Il sacrificio d’Isacco nella poetica ebraica moderna

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SINOSSI. IL SACRIFICIO D’ISACCO NELLA POETICA EBRAICA MODERNA In memoria di Ester Forti che affronto` con spirito libero i dilemmi dell’esistenza Il presente saggio si propone di esaminare il modificarsi dell’atteggiamento col quale nell’ebraico moderno il tema biblico del Sacrificio d’Isacco viene affrontato in alcune poesie composte fra il periodo precedente la fondazione dello Stato d’I- sraele e il periodo attuale. Il trattamento del tema del Sacrificio d’Isacco nella nar- rativa storiografica dello Stato d’Israele puo ` ben riflettere il processo di conversio- ne, che trasforma una narrativa iconica in una metafora secolare, per cui l’episodio biblico, inteso tradizionalmente come prova di fede e di fedelta `, acquista nuovi si- gnificati alla luce di valori culturali in fase di cambiamento in una societa ` israeliana ormai laicizzata. La narrazione del ‘‘Sacrificio’’ mantiene in tensione l’idea teologica di obbe- dienza alla volonta ` divina e il significato universale del sacrificio della prole. Il mo- vimento Sionista, soprattutto prima della fondazione dello Stato, ha fuso le due idee, creandone in tal modo un simbolo culturale del pesante sacrificio imposto dal ritorno alla Terra d’Israele. Tuttavia, ogni generazione di poeti si e ` confrontata con il ‘‘Sacrificio d’Isacco’’ secondo la propria prospettiva storica, culturale e lin- guistica. Cosı ` scrittori ebrei che hanno scritto in epoche diverse della breve storia d’Israele, differiscono l’uno dall’altro nel modo di trattare e di identificarsi con i personaggi di Isacco e di Abramo, il primo la vittima innocente e l’altro lo stru- mento implacabile del decreto divino. In tal modo il vero significato del concetto biblico di ‘‘Sacrificio’’ viene con- tinuamente reinterpretato. Punti di vista diversi non acquiscono soltanto la com- plessita ` ideatoria della storia biblica come parabola, ma esprimono il ruolo che essa gioca nella vita reale di una societa ` impegnata nel travaglio di forgiare il pro- prio destino. Sentimenti di confusione, d’imbarazzo e di perplessita `, che si mani- festano dopo il crollo di ideologie ben definite, subentrano nella narrativa biblica a principii di fede religiosa. Abramo e Isacco, i protagonisti principali della nar- rativa del Sacrificio, non vengono piu ` trattati come archetipi, bensı ` come perso- naggi di oggi, in carne e ossa. Talvolta essi vengono persino messi da parte e al NOTE E TESTI

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SINOSSI.

IL SACRIFICIO D’ISACCO

NELLA POETICA EBRAICA MODERNA

In memoria di Ester Forti che affrontocon spirito libero i dilemmi dell’esistenza

Il presente saggio si propone di esaminare il modificarsi dell’atteggiamento colquale nell’ebraico moderno il tema biblico del Sacrificio d’Isacco viene affrontatoin alcune poesie composte fra il periodo precedente la fondazione dello Stato d’I-sraele e il periodo attuale. Il trattamento del tema del Sacrificio d’Isacco nella nar-rativa storiografica dello Stato d’Israele puo ben riflettere il processo di conversio-ne, che trasforma una narrativa iconica in una metafora secolare, per cui l’episodiobiblico, inteso tradizionalmente come prova di fede e di fedelta, acquista nuovi si-gnificati alla luce di valori culturali in fase di cambiamento in una societa israelianaormai laicizzata.

La narrazione del ‘‘Sacrificio’’ mantiene in tensione l’idea teologica di obbe-dienza alla volonta divina e il significato universale del sacrificio della prole. Il mo-vimento Sionista, soprattutto prima della fondazione dello Stato, ha fuso le dueidee, creandone in tal modo un simbolo culturale del pesante sacrificio impostodal ritorno alla Terra d’Israele. Tuttavia, ogni generazione di poeti si e confrontatacon il ‘‘Sacrificio d’Isacco’’ secondo la propria prospettiva storica, culturale e lin-guistica. Cosı scrittori ebrei che hanno scritto in epoche diverse della breve storiad’Israele, differiscono l’uno dall’altro nel modo di trattare e di identificarsi con ipersonaggi di Isacco e di Abramo, il primo la vittima innocente e l’altro lo stru-mento implacabile del decreto divino.

