In fuga sulla sedia a dondolo: Murphy di S. Beckett

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FACOLTÀ DI SCIENZE LINGUISTICHEE LETTERATURE STRANIERE

UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

1-2

ANNO XXII 2014

ATTI DEL CONVEGNO

In fuga. Temi, percorsi, storie

Milano, 1-2 marzo 2013

A cura di Federico Bellini e Giulio Segato

L’ANALISI LINGUISTICA E LETTERARIAFacoltà di Scienze Linguistiche e Letterature straniereUniversità Cattolica del Sacro CuoreAnno XXII – 1-2/2014ISSN 1122-1917ISBN 978-88-6780-075-9

DirezioneLuisa CamaioraGiovanni GobberMarisa Verna

Comitato scientifi coLuisa Camaiora – Arturo Cattaneo – Enrica GalazziMaria Cristina Gatti – Maria Teresa GirardiGiovanni Gobber – Dante Liano – Federica MissagliaLucia Mor – Margherita Ulrych – Marisa Verna Serena Vitale – Maria Teresa Zanola

Segreteria di redazioneLaura Balbiani – Sarah Bigi – Laura BignottiElisa Bolchi – Giulia Grata

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Questo volume è stato stampato nel mese di ottobre 2014 presso la Litografi a Solari - Peschiera Borromeo (Milano)

I contributi di questa pubblicazione sono stati sottopostialla valutazione di due Peer Reviewers in forma rigorosamente anonima

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In fuga sulla sedia a dondolo: Murphy di Samuel Becketty

Federico Bellini

Forse nessun autore quanto Beckett, nel Novecento, ha ispirato approcci tanto variegatie contraddittori: lo si è letto a turno come un modernista, un high-modernist, un post-tmodernista; un maschilista, un filo-femminista, un lirico, un nichilista, un buddista; unpartigiano dell’assurdo, dell’amore, della morte; un maestro del suono e del colore, della forma e dell’informe, della parola e del silenzio, un figlio del suo tempo, un nato postumo,un autore francese, un autore irlandese, un senza patria, un filosofo, un mistico, un critico,uno scrittore di opere tragiche, comiche, tragicomiche, grottesche, concettuali, astratte,minimaliste. E in questo mare di interpretazioni, inevitabilmente e legittimamente ispira-te dalle stesse peculiarità del corpus beckettiano, un solo faro sembra rimanere immoto e indiscusso, sostanzialmente condiviso da tutti: il fatto che nelle opere di Beckett non ci sia spazio per l’uso dei simboli. Su questo punto, ovvero il fatto che “Beckett has denied theexistence of any symbols in his enigmatic work”1, la quasi totalità di una critica così varie-gata sembra trovarsi finalmente d’accordo.

In effetti, in diversi momenti Beckett si è espresso contro l’uso del simbolo o delle forme simboliche in generale – primo fra tutti nel celebre “No symbols where none intended”degli Addenda di Watt – ma si dovrebbe fare attenzione a prendere in modo troppo let-terale le affermazioni di poetica di un autore tanto spesso ambiguo e paradossale. Negli ultimi tempi sembra inoltre esserci meno imbarazzo nell’ammettere in modo pacato che forse, in un certo senso e in una qualche misura, anche nelle opere di Beckett è possibilerinvenire una qualche dimensione simbolica. John Pilling, per citare uno dei più autorevolifra i critici beckettiani, in un recente saggio che sviluppa un confronto serrato con alcunimanoscritti inediti, offre una lettura criticamente equilibrata di Murphy, e sembra segnareun’apertura in questa direzione. Pur riconoscendo il fatto che in una recensione a Jack Ye-ats Beckett si sia schierato contro un’idea di arte basata sul reportage in quanto “notionally tainted by consorting with ‘allegory’, ‘symbol’ and ‘satire’, and doubtless other horrors tooterrible to be named”2, il critico riconosce che nella pratica Beckett si comporta diversa-mente e “nods occasionally in the direction of ‘allegory’, ‘symbol’, and ‘satire’”3.

