La riscrittura del trascendentale. Note sul concetto di "incarnazione" in Merleau-Ponty

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La riscrittura del trascendentale Note sul concetto di «incarnazione» in Merleau-Ponty di Rocco Sacconaghi La categoria di “incarnazione” svolge una funzione cruciale nella filo- sofia di Maurice Merleau-Ponty: in queste pagine intendiamo esibirne lo sviluppo e le molteplici implicazioni. In particolare, indagheremo l’impatto di questa categoria a livello ontologico, epistemologico e an- tropologico, in un confronto con le filosofie trascendentali di Kant e Husserl. 1. L’incarnazione del senso: struttura dell’essere e contenuto dell’espe- rienza «Oggi un umanismo [...] comincia con la presa di coscienza della contin- genza, è la constatazione continuata di una sorprendente congiunzione tra il fatto e il senso, tra il mio corpo e me, tra me e l’altro, tra il mio pensiero e la mia parola, tra la violenza e la verità, è il rifiuto delle spiegazioni, perché esse distruggono il miscuglio di cui siamo composti e ci rendono incom- prensibili a noi stessi» 1 . In questo passo Merleau-Ponty offre un’efficace sintesi del suo pro- gramma filosofico: per un umanesimo all’altezza dei tempi, occorre ri- conoscere il legame originario tra la dimensione fattuale e quella del senso 2 . Si tratta di una concezione che egli vede progressivamente im- 1 M. Merleau-Ponty, Signes, Gallimard, Paris 1960, tr. it. di G. Alfieri, Segni, Il Saggiatore, Milano 2003, pp. 314-315. 2 È importante notare come per Merleau-Ponty la dualità fatto/senso sia analoga ad altre dualità che rispetto ad essa sono, per così dire, “dislocate”: personalità/corporeità, identità/al-

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La riscrittura del trascendentaleNote sul concetto di «incarnazione» in Merleau-Ponty di Rocco Sacconaghi

La categoria di “incarnazione” svolge una funzione cruciale nella filo-sofia di Maurice Merleau-Ponty: in queste pagine intendiamo esibirnelo sviluppo e le molteplici implicazioni. In particolare, indagheremol’impatto di questa categoria a livello ontologico, epistemologico e an-tropologico, in un confronto con le filosofie trascendentali di Kant eHusserl.

1. L’incarnazione del senso: struttura dell’essere e contenuto dell’espe-rienza

«Oggi un umanismo [...] comincia con la presa di coscienza della contin-genza, è la constatazione continuata di una sorprendente congiunzione tra ilfatto e il senso, tra il mio corpo e me, tra me e l’altro, tra il mio pensiero ela mia parola, tra la violenza e la verità, è il rifiuto delle spiegazioni, perchéesse distruggono il miscuglio di cui siamo composti e ci rendono incom-prensibili a noi stessi» 1.

In questo passo Merleau-Ponty offre un’efficace sintesi del suo pro-gramma filosofico: per un umanesimo all’altezza dei tempi, occorre ri-conoscere il legame originario tra la dimensione fattuale e quella delsenso 2. Si tratta di una concezione che egli vede progressivamente im-

1 M. Merleau-Ponty, Signes, Gallimard, Paris 1960, tr. it. di G. Alfieri, Segni, Il Saggiatore,Milano 2003, pp. 314-315.

2 È importante notare come per Merleau-Ponty la dualità fatto/senso sia analoga ad altredualità che rispetto ad essa sono, per così dire, “dislocate”: personalità/corporeità, identità/al-

porsi in diversi ambiti (culturale, scientifico, artistico, morale e politi-co); tuttavia, è tramite la fenomenologia – in particolare quella husser-liana – che secondo Merleau-Ponty si può farla valere a livello ontolo-gico. Le analisi fenomenologiche, infatti, ci impediscono di ridurre a«semplice apparenza psicologica il fenomeno dell’incarnazione» 3, mo-strandoci l’originarietà di questo «fatto fondamentale» 4. Si potrebbesintetizzare la prospettiva merleau-pontyana dicendo che al principionon vi è il Verbo eterno, né l’azione 5, bensì l’incarnazione, che ricom-prende in sé e istituisce tanto l’eternità quanto l’azione: «tale senso in-carnato è il fenomeno centrale di cui corpo e spirito, segno e significatosono momenti astratti» 6. L’acquisizione fondamentale della filosofia husserliana, per Merleau-Ponty, è proprio l’esibizione dell’originario radicamento di ogni signi-ficato nell’esperienza: «idealità e storicità derivano dalla stessa origi-ne», che si configura come «una terza dimensione fra la serie degli avve-nimenti e il senso atemporale, quella della storia in profondità e dell’i-dealità in genesi» 7. Assumendo come esempio l’analisi fenomenologicadel linguaggio, Merleau-Ponty nota come Husserl sia «indotto a legaresempre di più ciò che dapprima separava, il possibile e l’attuale, l’es-senza e l’esistenza» 8. Le analisi contenute nello scritto husserlianosull’origine della geometria documenterebbero come il linguaggio stes-so tenda ad assumere progressivamente una valenza trascendentale:l’incorporazione di un’idealità nel segno linguistico vi è infatti descrittacome l’istituzione stessa dell’idealità, e non come un’operazione ad essaestrinseca. Nel fenomeno del linguaggio si verificherebbe perciò l’in-versione di costituito e costituente:

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terità, pensiero/linguaggio, violenza/verità. Torneremo più avanti su queste equivalenze, dellacui problematicità non sempre Merleau-Ponty si dimostra consapevole.

