GAMBULI FABIO - PRIMAVERA 431, L’ATTACCO TEBANO A PLATEA

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UNIVERSITÀ DI BOLOGNA PRIMAVERA 431, LATTACCO TEBANO A PLATEA Resoconto e contestualizzazione storica Fabio Gambuli A.A. 2012-2013

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UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

PRIMAVERA 431, L’ATTACCO

TEBANO A PLATEA Resoconto e contestualizzazione storica

Fabio Gambuli

A.A. 2012-2013

1

La guerra archidamica, prima parte della guerra del Peloponneso narrataci da

Tucidide, scoppiò dopo una lunga serie di sgarbi diplomatici, forzature militari ed

ingerenze politiche. Tra gli eventi che determinarono lo scoppio delle ostilità tra la

lega navale capitanata da Atene e la cosiddetta lega peloponnesiaca spartana gli

storici generalmente ricordano, grazie anche all’importanza che attribuisce ad essi

Tucidide, il caso corcirese e l’editto megarese. Ad essi viene solitamente aggiunta

l’inevitabilità del conflitto che, sempre secondo la tesi tucididea, avrebbe portato

le due potenze ormai giunte all’apice del loro potere ad un naturale scontro per

l’egemonia in Grecia. Spesso però viene dato poco spazio ad un evento che lo

stesso Tucidide definisce l’inizio vero e proprio delle ostilità tra le due fazioni,

ovvero il fallimento della spedizione tebana a Platea del 431. Può essere esso

considerato il primo vero fatto di guerra o è solo una delle tante cause parallele che

precedono l’invasione dell’Attica? Prima di addentrarci nell’argomento è

importante ricapitolare ed analizzare i fatti così come riportatici da Tucidide.1

E’ proprio con l’evento di Platea che, secondo la narrazione tucididea, “Comincia

[…] 1a guerra tra gli Ateniesi e i Pe1oponnesiaci e i rispettivi alleati”2, evento

che colse impreparata sia Atene, la quale come vedremo non riuscirà a reagire in

modo tempestivo, che Sparta, del tutto disinformata del tentativo di coup de main

dell’alleato tebano.3

E’ dunque nella primavera del 4314 che circa trecento Tebani

5 guidati da

Pitangelo, figlio di Filide, e Diemporo, figlio di Onetoride, celati dall’oscurità

1 Diodoro, Diod. XII 41-42, nel suo racconto non si discosta da quel che dice Tucidide tranne che per la

parte finale. 2 Thuc. II 1

3 Erano veramente alleate Tebe e Sparta prima dell’inizio della guerra? Vedi l’analisi delle pagine seguenti

e JONATHAN J. PRICE, Thucidydes and Internal War, Cambridge 2001, pp. 284-287 4 Tucidide non ci dice il giorno esatto, ma in II 4,2 ci riferisce che il tentativo avvenne nella fine di un mese.

Dato che il calendario era lunare si è supposto che la possibile data dell’attacco riportata al calendario

Giuliano sia compresa tra il sesto e l’ottavo giorno del mese di Marzo, vedi ARNOLD W. GOMME, A

Historical Commentary on Thucydides, Oxford 1956, p. 2 oppure, cosa che ritengo più probabile, intorno

all’ottavo giorno di Aprile come ipotizza SIMON HORNBLOWER, A Commentary on Thucydides, Oxford

1991, pp. 237-238. 5 Secondo le stime di Erodoto il contingente ammontava a quattrocento opliti Hdt. VII 233.2

2

della notte e con l’ausilio della fazione oligarchica platense6, riuscirono ad entrare

a Platea. Inizialmente i cittadini, colti dalla sorpresa ed ignari dell’esiguo numero

del contingente tebano, non concessero resistenza e si arresero alle richieste

nemiche. Nonostante la fazione oligarchica smaniasse per l’eccidio immediato dei

propri avversari politici il contingente tebano preferì invece un approccio

pacificatore sulla spinta di una comunanza di stirpe7 ed iniziarono quindi le

trattative per un accordo. Solo nel momento in cui i Plateesi, la maggioranza dei

quali non voleva assolutamente infrangere l’alleanza con Atene, si accorsero

dell’esiguità della guarnigione tebana decisero di passare al contrattacco: poco

prima del giungere dell’alba, quando ancora l’oscurità avrebbe accresciuto

l’impatto emotivo della manovra, i trecento opliti furono attaccati da ogni fianco e