1 L. Bishop, Romantic Irony in French Literature from Diderot to Beckett, Vanderbilt Universtity Press, Nashville 1989, p. 185.2 J. Pilling, A Critique of Aesthetic Judgment, int A Companion to Samuel Beckett, S.E. Gontarski ed., Wi-tley-Blackwell, Chichester 2010, p. 66.3 Ibidem. Anche P.J. Murphy apre a una parziale interpretazione allegorica di alcuni testi beckettiani in P.J. Murphy, Reconstructing Beckett: Language for Being in Samuel Beckett’s Prose, University of Toronto Press, Toronto 1990.

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Certamente tutto dipende da come si voglia intendere il simbolo, concetto tutt’altro che trasparente e che comprende una tale vastità di fenomeni e di approcci che è impossibi-le delimitare i limiti del dibattito al riguardo. Tuttavia, appoggiandosi a una concezione delsimbolo la più ampia e generica possibile, sembra inevitabile doverne constatare la presenza in molte delle opere beckettiane. In questa luce, esse possono allora venire lette in quantoparte di quel fenomeno più ampio e caratteristico della modernità per cui “l’evaporazionedella esperienza e la smaterializzazione della vita favoriscono processi di astrazione simbo-lica e allegorica”4.

Spesso, leggendo Beckett, ci si imbatte in oggetti che sembrano essere lì per una ragione che va al di là del loro semplice contribuire a dar forma ai mondi finzionali – del resto in genere piuttosto scarni – di cui fanno parte: a osservarli con attenzione pare che essi siano quasi delle icone nelle quali si condensano i nodi problematici affrontati nell’opera. Fra gliesempi principali possiamo ricordare almeno la bicicletta di Molloy, perfetto equivalentedella necessità del protagonista di essere sempre in movimento; i genitori nei bidoni diEnd Game, immagine del ritorno di ciò che si vuole gettar via; il registratore e le bobine di Krapp’s Last Tape, che ingombrano il palco con la presenza tangibile della vita passata di Krapp; o il vaso in cui è ‘piantata’ una delle incarnazioni dell’Innominabile, personaggiodalla vitalità in effetti poco discosta da quella di un vegetale. Questi oggetti tendono a ri-petersi, a ricorrere di opera in opera, talvolta con minime variazioni, ma sistematicamentelegati agli stessi temi: si tratta di oggetti simbolici, frammenti di allegorie intorno ai quali siarticolano più stratificazioni di senso.

Uno dei più interessanti fra questi oggetti è, a mio avviso, la sedia a dondolo, che appare in varie opere beckettiane, e in modo particolarmente significativo in tre: oltre al romanzogiovanile Murphy, di cui ci occuperemo, essa figura nell’esperimento cinematografico Film, un cortometraggio diretto da Alan Schneider a metà degli anni ‘60, e in Rockaby, uno degli ultimi dramaticules5. In queste opere le rocking chairs funzionano, sebbene in modi diver-si, con la stessa logica: simboleggiano il rinchiudersi dei personaggi nel proprio mondo interiore, in uno spazio di solitudine e passività inattingibile alle altre persone. È questo ilprimo e principale dei modi nei quali si configura la fuga nelle opere di Beckett: una fuga verso il non-io che muove da una contrazione dell’io stesso, da una sua riduzione ai minimi termini, ovvero a quel nucleo evanescente che ne è l’essenza.

