteratura italiana, Zagreb, 2008]. Ha tradotto Barthes, Buzzati, Calvino, Compagnon, Eco,
Goldoni, Pirandello, Saba, Verne)
«Udrete co’ vostri orecchi e non intenderete» (Mt 13,14): «udite il ragionar ch'è nel mio
core» (Rime LXXIX, 2)
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Un persistente per quanto marginale filone della critica dantesca si è adoperato, fino ai tempi
più recenti, a scovare i supposti sensi di una «dottrina» recondita «sotto 'l velame de li versi
strani» (Inf. IX 62 e 63), finendo per identificarla, di volta in volta, con gli ipotetici
programmi politici e anticlericali, con i presunti messaggi mistico-esoterici o con le censurate
confessioni erotiche dell'autore. Confutati a torto o a ragione dai difensori dei «diritti del
testo» (Eco) a nome di un'ermeneutica neoilluministica, tali tentativi di penetrare nel «vero»
avvolto dal «velame» del testo condividono dunque con i propri detrattori l'idea di un nucleo
semantico, più o meno preciso e voluto dall'autore (o dal testo personificato), da decifrare
spogliandone la veste retorica. Infatti, la difficoltà di intendere enunciati e la natura segreta
del senso poetico, i vari aspetti della cosiddetta «ineffabilità» e le limitazioni dell'intelletto di
fronte alla lettura dei messaggi, le contraddizioni e contestazioni reciproche fra i singoli
componimenti, la selezione dei destinatari e l'insistenza sui rapporti intricati fra l'“anima” e il
“corpo” del testo antropomorfizzato, sono problemi autoreferenzialmente ribaditi da tante fra
le rime dantesche ed ampiamente trattati dal Convivio. Il contributo si propone di esaminare la
possibilità che la «dottrina» sottesa alle Rime – una dottrina tutt'altro che univoca circa la
prospettiva di una decifrabilità definitiva della scrittura – giustifichi un'interpretazione che la
faccia vertere piuttosto sulla condizione della fruibilità del testo letterario che non
(esclusivamente) intorno a contenuti ideologici o metafisici, permettendoci di abbozzare
un'antropologia dantesca del testo letterario, eccezionale e tuttavia congrua con il sincretismo
filosofico-teologico che contraddistingue il suo orizzonte culturale. Tale tesi sarà verificata su
una rilettura di Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete nella rete dei suoi rimandi testuali.
Cappuccio, Chiara (Universidad Complutense de Madrid [UCM] – Laureata
all‟Università Federico II di Napoli in Lettere Moderne e Dottore di ricerca in Teoria della
Letteratura Comparata presso l‟Universitat Autonoma de Barcelona, con tesi su Dante diretta
da Francisco Rico e Rossend Arqués. Ricercatrice di Lingua e Letteratura Italiana presso il
Dipartimento di Filologia Italiana dell‟UCM, si occupa principalmente di poesia medievale
italiana e dei suoi rapporti col sapere musicale del tempo. Fa parte delle due società dantesche
spagnole, l‟Asosiación Complutense de Dantologia e la Societat Catalana d‟Estudis
Dantescos ed è nel comitato scientifico della rivista spagnola di recente creazione «Dante e
l‟arte». Ha pubblicato diversi articoli sui rapporti tra la letteratura medievale italiana e
romanza e la musica nelle riviste accademiche italiane e spagnole, tra cui si segnala il
seguente volume: „De sono humano in sermone‟. Lessico e idee musicali nella letteratura
italiana medievale. Napoli: Editoriale Scientifica, 2014)
La costruzione del discorso musicale dantesco
Gli studi musicologici e storico musicali sull'opera dantesca hanno tradizionalmente
privilegiato gli aspetti relativi alla ricostruzione di una possibile formazione e competenza
musicale dell'autore. Proponiamo, invece, un'interpretazione che consideri il discorso
musicale dantesco come parte strutturale e strutturante della poetica dell'opera grazie alla cui
interpretazione si può accedere a quei livelli di significazione plurima programmaticamente
fondanti la scrittura e la retorica della Commedia.
Csantavéri, Júlia: (Ricercatrice, dal 1999 al 2011 ha insegnato storia del cinema al
Dipartimento di Teoria e Storia del Cinema dell'Istituto di Ricerca di Teoria dell'Arte e dei
Media dell'Università ELTE di Budapest – Si è laureata in lingua e letteratura ungherese e
italiana nel 1976 all‟ELTE. Dal 1980 ha cominciato a pubblicare articoli e saggi sul cinema e
a tradurre testi in questo campo. Ha collaborato anche nel lavoro redazionale di varie riviste
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cinematografiche. Dal 1989 al 2011 ho lavorato nel dipartimento di cinema della Televisione
Ungherese [MTV]. Il suo campo di ricerca principale è il neorealismo italiano e l‟opera
pasoliniana nei suoi aspetti letterari e cinematografici. Tra l‟altro ha curato con altri l‟edizione
ungherese delle Teorie di cinema di Francesco Casetti e dell‟Empirismo eretico di Pier Paolo
Pasolini di cui ha anche tradotto la parte Cinema)
La Divina Commedia come riferimento-base nella formazione dell’immagine pasoliniana
di Roma
In questa relazione si intende analizzare il modo in cui la ricezione pasoliniana di Dante si è
approfondita in seguito all‟arrivo di PPP a Roma, inoltre il modo in cui tale relazione viva ha
definito il rapporto di Pasolini – anche a livello stilistico – con gli abitanti delle borgate
romane. L‟obiettivo di tale analisi è di mostrare in che misura la nuova concezione realistica
di Pasolini si poggia sull‟esempio di Dante e sul sistema del mondo poetico creato
dall‟Alighieri. Al centro dell‟indagine sta il volume pasoliniano – di genere misto – Alì dagli
occhi azzurri, pubblicato nel 1965, ma con alcuni pezzi composti ancora tra il 1950 e il 1965,
che in tal modo rendono possibile lo studio del processo creativo-artistico. Sotto quest‟aspetto
sono particolarmente importanti i frammenti, gli abbozzi e i progetti contenuti nel volume, tra
questi La Mortaccia, che è la prima sperimentazione pasoliniana per „riscrivere” la
Commedia. Per quanto riguarda il volume intero, esso costituisce un‟„opera aperta” dal quale
diverse strade conducono ai romanzi e ai film realizzati da Pasolini nello stesso periodo.
Infine, partendo dai testi dei tre copioni realizzati in forma di film – Accattone, Mamma
Roma, La ricotta – nell‟intervento si analizza anche il funzionamento del modello dantesco
(interpretato da Pasolini) nell‟ambito dell‟espressione cinematografica, ovviamente ben
diversa da quella letteraria.
Di Fonzo, Claudia (Prof. aggregato di Diritto e Letteratura all‟Università di Trento)
La visio e il somnium: tra diritto, politica e letteratura
La Commedia, compimento e scaturigine di un genere: dalla visione al sogno all‟utopia.
La „visione” di Dante attinge alla tradizione delle discese nell‟aldilà, nekuiai greche e latine,
come pure a quella congerie di testi che l‟Ozanam considerò il fiore della „odissea
monastica”, ovvero le visioni dell‟aldilà da Beda a Giovanni di Saltrey. Rimane tuttavia da
considerare un‟altra serie di testi di visione che hanno avuto una connotazione squisitamente
politica, classici e medioevali, ai quali Dante ha attinto o che dopo Dante sono diventati un
genere. A quella congerie vogliamo riferirci per illustrare meglio l‟istanza etico-politica della
Commedia e il suo impatto sulla storia letteraria della tradizione europea occidentale.
Draskóczy, Eszter (Ricercatrice, Dipartimento d‟Italianistica, Università di Szeged –
Si è laureata in Letteratura Ungherese e in Italianistica all‟Università ELTE di Budapest. Ha
fatto un dottorato di ricerca in Italianistica presso l‟Università di Szeged in cotutela con
l‟Università di Bologna scrivendo la propria tesi sulle metamorfosi e allusioni ovidiane in
Dante. La discussione della sua dissertazione PhD intitolata Metamorfosi, allusioni ovidiane e
strutture antitetiche nella Commedia di Dante ha avuto luogo nel settembre del 2014. Ha
tenuto corsi di letteratura italiana all‟Università di Szeged, e di letteratura ungherese presso
l‟Università di Padova e l‟Università di Udine nell‟anno accademico 2013-2014. Ha
partecipato – in qualità di relatore – a numerosi convegni internazionali, è autrice di vari studi
danteschi. È co-curatrice dell‟edizione ungherese de La persuasione e la rettorica di C.
