La versione di Beda (il Venerabile). MEDIOEVO, n. 187 (agosto 2012), pp. 42-51 (draft)

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42 AGOSTO M EDIO E VO PROTAGONISTI BEDA IL VENERABILE S «S emper aut docere aut scribere», «sempre insegna- re oppure scrivere». In queste poche e sem- plici parole si potrebbe sintetizzare l’attività di Beda, vissuto in Anglia, l’odierna Inghilterra, fra il 672 e il 735. E, in effetti, l’intera sua esistenza fu segna- ta da uno studio lungo e continuo e dalla composizione di innumerevoli opere – molte delle quali andate perdu- te –, caratterizzate da un latino pulito, elegante, sobrio, ma non privo di squarci di vivacità. Quasi tutto ciò che sappiamo di lui è lo stesso Beda a raccontarlo nei suoi scritti. Approssimandosi ormai l’ora della fine, nel 731 portò a termine la sua opera principale – l’Historia ecclesiastica gentis Anglorum –, rias- sumendo con queste parole la sua esperienza terrena: «Cosí io, Beda, servo di Cristo e sacerdote del monastero dei Beati Apostoli San Pietro e San Paolo, che si trova a Wearmouth e a Jarrow (nell’allora Northumbria; vedi box a p. 46), con l’aiuto di Dio ho composto fino a dove ho potuto raccogliere, o dagli antichi documenti o dalle tradizioni degli anziani o dalla mia conoscenza, que- sta storia ecclesiastica della Britannia, e specialmente alla razza anglicana. Sono nato nel territorio del detto monastero, e all’età di sette anni i miei genitori mi af- fidarono alla cura del reverendissimo abate Benedetto, e successivamente a Ceolfrid, perché mi istruissero. Da quel momento ho passato tutta la mia vita all’inter- no del monastero, dedicando tutte le mie fatiche allo studio delle Scritture, e fra l’osservanza della discipli- La civetta nel Medioevo è l’animale che simboleggia sapienza e bontà divina vegliante l’umanità, ma non solo... Alla stessa maniera del gufo, può esprimere funesti auspici, lutti e calamità naturali. Vediamo perché Alla stessa maniera del gufo, può esprimere funesti auspici, lutti e calamità naturali. Vediamo perché di Elena Percivaldi In alto miniatura raffigurante un chierico, forse identificabile con Beda, che lavora come scriba, da un’edizione de De vita et miraculis Sancti Cuthberti, episcopi Lindisfarnensis, opera storica scritta dallo stesso monaco benedettino. Fine del XII sec. Londra, British Library. Nella pagina accanto la pagina d’apertura del Libro I di un’edizione dell’Historia ecclesiastica gentis Anglorum di Beda il Venerabile, che narra, in cinque libri, la storia dell’Inghilterra dal tempo di Giulio Cesare al 731, data di composizione. 820-830 circa. Londra, British Library. Sembra che il titolo di «Venerabilis» sia stato associato al nome di Beda già a partire da due generazioni dopo la morte. La sua importanza per la religione cattolica fu però pienamente riconosciuta solo nel 1899, quando fu santificato e dichiarato Dottore della Chiesa, ma l’iter non fu semplice: il cardinale Nicholas Patrick Stephen Wiseman e alcuni vescovi inglesi indirizzarono alla Santa Sede un’apposita petizione nel 1859. Dopo decenni di dibattito, il 13 novembre 1899 Leone XIII decretò la canonizzazione di Beda il Venerabile Santo e gli conferí il titolo di Doctor Ecclesiae, stabilendo che la sua festa fosse celebrata da tutta la Chiesa cattolica il 25 maggio. Perché «venerabile»? La versione di Beda © MEDIOEVOi / Elena Percivaldi

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42 agosto MEDIOEVO

protagonisti beda il venerabile

S«Semper aut docere aut scribere», «sempre insegna-re oppure scrivere». In queste poche e sem-plici parole si potrebbe sintetizzare l’attività

di Beda, vissuto in Anglia, l’odierna Inghilterra, fra il 672 e il 735. E, in effetti, l’intera sua esistenza fu segna-ta da uno studio lungo e continuo e dalla composizione di innumerevoli opere – molte delle quali andate perdu-te –, caratterizzate da un latino pulito, elegante, sobrio, ma non privo di squarci di vivacità.

