I prodromi della lex Papia Poppaea: la propaganda demografica di Augusto in Cassio Dione LVI, 2-9

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1 Sul provvedimento varato da Augusto nel 18 a.C., inteso a reprimere il celibato per gli uomini nella fascia d’età compresa fra i 25 ed i 60 anni e per le donne fra i 20 ed i 50 (cfr. ULP . Tit. XVI, 1), documentato da SUET. Aug. XXXIV, 1-2, peraltro utile a testi- moniare il clima di protesta che dovette accompagnarne l’applicazione nel corso del tempo (... prae tumultu recusantium perferre non potuit nisi adempta demum lenitave par- te poenarum et vacatione trienni data auctisque praemiis); CASS. DIO LIV, 16, 1-2; LV, 2, 6, oltre a JÖRS (1894) 1985; cfr. soprattutto ASTOLFI 1995 3 , 1-21. Per un inquadramento complessivo delle misure legislative augustee in campo matrimoniale, oltre ad un contri- buto ancora significativo in chiave storico-sociale di CALDERINI 1939, si può utilmente ricorrere a CSILLAG 1976; RADITSA 1980; GALINSKY 1981; WALLACE-HADRILL 1981; AN- DRÉ 1986; MCGINN 1998, 70-139; MCGINN 2002. 2 Che il contenuto del discorso sia da attribuirsi a Cassio Dione più che ad Augu- sto era già sostenuto da JÖRS (1894) 1985, 53; per tale posizione prevalentemente con- divisa dagli studiosi (cfr. e. g. MARTINELLI 1990, 413-415, ove il discorso non figura nel- la rassegna ricavata dall’opera dionea) sembra propendere da ultimo SWAN 2004, 227 secondo cui lo storico, essendo a conoscenza della ripresa da parte del principe, in oc- casione della proposta della Lex Iulia de maritandis ordinibus, dell’orazione de prole au- genda di Q. C. Metello ne avrebbe tratto ispirazione per mettere a punto il discorso at- tribuitogli nei primi capitoli del libro LVI, concedendosi evidentemente una libertà cronologica analoga a quella adottata per il dialogo di Cornelio Cinna (CASS. DIO LV, 14, 1-22, 2), posto che LIV . Per. LIX autorizza a ritenere che la recitatio augustea del di- scorso di Metello sia avvenuta in occasione del dibattito connesso appunto alla sopra ricordata proposta del 18 a.C. e non a quella della Lex Papia Poppaea del 9 d.C. In tale direzione, va inoltre registrato che sulla scia di MALCOVATI (1928) 1969 5 , XXXIX il te- sto dell’orazione augustea riportato da CASS. DIO LVI, 2-9 è considerato fittizio e per- tanto escluso dalla recente raccolta degli atti e delle opere del principe curata da DE I PRODROMI DELLA LEX PAPIA POPPAEA: LA PROPAGANDA DEMOGRAFICA DI AUGUSTO IN CASSIO DIONE LVI, 2-9 Ida Mastrorosa Secondo la testimonianza offerta da Cassio Dione, ma non suffragata da ulteriori fonti, a seguito della richiesta di abroga- zione della Lex Iulia de maritandis ordinibus 1 avanzata fra vi- brate proteste dai cavalieri nel 9 d.C., convocati nel foro i citta- dini celibi e senza figli nonché quelli sposati e con prole, Augu- sto avrebbe indirizzato a tutti i presenti un discorso articolato in due sezioni contrapposte ma specularmente concepite a so- stegno delle nozze e dell’incremento della natalità. Ricostruito dallo storico nei capitoli iniziali del LVI libro della sua opera e sovente reputato dagli studiosi pressoché fittizio 2 , esso presen-

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1 Sul provvedimento varato da Augusto nel 18 a.C., inteso a reprimere il celibatoper gli uomini nella fascia d’età compresa fra i 25 ed i 60 anni e per le donne fra i 20 ed i50 (cfr. ULP. Tit. XVI, 1), documentato da SUET. Aug. XXXIV, 1-2, peraltro utile a testi-moniare il clima di protesta che dovette accompagnarne l’applicazione nel corso deltempo (... prae tumultu recusantium perferre non potuit nisi adempta demum lenitave par-te poenarum et vacatione trienni data auctisque praemiis); CASS. DIO LIV, 16, 1-2; LV, 2,6, oltre a JÖRS (1894) 1985; cfr. soprattutto ASTOLFI 19953, 1-21. Per un inquadramentocomplessivo delle misure legislative augustee in campo matrimoniale, oltre ad un contri-buto ancora significativo in chiave storico-sociale di CALDERINI 1939, si può utilmentericorrere a CSILLAG 1976; RADITSA 1980; GALINSKY 1981; WALLACE-HADRILL 1981; AN-DRÉ 1986; MCGINN 1998, 70-139; MCGINN 2002.

2 Che il contenuto del discorso sia da attribuirsi a Cassio Dione più che ad Augu-sto era già sostenuto da JÖRS (1894) 1985, 53; per tale posizione prevalentemente con-divisa dagli studiosi (cfr. e. g. MARTINELLI 1990, 413-415, ove il discorso non figura nel-la rassegna ricavata dall’opera dionea) sembra propendere da ultimo SWAN 2004, 227secondo cui lo storico, essendo a conoscenza della ripresa da parte del principe, in oc-casione della proposta della Lex Iulia de maritandis ordinibus, dell’orazione de prole au-genda di Q. C. Metello ne avrebbe tratto ispirazione per mettere a punto il discorso at-tribuitogli nei primi capitoli del libro LVI, concedendosi evidentemente una libertàcronologica analoga a quella adottata per il dialogo di Cornelio Cinna (CASS. DIO LV,14, 1-22, 2), posto che LIV. Per. LIX autorizza a ritenere che la recitatio augustea del di-scorso di Metello sia avvenuta in occasione del dibattito connesso appunto alla sopraricordata proposta del 18 a.C. e non a quella della Lex Papia Poppaea del 9 d.C. In taledirezione, va inoltre registrato che sulla scia di MALCOVATI (1928) 19695, XXXIX il te-sto dell’orazione augustea riportato da CASS. DIO LVI, 2-9 è considerato fittizio e per-tanto escluso dalla recente raccolta degli atti e delle opere del principe curata da DE

I PRODROMI DELLA LEX PAPIA POPPAEA: LA PROPAGANDA DEMOGRAFICA DI AUGUSTO

IN CASSIO DIONE LVI, 2-9

Ida Mastrorosa

Secondo la testimonianza offerta da Cassio Dione, ma nonsuffragata da ulteriori fonti, a seguito della richiesta di abroga-zione della Lex Iulia de maritandis ordinibus1 avanzata fra vi-brate proteste dai cavalieri nel 9 d.C., convocati nel foro i citta-dini celibi e senza figli nonché quelli sposati e con prole, Augu-sto avrebbe indirizzato a tutti i presenti un discorso articolatoin due sezioni contrapposte ma specularmente concepite a so-stegno delle nozze e dell’incremento della natalità. Ricostruitodallo storico nei capitoli iniziali del LVI libro della sua opera esovente reputato dagli studiosi pressoché fittizio2, esso presen-

BIASI - FERRERO 2003, 54, n. 178. A favore della tesi di un’orazione augustea si èespresso di recente SPAGNUOLO VIGORITA 20022, 69 e n. 301 secondo cui è credibileche nella primavera del 9 d.C. il principe avesse rivolto ai cittadini un discorso del qua-le non siamo in grado di leggere il testo bensì la rielaborazione costruita da Cassio Dio-ne «su un ordito augusteo», vale a dire sulla scorta del testo originale che tuttavia nonera pubblicato o almeno non circolante ai tempi dello storico severiano, posto che «glistorici antichi evitavano di rielaborare discorsi pubblicati e facilmente accessibili»; inquest’ottica, lo studioso non tralascia giustamente di sottolineare la presenza nel di-scorso di «temi cari al principe».