3 M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 128. 4 Ibid., p. 124. 5 Espressione goethiana che ben descrive lo spirito della tradizione filosofica tedesca da

Fichte a Husserl. Cfr. E. Husserl, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzen-dentale Phänomenologie, a cura di W. Biemel, Martinus Nijhoff, Den Haag 1959, tr. it. di E. Fi-lippini, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Il Saggiatore, Milano2002, p. 183.

6 M. Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception, Gallimard, Paris 1945, tr. it. di A.Bonomi, Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano 2003, p. 234.

7 M. Merleau-Ponty, Résumés de cours Collège de France 1952-1960, Gallimard, Paris1968, tr. it. di M. Carbone, Linguaggio, Storia, Natura, Bompiani, Milano 1995, p. 118.

8 M. Merleau-Ponty, Le science de l’homme et la phénoménologie, in M. Merleau-Ponty,Parcours deux 1951-1961, Verdier, Lagrasse 2000, pp. 49-128, tr. it. di M.C. Liggieri, Fenome-nologia e scienze umane, La Goliardica, Roma 1985, p. 80.

«La mia parola è un caso eminente di questi “comportamenti” che capo-volgono il mio rapporto abituale con gli oggetti e che danno ad alcuni di es-si valore di soggetti. E se rispetto al corpo vivente, il mio o l’altrui, l’ogget-tivazione è un non senso, bisogna altresì considerare come fenomeno ulti-mo, e costitutivo dell’altro, l’incarnazione di ciò che chiamo suo pensieronella sua parola totale» 9.

Sarebbe questo il compimento della fenomenologia, la realizzazionedelle sue istanze più radicali: «Husserl non farà che completare il mo-vimento di tutto il suo pensiero anteriore quando scriverà [...] che l’in-carnazione linguistica fa passare il fenomeno interiore transitorio all’e-sistenza ideale» 10. Si tratta di una determinazione fenomenologica, maagli occhi di Merleau-Ponty implica una rivoluzione a livello ontologi-co. In questo senso, il discorso compiuto da Husserl a proposito dell’i-noggettivabilità del “corpo proprio” e della Terra come nostro “suolooriginario” 11 è destinato, nella prospettiva di Merleau-Ponty, a scon-volgere «la nostra idea della cosa e del mondo» 12: «Sembra chiaro chela riflessione non ci insedia in un ambito chiuso e trasparente, che nonci fa passare [...] dall’“oggettivo” al “soggettivo”, che ha piuttosto lafunzione di svelare una terza dimensione in cui questa distinzione divie-ne problematica» 13.

2. Oltre Kant: una nuova concezione del limite

La determinazione ontologica di un’assoluta originarietà dell’incarna-zione del senso presenta implicazioni profonde tanto a livello episte-mologico quanto a livello antropologico, determinando una nuova ideadella verità e una nuova concezione della libertà. L’esperienza si pre-senta agli occhi di Merleau-Ponty come il luogo di contatto effettivocon l’essere a livello di azione e di conoscenza: «l’essere si apre un var-

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9 M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 129. 10 Ibid., p. 144.11 Per un’esposizione più approfondita di questi temi ci permettiamo di rimandare a R.

Sacconaghi, Implicazioni metafisiche ed epistemologiche del manoscritto husserliano sul coperni-canesimo, in C. Di Martino (a cura di), Attualità della fenomenologia, Rubbettino, SoveriaMannelli 2012, pp. 347-381.

12 M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 220.13 Ibid., p. 215.

co attraverso la scienza come attraverso ogni vita individuale» 14, nellamisura in cui «non ci affranchiamo dal particolare se non riprendendoper nostro conto una situazione [...] che è insieme e indissolubilmentelimitazione e accesso all’universale» 15.

Dal punto di vista epistemologico, l’attestarsi dell’originarietà del-l’incarnazione del senso implica per Merleau-Ponty l’intrascendibilitàdell’esperienza e al contempo l’accessibilità della verità per suo tramite:«pensata superficialmente, questa inerenza distrugge ogni verità; pen-sata radicalmente, essa fonda invece una nuova idea della verità» 16. Inquesto senso, «quel tanto di verità che possiamo raggiungere non èconseguito contro l’inerenza storica, ma per merito suo» 17: «non rag-giungiamo l’universale abbandonando la nostra particolarità, ma ren-dendola un mezzo di raggiungere gli altri, in virtù di quella misteriosaaffinità che fa sì che le situazioni si comprendano a vicenda» 18.

