Gaio Mecenate. Visibilità politica e originalità culturale nella Roma triumvirale e augustea, in...

49
ATTI E MEMORIE DELLA ACCADEMIA PETRARCA DI LETTERE, ARTI E SCIENZE NUOVA SERIE - VOL. LXX ANNO 2008 ffir DI LETTERE ARTI E SCIENZE .AREZZO. AREZZO MN4IX

Transcript of Gaio Mecenate. Visibilità politica e originalità culturale nella Roma triumvirale e augustea, in...

ATTI E MEMORIEDELLA

ACCADEMIA PETRARCADI LETTERE, ARTI E SCIENZE

NUOVA SERIE - VOL. LXXANNO 2008

ffirDI LETTERE ARTI E SCIENZE

.AREZZO.

AREZZOMN4IX

Direttore Responsabile: Giulio FirpoAutorizzazione del Tribunale di Arezzo n. 1211979

La corrispondenza per la Redazione e I'Amministrazione va índirizzata alla:Accademia Petrarca di Lettere Arli e Scienze di ArezzoVia degli Albergotti, 52100 ArezzoTel. 057 5.24700; Fax 051 5.298846e-mai I : in [email protected] inten, et: www.accademiapetrarca.it

INDICE DELVOLUME

Consiglio Direttivo dell'AccademiaSoci Ordinari al 31 dicembre 2008.Soci Onorari al 31 dicembre 2008

ATTI

Anno 2008.Assemblea Ordinaria dei Soci del 15 febbraio 2009Soci defunti nel 2008

Comunicazioni

Classe di Lettere

Fabio Danelon, LIno sguardo sulla rappresentazione del matrimonionella letteratura ÌtalianuAlessio Monciatti, Petrarca e i pctlazzi dei PapiSara Faralli, Archeologia ad Arezzo nell'Ottocento: Ia./'ormazionedel museo pttbblico tra riscoperta e distruzione della ciltà anticanel corso del XIX secolo . . . .

Marco Mochi, L'Arma dei Carabinieri. Storia, struttura e compitiistituzionaliPaolaPizzo, L'Islam e le sJìde del mctndo contemporaneo . . . . . . .

Jean Pierre Delumeau, Ripercorrendo la storia medievale aretina .

Franco Cristelli, Arezzo e Viterbo, città ctmiche. Dall'antichità alXIIII secolo

Classe di Arti

Piero Mioli, Rime ed Ìnni d'amore. Puccini compo,sitore, operista,drammaturgo del Novecento. . . . .

Classe di Scienze

Italo Farnetani, Paolo Albanese, fondatore dell' odontoiatriauniversitaria senese.

Riccardo Mario Azzara, Il contributo della sismologia allo studiodegli elJètti di ampliJìcazione in aree urbane e sue implicazioni suldanneggiamento

Petrarca p.

p.

p.

VVIIXIII

p.

p.

p.

p.

p.

p.

XVIIXXI

XXXII

5

t9

4l

71

83

r 13

r39

p.

p.

p.

p.

p.

173p.

193

2lr

NicolaArmaroli, Enet"gia ieri, oggi e c:lontcu'ri p. 241

MEMORIE

Pierfrancesco Porena, Gaio Mecenate. Visibilità politica e originalitàc'tlturcLle nellcL Romn triumvirale e augusteo p.

Maria Antonia Serafini. La ceramica a venice nera di Arezzo, scat,o

dipia:zo S. Jocopo - Cor.so ltalia.. ....... p.

Luigi Conti. Topografìa antiqlraria. Alcune considerctzioni sopra laGeografia della Toscana di L. Pindentonte ( I 596) p.

Cristina Cagianelli, Lorenzo Gttazzesi antiqtrario fra Anfon FrancescoGori e Scipione MaJfei p.

Amedeo tsígazzi, Le.futtorie granclttcali e clell'Ordine di Sanlo SteJarLo

in vctl di Chianu. p.

l/J

319

327

345

.)/ /

GAIO MECENATE. VISIBILITÀ POLITICA EORIGINALITÀ CULTURALE NELLA ROMA

TRIUMVIRALE E AUGUSTEA

Memoria del Prof. Pierfrancesco Porena

L’esperienza di Mecenate, nobile originario di Arezzo, si consumònel cuore della vita politica della Roma della seconda metà del I seco-lo a.C., la Roma tormentata del ‘dopo Cesare’ e dell’affermazione diOttaviano Augusto1. Un’epoca violenta ed ‘eccessiva’, nella quale egliseppe muoversi con equilibrio e con successo. L’aretino collaborò inmodo determinante all’ascesa di Ottaviano, negli anni 44-31 a.C., ealla costruzione della posizione di forza grazie alla quale Augusto riu-scì a realizzare la sua riforma ‘rivoluzionaria’ della res publica roma-na, a partire dal 31 a.C. La ridotta visibilità di Mecenate rispetto ai per-corsi aulici e ufficiali, o ai grandi teatri bellici della storia dei suoitempi lo hanno reso percepibile nelle fonti superstiti solo a tratti, inmodo impressionistico. Eppure i ‘frammenti’ della sua esperienza sto-rica – ribadiamo, un’esperienza molto rilevante – opportunamentericomposti mostrano un personaggio complesso, testimone di un’epo-ca di passaggio, l’epoca dell’assorbimento di alcuni elementi dell’ari-stocrazia etrusca nell’universo romano, nell’età in cui maturò definiti-

1 L’origine etrusca e aretina di Mecenate è testimoniata da diversi elementi, come l’ono-mastica familiare e i riferimenti dei poeti augustei (vd. oltre), e soprattutto dal preziosopasso di una lettera di Augusto, conservata nei Saturnali di Macrobio (Sat. 2, 4, 12 =Augustus, Ep. ad Maecen., fr. 32 Malcovati), in cui il nostro è definito ebur ex Etruria,lasar Arretinum.

vamente il processo di ‘romanizzazione’ della nobiltà italica. Nel casodell’aretino questa dinamica ha assunto tratti di originalità ai limiti delparadosso: un nobile di Arezzo che visse a Roma, in una splendidaresidenza di foggia ellenistica, senza perdere il legame con la culturaetrusca; un cittadino romano che collaborò attivamente e in una posi-zione di primo piano nella vita politica dei suoi tormentati tempi senzarivestire nessuna carica pubblica e senza essere neanche senatore;l’amico di uno degli uomini politici più tradizionalisti della storiaromana – Ottaviano Augusto – capace tuttavia di ostentare un compor-tamento eccentrico e, per alcuni aspetti, poco romano, se non addirit-tura “antiromano”; un uomo che sul letto di morte lasciò gran parte deisuoi beni ad Augusto, l’autore delle severe leggi contro l’adulterio, cheperò non nascose una relazione con la moglie di Mecenate. Per cerca-re di ricomporre gli sparsi elementi biografici mecenatiani in un qua-dro storicamente coerente, è necessario procedere seguendo l’ordinecronologico degli avvenimenti.

Mecenate era coetaneo dei poeti Virgilio (70-19 a.C.) e Orazio(65-8 a.C.), ed era più anziano di Ottaviano, che era nato nel 63 a.C.(l’anno terribile della congiura di Catilina). Nacque il 13 aprile di unanno ignoto, che, in base all’età dei suoi celebri amici, è collocabiletra il 74 e il 64 a.C., proprio negli anni dell’affermazione prepotentedi un altro ‘italico’, Gneo Pompeo Magno, sulla scena politica roma-na2. Gli Aretini avevano già da un ventennio circa la cittadinanzaromana, da quando, nel 90 a.C., in piena guerra Sociale, l’Etruria eradiventata giuridicamente romana e le sue città si erano trasformate inmunicipi di cittadini romani3. Tuttavia non è escluso che il padre e il

274 PIERFRANCESCO PORENA

2 Il giorno, ma non l’anno di nascita, è ricordato da Orazio, carm. 4, 11, 13-20: ut tamennoris, quibus advoceris / gaudiis: Idus tibi sunt agendae, / qui dies mensem Veneris mari-nae / findit Aprilem, / iure sollemnis mihi sanctiorque / paene natali proprio, quod ex hac /luce Maecenas meus adfluentis / ordinat annos. Come vedremo, avendo svolto delicatiincarichi diplomatici per Ottaviano nel 40 a.C., è molto probabile che Mecenate avesse allo-ra circa trent’anni, e fosse nato, quindi, intorno al 70 a.C.

3 Sulla guerra Sociale cfr. G. de Sanctis, La guerra sociale (opera inedita, pubblicata a c. diL. Polverini), Firenze 1976. Sulle realtà municipali italiche prima e dopo la guerra Sociale cfr.di recente Gli statuti municipali, a c. di E. Gabba e L. Capogrossi Colognesi, Pavia 2006.

nonno di Mecenate avessero già in precedenza la cittadinanza roma-na, indipendentemente dalle vicende di Arezzo e dalla guerraSociale4. Sappiamo grazie a un passo di un’orazione di Cicerone cheun Gaio Mecenate, omonimo del nostro, era stato un cavaliere roma-no contrario alla riforma giudiziaria promossa dal tribuno della plebeMarco Livio Druso nel 91 a.C.5: è possibile che si tratti del nonno diMecenate, il quale, in questo caso, sarebbe stato già politicamenteattivo a Roma agli inizi del I secolo a.C. Che Mecenate fosse il frut-to dell’unione di due famiglie importanti è confermato da Orazio,che esaltò gli avi materni e paterni del suo protettore6. La fortuna delnostro nacque con ogni probabilità dal ricco e prestigioso matrimo-nio dei suoi genitori, forse favorito dalla recente partecipazione deiMaecenates alle vicende politiche romane. L’Etruria fu una regioneimportante per la storia politica di Roma, sotto molti punti di vista,in particolare a partire dall’età graccana (133-121 a.C.), ed è proba-bile che due gentes dell’Etruria settentrionale, di cui una già inseritaper sua scelta – non necessariamente per una tendenza politica della

GAIO MECENATE 275

4 Sulle vicende istituzionali di Arezzo, soprattutto nella difficile congiuntura d’età sillana,cfr. ora G. Firpo, Lo status di Arretium in età tardorepubblicana e imperiale, in Arezzo nel-l’antichità, a cura di G. Camporeale e G. Firpo, Arezzo 2009, pp. 177-185. Sui riflessi dellacittadinanza romana relativamente a Mecenate cfr. G. Poma, «Civis romanus» nell’Arezzo diMecenate, «RSA» 25 (1995), pp. 157-167.

5 Cic. Cluent. 56, 153: O viros fortes, equites Romanos, qui homini clarissimo ac poten-tissimo, M. Druso, tribuno plebis, restiterunt, cum ille nihil aliud ageret cum illa cunctaquae tum erat nobilitate, nisi ut ii qui rem iudicassent huiusce modi quaestionibus in iudi-cium vocarentur. Tunc C. Flavius Pusio, Cn. Titinius, C. Maecenas, illa robora populiRomani, ceterique eiusdem ordinis non fecerunt idem quod nunc Cluentius ut aliquid cul-pae suscipere se putarent recusando, sed apertissime repugnarunt [...]. Livio Druso propo-neva che i giudici dei tribunali permanenti di Roma, istituiti per giudicare alcuni gravi reaticommessi da cittadini romani, fossero i soli senatori, senza l’apporto dei cavalieri, compen-sando la novità con l’ingresso in senato di trecento eminenti cavalieri. Sull’inserimento dialcune famiglie etrusche a Roma nel II sec. a.C. cfr. L. Aigner Foresti, Momenti di aggre-gazione e momenti di disgregazione nei sistemi politici degli Etruschi, in Identità e valori:fattori di aggregazione e fattori di crisi nell’esperienza politica antica (Bergamo, 16-18dicembre 1998), a c. di A. Barzanò, Roma 2001, pp. 120 e 127-129.

6 Hor. serm. 1, 6, 1-4: Non quia, Maecenas, Lydorum quidquid Etruscos / incoluit finis,nemo generosior est te, / nec quod avus tibi maternus fuit atque paternus / olim qui magnislegionibus imperitarent.

sua città d’origine – nella società romana, si legassero sullo scorciodel II secolo a.C.7. Riguardo al padre di Mecenate, lo storico grecod’età augustea Nicolao di Damasco narra dell’amicizia e del soste-gno già nell’aprile del 44 a.C. tra Ottaviano, erede del defuntoCesare, e un Lucio Mecenate: dal momento che senza dubbio Lucioera il nome del padre del nostro (vd. oltre), è probabile che la fami-glia di Mecenate fosse in buone relazioni già con Cesare, per poirestare in ottime relazioni col figlio di Cesare. Questo spiegherebbel’amicizia precoce, e ben solida già all’indomani del cesaricidio, trail giovane Gaio Mecenate e Ottaviano8. Ottaviano infatti, nel novem-bre del 44 a.C., mentre Marco Antonio cercava pericolosamente distrappare con le armi la Gallia Cisalpina a Decimo Bruto – daentrambi allora Ottaviano poteva aspettarsi un’azione ostile – radu-nò un esercito proprio ad Arezzo, segno che nella città sapeva diavere appoggi sicuri9. Del resto, essendo l’Etruria settentrionale terraantisillana e filomariana – e Arezzo fu direttamente punita da Silla –quella terra poteva esprimere nella nobiltà etrusca elementi vicini

276 PIERFRANCESCO PORENA

7 Per le relazioni tra Roma e le diverse entità dell’universo etrusco tra II e I secolo a.C. cfr.M. Sordi, C. Mario e una colonia etrusca in Tunisia, «AC» 43 (1991), pp. 363-366; Ead., GliEtruschi nel I secolo a.C., «RIL» 137 (2003), pp. 369-380; G. Zecchini, Cesare e gli Etruschi,in Die Integration der Etrusker und das weiterwirken etruskischen Kulturgutes im republika-nischen und kaiserzeitlichen Rom, a c. di L. Aigner Foresti, Wien 1998, pp. 237-249; L.Aigner Foresti, Gli Etruschi e la politica di Cesare, in L’ultimo Cesare. Scritti, riforme, pro-getti, poteri, congiure (Atti del convegno internazionale, Cividale del Friuli, 16-18 settembre1999), a c. di G. Urso, Roma 2000, pp. 11-33. Per l’inserimento di nobili etruschi nel senatodi Roma all’epoca dell’attività politica dei Maecenates a Roma cfr. M. Torelli, Senatori etru-schi della tarda repubblica e dell’impero, «DArch» 3 (1969), pp. 285-363; Id., Ascesa alsenato e rapporti con i territori d’origine. Italia: Regio VII (Etruria), in Epigrafia e ordinesenatorio (Atti del Colloquio internazionale AIEGL, Roma, 14-20 maggio 1981), II, Roma1982, pp. 275-299; W.V. Harris, Rome in Etruria and Umbria, Oxford 1971, pp. 319 s.

8 Nic. Dam. Vita Caes. 31, 133 = FrGrHist. 90, T 130, 133 Jacoby, su cui cfr. B.Scardigli, Nicolao di Damasco. Vita di Augusto, Firenze 1983, pp. 231 s. Si è tentato di cor-reggere il prenome del Mecenate della notizia di Nicolao da Leukios in Gaios, per riferirloal nostro Gaio Mecenate e non a suo padre Lucio, ma la correzione non sembra giustifica-ta né sul piano filologico, né sul piano storico: il biografo di Damasco era quasi contempo-raneo dei fatti e non poteva confondere i due; inoltre il legame immediato tra Mecenate eOttaviano, erede di Cesare, si comprende bene in un contesto familiare ‘cesariano’.

9 Appian. civ. 3, 42, 174.

alla sensibilità di Cesare10. Se, dunque, il padre e forse il nonno diMecenate erano cavalieri romani, attivi nella politica della metropo-li agli inizi del I secolo a.C., poi sostenitori di Cesare e di Ottaviano,non sarebbe impossibile che Mecenate nascesse a Roma, anziché adArezzo, nel cui territorio si trovavano comunque le sue sostanze11. Inogni caso il luogo di nascita resta incerto, mentre il legame di fidu-cia con il figlio di Cesare, subito dopo la lettura del testamento deldefunto dittatore, sembra sicuro. Un altro elemento appare fuoridiscussione, ed è l’alto livello economico-sociale della famiglia diMecenate: egli e, come sembra, i suoi immediati antenati eranocavalieri romani (equites)12. Questo rango era riservato ai cittadiniromani più ricchi, dotati del ragguardevole censo minimo di 400.000sesterzi, consistente per lo più in proprietà agricole, che possiamoimmaginare cospicue nell’ager di Arezzo e in Etruria13. Come vedre-

GAIO MECENATE 277

10 Un Lucio Mecenate, che non pare collegabile alla famiglia del nostro Mecenate, appa-re significativamente schierato dalla parte ‘popolare’ con il ‘mariano’ Quinto Sertorio inSpagna nel 72 a.C. (Sall. hist., 3, fr. 83 Maurenbrecher). D’altra parte la politica aggressi-va di Silla contro Arezzo potrebbe aver consolidato in alcuni nobili aretini, eventualmentegià cittadini romani e attivi a Roma – tali sembrano essere i Maecenates ai primi del I seco-lo a.C. – la convinzione ‘mariana’ e, più tardi, ‘cesariana’. Potrebbe essere tutt’altro checasuale il fatto che nel gennaio del 49 a.C., appena passato il Rubicone, Cesare inviasse cin-que coorti al comando di Marco Antonio proprio ad Arezzo, dove si posizionarono pacifi-camente e senza problemi (Caes. civ. 1, 11, 4).

