IL VENTRE DEL PENTAGONO. Geometria, magia e salute nel Lazzaretto di Luigi Vanvitelli

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IL VENTRE DEL PENTAGONO Geometria, magia e salute nel lazzaretto di Luigi Vanvitelli di Alice Devecchi La cerimonia di posa della prima pietra del nuovo lazzaret- to di Ancona data 26 luglio 1733. Luigi Vanvitelli, ancora giovane e alla sua prima commissione di rilievo, viene in- caricato dal cardinale Neri Corsini, braccio destro di Cle- mente XII, della costruzione di un lemocomium mercibus ac navigantibus expiciendis 1 , per la contumacia delle perso- ne e delle merci in arrivo nel porto di Ancona. Allorché a Vanvitelli viene affidata l’edificazione di un nuovo lazza- retto per il porto di Ancona, non esistendo una letteratu- ra specifica in materia, che prescrivesse delle norme co- struttive, il modo più semplice ed efficace di informarsi sulle preesistenti strutture sanitarie dello stesso genere non poteva essere che recarvisi di persona. Numerosi porti in Italia possedevano un lazzaretto: la di- fesa del territorio dalle epidemie di peste, ricorrenti dal XIV secolo in poi, ha sempre avuto i suoi avamposti nei porti più frequentati del Mediterraneo, che in tal modo svolgevano una funzione ispettivo-sanitaria indispensabile per il mantenimento dello stato di salute della popolazio- 111

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IL VENTRE DEL PENTAGONOGeometria, magia e salute nel lazzaretto di Luigi Vanvitelli

di Alice Devecchi

La cerimonia di posa della prima pietra del nuovo lazzaret-to di Ancona data 26 luglio 1733. Luigi Vanvitelli, ancoragiovane e alla sua prima commissione di rilievo, viene in-caricato dal cardinale Neri Corsini, braccio destro di Cle-mente XII, della costruzione di un lemocomium mercibusac navigantibus expiciendis1, per la contumacia delle perso-ne e delle merci in arrivo nel porto di Ancona. Allorché aVanvitelli viene affidata l’edificazione di un nuovo lazza-retto per il porto di Ancona, non esistendo una letteratu-ra specifica in materia, che prescrivesse delle norme co-struttive, il modo più semplice ed efficace di informarsisulle preesistenti strutture sanitarie dello stesso genere nonpoteva essere che recarvisi di persona. Numerosi porti in Italia possedevano un lazzaretto: la di-fesa del territorio dalle epidemie di peste, ricorrenti dalXIV secolo in poi, ha sempre avuto i suoi avamposti neiporti più frequentati del Mediterraneo, che in tal modosvolgevano una funzione ispettivo-sanitaria indispensabileper il mantenimento dello stato di salute della popolazio-

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ne. In una nota spese del 5 gennaio 1733 si trova la testi-monianza del “giro fatto prima di principiar l’opera” daVanvitelli per “la visita de lazzaretti e Porti di Mare aServigio di quelli d’Ancona”. Non vengono specificati neldocumento i luoghi della visita ma la biografia diVanvitelli scritta dal nipote ci informa che i lazzaretti visi-tati dal nonno furono quelli di Livorno, Genova eVenezia2. Vanvitelli aveva sotto gli occhi anche i due laz-zaretti vecchi di Ancona, due semplicissime costruzioniconcepite come magazzini, che non avevano niente di pe-culiare, ma che non erano più sufficienti alla volontà pa-pale di rilanciare l’economia del porto marchigiano ren-dendolo porto franco. Inoltre i vecchi lazzaretti avevanosubìto crolli in seguito a cedimenti strutturali e terremoti. Anche Livorno aveva due lazzaretti vecchi che, come quel-li di Genova e di Venezia, avevano in comune l’isolamen-to dal centro urbano, per mantenere lontano il pericolo dicontagio e la posizione vicino al mare. Il lazzaretto dell’isola di San Lazzaro a Venezia, che risaleal 1423, è il primo costruito in Italia. Venezia, per ovvieragioni, poteva fornire un luogo naturalmente isolato. Illazzaretto infatti sorgeva su una piccola isola, ma tale for-tunata condizione non si doveva più ripetere fino alla co-struzione del lazzaretto di Ancona, dove la mancanza diun’isola naturale viene risolta dalla creazione di un’isolaartificiale. Dal punto di vista architettonico il confrontopiù diretto che si può stabilire è con il lazzaretto diGenova, principalmente per l’esistenza della cappella pa-nottica nel centro del cortile, del posto di guardia (il rivel-

