Sublime innocenza dell’alieno, tragica violenza dell’uomo nella narrativa di Gilda Musa /...

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LA MODERNITÀ LETTERARIA collana di studi e testi diretta da Anna Dolfi, Alessandro Maxia, Nicola Merola Angelo R. Pupino, Giovanna Rosa [45]

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LA MODERNITÀ LETTERARIAcollana di studi e testi

diretta daAnna Dolfi, Alessandro Maxia, Nicola Merola

Angelo R. Pupino, Giovanna Rosa

[45]

Sublime e antisublimemella modernità

Atti del XIV Convegno Internazionale della MOD13-16 giugno 2012

a cura diMarina Paino e Dario Tomasello

con la collaborazione diEmanuele Broccio e Katia Trifirò

Edizioni ETS

© Copyright 2014EDIZIONI ETS

Piazza Carrara, 16-19, I-56126 [email protected]

DistribuzionePDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze]

ISBN 978-884673945-2

www.edizioniets.com

Il presente volume è pubblicato grazie al contributodell’Università degli Studi di Messina

PREFAZIONE

Dal secondo Settecento, il tema del Sublime è ben presente nella cultu-ra letteraria e figurativa.

Una tragedia, sia reale sia finzionale, infligge di massima tormenti e lacrime. Tuttavia può procurare pure «godimenti» [«Vergnügens»]. Non sempre rubricati come tali, la cultura antica da Aristotele a Lucrezio non li ignorò. Del tutto anomali, sono i godimenti del dolore: secondo i moderni, frutti dell’Erhabene, del «sublime». La Philosophical Enquiry into the Ori-gin of our Ideas of the Sublime and the Beautiful di Burke, uscita nel 1757, fu tradotta anche in italiano fin dal 1804. Di quella Enquiry si individua qualche traccia nella Kritik der Urteilskraft di Kant e nell’Estetica di Croce. Sono queste, le radici filosofiche del tema che gli Atti in questione hanno articolato: com’è ovvio in chiave prevalentemente letteraria e in ambito prevalentemente italiano, ma senza escludere escursioni extra moenia.

La MOD (Società italiana per lo studio della Modernità letteraria) nel celebrare, a Messina, il suo XIV convegno nazionale ha ancora una volta, con il contributo prezioso di numerosi studiosi, misurato diacronicamente il tempo lungo dello svolgimento sinuoso e contraddittorio di una catego-ria concettuale complessa e feconda.

A sigillo del presente volume, in forma di postfazione, la preziosa testi-monianza di un grande artista sublime e anti-sublime al contempo: Emilio Isgrò.

Marina Paino e Dario Tomasello

GIULIA IANNUZZI

SUBLIME INNOCENZA DELL’ALIENO, TRAGICA VIOLENZA DELL’UOMO NELLA NARRATIVA

DI GILDA MUSA

Sono particolarmente contenta che questa mia comunicazione abbia tro-vato posto all’interno di un panel leopardiano perché Leopardi è uno dei riferimenti più importanti all’interno della narrativa di Gilda Musa, più ancora che nella sua poesia.

Ma prima di entrare nel vivo del mio tema vi presento brevemente Musa, un’autrice non sconosciuta fino agli anni Novanta, soprattutto come poetes-sa, ma le cui opere sono raramente state ristampate.

Nata in Romagna, classe 1926, figlia dello xilografo Romeo Musa, Gilda Musa si laureò in lettere a Milano, si specializzò in germanistica a Heidel-berg e si diplomò in lingua inglese a Cambridge. Come germanista, nel corso degli anni Cinquanta, firmò diverse cure, saggi e traduzioni, tra cui alcune di Brecht1. Cominciava negli stessi anni anche l’attività poetica. La raccolta d’esordio, che porta il titolo ungarettiano de Il porto quieto, è del 1953 (Milano, Schwarz). La produzione poetica dell’autrice è proseguita attraverso numerose raccolte fino agli anni Novanta e io non la ripercor-rerò tutta qui. Vale però la pena segnalare un momento di passaggio fon-damentale attorno ai primi anni Sessanta, non a caso coincidente con il trasferimento dell’autrice a Milano: a partire da Amici e nemici del 1961 (Venezia, Ca’ Diedo), e poi nella raccolta seguente Gli onori della cronaca del 1964 (Caltanissetta-Roma, Sciascia) e forse soprattutto nel poemetto La notte artificiale del 1965 (Firenze, Quartiere) l’habitat urbano sale alla ribalta del verso e determina un processo di radicale frantumazione me-

1 Un volume di Poesie di B. Brecht per l’editore romano La Carovana nel 1956 e Una lettera e alcune poesie per la fiorentina La Nuova Italia nel 1958; un saggio sulla Poesia tedesca del dopoguerra (Milano, Schwarz, 1958); la cura di un’edizione di E. Wiechert con testo a fronte (Le mie poesie, Vicen-za, La Locusta, 1959).

