Cubulteria. Ragguagli sulla moneta attribuitagli e sul controverso simbolo del toro androprosopo

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1 CUBULTERIA RAGGUAGLI SULLA MONETA ATTRIBUITAGLI E SUL CONTROVERSO SIMBOLO DEL TORO ANDROPROSOPO Mario Nassa …la ricerca sulle origini della nostra storia patria, proprio tenendo presenti i cambiamenti territoriali e le correlate cancellazioni possibili, deve fondarsi su quel che resta di storico prima di tutto appunto sul territorio, poi sui documenti certi e successivamente sulla tradizione scritta e orale. Gaetano Andrisani Contributi per la storia di Marcianise, Caserta 2006, p. 10 PREMESSA Linaspettata buona accoglienza riservata alla scorsa bibliografica su Fistelia, anche al di fuori del territorio del Medio Volturno (al quale è bene precisare era diretta), da parte degli appassionati di numismatica, mi ha invogliato a dare alle stampe questi ragguagli sui bronzi cubulterini, raccolti in una sorta di contemporanea focalizzazione degli studi passati e presenti (come esortano le due P riflesse dello stemma associativo voluto dal prof. Dante B. Marrocco) 1 sulla monetazione che interessò svariati centri della nostra vallata in un periodo di tempo che va dagli inizi del V sino alla fine III secolo a.C. Tramite essi continuo a manifestare quel senso di profonda gratitudine che avverto verso quanti hanno contribuito, con i loro scritti, a farci sempre di più conoscere e amare la nostra terra. Valga per tutti loro, ancora una volta, la mia accorata invocazione al Signore: Recordare, Jesu Pie, quod sunt causa tuae viae, eos ne perdas illa die. 1 Nella pagina seguente esso è riportato così come appare nel Quaderno di Cultura ASMV n. 19 L’Associazione Storica dal 1915 al 1985, Piedimonte Matese 1985. Lo stemma e tutte le altre immagini presenti nell’articolo sono un’anticipazione gentilmente concessa di quanto ha ricercato e adattato alla stampa Valentino Nassa, nel suo contributo fotografico su Cubulteria costituente la seconda parte di questo opuscolo.

Transcript of Cubulteria. Ragguagli sulla moneta attribuitagli e sul controverso simbolo del toro androprosopo

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CUBULTERIA RAGGUAGLI SULLA MONETA ATTRIBUITAGLI

E SUL CONTROVERSO SIMBOLO DEL TORO ANDROPROSOPO

Mario Nassa

…la ricerca sulle origini della nostra storia patria, proprio tenendo

presenti i cambiamenti territoriali e le correlate cancellazioni possibili,

deve fondarsi su quel che resta di storico prima di tutto appunto sul

territorio, poi sui documenti certi e successivamente sulla tradizione

scritta e orale.

Gaetano Andrisani

Contributi per la storia di Marcianise, Caserta 2006, p. 10

PREMESSA

L’inaspettata buona accoglienza riservata alla scorsa

bibliografica su Fistelia, anche al di fuori del territorio del Medio

Volturno (al quale è bene precisare era diretta), da parte degli

appassionati di numismatica, mi ha invogliato a dare alle stampe

questi ragguagli sui bronzi cubulterini, raccolti in una sorta di

contemporanea focalizzazione degli studi passati e presenti (come

esortano le due P riflesse dello stemma associativo voluto dal prof.

Dante B. Marrocco)1 sulla monetazione che interessò svariati centri

della nostra vallata in un periodo di tempo che va dagli inizi del V

sino alla fine III secolo a.C.

Tramite essi continuo a manifestare quel senso di profonda

gratitudine che avverto verso quanti hanno contribuito, con i loro

scritti, a farci sempre di più conoscere e amare la nostra terra. Valga

per tutti loro, ancora una volta, la mia accorata invocazione al

Signore: Recordare, Jesu Pie, quod sunt causa tuae viae, eos ne

perdas illa die.

1 Nella pagina seguente esso è riportato così come appare nel Quaderno di Cultura

ASMV n. 19 L’Associazione Storica dal 1915 al 1985, Piedimonte Matese 1985.

Lo stemma e tutte le altre immagini presenti nell’articolo sono un’anticipazione

gentilmente concessa di quanto ha ricercato e adattato alla stampa Valentino

Nassa, nel suo contributo fotografico su Cubulteria costituente la seconda parte di

questo opuscolo.

2

Lettura e interpretazione - Lettura araldica: d’argento al libro di

nero bordato di rosso in palo, sostenente una penna d’oro in sbarra

accantonato da due P di nero divergenti, sormontate nel capo da due

stelle d’oro a sei punte.

Interpretazione: lo smalto d’argento indica la purezza

d’intenzione, l’azione disinteressata del sodalizio; il bordo rosso

indica che sono dettate dall’amore alla propria terra; la penna d’oro

indica il merito, il valore di chi scrive. Le due P maiuscole, nere,

divergenti significano preteritur e praesens, passato e presente, i

due campi in cui si svolge l’indagine dell’a.s.m.v. Essi vengono

illuminati dagli studi dell’associazione simboleggiati dalle due stelle,

ognuna su una P.

Lo stemma è stato illustrato dal prof. D. B. Marrocco,

discusso e approvato dal Consiglio direttivo.

Questo scudo è stato dipinto dal socio Cosimo Formichella.

***

3

LA RICERCA ARCHEOLOGICA, NUMISMATICA E MITOLOGICA

L’ubicazione di Cubulteria nel territorio del Medio Volturno,

già prospettata dal Biondo nel ‘500, fu meglio localizzata dal

Pellegrino, nel secolo successivo, e parve definitivamente

dimostrata e circoscritta dal Trutta nel 1776: concorsero alla

risoluzione del problema a favore di Alvignano (CE) la tradizione

locale, importanti carti medioevali e le evidenze epigrafiche2.

Fuorvianti, come vedremo, continuavano a dimostrarsi, invece, gli

studi numismatici.