In tal modo il vero significato del concetto biblico di ‘‘Sacrificio’’ viene con-tinuamente reinterpretato. Punti di vista diversi non acquiscono soltanto la com-plessita ideatoria della storia biblica come parabola, ma esprimono il ruolo cheessa gioca nella vita reale di una societa impegnata nel travaglio di forgiare il pro-prio destino. Sentimenti di confusione, d’imbarazzo e di perplessita, che si mani-festano dopo il crollo di ideologie ben definite, subentrano nella narrativa biblicaa principii di fede religiosa. Abramo e Isacco, i protagonisti principali della nar-rativa del Sacrificio, non vengono piu trattati come archetipi, bensı come perso-naggi di oggi, in carne e ossa. Talvolta essi vengono persino messi da parte e al

NOTE E TESTI

loro posto appaiono personaggi secondari come Sara, Ismaele, e persino l’ariete.Questa tendenza letteraria e intesa a minimizzare il significato eccessivamentedrammatico e religioso del mito del «Sacrificio» e ad esaltarne il senso autenticoe persino attuale, che diviene vieppiu credibile attraverso l’impiego di un ebraicoidiomatico, correntemente parlato e dal suono spontaneo. L’eroe non e necessa-riamente colui che prende le decisioni giuste. Cosı Yehuda Amichai ci mostra inuna delle sue poesie che il nuovo eroe, o anti-eroe, e piuttosto il personaggio ir-resoluto, colui che si trova coinvolto in circostanze tragiche, senza essere coscien-te delle forze dinamiche che le hanno causate.

L’argomento centrale di questo saggio e il modo in cui la poesia ebraica moder-na riflette e genera nuovi, e spesso provocatori, modi di lettura della narrativa biblicadel Sacrificio d’Isacco, che viene continuamente reinterpretato in nuove forme liri-che secolari. Il motivo centrale della Aqedah, il Sacrificio, che e tradizionalmente unsimbolo di sottomissione e d’amore, viene rivisitato da ogni generazione di scrittori,che inevitabilmente interpretano la Aqedah come allegoria inerente ai problemi mo-rali del loro tempo.

Non e nostra intenzione presentare un esame comprensivo del motivo Aqedahnella poetica israeliana del Novecento, bensı concentrarci su alcune poesie che anostro avviso rappresentano la letteratura israeliana nel suo evolversi in differentifasi critiche della vita nazionale, e che percio evidenziano il nesso fra circostanzesocio-storiche e coscienza individuale.1

Il fiorire della poesia israeliana moderna precede la nascita dello Stato d’Israe-le nel 1948. Il primo impulso le fu dato con la dichiarazione ideologica del primoCongresso Sionista (1906) di usare l’ebraico come unica, esclusiva lingua nazionaledel popolo ebraico, una tendenza gia sostenuta dal movimento «Haskalah» (illu-minismo), che fiorı alla fine del Settecento e ai primi dell’Ottocento.2 In ogni caso,non vi e dubbio che i «segnali di modernita nella tradizione poetica ebraica»3 ap-parvero in Terra d‘Israele nel periodo precedente la fondazione dello Stato, con

NdA: Le poesie presentate in questo articolo sono state tradotte da Arno Baehr. L’autrice sie permessa di apportare alcuni ritocchi nel tentativo di trovare termini ed espressioni che rispec-chino, per quanto e possibile, stile e spirito di testi difficilmente riducibili ad altra lingua, testiincisivi, sintetici, talora enigmatici e suscettibili di interpretazioni diverse se non contrastanti.

1 Al Tishlakh Yadkha el HaNa ‘ar (Non stendere la mano contro il fanciullo), a cura diA. BEN-GURION (Gerusalemme, Keter, 2002). Si tratta di una raccolta in ebraico, rappresentativadella poetica israeliana contemporanea sul tema della Aqedah, che dimostra la complessita deicriteri letterari applicati per definire una poesia come legata al Sacrificio.

2 L’ebraico biblico fu scelto come mezzo d’espressione nei romanzi nazionalistici e roman-tici della Haskalah, quale L’ipocrita (1867-61) del primo romanziere ebraico A. Mapu. Vedi TheStandard Jewish Encyclopedia, edit. by C. ROTH, New York, Doubleday, 1959, pp. 852-854;W. BARGAD and S.F. CHYET, Israeli Poetry: A Contemporary Anthology, Bloomington and India-napolis, Indiana University Press, 1988, pp. 1-3.

3 BARGAD and CHYET, Israely Poetry, cit. pp. 1-3. Il parallelo fra il rinnovamento della lin-gua ebraica e il susseguirsi degli avvenimenti che portarono alla creazione dello Stato e ben pre-sentato da Ariel Rathaus nell’Introduzione alla sua recente pubblicazione: Poeti israeliani, Torino,Einaudi, 2007, pp. V-XXX.

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l’avvento di poeti importanti come Hayim N. Bialik (1873-1934) e Saul Tcherni-chovsky (1875-1943).

