VINCENZA GAROFALO, La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

15

Transcript of VINCENZA GAROFALO, La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

CIRICE 2014 - VI Convegno Internazionale di Studi

Città mediterranee in trasformazione. Identità e immagine del paesaggio urbano tra Sette e Novecento

La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

VINCENZA GAROFALO Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Palermo, Italia

AbstractThe Zisa Palace of Palermo (XII sec.) has been restored by Giuseppe Caronia, following a collapse in 1971.The essay analyzes the iconographic production which concerned the monument, from 1800 to the survey that preceded the restoration: from the perspective views of engravings and lithographs representing the urban context, to the ideal reconstruction of several projects of restoration and stylistic reconstruction. The examination of geometric parameters reveals similarities and differences in the various representations that are nothing more than "virtual reconstruction", ie images of a building that might never have had the shape with which it has been represented. Its different interpretations, from ‘800 until the restoration by Caronia, tend to re-create an ideal original matrix, conforming to the cultural context which produced the images, keeping faith in the idea of an architecture more desired than real.

Parole chiave:Rilievo, ridisegno, restauro, monumento, progetto. Survey, redrawing, restoration, monument, project.

IntroduzioneIl palazzo della Zisa di Palermo (XII sec.), in seguito ad un crollo avvenuto nel 1971, è stato interessato da un intervento di restauro, ad opera di Giuseppe Caronia. Il saggio analizza la produzione iconografica che ha riguardato la Zisa dal 1800 fino ai rilievi propedeutici al restauro, dalle vedute prospettiche di incisioni e litografie che raffigurano il contesto urbano, alle ricostruzioni ideali di diversi progetti di restauro e di rifacimento stilistico. L’esame delle regole geometriche porta al disvelamento di analogie e differenze nelle diverse rappresentazioni che non sono altro che “ricostruzioni virtuali”, ovvero immagini di un edificio che forse non ha mai avuto l’aspetto con il quale è stato raffigurato. Le letture dell’edificio, dall’800 fino al recupero di Caronia, tendono infatti alla riproposizione di una sua matrice originaria ideale, conforme al contesto culturale nel quale sono state prodotte, tenendo fede all’idea di un’architettura più desiderata che reale.

1. Il monumento La Zisa, edificata per volere di Guglielmo I d’Altavilla, presumibilmente nel 1164 e completata dal figlio Guglielmo II intorno al 1180, era un sollatium, un edificio extraurbano, destinato a dimora estiva e luogo di riposo. Si trovava nel Genoard, grande parco di Palermo. L’edificio ha tre elevazioni fuori terra ed è costituito da un volume prismatico e compatto, a pianta rettangolare. I due prospetti maggiori misurano 36,36 metri in larghezza per 25,70 in altezza; i due laterali misurano 19,75 metri e presentano due avancorpi, larghi 4,20 metri e aggettanti di 2,35 metri1. Gli elementi che costituiscono i prospetti sono organizzati simmetricamente rispetto al proprio asse centrale. La muratura, in conci di arenaria, appare compatta e caratterizzata da aperture che mostrano delle differenze sui quattro prospetti. Le tre elevazioni fuori terra corrispondono a tre ordini sovrapposti che, dal basso verso l’alto, si arricchiscono di aperture e di modanature. Il primo ordine è il più compatto e presenta poche aperture sui lati corti, feritoie sul prospetto occidentale e tre fornici, a sesto acuto2 e a doppia ghiera, sul prospetto principale. La dimensione del fornice centrale, maggiore rispetto ai due laterali, denuncia lo spazio a doppia altezza sul quale si apre, ovvero il vestibolo della sala dell’iwan3 o sala della fontana, il fulcro dell’edificio, un grande ambiente, anch’esso a doppia altezza, caratterizzato dalla presenza di muqarnas4 nelle sue tre nicchie e da una fontana. Il prospetto principale al primo piano ha quattro aperture, due per lato che, originariamente, dovevano essere bifore sormontate da archetti ciechi. Esse, come le aperture degli altri fronti, sono contenute all’interno di grandi archi ciechi a