Joseph Pellerin nel pubblicare la moneta di bronzo sotto

riportata (fig. 1), appartenente alla sua straordinaria collezione, con

ragione, avvertì che appariva totalmente somigliante ad alcune

coniazioni di Neapolis e di altre città campane (figg. 2 a, b, c);

particolare che non lasciava dubbi circa una localizzazione della

zecca emittente in ambito regionale. La scritta regressiva,

, poi, sebbene fosse in caratteri oschi, sembrava

suggerire una confederazione tra Cumae e la vicina Liternum.3

Figura 1

2 Per una più dettagliata “Storia degli studi e delle ricerche” rimando al capitolo

dedicatogli da G. CERA, Il territorio di Cubulteria, in “Carta Archeologia e

Ricerche in Campania” XV supplemento, fascicolo I, L’Erma di Bretschneider,

Roma 2004, pp. 29-37. 3 J. PELLERIN, Recueil de Médailles de Peuples et de Villes qui n’on point encore

été publiées ou qui sont peu connues, tome premier, Paris 1763, pp. 47-49 e tav.

VIII n. 25.

4

Il bue a testa umana presente nel retro, informava inoltre lo

studioso francese, era identificato da grandi antiquari del passato,

tra i quali Spanheim e Vaillant, con il Minotauro laddove altri suoi

contemporanei, ad esempio Pighius, propendevano per un simbolo

coloniale legato all’agricoltura.

Figure 2 a, b, c

a) Moneta di Suessa

b) Moneta di Nola

c) Moneta di Teano

5

Un altro esemplare, in tutto simile al precedente, appartenen-

te alla collezione del duca Di Noja a Napoli, fu reso noto, senza

significative divergenze attribuitive, da Niccolò Ignarra del quale

già conosciamo la preferenza a riconoscere nel mostro androcefalo

il mitico Akeloos, divinità fluviale, figlio di Oceano e Teti e padre, a

sua volta, delle “evanescenti creature, floride / e fluttuanti Nàiadi”4.

Un terzo inedito bronzo, con la consueta testa laureata di

Apollo nel dritto, ma con scritta incompleta, stavolta sul rovescio,

in esergo, sotto il personaggio biforme coronato da Vittoria, fu

pubblicato da Franz Neumann (fig. 3). L’austriaco, diversamente da

Matteo Egizio, da Martorelli, da Macciucca, da Winkelmann e da

altri che scorgevano in esso il nume fenicio Hebone ossia Bacco, si

dichiarava seguace dell’ipotesi sostenuta dal Burmann, dal Müller e

dal principe di Torremuzza i quali previlegiavano riconoscervi la

rappresentazione dei fiumi che scorrevano nei pressi delle città

emittenti (nel nostro caso dunque il Literno)5.

Figura 3

A questo punto Joseph Eckhel ritenne necessario mettere

ordine a tante supposizioni pertanto, nella sua opera enciclopedica,

dedicò un’intera dissertazione al problema del toro con la faccia

4 N. IGNARRA interpretò la scritta come un’abbreviazione di Cume ad Liternum,

ravvisandovi il nome di una città-fiume sita nei pressi della famosa colonia

calcidese. Vedi nel precedente articolo su Fistelia, scorsa bibliografica di una

ricerca storica appassionante, in M. Nassa – V. Nassa, “Fistelia”, Roma 2009 p. 9;

e in Annuario ASMV 2009, p. 181. I versi sono tratti dalla poesia Fantasia presso

la sorgente del Torano di DANTE B. MARROCCO. 5 F. NEUMANN, Populorum et regum numi veteres inediti, Vindobonae 1779 pp. 5-

10 e tav. 1 n. 2.

6

umana nel tentativo di confutare quanti lo ritenevano un fiume e

dimostrare, al contrario, coerente l’ipotesi della raffigurazione

dionisiaca6. Purtroppo il suo zelo scientifico, impossibilitato a

un’attenta analisi ravvicinata per la rarità e forse anche per la

cattiva conservazione dei pezzi noti, non valse a dare la giusta

assegnazione al conio in esame e anch’egli continuò ad attribuirlo a

una concordia delle comunità suddette (fig. 4).

Figura 4

Stralcio del passo di Eckhel su Cubulteria

Giusta appare, in ogni caso, la sua confutazione dell’idea

sostenuta dal barone d’Hancarville, Pierre Francois Hugues, che la

moneta fosse antichissima: un residuato, cioè, della potenza etrusca

presente in campania prima ancora della venuta dei coloni greci.

6 J. ECKHEL, Doctrina numorum veterum, vol. I, Vindobonae 1792 pp. 111-112,

120-121, 129-140. Così conclude l’autore: “…Nam, ut ajebam, mihi in hac

disputatione istud unum maxime fuit propositum, ut negarem, hoc typo fluvios

veteribus intellectos”.

7

Finalmente, agli inizi dell’Ottocento, così come apprendiamo

dalle parole dell’abate Domenico Sestini7, uno dei massimi

nummologi del tempo, ci si accorse che in realtà la scritta riportata

sulle monete era :

“Queste tre medaglie consimili8 ne sarebbero il solo esempio

ritrovato nel terzo metallo, non facendo caso delle altre credute

scritte KVMELTERNVM mentre per le osservazioni fatte da

due celeberrimi colleghi della numismatica, cioè dai Sig.

Zoega, e Uhden, fu ritrovato dai medesimi in Roma istessa, che

non così leggevisi, ma bensì distintamente KVPELTERNVM

siccome ho potuto anch’io riscontrare in quattro esemplari

quasi simili esistenti nel museo Gothano, e delle quali medaglie

ne sarà dato discarico dal Sig. Schlichtegroll nei suoi annali

numismatici, con individuarne i veri popoli, che coniar fecero

tali medaglie.”