Allusioni bibliche sono frequenti nella poetica ebraica moderna e, consideran-do che la fonte canonica e generalmente famigliare al pubblico, suscitano spessouna reazione immediata nel lettore.4 In modo esplicito o implicito, il lettore israe-liano e costantemente chiamato a confrontarsi con una comune tradizione religiosae letteraria. Quindi la poesia israeliana moderna continua nella lettura interpreta-tiva della narrativa biblica della Aqedah, attingendo spesso a una tradizione post-biblica ricca e variata, nella quale il Sacrificio non e inteso come un processo senzaverdetto, ma come atto concreto che culmina in un epilogo tragico: Isacco non epiu il sopravvissuto a una prova tremenda, ma una vittima che paga con la vita perla santificazione della fede.5 Questo modello di vittima di un retaggio storico in-vece che di una prova di fede, viene riesaminato e rivalutato ad ogni svolta crucialedella storia ebraica del Novecento. Tale versione si accorda con la lettura letterariadel Sacrificio quale strumento di protesta. Da questo punto di vista i figli sono sa-crificati e non succede nessun miracolo: nessun ariete prende il posto del sacrificioumano.6

La lotta per la sopravvivenza dello Stato, dal momento in cui gli ebrei sonotornati in Terra d’Israele, ha fatto sı che si collegasse concettualmente al temadel Sacrificio d’Isacco il lutto per la perdita di una persona cara. Il motivo religiosodi Dio che mette alla prova Abramo non e piu un semplice simbolo di lealta e difede, ma piuttosto un episodio quotidiano nella vita di una societa sotto assedio.7

Il «legame» del sionista laico con la sua terra (legame concepito in termini quasireligiosi) lo ha ulterioramente impegnato a sacrificare i propri figli, come dice Aa-ron Megged nel suo romanzo Hachay al Hamet (Il Vivo sul Morto):8 «Questo e unsacrificio (Aqedah), ma senza un angelo».9

La prima poesia che esamineremo presenta in modo chiaro il Sacrificio qualeatto di volonta collettiva di una nazione nascente. Il poema «Sull’altare» di Yitz-hak Lamdan (1899-1954), immigrato in Terra d’Israele durante la terza Aliyah(l’ondata d’immigrazione ebraica degli anni 1919-1923) esprime in elevato lin-

4 Riguardo alla terminologia poetica, vedasi L. A. SCHAKEL, A Manual of Hebrew Poetics,Roma, Pontificio Istituto Biblico, 1988, pp. 142-147.

5 Sh. SPIEGEL nel suo libro The Last Trial (New York, Schocken, 1967), analizza il com-mento rabbinico all’Aqedah e mostra lo slittamento concettuale del paradigma del Sacrificio.

6 Il concetto del Sacrificio come patto dei sionisti laici con la loro terra e espresso in Y. BEN-AHARON, Peleg, Tel Aviv, Ofir, 1993, pp. 157-158 (in ebraico). Vedasi anche Avi SAGI: The Mea-ning of the Akedah in Israeli Culture and Jewish Tradition, in «Israel Studies», III (1998), pp. 47-48.

7 Cfr. Y. BEN-AHARON, HaKrav (La Battaglia), Tel Aviv, Am Oved, 1967, p. 180 (inebraico).

8 Cfr. A. MEGGED, HaChay al HaMet (Il Vivo sul Morto), Tel-Aviv, Am Oved, 1965 (inebraico).

9 L.J. WINEMAN, The Akedah-Motif in the Modern Hebrew Story. Ph. D. Los Angeles, Uni-versity of California, 1977, pp. 97-114.

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guaggio biblico l’alto prezzo pagato da ognuno di coloro che hanno scelto di vi-vere nella «terra bronzea»:

Sull’altare10

Non serrare gli occhi spalancati alla vistadella scritta orrenda incisa sulle nostre mura!Vieni, fratello, che hai gli occhi spalancati come i miei,e se anche ti uscissero dalle orbite –Vieni e non recediamo di fronte all’orrore di quella scritta:«Vieni a noi»!

Vieni, fratello, che batti ogni giorno in segreto la testasulla terra bronzea ai nostri piedi –Un dente intero c’e ancora – si conficchera nelle sue zollee si spezzera anch’esso a giustificare il verdetto:«Vieni a noi!»

Qui fummo tutti incatenati, e con le nostre mani portammo la legna,e non chiedere ne’ investiga se il sacrificio sara bene accetto!Che non una pietra ci ha creati, fratello,vi e certo un padre che cosı vuole,vi e certo una madre che non ci dimentichera –Posiamo dunque in silenzio il nostro collo sull’altare:«Vieni a noi» –

Il suolo della biblica «Terra Promessa» e detto duro come bronzo, e quindinon vi e vomere d’aratro che rimanga intatto. L’immagine, tratta dal piu arcaicolessico agricolo («si conficchera nelle sue zolle»), s’intreccia con il termine etico-religioso di teodicea, di «giustificazione del verdetto divino», che presenta il ri-scatto del paese come tema principale della narrativa sionista. Al singolo e proi-bito fare domande o esprimere dubbi: si sacrifica la propria identita sull’altareideologico del patriottismo: «Qui fummo tutti incatenati, e con le nostre mani ab-biamo portato la legna, e non chiedere ne’ investiga se il sacrificio sara bene accet-to...».