La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

VINCENZA GAROFALO

ghiera singola o doppia, che scandiscono la composizione secondo varie cadenze ritmiche. Cornici marcapiano, al primo e al secondo livello, seguono e riquadrano il profilo delle ghiere. Il prospetto occidentale è caratterizzato da aperture di dimensioni inferiori: feritoie al piano terra, superfici chiuse e continue al primo piano e una sequenza ritmica di arcate al secondo livello. I prospetti laterali mostrano la stessa sovrapposizione degli ordini ma in origine, probabilmente, non avevano aperture negli avancorpi. Il linguaggio è quello di altri monumenti normanni di Palermo, quali la Cuba, la Chiesa di San Cataldo, il Palazzo Reale: superfici compatte realizzate con grandi conci di tufo, cornici marcapiano, al di sopra delle quali, si verifica un aggetto nell’allineamento del prospetto, grandi arcate cieche a semplice o doppia ghiera.

2. La descrizione di Leandro Alberti La descrizione dettagliata più antica della Zisa risale al 1526 a firma di Leandro Alberti, frate domenicano bolognese, in viaggio in Sicilia, che fornisce anche le dimensioni del palazzo, misurate in piedi. Nella parte relativa al racconto dell’aspetto esterno dell’edificio, Alberti descrive nel dettaglio il fronte principale e i due laterali, tralasciando il fronte posteriore, occidentale, probabilmente perché ritenuto di minore interesse. «Ha la facciata di lunghezza di piedi novanta, e di sessantatre di altezza, di pietre quadre molto artificiosamente insieme congiunte; sopra di cui vi è un’ordine di merli di altezza di piedi tre. Nel mezo di quasta facciata vedesi una molto misurata porta alta trenta piedi, e larga la mità meno, con gran magisterio fatta. Sostentano l’arco di detta porta due colonne di finissimo marmo (…). Dall’uno, e l’altro lato di detta artificiosa porta con pari spatio vi è una porta minore il terzo della prima, anch’ella di pietre lavorate composta. Cinge questo edificio intorno un bel lavorato architrave, che è sopra d’amendue le porte minori, il quale finisce al principio dell’arco della maggior porta da ogni lato. Sopra di questo architrave perpendicolarmente e sopra di ciascuna di quelle due minor porte, veggonsi due finestroni per lato, alto per ciascuno venti piedi, e meno per metà larghi, con una proportionata colonna di marmo striata nel mezo, di piedi cinque, computate le base, e il capitello. La quale colonna sostenta due archi, sopra dè quali vi è una semplice fenestra di tre piedi in lunghezza. Et computando l’altezza dell’antidette colonne, gli archetti, con questa finestrella ritrovasi occupare da due piedi, e altretanto si vede otturato infino alla sommità di detto fenestrone. Partisce questi due fenestroni da ciascun de’ detti lati una porta di pietra lavorata, che alquanto del muro maestro uscendo finisce ugualmente con l’antidetto architrave. Sopra di cui dall’uno, e dall’altro lato della maggior porta, vi è uno spigulo di pietra lavorata, che sale infino ad un cornisamento sopra delli quattro fenestroni sostentato, che lega intorno tutto questo edificio. Sopra di cui nel mezo perpendicolarmente mirando in giù al colmo dell’arco dell’antidetta porta vedesi fondato un gran fenestrone, e da ciascun de’ lati di quello sono tre fenestre di tanta altezza quanto è quello, ma di larghezza meno. Et detto fenestrone meno della metà è ferrato, ove si vede una piccola fenestra. Le due vicine fenestre, cioè dalla destra e dalla sinistra sono per terzo aperte, ma l’altre da ogni lato sono ferrate oltra della metà. Nella parte aperta vi è una bella colonna di marmo, che sostenta due archetti; nel mezo sopra di quelli vedesi un’occhio di pietra lavorato. (…) Dalli lati è questo edificio di larghezza per metà dell’artificiosa facciata. Egli è ben vero, che nel mezo di detti lati esce fuori per quadro piedi dieci. Ritrovansi da ciascun di questi lati tre porte d’altezza e larghezza di quelle due porte, dalli lati della gran porta della facciata. Piglia il principio sopra dell’architrave innanzi nominato, che è sopra di queste porte, un gran fenestrone sopra la porta di mezo, che è anch’egli meno otturato, e similmente cominciano due altre fenestre della misura di quello in altezza, ma non tanto larghe, sopra di quelle due porte. Sopra poi della Cornice è un’altro gran fenestrone parimente mezo ferrato con la Colonnella nel mezo, come di quell’altro dicemmo. Et parimente si scorgono da ogni lato d’esso tre alte fenestre, solamente per metà aperta quella di mezo». [Alberti; 47 r. e v.].

