Employer Branding - ISTUD

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Employer Branding Master Risorse Umane e Orgnizzazione XIX edizione Salvatore Di Iulio, Maria Carmela Florio, Rocco Fontana, Silvia Gregorio, Vincenzo Sabato 2013-2014 w w w.f on da zio nei stu d.i

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Employer Branding

Master

Risorse Umane e Orgnizzazione XIX edizione

Salvatore Di Iulio, Maria Carmela Florio, Rocco Fontana, Silvia Gregorio, Vincenzo Sabato

2013-2014

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d.i

“People work for money, but they work even more for getting meaning out of their lives. In fact, they work to have fun. Companies that ignore this fact are essentially bribing their employees

and will pay the price in lack of loyalty and commitment”

Jeffrey Pfeffer

Professor of Organizational Behaviour Stanford Business School

INDICE 1. Employer branding, questo sconosciuto 1

1.1 Attraction e retention attraverso le generazioni 2

1.2 Talenti: pronti alla guerra 3

1.3 Parole d’ordine: sinergia & coerenza 4

1.4 Un piano d’azione 5

1.5 Employee Value Proposition 6

2. Modelli di Employer Branding 8

2.1 Il modello di Talent Magnet™ 8

2.2 Il modello di Backhaus e Tikoo 9

2.3 Il modello di Brett Minchington e Ryan Estis 10

2.4 Il modello di E. Amendola: Employer Brand Global Framework© 11

3. Monitoraggio e misurazione 13

3.1 ROI (Return On Investement) 13

3.2 Talent Brand Index 14

3.3 BCI Index © 15

3.4 Web page carrier 15

3.5 Web 2.0 15

4. Trend ed Evoluzioni 17

4.1 Point Of Difference: Fattori tangibili e intangibili 17

4.2 Frontiere comunicative: l'esplosione mobile web 17

4.3 Marketing esperienziale e Employer Branding 18

4.4 Employer Branding oltre il ROI: l'importanza della EVP sul lungo periodo 19

4.5 Leader della trasformazione: ruolo strategico delle HR 20

5. Great place to work: esempi di best practises 22

5.1 Il caso Ferrero 23

5.2 Il caso Loccioni 25

5.3 General Electric Company 27

5.4 The New Traditionalists 28

“The War for Talent is over, and the Talent won” 30

Sintesi 31

Bibliografia 32

Sitografia 33

1

1. Employer branding, questo sconosciuto

L’attuale mercato del lavoro, congestionato e compresso da spinte diversificate, spesso

diametralmente opposte nei contenuti e negli intenti, richiede mai come prima un grande supporto

e intervento del settore Human Resources di qualsiasi Azienda.

I professionisti del settore sono chiamati ad approcciarsi con l’esigenza di personale altamente

qualificato e di talento, ma d’altra parte le disponibilità in termini di retribuzione offerta e prospettive

di contratti a lungo termine spesso sono troppo distanti dalle aspettative e desideri di chi,

potenzialmente, potrebbe essere il candidato giusto per l’Azienda in questione, o ancora di chi già

presta la propria opera, ma non per questo si sente più soddisfatto e facente parte

dell’Organizzazione in senso stretto. È dunque logico e consequenziale pensare e sperare che le

Organizzazioni pongano le risorse umane (in senso lato, non strettamente legato all’ufficio HR) al

primo posto.

In questo contesto, il concetto di Employer Branding (da qui EB, n.d.r.) prende forma secondo

schemi e modelli che inevitabilmente dovranno confrontarsi con le esigenze organizzative e

funzionali dell’Organizzazione in questione.

Come punto di partenza, può essere sicuramente importante fornire un accenno di quella che è

stata l’origine e la storia dell’EB, in modo tale da avere un background di riferimento utile per

meglio comprenderne le evoluzioni presenti e future.

Si pensi a quanto, specie dalla seconda metà degli anni ’80, il concetto di ‘tempo’ in azienda sia

diverso: le lavorazioni sono molto più rapide, complice primario lo sviluppo frenetico delle

tecnologie, che hanno inevitabilmente ridotto la necessità di manodopera poco specializzata. Si

aggiunga poi il dato che vede un calo netto della natalità tra il 1966 e il 1977: la ‘Generazione X’,

ovvero le persone nate in questo arco temporale, non è stata quantitativamente sufficiente a

ricoprire le necessità di risorse con professionalità specifiche, in parte anche per via dell’impatto

sul sistema formativo, il quale ha visto un crollo delle iscrizioni all’Università. Questo fenomeno

demografico ha avuto come diretta conseguenza un altro fenomeno, questa volta di taglio

sociologico: la workforce shortage (carenza di forza lavoro) si è fatta sentire a cominciare dalla fine

degli anni ’80, quando appunto l’esigenza di talenti iniziava ad essere sempre più primaria. Fu poi

a partire dagli Anni ’90 che l’EB iniziò ad essere teorizzato, e i primi modelli strategici iniziarono a

farsi strada tra le politiche organizzative delle Aziende più all’avanguardia in termini di innovazione

nel settore HR.

La necessità che ne deriva è quella di attrarre (attraction), impiegare e mantenere (retention)

risorse ad elevata competenza, di talento appunto, che sappiano fornire all’Organizzazione quel

valore aggiunto tale da permettere all’Azienda di essere competitiva e ottenere successo.

A queste considerazioni appare utile aggiungere un ulteriore dato, questa volta facendo riferimento

in particolare al panorama italiano. E’ ormai conoscenza diffusa il fatto che in Italia il numero di

2

persone anziane sia in continuo aumento, con tutta una serie di conseguenze sul sistema

pensionistico, sanitario ed economico: da uno studio di Mckinsey del 2005, emerge come in Italia

l’aumento del numero di anziani sia decisamente più consistente rispetto ad altri Paesi dell’area

Europa. Gli ultrasessantacinquenni sono aumentati del 55% tra il 1986 e il 2003, e questo trend

non accenna a modificarsi. In effetti già nel 1998 fu lo stesso Mckinsey, nel suo ormai celeberrimo

lavoro “The war of talent”, a riscontrare come già all’epoca si notasse la carenza di Dirigenti di

talento: si prospettava allora il 2015 come momento di massima criticità. L’argomento risulta

dunque di grande attualità oggi.

Da questi dati si può dedurre come il precedente e largamente diffuso metodo e concetto per cui

l’Azienda assume, il lavoratore presta la propria opera silenziosamente e quasi con rassegnazione,

non funziona più. Oggi essere un good, se non best, place to work è fondamentale, e contribuisce

in maniera assolutamente non sottovalutabile a quella che è la credibilità, la forza e l’immagine di

un’Azienda.

Ora, facendo per un momento nostre le parole di Lloyd (2002), possiamo definire l’EB come “the

sum of a company’s efforts to communicate to existing and prospective staff, that it is a desirable

place to work”. Questa definizione racchiude in sé tutti gli aspetti che l’EB implica: fidelizzazione

del lavoratore all’Organizzazione, attrattività per i potenziali lavoratori, affinché considerino

l’Azienda un luogo di lavoro desiderabile e ammirevole. Sono dunque tre le dimensioni cui una

strategia di EB dovrà fare capo: comunicazione dell’identità e cultura aziendali, marketing interno e

considerazione dell’Azienda dall’esterno.

1.1 Attraction e retention attraverso le generazioni

Tenendo ben presente le premesse fino ad ora elencate, si ritiene utile entrare più nel merito di

quelle che sono due tematiche fondamentali nel processo di EB: attraction e retention.

Si è detto in precedenza come l’EB abbia come dimensioni principali l’attrazione di nuovi talenti

esterni all’Organizzazione (attraction, appunto), e la conservazione di questi ultimi, affinché i

lavoratori siano fedeli e fidelizzati all’Azienda in questione (retention). Ora, tenendo in grande

considerazione lo stretto legame che inevitabilmente si prospetta tra le strategie di EB e il

marketing, e che si vedrà più avanti nel dettaglio, risulta interessante a questo punto aggiungere

una ulteriore considerazione sulla differenziazione dei potenziali lavoratori da attrarre, per

comprendere quali possano essere le criticità con le quali i professionisti HR si scontrano.

Esattamente come accade per una strategia di marketing, per la quale il necessario punto di

partenza è comprendere il pubblico (target) di riferimento, così accade per la pianificazione di una

strategia di EB: i potenziali talenti esterni all’Azienda sono, statisticamente, le persone nate tra gli

anni ’50 e i primi anni ’80, con le dovute differenziazioni interne. La generazione post seconda

guerra mondiale, la baby boom generation, porta ad oggi risorse con elevata esperienza, spesso

maturata presso la stessa Azienda; esiste poi la ‘Generazione X’, cui si è fatto riferimento in

3

precedenza, numericamente inferiore alla precedente, nella quale si trovano persone mediamente

più propense al cambiamento; infine, è ancora possibile ricordare la ‘Generazione Y’, vale a dire

tutti quei lavoratori nati tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 (convenzionalmente tra 1978 e

1983), in media conoscitori delle tecnologie e disposti ad una maggiore elasticità.

Questa è solo una delle possibili differenziazioni da tenere in considerazione nel momento in cui

un’Organizzazione decida di applicare strategie di attraction o di retention, affinché si valutino le

migliori tecniche operative utili a raggiungere il risultato prefissato.

A questa prima differenziazione è possibile aggiungerne almeno un’altra, vale a dire quella che

vede il focus sulla propensione o meno dei talenti a cercare una nuova posizione lavorativa, o a

valutare un cambiamento. Statisticamente, e secondo la classificazione di Lou Adler1, è possibile

considerare la passività dei lavoratori nei confronti della ricerca di un nuovo impiego. La passività è

data dalla ricerca attiva di una nuova attività: più un lavoratore sarà soddisfatto del proprio

impiego, meno ne cercherà uno alternativo, e più il suo tasso di passività sarà alto. Chiaramente, i

candidati passivi saranno quelli più difficilmente rintracciabili, ed è a questo punto che le strategie

di attraction di un’Organizzazione saranno fondamentali per raggiungere il risultato prefissato;

d’altra parte, se in Azienda le politiche di retention risultano efficaci, il tasso di passività dei

collaboratori sarà più elevato, scoraggiando la fuga dei talenti.

1.2 Talenti: pronti alla guerra

Ad oggi le Aziende si trovano spesso in enorme difficoltà nel reperire il candidato gusto per la

posizione vacante in questione. Si ricerca il talento, quella risorsa così scarsa, e inevitabilmente

così preziosa, che rappresenta, in potenza, un concentrato di abilità e caratteristiche ben più

importanti di un altisonante titolo accademico. E’ proprio su queste risorse che la ‘guerra’ tra

Aziende ha inizio, al fine di accaparrarsi e riuscire a mantenere, con un efficace progetto di EB,

quelle risorse che contribuiranno, in larga parte, al successo.

E’ molta la letteratura che fa riferimento alla ‘guerra dei talenti’ come ispirazione che le Aziende

dovrebbero cogliere per occuparsi concretamente di EB, e dedicare buona parte dell’attività delle

Risorse Umane allo sviluppo e alla messa in atto di quelle strategie che non possono più essere

meramente teoriche. Ad oggi, non è ancora stata raggiunta una unicità metodologica che possa

essere condivisa da ogni Organizzazione: gli studi sono in continuo sviluppo ed evoluzione, e sono

anche molte le fonti autorevoli che si sono occupate della questione, fornendo diversi modelli di

riferimento. Nei prossimi capitoli verranno infatti analizzati i principali riferimenti in termini di

strategie operative, utili per comprendere in chiave pratica l’applicazione dei concetti fino ad ora

esposti. Resta fermo il concetto per cui ogni Organizzazione ha poi il compito di rivedere i modelli

di riferimento più adatti alla propria situazione ed esigenze, per poi tarare al meglio il progetto

strategico. Ad ogni modo, la ‘guerra dei talenti’ incontra e ha incontrato, come si accennava in

1 Lou Adler, 2005

4

precedenza, diverse criticità: attraction e retention sono continuamente messe alla prova dalle

resistenze che i candidati avanzano in termini di disponibilità al cambiamento e fedeltà all’Azienda.

