Maria Bettelli _ Gianni Bergamschi, Le chiese minori del monastero bresciano di S. Salvatore - S....

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LE CHIESE MINORI DEL MONASTERO BRESCIANO DI S. SALVATORE - S. GIULIA: S. NICOLA (*)

Questo breve articolo fa parte del piano di lavoro che Maria BettelliBergamaschi prevedeva di sviluppare sul monastero di S. Salvatore – S. Giuliadi Brescia, ma che è rimasto incompiuto per la morte dell’Autrice (1). L’operacompleta prevedeva, a partire da due testi, la bolla di Gregorio IX e l’Ordinariodi S. Giulia (2), un’analisi delle strutture, “sacre” e “profane”, del monastero:la loro collocazione nella liturgia, il loro significato da un punto di vista sto-rico e agiografico. L’Autrice aveva già pubblicato un primo studio (Per la sto-ria del sito di S. Salvatore - S. Giulia a Brescia: il contributo di due fonti fra

(*) Comincia, con questo saggio, la pubblicazione del materiale raccolto e studiato daMaria Battelli Bergamaschi nella sua intensa vita di ricerca. Le pagine sono dovute al maritoGianni Bergamaschi, che ha aderito al desiderio manifestato dagli amici e dai colleghi di man-tenerne viva la memoria e di ricordarne l’impegno scientifico. Ci auguriamo che il lavoro pro-segua con gli altri “capitoli” previsti.

(1) L’Autrice si stava da anni occupando del monastero di S. Salvatore - S. Giulia, dallasua fondazione fino al XV secolo. Per la bibliografia e i progetti di lavoro, cfr. G. SOLDI RON-

DININI, Per Maria: un ricordo che non sbiadisce, in “Nuova Rivista Storica”, LXXXIV (2000),1, pp. 169-178. Una presentazione dei lavori dell’Autrice sul monastero bresciano, anche in G.ARCHETTI, Per la storia di S. Giulia nel Medioevo. Note storiche in margine ad alcune pubblica-zioni recenti, in “Brixia sacra”, serie III, 5 (2000), 1-2, in particolare pp. 7-9 e relative note. Sivedano anche le testimonianze di Gigliola Soldi Rondinini e Ferdinando Dell’Oro in “Civiltàbresciana”, 7 (1998), 4, pp. 90-100. Si v. anche Lombardia monastica e religiosa. Per Maria Bettelli,a c. di G.G. Merlo, Milano 2001. Ringrazio gli Autori.

(2) Il lavoro sul manoscritto è legato ad una vicenda personale particolarmente dolorosa. Nelgiugno del 1980 Maria perse in treno la copia dattiloscritta della trascrizione su cui aveva già pre-parato le note per l’edizione e i riferimenti dei testi liturgici; le restava una seconda copia, ma dellapura e semplice trascrizione: in pratica era andato perso il frutto di un anno di intenso lavoro. Purcontinuando a svolgere ricerche su argomenti collegati al manoscritto, come la relazione presen-tata nel 1985 (BETTELLI BERGAMASCHI, Il tempo monastico in un documento bresciano del XV secolo,in Il tempo vissuto, percezione, impiego, rappresentazione. Atti del Convegno Internazionale. Gar-gnano, 9-11 settembre 1985, Bologna 1988, pp. 85-97), le ci vollero più di dieci anni per trovarela forza di riprendere in mano la trascrizione: in questo periodo cadono i primi episodi dellamalattia e la stesura del ponderoso lavoro Seta e colori nell’alto Medioevo: il ‘siricum’ del mona-stero bresciano di S. Salvatore, Milano 1994).

NOTE E DOCUMENTI

Note e documenti96

XIII e XV secolo (3)), e ne ha lasciato uno in fase di avanzata elaborazione(Architettura e liturgia a S. Giulia fra XIII e XV secolo) (4), riguardante le chiese“maggiori” del monastero: la chiesa basilicale di S. Salvatore – S. Giulia, S.Maria in Solario e S. Daniele.

Sulle chiese minori, invece, non aveva lasciato una stesura completa, mauna serie di stesure provvisorie, oltre a numerosi appunti e schede. Mi è sem-brato giusto cercare di non disperdere uno studio che considero prezioso perla conoscenza del monastero bresciano, ma poiché spesso le stesure erano incom-plete, o contradditorie (per le diverse fasi di elaborazione), gli appunti diffi-cilmente comprensibili ad altri, le schede semplici tracce di ricerca, ho con-cepito l’idea, forse un po’ troppo audace, di portare avanti gli spunti lasciatidall’Autrice. Mi ha confortato in ciò la frequenza delle conversazioni su argo-menti che appassionavano anche me, e quindi una certa dimestichezza con glistessi (5). Sono cosciente dei rischi insiti in un’operazione di questo genere ecredo sia quindi comprensibile se, essendo andato oltre le riflessioni rimasteinterrotte dell’Autrice, ho chiesto che al suo nome venisse affiancato il mio,perché sia ben chiaro a chi vadano attribuiti i meriti e a chi le manchevolezze:troppo arduo e artificioso sarebbe stato, infatti, distinguere quanto è dell’Autricee quanto del curatore. In particolare ho avvertito il peso dei miei limiti là dovesi trattava di affrontare argomenti di carattere liturgico e agiografico (6).

Riguardo alle due principali fonti prese in considerazione dall’Autrice, dicui si è detto all’inizio, conto di pubblicare, in un secondo, più consistentecontributo sulle chiese minori, qualche osservazione più ampia e puntuale: peril momento mi limiterò ad un breve accenno.

La bolla di Gregorio IX è un testo tuttora inedito (7) e viene citata perla prima volta dalla badessa Angelica Baitelli nella prima metà del Seicento:la storica benedettina in una sezione presenta e in un’altra traduce il docu-mento, che attribuisce a Gregorio XII, datandolo al 1409. L’Autrice, che stavapreparando l’edizione del documento, ha chiarito che si tratta di una bolla diGregorio IX del 1229 (8).