La seconda poesia presa in esame, Il Sacrificio d’Isacco, e di Naomi Shemer,che morı nel 2004 e fu senza dubbio la cantautrice piu popolare d’Israele. NaomiShemer, nata prima della fondazione dello Stato, ha vissuto di persona i maggiorisconvolgimenti della nazione, e percio ebbe la capacita di rivolgersi al cuore delsuo popolo. Con la sua schiettezza lirica e le sue risonanze bibliche, questa poesiasembra riunire in un abbraccio l’universo sia sacro che profano dell’ebreo impe-gnato nel travaglio di forgiarsi una nuova identita come israeliano.

10 Kol Shire’ Yitzchak Lamdan (Tutte le Poesie di Isacco Lamdan), edit. by S. HALKIN, Ge-rusalemme, Bialik Institute, 1973, p. 119 (in ebraico).

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Il Sacrificio d’Isacco11

Prendituo figlioil tuo unico figliocolui che amiPrendiIsaccoe offrilo in sacrificiosu uno dei montinel luogoche ti indichero.e offrilo in sacrificiosu uno dei montinella terra di Moriah

E da tutti i montidi questa terrasi levera un grido forte:Ecco il fuocoed ecco la legnaed ecco l’agnello del sacrificioSignore del Mondopieno di misericordiaNon stendere la mano contro il fanciullo!Non stendere la mano contro il fanciullo! –

Anche se vivremo sette vite e invecchieremonon dimenticheremo che il coltello fu brandito.Non dimenticheremotuo figlioil tuo unico figliocolui che amammoNon dimenticheremoIsacco

Il «Sacrificio d’Isacco» e quasi una trascrizione del testo biblico, ed e proprio

il divario fra la narrativa biblica e l’uso che ne fa la poetessa a conferirgli un aspet-

to di forte attualita. In certo senso il componimento crea un contesto ambiguo, nel

quale alla sentenza biblica manca una voce autoritaria identificabile. Colui che par-

la e Dio? O l’uomo? Il poema oscilla fra queste polarita e presenta la sentenza sia

come un implacabile aspetto della vita, sia come appello interiore, un richiamo al-

l’impegno nazionale. Tale appello viene offerto come paradigma di sopravvivenza:

l’esistenza di ognuno in quanto parte della nazione e percepita come costantemen-

11 N. SHEMER, HaSefer HaSheni shel Naomi Shemer (Il Secondo Libro di Naomi Shemer), TelAviv, Lulav, 1975 (in ebraico).

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te minacciata, e la memoria di Isacco e del «coltello brandito» evoca al tempo stes-so timore e pieta.

Il poema di Uri Zvi Greenberg (1894-1981) In una notte di pioggia a Gerusalem-me, risale al 1953, ancora nella fase iniziale dello Stato, ed e scritto dal punto di vistadel sionista moderno e impegnato: un ebreo non religioso, la cui poetica e tuttaviapermeata da dottrine e da valori tradizionali ebraici.

In una notte di pioggia a Gerusalemme12

I pochi alberi nel cortile gemono come alberi di foresta,grevi di torrenti di nuvole tonanti,gli angeli della pace al capezzale dei miei figlinel gemito degli alberi e nello scroscio della pioggia

Fuori – Gerusalemme: citta della prova gloriosa del padree sacrificio del figlio su uno dei monti:Quel fuoco dal mattutino arde ancora sul monteLa pioggia non l’ha spento: fuoco fra membra sacrificate.

«Se Iddio mi ordinasse oggi come ordinoal mio avo – per certo obbedirei»canta il mio cuore e la mia carne in questa notte di pioggiae gli angeli della pace al capezzale dei miei figli!

Quale gloria, che mai e simile a questo sentimento meraviglioso,che ferve dall’alba dei tempi fino ad oggi per il monte Mor:Il sangue del Patto canta esultante nel corpo di un padre devotopronto al sacrificio sul monte del tempio alle prime luci!

Fuori – Gerusalemme... e il gemito degli alberi di DioAbbattuti dai suoi nemici di tutte le generazioni...Nuvole gonfie di fiumane: gravide di lampie tuoni che son per me in una notte di pioggia – messaggidell’Onnipotente fino alla fine delle generazioni.

La prima strofa si apre con una vista alquanto malinconica di alberi in ungiorno di pioggia nel cortile del poeta. La apparizione di Gerusalemme gia nelprimo verso della seconda strofa e suggerita da un’espressione particolare atzeyme’at, letteralmente «pochi alberi», ma me’at rieccheggia anche il termine bibli-co miqdash me’at (Ezech. 11:16), che indica il Tempio. Cosı Greenberg intro-duce fin dal primo verso un linguaggio intimo e al tempo stesso fortemente sim-bolico. Il tono personale si e trasformato in un linguaggio carico di profonditastorica, che chiaramente identifica il Monte Moriah (il luogo del Sacrificio) conGerusalemme: «Gerusalemme: citta della prova gloriosa del padre e sacrificiodel figlio su uno dei monti».13

12 U. ZVI GREENBERG, Massa vaNevel, Luach HaAretz, 1954, pp. 60-61.13 L’unica esplicita identificazione della «Contrada di Moriah» (Gen. 22:2) con la citta di