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trica e prospettica. Dall’ironia ancora rasserenante che permea la raccol-ta del 1961 (un’ironia in cui si possono distinguere ascendenze lombarde, razionalistiche, reboriane, che torneranno a essere importanti in seguito), passando per il maggiore coinvolgimento morale e per l’attenzione sempre più fissata sugli aspetti malati e violenti della città neocapitalistica ne Gli onori della cronaca, per arrivare all’alienazione del soggetto, cui corrispon-de, ne La notte artificiale, anche un abbandono dei metri regolari, mentre la città diventa luogo del caos e dell’enumerazione dei beni di consumo2. Propongo molto brevemente queste note sulla produzione poetica perché credo aiutino a illuminare l’approdo alla narrativa fantascientifica di que-sta autrice, che avvenne in maniera naturale, per conseguenza della nuova importanza che assunse la riflessione anche critico-ideologica sulla realtà contemporanea, sulle problematiche dell’urbanesimo e del progresso indu-striale e scientifico.

L’altro fattore determinante nell’avvicinamento di Musa alla fantascien-za fu una consapevole esigenza di allargamento del proprio pubblico: della poesia, che per altro non verrà mai abbandonata, venne sentita dall’autrice anche la peculiare «limitazione, un’impossibilità di effettiva e allargata co-municazione [...] perché la poesia è essenzialmente solitudine o, al massi-mo, colloquio fra addetti ai lavori»3. Una sensibilità, questa nei confronti dell’istanza comunicativa della letteratura, che mi pare di poter riscontrare anche in altri fronti di impegno, che videro Musa negli anni seguenti acco-stare alle collaborazioni con testate culturali specializzate – «La Fiera Let-teraria», «Quartiere», «Il Baretti» – attività nel campo della divulgazione della letteratura fantascientifica in sedi e su media diversi, rivolgendosi a un pubblico più ampio di quello dei settimanali e mensili letterari. Musa firmava con costanza recensioni a opere di narrativa fantascientifica sulle pagine di «Paese Sera», scrisse numerosi racconti di fantascienza per la Radio Svizzera Italiana4 e diversi romanzi specificamente rivolti al pubblico dei bambini e dei ragazzi5.

2 Per approfondire il discorso critico sulla poesia di Gilda Musa cfr. G. LUZZI, Gilda Musa. Alcuni rilievi sull’itinerario poetico, in «Il Lettore di Provincia», giugno-settembre 1985, 61-62, pp. 54-62; G. BÀRBERI-SQUAROTTI, La cultura e la poesia italiana del dopoguerra, Bologna, Cappelli, 1966, p. 140; S. RAMAT, Storia della poesia italiana del Novecento, Milano, Mursia, 1976, p. 621; G. SPAGNOLETTI, Prefazione a G. MUSA, Notizie in bianco e nero, Caltanissetta, Sciascia, 1983.

3 G. MUSA, Esperienza personale, in «La Collina», marzo 1982, 3, pp. 90-96, citazione a p. 91.4 Alcuni dei racconti scritti da Musa per la Radio Svizzera Italiana sono raccolti nella seconda

parte del volume che ospita il romanzo Esperimento donna, Milano, De Vecchi, 1979.5 I romanzi di Musa per ragazzi sono: Le grotte di Marte, scritto insieme a Inìsero Cremaschi,

nel 1974 e pubblicato dalla Bietti di Milano nella collezione Identikit (poi ripreso nel 1996 dall’editore Piccoli di Torino nella collezione Topo di biblioteca, con l’aggiunta di un’appendice didattica a cura

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Ora, il tema suggerito dal titolo del convegno può essere adoperato come chiave per una lettura critica della fantascienza di Musa, poiché il sublime ne pervade l’opera a più livelli: sul piano linguistico prende la for-ma di una sostenutezza e una rarefazione raggiunte tramite una originale invenzione lessicale, cui il genere fantascientifico schiude ampie e peculiari possibilità, soprattutto in termini di invenzione linguistica. Sul piano te-matico della storia, degli eventi e degli esistenti narrati, il sublime prende corpo nell’alieno (nel senso di extraterrestre e di altro da sé), nella sublime innocenza di cui l’alieno è portatore, rappresentante di un rapporto panico con l’ambiente naturale. Infine, al livello delle tematiche profonde, la rifles-sione sulla perdita di quest’innocenza e sulla sopraffazione, spesso ribalta il sublime nel suo opposto tragico, nella violenza.