(3) In “Nuova Rivista Storica”, LXXX (1996), 1, pp. 35-74.(4) In corso di pubblicazione, per la Direzione dei Civici Musei di Brescia.(5) Alcune delle idee che sto utilizzando nel presente lavoro sulle chiese minori, sono frutto

proprio delle nostre conversazioni nelle ultime settimane di vita di Maria.(6) In ogni caso spero che il presente contributo e i successivi vengano intesi come proposte

di ricerca, come spunti per una verifica e un approfondimento.(7)Archivio di Stato di Brescia, fondo ASC, Pergamene di S. Giulia, III, n. 66.(8) Cfr. M. BETTELLI BERGAMASCHI, Il monastero bresciano di S. Giulia sullo scorcio dell’età

viscontea: tra crisi e rinnovamento, in L’età dei Visconti. Il dominio di Milano fra XIII e XV secolo,Milano 1993, pp. 425-432.

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L’Ordinario è un testo liturgico comunemente noto e tuttora definito come“Rituale di S. Giulia” (9), che l’Autrice già nel 1985 aveva dimostrato essereun Ordinario (10). Nell’explicit del codice è indicata la data del 1438, ma lastesura dell’originale veniva collocata dall’Autrice verso la metà del XIII secolo,se non prima (11). Più complesso della datazione era però, secondo lei, il pro-blema del significato della trascrizione, cioè se si trattasse di una trascrizioneconservativa, a scopo puramente erudito, di documentazione, oppure se fosseancora finalizzata all’uso liturgico nel XV secolo.

Caratteristica del testo è la suddivisione nelle tre parti in cui è distribuitala liturgia (Ufficio divino, Ufficio della Messa, Processionale), ognuna delle qualia sua volta distinta in due parti (Proprio del tempo e Proprio dei santi). Nonessendo un Consuetudinario, non fornisce notizie complete ed esplicite sul-l’organizzazione complessiva della giornata all’interno del monastero: né, tantomeno, sugli spazi. Poiché lo scopo principale del manoscritto è quello di for-nire indicazioni per la vita liturgica, l’attenzione è rivolta ai testi delle pre-ghiere, e solo secondariamente ai luoghi in cui devono essere impiegati. Moltospesso, quindi, l’indicazione topografica è sottintesa o incompleta. Ma, a volte,ciò che non è indicato in una delle tre parti, può essere dedotto da un’al-tra (12). Questo è il caso anche della chiesa di S. Nicola.

S. Nicola nella liturgia di S. Giulia

“Et in omnibus diebus veneris per totum annum debetis ire cum pro-cessione ad ista tria altaria cum tribus antiphonis et cum tribus orationibus,videlicet ad altaria (13) Sancti Nicolay antiphona est Amavit eum Dominus, ora-tio est Deus cuius despositione; et ad altare Sancti Vicencii antiphona est Iustum

(9) Brescia, Biblioteca Queriniana, Ms. H. VI. 11. Del testo è in corso la pubblicazione nellacollana Monumenta Italiae Liturgica, diretta da Ferdinando Dell’Oro, a cura di Rosa Zilioli Fadene dello stesso Dell’Oro, che conducono generosamente a termine il lavoro iniziato dall’Autrice.

(10) Cfr. Il tempo monastico cit. La definizione verrà ulteriormente precisata nell’edizione delcodice. Così è stato definito anche da Simona Gavinelli, nella sua relazione La liturgia del cenobioin età comunale e signorile attraverso il codice liturgico del monastero (Convegno Culto e storia inS. Giulia, Brescia, 20 ottobre 2000).

(11) Anche questo argomento verrà meglio precisato nell’edizione del codice. Il tema è statopure affrontato dalla Gavinelli nella citata relazione, per cui rinvio agli Atti, di prossima pubbli-cazione.

(12) Persino nel caso delle processioni, contenenti scarne ma preziose indicazioni di caratte-re topografico, può essere utile il confronto fra le diverse parti dell’Ordinario, come viene meglioillustrato in Architettura e liturgia cit.

(13) Non essendoci alcun’altra allusione all’altare (e tanto meno ad altari) di S. Nicola, è leci-to supporre che si tratti di un errore del copista.

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deduxit Dominus, oratio est Adesto Domine supplicationibus nostris; et ad altareSancti Gregorii antiphona est Beatus Gregorius, oratio est Deus qui animefamuli tui Gregorii.” (14)

La liturgia per l’Ufficio divino sembra descrivere una processione che sisvolge tutti i venerdì “ad Vesperum” (15) a tre altari della basilica di S. Giulia.In realtà, mentre ai santi Vincenzo e Gregorio era dedicato un altare, evi-dentemente nella ecclesia magna (16), quello di S. Nicola doveva trovarsi nel-l’omonima chiesa, a cui si riferisce chiaramente il testo dell’Ufficio della Messaper la festa di s. Nicola:

“In festo sancti Nicolai introitus Sacerdotes dei, epistola Ecce dillectus, evan-gelium Homo quidam; et debent domine venire ad cantandum missam inecclesia Sancti Nicolay.” (17)

La ecclesia viene inoltre nominata esplicitamente in occasione di due pro-cessioni, la domenica delle Palme e il martedì dopo l’Ascensione, e in modoimplicito per la benedizione del fuoco che si svolge il giovedì, venerdì e sabatodella settimana santa.

“Dominica in ramis palmarum... et vadat canendo bis dictam antiphonamper ecclesiam Sancti Nicolai” (18)

“Feria .IIIa. [post Ascensionem] dicta Tercia cantoria det letanias duabuspuellis si sunt et eant cantando hanc antiphonam in ecclesia Sancti Nicolaypost crucem, scilicet Sume confessor; finitis ibi letaniis, in reversione dicatishanc antiphonam In nomine Domini Dei nostri.” (19)

“In cena Domini unus de clericis vadat ad trahendum ignem de lapidecristalli in mane quando oritur sol. Et postea cantoria accipiat unam domi-nam et sacerdos accipiat unam candellam et arundinem et crucem parvulam

(14) F. 3 r, ll. 11-16 (Ufficio divino). Le citazioni, quando non precisato diversamente, si rife-riscono al Ms. H. VI. 11 della Biblioteca Queriniana di Brescia. Le sottolineature sono mie, comenelle citazioni seguenti.

