Legami personali e strutturali al vaglio della disciplina antitrust: lacuna normativa o...

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Legami personali e strutturali al vaglio della disciplina antitrust: lacuna normativa o interpretativa? SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. Partecipazioni di minoranza e interlocking directorates. — 2.1. Diffusione. — 2.2. Ragioni e giustificazioni. — 3. Effetti anticompetitivi. — 3.1. Effetti anticompetitivi di tipo unilaterale. — 3.1.1. Incentivi a competere. — 3.1.2. Incentivi all’in- gresso. — 3.2. Effetti anticompetitivi di tipo coordinato. — 3.2.1. Segnalazione al mercato. — 3.2.2. Influenza sul comportamento del concorrente ed accesso ad informazioni sensibili. — 3.3. Acquisto da parte del controllante, azionisti comuni e interlocking directorates indiretti. — 3.3.1. Acquisto da parte del controllante. — 3.3.2. Azionisti comuni. — 3.3.3. Interlocking directorates indiretti. — 3.4. Effetti anticompetitivi verticali. — 4. Disciplina della concorrenza: normativa, giurisprudenza e rimedi. — 4.1. Introduzione. — 4.2. La disciplina delle concen- trazioni. — 4.3. La disciplina delle intese restrittive della concorrenza e dell’abuso di posizione dominante. — 4.4. L’esperienza italiana. — 4.4.1. La normativa di diritto societario. — 4.4.2. Art. 36 d.l. salva Italia (201/2011). — 4.5. La proposta di modifica del Regolamento concen- trazioni. — 5. Conclusioni. 1. Introduzione. — Il presente elaborato ha lo scopo di delineare, a quasi due anni dall’entrata in vigore dell’art. 36 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (conver- tito, con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214, recante «disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici» ( 1 )) e a pochi mesi dalla pubblicazione dei commenti ricevuti dalla Commissione euro- pea alla consultazione pubblica sulla riforma del Regolamento concentra- zioni ( 2 ), gli elementi di maggiore problematicità dell’instaurazione di legami personali (interlocking directorates ( 3 )) e strutturali (minority shareholdings) in imprese concorrenti. Questi fenomeni sono tra loro strettamente collegati in quanto la presenza del medesimo soggetto negli organi di corporate governance di due o più società rivali consegue di norma alla titolarità di una partecipazione di minoranza da parte di chi lo ha nominato. Interlocking directorates e minority shareholdings ( 4 ) sono stati di recente ( 1 ) L’art. 36, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, rubricato «Tutela della concorrenza e partecipa- zioni personali incrociate nei mercati del credito e finanziari», al primo comma recita: «È vietato ai titolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari di assumere o esercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti». ( 2 ) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, in GUUE L24 del 29 gennaio 2004, 1. La consultazione pubblica della Commissione europea, Towards more effective EU merger control, SWD(2013) 239 final, è reperibile all’indirizzo <http://ec.europa.eu/competition/consultations/2013_merger_control/>. ( 3 ) Per interlocking directorates si intende quella pratica in base alla quale i soggetti apparte- nenti agli organi di governance di una società siedono contemporaneamente negli organi di governo societario di una o più società concorrenti. ( 4 ) Per un’analisi approfondita di questi fenomeni cfr., inter alia,EZRACHI,GILO, EC competi- tion law and the regulation of passive investments among competitors, in Oxford J. Legal Studies, 893/I

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Legami personali e strutturali al vaglio della disciplina antitrust: lacunanormativa o interpretativa?

SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. Partecipazioni di minoranza e interlocking directorates. — 2.1.Diffusione. — 2.2. Ragioni e giustificazioni. — 3. Effetti anticompetitivi. — 3.1. Effettianticompetitivi di tipo unilaterale. — 3.1.1. Incentivi a competere. — 3.1.2. Incentivi all’in-gresso. — 3.2. Effetti anticompetitivi di tipo coordinato. — 3.2.1. Segnalazione al mercato. —3.2.2. Influenza sul comportamento del concorrente ed accesso ad informazioni sensibili. —3.3. Acquisto da parte del controllante, azionisti comuni e interlocking directorates indiretti. —3.3.1. Acquisto da parte del controllante. — 3.3.2. Azionisti comuni. — 3.3.3. Interlockingdirectorates indiretti. — 3.4. Effetti anticompetitivi verticali. — 4. Disciplina della concorrenza:normativa, giurisprudenza e rimedi. — 4.1. Introduzione. — 4.2. La disciplina delle concen-trazioni. — 4.3. La disciplina delle intese restrittive della concorrenza e dell’abuso di posizionedominante. — 4.4. L’esperienza italiana. — 4.4.1. La normativa di diritto societario. — 4.4.2.Art. 36 d.l. salva Italia (201/2011). — 4.5. La proposta di modifica del Regolamento concen-trazioni. — 5. Conclusioni.

1. Introduzione. — Il presente elaborato ha lo scopo di delineare, a quasidue anni dall’entrata in vigore dell’art. 36 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (conver-tito, con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214, recante «disposizioniurgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici» (1)) e apochi mesi dalla pubblicazione dei commenti ricevuti dalla Commissione euro-pea alla consultazione pubblica sulla riforma del Regolamento concentra-zioni (2), gli elementi di maggiore problematicità dell’instaurazione di legamipersonali (interlocking directorates (3)) e strutturali (minority shareholdings) inimprese concorrenti. Questi fenomeni sono tra loro strettamente collegati inquanto la presenza del medesimo soggetto negli organi di corporate governancedi due o più società rivali consegue di norma alla titolarità di una partecipazionedi minoranza da parte di chi lo ha nominato.

Interlocking directorates e minority shareholdings (4) sono stati di recente

(1) L’art. 36, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, rubricato «Tutela della concorrenza e partecipa-zioni personali incrociate nei mercati del credito e finanziari», al primo comma recita: «È vietato aititolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice diimprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari di assumere oesercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti».

(2) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllodelle concentrazioni tra imprese, in GUUE L24 del 29 gennaio 2004, 1. La consultazione pubblicadella Commissione europea, Towards more effective EU merger control, SWD(2013) 239 final, èreperibile all’indirizzo <http://ec.europa.eu/competition/consultations/2013_merger_control/>.

(3) Per interlocking directorates si intende quella pratica in base alla quale i soggetti apparte-nenti agli organi di governance di una società siedono contemporaneamente negli organi di governosocietario di una o più società concorrenti.

(4) Per un’analisi approfondita di questi fenomeni cfr., inter alia, EZRACHI, GILO, EC competi-tion law and the regulation of passive investments among competitors, in Oxford J. Legal Studies,

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oggetto di crescente interesse da parte della dottrina giuridica ed economica sullascia di importanti studi promossi da organizzazioni internazionali (si pensi inparticolare allo studio realizzato dalla Organisation for Economic Cooperationand Development (5)), autorità (si vedano le indagini dell’Office of Fair Tra-ding (6) e dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (7)), interventi diorgani giudiziari (su tutti, si pensi al caso Ryanair/Aer Lingus (8)) e proposte diintervento, a livello europeo (si pensi alle parole di Joaquin Almunia, commis-sario per la concorrenza, ribadite più volte in recenti conferenze (9) e allapubblicazione di due bandi per la realizzazione di ricerche sull’impatto chel’acquisto di partecipazioni di minoranza può avere sulla concorrenza (10)), enazionale (emblematica è stata l’introduzione di un «divieto di interlocking» nelnostro ordinamento a norma dell’art. 36 sopra citato).

Il crescente interesse per il fenomeno è dimostrato anche dalle numeroseconferenze organizzate negli ultimi anni e dedicate, integralmente o in parte, altema in esame, alle quali hanno spesso partecipato rappresentanti della Commis-sione europea e delle diverse Autorità antitrust nazionali dimostrando di cono-scere bene il fenomeno e di condividere le preoccupazioni espresse più volte dalcommissario Almunia (11). L’importanza del fenomeno ha raggiunto l’apice conl’avvio da parte della Commissione europea, il 20 giugno 2013 (12), di unaconsultazione pubblica sulla riforma del Regolamento concentrazioni tesa adecidere se estendere la portata di quest’ultimo ad includere l’acquisto dipartecipazioni di minoranza non conferenti il controllo.

La trattazione che segue si concentrerà sulle partecipazioni di minoranzanon conferenti il controllo, vale a dire su quelle partecipazioni che non permet-

2006, 327; CORRADI, Le partecipazioni societarie che non veicolano il controllo: riflessioni dieconomia e diritto antitrust, in Riv. dir. comm., 2007, 363; SANTAGATA (a cura di), I legami personalinegli organi amministrativi delle società tra autonomia privata e regole di mercato, Torino, Giappi-chelli, 2011.

(5) OCSE, Antitrust Issues Involving Minority Shareholding and Interlocking Directorates(DAF/COMP(2008)30).

(6) OFT, Minority interests in competitors, Report by DotEcon, 2010.(7) AGCM, IC36, La corporate governance di banche e compagnie di assicurazioni, 23

dicembre 2008, n. 19386, in Boll. n. 49/2008.(8) Trib. UE, 6 luglio 2010, causa T-342/07, Ryanair/Commissione, in Racc., 2010, II-3457;

Trib. UE, 6 luglio 2010, causa T-411/07, Aer Lingus/Commissione, in Racc., 2010, II-3691.(9) ALMUNIA, EU merger control has come of age, al Merger Regulation in the EU after 20 years,

co-presentato dall’IBA Antitrust Committee e dalla Commissione Europea, 10 Marzo 2011 (SPE-ECH/11/166); ID., Merger review: Past evolution and future prospects, 2 Novembre 2012 (SPEECH/12/773); ID., The role of competition policy in times of crisis, 6 Dicembre 2012 (SPEECH/12/917)

(10) Scaduti rispettivamente il 15 settembre 2011 (COMP/2011/016) e il 17 novembre 2011(COMP/2011/029).

(11) Si notino, inter alia, la conferenza organizzata dalla International Bar Association il 10marzo 2011, dal titolo «Merger Regulation in the EU after 20 Years» (presenti: Manuel de la Mano,Deputy Chief Economist della DG Comp e Jorg Nothdurft, Head of Legal Service del Bundeskartel-lamt tedesco), la conferenza di Concurrences del 22 maggio 2013 dal titolo «Minority Shareholdingsand Interlocking Directorates» e la quinta conferenza LEAR, «on the Economics of CompetitionLaw», tenutasi a Roma il 27-28 giugno 2013 (tra i partecipanti: Roberto Chieppa, segretario generaledell’AGCM, e Beatriz de Guindos Talavera della Comisiòn Nacional de la Competencia).

(12) Comm. UE, Towards more effective EU merger control, SWD(2013) 239 final. Laconsultazione si è conclusa in data 12 settembre 2013 ed è prevista la pubblicazione di un librobianco entro la fine del 2014.

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tono all’impresa acquirente di determinare la condotta concorrenziale dellapartecipata. I potenziali effetti anticoncorrenziali scaturenti dall’acquisto e dalpossesso di partecipazioni in imprese concorrenti, infatti, non si esauriscono alcaso in cui la partecipazione acquisita consenta, di diritto o di fatto, di controllarela rivale (dando luogo ad una concentrazione in senso stretto), ma si estendonoalle partecipazioni che permettono all’impresa acquirente di influenzare la con-corrente (nominando uno o più componenti del consiglio di amministrazione,esercitando il diritto di voto in assemblea o gli altri diritti accordati alle mino-ranze) (partecipazioni c.d. «attive») ovvero esclusivamente di partecipare agliutili (partecipazioni c.d. «passive») (la partecipazione agli utili di un’impresarivale, come si vedrà, incide negativamente sugli incentivi a concorrere dell’ac-quirente e può essere utilizzata come strumento per facilitare il raggiungimentoed il mantenimento di un equilibrio collusivo).

Sia la teoria economica che gli studi empirici hanno dimostrato come lapresenza di legami personali (interlocking directorates) e strutturali (minorityshareholdings) tra concorrenti, in mercati di tipo oligopolistico fortementeconcentrati, possa determinare una riduzione della spinta competitiva delleimprese coinvolte (e, sotto certe condizioni, anche delle altre presenti sulmercato) facilitando altresì un equilibrio di tipo collusivo. La presenza di legamipersonali e strutturali aumenta infatti la trasparenza circa le condotte future delleimprese legate, riducendo l’incertezza sulle strategie adottate dai rivali ed instau-rando al contempo un costante flusso informativo.

L’analisi prenderà le mosse dagli effetti anticoncorrenziali che possonoaccompagnare questi fenomeni andando poi a concentrarsi sul trattamento che illegislatore, le autorità e le corti gli hanno riservato, con lo scopo di verificarnel’adeguatezza.

2. Partecipazioni di minoranza e interlocking directorates. — L’acquisto diuna partecipazione di minoranza non conferente il controllo, pur senza attribuirela «possibilità di esercitare un’influenza determinante sulle attività di un’im-presa» ai sensi dell’art. 3 Regolamento concentrazioni e dell’art. 7 l. 287/1990,può, tramite l’esercizio dei diritti ad essa connessi o semplicemente tramite lapartecipazione agli utili, alterare gli incentivi a concorrere delle imprese coin-volte. Nello specifico, gli effetti anticompetitivi scaturenti dalla detenzione diminority shareholdings possono essere distinti in due categorie: effetti unilaterali,presenti anche nel caso in cui l’acquisizione sia completamente passiva (13), eeffetti coordinati, presenti, in via diretta, esclusivamente nel caso di partecipa-

(13) Entrambe le tipologie di partecipazione al capitale di un concorrente, determinandol’internalizzazione di una esternalità competitiva (i profitti dell’impresa partecipata), riducono gliincentivi a concorrere in maniera aggressiva. Per una analisi v. REYNOLDS, SNAPP, The CompetitiveEffects of Partial Equity Interests and Joint Ventures, in Int. J. Ind. Org., 1986, 4, 144. Conriferimento agli investimenti passivi, afferma CORRADI, (nt. 4), 369, che: «il potenziale anticoncor-renziale si annida principalmente nei disincentivi di carattere finanziario alle guerre di prezzo. In talicasi, dunque, esattamente all’opposto di quanto avviene con riferimento a quelli connessi al controllosocietario, il disincentivo concorrenziale si situa in capo all’impresa acquirente e non in capo a quellapartecipata».

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zioni attive (14). Il motivo di questa differenza è presto detto: soltanto nel caso incui l’acquisizione sia attiva è possibile per l’impresa acquirente influenzaredirettamente, tramite l’esercizio dei diritti ad essa riconosciuti (diritti di voto,diritti a tutela delle minoranze e diritto di nominare propri rappresentantiall’interno del consiglio di amministrazione), la condotta concorrenziale dellapartecipata; le partecipazioni passive, al contrario, possono incidere, diretta-mente, soltanto sugli incentivi dell’impresa acquirente. Ciò non significa che lepartecipazioni passive non possono avere effetti coordinati; questi, infatti, pos-sono presentarsi, anche se solo in via indiretta, per il fatto di avere diritto dipartecipare agli utili della concorrente, qualora l’impresa acquirente sia un’im-presa maverick (15), cioè l’impresa che ha maggiori incentivi a deviare da unaccordo collusivo (espresso o tacito). L’acquisto della partecipazione portal’impresa maverick ad internalizzare parte delle perdite (in termini di volumi divendita e margini di guadagno) che un suo comportamento aggressivo sulmercato causerebbe alla rivale partecipata. Tramite l’autoimposizione di unapenalità in caso di deviazione dall’equilibrio collusivo (16), l’impresa maverickmodifica i suoi incentivi a competere rendendo per lei economicamente piùvantaggiosa la collusione rispetto alla concorrenza. In tal modo facilita il rag-giungimento e il mantenimento di un equilibrio collusivo (altrimenti insostenibileper la diffidenza dei concorrenti nei confronti della maverick) che le permette diraggiungere più elevati e stabili guadagni. Gli effetti unilaterali si estendono cosìin ambito coordinato (tramite la pubblicità dell’acquisto della partecipazione diminoranza in una concorrente l’impresa maverick segnala al mercato le sueintenzioni) determinando una diminuzione della spinta concorrenziale genera-lizzata.

Per ciò che concerne le partecipazioni attive, invece, i diritti ad esse connessi(il più rilevante dei quali è indubbiamente il diritto di nominare propri rappre-sentanti all’interno del consiglio di amministrazione, i.e. interlocking directora-tes) permettono di instaurare un sistema di scambio di informazioni da e verso lapartecipata e di influenza sul suo processo decisionale, idoneo a facilitare ilcoordinamento delle condotte e l’instaurazione di un equilibro collusivo traconcorrenti (17).

(14) O’BRIEN, SALOP, Competitive Effects of Partial Ownership: Financial Interest and CorporateControl, in Antit. L. J., 2000, 67, 562 e GILO, The Anticompetitive Effects of Passive Investment, inMichigan Law Review, 2000, 99, 20.

(15) Si considera maverick, un’impresa che «ha storicamente impedito o contrastato il coor-dinamento, ad esempio non seguendo gli aumenti di prezzo dei concorrenti, o che possiedecaratteristiche che le conferiscono un incentivo a preferire scelte strategiche diverse da quelle chesarebbero gradite dai concorrenti che partecipano al coordinamento». COMMISSIONE EUROPEA, Orienta-menti relativi alla valutazione delle concentrazioni orizzontali a norma del regolamento del Consigliorelativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, in GUUE C 031 del 5 febbraio 2004, par. 42.

(16) Per una analisi v. GILO, MOSHE, SPIEGEL, Partial ownership and tacit collusion, in RAND J.Ec., 2006, 37, 81.

(17) REYNOLDS, SNAPP, (nt. 13); GHEZZI, Intrecci azionari e concorrenza. Il caso Generali/Ina, inMercato conc. reg., 2000, 256 e 259.

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La presenza di interlocking directorates, in particolare, permette di stabilirerapporti privilegiati (finanche collaborativi) tra le imprese concorrenti legate, diacquisire e scambiare informazioni e di influenzare l’attività dei rivali (18).

Da un attento studioso della materia è stato prospettato un calzante para-gone tra interlocking directorates e matrimoni tra membri di diverse dinastie (19).Le imprese sono paragonate a case regnanti che, stringendo rapporti personali(un tempo, vincoli coniugali), suggellano preziose alleanze «in una logica dipotenza». Gli interlocking directorates permettono di creare e rafforzare rapportidi «amicizia», avvicinare tra loro imprese naturalmente distanti (quali, di regola,le imprese tra loro concorrenti) e portare avanti potenziali collaborazioni (taciteo esplicite) o perlomeno ridurre la tensione competitiva. A questo si aggiunge lapossibilità per l’acquirente di conoscere (ed influenzare) le strategie della rivaleimpedendogli di concorrere efficacemente ed eventualmente agganciando lapropria condotta in maniera «parassitaria».

Dovendo gli amministratori condivisi rispettare un duplice dovere fiduciario,nei confronti di società che hanno (teoricamente) interessi contrapposti, le loroscelte tenderanno alla massimizzazione dei benefici congiunti, «facilitando da unlato situazioni di quieto vivere tra le imprese coinvolte, dall’altro l’assunzione diposizioni omogenee nei confronti dei concorrenti non coinvolti dal legame» (20).

Per ciò che concerne specificamente l’accesso a e la condivisione di infor-mazioni sensibili, discendente dall’instaurazione di interlocking directorates e, inmisura minore, dallo stesso status di azionista (21), questo si potrà qualificarecome anticompetitivo soltanto qualora sia finalizzato o sia di stimolo o fonda-mento per comportamenti collusivi (22).

(18) Già nel 1914, Louis D. Brandeis, influente giudice della Corte Suprema degli Stati Unitid’America, notava come: «The practice of interlocking directorates is the root of many evils. It offendslaws human and divine. Applied to rival corporations, it tends to the suppression of competition [...].Applied to corporations which deal with each other, it tends to disloyalty and to violation of thefundamental law that no man can serve two masters. In either event it tends to inefficiency; for itremoves incentive and destroys soundness of judgment. It is undemocratic for it rejects the platform“a fair field and no favors” — substituting the pull of privilege for the push of manhood» BRANDEIS,The Endless Chain - Interlocking Directorates, in Harper’s Weekly, 6 dicembre 1913, 13; ID., OtherPeople’s Money And How The Bankers Use It, F.A. Stokes, 1914, 31.

(19) MOAVERO MILANESI, Legami personali fra imprese (“interlocking directorship”) e dirittocomunitario della concorrenza: riflessioni, in Governo dell’impresa e mercato delle regole: scrittigiuridici per Guido Rossi, Milano, Giuffrè, 2002, 948.

(20) GHEZZI, Legami personali tra intermediari finanziari e diritto della concorrenza. Sull’op-portunità di introdurre uno specifico divieto anti-interlocking nell’ordinamento italiano, in SANTAGATA

(a cura di), (nt. 4), 87.(21) Nelle parole dell’OCSE, (nt. 5), 30: «[even] passive minority shareholders may have

access to information that an independent competitor would not have, such as plans to expand, tomerge with or to acquire other firms, plans to enter into major new investments; plans to expandproduction or to enter or expand into new markets».