3 Sui contenuti e le finalità dei discorsi inseriti dallo storico nella sua opera, il piùcelebre dei quali – come è noto – ospita il dibattito fra Agrippa e Mecenate sulla mi-gliore forma di governo (CASS. DIO LII, 2-40), oltre VAN STEKELENBURG 1971, si veda-no MILLAR 1961, 14-15 secondo cui sarebbero legati al bisogno di esprimere retorica-mente argomentazioni di carattere morale; MILLAR, 1964, 83 stando al quale non con-tribuiscono alla conoscenza storica ma rivelano la mentalità di un senatore che scrivesotto i Severi; nonché GABBA 1955, 312 ss.; GIUA 1983, 446 per cui costituiscono unluogo privilegiato dallo storico per esprimere le proprie opinioni; GABBA 1984, 70-71.Per una rassegna sui temi oggetto delle orazioni presenti nell’opera dionea cfr. inoltreMARTINELLI 1990.

4 Avviato fin dall’età giovanile allo studio dell’ars dicendi da Cesare (CASS. DIO

XLV, 2, 7), Augusto avrebbe avuto l’abitudine di esercitarsi a declamare anche durantecircostanze di guerra, di non parlare mai né al senato né al popolo né ai soldati senzaaver approntato un testo per iscritto, di ricorrere alla lettura per scongiurare il rischiodi vuoti di memoria, e perfino ad appunti presi in precedenza per evitare di dilungarsitroppo secondo quanto attestato da SUET. Aug. LXXXIV, 1-2 la cui testimonianza la-scia altresì intendere che talora usasse rivolgersi direttamente al popolo. Dobbiamoinoltre al biografo (SUET. Aug. LXXXIX, 2) un’interessante notizia sulla sua abitudine

ta cionondimeno spunti argomentativi che meritano di esserericonsiderati per tentare di far luce sul clima entro cui maturòla proposta della Lex Papia Poppaea da parte dei consoli suffetiMarco Papio Mutilo e Quinto Poppeo Secondo, vale a dire perverificare se ulteriori fattori contingenti oltre a istanze di carat-tere morale e patrimoniale influenzarono dopo quasi un tren-tennio dai primi interventi la ripresa di nuove misure di legisla-zione matrimoniale e, in ultima istanza, per interrogarsi sul si-gnificato che in età severiana, per un autore pur incline a intro-durre pezzi retorici per dar voce a riflessioni di argomento va-rio3, poteva avere la riproposizione in chiave più o meno riela-borata di un’orazione incentrata sulla valenza civica delle nozzee su problemi di ordine demografico, che non possiamo co-munque escludere sia stata in qualsivoglia forma pronunciatada Augusto, peraltro celebrato per le sue doti di eloquenza col-tivate fin dalla prima giovinezza4.

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di ricavare dalla lettura di autori in lingua greca oltre che latina esempi ed insegnamen-ti utili per la condotta politica e privata, nonché estratti da inviare a congiunti o capimilitari perché ne traessero insegnamento; sulle testimonianze concernenti i suoi inter-venti oratori si veda soprattutto BARDON 19682, 25-28.

5 Sebbene sia impossibile identificare le fonti da cui Cassio Dione potrebbe avertratto materiali per la rielaborazione del discorso augusteo qui esaminato, in linea ge-nerale va sottolineato che contro la tesi di MILLAR 1964, 37; 173, l’uso di documenti uf-ficiali riscontrati in archivio, ovvero il ricorso ad acta publica e ricognizioni nelle raccol-te senatorie o imperiali per le sezioni relative a vicende contemporanee allo storico èstato dimostrato da LETTA 1979, 139-148; quanto alla consultazione di materiale docu-mentario concernente invece periodi più remoti si veda LETTA 2003; con particolare ri-ferimento ai libri augustei (LII-LVI) cfr. soprattutto MILLAR 1964, 91-92 secondo cuiDione non avrebbe seguito una fonte esclusiva ma sarebbe ricorso pure a fonti non an-nalistiche; SWAN 1987; SWAN 1997 che, con riguardo agli ultimi, privilegia la tesi di unacomposizione fondata su fonti annalistiche.

6 Cfr. LIV. Per. LIX: Q. Metellus censor censuit ut cogerentur omnes ducere uxoresliberorum creandorum causa. Extat oratio eius, quam Augustus Caesar, cum de maritan-dis ordinibus ageret, velut in haec tempora scriptam in senatu recitavit.

7 Figura di spicco dell’opposizione oligarchica antiscipionica, Quinto Cecilio Me-tello Macedonico fu noto ai suoi tempi per grandi doti oratorie (CIC. Brut. 81); sul per-sonaggio, che secondo PLIN. VII, 59 avrebbe lasciato alla sua morte 6 figli, 11 nipoti, e27 persone fra nuore, generi e quanti si rivolgevano a lui con l’appellativo di padre,nonché sulla sua orazione contro il celibato e in favore dell’incremento demograficocfr. ERLER - VON UNGERN-STERNBERG 1987.

8 SUET. Aug. LXXXIX, 2: Etiam libros totos et senatui recitavit et populo notos per

In via preliminare, a fronte della difficoltà di verificare entroquali limiti la ricostruzione dionea fosse debitrice di notizie dimatrice documentaria5 relative ad un discorso realmente tenutodal principe nel 9 d.C., occorre ricordare l’esistenza di una tra-dizione annalistica, ripresa dall’estensore delle epitomi liviane6,stando a cui già nel 18 a.C. all’atto di occuparsi della questionedel matrimonio tra esponenti di classi sociali diverse egli avreb-be dato lettura in senato dell’orazione nel 131 a.C. pronunciatadal censore Quinto Cecilio Metello Macedonico a favore deldecreto con cui obbligava gli uomini a sposarsi ed avere figli7.Notizia analoga ma più puntuale può trarsi dalla biografia au-gustea di Svetonio stando al quale in tale circostanza anteriorel’imperatore non si sarebbe limitato a far leggere per intero insenato l’intervento di Metello de prole augenda, insieme a quel-lo di Rutilio Rufo de modis aedificiorum, ma ne avrebbe altresìpromosso la diffusione attraverso un editto con l’intento diconvincere l’uditorio dell’interesse ormai da tempo riservatoagli argomenti in essi trattati8. Due testimonianze preziose, che

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edictum saepe fecit, ut orationes Q. Metelli de prole augenda ... quo magis persuaderetutramque rem non a se primo animadversam sed antiquis iam tunc curae fuisse.

9 Contro l’ipotesi che si tratti di un semplice errore commesso da Gellio, sostan-zialmente abbracciata da HOLFORD-STREVENS 1988, 228 ss. si è espresso con buone ar-gomentazioni MCDONNELL 1987, nonché sulla stessa linea BADIAN 1997.

10 GELL. I, 6, 1-2: Multis et eruditis viris audientibus legebatur oratio Metelli Numi-dici… quam in censura dixit ad populum de ducendis uxoribus, cum eum ad matrimoniacapessenda hortaretur. In ea oratione ita scriptum fuit: Si sine uxore possemus, Quirites,omnes ea molestia careremus sed quoniam ita natura tradidit, ut nec cum illis satis com-mode, nec sine illis ullo modo vivi possit, saluti perpetuae potius quam brevi voluptaticonsulendum est.