Michelstaedter [traduzione in ungherese di Éva Ördögh: A meggyőződés és a retorika, 2013])
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Miti ovidiani del viaggio nella Commedia: figure ovidiane che diventano figure dantesche
Lo scopo della mia relazione è di prendere in esame tre tipologie dei viaggiatori ovidiani che
assumono importanza figurale nell‟opera dantesca. I viaggiatori che si librano nell‟aria –
Fetonte e Icaro – nella Commedia e già nei testi di Ovidio fungono da monito. Mentre Dedalo
avrà un ruolo più complesso, di alter ego poetico per Ovidio e un modello positivo
dell‟imitazione per Dante. I grandi viaggiatori del mare – Ulisse e Giasone – vengono
menzionati ed evocati in diversi contesti all‟interno della Commedia: il lettore per la prima
volta incontra entrambi nelle Malebolge: il loro peccato è prima di tutto l'inganno. Eppure non
si consolidano come exempla di peccatori, ma ritornano più volte nelle opere dantesche, e le
loro virtù e le loro gesta trovano contesto anche nei canti paradisiaci. Giasone, che
nell'Inferno viene punito per le sue seduzioni, nel Paradiso diviene il simbolo del viaggio per
mare coronato da successo e del compimento di un'impresa sovrumana. La formulazione
retorica dell‟episodio dell‟Ulisse dantesco e il suo carattere metamorfico mostrano l‟influenza
della narrazione ovidiana. La terza tipologia dei viaggiatori è quella dei discendenti negli
inferi. Orfeo è un complesso precursore mitologico del pellegrino della Commedia, sebbene il
viaggiatore tracio venga menzionato poche volte nell‟opera dantesca. La peculiarità della
figura di Orfeo è data dal fatto che è al tempo stesso un poeta e un uomo che discende negli
inferi, e in questa sua qualità costituisce l'unico precedente mitologico greco-romano del
Dante-personaggio. La critica dantesca, che ha già individuato una serie di influssi
macrotestuali della storia di Orfeo alla narrazione dantesca, non si è occupato specificamente
della differenza tra il modello ovidiano e quello presente in altri autori. L‟Orfeo di Ovidio non
costituisce soltanto il modello della poesia sovraumana – come anche in Virgilio – ma anche
il modello dell‟amore terreno che si compie nell‟aldilà (nel caso di Dante, infatti, si sublima),
sottolineando proprio quei due elementi che diventano i principali motivi danteschi nella
Commedia.
Ferretti Cuomo, Luisa (Professor emeritus, Università ebraica di Gerusalemme – Si è
laureata in Lettere a Bologna nel 1963, anno in cui si è trasferita in Israele. Nel 1966 ha
iniziato ad insegnare nel Dipartimento di Lingua e Letteratura Italiana dell‟Università ebraica
di Gerusalemme, dove ha conseguito il titolo di Ph.D, con una tesi su Le glosse volgari dell‟
„Arukh di r. Natan ben Jechi‟èl da Roma (secolo XII). Nel 1987 ha ottenuto la posizione di
professore incaricato e nel 1998 quella di professore di ruolo. Ha diretto il Dipartimento di
Lingua e Letteratura Italiana e di Filologia Romanza dal 1981 al 2008, anno in cui è andata in
pensione. I suoi campi di maggior interesse sono la storia della lingua italiana, e la letteratura
medievale, con particolare interesse per Dante. Oltre a decine di articoli, ha pubblicato due
volumi: Una traduzione giudeo-romanesca del libro di Giona, Tübingen: Niemeyer, 1988,
pp.I-IX, 1-153; Anatomia di un‟immagine (Inferno 2.127-132 - Saggio di Lessicologia e di
Semantica strutturale), New York: Peter Lang, 1994, pp.I-IX, 1-200. Sta ora completando un
commento alla Divina Commedia – un 2000 pagine complessive – che uscirà in Italia)
L’edizione e il commento della Commedia. Progetti in corso
[Relazione condivisa con Elisabetta Tonello]
Nell'ultimo decennio, a seguito dell'edizione critica della Commedia di Federico Sanguineti e
del valido lavoro critico portato avanti anche fuori d'Italia, sono apparsi non pochi nuovi
commenti dell'opera, alcuni portati a termine, altri in cantiere. In particolare si sono segnalati i
commenti in inglese di Hollander, e quello di Darling e Martinez, che coprono le tre cantiche,
quello in italiano di Inglese per l'Inferno e il Purgatorio, e quello di Bellomo per l'Inferno. Da
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parte mia ho recentemente pubblicato un ampio commento dell'Inferno in ebraico, per i miei
studenti dell'Università ebraica di Gerusalemme. Mi sono trovata quindi nella necessità di
spiegare in maniera precisa un testo difficile, traducendolo in una lingua non indo-europea,
che non permette approssimazioni o larghi spettri semantici sulla base di uno strato comune di
lingue di cultura, come permettono non solo le lingue romanze ma anche quelle germaniche, e
in larga misura l'inglese. La mia attenzione si è rivolta quindi subito in particolare al livello
storico-linguistico del testo, sia dal punto di vista lessicale che da quello sintattico. Era solo
naturale che in questo lavoro mi incontrassi con il valido team di Paolo Trovato, che, come
Elisabetta Tonelli vi dice, sta lavorando intensamente per la constitutio di un testo che
promette novità euristiche per la storia della trasmissione e della recezione immediata della
Commedia. Il mio commento in italiano, che copre tutte e tre le cantiche, è ormai in via di
raffinamento, e attende il testo costituito per la sua redazione definitiva: il suo punto di vista,
che lo rende diverso dagli ottimi commenti recenti, è l'attenzione dedicata proprio all'aspetto
linguistico. Servendosi degli ottimi strumenti lessicografici e linguistici in rete, intende
collocare la lingua del testo all'interno della situazione linguistica complessiva dei volgari
italiani fra XIII e XIV secolo: lingua documentaria, lirica, narrativa, omelitica, trattatistica
hanno spesso forme che sono prevalenti nel loro ambito e si potrà constatare materialmente
come Dante le mescoli, le innovi, le recuperi dal latino, e le inventi in questa sua
spregiudicata opera che ha posto veramente le basi della lingua italiana a venire.
The edition and commentary of Comedy. Ongoing projects
[Lecture with Elisabetta Tonello]
During the last years the writing of new commentaries of the Commedia has sensibly im-
proved. The new edition of Federico Sanguineti and the results of the research in countries of
English language stimulated a revision of the overall interpretation of the text, as a new as-
sessment of the history of its transmission. Particularly oustanding are the Hollander's and
Durling-Martinez's commentaries in English, which cover the three canticas. Inglese has pro-
vided us with a revision of the Petrocchi's Vulgata and its commentary in Italian, for the In-
ferno and for the Purgatorio, while Bellomo produced recently an innovative Italian commen-
tary of the Inferno. I myself published in the last year a very large commentary of the Inferno
in Hebrew, for my students of The Hebrew University of Jerusalem. The translation of the
text in a non Indo-European language was a very difficult task, because it doesn't allow those
rough or large semantically spectrums which not only the romance languages but also the
Germanic ones allow, and especially English, because of the common cultural language layer.
That's why my attention was dedicated especially to the historical linguistic aspect, from a
lexical as well as a syntactic point of view.
It was only natural that my work brought me to meet the Paolo Trovato's team, which, as Eli-
sabetta Tonelli told you, is working to the constitution of a text wich is promising euristic
innovations in the history of the text immediat reception and transmission. My italian com-
mentary, which is roughly completed for the three canticas, and waits the constituted text for
its refinement, adopted a linguistic point of view, which differs it from other commentaries.
Using the excellent lexicographical and sintatical instruments on line, it aims to place the text
language in the frame of the Italian volgari between the 13nth
and 14nth
centuries: documents,
lyrics, narratives, homilies and treatises have often their own particular linguistic uses; the
reader will be able to verify how Dante mixes them, renew, recapture from Latin, invents, in
this unbiased work of him, which firmed up the basis of the Italian to come.
13
Hajnóczi, Kristóf (Dottorando, Università ELTE di Budapest; Lettore di italiano
presso il Lettorato delle Lingue Straniere dell‟Università Calvinista Gáspár Károli di
Budapest)
La „Monarchia Dantis” nel Cinquecento
The sixteenth century was an interesting time from the point of view of the luck of the works
of Dante Alighieri. Following the framework that more than one hundred twenty years ago
Michele Barbi has traced at least as far as the works in the vernacular, while on the one hand
Pietro Bembo in Padua not only rises to the language model and together literary poetry of
Petrarch (and, we might add, not the Commedia or maybe the minor works in verse of Dante),
but also expressed severe criticism of the sacred poem – in Florence the respect for their great
exile at the beginning of the sixteenth century does not seem changed compared to previous
periods: comments are born to different cantos of the Commedia as one of Castelvetro and
manuscripts of Dante begin to be objects of research as the classics of antiquity. The
Monarchia has had a bit different story from the vernacular works of Dante. Barbi in his work
of four hundred pages devotes two pages there. The latin text, under the ecclesiastical ban for
almost two centuries, it seems, does not arouse much curiosity from the part of the humanists
of late fifteenth, early sixteenth century. Apart from the involvement of Marsilio Ficino,
however, remained mostly without significant echoes in that period, there is a great silence.