Come anncunciato il numismatico tedesco, Adolf Heinrich

Friedrich von Schlichtegroll9, direttore del museo di Gotha in Turingia,

“sommo amico” del Sestini, pubblicò correttamente le monete suddette

e da allora si è potuto associarle giustamente al passo di Livio:

…Fabius in Samnites ad populandos agros recipiendasque

armis, quæ defecerant, urbes processit. Caudinus Samnis

gravius devastatus; perusti late agri, prædæ pecudum

hominumque actæ. Oppida vi capta Compulteria, Telesia,

Compsa, Melæ, Fulsulæ et Orbitanium. Ex Lucanis Blandæ:

Apulorum Æcae oppugnatæ. Milia hostium in his urbibus

viginti quinque capta aut occisa; et recepti perfugæ trecenti

septuaginta: quos cum Romam misisset consul, virgis in

comitio cæsi omnes ac de saxo deiecti…10.

7 D. SESTINI, Lettere e dissertazioni numismatiche…, aggiunte al tomo VIII, Berlino

1805, p. 136. Nella prefazione al tomo IX, Berlino 1806, pp. IX-X l’autore continua

“Nell’istesso tempo verificai li quattro esemplari delle medaglie state insino ad ora

descritte con KVMELTERNVM, per Cumae, e Liternum, e le quali tutte dicono

KVPELTERNVM, per essere restituite ai popoli Cubulterini della Campania, e dei

quali ne fa menzione Plinio, potendosi dire, che Cupelternum n’era la loro città, non

facendo specie, se nelle medaglie si ritrovano impiegate le lettere Π e E in luogo

delle lettere B e V che potevano avere l’istessa podestà nella lingua Osca”. 8 Si riferisce a quelle di Cuma. 9 A.H.F. SCHLICHTEGROLL, Annalen der gesammten Numismatik, parte II, Leipzig-

Gotha, 1806, p. 16. 10 TITO LIVIO, Ab Urbe condita, XXIV, 20, 4. Forme nominative meno curate che

troviamo in alcuni codici sono: C’bulteriam, Cambulteriam, Combultiram,

Combultenam e Combulcenam. Fabio passò nel Sannio a saccheggiare i campi e a

8

Pian piano tutti gli altri eruditi, tra i quali il ravveduto Francesco

M. Avellino11, si allinearono alla giusta lettura. Clamoroso fu, invece,

il caso del transalpino Gustave Daniel de Lorichs, grande esperto della

monetazione celtiberica spagnola, che ancora, a metà Ottocento,

sempre a causa di un mancato riscontro autoptico, inseriva la nostra

medaglia in una sua importante rassegna su quel gruppo etnico12.

È il caso di avvertire che le medaglie con presunta concordia

di Napoli con Cubulteria13, come anche quelle di Neapolis-Caleno,

-Suesano (fig. 5), -Aisernino, -Tiano, altro non sono che frettolose

ribattiture operate dagli zecchieri partenopei; mentre fu un equivoco

del Riccio, come egli stesso ebbe premura di ammettere, la

concordia tra Compulteria e Suessa14.

Figura 5

Esempio di pseudo concordia tra Neapolis e Suessa

tratto dalla tav. VI del Saggio di Minervini

recuperare con le armi le città che si erano ribellate. Il Sannio Caudino fu quello

devastato più crudelmente; il territorio fu bruciato per largo spazio e fu fatta razzia

di uomini e di bestiame. Furono espugnate le roccaforti di Compulteria, Telesia,

Compsa, Mela, Fulsula e Orbitanio…; altra citazione, con labiale occlusiva sonora

anziché sorda, è nel precedente libro XXIII cap. 39. In PLINIO, (Historiae

Naturalis, libro III), come già si è detto, troviamo nominati i Cubulterini tra i

popoli della Campania antica. 11 L’errore è in F. M. AVELLINO, Italiae Veteris Numismata, Napoli, 1808, p. 33; la

correzione è prima nell’Addenda al vol. I, p. 98 e poi nel Supplemento allo stesso,

1814, p. 7. Stesso discorso vale per T. E. MIONNET, per il quale si raffrontino la

Description de médailles antiques, grecques et romaines, I, Paris 1806, p. 115 n.

144 e il relativo Supplément, Paris 1819 pp. 237-238 nn. 263-267. 12 G. DE LORICHS, Recherches numismatiques concernant principalement les

médailles celtibériennes, t. I, Paris, 1852, pp. 243-244. La strana interpretazione è

spiegabile supponendo l’iscrizione in caratteri latini abbreviati nel modo seguente:

KV(rator) PE(cuniae) VT(riusque) E (= quinta) O(fficina) NVM(orum). 13 F. M. AVELLINO, Primo saggio di osservazioni numismatiche, in “Opuscoli

Diversi” vol. I, Napoli 1826, p. 14. 14 G. RICCIO, Repertorio ossia descrizione e tassa delle monete di città antiche…,

Napoli 1852, p. VII e, in appendice, Aggiunte e Correzioni della pag. VII.

9

A livello locale merita un particolare riguardo la monografia

su Cubulteria di Pasquale De Jorii15. In essa lo studioso si mostra

attento e tempestivo recettore di quanto acclarato dagli specialisti in

materia, avvalorandone, per giunta, i risultati tramite la pubblicazione

di un ulteriore pezzo in suo possesso (fig. 6). Le sue parole:

“Non abbiamo ritenuto necessario impegnarci alla spiega

de’ simboli che la moneta rappresenta. Si è scritto tanto su

di tal materia che sembra superfluo il farne più motto”

dimostrano anche una sufficiente conoscenza di quanto veniva

dibattuto intorno al significato allegorico del toro androposopo.