tempestati di proiettili da parte di servi e donne che dalle loro case scagliavano

tegole e pietre. La porta della città dalla quale entrarono gli opliti fu

immediatamente bloccata e solo pochi Tebani riuscirono a fuggire, i restanti

furono massacrati o catturati.8

Nel mentre era in avvicinamento il grosso dell’esercito tebano il quale era di

supporto al piccolo gruppo di opliti che erano entrati in città. Quando vennero

informati della complicata situazione che si era venuta a creare all’interno di

Platea, il contingente si diresse, nonostante la pioggia battente, a passo spedito in

direzione dei territori della città con l’intenzione di catturare i Plateesi che non

erano ancora riusciti a fare ritorno all’interno delle mura. L’idea dei Tebani era

quella di entrare in possesso di una contropartita per trattare la liberazione dei

propri prigionieri attraverso un scambio.

I Plateesi chiesero quindi ai Tebani, attraverso un araldo, di allontanarsi dal loro

territorio senza colpo ferire in cambio della salvezza del loro contingente catturato,

per rendere sacro ed ufficiale l’accordo le due parti suggellarono un giuramento9.

Allontanatisi dunque, come da accordo, dal territorio nemico senza arrecare nessun

6 Che Tucidide identifica con Nauclide e i suoi compagni Thuc. II 2.2

7 In Thuc. III 61.2 i Tebani dicono che Platea era stata fondata da Tebe, già Omero la considerava una città

beotica Iliade II 504 8 Tuch. II 4.1-8

9 Tucidide sottolinea come la parte platese neghi questo dettaglio, Thuc. II 5.6

3

danno i Tebani aspettarono invano la liberazione dei propri compagni; infatti i

Plateesi si ritirarono all’interno delle mura con tutti i propri averi e

successivamente, rompendo l’accordo precedentemente siglato, trucidarono tutti i

centoottanta prigionieri tra cui Eurimaco.10

Nel frattempo dalla città erano partiti due araldi alla volta di Atene, il primo era

partito all’arrivo del contingente tebano mentre il secondo al momento della

cattura, quindi agli ateniesi la notizia della morte dei prigionieri non era ancora

giunta. Infatti, nella città attica, c’era ancora la speranza di poter salvare la

situazione e di relegare il maldestro tentativo tebano al ruolo di semplice incidente.

Preventivando la possibilità di qualsiasi azione tebana sul territorio, gli Ateniesi si

prodigarono nell’arrestare tutti i Tebani presenti nell’Attica. Nello stesso momento

inviarono un araldo a Platea con l’ordine di non far prendere alcuna sanzione

definitiva nei confronti dei prigionieri. Una volta arrivato in città l’araldo trovò i

prigionieri uccisi e dovette riportare la notizia ai suoi concittadini, i quali decisero

quindi di inviare un esercito a Platea e di far evacuare donne, vecchi e bambini

preparando dunque la città ad un possibile imminente assedio. Dopo questi fatti “il

trattato, era stato apertamente violato, gli Ateniesi si preparavano a fare la guerra, e

si preparavano anche i Lacedemoni e i loro alleati”.11

E’ dunque Tucidide a mettere in risalto l’evento come casus definitivo, motivo per

cui la stragrande maggioranza degli studiosi moderni prende questa informazione

come un dato di fatto.12

Una delle poche voci critiche a riguardo è quella di Price

che, con il suo recente lavoro,13

prova a studiare più approfonditamente la

10

Questo è il momento in cui la narrazione di Diodoro, vedi sopra, si discosta da quella di Tucidide, infatti

l’autore del I secolo sostiene che “[...]i Tebani si ripresero i prigionieri, restituirono il bottino e partirono

verso Tebe”, quindi con una soluzione pacifica della questione. E’ solo l’intervento ateniese, con l’invio di

una guarnigione, che porta gli Spartani a giudicare l’azione come un’aperta violazione della tregua. Da

questa testimonianza la reazione spartana sembrerebbe spropositata pare quindi a mio avviso molto più

plausibile la motivazione riportata da Tucidide.

