Il tramonto del principio del concorso di responsabilità?

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| estratto IL TRAMONTO DEL PRINCIPIO DEL CONCORSO DI RESPONSABILITÀ? di Daniela M. Frenda ISSN 0391-187X

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I L T R A M O N T O D E LP R I N C I P I O D E L C O N C O R S OD I R E S P O N S A B I L I T À ?

di Daniela M. Frenda

ISSN

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53 RESPONSABILITÀ CIVILE DA ATTIVITÀ SPORTIVA

Trib. Trieste, 28 ottobre 2013 - G.U. Picciotto

Sport - Responsabilità civile - Concorso di responsabilità contrattuale e aquiliana - Esclusione.(C.C. ARTT. 1218, 1228, 2043, 2049, 2050.)

A fronte di un evento che sia al contempo inadempimento di un’obbligazione e illecito extracon-trattuale, il rimedio invocabile è quello della responsabilità contrattuale, maggiormente specificorispetto a quello aquiliano.

[In senso conforme Cass. civ., 7 novembre 2000, n. 14469; in senso contrario Cass. civ., 11 maggio 2007, n.10830; Trib. La Spezia, 13 maggio 2005]

La sentenza si legge in www.giuffre.it/riviste/resp

IL TRAMONTO DEL PRINCIPIO DEL CONCORSO DIRESPONSABILITÀ? (*)

di Daniela M. Frenda – Ricercatore di diritto privato nell’Università Cattolica di Milano

La vicenda oggetto della sentenza è spunto per alcune considerazioni sul tema del concorso diresponsabilità contrattuale e aquiliana a fronte di un medesimo fatto lesivo che sia configurabilesia come illecito, sia come inadempimento di un’obbligazione. L’analisi, condotta da un punto divista processuale, introduce una serie di dubbi, sotto il profilo della determinatezza della doman-da, circa la legittimità di una facoltà di scelta, ad opera del danneggiato, del rimedio applicabile.

The decision is a cause for reflection on the subject of liability concurrence between contractual liability and tort,

when the same event is at once a non compliance of a previous obligation and an illicit act. The analysis, debated

from a procedural point of view, raises a number of questions, with reference to the definiteness of the claim,

about the legitimacy of allowing the victim to choose which remedy to be applied, case by case, among contrac-

tual liability and tort.

Sommario 1. Il caso. — 2. I termini del dibattito. — 3. (Segue). Il concorso tra la responsabilità ex art.2043 e la responsabilità ex art. 2050 c.c. — 4. Concorso di responsabilità contrattuale e aquiliana:concorso di norme o concorso di azioni? — 5. Le ragioni contro il concorso di responsabilità.

1. IL CASOLa decisione ha ad oggetto la vicenda di un sinistro occorso ad un allievo di una associazionesportiva dilettantistica di arrampicata, il quale cadde rovinosamente al suolo durante unesercizio consistente nella discesa da una parete, a causa di un errore nella manovra c.d. di«trattenuta», commesso dal compagno in coppia col quale effettuava l’esercizio.

(*) Contributo approvato dai Referee.

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Per il danno sofferto, la difesa del ragazzo chiamava in giudizio sia, a titolo di respon-sabilità extracontrattuale, il compagno che doveva aiutarlo nella discesa, sia l’associazionesportiva (1), quest’ultima tanto in virtù del suo rapporto contrattuale con l’attore, quanto atitolo di responsabilità extracontrattuale ai sensi degli artt. 2043 e — ritenendo trattarsi diun’attività pericolosa — 2050 c.c.

Il Tribunale di Trieste, a seguito dell’analisi dell’accaduto, condannava in solido l’asso-ciazione sportiva e il compagno di esercizio del danneggiato al risarcimento del dannocagionato all’attore: la prima esclusivamente in via contrattuale, mentre il secondo a titoloextracontrattuale, non avendo egli alcun obbligo giuridico nei confronti della vittima.

Tralasciando gli ulteriori profili che lo studio del caso suggerisce, intendiamo incentrarel’analisi sulla questione del concorso di responsabilità contrattuale e aquiliana in capo aduno stesso soggetto, il cui principio ha ricevuto forse tante applicazioni giurisprudenzialiquante critiche e sulla cui ammissibilità il dibattito è stato vivo per anni né può dirsi ad oggirealmente sopito.

2. I TERMINI DEL DIBATTITOEsula dall’oggetto del concorso di responsabilità, propriamente inteso, la situazione in cui,a concorrere nella produzione di un danno ad un medesimo soggetto, siano più danneg-gianti: il debitore del danneggiato e un soggetto terzo rispetto al rapporto obbligatorio.

È ovvio che, avendo entrambi cooperato nel cagionare il pregiudizio, entrambi sonotenuti in solido, benché a diverso titolo, al suo risarcimento nei confronti del danneggiato:questi potrà pertanto rivolgere la sua domanda per l’intero, a sua scelta, ad uno solo degliautori del danno, ovvero, non avvalendosi dell’opportunità offertagli dalle regole dellasolidarietà passiva, potrà pretendere da ciascuno il corrispondente della sua quota-parte.

A fronte del medesimo pregiudizio al suo diritto di credito, il danneggiato ha dunque adisposizione, a propria scelta, due azioni: una, di responsabilità contrattuale, verso il debi-tore inadempiente ed un’altra, di responsabilità aquiliana, verso il soggetto che, estraneo alrapporto obbligatorio, ha però cooperato all’inadempimento del debitore. Colui che hasofferto il pregiudizio potrà, perciò, o chiedere il risarcimento a entrambi i danneggianti, aciascuno secondo il proprio contributo nella causazione del danno, oppure chiedere l’inte-grale risarcimento ad uno solo dei due (2), con l’intesa che il soddisfacimento integrale delladomanda risarcitoria da parte di uno dei responsabili toglie ragioni a qualsivoglia pretesaverso l’altro.

Con riferimento alla vicenda in commento, questo schema riproduce il concorso dipretese risarcitorie nei confronti tanto dell’associazione sportiva, quanto del compagno diarrampicata, estraneo al rapporto contrattuale con l’attore: quest’ultimo avrebbe potuto, afronte di una tale situazione, scegliere di indirizzare la propria pretesa unicamente e perl’intero verso uno solo dei due, lasciandogli l’onere di agire in regresso verso l’altro per la

(1) Chiamava in giudizio, in realtà, altresì colui che al tempo dell’incidente agiva come rappresentante dell’as-sociazione sportiva, sulla base dell’art. 38 c.c., in quanto questi era soggetto agente in nome e per conto dell’asso-ciazione. Tuttavia, poiché tra associazione e suo rappresentante è mera questione di ripartizione interna dellaresponsabilità, la sentenza in commento non si occupa di esaminarne le rispettive colpe. Non rivestendo profili diinteresse con il tema che trattiamo in questa sede, coerentemente anche noi abbiamo scelto di non occuparcene.

(2) O ad uno solo in via principale, e all’altro in via subordinata.

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parte di responsabilità ad esso attribuibile; nel caso di specie, invece, ha preferito esperirele domande, secondo i diversi titoli, verso entrambi (3).

Le affinità e le divergenze che un tale quadro presenta con il fenomeno del concorso traresponsabilità contrattuale e aquiliana ha indotto la dottrina a classificarlo come una sortadi concorso, o cumulo, c.d. «improprio» di responsabilità, dove l’improprietà della fattispe-cie scaturisce dalla riconducibilità del danno a due soggetti (debitore e terzo), anziché alsolo debitore del danneggiato (4).

Diverso è il discorso, invece, quando si vada ad esaminare il danno a taluno prodotto daun medesimo soggetto, debitore del danneggiato, che però sarebbe stato ugualmente re-sponsabile, a titolo extracontrattuale, anche in assenza di detto previo legame di carattereobbligatorio.

Sotto questo più ristretto profilo di analisi, con riguardo alla vicenda in commento lasentenza ha escluso che nei confronti dell’associazione sportiva, presso cui era iscritto ildanneggiato, quest’ultimo potesse invocare entrambe le responsabilità, contrattuale eaquiliana, ai fini del risarcimento del danno sofferto; secondo il giudice adìto, al contrario, laresponsabilità contrattuale ha un carattere «assorbente» rispetto a quella da fatto illecito,sicché, in presenza dei presupposti per l’insorgere della prima, l’indagine sulla secondaperderebbe ogni ragion d’essere, pur sussistendone le premesse.

Rompendo con la tradizione, la decisione si schiera, così, contro l’applicazione delprincipio del concorso di responsabilità.

I presupposti per l’operare del principio del concorso di responsabilità, com’è noto, siverificano quando uno stesso fatto lesivo di un unico interesse del danneggiato (per esem-pio quello alla vita o all’integrità fisica o, ancora, quello alla proprietà) si configuri, ad untempo, come inadempimento di un’obbligazione e — indipendentemente dall’esistenza diquest’ultima — come violazione del dovere generale di neminem laedere, così che ad essereviolati siano non solo diritti nascenti dal contratto (o, comunque, da un rapporto obbliga-torio avente anche diversa fonte), ma altresì diritti o interessi tutelabili in capo al danneg-giato anche a prescindere dall’esistenza di un rapporto obbligatorio (5).