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lino), delle camere per i mercanti contumaci al piano ter-reno rivolte sul cortile e dei magazzini al secondo piano.Tutti elementi riscontrabili anche ad Ancona. Ma a Genova la cappella panottica sorge al centro di uncortile quadrangolare. La pianta quadrata o rettangolarecon cortile interno e cappella ottagonale nel suo centroviene ripresa pressoché in tutti i lazzaretti d’Italia. Uno de-gli esempi più importanti è quello di Milano, reso celebreda Manzoni nei Promessi sposi. La cappella panottica otta-gonale, tuttora visibile, permetteva di seguire le funzionireligiose a tutti gli ospiti contumaci senza che essi si muo-vessero dal posto a loro assegnato, evitando in tal modopossibili contagi. A seguito di questa premessa si possono chiarire i motividella mia curiosità per il lazzaretto di Ancona, che si enu-clea intorno a questi interrogativi: perché Luigi Vanvitelliha deviato, almeno parzialmente, dalla tradizione, nelSettecento ormai consolidata, per la progettazione dei laz-zaretti, che ha visitato? Perché, pur riprendendo le princi-pali caratteristiche dei lazzaretti quali l’isolamento, il cor-tile interno e la cappella centrale, ha orientato la sua scel-ta su una pianta pentagonale per perimetro dell’edificio,cortile e cappella? Quale spiegazione si può dare alla scelta del pentagono, oper meglio dire – come vedremo – del pentagono stellato,come figura geometrica sulla quale costruire la pianta ditutti i corpi di fabbrica principali? Perché Vanvitelli hascartato il quadrilatero e l’ottagono? Più che una risposta univoca il percorso di ricerca mi ha

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posto a ogni passo nuovi interrogativi. Per ogni indizioscoperto, dieci nuove domande. Aprire lo scrigno del pas-sato di un edificio come la mole di Ancona, della vita diLuigi Vanvitelli ma soprattutto delle implicazioni magico-numeriche e iconologiche del pentagono e del numerocinque è stato come scoperchiare un “vaso di Pandora”,travolta da infinite suggestioni, tra le quali non è facile di-stinguere quelle valide da quelle fuorvianti. Ma cominciamo. Il lazzaretto è un edificio sanitario con lafunzione fondamentale di difesa del territorio dal conta-gio della malattia. È un edificio che ha il compito di man-tenere lo stato di salute di un luogo e di assicurare che lamalattia non varchi i confini delle sue mura. La sua fun-zione è in parte diversa da quella di un ospedale perchéprima che di guarigione ci si occupa di mantenimentodella salute. Prevenzione prima di cura. Merci e personeseguono lo stesso iter di quarantena, perché ciò che im-porta non è che chi è malato guarisca, ma che la minacciadi veicolazione della malattia, da qualsiasi fonte possa pro-venire, sia scongiurata. Il lazzaretto ha quindi funzione difensiva più che curativa,e in questo differisce molto da tutti gli altri istituti sanita-ri. I nosocomi restituiscono, quando è possibile, la salutevenuta a mancare. Il lazzaretto “difende” l’integrità della salute della popola-zione che vive all’esterno delle sue mura. Luigi Vanvitellisembra aver voluto interpretare questa diversità di funzio-ne attribuendo al suo lazzaretto una forma e una struttu-ra architettonica che lo avvicinano a una fortezza militare

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di natura difensiva, più che a un istituto sanitario. La trattatistica rinascimentale sull’architettura militare,inaugurata da Francesco di Giorgio Martini e proseguitadai Sangallo, da Sanmicheli, da Scamozzi – per citarne so-lo alcuni –, aveva accordato una preferenza alla piantapentagonale stellata per le fortificazioni in base a conside-razioni di carattere funzionale, come la minor vulnerabili-tà degli angoli ottusi rispetto a quelli acuti sotto i colpidelle nuove armi da fuoco: le bombarde. Un esempio atipico ma pregnante dell’uso della piantapentagonale è villa Farnese a Caprarola che, prima dell’in-tervento trasformativo di Vignola, era stata progettata daAntonio da Sangallo il Giovane come una cittadella forti-ficata a pianta appunto pentagonale. Fichera3 si spinge fino a ipotizzare una vera e propria di-scendenza del lazzaretto di Ancona dalla villa Farnese, nel-la forma datale da Vignola nel secondo Cinquecento. ECarreras riprende la stessa ipotesi notando una somiglian-za tra “la soluzione con cui Vignola, nel contesto pentago-nale di Caprarola, creò nel cortile il principio di rotazionee con esso vivificò la severa mole sangallesca”4, e la solu-