11 GELL. I, 6, 3-4: Videbatur quibusdam Q. Metellum censorem, cui consilium essetad uxores ducendas populum hortari, non oportuisse de molestia incommodisque perpe-tuis rei uxoriae confiteri… Titus autem Castricius recte atque condigne Metellum esse lo-cutum existimabat.

però non forniscono stralci del contenuto preciso dell’orazioneapprezzata da Augusto alcuni lustri prima dell’episodio ricor-dato da Cassio Dione, per i quali si può tuttavia far riferimentoalla tradizione antiquaria, ammettendo che siano in ultimaistanza da ascriversi al Metello censore del 131 a.C. i due fram-menti del testo da Gellio tuttavia attribuiti a Metello Numidico(Noct. Att. I, 6, 1). Tralasciando in questa sede i problemi di ta-le controversa identificazione, foriera di dibattito ancora di re-cente9, dall’estratto del discorso trasmesso si evince fra l’altrouna disillusa ammissione sulla fastidiosa convivenza con la don-na implicita nel vincolo coniugale e purtuttaviaimprescindibile10: un’osservazione criticata dai partecipanti alladiscussione ripresa nel resoconto gelliano ma elogiata dal retoreTito Castricio11, pronto ad evidenziare la franchezza ed il reali-smo con cui Metello aveva rilevato i limiti delle nozze espri-mendo considerazioni da tutti condivise, meritandosi la fiduciadell’uditorio e preparandolo, dunque, nel modo migliore a con-cordare sulla essenzialità del matrimonio per la sussistenza del-lo stato: De molestia igitur cunctis hominibus notissima confessuseaque confessione fidem sedulitatis veritatisque commeritus, tumdenique facile et procliviter, quod fuit rerum omnium validissi-mum atque verissimum, persuasit civitatem salvam esse sine ma-trimoniorum frequentia non posse (Noct. Att. I, 6, 6).

Ciò detto, che la strategia adottata dal censore del 131 a.C.,evidentemente condivisa da Augusto già al momento della pro-

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12 Per una posizione diversa si veda MILLAR 1964, 101 secondo cui nulla sembraindicare che il discorso di Augusto fosse “modelled” su quello del censore.

13 Non possiamo escludere, in linea di principio, che il ricorso alla metafora dellefiaccole usate in gara per rappresentare il perpetuarsi delle generazioni necessario per

mozione della recitatio del discorso nel 18 a.C., possa poi averfornito al principe lo spunto per un proprio intervento autono-mo nel 9 d.C. pare in linea di principio almeno ipotizzabile allaluce di un riscontro ricavabile dalla ricostruzione più tardi for-nitane dallo storico bitinico secondo cui l’imperatore nonavrebbe esitato ad ammettere angustie e fastidi impliciti nellenozze (CASS. DIO LVI, 8, 2-3)12. Il rilievo, riconducibile ad unodei due frammenti trasmessi in Noct. Att. I, 6, avrebbe trovatospazio nelle battute finali di un ragionamento sostanzialmenteincentrato sulla ripetuta messa a fuoco della dimensione civicadel vincolo nuziale, recepita dal testo di Metello in una pro-spettiva non dissimile da quella suggerita dal dotto interlocuto-re intervenuto nella disputa intorno ad esso accesasi secondoGellio nel II secolo d.C., ma d’altro canto finalizzato – perquanto qui interessa – a prospettare a più riprese le minaccioseconseguenze che il decremento delle nascite rischiava di recareanche alla durata stabile del predominio romano, evocate findal principio del resoconto dioneo. In particolare, è eloquentel’elogio che l’imperatore avrebbe innanzitutto riservato allaschiera dei coniugati, interpretando la loro scelta di non sot-trarsi alle nozze come un atto di obbedienza civica ispirato aibisogni della patria (uJma'" ejpainw' ... o{ti kai; ejpeivsqhte kai;th;n patrivda sumplhquvete), legato ai più antichi costumiche, proprio grazie al matrimonio e alla discendenza assicuratadalla procreazione all’interno di esso, consentirono ai Romani,originariamente poco numerosi, di superare gli altri popoli nonsoltanto per l’abbondanza di uomini di valore ma anche graziealla propria consistenza numerica: e[peita gavmwn ejpimelh-qevnte" kai; tevkna poihsavmenoi pavnta" ajnqpwvpou" oujkeujandriva/ movnon ajlla; kai; poluanqrwpiva/ uJperevfumen (CASS.DIO LVI, 2, 2). Del resto, ancora in quest’ottica, nel prosieguodel messaggio di apprezzamento rivolto al primo gruppo, arric-chito da stilemi narrativi non necessariamente ascrivibili allarielaborazione dionea13, dopo aver riconosciuto in chiave pri-

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superare la mortalità della razza umana in CASS. DIO LVI, 2, 3, o ancora l’accenno al-l’origine divina della divisione fra i due sessi in CASS. DIO LVI, 2, 4, o infine l’uso diuna metafora d’impronta medica in CASS. DIO LVI, 6, 1 potessero risalire al testo di unprincipe cultore delle lettere greche (GELL. X, 11, 5; XV, 7, 3), apprese da Apollodorodi Pergamo, nonché allievo di Ario Didimo (cfr. SUET. Aug. LXXXIX, 1-2) e di Ateno-doro (cfr. CASS. DIO LII, 36, 4; GRIMAL 1945; 1946; ZWAENEPOEL, 1948; BARDON

19682, 10 ss.), inoltre cimentatosi nella composizione di hortationes ad philosophiam(cfr. SUET. Aug. LXXXV, 1). Per una posizione diversa cfr. invece REINHOLD-SWAN

1990, 171 secondo cui l’impronta platonico-stoica del passo risalirebbe allo storico,nonché SWAN 2004, 227 e n. 4 ove si insiste sulla disponibilità da parte di Cassio Dionedi una ormai consolidata tradizione didattica sull’argomento.

vata un punto cardine del vincolo nuziale nella capacità di assi-curare la trasmissione ereditaria di valori e beni patrimoniali(CASS. DIO LVI, 3, 2), quindi messo a punto un vero e proprioelogio della figura femminile celebrandone il ruolo di ammini-stratrice, compagna e nutrice dei figli (CASS. DIO LVI, 3, 3) e,d’altra parte, identificato nell’atto procreativo la garanzia pri-maria di una discendenza imperitura (CASS. DIO LVI, 3, 4-5),irrinunciabile nella prospettiva del modello gentilizio peculiaredella società romana, tornando a considerare i vantaggi assicu-rati dal matrimonio sul piano pubblico, secondo il dettato dellostorico bitinico Augusto avrebbe ulteriormente insistito sullaopportunità e la necessità di ricavarne, nella dimensione del vi-vere consociato comunque contrassegnato dal dominio roma-no, un numero di uomini sufficiente per l’esercizio delle atti-vità lavorative in tempo di pace e per la difesa dei propri beniin circostanze di guerra: tw'/ de; dh; koinw'/, ... pw'" me;n ouj kalo;npw'" d j oujk ajnagkai'on, ei[per ai{ te povlei" kai; oiJ dh'moie[sontai kai; uJmei'" te eJtevrwn a[rxete kai; oiJ a[lloi uJmi'n uJ-pakouvsousi, poluplhqiva e[n te eijrhvnh/ gh'n ejrgavsasqai kai;nautiliva" nautivlasqai tevcna" te ajskh'sai kai; dhmiourgi-va" ejpithdeu'sai, kai; ejn polevmw/ tav te o[nta proqumovterondia; ta; gevnh sw'sai kai; ajnti; tw'n ajpollumevnwn eJtevrou" ajn-tikatasth'sai… (CASS. DIO LVI, 3, 6-7). Una visione impron-tata ad una scala di valori non diversi da quella che qualche an-no prima Dionigi d’Alicarnasso mostrava di condividere nellepagine della sua opera sulla storia di Roma arcaica, completataanche grazie al sostegno di un principe generoso nel conceder-gli opportunità di studio a Roma fin dal periodo immediata-

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14 Sulle implicazioni ed il significato della sezione dedicata da Dionigi alle normematrimoniali romulee si veda GABBA 1960, 193-194; GABBA 1996, 131-133.