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Inoltre, Greenberg sovrappone due episodi biblici («Quel fuoco dal mattuti-no arde ancora sul monte»): il fuoco sull’altare della storia biblica del Sacrificio(Gen. 22:6) e lo stesso fuoco del Patto suggellato dalla «torcia accesa che passofra quelle membra divise» (Gen. 15:17), quando Dio promise ad Abramo e allasua progenie l’eredita della Terra d’Israele. I fuochi sono la promessa, e al tempostesso la prova della promessa.14 Il passato e seguito dal presente, «Il sangue delPatto canta esultante nel corpo di un padre devoto». Tutto si riduce a una pro-spettiva dominante, nella quale l’assoluta obbedienza dell’avo all’ordine divinodi sacrificare il figlio e sentita dal poeta come impegno della sua propria genera-zione, in quanto sionista, nei confronti del retaggio dei suoi avi.

Possiamo quindi dire che il poema di Uri Zvi Greenberg parla ancora con fer-vore dall’intimo della narrativa del Sacrificio. La presenza costante di Gerusalem-me fuori dalle mura della sua dimora, le evocazioni degli angeli della pace, il tonoreverenziale e l’accumularsi di allusioni bibliche, tutto contribuisce alla singolaremiscela di sacro e profano del poema. Seppure scritte nel 1954, le parole del poetasono ancora «messaggi dalla bocca di Dio onnipotente a innumerevoli generazio-ni».15

Le cose cambiano drammaticamente con l’avvento della generazione del Pal-mach (i reparti scelti della Hagana, corpo precursore delle forze armate d’Israele).Hayim Guri e nato a Tel Aviv nel 1923.16 La sua biografia coincide con quelladell’Israele in fieri e con quella della moderna Israele. Guri fece parte del Palmache partecipo a missioni della Hagana in Europa, missioni che contribuirono ad or-ganizzare il flusso dei superstiti dai campi di sterminio verso campi profughi e ver-so la Palestina. Durante la Guerra d’Indipendenza servı nelle forze armate comeufficiale. Il suo ebraico e il linguaggio di chi (nato nel paese, scarno, esente dafronzoli, concentrato, e persino giornalistico nella sua presentazione laconica deifatti.

Retaggio17

Per ultimo venne l’ariete.E non sapeva Abramo che essorispondeva alla richiesta del ragazzo,primizia dei suoi lombi, nel suo giorno che volgeva al tramonto

Gerusalemme come capitale d’Israele si trova in Croniche II, 3:1: «E Salomone comincio ad edi-ficare la Casa del Signore in Gerusalemme sul monte Moriah, la dove il Signore era apparso a suopadre Davide, nel luogo che Davide aveva designato sull’aia di Ornan Gebuseo».

14 Per un nesso concettuale fra la prova della Aqedah (Gen. 22) e il Patto di Dio conAbramo (Gen. 15) vedasi Talmud Babilonese, Sanhedrin 89b.

15 T. CARMI, The Penguin Book of Hebrew Verse, New York, Penguin Books, 1981, pp. 44-45.16 Per la biografia di Guri, vedasi BARGAD and CHYET, Israeli poetry, cit., pp. 57-59.17 H. GURI, Shoshanat HaRuchot (La Rosa dei Venti), Tel-Aviv, Kibbutz HaMeuchad, 1960

(in ebraico). Cfr. anche la versione in italiano di A. RATHAUS (Poeti israeliani, cit., p. 5).

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Alzo la testa il vecchio.Vedendo che non aveva sognatoe che l’angelo era lı –gli cadde il coltello di mano

Il ragazzo liberato dai legamivide la schiena del padre.

Isacco, cosı si racconta, non fu offerto in sacrificio.Visse per molti anni,vide giorni lieti, finche la luce dei suoi occhi si spense.

Ma tramando quell’ora ai discendenti.Essi nasconoed un coltello sta loro conficcato nel cuore.

In Retaggio Hayim Guri riprende il biblico «lieto fine» della narrativa del Sa-crificio, nella quale Isacco, salvato dall’angelo, e descritto in condizioni di prospe-rita: «avea greggi ed armenti, e grande famiglia e percio i Filistei lo invidiavano»(Gen. 26:14). Quando egli si approssima alla vecchiaia leggiamo: «Ed egli disse:‘Son vecchio ora. Non so quanto presto possa morire’» (27:2). Ma e proprio que-sta espressione apparentemente ottimistica che induce Guri alla sua conclusionedrammatica: quello stesso Isacco che fu salvato dal sacrificio, ha tramandato allegenerazioni future il retaggio perenne del coltello: «Ma tramando quell’ora ai di-scendenti. Essi nascono ed un coltello sta loro conficcato nel cuore». Il terminebiblico yerusha («retaggio»), associato al retaggio della Terra di Canaan, viene rie-saminato in chiave ironica nelle nuova prospettiva del prezzo da pagare per realiz-zare l’antica promessa. Il poeta descrive la scena in terza persona in una forma di-staccata, quasi come se scrivesse un rapporto investigativo, ammettendo cosı diaccettare solo con riluttanza la legittimita storica del Sacrificio.18 Il tono e riservatoe soprattutto ironico (Isacco, si racconta...), e cio rende l’ultimo verso tanto piuefficace, quando il lettore e portato a capire che anche storie inventate, «fictions»,possono lasciare un loro segno. In effetti, poeti che hanno scritto dopo la Guerrad’Indipendenza d’Israele, hanno trattato la narrativa del Sacrificio con ironia viep-piu crescente, sintomo di una societa in fase evolutiva che mette in discussione imiti delle proprie origini.