(15) F. 2 v, ll. 33 ss. (Ufficio divino).(16) L’argomento viene trattato nell’ultimo lavoro dell’Autrice, Architettura e liturgia cit.,

dove pure è chiarito che nell’Ordinario il titolo di S. Giulia si riferisce alla basilica di fondazionelongobarda, più comunemente definita nel testo ecclesia magna o semplicemente ecclesia.

(17) F. 32 v, ll. 4-6. L’Ufficio divino invece non dice niente in proposito (“In festo sanctiNicolay episcopi et confessoris legitur de legenda ipsius et est scripta in libro sitilo, videlicet Sicutomnes materia”: f. 14 r, ll. 21-22), mentre nel Processionale la festa non compare.

(18) F. 35 v, l. 26 (nel Processionale). Il passo citato fa parte di un brano in cui viene descrit-ta un’ampia processione e che merita uno studio apposito.

(19) F. 36 v, ll. 30-34 (nel Processionale).

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et incensum et aquam sanctam et vadant insimul in Sancto Nicolao dicendoistum psalmum Miserere michi Deus totum et ibi benedicat sacerdos ignem etde illo igne accendant omnes la<m>pades, in reversione dicant psalmum Deusin nomine tuo. (20)

In Parasceven debeat clericus similiter extraere de igne extra lapidem. Etpresbiter cum cantoria et una alia domina vadant in Sancto Nicolao dicentespsalmum Miserere mei Deus miserere. In reversione psalmus Deus misereaturnostri et benedicat nobis.

In sabato sancto supradictum modum teneatis et accipiat cantoria unamde dominabus et vadat similiter cum presbitero in Sancto Nicolao dicenteshunc psalmum totum submissa voce Deus in adiutorium meum intende. Et ibibenedicat ignem sicut fecerunt eri. In reversione dicat presbiter Lumen Cristiper tres vices alta voce et chorus respondeat ter Deo gratias.” (21)

Il santo

Il santo a cui è dedicata la chiesa è Nicola, vescovo di Mira, più notocome Nicola di Bari (“In festo sancti Nicolay episcopi et confessoris...”(22)),di cui il monastero conservava reliquie (23). La festa liturgica a lui dedicatacade il 6 dicembre e difatti nell’Ordinario è ricordata fra Dalmazio (24) (5 dicem-bre) e Ambrogio (7 dicembre) (25).

(20) Si può segnalare che, durante il Notturno del giovedì santo, alcune letture vengono lette“in libro sancti Nicolai” (f. 10 v, ll. 28-35, Ufficio divino). Si veda più avanti, p. (104).

(21) F. 28 r, ll. 16-29. Nell’Ufficio della messa, dopo il mercoledì, inizia un inciso sulla litur-gia del fuoco, dopo di che si riprende regolarmente con la Messa del giovedì santo.

(22) F. 14 r, ll. 21-22, nell’Ufficio divino. Sono quindi da escludere altri Nicola, in quanto nonvescovi oppure martiri: cfr. Bibliotheca Sanctorum, IX, Roma 1967, ad voces, coll. 911-975.

(23) La Baitelli, nel suo “Catalogo delle Santissime Reliquie” del monastero, fra le “Reliquie di ss.Vescovi” cita “s. Nicolao”: cfr. A. BAITELLI, Annali historici dell’Edificatione, Erettione, et Dotationedel Serenissimo Monasterio di S. Salvatore, et S. Giulia di Brescia, Brescia 1657, ora in rist. anast. a c. diV. Volta, Annali di S. Giulia, Brescia 1979, P. I, p. s. n., ma 12. Che si tratti del vescovo di Mira, è con-fermato da quanto la Baitelli dice a proposito di Obizio: cfr. più avanti, p. 104 e nota 53.

(24) Simona Gavinelli, nella sua relazione La liturgia del cenobio cit., ha fatto osservare che sitratta di un santo abbastanza interessante, in quanto patrono di Ivrea, dove sono documentatipossedimenti del monastero bresciano in età carolingia: cfr. G. PASQUALI, La distribuzione geo-grafica delle cappelle e delle aziende rurali descritte nell’inventario altomedievale del monastero diS. Giulia di Brescia, in San Salvatore di Brescia. Materiali per un Museo, 2 vv., Brescia 1978. I, Ca-talogo della mostra, giugno - novembre 1978, II, Contributi per la storia del monastero e proposteper un uso culturale dell’area storica di S. Giulia, II, pp. 141-167, in particolare p. 164, n. 88; BET-

TELLI BERGAMASCHI, Seta e colori cit, p. 81.(25) Cfr. f. 14 r, ll. 21-23, nell’Ufficio divino. Nell’Ufficio della Messa, invece, Nicola si trova

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Vissuto, secondo la leggenda, nella prima metà del secolo IV a Mira (26),in Licia, sarebbe stato imprigionato durante la persecuzione di Diocleziano eliberato dopo l’editto di Costantino. Già durante la vita sarebbe stato famosoper i miracoli e le opere pie, tra cui il dono di tre borse d’oro per salvare l’o-nore di tre fanciulle che il padre, ridotto in miseria, voleva far prostituire, epi-sodio che gli vale uno degli attributi più frequenti nell’iconografia: tre borsed’oro (o palle o monete) (27).

Vastissima fin dai primi tempi è stata la sua popolarità e la diffusione delsuo culto, dall’Oriente, dove l’imperatore Giustiniano gli dedicò una primachiesa a Costantinopoli (28), all’Occidente, dove in molti paesi si è trasformatoin Santa Claus, il vecchio dalla barba bianca che porta i doni ai bambini.

Il suo nome è particolarmente legato alla città di Bari, dove alcuni mari-nai trasportarono le reliquie del santo (il 9 maggio 1087), dopo averle trafu-gate a Mira, città da pochi anni sotto il dominio dei Turchi. Qui era sepoltoil vescovo, oggetto di grande venerazione e meta di pellegrinaggi. I Baresi, pro-babilmente anche per prevenire i Veneziani che coltivavano lo stesso propo-sito, si impadronirono del corpo del santo, che si trovava in un oratorio fuoriMira, custodito da quattro monaci, e lo trasportarono nella loro città, che glidedicò una grande basilica.