15 Si veda CASS. DIO LVI, 3, 8 ove merita di essere sottolineata la prospettiva di“gender” che connota l’identificazione del ruolo maschile con la paternità adottata, siapure in funzione negativa, pure in CASS. DIO LVI, 4, 2: w\ tiv a]n ojnomavsaimi uJma`"…a[ndra"… ajllj oujde;n ajndrw'n e[rgon parevcesqe. polivta"… ajll o{son ejf j uJmi'n, hJ povli"ajpovllutai. JRwmaivou"… ajllj ejpiceirei'te to; o[noma tou'to katalu'sai, nonché nellebattute conclusive di Augusto in CASS. DIO LVI, 9 stando alle quali, riepilogando il si-gnificato del suo intervento, il principe sarebbe tornato ad insistere sull’ideale di unacomunità costantemente rinvigorita dalla stabile vigenza delle istituzioni familiari e dal-la fiducia di poter contare sul contributo delle generazioni future, eleggendolo a pre-supposto irrinunciabile per la sua azione di governo ma anche per il ruolo da lui assol-to in omaggio all’appellativo di pater la cui pienezza di significato ambiva evidentemen-te a condividere con quanti proprio attraverso la scelta delle nozze e la procreazionel’avrebbero meritato per sé e avrebbero mostrato di applicarlo a lui senza farne unavuota formula di adulazione. Ben oltre la possibilità di ascriverlo ad autentiche affer-mazioni di Augusto merita comunque di essere segnalato in tale contesto il richiamo altitolo di Pater patriae conferitogli nel 2 a.C., ricordato in Res gest. XXXV, 1, nonché daSUET. Aug. LVIII, 1 e CASS. DIO LV, 10, 10.

mente successivo ad Azio e non priva di ammirazione per ilRomolo artefice di lungimiranti interventi di regolazione delleistituzioni familiari e di impostazione di una equilibrata prassicivica fondata sulle due uniche occupazioni ammissibili per gliuomini liberi, vale a dire il lavoro dei campi in tempo di pace el’esercizio della guerra (Ant. Rom. II, 28, 2)14.

Ma sulle implicazioni pubbliche della scelta delle nozze e,segnatamente, sull’obbligo di non sottrarvisi con danno dellaromanità – stando alle affermazioni attribuitegli dalla ricostru-zione dionea – Augusto sarebbe tornato in termini ancora piùespliciti soprattutto nella seconda parte del suo intervento ri-servata ai celibi (CASS. DIO LVI, 4-9). In tale contesto, sebbenenon specificamente intenzionato – secondo le parole ascrittegli– a stigmatizzare il comportamento di costoro bensì a sottoli-neare ulteriormente anche per via comparativa la benemeritascelta dei coniugati, l’imperatore avrebbe negato a quanti sifossero sottratti all’impegno nuziale l’appellativo di uomininonché quello di cittadini e di Romani15, facendo scaturire dal-l’abbandono sul piano fisiologico della prerogativa maschiledella paternità, inusitato per i progenitori oltre che contrario alvolere della provvidenza, la mancata tutela della discendenzadella nazione romana, della cui estinzione a suo avviso i celibi

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16 Non può sfuggire che in CASS. DIO LVI, 5, 1-3 l’operato dei renitenti alle nozze,giudicato innanzitutto peggiore dei maggiori ajdikhvmata, sia poi valutato rubricando-ne singoli aspetti attraverso un lessico che richiama precise tipologie di reato (miaifo-nei'te; ajjnosiourgei'te; ajsebei'te; ajpolluvnte"; th;n politeivan kataluvete; th;n pa-trivda prodivdote) e può ritenersi un indizio della dimestichezza dello storico con lasfera del diritto: un dato d’altro canto spiegabile ove si ricordi e. g. la sua presenza insede processuale, ricavabile da CASS. DIO LXXV, 16, 4.

avrebbero dovuto esser considerati responsabili: ... oi{tine" ...ejpiqumei'te pa'n me;n tov gevno" hJmw'n ajfanivsai kai; qnhto;no[ntw" poih`sai, pa'n de; to; JRwmaivwn e[qno" fqei'rai kai;pau'sai. (CASS. DIO LVI, 4, 4). Costretto tuttavia a constatare ilnumero non esiguo di questi ultimi, disposti ad una linea dicondotta palesemente opposta alla propria politica di incre-mento demografico, nel seguito dell’intervento, oltre a bollarneapertamente come ingiusto l’operato, in considerazione del ri-schio che esso potesse tradursi in un più generale incoraggia-mento al ripudio del matrimonio, il principe l’avrebbe dichia-ratamente giudicato passibile di una punizione conforme all’u-so di reprimere anche le azioni illecite compiute da pochi(CASS. DIO LVI, 4, 6). In quest’ottica, il suo discorso avrebbequindi progressivamente assunto una più spiccata finalità inti-midatoria, evocando lo spettro di precise imputazioni addebi-tabili a quanti avessero evitato le nozze, vale a dire identifican-do nel ripudio della procreazione il compimento di un vero eproprio delitto, quindi nel disprezzo dei vincoli patriarcali inessa insito un atto sacrilego, e ancora nell’estinzione della fami-glia, nel rifiuto della vita umana e nel mancato rispetto dei cultiun’azione empia nei confronti degli dei e, infine, nella trasgres-sione delle leggi dello stato e nella decimazione derivata allasua popolazione dal decremento delle nascite un vero e pro-prio tradimento della patria e delle sue più antiche istituzioni(CASS. DIO LVI, 5, 1-3). Ben oltre l’enfatizzazione in chiave pa-ragiuridica del significato del comportamento dei celibi, in de-finitiva classificato come delittuoso16, il resoconto delle argo-mentazioni successive lascia comunque intendere che l’accen-tuazione in chiave pubblica degli effetti derivanti dalla loroscelta dovesse costituire un punto nodale del discorso di Augu-sto, in verità impegnato in primo luogo a richiamare al rispetto

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17 Già sottolineato da Cicerone (cfr. Rep. II, 7, 12: urbem constituit… et ad firman-dam novam civitatem novum quoddam et subagreste consilium sed ad muniendas opes re-gni ac populi sui magni hominis et iam tum longe providentis secutus est, cum Sabinashonesto ortas loco virgines… Consualibus rapi iussit) tale aspetto sembra acquisire con-notazione pregnante in età augustea: cfr. LIV. I, 9, 1-4 ove la procreazione è ritenutaconsustanziale alla sopravvivenza dello stato e induce Romolo a chiedere ai Sabini dimescolarsi al sangue romano: Iam res Romana adeo erat valida ut cuilibet finitimarumcivitatium bello par esset; sed penuria mulierum hominis aetatem duratura magnitudoerat, quippe quibus nec domi spes prolis nec cum finitimis conubia essent… proinde negravarentur homines cum hominibus sanguinem ac genus miscere.

18 Sull’importanza del riferimento ad una legge intesa a regolare il matrimonio ri-salente ai primordi dello stato romano nel passo del discorso attribuito ad Augusto daCassio Dione in relazione alle notizie ricavabili da DIONYS. HALIC. Ant. Rom. II, 24-25richiama l’attenzione GABBA 1996, 133.

19 Testimonianza del valore simbolico della dislocazione della residenza augusteasul Palatino, vale a dire del prestigio derivante dal fatto che il colle rappresentava illuogo dell’antica sede di Romolo, si trae da CASS. DIO LIII, 16, 5; in proposito cfr. inol-tre FRASCHETTI 20052, 303.