(22) Corte Giust. UE, 8 luglio 1999, causa C-49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, inRacc., 1999, I-4125, parr. 121-125; Corte Giust. UE, 8 luglio 1999, causa C-199/92 P, Hüls/Commissione, in Racc., 1999, I-04287; Trib. UE, 8 ottobre 2008, causa T-69/04, Schunk e SchunkKohlenstoff-Technik/Commissione, in Racc., 2008, II-2567. Gli interlocking directorates non pos-sono «sempre considerarsi vietat[i] di per sé. Se, infatti, è vero che vi è condivisione soggettivadell’informazione sensibile, non è invece detto che tale informazione sia automaticamente rilasciatadal soggetto interessato all’organo amministrativo o agli esecutivi dell’impresa di cui faccia parte.Pochi dubbi sembrano invece sussistere circa la presenza di una pratica lesiva quando sia lo stesso

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In aggiunta alla nomina dei propri rappresentanti, agli azionisti di minoranzasono normalmente concessi ulteriori diritti, pensati per proteggere il valore delloro investimento da eventuali abusi della maggioranza. Questi diritti, quandol’azionista è un concorrente, si prestano ad usi ed abusi che permettono aquest’ultimo di conoscere ed influenzare la condotta della partecipata (e i suoiazionisti) indirizzandola a condotte collusive (in caso di partecipazione «amiche-vole») o impedendogli scelte procompetitive (nel caso in cui la partecipazione sia«ostile» e il concorrente abbia diritto di veto su determinate decisioni (23)).

Inter alia vale la pena ricordare i diritti di informazione diretta previsti dagliartt. 2429 e 2422 c.c., il potere di convocazione dell’assemblea (art. 2367 c.c.),e di integrazione dell’ordine del giorno (previsto espressamente per le societàquotate dall’art. 126-bis, d.l. n. 58/1998 o «TUF»). Vengono inoltre in evidenzal’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (art. 2393-bis c.c.) ipoteri di denuncia al collegio sindacale di fatti ritenuti censurabili (art. 2408c.c.) (24), di denuncia al tribunale di gravi irregolarità (art. 2409 c.c.), diimpugnativa delle delibere assembleari (art. 2377 c.c.), nonché lo stesso dirittodi voto in assemblea nel caso in cui siano previsti quorum costitutivi e deliberativiparticolarmente elevati (art. 2369 c.c.). Le singole norme che prevedono isuddetti diritti e poteri delle minoranze stabiliscono anche la partecipazionerichiesta per poterli esercitare, partecipazione normalmente fissata in misuraridotta nei casi di partecipazioni in società quotate.

2.1. Diffusione. — Per dare un’idea della diffusione del fenomeno in esameè di particolare interesse, per l’approfondimento che la caratterizza e per lachiarezza dei risultati raggiunti, l’indagine conoscitiva dell’AGCM (25) conla quale quest’ultima ha analizzato la presenza di minority shareholdings einterlocking directorates in banche, compagnie di assicurazione e SGR concor-renti.

Per ciò che concerne le partecipazioni di minoranza, i risultati mostranocome il 18,6% delle società incluse nel campione analizzato, rappresentanti il42,3% dell’attivo totale, sono caratterizzate dalla presenza nel loro azionariato dialtre banche, compagnie di assicurazione e/o SGR. Per ciò che concerne le sole

soggetto interlocked a rivestire una carica esecutiva. In questo caso, infatti, vi è coincidenza tra chiriceve e chi può usare le informazioni, cosicché la presunzione di cui alla giurisprudenza comunitariasembra potersi applicare pienamente» (GHEZZI, La nuova disciplina dei legami personali in Italia, inMercato conc. reg., 2012, 2, 212).

(23) Competition Commission Report, Ryanair Holdings plc/Aer Lingus Group plc, 28 agosto2013.

(24) Come nota FERRARI, L’abuso del diritto nelle società, Padova, Cedam, 1998, 128, «Nel casoin cui tale denuncia sia proposta da un singolo socio, il collegio può limitarsi a tenerne conto, senzatuttavia avere alcuno specifico obbligo in merito: l’effetto di tale denuncia diviene, però, assai piùpregnante laddove la stessa provenga dai soci che rappresentano un ventesimo del capitale sociale. Inquesto caso, infatti, il collegio sindacale è tenuto “ad indagare senza ritardo sui fatti denunciati” e apresentare le proprie conclusioni e proposte all’assemblea».

(25) AGCM, IC36, (nt. 7).

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società quotate, il dato appare ancora più preoccupante essendo ben il 60,9%,corrispondenti al 67,3% dell’attivo totale, ad essere caratterizzato dalla presenzadi competitors nel proprio azionariato (26).

Passando agli interlocking directorates, il risultato emerso dall’indagine è cheil 79,5% delle imprese oggetto di analisi, 95,9% per valore dell’attivo totale,presentavano all’interno dei propri organismi di governance soggetti con incari-chi in imprese concorrenti. Le società quotate appaiono maggiormente interes-sate anche dal fenomeno degli interlocking directorates (89,2% contro il 62,3%delle non quotate) (27).

Con riferimento al contesto internazionale, tra i Paesi analizzati l’Italiarisulta essere quello con la più elevata percentuale di società quotate caratteriz-zate da interlocking, superando di gran lunga il Regno Unito (47,1%), laGermania (43,8%) e la Francia (26,7%), mentre in Spagna e Olanda non è datoriscontrare questo fenomeno (28). L’Italia primeggia inoltre per numero di indi-vidui (per società) con cumuli di incarichi ed è l’unico paese (insieme allaFrancia) in cui questi legami personali interessano imprese operanti nei medesimisettori.

Da questa veloce digressione si comprende come, almeno per quello cheriguarda il settore di mercato analizzato (probabilmente uno dei più importantidella nostra economia), siano in sostanza sempre le medesime persone aricoprire posizioni di vertice nelle imprese di dimensioni rilevanti, il chepresenta indubbie problematiche di tipo politico ed economico (oltre checoncorrenziale) e rischia di sfociare in gravi «dissesti a catena» (29) in caso dicrisi generalizzata.

Questo breve accenno al grado di diffusione del fenomeno del cumulo dicariche in Italia, in particolare nel settore bancario ed assicurativo, può farmeglio comprendere le ragioni che hanno motivato il legislatore ad intervenirecon il c.d. divieto di interlocking introdotto con l’art. 36 d.l. 201/2011.

(26) AGCM, IC36, (nt. 7), par. 220. Al par. 271 si specifica inoltre: «Le banche tendono ad esserela tipologia di operatore maggiormente partecipato da competitors, anche se non tutti di natura stret-tamente bancaria. Le compagnie di assicurazione sono, invece, gli operatori maggiormente interessatida legami azionari con società che operano nei medesimi mercati».

(27) In CONSOB, Relazione per l’anno 2012, Roma, 31 marzo 2013, 211, si legge: «lapresenza di almeno un consigliere con incarichi in altre società quotate riguarda 177 società, pari acirca il 71 per cento del mercato in termini numerici e al 95 per cento in termini di capitalizzazione[...]. Il fenomeno risulta particolarmente rilevante per 33 società, per le quali oltre la metà deiconsiglieri esercita incarichi in altri emittenti. Con particolare riguardo alle società operanti nelsettore finanziario, ovverosia banche, assicurazioni e altri intermediari quotati, le evidenze mostranoche in circa il 20 per cento delle società (ossia 11 su 54) non sono presenti interlocker; il dato siattesta, invece, al 31 per cento nel settore non finanziario (60 casi su 194)».

(28) AGCM, IC36, (nt. 7), par. 252.(29) SANTAGATA, Interlocking directorates ed “interessi degli amministratori” di società per

azioni, in Riv. soc., 2009, 311, dove si legge: «Una simile diffusione del cumulo di cariche nei consiglidi amministrazione delle società quotate italiane è giustamente ritenuta patologica, in quanto naturaleprecipitato della struttura familiare di un capitalismo retto su gruppi piramidali, “scatole cinesi” eincroci azionari. In un tale contesto, la condivisione di consiglieri costituisce eccellente strumento dirafforzamento dei legami di controllo azionario fondati su partecipazioni reciproche di minoranza,poiché ostacola la sua contendibilità, garantendo coesione all’interno dei gruppi».

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Dal punto di vista europeo ed internazionale, si considerino i dati contenutineinumerosi studi empirici inmateria (30) enella recentissimapropostadimodificadel Regolamento concentrazioni presentata dalla Commissione europea (31).

2.2. Ragioni e giustificazioni. — L’acquisto di partecipazioni in impreseconcorrenti può essere anche motivato da ragioni non anticompetitive (32). Daquesto punto di vista vengono in evidenza: (i) i c.d. blocking holdings (parteci-pazioni acquistate con lo scopo di impedire l’acquisizione del controllo sullasocietà target da parte di soggetti terzi); (ii) le partecipazioni funzionali adimplementare accordi di R&S e di licenza (facilitando il monitoraggio dellacondotta delle imprese coinvolte, la partecipazione al processo decisionale,l’appropriazione dei ricavi derivanti dagli accordi stipulati e, in generale, raffor-zando le relazioni commerciali tra le imprese coinvolte) (33); infine, (iii) lepartecipazioni finalizzate a diversificare il rischio. Mentre nel primo caso glieffetti dell’acquisizione dipendono dagli effetti che avrebbe avuto l’acquisizionebloccata (34), nel secondo caso i potenziali effetti in termini di efficienza devonoessere bilanciati con gli effetti anticompetitivi derivanti dalla più stretta collabo-razione tra imprese concorrenti che la partecipazione è tesa a realizzare. La terzacategoria di giustificazioni, invece, si risolve sostanzialmente in una scommessasui maggiori profitti dell’impresa rivale coi conseguenti effetti in termini diincentivi a competere aggressivamente.

Più convincenti appaiono le motivazioni portate a sostegno della natura nonanticompetitiva degli interlocking directorates (35). Questi ultimi, infatti, pos-sono favorire la cooptazione e il monitoraggio tra le imprese coinvolte (36) neicasi in cui all’interno del consiglio di amministrazione di un’impresa (concor-

(30) ALLEY, Partial Ownership Arrangements and Collusion in the Automobile Industry, in J.Ind. Econ., 1997, 45(2), 191; PARKER, ROLLER, Collusive Conduct in Duopolies: Multimarket Contactand Cross-Ownership in the Mobile Telephone Industry, in RAND J. Ec., 1997, 28(2), 304;DIETZENBACHER, SMID, VOLKERINK, Horizontal integration in the Dutch financial sector, in Int. J. Ind.Org., 2000, 18, 1223.

(31) Comm. UE, Towards more effective EU merger control, SWD(2013) 239 final, parte3/3, 18.

(32) Per una analisi v. OCSE, (nt. 5), 21; MEADOWCROFT, THOMPSON, Minority Share Acquisition:an Impact upon Competition, Luxembourg, Office for Publications of the European Communities,1986; REYNOLDS, SNAPP, (nt. 13); GILO, Passive Investment, in Issues in Comp. Law & Pol’y, 2008, 3,1658; GILO, The anticompetitive, (nt. 14), 44.

(33) DASGUPTA, TAO, Bargaining, bonding, and partial ownership, in Int. Ec. Rev., 2000, 41(3),609; FEE, HADLOCK, THOMAS, Corporate equity ownership and the governance of product marketrelationships, in J. Fin., 2006, 61(3), 1217.

(34) Nel caso Ryanair/Aer Lingus ad esempio, la Competition Commission inglese ha consi-derato anticompetitivo l’acquisto di una partecipazione di minoranza da parte di Ryanair in AerLingus in quanto, inter alia, ha impedito a quest’ultima di fondersi con altri operatori e in tal mododi divenire un concorrente più aggressivo.

(35) Inter multis, MIZRUCHI, What do interlocks do? An Analysis, critique, and assessment ofresearch on interlocking directorate, in Ann. Rev. Soc., 1996, 22, 271.

(36) DOOLEY, The interlocking directorate, in American Ec. Rev., 1969, 59, 314; MIZRUCHI,STEARN, A longitudinal study of the formation of interlocking directorate, in Adm. Sci. Quarterly,1988, 33(2), 118, come citati in SANTELLA, DRAGO, POLO, GAGLIARDI, Una comparazione tra le reti diamministratori nelle principali società quotate tra Italia, Francia e Gran Bretagna, in L’industria,2008, 2.

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rente, in rapporto verticale o meno) siedono rappresentanti di società con le qualila prima ha rapporti di fornitura, distribuzione, ricerca e sviluppo di attivitàcongiunte, finanziamento, etc. Scopo degli interlocking directorates è in questocaso di fornire un punto privilegiato di osservazione, superando l’asimmetriainformativa e riducendo i costi di transazione in modo tale da permettereall’acquirente di monitorare le decisioni gestorie e partecipare alla loro forma-zione (37).

La nomina di amministratori di riconosciuta abilità e competenza, dotati diampie reti di relazioni, può inoltre essere uno strumento efficace per le impreseal fine di costruirsi o migliorare la propria reputazione sul mercato (38), permet-tendo loro di fare proprio un elevato bagaglio di competenze ed esperienzetecniche e manageriali che aiutino l’impresa ad aumentare la propria redditivitàed efficienza (39) per meglio affrontare la concorrenza sul mercato (40). Sottoquesta prospettiva, esiste un mercato (del lavoro) al cui interno gli amministra-tori rappresentano l’offerta e le imprese la domanda. Le imprese operano suquesto mercato appunto come consumatori e gli amministratori come offerentiun servizio. In questo mercato, in particolare nel caso in cui amministratoriesperti e competenti siano in short supply, l’assunzione del miglior amministra-tore può facilmente coincidere con l’assunzione di un amministratore che detienegià cariche analoghe in altre imprese (concorrenti). Un divieto indiscriminatopotrebbe quindi portare ad una limitazione della libertà di scelta delle imprese-consumatori a cui sarebbe di conseguenza impedito assumere l’amministratorecorrispondente alle proprie necessità (41).

Assumendo il punto di vista dell’amministratore, il cumulo di incarichi puòtrovare giustificazione nella remunerazione, nel prestigio e nell’acquisizione direlazioni personali in grado di garantire ulteriori opportunità professionali (42).L’avere incarichi in molteplici consigli di amministrazione, infatti, dimostraquanto il soggetto sia richiesto e quanto le sue capacità professionali, o perlo-meno relazionali, siano apprezzate.

(37) MARIOLIS, Interlocking directorates and control of corporations: the theory of bank control,in Soc. Sci. Quarterly, 1975, 56, 425, come citato in SANTELLA, DRAGO, POLO, GAGLIARDI, (nt. 36).

(38) SELZNICK, Leadership in administration, New York, Harper and Row, 1957, come citato inSANTELLA, DRAGO, POLO, GAGLIARDI, (nt. 36).

(39) Cfr. FALCE, Profili di rilievo concorrenziale del cumulo di cariche. Cenni sui limiti di unmodello bonne à tout faire, in SANTAGATA (a cura di), (nt. 4), 151, che continua: «[i]n questaprospettiva, l’intreccio personale [...] svolge una funzione tendenzialmente positiva perché consentedi accedere alle risorse più utili, promuovendo forme proficue di collaborazione e più ampiamente dicoesione sociale».

(40) GHEZZI, La nuova disciplina, (nt. 22), 208.(41) GERBER, Enabling Interlock Benefits While Preventing Anticompetitive Harm: Toward an

Optimal Definition of Competitors under Section 8 of the Clayton Act, in Yale J. on Reg., 2007, 24,3 («An individual who currently serves as a director or officer of another corporation may simply bemore qualified for a similar directorship position than an individual without this experience»);TRAVERS JR., Interlocks in Corporate Management and the Antitrust Laws, in Texas L. Rev., 1968, 46,854; GHEZZI, Legami personali tra intermediari finanziari e diritto della concorrenza: sull’opportunitàdi introdurre uno specifico divieto anti-interlocking nell’ordinamento italiano, in Riv. soc., 2010, 5,1009; MIZRUCHI, (nt. 35), 276.

(42) ZAYAC, Interlocking Directorates as an Interorganizational Strategy, in Acad. Manage. J.,1988, 31(2), 428, come citato in SANTELLA, DRAGO, POLO, GAGLIARDI, (nt. 36).

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Si consideri infine che la creazione di legami personali (e strutturali) traoperatori sul medesimo mercato (e sui mercati collegati) può essere utilizzataanche come strumento di protezione nei confronti di scalate ostili. In questosenso costituiscono uno strumento «efficace, non di rado, ideale per garantire lostatus quo» (43).

In aggiunta alle sopra citate redeeming virtues dei legami strutturali epersonali, un autore in particolare (44), in risposta ad uno scritto teso a dimo-strare il potenziale anticompetitivo delle partecipazioni di minoranza (45), hamesso in evidenza alcuni fattori c.d. real world che avrebbero l’effetto di ridurrese non addirittura eliminare la verosimiglianza degli effetti anticompetitivi. Purnon potendo approfondire l’argomento in questo elaborato (46) se ne proponecomunque un accenno. I fattori real world, capaci di incidere sulla probabilità emagnitudo degli effetti anticompetitivi legati all’acquisto di partecipazioni diminoranza sono: (i) l’incompletezza delle informazioni di cui dispone il mana-gement nel decidere la strategia competitiva dell’impresa; (ii) gli incentivi delmanagement nel prendere determinate decisioni e (iii) l’impossibilità di ottenerein concreto i benefici derivanti dalla condotta collusiva.

Per ciò che concerne il primo punto, la mancanza di informazioni chiare edettagliate (in merito ai costi marginali delle imprese coinvolte, alla reazione chequeste ultime avranno in caso di riduzione della pressione concorrenziale, etc.)può portare l’impresa acquirente a non modificare le proprie strategie in favoredi una ridotta spinta concorrenziale, non avendo questa la certezza che neconsegua un aumento dei propri profitti. Questa critica è tuttavia scarsamentesignificativa essendo l’incompletezza informativa propria di ogni decisione im-prenditoriale (47). Con la seconda critica, l’autore evidenzia come i managersiano valutati dal mercato e dall’impresa sulla base dei risultati (soprattutto dibreve periodo) della propria gestione, indipendentemente dall’andamento del-l’impresa target. Si noti tuttavia che amministratori e manager perseguono, dinorma, gli interessi degli azionisti e saranno di conseguenza portati a prediligerela massimizzazione dei profitti congiunti di acquirente e target rispetto a quellidella sola società gestita (48).

Per ciò che concerne l’ultima critica, sicuramente la più suggestiva, l’impos-sibilità per l’acquirente di far propri i maggiori guadagni della target, conseguitialla riduzione della concorrenza, può dipendere: (i) dall’operatività della parte-

(43) MOAVERO MILANESI, (nt. 19), 950.(44) DUBROW, Challenging The Economic Incentives Analysis of Competitive Effects in Acqui-

sitions of Passive Minority Equity Interests, in Antit. L. J., 2001, 69, 131.(45) O’BRIEN, SALOP, Competitive, (nt. 14), 559.(46) Per un’analisi approfondita si legga il dibattito tra gli autori coinvolti: O’BRIEN, SALOP,

Competitive, (nt. 14); DUBROW, (nt. 44); O’BRIEN, SALOP, The Competitive Effects of Passive MinorityEquity Interests: Reply, in Antit. L. J., 2001, 69, 611.

(47) O’BRIEN, SALOP, The Competitive, (nt. 46), 616.(48) O’BRIEN, SALOP, The Competitive, (nt. 46), 620: «if one were to assume that managers were

interested only in the profits of their specific business and totally ignored the implications for thecorporation, then a merger among GM, Ford, Toyota, and Daimler/Chrysler would be permissiblebecause it could be assumed that all the models would be priced independently by managers with anarrow focus, similarly could not be presumed that merger plans were designed on average toincrease efficiency».

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cipata su di una molteplicità di mercati (l’aumento dei profitti sul mercato in cuile imprese sono concorrenti può essere ridotto o addirittura eliminato dai risultatidella partecipata su altri mercati); e (ii) dall’assenza di controllo sulle scelte diinvestimento dell’impresa partecipata (l’acquirente potrebbe pensare che i mag-giori profitti vengano sperperati da un management incapace, a causa di erratescelte d’investimento) (49).

3. Effetti anticompetitivi.

3.1. Effetti anticompetitivi di tipo unilaterale. — L’acquisizione di parte-cipazioni di minoranza non conferenti il controllo può determinare (indipenden-temente dalla volontà di chi le acquista e dal fine col quale sono acquistate), inmercati oligopolistici (50), i seguenti effetti unilaterali (51): (i) diminuzione degliincentivi a ridurre i prezzi, aumentare le quantità prodotte ed in generale aconcorrere in maniera aggressiva con l’impresa partecipata (le perdite inflitte aquest’ultima sarebbero in parte internalizzate dall’impresa acquirente) e corre-lativo aumento degli incentivi ad alzare i propri prezzi (partecipando l’acquirentea parte dei maggiori profitti che il dirottamento dei clienti porterà all’impresarivale) (52); (ii) diminuzione degli incentivi ad entrare (o, per lo meno, entrarevigorosamente) in un mercato nuovo nel quale è attiva l’impresa partecipata (53).L’impresa acquirente, infatti, a seguito dell’acquisto della partecipazione cer-cherà di massimizzare, non più semplicemente il suo profitto individuale, bensìil profitto congiunto suo e della rivale (in ragione della quota di partecipazioneacquistata) evitando conseguentemente di intraprendere azioni che possanodanneggiare la concorrente in maniera (proporzionalmente) superiore ai profittiche da quelle azioni conta di ottenere.

In aggiunta ai sopraccitati effetti anticompetitivi potenzialmente collegatiall’acquisto e alla detenzione di partecipazioni di minoranza, è stato di recenteposto in evidenza come la presenza di un concorrente nell’azionariato possaavere l’effetto di dissuadere dall’investire imprese potenzialmente interessate a

(49) O’BRIEN, SALOP, The Competitive, (nt. 46), 621.(50) Tanto più il mercato si avvicina alla concorrenza perfetta tanto più improbabili saranno gli

effetti unilaterali. Questo perché l’aumento dei prezzi al di sopra del costo marginale, in caso diprodotti perfettamente sostituibili e in assenza di limiti alla produzione, porterebbe tutti i clienti aspostarsi da un’impresa alle altre. GILO, Passive, (nt. 32), 1639; TIROLE, The Theory of IndustrialOrganization, MIT Press, 1988.