Quasi tutto ciò che sappiamo di lui è lo stesso Beda a raccontarlo nei suoi scritti. Approssimandosi ormai l’ora della fine, nel 731 portò a termine la sua opera principale – l’Historia ecclesiastica gentis Anglorum –, rias-sumendo con queste parole la sua esperienza terrena: «Cosí io, Beda, servo di Cristo e sacerdote del monastero dei Beati Apostoli San Pietro e San Paolo, che si trova a Wearmouth e a Jarrow (nell’allora Northumbria; vedi box a p. 46), con l’aiuto di Dio ho composto fino a dove ho potuto raccogliere, o dagli antichi documenti o dalle tradizioni degli anziani o dalla mia conoscenza, que-sta storia ecclesiastica della Britannia, e specialmente alla razza anglicana. Sono nato nel territorio del detto monastero, e all’età di sette anni i miei genitori mi af-fidarono alla cura del reverendissimo abate Benedetto, e successivamente a Ceolfrid, perché mi istruissero. Da quel momento ho passato tutta la mia vita all’inter-no del monastero, dedicando tutte le mie fatiche allo studio delle Scritture, e fra l’osservanza della discipli-

La civetta nel Medioevo è l’animale che simboleggia sapienza e bontà divina vegliante l’umanità, ma non solo... Alla stessa maniera del gufo, può esprimere funesti auspici, lutti e calamità naturali. Vediamo perché Alla stessa maniera del gufo, può esprimere funesti auspici, lutti e calamità naturali. Vediamo perché

di Elena Percivaldi

In alto miniatura raffigurante un chierico, forse identificabile con Beda, che lavora come scriba, da un’edizione de De vita et miraculis Sancti Cuthberti, episcopi Lindisfarnensis, opera storica scritta dallo stesso monaco benedettino. Fine del XII sec. Londra, British Library.

Nella pagina accanto la pagina d’apertura del Libro I di un’edizione dell’Historia ecclesiastica gentis Anglorum di Beda il Venerabile, che narra, in cinque libri, la storia dell’Inghilterra dal tempo di Giulio Cesare al 731, data di composizione. 820-830 circa. Londra, British Library.

Sembra che il titolo di «Venerabilis» sia stato associato al nome di Beda già a partire da due generazioni dopo la morte. La sua importanza per la religione cattolica fu però pienamente riconosciuta solo nel 1899, quando fu santificato e dichiarato Dottore della Chiesa, ma l’iter non fu semplice: il cardinale Nicholas Patrick Stephen Wiseman e alcuni vescovi inglesi indirizzarono alla Santa Sede un’apposita petizione nel 1859. Dopo decenni di dibattito, il 13 novembre 1899 Leone XIII decretò la canonizzazione di Beda il Venerabile Santo e gli conferí il titolo di Doctor Ecclesiae, stabilendo che la sua festa fosse celebrata da tutta la Chiesa cattolica il 25 maggio.

Perché «venerabile»?

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protagonisti beda il venerabile

Lindisfarne

Carlisle

Canterbury

Chichester

Wareham

Jarrow

LincolnBakewel

York

Streaneshalc

NottinghamChester

Tettenhall

Ashdown

Basing

Witon

Derby

Leicester Stamford

Dunwich

DANESI840

DANESI868

DANESI834-876

DANESI841-860

ANGLIE SASSONI

Vsec.

JUTIV sec.

CELTI

NORVEGESI793-850

NORVEGESI793

NORVEGESI793-853

NORVEGESI798

L’INGHILTERRA ANGLOSASSONE (SEX V-X)

Mare d’Irlanda

La Manica

Cambridge

ColchesterGlouchester

Exter

Londra

Lothian

MerciaDanese

Regno diGuthrum

Mercia Inglese

Galloway

Deira

Lindsey

BerniciaRegno di York

CE

LT

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EL

TI

Nor th

um

br i a

W e s s e x

M e r c i a

AngliaOrient.

