La proposta di Direttiva per una CCCTB: un'analisi per principi - The CCCTB Directive draft...

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PROFILI ISTITUZIONALI Rassegna Tributaria 6/2012 - 1511 La proposta di Direttiva per una CCCTB: una analisi per principi Daniele Canè SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. Base giuridica e stato della proposta di Diretti- va - 3. Il primo livello: gli obiettivi della CCCTB. Cenni ai principi della politica fiscale comunitaria in materia di tassazione delle società - 4. Il secondo livello: i principi generali e la struttura della CCCTB - 5. Il mancato coordinamento con i Principi Contabili Internazionali IAS/IFRS. Cenni - 6. Il terzo livello: l’appli- cazione delle regole tecniche. La nozione di reddito realizzato - 6.1. Il consoli- damento della base imponibile per i gruppi di società e potenziali benefici - 7. Aspetti critici: la formula di ripartizione della base imponibile consolidata - 8. Le misure anti-abuso. Cenni - 8.1 La clausola antielusiva generale - 8.2 Le norme specifiche - 9. Conclusioni. 1. Introduzione - La proposta di una base imponibile consolidata comune per la tassazione delle società (“Common Consolidated Corporate Tax Basedi seguito CCCTB o Direttiva) nell’ambito dell’Unione Europea, presentata ufficialmente dalla Commissione Europea il 16 marzo 2011 1 , rappresenta, per ampiezza di respiro e portata di obiettivi, un tentativo di riforma della imposizione diretta epocale nella storia dell’Unione Europea. Per la prima volta dalla nascita dell’Unione Europea (UE), un atto normativo disciplina a livello sovranazionale ed in modo uniforme un e- lemento essenziale del tributo, la base imponibile, dal quale dipende – unitamente all’aliquota – la misura del prelievo fiscale. In questo senso la CCCTB costituisce il culmine di un percorso di ri- pensamento della tassazione delle società lungo oltre vent’anni, nonché il fondamentale momento di svolta di una politica fiscale più favorevole al- la crescita dei sistemi economici. Proprio per questa sua duplice valenza (tappa fondamentale del pro- cesso di armonizzazione fiscale delle imposte dirette e strumento di una politica fiscale “comunitaria”) il progetto di una base imponibile conso- 1 Il testo della proposta, disponibile su http://www.europarl.euro- pa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=//EP//TEXT+TA+20120419+ITEMS+DOC+XML+V0//EN&langua ge=EN, dovrebbe essere approvato dal Consiglio dell’Unione Europea, previa consultazione del Parlamento Europeo, entro la fine del 2012. L’entrata in vigore è prevista per il 2013.

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PROFILI ISTITUZIONALI

Rassegna Tributaria 6/2012 - 1511

La proposta di Direttiva per una CCCTB: una analisi per principi

Daniele Canè

SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. Base giuridica e stato della proposta di Diretti-va - 3. Il primo livello: gli obiettivi della CCCTB. Cenni ai principi della politica fiscale comunitaria in materia di tassazione delle società - 4. Il secondo livello: i principi generali e la struttura della CCCTB - 5. Il mancato coordinamento con i Principi Contabili Internazionali IAS/IFRS. Cenni - 6. Il terzo livello: l’appli-cazione delle regole tecniche. La nozione di reddito realizzato - 6.1. Il consoli-damento della base imponibile per i gruppi di società e potenziali benefici - 7. Aspetti critici: la formula di ripartizione della base imponibile consolidata - 8. Le misure anti-abuso. Cenni - 8.1 La clausola antielusiva generale - 8.2 Le norme specifiche - 9. Conclusioni.

1. Introduzione - La proposta di una base imponibile consolidata comune per la tassazione delle società (“Common Consolidated Corporate Tax Base” di seguito CCCTB o Direttiva) nell’ambito dell’Unione Europea, presentata ufficialmente dalla Commissione Europea il 16 marzo 20111, rappresenta, per ampiezza di respiro e portata di obiettivi, un tentativo di riforma della imposizione diretta epocale nella storia dell’Unione Europea.

Per la prima volta dalla nascita dell’Unione Europea (UE), un atto normativo disciplina a livello sovranazionale ed in modo uniforme un e-lemento essenziale del tributo, la base imponibile, dal quale dipende – unitamente all’aliquota – la misura del prelievo fiscale.

In questo senso la CCCTB costituisce il culmine di un percorso di ri-pensamento della tassazione delle società lungo oltre vent’anni, nonché il fondamentale momento di svolta di una politica fiscale più favorevole al-la crescita dei sistemi economici.

Proprio per questa sua duplice valenza (tappa fondamentale del pro-cesso di armonizzazione fiscale delle imposte dirette e strumento di una politica fiscale “comunitaria”) il progetto di una base imponibile conso-

1 Il testo della proposta, disponibile su http://www.europarl.euro-pa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=//EP//TEXT+TA+20120419+ITEMS+DOC+XML+V0//EN&language=EN, dovrebbe essere approvato dal Consiglio dell’Unione Europea, previa consultazione del Parlamento Europeo, entro la fine del 2012. L’entrata in vigore è prevista per il 2013.

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lidata comune pone questioni di assoluta rilevanza pratica e teorica, prima tra tutte quella della governance europea.

Non solo perché la politica fiscale comune richiede, pare ovvio, una unità politica che ad oggi manca all’Europa, ma anche perché sul diffici-le terreno (dell’armonizzazione) delle imposte dirette si decidono oggi sia le sorti del mercato unico – e delle imprese in esso operanti – che quelle dei singoli Stati membri.

Non si può infatti dimenticare l’importanza della leva fiscale come ef-ficace strumento di politica sociale ed economica, nonché fonte primaria per il finanziamento del fabbisogno pubblico. Né si può negare che l’idea di disciplinare a livello comunitario un fattore essenziale del prelievo fi-scale non comporti, di fatto, un parziale accentramento della potestà im-positiva a livello europeo.

Da un punto di vista scientifico, poi, la CCCTB può essere considera-ta il risultato della “naturale” convergenza tra i diversi sistemi tributari odierni2.

Vista l’impossibilità di disciplinare nel dettaglio tutti gli aspetti con-nessi alla determinazione della base imponibile, la Direttiva è costruita su un nucleo di principi fondamentali: equità, neutralità, semplicità, effi-cienza e certezza. Il ruolo di questi principi è duplice: da un lato essi fungono da standard normativi per la definizione delle regole tecniche e da direttrici fondamentali dell’architettura complessiva del regime; dall’altro, costituiscono criteri di riferimento per la interpretazione delle norme e per una valutazione complessiva del sistema.

Questo contributo intende fornire un quadro generale della proposta di Direttiva e discuterne i principi fondamentali. Si assume che tali princi-pi operino a tre livelli: il primo riguarda la decisione degli obiettivi di poli-tica fiscale perseguiti (paragrafo 3), il secondo la definizione della struttu-ra generale del regime e delle norme (paragrafo 4), mentre il terzo attiene all’intepretazione ed all’applicazione delle regole tecniche (paragrafo 6).

Dopo una breve digressione sullo stato della proposta (paragrafo 2), l’analisi si muoverà quindi su questi tre livelli e, ove possibile, cercherà di spiegare come i principi si traducono in regole pratiche, senza la pretesa (nè l’intenzione) di esaminare nel dettaglio le singole disposizioni.

In conclusione, si propone una rimeditazione del mancato coordi-namento tra regole di determinazione del reddito e Principi Contabili In-ternazionali IAS/IFRS (discusso al paragrafo 5) ed una riflessione sulla opportunità (o necessità?) di una integrazione differenziata.

2 La CCCTB ha suscitato grande interesse in ambito accademico. Per alcuni studiosi essa costituisce il portato di un regime fiscale “consuetudinario” già condiviso a livello so-vranazionale. V. AVI YONAH, International Tax as International Law: An Analysis of the International Tax Regime, Cambridge University Press, 2007. Tra le monografie si segnala LANG – PISTONE – SCHUCH - STARINGER, Common Consolidated Corporate Tax Base, International Tax Law Series n. 53, Lnde, 2008.

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Rassegna Tributaria 6/2012 - 1513

2. Base giuridica e stato della proposta di Direttiva - La proposta di Di-rettiva elaborata dalla Commissione Europea ha il suo fondamento giu-ridico nell’articolo 115 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Eu-ropea (TFUE), il quale autorizza il Consiglio a porre in essere gli inter-venti necessari per il ravvicinamento delle legislazioni nazionali “che ab-biano una incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato interno”3.

Questa norma consente al Consiglio Europeo di intervenire nell’area dell’imposizione diretta, a condizione che, da un lato, vi sia un reale o-stacolo al funzionamento del mercato comune e, dall’altro, che siano ri-spettate determinate norme procedurali.

A differenza di quanto previsto dall’articolo 113 TFUE, che consente la più ampia libertà nella scelta dello strumento necessario per l’armo-nizzazione4 delle imposte indirette, l’articolo 115 TFUE vincola il Consi-glio ad adottare esclusivamente direttive, da approvarsi all’unanimità se-condo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Par-lamento Europeo5.

La regola dell’unanimità rappresenta il principale ostacolo giuridico all’approvazione definitiva della proposta, in quanto attribuisce de facto a ciascuno Stato membro un potere di veto assoluto. Per questo motivo, il Consiglio dell’Unione Europea ha proposto di affiancare all’articolo 115 quell’articolo 136 TFUE che consente di adottare, a maggioranza qualificata, le specifiche misure necessarie per “rafforzare il coordina-mento e la sorveglianza della disciplina di bilancio” degli Stati che adot-tano l’euro.

Sulla proposta del Consiglio, tuttavia, hanno espresso parere negati-vo sia i servizi legali del Parlamento Europeo, che il Comitato per gli Af-fari Economici e Monetari, dal momento che il coordinamento sulle poli-

3 Per ravvicinamento può intendersi quel procedimento “volto all’eliminazione delle disparità esistenti in due o più sistemi giuridici, al fine di stabilire una disciplina legislativa comune su materie specifiche”. V. ROCCATAGLIATA, Diritto tributario comunitario, in UCKMAR, Diritto tributario internazionale, coordinato da, CEDAM, 2005, 1229.

4 Per armonizzazione si intende “quel procedimento mediante il quale i paesi effet-tuano di comune accordo la modifica di una data norma o di un dato tributo o l’adeguamento della struttura essenziale di un’imposta, in conformità ad un modello uni-co”. Così ROCCATAGLIATA, ibid. Per una analisi approfondita del concetto si rinvia a SACCHETTO, voce Armonizzazione fiscale nella Comunità Europea, in “Enc. Giur.”, agg. III, 1994. Occorre tuttavia sottolineare che l’articolo 113 TFUE limita questa azione alle so-le imposte indirette, senza accennare alla fiscalità diretta. Di qui il frequente ricorso, per il ravvicinamento dell’imposizione diretta, all’articolo 115 TFUE.

5 Vi è un’altra disposizione, l’articolo 116 TFUE, che consentirebbe al Parlamento ed al Consiglio Europeo di stabilire, a seguito di una particolare procedura di consultazione, le direttive necessarie ad eliminare eventuali distorsioni sul mercato interno. Nonostante la delibera avvenga secondo procedura ordinaria – ossia a maggioranza qualificata – la norma non è mai stata utilizzata per legiferare in materia di imposizione diretta.

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tiche di bilancio degli Stati membri non è un obiettivo, nemmeno secon-dario, della CCCTB6.

Una alternativa più volte considerata dalla stessa Commissione7 e da alcuni Stati membri è la c.d. procedura di cooperazione rafforzata, pre-vista dall’articolo 20 del Trattato sull’Unione Europea (TUE), che per-metterebbe di superare l’ostacolo dell’unanimità e, al tempo stesso, di re-alizzare gli obiettivi perseguiti nel rispetto dei fondamentali principi di proporzionalità e sussidiarietà8.

Tuttavia, la cooperazione rafforzata viene considerata nei Trattati una soluzione di ultima istanza, alla quale è possibile fare ricorso solo qualora il Consiglio ritenga che gli obiettivi che essa si propone non pos-sono essere raggiunti dall’Unione entro un ragionevole periodo di tempo (art. 20, par. 2 TUE).

In sintesi, una volta ottenuta l’autorizzazione del Consiglio, e previo parere della Commissione, un gruppo di almeno nove9 Stati può adottare le misure necessarie per la realizzazione degli obiettivi dell’Unione10 ed il rafforzamento del processo di integrazione. Gli atti adottati vincolano solo gli Stati partecipanti e non entrano a far parte dell’acquis communautaire.

6 Infatti, il ricorso alla “base giuridica multipla” è possibile qualora la misura adottata abbia obiettivi diversi ma necessariamente connessi e nessuno di questi possa considerarsi prevalente rispetto all’altro. V. Corte di Giustizia della Comunità Europea (CGE), Caso C-165/87 Commission v. Council [1988] E.C.R. 5545, par. 11; e C-178/03 Commission v. Eu-ropean Parliament and Council [2006] E.C.R. I-107, parr. 43-56. Inoltre, l’articolo 136 TFUE richiede una procedura che mal si concilia con quella prevista dall’articolo 115 TFUE. Si vedano la lettera del Parlamento Europeo del 23 di febbraio 2012 ed il Parere del Presidente del Comitato sugli Affari Economici e Monetari del 29 marzo 2012, entrambi di-sponibili su http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=REPORT&reference=A7-2012-0080&language=EN#title2.

7 Descritta negli articoli 326-334 TFUE. La possibilità, introdotta dal Trattato di Am-sterdam e successivamente ampliata da quello di Nizza, di una più stretta interazione tra gruppi di Stati membri per consentire interventi armonizzatori maggiormente incisivi an-che in quelle aree dove le decisioni del Consiglio sono prese all’unanimità era già stata pre-sa in considerazione dalla Commissione Europea nella comunicazione Politiche fiscali nell’Unione Europea – Obiettivi per il prossimo futuro COM [2001] 260. Anche il Parlamen-to Europeo aveva espresso il proprio appoggio alla cooperazione rafforzata. V. Risoluzione del 15 Gennaio 2008 sul Trattamento fiscale delle perdite transfrontaliere 2007/2144(INI), P6_TA(2008)0008, pubblicata in Official Journal of the European Union, C 41 E, 19 Feb-braio 2009.

8 In verità, in uno studio economico dettagliato dell’ottobre 2001 già i servizi legali della Commissione manifestavano scetticismo circa la reale efficacia di una implementa-zione della proposta limitata ad alcuni Stati soltanto. V. La tassazione delle imprese nel mercato interno, SEC [2001] 1681. Dello stesso avviso è anche il Parlamento Europeo, co-me si legge nel parere rilasciato nel corso del mese di Marzo sugli emendamenti proposti dal Consiglio, disponibile su http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=RE-PORT&reference=A7-2012-0080&language=EN.

9 Fino al Trattato di Lisbona, il numero minimo di Stati necessario per attivare la procedura era di otto.

10 Individuati dall’articolo 3 TUE, ex articolo 2 Trattato CE.

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Nonostante sia stata indicata anche dal Parlamento Europeo11 come la soluzione da seguire nell’ipotesi in cui non si riuscisse a raggiungere l’unanimità, le implicazioni derivanti dalla cooperazione rafforzata de-vono essere valutate attentamente.