Più avanti nella trattazione si vedrà come si evolveranno queste tendenze in uno scenario futuro, e

quali saranno le risposte che le Aziende si presteranno ad offrire in termini strategici.

1.3 Parole d’ordine: sinergia & coerenza

Abbiamo fino ad ora trattato della nascita dell’esigenza di avere delle strategie di EB, delle

motivazioni storiche alla base di questa esigenza, e del fatto che, ad oggi, è in atto una lotta tra

Aziende per trovare e attrarre i migliori talenti presenti sul mercato del lavoro, al fine di ottimizzare i

risultati della propria Organizzazione.

Ma dal punto di vista pratico, come si agisce per attuare fattivamente una strategia di EB?

Sebbene a questo aspetto sarà riservato il dovuto spazio più avanti nella trattazione, si ritiene

comunque doveroso dare qui delle linee guida utili a comprendere le ragioni profonde dietro alle

scelte aziendali.

Si è detto in precedenza che l’EB prevede sostanzialmente due aree di azione: la fidelizzazione

del lavoratore nei confronti dell’Organizzazione presso la quale presta la propria opera, e la

costruzione di un’immagine e una reputazione accattivante e attrattiva per quei talenti esterni, non

ancora lavoratori effettivi, di cui l’Organizzazione potrebbe avere necessità a breve o lungo temine.

Puntualizzato ciò, non può passare inosservata l’impronta di strategia di marketing che l’EB reca

con sé. In effetti, si può affermare che l’EB è una strategia di marketing applicata alle Risorse

Umane. A questo proposito, affinché una strategia di EB sia effettivamente efficace e di successo,

è necessario che all’interno di una medesima Organizzazione le funzioni di Marketing,

Comunicazione e Risorse Umane collaborino in sinergia costante.

La funzione Marketing saprà fornire alle Risorse Umane quel supporto tecnico che, insieme al

know how chiaramente compito dell’HR, darà modo al progetto di EB di essere efficace ed

efficiente. La comunicazione è ciò che lega questi due rami dell’Organizzazione, e che deve

controllare e vigilare affinché la comunicazione interna ed esterna all’Azienda siano coerenti.

Si pensi a cosa accadrebbe se, ragionando per assurdo, la comunicazione interna seguisse una

linea e dei messaggi chiave da trasmettere non coerenti con l’immagine esterna che circola sul

mercato, e di cui è in gran parte responsabile il Marketing. Indubbiamente, l’immagine aziendale

esterna ne risentirebbe, e i lavoratori percepirebbero di lavorare in un ambiente non lineare nelle

proprie intenzioni e visione. Questa mancata coerenza porterebbe a delle criticità non

sottovalutabili.

Resta comunque interessante sottolineare come, a poco a poco, le teorie di EB stiano prendendo

sempre più piede in Azienda, e di come la sinergia tra reparti diversi dell’Organizzazione dimostri

la diffusione della cultura dell’EB.

1.4 Un piano d’azione

Fino ad ora si è però fatto riferimento solo a ciò che le aziende possono, o dovrebbero mettere in

pratica, affinché una strategia di EB sia efficace e porti con sé i risultati di efficacia sperati. Non va

però dimenticato che i lavoratori già effettivamen

coinvolte in causa direttamente, e che il loro supporto e apporto non può che essere

indispensabile. I suggerimenti, le segnalazioni, la percezione che i lavoratori riportano, rimangono

delle fonti primarie di informazioni per il lavoro di sinergia che Risorse Umane,

Comunicazione devono affrontare per la propria strategia di EB.

Ora, come si è detto in precedenza, l’EB ha una forte componente di

fasi che, in linea generale, rendono l’azione di EB completa ed efficace.

La strategia risulta vincente se ciascuna delle fasi viene affrontata con metodo e successivamente

verificata: senza un’analisi dei risultati ottenuti sarà difficile fare previsioni per i futuri interventi.

Inoltre, un progetto di EB ben strut

ottimizzazione dei tempi, migliore gestione delle candidature, maggior semplicità nel comprendere

le necessità organizzative dell’Azienda.

Inoltre, non è da dimenticare che una strategia efficace di

Product Brand in quanto, come più volte ribadito, immagine aziendale esterna e interna esigono

coerenza.

A questo punto, può dunque essere utile una breve panoramica di quelli che sono effettivamente

gli aspetti pratici che l’EB considera. Sicuramente l’aspetto del salario e dei

rilevanti: soprattutto per determinate categorie di lavoratori, che a questo punto potremmo definire

‘passivi’, il salario e le prospettive di carriera, i

spinge per attirare i talenti esterni. Insieme a questo aspetto più prettamente pratico, sicuramente

è da considerare anche il contesto di lavoro, affinché sia il più rilassato e stimolante possibile, e

che consenta un equilibrio tra le esigenze della vita lavorativa e quella personale (

Figura 1 E. Amendola, L'employer Branding Process, in Padula A., Marketing InternoHoepli 2007

Fino ad ora si è però fatto riferimento solo a ciò che le aziende possono, o dovrebbero mettere in

pratica, affinché una strategia di EB sia efficace e porti con sé i risultati di efficacia sperati. Non va

però dimenticato che i lavoratori già effettivamente impiegati in Azienda sono una delle parti

coinvolte in causa direttamente, e che il loro supporto e apporto non può che essere

indispensabile. I suggerimenti, le segnalazioni, la percezione che i lavoratori riportano, rimangono

nformazioni per il lavoro di sinergia che Risorse Umane,

Comunicazione devono affrontare per la propria strategia di EB.

Ora, come si è detto in precedenza, l’EB ha una forte componente di marketing, che si ritrova nelle

rale, rendono l’azione di EB completa ed efficace.

A questo proposito, può essere utile considerare l’EB

come un processo circolare, che preveda una decisione

iniziale precisa e misurata di quello che è il

riferimento (come accennato in preceden

passare ad una scelta di quella che è la posizione e i

valori che si vogliono trasmettere; fondamentale poi è la

scelta del come comunicare internamente ed

esternamente i propri contenuti, per poi infine analizzare i

risultati e gli eventuali cambiamenti da apportare.

Il grafico qui riportato rende molto chiaro il concetto di

processo circolare con cui una strategia di EB

vita.

La strategia risulta vincente se ciascuna delle fasi viene affrontata con metodo e successivamente

verificata: senza un’analisi dei risultati ottenuti sarà difficile fare previsioni per i futuri interventi.

Inoltre, un progetto di EB ben strutturato porta ad avere dei vantaggi a moltissimi livelli:

ottimizzazione dei tempi, migliore gestione delle candidature, maggior semplicità nel comprendere

le necessità organizzative dell’Azienda.

Inoltre, non è da dimenticare che una strategia efficace di EB non può che portare benefici al

in quanto, come più volte ribadito, immagine aziendale esterna e interna esigono

A questo punto, può dunque essere utile una breve panoramica di quelli che sono effettivamente

che l’EB considera. Sicuramente l’aspetto del salario e dei benefit

rilevanti: soprattutto per determinate categorie di lavoratori, che a questo punto potremmo definire

‘passivi’, il salario e le prospettive di carriera, i benefit previsti, sono ciò su cui l’Azienda interessata

spinge per attirare i talenti esterni. Insieme a questo aspetto più prettamente pratico, sicuramente

è da considerare anche il contesto di lavoro, affinché sia il più rilassato e stimolante possibile, e

equilibrio tra le esigenze della vita lavorativa e quella personale (

L'employer Branding Marketing Interno,

5

Fino ad ora si è però fatto riferimento solo a ciò che le aziende possono, o dovrebbero mettere in

pratica, affinché una strategia di EB sia efficace e porti con sé i risultati di efficacia sperati. Non va

te impiegati in Azienda sono una delle parti

coinvolte in causa direttamente, e che il loro supporto e apporto non può che essere

indispensabile. I suggerimenti, le segnalazioni, la percezione che i lavoratori riportano, rimangono

nformazioni per il lavoro di sinergia che Risorse Umane, Marketing e

, che si ritrova nelle

A questo proposito, può essere utile considerare l’EB

come un processo circolare, che preveda una decisione

iniziale precisa e misurata di quello che è il target di

riferimento (come accennato in precedenza), per poi

passare ad una scelta di quella che è la posizione e i

valori che si vogliono trasmettere; fondamentale poi è la

scelta del come comunicare internamente ed

esternamente i propri contenuti, per poi infine analizzare i

cambiamenti da apportare.

Il grafico qui riportato rende molto chiaro il concetto di

processo circolare con cui una strategia di EB prende

La strategia risulta vincente se ciascuna delle fasi viene affrontata con metodo e successivamente

verificata: senza un’analisi dei risultati ottenuti sarà difficile fare previsioni per i futuri interventi.

turato porta ad avere dei vantaggi a moltissimi livelli:

ottimizzazione dei tempi, migliore gestione delle candidature, maggior semplicità nel comprendere

EB non può che portare benefici al

in quanto, come più volte ribadito, immagine aziendale esterna e interna esigono

A questo punto, può dunque essere utile una breve panoramica di quelli che sono effettivamente

benefit sono tra i più

rilevanti: soprattutto per determinate categorie di lavoratori, che a questo punto potremmo definire

sono ciò su cui l’Azienda interessata

spinge per attirare i talenti esterni. Insieme a questo aspetto più prettamente pratico, sicuramente

è da considerare anche il contesto di lavoro, affinché sia il più rilassato e stimolante possibile, e

equilibrio tra le esigenze della vita lavorativa e quella personale (work/life

6

balance). Esiste poi la dimensione dell’immagine dell’Azienda, composta dalla cultura aziendale, le

sue visioni, obiettivi e atteggiamenti, e quel particolare aspetto che è il product brand, legato a

come l’organizzazione cura, innova e rende prestigioso il proprio prodotto. Da questo punto di

vista, come per i prodotti di un’azienda esiste una precisa Value Proposition, si può parlare anche

per una proposta lavorativa di “valore” della posizione, che include l’insieme dei fattori sopracitati.

Questa banalmente prende il nome di Employee Value Proposition.

1.5 Employee Value Proposition

Brett Minchington2, la voce più autorevole in tema di EB, definisce la Employee Value Proposition

(EVP) come l'insieme delle associazioni e benefici forniti da un'azienda in cambio delle skills,

capabilities ed esperienze che un impiegato apporta, mentre Tandehill 3 rafforza questa

affermazione spiegando il perché l'esperienza lavorativa in un'azienda sia complessivamente

superiore rispetto ai competitors. L'EVP dovrebbe identificare l'unicità di quei processi, programmi

e policies che dimostrano l'impegno dell'employer nei confronti del lavoratore in termini di crescita,

sviluppo e riconoscimento dei meriti, elencando le ragioni principali in grado di spingere il

dipendente all'impegno verso l'Azienda.

In questo senso, l'EVP influisce sulla percezione, sia interna, sia esterna della Compagnia,

cosicché risulti fondamentale che da parte della funzione HR si attui un processo di allineamento

ed integrazione tra questi due aspetti. Risulta quindi utile, se non necessario, tentare di

formalizzare all'interno di una cornice di riferimento tale EVP: è ciò che la Sibson Consulting4 ha

creato attraverso il modello "Reward of Work" (ROW).

Il modello si basa su cinque elementi: Compensation, ritorno economico in cambio della

prestazione; Benefits, le ricompense indirette del welfare aziendale; Work content, la soddisfazione

del lavoratore nello svolgere

il proprio lavoro; Career, le

opportunità di sviluppo e

crescita; Affiliation, il

sentimento di appartenenza

nei confronti dell'Azienda.

Una tale formalizzazione ha

un suo ritorno in termini

complessivi di performance,

dovuta a fattori di maggiore

attrattività, commitment della

2 B. Minchington, Your Employer Brand – attract, engage, retain, Collective Learning Australia, 2006 3 The Employment Value Proposition, by Tandehill Human Capital. Workspan Magazine 10/06 http://www.tandehill.com/pdfs/Total-Rewards.pdf 4 Dal sito http://www.sibson.com/services/organization-and-talent/employee-value-proposition/

Figura 2 Classificazione delle aziende con EVP formalizzata. Fonte: Creating a sustainable Rewards and Talent Management Model, Global Talent Management and Rewards Study, Tower Watson 2010

7

risorsa e risparmi in termini della compensation necessaria ad attrarre nuovi lavoratori, come

risulta dal grafico a fianco.