(51) Critici sul punto sono MALUEG, Collusive Behaviour and Partial Ownership of Rivals, inInt. J. Ind. Org., 1992, 10, 27; OFT, (nt. 6), 10; FLATH, When is it rational for firms to acquire silentinterests in rivals?, in Int. J. Ind. Org., 1991, 9, 573; REITMAN, Partial Ownership Arrangements andthe Potential for Collusion, in J. Ind. Ec., 1994, 42, 313. Ne forniscono, invece, una dimostrazioneempirica DIETZENBACHER, SMID, VOLKERINK, (nt. 30).

(52) REYNOLDS, SNAPP, (nt. 13), 144. GILO, Passive, (nt. 32), 1637 («the [acquiring] firm has anincentive to compete less aggressively since it internalizes a portion of the rival’s profits through itsinvestment. This basic intuition translates directly into unilateral anticompetitive effects and indi-rectly into coordinated anticompetitive effects») e O’BRIEN, SALOP, Competitive, (nt. 14). Per un’ana-lisi economica v. FARRELL, SHAPIRO, Horizontal Mergers: An Equilibrium Analysis, in American Ec.Rev., 1990, 107. Per alcuni esempi numerici v. GILO, The anticompetitive, (nt. 14), 8.

(53) REYNOLDS, SNAPP, (nt. 13), 150.

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rendere la target più competitiva (54). Allo stesso modo, alla partecipata potreb-bero essere impedite operazioni di espansione e consolidamento con altre im-prese che, in assenza di un concorrente ostile nell’azionariato, sarebbe statainteressata a portare avanti.

3.1.1. Incentivi a competere. — L’acquisto di una partecipazione di mino-ranza in un’impresa concorrente, e la conseguente partecipazione agli utili diquest’ultima, fa sì che il calcolo dei profitti dell’acquirente includa anche unaquota parte dei profitti della rivale (55). L’impresa acquirente terrà quindi inconsiderazione l’impatto che hanno le proprie decisioni sui profitti della rivale ela sua ottica passerà da quella di massimizzazione dei propri profitti individualia quella di massimizzazione della somma tra i propri profitti e la quota parte disua spettanza dei profitti della rivale (56). In quest’ottica, un aumento dei prezziche prima dell’acquisizione non si sarebbe rivelato conveniente può diventarlo inragione delle vendite recuperate dal concorrente partecipato. Allo stesso modo ladecisione dell’acquirente di tenere una condotta aggressiva è disincentivata dalfatto che, ad un potenziale aumento della propria quota di mercato e dei propriprofitti, seguirebbe una diminuzione dei profitti della partecipata che si riflette-rebbe in parte sui propri per il tramite della partecipazione (a profitti e perdite)detenuta (57). Questi effetti discendono automaticamente dalla detenzione di una

(54) Competition Appeal Tribunal, BSkyB v the Competition Commission et al, 29 settembre2008 e Competition Commission Report, Ryanair Holdings plc/Aer Lingus Group plc, 28 agosto2013.

(55) «Under the rules of competition, A would like nothing better than to force B out of themarket through A’s greater efficiency. As a result of partial acquisition [by A of B], however, Asuddenly has a strong financial interest in B’s welfare. The risk of tacit or express collusion mayincrease dramatically». HOVENKAMP, Federal Antitrust Policy: The Law of Competition and ItsPractice, West Group, 1994, 497.

(56) Un esempio numerico di questo effetto è fornito da O’BRIEN, SALOP, Competitive, (nt. 14),574.

(57) Come afferma GHEZZI, Intrecci azionari, (nt. 17), 258: «[o]gni mossa competitiva chedovesse comportare guadagni in termini di quote di mercato e profitti, a svantaggio dei concorrentidei quali si detengono partecipazioni, verrebbe premiata sotto il profilo dei ricavi derivanti dallagestione ordinaria, ma verrebbe «punita» sotto quello dei ricavi derivanti dalla gestione finanziaria».Cfr. anche BUCCIROSSI, SPAGNOLO, Corporate Governance and Collusive Behaviour, CEPR DiscussionPaper No. DP6349, 2007, 8: «Any decision that has a negative impact on the rival’s profit (such asincreasing output) will be carried out up to the point where the marginal gain stemming from its ownprofits equals the marginal loss stemming from the reduction of profits of the competing firm».

La stessa AGCM ha recepito i risultati della teoria economica nella più volte citata indagineconoscitiva: «Considerando il caso più semplice, rappresentato dal mero possesso di quote azionarie,sia dirette sia indirette attraverso azionisti comuni, in competitors che consentono di parteciparesoltanto agli utili aziendali, la teoria economica mostra come gli equilibri non cooperativi di giochi neiquali esistano siffatti legami tendono ad essere caratterizzati da livelli dei prezzi più elevati (che inassenza di tali legami). Tali effetti derivano essenzialmente dal fatto che i legami azionari consentonodi internalizzare alcuni benefici che ogni impresa genera a favore delle altre per effetto di condotteunilaterali (competitive externalities). Ciò determina una correlazione positiva tra i profitti di impreseconcorrenti in forza della quale le imprese hanno incentivi meno forti a competere aggressivamente»(AGCM, IC36, (nt. 7), par. 258).

La presenza e l’ordine di grandezza degli effetti anticompetitivi, sia unilaterali che coordinati,dipende in concreto da una serie di fattori che variano caso per caso. Quando ci si trova di fronteall’acquisizione di una partecipazione di minoranza in un’impresa concorrente bisognerà quindivalutare i seguenti elementi. Dal punto di vista della struttura del mercato: (i) il numero di impresepresenti (grado di concentrazione); (ii) la presenza di barriere all’ingresso o all’espansione ed

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partecipazione in un’impresa concorrente, indipendente dallo scopo con cuiquesta è stata acquistata e dalla volontà dell’impresa acquirente. L’esistenza dieffetti unilaterali può essere utilizzata dall’impresa acquirente come penalitàautoimposta finalizzata a segnalare al mercato la sua volontà di colludere (58).

3.1.2. Incentivi all’ingresso. — Per ciò che concerne la riduzione degliincentivi all’ingresso, ciò che viene in evidenza è l’effetto che l’ingresso dell’ac-quirente su di un nuovo mercato nel quale già opera la partecipata può avere sullaquota di mercato e sui profitti di quest’ultima. Qualora l’ingresso causi un’elevatariduzione del valore della partecipazione, l’acquirente sarà disincentivato adentrare sul nuovo mercato (o almeno a farlo in maniera aggressiva) (59).

Nel caso inverso, di acquisto di una partecipazione in un potenziale nuovoentrante da parte di un’impresa che già si trova sul mercato, «[n]on si può escludereche il potere di exit possa essere esercitato in maniera distorta, cioè che l’incumbentfaccia coincidere una vendita in massa delle azioni della new entry proprio con ilmomento dell’ingresso di quest’ultima nel mercato. Posto, infatti, che i mercatifinanziari abbiano valutato positivamente l’ingresso, un’immediata diminuzionedel valore delle azioni di questa al momento dell’ingresso potrebbe essere letta dalmercato, invece, come un pessimo indicatore della bontà dell’ingresso (consen-tendo tra l’altro all’incumbent di lucrare del prezzo delle azioni aumentato pereffetto della prima positiva valutazione data dai mercati finanziari). Naturalmente,questa è solamente una delle possibili reazioni dell’incumbent, la quale potrebbeinvece preferire lanciare un segnale pacifico (mantenere la partecipazione), confunzione di invito alla collusione. In entrambi i casi, comunque, gli effetti, sul pianoantitrust, non potrebbero dirsi positivi» (60).

3.2. Effetti anticompetitivi di tipo coordinato. — Si passa ora a trattaredegli effetti anticompetitivi c.d. coordinati, che possono presentarsi (indiretta-

esistenza di potenziali nuovi entranti; (iii) l’elasticità/rigidità della domanda; (iv) il tipo di concor-renza; (v) il grado di differenziazione dei beni; (vi) la trasparenza delle condizioni di mercato; (vii)il numero di imprese caratterizzate da legami personali o strutturali. Dal punto di vista delle impresecoinvolte: (i) la loro quota di mercato; (ii) il grado di sostituibilità/complementarietà tra i loroprodotti e la diversion ratio; (iii) la natura del prodotto venduto (differenziato o omogeneo); (iv) lasimmetria tra i loro margini, costi variabili e fissi; (v) le interrelazioni e i rapporti industriali ecommerciali esistenti tra loro e con le altre imprese presenti sul mercato. Con riferimento, infine, allaspecifica transazione: (i) l’entità della partecipazione acquisita e degli altri strumenti aventi effettianaloghi (obbligazioni, contratti per differenza, pacchetti remunerativi degli amministratori...); (ii) idiritti a questa connessi (e quindi la possibilità di influenzare la target e acquisire informazionisensibili); (iii) la reciprocità dei legami (personali o strutturali); (iv) l’acquisto da parte della maverickfirm o del controllante.

(58) Su questo v. oltre il paragrafo 3.2 dedicato agli effetti anticompetitivi di tipo coordinato.(59) Si consideri tuttavia che: «una partecipazione di minoranza in un mercato nel quale si

progetta un ingresso può costituire un mezzo per saggiare la redditività del medesimo. In particolare,poi, se tale partecipazione consente all’investitore di nominare un membro del Consiglio di ammi-nistrazione, le possibilità di ottenere informazioni utili al fine di valutare la convenienza dell’ingressosono notevolmente incrementate. [...] Se dunque la partecipazione è detenuta per un tempo breve,con mera funzione di studio, la sussistenza della medesima non dovrebbe destare preoccupazionisotto il profilo antitrust» (CORRADI, (nt. 4), 386).

(60) CORRADI, (nt. 4), 387.

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mente) anche nel caso di partecipazioni passive. Tali effetti si possono suddivi-dere in tre categorie: (i) segnalazione al mercato dell’intenzione di concorrere inmaniera meno aggressiva e conseguente stimolo o conferma degli impegnicollusivi; (ii) influenza sul comportamento competitivo dell’impresa partecipatatramite l’esercizio del diritto di voto, dei diritti di minoranza e in particolare deldiritto di nominare propri rappresentanti all’interno degli organi di governancedell’impresa (da cui, potenzialmente, gli interlocking directorates); (iii) accessoad informazioni sensibili, non pubbliche e competitivamente significative, suprezzi, costi e strategie dell’impresa concorrente.

3.2.1. Segnalazione al mercato. — Come sopra dimostrato, l’acquisto diuna partecipazione di minoranza (attiva o passiva che sia) può determinare effettiunilaterali che riducono gli incentivi a competere aggressivamente e a deviare daun accordo collusivo (in ragione degli effetti negativi che queste condottepotrebbero avere sui profitti dell’impresa partecipata). Da questo discende che lacomunicazione al mercato di questa modifica dei propri incentivi a concorrere(tramite la pubblicità dell’acquisizione) può servire a convincere le altre impreseche vi operano della fedeltà dell’acquirente all’impegno collusivo.

L’acquisto ha l’effetto di stimolare il raggiungimento di un equilibrio collu-sivo soltanto se tra le imprese acquirenti c’è l’impresa maverick. La propensionedi quest’ultima a condurre una politica di riduzione dei prezzi e deviazione dallacollusione è infatti superiore a quella delle altre ed è conseguentemente inferiorela propensione a concludere (o comunque a rispettare) un accordo collusivo.L’auto-imposizione di una penalità in caso di deviazione (61) (la partecipazionealle perdite da essa causate alla partecipata) aumenta l’attendibilità dell’impegnoa non deviare dalla condotta concordata in misura indubbiamente superiore aqualsiasi accordo scritto o tacito che le imprese potrebbero concludere tra loro.La partecipazione acquistata si configura così come uno strumento che attesta, inmaniera visibile e credibile (62), l’impegno dell’acquirente a colludere, stimo-lando così le altre imprese (che, di fronte al rischio di deviazione da parte dellamaverick, sarebbero portate ad anticiparla evitando di coordinare i propricomportamenti) a fare lo stesso.

3.2.2. Influenza sul comportamento del concorrente ed accesso ad infor-mazioni sensibili. — La detenzione di partecipazioni di minoranza attive, cosìcome l’esistenza di interlocking directorates (63), ha un potenziale anticompeti-

(61) GILO, The anticompetitive, (nt. 14), 11, 16 e 21; GILO, Passive, (nt. 32), 1639.(62) GILO, The anticompetitive, (nt. 14), 19. Per poter verificare se l’impegno sia credibile sarà

necessario valutare, caso per caso, come questo incida sul bilanciamento tra gli incentivi a competee a colludere dell’impresa acquirente. Per fare questo sarà ovviamente necessario tenere in conside-razione i fattori menzionati poco sopra.

(63) In merito ai rapporti tra queste due figure si legga MOAVERO MILANESI, (nt. 19): «malgradoun legame personale fra imprese possa essere istituito a prescindere dall’acquisto o dal possesso diuna partecipazione azionaria, è certo più frequente il contrario. Vale a dire che la presenza di unapersona nel consiglio di amministrazione di una data azienda, di solito, corrisponde alla detenzionedi una quota di minoranza da parte di chi (società o individuo) lo ha designato. Pertanto, si può

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tivo indubbiamente superiore alla titolarità di partecipazioni meramente finan-ziarie, consentendo all’acquirente di influenzare, direttamente, l’impresa concor-rente e di avere accesso ad informazioni sensibili. Pur essendo l’influenzaesercitabile insufficiente a determinare la condotta della partecipata, rimanespesso sufficiente a modificare gli incentivi di quest’ultima in senso anticoncor-renziale: (i) facilitando il raggiungimento di un’intesa tacita e aumentandone lasostenibilità ovvero (ii) impedendo alla partecipata di assumere decisioni strate-giche che le permetterebbero di concorrere con l’acquirente in maniera piùefficace.

Dal primo punto di vista, tre elementi permettono ad un accordo collusivodi essere sostenibile (64): (i) le imprese partecipanti devono essere in grado dimonitorare il comportamento delle altre ed individuare prontamente eventualideviazioni rispetto alla condotta concordata; (ii) deve essere possibile mantenerenel tempo l’equilibrio, ossia deve essere prevista, in caso di deviazione, unapunizione sufficientemente severa da incentivare le imprese a non discostarsidalla linea di condotta comune; (iii) la reazione dei concorrenti attuali e poten-ziali e dei consumatori non deve mettere a repentaglio i risultati attesi dallacollusione. Il possesso di una partecipazione di minoranza attiva e l’esistenza diinterlocking directorates permettono alle imprese un più facile ed immediatocoordinamento e controllo delle condotte nonché un costante flusso informativo.In tal modo si viene a creare un canale di comunicazione privilegiato ed informaleche permette alle imprese coinvolte di scambiarsi informazioni sensibili, raggiun-gere accordi e coordinare le proprie condotte sul mercato (65). La creazione dilegami personali e strutturali tra imprese concorrenti comporta inoltre il raffor-zamento dei rapporti di fiducia tra le imprese legate e il raggiungimento di unequilibrio di quiet life (66).

rilevare come, in genere, un “interlocking directorship” si ricolleghi ad altre situazioni societarie,quali: le partecipazioni minoritarie, magari incrociate; la riconducibilità di più imprese a una comuneentità che ne possieda quote, entità sovente finanziaria; l’esistenza di patti di sindacato per il controllocongiunto di aziende».

(64) Orientamenti relativi alla valutazione delle concentrazioni orizzontali, (nt. 15), parr.41-43.

(65) Tra i molti, DAVIS, Agents without principles? The spread of the poison pill through theintercorporate network, in Adm. Sci. Quarterly, 1991, 36, 583; e MIZRUCHI, The structure of CorporatePolitical Action, Harvard University Press, Cambridge, 1992; OCSE, (nt. 5), 129; BUCCIROSSI,SPAGNOLO, (nt. 57), 10; MOAVERO MILANESI, (nt. 19), 960.

(66) GHEZZI, Intrecci azionari, (nt. 17). Degli effetti anticompetitivi, unilaterali e coordinati, diminority shareholdings e interlocking directorates si è occupata con grande chiarezza anche l’AGCM,14 marzo 1995, n. 2881, caso I109 - Titanus Distribuzione/Cinema 5, in Boll. n. 11/1995, parr. 32e 33, la quale scrive: «lo scambio di partecipazioni tra [concorrenti] ha rappresentato il mezzomediante il quale è stata avviata e realizzata una politica di coordinamento delle attività [...]. Non viè dubbio infatti che un coordinamento fra imprese concorrenti possa risultare dall’esistenza dipartecipazioni incrociate e dalla rappresentanza di ciascuna impresa negli organi statutari dell’altra,in quanto ciascuna impresa partecipante potrà esercitare una certa influenza sull’attività dell’impresapartecipata, tramite le informazioni che può ottenere sull’attività di un concorrente e tramite ilcontributo alle decisioni commerciali della stessa (provvedimento dell’AGCM del 17 giugno 1992,I/25, Cementir-Merone). [...] [I]n virtù della presenza di entrambe le società madri negli organisocietari, nonché della possibilità di esercitare i relativi diritti di voto, il socio di minoranza avevaaccesso alle informazioni interne della società ed era in grado di esercitare una certa influenza sugliorgani societari o su qualsiasi dei suoi membri. Lo scambio di partecipazioni reciproche da parte delle

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A quanto sopra si aggiunge che, qualora la partecipazione sia ostile, lapossibilità per l’acquirente di intervenire nel processo decisorio della concorrentepotrebbe permettergli di influenzarne la condotta in senso anticompetitivo tra-mite l’imposizione del proprio veto ad operazioni potenzialmente vantaggiose perla concorrente che la renderebbero una più efficiente ed efficace rivale.

Infine, anche nei diritti che la legge riconosce alle minoranze è insito unpotenziale anticompetitivo. L’acquirente può infatti incidere sulla condotta dellatarget anche per il tramite di pressioni sugli organi di governance della so-cietà (67) così come attraverso l’esercizio dei diritti di partecipazione alla vitasociale (in termini di influenza sulla strategia della società così come di accessoad informazioni sensibili) assegnati alle minoranze. Citando alcuni esempi pre-visti dalla normativa nazionale, l’art. 2393-bis c.c. legittima una minoranzaqualificata ad esperire l’azione sociale di responsabilità nei confronti degliamministratori della partecipata; l’art. 2395 c.c. prevede l’esperibilità di un’a-zione individuale da parte del singolo socio direttamente danneggiato, e l’art.2409 c.c. conferisce agli azionisti di minoranza il potere di denuncia al tribunale.Questi poteri riconosciuti alle minoranze possono essere utilizzati in manieraabusiva da parte del concorrente al fine di influenzare gli amministratori dellapartecipata, impedendole di (o rendendo comunque poco conveniente) prenderedecisioni che possano danneggiare l’impresa acquirente.

3.3. Acquisto da parte del controllante, azionisti comuni e interlockingdirectorates indiretti.

3.3.1. Acquisto da parte del controllante. — Si sono sinora analizzatiunicamente legami personali e strutturali diretti tra imprese tra loro concorrenti.È ora il caso di considerare brevemente un’ulteriore fattispecie di investimentoche può presentarsi nella pratica, l’acquisto di una partecipazione di minoranzada parte del soggetto controllante un’impresa concorrente con quella in cuil’investimento è effettuato. In questo caso, il controllante (che appunto esercitaun’influenza determinante sulla condotta dell’impresa controllata) includerà, nelcalcolo di massimizzazione dei propri profitti, anche la partecipazione detenutanell’impresa partecipata. L’importanza di ciascuna impresa nel calcolo di mas-simizzazione dei profitti dipenderà dall’entità di entrambe le partecipazioni

società madri, quindi, consentiva una collaborazione stretta e continua delle stesse, a discapitodell’indipendenza delle politiche commerciali. In altri termini, le società hanno inteso perseguire unapolitica commerciale comune, limitando il proprio impegno concorrenziale. Ognuna di esse, infatti,avendo perfetta conoscenza dell’attività svolta dall’altra, è stata in grado di prevedere le reazionireciproche e le conseguenze di possibili comportamenti non cooperativi». Nelle parole dell’indagineconoscitiva: «[l]’esistenza di soggetti con posizioni di interlocking directorates [può consentirescambi di informazioni sensibili tra competitors; permettendo], ad esempio, ad un’impresa diformulare i propri piani strategici conoscendo (anche in anticipo) la strategia dei propri competitors.Ciò potrebbe favorire l’effettuazione di scelte meno aggressive di quelle che vi sarebbero state inassenza di tali informazioni e/o la formazione, ove ve ne siano i presupposti, di accordi [espressi otaciti] restrittivi della concorrenza [nonché la loro stabilità potendo disincentivare] comportamentidevianti da accordi [...] già in essere» (AGCM, IC36, (nt. 7), parr. 265-266).

(67) DUBROW, (nt. 44), 612.

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detenute, non solo quindi della partecipazione acquistata, ma anche della parte-cipazione di controllo. In questo senso, il soggetto controllante potrebbe aumen-tare l’importanza attribuita ai profitti generati dall’impresa partecipata (a disca-pito di quelli della controllata) semplicemente diluendo la partecipazione dicontrollo (senza bisogno di aumentare la partecipazione di minoranza). Infatti,diluendo la propria partecipazione di controllo, l’acquirente porrà maggior pesosul rendimento della partecipata e si impegnerà di conseguenza a gestire lacontrollata in maniera poco aggressiva. L’investimento del controllante puòessere una valida alternativa all’acquisto diretto di una partecipazione in un’im-presa concorrente in quanto la diluizione della partecipazione di controllo noninnesca di norma alcuna reazione delle autorità preposte alla tutela della con-correnza, neanche nelle giurisdizioni in cui a queste ultime sia conferito il poteredi sottoporre a scrutinio l’acquisto di partecipazioni non conferenti il con-trollo (68).