In effetti, qualora la CCCTB fosse adottata da una parte soltanto degli Stati membri, si verrebbe a creare una “Europa a due velocità”: da una parte, un gruppo di Stati altamente (rectius, fiscalmente) integrati, all’interno dei quali le imprese possono agire libere da costrizioni, dall’altra, gli Stati che conservano i propri regimi fiscali12.

Ad oggi diversi Stati membri hanno espresso parere contrario alla proposta in più di una occasione. Al tempo stesso, non sembra ancora essersi formato, tra i governanti e l’opinione pubblica, il consenso neces-sario per proseguire lungo la via della cooperazione rafforzata13.

Il 18 maggio 2011 ben nove paesi14 hanno votato contro la proposta di Direttiva. Inoltre, Germania e Francia, tra i principali sostenitori dell’iniziativa, hanno recentemente espresso perplessità circa il consoli-damento dei risultati e l’adozione (solo) su base opzionale15. Se già ora si

11 Si veda la Risoluzione n. 14034/2011 – C7-0046/2012 – 2011/0127 (NLE), approvata il 19 Aprile 2012 in sessione plenaria con 452 voti favorevoli, 172 contrari e 36 astenuti, nel-la quale il Parlamento Europeo ha proposto diversi emendamenti alla bozza di Direttiva (discussi oltre).

12 Sui possibili effetti nel medio e lungo termine di una implementazione limitata della Proposta v. MUNIN, Tax in Troubled Times: Is It the Time for a Common Corporate Tax Base in the EU?, in EC Tax Review, 3, 2011, 121-133. Per una analisi critica dei possibili impatti in termini di gettito fiscale per gli Stati membri v. FARGAS MAS, Consequences of the Implementation of the CCCTB Regime on EU Member States Tax Collection: Will CCCTB Have a Dramatic or Only a Severe Effect on Public Finances?, in “Intertax”, 38, 2010, 394-420.

13 Il 27 Aprile scorso, in occasione della Tax Conference di Bruxelles, il Commissario Europeo alla Fiscalità, il lituano Algirdas Semeta, ha auspicato un maggiore supporto alla proposta da parte degli Stati membri, affermando che l’approvazione della Direttiva rientra tra le priorità del nuovo programma europeo di politica fiscale per la crescita.

14 Le Camere Parlamentari nazionali che hanno espresso parere negativo sulla propo-sta, sostenendone la non conformità al principio di sussidiarietà, sono quelle di Olanda, Romania, Svezia, Bulgaria, Regno Unito, Polonia, Slovenia, Malta e Irlanda. Le principali riserve riguardano il consolidamento obbligatorio e la formula di distribuzione della base imponibile. I più critici sono gli Stati membri con aliquote fiscali più basse, come l’Irlanda, i quali lamentano che la CCCTB minerebbe la competitività del loro regime fiscale, ren-dendolo meno attrattivo per le imprese estere. V. The Post IE, Threat to Irish Policy as Common Tax Base is Back on EU Agenda, www.sbpost.ie/news/ireland/threat-to irish-policy-as-common-tax-base-back-on-eu-agenda-46537.html, 30 Gennaio 2010. Anche per i paesi con aliquote di imposta fisse, come la Slovacchia, il nuovo sistema avrebbe impatti negativi sul gettito fiscale. Si segnala inoltre l’opposizione manifestata dal presidente dell’Eurogruppo e primo ministro lussemburghese, Jean-Claude Juncker. V. Luxemburger Wort del 12 maggio 2011.

15 In una lettera inviata al Presidente del Consiglio Europeo il 18 Agosto 2011 il Can-celliere tedesco Merkel ed il Presidente francese Sarkozy hanno annunciato la volontà di procedere ad una maggiore armonizzazione dei rispettivi sistemi fiscali. Il 6 febbraio 2012 i

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dubita dei potenziali benefici di una Base Imponibile Consolidata Co-mune viene da chiedersi cosa effettivamente rimarrebbe qualora venisse a mancare la possibilità di consolidare i diversi risultati conseguiti a li-vello nazionale16. 3. Il primo livello: gli obiettivi della CCCTB. Cenni ai principi della poli-tica fiscale comunitaria in materia di tassazione delle società - La CCCTB nasce dalla esigenza di superare gli ostacoli e le distorsioni di mercato derivanti dalla presenza di tanti diversi regimi fiscali quanti sono gli Sta-ti dell’Unione. Suo scopo ultimo è favorire la mobilità degli investimenti, la creazione di nuovi posti di lavoro nonché, in definitiva, la crescita del mercato unico europeo. In assenza di norme comuni, infatti, l’intera-zione tra i diversi sistemi fiscali nazionali conduce spesso a sovratassa-zione e doppia imposizione17, nonché ad oneri amministrativi gravosi per le imprese e ad elevati costi di adeguamento alla normativa.

Per meglio comprendere come questi obiettivi hanno orientato il le-gislatore comunitario nella definizione del nuovo regime, è utile riper-correre brevemente la storia dell’armonizzazione delle imposte dirette.

L’idea di una base imponibile unica che consenta una applicazione uniforme dell’imposta in tutti i paesi membri non è nuova al legislatore comunitario.

Sul versante delle imposte indirette, ad esempio, la normativa comu-nitaria in materia di imposta sul valore aggiunto, confluita nella Diretti-va 2006/112/CE, appare ispirata al medesimo obiettivo. A differenza della CCCTB, non è però previsto per l’IVA alcun meccanismo di ripartizione Ministeri delle finanze francese e tedesco hanno pubblicato il “Green Paper on tax conver-gence”, nel quale vengono proposte alcune soluzioni, tese ad eliminare le differenze presen-ti nelle rispettive legislazioni. Sul punto si veda VALENTE, Base imponibile comune: il Green Paper di Francia e Germania, in “il fisco”, n. 22/2012, fascicolo n. 1, pag. 3444.

16 Secondo la Commissione, con la CCCTB le imprese risparmierebbero circa 1.3 mi-liardi di euro grazie al consolidamento dei risultati e 1.7 miliardi in termini di minori costi di compliance. La possibilità di compensare le perdite fiscali a livello transnazionale pro-vocherebbe al contempo una sensibile riduzione della base imponibile complessiva (circa il 2,7 per cento) e, di conseguenza, delle entrate fiscali degli Stati Membri. Anche il PIL di al-cuni Stati Membri diminuirebbe sensibilmente. I Paesi Bassi, ad esempio, prevedono una riduzione dell’1.69 per cento, ossia tra 11 e 12 miliardi di euro. Cfr. Documento di lavoro dei Servizi della Commissione, Sintesi della valutazione d’impatto, SEC(2011) 316 definiti-vo, presentato il 16 Marzo 2011 insieme alla Proposta. Indicazioni meno incoraggianti ven-gono da uno studio di Ernst&Young commissionato dall’Irlanda, che mostra un incremen-to del 13 per cento nei costi di adeguamento alla normativa, dovuti alla difficoltà ammini-strativa di gestire due sistemi di tassazione. V. Study on the Economic and Budgetary Im-pact of the Introduction of a Common Consolidated Corporate Tax Base in the European Union, 4 Gennaio 2011.

17 Che si verifica quando attività transfrontaliere generano passività fiscali che non si produrrebbero in un contesto interno. È il caso delle imprese consociate di Stati membri diversi, o delle loro stabili organizzazioni, che non hanno il diritto di ripartirsi le perdite, a differenza di quanto avviene a livello interno.

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della base imponibile, trattandosi di una imposta che ha ad oggetto il singolo atto economico e non una grandezza (il reddito) che è il risultato di una serie di fatti economici. Anche la tecnica legislativa è simile: infat-ti, entrambe le Direttive lasciano agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella regolamentazione di alcuni aspetti.

Guardando alle imposte dirette, già nella seconda metà del secolo scorso, e prima della CCCTB, la Commissione Europea aveva presentato, e successivamente ritirato, diverse proposte di direttive: la prima nel 197518 ed altre due, nel 1984 e 1985, sulla compensazione delle perdite. Un progetto di Direttiva per l’armonizzazione della base imponibile era stato peraltro già presentato nel 1988, ma fu presto accantonato per la ri-luttanza dimostrata dalla maggior parte degli Stati membri.

A ben vedere, alla tassazione delle società è stata riservata una atten-zione particolare sin dalla fondazione delle Comunità europee, dal mo-mento che essa rappresenta un elemento importante prima dell’istitu-zione e poi del completamento del mercato interno. Numerosi sono Stati gli studi e le iniziative tese a raggiungere un certo grado di armonizza-zione dei sistemi di imposizione, della base imponibile e, ancora, delle aliquote di imposta19.

Tra i documenti di maggiore interesse, vale la pena ricordare il Rap-porto Neumark (1962) ed il Rapporto Ruding (1992). Nel Rapporto Neumark20 si rilevava, per la prima volta, che le disparità strutturali delle

18 La Proposta di direttiva concernente l’armonizzazione dei sistemi di imposta sulle società e dei regimi di ritenute alla fonte sui dividendi è stata presentata il 23 Luglio 1975 e ritirata quindici anni più tardi senza che la Commissione abbia mai tentato di implemen-tarla ulteriormente. Questa proposta suggeriva di armonizzare le aliquote - su una soglia compresa tra il 45 ed il 55 per cento - e la ritenuta alla fonte sui dividendi, applicando poi in maniera generalizzata il metodo del credito di imposta per ovviare alla conseguente doppia imposizione. Mancava, tuttavia, qualsiasi riferimento ad una armonizzazione della base imponibile.

19 In realtà, la via dell’armonizzazione delle aliquote di imposta è stata presto abban-donata in quanto, da un lato, essa non rimuoverebbe tutti gli ostacoli fiscali esistenti all’interno dell’Unione Europea, e, dall’altro, costituisce l’elemento più importante ai fini del gettito fiscale e, perciò, prerogativa irrinunciabile dei singoli Stati. La Commissione è ben conscia del fatto che l’introduzione di una base imponibile unica potrebbe indurre ta-luni Stati membri ad adattare le proprie aliquote di conseguenza, ma preferisce lasciare ta-le scelta alla libera determinazione di ciascuno di essi. Altri ritengono invece che, unita-mente ad una base imponibile comune, debba essere fissato altresì un livello di aliquota minimo comune, si vedano SPENGEL, Common Corporate Consolidated Tax Base – Don’t Forget the Tax Rates, in EC Tax Review, 2007, 118–120; SPENGEL - WENDT, A Common Consolidated Corporate Tax Base for Multinational Companies in the European Union: Some issues and options, Oxford University Centre for Business Taxation, WP 07/17, 2007, scaricabile su: http://www.sbs.ox.ac.uk/centres/tax/papers/Pages/PaperWP0717.aspx.

20 Dal nome del Professore Fritz Neumark, presidente del Comitato Fiscale Finanziario (C.F.F.) istituito con decisione della Commissione del 5 Aprile 1960. Il C.F.F., formato da dieci insigni professori, aveva il compito di esaminare se, ed in quale misura, le disparità fi-scali esistenti tra gli Stati membri potessero rappresentare un impedimento all’instau-

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legislazioni nazionali rappresentavano un grave ostacolo al funziona-mento del mercato comune. Di fatto, già si auspicava un ravvicinamento tra i diversi sistemi impositivi mediante, da un lato, l’adozione di regole comuni per la determinazione di una base imponibile unica e, dall’altro, la concentrazione dell’accertamento dell’imposta in un unico stato.

Infatti, poiché le differenze fiscali tra gli Stati membri hanno un’influenza reale sulle decisioni delle imprese, un’armonizzazione in-completa favoriva la localizzazione degli investimenti nelle aree della Comunità a più bassa tassazione. Ciò creava inefficienze nella allocazio-ne delle risorse economiche e distorsioni alla concorrenza. Si rendeva pertanto necessario un intervento comunitario che mirasse ad una impo-sizione fiscale maggiormente neutrale ed efficiente.

Negli anni Novanta venivano così adottati singoli provvedimenti di cooperazione transnazionale21, soluzioni mirate volte a stabilire regole fi-scali neutre nei riguardi della concorrenza e ad eliminare i principali o-stacoli al mercato comune22.

A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, questo tipo di ap-proccio veniva abbandonato in favore di una strategia globale (c.d. global approach) frutto di una riconsiderazione del ruolo della fiscalità nel quadro della politica comunitaria e di una rinnovata attenzione agli ef-fetti distorsivi prodotti dalla concorrenza fiscale dannosa23. In verità, già razione di un mercato comune. Cfr. Rapporto del Comitato fiscale e finanziario, 1962, Bru-xelles. Per ulteriori approfondimenti si veda BIGNAMINI, L’armonizzazione fiscale dalla Comunità all’Unione, ISDAF, 1995, 1 e ss.; ROMOLI - VENTURI, Breve storia di quindici anni di lavori nel campo dell’armonizzazione delle imposte delle Comunità economiche eu-ropee, in Tributi, 1980, n. 1-2, 5; SACCHETTO - CASERTANO, Tributi, in AA.VV., Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da CHITI - GRECO, Il Mulino, 1997, 1307-1309.

21 Secondo un approccio non fondato su un disegno complessivo, c.d. “piecemeal”. Ci si riferisce alla Direttiva 90/434/CEE del 23 luglio 1990 sul regime fiscale di fusioni, scis-sioni e conferimenti di attivo; alla Direttiva 90/435/CEE del 23 luglio 1990 concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (“Ma-dre-Figlia”); alla Convenzione 90/436/CEE del 20 agosto 1990 concernente la procedura ar-bitrale in materia di prezzi di trasferimento. Inoltre, nel dicembre del 1990 venivano forma-lizzate altre due proposte di direttive, l’una relativa al pagamento di interessi e canoni tra società di Stati membri diversi (divenuta poi Direttiva 2003/49/CE del 3 Giugno 2003), l’altra alla contabilizzazione delle perdite subite dalle stabili organizzazioni e dalle affiliate in altri Stati membri. Quest’ultima rimane a tutt’oggi inattuata.

22 Puntualmente individuati dalla Commissione nella Comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo sugli orientamenti relativi all’imposizione fiscale delle imprese, SEC [90] 601 finale, del 20 Aprile 1990. Si ricordano, in particolare, il trattamento fiscale dei prezzi di trasferimento all’interno dei gruppi, la doppia imposizione dei flussi di reddito transfrontalieri tra società collegate, le forti restrizioni alla compensazione transfrontaliera delle perdite e l’eccessiva tassazione delle operazioni di ristrutturazione internazionali.

23 In coincidenza con l’avvento al ruolo di Commissario europeo per il mercato interno e la fiscalità di Mario Monti. Per lanciare il dibattito sulla necessità di una maggiore con-certazione dell’azione comunitaria in materia di fiscalità diretta la Commissione presentò, al Consiglio Ecofin dell’aprile 1996, il Documento di discussione La politica tributaria nell’unione Europea, SEC [96] 487 del 20 Marzo 1996, disponibile su

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nel Rapporto Ruding24 del 1992 era stata sottolineata la necessità di favo-rire la convergenza tra i diversi sistemi fiscali tramite un approccio glo-bale. Nel “Programma strategico per il rafforzamento del mercato inter-no” del luglio 1992 venivano così fissate le priorità dell’azione comunita-ria, tra le quali, appunto, la creazione di regole comuni per la determina-zione della base imponibile25.