Sarà per altro interessante notare come questa autrice sia stata in grado, nella sua narrativa, di recepire e impiegare gli stilemi propri del genere fan-tascientifico – tradizionalmente caratterizzato dall’esistenza di convenzioni e repertori forti, entro cui gli autori possono o meno introdurre innovazioni – ma al contempo piegando gli elementi convenzionali a una riflessione molto personale su talune tematiche (negli esempi che seguono le tematiche della poetabilità della scienza moderna, dell’alterità e della sopraffazione), rifles-sione che si giova, da un altro lato, di una strumentazione letteraria altamen-te consapevole. In altre parole Musa offre un ottimo esempio del “riuso dei generi” in senso autoriale teorizzato a suo tempo da Schulz-Buschhaus6.

La lettura ravvicinata di due testi rappresentativi – il racconto breve Max (1964), tra i primi scritti dall’autrice, e il romanzo Esperimento donna

di M. Gigliotti); Marinella super e L’arma invisibile, pubblicati dalla Società Editrice Italiana (SEI) di Torino rispettivamente nel 1978 e nel 1982, nella collana «I Nuovi adulti»; La grotta della musica, SEI, 1986 con edizioni nelle collane «I Nuovi adulti», «Scrittori per la scuola» e «Gli eroi dell’avventura».

6 Riferimenti teorici sul riuso dei generi sono i lavori di Schulz-Buschhaus e Petronio (ad esem-pio l’articolo U. SCHULZ-BUSCHHAUS, Critica e recupero dei generi. Considerazioni sul “moderno” e sul “postmoderno”, in «Problemi», gennaio-aprile 1995, 101, pp. 4-15; gli scritti raccolti in G. PETRONIO, Letteratura di massa, letteratura di consumo. Guida storica e critica, Roma-Bari, Laterza, 1979). Quanto invece alle questioni teoriche e critiche più strettamente inerenti al genere fantascientifico novecentesco sono comparse in Italia opere importanti (ad esempio DARKO SUVIN, Le metamorfosi della fantascienza. Poetica e storia di un genere letterario [1979], Bologna, Il Mulino, 1985), ma non si potranno ignorare alcuni riferimenti di area anglosassone, dove gli Science Fiction studies godono di una tradizione con-solidata e di contributi in costante aggiornamento. Penso al marxismo critico di studiosi come Suvin, Tom Moylan, Patrick Parrinder, Frederic Jameson; all’impegno teorico di una rivista come «Science Fiction Studies»; al cospicuo lavoro di analisi del vasto corpus costituito dalle opere di genere in lingua inglese, di individuazione di sotto-filoni tematici e critici, che ha prodotto opere d’insieme di ampio respiro come la Cambridge Companion to Science Fiction, a cura di E. James e F. Mendlesohn (Cam-bridge, Cambridge University Press, 2003) e la Routledge Companion to Science Fiction, a cura di M. Bould, A.M. Butler, A. Roberts e S. Vint (London and New York, Routledge, 2009), oltre alle numerose monografie su temi e autori specifici.

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(1979) appartenente invece a una fase seguente – mostrerà nella narrativa di Musa la presenza di un sublime scientifico variamente declinato: la poesia si misura con le tematiche della scienza moderna, la sublime innocenza dell’alieno viene tragicamente incrinata dall’intervento umano quando esso si serve della tecnica per snaturare l’altro.

Il racconto breve del 1964 intitolato Max7 è significativo per come vi sono coniugate la tematica della scienza e quella della creazione poetica, all’interno di una riflessione che caratterizza la prima fase della narrativa fantascientifica dell’autrice.

Max, il giovane protagonista di cui il lettore non sa nulla, fugge da un mi-sterioso Centro. Rimane coinvolto in un incidente e interrogato dalla polizia racconta la sua storia: egli non è registrato all’anagrafe perché è stato creato artificialmente, è il frutto delle ricerche del professor Deana al Centro Gene-tica, da cui è fuggito quando ha saputo che Deana aveva deciso di eliminarlo per motivi che gli sfuggono. Il commissario non crede ovviamente a nulla di tutto ciò. La spiegazione data da Deana è decisamente più plausibile: Max è il frutto di un suo amore illegittimo e la storia di una sua creazione in vitro è stata inventata come copertura. Il ragazzo viene fatto passare per mental-mente incapace e trasferito in una clinica. Solo a questo punto la verità viene a poco a poco svelata: le ultime pagine del racconto ospitano alcune lettere che Max e Deana si scambiano: il ragazzo è davvero frutto degli esperimenti del professore sulla materia genetica; andava eliminato prima che il governo lo scoprisse e imponesse al Centro di produrre uomini artificiali da usare come carne da macello nelle sue guerre.