Circa invece la figura di sappiamo che era figlio di Leontiade, il nobile tebano che portò la città di Tebe

dalla parte dei Persiani, vedi Hdt. VII 233. 11

Thuc. II 7.1 12

Mi riferisco ai già citati GOMME (1991), HORNBOWER (1991) e a DAVID CARTWRIGHT, A

Historical Commentary on Thucydides, Ann Arbor: The University of Michigan 1997. 13

PRICE (2001).

4

rilevanza storica dei fatti connessi all’attacco tebano a Platea. In questo studio

Price imbastisce la sua tesi utilizzando diversi punti dell’opera tucididea in modo

da dimostrare come questo evento non solo non sia il primo evento bellico relativo

alla guerra archidamica ma che addirittura sia un incidente ad essa estraneo.14

Egli

pertanto considera la prima invasione dell’Attica da parte di Archidamo come il

primo episodio della guerra. Tra i passi che secondo l’autore statunitense

avvelerebbero questa ipotesi egli inserisce le due conferenze tra gli alleati

peloponnesiaci, tenutesi nel 432,15

nelle quali viene presa la decisione di muovere

guerra ad Atene nell’anno seguente, ovvero nell’estate del 431. A mio avviso

tuttavia questo punto non ha molta rilevanza poiché sono i fatti a contare, ovvero

l’attacco tebano a sorpresa durante la primavera, e non l’invasione dell’Attica fatta

dall’esercito spartano durante il periodo estivo, nonostante fosse stata

preannunciata come data di inizio delle ostilità per gli Spartani. Questa stessa

risposta può essere benissimo usata per il motivo seguente, ovvero l’intenzione

tebana di attaccare “[…] mentre durava ancora la pace, e la guerra non era ancora

iniziata apertamente”16

, che secondo Price sottolineerebbe come quello tebano sia

solo un incidente prima che la guerra avesse inizio.17

Molto più arguta e rilevante

è, sempre secondo il mio parere, la critica rivolta all’esistenza di un’alleanza

solidale tra Tebe e Sparta. Se questa ipotesi fosse esatta non si potrebbe

assolutamente considerare l’attacco tebano a Platea come atto di inizio della guerra

archidamica ma non solo, l’evento non apparterrebbe nemmeno alla serie di eventi

che portarono al suo scoppio.18

Secondo Price non ci sono prove evidenti per

congetturare che Sparta e Tebe fossero formalmente obbligate di soccorrersi in

caso di guerra prima del 431, o che Tebe ed i Beoti facessero parte degli accordi

della tregua trentennale. Alle sue ragioni Price accorpa il fatto che sebbene le due

poleis fossero in rapporti amichevoli ormai da tempo, non significa tuttavia che

fossero alleate. La prova più evidente per quanto riguarda questa ipotesi è il

14

PRICE (2001) pp. 283-289 15

Tra i quali si noti, non viene menzionata Tebe (che però potrebbe comunque esserci). Thuc. I 119-125. 16

Thuc. II 2.3 17

PRICE (2001) p. 284 18

Ed è qui che si potrebbe inserire la segnalazione di Price su Thuc. I 125.2.

5

ritardo, ben due anni, con cui Sparta portò aiuto ai Tebani.19

Infine ci sarebbe da

correggere l’interpretazione di Thuc. II 7,120

la cui nuova interpretazione

rivelerebbe già dal testo tucidideo come l’attacco a Platea fosse unicamente un

fattore parallelo, il quale incrinerebbe semplicemente i rapporti già tesi tra le due

fazioni, ma non intaccherebbe la tregua trentennale la cui violazione sarebbe

sempre e comunque connessa ai fatti di Corcira, Megara e Potidea.21

Sebbene tutte queste prove siano indiziarie e a mio avviso non completamente

esaustive, come invece sembrano essere in certi casi le parole di Tucidide,22

non

trovo possibile però non considerare questa ipotesi, ovvero l’alleanza tra Tebe e

Sparta, plausibile.

Sicuramente, nel caso in cui Sparta e Tebe non fossero alleate,23

l’evento di Platea

prenderebbe tutt’altro risalto all’interno di un conflitto che non sarebbe quello tra

le due leghe egemoni del periodo, ma quello tra Atene e Tebe.