3.3.2. Azionisti comuni. — L’AGCM considera anche, all’interno della suaindagine conoscitiva, una fattispecie spesso negletta dalla dottrina: gli azionisticomuni. In un breve passaggio, infatti, l’Autorità ricorda che «[g]li effetti appenadescritti possono prodursi non solo in caso di partecipazioni dirette tra impreseconcorrenti ma anche in presenza di azionisti comuni nel capitale di competi-tors» (69). In questo caso infatti, l’obiettivo degli azionisti comuni (indipenden-temente dal rapporto esistente tra di loro e con le società partecipate) sarà quellodi massimizzare il valore congiunto delle partecipazioni detenute e quindi ilprofitto totale (in caso di partecipazioni uniformi) delle imprese partecipate. Daquesto punto di vista sarà quindi loro interesse indirizzare la condotta dellesocietà concorrenti partecipate verso comportamenti non reciprocamente aggres-sivi se non addirittura collusivi.

3.3.3. Interlocking directorates indiretti. — Così come la partecipazioneazionaria indiretta può avere effetti anticompetitivi, lo stesso può dirsi per gliinterlocking directorates indiretti, capaci di mascherare allo stesso modo ipossibili effetti anticoncorrenziali legati alla condivisione di amministratori,essendo il legame stabilito per il tramite di una società terza (70).

(68) «When a firm’s controller (be it a parent corporation or an individual) invests in the firm’scompetitor, in addition to the controller’s stake in the competitor, the controller’s stake in the firm itcontrols becomes important. The smaller the controller’s stake in the firm it controls, the lessaggressively will the controller cause the firm it controls to compete. This is because, the smaller thecontroller’s stake in the firm it controls, the more weight the controller places on its stake in thecompeting firm. This further implies that even relatively small stakes the controller holds in thecompeting firm could substantially lessen competition if the controller has a diluted stake in the firmit controls». GILO, The anticompetitive, (nt. 14), 26.

(69) AGCM, IC36, (nt. 7), par. 264.(70) «[U]na sorta di incrocio fra legami orizzontali e verticali può riscontrarsi quando ci si trovi

di fronte a una joint venture. È, infatti, possibile che le società madri stabiliscano legami personali [...]nel consiglio della controllata in comune. Simili intrecci vanno attentamente scrutinati alla luce delleregole antitrust; anzi una delle preoccupazioni di fondo nell’esame di una joint venture è proprio di

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3.4. Effetti anticompetitivi verticali. — Pur trattandosi di un argomentocontroverso che richiederebbe una trattazione più approfondita di quella per-messa da questo scritto, si propone di seguito una breve disanima dei potenzialieffetti anticompetitivi legati all’acquisto di partecipazioni di minoranza e all’in-staurazione di interlocking directorates in imprese operanti su mercati vertical-mente collegati (71). Questi effetti sono stati da ultimo discussi proprio dallaCommissione europea nella sua proposta di modifica del Regolamento concen-trazioni (72).

Qualora l’impresa acquirente operi sul mercato a valle e la partecipata siaattiva a monte (c.d. backward link), l’acquirente potrà partecipare dei profitti chela target realizza fornendo il proprio prodotto ai suoi concorrenti. L’esistenza diun legame tra le due imprese potrebbe quindi avere un effetto unilaterale moltosimile a quello ricollegato all’acquisto di partecipazioni in imprese concorrenti(l’acquirente internalizza in parte l’effetto positivo che una riduzione della suaspinta competitiva ha sulla quantità di prodotti acquistati dai concorrenti), dalquale, come spiegato, possono essere fatti discendere effetti coordinati (73).L’impresa a valle potrebbe inoltre decidere, data la sua partecipazione ai profittidell’impresa a monte, di rivolgersi unicamente (o principalmente) a quest’ultimaper i suoi fabbisogni. In questo caso, qualora il mercato a valle sia moltoconcentrato, l’acquisto di una partecipazione di minoranza potrebbe avere gravieffetti escludenti nei confronti delle concorrenti dell’impresa a monte (74).

Nel caso inverso in cui l’investimento sia effettuato dall’impresa a monte inun’impresa operante sul mercato di destinazione dei propri prodotti (c.d. forwardlink), gli effetti verticali della detenzione di una partecipazione di minoranzapotrebbero risolversi nell’incentivo per l’impresa fornitrice a discriminare tra lapartecipata e le sue concorrenti riservando alla prima un trattamento preferen-ziale in quanto anch’essa si gioverebbe (anche se in misura indubbiamenteminore rispetto al caso di full merger (75)) di un aumento dei profitti della primaa discapito delle seconde (76).

L’acquisto di una partecipazione di minoranza e l’instaurazione di interlo-

comprendere se non funga da veicolo di collusione fra le imprese che l’hanno costituita» (MOAVERO

MILANESI, (nt. 19), 956).(71) Comm. UE, 13 ottobre 2000, caso COMP/M.2050, Vivendi/Canal+/Seagram, in GUUE

C311 del 30 ottobre 2000; Comm. UE, 13 marzo 2009, caso COMP/M.5406, IPIC/MAN Ferrostaal,in GUUE C114 del 19 maggio 2009.

(72) Comm. UE, Towards more effective EU merger control, SWD(2013) 239 final.(73) HUNOLD, RÖLLER, STAHL, Backwards Integration and Strategic Delegation, ZEW Discussion

Paper No. 12-022, 2012.(74) Gli effetti escludenti rimangono comunque molto più circoscritti rispetto a quelli derivanti

da una concentrazione. In questo caso infatti solo parte dei maggiori profitti realizzati dalla targetupstream sarebbero fatti propri dall’acquirente downstream mentre quest’ultimo dovrebbe soppor-tare l’intera perdita dovuta all’esclusione dei concorrenti dell’impresa fornitrice partecipata.

(75) SPIEGEL, Backward integration, forward integration, and vertical foreclosure, CEPR Di-scussion Paper No. DP9617, 2013; GILO, LEVY, SPIEGEL, Partial vertical integration, ownershipstructure and foreclosure, in corso di pubblicazione.

(76) Nel valutare gli effetti anticompetitivi dell’acquisto di una partecipazione di minoranza inun’impresa a valle, è necessario tenere conto, non solo dell’effetto sopra menzionato, ma anchedell’impatto di segno opposto che una riduzione delle proprie vendite (e quindi dei profitti da essederivanti) alle concorrenti della target potrebbe avere sui profitti totali dell’impresa acquirente.

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cking directorates tra imprese in rapporto verticale può inoltre permettereall’acquirente di accedere ad informazioni privilegiate sui rapporti commercialitra la target e i suoi concorrenti (77).

A questi effetti si aggiunge l’effetto tipico dei legami strutturali, e soprattuttopersonali, di sviluppare un regime di quiet life che porta le imprese legate asviluppare rapporti privilegiati tra di loro discriminando o addirittura escludendole imprese concorrenti (a monte o a valle) che non ne sono parte.

4. Disciplina della concorrenza: normativa, giurisprudenza e rimedi.

4.1. Introduzione. — L’acquisto di partecipazioni di minoranza così comel’instaurazione di interlocking directorates, sono di difficile inquadramento entrola normativa antitrust europea e nazionale. Gli strumenti a disposizione delleautorità, infatti, non sono pensati e per molti versi non sembrano adeguati ascongiurare i potenziali effetti anticoncorrenziali legati al fenomeno di cui sitratta. La creazione di legami personali e strutturali (di minoranza) cade infattisicuramente fuori dalla disciplina delle concentrazioni (che presuppone unamodifica duratura del controllo delle imprese interessate) (Regolamento (CE)139/2004 e art. 5 e ss. l. 287/1990), mentre la si potrebbe ricomprenderenell’ambito di applicazione della normativa in tema di intese restrittive dellaconcorrenza (art. 101 Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea o«TFUE» e art. 2 l. 287/1990) o di abuso di posizione dominante (art. 102 TFUEe art. 3 l. 287/1990). Pur non essendo queste norme pensate per sottoporre ascrutinio questo tipo di fenomeni e la loro applicazione da parte delle Autorità siastata spesso negletta o inadeguata, l’acquisto di una partecipazione di minoranza(e l’instaurazione di interlocking directorates), che non si configuri come ipotesidi modifica del controllo, può essere sussunto entro la disciplina delle inteserestrittive della concorrenza o dell’abuso di posizione dominante se determina lacreazione di una struttura atta ad agevolare la collaborazione tra le impresecoinvolte oppure dia accesso ad informazioni sull’impresa partecipata che pos-sano influire sui rispettivi rapporti e sulla condotta concorrenziale tenuta, favo-rendone l’uniformazione (78). L’applicazione di queste disposizioni è stata tutta-via incostante e spesso insufficiente da parte delle autorità, le quali hannodimostrato di avere una comprensione altalenante del fenomeno e dei suoirisvolti anticoncorrenziali.

La situazione è in parte diversa in Regno Unito (79) e Germania (80), per

(77) Oltre ad aumentare la trasparenza del rapporto concorrenziale, l’accesso ad informazioniconfidenziali può portare i concorrenti dell’acquirente a rivolgersi altrove per paura che informazionisulla loro attività finiscano nelle mani del primo.

(78) Corte Giust. UE, 17 novembre 1987, cause riunite n. 142 e 156/84, BAT e Reynolds c.Commissione, in Racc., 1987, 4487, e Comm. UE, 10 novembre 1992, caso IV/33.440, Warner-Lambert/Gillette e altri e IV/33.486, BIC/Gillette e altri, in GUUE L116 del 12 maggio 1993. Cfr.inoltre AGCM, 14 marzo 1995, n. 2881, caso I109 - Titanus Distribuzione/Cinema 5, in Boll. n.11/1995 e AGCM, 8 giugno 1995, n. 3086, caso I114 - Parmalat/Granarolo Felsinea, in Boll. n.23/1995.

(79) Nel Regno Unito, la notifica di una concentrazione non è obbligatoria. Le parti possono

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rimanere entro i confini europei, dove è possibile configurare una fattispecieconcentrativa anche al di là dei casi in cui l’acquisizione permetta di esercitareun’influenza determinante, fino ad includere le partecipazioni che conferiscono lapossibilità di esercitare un’influenza rilevante ovvero competitivamente signifi-cativa sulla condotta dell’impresa partecipata.

Viene in evidenza infine l’ordinamento statunitense il quale prevede speci-ficamente (Section 7 e 8 del Clayton Act (81)) la possibilità di sottoporre ascrutinio (quasi) tutte le acquisizioni di partecipazioni, con la sola esclusione diquante effettuate «solely for investment» (82), nonché di intervenire in caso diinterlocking directorates (83). Queste peculiarità dell’ordinamento antitrust sta-tunitense sono legate a doppio filo alle ragioni che ne hanno determinato lanascita (84).

portare a compimento la concentrazione senza chiedere né attendere il placet dell’OFT, esponendosiovviamente al rischio che quest’ultima decida di aprire una procedura ex officio e vieti la concen-trazione (con il conseguente obbligo di dissoluzione). Ai sensi della Section 26(3) Enterprise Act2002, sussiste una concentrazione quando due imprese cessano di essere distinte, ivi incluso il casoin cui un’impresa acquisti una partecipazione che gli permette di esercitare un’influenza rilevantesulla target. Un’influenza rilevante è considerata di norma presente nei casi in cui la partecipazioneammonti al 25% dei diritti di voto. Non può tuttavia escludersi che l’OFT individui la possibilità diesercitare un’influenza rilevante anche in caso di partecipazioni del 15% o inferiori (OFT, Mergers.Jurisdictional and Procedural Guidance, 2009, par. 3.20).

(80) Il controllo delle concentrazioni in Germania è regolato dal Gesetz gegen Wettbewerb-sbeschränkungen o “GWB”. Ai sensi del par. 37 GWB, l’autorità garante tedesca (Bundeskartellamt)può controllare (e, ai sensi del par. 39, le imprese sono obbligate a notificare) acquisizioni dipartecipazioni non conferenti il controllo che: (i) superino la soglia del 25% del capitale o dei dirittidi voto (par. 37, n. 3), ovvero (ii) permettano all’acquirente di esercitare un’influenza competitiva-mente significativa sulla target (par. 37, n. 4). La Commissione, nell’Annex 2 al documento diconsultazione per la riforma della Merger Regulation, fornisce alcuni dati relativi ai casi di parteci-pazioni di minoranza che hanno coinvolto il Bundeskartellamt. Mentre il 10-12% di tutte leconcentrazioni notificate è rappresentato da partecipazioni di minoranza, soltanto lo 0,6% corri-sponde a partecipazioni notificate in ragione del conferimento all’acquirente di un’influenza compe-titivamente significativa. Questo 0,6% però corrisponde all’11% di tutte le decisioni di divietoassunte dal Bundeskartellamt (v. anche ZIGELSKI, Der wettbewerblich erhebliche Einfluss wird 20, inWuW 2009, 1268; BARDONG, The German Experience, in Concurrences, 2011, 3, 34 e HINCHLIFFE,Legal experience from the UK and Germany, in Concurrences, 2013, 3).

(81) Rispettivamente, 15 U.S.C. § 18 e 15 U.S.C. § 19.(82) La Section 7 del Clayton Act qualifica come concentrazione qualunque acquisizione

dell’intero o parte del capitale di un’altra impresa. In questo senso, qualunque acquisizione di unapartecipazione in un’altra imprese può essere considerata una concentrazione (U.S. v. E.I. duPont deNemours & Co., 353 U.S. 586 (1957)). La Section 7(3) prevede la c.d. solely for investmentexception, per le partecipazioni acquisite come investimento, che però non pare applicabile ai casi incui la target sia un’impresa concorrente dell’acquirente (FTC, Statement of Basis and Purpose for theHart-Scott-Rodino Regulations, in Federal Register, 31 luglio 1978, 43, 33465, n. 5). È possibilesottoporre a scrutinio l’acquisto di partecipazioni non conferenti il controllo anche in Bosnia, Brasile,Canada, Chile, India, Israele, Giappone, Corea, Russia, Africa del Sud e Ucraina (PFISTER, LesParticipation Minoritaires: Quel Effet Sur L’analyse De Concurrence?, <http://www.concurrences.com/IMG/pdf/seminaire_concurrences_270313.pdf>).

(83) La Section 8 del Clayton Act vieta gli interlockings tra amministratori (e amministratori eofficers) di imprese concorrenti il cui fatturato sia superiore a determinate soglie, aggiornateperiodicamente, e le attività in concorrenza superino una determinata percentuale del loro fatturato.

(84) L’introduzione dello Sherman Act nel 1890 rappresentò la reazione del congresso alladiffusa utilizzazione del trust a fini anticompetitivi. «[I]l trust veniva utilizzato per concordare lecondotte imprenditoriali di imprese potenzialmente concorrenti. [...] Si concepì questo congegno: iconsiglieri di amministrazione di una società affidavano ai loro concorrenti il diritto di votare neipropri consigli, ottenendo da questi la stessa opportunità. Si creava così un sistema in cui pochissimepersone erano in grado di concordare strategie di varie imprese. In altre parole a decidere erano in

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4.2. La disciplina delle concentrazioni. — Ciò che caratterizza il fenomenooggetto di studio e che ne determina le peculiarità dal punto di vista normativoè il fatto che l’acquirente non sia in grado di esercitare un’influenza determinanteai sensi dell’art. 3 Regolamento concentrazioni e dell’art. 7 l. 287/1990. Questogap, presente nella disciplina delle concentrazioni europea e nazionale, non ètuttavia presente in tutti i Paesi membri; come si è visto, Germania e RegnoUnito, per fare due esempi, prevedono la possibilità per le rispettive autoritàantitrust di intervenire anche nel caso di acquisti che, pur rimanendo al di sottodella soglia del controllo, nel primo caso, (i) superino la soglia del 25% delcapitale o dei diritti di voto, ovvero (ii) permettano di esercitare un’influenzacompetitivamente significativa; nel secondo caso, permettano di esercitare un’in-fluenza rilevante sulla partecipata.

Nonostante le ben note (e riconosciute) limitazioni della disciplina relativa alcontrollo delle concentrazioni, è proprio in questo ambito che, sia a livelloeuropeo che italiano, le autorità hanno preso le decisioni di maggior rilievo perl’analisi del fenomeno in esame. Nel contesto di più ampie operazioni di concen-trazione, infatti, al fine di valutare compiutamente l’effetto globale che questeavrebbero avuto sul mercato rilevante, la Commissione e l’AGCM hanno tenutoconto di tutti gli elementi che avrebbero potuto avere un effetto anticoncorren-ziale, ivi incluse le partecipazioni di minoranza e gli interlocking directorates,ordinandone spesso la cessione o l’eliminazione come condizione per il proprioassenso alla concentrazione (85). Questo intervento è stato tuttavia possibileunicamente ex post (ossia quando gli effetti su condotte e struttura del mercatosi sono potenzialmente già realizzati) e soltanto qualora la concentrazione abbiaseguito l’acquisto della partecipazione (86).

pochi» (G. AMATO, Il gusto della libertà: l’Italia e l’antitrust, Roma-Bari, Laterza, 2000, 5). Dopol’introduzione dello Sherman Act, le imprese, per mantenere il precedente clima di collaborazione econtrollo reciproco, si sono convertite dall’utilizzo del trust a quello degli interlocking directorates. Lareazione non si è fatta attendere: nel 1908 il programma del Partito Democratico proponeval’introduzione di una norma «preventing the duplication of Directors among competing corpora-tions», nel 1912 quello del Partito Repubblicano auspicava una «legislation supplementary to theexisting antitrust act which will define as criminal offenses those specific acts that uniformly maskattempts to restrain and to monopolize trade». L’esplicitazione del divieto di interlocking, avvenutacon l’introduzione della Section 8 del Clayton Act, è seguita ai rapporti di due commissioni diindagine del Senato americano, la Stanley Committee e la Pujo Committee (H.R. Rep. No. 62-1127(1912) e No. 62-1593 (1913)) i quali hanno messo in luce gli effetti anticoncorrenziali e contrari albuon governo societario dei legami personali tra imprese concorrenti. Per un approfondimento:GHEZZI, La nuova disciplina, (nt. 22), 204; SANTAGATA, I criteri per l’applicazione del divieto diinterlocking directorates nei mercati bancari, finanziari ed assicurativi, in Banca Borsa Titoli diCredito, 2013, 241; ABA SECTION OF ANTITRUST LAW, Interlocking directorates: Handbook on Section8 of the Clayton Act, 2011.

(85) È importante ricordare che le partecipazioni di minoranza superiori al 10% e gli interlo-cking directorates, se riguardano imprese operanti sui mercato interessati dalla concentrazione,devono essere identificati in ogni notifica alla Commissione e all’AGCM (sezioni 4.2.1. e 4.2.2. delFormulario CO e Prospetto D del Formulario per la comunicazione di un’operazione di concentra-zione).

(86) Un intervento di questo tipo è quindi efficace unicamente ove: «a) siano frequenti i casi diconcentrazione; b) le parti che pongano in essere tali operazioni giungano a detenere un significativopotere sul mercato e, infine, c) le parti stesse fossero già titolari, prima della concentrazione, di legamidi natura partecipati va con imprese concorrenti. Solamente se tutte e tre le condizioni valgonocongiuntamente le autorità possono intervenire attraverso l’imposizione di rimedi strutturali, reci-

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Nelle concentrazioni oggetto di valutazione prima del 2001 (87), la Commis-sione si è focalizzata sull’influenza esercitabile dall’acquirente richiedendogli dirinunciare ai diritti di voto, di informazione e di essere rappresentato nelconsiglio di amministrazione. L’unica eccezione è rappresentata dal caso Exxon/Mobil nel quale la Commissione ha ripreso in maniera puntuale e precisa tutte leconsiderazioni circa l’anticompetitività dell’acquisto di partecipazioni di mino-ranza sopra analizzate (88).

A seguito della riforma del Regolamento concentrazioni, la Commissione,pur avendo deciso di non estenderne l’ambito di applicazione, ha tenuto inmaggior considerazione il fenomeno. Ne sono la riprova i riferimenti contenutinegli orientamenti relativi alla valutazione delle concentrazioni orizzontali (89),nella Comunicazione concernente le misure correttive (90) e nella copiosa casi-stica della Commissione (91).

dendo quei legami personali (e partecipativi) che in caso contrario contribuirebbero a ostacolare ildispiegarsi di una concorrenza effettiva sul mercato successivamente alla realizzazione dell’opera-zione». GHEZZI, Legami personali tra intermediari finanziari, in SANTAGATA (a cura di), (nt. 20), 97. Perun’approfondita analisi degli interlocking directorates nelle decisioni dell’AGCM, v. BERETTA, FAELLA,I legami personali nel controllo delle operazioni di concentrazione, in BANI (a cura di), Concentrazionibancarie e tutela della concorrenza, Padova, Cedam, 2007, 87. Questa problematica è stata da ultimoriconosciuta anche dalla Commissione nei documenti di consultazione per la riforma del Regola-mento concentrazioni, Towards more effective EU merger control, SWD(2013) 239 final, parte 1/3(«If [...] the minority stake had been acquired after the Commission examined the acquisition ofcontrol over another undertaking, the Commission would have had no competence under the MergerRegulation to deal with possible competition concerns even though the competition concerns wouldhave been exactly the same. Therefore when the subsequent acquisition of a minority stake isunrelated to an acquisition of control, the Commission cannot investigate and possibly interveneagainst such acquisition. This situation seems rather unsatisfactory»).