A questo proposito, esistono diverse opinioni in letteratura in merito a quale componente dell’EB

sia più opportuno sviluppare, in che ordine e con quale priorità. Le decisioni sul come operare nel

singolo caso vanno lasciate all’Organizzazione in sé, alle singole esigenze del momento e ai mezzi

che si hanno a disposizione volta per volta. Resta comunque invariato e stabile il concetto secondo

cui l’EB va visto in ottica di progresso, non solo di tattica.5

Nel prossimo capitolo si vedranno i principali modelli strategici di riferimento cui le Aziende si

rifanno maggiormente, chiarendone gli aspetti caratterizzanti fondamentali.

5 G. Lizzani, G.M. Mussino, M. Bonaiuto, L’employer branding tra ricerca e innovazione, FrancoAngeli, pag. 12

8

2. Modelli di Employer Branding

Adottare una strategia di EB offre all’Azienda dei benefici che negli ultimi decenni si sono fatti

sempre più evidenti. Reclutamento e mantenimento dei candidati, coinvolgimento e impegno da

parte dei dipendenti, sarebbero le dimensioni maggiormente potenziate secondo ricerche

effettuate da Hewitt Associates (2000/2001), The Conference Board (2001) e The Economist

(2003). Questi vantaggi non si limitano a migliorare le performance solo dal punto di vista

aziendale, ma anche economico. Quando si pensa a strategie di branding, l’obiettivo primario è

quello di creare valore; l’employer branding, invece, contribuisce a ridurre i costi. Ad un turn over

più basso rispetto alle medie delle aziende del settore, corrisponde infatti un vantaggio competitivo

a disposizione dell’azienda che sviluppa bene la propria immagine di datore di lavoro. Aumentando

la motivazione dei dipendenti diminuirebbero anche i giorni di malattia (ISR, 2003) e si avrebbe un

effetto positivo anche sui clienti, come dimostrato da numerosi studi, uno su tutti, un’autorevole

indagine effettuata dal distributore Sears Roebuck negli USA (1990), nella quale ad un aumento

del 5% della motivazione dei dipendenti corrispondeva un aumento del 1.5% della soddisfazione

dei clienti e un +0.5% del fatturato.

Si rende necessaria, quindi, una comprensione dei modelli di EB che ricerchi la relazione esistente

tra il successo aziendale ed i vari modelli sviluppati.

All’interno dei paragrafi successivi illustreremo i modelli di maggior successo, adattati a diversi

contesti aziendali.

È da tener presente che non esistono modelli validi per tutte le situazioni, ma che i modelli variano

al mutare delle condizioni e del settore in cui l’Azienda opera.

2.1 Il modello di Talent Magnet™

Il modello strategico Talent Magnet™, concepito dalla società di consulenza The Right Group6, ha

il vantaggio di essere flessibile in quanto riesce ad adattarsi ad ogni necessità del cliente.7

Il Talent Magnet™ si compone di cinque fasi, sviluppate secondo un ordine contingente che

prevede un graduale e crescente sviluppo. Si parte da un’analisi della situazione iniziale fino ad

arrivare alla misurazione dei risultati ottenuti, il tutto attraverso un processo progettato e testato in

ogni dettaglio. In tal senso, i migliori talenti verranno attratti da un datore di lavoro che è in grado

di valorizzare le loro capacità individuali e distintive.

6 La società di consulenza The Right Group viene fondata nel 1995: si occupa di offrire brand strategy attraverso dei consigli di gestione pratica nell’ambito dell’EB. 7Il grafico è ripreso dal sito: http://www.therightgroup.com.au/our-expertise/employer-branding-and-recruitment-marketing/

soprattutto deve essere in grado di differenziare il datore di lavoro rispetto ai suoi

attrarre talenti e riuscire a trattenere i dipendenti con il

La fase successiva, Testing & Approval

sezioni aziendali, nonché sviluppare una strategia di comunicazione.

La quarta fase, Allignment & Communcation

tutta l’Organizzazione, per agevolare le pr

gestione dei talenti. Infine, con il Management & Metrics

dei risultati ottenuti rispetto agli obiettivi prefissati.

Dal modello si evince che la fase intermedia

contrattuali che regolano il rapporto di lavoro. È importante comprendere come il processo debba

essere supportato da più funzioni (HR e

riguardare le best practices aziendali.

2.2 Il modello di Backhaus e Tikoo

Il modello ideato nel 20048 da K.Backhau, docente di

School (NY) e da S.Tikoo, docente di

basa su due assets imprescindibili:

8 Kristin Backhaus, Surinder Tikoo, (2004) Conceptualizing and researching employer branding9 Iss: 5, pp.501 - 517

Figura 4 Il modello di Backaus e Tikoo

Figura 3 Il modello di Talent Magnet, The right Group

La prima fase è quella di

Analisys, nella quale vengono

definiti gli obiettivi e le strategia:

in questo stato di incubazione si

evidenzia lo

situazione iniziale e quella

desiderata.

Con lo sviluppo di una strategia

di Employer Value Position, si

passa alla seconda fase, l’EVP,

che deve essere in linea con la

vision e la mission

soprattutto deve essere in grado di differenziare il datore di lavoro rispetto ai suoi

trattenere i dipendenti con il maggior potenziale.

Testing & Approval, prevede di effettuare dei test dell’EVP attraverso le

sezioni aziendali, nonché sviluppare una strategia di comunicazione.

Allignment & Communcation, consiste in un allineamento del processo di EVP in

tutta l’Organizzazione, per agevolare le pratiche di assunzione del personale e delle modalità di

Management & Metrics, l’EVP si conclude con una misurazione

dei risultati ottenuti rispetto agli obiettivi prefissati.

Dal modello si evince che la fase intermedia dell’EVP risulta concentrata sulle condizioni

contrattuali che regolano il rapporto di lavoro. È importante comprendere come il processo debba

essere supportato da più funzioni (HR e Marketing), ed i contenuti da comunicare debbano

aziendali.

2.2 Il modello di Backhaus e Tikoo

da K.Backhau, docente di Management presso la New Platz Business

(NY) e da S.Tikoo, docente di Marketing presso la Monarch Swiss Business School

imprescindibili: marketing interno e marketing esterno.

Per marketing interno si intende la capacità

dell’Azienda di trattenere i propri dipendenti; per

marketing esterno, invece, la capacità di

attrarre nuovi talenti.

Il modello pone al centro l’associazione che si

crea tra i futuri dipendenti e il

Conceptualizing and researching employer branding, Career Development International, Vol.

Il modello di Backaus e Tikoo

Il modello di Talent Magnet, The right Group

9

La prima fase è quella di Audit &

nella quale vengono

definiti gli obiettivi e le strategia:

in questo stato di incubazione si

spread tra la

zione iniziale e quella

Con lo sviluppo di una strategia

di Employer Value Position, si

passa alla seconda fase, l’EVP,

che deve essere in linea con la

mission aziendali, ma

soprattutto deve essere in grado di differenziare il datore di lavoro rispetto ai suoi competitors per

ede di effettuare dei test dell’EVP attraverso le

, consiste in un allineamento del processo di EVP in

atiche di assunzione del personale e delle modalità di

, l’EVP si conclude con una misurazione

dell’EVP risulta concentrata sulle condizioni

contrattuali che regolano il rapporto di lavoro. È importante comprendere come il processo debba

), ed i contenuti da comunicare debbano

New Platz Business

Monarch Swiss Business School, si

interno si intende la capacità

dell’Azienda di trattenere i propri dipendenti; per

esterno, invece, la capacità di

Il modello pone al centro l’associazione che si

crea tra i futuri dipendenti e il brand, la quale

, Career Development International, Vol.

permette di mettere in relazione l’Organizzazione e la qualità del lavoro al suo interno: “le

associazioni con la marca sono i pensieri e le idee che il nome di un marchio evoca nella mente di

un consumatore.” 9 Tale associazione, quando in sintonia con i valori dell’Azienda, invoglia i

potenziali dipendenti a preferire un’Organizzazione rispetto ad un’altra.

Il brand, in tal senso, presenta dei vantaggi “funzionali” e “simbolici”, laddove i vantaggi funzionali

sono i termini oggettivi di paragone (ad esempio

sono percepiti in maniera differente dai lavoratori e rappresentati dall’a

E’ facile comprendere come sussista una forte interdipendenza tra

interdipendenza che si traduce in influenza sostanziale.

2.3 Il modello di Brett Minchington e Ryan Estis

Brett Minchington è la massima autorità al mondo in materia di EB, inoltre è il CEO di

Brand International (EBI)11. Egli ha condiviso le migliori intuizioni di EB attraverso il suo libro,

Employer Brand Leadership - A Global Perspective

managers di ogni livello e che comprende quadri, modelli, strumenti, strategie e suggerimenti per

aiutare a definire la strategia di EB.

All’interno dell’opera si sottolinea come le funzioni HR,

operare per stimolare il dipendente ad un maggiore impegno, favorendone una migliore

performance e rendimenti aziendali, che si convertono in profitti più alti per gli azionisti.

Il modello di strategia sviluppato da Minchigton e Ryan Estis

sei aree chiave al fine di garantire lo sviluppo di una strategia di E.B. chiara e di successo

Il quarto punto da attuare è la comprensione globale della cultura organizzativa aziendale, ossia

comprendere in che modo viene percepito il marchio, sia all’interno che all’esterno. So

9 Aaker, David S. (1991), Managing Brand Equity10 Dal sito http://employerbrandingmarketing.wordpress.com/thesis/11 EBI si occupa di fornire consulenze, pubblicazioni, eventi e formazione, a tutte le società che ricercano delle strategie di composto da professionisti aziendali e accademici di tutto il mdella scienza della employer branding. Nel 2011 ha pubblicato il più grande studio di ricerca indipendente a livello mondiale sull’ Employer Branding. 12

Ryan Estis è un esperto di Business Performance: aiuta le aziende, i dirigenti e venditori a creare un collegamento tra i dipendenti ed i clienti. Egli è considerato uno dei Top 100 Keynote Speakers13 Dal sito: http://www.ere.net/2009/05/18/6-steps

Figura 5 Il modello di Brett Minchington e Ryan Estis

permette di mettere in relazione l’Organizzazione e la qualità del lavoro al suo interno: “le

pensieri e le idee che il nome di un marchio evoca nella mente di

Tale associazione, quando in sintonia con i valori dell’Azienda, invoglia i

potenziali dipendenti a preferire un’Organizzazione rispetto ad un’altra.

so, presenta dei vantaggi “funzionali” e “simbolici”, laddove i vantaggi funzionali

sono i termini oggettivi di paragone (ad esempio benefit, stipendio), mentre i vantaggi simbolici

sono percepiti in maniera differente dai lavoratori e rappresentati dall’attrattività di un marchio.

E’ facile comprendere come sussista una forte interdipendenza tra marketing interno ed esterno,

interdipendenza che si traduce in influenza sostanziale.10

2.3 Il modello di Brett Minchington e Ryan Estis

è la massima autorità al mondo in materia di EB, inoltre è il CEO di

. Egli ha condiviso le migliori intuizioni di EB attraverso il suo libro,

A Global Perspective, una risorsa di gestione pra

di ogni livello e che comprende quadri, modelli, strumenti, strategie e suggerimenti per

aiutare a definire la strategia di EB.

opera si sottolinea come le funzioni HR, Marketing e Comunicazione debbano

per stimolare il dipendente ad un maggiore impegno, favorendone una migliore

e rendimenti aziendali, che si convertono in profitti più alti per gli azionisti.

Il modello di strategia sviluppato da Minchigton e Ryan Estis12 propone di concentrarsi, dunq

sei aree chiave al fine di garantire lo sviluppo di una strategia di E.B. chiara e di successo

Tali aree seguono un processo chiaro

che inizia con il determinare come l’EB

venga percepito all’interno dell’Azienda,

quindi definendone gli obiettivi e,

conseguentemente, l’uopo del progetto;

in seguito precisando il rapporto tra le

funzioni HR, marketing

comunicazione per permettere un

approccio multisettoriale alla materia.