Lo stesso dispositivo è rinvenibile nella concezione della libertàcorrelativa all’assunzione filosofica del fenomeno dell’incarnazione:«Io sono una struttura psicologica e storica. [...] Tutte le mie azioni e imiei pensieri, sono in rapporto con questa struttura [...]. Eppure io so-no libero, non malgrado o al di qua di queste motivazioni, ma per mez-zo loro» 19. La libertà, per Merleau-Ponty, si configura dunque comeuna ripresa umana (soggettiva) di una base pre-umana (oggettiva) –una dialettica “virtuosa” (in quanto rende effettivamente possibile la li-bertà) di trascendenza e immanenza, per cui i limiti sono già da sempresuperati e mai superabili del tutto: «tutto ciò che noi siamo, noi lo sia-mo sulla base di una situazione di fatto che facciamo nostra e che tra-sformiamo incessantemente con una specie di sfuggimento che non èmai una libertà incondizionata» 20.

Appare chiaro, a questo punto, che tramite il concetto di incarna-zione Merleau-Ponty vuole svincolarsi dalla prospettiva kantiana: «l’u-niversalità del sapere non è più garantita in ciascuno da quel ritiro dicoscienza assoluta in cui anche l’“io penso” kantiano, per vincolato chefosse ad una certa prospettiva spazio-temporale, s’assicurava a priori

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14 M. Merleau-Ponty, Linguaggio storia natura, cit., p. 91.15 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia e scienze umane, cit., p. 76.16 M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 148. 17 Ibid., p. 138.18 M. Merleau-Ponty, Sens et non-sens, Nagel, Paris 1948, tr. it. di P. Caruso, Senso e non

senso, Il Saggiatore, Milano 2004, p. 116. 19 M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 231.20 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 239.

d’essere identico ad ogni altro possibile “io penso”» 21. L’originarietàdel fenomeno dell’incarnazione, infatti, determina a livello di azione econoscenza una sorta di “trasfigurazione” dei limiti, la cui intrascendi-bilità tuttavia non viene messa in questione, bensì riaffermata con an-cor più decisione 22. Identificando nell’esperienza un campo intrascen-dibile, Merleau-Ponty s’inscrive nella tradizione della filosofia trascen-dentale, ma ne rivoluziona il concetto fondamentale: quello di limite,inteso ora come il “luogo del passaggio”, e perciò condizione positivadi ogni forma di comunicazione, relazione, espressione. In particolare,essendo il luogo di quel passaggio eminente che è l’incarnazione delsenso, il limite si presenta come condizione della realizzazione (e quin-di della conoscibilità) di ogni significato.

Il modo in cui Merleau-Ponty descrive la nuova concezione dellaverità “costeggia” la gnoseologia kantiana, distinguendosene radical-mente: «solo nella nostra differenza e nella singolarità della nostraesperienza si attesta lo strano potere che quest’ultima ha di passare inaltri, di ricompiere gli atti d’altri, e quindi si trova fondata in una veritàa cui, come diceva Pascal, non possiamo né rinunciare né accedere inpieno» 23. L’esperienza particolare, pur essendo essenzialmente segnatada limiti invalicabili, non è un insieme di dati fenomenici che nell’attostesso di offrirsi alla coscienza sanciscono l’inaccessibilità conoscitivadi un noumenico essere-in-sé: la conoscenza avviene continuamente,mai però in modo assoluto e definitivo.

Analogamente, la nuova concezione di libertà permette di superarel’impasse di quel dualismo tra libertà soggettiva assoluta e realtà ogget-tiva limitante che rappresenta il problema teorico di partenza dell’itine-rario filosofico di Merleau-Ponty 24: «in un celebre pensiero Pascal di-mostra che, sotto un certo rapporto, io comprendo il mondo e che, sot-to un altro rapporto, esso mi comprende. Dobbiamo invece dire checiò si verifica sotto il medesimo rapporto: io comprendo il mondo per-ché [...] vi sono situato ed esso mi comprende» 25. Di nuovo, il riferi-

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21 M. Merleau-Ponty, Senso e non senso, cit., p. 116.22 Cfr. M. Merleau-Ponty, Segni, cit., pp. 147-148: «Il senso più profondo del concetto di

storia non è quello di chiudere in un punto del tempo e dello spazio il soggetto pensante; que-st’ultimo può apparire così solo a un pensiero che sia esso stesso capace di uscire da ogni spa-zialità o temporalità per vederlo nel suo luogo e nel suo tempo. Ma il senso storico discreditaappunto il pregiudizio di un pensiero assoluto».