Il vantaggio che al danneggiato deriva dalla facoltà di invocare, a sua scelta, tanto lenorme di responsabilità contrattuale quanto le norme di responsabilità aquiliana è quello dipotersi giovare del regime che, in concreto, ritenga a sé più favorevole, o dell’unico rimasto

(3) Secondo i criteri stabiliti dall’art. 2055 c.c., vale a dire secondo la gravità della colpa di ognuno o delleconseguenze che ne sono derivate o, nel dubbio circa le responsabilità di ognuno, presumendo uguali le colpe.Sulle interpretazioni che si contendono il campo con riguardo al contenuto della norma di cui all’art. 2055 —concernenti, cioè, il dibattito tra la visione prettamente causalista e il rilievo da darsi all’elemento della colpa — cfr.FRANZONI, Dei fatti illeciti, in Comm. cod. civ. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, 721 s., sub art. 2055; SALVI,voce Responsabilità extracontrattuale (dir. vig.), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 1257; CAPECCHI, Il nesso dicausalità. Da elemento della fattispecie “fatto illecito” a criterio di limitazione del risarcimento del danno,Padova, 2005, 147 s.

(4) Cfr. ROSSELLO, Concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Nuova giur. civ. comm.,1985, 318.

(5) Sul punto ROSSELLO, Concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 317 ss.; ID., Respon-sabilità contrattuale e responsabilità aquiiliana: il punto sulla giurisprudenza, in Contratto impr., 1996, 659 ss.;CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, III ed., Milano, 2006, 578; VISINTINI, Trattato breve della responsabilitàcivile. Fatti illeciti. Inadempimento. Danno risarcibile, III ed., Padova, 2005, 264 s.; ID., Responsabilità contrat-tuale ed extracontrattuale (Una distinzione in crisi?), in Rass. dir. civ., 1983, 1077 ss.

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esperibile al momento della domanda o, ancora, della combinazione tra i due (6), al fine diottenere — una sola volta — il risarcimento del pregiudizio patito, attesi gli aspetti didiscordanza nella disciplina delle due responsabilità per quanto riguarda, ad esempio, iltermine prescrizionale, il risarcimento del danno imprevedibile o l’onere della prova.

La facoltà di adire entrambi i rimedi che il principio del concorso di responsabilitàconcede al danneggiato riflette tuttavia un certo grado di incertezza sull’oggetto della do-manda, quando questi non operi una scelta tra le due discipline di responsabilità — nep-pure graduandole tra loro secondo un indice di preferenza — bensì le invochi, come è statonel caso in esame, entrambe, lasciando al giudice tanto l’onere di qualificare la fattispecie,quanto quello di decidere la disciplina da applicarsi nel concreto (o, anche, se e comecombinarle tra loro) (7).

Non vi è dubbio che una tale soluzione sia quella che meno vincola il danneggiato, che,spostando sul giudice tutto il problema della qualificazione giuridica della fattispecie, hacosì esteso il più possibile il contenuto della sua richiesta. Ciò che occorre stabilire è, però,se una tale pratica sia anche legittima, rientrando nei compiti di qualificazione giuridicadella fattispecie da parte del giudice anche la determinazione del titolo di responsabilità inbase al quale condannare il danneggiante, ovvero se, invece, essa non sia piuttosto abusiva,risolvendosi in una richiesta di totale discrezionalità circa la determinazione del themadecidendum e rivelando in tal modo profili insanabili d’indeterminatezza nella domanda.

Per comprendere la portata del problema enunciato occorre prendere posizione, pre-liminarmente, nel dibattito tra l’interpretazione del concorso di responsabilità come unconcorso tra norme all’interno di un’unica azione o, all’opposto, come un concorso traazioni diverse.

3. (SEGUE). IL CONCORSO TRA LA RESPONSABILITÀ EX ART.2043 E LA RESPONSABILITÀ EX ART. 2050 C.C.All’interno della responsabilità extracontrattuale, nei confronti dell’associazione sportiva

(6) Nella diversità delle opzioni si scorge la differenza tra gli istituti, rispettivamente, del concorso e del cumulodi responsabilità. In particolare, mentre l’istituto del concorso offre al danneggiato la facoltà di optare, alternati-vamente, per la normativa che gli è più favorevole (quando entrambe sono azionabili), il cumulo consiste, invece,nella possibilità di sommare i vantaggi dati dalle due discipline di responsabilità, e ciò tanto sotto un profiloquantitativo (facendo propri, contestualmente, gli effetti di entrambi i rimedi, nel senso di permettere al danneg-giato di promuovere l’azione risarcitoria una seconda volta, sulla base di un titolo diverso da quello già invocato,nel tentativo di avere quanto non ottenuto con il primo mezzo, nell’ipotesi in cui il secondo prometta la prospettivadi conseguire un risarcimento maggiore), quanto sotto un profilo temporale (quando, uno dopo l’altro, il danneg-giato adisca entrambi i rimedi risarcitori, ovvero quando agisca con l’unico ancora esperibile al tempo delladomanda). Entrambi, gli istituti del concorso e del cumulo, sono espressione del principio del concorso di respon-sabilità, in quanto traggono entrambi partito dall’idea, comune, secondo cui un danno provocato da un unicoevento può collocarsi all’interno di ambedue i regimi di responsabilità: cfr. FRENDA, Il concorso di responsabilitàcontrattuale e aquiliana. Soluzioni empiriche e coerenza del sistema, Padova, 2013, 17 ss.

(7) Come si evince dalla sentenza in commento nella parte in cui riporta le conclusioni dell’attore, la formula daquesti usata è quanto mai vaga, poiché, nei confronti dell’associazione sportiva, l’attore domanda l’accertamentodella responsabilità contrattuale «e/o» di quella extracontrattuale «ex artt. 2043 e 2050», senza null’altro speci-ficare circa il grado di preferenza da attribuire alle richieste contenute nella domanda.

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l’attore ha invocato sia la generale responsabilità per fatto illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c.,sia, in aggiunta, la responsabilità per attività pericolose ex art. 2050 c.c. (8).

Benché non si tratti, con riferimento a detti due tipi di responsabilità, di un concorso traresponsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana, per l’ovvia ragione che entrambiappartengono allo stesso ambito della responsabilità extracontrattuale, pur sempre l’indi-cazione di due titoli di responsabilità a fronte di un unico danno pone un problema diconcorso tra essi, sicché per completezza ne affrontiamo il tema, anche per preannunciareanalogie e differenze con il ragionamento che seguirà con riguardo alla questione delconcorso tra responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana.

Occorre innanzitutto osservare, con riguardo ai due regimi di responsabilità extracon-trattuale in discorso, che le fattispecie di cui all’art. 2043 e all’art. 2050 c.c., oltre a presentaresignificative differenze di disciplina in relazione ai criteri di imputazione della responsabi-lità ascritta al danneggiante e all’onere probatorio gravante sul danneggiato, si trovano, sulpiano della fattispecie, in un rapporto da genere a specie, dal momento che la prima operasul presupposto della commissione, colposa o dolosa, di un qualsivoglia fatto illecito, men-tre la seconda sul presupposto dello svolgimento di un’attività pericolosa, sempre cheovviamente, questo per entrambe le fattispecie, alla condotta sia seguito un danno ingiu-sto (9).

Sicché, o mancano nell’azione i requisiti di intrinseca pericolosità, e allora il danno in-giustopotràessereascrittoall’autoredel fattounicamentesecondoicriteridicuiall’art.2043c.c., oppure, sussistendo le premesse per l’operare dell’art. 2050 c.c., il danneggiato potràavvalersi di quest’ultima disciplina, a lui senz’altro più vantaggiosa sia per il criterio di im-putazione di responsabilità al danneggiante (10), sia per l’inversione dell’onere probatorio.

A questa stregua, pertanto, un’indicazione congiunta dei due titoli avrebbe un’utilitàsoltanto se la responsabilità ex art. 2043 c.c. fosse invocata per l’ipotesi in cui il giudice non

(8) Testualmente, l’attore nomina, accanto alla responsabilità contrattuale della società sportiva, altresì la sua«responsabilità extracontrattuale ex artt. 2043 e 2050 ... », sicché queste ultime due norme non sono, a rigore,invocate in alternativa tra loro, bensì cumulativamente. Si può ritenere che detta formulazione sia dovuta ad unaimprecisione, dettata magari da una certa superficialità, e che l’attore intendesse utilizzare, in realtà, la congiun-zione «o» a legare le due norme, invocandole quindi in via alternativa.