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Villa Farnese a Caprarola, XVI secolo

Veduta aerea di villa Farnese a Caprarola, XVI secolo

zione di Vanvitelli per dar vita al medesimo principio dirotazione nella coordinazione delle cinque facce della cap-pella di San Rocco, nel cortile del lazzaretto di Ancona,con il tamburo della cupola e con il basamento, entrambicircolari, passando fluidamente dal pentagono al cerchio. Iprecedenti celebri di edifici a pianta pentagonale non man-cano: tra i tanti, la rocca di Civita Castellana, di Antonioda Sangallo il Vecchio è impostata su un pentagono rego-lare; la cinta muraria di castel Sant’Angelo fatta costruireda Papa Paolo IV nel 1555-1559 per ragioni difensive èpentagonale. Un precedente ancora più vicino all’epoca di

Vanvitelli è la cittadella diTorino, la cui progettazioneaffidata a Francesco Paciottonel 1706 si sviluppa attornoa un pentagono regolare checonferisce il ritmo all’interastrutturazione architettonicae urbanistica. È fuor di dubbio che castelSant’Angelo fosse un luogo

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Nucleo fortificatopentagonale dellacittadella diTorino, 1706

Rocca di CivitaCastellana, 1492

CastelSant’Angelo conla cinta murariapentagonale. La cinta muraria è databile aglianni 1555-1559

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Gaspar Van Wittel,CastelSant’Angelo dai prati, Roma,collezione privata

Gaspar Van Wittel,CastelSant’Angelo dai prati, Firenze,collezioneBruscoli

Gaspar Van Wittel,Veduta diCaprarola col palazzo, 1720,collezione privata

frequentato dal giovane Vanvitelli, cresciuto a Roma, an-che se nato a Napoli, e già a quell’epoca uso alla frequen-tazione delle alte sfere della Chiesa. È infatti di poco precedente all’incarico di Ancona la par-tecipazione di Vanvitelli ai concorsi Clementini per la fac-ciata di San Giovanni in Laterano, e per la fontana diTrevi, vinti rispettivamente da Galilei e da Salvi. Castel Sant’Angelo doveva essere molto ammirato daVanvitelli se si considera che una delle vedute più amateda suo padre, Gaspar Van Wittel, ritratta in numerosi di-segni e dipinti, è proprio la residenza papale sul Tevere.Van Wittel intorno al 1720 disegna in tre versioni anchela villa Farnese di Caprarola. Luigi Vanvitelli era con lui inquell’occasione? Non ho trovato riscontri di questa ipote-si nelle biografie dell’architetto ma non c’è dubbio che levedute dipinte dal padre abbiano contribuito alla forma-zione del gusto e delle preferenze del giovane architetto. I canoni in materia di ingegneria militare giunsero inalte-rati fino al Settecento, se si considera che ancora AndreaPozzo nella seconda parte della Prospettiva de’ pittori e ar-chitetti pubblicata nel 1737 riporta piante stellari di for-tezze, tra l’altro “particolarmente indicate per essere sulmare”. Si direbbe allora che Vanvitelli si sia ispirato a si-stemi costruttivi di stampo militare per ribadire la naturadifensiva del lazzaretto, per sottolineare che proteggere lapopolazione dal punto di vista igienico e sanitario ha lastessa importanza del proteggerla con le forze armate.Un’epidemia indebolisce la popolazione, la decima, pro-voca numerose morti, esattamente come – se non addirit-

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tura più di – un attacco militare. Una decisa forzatura temporale mi porta a un altro “pen-tagono” che ha una stretta relazione con il concetto di di-fesa: il Pentagono, quartier generale del Ministero dellaDifesa degli Stati Uniti d’America, che negli anni ’40 delNovecento l’architetto George Bergstrom ha progettatosulla base della medesima figura geometrica. Se la scelta di forme pentagonali (ma anche più generica-mente poligonali) per le fortificazioni si spiega con l’ade-sione alle norme tracciate dall’ingegneria militare, che sidefiniscono durante il Quattrocento e il Cinquecento, lamedesima scelta, negli anni ’30 del Settecento da parte diLuigi Vanvitelli per un edificio a uso ispettivo-sanitario, enel XX secolo da parte di un architetto d’oltreoceano,George Bergstrom, per l’edificio rappresentativo dello sta-to di sicurezza degli Stati Uniti d’America, fa pensare chela forma pentagonale porti con sé una valenza simbolicapiù che meramente funzionale. Aggiungo: se la fortezza pentagonale rinascimentale dove-va funzionare per la difesa di ciò che conteneva, il lazza-