Vi è però nella storia un ulteriore risvolto: nel corso della vicenda il lettore ha scoperto che una delle passioni di Max, che aveva passato la sua giovane vita nel Centro, esplorandone e studiandone i laboratori e i macchi-nari, era la poesia. Durante la fuga iniziale, proprio al momento di scavalca-re l’ultima recinzione, si legge:

Poi tutto facile, troppo facile arrampicarsi e saltare sotto la luna leggermente cresciuta da ieri notte, lucida luna di luglio a cui vorrebbe dedicare la più mera-vigliosa delle sue poesie, una di quelle che scriverà dopo. Le altre stanno chiuse in una cassetta blindata […] la poesia non esiste più se nessuno la conosce, se nessuno la fa rivivere sotto i propri occhi e dentro la propria immaginazione. Ma

7 G. MUSA, Max, in Interplanet 4, Piacenza, La Tribuna, 1964, Presentazione di S. Sandrelli e V. Bassanesi, pp. 225-273; poi in I tris (2), Bologna, San Pietro, 1966, pp. 49-97; poi in G. MUSA, Strategie, Bologna, Cappelli, pp. 119-160; poi in ead., Festa sull’asteroide, Milano, dall’Oglio, 1972, pp. 109-156. Tradotto in russo nell’antologia, Bandagal, tr. L. Veršinin, Moskva, Mir, 1970. Cito dall’edizione in Festa sull’asteroide.

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basta che Max, che uno solo, la legga, e la poesia esiste ancora, esiste tutta quanta è stata scritta.

Anche lui scriverà un’ode alla luna, un’ode nuova, perché sulla luna abitano forse altri esseri sconosciuti, diversi, e lui manderà a loro il suo messaggio di amore [...] (p. 128).

Il riferimento al Leopardi delle Odi resta in sospeso fino allo sciogli-mento finale. Nella lettera che contiene la spiegazione definitiva dell’acca-duto, mandata da Deana a Max, lo scienziato racconta:

[…] io avevo studiato trenta anni per scoprire la formula dei geni in cui fossero impressi i caratteri della creatività artistica. Ci sono riuscito: quella formula tanto preziosa che chiamavo materia x, l’incognita che cercavo, ha dato a te il nome, ma x, Max. […] Tu sei nato per la poesia e la farai rinascere nel mondo; tu, carico delle esperienze scientifiche che io ti ho fatto studiare per anni e che studierai ancora, ricco della nuova cosmovisione che ha trasformato le antiche scritture, scriverai la nuovissima De rerum natura, la nuovissima cosmogonia e cosmografia, un poema universale, una sintesi di quanto noi scienziati abbiamo studiato e solo aridamente esposto con formule e cifre. (p. 153)

Ecco l’ambizioso obiettivo della poesia scientifico-filosofica della nuova era: l’espressione poetica della nuova visione del cosmo, delle nuove scoper-te, dei nuovi concetti messi a punto della scienza. Il primo homo artificialis, un altro innocente, poiché privo di «inceppi, d’inibizioni ataviche, preven-zioni […] nuovo, libero, integralmente e totalmente se stesso», raccoglie il testimone dell’homo naturalis in ciò che forse questi ha di più peculiare: l’arte. Oltre all’equiparazione tra uomo nato e uomo creato, rimarchevole per la lontananza da qualunque “complesso di Frankenstein” e da qualun-que ostilità a priori verso il concetto di artificiale, ciò che è rimarchevole all’interno del racconto è il saggio lasciato dal narratore (e dall’autrice at-traverso esso) di quella messa in poesia di concetti scientifici profetizzata nel brano succitato come opera dell’uomo nuovo. Il tema prescelto è ovvia-mente quello della vita artificiale e della creazione della vita a partire dalle catene di DNA. Non mi riferisco solo alla declinazione di questi temi che il racconto costituisce nel suo complesso, ma anche a un passo specifico. Du-rante la fuga, a Max capita di avere una visione onirica, rannicchiato sotto un cespuglio si è assopito per qualche minuto:

A doppia spirale, ogni anello una doppia spirale, una nera e una bianca, cate-ne che sbucano come lingue di rettile da un enorme bulbo genetico, o forse due serpenti, uno nero e uno bianco, si incrociano a ellissi continue, due interminabili serpenti, uno nero uno bianco.