E s s e x

KentS u s s e x

Invasioni di popoli germanici

L’Inghilterra nel IX sec.

Stato dell’Eptarchia

Regno sassone diEgberto di Wessex (802-839)

Linea di spartizione traDanesi e Sassoni (886)

Le “Cinque città

E s s e x Regno di Wessex

Ducato di Mercia

Il “Danelaw”

Ducato di Northumbria

L’Inghilterra anglosassone dal V al X sec.

L’assetto geopolitico dell’Inghilterra tra il V e il X sec. epoca che dunque comprende il periodo in cui Beda il Veberabile visse e operò. Il dotto Benedettino fu un testimone d’eccezione di molti degli avvenimenti piú importanti che svolsero tra il VII e l’VIII sec., dei quali ha lasciato resoconti puntuali e articolati nelle sue principali opere di taglio storico.

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gli anglosassonii

Dall’invito di Vortigern al primo re d’Ighilterra449 �Gli Juti, popolazione germanica proveniente

dallo Jutland e dalle isole Frisone, sbarcano in Britannia, insieme ai Sassoni e agli Angli, invitati dal re dei Britanni Vortigern, per combattere contro i Pitti e gli Scoti.

455 �Hengist, figura leggendaria della tribú degli Juti, diviene re del Kent.

491 �I Sassoni meridionali, popolazione germanica proveniente dall’Holstein, occupano Anderida (Pevensey) e fondano il regno del Sussex.

500 �I Sassoni orientali fondano il regno dell’Essex.500-540 �Gli Angli, popolazione germanica proveniente

dalla foce dell’Elba, si stanziano nell’Anglia orientale, nel Lincolnshire e Yorkshire.

519 �Cerdic, re dei Sassoni, fonda il regno del Wessex, su cui regna sino al 534.

520 circa �Sconfitta dei Sassoni occidentali a Mount Badon contro re Artú.

530 Cerdic conquista l’Isola di Wight.547 �Ida, primo sovrano anglo, fonda il regno di

Bernicia.552-577 �Espansione dei Sassoni verso est e verso

nord.563 �Un gruppo di monaci dall’Irlanda approda

nell’isola di Iona dove San Colombano fonda un monastero.

577 �Ceawlin, re del Wessex, perde gran parte del Gloucestershire e del Somersetshire, ma rafforza il Wessex, separando i Britanni del Galles del Nord da quelli dell’Ovest.

596 �Papa Gregorio Magno invia nel Kent alcuni

monaci missionari con lo scopo di diffondere il cristianesimo.

617–633 �Supremazia del regno di Northumbria sotto re Edwin, che si convertí al Cristianesimo nel 627.

664 �Sinodo di Whitby, in Northumbria, che sciolse la controversia tra cristiani celti e romani circa la data della Pasqua, risolta in favore dell’uso romano.

688–726 �Ine, re del Wessex a cui si deve una raccolta di leggi pubblicata intorno al 693, conquista il Somersetshire, il Kent, l’Essex e Londra.

700–800 �Supremazia del regno di Mercia.790–852 �Prime incursioni danesi sulle coste inglesi.800–900 Supremazia del regno del Wessex.802-839 Regno di Egberto di Wessex.867 �Conquista del regno di Deira da parte dei

Danesi.874 �Conquista del regno di Mercia da parte dei

Danesi.878 �Con il trattato di Wedmore si giunge a una

tregua tra Alfredo, re del Wessex (871-899), e Guthrum, re dei Danesi, che accetta di convertirsi al cristianesimo.

X secolo �Affermazione della potenza dei Sassoni con la conquista del Danelaw.

901–924 �Edoardo il Vecchio, re del Wessex, estende la sua signoria sul Galles del Nord, Nothumbria e Strathclyde.

