Greco, review Eretria XXII ASAtene XC,2012

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S IA ANNU A RIO SCUOLA ARCHEOLOGICA ITALIANA DI ATENE Volume XC Serie III, 12 2012

Transcript of Greco, review Eretria XXII ASAtene XC,2012

S IAANNUARIO

SCUOLA ARCHEOLOGICA ITALIANA DI ATENE

Volume XCSerie III, 122012

ANNUARIODELLA

SCUOLA ARCHEOLOGICA DI ATENE

E DELLE

MISSIONI ITALIANE IN ORIENTE

VOLUME XC

SERIE III, 12

2012

SAIA2013

SOMMARIO

Studi atenieSi

Parentele mitiche e rapporti geopolitici tra Attica e Grecia continentale. L’eroe

Kephalos e il filone attico i. Brancaccio

Le ceramiche a figure rosse dal Kolonos agoraios e dall’Areopago. Testimonianze

indirette di usi e funzioni? M. Scafuro

Il sacrificio del tiranno. Nascita e sviluppo della posa dei Tirannicidi nell’iconogra-

fia attica V. tosti

La memoria delle guerre persiane in età imperiale. Il classicismo di Erode Attico

e la ‘stele dei Maratonomachi’ G. Proietti

Tucidide “creatore di miti” (2, 14-16). Teseo tra crisi eroica e reinvenzione politica

P. Schirripa

Studio storico-topografico di un brano aristofaneo (ecclesiazuse, 681-686)

R. di Cesare

La Torre dei Venti. Motivi e scopi della sua costruzione V. Saladino

MiSCellanea

Ritual performances in Minoan lustral basins. New observations on an old hypo -thesis d. Puglisi

Αργυρά αγγεία των αρχαϊκών χρόνων από τη Ρόδο Π. Τριανταφυλλίδης

Lasaia epineion di Gortina R. M. anzalone

Gortina, Mitropolis e il suo episcopato nel VII e nell’VIII secolo. Ricerche pre-liminari i. Baldini et alii

RaSSeGne

Il lato oscuro della democrazia in alcuni recenti studi su Atene G. Marginesu

Rethinking Epirote Religion. A survey of recent scholarship on Epirote cults andsanctuaries J. Piccinini

ReCenSioni

S. VERdAN, eretria XXii. le sanctuaire d’apollon daphnéphoros à l’époque géo -

métrique, I (texte) et II (catalogue, tableaux et planches), Gollion 2013 e. Greco

N. KALTSAS - E. VLAchOGIANNI - P. BOuyIA (eds), the antikythera Shipwreck. the

Ship, the treasures, the Mechanism (National Archaeological Museum, April 2012-April 2013), Athens 2012 S. leone

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V. SARIPANIdI, CVa Greece 13. thessaloniki, aristotle university, Cast Museum,

Athens 2012 - V. SABETAI, CVa Greece 9. athens, Benaki Museum 1, Athens 2006

a. Pontrandolfo

E. LA ROccA - A. d’ALESSIO (a cura di), tradizione e innovazione. l’elaborazione

del linguaggio ellenistico nell’architettura romana e italica di età tardo-repubbli-

cana, (STudI MIScELLANEI 35), Roma 2011 S. tuccinardi

note e diSCuSSioni

un culto imperiale ‘provinciale’ in achaia? Riflessioni intorno a F. Lozano Gómez,

un dios entre los hombres. la adoración a los emperadores romanos en Grecia,

Barcelona 2010 F. Camia

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ASAA XC, serie III, 12, 2012, 329-334

Ci sono molte ragioni per salutare con fa-vore la pubblicazione di questo volume.