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Il Pentagono,quartier generaledel Ministero della Difesa, USA, 1941-1943

Assonometria del lazzaretto di Ancona, 1733

retto, come tipologia architettonica, non risponde allastessa esigenza perché deve difendere piuttosto ciò che sta“fuori” dalle sue mura. Il lazzaretto è un diaframma tra il mare e la terra; si chiu-de a protezione della buona salute del territorio che siestende al suo esterno superata la lingua di acqua, e si aprequando ogni rischio è stato allontanato, per far sì che mer-ci e persone riguadagnino la loro meta. Non si difende madifende. Allora perché utilizzare sistemi militari codificatinei secoli allo scopo precipuo di proteggere l’interno dagliattacchi esterni? Per rispondere mi sono messa sulle tracce di fonti che michiarissero il valore simbolico-magico del numero cinquee del suo sviluppo in forma geometrica. Nel simbolismo e in magia una forma geometrica è untutt’uno col numero a essa corrispondente. Pentagono,pentagramma, strutture pentagonali sono la stessa cosadel numero cinque. Numeri e figure geometriche sono es-senzialmente simboli; hanno funzionato nella religione,nella magia e nella scienza – quando religione e magia ave-vano statuto di scienza. Il numero cinque sembra abbia una sua misteriosa funzio-ne nel mondo, nell’uomo, nell’universo. In Il lazzaretto diAncona. Un’opera dimenticata5 viene messo in evidenza ilrapporto che la simbologia primordiale del numero cin-que e del pentagono può avere con la mano dell’uomo, lesue cinque dita e il fatto che seguendo il profilo della ma-no aperta, idealmente tagliata al polso, risulta la formapentagonale. La mano e le sue dita hanno un significato

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mistico-simbolico in molte religioni. Sopravvivenze magi-che attribuiscono alle linee della mano significati legati aivari aspetti della vita dell’uomo. Sulle cinque dita della mano si impara a contare; il siste-ma numerico decimale ha base quinaria: una mano è

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Il tempietto di San Rocco nel cortile dellazzaretto, Ancona

un’unità completa e insieme è divisibile in cinque ulterio-ri unità, le dita. È forse in queste osservazioni “primitive”che risiede la suggestione magica del numero cinque e lasua stretta relazione con l’uomo e la sua vita. La piantadella mole vanvitelliana è un pentagono regolare. Ma laforma della pianta non è l’unica relazione che si stabiliscecon il numero cinque.Nella cupola della cappella di San Rocco, al centro – cen-tro geometrico, ombelico di tutta l’architettura – è trac-ciato in stucco bianco un pentagono stellato, o pentalfa.Il pentalfa è un simbolo ideato da Pitagora. Il termine si-gnifica “cinque alpha”, ossia cinque principi, come alphaè il principio dell’alfabeto greco. Ai quattro principi già

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Il pentalfa nellavolta della cupoladel tempietto diSan Rocco,Ancona

convalidati da Empedocle (aria, acqua, terra e fuoco),Pitagora ne aggiunse un quinto ovvero lo spirito. Il pen-talfa era dunque il simbolo dei Pitagorici, ed era tracciatocon una circonlocuzione che significava un triplice trian-golo intrecciato. Veniva usato nella loro corrispondenza asignificare “sta bene”. Significava natura, vita e salute. Il pentagono stellato è anche la figura geometrica sulla ba-se della quale i Pitagorici teorizzarono la sezione aurea.Esso si disegna tracciando tutte le diagonali possibili di unpentagono regolare fino a ottenere una stella a cinquepunte. La figura che si ottiene all’interno della stella è unsecondo pentagono regolare che a sua volta può contene-re un’altra stella e così via, tracciando stelle e pentagonisempre più piccoli. Misurando i segmenti che si ottengo-no dall’intersezione reciproca delle diagonali, si determina

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Pentalfa, o pentagonostellato