924–940 �Atelstano, figlio di Edoardo, è il primo re d’Inghilterra.

na monastica e del compito quotidiano di cantare in chiesa, è stato sempre mia delizia imparare o insegnare o scrivere. A diciannove anni fui ammesso al diacona-to, a trent’anni al sacerdozio, entrambi nelle mani del reverendissimo vescovo Giovanni, e sotto la disciplina dell’abate Ceolfrid. Dal momento dell’ammissione al sacerdozio al mio attuale cinquantanovesimo anno, mi sono sforzato di scrivere brevi note sulle Scritture, trat-te dai lavori dei Venerabili Padri o in conformità con il significato e le interpretazioni da essi indicati, e ciò per mio uso personale e per quello dei miei confratelli».

Uno storico di grande spessoreUn uomo all’apparenza estremamente umile, che ten-deva a sminuire il grande contributo che invece diede non solo alla teologia e alla storia ecclesiastica, ma an-che – e soprattutto – alla storia del suo popolo.

Entrato all’età di sette anni nel monastero di Wear-mouth, nel Northumberland (una contea ai confini con

la Scozia) divenne diacono a diciannove anni e sacerdo-te a trenta. Nel raggiungere tali traguardi gli giovarono gli ottimi rapporti con l’abate Benedetto Biscop – che nel 674 era stato il fondatore del cenobio –, ma anche la non comune intelligenza e la voglia di apprendimento, che lo misero in luce anche nell’altro monastero «ge-mello», Jarrow, creato nel 682 da Ceolfrid. Tra Beda, Be-nedetto e Ceolfrid dovette stabilirsi un rapporto di pro-fonda intesa intellettuale, imperniata sull’amore, quasi viscerale, per i libri. Lo stesso Beda, infatti, racconta che Ceolfrid accompagnò Biscop a Roma per procurarsi ma-noscritti – all’epoca merce rara – e dotarne la biblioteca di Wearmouth, che, nel giro di pochi anni, divenne la piú ricca dell’intera Inghilterra anglosassone, con i suoi 300 volumi, consultati da studiosi di tutta Europa.

Beda leggeva di tutto e voracemente: dai classici «pagani» come Plinio il Giovane, Virgilio, Lucrezio, Ovi-dio e Orazio, alla patristica, che dominava a memoria. Pare addirittura che – cosa eccezionale in un’epoca in

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dei monasteri di Jarrow e Wearmouth, il De temporibus liber e il De temporum ratione (oltre a una Vita di San Cut-berto di Lindisfarne). Dal punto di vista del dibattito storiografico le piú interessanti sono il De temporibus li-ber e soprattutto il De temporum ratione, nel quale si spin-ge fino a inserire un «sabato delle anime», che sarebbe iniziato con la morte di Abele e sarebbe finito nel giorno della resurrezione dei santi, quando, a sua volta, sareb-be cominciata la ottava e definitiva età, con il trionfo dei giusti e la dannazione degli empi.

Idee forti e innovative, ma mai quanto quelle pro-poste nella Historia gentis Anglorum, con la quale egli si «sgancia» dalla visione storiografica a indirizzo univer-sale – presente nella tradizione latina, ma anche greca – per concentrare l’attenzione su un uni-co aspetto: quello di una storia della Chiesa «nazionale».

«Anglocentrismo»Beda decide di mettere al centro della storia un popolo ben preciso, gli Angli – il suo! –, concentran-do le vicende su quanto avviene nell’isola. Il dottissimo monaco, naturalmente, non è un rivoluziona-rio: egli scrive una storia ecclesiastica «nazionale» non perché questa fosse «scissa» dal resto della storia della chiesa universale – che, anzi, è ben presente sullo sfondo con numerosi episodi –, ma per dare alle vicende del suo popolo una dignità del tutto diversa. Beda, peraltro, conosceva molto bene l’opera di un altro importante storiografo del tempo, quel Gre-gorio di Tours autore della Historia Francorum, cosí come doveva conoscere la Storia dei Goti di Jordanes. Ma fa un passo oltre.