(87) Comm. UE, 2 giugno 1998, caso IV/M.1080, Thyssen/Krupp, in GUUE C252 del 11agosto 1998; Comm. UE, 8 aprile 1999, caso IV/M. 1453, AXA/GRE, in GUUE C30 del 2 febbraio2000; Comm. UE, 12 gennaio 2000, caso IV/M.1712, Generali/Ina, in GUUE C58 del 1 marzo 2000;Comm. UE, 8 novembre 2001, caso IV/M.2567, Nordbanken/Postgirot, in GUUE C347 del 8dicembre 2001. In Comm. UE, 19 luglio 2001, caso IV/M.2431, Allianz/Dresdner, in GUUE C316del 10 novembre 2001, è stata sufficiente la mera riduzione della partecipazione.

(88) Comm. UE, 29 settembre 1999, caso IV/M.1383, Exxon/Mobil, in GUUE L 103 del 7aprile 2004, par. 452, dove si legge: «È sicuramente un principio assodato dell’economia anti-trustimperante il fatto che, in genere, l’esistenza di legami fra due imprese concorrenti sotto forma di unapartecipazione significativa di un’impresa nel capitale dell’altra può alterare i loro stimoli a compe-tere. In primo luogo un legame di siffatta natura crea il forte interesse finanziario di un’impresa perla solidità dell’impresa concorrente. Ciò può automaticamente modificare le dinamiche del gioco dellaconcorrenza, in quanto un’impresa sarà interessata non tanto a competere con l’altra quanto a trovareuna strategia commerciale comune che sia proficua per entrambe. Inoltre tale legame può garantirel’accesso a dati sensibili sotto il profilo commerciale. A sua volta ciò rende più trasparente ilcomportamento concorrenziale di ciascuna impresa nei confronti dell’altra rendendolo così piùfacilmente prevedibile e controllabile. L’aspetto forse più importante è il fatto che un legame disiffatta natura può mettere una delle imprese nella posizione di influenzare le scelte strategiche delconcorrente orientandole verso decisioni che siano il linea con l’interesse comune. Infine questo tipodi legame ha un effetto disciplinare, in quanto può esporre una delle due imprese a possibili ritorsionida parte dell’altra in caso di disaccordo. Tutti questi fattori possono spingere le imprese in questionea realizzare la convergenza delle loro politiche commerciali. Si noti che il comportamento sopradescritto è assolutamente razionale per ognuna delle imprese in questione, poiché è basato suun’ottica di massimizzazione degli utili».

(89) Orientamenti relativi alla valutazione delle concentrazioni orizzontali, (nt. 15), parr. 47,48 e 51, dove si legge: «le informazioni acquisite attraverso partecipazioni incrociate o impresecomuni, sono altri elementi che possono facilitare la messa a punto dei termini del coordinamento».«Legami strutturali, quali le partecipazioni incrociate o le partecipazioni in imprese comuni, possono

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Di particolare interesse sono state anche le decisioni della Commissione aisensi dell’art. 8, comma 4, Regolamento concentrazioni (92), adottate per deci-dere se l’acquirente potesse mantenere, in seguito al divieto di un’operazione diconcentrazione, una partecipazione di minoranza nell’impresa concorrente. Nelvigore della precedente Merger Regulation (93), in Kesko/Tuko (94) la Commis-sione ha deciso per il completo disinvestimento della partecipazione detenuta daKesko in Tuko; in Blokker/Toys ‘R’ Us (95), invece, a Blokker fu permesso di

contribuire ad allineare gli incentivi tra le imprese partecipanti al coordinamento». «La presenza diamministratori di un’impresa nel consiglio di amministrazione di un’altra e viceversa, la partecipa-zione in imprese comuni e incroci simili, sono altri elementi che possono facilitare il monitoraggio».

(90) Comunicazione della Commissione concernente le misure correttive considerate adeguatea norma del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio e del regolamento (CE) n. 802/2004 dellaCommissione (2008/C 267/01), parr. 58-59: «La cessione di una quota di minoranza in un’impresacomune può essere necessaria per recidere un legame strutturale con uno dei concorrenti principalio, analogamente, la cessione di una partecipazione di minoranza in un’impresa concorrente. Anchese la cessione di tali partecipazioni è la soluzione preferibile, la Commissione può eccezionalmenteaccettare la rinuncia ai diritti connessi a quote di minoranza in un’impresa concorrente quando èpossibile escludere, viste le circostanze specifiche del caso, che i proventi finanziari derivanti da unapartecipazione di minoranza in un’impresa concorrente susciterebbero di per sé riserve sotto il profilodella concorrenza. In tali circostanze, le parti devono rinunciare a tutti i diritti connessi ad una talepartecipazione azionaria rilevanti per il comportamento concorrenziale, come la partecipazione alconsiglio di amministrazione, i diritti di veto nonché i diritti di informazione. La Commissione puòessere in grado di accettare una tale rescissione dei legami con un concorrente soltanto se vi è unarinuncia completa e permanente a detti diritti».

(91) Nel caso Siemens/VA Tech (Comm. UE, 13 luglio 2005, caso COMP/M.3653, Siemens/VATech, in GUUE L 353 del 13 dicembre 2006) la Commissione ha ottenuto la full divestiture dellapartecipazionedetenutanell’impresaconcorrente; inToshiba/Westinghouse (Comm.UE,19settembre2006, caso COMP/M.4153, Toshiba/Westinghouse, in GUUE C10 del 16 gennaio 2007) la Commis-sione ha subordinato la sua approvazione alla rinuncia: (i) al diritto di nominare propri rappresentantinel CdA e nel management, (ii) al potere di veto di determinate operazioni e (iii) al diritto di ricevereinformazioni confidenziali sul concorrente partecipato (GNF), ciononostante ha permesso a Toshibadi mantenere la propria partecipazione del 24,5%; in IPIC/MAN Ferrostaal (Comm. UE, 13 marzo2009, caso COMP/M.5406, IPIC/MAN Ferrostaal, in GUUE C114 del 19 maggio 2009) la Commis-sione ha preso in considerazione gli effetti anticompetitivi di tipo verticale (input foreclosure) derivantida una partecipazione del 30%, conferente diritto di veto e ampi diritti d’informazione, in un’impresaoperante a monte (Eurotecnica), condizionando l’approvazione della concentrazione alla cessione dellapartecipazione di minoranza; infine, in Glencore/Xstrata (Comm. UE, 22 novembre 2012, casoCOMP/M.6541, Glencore/Xstrata, non ancora pubblicata) la Commissione ha condizionato la nonopposizione alla concentrazione, alla vendita della partecipazione di minoranza (7,8%) in un concor-rente (Nyrstar) che l’impresa sarebbe venuta a detenere post concentrazione.

(92) L’art. 8, comma 4, Regolamento Concentrazioni recita: «Se la Commissione accerta cheuna concentrazione a) è già stata realizzata e che tale concentrazione è stata dichiarata incompatibilecon il mercato comune [...]. La Commissione può: — ordinare alle imprese interessate di dissolverela concentrazione, in particolare mediante lo scioglimento dell’entità nata dalla fusione o la cessionedi tutte le azioni o le parti del patrimonio acquisite, in modo da ripristinare la situazione esistenteprima della realizzazione della concentrazione. Qualora la situazione esistente prima della realizza-zione della concentrazione non possa essere ripristinata dissolvendo la concentrazione, la Commis-sione può prendere qualsiasi altra misura atta a ripristinare per quanto possibile tale situazione [...]».

(93) Il Regolamento (CE) n. 4064/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo al controllodelle concentrazioni tra imprese, in GUUE L395 del 30 dicembre 1989, 1, assegnava alla Commis-sione il potere di ristabilire condizioni di concorrenza effettiva. Con la riforma del 2004 allaCommissione è stato invece conferito il potere di «ripristinare la situazione esistente prima dellarealizzazione della concentrazione».

(94) Comm. UE, 20 novembre 1996, caso IV/M.784, Kesko/Tuko, in GUUE L110 del 26aprile 1997.

(95) Comm. UE, 26 giugno 1997, caso IV/M.890, Blokker/Toys «R» Us, in GUUE L316 del 25novembre 1998.

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mantenere una partecipazione del 20% e di nominare un proprio rappresentantenel consiglio di amministrazione (seppur in ottica temporanea) (96). In TetraLaval/Sidel (97), a Tetra fu vietato mantenere qualunque tipo di partecipazionenella concorrente (98). In Schneider/Légrand (99), invece, la Commissione hapermesso il mantenimento di un legame strutturale (seppur notevolmente ri-dotto) tra le due imprese rivali (100).

Nel vigore della nuova disciplina delle concentrazioni, il caso indubbiamentepiù discusso e rilevante è stato il tentativo di acquisizione di Aer Lingus da partedi Ryanair (101). Il caso è molto importante in quanto ha messo in luce due graviproblematiche del sistema europeo di merger control, da un lato la lacunaconcernente i minority shareholdings (102), dall’altro la presenza di sistemi

(96) Ibid., par. 132: «the continued presence of Blokker in the form of a 20% minorityshareholding in combination with the active presence of Blokker on the management board can, atleast for a certain period of time, serve both to demonstrate the confidence of Blokker in the futureviability of the company and to guarantee the development of the company into a viable business».

(97) Comm. UE, 30 gennaio 2002, caso COMP/M. 2416, Tetra Laval/Sidel, in GUUE L38 del10 febbraio 2004.

(98) Ibid., par. 37: «Gli incentivi di Tetra in quanto azionista di minoranza varierebbero infunzione dei suoi interessi finanziari in Sidel. Tale interesse finanziario conferirebbe a Tetra il dirittodi ottenere una percentuale dei profitti, generati da Sidel in virtù delle proprie attività e degliinvestimenti effettuati. In assenza di una partecipazione in Sidel, Tetra mirerebbe al massimo deiprofitti unicamente sulla base dei flussi di utili, generati dalle proprie attività. Mantenendo una quotain Sidel, Tetra terrebbe probabilmente conto dei proventi derivanti dai propri interessi finanziari inSidel e sarebbe quindi presumibilmente indotta a considerare in quale misura i propri interventipossano influire sui profitti di Sidel».

(99) Comm. UE, 30 gennaio 2002, caso COMP/M.2283, Schneider/Legrand, in GUUE L101del 6 aprile 2004.

(100) Ibid., parr. 14-15: «Questo diritto sugli utili di Legrand compenserebbe in parte eventualiperdite di vendite di Schneider a vantaggio di Legrand e quindi ridurrebbe l’incentivo di Schneidera fare concorrenza a Legrand sui mercati in questione. Gli aumenti di prezzo da parte di un agenteeconomico comportano due tipi di effetti. In primo luogo, si aumenta il profitto generato dalla venditadi ogni singolo prodotto. In secondo luogo, le quantità vendute da questo agente diminuiscono aseguito dell’aumento di prezzo, mentre i concorrenti recuperano queste vendite perse. L’aumento diprezzo è vantaggioso solo se il primo effetto è superiore al secondo e se l’agente economico inquestione decide gli aumenti di prezzo soprattutto in funzione del livello della probabile perdita divendite a favore dei concorrenti. Questa situazione cambia se l’agente economico può recuperare unaparte dei profitti persi a seguito dell’aumento dei suoi prezzi per mezzo di un diritto sugli utili di unodei suoi concorrenti. In questo caso, l’effetto negativo di perdita delle vendite e quindi di profittoverso i concorrenti è in parte compensato dal diritto ai profitti del concorrente nel quale questo agentepossiede una partecipazione. Chiaramente, quanto maggiore è la partecipazione e quanto più forte èla posizione sul mercato del concorrente in questione, tanto più forte risulta questo effetto». LaCommissione conclude quindi che «una variazione superiore a 100 punti [del Modified Herfindahl-Hirschman Index («MHHI»)] comporta normalmente serie preoccupazioni circa gli effetti sullaconcorrenza» (Ibid., par. 30).

(101) Comm. UE, 27 giugno 2007, caso COMP/M.4439, Ryanair/Aer Lingus, in GUUE C47del 20 febbraio 2008, 9. Per un’analisi, v. LEUPOLD, HAANS, Minority Shareholdings and MergerControl after Ryanair/Aer Lingus - No worries, mate?, in ECLR, 2008, 624; FOUNTOUKAKOS, POUNCEY,Minority Shareholdings: the Gap Between European and National Merger Control, in EuropeanAntit. Rev., 2011.

(102) Trib. UE, 6 luglio 2010, causa T-411/07, Aer Lingus Group plc c. Commissione, in Racc.,2010, II-03691, par. 65-66 («la nozione di concentrazione non può essere estesa a casi in cui, inmancanza dell’ottenimento del controllo, la partecipazione acquisita non conferisce, di per sé, lapossibilità di esercitare un’influenza determinante sull’attività dell’impresa [...] In mancanza diacquisizione del controllo, la Commissione non dispone del potere di dissolvere detta concentra-zione»). Sulle difficoltà legate all’applicazione degli artt. 101 e 102 TFUE alla fattispecie in esame:Trib. UE, ordinanza 18 marzo 2008, causa T-411/07 R, Aer Lingus Group plc c. Commissione, in

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nazionali più restrittivi che, permettendo lo scrutinio di fattispecie che sfuggonoal controllo della Commissione, determinano un livello di tutela della concor-renza differenziato all’interno dell’Unione europea. Nel caso in esame, la Com-missione ha vietato la concentrazione, ma ha escluso di avere il potere di ordinarea Ryanair la cessione della partecipazione di minoranza detenuta in Aer Lingusin quanto, non avendogli questa conferito il controllo, nessuna concentrazioneera stata realizzata ai sensi dell’art. 8(4) Regolamento concentrazioni e nonpoteva quindi essere dissolta (103). Il caso è stato quindi «preso in carico» dallaOFT, la quale è arrivata alla conclusione che la partecipazione (del 29,8%)permetteva a Ryanair di esercitare un’influenza rilevante sulla concorrente. Ilcaso è stato quindi trasmesso alla Competition Commission che, a conclusionedella sua investigazione (il 28 agosto 2013), ha deciso di imporre a Ryanairl’obbligo di ridurre la partecipazione al 5%. Nella sua decisione (104), la Com-petition Commission ha posto l’accento soprattutto sul fatto che Ryanair avrebbeimpedito ad Aer Lingus, tramite il suo potere di influenza e veto su alcunedecisioni, di fondersi con altre compagnie aeree, emettere nuove azioni, aumen-tare il proprio capitale sociale e vendere alcuni slot presso l’aeroporto diHeathrow. Ryanair aveva inoltre avuto accesso ad informazioni confidenziali esegreti aziendali di Aer Lingus.

Per ciò che concerne il panorama italiano, l’AGCM è intervenuta più volte direcente sulle problematiche sorgenti dalla creazione o rafforzamento di legamistrutturali e personali nell’ambito dello scrutinio di concentrazioni che hannocoinvolto alcune tra le maggiori banche italiane (105). L’analisi di queste opera-

Racc., 2008, II-00411, parr. 103-104: «per quanto riguarda l’esistenza di una lacuna normativa, sideve osservare che, sebbene una partecipazione di minoranza come quella in discussione non siasoggetta, prima facie, all’applicazione del regolamento, si potrebbe ritenere che la Commissionepossa applicare le norme in materia di concorrenza del Trattato CE, in particolare gli artt. 81 CE e82 CE, al comportamento tenuto dalle imprese interessate dopo l’acquisizione della quota diminoranza. [...] Se pure può rivelarsi difficile, prima facie, applicare l’art. 81 CE ai casi, come quellodi specie, in cui l’infrazione controversa scaturisce dall’acquisto di azioni sul mercato e può quindirisultare arduo dimostrare il necessario comune intento, la richiedente potrebbe chiedere allaCommissione di avviare un procedimento a norma dell’art. 82 CE, qualora ritenesse che la Ryanairoccupi una posizione dominante su uno o più mercati e abusi di tale posizione interferendo con lastrategia aziendale di una diretta concorrente e/o sfruttando la propria partecipazione di minoranzain una diretta concorrente per indebolirne la posizione».

(103) Questa posizione è stata poi confermata dal Trib. UE, caso T-342/07, Ryanair v.Commission, in Racc., 2010, II-3457. Nel febbraio 2013 la Commissione ha bloccato nuovamente iltentativo di Ryanair di acquisire il controllo di Aer Lingus (Comm. UE, 27 febbraio 2013, casoCOMP/M.6663, Ryanair/Aer Lingus, in GUUE C216 del 30 luglio 2013).

(104) Tutta la documentazione relativa a questo caso è reperibile all’indirizzo: <http://www.competition-commission.org.uk/our-work/directory-of-all-inquiries/ryanair-aer-lingus>.

(105) AGCM, 20 dicembre 2006, n. 16249, caso C8027, Banca Intesa/SanPaolo Imi, in Boll.n. 49/2006. Nel provvedimento del 12 aprile 2007, n. 16673, caso C8277 - Banche PopolariUnite/Banca Lombarda e Piemontese, in Boll. n. 13/2007, l’Autorità ha riconosciuto che: «lapresenza di legami strutturali e personali tra operatori può incidere sulla struttura competitiva delmercato, determinando un potenziale e rilevante affievolimento della tensione competitiva. [...] [U]navalutazione complessiva [...] deve essere svolta anche alla luce dei legami delle parti della fusione conl’operatore che dovrebbe costituire il principale concorrente [...]. La mancata considerazione di talifattori [...] porta a sottostimare gli effetti [della concentrazione]. La ragione è connessa al fatto chenelle analisi svolte non [verrebbe] considerato che il secondo operatore non presenta requisiti tali daqualificarlo come concorrente effettivo e ciò in relazione ai diversi legami esistenti con l’entità che si

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zioni ha portato l’autorità a decidere di avviare un’approfondita indagine cono-scitiva relativa alla corporate governance di banche e assicurazioni (106) e hastimolato l’introduzione in Italia (con riferimento appunto ai settori oggettod’indagine) di un divieto di interlocking (107).

4.3. La disciplina delle intese restrittive della concorrenza e dell’abuso diposizione dominante. — La disciplina delle intese restrittive della concorrenza(art. 101 TFUE e art. 2 l. 287/1990) e dell’abuso di posizione dominante (art.102 TFUE e art. 3 l. 287/1990), la cui applicabilità all’acquisto di partecipazioninon conferenti il controllo è stata stabilita dalla Corte di Giustizia e dallaCommissione nei casi Philip Morris (108) e Gillette (109), ha trovato applicazione

costituirà dopo la fusione». Nel caso AGCM, 18 settembre 2007, n. 17283, C8660, UnicreditoItaliano/Capitalia, in Boll. n. 33/2007, l’Autorità, citando i suoi precedenti provvedimenti e T.A.R.Lazio, 10 luglio 2007, n. 6230, in Dejure (dove si legge: «[n]on vi è dubbio che, come ricordato dalpatrocinio pubblico, l’esistenza di partecipazioni ed incroci azionari sia suscettibile di alterare imeccanismi e gli equilibri competitivi sul mercato»), afferma: «i legami strutturali e personali possonocostituire elementi che incidono significativamente sulla struttura competitiva dei mercati interessati,determinando un potenziale e rilevante affievolimento della tensione competitiva tra gli operatori».Cfr. inoltre, AGCM, 7 maggio 2008, n. 18327, caso C9182 - Banca Monte dei Paschi di Siena/BancaAntonveneta, in Boll. n. 18/2008; AGCM, 26 marzo 2009, n. 19689, caso C9817 - Istituto centraledelle banche popolari italiane/SI Holding, in Boll. n. 12/2009; AGCM, 23 marzo 2011, n. 22240,caso C10910 - Intesa Sanpaolo/Banca Monte Parma, in Boll. n. 12/2011; AGCM, 19 giugno 2012,n. 23503, caso C11524 - Unipol Gruppo Finanziario/Unipol Assicurazioni-Premafin Finanziaria-Fondiaria Sai-Milano Assicurazioni, in Boll. n. 25/2012.

(106) Nell’indagine, l’Autorità conferma: «[l]e potenziali criticità, in termini di legami azionaritra concorrenti, hanno condotto a ritenere [...] che un soggetto azionista in un concorrente non siaqualificabile come [...] effettivo concorrente [...]. Ciò a maggior ragione quando, ai suddetti legamistrutturali (azionari e/o di adesione a patti parasociali) si affiancano anche legami di tipo personale»(AGCM, IC36, (nt. 7), 63, par. 156).

(107) Art. 36 d.l. 201/2011.(108) Nel caso Philip Morris (Corte Giust. UE, 17 novembre 1987, cause riunite n. 142 e

156/84, BAT e Reynolds c. Commissione, in Racc., 1987, 4487), quest’ultima aveva acquistato il30,8% del capitale, corrispondente al 24,9% dei voti, della concorrente Rothmans International e il50% del debito emesso da quest’ultima. Per evitare scambi di informazioni, Philip Morris si eraobbligata a non essere rappresentata nel consiglio di amministrazione. Pur non vietando gli accordidescritti, la Corte di Giustizia ha statuito che l’acquisizione di una partecipazione di minoranza in unconcorrente può comportare la violazione dell’art. 101 TFUE in tutti i casi in cui «obblig[a]necessariamente le imprese coinvolte a prendere in considerazione l’interesse della contropartenell’elaborazione della loro politica commerciale». In altre parole, quando costituisce un mezzoidoneo per influire sul comportamento commerciale dell’impresa concorrente in modo da restringereo da alterare il gioco della concorrenza sul mercato, in particolare quando l’accordo «crea struttureatte ad agevolare la collaborazione tra le imprese coinvolte». La Corte di Giustizia si è anche espressain relazione all’applicabilità dell’art. 102 TFUE il quale può considerarsi violato unicamente nei casiin cui l’acquisto di una partecipazione di minoranza si traduca nella possibilità di esercitare someinfluence sulla politica commerciale dell’impresa concorrente.