11 Lo confermerebbe l’appartenenza di Mecenate alla tribù Pomptina, tribù in cui eranoraccolti i cittadini di Arezzo (vd. oltre nt. 15). È interessante però che la costruzione delsepolcro della societas cantorum graecorum sulla via Labicana, al confine dei futuri HortiMaecenatis, fu curata nella prima metà del I sec. a.C. da un (Decimus?) Maecenas (cfr. AE1925, 127 = CIL I, 2519 = ILLRP 771 = R. Friggeri, La collezione epigrafica del Museonazionale romano alle Terme di Diocleziano, Milano 2001, p. 62).

12 Il rango equestre di Mecenate ricorre nelle fonti quasi fosse un significativo elementodistintivo; cfr. Hor. serm. 1, 6, 2-4; carm. 1, 20, 5, e 3, 16, 20; Prop. 3, 9, 1 e 23 ss.; Eleg.in Maecen. 1, 31-37; cfr. anche Mart. 10, 73, 3; 12, 3, 2; Vell. 2, 88, 2 (equestri sed splen-dido genere natus); Tac. ann. 3, 30, e 6, 11; D. Ca. 55, 7, 4. Sul rango di Mecenate cfr. direcente G. Cresci, Maecenas, equitum decus, «RSA» 25 (1995), pp. 169-176. Sull’ordineequestre nella tarda repubblica cfr. C. Nicolet, L’ordre équestre à l’époque républicaine,312-43 av. J.-C., 2 voll., Paris 1966-1974.

13 Sul censo equestre nel I secolo a.C. cfr. C. Nicolet, Strutture dell’Italia romana (sec.III-I a.C.), Roma 1984, pp. 122-133. Sull’ubicazione delle proprietà di Mecenate nel terri-torio di Arezzo vd. oltre ntt. 15 e 17-18.

278 PIERFRANCESCO PORENA

mo, Mecenate, malgrado le notevoli possibilità censuali e politiche,non svolse alcuna carriera magistraturale, non si candidò mai a nes-suna magistratura romana e quindi non divenne un senatore romano,ma restò un cavaliere (come il nonno e il padre). Nel periodo augu-steo, in cui selezionate aristocrazie italiche entravano nel senato diRoma, egli scelse di restare un cavaliere. Con una sintesi di grandeefficacia il poeta Properzio poté tratteggiare in un verso la condizio-ne giuridico-sociale, ma anche le due anime, del suo patrono:Maecenas eques Etrusco de sanguine regum14.

Fermo restando che, come vedremo, l’origine etrusca, come ele-mento culturale, e non solo, ebbe un peso notevole nella personali-tà e nello stile di vita di Mecenate, la sua onomastica, peraltrodiscussa, merita attenzione. Non c’è dubbio che Mecenate riceves-se l’onomastica completa del cittadino romano, diversa dall’anticaonomastica etrusca: Gaius Maecenas, Luci filius, Pomptina tribu15.Un’epigrafe sepolcrale romana, dalla via Prenestina, nel segnalarela sepoltura dei liberti del nostro cavaliere, testimonia con certezzala sua onomastica, confermata da altri testi letterari ed epigrafici16.

14 Prop. 3, 9, 1. 15 Sulla Pomptina come tribù dei cittadini romani di Arezzo cfr. CIL XI p. 336; L. Ross

Taylor, The Voting Districts of the Roman Republic. The thirty-five urban and rural Tribes,Roma 1960, pp. 115, 118, 179, 274.

16 Cfr. CIL VI 21771 con p. 3916 = ILS 7848: Leibertorum et leibertar(um) / C(ai)Maecenatis, L(uci) f(ilii) Pom(ptina tribu), / postereisque eorum et qui ad id / tuendum con-tulerunt / contulerint. Identica la sequenza onomastica del nostro in un’iscrizione ateniesein suo onore (IG III/II2 4133 = AE 1924, 5 = SEG 3, 242): o ( d[h=]moj | Ga/ion Maikh=nan |Leuki/on u(io/n. Cfr. anche CIL VI 31734: Permissu C(ai) Maecenatis. Anche i numerosiliberti della sua famiglia hanno il solo gentilizo Maecenas: AE 1925, 127 = CIL I 2519 =ILLRP 771; CIL VI 7245 = 11563 = 33242 = AE 1979, 68; CIL VI, 7246; 7247; 7248; 7249;7255; 10295; 16663; 21772 = ICUR, n.s., VI, 16325; CIL VI 21773; 21774 = Iscr. Mus. Civ.Catania 459-461; CIL VI 21775; 21776; 21777; 21778 = AE 1997, 160; CIL VI 21779;35756; 35757; CIL VIII 20213; CIL X 2687; CIL XI 1635; 2360; CIL XIV 264; 4119,2 =CIL XV 8323; AE 1921, 69; AE 1960, 29; AE 1993, 751; AE 1995, 143; G.C. Susini, Testiepigrafici mutinensi, «Epigraphica» 21 (1959), p. 84 nr. 2; falsa Suppl. It., n.s., 13, Norcia*2, dove fu inciso in età moderna C(aio) Ci[lnio] Maecenate; inoltre M. Hammond, Anunpublished Latin Funerary Inscription of Persons connected with Maecenas, «HSCPh» 84(1980), pp. 263-277. Per il gentilizio Maecenas cfr. W. Schulze, Zur Geschichte lateini-scher Eigennamen, rist. Hildesheim 1991 (Göttingen 1904), pp. 65 ss., 185 e 529; H. Solin,

La posizione del nome Maecenas, con cui il personaggio è univer-salmente indicato, e l’assenza del gentilizio Cilnius, che è ricordatosolo da Tacito, invitano a concludere che Maecenas fosse il gentili-zio paterno e, verosimilmente, Cilnius il gentilizio materno, che nonrientrava nell’onomastica ufficiale dei cittadini romani della finedella repubblica17. La famiglia dei Cilnii aveva costituito una glorio-sa dinastia regale etrusca, risalente forse all’epoca della fondazionedella città, e comunque alla sua fase arcaica18. La relazione tra iCilnii e Mecenate è ricostruibile in base all’appartenenza civica are-tina di entrambe le famiglie, in base a due testimonianze letterarie(di Augusto e di Tacito) e attraverso i numerosi richiami agli ante-nati di stirpe regale da cui Mecenate discendeva, individuabili nelladinastia regale aretina dei Cilnii19. Se dunque la serie onomastica

GAIO MECENATE 279

O. Salomies, Repertorium nominum gentilium et cognominum Latinorum, Hildesheim1988, p. 109. L’onomastica di altri Etruschi, attivi come cittadini romani all’epoca diMecenate, presenta gentilizi in -nas, come per es. il C. Carrinas, pretore nell’82 a.C., o ilfiglio omonimo, console suffecto nel 43 a.C.

17 Nelle fonti letterarie latine e greche il nome del personaggio è sempre Maecenas /Maikh=naj. Solo Tacito (ann. 6, 11, 2) inserisce anche il gentilizio Cilnius: ceterumAugustus bellis civilibus Cilnium Maecenatem equestris ordinis cunctis apud Romam atqueItaliam praeposuit. Fondamentale, accanto all’epigrafia, la testimonianza contemporanea diAugusto (in Macr. Sat. 2, 4, 12 = Augustus, Ep. ad Maecen., fr. 32 Malcovati) che fra i moltiepiteti ironici rivolti all’amico in una lettera, tutti estranei alla sua reale onomastica, inseri-sce anche Cilniorum smaragde, segno del legame genealogico, ma non strettamente ono-mastico, con quell’antica gens aretina. Sul problema dell’onomastica di Mecenate cfr. direcente la messa a punto di L. Graverini, Un secolo di studi su Mecenate, «RSA» 27 (1997),p. 232. Diversamente C.J. Simpson, Two small Thoughts on «Cilnius Maecenas»,«Latomus» 55 (1996), pp. 394-398, nega il legame di Mecenate con i Cilnii.

18 Cfr. soprattutto Liv. 10, 3, 2, e 5, 13, dove una rivolta sociale ad Arezzo nel 302 a.C.mise a rischio il potere della grande e ricca famiglia regale (cfr. anche Sil. Ital. 7, 29 s.). Perla distribuzione delle testimonianze sui Cilnii cfr. A. Maggiani, «Cilnium genus». La docu-mentazione epigrafica etrusca, «SE» 54 (1988), pp. 171-196; poi D. Steinbauer, ZurGrabinschrift der «Larthi Cilnei» aus «Aritim/Arretium»/Arezzo, «ZPE» 121 (1998), pp.263-281. Per la concentrazione soprattutto intorno ad Arezzo del prediale ‘Cignano’, relit-to sicuro del possessivo latino (fundus) Cilnianus, cfr. A. Fatucchi, Le tracce della «gensCilnia» nel territorio dell’Etruria, «RSA» 25 (1995), pp. 189-205.

19 Per l’ascendenza regale di Mecenate cfr. Macr. Sat. 2, 4, 12 (= Augustus, Ep. adMaecen., fr. 32 Malcovati); Hor. serm. 1, 6, 1-4; carm. 1, 1, 1; 3, 29, 1; Prop. 3, 9, 1; Eleg.in Maecen. 1, 13; Mart. 12, 4, 2; Tac. ann. 6, 11, 2.

280 PIERFRANCESCO PORENA

C(aius) Cilnius Maecenas non è mai attestata, e il nome diMecenate fu semplicemente C(aius) Maecenas, è certa la fusione –patrimoniale e matrimoniale – nel nostro ricco cavaliere romano diorigine etrusca tra i Maecenates e i Cilnii di Arezzo. Ma in questa,di per sé molto propizia, congiuntura familiare fu l’appoggio delpadre di Mecenate alla fazione ‘cesariana’ nel pieno della crisi dellaRepubblica a proiettare nel 44 a.C. il giovane cavaliere romano dalglorioso ascendente etrusco dalla parte – poi vincente – del figlio diCesare.

È incerto se, dopo gli arruolamenti effettuati con base ad Arezzonel 44 a.C., Mecenate combattesse agli ordini di Ottaviano nellaguerra di Modena, contro Marco Antonio, nell’aprile del 43 a.C.20.Di sicuro, dopo l’accordo di Bologna (ottobre 43 a.C.), che videnascere il ‘Secondo Triumvirato’ tra Ottaviano, Marco Antonio eLepido (con la Lex Titia del 27 novembre 43 a.C.), Mecenate com-batté a Filippi in Macedonia tra le fila di Ottaviano il 23 ottobre del42 a.C. contro gli eserciti dei ‘cesaricidi’ M. Giunio Bruto e C.Cassio Longino, finalmente sconfitti e uccisi21. In premio ottenneparte dei beni del proscritto Marco Favonio, amico di CatoneUticense e strenuo sostenitore dei ‘cesaricidi’22. Tutto lascia suppor-re che, dopo Filippi, Mecenate rientrasse a Roma con Ottaviano, per-ché il giovane triumviro ebbe il difficile compito di procedere alleassegnazioni di terre in Italia ai circa duecentomila veterani diCesare. Quelle assegnazioni, com’è noto, causarono i dolorosi espro-

20 Solo un verso di Properzio (2, 1, 27) elenca Modena fra le imprese di Mecenate conCesare figlio, in un contesto in cui si celebra anche la successiva vittoria egiziana suCleopatra (31-30 a.C.), alla quale sembra che Mecenate non partecipasse (vd. oltre): insom-ma è possibile che il nostro combattesse nella guerra di Modena, ma non ci sono ulterioriconferme.

21 Oltre a Properzio (2, 1, 27), la presenza di Mecenate sul campo è confermatadall’Elegia in Maecenatem 1, 43, e da un importante passo di Plinio il Vecchio (nat. 7, 45,148): Philippensi proelio morbi, fuga et triduo in palude aegroti et, ut fatentur Agrippa acMaecenas, aqua subter cutem fusa turgidi latebra. Sembra trattarsi di una testimonianzaoculare, degna di fede perché relativa a un episodio poco edificante per il triumviro.

22 Schol. Iuv. 5, 3. Mecenate continuò negli anni a beneficiare della generosità diOttaviano-Augusto (vd. oltre).

prii di molti cittadini romani, fra cui i poeti Virgilio, Properzio eTibullo. È probabile che Mecenate non avesse parte diretta nella que-stione degli esproprii, che sembra essere stata avocata decisamentenel 41 a.C. dal console Lucio Antonio, fratello del triumviro e daisuoi ‘antoniani’: fra loro Asinio Pollione, che ottenne per Virgilio larestituzione dei beni espropriati. Tuttavia Mecenate continuò in que-gli anni ad affiancare Ottaviano e nel 40 a.C., dopo la crisi dellaguerra di Perugia l’aretino ebbe un ruolo diplomatico primario. Nelcomplesso va sottolineato come le maggiori incombenze politiche ediplomatiche di Mecenate risalgano al periodo triumvirale, cioèdopo Filippi (42 a.C.) e fino ad Azio (31 a.C.). Esse si svolsero in piùdirezioni, con un discreto margine di libertà, e spesso in assenza diOttaviano: dalla diplomazia alla supervisione sulla sicurezza dellacittà di Roma e del reticolo di città dell’Italia romana, dal controllodi comunicazioni, pratiche fiscali e amministrative al patronato sulleattività culturali. E appunto nel marzo del 40 a.C. si era conclusa laguerra di Perugia: mentre Marco Antonio era in Oriente, Ottavianoaveva sconfitto, assediandolo vittoriosamente a Perugia, il fratellodel triumviro, il console del 41 a.C. Lucio Antonio, colpevole divoler esautorare il figlio di Cesare; nel pieno della crisi che rischia-va di far naufragare gli accordi triumvirali, Mecenate fu inviato inSicilia, dove combinò il matrimonio tra Ottaviano e Scribonia, sorel-la di Scribonio Libone, suocero di Sesto Pompeo23. L’unione servivaa scongiurare l’alleanza tra Sesto Pompeo (figlio minore del grandePompeo), che controllava la Sicilia e il Tirreno meridionale, e MarcoAntonio, di ritorno da Tarso, in Cilicia, il quale tentava invano disbarcare a Brindisi per attaccare Ottaviano. Il matrimonio fu conclu-so e Mecenate, su mandato di Cesare figlio, continuò a lavorare perun’intesa con Marco Antonio. Grazie alla sua azione si addivenne

GAIO MECENATE 281

23 Appian. civ. 5, 53, 222; Dio 48, 16, 2. Scribonia fu la seconda moglie di Ottaviano-Augusto (dopo Clodia e prima di Livia), l’unica a dargli un erede, la figlia Giulia, chesarebbe stata a lungo una pedina importante nei progetti successorii del padre, prima del-l’esilio nel 2 a.C. Il matrimonio con Scribonia si sarebbe concluso in breve alla fine del39 a.C.

282 PIERFRANCESCO PORENA

così, positivamente, in ottobre anche all’accordo di Brindisi, con cuisi rinnovò l’alleanza tra i triumviri24.

Con ogni probabilità fu in questi anni, subito dopo la battaglia diFilippi, che Mecenate realizzò il progetto di costruire per sé un’am-pia ed elegante domus con un grande giardino a Roma, i celebriHorti Maecenatis o Maecenatiani25. Erano composti da più padi-glioni, con residenza privata, sale e spazi ‘museali’ (gallerie d’arte),biblioteche, fontane, le prime terme calde private, un’alta torre (tur-ris Maecenatis o Maecenatiana) – che, come la statuaria che orna-va la residenza, sopravvisse fino all’età tardoantica – e giardini col-tivati con alberi da frutta26. Gli Horti dovevano imitare le ‘regge’ellenistiche più che ripetere gli schemi delle domus romane tradi-zionali27. Non sappiamo se il nostro, o eventualmente suo padre,

24 Appian. civ. 5, 64, 272 s.; Liv. per. 127. Accanto al ‘cesariano’ Mecenate operarono aBrindisi Cocceio Nerva, come mediatore neutrale, e l’ ‘antoniano’ Asinio Pollione: gliaccordi prevedevano che le province occidentali fossero controllate da Ottaviano, l’Africada Lepido, e le province orientali da Marco Antonio, che sposava Ottavia, sorella diOttaviano. Seguirono nel 39 a.C. accordi (detti ‘di Miseno’) con Sesto Pompeo, che ebbe ilcontrollo di Sicilia, Sardegna e Corsica.