20 Oltre all’encomio di HOR. Carm. IV, 15, già cantore sul finire del I sec. a.C. del-l’operato di Augusto fustigatore della licenza dei costumi e fautore del ripristino delleantiche virtù con benefiche ricadute sul prestigio del nome e della potenza romana (vv.10-15: frena licentiae iniecit... et veteres revocavit artes, per quas Latinum nomen et Ita-lae crevere vires, famaque et imperi porrecta maiestas...), è significativo il parallelo isti-tuito tra il principe e Romolo da un intellettuale, invero non sempre concorde con lescelte dell’imperatore, come Ovidio comunque pronto nel II libro dei Fasti ad elogiar-ne la capacità di superare il modello ampliando a dismisura i confini territoriali di Ro-ma, di prescrivere la castità delle spose anziché consentirne il rapimento, di tener fuoridalla patria i malvagi piuttosto che ammetterli nel bosco sacro, infine di promuovere leleggi in luogo dell’uso della forza: Romule concedes... te Tatius parvique Cures Caenina-

dei mores antiqui evocando lo sdegno che di fronte al celibatoavrebbero potuto provare personaggi eroici come Romolo, ca-pace di ricorrere al ratto delle Sabine pur di rinsaldare la consi-stenza numerica della comunità originaria17, nonché Curzio edErsilia custodi ad ogni costo del vincolo nuziale (CASS. DIO

LVI, 5, 4-5), quindi ricordando le leggi introdotte a favore diesso fin dal primo sorgere delle istituzioni monarchiche (CASS.DIO LVI, 6, 4)18. Accenni significativi, certamente coerenti conla visione di un principe cultore dei modelli dell’età regia e inparticolare devoto alla figura del padre fondatore, secondoquanto testimonia fra l’altro la sua decisione di risiedere sul Pa-latino in prossimità della leggendaria dimora romulea19 e nondi meno prova il costante parallelo tra i due stabilito dagli in-tellettuali del tempo20; accenni, dunque, ascrivibili ad un di-

I prodromi della Lex Papia Poppaea 289

que sensit, hoc duce Romanum est solis utrumque latus; tu breve nescioquid victae tellu-ris habebas, quodcumque est alto sub Iove Caesar habet. Tu rapis, hic castas duce se iubetesse maritas; tu recipis luco, reppulit ille nefas; vis tibi grata fuit, florent sub Caesare le-ges... (vv. 133-141).

21 È indicativo il parallelo che a fine intimidatorio secondo CASS. DIO LVI, 5, 7Augusto avrebbe stabilito tra il rifiuto delle nozze da parte dei celibi e la scelta delleVestali, ricordando ai primi che con la loro decisione, ammissibile solo ove finalizzataal rispetto della castità, si sarebbero resi passibili delle medesime punizioni previste perle sacerdotesse che avessero violato l’analogo obbligo: un accostamento che, al di là delfine argomentativo, corrisponde comunque alla grande attenzione riservata dal princi-pe al culto di Vesta, cui aveva consacrato nel 12 a.C. parte della sua casa (cfr. FRA-SCHETTI 20052, 308-323) e alle sue sacerdotesse, destinatarie di particolari concessioni(cfr. SUET. Aug. XXXI, 3). Conforme alla campagna moralizzatrice portata avanti daAugusto con la Lex Iulia de adulteriis appare anche il giudizio di riprovazione dal prin-cipe espresso in CASS. DIO LVI, 6, 6 - 7, 1 a proposito della scelta dei celibi, a suo avvi-so dettata non dal desiderio di condurre una vita tranquilla, priva di obblighi familiari,né dal gusto della solitudine bensì dall’intento di concedersi maggiore libertà e oppor-tunità di trasgressioni in campo amoroso.

22 Si veda CASS. DIO LVI, 7, 2, nonché LIV, 16, 2 e in merito HUMBERT 1990, 190;MCGINN 2004.

scorso realmente pronunciato da Augusto ovvero utilizzabiliper sostenere che Cassio Dione possa aver ricavato il suo cano-vaccio da fonti informate sul contenuto di un testo che d’altrocanto dovette probabilmente incentrarsi su una insistita esorta-zione a reputare il matrimonio e la procreazione funzionali alladifesa della patria.

Ciò emerge – mi pare – dal prosieguo del resoconto dioneo,nel quale dopo osservazioni d’impronta moralistica21 analoga-mente conformi alla linea augustea, o quanto meno indicativedella buona conoscenza che di essa ebbe lo storico bitinico, edopo il richiamo a provvedimenti specifici, come l’abbassa-mento della soglia minima prevista per l’età di fidanzamentodelle donne o la facoltà di matrimonio con liberte concessa agliesponenti dei ceti più elevati esclusi quelli dell’ordo senatorio alfine di regolarizzarne i rapporti di convivenza22, l’imperatore,deplorato il fallimento della sua linea di condotta, si sarebbequindi spinto a dar voce ai rischi connessi al decremento dellanatalità, fino a paventare l’estinzione del nome romano e l’ipo-tesi della caduta della città nelle mani di stranieri, greci o bar-bari che fossero: ouj mh;n oujd j o{sion h] kai; kalw'" e[con ejsti; to;me;n hJmevteron gevno" pauvsasqai kai; to; o[noma to; JRwmaivwnejn hJmi'n ajposbh'nai, a[lloi" dev tisin ajnqrwvpoi" {Ellhsin h]

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23 Cfr. SUET. Aug. XL, 3: Magni praeterea existimans sincerum atque ab omni collu-vione pergerini ac servilis sanguinis incorruptum servare populum, ut civitates Romanasparcissime dedit et manumittendi modum terminavit... civitatem negavit... affirmans faci-lius se passurum fisco detrahi aliquid, quam civitatis Romanae vulgari honorem..

24 Sul passo si vedano le puntualizzazioni di COGROSSI 1979; THOMPSON 1981;BRADLEY 1987, 87 ss.; 148-149; GIARDINA 1997, 68.

kai; barbavroi" th;n povlin ejkdoqh'nai (CASS. DIO LVI, 7, 5).Una osservazione emblematica, nella quale possiamo innan-

zitutto escludere che si riflettessero preoccupazioni per il ri-schio di una contaminazione del sangue romano, per altro versoda taluni ascritte al principe sulla base di un noto passo dellabiografia dedicatagli da Svetonio secondo cui Augusto sarebbestato fermamente convinto dell’opportunità di mantenere il po-polo romano puro e incorrotto da qualsiasi mescolanza di san-gue straniero e servile sicché, in nome di tale rischio, avrebbecon parsimonia concesso la cittadinanza, posto un limite allemanomissioni e, più in generale, operato attivamente per evita-re di sminuire la dignità della civitas romana23. Trascurando diesaminare osservazioni e puntualizzazioni avanzate su quest’ul-timo passo24, per la cui valutazione non va comunque tralascia-ta un’ulteriore notizia fornita dal medesimo biografo stando acui l’imperatore sarebbe stato d’altro canto prodigo nella con-cessione della cittadinanza latina o romana alle città che poteva-no vantare benemerenze verso il popolo romano (Aug. XLVII,2), basterà considerare il seguito del resoconto dioneo per met-tere a fuoco la reale natura dell’argomentazione attribuita dallostorico bitinico ad Augusto, non a caso connessa ad una lucidaconstatazione dell’effetto opposto sortito dal decremento dellenascite rispetto al fine perseguito con la concessione della li-bertà agli schiavi e la partecipazione al governo dello stato de-gli alleati: h] tou;" me;n douvlou" di j aujto; tou'to mavlista, ejleu-qerou'men o{pw" wJ" pleivstou" ejx aujtw'n polivta" poiwvmeqa,toi'" te summavcoi" th'" politeiva" metadivdomen o{pw" plh-quvwmen (CASS. DIO LVI, 7, 6).

In altri termini, l’ordito complessivo della ricostruzioneconsente di ipotizzare che con la sua esortazione a incrementa-re la natalità dei cives romani per scongiurare il rischio di unasuperiorità numerica degli stranieri il principe intendesse

I prodromi della Lex Papia Poppaea 291

25 Basti ricordare l’istituzione dell’asilo attestata da LIV. I, 8, 5-6; DIONYS. HAL.Ant. Rom. II, 15, 3-4; PLUT. Rom. IX, 3; ma sull’apertura che connota la mentalità ro-mana anche nei secoli successivi cfr. pure LIV. IV, 3; nonché il noto passo di TAC. Ann.XI, 24 ove Claudio non esita a celebrare tale linea di condotta; in proposito oltre aWALBANK 1972, si vedano GIARDINA 2000a; MARTIN 2001.