Prenderò qui in esame unicamente il modo in cui il rapporto fra la sedia a dondolo e questo tipo di fuga si struttura in Murphy, nel quale entra a far parte di un’impalcatura sim-bolica estremamente densa e complessa, ma con le dovute differenze il discorso potrebbeincludere anche le altre due opere citate. Murphy si apre con la rappresentazione del suo

4 R. Luperini, L’incontro e il caso. Narrazioni moderne e destino dell’uomo occidentale, Laterza, Bari 2007, p. 22.5 La sedia a dondolo è anche presente in un’opera inedita e incompiuta, un mimo intitolato Le mime du rêveur, e fa un’ulteriore fugace apparizione in Molloy: Martha, la domestica di Moran, è estrememente attaccata a una rocking chair. “I went down to the kitchen. I did not expect to find Martha there, but I found her there. She was sitting in her rocking-chair, in the chimney-corner, rocking herself moodily. This rocking-chair, she would haveyou believe, was the only possession to which she clung and she would not have parted with it for an empire. It is interesting to note that she had installed it not in her room, but in the kitchen, in the chimney-corner.” (S.Beckett, Trilogy, Calder Publication, London 1994, p. 108).

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protagonista seduto su una sedia a dondolo, interamente nudo, che a forza di dondolarsiraggiunge una sorta di estasi, di Nirvana. Attraverso questa pratica il protagonista ha im-parato ad accedere a quello che chiama il suo piccolo mondo, lo spazio di pura interiorità della mente in cui si distacca dalla realtà esterna e affonda nella propria interiorità. Comeil lettore scopre presto, questa strana passione di Murphy – oltre all’ovvio e non troppo velato riferimento onanistico – risponde a quella che è la personale filosofia di vita del pro-tagonista, che consiste nel cercare di ridurre al minimo i rapporti con l’esterno, di evitareogni contatto con quella che chiama la ‘mercantile Gehenna’. Tale ascetico convincimentosi declina tuttavia soprattutto in un senso: nel categorico rifiuto di trovarsi un lavoro.

Celia, la fidanzata del protagonista, è al contrario costretta a guadagnarsi da vivere fa-cendo il lavoro più antico del mondo, e si sforza in ogni modo per convincere il protago-nista a rinunciare alla sua fissazione e a trovarsi un impiego. Ricattato sentimentalmente,anche il recalcitrante Murphy è alla fine costretto a cedere e riesce a trovare occupazionecome infermiere in un ospedale psichiatrico. Qui, dopo essersi confrontato con l’aliena-zione, altra e ben più tragica forma di fuga dal mondo, muore in un’esplosione causata da una perdita di gas proprio mentre si dondola, per l’ultima volta, sulla sua amatissima sedia.

Ebbene, la sedia a dondolo funziona nel romanzo come una vera e propria macchina per la fuga verso il mondo altro dell’interiorità e della passività, diventa un’allegoria deldesiderio solipsistico del soggetto di astrarsi. Simbolicamente parlando, in primo luogola rocking-chair può essere accostata in quest’ottica alla culla del neonato che, con il suoritmico oscillare, conduce al sonno e all’oblio di sé. Ma questa non è che la scorza della sim-bologia beckettiana, che si sviluppa sempre su vari livelli, in un complicarsi che ha sempree allo stesso tempo qualcosa di ossessivo e molto di ironico.

Il primo di questi aspetti è il peculiare tipo di moto proprio della sedia a dondolo. In modo quasi paradossale, essa coniuga il movimento frenetico e imperterrito con l’impos-sibilità di un reale spostamento, generando un’ideale comunione fra moto e stasi, paralisie slancio: si tratta di un movimento che non porta ad alcun dove e una stasi abitata da undinamismo sterile. Questo paradossale tipo di moto della sedia a dondolo viene sottolinea-to ripetutamente dal narratore del romanzo, che nota per esempio come la sedia, allo stessomodo del pendolo, acceleri le proprie oscillazioni proprio quando è più è prossima a fer-marsi: “Most things under the moon got slower and slower and then stopped. A rock gotfaster and faster and then stopped. Soon his body would be quiet, soon he would be free”6.