25 Gli Horti comprendevano una grande domus e i giardini annessi, la cui topografia è inbuona parte perduta a causa dei grandi sterri per Roma capitale, effettuati nel periodo 1872-1874, che hanno risparmiato solo il così detto ‘Auditorium di Mecenate’, nell’attuale LargoLeopardi a Roma (si tratta probabilmente di un ninfeo seminterrato o meglio di un triclinioper refrigerate cene estive). Sul complesso degli Horti Maecenatis cfr. R.C. Häuber, ZurTopographie der «Horti Maecenatis» und der «Horti Lamiani» auf dem Esquilin in Roma,«KJ» 23 (1990), pp. 11-107; Ead., «Horti Romani». Die «Horti Maecenatis» und die «HortiLamiani» auf dem Esquilin. Geschichte, Topographie, Statuenfunde, Köln 1991; G. PisaniSartorio, Mecenate sull’Esquilino, «RSA» 26 (1996), pp. 33-45; «Horti romani» (Atti delConvegno internazionale, Roma, 4-6 maggio 1995), a c. di M. Cima ed E. La Rocca, Roma1998, passim, in particolare M. Bell III, Le stele greche dell’Esquilino e il cimitero diMecenate, ivi, pp. 295-313.

26 Sulla torre cfr. Y. Perrin, «Turris Maecenatiana»: une note d’histoire et de topogra-phie, «Latomus» 55 (1996), pp. 399-410.

27 Si è conservata un’impressionistica descrizione di questa proprietà, ormai imperiale,nel resoconto del giudeo Filone, ambasciatore a Roma presso l’imperatore Caligola, che nel40 d.C. fu ricevuto negli Horti Maecenatis (Philon. leg. ad Gaium 351-367 passim). Il con-temporaneo autore dell’Elegia in Maecenatem (1, 33-36) ne celebrava i rilassanti giardini:maluit umbrosam quercum nymphasque cadentes / paucaque pomosi iugera certa soli; /Pieridas Phoebumque colens in mollibus hortis sederat argutas garrulus inter aves. Il gusto

possedessero già una residenza in Roma, come sembra probabile, ese questa si trovasse sul Monte Oppio, nell’area dei futuri Horti.Certamente colpisce l’entità dei lavori intrapresi da Mecenate perquesto edificio: egli fece bonificare una vasta area di necropoli dicirca 3 ettari (27.000 m.2) sull’altopiano dell’Esquilino, tra la PortaEsquilina delle Mura Serviane e le pendici orientali del MonteOppio – area un tempo extraurbana – facendo colmare anche unaserie di dislivelli creati dall’aggere delle Mura, ormai obsolete, e daun’orografia accidentata, che la rendevano disomogenea. A cavallodelle antiche difese repubblicane, spianate, vi edificò su diversiettari una residenza pensata per essere non solo fastosa, come alcu-ne (poche) dimore gentilizie romane dell’epoca, ma anche definiti-va. La bonifica e la costruzione sono databili intorno al 40 a.C. ecomunque non oltre il 35 a.C.28. A lavori ultimati, si trattava certa-mente di una proprietà singolare per dimensioni e per estetica,soprattutto se si pensa che il suo proprietario non era un senatore,uno dei potenti condottieri della tarda repubblica, ma un cavaliere.Inoltre probabilmente si trattò di uno dei primi complessi architet-tonici urbani costituiti da una domus con un ampio e raffinato giar-dino, comunque uno dei primi in una zona centrale comel’Esquilino, che da allora assunse un profilo pianeggiante29. Per

GAIO MECENATE 283

con cui fu organizzato l’esteso ‘spazio verde’ spinse Sabinio Tirone a dedicare a Mecenateil suo Kepourikòn, un’opera sulla coltivazione degli horti (Plin. nat. 19, 57, 177). La resi-denza di Mecenate fu la prima a Roma ad avere terme con una piscina di acqua calda (D.Ca. 55, 7, 6).

28 Orazio ricorda in una Satira pubblicata nel 35 a.C. (serm. 1, 8, 1-20), l’impresa dibonifica compiuta dal ricco amico (sulla necropoli esquilina, del tipo ‘a puticuli’, cfr.Varron. l. L. 5, 25; Fest. s.v. puticuli, p. 241 Lindsay; per la topografia “dissestata” dell’areaesquilina in età repubblicana cfr. Liv. 26, 10, 5-6).

29 Gli Horti Luculliani e Sallustiani erano per molti aspetti più periferici rispetto agliHorti Maecenatis (cfr. «Horti romani» cit., pp. 71 ss.; 113 ss.; 189 ss.). I celebri e più anti-chi horti dell’Esquilino (nell’ordine: Lamiani, Maiani, Lolliani, Tauriani, Calyclani,Epaphroditiani, Pallantiani) sembrano tutti successivi al 20 a.C. e anteriori al 68 d.C., dun-que verosimilmente ispirati al modello mecenatiano. Esso fu forse sollecitato dal recentemodello degli horti Caesaris, e delle recenti grandi ville gentilizie sul Pincio: gli hortiLuculliani e gli horti Sallustiani. Sembra che i lavori di Mecenate abbiano aperto la stradaalla trasformazione dell’Esquilino in un quartiere di ricche domus e di horti.

284 PIERFRANCESCO PORENA

quanto è possibile appurare, questa magnifica residenza fu e restò ladimora romana di Mecenate. Dopo avervi abitato, egli la lasciò ineredità ad Augusto e da quel momento (8 a.C.) entrò a far parte dellares privata imperiale (ospitò, fra i primi, Tiberio Cesare, figlio adot-tivo di Augusto e futuro imperatore, che la restaurò a suo gusto,circa quarant’anni dopo l’edificazione, e, dopo i danni dell’incendioneroniano del 64, pervenne alla fine del II secolo al famoso retore emaestro di Marco Aurelio, Cornelio Frontone)30.

Torniamo alle vicende storiche che coinvolsero Mecenate.L’equilibrio politico maturato a Brindisi nel 40 a.C. era precario, per-ché esponeva l’Italia e Ottaviano al blocco navale di Sesto Pompeo,signore delle isole. Questi poteva interrompere l’afflusso di cereali aRoma e all’Italia e provocare la carestia. Questa situazione incerta fecesì che negli anni 38-36 a.C. Mecenate fosse ancora protagonista eCesare figlio ne utilizzasse ancora le abilità diplomatiche. Il 19 gen-naio del 38 a.C. Ottaviano, che aveva da poco ripudiato Scribonia,sposò Livia Drusilla, già moglie del nobilissimo Tiberio ClaudioNerone; ella lo avvicinò ai senatori ‘anticesariani’ ed ex pompeiani,protetti da Sesto Pompeo. Esplose la guerra per il possesso dellaSicilia, allora controllata da Sesto, la cui minaccia Cesare figlio vole-va eliminare, per evitare crisi alimentari e politiche nella penisola.Nell’autunno del 38 a.C. Ottaviano, in difficoltà, inviò Mecenate daMarco Antonio, che probabilmente risiedeva ad Atene, per ottenereun’alleanza contro il figlio di Pompeo: l’accordo fu stipulato31.

30 Per il soggiorno di Tiberio, cfr. Suet. Tib. 15; gli affreschi attualmente visibili nel cosìdetto ‘Auditorium di Mecenate’ risalgono ai lavori voluti da Tiberio, futuro Augusto, cheabitò la domus dopo il suo ritorno da Rodi (2 a.C.-4 d.C.); cfr. M. Salvadori, Diffusione delTerzo Stile a Roma, in I. Baldassarre, A. Pontrandolfo, A. Rouveret, M. Salvadori, PitturaRomana, Milano 2006, pp. 183 s. Per l’incendio neroniano cfr. Tac. ann. 15, 39, 1; per lapresenza di Nerone nella dimora durante l’incendio cfr. Suet. Nero 38. Frontone ricorda inuna lettera a Marco Aurelio del 143 la sua familiarità con la dimora di Mecenate (Ep. adMarcum Caes. 2, 2, 5 van den Hout: Horatius Flaccus [...] mihique propter Maecenatem acMaecenatianos hortos meos non alienus) e una fistula aquaria testimonia il passaggio dellaproprietà a Cornelio Frontone (CIL XV 7438a-b): Cornelio(rum) Front(onis) et Quadra(ti).

31 Appian. civ. 5, 92, 385 s. Su queste vicende cfr. anche D. Ca. 48, 54.

Garantitisi aiuti da Antonio, Mecenate rientrò in Italia32. La situazio-ne era complicata dal fatto che il 31 dicembre del 38 a.C. scadevaanche il Triumvirato, e il potere dei tre eminenti personaggi politicidiventava “illegale”. Il tutto andava rinegoziato.

La prima metà del 37 a.C. fu densa di trattative, in cui Mecenateebbe un ruolo primario. Questi, con Cocceio Nerva e FonteioCapitone, costituì la legazione che il figlio di Cesare mandò aBrindisi per preparare gli accordi con gli emissari di Antonio e coltriumviro stesso, in attesa dell’arrivo di Ottaviano. Si conoscono iparticolari di questo viaggio di Mecenate da Terracina a Brindisilungo l’Appia grazie alla Satira 1, 5 di Orazio, che lo descrive33.Nella primavera del 37 a.C. Antonio giunse a Brindisi dalla Greciacon trecento navi e un nutrito esercito, ma si ormeggiò a Taranto.Una serie di incomprensioni rischiava di far fallire i negoziati, maOttavia, sorella di Ottaviano e moglie di Antonio, allora al seguitodel marito, incontrò il fratello, con Mecenate e Agrippa, e li convin-se a un accordo pacifico e totale34. Dopo lunghe trattative fu stipu-lato il trattato di Taranto, con cui si rinnovò il mandato triumviraleper cinque anni e si concordò il supporto militare reciproco per leguerre, rispettivamente, di Antonio contro i Parti e di Ottavianocontro Sesto Pompeo. Ancora una volta l’azione di Mecenate ebbeun peso nel successo delle trattative.

Sulla base degli accordi e in forza del sostegno di Antonio, nel 36a.C. riprese la guerra tra Ottaviano e Sesto Pompeo, e ai primi disettembre a Nauloco, presso Messina, la flotta di Agrippa sconfisse

GAIO MECENATE 285

32 Lo si deduce dal fatto che nel (marzo ?) 37 a.C. Mecenate raggiunse Orazio a Terracinanel corso del viaggio verso Brindisi per andare a negoziare di nuovo un accordo con MarcoAntonio per conto di Ottaviano (Hor. serm. 1, 5, 26-29). È chiaro che il nostro era rientra-to dalla Grecia e si trovava verosimilmente a Roma o comunque nell’Italia centrale.

33 Sul viaggio narrato nella celebre satira cfr. di recente W.W. Ehlers, Das «IterBrundisinum» des Horaz (Serm. 1,5), «Hermes» 113 (1985), pp. 69-83; P. Fedeli, In viag-gio con Orazio da Roma a Brindisi, «Aufidus» 17 (1992), pp. 37-54; J. Bertram, Auf derVia Appia von Rom nach Brindisi: Q. Horatius Flaccus, «Iter Brundisinum» (Hor. Sat. I 5),«AU» 45 (2002), pp. 51-57.

34 Plut. Ant. 35; Appian. civ. 5, 93, 390.

286 PIERFRANCESCO PORENA

quella di Sesto Pompeo, che fuggì in Asia (dove fu ucciso nel 35a.C. da un ufficiale di Marco Antonio, condividendo una sorte ana-loga a quella del padre). La Sicilia e il Tirreno tornarono aOttaviano, perché anche Lepido, l’altro triumviro, fu esautorato erelegato sul Circeo (dove morì nel 13 a.C.).

Si discute se Mecenate partecipasse agli scontri del 36 a.C. inSicilia. Properzio e l’Elegia in Maecenatem lo affermano, ma un passodi Appiano chiarisce che verso la fine di luglio Ottaviano, persa partedella flotta nel golfo di Velia-Paestum a causa di una tempesta, e cre-scendo i disordini causati a Roma dalla carestia provocata dalla guer-ra, mandò a Roma, evidentemente dal suo stato maggiore inCampania, Mecenate, per riportare l’ordine35. Più tardi, ripresa l’offen-siva in Sicilia, nella fase critica della mancata presa di Tauromeniumda parte di Ottaviano, sappiamo che questi «mandò di nuovoMecenate a Roma a causa delle rivolte, e alcuni, che avevano innesca-to sedizioni, furono puniti»36. Che nel 36 a.C., e negli anni seguenti,Mecenate abbia esercitato poteri straordinari di controllo dell’ordinepubblico a Roma lo conferma anche Cassio Dione37. È difficile dire seMecenate rientrasse due volte dal teatro delle operazioni a Roma neimesi di luglio e agosto, o se si stabilisse nella metropoli dopo il disa-stro di Velia-Paestum. In ogni caso sembra molto probabile cheMecenate abbia partecipato come consigliere di Ottaviano in alcunefasi della guerra presso il fronte o nelle retrovie – probabilmente inCampania – ma sia rientrato per ordine di Cesare figlio più di una voltaa Roma per vigilare sulla fedeltà dei cittadini di Roma e delle città ita-liche, mentre si svolgeva un conflitto dall’esito incerto, aggravatodalla penuria di beni. È probabile che l’ostilità di certi ambienti roma-ni contro Ottaviano, unita alle voci di sconfitte e rovesci, alimentasse

35 Su Mecenate nella guera siciliana cfr. Prop. 2, 1, 28: canerem Siculae classica bellafugae; Eleg. in Maecen. 1, 41 s.: illum piscosi viderunt saxa Pelori / ignibus hostilis redde-re ligna ratis; diversamente Appian. civ. 5, 99, 414.

36 Appian. civ. 5, 112, 470. 37 D. Ca. 49, 16, 2: «Delle altre questioni, nella città (di Roma) e nel resto d’Italia, si

occupò e allora e ancora per molto tempo Gaio Mecenate, cavaliere».

tentativi di opposizione, che Mecenate, agendo a Roma e in Italia,doveva spegnere, per garantire stabilità e rifornimenti al figlio diCesare, allora costantemente e per molti mesi in prima linea. InoltreMecenate non ebbe mai un imperium magistraturale di alcun tipo,forse neanche come legatus del triumviro, e dunque, a rigore, nonpoteva comandare legionari romani (se non come tribuno o centurio-ne, cosa che si può escludere). Ma soprattutto è interessante il fatto cheegli non figuri mai fra i pur numerosi comandanti militari che affian-carono Ottaviano nelle operazioni belliche da Modena in poi. I poetiaugustei valorizzarono in termini militari la partecipazione diMecenate alla vittoria siciliana, benché il suo ruolo, pur fondamenta-le, si sia esplicato probabilmente senza impugnare le armi.

Cassio Dione, in riferimento alla guerra contro Sesto Pompeo,ricordava il mandato affidato a Mecenate – allora e per molto tempodopo quei fatti – di controllare la vita di Roma e dell’Italia. Si notiche negli anni seguenti alla vittoria siciliana, dal 35 al 33 a.C.,Ottaviano fu impegnato in Illirico dove eliminò la pirateria dalmatae istituì il controllo romano sulla Pannonia. L’area era diventatanevralgica nella prospettiva di un conflitto con Marco Antonio, cheaveva l’importante provincia di Macedonia. In quegli anni, e alme-no fino al periodo immediatamente successivo alla vittoria suCleopatra (30 a.C.), a causa delle prolungate assenze da Roma delfiglio di Cesare, Mecenate esercitò un potere straordinario ed“extracostituzionale” di gestione degli affari politici e finanziari perconto di Ottaviano, in collaborazione con Agrippa38. Senza rivestire

GAIO MECENATE 287

38 Cfr., oltre a D. Ca. 49, 16, 2, anche 51, 3 e 55, 7; Tac., Ann. 6, 11, con A.J.M. Watson,Maecenas’ Administration of Rome and Italy, «Akroterion» 39 (1994), pp. 98-103. Agrippaebbe un ruolo primario nella vittoria contro Sesto Pompeo del 36 a.C., quindi nelle guerreilliriche del 35-34 a.C. e nella guerra contro l’Egitto del 31-30 a.C., ma negli anni 33-32a.C. svolse anche una notevole attività di realizzazione di infrastrutture per Roma e perl’Italia; cfr. J.-M. Roddaz, Marcus Agrippa, Roma 1984, pp. 154-156 e 231-306; di recen-te W. Tietz, Die Bautätigkeit des Agrippa auf dem Marsfeld (27-25 v. Chr.): Bestand undProgramm, in Einblicke in die Antike. Orte - Praktiken - Strukturen, a c. di C. Ronning,München 2006, pp. 181-201. Per un confronto tra i due fedeli di Ottaviano-Augusto cfr. F.Della Corte, Agrippa e Mecenate: due politiche culturali a confronto, in Id., Opuscula XIII,Genova 1992, pp. 119-135.