The situation changed in the mid-sixteenth century. The reorganization of ecclesiastical
institutions in defense of the orthodox Catholic faith, as first compilation of various regional
lists of books for now discouraged or prohibited by reading marks the beginning of a different
era especially compared to the two previous decades, years in which, on the contrary, first in
Venice, but also in smaller cities such as Ferrara, Modena or were printed many works of
heterodox matrix. The first attempts to compile such lists, the first and the second Mlilano in
Venice by the Apostolic Nuncio to the Republic of Venice, Msgr. Giovanni Della Casa, focus
almost exclusively on the works of dubious origin or heterodox obvious matrix Protestant,
recently released. Thus, in the Catalogo of Della Casa in 1549 there is not any reference to
works previously already condemned by the Church, such as the Monarchia of Dante. The
Florentine list however, at the end of 1552, lists among the works to avoid the "Monarchia
Dantis," ban that will be repeated in the list of Venice of 1554 and will have a further
confirmation in the Roman Index in 1559, in the latter place with a brief explanation. The first
printed edition of the Monarchia was released in October 1559 in Basel, work of Johann
Oporinus, even not as an independent work, but in the appendix, with three other texts, titled
De formula Romani Imperii Libellus by Andrea Alciato. So in Florence in 1552 was banned a
manuscript text yet. This manuscript, however, has disappeared as a result, so it seems
according to research by Gian Paolo Renello, prior to the new edition of Dante to the next
anniversary of the Florentine poet. To draw attention to the appearance in the various lists of
banned books of Dante's Pier Paolo Vergerio (1498-1565), recently deposed bishop of
Capodistria, which in the same period in 1550 in his Swiss exile tries to fight the Catholic
Church, inventing the genre of "controindici" or "corrected indexes", correcting, completing
and reviewing the Catholic lists always personally. When, at the end of the proceedings of the
Council of Trent Roman exits the central list of banned books in his response Vergerio does
not leave without words that the Monarchia of Dante is always present in. But not only. We
do not know, what was his role in bringing the manuscript to prevent Basel, which is based
not only on the edtio princeps but also the conteporary German version by Heroldt, nor how
the otherIstrian, Matja Vlacic, latinized as Flacius Illiricus (1520-1575), one of the closest
associates of Martin Luther, has entered into possession, if not through his friend Vergerius,
14
of Dante‟s work, for use it in his Catalogus testium veritatis (1566), a turning point in the
history of the european reception of the Monarchia, while convinced that the author was
another Dante, a friend of Poliziano.
Hoffmann, Béla (Professor emeritus, Università dell‟Ungheria Occidentale,
Università Cattolica Péter Pázmány – Studioso e docente di storia della letteratura italiana, è
autore di numerosi saggi e tre libri sulla letteratura italiana del Medioevo, dell‟Ottocento e del
Novecento. Tra i suoi interessi spiccano le letture della Commedia dantesca, le problematiche
letterarie ed interpretative connesse alle opere di Petrarca, Leopardi, Verga, Landolfi,
Palazzeschi, Calvino e di altri, e più in generale le questioni di teoria letteraria relative ai
generi, alla parola poetica, all‟eredità dei grandi teorici del formalismo russo, della poetica
strutturalistica, della semiotica e dell‟ermeneutica letteraria. Nell‟ultimo decennio la sua
attenzione è incentrata soprattutto sull‟opera dantesca, interpretandone e commentandone i
canti della Commedia)
Problemi testuali nel canto XXVII dell’Inferno dantesco
Nella mia conferenza cerco di offrire una lettura interpretativa del Canto, nel corso della quale
vengono messe in risalto le caratteristiche sintattiche della struttura narrativa che non di rado
si trovano in sintonia, sia dal punto di vista della forma, che della modalità, con il cosiddetto
Canto di Ulisse. Si richiama l‟attenzione su una rima speciale che si costituisce tra le parole
„lo ‟ngegno affreno ch‟i‟ non soglio”, proferite da Dante narratore nel Canto precedente, e le
parole dal cherubino dette a questo stesso proposito, che a loro volta formano una „cornice”
entro cui può esser inserita una possibile interpretazione del Canto. Viene inoltre sottolineato
lo spostamento di significato che i sintagmi „lebbre”,”parole ebbre” e „febbre” hanno nella
coscienza del personaggio di Montefeltro e in quella del narratore Montefeltro, nonché la loro
posizione di rima, creata da Dante narratore, grazie a cui i sintagmi vengono innalzati al
livello linguistico metaforico dell‟organizzazione testuale, contribuendo alla realizzazione di
un nuovo significato: la lebbra, nel senso ormai allegorico, contagia il papa (febbre) che
pronuncia le parole ebbre (hybris) con cui egli infetta il mondo cristiano. Le parole sarcastiche
del cherubino si riferiscono alla falsa logica del pensiero di Guido da Montefeltro: alludono al
fatto che egli fornisca al papa il consiglio fraudolento non tanto sotto l‟influsso di una
minaccia, quanto piuttosto per la promessa della tranquillizzante assoluzione preliminare. Ciò
spiega la sorpresa che coglie il consigliere alle parole dell‟angelo: Guido parla davvero del
„quare” e non del „perché” della sua avventura, cercando di deresponsabilizzarsi, accentuando
la responsabilità del papa e presentando se stesso come una vittima del pontefice. Si
analizzano inoltre i due paragoni, come analogie preliminari del caso di Guido: l‟analogia
Constantino-Silvestro non solo si proietta sul rapporto tra Bonifacio VIII e Guido, ma lo
interpreta anche nel senso inverso, mentre nell‟analogia Perillo-Falaride, che funziona come
testo speculare nei confronti di Guido-Bonifacio, viene fissato il giudizio di Dante narratore,
che discende dalla osservazione per cui „e ciò fu dritto”, riferita a Guido stesso, la cui figura
si attaglia a quella di Perillo. Le analogie, dunque, non rimangono immagini esteriori alla
vicenda di Guido, bensì ci offrono una chiave sia per l‟interpretazione del Canto che per la
valutazione di questo personaggio.
Horváth, Kornélia (Docente abilitato dell‟Università Cattolica Péter Pázmány
[Piliscsaba-Budapest, Ungheria] e dell‟Università János Selye [Komárno, Slovacchia] presso i
Dipartimenti di Lingua e Letteratura Ungherese – Si è laureata in lingua e letteratura
ungherese e russa nel 1994 e in lingua e letteratura italiana nel 1996 all‟Università ELTE di
Budapest. Dal dicembre del 2013 è direttrice della Scuola di Dottorato in lingua e letteratura
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ungherese all‟Università János Selye. I suoi campi di ricerca sono: la letteratura ungherese del
Novecento e quella contemporanea; teoria letteraria, soprattutto la teoria della lirica e del
verso; la letteratura russa e italiana dell‟Ottocento. Negli ultimi anni ha pubblicato anche
saggi su Dante e su Boccaccio in lingua ungherese e italiana. I suoi volumi: Tűhegyen.
Versértelmezések a későmodernség magyar lírája köréből [Sulla punta d‟ago. Interpretazioni
di poesie liriche della tarda modernità ungherese], Budapest: Krónika Nova, 1999; A versről,
[Sulla poesia lirica], Budapest: Kijárat, 2006; Irodalom, retorika, poétika [Letteratura,
retorica, poetica], Budapest: EditioPrinceps, 2009; Verselméleti tradíció és a modern magyar
líra. Ritmus és interpretáció kérdéseiről [La tradizione della teoria del verso e la moderna
poesia ungherese. Sulle questioni del ritmo e dell‟interpretazione], Budapest: Ráció, 2012;
Petri György költői nyelvéről. Poétikai monográfia [Sul linguaggio poetico di György Petri.
Monografia poetica], Budapest: Ráció, 2012)
Poesia e prosa, epopea e romanzo. Questioni di forma e di genere in connessione alla
Vita nuova e la Commedia
Nell‟intervento si analizza da un approccio teorico-letterario la rilevanza di due opere
dantesche per il lettore contemporaneo. Si intende trattare in parte di una problematica poetica
(la questione della forma e del genere testuali, inoltre il loro rapporto) e in parte di una
problematica filosofica – conseguente da quella precedente – (la „visione del mondo” e
l‟immagine dell‟uomo nei generi dell‟epopea e del romanzo), esaminando anche alcuni aspetti
della storia di questi generi letterari. La base teoretica della conferenza è costituita dalla teoria
del romanzo di Lukács – con particolare riguardo ai capitoli sul rapporto tra epopea e
romanzo e sulla forma interna del romanzto –, inoltre da alcuni studi di Bahtin – in particolare
il suo volume intitolato L‟epopea e il romanzo –. Non potranno mancare dalla presente
relazione i riferimenti ai lavori di V. Strada (la comparazione delle teorie di Bahtin e Lukács),
di J. Tinanov (il problema del linguaggio poetico), di B. Croce e di P. Ricoeur (estetica
letteraria e teoria del genere letterario), inoltre agli studi danteschi di O. Mandelstam, di J.
Kelemen e di B. Hoffmann.
Kaposi, Márton (Professor emeritus del Dipartimento di Filosofia antica e medievale,
Università ELTE di Budapest – Si è laureato all‟Università di Szeged in lingua e letteratura
italiana e ungherese, in seguito all‟Università ELTE di Budapest in filosofia. Fu caporedattore
della rivista letteraria Tiszatáj, docente del Filozófiai Továbbképző Intézet [Istituto di
qualifica professionale di filosofia], poi professore associato del Dipartimento di filosofia
antica e medievale dell‟Università ELTE. Attualmente svolge la propria attività d‟insegnante
a livello postgraduale. Ha compilato un‟antologia della filosofia di Benedetto Croce: A
szellem filozófiája. Válogatott írások [La filosofia dello spirito. Scritti scelti, 1987]; ha
pubblicato una monografia su Croce: Hagyomány és modernség Benedetto Croce
eszmevilágában [Tradizione e modernità in B. Croce, 2012]. Ha pubblicato circa duecento
saggi (in ungherese, in italiano, in inglese e in tedesco) sui pensatori del Rinascimento
[Bonfini, Ficino, Pico della Mirandola, Bruno] e del Novecento [L. Pareyson, L. Fülep],
inoltre sulla fortuna di Dante e di Machiavelli in Ungheria. I suoi ulteriori volumi principali
sono: Intuíció és költészet. Benedetto Croce esztétikája [Intuizione e poesia. L‟estetica di B.
Croce, 1994]; Filozófusok és filológusok [Filosofi e filologhi, su B. Croce, G. Lukács, e J.