3. Gli interventi sul monumento L’edificio ha subito, nel corso dei secoli, diverse modifiche. Le più importanti furono apportate dalla famiglia spagnola Sandoval, che acquisì il palazzo, con il terreno annesso, nel 1635, per destinarlo a propria residenza. Queste modifiche interessarono anche, in maniera sostanziale, il prospetto principale. Nel vestibolo di ingresso alla sala della fontana, fu realizzato un solaio che tagliò in due il fornice centrale, nella cui porzione superiore venne aperto un balcone. Sui quattro fronti vennero realizzate nuove aperture rettangolari a piattabanda che sostituirono le bifore già esistenti e che, essendo più larghe di quelle, intersecarono il disegno degli arconi ciechi, alterando la configurazione

La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

VINCENZA GAROFALO

del prospetto ed il suo linguaggio originale. Le piattabande delle nuove monofore tagliarono il disegno delle bifore originarie, interrompendo la loro composizione generata, come raccontava l’Alberti, dall’unione di due archetti affiancati e separati da una colonnina, sovrastati da un terzo piccolo arco o da un oculo. Ampie aperture furono realizzate anche nei fronti laterali e negli avancorpi che originariamente dovevano essere ciechi, dato che ospitavano le canne di ventilazione che garantivano la circolazione dell’aria e il raffrescamento dell’edificio nel periodo estivo. Il prospetto occidentale fu pesantemente alterato da una considerevole quantità di nuove aperture e di balconi, realizzati senza alcun riferimento al suo disegno generale. Ulteriori modifiche vennero apportate anche nell’Ottocento dalla famiglia Notarbartolo, ultima proprietaria dell’edificio prima del suo esproprio, con l’apertura di nuove finestre e l’aggiunta di altri balconi.

Fig. 1: La Zisa in un’immagine di fine Ottocento.

Nei primi anni Sessanta del secolo scorso, in seguito all’espropriazione del monumento, la Soprintendenza ha effettuato alcuni interventi di restauro. E’ stato rimosso il balcone centrale, recuperato il fornice e ricostruita la sua ghiera bicroma nell’intradosso, della quale era stato rinvenuto solamente un frammento. Nel 1971, minata da innumerevoli e reiterati interventi alteranti e soggetta, ancora una volta, a lunghi anni di incuria, la Zisa subisce un importante crollo che interessa pesantemente l’ala nord e parte del prospetto occidentale. Nel 1974 iniziano le operazioni di restauro condotte da Giuseppe Caronia. I prospetti, sui quali Caronia si trova ad operare, sono il frutto di interventi che, con maggiore o minore consapevolezza critica, hanno interessato il monumento nel corso della sua vita plurisecolare. L’architetto dichiara di aver scelto, nel rispetto dei principi introdotti dalla “Carta del Restauro”, «di non introdurre nel monumento alcunché d’inventato, cioè alcun elemento architettonico del quale non si avesse documentazione certa circa la forma e l’ubicazione originaria (…). Ed è stato altresì rispettato il principio di non cancellare alcun elemento di valore artistico o di interesse culturale che sia stato comunque acquisito nei secoli dal monumento e tramandato dalla sua iconografia. Ma è stato, ancora, confermato il principio che non può considerarsi “intangibile” (…) ogni sciagurata manomissione