(9) Così ALPA-BESSONE, I fatti illeciti, in Trattato dir. priv., VI, diretto da Rescigno, Torino, 1982, 334; così pureRUPERTO, La giurisprudenza sul codice civile coordinata con la dottrina, libro IV, Milano, 2012, 425; e, in giuri-sprudenza, Sez. Un. civ., 11 gennaio 2008, n. 576, in Mass. Giur. it., 2008; Cass. civ., 27 aprile 2011, n. 9406, in Giur.it., 2012, 539 ss.; Trib. Trento, 21 maggio 2013, reperibile on line su banca dati De Agostini. Parlano di pericolositàdell’azione per la sua spiccata potenzialità offensiva, Cass. civ., 29 maggio 1998, n. 5341, in Giur. it., 1997, 707 ss.;Cass. civ., 6 aprile 2006, n. 8095, in Mass. Giur. it., 2006; Cass. civ., 16 gennaio 2013, n. 919, reperibile on line subanca dati De Agostini.

(10) Nell’ambiguità della formula normativa, la giurisprudenza applica un vero e proprio criterio di responsa-bilità oggettiva, in quanto afferma che la presunzione di responsabilità «può essere vinta solo con una provaparticolarmente rigorosa, essendo posto a carico dell’esercente l’attività pericolosa l’onere di dimostrare l’adozio-ne di tutte le misure idonee ad evitare il danno, [...sicché] non basta la prova negativa di non aver commesso alcunaviolazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di aver impiegato ogni cura omisura atta ad impedire l’evento dannoso, di guisa che anche il fatto del danneggiato o del terzo può produrreeffetti liberatori solo se per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere, in modo certo, il nesso causale traattività pericolosa ed evento... »: cfr. Cass. civ., 29 aprile 1991, n. 4710, in Mass. Giur. it., 1991; così pure Cass. civ.,2 luglio 1993, n. 8069, in Foro it., 1994, I, 455; Cass. civ., 17 dicembre 2009, n. 26516, in Nuova giur. civ. comm., 2010,660 ss. In relazione allo schema di cui all’art. 2050 c.c. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961,305 s., parla di responsabilità oggettiva per rischio; sostiene la responsabilità oggettiva altresì COMPORTI, Fattiilleciti: le responsabilità oggettive. Artt. 2049-2053, fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, 2009, 156

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volesse ravvisare, nel caso sottoposto alla sua attenzione, i requisiti di pericolosità nell’at-tività del danneggiante richiesti dall’art. 2050.

Investito della scelta tra le due discipline di responsabilità, il giudice avrebbe dunque ilcompito di esaminare il modo in cui il danno si è prodotto e, all’esito di tale esame, deciderequale delle due norme meglio corrisponde alla fattispecie narratagli dalla parte, escludendonel concreto l’applicabilità dell’altra.

Nel caso in commento, in particolare, la pericolosità dell’attività di arrampicata è stataesclusa per le modalità in cui essa veniva svolta, attesa la ripetitività dell’esercizio e l’espe-rienza dei soggetti chiamati a compierlo; sicché, delle due, soltanto la responsabilità ex art.2043 sarebbe stata in astratto applicabile.

Un concorso tra gli artt. 2043 e 2050 c.c. è perciò solo apparente, poiché essi si fondanosu premesse almeno parzialmente diverse.

Sarebbe errato, pertanto, riconoscere al danneggiato una vera e propria facoltà di sceltatra i due tipi di responsabilità in questione; l’indicazione di entrambi i titoli gli può avereunicamente concesso di ampliare il contenuto della domanda, investendo il giudice delladecisione circa l’applicabilità di uno o dell’altro (11), con l’auspicio dell’accoglimento delladomanda in riferimento al titolo di responsabilità a sé più favorevole.

A questa stregua, invocare tanto la responsabilità per attività pericolose quanto lagenerale responsabilità per fatto illecito ha pertanto il significato di demandare al giudice ladecisione circa l’applicabilità dell’una o dell’altra norma in base ad un criterio di specialità,senza lasciare spazio alla sua discrezionalità nella definizione del thema decidendum.

4. CONCORSO DI RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE E AQUI-LIANA: CONCORSO DI NORME O CONCORSO DI AZIONI?Se, dunque, è precipuo compito del giudice quello di decidere, tra quelle invocate, ladisciplina applicabile al caso di specie quando una sola delle domande prospettate è, inconcreto, accoglibile, problemi nascono, invece, quando il giudice sia chiamato ad unascelta nel caso in cui entrambe siano ritenute, in astratto, applicabili.

Il problema riguarda, per quanto attiene al caso in commento, la domanda di condannaal risarcimento del danno formulata dal danneggiato, ancora nei confronti dell’associazionesportiva, secondo la responsabilità contrattuale, ex art. 1218 c.c., «e/o» secondo la respon-sabilità extracontrattuale (12).

Invero, per ammettere, come la giurisprudenza maggioritaria ha sostenuto per anni (13),

ss. Circa la problematicità del criterio di imputazione contenuto nella norma, v. ZIVIZ, Le attività pericolose, inNuova giur. civ. comm., 1988, 179 ss.

(11) Se la parte ha inizialmente invocato soltanto l’art. 2043 c.c., invero, il divieto di mutare la domanda in corsodi causa le impedisce di chiedere poi l’applicazione dell’art. 2050, che si basa su diverse condizioni, ha diverseregole processuali e un diverso criterio di imputazione della responsabilità: v. App. Napoli, 23 giugno 2011,reperibile on line su banca dati De Agostini. Il contrario, invece, sarebbe possibile, proprio per il rapporto dagenere a specie tra l’art. 2043 e l’art. 2050 c.c.

(12) Quest’ultima invocata ai sensi degli artt. 2043 e 2050 c.c.: circa l’apparente concorso di dette due norme, el’opportunità di citarle entrambe, si è già discusso al paragrafo che precede.

(13) Tra le tante in favore del concorso di responsabilità, cfr. App. Roma, 30 marzo 1971, in Foro pad., 1972, I,552; Cass. civ., 5 dicembre 1975, n. 4032, in Giust. civ. Mass., 1975, 1885 s.; Cass. civ., 9 gennaio 1979, n. 119, ivi.,1979, 63; Cass. civ., 19 marzo 1979, n. 1593, ivi, 1979, I, 723; Cass. civ., 14 maggio 1979, n. 2773, in questa Rivista,1980, 403 ss.; Cass. civ., 27 febbraio 1980, n. 1696, ibidem, 339 ss., con nota di ALPA; Cass. civ., 7 agosto 1982, n. 4437,

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la facoltà per il danneggiato di scegliere il rimedio applicabile tra quello ex delicto e quelloex contractu, occorre dare spazio ad una serie di considerazioni, di un certo interesse anchesotto il profilo processuale.

La questione, di carattere sostanziale, da cui il discorso prende le mosse è racchiusa nelquesito se il danneggiato abbia un unico diritto soggettivo al risarcimento del danno o se,invece, i diritti al risarcimento siano due, corrispondenti ognuno a ciascun titolo di respon-sabilità e tra loro in rapporto di reciproca esclusione.

In particolare, nel caso di unicità del diritto, una sola sarà anche l’azione diretta adottenere il risarcimento del danno, pur potendo essere fondata sull’una o sull’altra disci-plina di responsabilità: si parlerà, allora, di concorso di sole norme a fronte di una medesi-ma domanda giudiziale; nel caso contrario, quando cioè si assuma che i diritti soggettivi alrisarcimento siano più d’uno, ogni diritto darà vita ad un’azione autonoma ed indipendentedall’altra, sicché il quadro sarà quello del concorso tra azioni. (14)

A questo proposito, una disputa che ha impegnato — e che ancora impegna, per la suaimportanza anche pratica — dottrina e giurisprudenza, riguarda la possibilità di mutamen-to del titolo della domanda in corso di causa. Il problema è strettamente collegato allaquestione concernente la facoltà del giudice di qualificare egli stesso — in via indipendenteo addirittura contrastante rispetto all’inquadramento giuridico prospettato dall’attore — lanatura della responsabilità in base alla quale accordare il risarcimento del danno, sullascorta dei fatti descritti e provati dalle parti durante il giudizio (15).

Ora, quanti inquadrano il concorso di responsabilità in un concorso di sole norme,

ivi, 1984, 78 ss.; App. Roma, 6 settembre 1983, ivi, 1984, 89 ss.; Cass. civ., 22 settembre 1983, n. 5638, in Giust. civ.Mass., 1983, II, 2009; Cass. civ., 13 gennaio 1993, n. 343, in Vita not., 1995, 674 ss.; Cass. civ., 23 giugno 1994, n. 6064,in Foro it., 1995, I, 201 ss.; e in Giur. it., 1995, I, 412 ss.; Cass. civ., 5 ottobre 1994, n. 8090, in Danno resp., 1996, 614ss.; Trib. Milano, 26 gennaio 1995, ibidem, 612 ss.; Cass. civ., 19 gennaio 1996, n. 418, ibidem, 1996, 85; Cass. civ., 21giugno 1999, n. 6233, in Giust. civ. Mass., 1999, II, 1444 s.; Cass. civ., 16 maggio 2000, n. 6356, ivi, 2000, I, 1038; Cass.civ., 20 giugno 2001, n. 8381, ivi, 2001, II, 1223; Trib. Reggio Calabria, 30 ottobre 2003, in Giur. merito, 2004, 695;Trib. Roma, 24 maggio 2004, ibidem, 2363; Cass. civ., 29 aprile 2005, n. 8981, in Giust. civ., 2006, I, 617 ss.; Cass. civ.,11 maggio 2007, n. 10830, in Giust. civ. Mass., 2007, I, 932. Contra, tra le sentenze recenti v., ad esempio, Cass. civ.,20 febbraio 2006, n. 3651, in Giust. civ. Mass., 2006, I, 434 ss.; Cass. civ., 13 aprile 2007, n. 8826, in Nuova giur. civ.comm., 2007, I, 1428 ss.