26 Cfr. CASS. DIO LVI, 33, 3: ejpiskhvyei" tw/' Tiberivw/ kai; tw'/ koinw'/, a[lla" tekai; o{pw" mhvt j ajpeleuqerw'si pollouv", i{na mh; pantodapou' o[clou th;n povlinplhrwvswsi, mhvt j au\ ej" th;n politeivan sucnou;" ejsgravfwsin, i{na polu; to; diavforonaujtoi'" pro;" tou;" uJphkovou" h/\.

esprimere non già l’esigenza di preservare la purezza della raz-za, in verità estranea ai costumi di un popolo fin dai primordiromulei aperto all’accoglienza25, quanto piuttosto il bisogno diassicurarsi una stabilità demografica necessaria per mantenereun ruolo dominante all’interno di un organismo sempre piùsovranazionale, sia sul piano territoriale che per effetto di unapragmatica amplificazione del corpo civico ottenuta integran-do a vario titolo schiavi e alleati nella res publica. In quest’otti-ca, adatta pure per comprendere la raccomandazione, inveropressoché analoga a quella tramandata da Svetonio (Aug. XL,3), che secondo Cassio Dione Augusto avrebbe indirizzato aTiberio nel suo testamento, consigliandogli di non liberare unelevato numero di schiavi per non favorire la presenza a Romadi una folla variegata di popoli e di non largheggiare nella con-cessione della cittadinanza per mantenere una chiara differen-za tra Romani e popoli assoggettati26, possono forse intendersianche le critiche dall’imperatore mosse nel seguito del suo di-scorso contro il disinteresse a preservare la sopravvivenza del-la propria stirpe di cui i membri delle gentes di più antica tra-dizione, quali Marcii, Fabii, Valerii, Iulii, avrebbero dato pro-va con la scelta del celibato (CASS. DIO LVI, 7, 6): pericolosaper la tenuta del sistema gentilizio, essa poteva d’altro cantoapparire più in generale rischiosa in una fase storica in cui l’in-tegrazione di realtà etniche diverse andava acquisendo i carat-teri di un fenomeno inarrestabile e l’alterazione degli equilibridel tessuto demografico avrebbe potuto mettere a repentagliola capacità dei Romani di mantenere una posizione di egemo-nia, di controllo cioè e difesa delle istituzioni, secondo quantoinduce a ritenere una battuta successiva del discorso ascrittoad Augusto nel dettato dioneo, per altro verso utile a sottoli-

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27 Suona eloquente per l’età augustea il giudizio espresso da DIONYS. HAL. Ant.Rom. IV, 24, 4-8. Sull’atteggiamento dei Romani nei confronti degli stranieri oltre aSADDINGTON 1975; BALSDON 1979; DAUGE 1981; DUBUISSON 1985, fra i lavori più re-centi si vedano NOY 2000, 31 ss.; TODISCO 2006.

28 Eloquenti indicazioni sulle perdite iniziali ed il clima con cui furono recepite dalprincipe si leggono in VELL. PATERC. II, 110, 6 - 111, 1: Oppressi cives Romani, trucidati

neare come accanto alla diminuzione delle nascite pesassel’aumento del numero di morti per malattie e guerra: logivsa-sqe h[dh pote; o{ti ajduvnatovn ejsti, pollw'n me;n ejn tai'" nov-soi" pollw'n de; kai ; e jn toi '" polevmoi" eJkavstote te-leutwvntwn, swqh'nai th;n povlin, a]n mh; to; plh'qo" aujth'" ejktw'n ajei; ejpigignomevnwn ajnaplhrw'tai (CASS. DIO LVI, 8, 1).Ben oltre la percezione di un processo di trasformazione del-l’identità romana ormai in atto, nella quale si sarebbe indotti acogliere innanzitutto il riflesso della realtà posta sotto gli occhidi Cassio Dione fra la fine del II ed il principio del III secolod.C., se non vi fossero tuttavia testimonianze idonee a docu-mentare una anteriore presa di coscienza al riguardo27, tali os-servazioni tradiscono la consapevolezza del legame robusto eper certi versi osmotico ormai stabilitosi tra andamento demo-grafico ed eventi bellici. Quanto questi ultimi pesassero sullaconsistenza numerica della popolazione era emerso alla finedell’età repubblicana, epoca in cui la decimazione prodottasiper effetto delle guerre civili sarebbe stata tangibile nonchéconfermata dai censimenti promossi da Cesare, peraltro ado-peratosi mediante l’istituzione di premi a favore delle famiglienumerose (CASS. DIO XLIII, 25, 2) e con ulteriori interventifinalizzati a tenere alto il livello della popolazione (SUET. Iul.XLII). Ma l’effetto delle operazioni belliche sul piano demo-grafico dovette risultare del tutto palese ad Augusto proprionell’anno in cui secondo lo storico bitinico sarebbe intervenu-to con il suo discorso a favore delle nozze e della procreazio-ne: come è noto nel 9 d.C., dopo le difficili campagne sul fron-te dalmatico e pannonico che costarono la vita a cittadini ro-mani, a mercanti, oltre che a un gran numero di veterani e re-sero inoltre necessario imporre ad uomini e donne in base alcenso di fornire per l’arruolamento anche i liberti, provocan-do perfino il timore che il nemico giungesse a Roma28, la terri-

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negotiatores, magnus vexillariorum numerus... quin etiam tantus huius belli metus fuit utstabilem illum et firmatum tantorum bellorum experientia Caesaris Augusti animum qua-teret atque terreret. Habiti itaque dilectus, revocati undique et omnes veterani, viri femi-naeque ex censu libertinum coactae dare militem. Audita in senatu vox principis, decimodie, ni caveretur, posse hostem in urbis Romae venire conspectum. Per ulteriori notizie sul-le operazioni nell’Illirico che dal 6 al 9 d.C. videro impegnato Tiberio con quindici legio-ni e fecero temere l’invasione dell’Italia cfr. SUET. Tib. XVI, 2-3; CASS. DIO LV, 30, 1.

29 Cfr. SUET. Aug. XXIII, 1: graves ignominias cladesque duas omnino nec alibiquam in Germania accepit, Lollianam et Varianam, sed Lollianam maioris infamiae quamdetrimenti, Varianam paene exitiabilem tribus legionibus cum duce legatisque et auxiliisomnibus caesis. Hac nuntiata excubias per urbem indixit, ne quis tumultus existeret...

30 Si veda Res gest. XXVI, 2: item Germaniam, qua includit Oceanus a Gadibus adostium Albis fluminis pacavi e in proposito CRESCI MARRONE 1993, 101 con ulteriorebibliografia ivi citata, secondo cui il silenzio sui fatti militari del 9 d.C. che avevanocompromesso l’assoggettamento dell’area fra Reno ed Elba rimane clamoroso anchequalora si ipotizzi una stesura del testo anteriore a tale data, posto che pure il mancatoaggiornamento possa essere indicativo della scelta di non voler acuire con un precisoriscontro l’onta subita.

31 Cfr. VELL. PATERC. II, 119, 1-2: Ordinem atrocissimae calamitatis, qua nulla postCrassi in Parthis damnum in externis gentibus gravior Romanis fuit, iustis voluminibus utalii, ita nos conabimur exponere: nunc summa deflenda est. Exercitus omnium fortissimus,disciplina, manu experientiaque bellorum inter Romanos milites princeps... trucidatus est...