Il quarto punto da attuare è la comprensione globale della cultura organizzativa aziendale, ossia

comprendere in che modo viene percepito il marchio, sia all’interno che all’esterno. So

Managing Brand Equity, San Francisco: Free press http://employerbrandingmarketing.wordpress.com/thesis/

EBI si occupa di fornire consulenze, pubblicazioni, eventi e formazione, a tutte le società che ricercano delle strategie di composto da professionisti aziendali e accademici di tutto il mondo. EBI presiede dei forum globali di ricerca per contribuire al progresso

. Nel 2011 ha pubblicato il più grande studio di ricerca indipendente a livello mondiale sull’

è un esperto di Business Performance: aiuta le aziende, i dirigenti e venditori a creare un collegamento tra i dipendenti ed Keynote Speakers in America. steps-to-an-employer-brand-strategy/

Il modello di Brett Minchington e Ryan Estis

10

permette di mettere in relazione l’Organizzazione e la qualità del lavoro al suo interno: “le

pensieri e le idee che il nome di un marchio evoca nella mente di

Tale associazione, quando in sintonia con i valori dell’Azienda, invoglia i

so, presenta dei vantaggi “funzionali” e “simbolici”, laddove i vantaggi funzionali

, stipendio), mentre i vantaggi simbolici

ttrattività di un marchio.

interno ed esterno,

è la massima autorità al mondo in materia di EB, inoltre è il CEO di Employer

. Egli ha condiviso le migliori intuizioni di EB attraverso il suo libro,

, una risorsa di gestione pratica destinata ai

di ogni livello e che comprende quadri, modelli, strumenti, strategie e suggerimenti per

e Comunicazione debbano

per stimolare il dipendente ad un maggiore impegno, favorendone una migliore

e rendimenti aziendali, che si convertono in profitti più alti per gli azionisti.

concentrarsi, dunque, su

sei aree chiave al fine di garantire lo sviluppo di una strategia di E.B. chiara e di successo13.

aree seguono un processo chiaro

che inizia con il determinare come l’EB

venga percepito all’interno dell’Azienda,

quindi definendone gli obiettivi e,

conseguentemente, l’uopo del progetto;

in seguito precisando il rapporto tra le

marketing e

omunicazione per permettere un

approccio multisettoriale alla materia.

Il quarto punto da attuare è la comprensione globale della cultura organizzativa aziendale, ossia

comprendere in che modo viene percepito il marchio, sia all’interno che all’esterno. Sono

EBI si occupa di fornire consulenze, pubblicazioni, eventi e formazione, a tutte le società che ricercano delle strategie di EB: esso è ondo. EBI presiede dei forum globali di ricerca per contribuire al progresso

. Nel 2011 ha pubblicato il più grande studio di ricerca indipendente a livello mondiale sull’

è un esperto di Business Performance: aiuta le aziende, i dirigenti e venditori a creare un collegamento tra i dipendenti ed

indispensabili, inoltre, un impegno costante e propositivo da parte delle alte sfere dirigenziali (CEO

e Senior Manager) ed una comunicazione lucida insieme ad un’attenta pianificazione che si

riflettano anche su tutti i gruppi satellite, soprattutto su

In assenza di una programmazione chiaramente definita, la strategia di EB rischia di non produrre

effetti.

È interessante notare come all’interno del modello presentato venga considerato l’intero ciclo di

vita dell’EB, dalla sua nascita alla realizzazione del progetto.

Adottare un approccio strategico al programma significa aumentare le risorse necessarie per

conseguire un vantaggio competitivo.

2.4 Il modello di E. Amendola: Employer Brand Global Framework©

Eugenio Amendola è Managing Director

fondatore e chairman dell’International

diversi progetti di EB per importanti aziende multinazionali e ha presenziato come

numerose conferenze; in più, è stato docente in alcuni corsi e Master universitari, ricevendo una

speciale menzione nel libro "Employer Brand Leadership"

2012 gli è stato consegnato l'Innovation Award

oltre 10 anni, nella ricerca sull'EB e per la sua diffusione in Italia.

Il modello di Amendola, dunque, si delinea in quattro aree concettuali

di loro in modo non cronologico.

lavoratori all’interno dell’azienda. Questi fattori contribuiscono a definire un’

trova riscontro nella proposta di lavoro fatta al candidato di maggior interesse.

Si presuppone l’esistenza di due marchi distinti, uno che si rivolge ai

servizi, l’altro ai lavoratori dell’azienda. In tal senso, l’importanza del marchio chiarisce i vantaggi

tangibili e intangibili offerti ai talenti.

14Dal sito: http://www.employerbrandingacademy.it/1/docenti_2455838.html15 E. Amendola, Corporate recruiting. Employer branding e nuove tendenze

Figura 6 Il Modello di E. Amendola: Employer Brand Global Framework

indispensabili, inoltre, un impegno costante e propositivo da parte delle alte sfere dirigenziali (CEO

) ed una comunicazione lucida insieme ad un’attenta pianificazione che si

riflettano anche su tutti i gruppi satellite, soprattutto sugli ex dipendenti.

In assenza di una programmazione chiaramente definita, la strategia di EB rischia di non produrre

È interessante notare come all’interno del modello presentato venga considerato l’intero ciclo di

alla realizzazione del progetto.

Adottare un approccio strategico al programma significa aumentare le risorse necessarie per

conseguire un vantaggio competitivo.

Employer Brand Global Framework©

rector di Anthea Consulting e Director di EBI Italy. E’ inoltre co

International EB Summit e del Social Recruiting Forum

per importanti aziende multinazionali e ha presenziato come

numerose conferenze; in più, è stato docente in alcuni corsi e Master universitari, ricevendo una

Employer Brand Leadership" scritto da Brett Minchington. Nel Marzo

Innovation Award da ETLINE e Associati per l'impegno profuso, in

oltre 10 anni, nella ricerca sull'EB e per la sua diffusione in Italia.14

Il modello di Amendola, dunque, si delinea in quattro aree concettuali15, le quali sono collegate tra

La prima area viene definita

come Employer Brand

Experience e descrive come

l’influenza dei fattori tangibili

(contratto, salario, benefit) e dei

fattori intangibili (cult

aziendale, organizzazione)

determini l’esperienza dei

lavoratori all’interno dell’azienda. Questi fattori contribuiscono a definire un’Employer Identity

trova riscontro nella proposta di lavoro fatta al candidato di maggior interesse.

e l’esistenza di due marchi distinti, uno che si rivolge ai customers

servizi, l’altro ai lavoratori dell’azienda. In tal senso, l’importanza del marchio chiarisce i vantaggi

tangibili e intangibili offerti ai talenti.

http://www.employerbrandingacademy.it/1/docenti_2455838.html loyer branding e nuove tendenze Ed. Anthea Consulting 2008

Il Modello di E. Amendola: Employer Brand Global Framework

11

indispensabili, inoltre, un impegno costante e propositivo da parte delle alte sfere dirigenziali (CEO

) ed una comunicazione lucida insieme ad un’attenta pianificazione che si

In assenza di una programmazione chiaramente definita, la strategia di EB rischia di non produrre

È interessante notare come all’interno del modello presentato venga considerato l’intero ciclo di

Adottare un approccio strategico al programma significa aumentare le risorse necessarie per

di EBI Italy. E’ inoltre co-

Forum. Egli ha seguito

per importanti aziende multinazionali e ha presenziato come speaker a

numerose conferenze; in più, è stato docente in alcuni corsi e Master universitari, ricevendo una

scritto da Brett Minchington. Nel Marzo

Associati per l'impegno profuso, in

, le quali sono collegate tra

La prima area viene definita

Employer Brand

e descrive come

l’influenza dei fattori tangibili

(contratto, salario, benefit) e dei

fattori intangibili (cultura

aziendale, organizzazione)

determini l’esperienza dei

Employer Identity che

customers dei beni e/o

servizi, l’altro ai lavoratori dell’azienda. In tal senso, l’importanza del marchio chiarisce i vantaggi

12

In un’altra posizione troviamo l’Employer Brand Positioning: esso assicura, attraverso il

posizionamento del marchio, la conseguente individuazione di un target di candidati.

Successivamente, l’Employer Brand Action, dove si mostra il ventaglio di attività che possono

essere effettuate per la realizzazione del modello (analisi iniziale, prospettiva, monitoraggio e

sviluppo).

Infine, troviamo l’Employer Brand Benefits, con il quale si individua il risultato finale; se una

strategia di EB è stata condotta con successo è in grado, non solo di richiamare i candidati oggetto

del target, ma comporta anche dei benefici sui costi del processo (minor tempo di reclutamento,

maggior coinvolgimento dei dipendenti nelle dinamiche aziendali).

3. Monitoraggio e misurazione

È chiaro che a testimoniare i benefici, e, quindi, il buon esito di un progetto di EB, è necessario

attuare una fase di monitoraggio e, di conseguenza, la misurazione di indicatori di prestazione o di

performance. Tali indicatori, quantitativi o qualitativi che siano, vann

costruzione del progetto allo scopo di renderli coerenti con gli obiettivi prefissati ed evitare un

inutile spreco di risorse e tempo derivante dall’osservazione di un numero infinito di indicatori. È

inoltre importante considerare che esistono sistemi di misurazione a breve termine, come ad

esempio i costi relativi alla pubblicità per il reclutamento o per le inserzioni di lavoro, ma anche

sistemi di misurazione che devono necessariamente essere a lungo termine, come la qualità d

candidato, il trattenimento, la motivazione, dimensioni queste, che forniscono un punto di vista più

lungimirante del valore creato dalle strategie di EB.

Nel grafico successivo è riportato un modello costruito da Katherine Buttenberg, indicante le

diverse dimensioni e i relativi indicatori di

Figura 7 Il modello di Katherine Buttenberg

Nei paragrafi successivi verranno presi in considerazione, uno per uno, alcuni degli indicatori tra i

più comuni in letteratura, adattabili a qualsiasi progetto di

3.1 ROI (Return On Investement)

Il ROI (Return On Investment) è un indicatore di performance utile per misurare l’efficacia di un

dato investimento e per comparare la sua efficacia con quella di altri investimenti. Permette

all’azienda di capire se può permettersi tale investimento, soprattutto nel lungo termine. P

3. Monitoraggio e misurazione

stimoniare i benefici, e, quindi, il buon esito di un progetto di EB, è necessario

attuare una fase di monitoraggio e, di conseguenza, la misurazione di indicatori di prestazione o di

. Tali indicatori, quantitativi o qualitativi che siano, vanno prefissati nella fase di

costruzione del progetto allo scopo di renderli coerenti con gli obiettivi prefissati ed evitare un

inutile spreco di risorse e tempo derivante dall’osservazione di un numero infinito di indicatori. È

re che esistono sistemi di misurazione a breve termine, come ad

esempio i costi relativi alla pubblicità per il reclutamento o per le inserzioni di lavoro, ma anche

sistemi di misurazione che devono necessariamente essere a lungo termine, come la qualità d

candidato, il trattenimento, la motivazione, dimensioni queste, che forniscono un punto di vista più

lungimirante del valore creato dalle strategie di EB.

è riportato un modello costruito da Katherine Buttenberg, indicante le

dimensioni e i relativi indicatori di performance.

Nei paragrafi successivi verranno presi in considerazione, uno per uno, alcuni degli indicatori tra i

adattabili a qualsiasi progetto di EB.