Idealmente, la sedia a dondolo mostra così l’impossibile sogno di una velocità infini-tamente grande in uno spazio infinitamente piccolo, un’idea che coincide con il sognoparadossale di una stasi satura di energia, somigliante a quella di una trottola che solo almassimo della velocità sembra immobile. “Maximal speed is a state of rest”7 ricorda altrove

6 S. Beckett, The Grove Centenary Editions of Samuel Beckett, vol. 1, Grove Press, New York 2006, p. 4t .7 S. Beckett, The Grove, vol. IV, p. 497. Cfr. anche la fonte beckettiana J.L. Mcintyre, Giordano Bruno, Mac-Millan and Co., London 1903, p. 177: “So minimal warmth and minimal cold are the same. The movementtowards cold takes its beginning from the limit of greatest heat [...], thus not only do the two maxima some-times concur in resistance, the two minima in concordance, but even the maximum and the minimum concurthrough the succession of transmutations. [...] so also the ‘principle’ of corruption and of generation is one and

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lo stesso Beckett, riferendosi alla filosofia di Giordano Bruno, e in questo nodo antinomico si delinea la fuga che appartiene al nostro eroe: è una fuga sul posto, intensiva e non esten-siva, una fuga verso l’interno, che procede allontanando da sé il mondo in ogni direzione.La sedia a dondolo è il mezzo, la macchina, che rende questa fuga possibile spingendo alla massima velocità il non movimento.

Questa proprietà peculiare del moto della sedia, tuttavia, deriva direttamente della sua forma e può essere compresa solo alla luce di essa, consentendo così di dare un nuovo giro di vite al discorso e aprire a un nuovo piano del significato simbolico di questo oggetto.Ridotta alla sua struttura minima, una sedia a dondolo è costituita da una coppia di archipoggianti su un piano. Di conseguenza, la persona che siede su di essa si trova idealmente,pensandolo nei termini di una proiezione bidimensionale, al centro di un cerchio che roto-la su una linea e che condivide con essa solo un infinitesimale punto di contatto.

Negli anni in cui era al lavoro su Murphy – ma si tratta di un interesse che lo accompa-gnerà per tutta la vita – Beckett era profondamente affascinato da geometria e matematica,che studiava con la passione del dilettante, alla ricerca di spunti di ispirazione per le sueopere. In effetti, i riferimenti di questo tipo sono numerosissimi, e Murphy in particolare è attraversato da cima a fondo di richiami alla geometria e di simbologie numeriche. In particolare i riferimenti si concentrano su un tema che era quasi un’ossessione di Beckett:i numeri irrazionali. Questi appaiono più volte nel corso dell’opera, in modo diretto o in-diretto: Murphy è membro di una scuola pitagorica e viene più volte avvicinato a Ippaso,un membro della setta di Pitagora che fu, secondo la tradizione, ucciso da questi per aversvelato al mondo l’esistenza dei numeri irrazionali; allo stesso modo è pitagorica la teoria dell’Apmonia,’ (ironicamente derivata dall’ἀρμονία con il rho erroneamente letto come ‘p’);la radice di due è a sua volta richiamata in vari punti, come nella descrizione della stanzetta prismatica di Murphy; il protagonista stesso è in due occasioni definito esplicitamente un“surd”8, termine tecnico per il numero irrazionale. Un altro esempio particolarmente tra-sparente: parlando del cuore di Murphy il narratore dice: “[he had] such an irrational heart that no physician could get to the root of it”9.

In questo contesto risulta quindi abbastanza evidente come la forma della sedia a don-dolo possa fungere a sua volta da richiamo indiretto alla problematica della ‘quadratura del cerchio’ e al pi greco10. Questa viene richiamata esplicitamente anche in altre opere di Beckett in riferimento a Giordano Bruno e all’idea della lettura (derivata da Cusano) della retta come cerchio di raggio infinito. Nel suo saggio giovanile sul Finnegans Wake di James eJoyce, allora ancora intitolato Work in Progress, Beckett ricordava che “there is no differ-

the same. The end of decay is the beginning of generation; corruption is nothing but a generation, generation a corruption”.8 S. Beckett, The Grove, vol. I, 49.9 S. Beckett, The Grove, vol. I, 4 (corsivi miei).10 Nella tradizione pitagorica, così come in quella esoterica che in parte ne deriva e alla quale appartiene Bru-no, il problema della quadratura del cerchio fu letto come il tentativo di trovare una conciliazione fra mondospirituale e mondo fisico.