In primo luogo perché si tratta di un lavoroben fatto, anzi molto ben fatto; secondo, perchétocca una serie di questioni di estremo interesseche si intrecciano con la storia di eretria ed ingenerale con la nascita di una città greca diprima grandezza, in un giro di orizzonte che ab-braccia problemi di vario genere: poleogenesi,struttura sociale, storia religiosa, storia dell’ar-chitettura, un quadro di vasto respiro che, unavolta di più, sottrae il mestiere dell’archeologoalle secche di uno specialismo sterile, per farsivera storia culturale. L’a. conclude invitando(p. 239) a non considerare il suo lavoro la “pu-

blication finale”, avendo trascurato di appro-fondire aspetti relativi ad un certo numero diclassi materiali. noi gli perdoniamo questo pec-cato veniale, perché, intanto, dopo oltre un se-colo di ricerche, finalmente abbiamo un quadrochiaro della storia del Santuario di apollo Da-

phnephoros ad eretria, grazie ad una sintesi lu-cida, puntuale, accompagnata da belle piante aduna scala leggibile che rende estremamenteagevole la lettura; e poi, scusate se è poco, fi-nalmente disponiamo di una trattazione nellaquale si esamina globalmente il contesto ar-cheologico (strutture murarie, tombe, fosse, fo-colari e documentazione materiale, ceramica,metalli etc. con un‘attenzione meticolosa allastratigrafia) in stretto rapporto con il quadro to-pografico generale, quello che è stato acquisitoin un secolo di ricerche elleniche e, dal 1964 adoggi, grazie all’attività dell’École Suisse d’ar-chéologie en Grèce. La mole del lavoro, lospessore della documentazione è tale che mi li-miterò a tentare qui un sommario bilancio dellavoro, selezionando alcuni tra i tanti problemiche l’edizione del santuario ci propone, ovvia-mente quelli che sono apparsi meritevoli dimaggiore attenzione all’ottica selettiva del re-censore. Cominciamo con il dato di partenza: ilfulcro del santuario è costituito dal tempio dorico tardo arcaico, distrutto dai Persiani nel490 a.C. e poi ricostruito ed in uso fino all’età romana (mi limito a ricordare che, secondoun’opinione abbastanza diffusa, si ritiene che lesculture del tempio di apollo Medicus a roma,l’ apollo Sosiano, siano stata asportate da que-

sto tempio eretriese). L’attribuzione al culto diapollo è sicura ed è garantita da documenta-zione epigrafica nota sin dal tempo di eustra-tiadis (che pubblicò l’iscrizione nel l872) e dalleprime indagini archeologiche nel sito effettuatetra il 1899 ed il 1911, quando l’area fu indagatadal Kouroniotis. Verdan riassume la storia dellaricerca e, contestualmente, l’ermeneutica ar-cheologica che accompagna il progresso dellescoperte dai primi commenti di K. Schefold allerestituzioni di P. auberson, dagli scavi di a. al-therr-Charon fino all’arrivo di una figura domi-nante nell’archeologia eretriese quale è quelladi Cl. Bérard, con cui l’a. si misura per buonaparte del volume. Vediamo di che si tratta. apartire dal I capitolo seguiamo l’evoluzione to-pografica in senso diacronico, con l’esame ditutta l’evidenza (come, con malcelato orgoglio,dice l’a.) e non solo di alcuni monumenti sele-zionati. Va da sé che la dispersione areale deisaggi, la lunga durata della ricerca, passata at-traverso diverse fasi con interventi non omoge-nei e con una documentazione non sempreesaustiva ed impeccabile, come sappiamo bene,quando prendiamo in esame vecchi scavi, indu-cono l’a. a lamentare (un po’ troppo spesso)l’état lacunaire, quasi una excusatio che è as-solutamente non petita dal lettore che sa bene,non c’è bisogno di ripeterlo, che non c’è nientedi più precario che le conclusioni, di qualsiasitipo esse siano, e che non c’è niente di più la-cunoso della documentazione di scavi effettuatidecenni o addirittura un secolo fa. Prima di pas-sare al nucleo centrale del libro, rammentiamoche sotto il tempio tardo arcaico ne fu rinvenutouno di VII secolo in pessimo stato di conserva-zione e, al di sotto ancora, il famoso tempiotardo geometrico lungo 100 piedi con una seriedi edifici intorno che continuano ad essere alcentro dell’attenzione degli studiosi, per la con-gerie straordinaria di dati che essi apportanoalla conoscenza di uno spazio urbano centrale,databile ad età geometrica. Il libro di cui qui cioccupiamo esamina appunto il periodo geome-trico, dalla fine del IX alla fine del secolo VIIIa.C. Come criterio espostivo è da sottoscriverepienamente la scelta dell’a. di fare precedere ladescrizione (dunque la base documentaria) al-l’interpretazione, evitando così i pasticci com-