32 Per comprendere quanto fosse forte ancora a distanza di decenni l’attenzioneper particolari inerenti all’episodio basti ricordare la descrizione, sia pure connotata insenso patetico, di TAC. Ann. I, 61 puntuale nel rievocare il triste spettacolo di restiumani, animali, armi presentatosi alla vista di Germanico, nell’annoverare la fine deitribuni e dei centurioni sgozzati nei boschi presso gli altari dei barbari, nonché il ricor-do dei superstiti; nella medesima direzione cfr. inoltre FLOR. II, 36.

bile clades Variana fece registrare un pesante bilancio in termi-ni di perdite umane (CASS. DIO LVI, 14, 2; LVI, 16, 4) che nonlasciò indifferente il principe. È appena il caso di ricordare latestimonianza di Svetonio sulla sua disperata reazione alla no-tizia dell’immane sconfitta di Teutoburgo29, una reazione allaluce della quale si può forse intendere pure il singolare silen-zio che in proposito si registra in un preciso luogo delle Resgestae30. Del resto, una percezione significativa della gravitàdell’episodio si trae dalla storiografia piò o meno coeva, vale adire da Velleio Patercolo secondo cui esso sarebbe stato se-condo soltanto alla caduta di Crasso in terra partica e avrebbeprovocato lo sterminio di un esercito insuperato per discipli-na, forza ed esperienza militare31. Quanto la clamorosa scon-fitta di Varo, comunque destinata a colpire la memoria storicaromana32, avesse impressionato il principe lo si ricava anche

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33 Cfr. SUET. Aug. XXV, 2: Libertino milite, praeterquam Romae incendiorum causaet si tumultus in graviore annona metueretur, bis usus est: semel ad praesidium colonia-rum Illyricum contingentium, iterum ad tutelam ripae Rheni fluminis; sul significato del

da talune precisazioni da Cassio Dione genericamente ascrittealla notizia di taluni secondo cui Augusto, appresi i fatti, si sa-rebbe strappato le vesti e sarebbe stato colto da grande sgo-mento per le vite perse ma anche per la preoccupazione di ri-percussioni in Gallia e Germania, intimorito dall’eventualitàche i barbari marciassero contro l’Italia e Roma, soprattutto inconsiderazione della mancanza di cittadini in età di arruola-mento sui quali poter contare e dell’indisponibilità anche delletruppe alleate a causa di alcuni rovesci: w{" tinev" fasi, pe-rierrhvxato, kai; pevnqo" mevga ejpiv te toi'" ajpolwlovsi kai;ejpi; tw'/ peri; te tw'n Germaniw'n kai; peri; tw'n Galatiw'n deveiejpoihvsato, tov te mevgiston o{ti kai; ejpi; th;n jItalivan thvn teJRwvmhn aujth;n oJrmhvsein sfa'" prosedovkhse, kai; ou[te poli-tikhv oiJ hJlikiva ajxiovlogo" uJpelevleipto, kai; ta; summa-cikav, w|n ti kai; o[felo" h\n, ejkekavkwto (CASS. DIO LVI, 23,1). Allo storico bitinico siamo inoltre debitori di puntuali ri-scontri sugli arruolamenti forzati cui l’imperatore sarebbe sta-to costretto a ricorrere per avvalersi delle poche forze rimastee sulle preoccupazioni destate dalla presenza a Roma di unelevato numero di Galli e Germani, alcuni dei quali operantinella guardia pretoriana, poi relegati in diverse isole o comun-que costretti ad abbandonare la città per scongiurare il perico-lo di un’insurrezione (CASS. DIO LVI, 23, 2-4). Preziosi percomprendere, in generale, l’effetto rovinoso prodotto dalleoperazioni belliche sotto il profilo demografico, tali dati la-sciano altresì emergere quali ulteriori ripercussioni potesseroin ultima istanza derivare ancora in campo militare da decima-zioni di tale origine, consentendoci nello specifico di mettere afuoco le difficoltà di riorganizzazione originatesi nel 9 d.C.con la perdita di cospicui contingenti. Del resto, che gli eventidi quell’anno avessero creato un’urgenza particolare lo si rica-va anche da una notizia di Svetonio secondo cui la difesa dellariva sinistra del Reno sarebbe stato uno dei due soli casi in cuiAugusto fece ricorso ai liberti come soldati33: una decisione

I prodromi della Lex Papia Poppaea 295

passo, indicativo delle "circostanze estreme" che avrebbero indotto l’imperatore a ri-correre al reclutamento anche di persone di condizione bassa, richiama l’attenzione LE

BOHEC 20063, 96.34 Indicativa la notizia di SUET. Aug. XXIV, 1 secondo cui avrebbe ordinato la

vendita di un cavaliere romano colpevole di aver fatto amputare i pollici ai suoi due fi-gli per sottrarli al servizio militare.

35 Notizia di tre censimenti promossi da Augusto negli anni 28 a.C.; 8 a.C.; 14 d.C.si ricava da Res gest. VIII. In proposito cfr. inoltre SUET. Aug. XXVII, 11: quamquamsine censurae honore, censum tamen populi ter egit, primum ac tertium cum collega,medium solus; sull’argomento vd. soprattutto LO CASCIO 2000, 39 s. con ulteriori indi-cazioni bibliografiche.

36 Si veda la testimonianza di SUET. Aug. XXXIV, 2 secondo cui Augusto avrebberisposto alle richieste di abrogazione della Lex Iulia de maritandis ordinibus facendoapparire in pubblico i figli di Germanico, evidentemente significans ne gravarentur imi-tari iuvenis exemplum; per la possibile datazione dell’episodio fra la fine del 9 d.C. e laprima metà del 10 o dell’11 d.C. cfr. SPAGNUOLO VIGORITA 20022, 110, n. 61.

37 Ne offre notizia VAL. MAX. VII, 7, 4 secondo cui Augusto, in segno di disappro-vazione per la scelta di una donna che, risposatasi in età avanzata, non più fertile, con unuomo attempato, avrebbe escluso dal testamento i due figli delle precedenti nozze,avrebbe stabilito che ad essi spettasse l’eredità materna e che il marito non potesse rice-vere la dote della moglie dal momento che il matrimonio non poteva ritenersi celebratoin vista della procreazione: quia non creandorum liberorum causa coniugium intercesserat.

non facile per un principe impegnato a contrastare la reniten-za al servizio militare con ogni mezzo34 e fors’anche a concepi-re la propaganda a favore delle nozze e della procreazione co-me un ulteriore strumento attraverso cui assicurare alla patriale necessarie forze difensive. Proprio i ripetuti richiami alla ne-cessità di garantire, attraverso un’adeguata consistenza nume-rica della comunità romana, la stabilità delle istituzioni e tra-mite esse il dominio sui vinti, leggibili in CASS. DIO LVI, 2, 2;3, 6-7; 4, 3; 7, 5-6, autorizzano a ipotizzare che l’orazione attri-buitagli dallo storico rifletta un discorso realmente pronuncia-to e influenzato dalla situazione di emergenza creatasi per ef-fetto dei rovesci subiti in campo bellico nel 9 d.C.: un inter-vento, in generale, coerente con la condotta di un principenell’arco di un trentennio interessato a vigilare sull’andamentodemografico monitorandolo con ripetuti interventi35, a pro-porre modelli di rispetto dell’obbligo della procreazione insitonel matrimonio ricavandoli dai membri della sua famiglia36,negando diritti a quanti vi avessero preventivamente rinuncia-to37, nonché concedendo speciali riconoscimenti individuali aquanti avessero dato prova di prolificità, come documentano

296 Ida Mastrorosa

38 È indicativo il riferimento in TAC. Ann. II, 37 all’incentivo in denaro da Augu-sto concesso a Marco Ortalo, discendente del noto oratore Quinto Ortensio, già difen-sore di Verre contro Cicerone, per consentirgli di ducere uxorem, suscipere liberos, neclarissima familia exstingueretur, un sostegno peraltro più tardi negato da Tiberio.

39 Si veda SUET. Aug. XLVI secondo il quale il principe avrebbe offerto un premiodi mille sesterzi per ogni nato ai plebei che durante le sue ispezioni avessero potuto di-mostrare di aver avuto figli e figlie: Ac necubi aut honestorum deficeret copia aut multi-tudinis suboles ... iis qui e plebe regiones sibi revisenti filios filiasve approbarent, singulanummorum milia pro singulis dividebat.