288 PIERFRANCESCO PORENA

alcuna carica magistraturale e senza un mandato speciale del sena-to e del popolo romano, come semplice cavaliere e fiduciario deltriumviro – cosa che creò qualche problema nei rapporti con i citta-dini arruolati e i veterani, risolti dall’ex console Agrippa – potevaleggere e correggere la preziosa corrispondenza di Ottaviano, anchequella destinata al senato, e a questo scopo era autorizzato a usareun sigillo con l’effige della sfinge, identico a quello personale diOttaviano; poteva firmare documenti per applicare le direttive diCesare figlio e far divulgare i suoi editti; conosceva il codice alfa-betico segreto che Ottaviano usava per la corrispondenza criptata, equindi era a conoscenza dei segreti del potente amico39; prima cheOttaviano-Augusto organizzasse il fiscus (dal 27 a.C.), Mecenate fuuna sorta di supervisore della fiscalità che alimentava le casse pub-bliche, cui attingeva Ottaviano, triumviro, poi console, e usava unsigillo con l’effige di una rana per autorizzare quanto riguardava laraccolta delle diverse imposte e gestire i proventi40. Queste funzio-ni dovettero essere vitali negli anni in cui Ottaviano aveva ancoradiversi nemici ed era costretto ad arruolare molte e costose legioniper combattere su più fronti.

L’eccentricità del mandato di Mecenate risalta anche per quantoriguarda la sua posizione in Roma. Un passo molto importante diTacito mostra che Mecenate in qualche modo anticipò l’incarico diprefetto urbano (praefectus Urbi), che Augusto istituì a partire dal

39 Fu probabilmente a causa della mole e della delicatezza della corrispondenza e delladocumentazione che le sue segreterie erano costrette a smistare che Mecenate escogitò unaserie di note stenografiche, studiate ancora nella tarda antichità (D. Ca. 55, 7, 6; Isid. orig.1, 22, 2).

40 Sul sigillo, che sembra riservato al prelievo di tasse pubbliche, cfr. Plin. nat. 37, 4, 10.Sulla successiva costituzione di una cassa del principe (fiscus), separata dall’erario delpopolo romano (aerarium) da parte di Augusto cfr. E. Lo Cascio, Patrimonium, ratio pri-vata, res privata, «AIIS» 3 (1971-1972), pp. 55-121 (= Id., Il «princeps» e il suo impero.Studi di storia amministrativa e finanziaria romana, Bari 2000, pp. 97-149); Id., Le tecni-che dell’amministrazione, in Storia di Roma, II/2. L’impero mediterraneo. I principi e ilmondo, a c. di G. Clemente, F. Coarelli, E. Gabba, Torino 1991, pp. 119-191 (= Id., «Il prin-ceps» cit., pp. 13-79). Sembra probabile che Mecenate potesse coadiuvare Ottaviano anchenella gestione dell’immensa proprietà privata del triumviro, frutto dell’eredità di Cesare.

26 a.C., ma che divenne permanente solo tra il 13 a.C. e il 2641. Lasupervisione sulle infinite e complicate esigenze della megalopoli eraun affare molto delicato. Roma era infatti lo spazio politico-istituzio-nale e religioso che legittimava il potere del principe e dei nobiliRomani (lì erano il senato e le assemblee del popolo romano). La cittàera popolata da una plebe enorme e agitata, e da un’aristocrazia ricca,instabile e pericolosa; inoltre le esigenze concrete di vita nella città el’ordine pubblico erano da secoli appannaggio dei diversi magistratidella repubblica (soprattutto consoli ed edili), che ancora erano rego-larmente eletti. Non c’è dubbio che la prefettura urbana augusteairruppe, sollevando reazioni infastidite, in questo insieme di forze e ditradizioni, in virtù della delega da parte del principe a un funzionariocivile di compiti superiori di ‘polizia’ e di giurisdizione nuovi. La radi-ce di questa novità risaliva alla funzione straordinaria affidata daOttaviano a Mecenate, al più tardi all’epoca della campagna controSesto Pompeo42. Anche la prefettura del pretorio, che per secoli garan-tì la protezione armata dell’imperatore a Roma, ma che Augusto isti-tuì soltanto nel 2 a.C. – sei anni dopo la morte di Mecenate – agli occhidi Seneca appariva come una novità per certi versi già sperimentatanella figura dell’aretino43. Ancora una volta va notato che gli incarichi

GAIO MECENATE 289

41 Tac. ann. 6, 11; sull’incarico romano di Mecenate cfr. anche Vell. 2, 88, 2; Hor. carm.3, 8, 17 e 29, 25; Eleg. in Maecen. 1, 14 e 27. Sulla prefettura urbana augustea e imperia-le, dopo G. Vitucci, Ricerche sulla «praefectura urbi» in età imperiale, Roma 1956, cfr. direcente e in sintesi, A. Daguet-Gagey, I grandi servizi pubblici a Roma, in Roma imperia-le. Una metropoli antica, a c. di E. Lo Cascio, Roma 2000, pp. 73-77. La carica non avevaquasi nulla in comune con l’incarico saltuario di ‘prefetto dell’urbe’ d’età repubblicana.

42 Come Tacito e Velleio Patercolo (citt.), anche i commentatori di Orazio – Porfirione eAcrone – assimilavano il mandato di Mecenate a una prefettura urbana (Comm. in Hor. adCarm. 3, 29, 25: apparet illo tempore Urbis praefectum fuisse Maecenatem).

43 Sen. ep. 114, 6: cum absentis Caesaris partibus fungeretur (Maecenas), signum adiscincto petebatur; il fatto che Mecenate fosse autorizzato a chiedere la ‘parola d’ordine’(signum), caratteristica delle truppe romane poste a guardia del praetorium dell’imperato-re, comandate poi dai prefetti del pretorio, lo avvicinava in qualche modo a quegli ufficia-li equestri. Il tardo autore degli Scholia Bernensia alle Georgiche di Virgilio (georg. 1, 2)assolutizzava la somiglianza dell’incarico prefettizio, retrodatandolo fino al mandato diMecenate (Maecenas praefectus praetorio fuit ad quem fecit Vergilius Georgica, utHesiodes ad Persen).

290 PIERFRANCESCO PORENA

più “eccentrici” sul piano istituzionale di Mecenate, che non eramagistrato né senatore, vanno dal 36 al 29 a.C. Fu, quello, il perio-do della «potestas eccezionale» di Ottaviano, triumviro, poi, dal 32a.C., sostenuto da un potere di fatto, non istituzionale, il consensusuniversorum, e console ogni anno dal 31 al 23 a.C.44: ci si poteva-no attendere in questa fase situazioni politico-amministrative,come quella mecenaziana, che i moderni definirebbero “extracosti-tuzionali”.

Mecenate godeva di questo insieme di prerogative, uniche, quan-do si giunse alla guerra contro Cleopatra (e Marco Antonio, 31-30a.C.). La questione della sua partecipazione alle imprese belliche diOttaviano riguarda anche questo conflitto. Orazio, Properzio el’Elegia in Maecenatem alludono anche in questo caso – come per laguerra in Sicilia, ma in forma più sfumata – a una sua presenza alfronte45. Virgilio, però, nella rievocazione della battaglia di Azionell’Eneide accenna ad Agrippa, ma non a Mecenate46. Dirimenteappare invece il fatto che nel corso della guerra (con ogni probabili-tà nel 31 a.C.) Mecenate sventò la congiura di Lepido Minore, figliodel triumviro relegato sul Circeo, finalizzata a uccidere Ottaviano alsuo rientro nell’urbe47. Mecenate era dunque a Roma dove condussein segreto delle scrupolose indagini, catturò Lepido Minore e loinviò ad Azio da Ottaviano, che secondo alcuni lo fece eliminare,secondo altri invece lo risparmiò. Nulla lascia intendere cheMecenate si recasse ad Azio di persona col prigioniero. Sembra inve-ce molto probabile che nel biennio del conflitto egli restasse a Roma,per proteggere con la sua azione investigativa e sostenere con la suasupervisione logistica la posizione, non del tutto sicura, di Ottaviano.

Nel 29 a.C., l’anno glorioso del suo triplice trionfo romano (in

44 Per la «potestas eccezionale di Ottaviano» cfr. S. Mazzarino, L’impero romano, Roma- Bari 19864, pp. 62-71.

45 Hor. epod. 1, 1-4; Prop. 2, 1, 30-34 (il più sfumato); Eleg. in Maecen. 1, 45-48. 46 Verg. Aen. 8, 682-684.47 Liv. per. 133, 3; Vell. 2, 88, 1; Appian. civ. 4, 50, 216 s.; Suet. Aug. 19, 1; D. Ca. 54,

15, 4-8.

agosto), dopo la vittoria in Egitto ridotto a provincia, l’anno dellachiusura del tempio di Giano, Ottaviano iniziò a dedicarsi alle pro-fonde riforme politico-istituzionali. Esse avrebbero consentito ilsuperamento dei “poteri extracostituzionali” che avevano segnatol’epoca delle guerre civili, e avrebbero costituito le fondamenta delPrincipato fino alla fine del III secolo. In quel momento Mecenateappare ancora accanto a Cesare figlio in una posizione di primopiano. Lo storico Cassio Dione ha posto tra gli avvenimenti dell’an-no 29 a.C. un lungo dialogo tra Ottaviano, Mecenate e Agrippa, suquale fosse la struttura istituzionale migliore da dare allora, finite leguerre civili, a Roma e alla sua egemonia, bisognose di stabilità48. Icontenuti del dibattito, ampiamente discussi dagli studiosi, sembra-no riflettere problematiche politiche del Principato dell’età di CassioDione, piuttosto che essere un resoconto fedele delle opinioni deiprotagonisti49. Tuttavia preme sottolineare che Cassio Dione nonsbagliava nel mostrare che in quell’importante momento di passag-gio per le strutture istituzionali di Roma Mecenate era una persona-lità attiva al vertice del potere, vicino a Ottaviano. Anche la serieconsistente di proprietà agricole, ubicate in Egitto, appena ridotto aprovincia ‘cesariana’, appartenenti al patrimonio di Mecenate (bonaMaecenatiana) devono essergli state donate allora, per gratitudine,dal figlio di Cesare50. Questa concordia e questa visibilità, nel faustoanno seguente alla caduta di Alessandria, sono molto significative,perché a partire da questo momento nella documentazione supersti-te la figura di Mecenate tende a sbiadire, fino quasi a scomparire.Nessun evento politico-militare di rilievo sembra più prevedere,anche indirettamente, un intervento di Mecenate. Se il quindicennio

GAIO MECENATE 291

48 D. Ca. 52, 14-40. 49 Su questo dibattito dioneo la bibliografia è molto cospicua; cfr. di recente M.

Reinhold, From Republic to Principate. An historical Commentary on Cassius Dio’s RomanHistory, VI, Books 49-52 (36-29 B.C.), Atlanta 1988; P.M. Swan, How Cassius Dio com-posed his Augustan Books: four Studies, in ANRW II, 34, 3, Berlin - New York 1997, pp.2524-2557.

50 Cfr. PIR2, M, p. 134; L. Capponi, Maecenas and Pollio, «ZPE» 140 (2002), pp.181-184.

292 PIERFRANCESCO PORENA

circa, dal 44 al 29 a.C., lo vide operare attivamente accanto aOttaviano, i venti anni seguenti, fino alla morte nell’8 a.C., appaio-no opachi, punteggiati da poche notizie, mai salienti.

La critica ha interpretato questo cambiamento come una ‘cadutain disgrazia’ di Mecenate presso Augusto51. Le ragioni di questa‘eclisse’ politica dell’aretino sono state ricercate nell’atteggiamentotenuto da Mecenate dopo la scoperta della congiura di TerenzioVarrone Murena nel 23 a.C., o nella presunta relazione di Augustocon Terenzia, moglie di Mecenate, che sembra essersi palesata alpiù tardi nel 16 a.C. (vd. oltre): episodi che avrebbero irrimediabil-mente guastato il loro rapporto di fiducia e avrebbero sancito l’irre-versibile declino delle fortune di Mecenate. In realtà, come vedre-mo, questi eventi, peraltro accaduti diverso tempo dopo il propizioanno 29 a.C., non erosero la stima reciproca e, forse, neanche l’af-fetto. Colpisce invece il silenzio che cade, già dal 28 a.C., sui com-piti di Mecenate inerenti la sfera della sicurezza e dell’amministra-zione pubblica, le sue incombenze “extracostituzionali”. I motivi diquesta sorta di ritiro di Mecenate dall’attività pubblica devono esse-re collegati alle riforme istituzionali, fondamentali, degli anni 28 e27 a.C., quando Ottaviano, divenendo Augusto, nella gestione dellacosa pubblica ridisegnò il sistema dei rapporti tra le antiche magi-strature, il senato e la sua personalità dotata di auctoritas, di unamplissimo imperium e di poteri consolari.

Le operazioni censorie, condotte con Agrippa, e l’istituzione diun ordo senatorius e di un ordo equester – quest’ultimo responsa-bile di importanti procuratele del nuovo fisco imperiale – portaronoalla definizione di una carriera magistraturale senatoria e di una car-riera procuratoria equestre, ignota fino ad allora, abbastanza benstrutturate, comunque ben più rigide di quelle dell’età delle guerre

51 Cfr. di recente P. White, Maecenas’ Retirement, «CPh» 86 (1991), pp. 130-138; G.Williams, Did Maecenas «fall from favor?»: Augustan Literary Patronage, in BetweenRepublic and Empire. Interpretations of Augustus and his Principate, a c. di K.A. Raaflaub,M. Toher, Berkeley - Los Angeles - London 1990, pp. 258-275; M.A. Levi, Mecenate eAugusto, «RSA» 25 (1995), pp. 143-147.

civili. Come Ottaviano, divenendo Augusto pose fine per semprealla «potestas eccezionale» del periodo precedente, così da quelmomento divennero impossibili ‘mandati eccezionali’ per i fedelis-simi di Augusto che non confluissero nel nuovo rassicurante alveoistituzionale costruito per controllare gli incarichi magistraturali tra-dizionali e quelli dei senatori e dei cavalieri, ora funzionari augu-stei. Non c’era più posto per una funzione come quella di Mecenate,estranea a ogni schema di carriera e a ogni mandato legittimamenteavallato dal senato o dal popolo romano, e basata solo sull’amicitiacon il figlio di Cesare. Il cavaliere etrusco, che non sembra averavuto passione per le armi, e non fu mai roso dall’ambizione versole antiche magistrature repubblicane che davano il laticlavio, a qua-ranta-quarantacinque anni d’età, dopo aver gestito il potere veroaccanto all’astuto vincitore delle guerre civili, avrebbe dovuto rico-minciare accedendo all’ordine senatorio attraverso innocue magistra-ture urbane, o attraverso una semplice legazione militare o provincia-le, o, peggio, ottenendo un mediocre incarico come procuratore eque-stre, impensabile per chi aveva gestito durante le guerre civili leimmense risorse del triumviro figlio di Cesare52. Mecenate avrebbedovuto puntare a un imperium analogo a quello di Augusto, ma questoera impossibile per chi, come lui, non era senatore, non aveva avutoalti comandi in guerra e, come si sapeva, non amava la tradizionaleaspra competizione per il servizio alla res publica, che da sempre davasenso alla vita dei nobili romani (e che tanti ne aveva annientati negliultimi cento anni). E poi in quel ruolo Marco Vipsanio Agrippa, nonnobile, ma umile, devoto ed efficiente uomo d’armi, non aveva rivali(non a caso ebbe un imperium proconsulare, poi una tribunicia pote-stas analoghi a quelli del principe, di cui sposò l’unigenita)53. Le rifor-

GAIO MECENATE 293

52 Per quanto concerne la neonata carriera equestre, si noti che la grande prefettura diAlessandria e d’Egitto richiedeva un uomo con esperienza di comando militare, cheMecenate non aveva; l’importante prefettura del pretorio, come accennato, fu creata seianni dopo la morte di Mecenate, nel 2 a.C.; le prefetture, meno nobili, dell’annona e deivigili ancora più tardi all’incirca nel 6 d.C.

53 Su Agrippa cfr. J.-M. Roddaz, Marcus Agrippa cit.; F. Hurlet, Les collègues du prince sousAuguste et Tibère. De la légalité républicaine à la légitimité dynastique, Roma 1997.