S. Verdan, Eretria XXII. Le sanctuaire d’Apollon Daphnéphoros à l’époque géométrique, I (texte)

et II (catalogue, tableaux et planches), Gollion, Infolio éditions, 2013, [I: 286 p.; II: 49 p., 129pl.], ISBn 978-2-88474-411-9

binatori. In breve: apprendiamo che, a parte lepoche presenze preistoriche (ma anteriori dicirca un millennio rispetto alle origini storichedell’area indagata) ben inquadrate grazie all’at-tenzione prestata alla restituzione dell’ambientenaturale, la presenza umana nell’area è attestataa partire dalla tomba 20, che risale al sub-pro-togeometrico. La I fase ‘monumentale’ debuttacon l’ed. 9, l’ed. 5, l’ed. 1 (che è la più grandedelle capanne absidate), l’ed. 150, che sta difronte all’altare st. 12. La seconda fase è se-gnata dall’allargamento verso nord (ed. 17 nelquale si praticava attività metallurgica). dob-biamo tener presente che poco più a nord (solom. 60 separano l’altare 12 dall’altare 45) sitrova l’Aire sacrificielle nord, che è già stata og-getto di pubblicazione da parte di S. Huber nelvolume Eretria XIV. È dunque legittimo met-tere in rapporto i due spazi immaginando chefacciano parte di un unico complesso sacralecon le sue specificità: quelle artemidee dell’areanord reggono alle critiche ed allo scetticismoiniziale dello stesso a. che finisce con aderireall’idea che avremmo a Sud apollo ed a nordartemide. La parte finale della fase II è segnatadalla comparsa dell’ed. 2, vale a dire il tempioabsidato lungo 100 piedi. Poco prima era scom-parso l’ed. 1, mentre l’ed. 5 veniva rifatto cosìcome l’ed. 150 che fu integralmente ricostruitonello stesso posto. nella III fase scompaionotutti gli edifici tranne 2 e 150, non a caso, comesi dirà. La fase si chiude con un violento incen-dio che distrugge l’ed. 2. (finalmente leggiamoa p. 229 perle di saggezza sulla natura degli in-cendi che gli archeologi mettono in rapportocon eventi della storia politica: per es. tutti gliincendi ateniesi sarebbero dovuti o ai Persianio a Silla o agli eruli. ovviamente lo studiosoche dicesse che un dato incendio verificato archeologicamente ebbe cause diverse, quasisempre quelle più ovvie, farebbe meno sensa-zione e non ne trarrebbe gli stessi benefici).nelle pagine successive l’a. produce un bilan-cio critico delle studio delle ceramiche che se-gnano le tre fasi, sia sotto il profilo quantitativoe cronologico che dal punto di vista qualitativo.

La ceramica figurata non è abbondante, ciavverte l’a.; dominano i volatili ed il cavallo:difficile decrittare completamente il significatodi queste immagini, ma mentre il cavallo trovauna spiegazione facile nella cultura euboica, gliuccelli, in mancanza di meglio, diventano puririempitivi. Quanto al fr. 372 (p. 100), chiara-mente il cavallo sta davanti non ad una mangia-toia ma ad un calderone, come vediamo ora