Rapporti aurei trai segmenti e gliangoli nel pentalfa

che l’intera diagonale sta al-la parte maggiore come lastessa parte maggiore sta al-la parte minore. La parte maggiore è la sezio-ne aurea del segmento checostituisce la diagonale inte-ra, in un rapporto numeri-camente rappresentato dalNumero d’Oro.Il rapporto aureo rappresen-ta l’armonia: tutto ciò che ècostruito sulla base delle

proporzioni determinate dalla sezione aurea è contraddi-stinto necessariamente da armonia compositiva. Il pentagono stellato è propriamente il simbolo deiPitagorici perché in esso risiede la perfezione, l’ordine,l’armonia. Il numero cinque per i Pitagorici è il numerodella vita perché sta al centro della serie numerica 1-10 erappresenta così il cuore di tutte le cose. “Cinque”: composto da “tre”, principio celeste, e “due”,principio terrestre; l’unione di “due” e “tre” conferisce al“cinque” il significato di unità, totalità, completezza, ar-monia, equilibrio. Ma veniamo alle implicazioni con gli aspetti sanitari. Secondo la filosofia pitagorica salute non significa altroche armonia del corpo con l’universo. La malattia è, di contro, disarmonia e il compito della me-dicina è ristabilire l’armonia perduta fra corpo e universo.

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Pianta dellacisterna e delsistema idrico del lazzaretto di Ancona

Ma prima ancora che l’intervento della medicina divenganecessario, per conservare la salute i Pitagorici prescriveva-no una serie di pratiche quotidiane di cui quella fonda-mentale e imprescindibile era l’igiene e la cura del corpo. Acqua pulita: l’igiene della persona e dei luoghi passa ne-cessariamente dalla disponibilità di acqua pulita. Luigi Vanvitelli, nell’Accademia dell’Arcadia aveva nomedi Archimede Fidiaco. Archimede aveva inventato lascienza idrostatica: la scelta di questo nome potrebbe de-rivare dal fatto che Vanvitelli, già dalle sue prime prove ar-chitettonico-ingegneristiche, aveva dimostrato grande fa-miliarità con i problemi relativi all’acqua. Una delle sueprime opere è l’acquedotto di Vermicino, sicuramenteprecedente al lazzaretto di Ancona. Tornando al lazzaretto: esso è dotato di una cisterna diraccolta dell’acqua piovana che, con un sistema idraulicocomplesso, garantisce l’autosufficienza idrica dell’“isola” ela depurazione degli ambienti, contando sulla distribuzio-ne dell’acqua nell’edificio attraverso cinque cisterne mino-ri (il progetto ne prevedeva cinque ma ne furono poi rea-lizzate soltanto due) negli angoli interni del cortile. La cisterna è costruita sotto il piano del cortile ed è rettada cinque pilastroni, che corrispondono ai cinque pilastridella cappella di San Rocco a essa soprastante. L’acquapiovana proveniente dai tetti veniva raccolta con un siste-ma idrico che, eliminando l’acqua contaminata dai repar-ti dei contumaci, la scaricava direttamente in mare trami-te una chiavica. Acqua pulita e acqua infetta non veniva-no mai in contatto. Questo sistema garantiva l’igiene del-

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l’intera struttura. All’efficienza dell’opera dell’ingegno,Vanvitelli sembra voler unire un elemento di altra natura:il pentalfa, la stella a cinque punte, che vigila tenendo sot-to la sua protezione le acque che presiede dalla cupola deltempietto. Difficile risalire ai motivi per cui il pentalfa diventò findall’antichità simbolo di protezione, sicurezza, benessere.Forse la causa si può trovare nel fatto che certi medici an-tichi avevano una stella a cinque punte, formata da cinque“A” intrecciate, come simbolo della salute. Ma la stella acinque punte in funzione di incantesimo fu usata in ognicaso per molto tempo. Vanvitelli invoca quindi la protezione del pentagono stel-lato, nella cappella dedicata a San Rocco, il santo protet-tore degli appestati e delle guarigioni, guarito lui stessodal contagio. Vanvitelli sembra volersi assicurare che lafunzione che il suo lazzaretto deve assolvere sia garantitasu tutti i fronti, e si lascia andare a una piccola supersti-zione antichissima. Come si concilia l’ipotesi della sceltadi un “talismano” pitagorico, di natura magico-numerica,con la fede cristiana dei committenti, di quel cardinaleNeri Corsini che, capofila del movimento giansenista de-gli anni ’30 del Settecento, si dava da fare per l’elimina-zione di ogni residua superstizione nei cristiani? Come, seè vero ciò che ho rilevato, per l’attestata religiosità diVanvitelli era possibile questa deviazione dal rigore predi-cato dall’entourage corsiniano? Si può ipotizzare che Vanvitelli abbia recuperato una tra-dizione che, benché soffocata dagli indirizzi generali del-