La traslazione del santo diede nuovo impulso al suo culto in Occidente,dove però era già così diffuso che “...questa traslazione fu più un risultato cheuna causa” (29). In Italia era molto venerato dal sud al nord, per la presenza

fra Damaso e Ambrogio (f. 32 v, ll. 2-7); poiché la festa di Damaso cade l’11 dicembre enell’Ufficio divino dell’Ordinario si trova al suo posto, fra Zenone (8) e Lucia (13) (cfr. f. 14 r, ll.28-35), la posizione di Damaso nell’Ufficio della Messa prima di Nicola (cioè prima del 6 dicem-bre) è probabilmente dovuta a un errore. Non sono in grado di stabilire, in base ai testi liturgici,se si tratti di un lapsus del copista (Damaso per Dalmazio) o di un’errata posizione di Damaso: mipare però più probabile quest’ultima spiegazione, dato che il Santorale dell’Ufficio della Messa èpiù scarno e sarebbe quindi insolito se ci fosse Dalmazio e mancasse Damaso. Non veniva invececelebrata, nel monastero bresciano, la festa della traslazione di Nicola (9 maggio).

(26) Le notizie su s. Nicola, dove non precisato diversamente, sono tratte da N. DEL RE – M.C. CELLETTI, Nicola (Niccolò), vescovo di Mira, santo, in Bibliotheca Sanctorum, IX, cit., coll. 923-948. Fondamentale è l’analisi del culto di s. Nicola in C. W. JONES, San Nicola. Biografia di una leg-genda, Bari 1983 (trad. it. di Saint Nycholas of Myra, Bari and Manhattan. Biography of a Legend,Chicago 1978).

(27) Il numero tre, in realtà, è un motivo ricorrente nei racconti dei miracoli di s. Nicola: cfr.JONES, San Nicola cit., passim.

(28) Nella capitale bizantina, s. Nicola era il terzo in ordine di devozione, dopo la Vergine eil Battista, con venticinque chiese, senza contare cappelle e altari.

(29) JONES, San Nicola cit., p. 102; la diffusione del culto di Nicola in Occidente prima dellatraslazione a Bari è analizzata alle pp. 49-179.

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di orientali e per il suo legame di patronato con mercanti e marinai. Nelleregioni greche dell’Italia meridionale apparve uno dei primi racconti di mira-coli di Nicola e a Napoli Giovanni, diacono della chiesa di S. Gennaro, scrissela prima Vita di Nicola in latino, verso l’880 (30). A Bari, alla metà dell’XIsecolo, un arcivescovo Nicola dedicò due chiese al santo di cui portava ilnome (31). A Roma, che aveva accolto comunità di greci e orientali fin dal VIIsecolo (32), sorsero luoghi di culto intitolati a Nicola forse già in quel secolo,documentati con certezza a partire dal IX, come l’oratorio di S. Nicola in Scholagreca dedicato in S. Maria in Cosmedin da papa Niccolò I (858-867) al santodi cui era devoto, o come i due monasteri operanti nel X secolo, fino ad arri-vare a una decina di chiese prima della traslazione (33). A Venezia, rivale diBari, venne eretta S. Nicolò del Lido nel 1044 (34).

A Mantova, nel 1077, “...Matilda infervorata nel servigio di Christo, fabricòla chiesa di San Niccolò...” (35).

Ai valichi del Grande e del Piccolo S. Bernardo vi erano ospizi dedicatia Nicola: il primo risale al 1050. Erano transiti che conducevano dalla Franciaalla via per la Terrasanta, toccando anche Bari, uno dei principali punti d’im-barco (36). Ma il culto di Nicola aveva valicato le Alpi ben prima. Nell’818una reliquia di Nicola viene nominata da Rabano Mauro, a cui seguono i mar-

(30) Ibidem, pp. 80 e 52.(31) Ibidem, p. 172. Di una chiesa e del culto di s. Nicola a Benevento, precedente alla trasla-

zione a Bari, parla Borgia, che pubblica Adventus S. Nycolai in Beneventum: cfr S. BORGIA,Memorie istoriche della Pontificia città di Benevento, P. II, Roma (dalle stampe dei Salomoni) 1764,pp. 350-351 e 357-358; alle pp. 362-388 il testo dell’Adventus, che non è il racconto di una tras-lazione, ma dei miracoli legati al culto del santo, nel 1089.

(32) Dal VII-VIII secolo, prima orientali sfuggiti all’invasione araba, poi greci che rifiutanol’iconoclastia, emigrano in Occidente e portano le loro devozioni: cfr. E. CATTANEO, Il culto cri-stiano in Occidente, Roma 1978, pp. 154-160.

(33) Cfr. JONES, San Nicola cit., pp. 63, 93-94, 174.(34) Ibidem, p. 90. Secondo Lorenzetti la chiesa fu fondata nel 1043 e “...fu celebre per il

corpo di S. Nicolò di Mira, qui recato dalla Licia (1099)...”: G. LORENZETTI, Venezia e il suo estua-rio: guida storico-artistica, Trieste 19752, p. 792.

La guida di Venezia del TCI segnala, per un’altra chiesa, S. Nicolò dei Mendìcoli (appellati-vo che ben si addice al santo protettore dei deboli!), fondazioni precedenti alla basilica duecen-tesca, che potrebbero risalire al VII secolo: cfr. Venezia. Le isole della Laguna. La riviera delBrenta, a c. di A. Bon e L. Gianni, Milano 1992, p. 67; cfr. anche U. FRANZOI - D. DI STEFANO, Lechiese di Venezia, Venezia 1976, pp. 190-191. Ovviamente la notizia, in assenza di documenti sul-l’intitolazione, resta una pura curiosità.

(35) I. DONESMONDI, Dell’historia ecclesiastica di Mantova, I, Sala Bolognese 1977, ripr. facs.di Mantova, Aurelio e Lodovico Osanna, 1612, p. 223.

(36) Cfr. G. SOLDI RONDININI, Le vie transalpine del commercio milanese dal sec. XIII al XV, inFelix olim Lombardia. Studi di storia padana dedicati dagli allievi a Giuseppe Martini, Milano 1978,pp. 440-441. Cfr. anche JONES, San Nicola cit., pp. 175-176.