Return On Investement)

) è un indicatore di performance utile per misurare l’efficacia di un

dato investimento e per comparare la sua efficacia con quella di altri investimenti. Permette

all’azienda di capire se può permettersi tale investimento, soprattutto nel lungo termine. P

13

stimoniare i benefici, e, quindi, il buon esito di un progetto di EB, è necessario

attuare una fase di monitoraggio e, di conseguenza, la misurazione di indicatori di prestazione o di

o prefissati nella fase di

costruzione del progetto allo scopo di renderli coerenti con gli obiettivi prefissati ed evitare un

inutile spreco di risorse e tempo derivante dall’osservazione di un numero infinito di indicatori. È

re che esistono sistemi di misurazione a breve termine, come ad

esempio i costi relativi alla pubblicità per il reclutamento o per le inserzioni di lavoro, ma anche

sistemi di misurazione che devono necessariamente essere a lungo termine, come la qualità del

candidato, il trattenimento, la motivazione, dimensioni queste, che forniscono un punto di vista più

è riportato un modello costruito da Katherine Buttenberg, indicante le

Nei paragrafi successivi verranno presi in considerazione, uno per uno, alcuni degli indicatori tra i

) è un indicatore di performance utile per misurare l’efficacia di un

dato investimento e per comparare la sua efficacia con quella di altri investimenti. Permette

all’azienda di capire se può permettersi tale investimento, soprattutto nel lungo termine. Per

calcolare questo indicatore si misura il rapporto tra il ritorno (o beneficio) e il costo

dell’investimento:

Dove:

Vf = guadagno dell’investimento o benefici

Vi = costo dell’investimento

Motivazione e produttività dei dipendenti,

dell’azienda come datore di lavoro, costo medio per dipendente: questi e tanti altri possono essere

misurati come valori utili per calcolare

rivolte ai talenti, attività di reclutamento, sviluppo di materiale pubblicitario, attività di

comunicazione, etc.

Per concludere, è importante sottolineare uno dei grossi limiti di questo ind

dell’EB ci sono molte sinergie con altre attività all’interno dell’organizzazione per cui risulterà

difficile isolare le cause ed effetto di ogni singolo fattore e ottenere un ROI asettico, specifico del

progetto di EB applicato.

3.2 Talent Brand Index

Il Talent Brand Index è un innovativo indicatore di performance proposto dal

LinkedIn, molto utile alle aziende che intendono migliorare i risultati attesi dalle campagne di

acquisizione dei nuovi talenti. Le spese di assunzi

senior manager, per questa ragione è fondamentale avere uno strumento che permetta di misurare

quanto un datore di lavoro è attrattivo per lo specifico bacino di talenti a cui è interessato.

offre la possibilità di analizzare miliardi di interazioni tra le centinaia di milioni di utenti di cui

dispone.

Il Talent Brand Index è definito dal rapporto tra:

● Talent Brand Engagement: rappresenta il numero di iscritti che proattivamente si sono

interessati al marchio seguendo la pagina dell’azienda, facendo ricerche a riguardo,

visualizzando le inserzioni e inviando la candidatura

● Talent Brand Reach: indica il numero di iscritti che sono familiari con il datore di lavoro.

Corrisponde al bacino di talenti che è

dei profili dei dipendenti e le loro connessioni.

Più alto sarà questo punteggio, maggiori saranno le possibilità di ricoprire posizioni con candidati

di talento. Il vantaggio del Talent Brand Index

aziendale, per area geografica o per confronto con altre realtà aziendali a seconda dell’esigenza.

calcolare questo indicatore si misura il rapporto tra il ritorno (o beneficio) e il costo

dell’investimento:

Vf = guadagno dell’investimento o benefici

Motivazione e produttività dei dipendenti, employee matching, velocità di assunzione, attrattività

dell’azienda come datore di lavoro, costo medio per dipendente: questi e tanti altri possono essere

misurati come valori utili per calcolare il ROI, laddove i costi possono essere: sviluppo di strategie

rivolte ai talenti, attività di reclutamento, sviluppo di materiale pubblicitario, attività di

Per concludere, è importante sottolineare uno dei grossi limiti di questo indicatore. Nel campo

dell’EB ci sono molte sinergie con altre attività all’interno dell’organizzazione per cui risulterà

difficile isolare le cause ed effetto di ogni singolo fattore e ottenere un ROI asettico, specifico del

è un innovativo indicatore di performance proposto dal

, molto utile alle aziende che intendono migliorare i risultati attesi dalle campagne di

acquisizione dei nuovi talenti. Le spese di assunzione sono molto consistenti, specie nel caso dei

, per questa ragione è fondamentale avere uno strumento che permetta di misurare

quanto un datore di lavoro è attrattivo per lo specifico bacino di talenti a cui è interessato.

possibilità di analizzare miliardi di interazioni tra le centinaia di milioni di utenti di cui

è definito dal rapporto tra:

: rappresenta il numero di iscritti che proattivamente si sono

marchio seguendo la pagina dell’azienda, facendo ricerche a riguardo,

visualizzando le inserzioni e inviando la candidatura

: indica il numero di iscritti che sono familiari con il datore di lavoro.

Corrisponde al bacino di talenti che è possibile influenzare. È misurabile attraverso le visite

dei profili dei dipendenti e le loro connessioni.

Più alto sarà questo punteggio, maggiori saranno le possibilità di ricoprire posizioni con candidati

Talent Brand Index consiste nell’ essere estratto per posizione

aziendale, per area geografica o per confronto con altre realtà aziendali a seconda dell’esigenza.

14

calcolare questo indicatore si misura il rapporto tra il ritorno (o beneficio) e il costo

velocità di assunzione, attrattività

dell’azienda come datore di lavoro, costo medio per dipendente: questi e tanti altri possono essere

il ROI, laddove i costi possono essere: sviluppo di strategie

rivolte ai talenti, attività di reclutamento, sviluppo di materiale pubblicitario, attività di

icatore. Nel campo

dell’EB ci sono molte sinergie con altre attività all’interno dell’organizzazione per cui risulterà

difficile isolare le cause ed effetto di ogni singolo fattore e ottenere un ROI asettico, specifico del

è un innovativo indicatore di performance proposto dal social network

, molto utile alle aziende che intendono migliorare i risultati attesi dalle campagne di

one sono molto consistenti, specie nel caso dei

, per questa ragione è fondamentale avere uno strumento che permetta di misurare

quanto un datore di lavoro è attrattivo per lo specifico bacino di talenti a cui è interessato. LinkedIn

possibilità di analizzare miliardi di interazioni tra le centinaia di milioni di utenti di cui

: rappresenta il numero di iscritti che proattivamente si sono

marchio seguendo la pagina dell’azienda, facendo ricerche a riguardo,

: indica il numero di iscritti che sono familiari con il datore di lavoro.

possibile influenzare. È misurabile attraverso le visite

Più alto sarà questo punteggio, maggiori saranno le possibilità di ricoprire posizioni con candidati

consiste nell’ essere estratto per posizione

aziendale, per area geografica o per confronto con altre realtà aziendali a seconda dell’esigenza.

15

3.3 BCI Index ©

L’indicatore di performance BCI Index © (Brand Communication Interactive Index) permette di

osservare in che misura l’interazione tra Corporate Branding ed EB eserciti un effetto in termini di

posizionamento del brand sul mercato di interesse anche in confronto agli altri marchi. L’indicatore

esprime anche l’interazione tra Brand Awareness e EB. Da queste due interazioni si ricavano dei

grafici che attraverso il posizionamento dell’azienda permettono di capire progetti specifici per le

esigenze della stessa.

3.4 Web page carrier

Ormai tutte le aziende posseggono un sito internet all’interno del quale è allestita la cosiddetta

“Web page carrier”. Queste pagine sono una miniera di dati e permettono di ampliare

notevolmente il bacino di possibili candidati. Non meno degli altri, l’utilizzo di questo strumento va

monitorato attraverso l’utilizzo di specifici indicatori:

1) Tasso a rimbalzo: percentuale di visitatori della pagina che la abbandonano

immediatamente senza cliccare altrove.

2) Pagina di ingresso: la prima pagina del sito visitata da un visitatore. Permette di capire

cosa prendere in considerazione per migliorare i risultati.

3) Successione di click: analisi sofisticata di come i visitatori si muovono nel sito.

4) Tasso di conversione: rapporto tra visitatori unici del sito e candidature ricevute attraverso il

sito.

5) Tasso di abbandono: percentuale di soggetti che abbandonano il sito prima di completare

la candidatura.

6) Visitatori: permette di focalizzarsi su coloro i quali entrano più volte nel sito

Conoscere come variano questi dati permette di includere efficacemente il web nel proprio

progetto di EB.

3.5 Web 2.0

In quest’ultimo paragrafo si vuole ribadire l’utilità della rete come fonte inesauribile di feedback

attraverso i quali un’azienda può modulare le proprie strategie di EB, in particolare focalizzando la

lente sulla caratteristica peculiare del Web 2.0, la sua interattività, quindi la sua intrinseca dote di

essere il luogo perfetto per creare comunità.

Nel grafico seguente è riportato uno schema concettuale in cui è possibile osservare la relazione

tra i social network con i criteri di attrattività e l’EB.

Come si vede dal grafico, i social network propriamente detti (Twitter, Facebook, etc) permettono

di creare consapevolezza e di pubblicizzare aprendo la strada verso social più di stampo

lavorativo come LinkedIn, nei quali è possibile comunicare con chi già lavora per il marchio, che a

sua volta diventa promotore dello stesso, raccontando esperienze positive, l’ambiente di lavoro, le

best practices aziendali e last but not le

lavoro, anche dal punto di vista contrattuale, compresi

Figura 8 Relazione tra Social Network ed Employer Branding

last but not least l’Employer Value Proposition, ossia la proposta di

lavoro, anche dal punto di vista contrattuale, compresi benefits e vantaggi tangibili e intangibili

Relazione tra Social Network ed Employer Branding

16

, ossia la proposta di

e vantaggi tangibili e intangibili

17

4. Trend ed Evoluzioni

4.1 Point Of Difference: Fattori tangibili e intangibili

Nella costruzione della propria immagine come datore di lavoro è facile credere che i benefits

tangibili, i cosiddetti perks, costituiscano l'elemento più rilevante nella scelta da parte del lavoratore

nel valutare una proposta di lavoro.

La realtà è che, mentre la corsa a questo tipo di gratifiche è perseguita da certe aziende fino a

livelli difficilmente raggiungibili da altri – si pensi a Google o a Facebook tra tutti – l'aspetto di

work/life balance non risulta per questo necessariamente bilanciato16 e, anzi, spesso lavorare in

questo tipo di aziende high-tech significa sottostare a un flusso di lavoro ininterrotto in cui non tutti

si sentono a loro agio.

Ciò non vuol dire che questi fattori non comportino un enorme valore di attraction e, almeno nel

primo periodo, di retention, ma non sono di per sé sufficienti: è importante comprende che,

nell'ottica di un EB orientato al Talent Management, l'aspetto motivazionale per un lavoratore non

è tanto o solamente quello dettato dalla sicurezza economica o dal comfort offerto dal posto di

lavoro.

Se osserviamo le analisi condotte sulla job satisfaction condotta da Kelly Services nel 2013 infatti,

solo l'11% si dichiara disponibile a cambiare lavoro per una migliore retribuzione, mentre è doppia

la percentuale di coloro che lo farebbero per potenziare le proprie competenze o per ottenere un

avanzamento di carriera. Ciò ben si collega alle principali cause di insoddisfazione nei confronti del

proprio posto di lavoro, che annovera tra le principali motivazioni la delusione delle aspettative

(19%), e lavoro poco stimolante (13%).

Invece, per quanto riguarda la ricerca attiva di lavoro, brand (53%) e cultura aziendale (51%)

rappresentano i maggiori fattori di influenza dopo l'elemento geografico (54%). Essenziale risulta,

quindi, investire sugli aspetti intangibili che caratterizzano il luogo di lavoro, promuovendo un

ambiente collaborativo in cui siano presenti pratiche e mezzi in grado di valorizzare e sviluppare le

capacità degli impiegati.

In questo, l'aspetto comunicativo costituisce uno strumento essenziale per il diffondersi di una

cultura aziendale all'interno e riuscire a promuovere all'esterno questo ambiente per mezzo della

strategia EB.

4.2 Frontiere comunicative: l'esplosione mobile web

Affermare che “Il futuro è social” è un refrain ormai scontato e ovvio: Facebook ha superato il

miliardo di utenti, Twitter e GooglePlus ne contano circa 500 milioni mentre LinkedIn conta ormai

più di 250 milioni di profili17.

16 M. Checketts, Why perks don't result in employee engagement, http://www.decision-wise.com/, 2013. 17I valori riportati sono presi dal sito www.statista.net e fanno riferimento ai dati forniti al sito direttamente dalle compagnie di riferimento.