Figura 6

Al tempo in cui egli scrisse, sulla vexata questio, tra gli altri,

erano già intervenuti, in modo particolarmente prolisso, anche il

Millingen e l’Avellino: il primo a parziale sostegno dell’ipotesi di

Ignarra e cioè che il modo di rappresentare Acheloo fosse col tempo

“divenuto il prototipo delle forme emblematiche date a tutti i fiumi”

e il secondo a favore dell’opinione di quanti, a partire dal XVI

15 P. DI JORII, Dissertazione sul sito della distrutta città di Combulteria, Napoli 1834,

ristampata nel 1989 dall’Archeoclub di Alvignano. A indicare che la questione ad alcuni

non appariva ancora così scontata va ricordato che un decennio prima, un altro studioso

locale, il canonico della cattedrale di Venafro G. COTUGNO (v. Memorie Storiche di

Venafro, Napoli 1824, p. 253) continuava a propendere per l’ormai superata ipotesi

riproposta da G. V. CIARLANTI (v. Memorie istoriche del Sannio, Isernia 1644, ristampa

dell’Archeoclub di Alife, 1991, vol. I, p. 80) di situare Compulteria nei pressi del ponte

Latrone, in località Coppetelle di Capriati; e, riguardo alla moneta, più di un decennio

dopo, C. MINIERI RICCIO, Cenni storici sulla distrutta città di Cuma, Napoli 1846, p. 35,

ancora seguiva l’altrettanto antiquata tesi della concordia tra Cuma e Literno.

10

secolo, vi avevano ravvisato un simbolo dionisiaco16.

Intanto la costante pubblicazione di notizie sulle monete di

Cubulteria (fig. 7) non le rendeva più, a metà di quel secolo, così rare

come si presentavano agli inizi: infatti, due di esse erano state recensite

nel catalogo del Museo di Hédervàr in Ungheria, tre apparivano nelle

tavole del Carelli (LXI, nn. 10-12); due stavano presso il Museo

Numismatico Lavy di Torino (nn. 252-253); quattordici, equamente

ripartite, arricchivano il Museo Reale di Berlino e il Regio Medagliere

del Museo Nazionale di Napoli; due furono segnalate dal Müller

presso il Museo Thorvaldsen, a Copenaghen in aggiunta alle quattro

presenti nel Regio Museo di Danimarca già illustrate dal direttore

Ramus; altre due erano presso la collezione privata di Raoul-Rochette

a Parigi e altrettante in quella del barone Stanislao di Chavdoir in

Russia (oggi Ucraina)… In più, nei decenni seguenti, si susseguiranno

numerosi ritrovamenti tra i quali ricordiamo quelli di Morino17,

Tarquinia18 e Ariccia19.

Figura 7

Le due tipologie note tratte dal “Glossario Italico” del Fabretti.

16 Per quanti volessero seguirne l’interessante dibattito segnalo J. MILLINGEN, Recueil

de quelques Médailles grecques inédites, Roma, 1812 pp. 8-13. e F. M. AVELLINO,

Osservazioni sul toro a volto umano tipo di alcune medaglie della Italia e della Sicilia,

in “Opuscoli diversi” vol. I, Napoli 1826, pp. 81-153. Utile alla comprensione delle

posizioni può anche rivelarsi la lunga dissertazione, letta tra il marzo 1835 e l’aprile

1836 dal dr. F. STREBER alla Regale Accademia Bavarese delle Scienze, dal titolo Sul

toro dal volto umano sulle monete dell’Italia meridionale e della Sicilia (Monaco1837,

pp. 453-555) al termine della quale è dichiarata una vistosa concordanza tra le figure del

Dionysos e dell'Achelous così apparentemente incompatibili. 17 Nel 1860 abbiamo notizia dal GARRUCCI, Delle monete scoperte in un ripostiglio

a Morino presso Sora, di un tesoretto composto da circa trecento monete urbiche

tra le quali (p. 134) alcune di Compulteria insieme ad altre di Teano, Sessa, Cales

e Romano-Campane. 18 Per le monete di Compulteria trovate a Tarquinia v. Scavi di Corneto in

“Bullettino dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica”, 1880 p. 50. 19 “Molti esemplari di rame coniati a Neapolis e parecchi di Aesernia, Cales,

Compulteria e Suessa” si rinvennero nel santuario di Diana all’interno del bosco

sacro di Nemi presso Ariccia, v. Bullettino dell’Istituto di Corrispondenza

Archeologica, 1885 p. 234.

11

Nel frattempo, grazie a una monetina di Napoli pubblicata

dal Riccio (fig. 8) che scioglieva “la quistione in favore dell’

Acheloo; per modo che non potrà piu muoversene alcun dubbio per

l’avvenire”, secondo le parole del Minervini, sembrò risolta anche

l’annosa polemica sul rovescio20.

Figura 8

La monetina pubblicata dal Riccio

Non fu così, e l’alternanza delle preferenze continuò. Louis

Sambon, ad esempio, tornò a privilegiare nel “dieu inconnu que les

anciens représentaient sous la forme symbolique du taureau à face

humaine” il Bacco riconosciuto da Eckhel21; viceversa, Raffale

Garrucci riconobbe in esso, ancora una volta, il dio legato al fiume

dell’Acarnania individuato da Ignarra. Da parte sua, il brillante

direttore del gabinetto numismatico di Atene Ioannes Svoronos

ritenne che si sarebbe potuto preferire l’una o l’altra supposizione a

condizione che si fosse accettato il valore astronomico del tipo22.

Arthur Sambon, infine, ritornò sul compromesso tra le due tesi

riconoscendo primariamente nella figura taurina presente nelle

didramme napoletane il mitico Acheloo pur non escludendo, nel

20 Cfr. G. MINERVINI, Moneta inedita di Napoli, che risolve la quistione del toro

androprosopo, in “Bull. Archeologico Napolitano” n. s., 8, ottobre 1852, pp. 57-58 nel

quale l’A. supera le deduzioni che nel numero di settembre, Osservazioni sulle monete

di Napoli colla protome del Sebeto, pp. 45-48 lo facevano propendere per Bacco. 21 L. SAMBON, Recherches sur les anciennes monnaies de l’Italie méridionale, Napoli

1863, pp. 29-31. Altrettanto fecero, in merito alle monete campane, il connazionale

LENORMANT, l’inglese GARDNER, il tedesco GRUPPE, l’austriaco SACKEN etc. 22 I. N. SVORONOS, Sur la signification des types monétaires des anciens, in “Bulletin

de correspondence hellénique”, vol. 18, 1894, p. 112-114. Rifà così capolino anche la

teoria della costellazione del Toro indicante Hebone, riportata in passato, tra gli altri, da

G. SANCHEZ, La Campania sotterranea…, tomo I, Napoli 1833, p. 282.

12

corso dei secoli, una perdita del suo significato originario a favore

del nuovo culto in ascesa23.