294 PIERFRANCESCO PORENA

me augustee – vincenti – atrofizzarono le possibilità di inserimentodi Mecenate nelle strutture istituzionali del nuovo regime.

Se si passa dal piano istituzionale a quello delle relazioni familiari,si può notare che le possibilità di Mecenate non erano maggiori. La‘rivoluzione augustea’ incanalò subito tutte le sue risorse ed energienel tentativo – anch’esso fortemente innovativo, e riuscito – di inse-rire la famiglia di Augusto – nei suoi rami Giulio e Claudio – nellospazio e nel calendario della città di Roma54. Questa grandiosa opera-zione, traumatica per le tradizioni nobiliari romane – perché limitavale legittime aspirazioni di altre casate a spendersi totalmente perRoma, e le relegava in subordine – era dunque pericolosa: pertanto ilegami matrimoniali dei familiari del principe furono accuratamenteselezionati all’interno della dinastia giulio-claudia e – escluso il casodel tutto particolare di Agrippa, l’insostituibile ‘puntello armato’ diAugusto – tra i livelli più alti della nobiltà romana55. Il ricco cavalie-re romano Mecenate, figlio di devoti ‘cesariani’ d’Etruria, discenden-te di lontani re etruschi, ed entrato nel “grande gioco” della politicaromana durante la crisi triumvirale, ma senza percorrere un cursusmagistraturale ‘di comando’, non apparteneva al gruppo privilegiatodell’antica aristocrazia romana e non poteva consolidare il progettodinastico augusteo mediante delle relazioni politico-nobiliari che nonaveva, né col sostegno armato al principe, prerogativa di Agrippa.Pertanto le sue possibilità di accedere alla famiglia di Augusto per viamatrimoniale erano nulle56.

Se, quindi, il riordino istituzionale del periodo 29-27 a.C. e le ten-denze autoreferenti della politica familiare augustea sancirono lafine dei ‘poteri eccezionali’ di Mecenate – e, per questo, una suaminore visibilità – tuttavia questi cambiamenti non produsseroun’interruzione dei rapporti di amicizia tra Augusto e il cavaliere

54 Cfr. A. Fraschetti, Roma e il principe, Roma - Bari 1990. 55 Cfr. R. Syme, L’aristocrazia augustea, Milano 1993 (traduz. ital. The Augustan

Aristocracy, Oxford 1986). 56 Sulla presenza di Mecenate nel fregio dell’Ara Pacis vd. oltre.

aretino. Si tenga presente peraltro che nell’alta società romanal’amicitia era un legame pienamente formalizzato: in un mondosenza ideologie né partiti, l’amicitia era un’istituzione che superavadi gran lunga le semplici relazioni di stima e di affetto personali, percoinvolgere i rapporti politici, giuridici ed economici57. Basti pensa-re che il fondamento dell’autorità dello stesso Mecenate nel perio-do triumvirale e una parte delle sue sostanze provenivano dall’ami-citia con Ottaviano. Le ricchezze che Ottaviano, poi Augusto, donòa Mecenate (e ad Agrippa) erano rimaste un modello di generositàdel principe verso i suoi amici, e nel 62, quasi un secolo dopo,Seneca le magnificava davanti a Nerone, mentre tentava di prende-re congedo dal suo (troppo) potente allievo58. La rottura dell’amici-zia con il principe, chiunque tra i due avesse preso l’iniziativa,costituiva una sorta di accusa aperta, sfiorava l’ostilità, ed era unafatto che, come mostrano i casi celebri di Salvidieno Rufo eCornelio Gallo e Augusto, o di Calpurnio Pisone e Germanico, o diSeneca e Nerone, poteva rivelarsi molto pericoloso59. Alcuni episo-

GAIO MECENATE 295

57 Sull’amicitia nel mondo romano cfr. Aspects of Friendship in the Graeco-Roman World(Proceedings of a Conference held at the Seminar für Alte Geschichte, Heidelberg, on 10-11June 2000), a c. di M. Peachin, Portsmouth (R.I.) 2001; A. Heil, Gespräche überFreundschaft. Das Modell der «amicitia» bei Cicero und Horaz, in Römische Werte alsGegenstand der Altertumswissenschaft, a c. di A. Haltenhoff, A. Heil, F.-H. Mutschler,München 2005, pp. 107-123. Per alcuni aspetti giuridici cfr. T. Rundel, «Mandatum» zwi-schen «utilitas» und «amicitia». Perspektiven zur Mandatarhaftung im klassischen römischenRecht, Münster 2005; sugli importanti aspetti economici cfr. K. Verboven, The Economy ofFriends. Economic aspects of «amicitia» and patronage in the Late Republic, Bruxelles 2002.

58 Tac. ann. 14, 53, 3. 59 Sulla rottura dell’amicitia cfr. S. Corbinelli, «Ritualizzazione» di un rapporto non isti-

tuzionalizzato: rottura e conferma dell’«amicitia», «BSL» 34 (2004), pp. 509-521. Su Rufo eGallo cfr. Suet. Aug. 66, con F. Rohr Vio, Autocensura e storiografia augustea: il caso diSalvidieno Rufo, «Prometheus» 23 (1997), pp. 27-39; Ead., Una dedica in sospetto di «fron-da»: Cornelio Gallo e il Nilo nella trilingue di «Phylae», in Miscellanea Greca e Romana 21,Roma 1997, pp. 281-309. Calpurnio Pisone, in urto con Germanico Cesare per divergenze divedute sul costume politico romano, fu condannato a morte dal senato e si uccise nel 20; inquesto caso la rottura dell’amicitia fu comunicata per iscritto (cfr. W. Eck, A. Caballos, F.Fernández, Das senatus consultum de Cn. Pisone patre, München 1996, lin. 29: non inmeritoamicitiam ei renuntiasse). Seneca, che dopo il 59 abbandonò Nerone, su cui aveva perso ascen-dente, fu costretto al suicidio nel 65 e formalizzò la rottura dell’amicitia nel suo testamento.

296 PIERFRANCESCO PORENA

di della vita di Mecenate dopo il 29 a.C. mostrano invece il prosie-guo di relazioni concordi con Augusto fino agli ultimi giorni di vitadel nostro.

In una pagina dei suoi Annales, Tacito narrò la scomparsa di C.Sallustio Crispo, pronipote del grande storico, avvenuta nel 2060. Lospunto nasceva dal fatto che questo illustre cavaliere era stato fra iconsiglieri più fidati di Augusto, e serbava il terribile segreto delledisposizioni relative al triste destino del giovane Agrippa Postumo,il nipote del principe, l’ultimo figlio di Agrippa e di Giulia, elimi-nato sull’isola di Planasia a ventisei anni immediatamente dopo lamorte del nonno (nell’agosto del 14). Il passo indica significativa-mente che Sallustio divenne il primo fiduciario di Augusto solodopo la morte di Mecenate; fino ad allora, infatti, egli era stato sem-plicemente il secondo consigliere di Augusto61. Questa testimonian-za toglie credito all’ipotesi di una rottura formale tra il principe e ilcavaliere etrusco62.

Altri indizi completano il quadro di una prosecuzione dei rappor-ti tra Augusto e Mecenate fino all’ultimo, sul piano dell’amicizia,dato che sul versante dei poteri istituzionalizzati la prosecuzione deirapporti d’età triumvirale era impossibile. Il 23 a.C. fu un annomolto critico per Augusto: morì il ventenne Marcello, suo nipote emarito di Giulia, considerato unanimemente il successore del prin-cipe; Augusto si ammalò di una grave malattia e fu scoperta unacongiura per eliminarlo63. Alla congiura, organizzata da Fannio

60 Tac. ann. 3, 30. Su Sallustius Crispus cfr. R. Syme, Sallust, Berkeley 1964, pp. 275-279; Id., L’aristocrazia augustea cit., pp. 179, 243, 528, 612; S.N. Byrne, Pointed allu-sions: Maecenas and Sallustius in the Annals of Tacitus, «RhM» 142 (1999), pp. 339-345.

61 Cfr. in particolare Tac. ann. 3, 30, 3: igitur incolumi Maecenate (C. Sallustius) proxi-mus, mox praecipuus, cui secreta imperatorum inniterentur.

62 Tacito sembra suddividere la parabola politica di Mecenate e poi di Sallustio in duefasi: la prima in cui l’amicitia ha una vis, la seconda in cui si riduce a species. Vi si develeggere un affievolimento delle relazioni e della frequenza, certamente non una rottura.

63 Sulla congiura e il suo esito cfr. B. Levick, Primus, Murena, and «fides». Notes onCassius Dio LIV.3, «G&R» 22 (1975), pp. 156-163; L.J. Daly, The Report of VarroMurena’s Death (Dio 54.3.5). Its Mistranslation and his Assassination, «Klio» 65 (1983),pp. 245-261; Id., Augustus and the Murder of Varro Murena (cos. 23 B.C.). His Implications

Cepione, partecipava il cognato di Mecenate, Terenzio VarroneMurena64. In quel terribile momento politico la repressione di Augustofece il suo corso e i congiurati, in fuga, furono catturati ed eliminati.Mecenate non salvò il cognato65. Augusto fu solo contrariato dal fattoche Mecenate avesse confidenzialmente messo a parte la moglie deldestino che attendeva il fratello, ma questa situazione non ebbe conse-guenze e conferma che l’aretino sacrificò il cognato alla sicurezza delprincipe66. Anche se ignoriamo i dettagli della vicenda, non c’è dubbioche essa non incrinasse la fiducia di Augusto nell’amico. Pochi mesidopo infatti, nel 22 a.C., Roma fu sconvolta da una carestia, mentremovimenti sul fronte orientale obbligavano Augusto a partire per laGrecia e per l’Asia. In quel delicato frangente troviamo ancoraMecenate protagonista come consigliere, e come consigliere ascolta-to. Il principe non voleva lasciare Roma nell’anarchia e richiamòAgrippa, che si trovava in missione a Mitilene, per affidargli il control-lo della metropoli. Agli inizi del 21 a.C. – questo è il punto – Augustosi consultò con Mecenate per decidere dell’opportunità del matrimo-nio tra sua figlia Giulia, da poco rimasta vedova di Marcello, eAgrippa67; poi partì per l’Oriente, e sarebbe tornato nella capitale solonel 19 a.C. Il matrimonio di Giulia e Agrippa era una questione dellamassima delicatezza, che apriva la via a una successione e imponevail divorzio di Agrippa dalla nipote di Augusto, Marcella (la sorella delgiovane defunto marito di Giulia). La risposta di Mecenate fu acuta edefficace, e Augusto la seguì. Mecenate disse esplicitamente ad

GAIO MECENATE 297

and its Implications, «Klio» 66 (1984), pp. 157-169; J.S. Arkenberg, Licinii Murenae,Terentii Varrones, and Varrones Murenae, I: a Prosopographical Study of three RomanFamilies, e II: The Enigma of Varro Murena, «Historia» 42 (1993), pp. 326-351 e 471-491;G. Cresci Marrone, La congiura di Murena e le «forbici» di Cassio Dione, in Azioni e con-giure nel mondo antico, a c. di M. Sordi, Milano 1999, pp. 193-203.

64 Terenzio Varrone Murena era il fratello della moglie di Mecenate, Terenzia. Sul per-sonaggio cfr. in sintesi PIR T, 74; Syme, L’aristocrazia augustea cit., pp. 569-574.

65 Cassio Dione (54, 3, 5) lo afferma esplicitamente. 66 Suet. Aug. 66, 6: (Augustus) desideravit enim nonnumquam [...] et M. Agrippae

patientiam et Maecenatis taciturnitatem [...] cum [...] hic secretum de comperta Murenaeconiuratione uxori Terentiae prodidisset.

67 D. Ca. 54, 6, 5.

298 PIERFRANCESCO PORENA

Augusto: «Hai reso Agrippa così potente che ora o deve diventare tuogenero, o dev’essere eliminato»68. Una simile brutale franchezza suquell’argomento scabroso e nevralgico presuppone, a certi livelli, unrapporto confidenziale: la ‘libertà di parola’ (gr. parrhesìa) nei con-fronti del principe aveva dei limiti molto stretti, specialmente su que-stioni vitali. Non c’è dubbio che quando Mecenate espresse senzamezzi termini la sua opinione su una questione estremamente spinosagodeva della piena stima di Augusto. Il coinvolgimento di TerenzioVarrone Murena nella congiura non aveva intaccato minimamente lafiducia di Augusto. Così Agrippa, secondo il consiglio di Mecenate alprincipe, tra il 22 e il 21 a.C. ebbe il controllo di Roma, che in etàtriumvirale era stato affidato allo stesso aretino, e la mano di Giulia.La scelta di Agrippa per la gestione di una metropoli affamata e peri-colosa si deve ricercare nel prestigio del senatore, nella parentela conil principe, ma anche nel suo imperium proconsulare quinquennale,decretatogli dal senato nel 23 a.C., grazie al quale poteva, se necessa-rio, comandare delle legioni. Augusto, in procinto di partire per unalunga missione nelle province orientali voleva affidare il comando aRoma e in Occidente a un senatore, Agrippa, legittimamente in grado,grazie ai suoi poteri magistraturali, di fare fronte a una rivolta o, even-tualmente, in casi estremi, alla scomparsa del principe. Mecenate, chenon aveva mai avuto un imperium legittimo, non avrebbe potuto svol-gere questo compito. Del resto la situazione si propose in forme ana-loghe in un altro anno critico, nel 16 a.C.: Augusto, dopo la disastrosasconfitta del legato Marco Lollio sul Reno (clades Lolliana del 17a.C.) contro Sigambri, Usipeti e Tencteri, partì per la Gallia, mentreAgrippa era impegnato in Oriente, e affidò il controllo di Roma aStatilio Tauro, un maturo e devoto senatore, che poteva vantare unsolido cursus honorum69. Questa soluzione, che aprì definitivamen-

68 D. Ca., cit. nt. precedente. 69 Sulla clades Lolliana cfr. di recente D. Timpe, Römisch-germanische Begegnung in

der späten Republik und frühen Kaiserzeit: Voraussetzungen - Konfrontationen -Wirkungen. Gesammelte Studien, Berlin - New York 2006, pp. 147-170; U. Riemer, Dierömische Germanienpolitik. Von Caesar bis Commodus, Darmstadt 2006, p. 41.Sull’incarico di T. Statilio Tauro cfr. Daguet-Gagey, I grandi servizi cit., pp. 73 s.

te la strada all’istituzione della praefectura urbi, ruotava intornoalla supervisione dell’urbe da parte di un senatore di rango consola-re e dalle sperimentate qualità; una soluzione che si rivelò vincenteper i circa seicento anni seguenti, e che, naturalmente, escludeva isemplici cavalieri come Mecenate. Le novità istituzionali augustee,non il deteriorarsi dei rapporti personali, esclusero l’aretino dai per-corsi pubblici del potere, dei quali tuttavia egli appare partecipecome consulente ascoltato e fidato.

Come piccoli gruppi di tessere di un mosaico andato in frantumi,gli scrittori antichi hanno conservato le tracce della lunga amiciziatra Augusto e Mecenate, divenuto, con gli otia goduti dal 29 a.C.,un affidabile consigliere. A Roma, dove abitava nella residenza dirara bellezza sull’Esquilino, egli era molto popolare: Orazio nelleOdi, pubblicate nel 23 a.C., celebra l’affetto della plebe urbana, chetributò saluti gioiosi a Mecenate, apparso in teatro dopo una malat-tia70. Nel contesto dell’appropriazione della vita urbana da partedella famiglia augustea dopo Azio, queste manifestazioni pubblichedi popolarità potevano essere tollerate per un personaggio chevivesse in armonia con il principe. Quella popolarità, insomma, nonrischiava di creare una pericolosa alternativa alla visibilità dellafamiglia augustea. Sembra, anzi, che Mecenate, ‘integrato’ comeconsigliere nel gruppo degli amici di Augusto, godesse di una legit-tima visibilità: in una pagina delle sue riflessioni, l’imperatoreMarco Aurelio lo pose al fianco del filosofo stoico Ario Didimo diAlessandria, e vicino ai familiari di Augusto, nel gruppo degli inti-mi del principe, quasi volesse dipingere un quadro d’interno, che,per i personaggi ricordati, deve risalire al periodo 17-12 a.C.71.Questa immagine di un Mecenate ‘integrato’ nella domus augustea,

GAIO MECENATE 299

70 Hor. carm. 1, 20, 3-8: datus in theatro / cum tibi plausus; / clare Maecenas eques, utpaterni / fluminis ripae simul et iocosa / redderet laudes tibi Vaticani / montis imago; e 2,17, 25 s.: cum populus frequens / laetum theatris per crepuit sonum. Sulla sua affabilità cfr.anche D. Ca. 55, 7, 4.