I rapporti tra Atene e la Lega Beotica, ma in modo particolare Tebe la quale aveva

il ruolo di città egemone, erano in forte contrasto ormai dalla fine delle guerre

persiane durante le quali i Beoti, con l’esclusione di Tanagra e Platea, passarono

dalla parte del nemico persiano. Sconfitti i barbari le sorti della lega furono nelle

mani dei vincitori i quali però non decisero di scioglierla.24

La città che ebbe un

contraccolpo maggiore da questa sconfitta fu indubbiamente Tebe che, colpita

nell’orgoglio ed indebolita dalla disastrosa sconfitta, perse la propria egemonia

19

PRICE (2001) p. 285 20

Con “because of what happened in Plataea and because the treaty had been openly broken [at Corcyra

and Potidaea], Athens and Sparta started preparing for war” (corsivo e parentesi dell’autore) PRICE pp.

285-286. 21

Le quali rimangono comunque, secondo Price, le cause scatenanti anche se Tebe fosse stata inclusa nella

tregua trentennale, mentre la l’invasione dell’Attica del 431 rimane comunque il primo atto di guerra. In

questo caso, come ho già precedentemente detto, mi trovo avverso alla sua tesi visto l’azione tebana fu una

spudorata azione di guerra nei confronti di una città facente parte dell’opposto schieramento e nel caso in

cui Tebe fosse stata ufficialmente alleata di Sparta l’azione sarebbe stata sicuramente il primo atto di

guerra, anticipando di qualche mese l’invasione dell’Attica precedentemente preparata. 22

Thuc. II 1; II 7.1. 23

Ovvero come Price sostiene. 24

ROBERT J. BUCK, A History of Boeotia, Edmonton: The University of Alberta 1979, p. 139 ss.

6

lasciando per le decadi successive l’iniziativa politica e Tanagra.25

Con l’inizio

delle ostilità tra Atene e Sparta la cosiddetta Prima Guerra del Peloponneso e la

mai sopita volontà tebana di tornare ad avere un ruolo primario all’interno della

Lega Beotica spinsero Tebe a chiedere aiuto a Sparta, negoziando in cambio il

proprio intervento armato ai danni di Atene.26

A questo punto le fonti ci riportano

un provvedimento spartano in Beozia per risolvere una situazione di stasis di cui

però non sappiamo realmente molto, probabilmente una disputa tra pro-ateniesi e

pro-spartani, con un susseguirsi di eventi che portano l’intera lega dalla parte di

Sparta. Nel frattempo la rivalità tra i peloponnesiaci ed ateniesi sfocia nella

battaglia di Tanagra,27

durante la quale a supporto del vittorioso esercito spartano

possiamo annoverare la presenza di un contingente beotico.28

Risolta la stasis e

sconfitto il nemico ateniese il contingente lacedemone è costretto a causa delle

ingenti perdite a fare ritorno in patria senza poter né prevedere né ostacolare la

violenta reazione ateniese che si concretizza con una spedizione contro la Lega

Beotica. Sessantadue giorni dopo la battaglia di Tanagra le forze beotiche vengono

pesantemente sconfitte dal contingente ateniese comandato da Mironide nei pressi

di Enofita, con questa vittoria finisce l’egemonia di Tanagra le cui mura vengono

fatte radere al suolo. Giunti a questo punto le città della Lega Beotica vengono

assoggettate a governi filo-ateniesi29

, a Tebe viene persino instaurata la

democrazia.30

Per supportare maggiormente il proprio predominio sulla Lega

Beotica, che anche in questo caso non viene distrutta, gli ateniesi vi fecero entrare

l’ormai fedele alleato plateese in una posizione privilegiata.31

Da questo momento

non abbiamo più una città egemone all’interno della lega, anche se è assai

25

BUCK (1979) pp. 142-144 26

Diod. XI 81 27

BUCK (1979) p. 147 28

Pl. Alc. mai. 112C; Paus. 1.29.9 29

Di stampo comunque oligarchico. 30

Nonostante Diodoro faccia espressamente riferimento all’esclusione di Tebe da tali provvedimenti

secondo BUCK (1979) pp. 147-148 è evidente invece come essa fosse sicuramente compresa. Aristotele in

Pol. 1302 b 29-32 ci dice che a Tebe la democrazia fu sovvertita dopo la battaglia di Enofita. 31