(109) Nel caso Gillette (Comm. UE, 10 novembre 1992, caso IV/33.440, Warner-Lambert/Gillette e altri e IV/33.486, BIC/Gillette e altri, in GUUE L116 del 12 maggio 1993), la Commissioneè intervenuta ai sensi dell’art. 102 TFUE concludendo che accordi simili a quelli conclusi da PhilipMorris ammontavano ad un abuso di posizione dominante. Gillette aveva acquistato obbligazioniconvertibili in azioni prive di diritto di voto, pari al 22% del capitale, e il 13,6% del debito diEemland, detentrice delle attività Wilkinson Sword, sua concorrente. Dopo aver stabilito che Gillettesi trovava in posizione dominante, riferendosi al caso Michelin (Corte Giust. UE, 9 novembre 1983,causa 322/81, N.V. Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin c. Commissione, in Racc., 1983,3461) ed Hoffmann-La Roche (Corte Giust. UE, 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-LaRoche & Co. AG c. Commissione, in Racc., 1979, 461), ma non a Continental Can (Corte Giust. UE,21 febbraio 1973, causa 6-72, Europemballage Corporation e Continental Can Company Inc. c.

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limitata da parte della Commissione e dell’AGCM. Successivamente al casoGillette, infatti, l’atteggiamento della Commissione è stato decisamente menoinvasivo nei confronti delle partecipazioni minoritarie, in particolare se passive,arrivando a permettere il mantenimento di interlocking directorates (si vedano icasi BT/MCI (110) e Olivetti/Digital (111)).

In ambito nazionale, l’AGCM è intervenuta più volte in casi nei quali le partidetenevano partecipazioni in imprese concorrenti o avevano instaurato legami ditipo personale, recependo e addirittura superando la comprensione del fenomenoraggiunta a livello europeo (112).

Commissione, in Racc., 1973, par. 26), nel quale la Corte di Giustizia ha individuato un abuso nelrafforzamento di una posizione dominante, la Commissione ha ribadito che un’impresa in posizionedominante è «tenuta in modo particolare a non compromettere col suo comportamento lo svolgi-mento di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune» e che lo sfruttamento abusivodi posizione dominante «riguarda il comportamento di un’impresa in posizione dominante atto adinfluire sulla struttura di un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera tale impresa, il grado diconcorrenza è già sminuito e che ha come effetto di ostacolare [...] la conservazione del grado diconcorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza». In ragione di questepremesse, la Commissione ha affermato che Gillette aveva abusato della propria posizione domi-nante, violando l’art. 102 TFUE, in quanto l’operazione gli avrebbe permesso di esercitare someinfluence sul comportamento della concorrente, dovendo la direzione di Eemland «tener[e] conto»della posizione di Gillette.

(110) Comm. UE, 27 luglio 1994, caso IV/34.857, BT-MCI, in GUUE L223 del 27 agosto 1994,par. 44: «Tanto la Commissione quanto la Corte di giustizia hanno ritenuto in passato che, di norma,l’articolo 85, paragrafo 1 non si applica agli accordi di acquisto o di vendita di azioni in quanto tali[...]. Tuttavia esso può applicarsi a tali accordi, alla luce del contesto specifico, contrattuale e dimercato, di ciascun caso, se il comportamento concorrenziale delle parti è destinato ad esserecoordinato o comunque ad essere influenzato».

(111) Comm. UE, 11 novembre 1994, caso IV/34.410, Olivetti-Digital, in GUUE L309 del 2dicembre 1994, par. 26: «la Commissione è del parere che le disposizioni inserite nell’“accordo perl’acquisto di azioni” e nell’“accordo tra azionisti” non avessero per oggetto o per effetto di impedire,restringere o falsare il gioco della concorrenza ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, fintantoché lefunzioni e i compiti del consiglio di amministrazione di Olivetti siano rimasti confinati a quellidescritti dalle parti».

(112) V. in particolare AGCM, 8 giugno 1995, n. 3086, caso I114 — Parmalat/GranaroloFelsinea, in Boll. n. 23/1995, in questo caso il gruppo Parmalat e il gruppo Granarolo avevanostipulato un accordo di cooperazione il quale prevedeva inter alia che Parmalat acquisisse unapartecipazione del 10% in Granarolo, inclusiva del diritto di nominare un proprio rappresentante nelC.d.A. L’Autorità è intervenuta riconoscendo espressamente gli effetti anticompetitivi della semplicepartecipazione agli utili di un concorrente: «[L]’acquisto, da parte di un’impresa, di una partecipa-zione di minoranza in una società concorrente non rientra nell’ambito di applicazione della normativaa tutela della concorrenza solo laddove tale acquisto risponda ad una mera finalità di investimentofinanziario passivo. La fattispecie risulta invece vietata ogni qualvolta si accerti che essa costituisceun mezzo idoneo ad influire sul comportamento commerciale delle imprese in questione, in modo darestringere o falsare il gioco della concorrenza sul mercato. Se, dunque, il fatto che un’impresaacquisti una partecipazione al capitale di un’impresa concorrente, non costituisce, di per sé, uncomportamento vietato dall’articolo 2 della legge n. 287/90, esso può, tuttavia, unitamente ad altrecircostanze di fatto o di diritto, costituire una significativa restrizione del livello di concorrenza deimercati nei quali le imprese operano». «Nel caso di specie, un eventuale comportamento competitivonei confronti [della partecipata] da parte [dell’acquirente] potrebbe danneggiare la remunerativitàdell’investimento di quest’ultima: [la stessa acquirente] ha infatti confermato che la redditività dellapartecipazione di minoranza acquistata è strettamente collegata al miglioramento dei risultati digestione dell’impresa partecipata, obbiettivo evidentemente incompatibile con la presunta volontà dimantenere un atteggiamento di reciproca rivalità concorrenziale». «La comune intenzione delle partidi creare una stabile struttura atta ad agevolare la collaborazione imprenditoriale tra le due societàemerge in modo inequivocabile dalle previsioni contrattuali relative alla rappresentanza nel C.d.A.[dell’impresa partecipata]. La circostanza che il C.d.A. [della partecipata] si riunisca molto difrequente e che in tale sede vengano discusse tutte le decisioni inerenti l’attività gestionale della

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Come sopra menzionato, sulla base delle decisioni assunte nei casi PhilipMorris e Gillette (ma anche, in una certa misura, BT/MCI, Olivetti/Digital eRyanair/Aer Lingus), l’acquisizione di partecipazioni di minoranza può essereoggetto di valutazione da parte delle autorità ai sensi della disciplina delle inteserestrittive della concorrenza e degli abusi di posizione dominante. Questo è statochiaramente affermato nel libro verde sulla revisione del Regolamento concen-trazioni nel quale è stata esclusa la necessità e l’opportunità di estenderel’applicazione di quest’ultimo agli acquisti di partecipazioni di minoranza pro-prio in ragione della possibilità di applicare la suddetta disciplina (113).

L’applicazione degli artt. 101 e 102 TFUE, come si è visto, richiede che lapartecipazione sia tale da influenzare la condotta competitiva della concorrente,modificandone gli incentivi a competere (114) e, per ciò che concerne l’art. 102(in luce della speciale responsabilità propria delle imprese in posizione domi-nante), incida negativamente sulla struttura già oligopolistica del mercato (115).

I maggiori problemi nella sussunzione dell’acquisto di partecipazioni diminoranza e dell’instaurazione di interlocking directorates all’interno delle cate-gorie regolate dagli artt. 101 e 102 TFUE sono legati alle modalità con cuisolitamente queste fattispecie si presentano. È spesso difficile, infatti, individuareun vero e proprio accordo tra imprese che porti il concorrente a possederepartecipazioni di minoranza o a nominare i propri rappresentanti all’interno delconsiglio di amministrazione dell’impresa rivale (116). Questi legami non si

società conferisce grande importanza alla presenza, in tale organo, di quello che dovrebbe essere ilprincipale concorrente [della società partecipata]. [L’acquirente] infatti, tramite il proprio rappre-sentante, è in grado di accedere a informazioni dettagliate relative all’attività di impresa [della rivale].Essa stessa può inoltre partecipare attivamente alla formazione di importanti decisioni imprendito-riali, rilasciando, a sua volta, proprie informazioni. In tal modo si realizzerebbe una completatrasparenza delle rispettive strategie commerciali dei due gruppi, con una evidente compromissionedei reciproci comportamenti competitivi». L’AGCM è intervenuta nuovamente sul punto col prov-vedimento del 29 ottobre 1997, n. 5427, caso I300 - Privatizzazione Seat, in Boll. n. 44/1997.

(113) Libro verde sulla revisione del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio del 11dicembre 2001, COM(2001) 745, par. 107: «Il regolamento sulle concentrazioni, tuttavia, non siapplica alle acquisizioni di partecipazioni di minoranza, a meno che a causa di altri fattori non si creiuna situazione di controllo de iure o de facto. Si può verificare, tuttavia, che una partecipazione diminoranza (potenzialmente unita ad un cumulo di cariche sociali) possa modificare gli incentivi delleimprese collegate ad instaurare tra loro rapporti di concorrenza e produca quindi effetti sullecondizioni del mercato. Benché il regolamento sulle concentrazioni non sia applicabile in tali casi,secondo una giurisprudenza consolidata è possibile applicare gli articoli 81 e 82 del trattato CE pervalutare le partecipazioni azionarie di minoranza e i problemi che esse possono comportare sotto ilprofilo della concorrenza».

(114) Corte Giust. UE, 17 novembre 1987, cause riunite n. 142 e 156/84, BAT e Reynolds c.Commissione, in Racc., 1987, 4487, par. 37; Comm. UE, 27 luglio 1994, caso IV/34.857, BT-MCI,in GUUE L223 del 27 agosto 1994, par. 44; Comm. UE, 11 novembre 1994, caso IV/34.410,Olivetti-Digital, in GUUE L309 del 2 dicembre 1994, par. 26.

(115) Comm. UE, 10 novembre 1992, caso IV/33.440, Warner-Lambert/Gillette e altri eIV/33.486, BIC/Gillette e altri, in GUUE L116 del 12 maggio 1993, 21, par. 23.

(116) Anche in mancanza di qualunque tipo di accordo tra imprese, alcuni autori hannoaffermato che possa comunque configurarsi un’intesa in caso di interlocking directorates. Nelle paroledi GHEZZI, Legami personali tra intermediari finanziari, in SANTAGATA (a cura di), (nt. 20), 99 (citandoAREEDA-HOVENKAMP, Antitrust Law, vol. 5, 2nd ed., New York, Aspen, 2002, 325): «l’accordo traamministratore e società rifletterebbe un contratto — nel nostro ordinamento si parlerebbe dirapporto organico. Se una serie di “accordi” tra una pluralità di società (concorrenti) e il medesimosoggetto, chiamato a rivestire il ruolo di amministratore, fosse la fonte di una irragionevole restrizione

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realizzano normalmente tramite un contatto diretto tra le due imprese rivali, maal massimo tra l’acquirente ed un azionista, il più delle volte terzo rispetto alrapporto concorrenziale (e non necessariamente «impresa» ai sensi della disci-plina antitrust, per quanto la nozione di impresa sia definita in termini moltoampi dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale (117)). In questi casi si con-sidera quindi eccessivo (e alle volte impossibile) colpire con la nullità (e magaricon una sanzione) un soggetto del tutto estraneo alle intenzioni delle parti e aglieffetti che l’acquisto ha sulla concorrenza (118).

Per poter estendere l’applicazione dell’art. 101 TFUE (e dell’art. 2 l. 287/1990) anche ai casi in cui manca qualsiasi accordo tra imprese (o comunque perevitare di coinvolgere un azionista terzo rispetto al rapporto concorrenziale), èpossibile ricorrere al concetto di pratica concordata. Come si legge nelle lineedirettrici della Commissione (119): «il concetto di pratica concordata implica una

concorrenziale tra tali imprese, si potrebbe allora caratterizzare questo multiplo legame personalecome un nodo di contratti restrittivi ai sensi delle norme antitrust in materia di intese». L’autorecontinua proponendo un diverso punto di vista basato sul medesimo assunto: «Modificando ilpercorso argomentativo, la conclusione circa la configurabilità di una intesa in caso di formazione diun interlocking directorate non pare cambiare. Si potrebbe cioè sostenere che l’incontro di volontà —che è bene ricordare non deve essere necessariamente esplicito e diretto — derivi dalle stesse decisionidei soci delle imprese coinvolte con riferimento allo statuto della società. L’art. 2390 c.c. prevedeinfatti un generale divieto di concorrenza nei confronti degli amministratori. Ebbene, sia l’impresalegante, sia l’impresa legata, in mancanza di diversa scelta statutaria dovrebbero con un proprio atto,l’autorizzazione assembleare, acconsentire a che l’amministratore sieda (o continui a sedere) inambedue i consigli coinvolti. In questa situazione, la decisione e dunque l’incontro di volontà delleimprese (meglio, delle assemblee dei soci delle imprese, in questo caso tuttavia deputate a esprimerela volontà sociale) sarebbe esplicita, diretta. Ma ad analoga conclusione si dovrebbe giungerenell’ipotesi in cui fossero gli statuti di una o tutte le società coinvolte a prevedere come norma didefault l’assenso a che i propri amministratori rivestano incarichi direttivi negli organi di governo diimprese concorrenti. In presenza di siffatta clausola generale la società, seppure in modo indiretto, haassunto una decisione — sulla quale peraltro potrebbe intervenire se volesse evitare, nel caso di specieo più in generale, l’interlocking — con la quale essa manifesta il consenso ex ante alla possibilità chesi creino legami personali con imprese concorrenti. [...] Di conseguenza, la nomina di un ammini-stratore in una società concorrente non potrebbe considerarsi atto unilaterale, posto che essarichiederebbe necessariamente il consenso esplicito o il non dissenso (e quindi l’acquiescenza)dell’impresa concorrente».

(117) Secondo una costante giurisprudenza, nel contesto del diritto della concorrenza lanozione di impresa comprende «qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallostatus giuridico della detta entità e dalle sue modalità di finanziamento». Costituisce attivitàeconomica «qualsiasi attività consistente nell’offrire beni o servizi su un mercato determinato» (CorteGiust. UE, 19 febbraio 2002, causa C-309/99, Wouters e a., in Racc., 1999, I-1577, parr. 46 e 47,ai quali si rimanda per i riferimenti alla giurisprudenza precedente; a livello nazionale v. Cons. St., 20maggio 2011, n. 3013, in Dejure). In ragione di tale ampia definizione di impresa, vi sono fattirientrare, oltre alle entità ricomprese entro la nozione di cui all’art. 2082 c.c., anche: (i) leassociazioni imprenditoriali di categoria; (ii) il titolare di un brevetto che lo abbia concesso in licenza;(iii) l’artista-interprete che sfrutti economicamente il proprio talento; (iv) i professionisti intellettualie i relativi ordini (a livello nazionale, v. i precedenti dell’Autorità: AGCM, 14 febbraio 2002, n.10418, caso I417 - Selea/Ordine dei farmacisti, in Boll. n. 8/2002; AGCM, 23 giugno 2010, n.21279, I713 - Consiglio nazionale dei geologi-restrizioni deontologiche sulla determinazione deicompensi, in Boll. n. 25/2010; AGCM, 23 aprile 2013, n. 20613, I716 - Consigli degli ordini degliavvocati/Diniego all’esercizio di avvocato, in Boll. n. 51/2009 e il T.A.R. Lazio, 21 giugno 2001, n.5486, in Dejure).

(118) RUSSO, Abuse of a Dominant Position? Minority Shareholdings and Restriction ofMarket’s Competitiveness in the European Union, in Amsterdam Centre for Law and Economics,Working paper n. 12, 2006, 16.

(119) Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’U-

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forma di coordinamento fra imprese che, senza spingersi fino all’attuazione di unvero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una collaborazione praticafra le stesse ai rischi della concorrenza». L’art. 101 troverà quindi applicazionenel caso di «qualsiasi contatto diretto o indiretto tra concorrenti avente lo scopoo l’effetto d’influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrentereale o potenziale o di rivelare a tale concorrente il comportamento che essi stessihanno deciso, o prevedono, di tenere sul mercato, facilitando un esito collusivosul mercato. Lo scambio delle informazioni può dunque costituire una praticaconcordata, se riduce l’incertezza strategica nel mercato facilitando quindi lacollusione» (120). Si noti come queste previsioni corrispondano perfettamenteagli effetti (unilaterali e coordinati) che la creazione di legami personali estrutturali può avere sulle imprese coinvolte. Nel caso in cui l’acquisto di unapartecipazione di minoranza agisca come strumento di coordinamento, veico-lando al mercato le intenzioni e le propensioni dell’acquirente, la riduzione dellaconcorrenza da parte dei rivali o l’acquisto a loro volta di partecipazioni inimprese concorrenti, può dimostrare l’esistenza di una «strategia volta a raggiun-gere un’intesa sulle condizioni di coordinamento» (121). I legami personali ostrutturali possono quindi funzionare come quid pluris che permette di indivi-duare nel parallelismo delle condotte un comportamento collusivo (122).

nione Europea agli accordi di cooperazione orizzontale (2011/C 11/01), par. 60. Cfr. anche CorteGiust. UE, 14 luglio 1972, causa 48-69, Imperial Chemical Industries Ltd. c. Commissione, in Racc.,1972, par. 64-66.

(120) Ibid., par. 61. Cfr. anche Corte Giust. UE, 16 dicembre 1975, cause riunite 40 a 48, 50,54 a 56, 111, 113 e 114-73 Coöperatieve Vereniging “Suiker Unie” UA e altri c. Commissione, inRacc., 1975, 1663, par. 174: «la [...] esigenza di autonomia vieta [...] rigorosamente che fra glioperatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l’effetto d’influire sulcomportamento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenziale, ovvero di rivelare ad unconcorrente il comportamento che l’interessato ha deciso, o prevede, di tenere egli stesso sulmercato». Simili considerazioni si trovano in Comm. UE, 19 dicembre 1990, caso IV/33.133,Carbonato di sodio-ICI, in GUUE L152 del 15 giugno 1991, par. 59.

(121) Ibid., par. 63 («Quando l’impresa fa un annuncio unilaterale effettivamente pubblico,[quale può considerarsi l’acquisto di una partecipazione di minoranza in funzione di commitmentdevice], ciò non costituisce generalmente una pratica concordata ai sensi dell’articolo 101, paragrafo1. Tuttavia, a seconda dei fatti che sono alla base del caso di specie, la possibilità dell’esistenza di unapratica concordata non può essere esclusa, ad esempio in una situazione in cui un annuncio di questotipo è stato seguito da annunci pubblici di altri concorrenti, non da ultimo perché le rispostestrategiche dei concorrenti agli annunci pubblici degli altri (col risultato, ad esempio, di rettifiche dipropri annunci precedenti in risposta ad annunci fatti da concorrenti) potrebbero risultare unastrategia volta a raggiungere un’intesa sulle condizioni di coordinamento»).

(122) La Commissione, e ancor prima il Tribunale (Trib. UE, 15 marzo 2000, cause riuniteT-25/95 et al., Cimenteries CBR e altri c. Commissione, in Racc., 2000, II-491, par. 1849), nonrichiedono, peraltro, per l’individuazione di una pratica concordata, che lo scambio di informazionisia reciproco: «[è] possibile parlare di pratica concordata anche qualora una sola impresa divulghiinformazioni strategiche al proprio o ai propri concorrenti (che le accettano). [...] È [...] irrilevantese solo un’impresa informi unilateralmente i propri concorrenti in merito al comportamento cheintende adottare sul mercato oppure se tutte le imprese coinvolte si scambino informazioni in ordinealle rispettive considerazioni e intenzioni. Quando una sola impresa rivela ai suoi concorrentiinformazioni strategiche concernenti la propria politica commerciale futura ciò riduce l’incertezzastrategica sul futuro funzionamento del mercato per tutti i soggetti coinvolti e aumenta il pericolo diuna limitazione della concorrenza e di un comportamento collusivo» (Linee direttrici sull’applicabi-lità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea agli accordi di cooperazioneorizzontale (2011/C 11/01), par. 62). Da questo punto di vista sarebbe quindi sufficiente da parte deiconcorrenti l’«accettazione» dell’intenzione pro-collusiva dell’acquirente tramite la tenuta di com-portamenti paralleli altrimenti difficilmente giustificabili.

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Anche per ciò che concerne l’art. 102 TFUE (e l’art. 3 l. 287/1990), ilproblema consiste nella forte limitazione al suo ambito di applicazione. Nellospecifico, l’art. 102 richiede per la sua applicazione l’esistenza di una posizionedominante e il suo abuso. Mentre il secondo profilo, alla luce della «responsabi-lità speciale di non permettere che il [proprio] comportamento ostacoli unaconcorrenza realmente priva di distorsioni nel mercato comune» (123) che in-combe sull’impresa in posizione dominante, è di facile individuazione (124); lanecessità che l’impresa acquirente sia in posizione dominante limita decisamentel’applicabilità di questa disciplina. Per far fronte a questa limitazione è possibilericorrere al concetto di posizione dominante collettiva (125), il quale scaturiscedal riferimento contenuto all’interno dell’art. 102 TFUE alla possibilità chel’abuso sia realizzato da parte di «una o più» imprese. In particolare, nei casi incui il mercato si presenti fortemente oligopolistico (ed è questo il caso in cuil’acquisto di partecipazioni si rivela più pericoloso per la concorrenza), l’esi-stenza di legami tra concorrenti, strutturali o personali, possono portare leimprese ad agire sul mercato in maniera parallela presentandosi come una unicaimpresa che agisce indipendentemente dai propri concorrenti, clienti e consuma-tori (126). Per l’individuazione di una posizione dominante collettiva, il Tribunale

(123) Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo 82 deltrattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti(2009/C 45/02), parr. 1 e 9.