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tirologi, da Floro a Usuardo (37). L’impulso determinante al culto di Nicolavenne dalla principessa bizantina Teofano, sposa del futuro imperatore OttoneII (972) e dalla composizione della Historia, la prima liturgia completa di Nicola,ad opera di Reginoldo di Eichstätt (ante 966); prima del 1000 il giorno di s.Nicola era festivo in tutta la Baviera (38).

Alla Francia occidentale il culto di s. Nicola era arrivato attraverso i pel-legrinaggi del conte Folco d’Angiò, che fondò nel 1020 il monastero di S. Nicolad’Angers (39). Dalla Germania invece il culto si diffuse alla Lorena, all’Inghilterra,alla Normandia (40): da qui ritornò in Italia meridionale, dove la tradizionelocale ricevette nuovo impulso dai Normanni e dal loro spregiudicato sensodi iniziativa, anche devozionale, nei confronti della Grecia. E Bari, puntochiave dell’Adriatico meridionale, era il luogo in cui convergevano e si scon-travano interessi bizantini e normanni, saraceni e veneziani.

Ma dopo la traslazione del 1087 fu tutto un rifiorire di devozione e didedicazioni in buona parte d’Europa, fino all’Islanda.

L’iconografia del santo, data la sua popolarità, è estremamente ricca e varia.La tradizione orientale dei primi secoli lo presenta in vesti vescovili, barbabianca e capo scoperto, con il libro o la croce nella sinistra e la mano destrabenedicente. In modo analogo viene presentato nelle prime raffigurazioni inItalia, come i due mosaici, del XII e del XIII secolo, nella basilica di S. Marcoa Venezia, dove il santo, capo scoperto, barba bianca e destra benedicente,tiene un libro nella mano sinistra (41).

La raffigurazione del vescovo via via si arricchisce di altri elementi: al librosi aggiungono sempre più frequentemente la mitra e il pastorale, la figura delsanto viene affiancata a quella della Vergine e accompagnata da personaggi eattributi che richiamano episodi della sua leggenda, tanto che nell’arte italiananon è molto frequente l’immagine isolata del santo, ma compare più spessoin gruppi o con storie della sua vita (42).

(37) Cfr. JONES, San Nicola cit., pp. 102-103. Per Rabano, cfr. Hrabani Mauri carmina, inMonumenta Germaniae Historica, Poetae latini aevi carolini, II, ed. E. Duemmler, Berolini 1884,p. 206.

(38) Cfr. JONES, San Nicola cit., pp. 117-132.(39) Ibidem, pp. 111-113.(40) Ibidem, pp. 146 ss.(41) Si veda la fig. 3. Per la datazione, cfr. G. KAFTAL, Iconography of the saints in the painting

of north east Italy, Firenze 1978, col. 763.(42) In CELLETTI, Nicola cit., coll. 941-948, oltre all’evoluzione iconografica, c’è una ricca e

interessante analisi della popolarità di s. Nicola e della diffusione del suo culto, fino alla sua tra-sformazione in Santa Claus. Per l’iconografia di S. Nicola è utile anche il citato volume di Kaftalper l’Italia nord-orientale, coll. 763-773 nonché ID., Iconography of the saints in the painting of

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Non si intende certo in questa sede affrontare il tema dell’iconografia delvescovo di Mira, ma uno studio più approfondito della sua evoluzione, soprat-tutto in ambito norditaliano e nel periodo di transizione fra la rappresenta-zione tradizionale orientale e quella più varia e articolata che si afferma dalXIII-XIV secolo, potrebbe essere utile per avere un termine di confronto conla figura di santo vescovo conservata nel monastero bresciano, di cui parle-remo più avanti.

S. Nicola a Brescia e a S. Giulia

Tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, anche nella diocesi di Bresciasono documentate dedicazioni a s. Nicola. Nel 1085 sappiamo di una “...eccle-sia que dicitur Sancti Nicolai que est constructa infra ipsius monasterii... [diS. Eufemia]” (43). Si aggiungono poi il monastero di Verziano, documentatodal 1095 (44), e quello di Rodengo, esistente almeno dal 1090 (45), ma intito-lato a S. Nicola dal 1112 (46).

Si può forse far risalire a quest’epoca la costruzione della chiesa di S. Nicolanel monastero bresciano? (47) Due elementi potrebbero aiutarci a porre untermine post quem e uno ante quem.

north west Italy, Firenze 1985, coll. 511-516 e Iconography of the saints in central and south Italianschools of painting, Firenze 1986, coll. 799-811.

(43) F. ODORICI, Storie bresciane, V, Brescia 1856, doc. n. VI, a. 1085, marzo, pp. 71-72.(44) Cfr. M. BETTELLI BERGAMASCHI, Medioevo monastico, fra storia e storiografia, in BETTELLI BER-

GAMASCHI (a c. di), Medioevo monastico nel bresciano: da Cluny alla Franciacorta, Brescia 1995, p. 36.(45) Cfr. BETTELLI BERGAMASCHI S. Nicola di Rodengo in Franciacorta: studi recenti sul mona-

stero, in Medioevo monastico cit., pp. 63-64. Sulla possibilità di retrodatare la fondazione al 1066,Ibidem, p. 63, nota 33.

(46) Ibidem, pp. 69-70. Le informazioni sui due monasteri vanno collegate al particolaremomento di diffusione del monachesimo cluniacense nel bresciano (cfr. anche M. L. GATTI PERER,Testimonianze della cultura cluniacense nel Bresciano, in Medioevo monastico cit., pp. 167 ss.).Maria Bettelli suggeriva: “...uno studio ulteriore dovrebbe individuare il significato della dedica-zione a S. Nicola all’interno delle intitolazioni cluniacensi e della diffusione del culto al santo nelbresciano.” (S. Nicola di Rodengo cit., p. 71). Da appunti dell’Autrice risulta inoltre che ella sidomandava se l’influenza cluniacense potesse aver indotto un’intensificazione della vita liturgicae quindi favorito la costruzione di cappelle. Si proponeva quindi, attraverso uno studio liturgicodell’Ordinario, di gettare qualche luce sui rapporti con Cluny. Non è chiaro invece il tempo e ilmodo della diffusione del culto di s. Nicola in ambito cluniacense, ma pare sia stato inizialmenteaccolto con una certa diffidenza: cfr. JONES, San Nicola cit., pp. 126-127 e 214.