Il nuovo approccio prevedeva una più stretta cooperazione fra Stati e Unione Europea, nel rispetto della loro sovranità fiscale, e l’inserimento del-la politica fiscale nel contesto delle politiche comunitarie. L’obiettivo dell’armonizzazione delle imposte dirette è stato da quel momento affronta-to in maniera più consapevole, affiancando alle soluzioni (mirate) adottate sino a quel momento un’ azione complessiva, più articolata e volta ad ade-guare il regime fiscale delle società al nuovo contesto economico.

Dai primi anni duemila la Commissione Europea ha poi intensificato i propri sforzi a favore del progetto di una base imponibile comune. La sua azione si è tradotta in una serie di atti giuridicamente non vincolanti, nella specie Comunicazioni indirizzate alle altre istituzioni europee, che hanno promosso il dibattito ed il consenso politico necessario per la de-finizione della proposta26. http://www.europarl.europa.eu/factsheets/3_4_9_it.htm. Si vedano anche le conclusioni del Consiglio Ecofin del 1 dicembre 1997, pubblicate in GUCE 1998 C 2 consultabile su http://eur-lex.europa.eu/JOIndex.do?ihmlang=it.

24 Il Comitato di esperti nominato dalla Commissione nel 1990 e presieduto dall’ex Mi-nistro delle Finanze olandese Onno Ruding aveva il compito di studiare le prospettive dell’integrazione comunitaria in materia fiscale per capire se, ed in quale misura, fosse ne-cessaria una azione armonizzatrice a livello comunitario. V. MAYR, Il “Rapporto Ruding” sull’armonizzazione fiscale nella CEE, in “Corriere Tributario”, n. 30, 1992, 2111.

25 Le altre priorità consistevano nell’eliminazione delle disposizioni discriminatorie e distorsive dei diversi sistemi fiscali, nella fissazione di un livello minimo di imposizione sulle società e nel perseguimento della massima trasparenza delle agevolazioni fiscali ac-cordate dagli Stati per attirare investimenti. Tra gli approcci globali, la Commissione aveva considerato anche l’opportunità di introdurre una Imposta Europea sul Reddito delle Im-prese (EUCIT – EU Company Income Tax) prelevata a livello europeo, in base ad una ali-quota europea, e gestita da un’unica Autorità a livello comunitario. Un’altra soluzione allo studio era la Base Imponibile Unica Armonizzata per le imprese operanti nell’Unione Eu-ropea. Quest’ultimo sistema prevedeva un’unica base imponibile ed un unico sistema a li-vello UE destinato a sostituire i diversi sistemi nazionali. Cfr. Studio La tassazione delle imprese nel mercato interno, cit., 64.

26 Le Comunicazioni possono annoverarsi tra gli atti di soft law, ossia atti caratterizza-ti dalla atipicità, (in quanto non rientrano in alcuna delle categorie di cui all’articolo 288 TFUE) dalla eterogeneità e dalla non vincolatività (o comunque da una ridotta efficacia giuridica). Ad essi non viene riconosciuto, quantomeno sul piano formale, una efficacia giuridica propria, costituendo piuttosto “strumenti di diritto mite, dotati di una efficacia giuridica molto minore rispetto alle fonti tipiche (…) volti a perseguire obiettivi politici at-traverso la loro persuasione ovvero la plusvalenza che ad essi deriva in termini di autorevo-lezza mutuata dall’organo (o dagli organi) da cui promanano, più che attraverso la forza coattiva del diritto”. MANFRELLOTTI, Sistema delle fonti e indirizzo politico nelle dina-miche dell’integrazione europea, Torino, 2004, 192. Il ricorso a questi strumenti di tipo

D. CANÈ – PROPOSTA DI DIRETTIVA PER UNA CCCTB

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Una prima, importante Comunicazione è quella diffusa nel 2001, nel-la quale la Commissione prendeva ufficialmente atto della necessità di dare alle società europee transnazionali la possibilità di calcolare il red-dito dell’intero gruppo in base ad un unico corpus di regole e di tenere una contabilità consolidata a fini impositivi, senza togliere agli Stati la possibilità di stabilire le aliquote d’imposta27.

La Commissione ha così avviato una serie di consultazioni per l’applicazione, in via sperimentale, del progetto pilota “Home State Taxa-tion” alle piccole e medie imprese dell’UE28. Tale progetto, ad oggi inat-tuato, prevedeva che la base imponibile fosse calcolata secondo le dispo-sizioni fiscali dello Stato di residenza della società e successivamente ri-partita tra gli Stati membri in cui operavano le società figlie. Questi ul-timi avrebbero poi applicato le proprie aliquote nazionali sulla rispettiva quota di imponibile29. A differenza della CCCTB, gli Stati interessati era-no in questo caso vincolati ad accettare le valutazioni effettuate dallo Stato di residenza sulla base della propria normativa fiscale.

Il passo più importante all’interno di questo processo è stata però la creazione di un gruppo di lavoro sulla CCCTB, formato da esperti delle amministrazioni fiscali di tutti gli Stati membri30. “para-normativo” è frequente sia nei settori in cui è prevista l’armonizzazione - ma essa ri-sulta difficile da raggiungere con i soli strumenti vincolanti essendovi necessità di stempe-rare, attraverso accordi informali, posizioni divergenti tra gli Stati membri - sia nelle aree in cui l’armonizzazione è esclusa, ma vi è comunque l’esigenza politica di creare un con-senso sociale su cui si fondi la futura convergenza delle politiche nazionali in settori cardi-ne per la costruzione della solidarietà europea. Lo rileva KENNER, Il Capitolo sull’occupazione del Trattato di Amsterdam e le politiche della terza via: quali prospettiva per la soft law?, in “Dir. delle rel. Industriali”, 1999, 416.

27 V. Verso un mercato interno senza ostacoli fiscali – Strategia per l’introduzione della base imponibile consolidata per le attività di dimensione UE delle società, COM [2001] 582. Un simile progetto richiedeva anche una maggiore armonizzazione dei principi contabili. Di qui l’emanazione dei Regolamenti (CE) nn. 1606/2002 e 1725/2003 con i quali prendeva avvia il pro-cesso di introduzione dei Principi Contabili Internazionali IAS/IFRS negli Stati membri.

28 V. la Comunicazione Tackling the corporation tax obstacles of small and medium-sized enterprises in the Internal Market – outline of a possible Home State Taxation pilot scheme, 23 Dicembre 2005, COM (2005)702 finale.

29 Un regime che, in qualche modo, ricorda il Progetto Home State Taxation è quello introdotto dall’articolo 41 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78. Questa disposizione consente alle imprese residenti in uno Stato membro dell’Unione europea, che intrapren-dono in Italia nuove attività economiche, di scegliere, in alternativa alla normativa tributa-ria statale italiana, la normativa (tributaria) vigente in uno qualsiasi degli Stati membri dell’Unione europea. L’impresa non residente può optare non solo per le regole di determi-nazione della base imponibile di un altro Paese UE, ma anche per la misura dell’aliquota dell’imposta sui redditi. La norma, tuttavia, è ancora in attesa della versione definitiva del provvedimento di attuazione, pubblicato in bozza per commenti e proposte di cambiamen-to. V. VALZ , Il regime fiscale di attrazione europea, in Fiscalità Internazionale, n. 6, 2010.

30 Il Gruppo di Lavoro si è riunito tredici volte in seduta plenaria fino all’aprile 2008, e, tra il 2004 ed il 2008, ha tenuto ben 13 tavoli di consultazione e discusso oltre 70 documen-ti. Questi documenti spiegano nel dettaglio i contenuti della Direttiva e costituiscono un

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A questo gruppo veniva affidato il compito di esaminare gli aspetti salienti della proposta e studiare le soluzioni tecniche più adeguate sulla base dei principi fondamentali della proposta di Direttiva: l’eliminazione della doppia imposizione e della (doppia) non imposizione, la prevenzio-ne dell’abuso, la riduzione dei costi di conformità (in particolare degli oneri connessi ai prezzi di trasferimento) e la semplificazione delle pro-cedure amministrative.

4. Il secondo livello: i principi generali e la struttura della CCCTB - La CCCTB costituisce un insieme di regole autonome31 e comuni (ss. appli-cate in modo uniforme in tutti gli Stati membri) per la determinazione del reddito imponibile che prescinde dai sistemi contabili adottati nei singoli paesi (principio del doppio binario).

Il nuovo regime è destinato a sostituire le discipline nazionali in ma-teria di imposta sul reddito delle società32. Queste ultime tornano appli-cabili per tutte le questioni che non sono disciplinate dalla Direttiva, ol-tre che in talune circostanze puntualmente individuate (articolo 7). Si capisce che, per tutte quelle situazioni non specificamente regolate, non è previsto un quadro generale di principi cui fare ricorso33. Di conse- punto di riferimento importante per l’interpretazione e l’applicazione delle regole ivi conte-nute. Ad essi si farà pertanto frequente riferimento nel prosieguo. Un utile supporto espli-cativo è costituito altresì dalla Guida pubblicata da KPMG su http://www.kpmg.com/global/en/whatwedo/tax/pages/ccctb.aspx. La Commissione si è inol-tre avvalsa di operatori esterni per l’analisi economica dei possibili impatti della CCCTB sul mercato europeo. Tra gli altri PWC, Study on the possible adjustments for Financial Insti-tutions of the general rules of the Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB) un-der Framework contract 2006/CC/087, Gennaio 2008.

31 Perché fondato su definizioni proprie. Nell’articolo 4 della Direttiva sono definiti puntualmente gli elementi soggettivi (es. “contribuente”) ed oggettivi (come il concetto di “reddito”, di “perdita” e di “attività immobilizzate”) della CCCTB.

32 Non è chiara la portata del riferimento alle “disposizioni in materia di imposta sul reddito delle società”, ossia se esso richiami le sole regole per la determinazione del reddi-to, ovvero, più genericamente, anche le norme procedurali. Infatti, nei singoli ordinamenti l’applicazione delle imposte è spesso disciplinata autonomamente rispetto alle norme so-stanziali. Ad una prima analisi, attenta sia al dato testuale dell’articolo 7 che alla ratio della CCCTB, si potrebbe propendere per la seconda interpretazione. Verrebbe infatti meno l’intento di semplificazione amministrativa se si limitasse la portata dell’effetto sostitutivo alle sole regole di determinazione della base imponibile.

33 In verità, si trovano nella Direttiva alcuni principi generali. Sia l’articolo 9 che l’articolo 17 fissano i principi generali con riferimento, rispettivamente, al calcolo della ba-se imponibile ed alle regole di valutazione. Secondo WATTEL, CCCTB, in TERRA – WAT-TEL, European tax law,Wolters Kluwer, 2011, 800, la Direttiva è formulata in modo tecnico e puntuale, affatto generale ed astratta. Questa tecnica legislativa pare opportuna per l’oggetto e coerente con gli obiettivi. Se le norme sull’imposizione diretta debbano essere precise e dettagliate, ovvero fondate su principi-guida suscettibili di diversa applicazione a seconda delle circostanze v. PREBBLE, Should Tax Legislation Be Written from a Princi-ples and Purpose Point of View or a Precise and Detached Point of View?, in British Tax Review, 1998, 113.

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guenza, ciascuna società dovrà fare riferimento alle disposizioni nazio-nali. Sembra quindi implicitamente riconosciuta la possibilità che, limi-tatamente ad alcuni casi, i due regimi operino parallelamente34.

La Direttiva si applica alle imprese di qualsiasi dimensione residenti negli Stati dell’Unione Europea che hanno la veste di società di capitali35 e sono soggette alle imposte sui redditi di uno Stato membro36, nonché alle stabili organizzazioni di società di Stati terzi. Analogamente, anche una società residente in un paese terzo (ss. non UE) può optare per la CCCTB se riveste una forma simile alle società di capitali previste dalla Direttiva ed è soggetta ad una delle imposte sul reddito delle società e-lencate nell’allegato II (art. 2). Di fatto, queste ultime potranno applicare la CCCTB se hanno all’interno dell’Unione Europea il loro centro di dire-zione effettiva oppure una stabile organizzazione.

Sono infatti considerate residenti le società che hanno la sede legale, il luogo di costituzione o la sede di direzione effettiva in uno Stato mem-bro e, in base ad un accordo concluso da tale Stato membro con un pae-se terzo, non sono considerate residenti in tale paese terzo (art. 6, par. 3)37. Trattandosi di criteri alternativi tra loro, nel senso che la presenza di uno solo di essi è sufficiente ad individuare il collegamento con il territo-rio europeo, ben potrebbe accadere che una società risulti residente in più di uno Stato membro. In tal caso, essa sarà considerata residente del-lo stato nel quale è situata la sua sede di direzione effettiva (“place of ef-fective management”).

La Direttiva assume quindi un criterio di collegamento ai fini dell’at-trazione della potestà impositiva che tiene conto sia dell’aspetto formale (sede legale e luogo di costituzione), che di quello sostanziale (sede di di-rezione effettiva)38. Qualche difficoltà potrebbe sorgere nell’individua-

34 È il caso delle perdite fiscali maturate prima dell’ingresso nella CCCTB e non com-pensate integralmente. V. infra par. 5.1.

35 Il Comitato delle Regioni ha proposto di estendere la CCCTB anche alle società di persone e, per altro verso, alle imposte locali e regionali, che solitamente sono riscosse sul-la medesima base imponibile delle imposte sui redditi nazionali. Cfr. Progetto di Parere presentato alla riunione della Commissione Politica economica e sociale, 5 ottobre 2011, disponibile su http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2012:054:-0065:0069:IT:PDF.

36 O ad una imposta analoga introdotta successivamente. Le forme giuridiche ammis-sibili e le imposte sul reddito sono individuate mediante rinvio alle liste contenute, rispetti-vamente, negli allegati I e II della Direttiva. L’articolo 127 attribuisce alla Commissione il potere sine die di adottare atti delegati per modificare gli allegati I e II al fine di tenere con-to delle modifiche introdotte dagli Stati membri alle forme societarie ed alle imposte sul reddito delle società.

37 Sebbene la Direttiva non lo dica esplicitamente, si tratterà di una Convenzione con-tro la doppia imposizione.

38 Diversi sono i Paesi Europei che hanno adottato un criterio di individuazione della residenza basato su un elemento formalistico e su uno sostanziale, tra loro alternativi. Tra questi Germania, Francia e Regno Unito. L’Italia ha previsto ben due requisiti di tipo so-

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zione di quest’ultima, specie nei casi di doppia residenza, dal momento che manca nella Direttiva una precisa definizione. In questi casi la solu-zione dipenderà da come i diversi Paesi interpreteranno il concetto39.

Da una lettura combinata degli articoli 1 e 6 si capisce che l’accesso alla CCCTB è consentito sia ad una singola società che ad un gruppo di imprese, la cui definizione si rinviene nell’articolo 5540. Nel caso dei gruppi di imprese è previsto il consolidamento dei risultati determinati in capo alle singole società, le quali mantengono comunque la propria soggettività passiva41. I redditi e le perdite delle società del gruppo sono così sommati algebricamente e confluiscono in una unica base imponibi-le. Questa, se positiva, viene poi ripartita secondo una formula, definita “chiave di allocazione”, che si compone di tre fattori: fatturato, lavoro e attività immobilizzate (art. 86). Gli Stati membri interessati appliche-ranno così le proprie aliquote di imposta sulle porzioni di base imponibi-le loro assegnate (art. 103).