(14) Cfr. CERINO CANOVA, La domanda giudiziale e il suo contenuto, Torino, 1980, 195 ss.; HEINITZ, I limiti oggettividella cosa giudicata, Padova, 1937, 167 e 182; LIEBMAN, Azioni concorrenti, in Problemi del processo civile, Napoli,1962, 54 ss., spec. 57; TARZIA, Appunti sulle domande alternative, in Riv. dir. proc., 1964, 253 ss., spec. 271 s. Restainteso, comunque, che — come vuole la definizione stessa del concorso di responsabilità — i diritti, o meglio, leposizioni giuridiche lese siano due (il diritto di credito, da un lato, e il diritto assoluto o l’interesse di fattomeritevole di tutela, dall’altro), e ciò a prescindere dalla lettura che si voglia dare alla fattispecie sul pianoprocessuale (in altri termini, sia che la si intenda come concorso di norme, sia che la si interpreti come concorso diazioni). Osserviamo tuttavia che, mentre coloro che sostengono il concorso di azioni spesso si riferiscono al datodella lesione di due diritti (da ciascuno dei quali fanno discendere, per conseguenza, distinte azioni volte alrisarcimento del danno), i fautori della tesi del concorso di norme analizzano la questione privilegiando l’aspettosecondo cui il diritto al risarcimento è unico, da cui fanno discendere i connessi profili, prettamente processuali, diunicità della domanda per unicità di causa petendi e di petitum; non si soffermano, invece, sul dato sostanzialedella lesione dei due diritti (rectius, posizioni giuridiche): quest’ultimo assunto resta per lo più sullo sfondo, comeun dato implicito non sviluppato. Tuttavia, un cenno alla lesione di più diritti talvolta si riscontra anche in senoall’orientamento che sposa la tesi del concorso di norme: si veda, ad esempio, Cass. civ., 18 marzo 1950, n. 740, inquesta Rivista, 1950, 313 ss.

(15) In termini generali, il potere, riconosciuto al giudice, di accogliere la domanda prospettata dalla parteanche sulla base di una qualificazione giuridica diversa da quella indicatagli dall’attore costituisce applicazione delprincipio jura novit curia, che gli attribuisce la « libertà [...], rispetto alle allegazioni e alle prove offerte dalle parti,

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ritengono che la domanda di risarcimento prospettata dal danneggiato possa trovare acco-glimento, secondo la qualificazione ritenuta più opportuna dal giudice, tanto in via contrat-tuale, quanto secondo le regole della responsabilità aquiliana. Ciò perché, essendo unico ildiritto soggettivo fatto valere, ossia un generale diritto risarcitorio, unica non può che essereanche l’azione volta a conseguire tale diritto; sicché, rigettata in primo grado la domandafondata su un (solo) titolo (ad esempio, sul solo rimedio extracontrattuale), l’impugnazionebasata sui medesimi elementi di fatto è sufficiente ad evitare che sulla decisione si formi ilgiudicato, nonostante che, in sede di gravame, il danneggiato invochi l’altro titolo soltanto(ad esempio, la sola responsabilità contrattuale).

Questo significa, da un canto, che non è precluso alla parte di riproporre, in appello,l’azione di risarcimento, questa volta fondandola su un titolo diverso rispetto a quello spesoin primo grado (con riguardo al quale il giudice si era pronunciato nel senso del rigetto):dato, infatti, che la domanda non muta, l’attore non incorre nel divieto, contenuto nell’art.345 c.p.c., di proposizione di domande nuove nel giudizio di appello; per altro verso ciòcomporta, però, che il giudicato di rigetto precluderà al danneggiato la riproposizione, in unnuovo processo, della domanda di risarcimento basata su un titolo diverso, anche se maiinvocato nel giudizio conclusosi infruttuosamente (sarà precluso al danneggiato, ad esem-pio, introdurre nuovamente la domanda di risarcimento invocandone a fondamento laresponsabilità contrattuale, quando il giudice si è già pronunciato per il diniego della stessa,invocata soltanto su base aquiliana) (16).

Poiché si tratterebbe soltanto di decidere quale sia la norma applicabile, il giudicepotrebbe farlo anche d’ufficio e addirittura in assenza di — o contrariamente a — qualsi-voglia indicazione in tal senso del danneggiato, sulla scorta del principio « jura novit curia».In questo quadro, classificare l’azione risarcitoria come azione di responsabilità contrat-tuale ovvero come azione di responsabilità aquiliana è nient’altro che un problema dinomen juris: il passaggio da un titolo all’altro di responsabilità, cioè, non incide sulla causapetendi e, di conseguenza, non produce una modifica della domanda (17).

Aquestastregua,l’eventualeindicazione,fornitadall’attore,deltitolodiresponsabilitàsucuifondareildirittoalrisarcimentoèconsiderataunameradenominazionegiuridicae,come

nella rilevazione delle fonti normative al fine di assolvere il dovere, impostogli dall’art. 113 c.p.c., di “giudicaresecondo diritto”»: così SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile, XIII ed. a cura di PUNZI, 2000, 176; e così pureSAPIENZA, Il principio « iura novit curia» e il problema della prova delle leggi straniere, in Riv. trim. dir. proc. civ.,1961, 41 ss.

(16) Cfr. PROTO PISANI, Appunti sul giudicato civile e sui suoi limiti oggettivi, in Riv. dir. proc., 1990, 386 ss., 404.Per quanto attiene al concetto di cosa giudicata, nonché alla sua estensione, v. ATTARDI, In tema di limiti oggettividella cosa giudicata, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1990, 475 ss.; e REDENTI, Il giudicato sul punto di diritto, in Scrittigiuridici in onore di Francesco Carnelutti, II, Diritto processuale, Padova, 1950, 692 ss.

(17) La disputa circa l’estensione del concetto di causa petendi ha radici lontane e si è sviluppata, nel nostroordinamento, attraverso il confronto tra teoria dell’individuazione, da un lato, e teoria della sostanziazione,dall’altro. La differenza tra i due orientamenti si apprezza con riferimento al ruolo da ciascuno attribuito al dirittosostanziale, da un canto, e al fatto costitutivo della domanda, dall’altro. Attorno al primo, il diritto sostanziale, ècostruita la teoria dell’individuazione, che ritiene determinata la causa petendi a patto che sia designato il rapportogiuridico che dà vita all’azione: cfr. CHIOVENDA, Principii di diritto processuale civile, Le azioni. Il processo dicognizione, Napoli, 1965, 283; HEINITZ, I limiti oggettivi della cosa giudicata, cit., 146 s.; TARZIA, Appunti sulledomande alternative, in Riv. dir. proc., 1964, 273. Alla teoria dell’individuazione si contrappone, tradizionalmente,la teoria della sostanziazione, la quale circoscrive la portata individuatrice della causa petendi alla sola allegazionedei fatti costitutivi, cui limita la forza del giudicato: in tale prospettiva, un mutamento della causa petendi potrebberegistrarsi soltanto al variare dei fatti posti a fondamento dell’azione; pertanto, con riferimento al fatto costitutivo

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tale, non è vincolante né per le parti né per il giudice; le deduzioni giuridiche avrebbero, inaltri termini, unicamente la funzione di motivare la richiesta, non anche d’individuarla (18).

A ben vedere, però, un discorso di questo genere porta alla negazione in radice delconcorso di responsabilità.

Infatti, in conseguenza del potere-dovere, riconosciuto in capo al giudice, di dare vestegiuridica al fatto narrato dalla parte — e potendo egli, in ciò, spaziare da una disciplinaall’altra di responsabilità, anche mutando la qualificazione giuridica operata dal danneg-giato — si addiverebbe, sul piano pratico, sempre all’applicazione dell’unica disciplina diresponsabilità che il giudice ha ritenuto confacente al caso di specie, e ciò sia muovendo daun’ottica di favore verso il principio del concorso di responsabilità, sia muovendo dalla suanegazione.