18

Accanto a questi sono nate, negli ultimi tre anni, altre nuove realtà social: è il caso di Istagram (100

milioni di utenti) e Pinterest (48 milioni) che si concentrano sulla condivisione di immagini, per non

parlare di communities come TripAdvisor e 4square.

Dal 2010 ad oggi, in pratica, le reti sociali hanno subito un'esplosione demografica senza

precedenti e hanno trasformato radicalmente le nostre abitudini. Il social è il presente ed è

presente nelle nostre vite sopratutto per via della crescente connettività portata dalla diffusione di

smartphone e tablet.

Questo infatti si rivela il dato di maggior rilevanza: il 17% del traffico web nel 2013 è stato generato

da dispositivi mobile, un trend in crescita che comporta già ora una trasformazione delle modalità

d'accesso ai contenuti multimediali e che merita una particolare attenzione soprattutto per chi si

occupa di EB e di recruiting.

Il processo comunicativo si trasformata una dimensione unidirezionale in cui è l'employer a dirigere

la comunicazione nei confronti dei candidati – attraverso annunci, bacheche o anche career page

– ad una omnidirezionale, dove tale posizione privilegiata viene meno.

La facilità di reperire informazioni sull'employer attraverso canali trasversali e che eccedono quelli

messi a disposizione della stessa azienda – come community e social network – ha reso l'EB un

processo molto più delicato che richiede il coinvolgimento dell'azienda nel suo complesso.

La consistenza e la coerenza del brand con l'immagine che l'azienda possiede è fondamentale e

non può che essere ottenuta attraverso processi di collaborazione estesi e non semplicemente

top-down.

Questo ultimo periodo ha impresso un'accelerazione sia alla velocità che al numero di informazioni

scambiate producendo una sorta di immediatezza del contenuto; la comunicazione testuale è

ridotta all'essenza (Twitter), mentre sembra diventare sempre più rilevante una comunicazione più

immediata attraverso l'utilizzo di differenti medium, come avviene con le immagini (Istagram,

Pinterest) o i video (Youtube,Vimeo).

Non è sufficiente comunicare, ma serve comunicare efficacemente. Questo significa anche fare

affidamento a dei contenuti che non trasmettano solo i vantaggi di una posizione lavorativa in una

determinata azienda; in parole povere, bisogna essere in grado di trasmettere l'esperienza che

lavorare per l'azienda produce in chi vi lavora oltre che la descrizione della mansione in sé.

4.3 Marketing esperienziale e Employer Branding

Un nuovo modello di marketing si è sviluppato all'interno di questo modello comunicativo: se i

consumatori (intesi come i destinatari di una comunicazione marketing) sono più informati e hanno

una maggiore consapevolezza nei confronti dei prodotti che gli vengono proposti, il punto focale

diventa allora riuscire a comunicare qualcosa di più delle semplici caratteristiche del prodotto:

l'esperienza che quel prodotto comporta.

19

Per le strategie di EB, questo tipo di comunicazione assume sempre maggiore rilevanza per dare

un carattere unico all'employer: è importante comunicare efficacemente quegli aspetti intangibili

precedentemente detti, trasmettere il complesso di valori ed emozioni vissute all'interno

dell'ambiente lavorativo.

Significa quindi trasmettere contenuti che eccedono la dimensione lavorativa dei ruoli e delle

mansioni svolti nell'azienda, ma di comunicare quell'aspetto di motivazione e di ispirazione

collegati a questa, offrire una narrazione delle “storie” che si sviluppano nel contesto aziendale,

valorizzandone il fattore umano. In questo la nuova diffusione di social network come, ad esempio

Pinterest, favorisce un contesto comunicativo di questo genere, una strada che si è cominciato già

come dimostrano gli esempi di General Electric e The New Traditionalists, che hanno fatto uso

delle bacheche di Pinterest sia per promuovere il loro employer brand (GE) che per promuovere

attivamente la propria attività di recruiting (New Traditionalists).

4.4 Employer Branding oltre il ROI: l'importanza della EVP sul lungo periodo

All'interno del contesto aziendale, fatto di budget e bilanci, spese e profitti, l'indicatore più

comunemente usato è il Return Over Investment (ROI) che, dal conto economico fino al singolo

progetto o prodotto di un'azienda, fornisce un indicatore di performance chiaro e semplice.

Due problemi, già menzionati nella sezione precedente, sorgono nel momento in cui ci si affida a

questa metrica per misurare le pratiche di EB:

1. Che cosa misurare?

Nel corso di questo lavoro è emerso che, nonostante una certa somiglianza tra i modelli,

non è possibile identificare LA strategia, ovvero una tecnica in qualche modo universale da

applicare, senza troppe modifiche, a qualsiasi contesto. Diversi sono in ogni caso gli aspetti

intangibili, in certi casi difficilmente misurabili, di una strategia di branding efficace e solida

che rischiano di non essere valutati dentro un indice quantitativo di questo genere.

2. Breve periodo vs. lungo periodo

Il ROI è un efficace indicatore di performance sul breve periodo ma sul medio o lungo

periodo presenta numerose insidie – sono noti a chi si occupa di contabilità finanziaria sia

le modalità sia numerosi esempi pratici di manipolazione di questo indice. Affidarsi a questo

indicatore come parametro di riferimento del successo di una strategia può quindi risultare,

in combinazione con le criticità del punto precedente, controproducente e non fornire una

fotografia fedele dello stato del processo di EB.

Al di là di quanto già detto in precedenza sugli indici di monitoraggio, è importante che l'aspetto di

ritorno economico, elemento imprescindibile di ogni realtà aziendale, sia messo in relazione con gli

aspetti di coinvolgimento e motivazione dei lavoratori dell'azienda.

20

4.4.1 Oltre il Commitment: l'Engagement

La fedeltà di un dipendente al proprio datore di lavoro non è un aspetto esaustivo degli obiettivi

dell'EB. Non bastano le indagini di clima o i sondaggi d'opinione per avere un quadro chiaro del

rapporto tra i lavoratori e il loro ambiente di lavoro, né si tratta di un puro esercizio comunicativo

cercare di comprendere il livello di engagement dei propri dipendenti: impiegati con alti livelli di

motivazione e coinvolgimento hanno un impatto sensibile sia sul fatturato (tra il 2% e il 4% –

secondo lo studio di Hay Group del 2009) e un tasso di turnover sensibilmente più basso (tra il

40% e il 54%).

L'engagement, la motivazione dei dipendenti a dare di più o a profondere un maggior impegno

rispetto a quello richiesto dallo svolgimento del proprio compito, da come risultato un

miglioramento in termini di performance e di produttività. In esso confluiscono una molteplicità di

aspetti: relazionale, di reward, procedurale, nonché l'attività lavorativa in sé, le opportunità di

sviluppo e di carriera oltre che la qualità della vita (secondo la classificazione proposta da Hewitt

Associated [vedi allegato 1]).

Oltre il mero espediente retorico, fattori quali la disponibilità di opportunità formative (54%),

chiarezza sulle proprie mansioni (47%), autonomia (24%) ed un adeguato riconoscimento (21%)

sono condizioni che impattano positivamente sulla complessiva soddisfazione nei confronti del

proprio lavoro, che in Italia rimane sensibilmente al di sotto dell'area EMEA18 (-4%).

Fornire un'analisi puntuale ed efficace dei fattori di engagement è utile sia nella fase di

individuazione della propria EVP, fornendo un’efficace sintetizzazione dei principali aspetti da

considerare, sia in fase di sviluppo che di comunicazione nei confronti dell'esterno risultando

quindi anche un efficace strumento di verifica per le strategie EB.

4.5 Leader della trasformazione: ruolo strategico delle HR

I trend di EB si intersecano sempre più con trend generali delle HR, per questo è importante

richiamare alcun importanti cambiamenti che investiranno la funzione HR nel prossimo futuro –

secondo le analisi portate avanti dall'Osservatiorio HR Innovation Practice del MIP. La necessità di

includere la funzione nell'insieme delle risorse strategiche dell'azienda andando oltre il ruolo di

semplice supporto amministrativo comporta delle necessarie modifiche, sia nel cosa, sia nel come

dei ruoli e dei compiti assegnati.

4.5.1 Integrazione dei processi

Abbiamo avuto modo di vedere come col tempo nelle aziende, in una prospettiva strategica, l'EB

non sia più appannaggio esclusivo di una singola funzione, ma tragga vantaggio e anzi debba

avvalersi di una pianificazione interfunzionale: HR, Marketing, Comunicazione e DG possono e 18 Acronimo che si riferisce a Europa, Medio Oriente e Africa.

21

devono lavorare insieme per fornire all'Employer Brand un contenuto coerente e solido in grado di

fornire non solo valori di attraction ma anche di retention.

In generale, le indagini condotte dall'Employer Branding Global Research Institute tra il 2009 e il

2011 hanno mostrato già uno spostamento in questa direzione a livello di pianificazione; l’ufficio

Risorse Umane è incaricato dei processi di EB nel 31% dei casi, ma è in sostanziale calo rispetto

alle statistiche precedenti (-19%) mentre sono altrettanto frequenti i casi in cui tali processi sono

coordinati tra due o più dipartimenti (30%). È importante notare anche che è in sostanziale

aumento il coinvolgimento della direzione generale e dei dirigenti (13% e 15% rispettivamente).

L’integrazione di processi è utile, in primo luogo, sia per diffondere con maggiore efficacia i

messaggi e i contenuti all’interno dell’azienda, attraverso un coinvolgimento diretto di differenti

funzioni nei progetti, sia per ridurre la ridondanza dei messaggi o dei flussi di informazioni (sia in

entrata che in uscita). Da questo punto di vista, l’integrazione deve avvenire non solo a livello

procedurale ma anche a livello di trattamento ed elaborazione dei dati.

4.5.2 Business Intelligence & Analytics

In generale, è necessario procedere in direzione del consolidamento delle strutture dati a

disposizione delle aziende sia per quanto riguarda le risorse interne esistenti sia per quanto

riguarda le potenziali acquisizioni.

La creazione di un TRM (Talent Relationship Management), simile al CRM (Customer Relationship

Management) appare un passaggio necessario nella creazione di una ormai necessaria Talent

pool all'interno della quale costruire una connessione privilegiata tra l'azienda e le risorse di

talento, costruendo relazioni di lunga durata con i candidati nella prospettiva di future posizioni

disponibili. Il principio sotteso è che il costo di mantenere queste relazioni è inferiore a quello di

ricominciare di volta in volta il processo.

Il processo di recruiting cambia le sue coordinate di riferimento e non si tratta più, ormai, di

attivarlo solo quando emerge la necessità di riempire eventuali vacancies nell'organigramma,

quanto di instaurare un rapporto costante. Ciò significa anche favorire l'implementazione e

l'integrazione delle basi di dati aziendali con i dati provenienti da differenti canali.

L'utilizzo di differenti canali per l'acquisizione e la diffusione di informazioni, l'orientamento verso

un processo di relazione con le risorse attuali e potenziali talenti di tipo community-oriented

richiede uno sforzo di implementazione al fine di poter effettivamente ottenere un'ottimizzazione

dei processi.

22

5. Great place to work: esempi di best practises

Come fatto riferimento in precedenza, rientrare nella classifica annuale del Great place to work®

rappresenta uno dei traguardi più ambiziosi e soddisfacenti che un’azienda possa raggiungere.

Nato da un’idea di due giornalisti americani, Levering e Moskowitz, il Great Place to Work Institute

è una società di consulenza che deve la propria autorità alla sua storia. E’ il 1981 quando ai due

giornalisti venne proposto da un editore newyorkese di stilare una classifica delle 100 migliori

Aziende in termini di politiche HR. Nonostante la difficoltà del lavoro richiesto, i due iniziarono una

ricerca costante che li portò a scrivere diverse pubblicazioni durante tutti gli anni ’80, fino ad

arrivare al loro più importante lavoro, A great place to Work: what makes some employers so

good- and most so bad, nel 1988. Le ricerche proseguirono fino al 1997 quando, in collaborazione

con Fortune (USA) ed Exame (Brasile), elaborarono la prima classifica delle 100 Best Companies

to Work for. La credibilità e l’autorevolezza dell’Istituto sono cresciute negli anni, portando

all’apertura di numerose sedi in tutto il mondo; nel 2001, venne aperta a Milano la sede italiana, la

quale collabora stabilmente con Il Sole 24 Ore, che pubblica annualmente la classifica delle 100

migliori aziende in Italia. Il Great Place to Work Institute conta ad oggi 47 sedi operative,

collaborazioni con oltre 6000 organizzazioni in tutto il mondo con più di 11 milioni di dipendenti

coinvolti, ed un pubblico di 25 milioni di lettori.