Nella proposta della Commissione il sistema è facoltativo42 e, per il principio “all in, all out”, deve trovare applicazione rispetto a tutte le so- stanziale, anch’essi alternativi tra loro: infatti, ai sensi dell’articolo 73, comma 3 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) si considerano residenti “le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato”.

39 Il criterio della sede di direzione effettiva ha il pregio di essere meno facilmente ma-nipolabile rispetto a quello formale della sede legale. Esso, tuttavia, risulta di non immedia-ta applicazione, in quanto richiede di volta in volta un’analisi delle circostanze di fatto. In questo senso l’interpretazione delle diverse Amministrazioni fiscali diviene decisiva. Cfr. AVI YONAH – SARTORI - MARIAN, International Income Taxation, Oxford University Press, 2011, 134 ss. Il Commentario OCSE fa riferimento al luogo in cui le decisioni rile-vanti per la governance dell’impresa o del gruppo - nel suo complesso – sono realmente (lett. “in substance”) prese.

40 Ai sensi dell’articolo 1 la Direttiva “stabilisce un regime per una base imponibile comune per la tassazione di talune società e gruppi di società (...)”, mentre l’articolo 6, che disciplina gli effetti dell’opzione, prevede che “Una società cui si applichi la presente diret-tiva, che sia residente a fini fiscali in uno Stato membro, può optare per il regime previsto dalla presente direttiva alle condizioni ivi previste”.

41 Ciò significa che le società del gruppo rimangono entità distinte ai fini tributari. In-fatti, la ratio della CCCTB è unicamente quella di fornire una base di partenza uniforme e comune per la applicazione delle singole imposte nazionali.

42 Le società dovranno attentamente considerare se adottare il regime sulla base di una accurata analisi in termini di benefici e svantaggi. In questo senso, la CCCTB potrebbe rap-presentare per le imprese una opportunità di pianificazione fiscale. Per le Amministrazioni Finanziarie dei Paesi membri, invece, essa comporterebbe un ulteriore aggravio burocrati-co. Stando agli studi condotti sino ad oggi, una CCCTB obbligatoria e generalizzata porte-rebbe benefici assolutamente maggiori. Per questo motivo il Parlamento Europeo, con la Risoluzione approvata il 19 Aprile scorso, ha proposto di rendere la CCCTB obbligatoria per tutte le imprese Europee ad eccezione di quelle di piccole-medie dimensioni (ossia quelle società che hanno meno di 250 dipendenti e un volume di fatturato inferiore a 50 milioni di euro o un patrimonio netto inferiore a 43 milioni), per le quali la CCCTB rimar-rebbe facoltativa. È comunque previsto un periodo transitorio di cinque anni (dall’adozione

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cietà che presentino i requisiti di eleggibilità (art. 6, par. 1). Se una socie-tà del gruppo esercita l’opzione, tutte le società figlie qualificate e le sta-bili organizzazioni localizzate nell’Unione Europea sono incluse nel pe-rimetro di consolidamento (art. 55). Si vuole in tal modo limitare la di-screzionalità delle imprese nella definizione del perimetro di consolida-mento. È poi previsto un periodo minimo di applicazione del regime di cinque anni, che, salvo disdetta tre mesi prima della scadenza, è rinnova-to automaticamente per altri tre anni (art. 105).

All’ingresso nel nuovo regime, tutte le attività e le passività del con-tribuente sono riconosciute al valore fiscale determinato in base alle di-sposizioni tributarie nazionali immediatamente prima della data di ap-plicazione del nuovo regime (art. 44). Allo stesso modo, in caso di uscita dal regime, l’articolo 49 prevede un meccanismo di riconoscimento ai fi-ni fiscali del valore delle attività e passività del contribuente come de-terminato secondo le regole della Direttiva.

In linea di principio, dunque, non vi è tassazione (rectius riconosci-mento) dei plusvalori maturati in costanza di regime, che saranno tassati in un momento successivo, bensì continuità di valori. Queste norme, c.d. “roll-over rules”, garantiscono la neutralità della CCCTB, ossia mirano ad evitare che le scelte economiche delle imprese siano influenzate da calco-li di convenienza fiscale43.

Una volta che una società fiscalmente residente in uno Stato membro abbia esercitato l’opzione, tutti i suoi redditi, ovunque prodotti e da qual-siasi fonte derivino, sono calcolati secondo le disposizioni della Direttiva (art. 6, par. 6). Sono tuttavia esclusi dalla determinazione della base im-ponibile, in quanto esenti, i redditi conseguiti dalle stabili organizzazioni estere (art. 11, lett. e). Analogamente, una società residente in un paese terzo sarà assoggettata alla CCCTB unicamente per i redditi derivanti da una attività svolta tramite una stabile organizzazione44 situata in uno Stato membro (art. 6, par. 7). della Direttiva). Le Società Europee e le Società Cooperative Europee, che per definizione hanno carattere transnazionale, sarebbero invece tenute ad applicare la CCCTB una volta trascorsi due anni dalla sua entrata in vigore. La Commissione si riserverebbe inoltre il po-tere di valutare un’eventuale estensione dell’obbligo anche alle piccole e medie imprese.

43 La neutralità è un principio fondamentale dell’imposizione fiscale, insieme ad effi-cienza, semplicità ed equità. La variabile fiscale ha spesso grande peso nelle decisioni eco-nomiche delle imprese. Di conseguenza, per evitare effetti distorsivi nella allocazione delle risorse economiche, l’imposizione fiscale deve aspirare ad essere neutrale. V. FLEMING JR. - PERONI, Reinvigorating tax expenditure analysis and its international dimension, in Nuova Rivista di Diritto Tributario Internazionale, Unico 2010; U.S. TREAS. DEP’T, Tax re-form for fairness, simplicity and economic growth, Nov. 1984, 13, disponibile al http://www.treasury.gov/resource-center/tax-policy/Documents/tres84v1All.pdf. Per una ampia discussione di questo principio si rinvia a SLEMROD - BAKIJA, Taxing ourselves. A citizen’s guide to the debate over taxes, The MIT Press, 2008.

44 La definizione di “stabile organizzazione” dell’articolo 5 ricalca quella contenuta nell’articolo 5 del modello OCSE.

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In sostanza, nel regime delineato dalla Direttiva le società comunitarie sono tassate sul reddito globale (conformemente al principio c.d. “wor-ldwide taxation” e con alcune eccezioni per i redditi di fonte estera), men-tre le società non residenti nella UE sono assoggettate a tassazione limita-tamente ai redditi che si considerano prodotti sul territorio comunitario (c.d. principio di tassazione territoriale del reddito). Si tratterebbe di un sistema prima facie ispirato al principio di tassazione globale45. Tuttavia, l’esclusione della maggior parte dei redditi di fonte estera prevista per le società residenti, e la contemporanea limitazione ai redditi di fonte comu-nitaria per le società extra-UE, sembrerebbero circoscrivere l’ambito di applicazione della CCCTB al territorio comunitario. Ciò che è vero solo in parte, poiché, in forza di particolari disposizioni aventi finalità anti-elusiva, sono inclusi nella base imponibile delle società che optano per la CCCTB anche alcuni redditi che non hanno una immediata connessione con il territorio dell’UE46. In definitiva, si potrebbe sostenere che la Diretti-va adotti un modello di tassazione ibrido, nel quale convergono elementi propri sia del modello di tassazione globale che territoriale47.

È stato osservato come la tassazione su base territoriale meglio si a-datti al caso delle imprese operanti in più Stati, per motivi di ordine teo-rico e pratico48. Da un punto di vista teorico, la tassazione su base terri-toriale si giustificherebbe in funzione dei benefici che il paese in cui è esercitata l’attività produttiva di reddito garantisce alla società (infra-strutture, politiche economiche etc.)49. Inoltre, questo sistema appare più

45 Cfr. Working document, CCCTB: Possible elements of a technical outline, cit., parr. 14 e 118.

46 Analogamente a quanto avviene in diversi paesi europei, tra cui Francia, Lussem-burgo, Olanda e Germania. Il modello di tassazione territoriale viene tradizionalmente con-trapposto a quello di tassazione su base mondiale associato alla residenza del contribuente. Si tratta, in verità, di una classificazione ad oggi più teorica che di immediato riscontro pratico. Infatti, i paesi che adottano un sistema di tassazione su base mondiale non tassano tutti i redditi di fonte estera dei propri residenti e, comunque, limitano la tassazione dei non residenti ai redditi di fonte interna (sarebbe difficile sul piano pratico e contrario alla consuetudine internazionale – se non anche al principio costituzionalmente garantito della capacità contributiva - tassare anche i non residenti sui redditi globali). Così come i paesi che sposano il modello territoriale tendono ad esercitare il proprio potere impositivo anche su alcuni redditi di fonte estera. Un chiaro esempio di questa estensione del potere imposi-tivo è la disciplina delle Controlled Foreign Companies, presente ormai in quasi tutti i si-stemi tributari avanzati e riprodotta dall’articolo 82 della Direttiva.

47 In questo senso la CCCTB può essere considerata il risultato della “naturale” conver-genza tra sistemi tributari frutto di esperienze giuridiche molto diverse tra loro. Così GAR-BARINO, An evolutionary and structural approach to Comparative Taxation: Methods and Agenda for Research, in 57 Am. J. Comp. L., 2009, 677; e AVI-YONAH, International Tax as International Law: An Analysis of the International Tax Regime, cit., 29.

48 V. AVI YONAH – SARTORI - MARIAN, International Income Taxation, cit., 159-160. 49 Si tratta del c.d. “benefit principle”, che si fonda sulla distinzione tra ricavi attivi e

passivi elaborata nei primi anni venti del secolo scorso dalla Lega delle Nazioni al fine di dirimere i conflitti impositivi che sorgevano tra potestà concorrenti. Tra i primi si annove-

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semplice da implementare a livello pratico: infatti, il prosperare di nor-me antielusive volte a smascherare fenomeni di esterovestizione dimo-stra quanto sia difficile determinare la residenza ai fini tributari delle so-cietà (specie di quelle operanti in più Stati).

È, infine, prevista una disciplina specifica per la presentazione della dichiarazione dei redditi e l’accertamento50. Il sistema si basa sul princi-pio “one-stop-shop”, ossia sull’accentramento della gestione amministra-tiva nelle mani di una unica autorità, definita “Autorità tributaria princi-pale”. In tal modo, il gruppo societario che abbia optato per la CCCTB dovrà interagire con una unica autorità amministrativa, anziché con 27 diverse amministrazioni51.

Secondo quanto previsto dall’art. 104 della proposta di Direttiva, il “contribuente principale” comunica la richiesta all’amministrazione tri-butaria principale per conto di tutti gli altri soggetti di imposta, nel ri-spetto del principio “all in, all out”52. Il contribuente principale è anche responsabile della presentazione della dichiarazione per conto di tutte le altre entità del gruppo (art. 109).

L’autorità tributaria principale è quella del paese nel quale è stabilito il contribuente principale (art. 104, par. 1). Ad essa spetta di ricevere la dichiarazione dei redditi del gruppo e di procedere all’attività di accer-tamento, nonché, più in generale, di vigilare sulla corretta applicazione rano quegli elementi di reddito sui quali il percettore ha un controllo (es. quelli che deriva-no da una attività di impresa esercitata); alla seconda tipologia appartengono, invece, i redditi alla cui produzione il percettore non contribuisce in alcun modo, come i redditi da investimenti (dividendi, capital gains, royalties etc.). Secondo questo approccio, il potere di tassare i ricavi attivi spetta allo Stato della fonte, mentre lo Stato di residenza eserciterà il proprio potere impositivo sui ricavi passivi (o da investimento). Per una spiegazione teorica e pratica di questo principio si rimanda ad AVI YONAH, International Tax as International Law: An Analysis of the International Tax Regime, cit.

50 Il documento tecnico di riferimento è CCCTB possible elements of the administrati-ve framework, 13 Novembre 2007, CCCTB/WP061\doc\en, pubblicato sul sito http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/taxation/company_tax/common_tax_base/ccctbwp061_en.pdf.

51 Sia il Ministero delle Finanze che Assonime hanno espresso perplessità riguardo questo accentramento di poteri amministrativi. Il timore è che le imprese italiane possano porre in essere manovre finalizzate a posizionare il contribuente principale in Stati meno attrezzati all’attività di indagine ed accertamento.

52 Ai sensi dell’articolo 4, per “contribuente” si intende una società che possieda i re-quisiti di eleggibilità e abbia optato per la CCCTB. Nel caso dei gruppi, il “contribuente principale” è la società madre (contribuente) residente ai fini fiscali in un Paese UE. Qualo-ra la società madre del gruppo sia residente in un paese terzo, si considera contribuente principale la società residente nella UE direttamente controllata che sia appositamente de-signata (la designazione è necessaria solo se vi sono altre società figlie residenti). Anche la stabile organizzazione designata di un contribuente non residente può essere considerata contribuente principale, ma unicamente con riferimento alle stabili organizzazioni della stessa società madre ubicate in due o più Stati membri.

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del regime53. Gli audit devono essere avviati e coordinati dall’autorità tri-butaria principale, ma l’avvio di un audit può essere chiesto dalle autori-tà di qualunque Stato membro in cui un membro del gruppo sia soggetto ad imposizione. Anche i ricorsi contro gli accertamenti dell’autorità prin-cipale, che non hanno effetto sospensivo, sono presentati davanti all’or-gano amministrativo (o al giudice) competente secondo la legge dello Stato membro di residenza del contribuente principale (art. 125).

5. Il mancato coordinamento con i Principi Contabili Internazionali IAS/IFRS. Cenni - Come anticipato, l’armonizzazione non riguarda le re-gole nazionali relative alla contabilità finanziaria, né è previsto alcun ri-ferimento al bilancio, o ai criteri di valutazione. Ciò al fine di escludere qualsiasi collegamento tra la determinazione contabile e quella fiscale54.

Si tratta di una scelta evidentemente improntata ad esigenze di sem-plificazione. In verità, come si legge nel Working Paper dedicato all’a-nalisi delle regole di determinazione della base imponibile, durante i la-vori preparatori è stato fatto frequente riferimento ai Principi Contabili Internazionali IAS/IFRS. La Commissione è infatti consapevole che que-sti potrebbero rappresentare un punto di partenza comune ai fini della determinazione della base imponibile.

Ciò nonostante, considerata l’incompiuta armonizzazione delle rego-le contabili in Europa, un regime basato sul principio di derivazione dif-ficilmente avrebbe potuto tenere conto delle peculiarità delle diverse normative nazionali55.

53 L’Autorità tributaria principale procede alla verifica della dichiarazione consolidata. Gli accertamenti nei confronti dei singoli contribuenti sono invece disciplinati dalla legge dello stato nel quale sono residenti o hanno una stabile organizzazione.