La scelta del giudice, infatti, non può basarsi — a meno di concedere che questi abbiauna (inammissibile) discrezionalità nella scelta del thema decidendum — su una sua merapreferenza tra due discipline entrambe parimenti fondate ed entrambe parimenti applica-bili al caso di specie; egli, piuttosto, esaminate le modalità in cui il danno si è prodotto,deciderà quale delle due norme di responsabilità corrisponde meglio alla fattispecie che leparti gli hanno posto, escludendo nel concreto l’applicabilità dell’altra.

allegato, il giudicato verrebbe a coprire tutti gli eventuali diritti che da quel fatto possono originarsi, quand’anchenon dedotti dalla parte: cfr., al riguardo, ZANZUCCHI, Nuove domande, nuove eccezioni e nuove prove in appello, art.490-491 c.p.c., Milano, 1916, 330 ss.; e GIANNOZZI, La modificazione della domanda nel processo civile, Milano,1958, 35 ss. Stando a tale ultimo orientamento, perciò, unico fattore determinante per il mutamento della causapetendi è il fatto posto a base del diritto, mentre la veste di giuridicità del fatto è relegata ad un ruolo del tuttomarginale. Per questo motivo, si è detto che «la teoria della sostanziazione spinge la massima iura novit curia finoalle ultime conseguenze»: il danneggiato potrebbe addirittura omettere del tutto di formulare deduzioni giuridichea fondamento della propria richiesta, poiché ciò che conta, secondo la teoria in parola, sono «soltanto le allegazionidi fatto [...] e la conseguenza formale, astratta, che viene formulata nel petitum »: così HEINITZ, op. ult. cit., 161 (cheperò propende per la teoria dell’individuazione). In giurisprudenza, affermano principi in linea con la teoria dellasostanziazione: Cass. civ., 24 giugno 1995, n. 7201, in Giust. civ. Mass., 1995, 1307 s.; Cass. civ., 9 maggio 2000, n.5840, ivi, 2000, 959 s.; Cass. civ., 16 luglio 2002, n. 10316, ivi, 2002, 1242; Cass. civ., 21 giugno 2004, n. 11470, ivi, 2004,1384; Cass. civ., 25 settembre 2008, n. 24055, ivi, 2008, 1396 s. Nell’ottica di superare il tradizionale antagonismo trateoria dell’individuazione e teoria della sostanziazione, non manca peraltro chi sostiene come esse siano, in realtà,due diverse facce della stessa medaglia, differenziandosi tra loro soltanto per la prospettiva da cui ciascuna guardaal problema, non invece per le conseguenze che concretamente ne derivano: così FAZZALARI, Note in tema di dirittoe processo, Milano, 1957, 118 s., in questo senso anche FERRI, Struttura del processo e modificazione delladomanda, Padova, 1975, 87; e MANDRIOLI, Diritto processuale civile, I, Nozioni introduttive, XVIII ed., Torino, 2006,158. Rappresentativa della soluzione di compromesso tra le predette due teorie in contrapposizione è la defini-zione stessa che viene fornita, in questa prospettiva, della causa petendi, la quale rispecchia la raggiunta sintesi tragli estremi — in contesa — dell’allegazione del fatto, da un lato, e dell’individuazione del diritto, dall’altro: standoa quest’ultimo orientamento, invero, la causa petendi consiste negli «elementi di fatto e di diritto della fattispecieda cui deriva il diritto sostanziale»: FERRI, op. cit., 87. A questa stregua, la causa petendi si assume mutare non,aprioristicamente, al semplice mutare degli elementi di fatto (secondo la teoria della sostanziazione) o deglielementi di diritto (secondo la teoria dell’individuazione), ma unicamente quando detti cambiamenti incidano suldiritto sostanziale fatto valere: « il vero problema della causa petendi si sposta e consiste nell’individuare, conriferimento a ciascun singolo e concreto diritto dedotto in giudizio, quale sia la sua fattispecie costitutiva» (FERRI,op. cit., 87). Quest’ultimo orientamento, peraltro, mostra di avere raggiunto una certa consapevolezza che quellodella definizione del concetto di causa petendi è un problema alla cui soluzione non si può addivenire in terminigenerali e astratti, ma soltanto affrontando la questione nei limiti segnati dal caso concreto entro cui il quesito sipone (così FERRI, op. cit., 87; e PROTO PISANI, op. ult. cit., 17).

(18) Cfr. CERINO CANOVA, op. cit., 188. In giurisprudenza, il principio è espresso da Cass. civ., 21 febbraio 1994, n.1654, in Giust. civ. Mass., 1994, 187 s.; Cass. civ., 10 febbraio 2000, n. 1461, ivi, 2000, 288 s.; Cass. civ., 8 febbraio2007, n. 2746, ivi, 2007, I, 295 s.; Cass. civ., 25 settembre 2008, n. 24055, ivi, 2008, III, 1396 s.

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La soluzione del concorso di sole norme, cioè, essendo il risvolto processuale dell’esi-stenza di un unico diritto del danneggiato — quello al risarcimento del danno subìto —meglio si presta a sostenere la tesi secondo cui, in realtà, responsabilità contrattuale eresponsabilità aquiliana non concorrono affatto.

A questa stregua, non resta che prendere atto che il concorso di responsabilità si spiegasoltanto nell’ambito della teoria del concorso di azioni (19).

Come si è detto, premessa di quest’ultimo orientamento è che dal medesimo fatto lesivoproduttivo, al contempo, di un’obbligazione risarcitoria di carattere contrattuale e di una dicarattere extracontrattuale, nascano non già un unico diritto indistinto al risarcimento deldanno, bensì due diritti diversi, di cui uno connesso al titolo di responsabilità contrattuale el’altro a quello di responsabilità aquiliana. Dalla sussistenza di diritti risarcitori distinticonsegue, sul piano processuale, che ad ognuno di essi corrisponda un’azione volta a farlovalere (20).

Tale orientamento — secondo cui, in caso di concorso di responsabilità, da un unicofatto lesivo abbiano origine due diritti risarcitori diversi — trova conforto nella tradizionaledistinzione tra diritti autodeterminati e diritti eterodeterminati (21).

Diritti autodeterminati sono quei diritti che, dato il loro contenuto materiale, possonosussistere una sola volta tra gli stessi soggetti: si fa, tipicamente, l’esempio della proprietà edegli altri diritti reali di godimento; essi sono individuati solo che si faccia riferimento alcontenuto del diritto ed al soggetto cui il diritto inerisce, senza che occorra alcun cenno alfondamento del diritto stesso. Non rileva dunque, per la delimitazione della domanda voltaa farlo valere, il titolo d’acquisto vantato, poiché, se alla base del medesimo diritto sonopotenzialmente configurabili più titoli, tutti si hanno per dedotti; ne consegue pertanto che,

(19) Di quest’avviso è R. SCOGNAMIGLIO, Responsabilità civile e danno, Torino, 2010, 111; e ID., voce Responsa-bilità contrattuale ed extracontrattuale, in Noviss. dig. it., 1968, XV, 670 ss., CATTANEO, La responsabilità delprofessionista, Milano, 1958, 309 s.; DE MATTEIS, La responsabilità medica tra scientia iuris e regole di formazionegiurisprudenziale, in Danno resp., 1999, 781 ss.; e HEINITZ, op. ult. cit., 165 ss., che argomenta muovendo dallapremessa della pluralità di diritti al risarcimento. Per la teoria del concorso di azioni propende la giurisprudenzamaggioritaria: App. Milano, 12 gennaio 1951; e App. Napoli, 12 marzo 1951, entrambe in questa Rivista, 1951, 143ss.; Cass. civ., 16 aprile 1951, n. 933, ibidem, 331 ss.; Cass. civ., 16 giugno 1951, n. 1574, ibidem, 1951, 509 ss.; Cass.civ., 9 aprile 1952, n. 966, in Foro it., 1952, 1524 ss.; Sez. Un. civ., 10 ottobre 1956, n. 3785, in Giust. civ. Mass., 1956,1284; Cass. civ., 19 marzo 1979, n. 1593, ivi, 1979, I, 723; Cass. civ., 7 agosto 1982, n. 4437, in questa Rivista, 1984, 78ss.; Cass. civ., 22 settembre 1983, n. 5638, in Giust. civ. Mass., 1983, II, 2009; Cass. civ., 11 febbraio 1985, n. 1128, inGiur. it., 1986, I, 795; Cass. civ., 8 aprile 1995, n. 4078, in Giust. civ. Mass., 1995, 794 s.; Cass. civ., 3 dicembre 1991,n. 12921, ivi, 1991, 1733; Cass. civ., 17 luglio 1995, n. 7768, in Giur. it., I, 1, 1110 ss.; Cass. civ., 15 gennaio 1996, n. 269,in Giust. civ. Mass., 1996, 49; Cass. civ., 2 agosto 2000, n. 10129, ivi, 2000, II, 1688 s.; Sez. Un. civ., 12 marzo 2001, n.99, in Danno resp., 2001, 580 ss.; Cass. civ., 27 agosto 2002, n. 12562, in Giust. civ. Mass., 2002, II, 1587. Perun’analisi giurisprudenziale v. altresì VISINTINI, La responsabilità civile nella giurisprudenza, in Raccolta siste-matica di giurisprudenza commentata, diretta da Rotondi, Padova, 1967, 15 ss.