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ence, says Bruno, between the smallest possible chord and the smallest possible arch, nodifference between the infinite circle and the straight line”11.

Si guadagna così un’ulteriore stratificazione di significato per la sedia a dondolo: l’irra-zionalità matematica del rapporto fra cerchio e raggio è simmetrica all’impossibilità didialogo, di proporzione, fra il mondo interno dell’io di Murphy e il mondo esterno della “Mercantile Gehanna”. Chiuso nel centro del cerchio della sua mente, Murphy non puòentrare in rapporto con la realtà concreta e condivisa perché gli è strutturalmente impeditodi farlo, non esistendo una ratio, una proporzione, una misura comune fra i due. La sua fuga si deve muovere verso l’interno, dunque, per il semplice fatto che, anche volendo, da questo interno Murphy non potrebbe uscire: se anche cercasse di fuggire in un qualunque altroluogo resterebbe esiliato nel chiuso della propria irriducibile differenza.

Tornando ora alla struttura base della sedia a dondolo: a partire dalle considerazioni fino a qui condottesi, si può muovere un ulteriore passo in direzione dell’interpretazione simbolica della rocking chair, mettendola in relazione con un altro degli oggetti ricorrentie significativi di cui parlavo in principio. Immaginiamo, allora, di traslare i due cerchi pa-ralleli che costituiscono la forma base della sedia a dondolo fino a renderli complanari, e diricollocare poi il sedile fra di loro. Con questo semplice movimento abbiamo ricostruito la struttura fondamentale di un altro degli oggetti fondamentali di Beckett, anch’esso siste-maticamente impregnato di valori allegorici: la bicicletta. Le biciclette sono ovunque nelcorpus beckettiano – Molloy, Malone Dies, Mercier and Camier, More Pricks than Kicks, etc. – e funzionano sempre come simboli di un movimento inquieto che non si ferma mai: la prima proprietà della bicicletta, almeno nel mondo beckettiano, è infatti che essa, una volta messa in moto, non può più fermarsi se non sbilanciandosi e cadendo. I ciclisti beckettia-ni sono personaggi in continuo movimento come il Belacqua di More Pricks than Kicks: questo è rappresentato, soprattutto nel primo dei racconti che costituiscono la raccolta,mentre rimbalza da una parte all’altra di Dublino senza posa perché “the best thing he hadto do was to move constantly from place to place”12. Un altro esempio trasparente è la pri-ma parte della storia di Molloy, che si muove con sempre maggior fatica lungo una spiraleogni volta più stretta, avvicinandosi asintoticamente al suo centro irraggiungibile, come già aveva messo in luce il critico Richard Coe13. I ciclisti di Beckett sono esseri in movimento costante, ma questo movimento sembra il più delle volte mirare alla semplice conservazio-

11 S. Beckett, The Grove, vol. IV, p. 497.12 S. Beckett, The Grove, vol. I, p. 31.13 R.N. Coe, Beckett, Oliver and Boyd, Edinbourgh 1967.t

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ne di se stesso, o meglio al proprio esaurimento – deleuzianamente alla propria esaustione –, indipendentemente dalla traiettoria percorsa. Fermarsi equivale a cadere, a dover fare iconti con la solidità del mondo, che questi personaggi cercano di annientare scivolandoci,rotolandoci sopra, riducendo al minimo i punti di contatto con la realtà.

Sedia a dondolo e bicicletta possono quindi essere pensati, all’interno dell’opera di Beckett, come una coppia di simboli complementari che esprimono la medesima idea distabilità precaria, legata al fatto che entrambi gli oggetti si reggano su due soli punti di ap-poggio (come del resto, sia detto fra parentesi, è su due soli punti di appoggio che si reggel’uomo, escludendo il primo e il terzo stadio dell’enigma della Sfinge). Da questo deriva il modo allo stesso tempo simile e opposto in cui entrambi mettono simbolicamente ingioco il rapporto fra equilibrio e movimento: se nel caso della bicicletta è necessario esserecostantemente in moto per non cadere, con la sedia a dondolo ci si deve sbilanciare costan-temente, cadere avanti e indietro, per continuare a muoversi.