Platea era infatti alleata di Atene oramai dal 519 a.C. , mentre per la sua posizione all’interno della lega

vedi BUCK (1979) pp. 148-149, 155, 176

7

possibile che Tanagra fosse rimasta nominalmente la città capitale.32

La lega si

trovò quindi a cooperare con Atene dal 457 fino al 447 ovvero fino alla complicata

situazione ateniese di quegli anni. E’ infatti in quel periodo che si susseguirono in

poco tempo il fallimento della spedizione ateniese in Egitto, i tentativi di defezione

da parte di alcune poleis della Lega Delio Attica, i rapporti che si andavano a

rinsaldare tra Sparta e gli Achemenidi oltre che all’intervento di Atene nella

Seconda Guerra Sacra. Tutti questi fattori distolsero l’attenzione dallo scenario

beotico dove la situazione stava peggiorando, infatti la gestione dei democratici a

Tebe e quella dei partiti oligarchici pro-ateniesi nel resto della Beozia si stava

rivelando pessima portando il malcontento tra i cittadini beoti. Fu così che molti

degli uomini esiliati durante il decennio precedente rientrarono in Beozia per

riprendere potere. Le forze oligarchiche pro-tebane entrarono quindi ad Orcomeno

aiutati anche dalla popolazione locale ed iniziarono ad organizzarsi per liberare le

altre città della regione. In tutta risposta Atene inviò mille opliti sotto il comando

di Tolmide33

i quali riuscirono a sottomettere Cheronea ma furono pesantemente

sconfitti nei pressi di Coronea.34

Dopo la sconfitta di Coronea Tebe e le altre città

scontente della Beozia si liberarono dei governi filo-ateniesi, con l’unica eccezione

di Tespie e Platea la quale probabilmente fuoriuscì dalla lega in questa

occasione.35

Nonostante Atene avesse preparato un esercito per ritornare in

possesso della propria influenza sulla regione la situazione non migliorò ed infine

la Lega Beotica tornò autonoma.

A questo punto pare giusto soffermarci sul rientro degli esuli beotici ad Orcomeno,

è possibile che questo evento abbia delle analogie con l’attacco a Platea con cui

abbiamo iniziato questo studio? Non abbiamo narrazioni dettagliate di questo

episodio ma è assai probabile che i due possano avere dei punti in comune,

proviamo ad individuarli. Sia ad Orcomeno che a Platea la gestione politica della

città era in mano ad un partito filo-ateniese ed in entrambi i casi fu la fazione rivale

32

BUCK (1979) p. 176 33

Probabilmente affiancati da truppe alleate. 34

Thuc. I 113.1-2. 35

BUCK (1979) pp. 153-155

8

a chiedere aiuto ad una forza esterna, c’è quindi un’importante somiglianza che

potrebbe darci una spiegazione riguardo alla leggerezza con cui i Tebani

organizzarono il secondo attacco.36

E’ infatti ipotizzabile che ad Orcomeno gli

esuli quando rovesciarono il potere non ebbero alcun bisogno di venire alle armi

dato che la maggioranza della popolazione provava simpatia per le loro intenzioni,

inoltre è altresì probabile la possibilità che la fazione pro-ateniese sia stata

scacciata della città senza essere sterminata. Questi due fattori crearono un

precedente che influì in maniera determinante nel comportamento tebano durante il

tentativo di conquista37

del 431 a Platea, infatti furono inviati solo trecento opliti

per la presa di una cittadina, che per il suo background di alleanze ne avrebbe

sicuramente richiesti di più. Inoltre tale atteggiamento è riscontrabile anche nel

comportamento tenuto nei primi momenti all’interno dell’agorà di Platea quando il

contingente tebano non solo non raccolse la richiesta della fazione anti-ateniese di

eliminare gli esponenti più in vista degli avversari pro-ateniesi, ma non provò

neanche a intimidire o a minacciare limitandosi a discorsi pacificatori e di

fratellanza, segno che il precedente di Orcomeno era ancora molto vivo in loro.