La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

VINCENZA GAROFALO

operata nei secoli in spregio delle forme originarie o nella disattenzione della dignità stessa del monumento» [Caronia 1982, 183]. Pertanto non sono riproposte le bifore e neppure la fascia epigrafica di coronamento, al cui posto rimangono le merlature trecentesche, e vengono, invece, chiuse diverse aperture, o, come scrive lo stesso Caronia, “sforacchiature” dei prospetti. Si sceglie di mantenere le aperture seicentesche e di evidenziarne le piattabande, denunciandole, consolidandole e sottolineando l’inserimento di architravi in cemento armato, lasciati a faccia vista, i quali annullano, nella lettura generale, il disegno leggermente arcuato delle piattabande stesse. Il progetto viene rimodulato più volte a cantiere aperto, sulla scorta di indizi, reali o presunti, derivanti dal disvelamento della fabbrica5. La rimozione di uno strato di intonaco fatiscente, ha rivelato, ad esempio, come riferisce Caronia, la curvatura “a cipolla” delle arcate angolari all’ultimo livello dei fronti nord e sud6. Il restauro procede per analogie. Così sono riproposte alcune monofore, importanti per il disegno della facciata e anche per l’illuminazione interna, le cui forme e dimensioni sono desunte da alcuni indizi, spesso molto deboli, rinvenuti nelle murature e spesso soffocati da innumerevoli rimaneggiamenti.

Fig. 2: Il rilievo del prospetto principale di Caronia.

La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

VINCENZA GAROFALO

Fig. 3: Progetto del prospetto principale secondo Caronia.

Fig. 4: Rilievo del prospetto ovest secondo Caronia. Fig. 5: Progetto del prospetto ovest secondo Caronia.

1 Il ridisegno dei prospetti e la riproposizione di un modello presunto Gran parte dei progetti di restauro ottocenteschi, ma anche le ricostruzioni di Spatrisano, delle quali si parlerà più avanti e, parzialmente, il progetto di restauro di Caronia si fondano sulla descrizione della Zisa ad opera di Leandro Alberti. Tutti questi disegni riguardano il prospetto principale, quelli di Hittorff e Zanth, De Prangey, Mothes e Spatrisano includono anche i prospetti laterali e le ricostruzioni ideali di Goldschmidt e Spatrisano riportano anche il prospetto occidentale, che non viene descritto dall’Alberti.

La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

VINCENZA GAROFALO

Figg. 6-7: Rilievo e progetto del prospetto nord secondo Caronia.

Una delle tavole contenute nella Storia dell’arte di G.B.L.G. Seroux D’Agincourt del 1825 riporta il disegno del prospetto principale della Zisa, realizzato da Alessandro Emanuele Marvuglia, figlio del più noto Giuseppe Venanzio, architetto del governo a Palermo. Marvuglia disegna lo stato di fatto nei primi decenni dell’Ottocento e Seroux D’Agincourt, a commento di questo disegno, afferma che i balconi, i merli di coronamento, le strutture in copertura e nella sommità delle torri laterali sono tutti moderni e che le aperture originarie erano “a tramezzi” (bifore) e nello “stile arabico7”.Le ricostruzioni grafiche di Hittorff e Zanth (1835) ripropongono le bifore descritte dall’Alberti e le monofore ai due lati della bifora centrale, al secondo piano, ma mantengono la configurazione modificata del fornice centrale, all’interno del quale rimangono l’arco ribassato, dovuto ai lavori realizzati dai Sandoval, e la finestra in corrispondenza dell’ammezzato nel vestibolo. Le bifore non sono sormontate da piccole monofore, così come, invece, è descritto dall’Alberti.