Koltay-Kastner, 1999]; A rejtőzködő egyén arca és álarcai [Il volto vero e il volto mascherato
della persona latitante, 2004]; Élő középkor és halhatatlan reneszánsz [Medioevo vivo e
Rinascimento immortale, 2006]; Magyarok és olaszok az európai kultúrában [Ungheresi e
italiani nella cultura europea, 2007])
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Il problema dell’intellectus possibilis nella Monarchia di Dante
Il concetto aristotelico dell‟intelletto agente (nous poieitikos) è stato interpretato da Averroe
in modo da rilevare ancora di più che la capacità formativa di questa variante dell‟intelletto
può essere estesa all‟attività pratica (prattein), e in tal modo alle diverse forme organizzative
della società, tra queste anche alla determinazione delle forme dello stato. Dante utilizza come
principio esplicativo l‟intellectus possibilis (come una derivazione dell‟intelletto agente) –
oltre per il fatto che si tratta di una caratteristica universale del genere umano –, da una parte
perchè esso contiene una conoscenza reale, basata sulla percezione, e in tal modo serve da
guida per la formazione della società in base a delle possibilità realizzabili, dall‟altra parte
perchè esso – per la realizzazione delle possibilità riconosciute – esige la partecipazione attiva
di tutti gli uomini. Utilizzando, dunque, l‟intellectus possibilis da argomento filosofico, Dante
– in forma indiretta – argomenta a favore della tesi secondo la quale l‟impero secolare-
universale e la pace assicurata da essa sono ontologicamente fondati, ma senza la
collaborazione di una vasta parte dell‟umanità non sono realizzabili. E nonostante la felicità
terrena con tali caratteristiche ha un valore minore rispetto alla beatitudine celeste (mortalis
ista felicitas quodammodo ad immortalem felicitatem ordinetur), lo stesso vale la pena di
impegnarci per la felicità terrena.
Kelemen, János (Filosofo. Professore emerito dell‟ELTE, membro dell‟Accademia
delle Scienze dell‟Ungheria. Presidente della Società Dantesca Ungherese e membro onorario
della Società Dantesca Italiana. Ex direttore dell‟Accademia d‟Ungheria in Roma. Ha
pubblicato, in Ungheria, Italia e negli Stati Uniti, una ventina di monografie e raccolte di
saggi su problemi della filosofia del linguaggio e dell‟opera di autori come, fra l‟altro,
Benedetto Croce, Dante e G. E. Moore. Il suo ultimo libro: The Rationalism of Georg Lukács,
Palgrave – Macmillan, New York, 2014.)
Comprensione, conoscenza e fede in Dante. (L’epistemologia dell’atto di fede in Dante)
Partendo da una classificazione schematica degli atti linguistici che esprimono diversi gradi e
tipi di impegno epistemologico, vengono contraddistinti gli usi principali del verbo “credere”:
“credere che”, “credere qualcosa”, “credere in”, “credere a”, contrapponendo ad essi il
“sapere” che non ha gradazioni corripondenti. Alle versioni esaminate del “credere”
corrispondono grosso modo le attitudini epistemologiche come opinione, credenza, fede,
“scienza” o sapere. In base a tale analisi viene esaminato come si rispecchiano questi fatti
logico-linguistici in San Tommaso e Dante. Per chiarire le posizioni di Dante viene proposta
un‟analisi testuale dei luoghi più rilevanti dei canti XVIII-XIX e XXIV del Paradiso.
Le Lay, Cécile (Professoressa Associata [Maître de conférences] in Lingua, letteratura
e cultura italiana all‟Université Jean Moulin-Lyon 3 – Dopo una tesi di dottorato discussa
all‟Université Sorbonne Nouvelle-Paris 3 nel novembre 2003 [tesi intitolata Le droit et la
justice dans la poésie italienne du XIIIe siècle: Guittone d‟Arezzo et Jacopone da Todi],
Cécile Le Lay è stata assunta come Professoressa Associata in Lingua, letteratura e cultura
italiana dall‟Université Jean Moulin-Lyon 3 nel 2005. Membro del centro di ricerca in
letteratura italiana medievale di Paris 3 [CERLIM] per 15 anni, ha partecipato ai seminari di
ricerca e pubblicato diversi articoli sulla rivista del centro, Arzanà. Dal 2011 è stata accolta
come membro titolare in una vasta unità di ricerca interdisciplinare della zona di Lione [UMR
5648-CIHAM: Histoire, Archéologie, Littératures des mondes chrétiens et musulmans
médiévaux], e dal 2013 ha dato inizio all‟organizzazione di una giornata annuale di studi
interdisciplinari danteschi a Lione [terza edizione prevista per il 2015], portando
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parallelamente a termine un ampio studio sulla figura della Madonna nella Commedia, col
quale ha conseguito a Lyon 3 il diploma di HDR nel dicembre 2013. Sta preparando la
pubblicazione della sua monografia su Dante)
«Baldezza e leggiadria» (Paradiso XXXII, 109): come interpretare la risposta di
Bernardo all’ultima domanda di Dante?
Baldezza e leggiadria sono i due termini estremamente pregnanti – e perciò difficili da
interpretare e tradurre – che segnano l‟inizio della risposta di Bernardo a quella che sarà di
fatto l‟ultima domanda espressa dal personaggio Dante: «Qual è quell‟angel che con tanto
gioco / guarda negli occhi la nostra Regina, / innamorato sì che par di foco?» (Par. XXXII,
103-105). Tale risposta conclude quella che Stefanini individua come terza e ultima
mariofania della Commedia, che si svolge in cima alla Rosa dei Beati come la seconda (la
prima era avvenuta nel Cielo delle Stelle fisse). Con l‟aiuto prezioso del DDP, ripercorrere le
spiegazioni date a questi termini nei commenti fatti lungo i secoli è diventato ormai
facilmente accessibile. Questo primo strumento può permettere di stabilire un elenco, dal
quale scegliere gli elementi più significativi per formulare una nuova proposta. Ma sul piano
etimologico, per esempio, quella di Pézard che ci sembra la spiegazione più dettagliata non è
stata inclusa nel DDP, mentre costituisce un punto di riferimento importante grazie ai suoi
rinvii precisi alla lirica cortese antica (francese e provenzale), e al rimando a uno studio
specifico di F. Montanari sulla Canzone della leggiadria (quindi al di fuori delle pur
indispensabili Lecturae Dantis tradizionali). Grazie al DDP, si può invece risalire all‟origine
di certe osservazioni utili, certamente legate al contesto culturale (storico, geografico e
linguistico), come l‟insistenza di Benvenuto da Imola sul significato sia spirituale sia
corporale della coppia di termini («baldezza e leggiadria, dat intelligi spiritualia et
corporalia»), oppure l‟attenzione alla patrologia introdotta da un anglosassone come John S.
Carroll (1904), che associa baldezza (tradotta boldness) con il significato attribuito al nome
Gabriele dal Bernardo storico e da Gregorio Magno: «Fortitudo Dei». Oltre però alle
difficoltà di comprensione sottolineate dai diversi commenti per ognuna di queste due parole,
l‟osservazione conclusiva di Pézard ci sembra sintomatica di un altro ordine di difficoltà: «Il
est curieux de voir Dante, vers la fin du Paradis, revenir au vocabulaire des troubadours et
dicitori d‟amore» [È strano vedere che Dante, verso la fine del Paradiso, torna al vocabolario
dei trovatori e dicitori d‟amore]. In realtà, se i commenti non fanno emergere la ragione
fondamentale della scelta lessicale di Dante per la risposta di Bernardo, dobbiamo pure
constatare che quasi nessuno ha colto l‟importanza della domanda alla quale viene risposto
con così tanta cura: sembra finta (Scartazzini) o inutile (Momigliano), e il protagonista
darebbe addirittura «prova di scarsissima sagacia» (Stefanini), visto che si sa già «Qual‟è
quell‟angelo». Ci troviamo di fronte ai limiti inerenti al commento stesso, poiché per
definizione esso cerca di dare una spiegazione verso dopo verso, con l‟aiuto di letture spesso
estese alla lunghezza di un solo canto. Il nostro contributo poggerà invece su una ipotesi di
interpretazione complessiva (all‟insegna del Vistas in retrospect di Singleton), per cogliere la
pertinenza della risposta di Bernardo («littera et spiritus »): rimettendo a fuoco il percorso
conoscitivo (intellettivo, affettivo e sensitivo) di Dante, personaggio e poeta, la cui ultima
domanda focalizza un punto di scoperta risolutivo.
Madarász, Imre (Docente abilitato, Dipartimento d‟Italianistica dell‟Università di
Debrecen – Nel 1993 ha organizzato e da allora ha diretto fino al 2011 all‟Università
di Debrecen il Dipartimento d‟Italianistica. Nel 1998 ha ottenuto il titolo di "dr. habil" delle
scienze letterarie. Ha pubblicato 20 libri sulla letteratura italiana, fra i quali una Storia della
letteratura italiana [1993] uscita in 6 edizioni, e una monografia su Vittorio Alfieri [2004].