23 M. Merleau-Ponty, Senso e non senso, cit., p. 117.24 M. Merleau-Ponty, Titres et travaux. Projet d’enseignement, in M. Merleau-Ponty, Par-

cours deux, 1951-1961, Verdier, Lagrasse 2000, pp. 9-35.25 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 522.

mento a Pascal “nasconde” il confronto con Kant, il quale ha concepitocome strutturalmente irrisolvibile (dal punto di vista strettamente co-noscitivo) il conflitto tra queste due prospettive sulla condizione uma-na 26 – a differenza del grande matematico e moralista francese, checoncepisce come incontestabile ancorché paradossale la presenza si-multanea delle due realtà, in modo analogo a Merleau-Ponty.

Se Kant ha reso impossibile pensare la conoscenza dell’essere e lalibertà “in situazione” a causa del “confinamento” del trascendentalealla coscienza, con Husserl, invece, «il campo trascendentale ha cessatodi essere soltanto quello dei nostri pensieri per divenire quello dell’in-tera esperienza» 27. Questa estensione (o estroflessione) del trascenden-tale gli permette di pensare il paradosso dell’esperienza, intrascendibilee per questo capace di contatto con l’essere: «L’apparente paradosso[...] esiste solo in alcune concezioni della soggettività e del trascenden-tale. In Kant, ma non in Husserl» 28.

Il confronto con la filosofia kantiana emerge ancor più chiaramenteladdove Merleau-Ponty individua una metafisica (da intendersi in chia-ve post-trascendentale e post-critica) operante alla radice dell’esperien-za stessa:

«Ormai quel che c’è di metafisico nell’uomo non può più essere riferito aun aldilà del suo essere empirico – a Dio o alla Coscienza – ma l’uomo èmetafisico nel suo essere medesimo, nei suoi amori, nei suoi odi, nella suastoria individuale o collettiva, e la metafisica non è più, come diceva De-scartes, l’affare di qualche ora al mese; è presente, come pensava Pascal, nelminimo moto del cuore» 29.

Dopo essere stata «ridotta dal kantismo al sistema dei principi di cui laragione fa uso nella costituzione della scienza o dell’universo morale, eradicalmente contestata, in tale funzione direttrice, dal positivismo» 30,la metafisica riemerge come stoffa profonda della nostra esperienza: «la

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26 Come nota Leandro Neves Cardim, «la formulazione della crisi in Merleau-Ponty pren-de in considerazione la terza antinomia kantiana» (L. Neves Cardim, Science et philosophie chezMerleau-Ponty, in Chiasmi International – nuova serie [2006] 8, p. 23).

27 M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 231. 28 M. Merleau-Ponty, La nature. Notes. Cours du Collège de France, a cura di D. Séglard,

Seuil, Paris 1995, tr. it. di M. Mazzocut-Mis e F. Sossi, La natura, Cortina, Milano 1996, p. 116.29 M. Merleau-Ponty, Senso e non senso, cit., p. 46. 30 Ibid., p. 107.

metafisica – l’emergere di un al di là della natura – non è localizzata allivello della conoscenza, ma comincia con l’apertura a un “altro”, èovunque, già nello sviluppo proprio della sessualità» 31. L’uomo «è me-tafisico nel suo essere medesimo», e «tutti – come scrive Péguy in No-stra giovinezza – hanno una metafisica, patente o latente, o altrimentinon si esiste» 32. È solo per questa metafisica presente e “attiva” in ognidimensione della nostra esistenza che i limiti possono essere percepiticome tali – e quindi, in un certo senso, già da sempre superati.

3. Oltre Husserl: trascendentale pre-soggettivo o intrascendibilità del per-sonale?

Sulla base di questa caratterizzazione dell’esperienza come intrinseca-mente metafisica, Merleau-Ponty può affermare che «il passaggio attra-verso l’attuale è ormai condizione assoluta per una filosofia valida»33,poiché l’assunzione del limite è condizione necessaria dell’accesso alsenso: «l’esperienza attualizzata in noi non si riduce mai alla condizionedi un semplice possibile fra tutti, poiché è sullo sfondo di questa espe-rienza privilegiata [...] che intravediamo gli altri “possibili”, per diversiche siano da essa» 34. In questo senso Merleau-Ponty descrive l’attualecome «l’ordine della spontaneità insegnante» 35: la mia esperienza at-tuale mi “insegna spontaneamente” l’universale, in quanto si verifica inessa un’«operazione primordiale di significazione in cui l’espresso nonesiste indipendentemente dall’espressione e in cui i segni stessi induco-no all’esterno il loro senso» 36.

Merito di Husserl sarebbe stato, agli occhi di Merleau-Ponty, averportato alla luce questa dinamica profonda dell’esperienza e averle da-to espressione filosofica. Tuttavia, Husserl non avrebbe mai accettatoquesta interpretazione: la distinzione fenomenologica tra empirico etrascendentale, principio cardine del suo progetto, non può essere

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31 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 236. «Si deve certo ricono-scere che in genere il pudore, il desiderio, l’amore hanno un significato metafisico, e cioè chesono incomprensibili se si tratta l’uomo come una macchina governata da leggi naturali – o an-che come un “fascio” di istinti –, e che concernono l’uomo in quanto coscienza e libertà» (ibid.,p. 234).