Da quanto affermato dallo stesso Levering, “un ambiente di lavoro eccellente è quello in cui ti fidi

delle persone per cui lavori, sei orgoglioso di ciò che fai e hai un buon rapporto con i colleghi”.

Tenendo presente tale affermazione, i parametri di valutazione in base ai quali un’azienda viene

classificata rispecchiano i principi promossi dai fondatori dell’Istituto, ovvero, fiducia, orgoglio e

buon clima aziendale. In tal senso, i consulenti analizzano le practices aziendali principalmente in

base a due criteri: il Trust Index e il Culture Audit. Il primo si basa su un’attenta analisi di quella

che è la percezione di fiducia dei collaboratori all’interno dell’Organizzazione; vengono evidenziati

così i margini di possibile miglioramento nel caso in cui vengano riscontrate delle criticità, tenendo

come riferimento le best practices dello stesso segmento aziendale. Il secondo criterio, invece, si

basa su un confronto tra la percezione concreta dei lavoratori di ciò che in fase progettuale era

stato previsto come obiettivo finale, in termini di formazione, investimenti, pratiche e programmi

aziendali. Anche in questo caso i consulenti avranno il compito di confrontare la situazione in

esame con le migliori di riferimento, e collaborare al miglioramento delle performances.

Considerando dunque la forte autorità dell’Istituto, si è ritenuto utile fornire in seguito due esempi

italiani di Aziende che si sono distinte per la qualità del loro lavoro. L’azienda Loccioni Group è già

nella classifica del Great Place to Work Institute per l’anno 2014.

Si è poi scelta l’azienda Ferrero S.p.a. per il suo respiro internazionale, la presenza dei suoi

prodotti sul mercato mondiale e le politiche innovative in termini di EB.

23

5.1 Il caso Ferrero

La Ferrero S.p.a. nasce ad Alba nel 1942 per opera di Pietro Ferrero.

Negli anni rimasta fedele ai principi della famiglia, la Mission del gruppo affonda le sue radici in tre

fondamentali proposizioni che possono riassumersi in tre significativi enunciati: “qualità

elevatissima” - “cura artigianale” - “considerazione del cliente”.

Mantenendo costante l’attenzione alla proposition value aziendale (e familiare), la strutturazione

delle HR rispecchia e mette in pratica un certo modello di EB che si basa principalmente sulla

persona in quanto portatrice di valore aggiunto per l’azienda.

Sebbene da sempre riconosciuta come un modello da seguire per quel che riguarda la gestione

del proprio capitale umano, è sotto la guida di Fabio Dioguardi, direttore delle HR dell’azienda dal

2007, che Ferrero riesce ad inquadrare la strada che porta al successo, ovvero il reclutamento di

nuovi talenti in grado di focalizzare e centralizzare il proprio brand all’interno del mercato.

La policy in merito di EB è stata costruita su due leve fondamentali: da una parte, la valorizzazione

degli argomenti e dei principi Ferrero, rivolti all’interno, ai propri dipendenti, e, all’esterno, ai futuri

candidati; dall’altra parte, il potenziamento dell’immagine corporate traguardando il piano d’azione

all’obiettivo di realizzare un luogo eccellente in cui lavorare.

Come ha affermato lo stesso Dioguardi in un’intervista per JobMeeting.it, Ferrero è “un’azienda

leader di mercato che deve assumersi la responsabilità di indicare la strada ed essere un

riferimento per tutte le altre”.

5.1.1 Ferrero Careers: lavorare è questione di click!

Il primo strumento di contatto veloce ed efficace con i lavoratori, potenziali e non, è rappresentato

da Ferrero Careers, la piattaforma 2.0 sulla quale vengono costantemente aggiornate e pubblicate

le offerte di lavoro mirate ai profili ricercati, sia a livello locale, sia a livello internazionale.

Grazie a Ferrero Careers, lavorare in Ferrero è questione di click!

L’invio del proprio C.V. permette agli addetti di ricercare continuamente nuovi talenti, che, una

volta entrati a far par parte dell’azienda, saranno parte di una grande rete formativa attraverso la

quale Ferrero forma ed aggiorna costantemente il proprio personale.

A tal proposito, di focale importanza diventa la Ferrero Corporate University, una scuola per i

Managers e i Professionals di Ferrero che ha lo scopo di far conoscere ed apprendere tutti quegli

strumenti utili per il miglioramento continuo dell’azienda.

5.1.2 Rivolti al potenziale

L’azione di Ferrero verso il “potenziale”, ossia, verso l’esterno e i futuri lavoratori, si è concretizzata

attraverso la realizzazione e la partecipazione a job meeting, career day e testimonianze aziendali

nelle migliori Università italiane con la sponsorizzazione di Master in Marketing Management per Il

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Sole 24 Ore e Publitalia80 e l’assegnazione di stage certificati per la qualità “ok stage” che sono

diventati il bacino più ampio al quale attingere per le nuove assunzioni.

5.1.3 Ferrero Care

Le strategie di potenziamento delle tematiche HR messe a punto hanno portato ad un grande

investimento da parte dell’azienda per quello che ha preso il nome di Ferrero Care, un piano di

Work Life Balance suddiviso in quattro aree (Work Life Balance - Azienda Trasparente - Sviluppo

Professionale - Ambiente di Lavoro) atto a rendere la vita in azienda il più agevole ed eccellente

possibile. Il programma Ferrero Care è un sistema di attività e iniziative dedicate agli oltre 20.000

dipendenti che ritrovano in azienda il clima più adatto per svolgere al meglio il proprio lavoro.

5.1.4.Cerchiamoli all’Università!

Il motto di Dioguardi, citato nel titolo del seguente paragrafo, riassume qual è stato il progetto che il

direttore delle HR Ferrero ha strutturato sulla base della collaborazione avviata nel 2007 con La

Sapienza di Roma, in modo particolare con Gabriele Lizzani, docente di Employer Branding presso

lo stesso ateneo.

Il lavoro con il mondo universitario ha permesso a Ferrero di dar vita a nuovi progetti, i cosiddetti

Company Project, grazie ai quali gli studenti possono cimentarsi in progetti orientati

all’innovazione in partnership con managers e professionisti dell’azienda.

L’esperienza aziendale si è aperta, così, ad un respiro più ampio che va incontro all’esigenze dei

giovani e dell’azienda, allo stesso tempo, in modo tale da ottenere una forte comunicazione del

brand che renda quest’ultimo desiderabile agli occhi di chi vuol entrare a far parte del mercato.

Basti pensare che, solo nel 2009-2010, il 70% delle assunzioni consta di neolaureati e studenti

Master.

5.1.5 Bollino ok stage

L’adesione, dal 2009, al Bollino ok stage si muove nella stessa direzione delle iniziative sopra

citate; la tutela degli stagisti, ricompensati secondo quanto stabilito, e la trasparenza delle best

practices diventano, così, ulteriori cavalli di battaglia dell’azienda torinese che prevede un rimborso

spese di 1.000 euro per chi risiede a oltre 50 km dalla sede e 750 euro per gli altri, più mensa

aziendale e pc portatile. Negli ultimi anni, la percentuale di assunti al termine dello stage è sempre

stata superiore al 50%.

5.1.6 Ferrero Awards

L’innovazione in campo di EB ha garantito a Ferrero riconoscimenti a più livelli in quelle che sono

le classifiche più accreditate in materia di comunicazione del brand, nazionale ed internazionale.

25

Tra i casi di spicco ricordiamo il primo posto di Ferrero, sia all’Employer Branding Survey Monster

2013, sia al contest The Italy’s most attractive employers (Universum), dove ha strappato il podio a

Google.

E ancora, è il 15 marzo 2012 quando Ferrero si aggiudica il primo posto alla Randstad Awards

risultando l’azienda “made in Italy” più all’avanguardia e quindi più per l’EB a livello internazionale.

5.2 Il caso Loccioni

La Loccioni Group nasce nel 1968 ad Angeli di Rosora dalla volontà di Enrico Loccioni.

L’approccio di una “sartoria tecnologica” in grado di poter apportare significativi miglioramenti nel

campo della misurazione e della produzione di processi industriali si collega strettamente alla

Mission dell’azienda che si fonda su pilastri fondamentali quali l’integrazione d’idee, persone,

tecnologie, insieme ad una coerente trasformazione di dati in valore.

Questi i concetti che accompagnano e strutturano quelle che sono le iniziative che l’azienda

marchigiana da sempre mette in atto per quel che riguarda l’EB.

Uno sguardo più attento a quest’ultime pratiche ci consente di constatare nell’immediato l’impegno

che Loccioni dedica nell’attirare a sé nuovi talenti al fine di migliorare le prestazioni e l’efficienza

dei propri prodotti.

In tal senso, la politica di EB targata Loccioni si costituisce sulla “rete” che l’azienda, negli anni, ha

costruito fin dagli inizi della propria attività; una rete le cui maglie sono rappresentate dai rapporti

intrapresi e consolidati con le imprese e le scuole presenti sul territorio al fine di perseguire un

unico obiettivo: il miglioramento della conoscenza e delle pratiche imprenditoriali.

Il mix derivante da questi valori e principi ha fatto sì che le modalità operative dell’azienda fossero

improntate allo stile dell’Open Company e della Play Factory.

In questo senso, Loccioni, non è un posto di lavoro, ma un posto in cui poter lavorare.

La struttura Open consente il continuo flusso in azienda di clienti, giovani, nuovi talenti, la comunità

scientifica, in vista di un migliore e sempre sviluppo tecnologico.

Una tale apertura permette, così, la creazione di nuovi business e di nuove relazioni con le quali

creare mercati efficaci.

Guardando a queste caratteristiche, l’organizzazione del gruppo si struttura, non in modo

gerarchico, bensì, in modo “orizzontale” di modo tale che il dialogo e la condivisione di pratiche e

saperi diventino i punti cardine del brand.

5.2.1 A scuola con Loccioni!

Da questi presupposti sono nati progetti quali Bluezone, U-net, Crossworlds e Nexus.

Rete aperta alla collaborazione con scuole e università marchigiane, Bluezone è il primo modello

che Loccioni “sfrutta” al fine di preparare e formare gli studenti all’interno del proprio gruppo.

Un’occasione che Bluezone fornisce alla propria rete è quella che permette la frequentazione di

26

Master pre-ingresso, percorsi formativi per diplomati e laureati volti a trasferire informazioni

organizzative sul gruppo, conoscenze sul mercato e sui clienti, sviluppare soft skills necessarie per

ottimizzare l’inserimento lavorativo.

Di simile stampo, U-net si apre al contesto universitario per diventare un progetto di collaborazione

multidisciplinare con le Università ed i centri di ricerca nazionali per sviluppare competenze nel

campo della ricerca scientifica ed applicata.

Dando uno sguardo ai numeri, nel 2012, il Gruppo ha contato 1270 studenti in orientamento, 54

testimonianze aziendali in scuole e Università, 12 tesi di laurea, 8 dottorandi e 7120 ore di

formazione in aula.

Verso gli stessi traguardi è orientato il progetto Business Marketing Lab, nato nel 2006 dalla

collaborazione con la Facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche con lo scopo di

valorizzare il know how scientifico attraverso la realizzazione di project work al fine di concretizzare

la conoscenza universitaria in vista del marketing e del business aziendali.

All’interno di questo laboratorio, riveste un ruolo fondamentale il progetto Grown on Loccioni, nella

sua terza edizione nel 2014. Il progetto formativo prevede tre momenti principali, il primo dedicato

alla formazione, durante il quale gli studenti incontrano responsabili d’impresa e consulenti, i quali

espongono le proprio esperienze reali d’azienda; il secondo momento, durante il quale il project

work permette un’attualizzazione dei concetti appresi, ed infine, il terzo ed ultimo momento di

tutoraggio individuale, dove ogni studente è accompagnato nei primi passi fondamentali verso il

mondo del lavoro.