54 V. Comunicazione della Commissione, Attuazione del programma comunitario di Lisbona: Progressi ottenuti finora e programma futuro per una base imponibile consolidata comune per le società (CCCTB), 5 Aprile 2006, COM(2006) 157. Dell’eventuale allineamento delle regole della CCCTB agli IAS/IFRS o ai Principi Contabili nazionali si sono occupati importanti istituti di ricerca, tra cui Max Planck Institute for Intellectual Property and Tax Law and Centre for European Economic Research, A common Consolidated Corporate Tax Base for Europe, a cura di SCHON – SCHREIBER – SPENCEL, Berlino, 2008; e LANG – PISTONE – SCHUCH - STARINGER, Common Consolidated Corporate Tax Base, cit. Per una sintesi del dibattito si veda GRANDINETTI, Aspetti comparati e prospettive europee (CCCTB), in La fiscalità delle società IAS/IFRS, a cura di ZIZZO, IPSOA, 2011, 58-72. Infi-ne, per una accurata analisi del problema alla luce dei principi fondamentali dell’im-posizione fiscale si rinvia al contributo di FREEDMAN – MACDONALD, The Tax Base for CCCTB: the Role of Principles, Oxford University Centre for Business Taxation, WP 08/07, VI, VIII e IX, reperibile su http://denning.law.ox.ac.uk/tax/documents/WP0807_001.pdf.

55 Il principio del doppio binario su cui si fonda il regime della CCCTB è adottato an-che dagli Stati Uniti. Il legislatore italiano, come quello di altri paesi europei (Francia e Germania in primis) ha invece sposato il principio di derivazione del reddito imponibile dall’utile di bilancio. Il collegamento dell’imposizione al risultato di bilancio è garanzia di tassazione di una ricchezza individuata con i criteri oggettivi delle norme civilistiche e delle scienze contabili, in attuazione del principio di capacità contributiva. Il sistema proposto

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Inoltre, sempre secondo le indicazioni della Commissione Europea, gli IAS/IFRS sarebbero incompatibili con i principi impositivi.

Per quanto riguarda il primo profilo, la dottrina ha sostenuto che, poiché la maggior parte degli Stati sta attuando un processo di conver-genza dai principi contabili nazionali verso i Principi IAS/IFRS, non re-siduerebbero (ormai) rilevanti differenza tra questi ultimi e le singole normative nazionali. Pertanto, ad avviso di costoro, sarebbe stato più corretto fare riferimento a tali principi e non a quelli che, in ogni caso, prevedono differenze nel trattamento delle singole componenti56.

Circa la (presunta) incompatibilità, con particolare riferimento al-l’uso del fair value, se è vero che i Principi IAS/IFRS perseguono obiettivi diversi dalle regole fiscali, essendo espressione di contrapposti interessi, si deve rilevare che la maggior parte degli Stati europei neutralizza in va-ri modi gli effetti derivanti dalla valutazione secondo il suddetto criterio, per attenersi a valori realizzati57.

Si è dunque ben compreso che la CCCTB non definisce gli aggiusta-menti che devono essere operati sui risultati di bilancio per giungere alla base imponibile (c.d. “bridge”). Di conseguenza, ragionando a contrariis sulla base della clausola di “default”contenuta nell’articolo 7, in tutti i ca-si che non trovano nella Direttiva una disciplina uniforme la base impo-nibile verrebbe determinata secondo le singole normative nazionali58.

Non è tuttavia chiaro se, in tali circostanze, si debba far riferimento alle regole contabili ovvero a quelle fiscali: infatti ben potrebbero verifi-carsi casi in cui le due normative regolano diversamente una medesima fattispecie59.

Di là dalle pur rilevanti questioni aperte, il risultato è un insieme di regole che, come si vedrà, se, da un lato, ha il pregio di essere lineare, dall’altro potrebbe risultare di non immediata applicazione per la neces-sità di gestire il c.d. doppio binario.

6. Il terzo livello: l’applicazione delle regole tecniche. La nozione di red-dito realizzato - Passando all’analisi della struttura tecnica della CCCTB, dalla Direttiva, ispirato al principio del doppio binario, darebbe quindi garanzia di maggio-re stabilità alle regole di determinazione della base imponibile. V. Assonime, Audizione presso la Commissione VI del Senato, 1° Giugno 2011.

56 V. GRANDINETTI, Aspetti comparati e prospettive europee (CCCTB), cit. 66 e 72, che richiama l’indagine condotta da AA.VV., The determination of corporate taxable inco-me in the EU member states, The Hague, 2007. Secondo l’autore, tale assunto è dimostrato dalla quasi totale assenza di Stati che utilizzano il c.d. doppio binario.

57 Inoltre, in molti casi l’utilizzo del fair value è solo facoltativo. 58 Cfr. Working document, CCCTB: Possible elements of a technical outline, cit., par. 9. 59 Ciò che potrebbe accadere nei casi di pagamenti effettuati da una società, quando è

dubbia la natura di dividendo o interesse. Secondo GRANDINETTI, Aspetti comparati e prospettive europee (CCCTB), cit., 72, occorrerebbe fare rinvio, in primis, alla normativa fi-scale e, ove questa nulla disponga, alla disciplina contabile.

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è agevole notare come il sistema di determinazione della base imponibile faccia riferimento al conto economico e non allo stato patrimoniale.

Il reddito imponibile è infatti determinato come somma algebrica di ricavi imponibili e costi deducibili, non come variazioni - in aumento o in diminuzione - al risultato civilistico (art. 10). A tal fine, la Direttiva de-finisce analiticamente i singoli componenti positivi e negativi fiscalmen-te rilevanti, le circostanze di esclusione, esenzione e non deducibilità. Sono inoltre definiti i criteri di inerenza dei costi e le regole di imputa-zione dei componenti di reddito al periodo di imposta.

Prima di procedere all’analisi delle regole tecniche, pare il caso di soffermarsi brevemente sul concetto di reddito assunto dalla Direttiva.

Esso è definito come il “flusso lordo dei benefici economici di una entità che comportano un aumento del capitale proprio della società, di-versi dagli apporti dei soci”. In linea di principio, tutti i redditi realizzati durante il periodo di imposta sono tassabili, se non ove espressamente previsto60.

La capacità contributiva (lett. tax capacity) dell’impresa è dunque mi-surata sulla base del reddito realizzato nel corso del periodo di imposta.

La cornice di riferimento, sia per la definizione di reddito che per l’individuazione del momento di realizzo, è costituita dallo IAS 18, in ba-se al quale i ricavi si considerano realizzati quando: sono trasferiti all’ac-quirente i rischi significativi e i benefici connessi alla proprietà dei beni; l’impresa smette di esercitare il solito livello continuativo di attività asso-ciate con la proprietà, nonché l’effettivo controllo sulla merce venduta; il valore dei ricavi può essere determinato attendibilmente; è probabile che i benefici economici derivanti dall’operazione saranno fruiti dal-l’impresa; e i costi sostenuti, o da sostenere, riguardo all’operazione pos-sono essere attendibilmente determinati61.

Secondo parte della dottrina italiana, per aversi realizzazione occorre che la formazione e la produzione dell’incremento siano certe e definitive o, quantomeno, che l’imprenditore si comporti come se la produzione

60 An overview of the main issues that emerged at the third meeting of the subgroup (SG 3-3 May 2006) on taxable income, CCCTB\WP\034\doc\en, par. 7. Il concetto di reddito realizzato è contenuto nell’articolo 9, a mente del quale “i profitti - ossia l’eccesso dei ricavi sulle componenti negative deducibili al termine di un esercizio fiscale - e le perdite - l’eccesso delle voci deducibili sui ricavi - sono riconosciuti solo al momento della loro rea-lizzazione”. Lo stesso articolo 9 sancisce anche il principio della determinazione “in modo uniforme” della base imponibile ed individua in dodici mesi la durata dell’esercizio fiscale per la misurazione dei risultati di periodo.

61 V. IAS 18, par. 14 limitatamente ai ricavi derivanti dalla vendita di beni, che, nelle considerazioni del Working Group, rappresentano la gran parte delle operazioni poste in essere dalle società. I criteri per la rilevazione dei ricavi derivanti dalle prestazioni di servi-zi sono invece elencati nel paragrafo 20 dello stesso IAS 18.

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fosse certa e definitiva62. Eventuali fluttuazioni di valore che non riman-gano definitivamente acquisite al contribuente non devono quindi essere incluse nel reddito.

Sul punto, è stata sottolineata la somiglianza tra la definizione di reddito propria dei Principi Contabili Internazionali IAS/IFRS e quella di “reddito-entrata” assunta nel modello Haig-Simons, dove il reddito è de-finito come la somma di tutte le componenti che potrebbero essere con-sumate nel corso del periodo senza ridurre lo stock di ricchezza reale posseduto63. In quest’ottica, rimane esclusa la mera disponibilità finan-ziaria, mentre il reddito diviene tassabile quando è effettivamente una ri-sorsa “consumata” dal contribuente.

Come si legge nei resoconti degli incontri tenuti dal Working Group64, la scelta di includere nella base imponibile i soli redditi realiz-zati risponde principalmente all’esigenza di misurare la reale capacità contributiva dell’impresa e, allo stesso tempo, di evitare eccessive com-plicazioni nel calcolo della base imponibile. Il principio di realizzazione consentirebbe così di “neutralizzare” le differenze esistenti nella UE – di-visa tra sistemi fiscali che determinano il reddito imponibile dal conto economico e legislazioni che adottano il principio del doppio binario – nonchè, in ultima analisi, di ridurre i costi di compliance65.

La contiguità tra sistema CCCTB e Principi Contabili Internazionali IAS/IFRS emerge altresì nelle regole temporali di rilevazione e di valuta-zione delle operazioni.

In via generale, l’imputazione dei ricavi, delle spese e di tutte le altre componenti deducibili avviene secondo il principio di competenza, quin-di nel momento in cui si verificano i fatti generatori, a prescindere dalla loro manifestazione finanziaria (entrata o uscita di cassa)66.

I ricavi si considerano “acquisiti” quando sorge il diritto di riceverli e possono essere quantificati con ragionevole accuratezza (art. 18). Perchè una spesa deducibile possa considerarsi “sostenuta” è invece necessaria, oltre all’obbligazione contrattuale di effettuare il pagamento ed alla pos-sibilità di determinarne con accuratezza l’importo, che i rischi e i benefi-

62 Cfr. FALSITTA, La tassazione delle plusvalenze e sopravvenienze nelle imposte sui redditi, CEDAM, 1978, 249.

63 GRANDINETTI, Aspetti comparati e prospettive europee (CCCTB), cit. 64, nota 74 (ove ampi riferimenti si trovano agli studi di WUELLER degli ultimi anni Trenta). Per una sintesi del modello Haig-Simons si rinvia a SIMONS, Personal Income Taxation, Chicago University Press, 1938, 206.

64 An overview of the main issues that emerged at the second meeting of the subgroup on taxable income, CCCTB\WP\028\doc\en, par. 6.

65 Osserva GRANDINETTI, Aspetti comparati e prospettive europee (CCCTB), cit. 63. V. anche An overview of the main issues that emerged at the third meeting of the subgroup (SG 3-3 May 2006) on taxable income, cit., par. 17.

66 Framework for the Preparation and Presentation of Financial Statements, par. 22.

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ci significativi inerenti alla proprietà dei beni acquisiti siano passati alla società oppure, in caso di prestazione di servizi, che questi siano Stati “ricevuti” (art. 19).

La valutazione delle singole operazioni avviene sulla base del corri-spettivo monetario ovvero, in mancanza, del valore di mercato; in caso di operazioni tra parti correlate si applica invece il criterio del valore nor-male (“arm’s lenght price”)67.

Venendo alle singole regole per la determinazione della base imponi-bile, il principio generale che si ricava dall’articolo 10 è che tutti i ricavi68 sono tassabili, ad eccezione di quelli espressamente dichiarati esenti dall’articolo 11. Tra questi ultimi rientrano, ad esempio, i dividendi rice-vuti ed i proventi dalla cessione di azioni, a prescindere dalla misura del-la partecipazione azionaria, ed il reddito di una stabile organizzazione in un paese terzo (v. supra par. 4)69. A fronte di questa esenzione, è prevista l’indeducibilità delle spese inerenti a tali redditi, determinate in misura pari al 5 per cento del reddito esente, salvo dimostrazione che l’importo effettivamente sostenuto sia inferiore (art. 11, lett. g).

Analogamente, tutti i costi sostenuti per ottenere o assicurarsi i red-diti (ossia per finalità imprenditoriali) sono deducibili, ad esclusione di quelli individuati dall’articolo 14. Tra i costi non deducibili si segnalano le distribuzioni di utili o la loro destinazione a capitale, le multe, le “bu-starelle”, i costi relativi alle attività che producono reddito esente e le imposte sul reddito della società, nonché quelle elencate all’allegato III70.

Unica condizione per la deducibilità dei costi sostenuti è dunque l’inerenza all’attività dell’impresa, ossia il collegamento funzionale con i redditi prodotti. L’articolo 12 definisce in modo abbastanza ampio il concetto di inerenza, lasciando, di fatto, un certo margine di discreziona-lità agli operatori. Inoltre, non sono individuati criteri di deducibilità parziale per quei costi che si presumono parzialmente non inerenti e che,

67 Anche i beni trasferiti o ricevuti a titolo gratuito costituiscono, rispettivamente, un costo o un ricavo e sono valutati al loro valore di mercato.

68 L’articolo 4, punto 8 fornisce una definizione di ricavi tassabili che intende essere omnicomprensiva. Sono espressamente escluse solo le entrate derivanti dalla raccolta di capitale di rischio e dal rimborso di crediti.

69 Ai sensi dell’articolo 73, il regime di esenzione non si applica in caso di partecipa-zioni in società che godono di un regime di fiscalità privilegiata (definito in modo analogo a quanto previsto nella disciplina CFC; sul punto v. infra par. 8). Per eliminare la doppia imposizione economica è stato scelto il metodo dell’esenzione progressiva. Ciò significa che i ricavi esenti da imposizione possono comunque essere presi in considerazione dai singoli Stati membri al fine di determinare l’aliquota d’imposta applicabile ad un contribuente (art. 72). Questa precisazione assume rilievo per gli ordinamenti che applicano un’aliquota progressiva per scaglioni di reddito, anziché fissa.

70 Nella versione attuale della proposta di Direttiva sono invece deducibili le accise sui prodotti energetici, l’alcol e le bevande alcoliche e i tabacchi lavorati. Si segnala che il Par-lamento Europeo ha proposto l’indeducibilità anche di queste imposte.

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nel nostro ordinamento come in quello di altri paesi europei, sono dedu-cibili solo in parte71. L’unica eccezione è costituita dalle spese di “en-tertainment” (“intrattenimento”), deducibili al 50 per cento. Questo ter-mine non è definito nella Direttiva ed è comunemente tradotto come “spese di rappresentanza”.

Poiché uno degli obiettivi fondamentali della CCCTB è il sostegno della ricerca e dello sviluppo, tutti i costi inerenti a tali attività sono de-ducibili (cfr. relazione alla proposta di Direttiva)72. Una novità di rilievo è la espressa deducibilità dei costi sostenuti per la raccolta di capitali (e-quity), al pari di quelli sostenuti per il reperimento di prestiti per il fi-nanziamento dell’attività (debt). Il sistema pone quindi su un piano di sostanziale parità il finanziamento basato su capitale proprio o di debito, in ossequio al principio di neutralità.

Per quanto riguarda, invece, i costi di ammortamento, il diritto alla deduzione spetta al proprietario economico dei relativi beni, ossia colui cui spettano i rischi ed i benefici, indipendentemente dalla titolarità giu-ridica dello stesso (art. 34)73. L’ammortamento di un anno intero è dedot-to nell’anno dell’acquisizione o della messa in funzione, se successivo, mentre non è dedotto alcun ammortamento nell’anno della cessione.