71 M. Ant. 8, 31. Marco Aurelio menziona nel passo Agrippa, che morì nel 12 a.C., e inipoti di Augusto, Gaio e Lucio, quest’ultimo nato nel 17 a.C.

300 PIERFRANCESCO PORENA

al di là dei legami parentali (che non ci furono mai), appare signifi-cativamente confermata da una fonte iconografica ufficiale, il fre-gio sud dell’Ara Pacis, che, nel 9 a.C., rappresenta nel corteo dellafamiglia di Augusto, in secondo piano, anche un Mecenate maturo72.Un anno prima della sua morte, Mecenate aveva un suo spazio cele-brativo su un importante monumento augusteo di Roma. Questafamiliarità si sposa con l’ironia di una lettera di Augusto a Mecenate– probabilmente successiva al 27 a.C. – e con la notizia plutarcheadella curiosa ripetitività del regalo di compleanno di Mecenate adAugusto: questi ogni anno era solito regalare ad Augusto in occasio-ne del genetliaco una coppa per bere, una monotonia che rivela l’as-senza di qualunque ansia da competizione per il primato, ed è laspia di un rapporto solido73.

Questa familiarità è tradita anche dal ruolo, molto importante, diMecenate come ‘freno’ agli eccessi d’ira di Augusto: Cassio Dionericordava l’importanza che aveva per Augusto la presenza di unconsigliere come Mecenate, che con la sua critica acuta (una par-rhesìa) fungeva da ‘moderatore dell’ira’ e gli evitava di infierire edi manifestare un contegno tirannico74. In una società come quellaromana in cui non era affatto facile porre un freno alla potestas delpater familias e del patronus, come all’imperium del principe, lacapacità di contenere nei limiti di un apprezzato autocontrolloun’autorità di per sé illimitata era un sostegno essenziale per igovernanti, e un privilegio riservato a pochi amici. In Mecenateforme più intime di affetto si univano dunque a una presenza inambiti ufficiali: il rilievo dell’Ara Pacis non è l’ossequio tardivo aun vecchio amico, perché negli stessi anni in cui la plebe romana sifelicitava della presenza di Mecenate a teatro, subito dopo il 25 a.C.,

72 Cfr. B. Andreae, Die Bildnisse des Caius Cilnius Maecenas in Arezzo und an der «AraPacis», «MDAI(R)» 112 (2005-2006), pp. 121-161.

73 Per la lettera vd. nt. 1; sul dono ripetuto cfr. Plut. apopht. Rom. 207 C. 74 D. Ca. 55, 7, 1-4, con R.A. Bauman, Hangman, call a Halt ?, «Hermes» 110 (1982),

pp. 102-110. Sull’ira nel mondo romano cfr. W.V. Harris, Restraining Rage. The Ideologyof Anger Control in Classical Antiquity, Cambridge Mass. 2001.

Augusto scrisse e dedicò a Mecenate e ad Agrippa i tredici libri delDe vita sua (probabilmente nel 20 a.C.)75. Quei volumi, purtroppoperduti, al di là del valore letterario, dovettero essere importanti perl’interpretazione che Augusto dava delle burrascose e recenti vicen-de storiche. La dedica voleva essere un omaggio ai due uomini checontinuavano a sostenerlo fedelmente, come avevano fatto dalmomento della sua affermazione nel 44 a.C. Quest’insieme di epi-sodi, che confermano la persistenza di buone relazioni tra Augustoe Mecenate, sono – alcuni certamente, altri con un buon margine diprobabilità – riconducibili a un periodo successivo al 29 a.C.

Nella ricostruzione di questo mosaico non poteva mancare unafigura femminile, Terenzia76. Donna dalla forte personalità, ful’unica moglie di Mecenate77. La loro vita coniugale fu tormenta-ta, e costellata di divorzi e di riappacificazioni (la flessibilità el’informalità del matrimonio romano consentiva allora di troncaree di riprendere un matrimonio più volte, su iniziativa di uno deidue coniugi, e senza procedure legali particolari). Seneca, chedetestava Mecenate, ha conservato una vivida, anche se calcata,testimonianza del rapporto conflittuale tra Terenzia e il marito,sottolineando le sofferenze dell’aretino78. La frequenza delle loroseparazioni è confermata dalla preziosa testimonianza del giuristaTrebazio Testa, che fu chiamato a pronunciarsi su una donazionedi Mecenate a Terenzia, per la quale era basilare appurare se fossestata effettuata quando i due erano sposati o divorziati: la verifica,

GAIO MECENATE 301

75 La dedica è in Plut. Dem. et Cic. compar. 3 (che li ricorda come hypomnémata, ‘memo-rie’); sul titolo latino e sull’estensione dell’opera fino alle guerre Cantabriche del 25 a.C. cfr.Suet. Aug. 85, 1. I frammenti sono raccolti in HRR 2, Stuttgart 19672, pp. 54-64 Peter (conintroduzione a pp. lxxi-lxxvi); sull’opera cfr. di recente R. Lewis, Imperial Autobiography:Augustus to Hadrian, in ANRW II, 34, 1, Berlin - New York 1993, pp. 669-689.

76 Su Terenzia, sorella adottiva del congiurato, e i suoi legami familiari cfr. Syme,L’aristocrazia augustea cit., pp. 572-578. Mecenate potrebbe averla incontrata al più tardinel 38 a.C., durante la sosta nella villa di Formia (Hor. serm. 1, 5, 37 s.).

77 Si ignora la data del loro matrimonio. 78 Sen. prov. 3, 10 s. (sui tormenti quotidiani), ed ep. 114, 6 (sui divorzi talmente fre-

quenti da affermare di Mecenate: «un uomo che pur avendo una sola moglie la sposò millevolte»).

302 PIERFRANCESCO PORENA

dato il ripetersi e la durata mutevole delle separazioni e dei ricon-giungimenti, probabilmente non era agevole79. In questo contestoemerge la testimonianza, peraltro isolata, di Cassio Dione, secon-do cui a Roma nel 16 a.C. circolava la voce che Augusto sarebbepartito per le Gallie, in seguito alla sconfitta di Lollio, per starecon Terenzia (evidentemente allontanatasi dal marito), con laquale si supponeva avesse una relazione, cosa che avrebbe incri-nato i rapporti di amicizia con Mecenate80. Questo turbamento nel-l’amicizia tra Augusto e Mecenate è ricordato sempre nel soloCassio Dione riguardo al testamento del cavaliere, che avrebbelasciato il patrimonio al principe (vd. oltre), pur essendo amareg-giato per la relazione di Augusto con Terenzia81. Tuttavia è benetenere presente che la relazione tra Terenzia e Augusto nel 16 a.C.era una ‘voce’ nella capitale: probabilmente essa aveva un fonda-mento, ma è interessante che nessun’altra fonte, neanche il beninformato Seneca, che pure si dilunga molto sul (pessimo) matri-monio di Mecenate, affermi che quel tradimento produsse una rot-tura dell’amicizia tra Augusto e Mecenate. Seneca non avrebbemancato di stigmatizzare la debolezza di Mecenate, se questaavesse provocato, per colpa di una passione amorosa, addiritturala rottura dell’amicizia con l’imperatore. A ben vedere neancheCassio Dione dice questo: il velo di amarezza nel Mecenate redat-tore del proprio testamento a favore di Augusto non implica affat-to una conclusione dell’amicitia, semmai attesta il contrario. Èprobabile che la frequenza temporanea tra Augusto e Terenzia

79 Dig. 24, 1, 64 (traduz. ital. in C. Fayer, La «familia» romana, 3. Concubinato, divorzio,adulterio, Roma 2005, p. 123, nt. 261, sul divorzio cfr., ivi, pp. 56-187). Sul problema giuri-dico cfr. A.M. Manzo, Sull’origine del divieto di donazione fra coniugi, «Labeo» 38 (1992),pp. 142 s.; A. Guarino, Mecenate e Terenzia, «Labeo» 38 (1992), pp. 137-146; R. Martini, Diuna causa giudiziaria, «inter Terentiam et Maecenatem», «RSA» 25 (1995), pp. 177-185. Sulgiurista d’età cesariana e augustea Trebazio Testa (ca. 85 a.C.-4 d.C. ?) cfr. M. D’Orta, Lagiurisprudenza tra Repubblica e Principato: primi studi su C. Trebazio Testa, Napoli 1990.Sul contesto matrimoniale d’età augustea cfr. T. Spagnuolo Vigorita, «Casta domus»: unseminario sulla legislazione matrimoniale augustea, Napoli 20022.

80 D. Ca. 54, 19, 3 e 6. 81 D. Ca. 55, 7, 5.

intorno al 16 a.C. si sia inserita in una delle fasi di separazionedella coppia (divortium), carente nell’affectio maritalis (condizio-ne necessaria alla validità del vincolo): questo proteggeva gliamanti dall’accusa di adulterium, ma certamente non escludevauna sofferenza in Mecenate. Il piano della sensibilità personale,però, non va confuso con quello dei rapporti sociali. Non vadimenticato infatti che la posizione di Augusto e di Mecenate,consolidata formalmente nell’amicitia – un rapporto istituziona-lizzato, come la clientela – al di là della sintonia e dell’affetto reci-proci – autentici, e comunque passibili di fluttuazioni – restavanettamente asimmetrica sul piano politico-sociale: era il figlio diCesare a volere l’aretino fra i suoi amici, ed era in virtù di questoprivilegio che il cavaliere aveva potuto costruire la sua invidiabi-le posizione nella società romana. Ancora una volta è bene sotto-lineare che la rottura dell’amicitia avrebbe avuto conseguenzegravi per le sostanze e per la posizione di Mecenate, mentre nonavrebbe avuto nessuna conseguenza per Augusto, se non la purdeplorevole perdita di un raffinato e abile consigliere, in grado dievitargli di varcare il confine, tanto sottile a Roma, tra principatoilluminato e odiosa tirannide82.

Il rilievo che Augusto attribuì sempre all’amicizia con Mecenateè testimoniato dal rimpianto, che s’intuisce sincero, per la suascomparsa, avvenuta nell’8 a.C., a sua volta aggravata dalla perditadi Agrippa quattro anni prima, nel 12 a.C. Quando nel 2 a.C.Augusto decise fra mille dubbi di porre fine al comportamentodisinvolto di sua figlia Giulia – allora moglie di Tiberio, impegnatoin Asia, ma pericolosamente attratta in Roma da giovani rampollidell’aristocrazia – la denunciò per adulterio al senato; poi, pentitosidi aver dichiarato pubblicamente i dettagli degli adulterii di Giulia,

GAIO MECENATE 303

82 Neanche sul piano sentimentale era possibile reciprocità: se Augusto poteva in buonafede cercare il favore della divorziata Terenzia, che avrà avuto un suo fascino, nessunopoteva tentare senza grave rischio una relazione con una donna della casa di Augusto;sarebbe stato soppresso per ragioni di sicurezza politica, più che per ragioni morali. Erasemplicemente impensabile che Mecenate tentasse di entrare nelle grazie di Livia.

304 PIERFRANCESCO PORENA

sembra che esclamasse spesso: «questo non sarebbe mai accadutose fossero stati in vita o Agrippa o Mecenate»83. A sei anni dallascomparsa di Mecenate Augusto, ormai sessantenne, si rendevaconto che non avrebbe trovato più uomini della sua generazione ingrado di consigliarlo sinceramente nelle sue difficili scelte. La gene-razione dei combattenti delle guerre civili scompariva inesorabilmen-te, lasciando Augusto solo, e radunando intorno al principe una ple-tora di senatori e di cavalieri, maturati nella pace del suo saeculum,pronti all’adulazione, e privi della vigorosa saggezza dei suoi antichiconsiglieri84. Questo rimpianto conferma la sintonia con Mecenatefino alla fine. Del resto l’affetto di Augusto riecheggiò persino in unpasso della solenne orazione funebre che Tiberio pronunciò per ilgrande estinto alla fine di agosto del 14 dai Rostri del Foro Romano85.Tiberio ricordò la felice collaborazione del padre adottivo conAgrippa e con Mecenate, la sua squisita munificenza verso di loro, ela loro rimarchevole moderazione nel non abusare dell’amicitia conlui: è impensabile che in un’occasione epocale e massimamentesolenne come le esequie pubbliche del fondatore del Principato, desti-nato in breve all’apoteosi, il successore di Augusto citasse, davanti alsenato e al popolo romano, Mecenate, elogiandone il comportamen-to esemplare e la purezza dei legami d’affetto, se questi non fosserimasto nelle grazie del principe defunto fino all’ultimo. La severalaudatio tiberiana rappresenta la prova determinante della perennesolidità dell’amicitia tra Augusto e Mecenate.

Se si abbandonano i frammenti legati alla familiarità e poi allamemoria di Mecenate presso Augusto, e si scende a piani di indagi-ne più prosaici, è agevole notare che i cospicui beni di Mecenate

83 Sen. ben. 6, 32: Deinde (Augustus) cum, interposito tempore, in locum irae subissetuerecundia, gemens, quod non illa silentio pressisset, quae tamdiu nescierat, donec loquiturpe esset, saepe exclamauit: «Horum mihi nihil accidisset, si aut Agrippa aut Maecenasuixisset». Il rimpianto per la morte anche in D. Ca. 55, 7, 1.

84 Quando morì nel 14 a settantasette anni Augusto era un uomo politico di un’autorità edi un carisma sovraumani, ma da un punto di vista generazionale era un sopravvissuto del-l’età delle guerre civili. Nessuno degli uomini politici suoi coetanei era vivo.

85 D. Ca. 56, 38, 2 s.

giunsero intatti al momento della stesura del suo testamento. Unaparte di queste proprietà erano costituite dai munifici doni cheOttaviano-Augusto aveva offerto negli anni all’amico (fra i nobiliromani si usava così, e gli imperatori amavano mostrarsi generosicon i loro migliori amici; in un certo senso avevano il dovere difarlo)86. Alla morte Mecenate – che non aveva figli – lasciò eredeAugusto delle sue ingenti ricchezze87. Non era un comportamentoeccentrico, perché i nobili romani lasciavano una parte dei loro beniall’imperatore. Il fatto che Augusto, da autorevole patrono, si aspet-tasse una quota cospicua nel legato testamentario di Mecenate, eche questi, privo di figli, fosse agevolato nella trasmissione dei suoibeni al principe, non sminuisce la portata del gesto: di solito silasciava all’imperatore una porzione non superiore a un quarto delpatrimonio, mentre Mecenate, come sembra, trasmise quasi tutti isuoi beni ad Augusto – «a parte pochissime clausole», sottolineavaammirato Cassio Dione – verosimilmente anche quelli provenientidal suo asse patrimoniale familiare (paterno e materno), e lo pregòdi disporne come meglio credeva88. Questo legato, insolito perdimensioni, e l’integrità delle sostanze mostrano che tra i due nonc’era stata alcuna rottura dell’amicitia, perché uno dei segni tangi-bili dell’interruzione dei rapporti tra nobili era la restituzione dei

GAIO MECENATE 305

86 Per i beni che Mecenate ricevette da Augusto cfr. Tac. ann. 14, 53, 3 e 55, 2 s. (amplapraemia). Suetonio (Aug. 66) indica con estrema chiarezza che Mecenate e Agrippa, fra glialtri, conservarono ricchezze e prestigio fino alla fine della vita. Per le disposizioni testa-mentarie di Mecenate cfr. D. Ca. 55, 7, 5.

87 D. Ca. 55, 7, 5. Le proprietà appartenute a Mecenate e passate alla res privata dell’im-peratore sono testimoniate dalle numerose iscrizioni di liberti, già schiavi provenienti daproprietà di Mecenate ereditate da Augusto, identificabili dalla formula Caesaris AugustiMaecenatianus /-a libertus /-a. Nell’eredità erano compresi gli splendidi Hortisull’Esquilino, su cui vd. ntt. 25-30; è molto probabile che la notizia di Suetonio (Aug. 72,4), per cui Augusto quando era malato andava ad abitare in domo Maecenatis, sia da collo-care nel periodo successivo all’8 a.C., quando la domus divenne proprietà del principe.Augusto recuperò anche le molte proprietà egiziane che aveva donato a Mecenate, su cuivd. nt. 50. Le consistenti tracce epigrafiche e papirologiche dei bona Maecenatiana giuntefino a noi tradiscono l’ampiezza considerevole di quel patrimonio.

88 Non è chiaro se le clausole riguardassero la moglie Terenzia (forse in questo casoCassio Dione lo avrebbe segnalato).

306 PIERFRANCESCO PORENA

doni e l’espunzione dal testamento89. La lettura del testamento di unpersonaggio illustre come Mecenate – che era pubblica – deve averrappresentato un avvenimento per la società della capitale nell’8a.C. Il lascito pressoché totale ad Augusto non faceva che sancire illegame tra i due, nelle forme canoniche e ufficiali gradite all’élite diallora, con in più, l’appariscente anomalia del passaggio quasi tota-le al principe di un’eredità insolitamente sostanziosa.