Tutto cio e tanto piu evidente nella poesia di Yehuda Amichai, il poeta israe-liano piu popolare e piu celebrato dalla critica. Nato nella citta bavarese di Wurz-burg nel 1924, Amichai emigro in Palestina nel 1936 con i suoi genitori. Si arruolonell’esercito britannico nel 1942, poi entro nel Palmach, e durante la Guerra d’In-dipendenza combatte sul fronte del Negev. Alla fine della guerra, Amichai com-pleto gli studi su Bibbia e letteratura ebraica all’Universita di Gerusalemme e tro-

18 R. KARTUN BLUM, A Double Bind: The Sacrifice of Isaac as a Paradigm in Modern HebrewPoetry, Profane Scriptures, Cincinnati, Hebrew Union Press, 1999, pp. 23-25.

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vo impiego come insegnante. Il suo modo di esprimersi e quasi autobiografico, il

tono e intimo, dolce-amaro ed ironico. Egli risale al suo sfondo giovanile ebraico-

ortodosso, alle sue vicissitudini di guerra e alle immagini del bambino e dell’aman-

te in uno schietto, semplice vernacolo, che mescola giocosamente e magistralmente

registri religiosi e profani.19

Il vero eroe del Sacrificio20

Il vero eroe del Sacrificio fu l’arieteche non sapeva del complotto fra gli altri.Era come se si fosse offerto di morire al posto d’Isacco.Io voglio innalzare un canto alla sua memoria,alla lana ricciuta ed ai suoi occhi umanialle corna che erano cosı quiete sulla sua testa vivae dopo che fu macellato ne fecero trombeda intonare nelle loro guerreo da suonare nelle loro gioie volgari.

Voglio ricordare l’ultima scenacome una bella fotografia in un raffinato giornale di moda:Il giovane abbronzato e viziato nei suoi abiti agghindatie accanto l’angelo in veste lunga di seta biancaper un ricevimento solenne.E ambedue con occhi vuotiguardano a due luoghi vuoti

e dietro di loro, come sfondo variopinto, l’arieteSi impiglia nel rovo prima del macello.E il rovo e il suo ultimo amico.

L’angelo e andato a casaIsacco e andato a casae Abramo e Iddio se ne sono andati da tempo.

Ma il vero eroe del Sacrificioe l’ariete.

Nella poesia Amichai opta per l’ariete come vero eroe del Sacrificio, e lo in-

troduce come tale fin dalla prima strofa. L’affermazione del poeta e in opposizione

alla interpretazione convenzionale della narrativa biblica: Egli disse «Non stendere

la mano contro il ragazzo e non fargli nulla; perciocche ora conosco che tu temi

Iddio, vedendo che tu non mi hai diniegato il tuo figliuolo, il tuo unico»

(Gen. 22:12). I protagonisti principali della scena del Sacrificio sono descritti co-

me «gli altri», coloro che hanno ordito un complotto contro l’ariete, che significa-

19 BARGAD and CHYET, Israeli poetry, cit., pp. 79-81.20 Y. AMICHAI, Sheat Chesed (Ora di Grazia), Tel Aviv, Schocken, 1983, p. 21 (in ebraico)

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tivamente ha un’espressione umana, mentre agli altri protagonisti del Sacrificio,Isacco e l’Angelo, si attribuiscono occhi vuoti che fissano luoghi vuoti.

L’ariete e sfruttato due volte: dapprima viene offerto in sacrificio, e poi, quan-do e stato macellato, le sue corna sono trasformate in trombe da suonare durantele guerre o in «volgari» celebrazioni. La scena biblica viene presentata come «unabella fotografia in un raffinato giornale di moda» animata da figure in abiti allamoda. Infine, l’ariete impigliato nel rovo («il suo ultimo amico») appare sullo sfon-do «variopinto», quasi come un ripensamento. La convenzione letteraria della«uscita dei protagonisti» della narrativa biblica e usata dal poeta con ironia mor-dente, in modo da creare un senso di desolazione: tutti vanno a casa. L’Angelo,Isacco, Abramo e Dio se ne sono gia andati da tempo, lasciando in scena il poveroariete come unico eroe (il tono teatrale della poesia e un mezzo ulteriore per piaz-zare il lettore ad un’ironica distanza dagli eventi descritti). Amichai ci presenta unnuovo tipo di eroe: il vero eroe non e piu il martire santificato, bensı il personaggioscettico, riluttante, che potrebbe trovarsi coinvolto in una situazione tragica, senzaneppur comprendere perche o come.