(20) L’azione s’individua, invero, in base alla natura del diritto violato e non, invece, sulla scorta del fine (inquesto caso, il risarcimento) cui essa tende. La coesistenza di più diritti al risarcimento e, rispettivamente, di piùazioni, non deve tuttavia portare alla conclusione che il danneggiato possa conseguire più volte lo stesso ristoro afronte dello stesso danno: al contrario, la soddisfazione di un diritto estingue anche (in tutto, se gli oggetti delledomande coincidono esattamente, o in parte, se vi è invece una differenza di petita), la pretesa dell’altro.

(21) Cfr. PALMA, Brevi note in tema di domande autodeterminate, eterodeterminate e oggetto del giudiziod’appello, in Giust. civ., 2000, I, 2980 ss.; sul punto, v. anche CERINO CANOVA, op. cit., 176 ss.; e CONSOLO, voceDomanda Giudiziale, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Torino, 1991, 72 ss.

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per questa categoria di diritti, la domanda non muta quand’anche essa venga fondata,successivamente, su un titolo di acquisto diverso rispetto a quello inizialmente addotto (22).

Appartengono alla categoria dei diritti eterodeterminati, al contrario, quei diritti chepostulano, per la loro esatta individuazione, l’indicazione del fatto costitutivo che vi ha datoorigine, in quanto si tratta di situazioni sostanziali che possono esistere simultaneamentepiù volte con lo stesso contenuto tra gli stessi soggetti. Con riguardo a questi ultimi, il fattocostitutivo del diritto ha funzione individuante, sicché ad ogni titolo corrisponderebbe undiverso diritto e dunque, in sede processuale, una diversa causa petendi della domandavolta a farlo valere (23). Il riferimento è, principalmente, al diritto di credito ad una presta-zione generica e, con specifico riguardo al caso in commento, al diritto di credito avente adoggetto la prestazione risarcitoria (24).

Con riguardo all’obbligazione risarcitoria, in particolare, a seconda che si scelga la tuteladata dalle regole di responsabilità contrattuale o, per converso, quella disciplinata dallenorme di responsabilità aquiliana, diverse sono le situazioni giuridiche prospettate comefondamento della richiesta di risarcimento: l’inadempimento di una precedente obbliga-zione nel primo caso, e l’aver posto in essere un illecito nel secondo. Ciò si traduce, sul pianodegli elementi costitutivi della domanda giudiziale, nel dire che la causa petendi dell’azionerisarcitoriamutaasecondadiqualesialatutela(contrattualeoextracontrattuale)attivata (25).

La differenza tra le due domande risarcitorie non si limita comunque al profilo dellacausa petendi; difformità tra le due azioni di responsabilità possono apprezzarsi altresì nelpetitum, ad esempio in dipendenza del fattore della prevedibilità del danno (26), piuttostoche nella disciplina dell’onere della prova, in quella dei termini di prescrizione e, talvolta,anche nella competenza per territorio e nella possibilità di formulare eccezioni.

Sotto il profilo strettamente processuale, l’asserita diversità delle due azioni comportanon poche implicazioni, che si apprezzano particolarmente nel caso in cui il danneggiatoabbia proposto in giudizio una sola delle azioni in concorso; o, situazione di fatto analoga,quando, pur avendole in primo grado esercitate alternativamente entrambe, ne richiamipoi una sola in sede di gravame. In queste evenienze al giudice è precluso, a meno diincorrere in vizio di ultrapetizione, il potere di riqualificare la domanda risarcitoria propo-sta dal danneggiato.

Invero, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112c.p.c., nell’imporre al giudice di decidere su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa, lo

(22) Il che non postula la non necessità di provare il titolo su cui asseritamente si fonderebbe il diritto, ché taleprova è necessaria (si pensi al caso dell’azione di rivendicazione, per l’accoglimento della quale l’attore deveaddirittura riuscire a risalire al momento di acquisto a titolo originario); ciò significa, piuttosto, che il percorsoseguito per dimostrare la titolarità del diritto non è determinante per l’identità dell’azione. Sul tema v. CONSOLO, op.cit., 72 s.; LUISO, Diritto processuale civile, I, Principi generali, Milano, 1997, 51 s.; e, in giurisprudenza, cfr. Cass.civ., 8 luglio 1980, n. 4354, in Giust. civ. Mass., 1980, II, 1863; Cass. civ., 22 giugno 1995, n. 7074, ivi, 1995, 1280; Cass.civ., 7 dicembre 2005, n. 26973, ivi, 2005, III, 2605 s.

(23) Non tanto diversamente, in realtà, da quanto afferma la teoria dell’individuazione: cfr. supra nota 17.(24) Cfr. PROTO PISANI, op. cit., 391 s.(25) Il che sarebbe in linea, peraltro, con il dettato dell’art. 163, comma 3, n. 4, c.p.c., che richiede tra i requisiti

della domanda, oltre all’esposizione dei fatti, anche gli «elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda».È in questa prospettiva che si spiega la necessità, per l’attore, di determinare specificamente il fatto costitutivo chevuole porre a base dell’azione di risarcimento, in quanto, mutando la ragione della pretesa, viene a mutare anchel’azione esercitata; in quest’ultimo senso v. Cass. civ., 16 aprile 2003, n. 6099, in Dir. trasp., 2004, 994 ss.

(26) Atteso che, com’è noto, l’art. 1225 c.c. è applicabile soltanto al risarcimento del danno secondo le regoledella responsabilità contrattuale.

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vincola all’azione scelta dalla parte: sicché al giudice del medesimo grado di giudizio in cuil’azione è esercitata è fatto divieto di accogliere la richiesta risarcitoria sulla base del titolodi responsabilità non invocato; mentre al giudice del secondo grado è precluso di mutared’ufficio, in mancanza di gravame sul punto, la qualificazione operata dal primo giudice,sulla quale, peraltro — come non si è mancato di osservare in varie sentenze — è sceso ilgiudicato interno (27).

Come vale per il giudice, così il divieto di mutamento dell’azione in corso di causa valeanche per le parti. Al danneggiato non è pertanto concesso, dopo avere formulato la do-manda risarcitoria sulla base di un titolo di responsabilità, di mutare la richiesta di risarci-mento, invocando la tutela fornita dall’altra disciplina di responsabilità non nominata perònell’atto di citazione: una siffatta condotta processuale — importando l’introduzione di unadomanda caratterizzata da causa petendi e (talvolta anche) petitum diversi — realizzerebbeinfatti gli estremi della mutatio libelli e non della semplice emendatio (la sola ad essereconcessa secondo l’interpretazione, comunemente accolta, dell’art. 183, comma 6,c.p.c.) (28).

Per lo stesso riflesso di incertezza che si avrebbe sulla domanda, non è ammissibileneppure che la parte indichi — come ha fatto, nel caso di specie, la difesa del danneggiato— entrambi i titoli di responsabilità senza specificare quale tra i due costituisca oggetto didomanda principale e quale di subordinata o, se invocati cumulativamente, senza specifi-care come debbano combinarsi per evitare una duplicazione di risarcimento. In questomodo, infatti, il giudice sarebbe lasciato libero di decidere, senza che gli sia stato fornitoalcun criterio, tra le due azioni diverse, entrambe — nell’ottica dell’ammissibilità del con-corso — fondate, ed entrambe ugualmente proponibili (29).

All’esito delle considerazioni svolte bisogna allora concludere che soltanto al prezzodella negazione dell’ammissibilità del principio del concorso di responsabilità la parte puògravare il giudice della scelta di quale, tra le due discipline di responsabilità indicate,

(27) Cfr. Cass. civ., 18 aprile 1998, n. 3980, in Giust. civ. Mass., 1998, I, 829; Cass. civ., 20 novembre 1998, n.11753, in ivi, 1998, II, 2404 s.; Cass. civ., 15 maggio 2001, n. 6712, ivi, 2001, II, 981 s.; Cass. civ., 28 gennaio 2004, n.1547, in Giur. it., 2004, II, 1581 ss.

(28) Per lo stesso principio è inammissibile anche la proposizione, in secondo grado, di una domanda fondatasu un titolo di responsabilità non introdotto nel giudizio di primo grado (dunque, l’attore non potrà ricorrere inappello, ad esempio, all’azione aquiliana, quando in primo grado aveva invocato — senza successo — soltantoquella contrattuale): a ciò osta espressamente il dettato dell’art. 345 c.p.c., che vieta la proposizione di nova inappello: così Cass. civ., 3 dicembre 1991, n. 12921, in Giur. it., 1992, I, 1, 2210 ss.; Cass. civ., 2 agosto 2000, n. 10129,in Giust. civ. Mass., 2000, II, 1688 s.; Cass. civ., 14 febbraio 2001, n. 2080, in Nuova giur. civ. comm., 2002, II, 311 ss.In positivo, d’altro canto, la teoria del concorso di azioni (ancora nel caso di esercizio di una sola azione) puògiovare al danneggiato nella misura in cui gli consente, anche una volta terminato infaustamente il giudizio basatosu un titolo di responsabilità, di ripresentare la domanda di risarcimento per il danno subìto, questa voltafondandola sull’altro titolo di responsabilità, quello che non sia stato oggetto della (separata e) precedente causa:ciò può accadere, ad esempio, quando la parte, a fronte del rigetto dovuto all’avvenuta prescrizione dell’azioneintrodotta, promuova una nuova causa esercitando l’altra azione, non ancora prescritta; o, ancora, quando essaintroduca un nuovo giudizio fondato sull’azione di responsabilità contrattuale per giovarsi della regola dell’inver-sione dell’onere probatorio, dopo essersi vista respingere la domanda di risarcimento in via extracontrattuale pernon essere stata in grado di dimostrare la colpa o il dolo del danneggiante.