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l’epoca, era sopravvissuta nei secoli estendendo i suoi in-flussi fin nel Settecento. Il neoplatonismo, teorizzato da Marsilio Ficino circa tresecoli prima di Vanvitelli, aveva l’ambizione di stabilireuna connessione tra la prisca theologia, cioè la dottrina ma-gico-religiosa del Corpus Hermeticum, e le radici del cri-stianesimo. Il Corpus Hermeticum e l’Asclepius sono i due trattati filo-sofici che costituiscono la letteratura ermetica. L’Asclepiuscontiene la descrizione delle pratiche magiche che occor-rono per sfruttare gli effluvi benefici provenienti dalle stel-le attraverso i talismani. Il Corpus Hermeticum descrive lacreazione del mondo in termini parzialmente simili aquelli della Genesi, e l’ascesa dell’anima attraverso le sferedei pianeti fino al supremo regno divino. Ermete Trismegisto vi appare come una sorta di Mosè, ecome tale viene considerato dai cristiani del II secolo do-po Cristo e più tardi nell’Umanesimo e nel Rinascimento,l’epoca di Marsilio Ficino. L’errore cronologico che vizia-va la loro prospettiva – la letteratura ermetica si è forma-ta probabilmente agli albori del cristianesimo e non nel-l’antico Egitto come credevano i suoi primi riscopritori –permetteva di identificare nell’antichità una predizionedella religione cristiana. Lo sforzo teorico e teologico di Ficino consisteva nell’evi-denziare i punti di contatto tra dottrina pagana e dottrinacristiana, facendo figurare Ermete Trismegisto, priscustheologus, tra i profeti della venuta di Cristo. Alla legitti-mazione del neoplatonismo sarebbe giunto poi facendo

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discendere Platone da Ermete Trismegisto, passando perPitagora. Anche i Pitagorici dunque rientrano, secondoFicino, nella prisca theologia, dal momento che Pitagora faparte della genealogia dei teologi dell’antichità6. È possibile che, in tempi lontani di almeno tre secoli,Vanvitelli si rifacesse ancora a tali teorizzazioni per conci-liare la sua fede cristiana con una piccola concessione aibenefici effluvi del pentagono stellato pitagorico? Non so rispondere con certezza ma di fatto Vanvitelli nel-lo stesso luogo consacrato a san Rocco, santo cristianoprotettore degli appestati, ha collocato un chiaro simbolopitagorico come il pentalfa. Ed è l’unica “debolezza” che siconcede nel rigore purista del resto dell’architettura dellazzaretto, senza dubbio improntata alle direttive arcadico-

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razionaliste dei suoi committenti. Un altro elemento che ribadisceuna possibile ripresa della dottrinapitagorica riguarda propriamente ilnumero cinque: cinque sono i latidel pentagono e le punte della stel-la, le cisterne secondarie, i pilastriche reggono la volta della cisterna;cinque le scalinate negli angoli ecinque nei lati. I Pitagorici ritenevano che i nume-ri dispari fossero perfetti perché fi-niti, a differenza di quelli pari, im-perfetti perché infiniti. Se davveroVanvitelli ha seguito le prescrizionipitagoriche, per il lazzaretto di Ancona non avrebbe certopotuto seguire la tradizione che voleva i lazzaretti quadraticon una cappella ottagonale nel centro, ossia costruiti sullabase di un numero pari, il quattro, e il suo doppio, l’otto.La cappella ottagonale è scelta perché l’ottagono simbo-leggia la resurrezione e la vita eterna, e in un lazzaretto haun significato piuttosto coerente con la funzione. MaVanvitelli forse considerava prioritaria la tradizione erme-tica, magica, filtrata dalla fede ficiniana, che lo orientò suuna scelta insolita: affidarsi a un numero dispari. Se tutte queste ipotesi hanno un fondamento sono porta-ta a pensare che Vanvitelli abbia attribuito grande impor-tanza, sia dal punto di vista compositivo che da quellosimbolico, al nucleo centrale del lazzaretto di Ancona:

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Il tempietto di SanRocco è collocatoin alto rispetto alpiano della primacerchia di mura

quello non visibile ma pulsante – la cisterna – e quello vi-sibile – il tempietto di San Rocco. Pietro Carreras sul tempietto di San Rocco dice: “La prio-rità di realizzazione del nucleo centrale si spiega con la suafunzione di centro compositivo del complesso, quasi co-me se servisse a puntare il compasso che avrebbe dovutodare l’esatta uguale distanza di tutti e cinque i lati”7. Il tempietto di San Rocco è collocato in alto. Dal pianodella cinta muraria del lazzaretto, si deve salire per rag-giungerlo. Se questa posizione può essere giustificata permotivi funzionali – dal momento che sotto c’era la cister-na – non c’è dubbio che la suggestione per chi arriva dal-l’esterno è più forte quando, passando sotto al lungo cor-ridoio voltato, si svelano a poco a poco le forme limpide eclassicheggianti del bianco tempietto. La posizione elevata non solo richiama l’alta collocazionedei templi classici ma sottolinea anche la preminenza del-la cappella all’interno dell’intera fabbrica, ribadendo lasua funzione simbolica di nucleo attorno cui tutto ruota.