Fig. 8: Il prospetto principale secondo Marvuglia. Fig. 9: Il prospetto principale secondo Hittorff e Zanth.

Anche Viollet Le Duc, appena ventiduenne, elabora, nel 1836, alcuni disegni della Zisa, per un progetto di restauro e propone un edificio che potrebbe non avere avuto mai quella configurazione. «Si tratta cioè di una ricomposizione legata alla forma dovuta del manufatto architettonico, che veniva riconfigurato nei suoi ambienti interni e ricomposto nelle facciate esterne, riproponendo i caratteri stilistici e i temi spaziali cari alla teoria dell’architettura normanna» [Maniaci 1994, 84]. Le “libere interpretazioni” si susseguono negli anni. Nel 1838 Gally Knight, studiando la Zisa e la Cuba, sostiene la discendenza diretta dell’arco ogivale dei monumenti palermitani da analoghi esempi cairoti, confutando così le teorie di Hittorff, secondo il quale invece esso fu portato in Sicilia direttamente dai Normanni. Gally Knight, visitando la Zisa, afferma che le finestre non sono quelle originali. Tale tesi viene ripresa con convinzione nel 1846 da Lo Faso Pietrasanta Duca di Serradifalco, il quale, nel descrivere il monumento, afferma che i prospetti originari non potevano avere grandi aperture, confortato, nella sua ipotesi, da una comparazione con analoghi modelli orientali. Gally Knight, così come Goldschmidt e Mothes

La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

VINCENZA GAROFALO

propongono tre progetti di restauro. Tutte le ipotesi riportano il ripristino del fornice centrale e la riapertura delle bifore, il cui disegno, però, varia da un progetto a un altro, non essendoci un riferimento originario.

Fig. 10: Il prospetto principale secondo De Prangey. Fig. 11: Il prospetto principale secondo Mothes.

De Prangey, nel 1841, disegna una ricostruzione ideale dei fronti sulla base della descrizione dell’Alberti: elimina il balcone che taglia il fornice principale, il quale, tuttavia, mantiene l’arco ribassato al suo interno e rimane tompagnato nella parte superiore, probabilmente per mantenere il solaio ammezzato del vestibolo. L’arco di tale fornice è disegnato a tutto sesto e anche la conformazione degli altri archi appare poco somigliante a presunti modelli islamici. Vengono ripristinate, inoltre, le bifore sul fronte principale e ne sono aggiunte altre nuove sui due prospetti laterali, sulla base di un esempio ancora esistente. Tali bifore mostrano, in luogo della colonnina centrale con base e capitello, un pilastrino, o un setto, come alla Cuba e sono sormontate da una monofora, uguale per tutte. Il prospetto principale misura, secondo De Prangey, 36,50 metri in larghezza e 25 in altezza, mentre i prospetti laterali misurano 20 metri. Le torrette laterali sporgono di 2,30 metri. Le strette arcate d’angolo, del prospetto principale e di quello laterale, mostrano un disegno simile a quello “a cipolla” descritto da Caronia. Il progetto di restauro del Mothes, del 1884, prevede la riapertura del fornice principale e la riconfigurazione del suo arco, l’eliminazione dei balconi, il ripristino del bifore e la riconfigurazione della fascia epigrafica di coronamento. Anche in questo progetto, le arcate d’angolo del prospetto laterale mostrano un disegno simile a quello “a cipolla” descritto da Caronia.

Fig. 12: Il prospetto principale secondo Goldschmidt. Fig. 13: Il prospetto principale secondo Spatrisano.