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Ha curato l'edizione di più di 130 volumi, fra i quali le traduzioni di quasi 60 opere classiche
della letteratura italiana e 4 collane di autori classici. È il redattore dell'annuario Italianistica
Debreceniensis. Fino ad oggi ha più di 1500 pubblicazioni. Ha tenuto relazioni in più di 260
convegni nazionali ed internazionali in tutti gli atenei ungheresi, in varie università italiane e
in vari Paesi europei. Ha ottenuto numerosi premi riconoscimenti in Ungheria [per es. il
Széchenyi Professzori Ösztöndíj]. Nel 2002 è stato insignito dell'onorificienza di Cavaliere
dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente della Repubblica Italiana, Carlo
Azeglio Ciampi per i suoi meriti nel campo dell'italianistica)
Motivi „premonitori” nel canto XXVI dell’Inferno
Nell‟intervento si tenterà di mettere in evidenza – con l‟approccio della „Lectura Dantis” e
dello „studio di un fenomeno particolare” in senso metodologico – un caratte fondamentale
dei canti della Commedia, e allo stesso tempo uno dei problemi importanti riguardanti
l‟interpretazione di essi. I singoli „canti” della Divina Commedia formano delle unità
organiche anche quando apparentemente sono divisibili a più sotto-unità, si svolgono in
luoghi diversi (per mezzo di „trasferimenti”), ecc. La „parte principale” del canto d‟Ulisse è
identificata dalla tradizione della dantistica, appunto, nelle parole d‟Ulisse, per mezzo di una
logica (apparentemente) così evidente, che numerose analisi – focalizzandosi sulle parole in
questione – trascurano o sottovalutano le parti anteriori di questo „canto”. In realtà la parte
testuale antecedente accennata, per quanto riguarda la propria struttura, la propria
collocazione in un contesto peculiare e con l‟uso di determinati termini linguistici mostra una
sequenza talmente rilevante di motivi „premonitori” che questa risulta d‟essere d‟importanza-
chiave dal punto di vista dell‟interpretazione della stessa „orazion picciola”. La conferenza,
dunque, cercherà di dare un resoconto ampio di questi motivi, prendendo in considerazione –
oltre il testo dantesco originale – anche le traduzioni poetiche ungheresi (fedeli, per quanto
riguarda anche la forma poetica) di M. Babits e di F. Baranyi.
Marchesi, Valentina Barbara (Dottoranda, Università Cattolica del Sacro Cuore,
Milano)
«Chi fuor li maggior tui?». Poesia e diritto nella Commedia da Bernardo e Pietro Bembo
[Contributo per gli Atti]
Grazie agli studi degli ultimi decenni (con il filone di studi inaugurato da Nella Giannetto nel
1985), Bernardo Bembo è apparso sempre più quale il primo e vero iniziatore del figlio Pietro
agli studi filologici e umanistici. Formatosi negli studi di diritto, Bernardo Bembo diventa ben
presto cultore di lettere e arti, indagatore finissimo e attento del patrimonio degli autori
classici così come di quello della letteratura volgare del Tre e del primo Quattrocento È dal
padre Bernardo che il giovane Pietro – già in giovanissima età – matura uno spirito di lettura
originale e rivoluzionaria dell‟opera di Dante: spirito, questo, che lo porterà all‟alba del XVI
secolo a concepire per la Commedia una nuova vita e, con Aldo Manuzio, un nuovo testo. Il
culto di Bernardo per Dante è argomento in larga parte noto: meno note, al contrario, sono le
note di commento alla Commedia che Bernardo affida ad alcuni manoscritti volgari e latini,
oggi conservati a Londra. Il pensiero di Dante e la poesia della Commedia si mostrano così a
Bernardo quali sintesi tra legge e lettere, tra storia del diritto e storia della poesia italiana. Per
questo tramite si finisce per tracciare, almeno in ipotesi, una storia di Pietro (e di Bernardo)
Bembo lettore di Dante, nell‟arco cronologico che va dalla fine del Quattrocento alla teoria di
un classicismo volgare, che – attraverso la rinnovata edizione del poema con Aldo Manuzio –
avrà poi nelle Rime e nelle Prose della volgar lingua il suo punto di approdo, in bilico tra
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l‟omaggio alla Commedia e l‟idea di uno stile che parzialmente rifiuta, o accantona, l‟opera
dell‟Alighieri.
Maślanka-Soro, Maria Teresa (Professore a pieno titolo all‟Università Jagellonica di
Cracovia in Italianistica [Dipartimento di Filologie Romanze] – Campi di ricerca: dantologia,
tragedia greca e italiana, tradizione letteraria classica nella letteratura medievale e
rinascimentale. Principali monografie: La formula del pathei mathos in Eschilo e la sua crisi
in Sofocle [Cracovia, 1991]; Il tragico nella Commedia di Dante [Cracovia, 2005; seconda
edizione: 2010]; Edizione della Divina Commedia in polacco [2004]; La tradizione dell‟epica
classica in Dante [in corso di stampa])
Il “vero” innamoramento di Matelda e la “falsa” memoria di Dante nel Paradiso
Terrestre
La relazione e‟ incentrata sul problema – fondamentale in tutta la Commedia – della dialettica
falso/ vero, in riferimento alla figura enigmatica di Matelda e la visione di lei da parte di
Dante pellegrino. Si cerchera‟ anche di rispondere alla domanda, perche‟ lui, che dovrebbe
essere gia‟ libero da ogni passione terrena, rischia (o no?) di trasformarsi in un nuovo Plutone,
Leandro o Adone e che ruolo in tutto questo svolge la memoria letteraria di Dante
personaggio e il “dialogo” emulativo di Dante autore con Ovidio, optimus magister
transformationum e il cantore dell‟aurea aetas.
Nagy, József (Ricercatore, Dipartimento d‟Italianistica, Università ELTE di Budapest
– Attualmente svolge le proprie ricerche con l‟appoggio della borsa di studio postdottorale
János Bolyai. È il segretario della Società Dantesca Ungherese, co-redattore e co-autore della
rivista Quaderni Danteschi. È autore di una monografia [del 2003] su G.B. Vico. I suoi campi
di ricerca principali riguardano: la filosofia politica di Dante e la ricezione dell‟Alighieri; la
teoria storico-filosofica di Vico, la letteratura italiana del Seicento e del Settecento; teorie del
contratto sociale (Th. Hobbes); la teoria dell‟arte e la concezione etico-politica di B. Croce e
di G. Gentile; il romanzo italiano del Novecento [Pirandello; Svevo; Calvino; P. Levi; Eco])
Il motivo del sogno nella Divina Commedia
Nella Commedia si trovano diversi episodi connessi a sogni e visioni mistiche, che – nel
contesto in cui appaiono – hanno sempre una precisa funzione rivelatrice e pedagogica. Nella
presente relazione darò un breve resoconto analitico su alcuni di questi episodi
(focalizzandomi sulla scena del sogno descritta in Purgatorio IX 1-33), in ogni singolo caso
cercando di fornire una spiegazione adeguata alla scelta di Dante per comunicare una certa
tesi per mezzo di tale descrizione.
Neves, Daniela (Visiting professor and lecturer of the Brazilian Embassy at the Uni-
versity ELTE of Budapest – She taught for several years at the Pontifical Catholic University
of Minas Gerais [Brazil], where she also gained her Doctor degree in Literatures of Portu-
guese Language [2006]. In Brazil she has worked in several other institutions as a professor,
as a developer and a director of the Communication Sciences-course at the Catholic Universi-
ty [Campus Arcos]. She lived in Rome in 2004 as a PhD-researcher at the University La Sa-
pienza, and also spent a month at the University of Lisbon, in 2003, besides working as a
translator and interpreter in Washington D.C., from 2006 to 2010. Her focus is the Brazilian
and Lusophone Literature from the 20th Century, she also wrote about contemporary litera-
ture and comparative studies. Author of the book “Murilo Mendes: o poeta das Metamorfos-
20
es” [2001], besides essays and book chapters, she has published in 2014 the book – edited
with Ferenc Pál – “A recepção do Brasil na Hungria”. Among the upcoming books there is a
translation of an essay in Italian, “L‟oscuro mito” de Nullo Minissi, and an analysis of the
Brazilian poet Murilo Mendes from the perspective of an acclaimed Italian scholar and writer)
Avanti nel tempo, avanti nello spazio: il riferimento dantesco nella opera di un
modernista brasiliano
Il poeta Murilo Mendes è, al presente, considerato uno dei pilastri della poesia brasiliana e ha
vissuto grande parte della sua vita in Italia . L'immersione nella cultura, arte e letteratura
italiane è stata uma scelta cosciente dal poeta, che ha avuto il suo apice letterario durante il
periodo romano, in una ricca collaborazione con esponenti della poesia e dell'arte italiana. Il
poeta aveva un rapporto complesso con la sua generazione di poeti compatriotti, soprattutto
per accettare il passato letterario universale, ed anche una paradossale associazione con la
religione cattolica. Presenta in sua poesia una intertestualità fruttuosa con la opera di Dante
Alighieri e con i suoi precetti . Visto dal poeta brasiliano come punto e contrappunto della
poesia stessa, e del passato e futuro del uomo, Dante appare molte volte nella opera di Murilo
Mendes come punto di riferimento per la forma, estetica e poetica di tempi diversi. Prendendo
l'opera dantesca, lui offre dichiarazioni controversi e stabilisce paralleli con altri poeti
modernisti, come Charles Baudelaire. A punto cerchiamo di esporre e analizzare le relazioni
ed i concetti, concisi e profondi allo stesso tempo, proposti da Murilo, accogliendo Dante
Alighieri come un nocciolo della poesia, e sua poetica come diramazioni permanenti.