A livello linguistico il termine osco kupelternum, di seconda

declinazione, analogamente alle altre iscrizioni monetali con

desinenza –um, secondo Mommsen, esprimeva piuttosto il genitivo

plurale del nome del popolo (lat. Cubulterinorum, ita. dei

Cubulterini) che il nominativo singolare neutro ricavato dal

gentilizio (Cubulteria)24 recante quasi sempre il puntino distintivo

sopra la ů. Il professore tedesco, in altra occasione, esprimeva

anche il suo pensiero riguardo alla probabile etimologia del termine

con le parole: “Der Name Compulteria scheint abgeleitet von

Compula und dies (vgl. Compsa für Comptia) etwa von campus wie

Capua, oder von κάμπτω”25.

Dello stesso avviso, riguardo al caso, si dichiarò Huschke il

quale, “convinto che le radici dell’osco sarebbero quasi tutte greche

o parenti alle greche prische”26 provò, invece, a tradurre il nome in

Krãmerstadt ossia città mercantile, ritenendolo affine a καπηλευτής

(sostantivo derivato del verbo καπηλευεĩν = mercanteggiare) 27, pur

notando, di contro, che il termine poteva richiamare il latino

compellĕre (costringere, radunare)28. Questa seconda ipotesi sarà, in

seguito, ritenuta valida anche dal Keller, dal Weise e dalla

Bertolotti29.

23 A. SAMBON, Les monnaies antiques de l’Italie, Paris 1903, p. 173 n. 1 e p. 181.

“Le ragioni del sincretismo che de’ due culti poté farsi in tempi e da coloni diversi e

posteriori” erano state in passato dottamente illustrate anche dal presidente della Reale

Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, N. CORCIA con la memoria De vaticinii

e del nome di Bacide, letta nella tornata d’inaugurazione del nuovo anno accademico il

17 gennaio 1865. 24 T. MOMMSEN, Sulle desinenze delle epigrafi nelle monete osche, in “Annali di

Numismatica” pubblicati da G. FIORELLI, vol. I, Roma 1846, p. 38. 25 T. MOMMSEN, Die Unteritalischen Dialekte, Leipzig 1850, p. 272. Il nome

Compulteria appare un derivato di Compula e questo (cfr. Compsa per Comptia)

più o meno come Capua, da campus, oppure dal greco κάμπτω (curvare, piegare). 26 P. RISI, Dei tentativi fatti per spiegare le antiche lingue italiche e specialmente

l’etrusca, Milano 1863 p. 78 n. 2. 27 ERODOTO parlando degli antichi abitanti della Lidia, in Asia Minore, riferisce

che essi, primi tra gli uomini a coniare monete d’oro e d’argento, erano κάπηλoi

ossia commercianti al minuto (Storie, I, 94, I). 28 PH. E. HUSCHKE, Oskische und Sabellischen Sprachdenkmäler, Elberfeld 1856,

p. 155. 29 R. BERTOLOTTI, Saggio sulla etimologia popolare in latino e nelle lingue

romanze, 1958 p. 26.

13

Ritornando alla stampa locale va debitamente segnalata

l’opinione controcorrente di Giuseppe Mennone che, al pari di altri

sostenitori del posto, ritenne di situare l’antica Compulteria sulla

sponda opposta del Volturno, nel tenimento di Gioia Sannitica in

contrada la Torre, località in passato designata col nome di

Compostella.30 Nel primo Novecento, poi, seppure in riferimento ad

emissioni alifane, affrontarono il problema del mostro mitologico

Luigi Posteraro31 e Luigi Marone32 ma anche Raffaele Marrocco e

Nicola Borrelli. Come di consueto, vediamo un po’ più nel

particolare l’opinione di questi ultimi ai quali siamo legati da una

particolare simpatia.

Non vi è dubbio che il primo fosse del parere di quanti vi

ravvisavano un fiume: tanto appare da alcune osservazioni fatte dal

Marrocco in margine all’articolo del Marone e, soprattutto, da un

suo contributo successivo intorno alle monete di Beneventum.33 Va

ricordato, a questo punto, che il benemerito direttore del piccolo

museo di Piedimonte si era anche procurato, tramite un felice

acquisto per lire 50 dal signor Nicola Caprarelli, il 16 giugno 1930,

la rara “litra di Compulteria”. Essa rimase esposta nel medagliere

cittadino fino alla notte del 29-30 agosto del 1966, quando fu rubata

insieme a tantissime altre34. “Un furto su commissione” l’ha sempre

definito, con rammarico, il figlio Dante succedutogli nella carica

direttiva, indicandone, infruttuosamente, agli inquirenti, mandanti

ed esecutori.

Diversa, ancora una volta, appare la posizione del Borrelli.