La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

VINCENZA GAROFALO

I disegni di Goldschmidt del 1898 sono una ricostruzione ideale per un progetto di restauro romantico e di rifacimento stilistico. La sua ricostruzione si avvicina alla descrizione di Leandro Alberti. Il progetto prevede, infatti, il ripristino della fascia di coronamento con l’eliminazione dei merli trecenteschi, la rimozione dei balconi, la riconfigurazione del fornice centrale e la riapertura delle bifore, ridisegnate prendendo a modello altri esempi in edifici coevi. Le bifore del primo piano sono sormontate da una monofora, mentre quelle del secondo livello da un oculo, così come descritto dall’Alberti. Tuttavia, l’arcone centrale del secondo piano non presenta una bifora, come riportato dal monaco bolognese, ma una piccola monofora. Il disegno del prospetto posteriore è realizzato, probabilmente, sulla scorta di elementi visibili nel 1898. I rilievi di Spatrisano sono stati condotti successivamente alla rimozione di intonaci e sovrastrutture seicentesche effettuata dalla Soprintendenza ai Monumenti nel 1952. Ma neppure i suoi disegni riportano la restituzione grafica fedele dello stato di fatto, poiché sono stati integrati con le notizie provenienti dalla descrizione dell’Alberti, al fine di ottenere «una concreta, diligente lettura del nostro monumento, quale era nel XVI sec. e come poteva essere alla fine del XII secolo» [Spatrisano 1982, 7]. In questi disegni, infatti, vengono ripristinate le bifore con gli oculi o le monofore sovrastanti. Il disegno del prospetto posteriore «è basato sulla realtà dimensionale e formale degli elementi decorativi e dei vani luce, ritrovata in seguito a precise misurazioni ed al ritrovamento di nuovi particolari strutturali». [Spatrisano 1982, 20]. Le dimensioni dei prospetti della Zisa, secondo Spatrisano, sono 36,50 metri per 25 in altezza, mentre i prospetti laterali misurano 19,80 metri e gli avancorpi 4,35 per 2,35.

4.1 La lettura grafica del prospetto principale Da una sovrapposizione tra i disegni di rilievo e quelli di progetto di Caronia, emergono alcune discrepanze che ci inducono ad adottare, a riferimento delle analisi qui riportate, il ridisegno dei rilievi: tali differenze sono evidenti nella curvatura e, talvolta, nella luce degli archi, nella posizione delle monofore sovrastanti le antiche bifore e nella dimensione generale dell’alzato dell’edificio. Volendo ritenere corretto il rilievo, si è scelto, pertanto, di applicare a quest’ultimo le analisi grafiche effettuate. Il prospetto è inscritto in un rettangolo aureo. Si individuano tre intervalli tra gli interassi delle arcate che sono contrassegnati con differenti lettere dell’alfabeto. Le stesse lettere, in prospetti diversi, individuano le medesime misure. La dimensione totale in alzato è pari a 5 volte a, mentre la sequenza della misura c in alzato determina, tra la presunta linea di terra del monumento e la sua sommità, escludendo la fascia epigrafica, la partizione dei piani e quindi la posizione delle fasce marcapiano. Ai fini dello studio qui proposto, i disegni del prospetto principale sono stati accostati e ridimensionati, per essere letti tutti alla stessa scala. Nel caso dei disegni ottocenteschi che non riportano la scala grafica, come ad esempio quello del Goldschmidt, o nel caso in cui le dimensioni dell’edificio non siano state rese note dallo stesso autore del disegno, si è scelto di adottare le misure riportate dal contemporaneo De Prangey. Nei casi in cui, come per i disegni di Goldschmidt, il rapporto fra larghezza e altezza dell’edificio è totalmente difforme da quella riportata negli altri disegni, si è scelto di rispettare la dimensione della larghezza, ritenendola più accessibile ad una misurazione diretta, anche per l’epoca. I prospetti sono stati allineati a partire dal piano di calpestio interno oltre il fornice centrale, poiché, al di sotto di questo, la misura, nei diversi disegni, è variabile. Da questo accostamento risulta una misura totale degli alzati pressoché uniforme. Il prospetto principale, nelle sue dimensioni massime, è contenuto all’interno di un rettangolo aureo. Tuttavia, la verifica dell’uso della sezione aurea nel proporzionamento generale della facciata, in alcuni casi, non ha portato i risultati sperati e ciò non fa altro che confermare che tali disegni ottocenteschi sono spesso frutto di ricostruzioni ideali, non supportate da alcun rilievo dello stato di fatto.