(29) Altrettanto inammissibile, per gli stessi risvolti di indeterminatezza nella domanda, sarebbe l’azione voltaa richiedere unicamente la condanna al risarcimento, ove il danneggiato si limitasse solo a narrare il fatto da cui sisarebbe originato il danno, ma senza corredare la domanda delle ragioni di diritto, senza, cioè, neppure nominarealcun titolo di responsabilità a suo fondamento: anche qui, infatti, sarebbe il giudice a dovere formulare la causapetendi della domanda.

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applicare; nell’ottica di ammettere il concorso, all’opposto, una simile pratica renderebbe ladomanda risarcitoria nulla per indeterminatezza.

Pertanto, delle due l’una: o la domanda della parte non sottende una sua vera facoltà discelta, bensì è formulata nel senso di indicare al giudice tutte le azioni pensabili conrelazione al caso di specie, e ciò al fine di aumentare le possibilità di vittoria, atteso che ilgiudice è vincolato alla domanda delle parti dal principio della corrispondenza tra chiesto epronunciato, ex art. 112 c.p.c.; o, invece, al danneggiato è concessa una vera e propriafacoltà di scelta, data dall’ammissibilità del principio del concorso di responsabilità nelnostro ordinamento.

Ora, nel nostro caso, nella prima ipotesi, il danneggiato avrebbe quantomeno potutoprecisare in maniera chiara che ciascuna domanda era invocata in alternativa all’altra,anziché in aggiunta (30): tuttavia, la domanda resta valida, e nulla vieta al giudice di acco-glierla in parte (in relazione, cioè, ad uno solo dei titoli invocati). Nella seconda ipotesi,invece, per scongiurare l’indeterminatezza — e quindi la nullità, ex art. 164 c.p.c. — delladomanda, il danneggiato avrebbe dovuto inserire un ordine di preferenza tra le due azioniproposte in via alternativa, ovvero indicare in che modo esse dovessero combinarsi tra lorosenza dare adìto a duplicazione risarcitoria, anziché meccanicamente legarle, come inveceha fatto, con un incurante «e/o».

Nel caso di specie la domanda è stata salvata dalla nullità dall’avere il giudice negato inradice l’applicazione del concorso, statuendo che in presenza dei requisiti per l’operaredella responsabilità contrattuale, per quella aquiliana non vi è posto (31).

5. LE RAGIONI CONTRO IL CONCORSO DI RESPONSABILITÀChe la scelta orientata alla responsabilità contrattuale sia stata qualcosa di più che unadecisione tra due responsabilità entrambe prospettabili è reso chiaro dall’affermazione,che si legge in sentenza, secondo cui la responsabilità contrattuale «assorbe» ogni discus-sione circa l’esistenza di quella extracontrattuale.

Tale affermazione accoglie il suggerimento dato dalla giurisprudenza della S.C. con lenote sentenze gemelle rese a Sezioni Unite l’11 novembre 2008, n. 26972-5, in cui la regoladel concorso si è finalmente svelata come un espediente di «dubbio fondamento dogmati-co» (32); ma, di più, accoglie il suggerimento di quella parte della dottrina che, da sempre,

(30) Il concorso cumulativo di azioni, ove non siano specificate le modalità di detto cumulo, potrebbe infattiportare — come si è detto — ad una duplice richiesta risarcitoria, che non è ammissibile. Senza contare che è unascelta senz’altro poco elegante quella di enumerare in ordine sparso tutte le possibili azioni esperibili a fronte diuna pretesa, senza lasciar trasparire un minimo di cognizione nell’intuire il possibile rapporto tra esse, nonché unaragionevole previsione circa il ragionamento che porterà il giudice alla decisione.

(31) Anche per il concorso di responsabilità si è, invero, parlato di «concorso apparente nel quale all’interpretesta soltanto individuare la disciplina più specifica, e in questi termini esclusiva, da dedicare agli interessi in gioco»:così CASTRONOVO, Le due specie della responsabilità civile e il problema del concorso, in Europa dir. priv., 2004,128.

(32) Di cui ora, a parere delle richiamate sentenze, non vi sarebbe neppure più necessità, attesa la riconosciutapossibilità di risarcire, anche in via contrattuale, il danno non patrimoniale: cfr. Sez. Un. civ., 11 novembre 2008, n.26972/5, in questa Rivista, 2009, 38, già anticipate, in questo, da alcune recenti sentenze: Trib. Marcianise, 31gennaio 2006, in Nuova giur. civ. comm., 2006, I, 926 ss.; Cass. civ., 24 febbraio 2006, n. 4184, in Giust. civ. Mass.,2006, 490 s.; Cass. civ., 11 aprile 2006, n. 8386, ivi, 2006, I, 598 s. Tra i sostenitori, in dottrina, della risarcibilità in viacontrattuale del danno non patrimoniale, cfr. COSTANZA, Danno non patrimoniale e responsabilità contrattuale, inRiv. crit. dir. priv., 1987, 127 ss.; D’ADDA, Danno da inadempimento contrattuale e diritto privato europeo: le scelte

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predica la maggior specificità della responsabilità contrattuale rispetto a quella aquilia-na (33).

Detta impostazione anti-concorso presuppone, innanzitutto, che vi sia una marcatadifferenza, nonché autonomia, tra le due forme di responsabilità, in linea con l’opinionesecondo cui le due domande di risarcimento, rispettivamente ex delicto ed ex contractu,configurino due diverse azioni.

La differenza tra le due forme di responsabilità è data dal fatto che, mentre la respon-sabilità contrattuale si applica quando vi è inadempimento di un preesistente obbligo chelega danneggiante e danneggiato, quella aquiliana opera a seguito di un illecito che siacausa di un danno ingiusto. L’autonomia, invece, deriva dal fatto che tra le disposizionicontenute negli artt. 1218 e 2043 c.c. non vi è un vero e proprio rapporto da specie a genere,perché esse non sono l’una il sottoinsieme dell’altra, ma disegnano, piuttosto, un rapportodi intersezione tra insiemi diversi, che si verifica per l’appunto nei casi di concorso, ovve-rosia in quei casi in cui lo stesso soggetto, con il medesimo comportamento (e verso la stessapersona), si renda al contempo inadempiente rispetto ad uno specifico obbligo preceden-temente sorto e responsabile della violazione di un generale dovere di neminem laedere,esistente verso tutti i consociati; fermo restando che, fuori da quest’area comune, la tutelacontrattuale e quella aquiliana possiedono anche sfere di applicazione indipendenti l’unadall’altra (34).

Tuttavia, pur nella reciproca indipendenza — concettuale e, per conseguenza, di sferaapplicativa — tra le due azioni di responsabilità, l’azione aquiliana conferisce al danneg-giato, in astratto, una tutela di più largo raggio, poiché meno specifiche sono le condizionidel suo operare; pertanto, allorché la violazione di un obbligo preesistente nei confronti diun dato soggetto configuri al contempo anche la lesione di un diritto erga omnes — e,quindi, sussistano astrattamente le condizioni per avvalersi di entrambe le tutele — ilconflitto tra esse dovrà risolversi a favore della tutela contrattuale in virtù di quei caratteridi specificità, che quest’ultima possiede nel confronto con l’azione aquiliana, d’indole piùgenerale (35).

dei principi acquis, in Riv. dir. civ., 2009, 573 ss.; LIBERATI, Il danno non patrimoniale da inadempimento, Padova,2004, 77 ss. Il risarcimento del danno non patrimoniale non è in realtà l’unica ragione che spinge il danneggiato adavvalersi del concorso; tra le ragioni che spingono al concorso vi sono, soprattutto, le differenze di disciplina inordine alla prevedibilità del danno, all’onere della prova, ai termini di prescrizione.

(33) Cfr. CASTRONOVO, Le due specie della responsabilità civile e il problema del concorso, cit., 128; MONATERI, Lefonti delle obbligazioni, cit., 682.