In un’altra poesia sullo stesso argomento Amichai crea una sua propria pro-spettiva riguardo all’identita della reale vittima del Sacrificio mediante una ricercaetimologica sul significato dei nomi dei due figli di Abramo: Yitzhak (Isacco: cioe‘‘colui che ridera’’) e Ishmael (Ismaele: cioe ‘‘Dio ascoltera’’), come gia suggeritonel testo biblico.21 Tuttavia, il poeta si discosta sorprendentamente dalla tradizio-ne biblica presentandoci un terzo, inconsueto figlio di Abramo, che porta il nomedi Yivkeh (cioe: ‘‘colui che piangera’’). Questo terzo figlio e il figlio piu giovane eamato, che viene offerto dal padre in sacrificio sul Monte Moriah.

Abramo aveva tre figli22

Tre figli aveva Abramo, e non solo due.Tre figli aveva Abramo,Yishmael, Yitzhak e Yivkeh.Nessuno aveva sentito di Yivkeh, perche lui era il piu piccoloe il piu amato, che fu offerto in sacrificio sul monte Moriah.Yishmael lo salvo sua madre Hagar, Yitzhak lo salvo l’angelo,e Yivkeh non lo salvo nessuno. Da piccolosuo padre lo chiamo con amore Yivkeh, piangera il mio piccolograziozo tesoro. Ma lo sacrifico sull’altare.E nella Bibbia e scritto ariete, ma quello era Yivkeh.Yishmael non sentı piu parlare di Dio per tutta la vita.Yitzhak piu non rise per tutta la vita.e Sara rise una volta sola e non piu.Tre figli aveva Abramo,

21 Per l’interpretazione etimologica di Yitzchak, vedi Gen. 18:12; 21:6, e per quella di Ish-mael, vedi Gen. 16:11; 21:17.

22 Y. AMICHAI, Patuah Sagur Patuah (Aperto Chiuso Aperto), Tel Aviv, Schocken, 1998 (inebraico).

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Yishma, Yitzhak, Yivkeh,Yishmael, Yitzhakel e Yivkeh-el.

Amichai contraddice arditamente la versione biblica, dichiarando: «La Bibbiadice ariete, ma quello era Yivkeh (colui che piangera). Lo stato emotivo del pian-gere diventa una condizione dominante, come se «Sacrificio» dominasse la realta edivenisse un fattore permanente nella vita. Isacco (colui che ride) non ride piu, eIshmael (Dio ascoltera) ha perso Dio. La poesia si conclude con tre nomi teoforiciin sequenza formulati come ottativi: Yitzhak-el (che Dio rida), Yishma-el (che Dioascolti) e Yivkeh-el (che Dio pianga). Questo gioco ironico di nomi svela un sen-timento di frustrazione e di delusione per il divario doloroso fra il retaggio storicodi eroismo e di abnegazione e il desiderio fin troppo umano di un Dio «piu com-passionevole», capace perfino di condividere i nostri momenti di dolore e di gioia.

Infine presentiamo una poesia di Amir Gilboa, che da giovane, lasciata la suafamiglia nella provincia ucraina di Volinia, immigro nel 1937 in Palestina, alloramandato britannico e, come Guri e Amichai, combatte nella Guerra d’Indipen-denza d’Israele. La famiglia di Gilboa perı nell’Olocausto, e il senso di colpaper aver abbandonato la famiglia e motivo ricorrente nella poetica dell’autore.23

Isacco24

All’alba il sole passeggiava nel boscocon me e col babbola mia destra nella sua sinistra.

Come baleno guizzo una lama fra gli alberi.E io temo tanto il terrore dei mie occhi di fronte al sangue sulle foglie.

Babbo babbo presto e salva Isaccoe che nessuno manchi al pranzo di mezzogiorno.

Sono io che vengo macellato, figlio mio,E il mio sangue e gia sulle foglie.E la voce del babbo si smorzoE il suo viso era pallido.

E volevo gridare, dibattendomi per non crederee sbarravo gli occhi.E mi svegliai.

E netta di sangue era la destra

Nell’immediato, questa poesia rivela la potenza repressa e il terrore rimosso diun sogno o di un incubo. Dapprima padre e figlio camminano tenendosi per ma-

23 BARGAD and CHAYET, Israeli poetry, cit., pp. 13-15.24 A. GILBOA, Kechulim vaAdumim (Blu e Rossi), Tel Aviv, Am Oved, 1966 (in ebraico).