(47) L’Autrice scriveva, nei suoi appunti, “è ipotesi azzardata ritenere che si volesse ricorda-re, onorare, il papa Niccolò II che in un momento di ripresa del potere vescovile a Brescia(Adelmanno, 1057-1061) conferma l’esenzione del monastero dal vescovo?” Il riferimento è a unabolla del 5 maggio 1060: cfr. Nicolai II Epistolae et Diplomata, in Patrologia latina 143, ed. J. P.

Note e documenti104

Il nome di s. Nicola non è presente fra i santi ricordati nelle litanie delBreviario Collettario di S. Giulia della prima metà dell’XI secolo (48): questaassenza farebbe escludere una costruzione precedente e farebbe propendereper l’XI-XII secolo (49).

Vi è poi un documento inedito del 1186 (50) in cui si può leggere “Diesabato septimo exeunte mense februarii. In civitate Brixia. In claustro mona-sterii Sancte Iulie... oleum debet consignari sechrestis monasterii iam dictinomine Sancti Nicolai et Sancti Iohannis...” (51) .

E’ comunque probabile che nel 1204 la festa del santo si fosse già con-solidata nel calendario del monastero: difatti la Baitelli riferisce la tradizionesecondo la quale Obizio (52) era morto “il giorno de S. Nicolò de Bari” (53).

Migne, Paris 1882, n. 21, a. 1060, col. 1341. La bolla si trova, tradotta, anche in BAITELLI, Annalicit., P. II, pp. 45-46. Si può inoltre ricordare che Niccolò II portava non a caso il nome del vesco-vo di Mira: cfr. JONES, San Nicola cit., pp. 174 ss.

Un altro aspetto su cui indagare sarebbe quello dei rapporti del monastero bresciano conquelli d’Oltralpe, in particolare Reichenau. Mancando i volumi degli Acta Sanctorum per dicem-bre, non ho potuto effettuare una verifica di questo genere.

(48) Brescia, Biblioteca Queriniana, Ms. H.VI.21, f. 29 r. Il codice veniva datato, anchedall’Autrice e da F. Dell’Oro, in prima approssimazione, al X-XI secolo; un’ulteriore precisazioneè stata fornita in un recente studio: cfr S. BOYNTON – M. PANTAROTTO, Ricerche sul Breviario di SantaGiulia (Brescia, Biblioteca Queriniana, ms. H.VI.21), in “Studi Medievali”, s. III, 42 (2001), 1, pp.304 e 308. Compaiono invece nelle litanie i santi (Gregorio e Vincenzo) titolari dei due altari a cuile monache si recavano, oltre che alla chiesa di S. Nicola, durante la processione del venerdì.

(49) Nicola invece è ricordato nel Sacramentario dell’abbazia benedettina di S. Eufemia diBrescia, a cui apparteneva, appunto, la chiesa di S. Nicola documentata nel 1085. Il testo è statoattribuito al secolo XI: cfr. E. ZANA, Il sacramentario benedettino bresciano del secolo XI, Brescia1971, pp. 17-18. S. Nicola però è ricordato nel Calendario (cfr. p. 98), ma non è presente nelProprio dei santi (cfr. p. 134), il che farebbe pensare a una datazione del Sacramentario precedenteal 1085, anno in cui è attestata la chiesa di tale titolo. L’argomento meriterebbe un approfondi-mento, proprio in relazione al S. Nicola del monastero di S. Giulia.

(50) Archivio di Stato di Milano, Pergamene - Fondo religione, cartella 84, a. 1186, 22 feb-braio.

(51) Non si può però nemmeno escludere con certezza che si trattasse di un altare e non anco-ra di una chiesa. Non ho trovato sul documento del 1186 quanto citato da Archetti: “Oltre ad esse-re chiamata «ecclesia Sancti Nicolai, sita in monasterio Sancte Iulie Brixie» (ASMi, PF, cart. 84, a.1186; BQ, ms. K.I.2, f. 81 v, a. 1280; Rituale...” (ARCHETTI, Per la storia di S. Giulia nel Medioevocit., nota 98 a p. 41). Suppongo quindi che la citazione si riferisca al secondo documento, nel qualcaso non è utile per dimostrare con certezza che nel 1186 si trattasse di una chiesa.

(52) Cavaliere originario di Niardo, in Val Camonica, si offrì come oblato del monastero; a luivenne dedicata una cappella sotto al campanile, affrescata dal Romanino: cfr. San Salvatore diBrescia cit., I, scheda n. VII, 34, pp. 168-169; BAITELLI, Annali di S. Giulia cit., P. II, p. 63; BRU-

NATI, Vita o gesta di santi bresciani, II, Brescia 1855, pp. 11-20.(53) BAITELLI, Annali di S. Giulia cit., P. II, p. 63. Si tenga inoltre presente che la composizio-

ne dell’originale dell’Ordinario è attribuibile a un periodo non molto successivo al 1204.

Note e documenti 105

Esisteva anche un “liber sancti Nicolai”, che l’Ordinario nomina in dueoccasioni: la “feria quinta in cena Domini” (54) e la festa di s. Andrea (55).Si trattava del libro del santo, o del libro della chiesa di S. Nicola?

Vediamo ora di riepilogare le occasioni in cui la chiesa di S. Nicola eracoinvolta nella liturgia delle monache. Per prima cosa si può notare che erameta di una delle processioni settimanali dopo Vespro, quella del venerdì,assieme agli altari di S. Gregorio e di S. Vincenzo, posti nella ecclesia magna.

Il giorno della festa del santo vi si celebrava la messa, ma non pare chevi si svolgesse l’Ufficio e nemmeno che ci fosse una particolare processione.Una breve processione “post crucem”, il martedì dopo l’Ascensione, si recavanella chiesa, dove si recitavano le litanie, mentre un’ampia processione in cuiera coinvolta (56) la chiesa di S. Nicola era quella delle Palme.