La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

VINCENZA GAROFALO

Fig. 14: L’ordine centrale secondo (da sx) Marvuglia, Hittorff e Zanth, De Prangey, Mothes, Goldschmidt, Spatrisano, Caronia.

Fig. 15: Gli ordini secondo (da sx) Marvuglia, Hittorff e Zanth, De Prangey, Mothes, Goldschmidt, Spatrisano, Caronia.

ConclusioniLe raffigurazioni della Zisa, in alcune litografie e incisioni ottocentesche, mostrano evidenti libertà nella lettura del monumento. Le grandi arcate cieche sono rappresentate con un disegno dell’arco molto distante da quello originario. Dagli anomali archi molto, troppo, acuti di una litografia della prima metà dell’Ottocento, agli archi a tutto sesto di una incisione apparsa sulla «Cronaca Illustrata» dell’Esposizione nazionale di Palermo del 1892, alla compresenza di archi acuti e a tutto sesto in una

La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

VINCENZA GAROFALO

incisione di fine Ottocento di Gioacchino Di Marzo. Anche la ricostruzione ideale del pittore siciliano Rocco Lentini del 1935 non fornisce indicazioni riguardo alla reale configurazione degli arconi.

Fig. 16: La Zisa in una litografia della prima metà dell’Ottocento. Fig. 17: La Zisa in una incisione sulla «Cronaca Illustrata» dell’Esposizione nazionale di Palermo del 1892.

Fig. 18: La Zisa in una incisione di fine Ottocento di Gioacchino Di Marzo. Fig. 19: La Zisa nella ricostruzione ideale del pittore Rocco Lentini (1835).

Tutti i disegni che rappresentano la Zisa non sono altro che ricostruzioni “virtuali”, ovvero configurazioni di un edificio che forse non è mai esistito con le fattezze con le quali è stato rappresentato. I vari progetti di restauro qui riportati, dalla fine dell’800 fino al recupero di Caronia, tendono alla riproposizione di una matrice originaria ideale dell’edificio. I rilievi a vista effettuati dai viaggiatori ottocenteschi - e anche quelli successivi, aggiungiamo noi - hanno il limite, come afferma Marconi8, di essere il frutto di una interpretazione nella quale l’autore ha sempre trasferito la sua “idea”, involontariamente tendenziosa, del monumento, la sua cultura, il suo desiderio di riproporre uno stile. La stessa affermazione può, purtroppo, farsi per taluni restauri. Così « sulla strada (…) della lettura delle persistenze intese di per sé stesse, troviamo (…) un gravissimo ostacolo, come se non bastasse quello della scarsità documentale, (…) che oggi si potrebbe chiamare “inquinamento delle prove” (e che) deriva molto spesso dalla insufficiente correttezza degli interventi di restauro» [Galdieri 2011, 309].