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Non sono serpenti, due catene avvoltolate a spirali formano volute uguali, paurosamente, stupendamente uguali; dà vertigine guardare le volute identiche, nessuna sbaglia, nessuna si abbassa, nessuna si piega un attimo prima, un milli-metro prima, nascono dal bulbo genetico trasparente in cui ribolle e fermenta una sostanza gelatinosa. […]

La catena si allunga come una strada di cui non si può intravedere, nemmeno immaginare, la fine, la possibile conclusione, si perpetua davanti allo sguardo, di qua il bulbo che erutta, di là l’interminabile striscia a volute che corre.

Ma poi da ognuna di quelle spirali si stacca un anello, doppio, nero e bianco anche quello, e a ogni anello si innesta un secondo anello, e un terzo, e un quarto, e poi non può più contare: dalla prima catena sono nate decine, centinaia, migliaia di nuove catene che fuggono in direzioni opposte, in alto e in basso, fin dove è possibile vedere, ed è possibile vedere lontanissimo, un infinito allontanarsi in su e in giù, c’è spazio fra una catena e l’altra, spazio vuoto, esiguo ed insieme immenso. (pp. 122-123)

Si confronti il brano con alcuni versi de Poeticità della materia vivente componimento in La notte artificiale, il già citato poema del 1965:

A doppia spirale, / ogni anello una doppia spirale, / una nera una bianca, / catene che sbucano come lingue di rettile / da un’alfa genetica, o forse / doppio serpente, uno nero uno bianco / incrociati a ellissi continue, / due interminabili serpenti / uno nero uno bianco […] fra una catena e l’altra catena / il vuoto dilaga a enormità, / incalcolabili distanze […].

L’immagine della doppia catena, nata all’interno del poema, trova in prosa una formulazione più distesa, l’intero racconto né è coronato, è co-struito come precipitato narrativo del concetto primario di riproduzione della vita a livello genetico, un concetto scientifico e poetico insieme. Max rappresenta così, pur nella relativa semplicità della sua trama, un efficace esempio dei percorsi creativi che portano l’autrice dalla poesia alla prosa narrativa, incorporando nei nuclei tematici profondi della propria opera temi desunti dall’ambito scientifico, spesso colti nella loro declinazione fi-losofica o nelle loro ricadute psicologiche, fecondi produttori di trame e di immagini al contempo.

Del romanzo Esperimento donna voglio prendere in considerazione qui solo il tema preciso indicato dal titolo della comunicazione, tralasciando dunque altre vicende e personaggi8. In Esperimento donna un’astronave umana fa naufragio su un pianeta sconosciuto, abitato da una razza simile a

8 Ead., Esperimento donna, Milano, De Vecchi, 1979. Nelle citazioni che seguono indico il nu-mero di pagina di quest’edizione.

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quella umana, ma con la caratteristica di non provare emozioni, di vivere in una sorta di apatia dei sentimenti – positivi o negativi che siano, dall’amore alla rabbia.

[...] nessuno si innamorava, piangeva, soffriva, nessuno si sentiva incatenato, costretto, deluso: tutto era semplice, lineare, coerente. Bastava guardare una don-na ekramiana, farle capire con lo sguardo o con una carezza sulla mano ciò che si desiderava da lei, e l’ekramiana avrebbe acconsentito. E anche una donna poteva guardare e accarezzare un uomo che le piacesse. Potevano sdraiarsi nel bosco o cercare un letto, chiacchierare come amici o fare l’amore: nessuno avrebbe spar-lato di loro. (p. 27)

Il biologo Manfred, uno dei tre naufraghi, studia la struttura genetica degli abitanti di Ekram e scopre le basi biologiche di questa incapacità emo-tiva, cui da il nome di “costante apatia”.

Questione di cromosomi e di geni: Manfred aveva ormai risolto il problema da cui era stato assillato sin dall’inizio, trovandosi di fronte a una razza tanto placida da sembrare insensibile. Aveva passato centinaia di vetrini davanti alla lente del microscopio, aveva analizzato le molecole del DNA e aveva finalmente scoperto la presenza costante di una base organica che sostituiva il gruppo fosforico, parte del glucosio e gli acidi eterodinàmici: i geni determinanti le passioni non esistevano nella costituzione molecolare degli ekramiani. Tanto per darle un nome appro-priato, aveva chiamato “Costante Apatia” quella base sempre presente. (p. 27)

Si vede in questo brano anche un esempio dell’uso fantasioso, e – per dir così – non fantascientificamente ortodosso, dell’elemento scientifico, piut-tosto funzionale alla messa in scena di un esperimento sociale e psicologico e alla raffigurazione concreta di una problematica morale9.