(34) Come si è detto, infatti, mentre la responsabilità contrattuale opera soltanto a fronte della violazione di unobbligo precedentemente assunto tra due o più soggetti determinati, quella aquiliana, che in questa circostanza dimera violazione di uno specifico obbligo pregresso non opererebbe, può essere la sola invocata quando vi sia statalesione di un qualsiasi interesse meritevole di tutela senza che al contempo si sia verificato anche l’inadempimentodi un obbligo precedentemente assunto o comunque precedentemente sorto. Diversamente, l’inadempimento«puro» non esisterebbe: è il noto paradosso cui si espone, secondo SACCO, Concorso delle azioni contrattuale edextracontrattuale, in VISINTINI (a cura di), Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, Milano, 1984,155 ss., la regola del concorso di responsabilità.

(35) La relazione tra le due forme di responsabilità può essere dunque definita di «sussidiarietà», il cui termine— meno ambiguamente di quello di specialità — indica che la disciplina di responsabilità extracontrattuale,proprio perché di carattere più generale, si applica soltanto in assenza delle condizioni che consentono l’azionecontrattuale, in considerazione del fatto che quest’ultima è, per così dire, più mirata perché operante soltanto afronte dell’inadempimento di un preciso obbligo verso soggetti predeterminati. Della tutela contrattuale quale«disciplina più specifica, e in questi termini esclusiva», parla CASTRONOVO, op. ult. cit., 128.

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Accanto a dette considerazioni di carattere sistematico, contro l’ammissibilità del prin-cipio del concorso di responsabilità si aggiungono, poi, riflessioni in ordine alla coerenza delsistema.

Muoviamo, a tal proposito, dal dato acquisito secondo cui della regola del concorso diresponsabilità il danneggiato normalmente si avvale nella speranza di aggirare, a propriobeneficio, le differenze di disciplina tra le due responsabilità, nell’ottica di trarre il maggiorvantaggio possibile dalla loro combinazione. Una pratica siffatta trascura, tuttavia, che lesuddette differenze tra i due regimi potrebbero anche non essere casuali, bensì precipua-mente dettate a presidio di determinati risultati.

Si consideri, per esempio, il caso in esame. Ipotizziamo che qui il danneggiato, invocan-do la responsabilità aquiliana accanto a quella contrattuale, abbia voluto ambire ad ottenereil risarcimento anche del danno imprevedibile, superando così la regola di cui all’art. 1225c.c., che limita la responsabilità del debitore al solo danno prevedibile al tempo del sorgeredell’obbligazione, quando la condotta è colposa; e supponiamo, altresì, che egli abbia intesoaggirare eventuali clausole di esonero di responsabilità ex art. 1229 c.c., in ipotesi inseritenel contratto stipulato tra l’alunno e la società sportiva, al fine di ottenere il risarcimentoanche per quei danni esclusi dal novero di quelli risarcibili da un ipotetico accordo preven-tivo tra le parti.

Potremmo allora immaginare che, nel caso in commento, il danneggiato avrebbe avutointeresse ad avvalersi del cumulo di responsabilità (36), per modo da ottenere, innanzitutto,il risarcimento di quanto possibile ex art. 1218 — con il regime probatorio favorevoledisegnato da detta norma — e, inoltre, il sovrappiù ottenibile in via aquiliana (in particolare,giovandosi sempre dell’inversione dell’onere probatorio nel caso in cui il giudice avessequalificato l’attività da cui si è prodotto il danno come attività pericolosa, ex art. 2050 c.c.).

Difficile nascondere, però, che un tale piano, se attuato, minerebbe alla coerenza delsistema, configurando un trattamento iniquo tra le parti.

È noto, invero, quanto alla risarcibilità del danno imprevedibile, come alla base delladifferenza di trattamento posta in essere dall’art. 1225 c.c. vi sia l’intento di incentivarel’assunzione di obblighi, anche consentendo al debitore di calcolare, preventivamente, ilrischio cui il suo patrimonio si esporrebbe in caso d’inadempimento, sempre che — ovvia-mente — tale inadempimento non sia intenzionale. A questa stregua, consentire al credi-tore-danneggiato — a fronte di un inadempimento colposo del debitore-danneggiante — dirichiedere il risarcimento integrale del danno secondo le regole di neminem laedere equi-varrebbe a frustrare la disposizione di cui all’art. 1225, annientandone gli effetti.

Un medesimo, o addirittura maggiore, effetto di frustrazione si ricaverebbe, poi, dal-l’ammettere il danneggiato ad avvalersi dell’azione aquiliana per il ristoro di danni esclusidal novero di quelli risarcibili per accordo delle parti; una simile facoltà porterebbe, infatti,a rendere del tutto inutile la clausola di cui all’art. 1229 c.c. ogni qual volta siano verificate lecondizioni per l’applicabilità del concorso (37).

Non è secondario osservare, inoltre, che il concorso di responsabilità non si legittime-rebbe neppure se esso fosse volto a superare delle differenze che siano reputate irragione-

(36) Secondo la definizione che di detto istituto abbiamo dato supra nota 6.(37) Cfr. TOSCANO, Responsabilità civile, in Riv. dir. civ., 1956, 253. Nello stesso senso RUSSO, Concorso di

responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e fatto illecito dei commessi, in Foro it., 1951, 1190 ss.

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voli, come taluno ritiene, ad esempio, con riguardo alle differenze dei termini di prescri-zione (38).

È, invero, quantomeno dubitabile che consentire al danneggiato di avvalersi del rimedioche preferisce (o di quello ancora esperibile, una volta spirato l’altro), adattando le suescelte alla situazione concreta, offrirebbe soluzioni appaganti al problema dell’asseritaincoerenza dell’ordinamento. Una tale soluzione, certamente di favore per il danneggiato,non servirebbe infatti a sanare la supposta contraddizione del sistema, il quale invece,proprio per effetto delle misure adottate in soccorso del danneggiato, potrebbe continuarea risultare sbilanciato, ora, a discapito del danneggiante. Essa servirebbe, piuttosto, arisolvere un problema contingente, quello di giungere ugualmente al risarcimento deldanno sofferto, nonostante l’avvenuta prescrizione di una delle due azioni di responsabilità.

Inutile, dunque, fare mistero di come gli espedienti del concorso e del cumulo, più chemirare a risolvere presunte incoerenze del sistema, siano realisticamente volti a realizzareuna maggior tutela del danneggiato nel caso concreto, venendogli in soccorso come se eglipotesse vantare un diritto al risarcimento ad ogni costo.

Ciò, soprattutto, se consideriamo che tali misure non vengono applicate sempre, sullabase della sussistenza dei loro requisiti, bensì che di esse il danneggiato si riserva diavvalersi caso per caso, sulla scorta dell’unico criterio del suo volere e, dunque, dopo avernevalutato unicamente l’opportunità in concreto (39).

Non si nasconde, pertanto, la soddisfazione che deriva dalla lettura di questo nuovocontributo all’orientamento anti-concorso, poiché da esso sembra trapelare una consape-vole presa d’atto dell’irragionevolezza insita nel principio del concorso di responsabilità, lacui applicazione porterebbe a sacrificare ogni logica ai bisogni contingenti del danneggiato.

(38) È di quest’avviso, in particolare, GIARDINA, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale:significato attuale di una distinzione tradizionale, Milano, 1993, 172, secondo cui «sono puramente arbitrari, inquanto privi di nesso logico e sistematico con il fondamento della distinzione, i diversi termini di prescrizione».Riteniamo, al contrario, che precise finalità hanno guidato il legislatore, nella generalità dei casi, nella scelta didifferenziare il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito rispettoall’ordinario termine decennale valevole in materia di obbligazioni (e di responsabilità per il loro inadempimento):nella relazione al codice civile si afferma, infatti, che la maggior brevità della prescrizione dell’azione di respon-sabilità aquiliana dipende dalla considerazione che, spesso, la prova del fatto illecito è affidata alle deposizionitestimoniali; sicché «col decorso del tempo il ricordo delle circostanze su cui questi sono chiamati a deporresvanisce o si attenua, e si accrescono i pericoli inerenti a siffatto mezzo di prova» (così la Relazione al Codice Civile,redatta dal Ministro Guardasigilli, I ed. stereotipa dal testo ufficiale, Roma, 1943, 855).

(39) Si veda, ad esempio, il caso del trasporto amichevole: qui, anche quelle (poche) sentenze che hannoaffermato la responsabilità contrattuale del vettore, hanno impedito al trasportato a titolo di cortesia di avvalersidei benefici del concorso. La ragione di detta scelta si deve rinvenire, con tutta probabilità, nel fatto che, nel casodel trasporto amichevole, non è la tutela del danneggiato il centro del dibattito: la posizione che si ritiene di dovereproteggere, in ossequio ad un sentimento di equità generalmente condiviso, è qui piuttosto quella del conducenteche effettua il trasporto per ragioni di mera benevolenza verso il passeggero; mentre è certo che se si offrisse altrasportato danneggiato la facoltà di scegliere — o financo di cumulare, nel senso che si è visto — i rimedi dati daciascun regime di responsabilità, rimarrebbero frustrati i tentativi — variamente costruiti — di arginare le conse-guenze risarcitorie in capo al vettore: cfr., ad esempio, Trib. Mantova, 8 febbraio 1962, in Giur. it., 1964, I, 2, 522 ss.

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