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no, e poi sono sorpresi dal lampo di un coltello, descritto come un baleno, cheguizza fra gli alberi del bosco. Il bambino terrorizzato vede foglie coperte di san-gue ed esprime il suo timore per il destino d’Isacco. L’improvvisa menzione del-l’arcaico protagonista della narrativa del Sacrificio fonde la vita interiore del poetacon quella del paradigma fossilizzato della Aqedah. Il ruolo normativo del padreprotettore viene passato al bambino, che grida: «Babbo babbo presto salva Isaccoe che nessuno manchi al pranzo di mezzogiorno».25 Il drammatico scambio di par-ti viene ancor piu accentuato, poiche il padre del bambino si identifica nel poemacon l’eroe macellato del Sacrificio, cioe il sacrificato al posto del sacrificatore: «So-no io che vengo macellato, figlio mio, e il mio sangue e gia sulle foglie». La con-fessione del padre non destabilizza soltanto il mondo innocente del bambino, maanche la funzione normativa della narrativa canonica, e quindi richiede una spie-gazione. La soluzione e data dal retroscena storico e biografico della poesia. Difatto, il testo presenta una risposta poetica al trauma tragico dell’Olocausto.

Gilboa usa il paradigma dell’Aqedah nella sua descrizione di un incubo infan-tile, mescolando cosı fantasia, realta e convenzioni letterarie moderne (come le le-zioni del surrealismo). Mediante l’uso della mano destra del bambino («La mia de-stra nella sua sinistra») richiama la scena biblica «e se ne andarono ambedueinsieme» (Gen. 22:6). La mano funge da metonimo per la ricerca di protezioneda parte del bambino, quella protezione che infine non viene trovata, sia nella sto-ria biblica, sia nella poesia stessa: «E netta di sangue era la destra». L’espressioneidiomatica ebraica ozlat yad che indica inettitudine, incapacita di reagire e riformu-lata da Gilboa in una nuova combinazione idiomatica ozlat dam, «netta di san-gue».26 Quest’ultimo termine esprime non solo il senso di abbandono del bambi-no-poeta-figlio al risveglio dal suo sogno, ma anche il senso di perdita e di colpadel poeta verso la propria famiglia perita nel sangue e verso gli eventi traumatici inEuropa. Nell’ultimo verso Gilboa, parlando della mano, non impiega il pronome«mia», e se la mano non e necessariamente quella di Isacco, potrebbe essere quelladel padre. Nel contesto biblico, l’espressione idiomatica «mano destra» indica lapotenza di Dio come protettore (cfr. Salmi 73:23; 121:5), come pure la mano delpadre imposta delicatamente sul capo del figlio benedetto (cfr. Gen 48:18), ma quila destra rimane, con pungente ironia, «netta di sangue».27

In conclusione, la trama della Aqedah (Sacrificio d’Isacco) cambia prospettivaa ogni generazione di poeti, dal periodo antecedente la fondazione delle Stato ai

25 BLUM, A Double Bind, cit. (pp. 53-55), fa notare il legame occulto fra il coltello (ma’akhelet) e il pranzo (sc‘udah) mediante la radice ’KhL che non e menzionata esplicitamente, equindi «paronomasia here is based on the image, rather than on links between the roots» («laparonomasia qui e basata sull’immagine piuttosto che sul nesso fra le radici»).

26 La ricombinazione dell’ebraico, quasi un gioco di parole, potrebbe avere un suo paralleloin italiano in qualche cosa come «in-netta» da inettitudine e «netta» (netta di sangue, non insan-guinata).

27 Per una lettura inter-testuale della poesia, vedasi BLUM, A Double Bind, cit., pp. 52-55.

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poeti della Guerra d’Indipendenza (Guri, Amichai, Gilboa), l’opera dei quali siestende agli anni Ottanta e Novanta. Tale narrativa sarebbe caratterizzata inizial-mente da una identificazione inequivocabile con l’etica morale biblica (Lamdan,Shemer. Greenberg), secondo la quale il sacrificio d’Isacco si ritraduce negli im-perativi morali di una societa in gran parte laica, una societa che tuttavia rispondein maniera unificata alle pressioni del suo tempo. E questo che abbiamo definitocome voce interiore della coscienza collettiva. Tuttavia, si tratta soltanto del primoatto. Il secondo atto, come abbiamo mostrato, sovverte la narrativa del Sacrificio eintroduce nella trama elementi comici, e persino assurdi (un angelo in veste di setabianca, un piagnucolone vittima sacrificale, un padre che viene ucciso invece delfiglio). Perche? Abbiamo provato a suggerire che con l’evolversi della societa israe-liana, anche i suoi scrittori e poeti sono divenuti piu critici, antidogmatici e ironiciverso i loro stessi testi canonici e i miti fondamentali delle origini.28 Anche la lin-gua – l’ebraico – cambia in continuazione, diventando multiforme e multi-vocale,fino a trovare soprattutto nella poetica di Amichai, una irriverenza giocosa, unareinterpretazione commentativa della Aqedah che sconfina nel trasgressivo, segnocerto che ci si trova – infine – veramente a casa nella propria lingua. Il terzo atto ealle porte: si pensi a poeti della generazione successiva ad Amichai, poeti nati nelpaese come Avidan, Ravikovitch, Wieseltier, Wollach, Shabtai.

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28 SAGI, The meaning of the Akedah, cit., p. 46.

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