Questa caratteristica degli ekramiani non è priva di ombre, ma si pre-senta anche come panica armonia dell’individuo rispetto al suo ambiente e agli altri membri della comunità: ogni attività è svolta per conseguenza di un naturale istinto, non vi sono idee come quelle di “possesso”, “pro-prietà”, “potere”, dunque non vi sono nemmeno cause di conflitto, e gli ekramiani vivono secondo un’organizzazione sociale primitiva e priva di classi sociali.

Il biologo Manfred si innamora di una ekramiana, di nome Vila-Vila

9 Al di là del merito dei contenuti (se si può parlare di una base del DNA in cui compare un acido fosforico, l’uso del termine “glucosio” non può invece corrispondere al tipo di zucchero - deossi-ribosio - presente nel DNA, né si comprende cosa possano designare gli “acidi eterodinamici”) è chiara la suggestione poco scientifica nell’idea di un “gene delle passioni”.

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e l’impossibilità che questa lo ricambi ne aumenta sempre più lo sconfor-to; egli non si arrende all’idea di una compagna anaffettiva. In nome di una superiore civiltà terrestre, gli abitanti del pianeta Ekram andranno terrestrizzati. La scienza viene così messa al servizio di un vero e proprio snaturamento dall’altro – Manfred si serve del laboratorio a bordo dell’a-stronavicella, per sottoporre la ekramiana a un esperimento che ne modifi-chi la struttura genetica, neutralizzando la “costante apatia”. Quel dominio dell’uomo sull’ambiente che a tutta prima avvicina Manfred a un novello Robinson Crusoe, prende immediatamente il chiaro aspetto di una violen-za perpetrata verso un’alterità non accettata.

I primi segni di terrestrizzazione di Vila-Vila sono descritti in alcune delle pagine più notevoli del romanzo. La ekramiana, per la prima volta, nota la bellezza di un frutto, la sua bontà; ma, subito dopo, la nuova consa-pevolezza umana mostra il suo risvolto più oscuro: Vila-Vila osserva il pa-norama consueto ma poi domanda «come per una scoperta triste: “Perché le cose sono tanto complicate?”» (p. 67).

Lei formulò una domanda in cui s’incideva una nuda disperazione: «Perché le cose sono così tristi?»

«Non sono tristi».«Allora sono false. Sembrano in un modo e sono in un altro».Manfred articolò una domanda, ma lo fece con una mollezza svuotata di per-

suasività, proprio perché desiderava che lei si opponesse alla proposta: «Vuoi che interrompiamo l’esperimento?»

«No, voglio continuarlo. Adesso vedo e capisco cose che prima non vedevo e non capivo».

«Quali cose?»Vila-Vila ripeté enigmatica: «Adesso capisco. Prima non capivo». (p. 68)

La consapevolezza umana si configura immediatamente come un’appa-rente nuova capacità di penetrare il senso delle cose, un senso di cui pri-ma, la ekramiana, non immaginava l’esistenza. Da ciò deriva la dolorosa percezione di un distacco tra la superficie della realtà e il suo significato autentico e riposto, in altre parole di una “falsità” delle cose e di un’estre-ma difficoltà, forse un’impossibilità, di afferrarne il senso («perché le cose sono tanto complicate?»). L’acquisizione di una coscienza umana coincide con l’irrimediabile perdita di quell’innocenza sublime che per l’aliena era data dalla propria condizione naturale, da una esistenza in consonanza con il proprio ambiente e con i propri istinti.

Gli impulsi negativi che Vila-Vila non riesce a controllare danno alla vicenda un epilogo tragico: la gelosia porta all’omicidio di un’altra donna,

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ma anche a quello del biologo, delitto col quale Vila-Vila si libera dalla schiavitù psichica in cui l’uomo l’aveva costretta.

Alla tragedia segue però un lieto fine: su Ekram le cose si avviano a tornare al loro equilibrio naturale, la scienza verrà impiegata da chi rimane per comprendere la natura degli esseri viventi, non per deviarla secondo la propria volontà. Il romanzo offre in questo modo al lettore una vicenda complessa, gravida di dilemmi (soprattutto nel personaggio di Vila-Vila vit-tima ma in seguito anche colpevole di violenze a sua volta), ma non priva di un chiaro messaggio finale nel rispetto per l’alterità, in cui l’autrice implici-ta ha voluto raffigurare la sublime, perduta, innocenza dell’uomo.