32 M. Merleau-Ponty, Senso e non senso, cit., p. 46.33 M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 143. 34 Ibid., p. 138. 35 Ibid., p. 128. 36 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 234.

smentita laddove si identifica una valenza trascendentale della dimen-sione corporea (come nelle analisi sull’origine dell’idealità geometrica onel frammento sul copernicanesimo), per il semplice fatto che si trattadi una distinzione pre-ontologica. In altri termini, empirico e trascen-dentale per Husserl non sono due modi dell’essere, bensì due funzioni(costituito e costituente) e due prospettive (atteggiamento naturale eatteggiamento filosofico). Perciò, l’attribuzione di una valenza trascen-dentale al corpo, alla scrittura o al suolo terrestre non comporta alcunamessa in questione dell’autonomia del trascendentale, il quale non es-sendo sinonimo di spirito non può “incarnarsi”.

Vi è tuttavia un punto dell’opera husserliana in cui si descrive lacompenetrazione di segno e significato e di corpo e spirito: si tratta del-la descrizione dell’atteggiamento personalistico, il quale, a differenza diquello naturalistico, vive «nel compimento del senso» 37. Tramite essola realtà ci si offre attraversata e plasmata da significati e valori perso-nali, come qualcosa che sgorga dalla sua radice materiale e che non vie-ne aggiunta estrinsecamente 38. Per Husserl si tratta di un atteggiamen-to che fa accedere a verità incontestabili, ma che tuttavia è ingenuo, inquanto ancora “irretito” nell’empirico e incapace di tematizzare la ge-nesi trascendentale di quelle stesse verità. Il personale, per Husserl,non è illusorio, ma nemmeno originario, ed è frutto dell’inevitabile“auto-mondanizzazione” operata dalla soggettività, essenzialmente in-consapevole della propria natura trascendentale: la percezione di mecome un “essere umano”, infatti, implica la concezione di me come una“cosa nel mondo”. Per Husserl, dunque, l’atteggiamento fenomenolo-gico-trascendentale, pur essendo soggettivo, è essenzialmente pre-perso-nale.

Ora, non si ha qui intenzione di soffermarsi su equivoci interpreta-tivi, di cui peraltro Merleau-Ponty è parzialmente consapevole e che

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37 E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philo-sophie. Zweites Buch, a cura di M. Biemel, Martinus Nijhoff, Den Haag 1952, tr. it. di V. Costa,Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, vol. II, Libro secondo, Ri-cerche fenomenologiche sopra la costituzione, Einaudi, Torino 2002, p. 246.

38 Cfr. E. Husserl, Idee II, cit., p. 240: «Il libro, con i suoi fogli fatti di carta, con la sua ri-legatura, ecc. è una cosa. A questa cosa non va connessa una seconda, il senso; bensì: quest’ul-timo compenetra, “animandolo”, il tutto fisico in un certo modo; ciò, in quanto anima ogni pa-rola, ma non ogni parola per sé, bensì i nessi di parole, che attraverso il senso si connettono informe provviste di senso [...]. Il senso spirituale, animando le manifestazioni sensibili, si fondecon esse invece di essere loro legato nella forma di una mera giustapposizione». Cfr. A. Staiti,Systematische Überlegungen zu Husserls Einstellungslehre, in Husserl Studies (2009) 25, pp.219-233.

mantengono comunque una propria fecondità filosofica: le precisazio-ni sinora svolte, piuttosto, sono tese a mettere in luce come il paradig-ma che sta alla base del concetto merleau-pontyano di “incarnazionedel senso” conduca il filosofo francese a ripensare radicalmente ancheil trascendentale husserliano.

Ne Il filosofo e la sua ombra, un importante saggio dedicato a Hus-serl, Merleau-Ponty presenta infatti l’atteggiamento personalistico co-me intrascendibile 39, in quanto ci permette di accedere al vero trascen-dentale – ovvero l’incarnazione del senso. Per questo motivo, l’indagi-ne filosofica non può essere husserlianamente concepita come “fuoriu-scita” dalla prospettiva personale, bensì come un suo approfondimen-to, come una sua “assunzione consapevole”: «se filosofare è scoprire ilsenso primo dell’essere, non si filosofa, dunque, abbandonando la con-dizione umana: è necessario invece immergervisi» 40.