Nicou, Pascaline (È affiliata al CELEC EA 3069, Centro di ricerca pluridisciplinare
dell‟Università Jean Monnet – Ha fatto gli studi alla Sorbonne Nouvelle e ha dato l‟agrégation
prima di dedicarsi alla tesi di dottorato che ha ottenuto nel 2004. Dopo 3 anni di insegnamento
a Tours e due a Rennes, insegna da 10 anni all‟Università Jean Monnet di St Etienne. Fa corsi
di letteratura medievale per gli studenti che vogliono insegnare: Dante, Boccaccio, Petrarca, e
autori del Cinquecento come l‟Ariosto. Insegna anche grammatica storica, civiltà del
medioevo e traduzione. La sua tesi verteva sulla poetica del meraviglioso in Boiardo
[L‟inamoramento de Orlando] e osservava i procedimenti di riscrittura di Dante, Petrarca e
Boccacio ma anche dei classici Ovidio, Virgilio, Lucano. Più generalmente si interessa di
riscrittura e di traduzione, di fenomeni stilistici [per esempio l‟iperbole di Boiardo], e del
concetto di meraviglia. Attualmente svolge una ricerca sulle traduzioni cinquecentesche del
Boiardo in Spagna, Francia e Inghilterra, per rivelare come hanno trasmesso lo stile
plurilingue del Boiardo. Ha seguito diversi seminari di traduzione in Francia, come quello di
Jean Charles Vegliante, che ha tradotto la Commedia di Dante. Ha tradotto quattro romanzi di
Gianni Celati, e sta traducendo l‟Inamoramento de Orlando e i Tarocchi del Boiardo. Si
interessa di Dante in quanto modello di pluristilismo per Boiardo e altri)
La poetica dell’ineffabile nel Paradiso di Dante
Nel Paradiso più ancora che nelle altre cantiche, siamo nel regno dell‟ineffabile : Par. I, 4-12
«vidi cose che ridire/né sa né può chi di là su discende». Come restituire «l‟ombra del beato
regno/segnata nel mio capo» Par, I, 24? Proveremo a mostrare come Dante ci trasmette
l‟ineffabile attraverso le immagini, metafore, analogie (dei beati «Quali per vetri trasparenti e
tersi/ o ver per acque nitide e tranquille,/ non si profonde che i fondi sien persi,/ tornan de
nostri visi le postille/ debili si, che perla in bianca fronte/non vien men forte a le nostre
pupille» III, 10-15) o creando uno spettacolo di suoni e luci, facendo apparire i beati secondo
una gradazione di luci e di figure geometriche (musica, luce e giochi di luce nella luce,
21
movimento, linee geometriche). Soprattutto le metafore saranno analizzate per vedere come
passa dall‟astratto al concreto, per renderci visibile quello che non si può perché Dante si
affida alle immagini : il mai visto del paradiso si dice attraverso il già visto della terra. Per
esempio VIII, 16-21 «E come in fiamma favilla si vede,/E come in voce voce si discerne…» o
ancora l‟analogia della corona di anime nell‟immagine della luce sopra la luna quando è
umido ( X, 67-69). Potremo analizzare anche le manifestazioni di impotenza da parte del
narratore per vedere che anche queste permettono di raggiungere lo scopo previsto («Oh
quanto è corto il dire e come fioco /al mio concetto!» XXIII, 121-122, in cui il ritmo serve il
discorso). Nel peggior dei casi, diventa un narratore muto, immagine regressiva del bambino
che non sa parlare, balbetta, anticipa Par XXXIII «Omai sarà più corta favella,/pur a quel
ch‟io ricordo, che d‟un fante/che bagni ancor la lingua alla mammela» (vv. 106 e seguenti). Ci
sono vuoti descrittivi, per esempio Par. XXIII Dante non può più evocare la bellezza di
Beatrice : «E così, figurando il paradiso, /Convien saltar lo sacrato poema, /Come chi trova
suo cammin riciso» (vv. 61 e seguenti). O ancora la famosa formula della fine: «All‟alta
fantasia qui mancò possa». Per controbilanciare questo, c‟è il ritmo del testo e la metamorfosi
del linguaggio inventivo, con i neologismi che dicono l‟interiorizzazione o la dissociazione
(per esempio immegliarsi, indovarsi, internarsi o al contrario dislegarsi, dilibrarsi). Di fronte
alla difficoltà d‟espressione o l‟impossibilità di rivivere con la memoria, soccorre la forza
della poesia, la potenza verbale. Il paragone non è mai gratuito, produce senso, non è un
ornatus della retorica classica, in Dante le immagini sono necessarie, l‟immagine dipinge il
reale, lo articola secondo rapporti nuovi.
Pál, József (Direttore del Dipartimento d‟Italianistica dell‟Università di Szeged,
Dottore dell‟Accademia Ungherese delle Scienze – 1995-1998: Direttore scientifico
dell‟Accademia d‟Ungheria in Roma; 1998-2000: Sottosegretario di Stato, Ministero della
Cultura; 2001-: Presidente del Consiglio Dottorale della Facoltà di Lettere dell‟Università di
Szeged; 2004-: Console onorario della Repubblica Italiana; 2011-: Prorettore dell‟Universitá
degli Studi di Szeged. Membro di varie associazioni e commissioni scientifiche internazionali
[Association Internationale de Littérature Comparée] e ungheresi [Accademia Ungherese
delle Scienze, Accreditazione nazionale]. Redattore capo della rivista “Neohelicon: Acta
Comparationis Litterarum Universarum” – Rivista Internazionale di Studi Letterari [in
inglese, francese, tedesco e italiano], Amsterdam-Budapest. Opere scelte: Il simbolismo
tipologico e linguistico della Commedia di Dante, Szeged: JATEPress, 1997 [in ungherese];
Santo Stefano Rotondo a Roma. Storia, architettura, storia dell‟arte, Wiesbaden: Reichert
Verlag, 2000 [Herausgegeben von Hugo Brandenburg und József Pál; in italiano e tedesco];
Dante: Commedia. Budapest Biblioteca Universitaria Codex Italicus 1. I: riproduzione
fotografica, II: Studi e ricerche [a c. di G.P. Marchi e J. Pál], Verona: SiZ, 2006; Dante. Szó,
szimbólum, realizmus a középkorban. Budapest: Akadémiai, 2009)
Parola e rima nel concetto di poesia di Dante
Dante voleva rendere evidente il triplice dovere della poesia elaborato da Sant‟Agostino
(doceat, delectet, flectat) in un ambito spirituale nel quale i criteri scientifici sostituivano
l‟ideale cavalleresco e l‟eroismo e, poi, in cui l‟esigenza dell‟estensione dei valori culturali ad
un ampio pubblico era sempre più forte. Vale a dire, il ruolo della comunicazione è
radicalmente cambiato e tendeva verso la soddisfazione di criteri pratici, diminuendo
l‟importanza delle considerazioni metafisiche. Le ambizioni dantesche si concetravano sul
rendere chiaro il vero che è nascosto (l‟aldilà), l!eloquenza (quoniam vera sunt, manifestata
delectant)) e a muovere l‟uomo verso la buona direzione. L‟espressione umana nel suo tempo,
per principio, è incapace di raggiungere questa mèta, perchè dai tempi antichissimi non c‟è
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omologia tra le sostanze delle cose e la forma della locuzione. Il processo della creazione del
nuovo ed adeguato linguaggio sarà una nuova nominatio rerum. Ma non in presenza di Dio,
bensì in quella di Beatrice e su ispirazione di Amore. Quest‟ultimo garantisce l‟oggettività o
la realtà (perchè è trascendente) di tutti gli elementi linguistici e poetici.
Ploom, Ülar (Professore associato di letteratura e cultura italiana presso l‟Università di
Tallinn – Ha pubblicato la traduzione commentata del Secretum di Petrarca con un saggio
introduttivo [Tallinn: Hortus Litterarum, 1995], la monografia Quest and fulfilment in 13th
century Italian love-lyric [Tallinn: Aleksandra, 2000], i commenti alla prima completa
traduzione estone dell‟Inferno con la prefazione all‟intera opera dantesca [Tallinn: Eesti Keele
Sihtasutus e Tallinna Ülikooli Kirjastus, 2011], e saggi su Dante, Petrarca, Dino Campana,
Calvino, Eco, Magris nonché su problemi di critica letteraria e traduttologia. Ha tradotto in
estone saggi ed opere letterarie italiane [Petrarca, Calvino, Eco, Bassani, Moravia, ecc.]. Nel
2013 ha organizzato il Convegno internazionale “Dante‟s Rhetoric of Space(s) &
Contemporary Dante Studies” all‟ Università di Tallinn. Sta attualmente curando la
pubblicazione del Purgatorio e traducendo il Paradiso. Ha pubblicato tre raccolte di poesie)
Tra spazio fisico e mentale: su alcune immagini spaziali nella Commedia di Dante
Nella visione del mondo dell‟uomo medievale, il reale e l‟ideale si mescolano in modo
proprio affascinante. Secondo gli studiosi, sarebbero i mercanti a mettere la base per una
nuova concezione del tempo e dello spazio (cf L‟uomo medievale, a cura di J. Le Goff,
specialmente il capitolo „Il mercante“ di A. Gurevich). Eppure anche il Milione del famoso
mercante e viaggiatore Marco Polo dimostra come questo processo non sia scontato: accanto
alle descrizioni realistiche si offrono tantissime informazioni mitiche, basate piuttosto sul
comune bagalio culturale tardo-medievale, non sullo studio empirico. In rispetto a Marco
Polo, Dante è un viaggiatore piuttosto in mente che in spazio fisico. Basta leggere Quaestio de
aqua et de terra (1320) per capire come Dante, anche nel suo trattato scientifico, spieghi i
problemi spaziali in chiave triplice: quella fisico-naturale che si basa sull‟osservazione
empirica (nella vena aristotelica), quella geometrica che si basa sulla conoscenza teorica, e
quella teologica che parte dalle necessità divine. Gli stessi principi conoscitivi determinano la
costruzione spaziale anche nella Commedia, dove lo spazio esterno acquista diversi valori
secondo la sua percezione dalla mente conoscitiva. In questa relazione si analizzano alcuni
immagini spaziali proprio in questo paradigma.