INDICE DEL VOLUME

PrefazioneMarina Paino e Dario Tomasello 5

RELAZIONI

Marco Antonio BazzocchiVertigine e volo cosmico: Pascoli/Pasolini 9

Simona CostaIl sublime dal tragico di Alfieri all’umorismo di Pirandello 21

Mario DomenichelliDel sublime, dell’origine, del vuoto, del grottesco nella modernità 45

Marco ManottaSotto la soglia della modernità. Leopardi e il poetico sublime 63

Antonio SacconeSublime e antisublime tra crepuscolari e avanguardie 89

Baldine Saint GironsIl Kitsch come principio dell’antisublime 103

Gianni TurchettaLa coazione al sublime nel Novecento letterario italiano:peripezie di una impossibile necessità 117

SUBLIME E ANTISUBLIME NELLA MODERNITÀ922

COMUNICAZIONI

Federica AdrianoPirandello, ovvero il sublime e l’antisublime della follia 141

Daniela BombaraDal tragico al grottesco: l’esperienza del Sublime nell’Anellodi Ugo Fleres 151

Emanuele BroccioTravestimento antisublime delle passioni. Figure del teatroruccelliano 161

Bartolo CalderoneComisso, (l’astronauta) Petrarca e l’avvenire di una sublimazione 169

Alberto Carli«L’anima illuminerà di sinistra luce l’abisso». Sublime e antisublimenelle Strenne del Pio Istituto dei Rachitici di Milano 179

Loredana CastoriIfigenia e la dimensione del sublime nel secondo Settecento 191

Silvia CavalliLa sublimità (e l’antisublimità) dell’invenzione linguistica:Isabella delle acque di Giancarlo Buzzi 205

Sandra CelentanoL’antisublime e la malattia: Il poema osceno di Ottiero Ottieri 219

Gianni CimadorL’eccesso dell’irrappresentabile: Carmelo Bene e l’impossibilitàdel sublime 231

Angela Cimini Un esempio di scrittura d’attore antisublime: Il figlio di Ioriodi Eduardo Scarpetta 257

Carmela CitroUna grande amara risata…“Il Rinoceronte” di Eugène Jonesco nella lettura di Glauco Mauri 267

Vincenza D’Agati«La nudità e scabrosità delle vette disalberate». Il sublimedi Giuseppe Antonio Borgese 275

Roberta Delli PriscoliTragico e comico, sublime e antisublime nell’opera di Alberto Savinio 289

INDICE DEL VOLUME 923

Ida De MichelisIl sublime ungarettiano del povero monello 301

Sandro De NobileL’umanissimo sublime. Le epifanie del Male in Giorno dopo giornodi Salvatore Quasimodo 311

Maria Cristina Di CioccioBeata Beatrix in D’Annunzio, Gozzano, Pavese 319

Maria DimauroVertige de l’hyperbole: La Piramide di Aldo Palazzeschi 331

Martina Di NardoAnima attonita e tragico riso nella prima produzione onofriana 345

Novella Di NunzioRubè tra guerra e dopoguerra: sublimazione narrativae antisublime come strategia di ricostruzione 359

Vincenza Di VitaSublime e antisublime nell’estetica della perversionedi Tommaso Landolfi 371

Monica FaggionatoSublime e antisublime in Stefano Benni. La poetica della Rêverie 377

Patrizia FarinelliFantasticare lacerante estatico in terra di provincia: sul sublimetardo-moderno nel Delfini di Ritorno in città 383

Federico FastelliSublimazione e desublimazione. Effetti, operazioni e condizionidi possibilità del sublime nell’opera di Edoardo Sanguineti 395

Francesca Fistetti«Accaniti riti». Sublimazioni liriche e conquista del realenella poesia di Patrizia Valduga 405

Silvia FreilesL’antisublime di Bartolo Cattafi tra tradizione letterariae avanguardie informali 415

Luca GallariniSublime e «satire tra amici» nelle opere di Giuseppe Rovani 427

SUBLIME E ANTISUBLIME NELLA MODERNITÀ924

Cinzia GalloVerso Pirandello: il dibattito sull’umorismo nella Siciliadi secondo Ottocento 439

Rosalba GalvagnoL’oggetto sublime nei Viceré di Federico De Roberto.La leggenda della Beata Ximena 453