Di lui è nota la dura presa di posizione nei confronti dell’articolista

alifano, a difesa dei tanti dotti che nel corso di due secoli avevano

30 G. MENNONE, Riassunto storico dell’antico Sannio, 1895 (ristampato dall’

Archeoclub d’Italia sez. Alife nel 1997), pp. 120-121. 31 L. POSTERARO, Origini di Alife – Simbolismo delle tradizioni e della sua moneta,

conferenza inaugurativa dell’Associazone Storica Regionale pubblicata in

“Archivio storico del Sannio Alifano e contrade limitrofi”, I, 1916, I, pp. 9-19. 32 L. MARONE, Intorno al simbolismo della moneta di Alife, in “Archivio storico del

Sannio Alifano e contrade limitrofe”, VI, nn. 16-17-18, 1921, pp. 3-11. Articolo

scritto per confutare la convinzione del Posteraro in merito alla rappresentazione del

fiume Torano sulla moneta di Alife e a beneficio dell’idea “assai più nobile pei nostri

popoli, cioè il culto al benefico Sole, che era il nume protettore della città, e veniva

adorato, come anche a Napoli, sotto il nome di Ebone”. 33 R. MARROCCO, Il simbolismo nella moneta dell’antica Beneventum, in

“Bollettino di Numismatica”, Anno I, n. 2, marzo-aprile 1929, pp. 1-4. 34 Alla composizione del monetiere del Museo Civico è stato dedicato il quaderno

di cultura n. 21 dell’Associazione Storica del Medio Volturno, utile anche per i

sintetici cenni storici riportati.

14

sottoscritto l’attendibile versione del culto fluviale, anche se

personalmente non la condivideva35. Egli, in realtà, preferiva vedere

nel toro androprosopo il simbolo della terra feconda, il culto della

Terra Madre, e di questo ragionò compiutamente in un apposito

studio36 (fig. 9) dopo averne anticipato l’idea in altri dedicati alla

monetazione di Cales e di Suessa Aurunca.

Figura 9

Raffigurazioni e titolo dell’articolo di N. Borrelli

Nella parentesi sui soci scrittori del passato va ancora aggiunto

che, nello stesso periodo, a proposito della moneta similare di

Venafro, Giuseppe Cimorelli dice che essa “reca scolpito nell’una

parte la testa di Apollo, nell’altra Acheloo coronato dalla Vittoria”37;

la medesima tesi che a livello nazionale, per le coniazioni di

Neapolis, sosteneva lo storico fiorentino Giulio Giannelli38.

Anche per questo secolo, diamo ora rapidamente conto dei

più noti ritrovamenti di monete cubulterine cominciando da Riccia,

35 N. BORRELLI, Ancora del toro androprosopo in monete della Campania, in

“Miscellanea Numismatica”, 1922 nn. 3-4, pp. 56-59. 36 N. BORRELLI, Tipi monetali campani – Il toro androprosopo, in “Miscellanea

Numismatica”, 1922 nn. 5-6 e seguenti. 37 G. CIMORELLI, Edifici monumentali della Regione in “Archivio storico del

Sannio Alifano e contrade limitrofi”, Anno VII, nn. 19-20-21, Piedimonte d’Alife

1922, p. 18. Il concetto era già stato espresso dall’A. alcuni anni prima in Breve

cenno sull’origine di Venafro, c. s. anno II n. 5, 1917, p. 66 38 G. GIANNELLI, La figura taurina sulle monete della Magna Grecia, in Rivista

Italiana di Numismatica, 33, (Milano 1920), pp. 105-141.

15

in provincia di Campobasso, dove nel 1903 furono segnalati,

specialmente nei suoi casali, ritrovamenti di monete di Suessa,

Cales, Teanum, Fistelia, Compulteria, Aesernia, Allifae39.

Saltiamo poi con decisione agli anni ’50, quando gli scavi

condotti metodicamente a Carsoli portarono alla luce circa 3000

monete di cui 16 in argento. Del Medio Volturno o prossimo a esso

risultarono esservi presenze di Aesernia, Suessa, Cales, Teanum,

Cubulteria, Allifae, Fistelia40.

Negli stessi anni fu, altresì, esplorata la stipe di Rocca San

Felice nella Valle dell’Ansanto, in provincia di Avellino, che non

mancò di restituire, nel corso di alcuni decenni, numerosissimi

bronzi di Neapolis, Nola, Cales, Suessa e Compulteria.41

Ancora un balzo virtuale in un’altra fossa votiva, questa volta

a Casalvieri (FR), località Pescarola, dove tra il 1990 e il 1991

furono trovate 514 monete di bronzo tra le quali un gran numero di

quelle con Apollo/Toro androcefalo appartenenti a Aesernia, Cales,

Compulteria, Nola, Suessa, Teanum, Venafrum42.

Infine altri sporadici ritrovamenti sono stati evidenziati in

Molise43 ma anche in Lucania44 e, meno probabilmente, in Sicilia45.

Si è parlato all’inizio di un’analogia tipologica delle monete

di Cubulteria con alcune di quelle napoletane. La squisita gentilezza

della professoressa Marina Taliercio Mensitieri, autrice di un

pregevole studio sul bronzo di Neapolis46 presentato nel convegno

internazionale di Napoli del 1980, ha reso possibile l’aggiunta di

qualche parola di conoscenza in più sull’argomento.

39 B. G. AMOROSA, Riccia nella storia e nel folclore, 1903 p. 33. 40 La notizia è tratta da E. BALLA, Un deposito votivo del III sec. a.C. a Carsoli,

documento PDF da Internet. 41 BOTTINI-RAININI-ISNENGHI COLAZZO, Valle d'Ansanto. Rocca S.Felice (AV). Il

deposito votivo del santuario di Mefite, in “Notizie degli scavi di Antichità”, 1976. 42 Riprendo da I sanniti e la conquista romana a cura di A. MORELLO, in

“Quaderno di Studi del Circolo Numismatico M. Rasile” n. XXI pp. 12-20. Vedi

anche F. CATALLI, Materiali numismatici dal santuario di Casalvieri (Sora), in

“Depositi votivi e culti dell’Italia antica…”, 2005, p. 145. 43 M. J. STRAZZULLA, Reperti monetari degli scavi del santuario sannitico di

Pietrabbondante, in AIIN, n. 20, 1973, p. 98; A. DI IORIO, L’apporto della civiltà

magnogreca in area sannitica, Roma 1997, p. 35. 44 L. DE LACHENAL, Da Leukania a Lucania: la Lucania centro-orientale fra Pirro

e i Giulio-Claudii, 1993 p. 87. 45 B. BECHTOLD, La necropoli di Lilybaeum, Roma 1999, p. 440. 46 M. TALIERCIO MENSITIERI, Il bronzo di Neapolis, estratto da “La monetazione di

Neapolis nella Campania antica”, Napoli 1986, pp. 219-373 (tav. VII-XXI).