40 Assume il valore di un indizio utile ai nostri fini la testimonianza di GELL. X, 2,2 stando a cui Augusto avrebbe impartito l’ordine di erigere un sepolcro lungo la viaLaurentina in memoria di una schiava morta dopo il parto di cinque figli.

41 Sulle misure previste al riguardo già dalla Lex Aelia Sentia del 4 d.C., nonchédalla stessa Lex Papia Poppaea del 9 d.C. oltre a WEISS 1948, si veda ASTOLFI 19953,303-306; nonché da ultimo GERACI 2001, 676 ss; 684 con ulteriori indicazioni biblio-grafiche; sul complesso della legislazione ‘matrimoniale’ augustea cfr. METTE-DITT-MANN 1991.

Tacito38, Svetonio39 e Gellio40, ma, d’altra parte, ispirato dallapreoccupata constatazione della difficoltà di procedere all’ar-ruolamento dopo le gravi perdite di vite umane subite nell’an-no della clades Variana e al contempo dalla speranza di poterscongiurare per il futuro rischi analoghi coltivando l’ideale diuna alta natalità a ben vedere intriso ed alimentato da istanzemilitariste.

In definitiva, quale che sia il grado specifico di autenticitàdelle affermazioni augustee riprese dal resoconto dioneo, esse ri-flettono comunque tensioni e problemi peculiari della realtà sto-rica entro cui vide la luce la Lex Papia Poppaea e in tal sensopossono aiutare a chiarire i prodromi ed inquadrare globalmen-te il significato di un provvedimento non soltanto concepito acomplemento di un programma legislativo intrapreso a sostegnodelle istituzioni familiari fin dal 18 a.C. con la Lex Iulia de mari-tandis ordinibus e la Lex Iulia de adulteriis ad essa posteriore, nelcontesto del quale sarebbero state altresì previste norme precisein materia di dichiarazione di nascita41, ma anche inteso ad assi-curare quel consolidamento demografico della nazione romanadi cui gli imprevisti verificatisi in campo militare nel 9 d.C. mise-ro a nudo debolezze strutturali. In particolare, i riferimenti allanecessità di garantire attraverso la procreazione la difesa dellapatria contenuti nel discorso attribuito da Cassio Dione ad Au-gusto inducono a sospettare che, sia pure all’interno di una vi-

I prodromi della Lex Papia Poppaea 297

42 Già sancita da Aristotele (Polit. 1252a) secondo cui il legame fra l’uomo e ladonna finalizzato alla procreazione costituisce la prima espressione della povli", tale in-terpretazione appare chiaramente enucleata in CIC. Off. I, 54 ove, anche in considera-zione del naturale istinto alla procreazione comune a tutti gli esseri viventi, il matrimo-nio e la comunanza dei beni e della casa rappresentano la prima forma di società pree-sistente allo stato rispetto a cui fungono metaforicamente da vivaio: prima societas inipso coniugio est, proxima in liberis, deinde una domus, communia omnia; id autem estprincipium urbis et quasi seminarium rei publicae.

43 Cfr. TAC. Ann. III, 25: Relatum dein de moderanda Papia Poppaea, quam seniorAugustus post Iulias rogationes incitandis caelibum poenis et augendo aerario sanxerat.Nec ideo coniugia et educationes liberum frequentabantur praevalida orbitate.

sione ‘statalista’ del vincolo coniugale, già da tempo elaborata inchiave dottrinaria42 e sotto la spinta di finalità moralistiche e re-stauratrici, ragioni contingenti, vale a dire la percezione dei limi-ti imposti alla marcia inarrestabile del dominio romano dalla fra-gilità di un organismo statuale incapace di poter contare su unricambio generazionale necessario per assicurarne la difesa, oltreche per fronteggiare in posizione dominante l’impatto di massesempre più consistenti di stranieri entro i propri confini, costi-tuirono il terreno di coltura entro cui vide la luce la propostadella Lex Papia Poppaea. In quest’ottica non è difficile compren-dere come a distanza di quasi un secolo, con l’esperienza delletrasformazioni ormai avvenute nell’equilibrio dei rapporti con lecomunità esterne Tacito potesse denunciare il fallimento dellamisura43, ma non è difficile neppure intendere come soltanto neisecoli successivi la consapevolezza dell’evoluzione della strutturadell’esercito e delle rovinose conseguenze scaturite dall’incapa-cità romana di mantenere all’interno di esso la prevalenza nume-rica potesse consentire di scorgere più chiaramente la funziona-lità bellica insita nella campagna demografica di Augusto. Di ta-le aspetto, ovvero del legame esistente tra andamento demogra-fico e necessità difensive, dovette probabilmente rendersi contoCassio Dione: sulla sua scelta di tradurre notizie relative alla sen-sibile attenzione prestata dal principe all’argomento nel discorsotenuto nel 9 d.C. in ripetuti accenni da inserire nella rielabora-zione quale figura nel libro LVI della sua opera, certamente piùampia del testo originario e a tratti perfino prolissa, potè forseinfluire anche la conoscenza dei problemi avutisi negli ultimi de-cenni del II secolo d.C. sulla frontiera danubiana, ove fin dal

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44 È emblematica l’interpretazione di un panegirista del IV sec. d.C. secondo cuile leggi matrimoniali avrebbero costituito il fondamento dello stato in quanto foriere digiovani forze pronte a combattere per la patria: Paneg. Lat. VI (7), 2, 4: quare si legeseae quae multa caelibes notaverunt, parentes praemiis honorarunt, vere dicuntur esse fun-damenta rei publicae, quia seminarium iuventutis et quasi fontem humani roboris semperRomanis exercitibus ministrarunt...

45 Cfr. CASSIOD. Hist. eccl. I, 9, 16: ... qui vero filios non habuissent, medietatem re-lictorum sibimet amittebant. Posuerunt autem has leges antiqui volentes Romam esse po-pulosam omnemque subiectam terram et quia non multum ante has leges plurimos in ci-vilibus bellis amiserant.

46 Sulle implicazioni e i caratteri della politica demografica fascista si vedano DAU

NOVELLI 1994; IPSEN 1997; TREVES 2001, 117 ss.; più in generale circa il culto della ro-manità sviluppatosi in età fascista cfr. GIARDINA 2000b.

166-167 l’esercito ivi dislocato dopo il ritorno dalle operazionicontro i Parti si trovò in difficoltà per effetto della peste cheprovocò forti assottigliamenti dei ranghi e rese indispensabile unnuovo reclutamento per far fronte agli attacchi dei Marcomanni(OROS. VII, 15, 5-6), ma anche a causa delle gravi perdite subiteal tempo del primo dei Severi (CASS. DIO LXXVI, 7, 1).

Consolidatasi progressivamente44, la messa a fuoco in chiavemilitarista del legame esistente tra stabilità demografica ed esi-genze di difesa era significativamente destinata a sopravvivereanche dopo il crollo del dominio romano, come dimostra unluogo della Historia ecclesiastica di Cassiodoro secondo cui leleggi matrimoniali degli antichi oltre a porre rimedio alle perdi-te inflitte dalle guerre civili, nascevano dall’esigenza di renderepopolosa la città e consentire che tutta la terra fosse assoggetta-ta a Roma45. Ma soprattutto avrebbe avuto esito più tangibil-mente pragmatico nei tempi moderni: è nota la strumentalizza-zione della promozione della natalità condotta in chiave propa-gandistica dai regimi totalitari nei primi decenni del XX secoloe in particolare da quello fascista, promotore di varie misure dicarattere demografico fra cui una tassa sul celibato istituita nel192746, provvedimenti certamente innervati di ambizioni belli-ciste di connotazione razzista ed innanzitutto fondati sulla con-vinzione che la questione della popolazione fosse cruciale perla sopravvivenza e difesa dello stato, una posizione per certiversi non lontana da quella che stando a CASS. DIO LVI, 2-9avrebbe nutrito Augusto nel 9 d.C. e della quale occorre tenerconto per far luce sui prodromi della Lex Papia Poppaea.

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