anche nel coevo frammento di nikoleïka da cuisi evince che il calderone è il premio per unacompetizione equestre (GadoLou 2011, 247-273, fig. 6). a partire dal cap. VII, terminata ladisamina archeologico-filologica con le basicronologiche e la sequenza delle fasi che apparesolidamente costituita, l’a. si produce in unaserie di bilanci orientati storicamente. Si comin-cia con lo spazio e l’architettura. Il santuario diapollo è situato al centro, si, ma rispetto al-l’estensione che la città ebbe nel VI secolo a.C.:il confronto con atene non è molto pertinente,la storia della città dell’attica è differente, e nonsolo per quanto riguarda il rilievo orografico.Ha però ragione l’a. quando invoca la topogra-fia della necropoli per avere un’idea anche som-maria, di partenza, circa l’estensione della città,ciò che è possibile muovendo dall’edizionedelle necropoli geometriche curata da B. Blan-din (Eretria XVII). Ciò nonostante sarebbe au-spicabile avere un giorno una bella cartografiadi sintesi con tutte le necropoli, per poter discu-tere partendo da solide basi e non da sguardi ra-pidi ed impressionistici, come quelli di I. morrissu atene, per esempio. È inutile dire che con-divido le critiche che Verdan muove a maza -rakis ainian, che aveva proposto una distin-zione tra paralia a vocazione emporica e partealta della città: si direbbe che lo studioso grecosi sia fatto suggestionare (non so quanto volon-tariamente) dalla riflessione sulla topografia po-litica che l’Athenaion Politeia aristotelicariferisce al tempo di Pisistrato (senza dimenti-care che l’emporía nell’età omerica veniva praticata dai proprietari terrieri!). di grande in-teresse è invece la discussione relativa a quellaserie di muri che delimitano gli spazi compresitra ed. 1 e 9, tra 9 e 5 e tra questi e 3. mentrepare assodato che la periferia dell’area era pro-tetta con argini che avevano la funzione di im-pedire le continue inondazioni, i muri suddettipotrebbero essere delimitazioni di proprietà.L’a. respinge l’idea di mazarakis ainian che sitratti di periboli che segnano i limiti di oikoi

(come si vede assai bene a Skala oropou) per-ché ad eretria non sono chiusi su quattro lati enon hanno il crisma della continuità, ma nonriusciamo a capire la loro destinazione, fermorestando, a mio avviso, che qualche funzione dilimite devono pur avere avuto. Si passa, poi,alle riflessioni sulle origini del santuario. Con-cordo con Verdan nel ritenere altamente impro-babile che la scelta del luogo sacro sia determi-nata dalla preesistenza preistorica di 1000 anniprima (per la stessa ragione ho qualche dubbio

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Pianta schematica e numerazione degli edifici geometrici del santuario di apollo Daphnephoros,cortesia dell’École Suisse d’archéologie en Grèce (Eretria XXII, pl. 4)

che il tempio B di megara Hyblaea abbia qual-cosa a che fare con il fossato del precedente vil-laggio neolitico come sostengono m. Gras e H.Treziny (GraS - TrezIny 2012, 1135) mentrenel resto del sito, mettendo insieme le tesseredel mosaico, si riesce a seguire una certa conti-nuità. uno iato si avvertirebbe nei secc. XII-X,ma l’a. ci invita a non dimenticare che è argu-

mentum (ex asbentia io direi, trattandosi di ma-teriale). devo poi complimentarmi con l’a.quando insiste nell’eliminare la guerra lelantinadall’orizzonte archeologico. Sembra incredibileche ancora qualcuno torni a quel pazzesco edinfernale miscuglio tra fonti e documentazionemateriale, così come è lamentevole che tra gliarcheologi non sia ancora penetrata la lezionedell’angelo Brelich di Guerre, agoni e culti