(124) Comm. UE, 10 novembre 1992, caso IV/33.440, Warner- Lambert/Gillette e altri eIV/33.486, BIC/Gillette e altri, in GUUE L116 del 12 maggio 1993, 21, par. 23: «Un’impresa inposizione dominante è tenuta in modo particolare a non compromettere col suo comportamento losvolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune. Partecipando all’acqui-sizione dell’attività Wilkinson Sword, Gillette ha mancato a tale responsabilità ed ha abusato della suaposizione dominante. Gillette ha contribuito a organizzare l’acquisizione e, nonostante la cura con laquale gli accordi sono stati redatti, la struttura del mercato della rasatura bagnata nella Comunità èstata cambiata dalla creazione di un legame fra Gillette e il suo maggiore concorrente. Secondo laCorte di giustizia, lo sfruttamento abusivo di posizione dominante “riguarda il comportamento diun’impresa in posizione dominante atto ad influire sulla struttura di un mercato in cui, proprio peril fatto che vi opera tale impresa, il grado di concorrenza è già sminuito e che ha come effetto diostacolare [...] la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppodi detta concorrenza”. Il cambiamento di struttura del mercato della rasatura bagnata causato dallapartecipazione di Gillette all’accordo globale avrà un effetto negativo sulla concorrenza in talemercato della Comunità e pertanto la partecipazione di Gillette costituisce un abuso della suaposizione dominante». Cfr. anche Corte Giust. UE, 17 novembre 1987, cause riunite n. 142 e 156/84,BAT e Reynolds c. Commissione, in Racc., 1987, 4487, par. 65, dove la Corte di Giustizia haaffermato «per quel che riguarda l’art. 86 del trattato [...] si potrebbe [...] configurare un abuso di[posizione dominante] solo se la partecipazione di cui trattasi si traducesse [...] in un’influenza sullapolitica commerciale della stessa».

(125) Per una breve disanima dei termini utilizzati nella giurisprudenza della Corte di Giustizia,v. le conclusioni dell’avvocato generale Fennelly, 29 ottobre 1998, cause riunite C-395/96 P eC-396/96 P, Compagnie maritime belge transports et al. c. Commissione, in Racc., 2000, I-1365.

(126) Ibid., par. 28: «A me sembra che il duplice criterio — l’esistenza di vincoli economicisufficienti a comportare l’esistenza di una vera e propria entità unica sul mercato — sia in sostanzauno solo, e che il secondo elemento sia quello prevalente. Va provata l’esistenza di una posizionedominante individuale, vale a dire occorre stabilire se più imprese agiscano sul mercato comeun’entità unica e quindi unilateralmente. Non occorre specificare dettagliatamente, anzi non occorreaffatto specificare, la natura dei rapporti o dei vincoli economici. Essi potrebbero consistere [...] inpartecipazioni incrociate, in amministrazioni comuni o anche in vincoli familiari aventi conseguenzeeconomiche. [...] Essi possono essere definiti soltanto con riferimento al loro risultato, vale a dire la

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ha individuato tre condizioni cumulative (127): (i) la possibilità di conoscereeventuali deviazioni dalla condotta comune; (ii) l’esistenza di un incentivo a nondiscostarsi dalla linea di condotta comune sul mercato (i.e. di un «meccanismo diritorsione»); (iii) la previsione che la reazione di concorrenti e consumatori nonmetta in discussione i risultati attesi dalla comune linea d’azione. Come visto, lapresenza di legami personali e strutturali favorisce il verificarsi di queste condi-zioni. In questo senso quindi, l’acquisto di partecipazioni di minoranza e ilcumulo di cariche, in un contesto di mercato concentrato, già caratterizzato dallapresenza di legami tra le imprese che vi operano, possono incidere negativamentesulla struttura concorrenziale dello stesso e di conseguenza configurare un abusodi posizione dominante (128).

4.4. L’esperienza italiana.

4.4.1. La normativa di diritto societario. — Dal punto di vista antitrustl’ordinamento italiano presenta poche differenze (per ciò che interessa in questasede) rispetto all’ordinamento europeo (129). L’unica eccezione di rilievo è rap-presentata dall’art. 36 d.l. 201/2011 (di cui si parlerà nel paragrafo che segue).Il presente paragrafo tratterà invece delle regole di corporate governance chevengono in rilievo trattando del cumulo di cariche. La prima è sicuramenterappresentata dall’art. 2390 c.c. che disciplina specificamente il «divieto diconcorrenza» per gli amministratori di società per azioni (130). L’efficacia pro-concorrenziale di questa norma trova tuttavia limite nella possibilità di rimuovereil divieto da essa previsto tramite la semplice autorizzazione assembleare, la

creazione di una situazione in cui un gruppo di imprese indipendenti opera sul mercato comeun’entità unica».

Cfr. inoltre Corte Giust. UE, 16 marzo 2000, cause riunite C-395/96 P e C-396/96 P,Compagnie maritime belge transports SA (C-395/96 P), Compagnie maritime belge SA (C-395/96 P)e Dafra-Lines A/S (C-396/96 P) c. Commissione, in Racc., 2000, I-01365, parr. 41 e 45 e Trib. UE,26 gennaio 2005, causa T-193/02, Laurent Piau c. Commissione, in Racc., 2005, II-209, parr.110-111.

(127) Trib. UE, 6 giugno 2002, causa T-342/99, Airtours plc c. Commissione, in Racc., 2002,II-2585, par. 62.

(128) Ha chiarito infatti Trib. UE, 7 ottobre 1999, causa T-228/97, Irish Sugar plc v. Commis-sion, in Racc., 1999, II-2969, par. 66, che: «sebbene l’esistenza di una posizione dominante collettivadiscenda dalla posizione detenuta congiuntamente dalle entità economiche considerate sul mercato dicui trattasi, l’abuso non deve necessariamente essere commesso da tutte le imprese interessate. Essodeve solamente poter essere individuato come una delle manifestazioni della detenzione di una taleposizione dominante collettiva. Conseguentemente le imprese che detengono una posizione domi-nante collettiva possono porre in essere comportamenti abusivi in comune o individuali. È sufficienteche questi comportamenti abusivi siano correlati allo sfruttamento della posizione dominantecollettiva che le imprese detengono sul mercato. Nel caso di specie, la Commissione sostiene che losfruttamento di questa posizione dominante collettiva era riferibile ad una politica complessiva epersistente di mantenimento e di rafforzamento di questa posizione [...]. La Commissione ben potevaconsiderare i comportamenti individuali di una delle imprese codetentrici di una posizione dominantecollettiva costitutivi di sfruttamento abusivo di tale posizione».

(129) Si noti peraltro che il quarto comma dell’art. 1 l. 287/1990 recita espressamente:«l’interpretazione delle norme contenute nel presente titolo è effettuata in base ai principi dell’ordi-namento delle Comunità europee in materia di disciplina della concorrenza».

(130) La disposizione vieta agli amministratori di «essere amministratori o direttori generali insocietà concorrenti, salvo autorizzazione dell’assemblea».

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quale, a sua volta, può essere data anche in via generale e preventiva tramiteapposite disposizioni statutarie (131). In presenza di interlocking directorates puòvenire in rilievo anche la disciplina prevista dall’art. 2391 c.c. in tema di conflittodi interessi. Tale articolo, tuttavia, prevede unicamente che gli amministratoridiano notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse delquale siano portatori per conto proprio o di terzi in una determinata opera-zione (132) e obbliga di motivare adeguatamente la deliberazione.

Si noti infine come l’amministratore che siede nei consigli di più societàconcorrenti, oltre ad essere necessariamente influenzato dalle informazioni in suopossesso, è chiamato ad una costante mediazione tra interessi ed obiettivi delleimprese coinvolte. Nel fare questo, per rispettare i canoni di diligenza professio-nale e buona fede (di cui all’art. 2392 c.c.), l’interlocked director dovrà utilizzaretutte le informazioni in suo possesso e promuovere decisioni che non dannegginole imprese da lui amministrate (133).

In conclusione si può escludere che la normativa di diritto societario possarivelarsi di una qualche efficacia nei confronti dei problemi concorrenzialisollevati dagli interlocking directorates (134).

(131) AGCM, IC36, (nt. 7), par. 172. Nota MALBERTI, Il divieto di concorrenza degli ammini-stratori nelle società per azioni, in Scritti per Piergaetano Marchetti, Milano, Giuffrè, 2011, 397: «ildivieto di concorrenza non si pone affatto come obiettivo quello della tutela di interessi generali [...]assumendo una funzione profondamente diversa da quella che viene generalmente attribuita a normecome la Sec. 8 del Clayton Act». D’altro canto, come visto, le deroghe al divieto di concorrenza postodall’art. 2390 c.c. potrebbero configurarsi esse stesse come intese restrittive della concorrenza.

(132) Da questo punto di vista, un amministratore che siede nel board di un’impresa concor-rente sarà titolare di interessi per conto di terzi in molte (se non in tutte) le operazioni della società.

(133) GHEZZI, Legami personali tra intermediari finanziari, (nt. 41), 1008. L’obbligo di dili-genza quindi, lungi dall’essere proconcorrenziale, può determinare risvolti collusivi quando lecaratteristiche del mercato, delle imprese che vi operano e dei legami tra queste, rendano congiun-tamente più conveniente la scelta di instaurare o mantenere un equilibrio di tipo collusivo. Questo èriconosciuto anche dall’AGCM, 6 febbraio 2007, n. 16427, C8277 - Banche Popolari Unite/BancaLombarda e Piemontese, in Boll. n. 4/2007, parr. 139-140: «[il] cumulo di incarichi appare di rilievonell’analisi dei potenziali effetti restrittivi della concorrenza in considerazione del fatto che i soggettiaventi tali incarichi non possono, agendo nell’interesse degli azionisti dai quali hanno ricevuto idiversi mandati, non tener conto dell’intero set informativo a loro disposizione nel momento in cuioperano nei vari organi di gestione e controllo. Alternativamente, ed in contraddizione con quantosopra affermato, si dovrebbe presumere che tali soggetti agiscano volontariamente in manierasub-ottimale per gli azionisti che rappresentano. La situazione appena descritta dà quindi laragionevole certezza agli azionisti di entrambe che egli, agendo correttamente nell’interesse di cuisono portatori: i) opererà perseguendo l’obiettivo di massimizzare i profitti di ogni banca, magodendo di un insieme informativo, legittimamente acquisito nei vari moli assunti, che attenua quelmargine di incertezza tipico dell’agire tra concorrenti; ii) individuerà le soluzioni che evitino diavvantaggiare una banca penalizzando l’altra».

(134) Queste disposizioni, infatti, dato l’ambito di applicazione limitato e le finalità cheintendono perseguire (l’interesse sociale più che la tutela della concorrenza), non possono conside-rarsi adeguate a contrastare i fenomeni distorsivi della concorrenza di cui si è trattato nei capitoli cheprecedono. Fa eccezione l’art. 6 del d.m. 11 novembre 2011, n. 220 concernente i requisiti diindipendenza degli esponenti aziendali in campo assicurativo («La funzione di amministrazione,direzione o controllo in una impresa di assicurazione o riassicurazione non è compatibile con losvolgimento di analoga funzione [...] presso altre società di assicurazione o di riassicurazione, lorocontrollate o controllanti, tale da comprometterne l’indipendenza»). La trasparenza che caratterizzagli incroci personali e strutturali delle società quotate (artt. 120 (Obblighi di comunicazione dellepartecipazioni rilevanti), 121 (Disciplina delle partecipazioni reciproche) e 148-bis (Limiti al cumulodegli incarichi) TUF) può all’opposto aggravare gli effetti anticoncorrenziali di questi strumentiqualora siano utilizzati come commitment devices in quanto rende facilmente conoscibile al mercato

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4.4.2. Art. 36 d.l. salva Italia (201/2011). — L’interesse dell’AGCM per ilegami (in special modo personali) tra imprese concorrenti nel mercato bancarioè dimostrato dai numerosi casi sopracitati, dall’indagine conoscitiva IC36 e daimolteplici interventi ed audizioni parlamentari dell’allora presidente AntonioCatricalà, il quale ha sollecitato con urgenza un intervento normativo (135). Nellasegnalazione del febbraio 2010 al Parlamento e al Governo contenente «Propostedi riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concor-renza» (136), l’AGCM ha auspicato che il disegno di legge annuale per il mercatoe la concorrenza contenesse «disposizioni di principio miranti a risolvere leproblematiche concorrenziali derivanti dalla diffusa presenza di interlockingdirectorates, lasciando poi agli statuti la loro concreta attuazione».

È indubbio che questa attività di pressione sul Parlamento (e la stessanomina di Antonio Catricalà, ex Presidente dell’AGCM, al ruolo di sottosegre-tario alla Presidenza del Consiglio nel Governo Monti (137)) abbia avuto un ruolodi sicuro rilievo nell’introduzione dell’art. 36 del decreto «Salva Italia» (d.l.201/2011, convertito con modificazioni in l. n. 214/2011), volto ad assicurareun’effettiva tutela della concorrenza (138) tra imprese operanti nei mercati delcredito, assicurativo e finanziario (139) tramite l’introduzione di un divieto di

l’impegno dell’acquirente a colludere ovvero a non deviare dall’equilibrio collusivo (e, all’opposto,l’intenzione di farlo).

(135) Audizioni del Presidente dell’AGCM Antonio Catricalà, Intervento sul settore bancariofinanziario: i rapporti tra banche e imprese con particolare riferimento agli strumenti di finanzia-mento, Commissione Finanze e Tesoro Senato della Repubblica, 10 febbraio 2009, 9 e Tematicherelative all’applicazione della disciplina Antitrust nel settore bancario, Commissione Finanze, Ca-mera dei Deputati, 7 maggio 2009, 3.

(136) AGCM, AS659 - Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per ilmercato e la concorrenza, 9 febbraio 2010, in Boll. n. 4/2010, 61.

(137) A questo si aggiunga che lo stesso Mario Monti è stato Commissario europeo per laconcorrenza ai tempi della decisione Generali/INA e che Enzo Moavero Milanesi, autore di alcunicontributi in tema di interlocking directorates, è stato nominato Ministro per gli affari europei.

(138) Questa intenzione proconcorrenziale del legislatore è dimostrata dalla rubrica dellanorma («Tutela della concorrenza e partecipazioni personali incrociate nei mercati del credito efinanziari») e dalla stessa relazione tecnica al disegno di legge di conversione, secondo la quale «ladisposizione è volta a migliorare la concorrenza tra le imprese operanti nel settore assicurativo,finanziario e creditizio». DRAGO, Il “divieto di interlocking” nei mercati, in Giornale dir. amm., 2012,10, 1013, completa il posizionamento sistematico della norma affermando: «La disposizione si ancorasaldamente ai principi comunitari di tutela della concorrenza, nonché alla Costituzione, e inparticolare agli artt. 117 e 41, il primo dei quali espressamente annovera la “tutela della concorrenza”tra le materie rimesse alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, mentre il secondo tutela la libertàdi iniziativa economica privata purché svolta non in contrasto con l’utilità sociale. [...] In realtà nonsolo il secondo comma dell’art. 41 dovrebbe essere indicato come norma legittimante di interventiregolatori a tutela della concorrenza, ma anche il primo comma, laddove si abbia presente che degliinterventi normativi a tutela della concorrenza beneficiano non solo i consumatori, ma anche gliimprenditori potenzialmente liberi di entrare in un mercato, e quindi di esplicare la loro libertà diiniziativa economica (IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, Laterza, 2009, 100)».

(139) Questa limitazione dell’ambito d’applicazione è stata criticata da MARTELLONI, Il controllopubblico sui legami personali tra imprese concorrenti nella recente decretazione anti-crisi, <http://www.gruppodipisa.it/wp-content/uploads/2012/11/MartelloniDEF.pdf>, 7, il quale scrive: «[l]ascelta di campo di escludere dall’applicazione della norma le imprese industriali o del terziario diverseda quelle bancarie o finanziarie appare francamente poco condivisibile e, anzi, risulta essere per certiversi censurabile sotto il profilo della stessa legittimità della norma che parrebbe operare una diversitàdi trattamento tra gli esponenti delle diverse tipologie di imprese in violazione del principio diuguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione».

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interlocking (140). Si è così stabilito un rigido divieto per i titolari di cariche negliorgani gestionali, di sorveglianza e di controllo ed i c.d. funzionari di vertice (idirettori generali (141) e, per le quotate, i dirigenti preposti alla redazione deidocumenti contabili societari (142)) di «assumere o esercitare cariche analoghe inimprese o gruppi di imprese concorrenti».

Il divieto di interlocking scatta in caso di doppi incarichi nel consiglio diamministrazione, nel collegio sindacale o in posizioni di vertice di imprese ogruppi di imprese concorrenti sui suindicati mercati «quando anche una soladelle imprese (o gruppi di imprese) in cui il soggetto detiene cariche presenta unfatturato totale, realizzato a livello nazionale dall’impresa o dal gruppo diappartenenza, di almeno 47 milioni di euro» (143).

Il riferimento probabilmente più problematico è quello ai «gruppi di impreseconcorrenti». Quest’ultimo sembra infatti richiedere di verificare che non vi siaun rapporto di concorrenza, non solo tra le singole imprese interessate dal legamepersonale, ma anche tra i gruppi cui queste appartengono. Un’interpretazioneestensiva di questo criterio (144) porterebbe a considerare vietati, in linea di

(140) Sempre al fine di favorire la concorrenza del mercato bancario, si è previsto l’obbligo perle fondazioni bancarie di inserire nei propri statuti l’incompatibilità «dell’assunzione o dell’eserciziodi cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo o di funzioni di direzione di societàconcorrenti della società bancaria conferitaria o di società del suo gruppo» (art. 27-quater, d.l.1/2012, convertito in l. 27/2012).

(141) Circolare Assonime n. 2/2012, 5, si riferisce anche ai manager di primo livello conresponsabilità strategiche. In BANCA D’ITALIA, CONSOB, ISVAP, Criteri per l’applicazione dell’art. 36 deld.l. “Salva Italia” (cd. “divieto di interlocking”), le autorità di vigilanza, pur non facendo riferimentoai manager di primo livello, definiscono i funzionari di vertice come «soggetti che, data la loroposizione apicale e le rilevanti mansioni svolte, possono incidere sulle decisioni strategiche ocomunque possedere informazioni rilevanti sull’attività dell’impresa». Critico sulla scelta MARTELLONI,(nt. 139), 11: «è in molti casi bastato sostituire, in una delle due o più cariche rilevanti, l’ammini-stratore o il direttore generale di turno con un vice direttore generale o altro top manager per aver altempo stesso rispettato formalmente la norma in discorso e mantenuto, nella sostanza, il legamevietato».

(142) BANCA D’ITALIA, CONSOB, ISVAP, (nt. 141). Critico MARTELLONI, (nt. 139), 6, il quale afferma:«appare [...] difficile sostenere come plausibile l’inclusione tra i funzionari di vertice del dirigentepreposto alla redazione dei documenti contabili e, viceversa, l’esclusione del vicedirettore generale(specie se dotato di funzioni vicarie) o del dirigente preposto alla esecuzione delle scelte commercialidell’impresa medesima, come tali in grado di influenzare le scelte concorrenziali dell’impresamedesima molto più incisivamente, ad avviso di chi scrive, del dirigente preposto alla redazione deidocumenti contabili».

(143) BANCA D’ITALIA, CONSOB, ISVAP, (nt. 141). La soglia corrisponde a quella stabilita dalla l.287/1990 (art. 16, commi 1 e 2), aggiornata periodicamente, per la valutazione delle operazioni diconcentrazione. SIRAGUSA, BARDANZELLU, Prime considerazioni sulle norme antitrust introdotte nellalegislazione nazionale anticrisi, in COLOMBINI, PASSALACQUA (a cura di), Mercati e banche nella crisi:regole di concorrenza e aiuti di Stato, Napoli, ESI, 2012, 74 evidenziano come: «la legittimità di talesoglia minima appare quantomeno dubbia, dal momento che essa viene prevista esclusivamente dalleLinee Guida e non trova alcun riscontro nella disposizione di cui all’art. 36 del Decreto Salva Italia,che stabilisce un divieto perentorio di legami personali incrociati tra imprese concorrenti nei mercatidel credito, assicurativo e finanziario, a prescindere dalla loro rispettiva dimensione. In altre parole,le Linee Guida introducono limiti all’ambito di applicazione della legge, che non li prevede».

(144) Confermata dalla lettura proposta da BANCA D’ITALIA, CONSOB, ISVAP, (nt. 141), 8, dove silegge «L’art. 36 fa riferimento ai gruppi di imprese che operano in concorrenza nei medesimi mercati,indipendentemente dall’ambito di attività della singola impresa di ciascun gruppo». L’Autorità stessaauspicava, «al fine di superare dubbi interpretativi ed assicurare il pieno sviluppo di un contestocompetitivo, che tale divieto abbia ad oggetto l’insieme delle attività svolte dal gruppo; ad esempiocoloro che rivestono cariche in gruppi bancari, i quali svolgono anche attività nel settore assicurativo/

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principio, anche gli interlocking directorates tra imprese operanti su mercatidifferenti quando queste appartengano a gruppi nei quali operano società inconcorrenza sui mercati creditizio, assicurativo o finanziario (145). Questo tipo diinterpretazione parrebbe limitare eccessivamente la libertà organizzativa delleimprese nello scegliere i soggetti ritenuti più idonei ad occupare ruoli di rilievo alloro interno, superando di gran lunga il livello di incompatibilità utile adun’efficace tutela della concorrenza (146).

L’art. 36 sembra poi eccessivamente rigido nella sua applicazione concretanon prevedendo espressamente alcuna deroga o eccezione al divieto di interlo-cking nel caso in cui la quota di mercato delle imprese coinvolte (o delle societàin concorrenza all’interno del gruppo) sia minima, e prescindendo da qualunque

finanziario (con un società controllata o partecipata o via accordi di bancassurance), non potrebberorivestire alcuna carica — qualunque essa sia e non soltanto quella analoga — in gruppi assicurativi/finanziari e viceversa». (AGCM, AS901, Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annualeper il mercato e la concorrenza, 5 gennaio 2012).