La sua Historia è piú ambiziosa. Divisa in cinque libri, tratta le vicende dell’isola dal tempo di Cesare alla data in cui fu composta, il 731. Almeno per la fase iniziale

Northumbria

La Northumbria, uno dei sette regni dell’eptarchia anglosassone, si estendeva a nord del fiume Humber e della Mercia, occupando le antiche regioni di Deira e Bernicia. Dopo la loro unione, operata nel 588 dal re Etelrico, suo figlio Etelfredo sconfisse nel 613 gli Scozzesi a Chester,

separando le popolazioni celtiche del Galles dallo Strathclyde. Con Edvino, la Northumbria conobbe un periodo molto felice.Il re, infatti, dopo aver battuto Britanni e Sassoni occidentali, estese i domini fino al Firth of Forth. Fu battezzato a York nel 627. I successori favorirono le varie missioni

Una breve parabola di gloria

cui, salvo rari casi, era un idioma del tutto dimentica-to – padroneggiasse anche il greco e persino un po’ di ebraico. Un simile ingegno avrebbe dunque potuto gio-care un ruolo di primo piano anche al di là della sempli-ce erudizione, ma egli sentiva questa sete di conoscenza come una missione.

La sua bibliografia è sterminata. Fu un vero e pro-prio «poligrafo»: si occupò, cioè, delle discipline piú di-verse, tutte maneggiate con grande competenza. Dai trattati di grammatica scritti per gli allievi agli studi sui fenomeni naturali (De Rerum Natura, in continuità con i modelli classici, per esempio, di Lucano), alla scienza – fu tra i primi a credere nella sfericità della Terra, tonda «come una palla da gioco», da un’edizione importan-tissima della Bibbia ai commentari di libri dell’Antico e Nuovo Testamento, fra cui i Proverbi, dalle omelie ai trattati su brani delle Sacre Scritture, alla cronologia (De temporibus liber e De temporum ratione).

I precedenti dell’età classicaE proprio trattando di cronologia, cioè del susseguirsi dei fatti, Beda decise di scrivere quella che sarebbe di-venuta la sua opera piú importante: la già citata Historia ecclesiastica gentis Anglorum. Per comprenderne a fondo lo spirito innovativo converrà fare un piccolo passo in-dietro e ricordare che, fino a quel momento, gli intellet-tuali cristiani che si erano occupati di storiografia l’ave-vano fatto seguendo una prassi fondamentale: quella della «storia universale». Anche la grande storiografia latina degli ultimi secoli prima dell’inizio del Medioe-vo aveva inaugurato la prassi di raccontare le vicende del mondo «dalle origini»: basti pensare a Tito Livio e ai suoi monumentali Ab urbe condita libri. L’esempio era stato poi seguito da molti storiografi successivi, anche se molti, imitando invero i Greci, avevano posto l’accen-to su quella che si potrebbe definire «etnografia», cioè la descrizione dei vari popoli che abitavano il mondo allora conosciuto. Basti pensare alla Germania di Tacito, o al De Bello Gallico di Cesare, e alle opere di Plinio.

Con la diffusione e l’imposizione del cristianesi-mo, la storiografia aveva rielaborato le umane vicen-de dando loro una visione di carattere provvidenziale. Ai corsi e ricorsi storici era seguita una interpretazione piú «lineare», frutto soprattutto dell’elaborazione di Sant’Agostino, per il quale la storia stessa, realizzando il piano della Provvidenza, tendeva all’escatologia, cioè al fine ultimo dell’uomo. La visione dominante (pre-sente anche in un altro intellettuale di grandissimo peso come Isidoro da Siviglia) era quella che suddivi-deva la storia in sei età, corrispondenti ad altrettante fasi della vita umana: la sesta età era quella in corso e si sarebbe conclusa quando a Dio fosse piaciuto.