La disciplina dell’ammortamento, contenuta nel Capo VI della Diret-tiva, è basata sulla distinzione tra attività ammortizzabili individualmen-te (art. 36) e cumulativamente (art. 39)74.

In linea di principio, le attività materiali e immateriali di lunga dura-ta sono ammortizzate singolarmente, sulla base della loro vita utile sti-mata: gli immobili in 40 anni, mentre le altre attività materiali per 15 anni. Le attività immateriali, ad esclusione delle attività finanziarie, sono

71 Quali i costi relativi alle autovetture o alla telefonia mobile. Il problema della distin-zione tra costi inerenti e non inerenti è affrontato in modo diverso nei vari sistemi tributa-ri. Nel Regno Unito sono ammessi in deduzione dal reddito imponibile solo i costi “intera-mente ed esclusivamente” collegati all’attività di impresa (cfr. S. 74, 1, (a), Income Corpora-tion Taxes Act 1988). Anche in Germania è prevista, salvo eccezioni, l’indeducibilità di tutte le spese che non siano interamente inerenti, tra cui quelle a carattere “misto”. Diversamen-te, Italia, Svezia e Francia hanno adottato criteri specifici per consentire la deduzione di quella parte del costo che si presume inerente. V. AVI YONAH – SARTORI - MARIAN, In-ternational Income Taxation, cit., 61-62.

72 Il Parlamento Europeo ha proposto di rendere deducibili anche i costi correnti rela-tivi alla protezione ambientale e alla riduzione delle emissioni di carbonio. Cfr. Risoluzione del 19 aprile, cit., emendamento 23 all’articolo 12, comma 1 della Direttiva.

73 Di conseguenza, un soggetto che abbia la disponibilità materiale del bene, senza es-serne proprietario, sarà considerato il proprietario economico se su di lui grava il rischio di perdita o distruzione del bene. Regole più dettagliate valgono per i contratti di leasing, nei quali la proprietà economica e quella giuridica non coincidono. V. Art. 34, par. 2 e CCCTB: Possible elements of a technical outline, cit., par. 60.

74 Un bene si considera parte dell’attivo immobilizzato quando è utilizzato nell’attività di impresa e conferisce una utilità per un periodo superiore ai 12 mesi (considerando 12 della Direttiva).

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ammortizzate lungo il periodo per il quale l’attività beneficia di prote-zione giuridica, o per il quale il diritto di uso è concesso, oppure, se tale periodo non può essere determinato, in 15 anni75. Gli assets diversi dai precedenti dovrebbero invece confluire in un paniere ed essere ammor-tizzati cumulativamente ad un tasso annuo del 25 per cento del loro va-lore ammortizzabile (che è pari al valore ammortizzabile al termine dell’esercizio precedente, aggiustato in funzione delle attività che entrano ed escono dal paniere durante l’esercizio in corso)76. I proventi derivanti dalla cessione di panieri di attività sono esenti (art. 11, lett. b): l’approccio dell’ammortamento per insieme di beni rende infatti difficile calcolare il provento realizzato sulla cessione del singolo asset.

Il raggruppamento delle attività immobilizzate in un paniere sempli-fica le procedure sia per le autorità tributarie che per i contribuenti, in quanto si evita di dover stilare e aggiornare un elenco contenente ogni tipo di attività immobilizzata e la sua vita utile (considerando 14). Si tratta di una soluzione molto più semplice rispetto a quella prevista dal nostro ordinamento, che, proprio per questo motivo, è stata assunta co-me riferimento dal legislatore italiano nel disegno di riforma della disci-plina degli ammortamenti77.

Per quanto riguarda, infine, il regime delle perdite fiscali, queste pos-sono essere dedotte dal reddito imponibile di esercizi fiscali successivi senza limitazioni di ordine temporale o quantitativo, sia in capo alla sin-gola società (art. 43) che a livello di gruppo78. È inoltre specificato che la

75 Non sono ammortizzate le attività materiali immobilizzate non soggette a deterio-ramento fisico e obsolescenza, quali terreni, oggetti d’arte, pezzi d’antiquariato o gioielli (art. 40). Tuttavia, qualora tali attività, in circostanze eccezionali, abbiano subito una per-dita durevole di valore, e ne sia fornita adeguata dimostrazione, al contribuente è data la possibilità di dedurre un importo pari a tale riduzione. Questo tipo di deduzione, definito ammortamento eccezionale, è limitato alle attività non soggette ad ammortamento e non è consentito per le attività da cui derivino proventi esenti.

76 L’articolo 33 precisa che il valore ammortizzabile comprende tutti i costi diretta-mente connessi all’acquisizione, alla costruzione o al miglioramento di un’attività immobi-lizzata, ad esclusione dell’imposta sul valore aggiunto deducibile. Nel caso di attività im-mobilizzate realizzate internamente, si comprendono anche i costi indiretti sostenuti nella misura in cui non siano altrimenti deducibili. Il contribuente è poi tenuto a mantenere evi-denza, per ciascuna attività immobilizzata, dei relativi costi di acquisizione, costruzione o miglioramento in un apposito registro.

77 L’articolo 23, comma 47, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98 prevede che “In atte-sa della riforma fiscale (...) è rivista la disciplina del regime fiscale degli ammortamenti dei beni materiali e immateriali sulla base di criteri di sostanziale semplificazione che indivi-duino attività ammortizzabili individualmente in base alla vita utile e a quote costanti e at-tività ammortizzabili cumulativamente con aliquota unica di ammortamento”.

78 Ai sensi dell’articolo 57, par. 2 “Quando la base imponibile consolidata è negativa, la perdita è riportata e compensata a fronte della base imponibile consolidata positiva se-guente”. In realtà la formulazione della norma farebbe propendere per l’obbligatorietà del riporto delle perdite realizzate durante il consolidato. La previsione – si legge nel Working document, CCCTB: Possible elements of a technical outline, cit., par. 102 – vuole evitare

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deduzione non può produrre un importo negativo (ss. può al massimo azzerare il reddito imponibile) e che le perdite più vecchie devono essere utilizzate per prime.

Non è invece prevista la possibilità di riporto delle perdite fiscali in deduzione dei redditi di esercizi precedenti (c.d. “losses carry- back”). Sebbene si tratti di una prassi abbastanza diffusa negli Stati membri, il legislatore comunitario ha preferito evitarla perché avrebbe comportato un’eccessiva complessità dal punto di vista amministrativo79.

Le perdite sostenute da una società prima di optare per il regime pre-visto dalla Direttiva, e non ancora utilizzate, “possono essere dedotte dal-la base imponibile nella misura prevista dalla legislazione nazionale ap-plicabile” (art. 48). In questo caso, la normativa dello Stato membro il cui diritto nazionale trovava precedentemente applicazione continua ad applicarsi limitatamente alla quota della base imponibile assegnata a quella società nell’ambito della CCCTB80. che in capo a determinate società del gruppo si formino perdite inutilizzate a fronte di pro-fitti tassabili in capo ad altre. Ciò che si verificherebbe nel caso in cui la perdita del gruppo venisse immediatamente ripartita tra le società, così come avviene per i risultati positivi. Non a caso, infatti, la seconda parte della disposizione in commento specifica che solo “Quando la base imponibile consolidata è positiva, - essa - è ripartita conformemente agli articoli da 86 a 102.” In caso di scioglimento del gruppo, invece, anche le eventuali perdite non compensate del gruppo, unitamente alla base imponibile consolidata, sono allocate a ciascun membro sulla base della formula di ripartizione (art. 65).

79 Considerando 15 della Direttiva. In Italia manca una simile previsione. L’articolo 84 del TUIR, recentemente modificato dall’articolo 23, comma 9 del Decreto Legge 6 Luglio 2011, n. 98, consente il riporto delle perdite fiscali unicamente agli esercizi successivi - senza vincoli temporali - ma nei limiti dell’80 per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi (nessuna limitazione si applica per le perdite realizzate nei primi tre esercizi di attività). In Francia e in Olanda, invece, le società hanno la possibilità, a certe condizioni, di riportare le perdite di un periodo di imposta fino al terzo precedente. In Germania è previsto un limite temporale (l’esercizio precedente) e quantitativo (fino a 511,500 euro), mentre nel Regno Uni-to il riporto è limitato all’esercizio precedente ed è consentito unicamente se le perdite non possono essere integralmente compensate con i redditi dell’esercizio fiscale in corso. È previ-sto un periodo più lungo per il riporto delle perdite realizzate in fase di inizio o di cessazione dell’attività (cfr. s. 37 (s)(b)(6)(8) e s. 38, Corporation Tax Act 2010, consultabile su http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2010/4/contents; maggiori dettagli possono essere reperiti su http://www.hmrc.gov.uk/ct/forms-rates/claims/losses.htm#3). Il meccanismo del losses carry-back è presente anche nei sistemi tributari d’oltreoceano: negli Stati Uniti, ad esempio, le perdite fiscali di un certo esercizio possono essere riportate sino al secondo esercizio prece-dente. Tuttavia, tale periodo può essere esteso sino a tre o quattro anni, a seconda dei casi, unicamente per le perdite relative al 2008 realizzate dalle società di piccole dimensioni. Si tratta di una norma evidentemente volta a sostenere quelle attività che più hanno risentito della grave crisi economica seguita al crollo della banca di affari Lehman Brothers. V. AVI YONAH – SARTORI - MARIAN, International Income Taxation, cit., 84-85.

80 La norma non brilla per chiarezza. Infatti il Parlamento europeo, nella Risoluzione del 19 Aprile scorso, ha proposto di riformularla come segue: “Qualora un contribuente, prima di optare per il regime previsto dalla presente direttiva, abbia sostenuto perdite che potevano essere riportate a norma della legislazione nazionale applicabile, ma non erano ancora state compensate a fronte dei profitti tassabili, tali perdite possono essere dedotte

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A norma dell’articolo 64, le perdite sostenute prima dell’ingresso nel gruppo e non ancora utilizzate, non possono essere compensate a fronte della base imponibile consolidata. Esse possono tuttavia essere utilizzate dalla medesima società che le ha registrate per ridurre la quota di base imponibile ad essa assegnata secondo la formula di ripartizione (v. par.7). A contrariis, alla società che esce dal gruppo non è attribuita al-cuna perdita (art. 69). Regole particolari valgono poi per la ripartizione delle perdite a seguito dello scioglimento del gruppo (art. 66) e in caso di riorganizzazione tra imprese di due o più gruppi.

6.1. Il consolidamento della base imponibile per i gruppi di società e po-tenziali benefici - Per i gruppi di società, la tassazione avviene su base consolidata e, salvo eccezioni, secondo le regole previste per il calcolo della base imponibile delle singole società (descritte sopra). Le disposi-zioni che definiscono il perimetro di consolidamento sono contenute ne-gli articoli 54 e 55, mentre il Capo XIV disciplina le modalità di riparti-zione dei risultati tra i membri del gruppo.

Circa il primo aspetto, si segnala che la facoltà di optare per la tassa-zione di gruppo è concessa alle sole società di cui la capogruppo control-li, anche indirettamente, più del 75 per cento del capitale e più del 50 per cento dei diritti di voto81. Questi due criteri sono cumulativi in quanto assicurano un alto livello di integrazione economica tra i membri del gruppo. Devono pertanto sussistere entrambi per almeno nove mesi con-secutivi. In caso contrario, il contribuente è trattato come se non fosse mai diventato membro del gruppo (art. 58). Variazioni di scarsa entità nella percentuale di partecipazione non dovrebbero tuttavia portare all’esclusione della società interessata82.

Una volta che una società abbia esercitato l’opzione, tutte le sue so-cietà controllate o stabili organizzazioni localizzate nella UE che presen- dalla quota della base imponibile soggetta a imposizione nello Stato membro il cui diritto nazionale trovava precedentemente applicazione, entro i limiti previsti da tale diritto na-zionale”.

81 Analogamente a quanto previsto dalla normativa nazionale (articoli 120 e 133 TUIR concernenti, rispettivamente, il consolidato nazionale e mondiale), la percentuale di parte-cipazione è calcolata tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria. Ai fini del calcolo delle soglie rilevanti, le partecipazioni dirette, una volta rag-giunto il 75 per cento dei diritti di voto, dovranno essere considerate alla stregua di parte-cipazioni totalitarie (art. 54, par. 2). Le partecipazioni dirette inferiori al 50 per cento non rilevano. Si vuole in tal modo evitare che, grazie al computo delle partecipazioni interme-die minoritarie – che di per se non consentono di esercitare un potere di controllo nei con-fronti della partecipata – la società capogruppo finisca per risultare in possesso della quota rilevante ai fini del consolidato.

82 Ciò al fine di assicurare la stabilità del gruppo ed evitare che, tramite il trasferimen-to di partecipazioni minoritarie, se non insignificanti, le società possano manipolare il pe-rimetro del gruppo. Cfr. Working document, CCCTB: Possible elements of a technical out-line, cit., par. 95.

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tino i requisiti di eleggibilità sono incluse nell’area di consolidamento e le basi imponibili di ciascuna di esse sono consolidate per intero (al 100 per cento), a prescindere dalla misura del rapporto partecipativo83.

Rientrano nel perimetro del gruppo, insieme alla società madre che sia residente nella UE, le società figlie qualificate (nel senso visto sopra) e le stabili organizzazioni con sede sul territorio comunitario, a prescin-dere dal fatto che la società madre sia a sua volta controllata da una so-cietà residente in un paese terzo (art. 55). Possono formare un gruppo anche più società o stabili organizzazioni con sede nella UE che siano sotto il controllo comune di una società madre extracomunitaria. Anche più stabili organizzazioni situate in Stati membri diversi possono costi-tuire un gruppo per se.

Inoltre, la presenza all’interno della catena di controllo di una società extracomunitaria (c.d. “sandwich situations”) non determina l’inter-ruzione della catena partecipativa: una diversa soluzione lascerebbe am-pia discrezionalità alle società che potrebbero così scegliere a quale parte del gruppo applicare la CCCTB sulla base di considerazioni di mera con-venienza fiscale (c.d. “cherry-picking” che la Direttiva vuol appunto evi-tare; cfr. supra nota 56).

È facile notare come il perimetro del gruppo sia definito in funzione del collegamento di ogni singola entità con il territorio comunitario: si tratta di una scelta che, in linea con quanto disposto dagli articoli 2 e 6 discussi sopra, tende a circoscrivere l’ambito di applicazione del nuovo regime alle attività esercitate sul territorio dell’Unione Europea84.

Dal consolidamento derivano i due principali benefici della CCCTB: l’integrale e piena compensazione delle perdite transfrontaliere e la (formale) irrilevanza delle transazioni infra-gruppo ai fini del calcolo del reddito imponibile (v. considerando 6).

L’articolo 59 dispone, infatti, che le transazioni all’interno del gruppo sono sterilizzate (letteralmente “ignorate”) ai fini del calcolo del reddito imponibile ed escluse dalle discipline locali sul transfer pricing85. Ciò non implica, tuttavia, il venir meno degli obblighi di documentazione: le operazioni infragruppo devono in ogni caso essere registrate secondo un

83 Principio “all in-all out”. Cfr. Working document, CCCTB: Possible elements of a technical outline, cit., parr. 85-86.

84 Possono infatti optare per la CCCTB, oltre alle società residenti, anche quelle non residenti, ma con riferimento alle stabili organizzazioni localizzate nella UE (e limitata-mente ai redditi derivanti da attività ivi svolte). V. supra par. 4.