La cerimonia più interessante è forse quella che si svolge il giovedì, venerdìe sabato della settimana santa. Rivediamo i passi salienti:

“In cena Domini unus de clericis vadat ad trahendum ignem de lapidecristalli in mane quando oritur sol. Et postea cantoria accipiat unam domi-nam et sacerdos accipiat unam candellam et arundinem et crucem parvulamet incensum et aquam sanctam et vadant insimul in Sancto Nicolao dicendoistum psalmum... et ibi benedicat sacerdos ignem et de illo igne accendantomnes lampades; in reversione dicant psalmum...

In sabato sancto supradictum modum teneatis et accipiat cantoria unamde dominabus et vadat similiter cum presbitero in Sancto Nicolao dicentes

(54) “Feria quinta in cena Domini, in primo Nocturno... .III. sup<ra>scripte de lamentatio-nibus sunt scripte in bibia, scilicet Quomodo sedet sola; alie sex sunt in libro sancti Nicolai, scili-cet Salvum me fac Deus...” (f. 10 v, ll. 28-35, Ufficio divino).

(55) “In vigilia sancti Andree... duodecim lectiones que sunt in libro sancti Nicolay” (f. 25 r,ll. 24-28, nell’Ufficio divino).

(56) L’espressione dell’Ordinario “et vadat canendo bis dictam antiphonam per ecclesiamSancti Nicolai” (durante la processione per la domenica delle Palme) non consente di per sé distabilire con certezza che le monache percorressero la chiesa, in quanto la preposizione “per”sembra usata a volte, nell’Ordinario, con significato di moto verso luogo e non attraverso. La que-stione andrebbe affrontata non solo con un dettagliato esame della processione in questione, maanche con una puntuale analisi di tutte le volte che la preposizione viene usata, in diversi conte-sti. D’altra parte, quanto afferma Archetti “Ridotta in ampiezza nel XIV secolo per lasciare spa-zio ad un altro oratorio, questa cappella doveva essere di discrete dimensioni se... le monache lapercorrevano la domenica delle palme tenendo in mano i rami di olivo nella lunga processione chericordava l’entrata del Signore in Gerusalemme” (ARCHETTI, Per la storia di S. Giulia cit., p. 25),si collega alla spinosa questione della datazione dell’originale, ma soprattutto alla domanda, chesi poneva l’Autrice, se la trascrizione del 1438 fosse solo a scopo conservativo o per l’effettivo usoliturgico. Tale quesito, già affrontato in Architettura e liturgia, cit., verrà meglio precisato nell’in-troduzione al prossimo capitolo sulle chiese minori.

Note e documenti106

hunc psalmum totum submissa voce Deus in adiutorium meum intende. Et ibibenedicat ignem sicut fecerunt eri. In reversione dicat presbiter Lumen Cristiper tres vices alta voce et chorus respondeat ter Deo gratias.” (57)

Il testo non ci consente di capire dove potesse trovarsi il lapis cristalli, inrapporto alla benedizione del fuoco, che è invece chiaramente indicata in S.Nicola. Come già osservato, la descrizione delle due cerimonie del fuoco costi-tuisce un inciso all’interno dell’Ufficio della messa, per cui è il caso di vederecome, più avanti nel testo, si proceda col sabato santo.

“In sabato sancto veniant presbiteri et clerici ad parandum ecclesiam etpostea in ora Sexte incipiant offitium, scilicet ad benedicendum ignem pre-sunte cruce cum incenso et aqua benedicta. Et sacerdos dicat alta voce LumenCristi per tres vices more solito et postmodum benedicat cereum cum cantoisto, scilicet Exultet nunc angelica turba. Cereo benedicto postea deferaturignis novus per omnes domos; deinde incipiat prophetiam, scilicet...” (58)

Come si può notare, il secondo passo costituisce una ripresa e uno svi-luppo del precedente. Mi pare che appaia chiaro, soprattutto dall’immedia-tezza con cui viene descritta la scena (“In reversione dicat presbiter LumenCristi per tres vices alta voce et chorus respondeat ter Deo gratias.”) che lachiesa di S. Nicola doveva trovarsi in prossimità della ecclesia magna. Addirittura,nel secondo passo non appare nemmeno il nome di S. Nicola e, se lo si leg-gesse da solo, la cerimonia parrebbe svolgersi tutta in S. Giulia.

Dove poteva trovarsi, la chiesa di S. Nicola? Quali indicazioni possiamotrarre dall’Ordinario? Esaminando la processione che si deve fare tutti i venerdì“ad Vesperum” agli altari dei santi Nicola, Vincenzo e Gregorio, abbiamo vistoche la formulazione (“Et in omnibus diebus veneris per totum annum debe-tis ire cum processione ad ista tria altaria cum tribus antiphonis et cum tri-bus orationibus...” (59)) potrebbe far pensare a tre altari più o meno equidi-stanti, posti nella stessa chiesa, cioè nella ecclesia magna. Poiché invece l’altaredi S. Nicola si trovava in una chiesa a sé stante, mi pare probabile che nonfosse ubicata molto lontano. A una simile conclusione, come abbiamo appenavisto, sembra portare anche il modo in cui viene descritta la cerimonia del fuoco (60).

(57) F. 28 r, ll. 16-29. Per la citazione completa, vedi prima, pp. 98-99.(58) F. 29 r, ll. 31-36.(59) F. 3 r, ll. 11-12.(60) Un’osservazione analoga si potrebbe fare su un altro testo liturgico bresciano, il già citato

Sacramentario di S. Eufemia (Bologna, Biblioteca Universitaria, Ms. 2547), dove, per il sabato santo,si trova una simile cerimonia, pur con qualche differenza e descritta più sommariamente.