Tali elucubrazioni, però, non furono condivise da Beda, il quale forní una sua personale «versione dei fat-ti». Quattro sono le principali opere di carattere storio-grafico da lui lasciate: a parte il suo capolavoro, la Histo-ria Abbatum (721), che narra la fondazione e le vicende

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della storia le fonti sono sempre le stesse (né, si pre-sume, Beda potesse avere accesso a documenti diretti): Plinio, Solino, Orosio per la descrizione delle popolazioni, ancora Orosio, Eurtopio, Pro-spero e soprattutto Gildas per il periodo roma-no. Come ha scritto lo studioso di letteratura latina Luigi Alfonsi (1917-1987): «È una storia religiosa e politica insieme, ricca di riflessioni personali con intendimento morale, con una quasi moderna scrupolosità documentaria, con

uno sguardo attento alle tradizioni locali: scritta in uno stile sobrio e non di rado vivace».Destinata a enorme fortuna, l’opera contiene, in

margine al piú antico manoscritto conosciuto (datato al 737), i cosiddetti Moore Memoranda, una breve lista di re e di dati cronologici la cui importanza è decisiva per la ricostruzione della storia dei regni angli.

Un’opera che apre orizzonti nuoviCome ha scritto un altro autorevole studioso, Bruno Luiselli: «come la Historia Romana del cristiano Mem-mio Simmaco e la Storia dei Goti del cristiano Cassiodoro (perduta, n.d.r.) avevano aperto la strada rispettiva-mente alla storiografia cristiana di indirizzo nazionale

cristiane, trovando l’accordo con la Chiesa di Roma.Nell’827 la Northumbria dovette riconoscere la supremazia del Wessex e nella seconda metà del IX secolo, dopo aver patito le scorrerie dei Vichinghi, subí l’occupazione danese. Dall’876 cessò di esistere come regno autonomo.

(red.)

Una breve parabola di gloria

In alto la Fibula Kingston, cosí chiamata dal luogo di rinvenimento in una

sepoltura femminile nel Kent. Oro intarsiato con granati, vetro blu e madreperla di produzione anglosassone. Inizi del VII sec. Liverpool,

National Museums.

A sinistra la Croce di San Cutberto, in oro e granati, uno dei rari esemplari di produzione anglosassone

cristiana, rinvenuto all’interno della sepoltura

del santo.Fine del VII sec. Durham, Tesoro della Cattedrale.

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romano e a quella, sempre cristiana, con indirizzi nazio-nali germanici, cosí la Historia di Beda, che vastissima fortuna ebbe nell’età di mezzo, aprí la strada alla vasta fioritura medievale di storie e cronache ecclesiastiche locali», ma nella Storia di Beda c’è di piú.

Nella Storia dei Goti di Jordanes, nell’anonima Origo gentis Langobardorum, nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono (che pure le accoglie in maniera molto

San Cutberto, vescovo di Lindisfarne, salva con le sue preghiere inbarcazioni in difficoltà nei pressi di Tynemouth, in Inghilterra. Miniatura di scuola inglese tratta da un’edizione della Vita Sancti Cuthberti di Beda il Venerabile. Fine del XII sec. Londra, British Library.Nella pagina accanto ritratto di Beda il Venerabile, dal De temporibus liber, composto dallo stesso monaco.VII-VIII sec. Cava dei Tirreni (Salerno), Archivio della Badia della SS. Trinità.

Sf fondino

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critica liquidandole come stupide favole) e nella Historia Brittonum di Nennio esiste sempre, ed è anzi fondante, il richiamo alle origini «mitiche» del proprio popolo da una divinità o da una stirpe particolarmente carismati-ca, mentre in Beda tutto ciò non avviene. Per lui gli An-gli, i Sassoni e gli Juti provenivano dalla Germania, ma non cita mai alcun antenato divino, né parla della loro «preistoria». Perché? La risposta è abbastanza sempli-

ce: Beda è sí appartenente alla stirpe degli Angli, ma si sente profondamente erede della cultura e della civiltà romana e, soprattutto, è cristiano. Il che, naturalmente, gli impedisce di aderire a miti di fondazione pagani. La realtà del suo popolo, quindi, non può che essere ricon-dotta, ancora e sempre, alla unità della civiltà latina con fondamenta solide e verificabili.