Salvi, Giampaolo (Direttore del Dipartimento d‟Italianistica dell‟Università ELTE di
Budapest – Insegna all‟Università ELTE dal 1980, dal 2002 in qualità di professore ordinario.
Dal 1981 al 1999 ha insegnato anche presso il Dipartimento di Portoghese (diretto da lui dal
1995 al 1997). Dal 1997 dirige il Dipartimento d‟Italianistica. Dal 2001 al 2005 è stato
direttore dell‟Istituto di Lingue e Letterature Romanze dell‟ELTE. Dal 1994 dirige il Corso di
dottorato in Linguistica Romanza. Dal 2005 è membro della Commissione di Linguistica
dell‟Accademia Ungherese delle Scienze. Tra le sue numerose opere di linguistica –
d‟importanza internazionale – qui si accennano solo due progetti. Dal 1988 al 1995 ha diretto,
con Lorenzo Renzi, la Grande Grammatica Italiana di Consultazione; sempre con Lorenzo
Renzi ha diretto dal 1996 al 2010 il progetto della Grammatica dell‟Italiano Antico,
pubblicata nel 2010. Nel 2013 ha ricevuto il Premio Galileo Galilei, e nello stesso anno è stato
eletto membro corrispondente straniero dell‟Accademia della Crusca)
Postille al forse cui (If X 63)
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Il contributo riesamina dal punto di vista linguistico il problema interpretativo della frase
relativa riferita all‟oggetto del „disdegno” di Guido (If X 63). Nonostante affermazioni in
contrario emerse nella letteratura recente sul problema, si sostiene che in base ad argomenti
puramente linguistici non è possibile decidere tra l‟interpretazione tradizionale (secondo cui la
frase relativa va riferita a Virgilio) e l‟interpretazione moderna, oggi più generalmente
accettata (secondo cui la frase relativa va riferita a Beatrice).
Szabó, Tibor (Professore ordinario dell'Università di Szeged – Autore di vari libri e
articoli sulla filosofia, sulla cultura e sulla letteratura italiana, fra cui è da ricordare:
Megkezdett öröklét. Dante a XX. századi Magyarországon [2004]. Fu titolare della Cattedra di
Scienze Sociali Applicate all‟Università di Szeged e a quella di Scienze Politiche
all‟Universitá di Debrecen. Fu professore invitato all‟Istituto Italiano per gli Studi Filosofici
[Napoli] e all‟École des Hautes Études en Sciences Sociales [Parigi]. Ha ricevuto il Premio
Dante Alighieri dell‟Accademia Casentinese [1997] e il Premio Flaiano per l'italianistica
[2004])
Un approccio possibile a Dante: Gramsci
Uno dei temi principali „für ewig” che nei Quaderni del carcere Gramsci voleva studiare è il
ruolo storico-sociale degli intellettuali italiani. In questo contesto cominciò a elaborare –
anche se in note sparse – un quadro complessivo sul poeta fiorentino. Aveva acquisito dal
noto dantista dell‟epoca, Umberto Cosmo (all‟Università di Torino), un‟interpretazione
singolare di Dante e faceva anche ulteriori ricerche sull‟argomento. Per quanto riguarda La
Divina Commedia Gramsci si concentra sul Canto X dell‟Inferno. Si servì di alcune
affermazioni di De Sanctis e di Croce, ma secondo lui in questo canto Dante mise l‟accento
non solo ai dolori di Farinata, ma anche – e in ugual misura – a quelli di Cavalcante che perde
suo figlio. Oltre il canto X dell‟Inferno, Gramsci fece delle osservazioni sulla dottrina politica
laica di Dante e anche sul ruolo del „volgare illustre” nella formazione di un‟unità nazionale
tanto bramata da lui. Dunque, Gramsci cerca di dare un approccio possibile a Dante „che è
veramente una transizione: c‟è l‟affermazione di laicismo, ma ancora col linguaggio
medioevale”.
Tonello, Elisabetta (Docente a contratto presso l‟università e.campus e assegnista e
contrattista presso l‟Università degli studi di Ferrara – Lavora al progetto di edizione critica
della Commedia di Dante, coordinato dal Prof. Paolo Trovato. Ha ottenuto la laurea triennale
presso l‟Università di Ferrara nel 2006 con una tesi sulle slave narratives, la laurea magistrale
presso l‟Università di Padova [2008] con una tesi su Guido Gozzano, da cui è stato tratto un
articolo pubblicato nel “Giornale storico della letteratura italiana”. Ha conseguito il dottorato
di ricerca presso l‟Università di Ferrara, con una tesi di filologia dantesca. Ha collaborato con
il progetto di ricerca di interesse nazionale [PRIN] “Verso una nuova edizione critica della
Commedia”, nel cui ambito ha svolto e svolge ricerche in Inghilterra, Francia, Germania e
Spagna. Ha svolto attività di tutorato per l‟università di Ferrara e ha redatto alcune voci del
Vocabolario della Crusca. Tra le sue pubblicazioni, che interessano principalmente la storia
della tradizione del testo della Commedia e i problemi di prassi ecdotica ad essa connessi, ma
anche le opere di Boccaccio e Monteverdi: La tradizione settentrionale della Commedia, in
Atti dell‟XI Congresso SILFI [Napoli 5-7 ottobre 2010] a cura di P. Bianchi, N. de Blasi, C.
De Caprio, F. Montuori, Franco Cesati editore, pp.265-272; Contaminazione di lezione e
contaminazione per giustapposizione di esemplari nella tradizione della Commedia [con P.
Trovato], in “Filologia italiana”, 8, 2011, pp.21-33; La tradizione e il testo del carme Ytalie
iam certus honos di Giovanni Boccaccio [con S. Bertelli, L. Fiorentini, P. Trovato], in “Studi
24
sul Boccaccio”, XLI, 2013; Nuove prospettive sulla tradizione della Commedia, Seconda
serie [Studi 2008-2013] a cura di E. Tonello e P. Trovato, libreriauniversitaria.it, 2013)
L’edizione e il commento della Commedia. Progetti in corso
[Relazione condivisa con Luisa Ferretti Cuomo]
Il commento di un‟opera deve poggiare su un testo criticamente stabilito e dunque affidabile.
La Commedia di Dante, uno dei massimi capolavori della letteratura italiana, si legge su un
testo critico fissato dall‟edizione del 1966-67 di Petrocchi. Da allora la ricerca e lo studio
filologico intorno al poema hanno conosciuto una battuta d‟arresto quasi totale. Tuttavia il
lavoro di Petrocchi era ben lungi dall‟essere definitivo: si trattava infatti di un‟edizione con
grandi limiti metodologici che consistevano principalmente nell‟individuazione dell‟archetipo
e nella scelta del testimoniale (solo 27 mss. sui circa 550 totali). Solo nel 2001, con l‟edizione
di Federico Sanguineti basata sulla collazione per luoghi dell‟intero testimoniale, la ricerca ha
ricevuto un nuovo impulso e molte questioni metodologiche e pratiche si sono riaperte. Anche
in questo caso però il risultato sul testo non può dirsi definitivo; si è rivelato piuttosto essere
una continiana “ipotesi di lavoro” a causa dell‟eliminatio eterodossa operata su quasi tutto il
materiale esistente e basata su pochi errori critici, inadeguati per un testo inquinato e
contaminato come quello della Commedia.
L‟équipe alla quale collaboro, guidata dal Professor Paolo Trovato, ha condotto in questi anni
ricerche e indagini che hanno portato a una conoscenza approfondita dell‟intera tradizione,
compresa quella Tre e Quattrocentesca, finora rimasta in ombra. Per la prima volta sono state
raccolte le collazioni sul canone di loci del Barbi di tutti i testimoni della Commedia non
frammentari. Gli studi sul materiale raccolto hanno prodotto importanti avanzamenti e
assolute novità sia per lo studio della Commedia sia per la disciplina filologica in quanto le
ingenti proporzioni del testimoniale si prestano a farne un campo d‟indagine statistico di
assoluto rilievo estendibile a tutte le tradizioni sovrabbondanti. Il volume uscito nel 2013,
Nuove Prospettive sulla tradizione della Commedia II serie, a cura di chi scrive e del
Professor Trovato costituisce un passaggio intermedio tra l‟avvio del progetto e i relativi
primi frutti e la sua piena realizzazione. Ora che la seconda fase, della sistemazione
stemmatica del testimoniale, si avvia a conclusione è possibile trarre un bilancio delle
metodologie applicate, tra le quali alcune assolutamente innovative, prima di passare
all‟imminente constitutio del testo corredato dal commento della Professoressa Ferretti
Cuomo.
The edition and commentary of Comedy. Ongoing projects
[Lecture with Luisa Ferretti Cuomo]
The comment of a work must be based on a text that has been critically established and is
therefore reliable. Dante's Comedy, one of the greatest masterpieces of Italian literature, is
read in the critical text given in Petrocchi‟s edition of 1966-67. Since then, research and phi-
lological study around the poem have largely stood still. However, the work of Petrocchi was
far from being definitive: it had considerable methodological limitations, consisting above all
in the archetype identification and selection of witnesses (only 27 manuscripts out of about
550 in total). Research only received a new impulse in 2001, with the edition of Federico
Sanguineti based on the collation of the entire tradition, and many methodological issues and
practices have been reopened. Even in this case, however, the resulting text cannot be said to
be definitive; it is more a "working hypothesis" (Contini would have said) because of the het-
erodox interventions of eliminatio operated almost throughout based on a few critical errors,
inadequate for a text which is as corrupt and polluted as the Comedy.