(145) Questa criticità è stata fatta notare per prima dalla Circolare Assonime n. 2/2012, 9, laquale mette in guardia: «un’interpretazione estensiva della nozione di gruppi concorrenti potrebbeportare a un’applicazione del divieto palesemente sproporzionata rispetto all’obiettivo di prevenirerestrizioni della concorrenza nei mercati del credito, assicurativi e finanziari. Sembrerebbe irragio-nevole, ad esempio, estendere il divieto anche a qualsiasi intreccio tra società di due gruppimanifatturieri per il fatto che ciascuno dei due gruppi detiene, a valle, il controllo di una piccolasocietà di leasing. Per perseguire gli obiettivi della disciplina e rispettare al tempo stesso il principiodi proporzionalità, è auspicabile che l’applicazione del divieto ai gruppi di imprese sia ispirata a uncriterio di rilevanza dei problemi concorrenziali che possono sorgere nei mercati del credito,assicurativi e finanziari dalla configurazione della corporate governance. A questo fine, il riferimentoai gruppi operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari andrebbe inteso, in sede diapplicazione del divieto, come relativo ai gruppi la cui attività prevalente è in questi settori». Criticasul punto anche FALCE, Interlocking directorates: An Italian antitrust dilemma, in Journal ofCompetition Law & Economics, 2013, 9(2), 469.

(146) Fa presente GHEZZI, La nuova disciplina, (nt. 22), 229: «L’unica possibile e debolespiegazione di un atteggiamento tanto severo nei confronti di una situazione apparentemente nonconcorrenzialmente perniciosa sta, forse, nel desiderio di instillare la maggior dose possibile difarmaco pro-concorrenziale a pazienti, quali le banche e le assicurazioni, per molto tempo protettidalla concorrenza». Nella Circolare Assonime n. 2/2012 si nota come, date le finalità della norma,«[i]n linea di principio [...] la portata del divieto dovrebbe essere limitata, in un’ottica sostanziale, allefattispecie di partecipazioni personali incrociate rilevanti dal punto di vista della concorrenza neimercati del credito, assicurativi e finanziari». In BANCA D’ITALIA, CONSOB, ISVAP, (nt. 141), si è cercatodi intervenire sul problema limitando, arbitrariamente, l’applicazione dell’art. 36 a: «(i) gli incroci tracariche in imprese appartenenti a gruppi diversi, le quali — a livello individuale — sono direttamenteattive in mercati concorrenti, nonché tutti i casi in cui l’interlocking riguardi almeno una capogruppo;(ii) le situazioni in cui le cariche ricoperte riguardano imprese, appartenenti a gruppi attivi in mercatiin concorrenza, le quali operano individualmente in mercati diversi a condizione che il fatturato alivello nazionale di ciascuna delle imprese considerate sia superiore al 3% del fatturato nazionale delgruppo di appartenenza». Prescindendo dal fatto che i Criteri individuano una esenzione non contem-plata dall’art. 36, la scelta è apparsa discutibile essendo «legata esclusivamente alla dimensione, intermini assoluti, della singola impresa interessata, senza alcun riferimento alla sua effettiva posizionedi mercato e, quindi, al possibile pregiudizio alla concorrenza che potrebbe aver luogo in caso dilegami personali incrociati» (SIRAGUSA, BARDANZELLU, (nt. 143), 77). Le autorità di vigilanza limitanoinoltre il divieto alle: «cariche detenute in imprese operanti nei mercati del credito, assicurativi efinanziari, secondo quanto precisato nel par. 1.2.A) delle linee guida. Esso non riguarda quindi altreimprese, siano esse ricomprese o meno in gruppi bancari, assicurativi o finanziari o controllate aisensi della legge 287/90. L’unica eccezione è rappresentata dalle holding di sola partecipazione checontrollino direttamente gruppi/conglomerati bancari, assicurativi o finanziari o che controllinodirettamente imprese individuali che operano in questi settori» (Criteri per l’applicazione dell’art. 36del d.l. “Salva Italia” (cd. “divieto di interlocking”) Frequently Asked Questions, 3).

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valutazione di pericolosità concorrenziale (147). Una volta dimostrato il rapportodi concorrenza, infatti, il divieto si applica automaticamente, indipendentementedall’idoneità dei legami vietati a ledere la concorrenza.

Le autorità di vigilanza sembrano tuttavia condividere una lettura concor-renziale della norma, tesa a valorizzarne la ratio; i limiti da queste (discutibil-mente) introdotti nei criteri per l’applicazione dell’art. 36 (148) non costituisconoperò un vincolo per il giudice e potrebbero essere di difficile tenuta in caso divaglio giurisprudenziale (149). A completamento del quadro si noti come il(limitato) ruolo di vigilanza sia riconosciuto alle autorità di settore (Bancad’Italia, Consob e Isvap) e non all’AGCM (150).

Da questa breve analisi della disciplina anti interlocking italiana si nota comela caratterizzino incongruenze che ne minano il rilievo (e di conseguenza l’effi-cacia) da un punto di vista prettamente concorrenziale. Pur costituendo unindubbio passo avanti rispetto alla disciplina precedente, la sua duplice anima(societaria e settoriale da un lato, antitrust dall’altro), porta l’art. 36 ad essere, daun punto di vista antitrust, alle volte eccessivo nel richiedere la rescissione anchedi legami personali che non hanno alcun rilievo anticoncorrenziale, alle voltecarente permettendo il mantenimento di legami personali aventi effetti poten-zialmente restrittivi (qualora trovassero applicazione i discutibili limiti quantita-tivi introdotti dai Criteri delle autorità di vigilanza) (151).

(147) V. sul punto DRAGO, (nt. 138), 1013: «Sembra chiaro che la norma è funzionale allasalvaguardia del gioco della concorrenza, ma il divieto opera a prescindere dall’idoneità dei legamipersonali tra imprese a ledere la concorrenza. La capacità distorsiva degli equilibri di mercato, sottesaalla sovrapposizione di cariche, è presunta, non è richiesta dalla norma (né va dimostrata). [...] peril cumulo di incarichi il legislatore ha ritenuto opportuno anticipare la soglia di rilevanza dell’illecitoal verificarsi di condotte solo presuntivamente pericolose per gli equilibri del mercato. Analogamenteai delitti di attentato manca l’offesa al bene giuridico tutelato, elemento che rende polifunzionale lanorma, atta cioè a soddisfare la realizzazione anche degli interessi “privatistici”».

(148) BANCA D’ITALIA, CONSOB, ISVAP, (nt. 141).(149) Anche qualora le autorità di vigilanza dovessero decidere di non esercitare il loro

potere/dovere di intervento, nonostante la chiara lettera dell’art. 36, qualunque interessato potrebbeproporre ricorso al giudice amministrativo il quale, non essendo vincolato dai criteri applicativi delleautorità, potrebbe imporgli di adempiere ai loro doveri. «Per altro verso, la circostanza che le autoritàdi vigilanza non siano intervenute a dichiarare la decadenza in una situazione che, in base alla legge,lo richiedesse non sembra certo sanare, sul piano societario, i vizi delle delibere assunte con il votodeterminante di soggetti che ai sensi dell’art. 36, comma 2-bis, dovrebbero essere considerati a tuttigli effetti decaduti da entrambe le cariche ricoperte» (GHEZZI, La nuova disciplina, (nt. 22), 220).

(150) Nota sul punto SANTAGATA, I criteri per l’applicazione del divieto di interlocking directo-rates, (nt. 84): «Del resto, in base alle disposizioni regolamentari vigenti, tali autorità già dispongonodei dati riguardanti gli esponenti aziendali delle imprese soggette alla loro vigilanza e possono perciòespletare tale ufficio ben più agevolmente di quanto avrebbe potuto l’Autorità Garante dellaconcorrenza e del mercato (pur deputata a vigilare sui comportamenti anticoncorrenziali delle banchee delle imprese assicurative in virtù della l. 28 dicembre 2005, n. 262)». Ciò pare tuttavia in contrastocon la struttura della disciplina a tutela della concorrenza la quale si fonda su di una suddivisionefunzionale delle competenze tra le autorità.

(151) Sembra di diverso avviso FALCE, Interlocking directorates: An Italian antitrust dilemma,(nt. 145), 472: «In conclusion, section 36 swings between two focal points, the first one promotinga competitive policy approach and the second one endorsing a more ethical environment based ondiligence, correctness and fairness. Both extremes perform a very precious function, balancing theundesirable effects deriving from the sole application of the other». Dal punto di vista applicativo, hanotato DI NOIA, intervenendo ad un recente convegno sul tema Interlocking Directorates. Primeapplicazioni e questioni aperte dopo l’introduzione del divieto di interlocking in Italia, tenutosi aMilano il 10 ottobre 2012, che il divieto di interlocking ha riguardato un totale di 25 società quotate

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4.5. La proposta di modifica del Regolamento concentrazioni. — L’arrivodell’estate 2013 ha segnato la fine degli annunci (152) e l’inizio di una fase piùconcreta del dibattito sulla disciplina cui sottoporre le partecipazioni di mino-ranza e gli interlocking directorates tra imprese concorrenti. Il 20 giugno 2013,infatti, la Commissione europea ha lanciato una consultazione pubblica sullaproposta di riformare la disciplina europea di controllo delle concentrazioni adincludere l’acquisto di partecipazioni non conferenti il controllo. La consulta-zione si è conclusa lo scorso 12 settembre.

Nei documenti preparati dalla Commissione, quest’ultima riprende intera-mente le conclusioni cui è giunta la dottrina economica, facendole proprie. Laposizione espressa dalla Commissione lungo l’intero documento è di chiaroappoggio a quella dottrina, invero fortemente maggioritaria, che consideral’acquisto di partecipazioni di minoranza come difficilmente giustificabile insenso procompetitivo/efficientistico (in questo distinguendosi nettamente dal-l’acquisto del controllo (153)) concentrandosi quindi principalmente sulla magni-tudine degli effetti che la partecipazione ha sugli incentivi a competere delleimprese coinvolte e sul mercato.

A sostegno della proposta di modifica, la Commissione porta inoltre unarassegna di casi decisi dalla stessa, nei quali il mantenimento di una partecipa-zioni di minoranza (e l’instaurazione di interlocking directorates) è stato reputatoincompatibile con l’approvazione di una concentrazione, e casi decisi dalleautorità alle quali è conferito il potere di intervenire anche qualora la partecipa-zione acquistata non conferisca il controllo (si tratta delle autorità tedesca,austriaca, inglese, americana, canadese e giapponese).

La Commissione propone quindi due soluzioni alternative per sottoporre ascrutinio l’acquisto di partecipazioni di minoranza (e di conseguenza, almeno inquanto derivante dalle prime, l’instaurazione di interlocking directorates): (i)l’estensione del sistema di notifica e controllo ex ante oggi vigente per lepartecipazioni che conferiscono il controllo, ovvero (ii) la creazione di un sistemanuovo, pensato specificamente per le partecipazioni di minoranza, che comportil’obbligo di informare la Commissione unicamente dell’avvenuto acquisto di unapartecipazione che superi determinate soglie quantitative e/o qualitative (oaddirittura nessun obbligo di notifica (154)) senza dover attendere l’approvazione

dalle quali si sono dimessi, in espressa applicazione della disciplina in esame, 43 amministratori e 15sindaci. Le dimissioni sono state ancora più corpose per ciò che concerne le società di minoridimensioni, soprattutto controllate da quotate operanti in ambito finanziario (quali Sim, Sgr, Sicav),stimate nell’ordine delle centinaia. Riporta BANCA D’ITALIA, Relazione sulla gestione e sulle attivitàdella Banca d’Italia 2012, Roma, 31 maggio 2013, 79: «le posizioni dei soggetti che, alla primarilevazione effettuata dopo l’entrata in vigore della normativa (31 maggio 2012), presentavano unasituazione potenzialmente rilevante ai fini del divieto erano circa 750; a seguito delle verifiche svolte,numerosi esponenti hanno rassegnato le dimissioni dalle cariche ricoperte nelle banche (181) o neglialtri intermediari finanziari (152)».

(152) Non si può dire che Almunia non avesse reso chiaro l’interesse che nutriva per ilfenomeno oggetto di studio. Si ricordino i discorsi di marzo 2011, novembre e dicembre 2012 sopracitati, e le due calls for tenders.

(153) Sul punto si rimanda ai rilievi sviluppati supra al paragrafo 2.2.(154) In questo caso, la Commissione potrebbe conoscere dell’acquisto di partecipazioni di

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di quest’ultima per portare a termine l’acquisto (c.d. obbligo di standstill).Questa seconda soluzione parrebbe la preferita dalla Commissione in ragionedell’indubbia convenienza in termini di oneri imposti alle imprese (le quali nondovrebbero sopportare i costi legati ad un sistema di notifica preventiva) eall’autorità (non sarebbe infatti obbligatorio per questa intervenire ogniqualvoltasia acquistata una partecipazione di minoranza, potendosi l’autorità concentraresu quelle ritenute più problematiche) (155).

L’adeguamento del sistema di controllo delle concentrazioni porterebbe consé l’indubbio vantaggio di permettere lo scrutinio e l’intervento ex ante limitandoin tal modo il rischio che si sviluppi un rapporto di «parentela» tra le impreselegate, ben lontano dal normale rapporto concorrenziale.

Estendere il controllo preventivo della Commissione alle partecipazioni diminoranza caratterizzate da un elevato rischio di impatto concorrenziale (inquesto senso si potrebbe individuare una soglia minima che inneschi l’obbligo dinotifica in termini di percentuale di partecipazione al capitale/diritti di voto dellatarget e/o influenza che l’acquirente è in grado di esercitare (156)) permetterebbealmeno in parte di escludere le problematiche antitrust più evidenti collegate alfenomeno in discussione. In tutti gli altri casi, l’acquisto di partecipazioni diminoranza non sarebbe sottoposto a notifica (salvo eventualmente una brevecomunicazione informativa dell’avvenuto acquisto o una notifica ex ante su basevolontaria). Lo scrutinio da parte dell’autorità non verrebbe tuttavia limitatodalla mancata comunicazione potendosi estendere, ex post ed entro specificilimiti temporali e quantitativi/qualitativi (in termini appunto di partecipazione alcapitale e/o di particolari diritti connessi ai minority shareholdings), alle parte-cipazioni che ostacolino in modo significativo una concorrenza effettiva nelmercato comune (157).

Per ciò che concerne infine la giurisdizione, non sembra ci sia motivo perallontanarsi dal criterio della dimensione europea per distinguere le aree diintervento della Commissione e delle autorità nazionali.

In aggiunta a quanto sopra, e in linea con la discussione che ha portato allaproposta di riforma, si dovrebbe intervenire anche sull’art. 8(4) Regolamentoconcentrazioni affinché questo riconosca alla Commissione il potere di ordinarela cessione di un’eventuale partecipazione (di minoranza) detenuta dalle parti diuna concentrazione vietata, anche qualora la concentrazione non si possaconsiderare «realizzata» (i.e. non ci sia stata alcuna modifica del controllo) (158).

minoranza tramite le banche dati attualmente esistenti e le denunce di competitors e partiinteressate.

(155) La Commissione nota inoltre: «as the number of cases creating problematic structurallinks seems to be rather limited, it may be doubted whether it is necessary to apply all the proceduralrules of the current merger regulation to structural links, in particular the mandatory ex-antenotification system, or whether procedural rules can be devised so that the Commission is able toselect the problematic cases only» (consultazione pubblica della Commissione europea, Towardsmore effective EU merger control, SWD(2013) 239 final, parte 1/3, 6).

(156) In questo senso v., inter alia, i sistemi tedesco e statunitense descritti supra.(157) Esempi di questo sono, in maniera diversa, il sistema statunitense e inglese discussi supra.(158) Il riferimento è chiaramente al caso Ryanair/Aer Lingus, analizzato nei paragrafi che

precedono.

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5. Conclusioni. — A conclusione del presente elaborato è necessarioriepilogare brevemente i risultati dell’analisi giuridica della disciplina dei legamipersonali e strutturali in imprese concorrenti per verificare se e in che modo leautorità potrebbero già ora intervenire a tutela della concorrenza.

Dall’analisi economica della fattispecie è scaturito che, pur non potendosiconsiderare per se anticompetitivi, i legami tra imprese concorrenti necessitanodi una attenta valutazione caso per caso che tenga conto delle caratteristichedell’operazione, delle imprese coinvolte e del mercato nel quale queste operano.La pericolosità concorrenziale di questi legami può presentarsi in manierarilevante anche nel caso in cui il legame in sé sia debole (è il caso dellepartecipazioni di minoranza passive) qualora il mercato sia fortemente concen-trato e l’investimento si possa qualificare come un serio impegno a colludere daparte dell’impresa maverick.

Pur di fronte ad un pressoché totale riconoscimento del potenziale anticom-petitivo di partecipazioni di minoranza e cumuli di cariche (sia dal punto di vistaunilaterale che coordinato) da parte della Commissione e dell’AGCM, esistonotuttora forti legami tra imprese concorrenti che le autorità non sono intervenutené a valutare né tantomeno a recidere (si pensi, in sede europea, al caso Ryanair/AerLingus, sopracitato, e, in sede nazionale, alla quantità di interlocking directoratesche soltanto l’introduzione del citato art. 36 ha permesso di recidere).

Questa situazione può essere spiegata dal fatto che le autorità (e lo dimostrala consultazione per la riforma del Regolamento concentrazioni) percepiscono, inrelazione a questo fenomeno, l’esistenza di una lacuna nell’ordinamento giuri-dico che permette a fattispecie potenzialmente pericolose per la concorrenza disfuggire alle maglie del controllo antitrust. Questa posizione dimentica tuttavia lepotenzialità della normativa esistente, in particolare degli artt. 101 e 102 TFUE(e dei corrispettivi nazionali) le quali sono rimaste (almeno negli ultimi duedecenni) pressoché inesplorate.

Mentre l’estensione dell’ambito di applicazione del Regolamento concentra-zioni ad includere le partecipazioni non conferenti il controllo (159) è statooggetto di estesa discussione nell’ambito del progetto di riforma sfociato nell’a-dozione dell’attuale Regolamento (CE) 139/2004, e porta con sé il rischio diimporre ad imprese ed autorità un peso eccessivo di fronte a fenomeni conside-rati poco frequenti (160); la corretta interpretazione ed applicazione della disci-

(159) EZRACHI, GILO, (nt. 4), 344.(160) Di questi rilievi una proposta di estensione della disciplina delle concentrazioni deve

necessariamente tenere conto ed è per questo che un intervento che estenda il significato di controllo(il quale avrebbe l’effetto di «blur the criteria for prior notification of the transaction under the EUMRand would affect the legal certainty for undertakings. Additionally, it would result in superfluous,unnecessary prior notifications, adding burden to the Commission and the undertakings involved».EZRACHI, GILO, (nt. 4), 348) deve essere escluso. La soluzione che assicurerebbe un minor impattosulle imprese e una maggiore estensione delle partecipazioni sottoponibili a scrutinio consisterebbeinvece nel conferire alla Commissione il potere di analizzare ex post, entro precisi limiti temporali equantitativi, le partecipazioni non conferenti il controllo di maggior rilievo. Questo permetterebbealla Commissione di utilizzare i medesimi strumenti e principi di analisi economica previsti per leconcentrazioni nel valutare l’impatto che l’acquisto di una partecipazione di minoranza avrebbe sulmercato.

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plina in tema di intese restrittive e abusi permetterebbe di sottoporre a scrutiniole fattispecie analizzate, almeno nei casi più problematici, con l’indubbio van-taggio di consentire la rescissione dei legami tra concorrenti oggi esistenti senzanecessità di interventi legislativi.

Per ciò che concerne le partecipazioni attive (o passive da parte dellamaverick firm) e gli interlocking directorates, aventi effetti coordinati, è, infatti,possibile, in mercati oligopolistici, estendere l’ambito di intervento individuatodalle decisioni Philip Morris e Gillette sulla scorta della giurisprudenza in temadi pratiche concordate e posizione dominante collettiva. Le partecipazioni aventiunicamente effetti unilaterali, invece, potranno rientrare, nel caso in cui siapossibile individuare una posizione dominante, entro l’ambito di applicazionedell’art. 102 TFUE avendo queste l’effetto di rafforzare tale posizione incidendonegativamente sulla struttura del mercato.

L’interpretazione ed applicazione degli artt. 101 e 102 TFUE al fenomeno inesame non sembra tuttavia aver riscosso particolare successo nella prassi deci-sionale di Commissione e AGCM, le quali hanno dimostrato scarsa volontà diintervenire sulla base di queste disposizioni, preferendo circoscrivere lo scrutiniodi legami strutturali e personali entro i limiti dell’analisi di più ampie concen-trazioni.

Nel breve periodo non si può quindi che auspicare un ripensamento da partedelle autorità e una rivalorizzazione, da un lato, delle problematiche antitrustscaturenti dall’instaurazione di legami personali e strutturali, i cui effetti sonoperfettamente conosciuti ma scarsamente affrontati, e dall’altro, degli strumentia loro disposizione.

GIAN DIEGO PINI

Abstract

The present study focuses on the analysis of the anticompetitive incentives arising fromthe creation of structural and personal links between competitors. The study builds on theresults of the economic theory, widely acknowledged by authorities and courts, to proceedwith the analysis of the application of competition law. The exam of the legislation and ofthe interpretation given by courts and authorities over the years presents gaps andinconsistencies motivating the renewed interest by the legislator, both at the national andEU level.

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