Angela Francesca GeraceFenomenologia del sublime scapigliato: la liricadi Giuseppe Cesare Molineri 465

Gloria Maria GhioniIl sentimento che «spaura»: Inventario privato di Elio Pagliarani 479

Andrea GialloretoConcertino per rane. Il poeta come “usignolo del fango 491

Alessio GiannantiIl martirio tra storia e mito nella “poesia tragica” di Ignazio Buttitta:Turiddu Carnivali, I morti di Portella, Colapesce 501

Rosa GiulioFigure del ‘dynamisch erhabene’ kantiano: tempeste e naufraginella letteratura e nelle arti della modernità 515

Alberico GuarnieriL’irruzione del sublime nel regno delle bambolesu Il “re delle bambole” di Edmondo De Amicis 529

Alberico GuarnieriLa tragedia incompiuta del seduttore: una lettura de Il bell’Antoniodi Vitaliano Brancati 545

Oretta GuidiTommaso Landolfi: alle soglie del sublime 573

Anna GuzziAdverso fornice portas: allusività e ragionamento nel Pasticciacciodi Gadda 587

Giulia IannuzziSublime innocenza dell’alieno, tragica violenza dell’uomonella narrativa di Gilda Musa 597

Monica LanzillottaLo «strepito infernale» della Massa cristiana nell’operadi Edoardo Calandra 607

INDICE DEL VOLUME 925

Stefania La VaccaraSublime e tragico nella drammaturgia dannunziana 627

Giuseppe Lo CastroIl suicidio impossibile dei moderni. L’Ortis e altro Ottocento 639

Chiara MarascoDall’inetto al vegliardo. Italo Svevo e la sublimazione dell’inferiorità 647

Aldo Maria MoraceTirannia, Eros e Thanatos. Appio Claudio da Gravina ad Alfieri(e Salfi) 657

Aldo NemesioIl momento di volontaria sospensione dell’incredulità 671

Alessandra OttieriDe-sublimazione ironica e quotidianità del dolore nelle poesiedell’ultimo Scialoja 681

Ugo PerolinoBadiou e Pasolini. La grammatica dell’evento nella sceneggiaturadella Vita di San Paolo 695

Francesca PolacciIl sublime come sentimento del limite: “figure di cornice”a inizio XX secolo 707

Novella PrimoLeopardi e la traduzione: del sublime e del semplice 723

Ilaria PuggioniSublime e antisublime in Feria d’agosto di Cesare Pavese 733

Elisabetta RealeIn scena l’antisublime nella femminilità transgender 743

Francesca Riva«Messor lo frate Sole»: sublime francescano in Luigi Fallacara 753

Elena RondenaIl sublime e il patetico nella poetica di Ludovico Di Breme 765

Carlo SantoliEthos, pathos e sublime: Ortis e La virtù sconosciutadi Vittorio Alfieri 775

SUBLIME E ANTISUBLIME NELLA MODERNITÀ926

Antonella SantoroParadossi e aforismi nell’ultimo Caproni 781

Davide SavioUn’ipotesi di sublime nel Giappone di Italo Calvino 795

Simona ScattinaL’(anti)sublime nel teatro di Emma Dante: Mishelle di Sant’Oliva 805

Gennaro SchianoHumour noir, comicità e ironia. Alberto Savinio e il sublimecambiato di segno 817

Stefania Segatori«Circonda il tempo il tempo dell’attesa». La sublimazionedell’exspectatio nell’opera di Elena Bono 833

Dario Stazzone«Riflessione e inganno, fatamorgana e sogno»: il viaggio sicilianodi Vincenzo Consolo tra sublime ed antisublime 853

Barbara Sturmar«Ah, la bellezza eterno / firmamento» Sublime e antisublimenelle poesie di Alda Merini dedicate a Marilyn Monroe 863

Francesca TuscanoL’impresentabilità del ragno. Il ‘sublime’ Stavrogin da Dostoevskija Pasolini 873

Katia TrifiròDemenza borghese vs demenza antiborghese: meraviglie e orroridel surreale nell’Italia degli anni ’40 887

Alberto ZavaLa vertigine degli scacchi: gioco e tragedia tra Arrigo Boitoe Paolo Maurensig 897

Alexandra ZingoneLuzi. La parola “alta”, la pittura, la “sublimazione” del reale 905

POSTFAZIONE

Emilio IsgròPrecarietà del sublime 919

Edizioni ETSPiazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa

[email protected] - www.edizioniets.comFinito di stampare nel mese di giugno 2014