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In recent years research has been carried out by a team with whom I work, led by Professor
Paolo Trovato, leading to a thorough knowledge of the whole tradition, including that of the
fourteenth and fifteenth centuries, never before considered. For the first time collations on the
canon of Barbi‟s loci critici, of all the witnesses of the Comedy not fragmentary, have been
gathered. Studies on the material collected have led to important advances and absolute novel-
ties for the study of the Divine Comedy and for the philological discipline, since the huge pro-
portions of testimonial go to make an exceptional field of statistical investigation extendable
to all the traditions. The volume issued in 2013, Nuove Prospettive sulla tradizione della
Commedia II serie, edited by Professor Trovato and myself, constitutes an intermediate step
between the start of the project with its first results and its full realization. Now that the sec-
ond phase of the stemmatic placing of witnesses is being concluded, it is possible to make an
evaluation of the methodologies applied, including some which are absolutely innovative,
before moving on to the imminent constitutio text accompanied by the comment of Prof. ssa
Ferretti Cuomo.
Ureni, Paola (Assistant Professor, Dep. of World Languages and Literatures, CSI-
CUNY)
Stupor mentis: dalla patologia di Vanni Fucci alle esperienze purgatoriali e paradisiache
La presenza del sapere medico nella cultura e nella scrittura di Dante affianca una prospettiva
specificamente scientifica a quelle filosofica e teologica. In tal senso questo intervento si
interroga sulla presenza di riferimenti scientifici che tessono un filo biologico attraverso il
cammino anagogico della Commedia. Un filo che tocca momenti più evidentemente legati al
sapere scientifico (come l‟episodio dell‟incontro con Vanni Fucci in Inferno XXIV), e
momenti in cui il riferimento medico non è altrettanto esplicito ma alluso da una terminologia
che lo affianca a riferimenti di ordine filosofico e teologico. Ciò significa interrogarsi sulla
possibile coesistenza di due o più registri linguistici nello stesso livello espressivo (o anche
nella stessa parola) che dunque farebbe riferimento a contesti profondamente diversi. Il
cammino attraverso l‟Inferno è interrotto in varie occasioni da stati di sonno alterato o da
svenimenti; mentre, nelle cantiche successive, il pellegrino incontra stati di stupore, estasi,
meraviglia. I testi galenici e di medicina medievale offrono un ampio spettro lessicale atto a
definire simili stati . Stupor, sopor, somnolentia, lethargus, definiscono stati di torpore
mentale talvolta accompagnati da perdita di memoria. L‟attenzione alle ricorrenze lessicali
conferma la presenza di «stupore» a significare situazioni mentali simili, in cui le facoltà
dell‟anima umana soccombono al cospetto di esperienze trascendenti; in Purgatorio e in
Paradiso le visioni estatiche, o i momenti in cui all‟insufficienza intellettiva del pellegrino
segue il potenziamento delle facoltà razionali, sono spesso marcati da stati di stupore. Lo
stupore dell‟anima va naturalmente ben oltre il solo riferimento clinico agli stati psicologici
discussi nei testi di medicina. Non intendo proporre un significato esclusivamente scientifico
per tali condizioni mentali, ma sottolineare la presenza insistita di un‟area semantica che,
quantomeno al livello retorico, affianca una memoria scientifica–e specificamente medica–ai
riferimenti filosofico-teologici che segnano la transcendenza della dimensione paradisiaca.
Verdicchio, Massimo (Professore ordinario di letteratura italiana e comparata
all'Università di Alberta, [Edmonton, Canada] – Ha scritto numerosi articoli su Dante,
Petrarca, il romanticismo, il romanzo e la lirica. Di Dante ha pubblicato due volumi, Reading
Dante Reading (in italiano Leggere Dante Leggere, Puntoacapo ed.) e The Poetics of Dante‟s
Paradiso. Ha pubblicato una monografia su Benedetto Croce. Ha tradotto in inglese Cacciari
e Perniola)
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Il commento alla Commedia tra esposizione ed interpretazione
Over the centuries commentaries on Dante‟s Commedia have varied from being expository,
critical (sometimes negatively) and interpretive. Commentaries have taken many guises from
the early Lectura Dantis to studies devoted to a single cantica, not to mention the many jour-
nals from Studi Danteschi to Dante Studies, to cite only two of the major ones from both con-
tinents. Commentaries vary: they are philological, which has been the trend in Dante Studies
in Italy, or interpretive, proposing an overall reading of the poem according to a given ideol-
ogy such as the Singleton school in North America. Most commentaries are characterized by
both since it is not always possible to differentiate exposition from interpretation, philology
from hermeneutics. There is also a third model, the one employed by Dante in the Convivio to
comment his canzoni by giving first the literal and then the allegorical meaning of each word
and of each line. Of course, Dante wrote the canzoni so he knew their meaning beforehand,
nonetheless his is a philological approach that differs qualitatively from those his Dante scho-
lars usually employ on his poem. The overwhelming number of commentaries over the centu-
ries raise the question of their validity as to whether they have brought us closer to an under-
standing of the poem, or they have been simply reinforced our traditional preconceptions. In
my paper I would like to discuss this issue by analyzing the three approaches, touching briefly
on their merits in terms of how close they bring us to the meaning of the canzoni of Dante‟s
Commedia.
Wrana, Magdalena (Docente presso il Dipartimento di Lingue Romanze
dell‟Università Jagellonica di Cracovia – Ha compiuto il Corso di laurea in lingua e letteratura
italiana all‟Università Jagellonica tra il 1999-2004. La sua tesi di laurea era intitolata
Traduzioni latine dei «Rerum vulgarium fragmenta» di Petrarca fino alla metà del
Cinquecento, scritta in base alle ricerche svolte sui manoscritti della Biblioteca Vaticana. Ha
conseguito il Dottorato di ricerca nel 2011 con lode e premiato con la pubblicazione della tesi
(col titolo in italiano) Angelo Maria Durini (1725-1796) – poeta e politico in porpora. Profilo
dell‟attività politica, culturale e letteraria del nunzio in Polonia (1767-1772), Kraków:
Collegium Columbinum, 2013. È anche traduttore e interprete di lingua italiana)
Dante latinizzato: traduzioni latine come una forma particolare di commento alla
Commedia
La presente proposta di relazione per il Convegno internazionale Commentare Dante oggi che
si terrà a Budapest nel novembre 2014, nasce dall‟intento di presentare una forma particolare
di commento alla Commedia dantesca, costituita dal fenomeno di latinizzazioni dell‟opus
magnum di Dante.
Le latinizzazioni delle opere scritte originariamente nelle lingue moderne cominciarono ad
apparire in Europa molto presto, tuttavia continuano ad essere una terra pressoché incognita,
costituendo un argomento ancora poco esplorato dagli studiosi. Furono tradotte nella lingua
degli antichi Romani sia opere scientifiche, alle quali si apriva in tal modo l‟accesso alla
circolazione europea, sia le opere letterarie: nel loro caso trovare una spiegazione che ne
giustifichi l‟apparizione desta di solito non pochi problemi interpretativi, a meno che il
traduttore non ci abbia lasciato informazioni esaurienti sui motivi che lo spinsero a compiere
un tale sforzo. Si è soliti considerare tali traduzioni latine, soprattutto quelle intraprese nel
momento in cui gli scritti latini venivano oramai respinti agli antipodi delle letterature
nazionali, come segno evidente dell‟esercizio linguistico-letterario nonché di un mero
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divertimento. Eppure non possiamo negar loro un certo intento divulgativo, volto alla
diffusione anche fuori dai confini nazionali delle opere ritenute degne di conoscenza e di
commento. Non di rado dietro alla decisione di tradurre in latino un‟opera volgare stava la
volontà di rendere omaggio, da parte del traduttore, a un autore particolarmente apprezzato,
ascrivendolo in tal modo a un doppio filone di tradizione letteraria antica e moderna. In molti
casi si possono scorgere anche intenzioni emulative nei confronti dello scrittore tradotto,
visibili soprattutto nelle latinizzazioni umanistiche e rinascimentali. Non è escluso neanche
l‟intento di autonobilitazione operata da scrittori sconosciuti attraverso la scelta di tradurre un
grande autore.
Dal Trecento fino al Novecento, furono latinizzate più volte le opere delle cosiddette Tre
Corone Toscane: a differenza delle traduzioni latine delle opere di Boccaccio da tempo note e
studiate grazie alla figura del primo traduttore, il Petrarca stesso e a differenza delle
latinizzazioni del Canzoniere e dei Trionfi petrarcheschi che la sottoscritta ha cercato di
studiare, le latinizzazioni della Commedia dantesca attendono ancora di essere studiati. Non è
stata ancora tentata una elaborazione complessiva di tale problema.
L‟intento della relazione sarebbe allora quello di presentare le traduzioni latine della
Commedia, dalle più antiche fino a quelle novecentesche, con un‟attenzione particolare
prestata alle latinizzazioni tre- e quattrocentesche, nate coll‟intento di commentare e divulgare
la Commedia dantesca: quelle di Matteo Ronto, Coluccio Salutati e Giovanni Bertoldi da
Serravalle. Nell‟analisi verrà posto sotto l‟esame in particolar modo l‟aspetto esegetico-
commentatorio delle segnalate traduzioni.