Gli «Anglosassoni», dunque, appaiono nella sua ope-

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protagonisti beda il venerabile

Quando Beda fu seppellito, il compito di scrivere l’epitaffio sulla tomba fu assegnato a un monaco che, evidentemente, lo conosceva poco. «Hic sunt in fossa Bedae ossa», si era limitato laconicamente a scrivere. La mattina dopo, qualcuno aveva misteriosamente aggiunto la parola «venerabilis» per rimarcarne la straordinarietà, e la gente gridò al miracolo.Comunque sia, Venerabile – e quindi degno di venerazione, come un beato – egli è già definito da alcuni intellettuali di poco posteriori, come Alcuino di York (il precettore di Carlo Magno, un anglo anche lui), mentre il concilio di Aquisgrana dell’835 lo cita come «venerabilis et modernis temporibus doctor admirabilis», ossia «il venerabile e meraviglioso dottore dei nostri tempi».

una leggenda curiosa

L’epitaffio corretto nella notte

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ra come già presenti in Britannia, e l’autore conosce e tiene come sottofondo le testimonianze greche o roma-ne mentre esclude completamente o quasi l’etiologia orale della sua gente, che pure doveva essergli familia-re. Dal punto di vista del metodo, tuttavia, al di là delle auctoritates a lui note, sappiamo che, a partire dall’anno 596, le fonti documentarie e quelle orali sono puntual-mente verificate e sottoposte a critica. Beda fu anche il primo a citare sistematicamente le fonti e a introdurre la «nota a piè di pagina», il che gli procurò non pochi guai: una di queste, relativa al calcolo dell’età della Terra, fu presa di mira dal vescovo Vilfrido di York, che lo accusò addirittura di eresia per aver citato – e non espresso – una propria opinione!

Oltre le divisioni nazionaliPer Beda, dunque, gli Angli e i Sassoni si erano insediati in una Britannia fortemente romanizzata e lui, che pure era un «barbaro» di nascita, essendo un intellettuale, sentiva di discendere e appartenere a quel mondo ricco di gloria. La storia della Britannia romana e quella suc-cessiva che scrive si saldano, dunque, senza soluzione di continuità. Anche la dedica al re Ceolwulf, re della Northumbria dal 729 al 737 (anno in cui si ritirò volon-tariamente nel monastero di Lindisfarne), è concepita come un tentativo di superamento delle divisioni nazio-nali, evidentemente ancora esistenti e ben sentite, tra Britanni e Germani: Beda tende (o meglio, auspica) di vedere gli insulari, finalmente, come una «nazione». In ciò anticipando nettamente quell’opera di unificazione politica e culturale che si realizzò solo un secolo dopo con re Alfredo il Grande (848-899).

Alla fine della sua grande fatica, Beda conclude con queste toccanti parole: «E io Ti prego, Gesú amorevole, che come Tu mi hai graziosamente dato di bere con pia-cere della tua conoscenza, cosí voglia Tu pietosamente concedermi di attingere un giorno a Te, la fontana di tutta la saggezza, e di comparire per sempre davanti al Tuo Volto». L’invocazione fu «accolta» da Dante, che gli riserva, nella Commedia, un ruolo di tutto rispetto, col-locandolo, in Paradiso, nel cielo del Sole tra i beati della prima corona, insieme a Isidoro di Siviglia e Riccardo di San Vittore, altri due fulgidi esempi di intellettuali:

Vedi oltre fiammeggiar l’ardente spirod’Isidoro, di Beda e di Riccardo,che a considerar fu piú che viro.

(Paradiso X, 130-1)

La vasta erudizione, l’umiltà, la costante ricerca e l’interrogarsi, mettendosi in gioco in tutti i possibili campi dello scibile, fa meritare a Beda, forse piú e me-glio di ogni altro, il titolo di santo patrono degli studiosi. Il suo ultimo lavoro, completato sul letto di morte, fu la traduzione in lingua anglosassone del Vangelo secondo Giovanni: un segno del profondo attaccamento alle sue origini, ma sempre nella luce della Salvezza. F

Durham (Inghilterranord-orientale), Cattedrale. La cappella di Galileo, nella quale è collocata la tomba

di Beda il Venerabile, morto nel 735, canonizzato e

proclamato Dottore della Chiesa nel 1899.

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