16

Secondo la famosa studiosa, il gruppo a) di terza fase (fig. 10),

caratterizzato al dritto dalla testa di Apollo e al rovescio dal toro

androprosopo incoronato da Nike (peso medio di gr. 5,43), comune

ad altri centri quali Aesernia, Compulteria, Cales, Nola, Suessa e

Teanum, rappresenta l’unità del sistema (obolo) in un periodo

abbastanza lungo che mostra il massimo sforzo coniativo, sintomo di

“un urgente ed improvviso bisogno di monetazione”, negli anni

coincidenti con la prima guerra punica (264-241 a.C.).

Figura 10

Alcune monete di Neapolis riportate dalla prof. Taliercio alla tav. XIV

Anche la professoressa Renata Cantilena ritiene che “le

contemporanee serie dei centri campani citati, siano monetazioni

della prima guerra punica”47 “coniate proprio per i contributi che

essi erano tenuti a versare, in uomini e mezzi, per sostenere Roma

nelle sue imprese militari”.48

Il dottor Alberto Campana, al quale vanno particolari

ringraziamenti per i consigli e l’incitamento alla prosecuzione dello

studio, concorda ugualmente sul fatto che queste monete “emesse in

grande quantità per sopperire alle spese collegate alla prima guerra

punica, ebbero ampia circolazione nelle zone interne della

Campania, Samnium e Frentania”49.

47 R. CANTILENA, Problemi di emissione e di circolazione monetale, in "Sannio",

1984, pp. 85-97. 48 R. CANTILENA, La moneta tra Campani e Sanniti nel IV secolo a.C., in “Studi

sull’Italia dei Sanniti”, Roma 2000, pp. 82-89. 49 A. CAMPANA, Corpus nummorum antiquae italiae – zecche minori, vol. I,

Frentania: Larinum, in “Panorama Numismatico” n. 79, Suzzara 1994, p. 258.

17

Prima di concludere la parte strettamente numismatica è

opportuno tornare un attimo sul simbolo esaminato50 per segnalare un

recente studio a suo dire “generico e introduttivo” di Antonio

Morello dal significativo titolo Acheloo -toro dal volto umano- sulle

monete di bronzo della Campania Antica. In esso l’autore,

premettendo “di non affrontare l’argomento relativo al valore

nominale delle monete di bronzo in questione, essendo oggetto di

acceso dibattito tra gli studiosi”, oltre a dare una panoramica sulle

città che adottarono il tipo trattato, mostra di propendere per l’ipotesi

sostenuta dal Garrucci ossia di una raffigurazione fluviale legata al

noto personaggio della mitologia greca; orientamento che, come

apprendiamo dall’amabile e prodiga professoressa Maricì Martins

Magalhães, sembra prevalere tra gli studiosi contemporanei:

Come si sa, le divinità fluviali dei greci sono rappresentate

iconograficamente come tori con le corna proiettate in avanti, già

noti nel mondo italiota e siceliota, rispettivamente a Laos,

Metapontum, Katane e Gelas. Nel caso specifico di Napoli,

inizialmente si è pensato di attribuire questa iconografia a una

divinità maschile barbata, venerata localmente, come Dionysos

Hebon o Zeus Zagreus, ma questi culti sono poco diffusi e di

esiguo significato prima dell’epoca ellenistica e romana.

L’esistenza di un esemplare di obolos di Neapolis con il dio

tauriforme, deve si legge chiaramente al D/ la leggenda con il nome

del fiume che scorreva nei pressi della città (ΣΕΠΕΙΘΟΣ, cfr. HNI

2001, n. 558), sembra sia stata la chiave per riconoscere che

l’iconografia del tipo di R/ dell’argento napoletano corrispondesse ad

una trasposizione del dio-fiume Acheloos (la più grande divinità

fluviale del mondo greco) nel mondo italiota (per tutto ciò, si rinvia a

Rutter 1979, pp. 42-45, con ampia bibliografia sull’argomento,

Rutter 1997, pp. 63-65; concordano sostanzialmente Cantilena-

Giove-Rubino 1986, pp. 116-119, v. anche Cantilena 1988, pp. 43-

91, specialmente alle pp. 46-47 e 67)51.

50 Valga anche per esso il monito che l’interesse tipologico non porti ad “istituire

delle teorie astratte, lì dove è solo un succedersi di dati di fatto, che tanto hanno

valore e possono avere un significato valido, quanto più restano immersi nel loro

mondo e nel loro ambiente storico in stretta connessione con gli altri aspetti ed

interessi, che muovono la moneta e ne costituiscono l’essenza”. LAURA BREGLIA,

Numismatica antica – Storia e metodologia, Milano 1967, p. 40. 51 M. M. MAGALHÃES, As moedas de Neapolis na coleção do MHN: iconografia e

epigrafia monetaria, in “Boletim N° 60” della Sociedade Numismàtica Basileira, 2°

semestre 2007, pp. 5-28. Per meglio comprenderne il significato si è qui preferito

riportare un passo similare tratto dalla nota 13 de Le monete della Campania nella

collezione del Museo Storico Nazionale di Rio de Janeiro, pubblicato dall’A. in

“Oebalus” studi sulla Campania nell’Antichità, n. 2, Roma 2007, pp. 7-47.

18

Una ulteriore “convincente dimostrazione che tutte le

raffigurazioni del toro androprosopo con corna e lunga barba sulle

monete siceliote e italiote rappresentino Acheloo, e non qualsivoglia

divinità fluviale” si deve, a detta di alcuni, al docente di Archeologia

presso l’Università di Zurigo Hans Peter Isler che, in passato, ha

dedicato al mitico personaggio un corposo libro di oltre duecento

pagine52.