Questi due oggetti simbolici corrispondono allora alle due modalità che la fuga dal mondo assume in Beckett: da un lato lo sterile girare a vuoto della sedia a dondolo, dall’al-tro l’inarrestabile procedere del ciclista. Alla fuga sul posto che abbiamo tratteggiato prima,dunque, si affianca il muoversi imperterrito che mira solo all’esaurimento delle forze, al col-lasso definitivo. Due forme opposte di fuga: da un lato la contrazione in un unico punto,in cui spegnersi e accedere a una dimensione alternativa; dall’altro lo scorrere rapido sulla superficie del mondo nella speranza, prima o poi, di prendere il volo o potere definitiva-mente crollare.

La corrispondenza fra questi due simboli dà conferma in primo luogo della puntigliosi-tà quasi ossessiva con la quale Beckett costruiva le sue opere anche nei minimi dettagli cosìcome della assoluta coerenza che caratterizza il suo corpus. A partire da questa considera-zione, tuttavia, si può anche pensare di costruire una tipologia dei personaggi beckettianimodellata sui due tipi di fuga che li caratterizzano e sul corrispondente oggetto simboli-co a essa correlato: da un lato i personaggi-rocking chair, i rinchiusi, i vecchi-bambini, gliabitanti del piccolo mondo, desiderosi di sigillarsi in uno spazio di quiete dentro di sé;dall’altro i personaggi-bicicletta, gli iperattivi, gli erranti, gli esausti infaticabili, alla ricerca di uno sfinimento oltre la fine14. Della prima categoria fanno parte i vari Murphy, Malone,The Unnamable, Krapp, il protagonista di Company, Ham di End Game15; della seconda Belacqua, Molloy, Moran, l’uomo con le stampelle di The Unnamable, i cercatori di The Lost One e così via.

Comune a questi due tipi di fuga è l’aspetto propriamente macchinico che li caratteriz-za, ovvero il fatto che la loro efficacia si misuri non tanto in un’evoluzione, in un effettivo

14 Questa tipologia non ha pretese di originalità, essendo tale distinzione un luogo comune della critica becket-tiana (Cfr. per es. Y. Mével, L’Imaginaire mélancolique de Samuel Beckett, de Murphy à Comment c’est, Rodopi,Amsterdam et al. 2008, p. 306: “Du personnage Beckettien sont emblèmatique deux images qui paraissentd’abord antagonistes: celle du claustré, celle de l’errant”).15 La sedia a rotelle di Ham può essere vista come una trasformazione della sedia a dondolo, e l’ossessione delpersonaggio a essere collocato al centro della stanza come il corrispettivo della volontà di essere al centro delcerchio della sedia.

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cambiamento, quanto piuttosto per mezzo dell’indice del loro più o meno fluido funziona-mento. Lo stesso vale del resto per i personaggi beckettiani in generale, che non crescono,non evolvono, ma si muovono come i dati di un teorema da dimostrare. Per questo i sim-boli ideali delle fughe beckettiane sono le macchine semplici, come la sedia a dondolo o la bicicletta, che strutturalmente corrispondo alla densa schematicità dei personaggi. Conse-guente alla meccanicità di queste fughe, però, è anche il fatto che, non avendo un luogo incui attraccare, sono destinate a chiudersi in modo tragico: la bicicletta cade a pezzi e la sedia a dondolo, dopo l’ultima brevissima oscillazione, si ferma. Non è nella fuga in sé, tuttavia,ma nella linea di fuga che si tratteggia, che i personaggi beckettiani svelano il loro senso e illoro valore, aprendo sull’umano inedite prospettive.

Keywords

Beckett Samuel, Rocking Chair, Bicycle.