Che cosa rende l’atteggiamento personalistico il luogo privilegiatodi svelamento dell’incarnazione del senso? La peculiarità della dimen-sione personale dell’esperienza consiste nel tipo di rapporto tra il segnoe il significato che in essa si realizza: infatti, il modo in cui il corpoesprime le «modalità dell’esistenza» non coincide con il «modo in cui igalloni significano il grado o in cui un numero designa una casa: qui ilsegno non indica solo il suo significato, ma è abitato da quest’ultimo, inun certo qual modo è ciò che esso stesso significa» 41. Si tratta di un rap-porto di coincidenza/differenza che rappresenta il culmine e il paradig-ma del fenomeno dell’incarnazione: la persona è la condizione per l’in-carnazione del senso, e inaugura l’«ordine della spontaneità insegnan-te» 42. Si tratta, in fondo, dello sviluppo di istanze che animano La strut-tura del comportamento – la prima opera di Merleau-Ponty, in cui eglicerca di superare il dualismo cartesiano tramite la categoria di compor-

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39 «Prima di ogni riflessione, nella conversazione, nell’uso della vita, teniamo un “atteg-giamento personalistico” di cui il naturalismo non può rendere conto, e allora le cose sono pernoi non già natura in sé, ma “ciò che ci circonda”» (M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 216); «C’èuna preparazione della fenomenologia nell’atteggiamento naturale; reiterando i suoi atti, que-st’ultimo passa nella fenomenologia. Esso si supera da sé nella fenomenologia, e quindi non sisupera. Reciprocamente, l’atteggiamento trascendentale è ancora, e nonostante tutto, “natura-le”. C’è una verità dell’atteggiamento naturale» (M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 217). Per unapprofondimento su questi temi, rimandiamo a R. Sacconaghi, Intrascendibilità dell’esperienzae atteggiamento naturale in Merleau-Ponty, in Acme, 2011 (64), pp. 165-182.

40 M. Merleau-Ponty, Éloge de la philosophie, Gallimard, Paris 1953, ed. it. a cura di C. Si-ni, Elogio della filosofia, SE, Milano 2008, p. 22.

41 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 228 (corsivi miei). 42 M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 128.

tamento 43: «Il significato umano è dato anteriormente ai pretesi segnisensibili. Un volto è un centro di espressione umana, l’involucro tra-sparente delle tendenze e dei desideri altrui, il luogo di comparsa, ilpunto di appoggio appena materiale di una quantità di intenzioni» 44.Un’interessante documentazione di questo paradigma “personalista”,tacito ma operativo, è l’idea di una filosofia come coscienza “vigile”dell’intersoggettività nel corso della storia, fondata sulla natura metafi-sica dell’esperienza che, come abbiamo visto, emerge nello «strano po-tere che quest’ultima ha di passare in altri, di ricompiere gli atti d’al-tri»45. In questo senso, «la mia esperienza, appunto in quanto mia, m’a-pre a ciò che non è me» 46, e svela la mia esistenza come «assolutamenteindividuale e assolutamente universale» 47. Lungi dal vincolarmi defini-tivamente ai miei limiti, l’esperienza, intrascendibile e metafisica alcontempo, mi “rovescia” nella coscienza degli altri, e quindi dell’interastoria umana: «Comprendere Rabelais, sarà ricostruire questo ambien-te di cultura che è stato il suo e che non è più il nostro; sarà, attraversola nostra propria situazione storica, raggiungere in pensiero la sua» 48.La filosofia non è altro che la coscienza di questo paradosso 49 e la suaelevazione a “metodo” 50: «Tale riconoscimento di una vita individuale

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43 Cfr. M. Merleau-Ponty, La structure du comportement, PUF, Paris 1942, tr. it. di G.D.Neri, La struttura del comportamento, Bompiani, Milano 1974, p. 209: «Il comportamento nonè una cosa, ma neppure un’idea»; «Nell’esperienza dei comportamenti, oltrepasso effettiva-mente l’alternativa dell’in sé e del per sé» (ibid., p. 208).

44 Cfr. ibid., pp. 269-270. La «percezione aurorale» coglie «intenzioni umane più che og-getti di natura o qualità pure (caldo, freddo, bianco, nero) di cui quegli oggetti sono portatori[...]. È noto il fatto che la percezione infantile coglie dapprima i volti e i gesti, e in particolarequelli della madre [...]. Ne risulta che è possibile percepire un sorriso o anche, in questo sorri-so, un sentimento, senza che i colori e le linee, che compongono il volto siano presenti alla co-scienza o dati nell’inconscio. [...] Questi pretesi “elementi” sono presenti soltanto per il contri-buto che recano alla fisionomia, e soltanto a partire da questa è possibile ricostruirli faticosa-mente nel ricordo». In Fenomenologia della percezione Merleau-Ponty scrive che «noi non per-cepiamo quasi nessun oggetto, così come non vediamo gli occhi di un volto familiare, ma il suosguardo e la sua espressione», ed estende per analogia la stessa dinamica alla conoscenza di unacittà come Parigi; ma, appunto di un’analogia si tratta, e il paradigma è quello di un rapportoconoscitivo personale (M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 369). La per-cezione stessa è spiegata nei termini di una relazione tra persone: «ogni percezione è una co-municazione o una comunione, la ripresa o il compimento da parte nostra di una intenzioneestranea, o viceversa è la realizzazione all’esterno delle nostre potenze percettive e come un ac-coppiamento del nostro corpo con le cose» (Ivi, p. 418).