La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

VINCENZA GAROFALO

BibliografiaALBERTI, L. (1588). Descrittione di tutta Italia e isole appartenenti ad essa. Venegia, Paolo Ugolino. BELLAFIORE, G. (1994). La Zisa di Palermo. Palermo, Flaccovio Editore. CARONIA, G. (1982). La Zisa di Palermo. Storia e restauro. Roma-Bari, Editori Laterza. DE PRANGEY, G. (1841). Essai sur l’architecture des Arabes et des Mores en Espagne, en Sicile et en Barbarie. Paris, Hauser et Brockhaus. GALDIERI, E. A proposito della Cuba di Palermo. In Oriente Moderno. XV (2010), 2, pp. 305-341. GALDIERI, E. Sull’architettura islamica in Sicilia. In Rivista degli Studi Orientali. (2001), LXXIV, fasc. 1-4, pp. 41-72. GAROFALO, V. A methodology for studying muqarnas: the extant examples in Palermo, in Muqarnas, an annual on the visual cultures of the Islamic world. (2010), volume XXVII, pp. 357-406.GOLDSCHMIDT, A. Die normannischen Königspaläste in Palermo. In Zeitschrift für Bauwesen. (1898), XLVIII. HITTORFF, J. J., ZANTH, L. (1835). Architecture moderne de la Sicile, recueil des plus beaux monuments religieux, des édifices publics et particuliers les plus remarquables de la Sicile. Palermo, Paul Renouard. MANIACI, A. (1994). Palermo capitale normanna. Il restauro tra memoria e nostalgia dall’Ottocento al Piano Particolareggiato Esecutivo. Palermo, Dario Flaccovio Editore. MOTHES, O. (1884). Die Baukunst des Mittelalters in Italien. Jena, Costenoble. SEROUX D’AGINCOURT, G.B.L.G. (1825). Storia dell’arte col mezzo dei suoi monumenti dalla sua decadenza nel IV secolo fino al suo risorgimento nel XVI secolo, vol. I. Milano. SPATRISANO, G. (1982). La Zisa e lo Scibene di Palermo. Palermo, Palumbo Editore.

Note1 Le dimensioni sono riportate da Caronia e da Bellafiore, per i cui testi si rimanda alla bibliografia. 2 Si preferisce definire gli archi della Zisa “a sesto acuto” piuttosto che “a ogiva”, seguendo la distinzione effettuata da Galdieri riguardo agli archi della Cuba di Palermo. In questa circostanza l’autore precisa che, mentre gli archi ad ogiva sono generati dall’intersezione semplice di due porzioni di archi a tutto sesto, quelli diffusi nel mondo islamico sono, generalmente, a quattro centri e la loro curvatura cambia alle reni. Cfr. GALDIERI, E. A proposito della Cuba di Palermo. In Oriente Moderno.XV (2010), 2, p. 321, n. 25; GALDIERI, E. Sull’architettura islamica in Sicilia. In Rivista degli Studi Orientali. (2001), LXXIV, fasc. 1-4, p. 60, figg. 3-a, 3-b. 3 L’iwan è un ambiente di transizione voltato, tipico dell’architettura islamica, aperto su un cortile. 4 I muqarnas, conosciuti anche con il nome di “stalattiti”, sono composizioni tridimensionali caratteristiche dell’architettura diffusa in tutti i territori appartenuti all’antico dominio islamico. Essi derivano dall’assemblaggio, in varie combinazioni e in filari aggettanti, di elementi semplici simili a trombe e a porzioni di volte. Per uno studio dei muqarnas della sala dell’iwan cfr. GAROFALO, V. A methodology for studying muqarnas: the extant examples in Palermo, in Muqarnas, an annual on the visual cultures of the Islamic world. (2010), volume XXVII, pp. 357-406. 5 Cfr. MANIACI, A. (1994). Palermo capitale normanna. p. 129. 6 Questa configurazione, unica nei quattro prospetti, in realtà, è riportata soltanto nella restituzione grafica del rilievo del fronte nord. Si confrontino le figure 203 e 205 del testo, già citato, di Caronia. 7 Cfr. SEROUX D’AGINCOURT, G.B.L.G. Storia dell’arte col mezzo dei suoi monumenti dalla sua decadenza nel IV secolo fino al suo risorgimento nel XVI secolo,Tav. XLIV, pp. 128-129. 8 Cfr. MARCONI, P. Prefazione. In CARONIA, G., La Zisa di Palermo. Storia e restauro, Roma-Bari, Editori Laterza. pp. XVII.