85 In alternativa, ciascuna società potrebbe computare tali componenti e poi stornarli all’atto del consolidamento delle singole basi imponibili. Cfr. Working document, CCCTB: Possible elements of a technical outline, cit., IV, par. 5. Ai sensi dell’articolo 59, par. 2, per-ché si abbia un’operazione infragruppo “entrambe le parti dell’operazione devono essere membri del gruppo nel momento in cui viene realizzata l’operazione e devono essere rico-nosciuti i ricavi e le spese ad essa connessi”.

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metodo “uniforme e adeguatamente documentato” e valutate al costo o al valore ai fini fiscali, se inferiore.

La ratio della norma è che il gruppo è considerato una entità unitaria (“tax unit”) ai fini del calcolo della base imponibile: ciò significa che (so-lo) il gruppo – nel suo complesso – ricava profitti e perdite unicamente nelle transazioni che avvengono con parti terze. I singoli membri man-tengono invece la propria soggettività passiva ai fini tributari nei limiti della quota di imposta dovuta da ciascuno (argomento ex art. 103).

Per questo motivo, da un lato, le operazioni tra i membri del gruppo sono esenti da ritenute o altri tipi di tassazione alla fonte86, dall’altro, le perdite subite dai contribuenti sono automaticamente compensate a fronte dei profitti generati da altri membri dello stesso gruppo (art. 57). Viene così eliminata la doppia imposizione all’interno dello stesso grup-po: in assenza di compensazione, infatti, i profitti e le perdite delle socie-tà di un gruppo o delle diverse sedi di una società rimarrebbero immobi-lizzati in giurisdizioni diverse e, di conseguenza, il gruppo o la società pagherebbero le imposte su un importo superiore al totale dei loro risul-tati a livello comunitario87.

Analogamente, le operazioni di riorganizzazione tra imprese o il tra-sferimento della sede legale di un contribuente membro del gruppo non danno origine a profitti o perdite ai fini della determinazione della base imponibile consolidata88.

L’esclusione delle operazioni infragruppo dalla base imponibile con-solidata consentirà alle imprese di determinare i prezzi di trasferimento senza il rischio di incorrere in un accertamento tributario e con un note-vole risparmio di costi.

La disciplina del “transfer pricing” continua tuttavia ad applicarsi al-le transazioni con imprese associate, le quali, per effetto dell’articolo 79,

86 Le ritenute e le altre forme di tassazione alla fonte continuerebbero ad applicarsi nelle operazioni con parti terze (ss. società che non hanno optato per la CCCTB o soggetti diversi dalle società) secondo la normativa nazionale e convenzionale, ove applicabile.

87 Ciò che costituisce un forte disincentivo all’attività economica transfrontaliera e po-trebbe compromettere la competitività delle società e dei gruppi dell’UE. V. Comunicazione della Commissione, Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri nel mercato interno, cit., 7. Il problema della compensazione delle perdite maturate in giu-risdizioni diverse è stato affrontato dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea per la prima volta nell’importante caso Marks&Spencer (Caso C-446/03) e, successivamente, in Lidl Belgium GmbH & Co KG/Finanzamt Heilbronn (Caso C-414/06), Deutsche Shell (Caso C-293/06), Société Papillon (Caso C-418/07) e X Holding BV (Caso C-337/08). Tutti i mate-riali sono reperibili su http://curia.europa.eu/jcms/jcms/j_6/.

88 Articolo 70. Questa soluzione è coerente con il principio di neutralità discusso in precedenza al par. 4. Le eventuali perdite non compensate del gruppo che, a seguito di una riorganizzazione tra imprese, sia diventato parte di un altro gruppo, sono allocate a ciascu-no dei membri del gruppo preesistente sulla base dei fattori applicabili all’esercizio fiscale nel quale ha luogo la riorganizzazione (art. 71). Tali perdite sono inoltre riportabili agli e-sercizi successivi.

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sono valutate secondo il principio del valore normale (“arm’s lenght price”). Si tratta infatti di società che non rientrano nel perimetro del gruppo, in quanto le soglie di partecipazione individuate dall’articolo 54 non sono rispettate. Allo stesso tempo, però, il vincolo partecipativo con le società CCCTB – individuato nella partecipazione al controllo o al ca-pitale in misura superiore al 20 per cento – è abbastanza intenso da ren-dere concreto il rischio di fenomeni di “profit shifting” attuati mediante manipolazione dei prezzi di trasferimento.

Ai fini della disposizione in commento, due imprese sono considerate associate quando l’una controlla o è controllata dall’altra o, ancora, quando entrambe si trovano sotto il comune controllo di una terza im-presa. Sono imprese associate anche quelle che, pur non appartenendo allo stesso gruppo, si trovano sotto il controllo – diretto o indiretto – del-le stesse persone89. Come anticipato, perchè si abbia controllo è necessa-ria la partecipazione ai diritti di voto o al capitale in misura superiore al 20 per cento, ovvero l’esercizio di una “influenza significativa” nella ge-stione dell’impresa consociata (art. 78, par. 2)90. Si segnala, infine, che ta-li condizioni sono alternative tra loro, nel senso che la presenza di una sola di esse è sufficiente ad integrare il requisito del controllo.

7. Aspetti critici: la formula di ripartizione della base imponibile conso-lidata - La base imponibile consolidata viene infine ripartita tra gli Stati membri interessati (rectius tra i membri del gruppo stabiliti nei diversi Stati membri) secondo una “chiave di allocazione” (o “sharing mecha-nism”, letteralmente “meccanismo di ripartizione”) che tiene conto del-l’attività economica svolta in ciascun territorio. Il meccanismo di riparti-zione consiste in una formula matematica predeterminata che combina diversi fattori, i quali, a loro volta, esprimono (rectius dovrebbero espri-mere), in termini matematici, il contributo di ciascuna giurisdizione al reddito totale di un dato gruppo. Il risultato dovrebbe riflettere, in modo quanto più possibile oggettivo, la reale attività economica esercitata in un dato stato. Di conseguenza, allo Stato membro nel quale si registra la presenza più significativa dei fattori produttivi (“income-creating fac-

89 Una persona fisica, il suo coniuge e i suoi ascendenti o discendenti lineari sono trat-tati come una singola persona.

90 Il concetto di controllo definito dalla Direttiva è dunque molto ampio e vuole ricom-prendere tutte quelle situazioni in cui le relazioni tra imprese siano regolate secondo con-dizioni diverse da quelle che si applicherebbero tra imprese indipendenti. Nel caso di par-tecipazioni indirette, ai fini del computo della soglia di rilevanza si tiene conto della demol-tiplicazione prodotta dalla catena partecipativa e le partecipazioni dirette rilevanti (supe-riori al 20 per cento) si considerano totalitarie. Anche una persona fisica, il suo coniuge e i suoi ascendenti o discendenti lineari sono possono costituire una parte correlata.

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Rassegna Tributaria 6/2012 - 1539

tors”) viene attribuita la porzione proporzionalmente più rilevante di ba-se imponibile91.

In linea di principio, la formula di ripartizione è concepita per essere di semplice applicazione, difficilmente manipolabile, equa ed efficiente nella distribuzione della base imponibile. All’atto pratico però il suo bi-lanciamento si sta dimostrando impresa affatto semplice.

Poiché dalla combinazione dei singoli fattori dipende, di fatto, la mi-sura del prelievo fiscale, la Commissione - ben consapevole delle impor-tanti implicazioni che essa comporta per i bilanci dei singoli Stati - ha at-tribuito ai tre fattori eguale ponderazione92.

Il fattore lavoro deve essere computato sulla base del monte retribu-zioni e del numero dei dipendenti (ciascun elemento conta per metà). Il fattore attività comprende tutte le attività materiali immobilizzate: l’uso di questi fattori riconosce un’importanza appropriata agli interessi dello Stato membro di origine. Viene infine tenuto conto del fatturato per ga-rantire un’equa partecipazione dello Stato membro di destinazione.

Le attività immateriali (“intangibles”) e finanziarie sono state invece escluse dalla formula a causa della loro volatilità e dei potenziali rischi di abuso (considerando 26). In primo luogo, il valore di questi assets non è sempre facilmente determinabile. In secondo luogo, anche qualora si giungesse ad una valutazione, rimarrebbero delle incertezze sulla loro localizzazione e, in particolare, sulla localizzazione di quei beni creati e/o utilizzati dal gruppo e non soltanto da una sua singola entità (si pen-si, ad esempio, al marchio).

Come eccezione al principio generale, una clausola di salvaguardia prevede un metodo alternativo qualora il risultato della ripartizione non esprima correttamente l’attività economica esercitata sul territorio.

Formule speciali valgono invece per le imprese operanti in settori specificamente individuati, in considerazione della peculiarità dell’atti-vità esercitata: si tratta di enti finanziari, imprese di assicurazione, im-prese operanti nel settore energetico (petrolio e gas) e del trasporto ma-rittimo.

Per il potenziale impatto sull’economia pubblica dei singoli Stati, questa formula può essere considerata la “chiave di volta” della CCCTB. Essa è stata aspramente criticata da diversi Stati membri, in base alla considerazione che l’esclusione delle attività immateriali e finanziarie penalizzerebbe gli Stati che ospitano quelle particolari attività per le qua-

91 La formula dovrebbe quindi garantire che i profitti siano tassati dove sono realizzati (considerando 21). Cfr. par. 4.

92 In particolare, è stato notato che il bilanciamento tra i diversi fattori discende da va-lutazioni di tipo politico più che di tecnica impositiva. V. Working Paper, CCCTB: Possible elements of the sharing mechanism, 13 Novembre 2007, CCCTB/WP060\doc\en, par. 8, reperibile su http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/taxation/com-pany_tax/common_tax_base/ccctbwp060_en.pdf.

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li questi assets costituiscono una importante fonte di profitto (es. imprese ad alto contenuto tecnologico o di servizi). Con la conseguenza che, per mantenere il medesimo gettito fiscale, questi Stati sarebbero costretti ad elevare le proprie aliquote – oppure la tassazione degli fattori produttivi – con una grave perdita in termini di competitività del sistema fiscale93.

Si tratta di argomentazioni assolutamente condivisibili, che non hanno però incontrato il favore del Parlamento Europeo il quale, nella Risoluzione del 19 Aprile 2012, ha proposto di diminuire il peso del fat-turato (al 10 per cento) aumentando corrispondentemente la pondera-zione dei fattori lavoro e attività (fissata per ognuno al 45 per cento)94.

8. Le misure anti-abuso. Cenni - La proposta di Direttiva segna una tap-pa fondamentale della breve storia della legislazione comunitaria in ma-teria di imposte dirette anche per essere il primo atto normativo a codifi-care una definizione generale e sovranazionale di abuso95.

Tale norma è poi affiancata da due previsioni ad hoc, che riguardano la (in)deducibilità degli interessi corrisposti a imprese consociate resi-denti a fini fiscali in paesi a fiscalità privilegiata e la tassazione per tra-sparenza dei redditi di fonte estera conseguiti dalle società estere con-trollate (artt. 81 e 82).

Vi sono infine, sparse nel corpo normativo, alcune disposizioni diret-te a contrastare potenziali pratiche abusive. L’articolo 73, ad esempio, prevede la disapplicazione dell’esenzione – garantita dall’articolo 11 – in favore del meccanismo del credito di imposta per i redditi da investimen-ti in paesi a bassa pressione fiscale (“switch-over rule”). Altre norme, in-vece, mirano ad impedire la manipolazione della formula di ripartizione tramite operazioni volte a delocalizzare i fattori produttivi nei paesi con aliquote più basse96.

8.1. La clausola antielusiva generale - L’articolo 80 contiene una disposizio-ne antielusiva di carattere generale, volta a disconoscere (rectius ignorare),

93 In questo senso la formula di ripartizione potrebbe causare inefficienze nella distri-buzione delle risorse economiche.

94 V. Ris. citata, emendamento 31 all’articolo 86, par. 1 della Direttiva. 95 Sia la Direttiva “Madre-Figlia” che la Direttiva “Interessi e canoni” non definiscono il

concetto di abuso ma lasciano agli Stati membri una certa discrezionalità nell’applicazione delle rispettive normative.

96 V. artt. 70, par. 2 e 94, par. 5. Il trasferimento dei fattori produttivi influenza il peso dei singoli fattori della formula e, di riflesso, la porzione di base imponibile assegnata a ciascuno Stato membro. Il meccanismo della ripartizione della base imponibile aprirebbe così lo spazio a nuove forme di “profit shifting” (letteralmente “spostamento di materia im-ponibile”), che sono oggi attuate tramite operazioni infra-gruppo e la localizzazione di componenti passive in paesi ad elevata tassazione. V. BETTENDORF - DEVEREUX - LO-RETZ - VAN DER HORST, Corporate Tax Reform in the EU: Weighting the Pros and Cons, Vox, 20 Marzo 2011.

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ai fini della determinazione della base imponibile, gli effetti delle “operazio-ni artificiali svolte con l’esclusiva finalità di eludere l’imposizione”97.

Il paragrafo 2 dispone poi, in modo quasi pleonastico, che la regola generale non si applica alle “attività commerciali autentiche, nelle quali il contribuente è in grado di scegliere due o più possibili operazioni che hanno lo stesso risultato ma producono base imponibili diverse”.

Ad una prima analisi, la norma sembrerebbe una soluzione di com-promesso tra le normative di diversi Stati membri, dal momento che al-cune di esse non prevedono una definizione di abuso del diritto98. Nelle

97 Nella Risoluzione del Parlamento Europeo del 19 Aprile 2012 la norma recita: “Le operazioni artificiali svolte principalmente con la finalità di eludere l’imposizione sono i-gnorate ai fini del calcolo della base imponibile.”