45 M. Merleau-Ponty, Senso e non senso, cit., p. 117.46 Ibid., p. 117.47 Ibid.48 Ibid., p. 115. 49 Cfr. ibid., p. 117: «La metafisica è il proposito deliberato di descrivere questo parados-

so della coscienza e della verità».50 Cfr. M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 152: «Si chiamerà filosofia la coscienza che occor-

che animi tutte le vite passate e contemporanee e da loro riceva ogni vi-ta, d’una luce che ci provenga da loro contro ogni speranza, è appuntola coscienza metafisica» 51. La dimensione a cui una tale metafisica ciconduce è quella di «una intersoggettività che via via ci connette allastoria intera» 52, poiché «il pensiero è la vita interumana così come essastessa si comprende e si interpreta» 53. È ciò che avrebbe fatto CharlesPéguy 54, compiendo così l’intuizione profonda del suo maestro, HenriBergson, il quale però non lo seguì, pur riconoscendo nell’allievo unaperfetta comprensione del «suo pensiero essenziale» 55 – che secondoMerleau-Ponty è appunto il concetto di «iscrizione storica» 56 del signi-ficato, messo in opera solo dal poeta.

Tuttavia, nemmeno Merleau-Ponty ha seguito questa strada, cheavrebbe implicato uno sviluppo ulteriore in senso personalista del tra-scendentale 57. Non avendo portato a compimento la “trasformazione”del trascendentale soggettivo husserliano in direzione dell’intrascendi-bilità del personale sulla base della relazione segno/significato che si in-staura all’interno della dimensione intersoggettiva, il filosofo francese

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re conservare della comunità aperta e successiva degli alter ego viventi, parlanti e pensanti (l’u-no in presenza dell’altro e tutti in rapporto con la natura, quale la indoviniamo dietro, intornoe davanti a noi, ai limiti del nostro campo storico) come realtà ultima di cui le nostre costruzio-ni teoriche delineano il funzionamento e a cui non potrebbero sostituirsi».

51 M. Merleau-Ponty, Senso e non senso, cit., p. 117.52 M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 152; cfr. M. Merleau-Ponty, Senso e non senso, cit., p.

118: «Allora la storia dell’umanità non è più quell’avvento inevitabile dell’uomo modernomuovendo dall’uomo delle caverne, quella crescita imperiosa della morale e della scienza di cuiparlano i manuali scolastici “troppo umani”, non è la storia empirica e successiva, ma la co-scienza di quel rapporto segreto che fa sì che Platone sia ancor vivo tra noi».

53 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 242. 54 Cfr. M. Merleau-Ponty, Segni, cit., pp. 245-246: «Péguy aveva cercato di descrivere l’e-

mergenza dell’evento, quando alcuni cominciano e altri rispondono –, e anche il compimentostorico, la risposta di una generazione a ciò che fu incominciato da un’altra. Egli vedeva l’es-senza della storia in questa congiunzione degli individui e dei tempi [...]. La legge crudele dicoloro che scrivono, che agiscono, che vivono pubblicamente, insomma, di tutti gli spiriti incar-nati – consiste nell’attendere, dagli altri o dai suoi successori, un altro compimento di ciò cheessi fanno; un altro e il medesimo, dice profondamente Péguy».

55 «Egli [Péguy] aveva dunque realmente dimostrato che una intuizione bergsoniana dellastoria è possibile. Ma Bergson, che nel 1915 diceva che Péguy aveva conosciuto il suo “pensieroessenziale”, non l’ha però seguito su questo punto. In Bergson non c’è un valore propriodell’“iscrizione storica”, né generazioni che chiamano e generazioni che rispondono» (M. Mer-leau-Ponty, Segni, cit., p. 246).

56 Ibid., p. 246.57 Tentativo che intraprendono, ispirandosi proprio a Péguy, due pensatori molto stimati

da Merleau-Ponty, ovvero Emmanuel Mounier e Paul-Ludwig Landsberg. Cfr. E. de Saint Au-bert E., Lo scénario cartésien. Recherches sur la formation et la cohérence de l’intention philo-sophique de Merleau-Ponty, Vrin, Paris 2005.

ha radicalizzato la categoria del trascendentale in senso pre-soggetti-vo58.