Se, dunque, si vuole tentare un bilancio della biografia del cava-liere di Arezzo, si può affermare che la sua vita non fu bipartita inun (primo) periodo di intensa sintonia con Ottaviano, seguito da un(secondo) periodo di cupo distacco da Augusto. Piuttosto la solidae duratura amicizia tra i due si concretizzò in una prima infaticabi-le attività politica ‘extracostituzionale’ del cavaliere a sostegno deltriumviro, trasformatasi poi in un’azione di ‘consulenza’ perAugusto, meno appariscente, quando i percorsi politici impostidalle riforme augustee esclusero Mecenate dall’esercizio concretodel potere. Con le parole di Seneca, che conosceva molto bene lavita di Mecenate, possiamo dire che dopo le riforme del 29-27 a.C.l’aretino ottenne in premio per le sue fatiche di godere a Roma diquell’otium, nei suoi magnifici Horti, che i nobili romani cercava-no ansiosamente lontano dall’urbe, un privilegio goduto nell’alveodell’amicitia con Augusto, del quale continuò a essere un fidatoconsigliere90.

L’otium dell’aretino invita a spostare l’attenzione su un aspettomolto importante per la comprensione della personalità di Mecenatenell’orizzonte culturale dei suoi tempi. Durante tutta la sua esisten-za, fino al 29 a.C. come stretto collaboratore di Ottaviano con inca-

89 Cfr. Verboven, The Economy of Friends cit.; Corbinelli, «Ritualizzazione» di un rap-porto non istituzionalizzato cit.

90 Tac. ann. 14, 53, 3: C. Maecenati urbe in ipsa velut peregrinum otium permisit, doveil peregrinum otium consiste nella tranquillità che i potenti romani cercavano soggiornan-do in terra straniera (per es. Tiberio Cesare a Rodi), più che nelle loro residenze italiche. Larisposta di Nerone a Seneca, che chiedeva congedo, conferma questi elementi, Tac. ann. 14,55, 2 s.: <ab>avus meus Augustus Agrippae et Maecenati usurpare otium post labores con-cessit.

richi speciali, poi come consigliere a Roma, Mecenate fu l’attivopatrono dei maggiori poeti e letterati del suo tempo. Questa cura èdi gran lunga l’attività più famosa del personaggio, al punto da pro-durre il neologismo moderno ‘mecenatismo’ per indicare il soste-gno e la promozione delle lettere, degli studi e dell’arte91. Tuttavianon si dovrebbe sottovalutare il fatto che già nel corso del I secolo,cinquant’anni circa dopo la sua morte, era consolidato a Roma fra ipoeti il “mito” di Mecenate protettore di artisti (soprattutto inMarziale e in Giovenale)92. Quell’immagine positiva del nostro siera formata nel corso della sua vita.

Mecenate ebbe nel gruppo dei suoi amici, e protesse, Virgilio,Orazio, Properzio, Cornelio Gallo, Quintilio Varo, Plozio Tucca,Domizio Marso, Valgio Rufo, Gaio Melisso, Lucio Vario, AristioFusco, Ottavio Musa. È impossibile soffermarsi sull’abbondantemesse di problemi e di interpretazioni dei rapporti personali, cultu-rali ed economico-sociali tra Mecenate e i diversi letterati in relazio-ne con lui. Probabilmente tra il 39 e il 38 a.C. si costituì intornoall’aretino il nucleo di poeti del cenacolo che gli studiosi modernihanno definito globalmente come il ‘circolo di Mecenate’93. Le rela-zioni tra l’aretino e questo gruppo di artisti, peraltro abbastanza ete-rogeneo sotto molti punti di vista, furono fondate sul rapporto patro-

GAIO MECENATE 307

91 Per un dibattito sul ‘mecenatismo’ antico e moderno cfr. A. La Penna, Momenti deldibattito moderno sul mecenatismo antico, in L’età augustea vista dai contemporanei e nelgiudizio dei posteri (Atti del convegno di Mantova, Palazzo Ducale, 21-23 maggio 1987),a c. di A. Barchiesi, E. Benedini, Mantova 1988, pp. 317-354; Id., Il giudizio sulla poesiadel primo periodo augusteo e sul mecenatismo in Germania e in Italia fra Ottocento eNovecento, in Römische Geschichte und Zeitgeschichte in der deutschen und italienischenAltertumswissenschaft während des 19. und 20. Jahrhunderts, I. Caesar und Augustus, a c.di K. Christ, E. Gabba, Como 1989, pp. 203-234.

92 Cfr. F. Bellandi, L’immagine di Mecenate protettore delle lettere nella poesia fra I eII sec. d.C., in «A&R» 40 (1995), pp. 78-101; S.N. Byrne, Martial’s Fiction: DomitiusMarsus and Maecenas, «CQ», n.s., 54 (2004), pp. 255-265.

93 Nelle Bucoliche, pubblicate verosimilmente nel 39 a.C., Virgilio esalta l’ ‘antoniano’Asinio Pollione, che lo aveva aiutato a recuperare i beni espropriati dai triumviri, nonMecenate. Cfr. Vita probiana: restitutus beneficio Alfeni Vari, Asini Pollionis et CorneliGalli, quibus in Bucolicis adulatur; deinde per gratiam Maecenatis in amicitiam Caesarisductus est. Il punto sulla questione in Graverini, Un secolo di studi cit., pp. 236-243.

308 PIERFRANCESCO PORENA

no-cliente e non sembrano essersi incrinate nel tempo94. A dispettodella presunta crisi dell’amicitia con Augusto, Mecenate fu celebra-to pubblicamente nelle opere dei suoi amici almeno fino al 19 a.C.95.Si è discusso a lungo sul ruolo di Mecenate quale ispiratore dellaproduzione poetica dei suoi amici96. Tuttavia è certamente moderniz-zante e fuorviante parlare di ‘propaganda’ per l’azione del nostro, o

94 Per i rapporti di Mecenate con Virgilio cfr. in sintesi A. La Penna, s.v. Mecenate, inEnciclopedia Virgiliana, 3, Roma 1987, pp. 410-414; per i rapporti con Orazio cfr. in sin-tesi A. La Penna, s.v. Mecenate, in Enciclopedia Oraziana, Roma 1996, pp. 792-803; per irapporti con Properzio cfr. D. Flach, Properz als Dichter des Maecenaskreises, in «Candideiudex». Beiträge zur augusteischen Dichtung. Festschrift für W. Wimmel zum 75.Geburtstag, a c. di A.E. Radke, Stuttgart 1998, pp. 67-79; S.J. Heyworth, Propertius,Patronage and Politics, «BICS» 50 (2007), pp. 93-128. In generale cfr. di recente S.N.Byrne, Poets and Maecenas: the Making of a Patron, «JAC» 15 (2000), pp. 1-12.

95 Virgilio ebbe da Mecenate l’impulso alla stesura delle Georgiche, composte tra il 38 eil 30 a.C., e dedicate all’aretino. Nel 29 a.C. Virgilio e Mecenate lessero a turno per quat-tro giorni ad Augusto, malato ad Atella, le Georgiche (Suet. Aug. 89, 3; Donat. vita Verg.27). I rapporti tra Virgilio e Mecenate restarono solidi fino all’ultimo: nel decennio 29-19a.C. che vide la creazione dell’Eneide, Mecenate non mancò di difendere dalle critiche lescelte stilistiche del mantovano, segno di un vivo interesse per l’opera e di sicura compe-tenza (Sen. suas. 1, 12, e 2, 20; inoltre suas. 3, 5), su cui cfr. S. Costanza, Virgilio e Dorionemetafrasti di Omero, Od., XI, 481-482 nel giudizio di Mecenate e di Seneca il Vecchio,«Sileno» 16 (1990), pp. 51-81. Virgilio, morendo nel 19 a.C., lasciò, come esigeva il costu -me del tempo, un dodicesimo del patrimonio a Mecenate e un quarto ad Augusto, ulteri-ore indizio della sintonia tra il principe, l’amico etrusco e il poeta mantovano (Donat. vitaVerg. 37; vita Prob.). Orazio dedicò a Mecenate il primo libro delle Satire, nel 33 a.C., iprimi tre libri delle Odi, nel 23 a.C. – l’anno della congiura di Terenzio Varrone Murena –e il primo delle Epistole, nel 20 a.C. Questi avvenimenti, e le dediche a Mecenate anchedopo l’anno della congiura confermano che non vi fu una rottura tra Augusto e l’aretino. Senella sua produzione poetica Orazio trae molti spunti dal suo rapporto con Mecenate,Properzio si rivolge esplicitamente a Mecenate due sole volte (in 2, 1, del 25 a.C., e in 3, 9,forse del 22 a.C.), sempre per enfatizzare la fedeltà dell’aretino ad Augusto.

96 Sul problema del rapporto tra letterati e potere in questo periodo cfr. D. Little, Politicsin Augustan Poetry, in ANRW II, 30, 1, Berlin - New York 1982, pp. 254-370; A. La Penna,Poesia, storiografia e retorica fra repubblica e impero, in Storia della società italiana, 2.La tarda repubblica e il principato, Milano 1983, pp. 329-386; B.K. Gold, Literary andPatronage in Greece and Rome, Chapel Hill - London 1987, pp. 115-172; E. Narducci, Lerisonanze del potere, in Lo spazio letterario di Roma antica, 2. La circolazione del testo, ac. di G. Cavallo, P. Fedeli, A. Giardina, Roma 1989, pp. 533-577 (soprattutto pp. 561-571);M. Citroni, Poesia e lettori in Roma antica. Forme della comunicazione letteraria, Roma -Bari 1995, soprattutto pp. 207 ss.

equiparare la sua funzione a quella di un ‘ministro dell’informazio-ne’, perché in uno spazio immenso e poliglotta come l’imperoromano di Augusto – enormemente più ampio di qualunque statonazionale moderno – il ‘consenso’ politico su vasta scala non pas-sava attraverso la letteratura colta in latino, ancor meno attraversola poesia. Quell’impero era caratterizzato da livelli di alfabetismomolto disomogenei, era privo di scuole dell’obbligo con program-mi centralizzati e privo di canali di informazione strutturati chefossero efficaci ovunque; era segnato da una circolazione e da unafruizione dei testi letterari altrettanto frastagliata e diseguale, anchenei privilegiati ambienti urbani; ma soprattutto era un impero in cuiamplissime e importanti regioni di grande tradizione letteraria frui-vano esclusivamente della letteratura in lingua greca (la stragrandemaggioranza dei notabili grecofoni dell’impero non conosceva illatino nel I secolo a.C.). I raffinati prodotti poetici in lingua latinadegli amici di Mecenate raggiungevano la colta aristocrazia roma-na della capitale (senatori e cavalieri), e – “a macchie di leopardo”– le élites delle maggiori città (colonie e municipi) di cultura e dilingua latina, spingendosi al massimo fino a una parte dell’ufficia-lità militare romana sparsa lungo i confini dell’impero, e a un com-posito aggregato di specialisti della parola (grammatici, retori, ora-tori non nobili con mire avvocatizie, scribi, alcuni liberti colti,qualche artista del palcoscenico, e poco più). Il consenso o il dis-senso politico su vasta scala non percorrevano le vie anguste dellapoesia in latino – piuttosto il patrimonio figurativo, festivo e reli-gioso delle città ellenistico-romane veicolava quei contenuti – ecomunque la comunicazione poetica in latino non poteva assurge-re in quel mondo a ‘fenomeno di massa’ in senso moderno. Peraltrole critiche allo stile di vita e al gusto letterario di Mecenate (vd.oltre) o alle qualità dei poeti da lui protetti mostrano che anchenegli ambienti molto selezionati della Roma augustea la poesialatina contribuiva a formare il pensiero del pubblico solo entrocerti limiti. Ammesso che la variegata poesia prodotta sotto l’egi-da di Mecenate diffondesse davvero interessi augustei, resta incer-ta la sua concreta ricezione a livello politico ai vertici della socie-

GAIO MECENATE 309

310 PIERFRANCESCO PORENA

tà romana. Né andrebbe sottovalutata la progressiva autonomiadella poesia latina (e dei poeti latini) del I secolo a.C. rispetto allapolitica97. In realtà, se si eccettua il caso molto particolare – isola-to e irripetibile – dell’Eneide virgiliana, Augusto traeva giova-mento dall’attività di patronato svolta da Mecenate in favore di uncospicuo gruppo di eccellenti poeti latini solo indirettamente: ilsignore dell’impero romano appariva uomo di gusti raffinati per-ché consentiva ai migliori compositori in latino dei suoi tempi,attraverso un amico famoso per la ricercata (e discussa) eleganza,di dedicarsi ai magnifici virtuosismi destinati agli uditorii più sofi-sticati98. Insomma, il principe, cioè il primo senatore della nobiltàromana, legittimava il suo predominio sull’aristocrazia dei suoitempi proteggendo il gruppo di poeti allora più esclusivo. Anchealtri senatori erano patroni di poeti, ma egli poteva fregiarsi del-l’amicizia di numerosi poeti contemporanei fra i più dotati. Nellacompetizione tra nobili romani giocata sulle clientele, nessun ari-stocratico, patrono di poeti, poteva eguagliarlo.

La sintonia tra Mecenate e i suoi amici poeti fu agevolata dallasensibilità culturale del patrono. Egli sapeva apprezzare con com-petenza e stimolare con discrezione i letterati suoi amici. Per esem-pio una sua qualificata difesa del poema di Virgilio è testimoniatada Seneca padre, e a Roma circolò la voce che Virgilio avrebbeattinto ai versi di Mecenate: voce malevola, che presuppone peròqualità e gusto poetico nel patrono99. Purtroppo poco è giunto a noidell’opera letteraria di Mecenate stesso, quanto basta però amostrarci un amante della poesia neoterica, di tradizione alessan-drina e catulliana, e un prosatore innovativo100. Eppure questo colto

97 Oltre a Citroni, Poesia e lettori cit., cfr. di recente S.N. Byrne, Horace «Carm.» 2.12,Maecenas, and Prose History, «Antichthon» 34 (2000), pp. 18-29.

98 Sulla necessità del sostegno economico di un patrono per la diffusione dell’opera poe-tica cfr. P. Fedeli, I sistemi di produzione e diffusione, in Lo spazio letterario di Roma anti-ca, 2, cit., pp. 343-378.

99 Vd. nt. 95. 100 Mecenate fu autore di un Prometheus, dialogo forse di contenuto epicureo, di un

Symposium, di una In Octaviam, e di scritti de cultu suo, di cui restano pochi frammenti;

e ricco cavaliere, conoscitore attento della lingua e della letteratu-ra latina (e greca), poeta alessandrino e prosatore “barocco” in lati-no, patrono attivo e perspicace dei maggiori poeti latini del tempo,coltivò un rapporto intenso e particolare con la cultura etrusca: noncon la lingua etrusca, che, a livello di ceti dirigenti integrati nellaRoma augustea, stava esaurendo la sua vitalità, ma con alcuniaspetti del comportamento pubblico e privato – il confine tra pub-blico e privato era allora molto labile – e dello stile di vita101.Questo consapevole ed eccentrico atteggiamento rende la sua espe-rienza una testimonianza molto significativa del complicato pro-cesso di assorbimento delle culture italiche nel mondo romano nelI secolo a.C.102.

Nell’epoca del definitivo innesto delle culture italiche nel-l’alveo della romanità, Mecenate seppe coltivare proprio a Roma –si badi: non nell’etrusca Arezzo – e con notevole originalità, unostile di vita che evocava l’ambiente lussuoso e gli atteggiamentiricercati dell’antica aristocrazia d’Etruria103. Elementi diversi con-vergono nel comporre un ritratto prezioso, in cui Mecenate, perso-nalità affidabile ed efficiente, equilibrata e vigorosa, non vestìl’abito austero e grave della nobiltà romana tradizionale – come

GAIO MECENATE 311

cfr. R. Avallone, Mecenate, Napoli 1962; J.-M. André, Mécène écrivain (avec, en appen-dice, les fragments de Mécène), in ANRW II, 30, 3, Berlin - New York 1983, pp. 1765-1787; S. Mattiacci, L’attività poetica di Mecenate tra neoterismo e novellismo,«Prometheus» 21 (1995), pp. 67-86; G. Lieberg, Mecenate letterato, «BSL» 26 (1996), pp.9-18.

101 Cfr. P. Veyne, Le folklore à Rome et les droits de la conscience publique sur la con-duite individuelle, «Latomus» 42 (1983), pp. 3-30 (= Id., La società romana, Roma - Bari1990, pp. 201-230).