Note e documenti 107

Si potrebbe allora avanzare un’ipotesi. Nell’ultima cappella verso est, sullato nord della basilica (61), è conservato un affresco, parzialmente coperto damuratura, datato “probabilmente ai primi decenni del secolo XIV” (62), raf-figurante un santo in vesti vescovili, con mitra e barba bianca, forse libro nellamano sinistra e pastorale nella destra (63), attributi, come abbiamo visto, chepotrebbero corrispondere ad alcuni modelli iconografici di s. Nicola (64). L’am-biente è stato interpretato come “cappella, portico, sagrestia?” (65): non sem-

“Ipso die hora septima ingrediantur sacrarium sacerdotes et levitec et induant se vestimentissollempnissimis cum quibus vigilias sanctas celebrare debent, diaconi dalmaticis subdiaconi lineisaut sericis albis, et deportetur lumen ab episcopo seu ab abbate quod quinta feria fuerat excussumde lapide et accendatur ex eo cereus positus in arundine et procedant simul omnes de sacrario inecclesiam cum ipso cereo nichil cantantes prosequente eum omni populo sicut supra. Et illumi-nentur ex eo septem lampades ante altare.” (f. 59, ll. 5-13; i corsivi sono miei).

E più avanti: “ Cereo benedicto, illico illuminentur ab eodem in duobus candelabris alii duocerei staturam hominis habentes et de ipso novo et benedicto igne accendant in omni domo quiaomnis ignis anterior quod tunc ardebat extingui debet...” (f. 62, ll. 14-17).

Il primo passo allude a una cerimonia (“quod quinta feria...”), di cui manca invece la descri-zione, o anche solo un accenno, nel giovedì santo (cfr. ff. 51, l. 10 – 53, l. 9), mentre un altro rife-rimento, ancora più indiretto, al fuoco nuovo, si poteva leggere nel venerdì santo: “Feria VI quecest Parasceve illuminentur de novo igne duec candelec ad altare ubi officium agitur.” (f. 53, ll. 9-10).

Sempre nel primo brano citato si può notare l’uso di “sacrarium”, in relazione all’accensionedel cero pasquale. Anche questo sacrarium, che potrebbe essere inteso nell’accezione di “sacre-stia” (cfr. C. DU CANGE, Glossarium mediae et infimae latinitatis, editio nova, a c. di L. Favre, 9vv., Graz 1954, rist. anast. di Niort 1883-1887, ad vocem), doveva trovarsi ben vicino alla chiesaprincipale del monastero. Si possono vedere anche gli altri passi in cui viene nominato il sacra-rium, entrambi al venerdì santo, ai ff. 53, ll. 17-18 e 57, l. 22. Il primo in particolare (“Procedentesitaque de sacrario absque ullo cantu prostrato omni corpore in terram...”), dà la stessa impressio-ne di immediatezza del brano dell’Ordinario ricordato precedentemente. Tra l’altro, per l’am-biente in cui si potrebbe riconoscere la chiesa di S. Nicola è stata proposta ipoteticamente anchel’identificazione come sacrestia: cfr. più avanti, nota 65.

(61) Si veda la fig. 1, lettera a.(62) San Salvatore di Brescia cit., I, scheda n. VI, 22, p. 137.(63) Si veda la fig. 4.L’affresco meriterebbe però una più attenta lettura, soprattutto nei par-

ticolari meno conservati.(64) Naturalmente, attributi come mitra e barba bianca, ma anche pastorale e libro, potreb-

bero ricondurci a diversi altri santi, come Ambrogio e Agostino: l’esistenza però di un altare e diuna chiesa dedicati proprio a s. Nicola, documentati dall’Ordinario, mi pare renda legittima l’i-potesi di interpretazione dell’affresco come raffigurante S. Nicola.

(65) San Salvatore cit., I, scheda n. VI, 22, p. 137: “...doveva tuttavia adornare un ambiente(cappella, portico, sagrestia?) preesistente. Infatti qui è documentata una cappella nel 1320.”Purtroppo il testo non fornisce alcuna precisazione riguardo alla fonte da cui si può dedurre l’e-sistenza di una cappella nel 1320. Riguardo alla data, un’affermazione ancora più decisa si trovaIbidem, scheda n. VI, 19, p. 136 (Le trasformazioni del monastero nei secoli XIV e XV): “Profondealterazioni subì la navata nord di S. Salvatore con l’apertura di una cappella posta più ad oriente,del 1320...”. In assenza di precisi riferimenti a documenti verificabili, non è mi possibile prende-

Note e documenti108

re in considerazione tali affermazioni. Niente risulta nel prezioso volume di regesti dell’archivioBettoni Lechi (cfr. R. ZILIOLI FADEN, Le pergamene del monastero di S. Giulia ora di proprietàBettoni – Lechi, Brescia 1984) e nemmeno tra le fonti inedite citate in ARCHETTI, Per la storia di S.Giulia cit. Se qualche notizia si trova in ASTEZATI (Brescia, Biblioteca Queriniana, Indice alfabeticoistorico cronologico perpetuo dell’archivio dell’insigne e real monistero novo di S. Salvatore e S.Giulia di Brescia, di G. Astezati, 4 vv., Ms. G. I. 4, sec. XVIII), non sono riuscito a reperirla.

(66) Ad analoghe conclusioni giunge Gabriele Archetti, nello studio appena citato: “...chiesadi S. Nicola collocata con certezza «prope chorum», vicino al coro di S. Giulia”; non mi è chiaroperò a quale dei documenti citati in nota si riferisca “prope chorum”. L’Autore comunque pro-spetta poco dopo un’altra possibilità: “...non si può escludere che la sua collocazione potesseanche essere dalla parte opposta della chiesa in prossimità della sagrestia.” (ARCHETTI, Per la sto-ria di S. Giulia cit., p. 25).

bra inverosimile che possa trattarsi della “ecclesia Sancti Nicolai” (66), chiesala cui datazione potrebbe esser circoscritta in un arco di tempo fra la metàdell’XI e il XII secolo.

MARIA BERTELLI - GIANNI BERGAMASCHI

Fig. 1

Note e documenti 109

Pianta del monastero di S. Salvatore – S. Giulia come si presenta adesso, nell’allestimento museale (elaborata dalla pianta della mostra Il futuro dei Longobardi). Piano terra.

a) chiesa di S. Salvatore (nell’Ordinario S. Giulia)b) sottocoroc) S. Maria in Solariod) chiostro rinascímentale

Fig. 2

Note e documenti110

NICOLA di Mira. Immagine di N. Venezia, Basilica di S. Marco (sec. XIII)

Fig. 3

Fig. 4