Ne Il visibile e l’invisibile, la sua ultima opera rimasta incompiuta epubblicata postuma, egli propone infatti una “ontologia dialettica” (ela-borata nei corsi sulla natura al Collège de France) imperniata sul concet-to di “carne del mondo”, una radicalizzazione in senso pre-soggettivo epost-sostanzialista del concetto di incarnazione (con evidenti accenti spi-noziano-schellinghiani) 59. Si tratta di uno sviluppo di quel processo diimmanentizzazione del senso implicato nella rilettura del concetto di in-carnazione tramite la categoria del trascendentale, con cui Merleau-Ponty ha reinterpretato nei termini di costituzione reciproca le principalidualità concettuali: corpo e spirito, soggetto e oggetto, attività e passività.Infatti, nella misura in cui ciò che si incarna non è un senso originaria-mente ideale o spirituale, poiché l’incarnazione stessa è l’originario asso-luto, il passaggio attraverso i limiti si attua in senso bi-direzionale. I con-cetti fondamentali della nuova ontologia sono pertanto quelli di “chia-sma” e “reversibilità”: «il chiasma, la reversibilità, è l’idea che ogni per-cezione è sottesa da una contro-percezione [...], è atto a due facce, non sisa più chi parla e chi ascolta. Circolarità parlare-ascoltare, vedere-esserevisto, percepire-essere percepito (grazie ad essa ci pare che la percezionesi faccia nelle cose stesse) – Attività = passività» 60.

Se lo spazio del movimento che istituisce una storia è aperto dallacomunicazione tra individui e tra generazioni, lo spazio di movimentointerno all’“elemento carne” è garantito dalla reversibilità del senso e,

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58 M. Merleau-Ponty, Le visible et l’invisible, texte établi par C. Lefort, Gallimard, Paris1964 tr. it. di A. Bonomi, riveduta da M. Carbone, Il visibile e l’invisibile, Bompiani, Milano1993, p. 158: «Qui non c’è il problema dell’alter ego perché non sono io a vedere, non è lui avedere, perché ci abita entrambi una visibilità anonima, una visione in generale, in virtù dellaproprietà primordiale della carne di irradiarsi ovunque e per sempre pur essendo qui e ora, diessere dimensione e universalità pur essendo individuo». L. Vanzago, Relations and the irrela-tive. A relationist interpretation of Merleau-Ponty’s ontology of flesh, in Chiasmi International(2003) 5, pp. 65-85; E. de Saint Aubert, Vers une ontologie indirecte. Sources et enjeux critiquesde l’appel à l’ontologie chez Merleau-Ponty, Vrin, Paris 2006. Una prospettiva radicale e sugge-stiva in questo senso si trova in Enrica Lisciani Petrini, Fuori della persona. L’“impersonale” inMerleau-Ponty, Bergson e Deleuze, in Filosofia politica, a. XXI, n. 3, dicembre 2007, pp. 393-409. L’autrice si ispira esplicitamente all’opera di Roberto Esposito, in particolare al suo Terzapersona. Politica della vita e filosofia dell’impersonale, Einaudi, Torino 2007.

59 M. Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile, cit., p. 156: «La carne non è materia, non èspirito, non è sostanza. Per designarla occorrerebbe il vecchio termine “elemento”, nel sensoin cui lo si impiegava per parlare dell’acqua, dell’aria, della terra e del fuoco, cioè nel senso diuna cosa generale, a mezza strada fra l’individuo spazio-temporale e l’idea, specie di principioincarnato che introduce uno stile d’essere in qualsiasi luogo se ne trovi una particella».

60 Ibid., pp. 275-276.

più radicalmente, da un «non-essere operante» 61: «la realtà degli orga-nismi presuppone un Essere non parmenideo, una forma che sfugga aldilemma dell’essere e del non essere» 62; «ciò che noi escludiamo dalladialettica è l’idea del negativo puro, ciò che cerchiamo è una definizio-ne dialettica dell’essere, che non può essere né l’essere per sé, né l’esse-re in sé [...], non fuori di noi e non in noi» 63.

Così, dalla “vigilanza” 64 che diviene coscienza intersoggettiva dellastoria, Merleau-Ponty è passato ad un’ontologia dialettica del vivente,il cui paradigma fondamentale non è più quello della congiunzione fat-to/senso, o segno/significato, bensì quello del rapporto chiasmatico traattività e passività, tra soggetto e oggetto e, infine, tra essere e nulla.

Rocco Sacconaghi

RIASSUNTO

Il testo, a partire dal primato del significato dell’esperienza proprio del percorso fe-nomenologico e indicandola come un campo intrascendibile, sottolinea la fondamen-tale differenza con la filosofia trascendentale di matrice kantiana: ad essere radical-mente rivoluzionato, infatti, è il concetto fondamentale di limite che, proprio con lafenomenologia, verrà inteso come condizione positiva di ogni forma di comunicazio-ne, relazione, espressione.

SUMMARY

The text, which starts from the primacy of the meaning of the experience from a phe-nomenological point of view, it underlines the fundamental difference with the kan-tian transcendental philosophy: it is, in fact, the fundamental concept of limit that willbe radically reversed, and which will be intended as a positive condition of every formof communication, relationship or even expression.

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61 M. Merleau-Ponty, La natura, cit., p. 229. 62 Ibid., p. 268. 63 M. Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile, cit., pp. 115-116.64 Cfr. M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 139: «La filosofia non è un certo sapere, è la vigi-

lanza che non ci permette mai di dimenticare la fonte di ogni sapere».