(Bonn 1961). ovviamente, quando si passa al-l’esame del contesto regionale, ha ragione l’a.nel guardare più ad amarynthos che a Lefkandi,considerato anche che il sincronismo tra la finedi quest’ultimo sito e la nascita di eretria, tantocaro a Bérard, sembra oggi superato dalle piùrecenti scoperte. È molto interessante l’analisiche l’a. compie della ceramica rinvenuta at-torno alla tomba 20, che così non risulta isolata,anche se l’evidenza induce Verdan a ritenereche la documentazione recuperata sia residualeda pire funerarie (che comunque non dovevanoessere lontane). In questo modo l’occupazionedella fine del IX secolo acquista uno spessoremaggiore, anche se ciò che avviene dopo nonsembra essere la conseguenza lineare di questapremessa. Innanzitutto perché si registra un in-tervallo valutabile tra 50 e 100 anni, e poi, perla natura delle sepolture, perché non si vedecome queste abbiano potuto attrarre pratichecultuali da svolgere nelle più antiche installa-zioni, in nome di un astratto principio che vi ve-drebbe il culto degli antenati, invocato spesso,e non sempre a ragione. Si parte dal dato sicuro,l’identificazione di 12 con un altare: lo proval’orientamento di 2 e 150 le cui facciate conver-gono verso 12 e la durata del monumento cheresiste per tutte e tre le fasi monumentali dalleorigini fino alla fine del santuario geometrico.L’ed. 150 viene intepretato dall’a. in modoconvincente con una sala da banchetto (con lospettacolare cratere situato sulla base st. 210entro l’abside). Gli ed. 5 e 9 sono senza dubbioabitazioni private nelle quali si preparava il ciboe davanti alle quali si svolgevano anche attivitàartigianali (lavorazione di metalli). Veniamo oraal fondamentale ed.1 (una vera e propria pietradi paragone di tutta la complessa storia insedia-

tiva dell’area). L’a. riassume in modo impec-cabile le teorie di Bérard e di mazarakis ainianche sono i due fondamentali punti di vista aquesto riguardo. Per Bérard, 1 è il primo tempiodi apollo, la capanna con l’alloro, (in una let-tura verticale è l’antefatto del tempio 2). Questalettura collega la tomba del celebre heroon ‘à laporte de l’ouest’ interpretata come sepoltura delprincipe alla ‘emergenza del politico’ immedia-tamente successiva, quella che vedrebbe l’ere-zione del primo edificio di culto come sintomodi una nuova società che sta articolandosi at-torno ad una ristretta élite aristocratica. maza-rakis ainian, fedele alla lettura, che risale allasua ben nota tesi, ritiene 1 la casa di uno chef,che diventa maison sacré, nel quadro ben notodella integrazione delle diverse funzioni poli-tico-giudiziarie-militare e cultuali che ha il caponelle società arcaica. En passant direi che, se siallargasse l’orizzonte al mondo etrusco e ro-mano, dove fenomeni analoghi sono ben noti estudiati da decenni, la discussione ne trarrebbequalche giovamento in più. mi astengo in que-sta sede dall’approfondire tutti i risvolti delladiscussione: mi limito in breve a sottolinearequanto afferma l’a. sulla dipendenza di maza-rakis ainian dagli studi di Finley sulla Dark Age

omerica e dall’insegnamento di Snodgrass e diBérard dalla scuola di Vernant, Vidal-naquet,detienne (il Centre Gernet, insomma, il cui di-rettore attuale, non a caso è F. de Polignac, altroautore cui si deve la responsabilità di una serienumerose di letture originali che Verdan tienesempre ben presenti). ma Bérard avrebbe avutola funzione di ‘braccio secolare’ di impostazioniteoriche, perché ha il ‘piede sul terreno’. Tra-spare qui il punto di vista dell’a. dal quale sipotrebbe dedurre un piccolo fastidio nei con-fronti di letture antropologiche non fondate suchiara evidenza materiale (corrispondenza chequegli autori non hanno cercato, muovendosisu ben altro terreno). a questo punto, comun-que, interviene l’archeologo, il cui punto divista risulta fondamentale per compiere unpasso in avanti, mai per dire una parola finale(la prudenza e la cautela con moderato scettici-smo, per niente disprezzabile, come si è visto,dominano a più riprese nel discorso di Verdan).Bérard non ha ben considerato il contesto, ma-zarakis non può fruire di documentazione ar-cheologica a sostegno della sua idea di 1 comecasa del capo. Innanzitutto, zona di abitato espazio sacro non sembrano nettamente distinti,anche se è da dimostrare se questo sia un pro-blema insormontabile nel secolo VIII a.C.; qui