Inoltre, è la stessa Loccioni a pagare le tasse universitarie di ogni partecipante.

Oltre i confini nazionali troviamo Crossworlds, la rete di ricerca internazionale che, in

collaborazione con ATA - Associazione Tecnica dell’Automobile, è volta a stimolare il trasferimento

tecnologico tra settori differenti.

Infine Nexus, la rete locale plurisettoriale che ha lo scopo di diffondere al meglio le potenzialità che

un lavoro interdisciplinare può attivare sul territorio.

5.2.2 Attirare e Condividere

Ai progetti sopra citati, che di anno in anno incontrano un grande successo sul mercato, nazionale

e non, si aggiungono altre due iniziative che arricchiscono il modo di fare impresa di Loccioni, Leaf

community e Silverzone.

Il primo piano d’azione si concretizza in un progetto di condivisione con altre imprese di altissimo

livello, mentre il secondo consta della collaborazione di figure “senior” con le quali l’azienda ha

lavorato affinché la rete di saperi e di conoscenza del gruppo venga messa a disposizione dei

giovani che intraprendono un cammino lavorativo all’interno dell’impresa.

27

5.2.3 Employer Branding & Territorio

L’innovazione di Loccioni in EB si attualizza anche in due piani volti alla valorizzazione della

propria azienda legata alla valorizzazione del proprio territorio.

Si tratta, nello specifico, del progetto LOV, “Land of Value”, e del progetto Marche Style.

LOV è nato per diventare una vera e propria esperienza della convivialità e della familiarità del

gruppo Loccioni a 360° insieme ad un percorso enogastronomico proprio delle Marche.

Un progetto che è “cura verso l’ospite”, accoglienza ed illustrazione didascalica del modus

operandi aziendale rivolto ai nuovi talenti affinché l’esperienza aziendale si trasformi in momento

unico ed irripetibile.

Nella stessa direzione si muove Marche Style, il progetto Loccioni nato nel 2012 con lo scopo

ultimo di attirare nuovi talenti dotati di capacità scientifiche e tecnologiche maturate già in altre

aziende strutturate. Requisito fondamentale del candidato deve essere un forte spirito di

conciliazione tra la vita lavorativa e quella più “intima” legata alla dimensione territoriale.

Vivere il territorio marchigiano seguendo la tradizione mantenendo un profilo lavorativo volto alla

innovazione e al miglioramento, le basi del progetto, hanno fatto sì che, nel 2012, Marche Style

fosse su trentadue testate, online e offline, in meno di sessanta giorni insieme ad un numero di

1260 candidature pervenute.

5.2.4 Loccioni Awards

Stando così le cose, non è un caso se la Loccioni Group si trova oggi sul podio della classifica

“Great Place to Work” come unica impresa totalmente italiana, sia tra le piccole, sia tra le più

grandi aziende.

Inoltre, è nel 2003 che il Gruppo si vede riconoscere da Confindustria il premio Impresa Cultura, e,

nel 2009 il premio Orientagiovani.

5.3 General Electric Company

Pinterest e la costruzione dell’Employer Brand

La General Electric è una multinazionale statunitense del settore tecnologia e servizi fondata nel

1892: visitando il profilo aziendale su Pinterest – social network nato per la condivisione di foto e

immagini – si può leggere questa descrizione: “#Pinning things that inspire us to build, power,

move and cure the world. Welcome to the official GE Pinterest page!”

Nella pagina di GE sono presenti 24 differenti board, e gli argomenti trattati variano enormemente:

si va dalle grandi macchine agli “archivi” che mostrano immagini prese dal racconto della storia e

dell’eredità di GE, passando per la board del concorso “#GEInspiredME”, interamente dedicata alle

foto dei fans. Questa azienda è un ottimo esempio di come dovrebbero essere organizzati, gestiti e

mostrati i contenuti all’interno di una pagina “brandizzata”, sia a livello di semplice strategia di

branding aziendale sia, soprattutto, in un’ottica di EB.

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Tra queste tavole, alcune meritano quindi una particolare attenzione:

1 "The Archives": una collezione di immagini che raccontano la storia della nascita dell’azienda,

attraverso le prime pubblicità e le idee, per far capire come le creazioni - spesso futuristiche -

di GE abbiano cambiato il mondo e la qualità della vita di molte persone. Un modo avvincente

per dire al potenziale candidato che guarda queste immagini “Vieni a bordo, partecipa anche tu

ai nostri successi e aiutaci a migliorare il mondo in cui viviamo!”.

2 “#GEInspiredME”: in questa tavola sono riunite le migliori foto di un concorso indetto da GE al

fine di trovare “the next GE Intagrapher”. Il concorso prevedeva di scattare fotografie col

cellulare e condividerle apponendo l’etichetta “#GEInspiredME”. Le fotografie dovevano

ispirarsi alle quattro aree di innovazione di General Electrics: movimento, costruzione, cure

mediche, energia. Inserire una board come questa significa far leva sul valore della cultura

aziendale e dell’innovazione attraverso canali nuovi, rendendolo più appetibile e riconoscibile

per quelle generazioni, giovani, che, nella proposta di lavoro si aspettano una proposta di

valore, comporti anche una crescita personale e professionale del singolo.

3 “Badass Machines”: è una raccolta delle più incredibili ed enormi macchine costruite da

General Electrics e degli elementi a cui i costruttori di queste meraviglie tecnologiche si

ispirano. Alcune delle didascalie di queste immagini giocano su un tono “da bar”, come se

fossero parte di una conversazione tra amici sulla potenza delle macchine che la fabbrica

costruisce, con un entusiasmo che solo il tono informale può rendere. Questo è un modo di

avvicinarsi agli appassionati come se si parlasse lo stesso linguaggio, informale, crudo e

potente dell’argomento di cui si parla; in questo modo, l'interessato sentirà in queste parole un

invito rivolto proprio a lui. Percepirà chiaramente che l’azienda sta operando una proposta di

valore, e non solo di lavoro, invitandolo a provare ad unirsi ai suoi team di lavoro, qualora

ritenesse di avere lo stesso entusiasmo dell’ingegnere che, fiero del suo lavoro in GE, ne ha

ritratto la maestosità e ha deciso di condividerla con gli altri appassionati.

4 “That’s Genius!”: è una board in cui sono raccolte immagini che riportano frasi e citazioni

brillanti dei più grandi geni del campo. Anche questo è un modo di parlare vicino al target

giovanile che lo avvicina al brand grazie alla condivisione dello stesso codice espressivo. Brevi

frasi, motivanti e pronunciate dai presunti eroi di coloro che dovrebbero rappresentare

l’obiettivo, in termini di personale, dell’azienda.

5.4 The New Traditionalists

Recruiting ai tempi di Pinterest

The New Traditionalists produce mobili di pregio in un laboratorio di New York, ed è un esempio

efficace dell’utilizzo di Pinterest per ricercare nuovi talenti in maniera innovativa e non

convenzionale: tra le varie bacheche dedicate infatti ai prodotti – come “White Linen”,

“Summertime” e “The Devil in the Details” – realizzate attraverso un codice comunicativo informale

29

atto a costruire una narrazione delle ispirazioni che guidano la produzione dell’azienda più che i

prodotti in sé spicca anche la board denominata “HELP WANTED!”: In questa si legge "We are

The New Traditionalists and we are looking to expand our wolfpack! We need a Client Services

Specialist to join us [...]. Traditional postings are boring so we made this board detailing our

desired criteria. Are you the Client Services Superstar that we are seeking? [...]".

La strategia adottata colpisce per originalità e potenza espressiva. E’ operata una costruzione

magistrale dell’employer brand, della figura del datore di lavoro, che attraverso le immagini si

racconta come un giovane talentuoso JFK con grandi piani, come un bambino che non vede l’ora

di crescere, ma anche un adolescente con un bagaglio di sogni e l’entusiasmo di puntare in alto.

Inoltre, le immagini sono fruibili, sono scelte ad arte e rispecchiano vere e proprie ispirazioni (quasi

tutte sono immagini tratte da diversi film), sempre mantenendo un tono amichevole, accomodante,

entusiasta, ma non per questo dimenticando di fornire anche il minimo dettaglio sulla personalità e

le caratteristiche ricercate.

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“The War for Talent is over, and the Talent won”

Se l'EB viene ad identificare la strategia condotta dalle aziende per affrontare quella che è la

“Guerra dei Talenti” descritta all'inizio di questo lavoro, il 2014 rappresenta, prendendo a prestito le

parole usate da Josh Bersin nelle sue Prediction per l'agenzia Deloitte, la fine di questa guerra e

l'affermarsi di un paradigma di competitività che ha il suo fulcro in questi talenti.

Ci troviamo di fronte ad un progressivo allargamento degli orizzonti in materia, in cui non si tratta

più solamente di riempire i vuoti nell'organigramma attraverso forme di comunicazione

unidirezionali, di stabilire retribuzioni ed eventuali benefits sulla base di un valore attuale della

risorsa. Quello che si richiede alle risorse umane è un impegno costante nel Talent Management

che richiede una prospettiva di lungo periodo, il coordinamento tra differenti funzioni e la capacità

di osservare al quadro generale: in altri termini, la funzione HR va ad inserirsi all'interno della più

generale business strategy dell'azienda.

Da questo punto di vista l’incontro con realtà italiane che hanno da poco cominciato a dotarsi di

progetti del genere per l’acquisizione di talenti, come nel caso di Nice S.p.a. di cui abbiamo

intervistato la responsabile del progetto Nice for Talent in occasione della loro testimonianza in

ISTUD, ci ha fornito un utile confronto e una conferma degli aspetti fin qui elencati, sia in termini di

strategie che di tendenze.

31

Sintesi

Senza entrare qui nel dettaglio delle tattiche attivabili di volta in volta per supportare un piano

strategico di EB, possiamo quantomeno indicare alcuni elementi importanti che rappresentano una

sfida cruciale nella realtà italiana:

1. L'EB non è appannaggio delle sole realtà multinazionali, delle grandi o grandissime

imprese e, anzi, un utilizzo efficace dello stesso è possibile anche, e soprattutto, per le

piccole e medie imprese, le quali costituiscono la parte più rilevante del nostro panorama

industriale (Loccioni costituisce, forse, l'esempio).

2. Il carattere omnidirezionale della comunicazione social e web mette ancora più sotto

scacco la dimensione tradizionale di proprietà19 – basata su potere e controllo – che ancora

governa diverse realtà manageriali italiane. L'impossibilità di controllare la diffusione della

propria immagine rende, di fatto, necessario un approccio profondamente collaborativo e

partecipativo: All'interno dell'azienda per la costruzione di un Employee Value Proposition

(EVP) coerente e all'esterno, attraverso l'interazione costante con il “pubblico” e i differenti

stakeholders al fine di valorizzare.

3. La competizione per l'acquisizione dei talenti si svolge, in una realtà iper-connessa come la

nostra, su scala globale e, con l'emergere di qualche timido indicatore di ripresa

economica, questa competizione non può che aumentare. Da parte di un'azienda risulta

sempre meno un'opzione quella di sviluppare una strategia di EB e allo stesso tempo è

necessario dotarsi di una certa esperienza e professionalità in merito.

4. L'immagine di Best Place to Work è prodotta anche e sopratutto attraverso un'opera di

narrazione condivisa in grado di raccontare efficacemente l'esperienza del vivere in

azienda. Per raggiungere questo obbiettivo, affidarsi a tecnologie di storytelling nuove

rappresenta sicuramente un'opportunità; la diffusione e l'utilizzo dei social media consente

delle opportunità precedentemente sconosciute. Si pensi al fenomeno della viralità dei

contenuti che può produrre risultati inaspettati, come nel caso dello spot di Volvo Trucks:

Epic split, che attraverso un efficace utilizzo di un ambasciatore del brand (Jean-Claud Van

Damme) ha realizzato il maggior numero assoluto di visualizzazioni nel segmento.

19 B. Mincington, B. Mitchelson Branching out: Web 3.0 branding, HCA Mag, 2010.

32

Bibliografia:

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