98 La cui prima elaborazione si deve all’Amministrazione finanziaria francese. In un’ottica comparatistica, si rileva che la dottrina dell’abuso del diritto è stata adottata da vari ordinamenti di civil law, tra cui quello tedesco, mentre nell’esperienza dei paesi di common law è frequente il ricorso alla dottrina c.d. “substance over form” (si veda la nota seguente). Nell’ordinamento italiano, il principio dell’abuso del diritto è frutto del-l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale e presenta contorni (ancora) non ben definiti. Non si ha la pretesa di spiegare in questa sede l’evoluzione interpretativa del principio dell’abuso di diritto, la cui sovrapposizione con il concetto di elusione è tutt’ora oggetto di discussione. Basti quindi ricordare che, nel nostro ordinamento, l’elusione fiscale consiste in “atti, fatti o negozi, anche collegati fra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario, e ad ottenere rimborsi o ri-duzioni di imposte, altrimenti indebiti” (articolo 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600). Si tratta, in buona sostanza, di un comportamento contrario allo spirito della norma, posto in essere mediante un aggiramento di obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tri-butario. Così ZIZZO, L’elusione tra ordinamento nazionale ed ordinamento comunitario: definizioni a confronto e prospettive di coordinamento, in Elusione ed abuso del diritto tri-butario, Quaderni della rivista di Diritto tributario, a cura di MAISTO, Giuffrè, 2009, 69. L’abuso del diritto, come definito dalla Cassazione, costituirebbe, invece, un principio ge-nerale ed immanente nel sistema tributario italiano, operante in tutti comparti impositivi in quanto diretta promanazione del principio di capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della Costituzione. Esso si concretizza nell’“utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fi-scale, in difetto di ragioni economiche apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale” (Cass., Sez. Un., sentenze del 23 dicembre 2008, n. 30055, n. 30056 e n. 30057; e sentenza 21 gennaio 2009, n. 1465, tutte in banca dati “fisconline”). Taluni ritengono che vi sia convergenza tra i due concetti: cfr. BEGHIN, Evo-luzione e stato della giurisprudenza tributaria: dalla nullità negoziale all’abuso del diritto nel sistema impositivo nazionale, in Elusione ed abuso del diritto tributario, Quaderni della rivista di Diritto tributario, a cura di MAISTO, Giuffrè, 2009, 39; altri, al contrario, sottoli-neano le differenze tra abuso ed elusione: TABET, Abuso del diritto ed elusione fiscale, in “Bollettino Tributario”, 2009, 85. Secondo la Corte di Giustizia della Comunità Europea, infine, per aversi una pratica abusiva occorre che “il risultato perseguito dal contribuente sia un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria ad uno o più obiettivi della se-sta direttiva”, e che il conseguimento di detto vantaggio “abbia costituito lo scopo essenzia-le della soluzione contrattuale prescelta” (CGE, sentenza 21 febbraio 2008, C-425/06, Part Service, punto 58, in banca dati “fisconline”, commentata – tra gli altri – da G. ZIZZO, Abu-so del diritto, scopo di risparmio di imposta e collegamento negoziale, in “Rassegna tribu-taria” n. 3/2008, pagg. 869 e seguenti; nonché, in materia di Imposta sul valore aggiunto, la sentenza 21 Febbraio 2006, C-255/02, Halifax, in banca dati “fisconline”). Per un utile con-

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intenzioni del legislatore comunitario, la clausola generale anti-abuso at-tribuisce alle autorità fiscali degli Stati membri un ampio e penetrante potere di riqualificare le operazioni totalmente artificiali che non sono altrove regolate99.

In linea di principio, dunque, la disciplina in commento riguarda le so-le operazioni che conseguono effetti impositivi contrari alla finalità e alla funzione – o meglio, alla ratio – della norma (“wholly artificial transac-tions”). Viene in tal modo riaffermata la libertà del contribuente di sceglie-re l’operazione fiscalmente più vantaggiosa, ossia di strutturare una de-terminata operazione economica nella maniera più vantaggiosa purché entro il limite, in verità non chiarissimo, della non “artificiosità”100.

La scelta di introdurre una disposizione anti-abuso generale è stata fortemente criticata, poiché, di fatto, limiterebbe notevolmente sia l’importante azione regolatoria svolta sinora dalla Corte di Giustizia, sia l’interpretazione dei giudici nazionali101. Infatti, la finalità elusiva “esclu-siva” restringerebbe eccessivamente gli spazi di operatività della norma, poiché non consentirebbe di colpire quelle fattispecie dove lo scopo elu-sivo è solo prevalente102.

Ulteriori problemi potrebbero sorgere proprio in sede applicativa, dal momento che, per effetto dell’articolo 7, la disciplina antielusiva conte-nuta nella Direttiva è destinata a sostituire quelle nazionali e non vi è, tra i paesi europei, uniformità nella interpretazione dei concetti assunti dal legislatore comunitario.

8.2. Le norme specifiche - Gli interessi passivi sono di regola interamen-te deducibili. È prevista una limitazione per gli interessi pagati alle socie-tà consociate residenti in paesi extracomunitari che non attuano lo fronto ed un tentativo di coordinamento tra le varie definizioni di abuso del diritto, si rin-via a ZIZZO, L’elusione tra ordinamento nazionale ed ordinamento comunitario: definizio-ni a confronto e prospettive di coordinamento, cit., 53.

99 Cfr. Working Paper, CCCTB: Anti-abuse rules, CCCTB/WP065\doc\en, parr. 6-9, reperibile su http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/taxation/company_tax/common_tax_base/ccctbwp057_en.pdf. Nei paesi di common law l’Amministrazione finanziaria ha il potere di disconoscere o riqualificare le operazioni secondo la loro sostanza economica, a prescindere dalla forma giuridica adottata (“substance over form doctrine”). Accanto a questo principio generale di carattere giurisprudenziale, alcuni ordinamenti hanno poi af-fiancato specifiche norme antielusive (come nel caso del Regno Unito).

100 V. Working Paper, CCCTB: Anti-abuse rules, cit., par. 3. 101 V. TERRA – WATTEL, European tax law, cit., 809-810. 102 V. Audizione del dott. Betunio del 25 maggio 2011 presso la Commissione VI del

Senato sulla Proposta di Direttiva CCCTB. La Corte di Giustizia, invece, ha ritenuto suffi-ciente, ai fini della sussistenza dell’abuso del diritto, la prevalenza della finalità elusiva. V. CGE, HMRC v.Weald Leasing Ltd., (Case C-103/09). Queste critiche sono state recepite dal Parlamento Europeo che ha proposto di modificare la norma, sostituendo l’aggettivo “e-sclusiva” con “prevalente”, al fine di lasciare agli Stati membri la facoltà di introdurre e co-ordinare tra loro misure aggiuntive.

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scambio di informazioni e che godano di un regime di tassazione di fa-vore103. Anche in queste circostanze, gli interessi passivi sono comunque deducibili a talune condizioni104.

La semplicità e linearità di questo sistema, contrassegnato dalla inte-grale deducibilità (salvo l’ipotesi di pagamento a società consociate a bassa fiscalità), si pone in netto contrasto con la normativa italiana che prevede una pluralità di limitazioni, spesso tra loro concorrenti e, talora, eccessivamente penalizzanti105.

È poi previsto un regime di tassazione per trasparenza delle società controllate residenti in un paese extracomunitario (“Controlled Foreign Companies”), che godano di un regime di tassazione privilegiata e che percepiscano redditi di tipo “passivo” oltre una determinata soglia (art. 82). Sono escluse dal regime le società residenti in Stati UE, in Stati SE-E, purché attuino lo scambio di informazioni, e in paesi terzi, se quotate.

Sono considerate controllate le società nelle quali il contribuente, di per sé o insieme alle sue imprese consociate, detiene una partecipazione diretta o indiretta, in termini di capitale o diritti di voto o di diritto agli utili, di oltre il 50 per cento.

La disciplina delineata dalla Direttiva si applica in funzione del livel-lo di tassazione della società partecipata, a prescindere dal paese di loca-lizzazione, e del tipo di reddito dalla stessa posseduto.

In particolare, la società CFC gode di un regime di tassazione di favo-re quando è soggetta ad imposta sui redditi ad un’aliquota inferiore al 40 per cento106 della aliquota media comunitaria (definita annualmente) o comunque gode di un regime privilegiato che preveda “un livello di tas-sazione sostanzialmente inferiore a quello generale”. Perché trovi appli-cazione la norma, la società CFC deve inoltre percepire redditi di tipo “passivo”, per un ammontare superiore al 30 per cento del reddito com-plessivo107.

103 Definito in modo analogo alla disciplina CFC, commentata poco oltre. 104 Quando, alternativamente: rispetto alla consociata estera trovi applicazione la

normativa CFC ed il suo reddito sia tassato per trasparenza in capo alla società che effettua i pagamenti; oppure, la principale categoria di azioni della società estera è negoziata rego-larmente in una o più borse riconosciute; o, ancora, la società sia impegnata, nel suo paese di residenza, “nell’esercizio attivo di un’attività economica” (art. 81, par. 3).

105 Nel sistema delineato dalla Direttiva, il contribuente, nel rispetto delle limitazioni indicate, è libero di dotarsi della struttura finanziaria più appropriata. Anche in questo sen-so deve essere letta la deducibilità del costo di raccolta del capitale proprio. Lo osservano GIACONIA – PREGAGLIA, Proposta di Direttiva CCCTB: prime reazioni di fonte italiana con le audizioni al Senato, in “Fiscalità e Commercio Internazionale”, n. 9/2011, pag. 10.

106 Tale percentuale è stata elevata al 70 per cento nella Risoluzione del Parlamento Europeo citata in nota 11.

107 Elencati nell’articolo 82, par. 3: interessi e redditi da altre attività finanziarie, di-videndi e plusvalenze, redditi da attività assicurativa o bancaria, canoni o altri redditi da proprietà intellettuale, redditi da beni immobili e da beni mobili. Inoltre, tali redditi devo-

D. CANÈ – PROPOSTA DI DIRETTIVA PER UNA CCCTB

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Va detto, infine, che non è previsto alcun credito di imposta per le tasse effettivamente pagate dalla controllata nel proprio Stato di residen-za: la partecipazione a società residenti in paesi a bassa pressione fiscale è quindi fortemente disincentivata dal legislatore comunitario.

9. Conclusioni - Nel suo complesso, il regime disegnato dalla Direttiva appare coerente con gli obiettivi di politica fiscale perseguiti, nonché con i principi di semplicità e neutralità.

Dal punto di vista della certezza e della uniforme applicazione, inve-ce, possono svolgersi due considerazioni critiche.

Sotto il primo profilo, le singole norme della Direttiva lasciano talvol-ta troppo spazio all’interprete. Si pensi, per riprendere un esempio già ci-tato, al concetto di reddito ed a quello di inerenza, o, ancora, al significa-to da attribuirsi all’espressione “operazioni artificiali” impiegata nella clausola generale antielusiva discussa sopra108.

In questi casi si avverte l’assoluto bisogno di precisazioni, necessarie per evitare che si verifichino disparità nel recepimento delle norme e nel-la loro applicazione a livello dei singoli Stati membri. In particolare, mancano alcune definizioni e vengono impiegati concetti giuridici non sufficientemente precisi. Tutto ciò rischia di compromettere l’uniformità applicazione della Direttiva109.

In secondo luogo, la scelta del doppio binario ed il rinvio residuale al-le normative nazionali, con il conseguente mancato coordinamento con i Principi Contabili Internazionali IAS/IFRS, non sembrerebbe in linea con gli obiettivi di semplificazione ed armonizzazione, nonché di certez-za, che sono nello spirito della Direttiva. I principi generali (e le regole tecniche che da essi promanano) dovrebbero essere in grado di assicura-re alla CCCTB una autosufficienza che ad oggi manca.

Non può, peraltro, non notarsi che numerosi sono i punti di contatto con il sistema delineato dagli IAS/IFRS: basti pensare al principio di competenza per la rilevazione temporale dei fatti di gestione, o alle defi-nizioni di ricavi imponibili e di costi deducibili. In quest’ottica, si po-trebbe sostenere che i Principi IAS/IFRS siano stati utilizzati come stru-menti di definizione della CCCTB.

Ad ogni buon conto, la Commissione non sembra voler riconsiderare questo aspetto. no derivare per oltre il 50 per cento da operazioni con il contribuente o società consociate (come definite nella Direttiva).

108 Nemmeno la norma sulle Controlled Foreign Companies risulta di facile com-prensione là dove fa riferimento ad un “livello di tassazione sostanzialmente inferiore” a quello generale in vigore nel paese considerato.

109 Cfr. anche il Parere del Comitato economico e sociale europeo COM(2011) 121 definitivo — 2011/0058 (CNS), consultabile su h t tp : / / eur -lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2012:024:0063:0069:IT:PDF.

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Dal punto di vista dell’efficienza, poi, la ponderazione dei fattori di allocazione deve essere valutata attentamente, considerati i potenziali impatti in termini di allocazione delle risorse economiche.

Inoltre, recenti analisi dimostrano che la CCCTB, nella sua versione attuale, porterebbe benefici contenuti in termini di occupazione e Pro-dotto Interno Lordo complessivi ma che questi sarebbero assolutamente maggiori se si fissasse una aliquota di imposta minima110.

La Commissione sembra comunque disposta a valutare l’opportunità di un’armonizzazione in tal senso in sede di riesame della Direttiva111.

Un secondo ordine di considerazioni riguarda, infine, l’impasse poli-tica nella quale versa la proposta di Direttiva.

Sembra infatti ormai chiaro che la paralisi provocata dal diritto di veto non è il frutto di una congenita imperfezione dell’Unione Europea, ma il chiaro segno di una mancanza di unità.

In generale, si riscontrano crescenti timori che il sistema proposto possa comportare una limitazione della sovranità degli Stati membri, una restrizione dei margini di manovra fiscale, una diminuzione del get-tito d’imposta o altre conseguenze non preventivate. È peraltro compren-sibile che, in un momento in cui le finanze pubbliche subiscono una considerevole pressione in tutta l’UE, si guardi con apprensione ai possi-bili effetti negativi sul gettito fiscale degli Stati membri.

Ma è proprio in un momento storico cruciale per l’Europa che si ren-de necessario uno sforzo particolare di collaborazione ed aiuto. In questo senso “la cooperazione rafforzata può consentire ad alcuni paesi di an-dare più avanti sulla via della sovranità condivisa e trascinare tutta la compagine europea verso una vera integrazione fiscale”112.

Nella consapevolezza che il futuro della CCCTB si gioca ormai sul terreno della politica, si auspica che gli Stati membri non dimentichino l’importanza del completamento del mercato unico come uno dei pilastri della prosperità europea e smettano di valutare le soluzioni europee uni-

110 V. PWC, Study on the possible adjustments for Financial Institutions of the gen-eral rules of the Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB) under Framework contract 2006/CC/087,cit; e BETTENDORF - DEVEREUX - LORETZ - VAN DER HORST, Corporate Tax Reform in the EU: Weighing the Pros and Cons, cit. Rimane comunque dif-ficile valutare i potenziali effetti a livello economico e sociale, poiché vi sono diversi fattori fondamentali non conoscibili a priori, come il numero di Stati e di società che adotteranno la CCCTB.

111 Si legga il nuovo considerando 5bis della proposta di Direttiva, introdotto dall’ emendamento 10 della Risoluzione del Parlamento Europeo cit.

112 Tratto dal discorso di Jacques Delors tenuto alla Conferenza “La Governance E-conomica nell’Unione Europea: passato, presente e futuro” per il 50° Anniversario del Journal of Common Market Studies (JCMS), 16 Aprile 2012. V. anche SCHMIDT, Basta tat-ticismi di partiti, Berlino sia solidale, “Il Sole 24 Ore”, Lunedi 5 giugno 2012.

D. CANÈ – PROPOSTA DI DIRETTIVA PER UNA CCCTB

1546 - Rassegna Tributaria 6/2012

camente nell’ottica del problema distributivo, privilegiando piuttosto le questioni dell’efficienza e della stabilità113.

Ci si augura, infine, che, in nome di quello spirito europeista tanto caro ai padri fondatori, essi possano formare il loro giudizio complessivo della CCCTB avendo riguardo soprattutto ai vantaggi che essa può offrire nel lungo periodo, per una concorrenza fiscale più libera e, allo stesso tempo, equa.

DANIELE CANÈ

113 Nel condannare l’atteggiamento utilitaristico degli Stati membri nei confronti del-

la UE, l’economista francese Jean Pisani-Ferry ricorda che “le società di successo non smet-tono di discutere su chi abbia da guadagnare o da perdere dalle tasse, dalla ridistribuzione o dalla regolamentazione, ma non lasciano che i conflitti distributivi condizionino tutto il dibattito”. V. L’egoismo che avvelena l’Europa, “Il Sole 24 Ore”, Venerdi 3 agosto 2012.