Va ora giustamente analizzata la motivazione di questo attacco, Tucidide ci dice

chiaramente che Tebe sapeva dell’imminente campagna di invasione dell’Attica da

parte dei lacedemoni38

il che indusse la città, quindi la Lega Beotica vista la

partecipazione di due beotarchi,39

a prendere la decisione di ascoltare ed

appoggiare le richieste della fazione anti-ateniese. Era inoltre da tempo che Tebe

cercava di convincere Platea ad entrare nella Lega Beotica40

a dimostrazione del

fatto che la città rappresentava un punto strategico all’interno della Grecia del

tempo, Platea infatti si trova nel mezzo di un importante crocevia, un passaggio

36

Anche se per loro in realtà non doveva essere un atto di guerra contro la città, bensì una risoluzione di

una stasis a favore di una delle due fazioni con la conseguente liberazione della città beotica dal giogo

ateniese. 37

O liberazione. 38

Thuc. II 2.3 39

GOMME (1956) p.3 infatti suppone che sebbene fossero presenti solo due beotarchi in questa operazione

non è detto che gli altri non ne fossero a conoscenza o che fossero contrari. I Tebani agirono dunque a nome

di tutta la Beozia. 40

Cfr. Hdt. VI 108; Thuc. III 55.1 ss

9

obbligato per chi voleva muoversi tra Attica e Beozia o tra Tebe e la Megaride.41

Dunque convinti che la guerra sarebbe scoppiata in breve tempo e considerando

l’operazione non più ardua della presa di Orcomeno, i Tebani vollero attaccare

durante il periodo di pace, forse addirittura durante una festa sacra,42

sfruttando

l’effetto sorpresa e la mancanza di una guarnigione ateniese all’interno della

città.43

Possiamo dunque tornare alla domanda che ci siam posti più volte nel corso dello

studio e da cui tutto è partito: può essere considerato l’attacco a Platea il primo

fatto bellico all’interno della guerra del Peloponneso? Accettando l’ipotesi di Price

secondo cui la Lega Beotica e quella peloponnesiaca non fossero alleate prima del

429, sebbene tra le due ci fosse un consolidato rapporto di amicizia, e tenendo in

considerazione i rapporti conflittuali che maturarono per tutto il corso del secolo

tra la Lega Beotica e quella Delio-Attica possiamo provare a rispondere. Il

consolidamento della Lega Beotica era al centro degli interessi di Tebe, essa infatti

puntava a riunire tutte le città della Beozia sotto la propria egemonia ormai dal 457

quando, come abbiamo visto, richiese l’intervento di Sparta. E’ quindi possibile

inserire l’episodio di Platea del 431 ed il successivo assedio del 429 all’interno di

quel conflitto che imperversava tra le due città rivali ormai da almeno trent’anni.

Questa impostazione però non esclude l’episodio per quel che riguarda gli eventi

correlati alla guerra del Peloponneso, è possibile infatti considerare Sparta e Tebe44

come co-belligeranti, sempre se vogliamo affidarci all’interpretazione, per me

avvallabile, di Price. La decisione presa da Sparta e dai propri alleati durante la

fine dell’anno 432 di invadere l’Attica nel 431 non deve essere interpretata come

decisione inevitabile, ovvero che avrebbe avuto sicuramente luogo. Ricordiamo

infatti che Archidamo non era convinto che la guerra andasse combattuta45

ed è

quindi possibile che l’invasione potesse non aver luogo come prestabilito nell’anno

41

Cfr. CARTWRIGHT (1997) pp. 91-92; UGO FANTASIA, La guerra del Peloponneso – Libro II, Pisa

2003, p. 232 42

FANTASIA (2003) p. 233 43

Vedi appunto le difficoltà Tebane nel periodo iniziale della guerra durante l’assedio di Platea che

richiederà poi l’intervento spartano per concluderlo positivamente. 44

Con le loro rispettive leghe. 45

Vedi ad esempio Thuc. I 85.2

10

precedente, possibilità non così recondita.46

Prendendo in considerazione tutti

questi aspetti non pare così ovvia nemmeno l’ipotesi, già precedentemente messa

in discussione, di Price secondo cui rimane comunque l’invasione dell’Attica il

primo atto della guerra Archidamica. Infatti dobbiamo ricordarci che quello

Tebano fu una vera e propria azione militare in territorio straniero, il contingente

inviato era formato da opliti in asseto da guerra e sebbene le loro intenzioni fossero

pacifiche, come abbiamo già evidenziato, erano comunque dei soldati scelti che si

intrufolarono in una città neutrale. Già questa azione sarebbe bastata a portare

Atene sul piede di guerra, sicuramente nei confronti dei Beoti e non dei

Peloponnesiaci; tuttavia le due leghe erano amiche, Sparta aveva già organizzato la

spedizione, i Beoti in seguito combatteranno per tutto il conflitto al fianco dei