“Uso esteso e prolungato, che non poteva mancare di restare

nel ricordo, tanto più che si basava su un fondo religioso antico e

tenace” il simbolo trattato (fig. 11) continuò ad apparire, secoli

dopo, sulle monete romane della gens Durmia53.

Figura 11

Il toro androcefalo sul rovescio di un denario di Marcus Durmius (18 a.C.)

UBS 78, 9 sett. 2008 n. 1303 (ingrandimento fotografico)

52 H. P. ISLER, Acheloos. Eine Monographie, Bern, 1970, pp. 81 e ss. V. anche

sotto la voce Acheloos curata dall’A. in Lexicon Iconographicum Mythologiae

Classicae I, Zürich1981, 12-36. 53 J. BAYET, Remarques sur quelques types italiotes du monnayage Julio-Claudien,

articolo pubblicato una prima volta nel 1948 in “Mélange d’Archéologie et

d’Histoire offerts à Charles Picard” e successivamente in “Idéologie et Plastique”

Rome 1974, p. 42..

19

In campo archeologico la settecentesca supposizione di

Francesco Sacco54 che riteneva Dragoni rinata dalle rovine di

Cubulteria, accettata dalla prof. Rosa Carafa55 e dal prof. Giuseppe

Guadagno56, riproposta inizialmente come probabile e in seguito

preferita dall’avv. Domenico Caiazza57, anche per la dott. Giovanna

Cera “rappresenta un’ipotesi di lavoro molto verosimile, ma al

momento non supportata da prove sicure”58. La studiosa, alla luce

dei dati raccolti e in disaccordo con quanto si dirà tra breve di altri,

ritiene che una volta superato il pericolo rappresentato dall’esercito

di Pirro, la Cubulteria romana sia andata progressivamente a

comporsi attorno al complesso santuariale di Alvignano.

Alcuni saggi di scavo promossi, a più riprese, negli ultimi

venti anni, dagli organi preposti alla tutela dei beni pubblici, nei

pressi della basilica di San Ferdinando, hanno evidenziato

inequivocabili resti di un deposito votivo indicante la presenza di

un’importante e prolungata pratica cultuale; mentre posteriori

strutture rustiche rilevate nella zona hanno portato i relatori a

escludere l’insediamento di tipo urbano preconizzato dalle fonti

citate all’inizio59.

54 F. SACCO, Dizionario geografico-istorico-fissico del Regno di Napoli, I, Napoli

1795 alla voce Dragoni. 55 R. CARAFA, Logica insediativa ed ipotesi di sviluppo nel tempo: tre centri del

massiccio trebulano, in “Antiqua” n. 4 (1977) p. 34. 56 G. GUADAGNO, Sui centri fortificati preromani nell’Alto Casertano, in “Archivio

Storico di Terra di Lavoro”, VI, 1979 pp. 267-268. 57 D. CAIAZZA, Archeologia e storia antica del Mandamento di Pietramelara e del

Montemaggiore, I, Preistoria ed età sannitica, Pietramelara-Isola Liri 1986, capitolo

XI. L’autore in questa occasione pare più orientato al riconoscimento della Rocca di

Dragoni con Atina riportata in un brano dallo storico latino Tito Livio (Ab Urbe condita

libri, IX, 28). Idem, Il territorio tra Matese e Volturno – Note di topografia storica, in

“Il Territorio tra Matese e Volturno”, atti del I convegno di studi sulla storia delle

foranie della diocesi di Isernia-Venafro – La Forania di Capriati, Capriati a Volturno 18

giugno 1994, pubblicati a Castellammare di Stabia nel 1997, pp. 17-50. 58 G. CERA, op. cit., 2004, p. 196. In merito poi alla “già più volte menzionata serie

monetale a leggenda osca Kupelternum” (si riferisce particolarmente alle pp. 26-27;

195) la giovane ricercatrice ravvisandovi un “ probabile riflesso e indizio di una

condizione di autonomia politica della comunità sannitica di Cubulteria”, conclude

che essa “andrà pertanto verosimilmente riportata agli anni della spedizione di Pirro,

entro limiti cronologici comunque compatibili con la datazione tradizionalmente

assegnatale” (p. 203). 59 Approfondimenti sull’attività della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle

Province di Napoli e Caserta stanno in L. CRIMACO, Alvignano (Caserta). Località

S. Ferdinando. Indagine archeologica nell’area dell’antica Cubulteria, in

20

L’esborso pecuniario dell’imperatore Adriano, che ha

lasciato traccia in una famosa epigrafe caiatina60, non servì a rifare

la cinta muraria di Cubulteria ma interessò, visto il particolare

interesse palesato dal principe per questo tipo di interventi (fig. 12),

un edificio sacro61.

Figura 12

Panorama complessivo in percentuale dei 15 interventi evergetici

(6+3+2+2+1+1) attribuibili all’imperatore Adriano tratto da R. Castagna.

“Bollettino d’Archeologia” 11-12, 1991-1992, Roma 1994, pp. 144-146; IDEM, Dal

vicus al castello. Genesi ed evoluzione…, Napoli 2002 pp. 99 e ss. 60 Cfr. T. MOMMSEN, Corpus Inscriptionum Latinarum X 4574 o anche H. SOLIN,

Le iscrizioni antiche di Trebula, Caiatia e Cubulteria, Caserta 1993, pp. 86-87. 61 R. CASTAGNO, L’evergetismo di Traiano ed Adriano nelle città dell’Italia,

“LANX” 1 (2008), pp. 118 n. 49: “… Il testo che qui è stato riferito a Caiatia,

sulla base del suo luogo di ritrovamento, potrebbe anche intendersi come un

tempio dedicato invece agli abitanti di Cubulteria, riferendo «Cubulternis» non già

a «marmoribus», come qui si è fatto, bensì ad «aedem». A Cubulteria comunque

pare esistessero buone cave di marmo (Cfr. JOUFFROY 1986, p. 121 e

PANCIERA 1992, p. 154)”.

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