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Pianta delcostruendolazzaretto diAncona, 1734,Roma, Gabinettodelle Stampe

Pianta dellacappella dellazzaretto diAncona, 1734,Napoli, SocietàNapoletana diStoria Patria

D’altra parte i documentiriportano che Vanvitellidiede inizio all’opera prov-vedendo innanzitutto a get-tare le sottofondazioni delnucleo centrale e poi quelledel perimetro pentagonale.Alcuni disegni attestano lasua particolare attenzioneper esso già nelle prime fasicostruttive. Nello stesso 1734, a un an-no dalla posa della prima pietra, il pentagono centrale deltempietto era già fondato mentre le sottofondazioni delcortile non erano ancora gettate e quelle dei corpi di fab-brica perimetrali erano in via di compimento; la piantadel tempietto di San Rocco era già definita nei particolaridei pilastri compositi con colonne binate, degli scalinid’accesso e della circolarità dello spazio interno. Ma la centralità, non solo fisica e compositiva, del tem-pietto di San Rocco trova, a mio parere, riscontro soprat-tutto nella sua funzione di custode dell’igiene dell’acqua,elemento di importanza capitale per la mole perché con-nesso alla pulizia degli ambienti e alla purificazione dellepersone e delle merci in quarantena. L’acqua, elemento di vita, gorgoglia nei sotterranei e di-venta ventre generatore di ogni parte dell’edificio, com-preso il tempietto soprastante, che è in un rapporto con lavolta della cisterna come un lanternino lo è con la sua cu-

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Tracciando lediagonali di A sigenera il pentalfaA/1. All’interno di A/1 si genera il pentalfa B. Il centro delcortile noncorrisponde allaposizione dellacisterna né del tempietto di San Rocco

Pentagono APentalfa A/1Pentalfa B

Il disegnoriproduce lapianta dellacisterna. I cinquepilastri chesostengono la volta dellacisternacorrispondono ai cinque pilastripoligonali del sovrastantetempietto di SanRocco. Il pentalfaA è tracciatocircoscrivendo la cisterna in un pentagono(la cappellasovrastante).Tracciando Bricaviamo il pentagono C,che corrisponde,con qualcheminima differenzaal perimetro del cortile

Partendo dal profilopentagonaledefinito daipilastri esternidella cisterna sitraccia il pentalfaa su cui sicostruisce ilpentalfa B. Essoindica i vertici delpentagono chedefiniscono ilperimetro dellazzaretto. È lacisterna allora ilpunto di partenza?

Pentalfa A Pentalfa B Pentagono C

Pentalfa A Pentalfa B

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pola8. Su questa strada della centralità del binomio cister-na-tempietto ho provato a tracciare sulle piante del lazza-retto e della cisterna la figura del pentalfa pitagorico pertrovare dei riscontri geometrici all’ipotesi di una base ma-gico-numerica di questa architettura, in relazione alla suafunzione specifica di lemocomium mercibus ac navigantibusexpiciendis9. Ho rilevato i seguenti risultati. Partendo a tracciare le dia-gonali del perimetro del cortile, un pentagono regolare,costruisco un pentalfa, che ne racchiude un altro.Quest’ultimo, che individua il centro geometrico del cor-tile, non corrisponde alla posizione della cisterna, né diconseguenza della cappella. Prendendo invece come punti di partenza la cisterna e lacappella, o tempietto, di San Rocco, e facendo la stessa

In questa piantadel lazzaretto, il pentagonopiccolo segue il perimetro del tempietto di San Rocco. Si nota come le proporzioni del cortile sianoarmonicamentecostruite sulpentalfa Bcircoscritto al pentalfa A