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l’a. riassume le differenti opinioni di morris -Polignac (carattere indeterminato dello spaziosacro) e di Ch. Sourvinou Inwood (che era diavviso contrario). ad eretria, dopo l’erezione deltempio 2 si assiste progressivamente al suo iso-lamento fino a quando non resteranno in piedi,oltre al tempio, solo l’altare e l’ed. 150 (sala dabanchetto). Ciò potrebbe voler dire che la strut-turazione del sacro progredisce gradatamente,ma non si può certo escluderne la destinazionenella fase precedente. Per uscire dalle secchel’a. affronta il delicato problema del contestosociopolitico riguardante le élites eretriesi. Separtiamo dalla teoria di mazarakis si deve am-mettere che una rottura si deve essere verificatanel passaggio dalla casa del capo al tempio. Leriflessioni dell’a., accompagnate da esame cri-tico della documentazione (specialmente dallanecropoli) porta invece ad una diversa solu-zione: nel Tardo Geometrico la società eretrieseevolve senza dare segno di brusche rotture. Inpratica, non si passa dal monarca all’aristocra-zia, perché le élites sono già ben evidenti nellafase precedente. La soluzione di Verdan si situadunque a mi-chemin tra Bérard e mazarakis ai-nian, la distanza tra i quali, sotto l’aspetto dellastoria sociale, è meno accentuata di quanto ap-paia: entrambi presuppongono il principe, conla differenza che Bérard lo situa altrove (a Lef-kandi) e mazarakis entro l’edificio 1. La discus-sione sulla percezione delle élites tiene contoanche delle ricerche più aggiornate (p. es. du-PLouy 2006 e CaPdTrey - LaFond 2010) conquell’attenzione ai processi di inclusione/ esclu-sione che sono di grande rilevanza per le rica-dute che possono avere sull’evidenza materiale.L’esame dei progressi interpretativi si concludecon il più recente contributo di Cl. Bérard (BÉ-rard 2007, 293-306) che ora sembra orientarsi

verso una lettura che dal ‘prepolitico’ dell’altarepasserebbe al ‘politico’ del tempio (per un ap-proccio critico a queste teorie, tornano utili leacute riflessioni di P. Carlier: CarLIer 2000, 39-61, specialmente 55-61). Vorrei qui fare, inoltre,anche una breve annotazione dal punto di vistaoccidentale. Considerato che eretria sarebbe lamadrepatria di Pithekoussai, senza contare ilruolo che gli eubei hanno avuto nelle altre kti-

seis, risulta enigmatica la differenza che Bérardintroduce (già in BÉrard 1998, 147-152), e cheVerdan riprende, tra urbanizzazione ed urbani-stica. non vorrei che sotto questa forma appa-rentemente anodina rispuntassero le categoriedello spontaneo vs il pianificato. Insomma, evi-tiamo i rischi di un eccessivo primitivismo,guardando alle apoikiai euboiche ed alle lorosocietà di partenza, non come espressione diclan o di tribù prepolitiche, cioé il contrario diquanto i bravissimi archeologi svizzeri hannodimostrato finora con le loro straordinarie sco-perte ed i loro studi di alto livello. alla fine deiconti, Verdan riconduce il tutto ad una situa-zione sicuramente più equilibrata e credibile,perché aderisce allo stato della documentazioneed evita un’eccessiva soprainterpretazionedell’evidenza archeologica. Insomma, dalla ca-panna di alloro o dalla Bienenkorb ad oggi sonopassati 50 anni, ma credo, soprattutto dal puntodi vista ‘pedagogico’, che si debba prendere co-scienza di questa ‘evoluzione’ interpretativa cheè della massima importanza per la storia dellacultura, e poi perché serve a capire quali sianole premesse da cui partiranno inevitabilmentele prossime interpretazioni.

Intanto diciamo grazie a S. Verdan di averciportato fin qui.

Emanuele Greco

[email protected]

S. Verdan, Eretria XXII

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BIBLIoGraFIa

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