Lacedemoni quindi appare evidente come l’attacco di quella notte a Platea risulti il

primo atto di guerra all’interno di quel conflitto che noi chiamiamo guerra

Archidamica. Non possiamo pensare di escludere un evento bellico così

importante e così grave avvenuto all’interno della Grecia continentale che investì

la città alleata di Atene per eccellenza, simbolo della vittoria sugli Achemenidi,

solo perché non vi partecipò Sparta o il suo re. Con quell’attacco si raggiunse il

punto di non ritorno: la guerra, come dice Tucidide, era ormai iniziata e nessuno

poteva più pensare di salvare la situazione temporeggiando47

o attraverso giochi di

diplomazia. Le armi erano state impugnate e sangue era stato versato, infatti la

sconsiderata e probabilmente eccessiva reazione plateese all’attacco tebano non

diede altra scelta ad Atene di prendere come unico provvedimento l’invio di una

guarnigione presso la città alleata, il tutto era inoltre corredato da una pesante

violazione del periodo sacro48

e del giuramento;49

non era più possibile instaurare

delle relazioni basate sulla fiducia poiché agli occhi degli dei entrambe le fazioni

erano sacrileghe. Per concludere è giusto considerare i vari passi in cui Tucidide

sembra contraddirsi. Price fa giustamente riferimento al passo contenuto nel quinto

46

In questo caso i sei mesi di preparazione potrebbero non essere dovuti alla semplice lentezza degli

Spartani ma ad un temporeggiamento. 47

Vedi Archidamo. 48

Vedi il periodo di festa sacra durante il quale Tebe attacca, FANTASIA (2003) op. cit. 49

Ovvero l’uccisione dei prigionieri Tebani, Tuch. II 5.5-6

11

libro50

dove Tucidide dice chiaramente che la guerra durò “ […] proprio dieci

anni, con l'aggiunta di pochi giorni, da quando vi fu per la prima volta l'invasione

dell'Attica, e l’inizio di questa guerra”51

, ma è chiaro anche in questo caso come

Tucidide in realtà parli apertamente del fatto di Platea in quanto l’invasione

dell’Attica avvenne ottanta giorni dopo l’attacco tebano, ovvero “[…]mentre era

estate e il grano era maturo[…]”52

, mentre la pace di Nicia fu conclusa “[…] alla

fine dell'inverno, con l’arrivo della primavera, subito dopo le Dionisie […]”53

. Lo

storico in questo caso si riferisce all’invasione dell’Attica solo perché in quel

momento al centro dell’attenzione ci sono i rapporti diretti tra Atene e Sparta54

.

Abbiamo quindi delle esternazioni esplicite di Tucidide riguardo al ruolo avuto

dall’attacco a Platea in tre diverse occasioni II 2.1, IV 133.3 e VII 18.2

contrariamente al già citato V 20.1 e a I 125.2 dove comunque il riferimento è

parziale.55

L’autore dunque quando deve essere diretto non ha dubbi, la guerra

inizia a Platea, ciò significa che era già chiaro all’epoca che l’attacco avvenuto in

quella buia e piovosa notte primaverile ebbe l’onore ed il peso storico di divenire il

primo fatto d’armi della guerra Archidamica.

50

PRICE (2001) p.284 51

Thuc. V 20.1 52

Thuc. II 19.1 53

Thuc. V 20.1 54

FANTASIA (2003) p.228 55

Ibidem p. 228-229

12

Tabella 1. Mappa della Beozia

13

Bibliografia:

ROBERT J. BUCK, A History of Boeotia, Edmonton: The University of Alberta 1979

DAVID CARTWRIGHT, A Historical Commentary on Thucydides, Ann Arbor: The

University of Michigan 1997

UGO FANTASIA, La guerra del Peloponneso – Libro II, Pisa 2003

ARNOLD W. GOMME, A Historical Commentary on Thucydides, Oxford 1956

SIMON HORNBLOWER, A Commentary on Thucydides, Oxford

JONATHAN J. PRICE, Thucidydes and Internal War, Cambridge 2001

Fonti Antiche:

Aristotele, Politica

Diodoro Siculo, Biblioteca storica

Erodoto, Le Storie

Pausania, Periegesi della Grecia

Platone, Alcibiade

Tucidide, Le Storie