Pentalfa A Pentalfa B

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operazione, i conti tornano.Il pentagono stellato, setracciato sulla base del pro-filo della cisterna e del tem-pietto, sembra dare davveroun ritmo all’intera architet-tura, espandendosi e ritra-endosi nelle sue infinitepossibilità di riprodursi.Questo “gioco” non solo

rafforza l’ipotesi che la progettazione del lazzaretto sia par-tita dalla cisterna e dal suo “lanternino”, la cappella di SanRocco. Ma sottolinea altresì il valore simbolico che cister-na e cappella rivestono in funzione del senso del progettodi Vanvitelli. Se il pentagono stellato quale “amuleto” di benessere, pro-tezione della salute intesa come armonia del corpo – cioècome la intendevano i Pitagorici, a cui il pentalfa appar-tiene – è non solo la figura che informa l’architettura dellazzaretto di Ancona, ma si ritrova anche tracciato chiara-mente nella cupola del tempietto di San Rocco, forse ciòche a esso sottostà, cioè l’acqua pulita, elemento fonda-mentale per l’igiene e quindi per la salute di un luogo diquarantena, è qualcosa di più che una complessa opera discienza idraulica. La cisterna riveste la funzione di grande ventre fertile, nu-cleo di vita, del lazzaretto, emblematicamente posizionatoal centro, ombelico che conserva la cicatrice della nascita. Se c’è possibilità di guarigione e di salute essa va trovata lì,

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nel mezzo del cortile, sotto la pro-tezione del pentalfa pitagorico, chedistribuisce i suoi effluvi beneficiattraverso l’acqua scorrendo nellevene del lazzaretto. Come Vanvitelli sia arrivato al re-cupero della simbologia pitagoricarimane per me ancora un mistero.“Ci sono simboli che sono comunialle forme tradizionali più diverse epiù remote le une dalle altre, non in seguito a prestiti che,in molti casi, sarebbero assolutamente impossibili, maperché appartengono in realtà alla tradizione primordialeda cui queste forme sono tutte derivate in modo diretto oindiretto”10.

135IL VENTRE DEL PENTAGONO

Lo spazio verticaledel tempietto di San Rocco è compreso tra il pentagonostellato nellacupola e iltombino dellacisterna, che gli corrispondeesattamente a terra, veroombelico della mole

Note1 L’iscrizione, oggi non più esistente,che adornava il portale d’ingressoprima delle varie distruzioni diguerra, leggibile attraverso varietrascrizioni, indica il compitoprecipuo della costruzione: “clemens xii pont. max. adpestilentiae suspicionemdimovendam lemocomium

mercibus, ac navigantibusexpiciendis extruxit carolo mariasagripante aerario pontificio et oraemaritimae praef. curante a.d.mdccxxxiv”. È riportata dal regestodell’Archivio di Stato di Ancona (f.i. numero 132) e da altri. 2 L’autrice ha rintracciato tutte le notizie circa la visita di Vanvitelli ai lazzaretti in Carreras, 1977.

3 Fichera, 1937.4 Carreras, 1977, pagina 30.5 Mezzetti et alii, 1978.6 Yates, 1969.7 Carreras, 1977, pagina 17.8 AA.VV., 1973.9 Confronta la nota 1.10 Guénon, 1975.

BibliografiaAA.VV., 1973, Luigi Vanvitelli,Edizioni scientifche italiana, Napoli Acquaro Graziosi M., 1991,L’arcadia. Trecento anni di storia,Fratelli Palombi Editori, Roma E. Battisti, 1956, Lione Pascoli,Luigi Vanvitelli e l’urbanisticaitaliana del Settecento, in: Attidell’VIII Convegno Nazionale di Storia dell’Architettura, (Caserta 1953), Roma S. Benedetti, 1997, L’architetturadell’arcadia nel Settecento Romano,Bonsignori editore, Roma G. Briganti, 1996, Gaspar Van Wittel, Electa, Milano

P. Carreras, 1977, Studi su LuigiVanvitelli, La Nuova Italia Editrice,Firenze C. De Seta, 1998, Luigi Vanvitelli,Electa, NapoliF. Fichera, 1937, Luigi Vanvitelli,Reale Accademia d’Italia, Roma R. Guénon, 1975, Simboli dellascienza sacra, Adelphi, Milano Il lazzaretto di Luigi Vanvitelli.Indagine su un’opera, 1980, catalogo della mostra a palazzoBosdari, Ancona, gennaio-marzo1980, Ancona L’attività architettonica di LuigiVanvitelli nelle Marche e i suoi epigoni, 1975, ConvegnoVanvitelliano, Ancona C. Mezzetti, G. Bucciarelli, F. Pugnaloni, 1978, Il lazzaretto diAncona. Un’opera dimenticata, Cassadi Risparmio di Ancona, Ancona F. Milizia, 1781, Memorie degliarchitetti antichi e moderni, Parma F.A. Yates, 1969, Giordano Bruno ela tradizione ermetica, Laterza, Bari

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