102 Cfr. A. Giardina, L’identità incompiuta dell’Italia Romana, in L’Italie d’Auguste àDioclétien (Actes du Colloque international, Rome, 25-28 mars 1992), Roma 1994, pp. 1-89 (= Id., Italia Romana. Storie di un’identità incompiuta, Roma - Bari 1997, pp. 193-232);G. Firpo, La polemica sugli Etruschi nei poeti dell’età augustea, in Die Integration derEtrusker und das Weiterwirken etruskischen Kulturgutes im republikanischen und kaiser-zeitlichen Rom, a c. di L. Aigner Foresti, Wien 1998, pp. 251-298.

103 Cfr. L. Aigner Foresti, Quod discinctus eras, animo quoque, carpitur unum (Maec.,El. I, 21), in L’immagine dell’uomo politico: vita pubblica e morale nell’antichità, a c. di

312 PIERFRANCESCO PORENA

avrebbe gradito l’alta società della metropoli – ma amò ai limitidell’esibizionismo gli agi di una vita lussuosa, che molti Romani,contemporanei, non capirono. Le Elegiae in Maecenatem sonoopera di un contemporaneo di Mecenate e mostrano senza dubbioche l’atteggiamento dell’aretino era criticato mentre egli abitava eagiva in Roma104. Quale fosse il tenore delle critiche si ricava age-volmente da Seneca, che detestava Mecenate a causa dei suoi com-portamenti (mores) disgustosamente innovativi (novi), degeneri(pravi), negativamente eccentrici, perché non condivisi dalla mora-le dell’alta società romana (singulares)105. Questa repulsione in unpensatore conformista, imprigionato in un intellettualismo filosofi-co rigido e autoreferente, insensibile alle innovazioni e alle inter-pretazioni eccentriche del ‘costume’ romano, potrebbe illustrarebene quale fosse l’opinione comune su Mecenate negli ambientiromani di cultura tradizionale106. Tuttavia Mecenate scelse di segui-re un suo stile, che echeggiava la celebre e criticata propensioneetrusca per gli agii di un lusso (luxus) – la celebre tryphè etrusca –tradizionalmente ritenuto logorante per il corpo, deleterio per latenuta morale, e sconveniente per il rigido e studiato contegno delcittadino romano (si noti che l’anticonformismo mecenatiano pia-

M. Sordi, Milano 1991, pp. 201-214; Ead., L’uomo Mecenate, «RSA» 26 (1996), pp. 7-26. 104 Sui due componimenti encomiastici anonimi in distici elegiaci, scritti subito dopo la

morte dell’aretino, cfr. H. Schoonhoven, The ‘Elegiae in Maecenatem’, in ANRW II, 30, 3,Berlin - New York 1983, pp. 1788-1811; R. Rocca, s.v. Elegiae in Maecenatem, inEnciclopedia Virgiliana, 2, Roma 1985, pp. 187-188; M.A. Nigro, La prima «Elegia aMecenate»: apologia di un ministro e propaganda di regime, «InvLuc» 17 (1995), pp. 131-148; M. Marincic, Der elegische Staatsmann: «Maecenas» und der augusteische Exkurs, inDie «Appendix Vergiliana»: Pseudepigraphen im literarischen Kontext, a c. di N. Holzberg,Tübingen 2005, pp. 116-141. È possibile che le critiche dell’ambiente della capitale abbia-no spinto Mecenate a scrivere uno o più testi de cultu suo.

105 Sen. ep. 114, 7. 106 Sul conformismo di Seneca cfr. P. Veyne, Seneca, Bologna 1999 (traduz. ital. di

Sénèque, Entretiens. Lettres à Lucilius, Paris 1993); sull’epistola cfr. S.N. Byrne, Maecenasin Seneca and other post-Augustan Authors, in «Veritatis amicitiaeque causa». Essays inhonor of A.L. Motto and J.R. Clark, a c. di S.N. Byrne, E.P. Cueva, Wauconda (Ill.) 1999,

ceva alla plebe urbana, quella plebe che poi, non a caso, avrebbeamato un Nerone e un Commodo)107.

Nella persona, curata senza posa (cultus), Mecenate esibiva ric-cioli ben pettinati e un’andatura effeminata (mollis, delicatus, effe-minatus), talvolta facendosi accompagnare da due eunuchi108.Nell’abbigliamento appariva trasandato (discinctus): amava compa-rire in pubblico con la tunica sciolta in vita (solutis tunicis) e aper-ta sul petto, comunque senza toga; faceva scandalo che Mecenatepresso i Rostri e in tribunale (cioè nel cuore degli spazi pubblici diRoma) adempisse ai doveri pubblici impostigli dal principe col pal-lio tirato sul capo, come usavano gli schiavi, e non coperto dallatoga; oppure che indossasse frivole vesti di porpora109. Era ricerca-to nei banchetti, sontuosi fino alla stravaganza (Plinio il Vecchioricordava i suoi piatti a base di carne d’asino)110. Si criticava il suoseguito (comitatus), persino la sua casa (la domus nei magnificiHorti sull’Esquilino). Il suo eloquio e la sua prosa erano giudicatitroppo sciatti e disordinati, o troppo artefatti e oscuri111: in unasocietà ossessivamente attenta all’uso della parola, questa ribellio-ne alle regole del discorso colto in latino era ritenuta un riflessodella sregolatezza morale dell’aretino. Amava essere disponibilecon persone ignobili (liberti, mimi, parassiti), calandosi in stratidella società che i nobili romani consigliavano di evitare; si appas-sionò per l’attore Batillo, suo cliente112. L’amore omosessuale,disdicevole non in sé, ma deplorevole in un uomo maturo e dallealte responsabilità, conviveva nel nostro con un’alternante vitamatrimoniale. Come abbiamo visto, nel rapporto con l’unicamoglie, Terenzia, Mecenate soffrì per l’indipendenza di lei, este-

GAIO MECENATE 313

pp. 21-40. 107 Il successo di Mecenate presso la plebe di Roma è testimoniato da Hor. carm. 1, 20,

3-8; 2, 17, 25 s.108 Suet. Aug. 86; Eleg. in Maecen. 1, 67; Sen. ep. 114, 6; Vell. 2, 88, 2. 109 Sen. ep. 114, 6; Eleg. in Maecen. 1, 25; Mart. 10, 73, 3 s.; Iuv. 12, 38 s.110 Suet. vita Hor.; Plin. nat. 8, 68, 170. 111 Augusto in Macr. Sat. 2, 4, 12; Sen. ep. 114, 4 e 8; Quint. inst. 9, 4, 28; Suet. Aug. 86;

Tac. dial. 26.

314 PIERFRANCESCO PORENA

nuandosi nella moltiplicazione dei divorzi e nell’ossessiva (e vana)ricomposizione matrimoniale (Seneca scrisse scandalizzato cheMecenate «pur avendo una sola moglie, la sposò mille volte»)113.Per un paradosso curioso, forse uno dei pochi matrimoni romani incui l’amore, o almeno l’attrazione, tra i coniugi sembra aver avutoun peso non suscitò consensi, ancora una volta per quella che eragiudicata una mancanza di fermezza dell’aretino nel non saper tene-re a freno la moglie. Il suo timore per la morte, non serbato, maespresso esplicitamente, era giudicato, erroneamente, segno dicedevole fragilità, dimenticando che l’aretino aveva difeso perso-nalmente Ottaviano per quindici anni in mezzo alla furia sanguina-ria delle guerre civili (44-30 a.C.)114.

C’era, insomma, qualcosa di armonicamente contraddittorio inMecenate: zelo vigoroso, affidabile efficienza, disinteressata libera-lità, incorruttibile fedeltà – valori ‘virili’ che i Romani avvertivanocome proprii – e morbida, ‘femminea’, ostentata passione per gliaspetti più ricercati dell’otium convivevano in un personaggio, chein questo modo evocava famose e discusse, persino esecrate, perso-nalità del passato, come un Alcibiade e un Silla115. Eppure Mecenatefu una personalità di grande rigore ed equilibrio politico – ci simeravigliava del fatto che non avesse abusato del suo grande pote-re come fiduciario di Ottaviano-Augusto116: la ‘mollezza’ era unascelta ponderata e misurata, non una depravazione caratteriale (inquesto senso il giudizio di Seneca è senz’altro sbagliato). Ma la‘mollezza’ di Mecenate, certamente mal compresa, era un difettotroppo grande per la società romana del tempo per essere tolleratain un cavaliere di successo proiettato ai vertici del potere. Essendoil sintomo di una pericolosa debolezza di carattere – si pensava –

112 Tac. ann. 1, 54, 2; D. Ca. 54, 17, 5; Schol. ad Pers. 5, 123.113 Sen. ep. 114, 6. 114 La paura della morte è deplorata da Sen. ep. 101, 10 s. 115 Cfr. A. La Penna, Mobilità dei modelli etici e relativismo dei valori: da Cornelio

Nepote a Valerio Massimo e alla «Laus Pisonis», in Società romana e produzione schiavi-stica, 3, a c. di A. Giardina, A. Schiavone, Roma - Bari 1981, pp. 183-206.

essa sfociava nella ‘lussuria’, cioè nella dipendenza incontrollatadai beni e dai piaceri, e questa perniciosa dipendenza minava l’au-todisciplina del cittadino: era colpa gravissima, perché esponeva lasocietà alla corruzione e alla decadenza. Di qui i giudizi negativisull’uomo Mecenate. Si è creduto di poter spiegare il contegnoeccentrico dell’aretino e il suo disprezzo per la carriera tradizionaleromana con una sua presunta ortodossia epicurea, ma egli non aspi-rò a vestire i panni del filosofo117: era una scelta allora comunquemolto impegnativa, e l’aretino fu un uomo politico nel senso pienodel termine, pur nei percorsi “extracostituzionali” che abbiamovisto, non fu un filosofo.

Con ogni probabilità l’atteggiamento di Mecenate può esserericomposto invece entro i limiti di un sistema di riferimenti cultura-li di impronta etrusca. Il suo comportamento evocava il ‘doppio’della tradizione aristocratica etrusca, celebrato allora nel dioVertumnus – virile e languido a un tempo – dall’umbro-etruscoProperzio118. Parimenti l’amore per il lusso costituiva un’adesioneesplicita alla tradizione aristocratica etrusca, che aveva fuso pienaaffidabilità politico-diplomatica e solide capacità operative con gliagii di una vita fastosa (dall’Etruria erano giunti a Roma, a untempo, la sella e le insegne dei magistrati, le tecniche per dialogarecon gli dèi, l’abbigliamento sgargiante, il simposio, il teatro e i gio-chi gladiatorii). Il rapporto conflittuale con la moglie Terenziadoveva qualcosa alla libertà di cui godevano le donne in ambienteetrusco. La disponibilità verso i ceti bassi era una tendenza socialedelle grandi famiglie plebee romane di origine etrusca (a Roma sututte i Licinii e gli Ogulnii). L’angoscia dell’individuo di fronte albuio della morte era un tratto essenziale dell’al di là etrusco. La

GAIO MECENATE 315

116 D. Ca. 55, 7, 4. 117 Riguardo al presunto atteggiamento filosofico di Mecenate J.-M. André, Mécène.

Essai de biographie spirituelle, Paris 1967, ha parlato di “epicureismo imperfetto”; sul pro-blema cfr. di recente A. Setaioli, Séneca, Epicuro y Mecenas, in Séneca dos mil añosdespués (Actas del congreso internacional conmemorativo del bimilenario de su nacimien-to, Córdoba, 24 a 27 de septiembre de 1996), a c. di M. Rodríguez-Pantoja, Córdoba 1997,pp. 563-576.

316 PIERFRANCESCO PORENA

contraddizione, in parte reale, tra la rettitudine incrollabile, l’impe-gno virile, l’affidabile e discreta efficienza del cavaliere, che parte-cipò attivamente alla costruzione del successo politico augusteo, el’ostentata, eccentrica ‘mollezza’ nel contegno e nello stile di vita,così fastidiosamente ‘poco romana’, si giustifica in un individuovissuto in un’età rivoluzionaria, dolorosamente sospesa tra la tradi-zione culturale etrusca e l’invadente quanto inevitabile penetrazio-ne politico-culturale romana.

La scelta di Mecenate, fosse o meno una forma di “protesta”verso il conformismo dell’alta società romana, o, più semplice-mente, la spia di un’integrazione culturale difficoltosa, restò iso-lata. Questa personalità, eccentrica, non lasciò successori, néemuli. Nessuno dei numerosi nobili romani d’età altoimperiale,che condivisero con l’aretino un raffinato, dispendioso e ostenta-to stile di vita nell’urbe, ripercorse consapevolmente o esplicita-mente le sue orme. E forse non è un caso che il cavaliere Mecenateevitasse di realizzare le proprie ambizioni politiche entro i canaliistituzionali del cursus magistraturale romano: sollevato dal pesoopprimente di una lunga teoria di antenati in toga romana (conso-li, pretori, condottieri, giuristi, pontefici, ecc.), che lo minaccias-sero quotidianamente con i loro freddi sguardi cerulei nell’atriodella sua domus, Mecenate non si sentì obbligato a compiere ildovere civico della procreazione. Roma non poteva esigere dalricco cavaliere etrusco, amico di Ottaviano-Augusto, come esige-va dai suoi senatori, che crescesse nobili figli per nobili imprese.Tuttavia il suo non era disprezzo per gli antenati e per la tradizio-ne, perché i contemporanei celebrarono la sua discendenza da reetruschi, privilegio di cui evidentemente andava fiero119.Probabilmente vivendo intensamente in un’età di grande cambia-mento politico e culturale avvertì che la sua esperienza era desti-nata a concludersi con lui.

Mecenate morì a Roma il 28 settembre dell’8 a.C., probabilmen-te consumato da una lunga malattia; aveva poco più di sessant’an-

118 Prop. 4, 2, con Firpo, La polemica sugli Etruschi cit.

ni. Augusto lo pianse addolorato120. Fu deposto in un sepolcro aimargini esterni dell’Esquilino, quasi certamente lungo la viaLabicana, nei pressi della sontuosa residenza urbana da lui ideata eamata121. Il passaggio di quella eccentrica domus al patrimonio diAugusto – fraterno scambio tra patres senza figli maschi – segnò lalogica conclusione della straordinaria, irripetibile esperienza di unpersonaggio affermatosi e consumatosi nel cuore della ‘rivoluzioneaugustea’ che, con raro equilibrio, aveva fortemente contribuito a rea-lizzare. Un anonimo poeta contemporaneo dedicò, poco dopo, duecommosse elegie alla memoria dell’aretino122. Tentò con i suoi versiuna sorta di difesa del grande cavaliere, tradendo l’esistenza di undibattito fra i contemporanei su quella discussa e contraddittoria figu-ra. Con quei versi ci si congedava davvero dal Mecenate personaggiostorico e iniziava la fortunata, ma parziale rilettura di un’esperienzaculturale, che, proprio per la sua singolarità, avrebbe contribuito aoscurare il Mecenate protagonista delle vicende del suo tempo, e aconsolidare il “mito” del Mecenate protettore dei poeti.

GAIO MECENATE 317

119 Vd. nt. 19. 120 Cassio Dione (55, 7, 1) pone la morte di Mecenate fra gli avvenimenti di spicco del-

l’anno 8 a.C., e sottolinea il dolore di Augusto (il rimpianto anche in Sen. ben. 6, 32).Evidentemente ci fu a Roma una manifestazione di lutto da parte del principe, verosimil-mente un lutto privato, che fu registrata dalla fonte di Dione. Si ignora chi pronunciò la lau-datio funebre, dato che Mecenate non aveva figli maschi. Riguardo alla morte di Mecenate,Plinio il Vecchio (nat. 7, 52, 172) afferma che fu stremato da una febbre ininterotta, soprag-giunta dopo un’insonnia triennale; Seneca (prov. 3, 10 s.) conferma il dato dell’insonnia,attribuendolo – col consueto biasimo – alle veglie causate dai tormenti d’amore perTerenzia. Resta il dato di un malessere protratto. Se Cassio Dione indica l’anno della mortedi Mecenate, la Vita Horatii confluita nel De poetis di Suetonio dà le coordinate completedella data di morte di entrambi: (Horatius) decessit V K(a)l(endas) Decembris, C. MarcioCensorino et C. Asinio Gallo consulibus, post nonum et quinquagesimum diem quamMaecenas obierat.

121 Suet. vita Hor.: (Horatius) humatus et conditus est extremis Esquiliis iuxtaMaecenatis tumulum. Per le tombe sul versante orientale dell’Esquilino, lungo la viaLabicana, area extraurbana fino alla costruzione delle Mura Aureliane, cfr., per esempio, ilsepolcro degli Statilii o l’ipogeo degli Aurelii. Forse i due sepolcri erano sul confine orien-tale della grande proprietà di Mecenate sull’Esquilino, prossimi alla strada.