Choreographic Speech

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Choreographic Speech Emanuele Braga 03/09/2013 All’interno del progetto di Landscape Choreography ab- biamo condotto negli ultimi anni una particolare ricerca sull’uso della danza. Qui vorrei spiegare quali riflessioni e con quali riferimenti teorici stiamo lavorando. In riferimento a Henri Lefebvre abbiamo posto l’accento sulla costruzione dello spazio urbano come un reticolato, una tessitura di gesti abitudinari compiuti dalle persone che lo attraversano quotidianamente. Il modo in cui i corpi attraversano lo spazio quotidianamente si può concepire come il campo di una coreografia sociale. Ogni luogo, spazio urbano è sotteso da un insieme di codici e regole implicite che dettano le condizioni di possibilità di utilizzo del corpo da parte di chi attraversa lo spazio. Questo aspetto per noi è fondamentale: dal punto di vista coreografico ogni spazio urbano è differente, perché sotteso da specifici codici e regole normative che limitano le condizioni di possibilità di comportamento e di mobilità. Da che cosa sono definiti questi codici normativi? Domanda difficile da esaurire. Di sicuro però il fattore culturale, la storiografia del territorio, l’assetto propri- etario, l’economia, il rapporto fra lavoro e tempi di vita, la burocrazia, i processi identitari o ideologici, creano quei campi normativi entro cui si sviluppano rapporti specifici fra soggetti controllati e norme, piano del territorio e possibilità di azione, sia sul livello culturale che su quello economico ed urbanistico/architettonico. E’ bene sottolineare infatti che i codici di controllo del corpo nello spazio urbano, sono solo in minima parte materializzati nella disposizione spaziale e architettonica degli oggetti: in gran parte operano nell’intelletto collet- tivo delle comunità che lo attraversano. Nella maggior parte dei casi anche se non compare nessun impedi- mento fisico, cartello di divieto a muoversi in un deter - minato modo, nessuno osa fare in modo differente. Nel momento in cui succede qualcosa di differente, un coro di reazioni esploderà perché questa nuova azione era stata fino a quel momento inconcepibile. In quanto danzatori abbiamo cercato di metterci in relazione con lo spazio urbano e gli oggetti che lo com- pongono, senza dichiarare che stavamo facendo un lavoro artistico e uno spettacolo o un workshop. Spesso la creazione di una quarta parete, di uno spazio deputato Landscape Choreography, Cluj-Napoca, 2013 Landscape Choreography, Cluj-Napoca, 2013 Landscape Choreography, Cluj-Napoca/Manastur(RO), 2013

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Choreographic SpeechEmanuele Braga03/09/2013

All’interno del progetto di Landscape Choreography ab-biamo condotto negli ultimi anni una particolare ricerca sull’uso della danza. Qui vorrei spiegare quali riflessioni e con quali riferimenti teorici stiamo lavorando. In riferimento a Henri Lefebvre abbiamo posto l’accento sulla costruzione dello spazio urbano come un reticolato, una tessitura di gesti abitudinari compiuti dalle persone che lo attraversano quotidianamente. Il modo in cui i corpi attraversano lo spazio quotidianamente si può concepire come il campo di una coreografia sociale. Ogni luogo, spazio urbano è sotteso da un insieme di codici e regole implicite che dettano le condizioni di possibilità di utilizzo del corpo da parte di chi attraversa lo spazio.Questo aspetto per noi è fondamentale: dal punto di vista coreografico ogni spazio urbano è differente, perché sotteso da specifici codici e regole normative che limitano le condizioni di possibilità di comportamento e di mobilità. Da che cosa sono definiti questi codici normativi? Domanda difficile da esaurire. Di sicuro però il fattore culturale, la storiografia del territorio, l’assetto propri-etario, l’economia, il rapporto fra lavoro e tempi di vita, la burocrazia, i processi identitari o ideologici, creano quei campi normativi entro cui si sviluppano rapporti specifici fra soggetti controllati e norme, piano del territorio e possibilità di azione, sia sul livello culturale che su quello economico ed urbanistico/architettonico. E’ bene sottolineare infatti che i codici di controllo del corpo nello spazio urbano, sono solo in minima parte materializzati nella disposizione spaziale e architettonica degli oggetti: in gran parte operano nell’intelletto collet-tivo delle comunità che lo attraversano. Nella maggior parte dei casi anche se non compare nessun impedi-mento fisico, cartello di divieto a muoversi in un deter-minato modo, nessuno osa fare in modo differente. Nel momento in cui succede qualcosa di differente, un coro di reazioni esploderà perché questa nuova azione era stata fino a quel momento inconcepibile.

In quanto danzatori abbiamo cercato di metterci in relazione con lo spazio urbano e gli oggetti che lo com-pongono, senza dichiarare che stavamo facendo un lavoro artistico e uno spettacolo o un workshop. Spesso la creazione di una quarta parete, di uno spazio deputato

Landscape Choreography, Cluj-Napoca, 2013

Landscape Choreography, Cluj-Napoca, 2013

Landscape Choreography, Cluj-Napoca/Manastur(RO), 2013

all’arte, salire su di un palco, o la semplice affissione di un programma, l’enunciazione di un titolo, o la presenza di un costume, crea immediatamente un’altro spazio, in cui i codici normativi del corpo nella vita di tutti i giorni vengono come sospesi. Per questo motivo abbiamo deciso di danzare nello spazio urbano senza dichiarare che eravamo artisti, così d’improvviso, evitando di essere protetti da un qualsiasi enunciato, cornice o prefazione estetica.

Alcune persone che abitano quotidianamente lo spazio hanno cominciato a mostrarci alcuni oggetti, azioni, o pratiche, particolarmente significative per loro. In qual-che modo questi aspetti hanno cominciato a raccontarci della storia del posto, delle aspettative e delle tensioni latenti. Questi sono gli aspetti e gli oggetti con i quali noi abbiamo interagito e danzato. Ci è così capitato di dan-zare davanti a delle fabbriche, piuttosto che fra le pieghe di tappeti tradizionali, o in garage abusivi, sulla spiaggia fra i bagnanti, sui davanzali delle finestre, in una miniera di carbone, o all’interno di un parco in fiamme.

In ognuno dei luoghi in cui abbiamo operato, ad un certo punto questo nostro comportamento inusuale, questo uso del copro non adatto alla situazione, ha funzionato da provocazione a quel codice normativo latente. La nostra coreografia entrava in conflitto con la coreografia sociale che definisce lo spazio in cui siamo.

In questo anno di lavoro uno dei primi codici normativi che con una certa frequenza ha mostrato il suo volto in territori anche molto differenti è quello sessuale. Nel momento in cui abbiamo danzato nello spazio pubblico interagendo con oggetti e aspetti significativi per le persone che lo attraversavano, mostrando corpi forti ed emancipati, non codificati, il primo controllo che ab-biamo suscitato, la prima sanzione che abbiamo subito riguardava la questione sessuale. E’ sempre comparso un uomo o una donna che seguendo una logica pret-tamente maschile normava il comportamento di alcune donne del nostro gruppo che stavano utilizzando il corpo in modo a loro parere non consono. Da notare è che non abbiamo mai portato nello spazio urbano una danza che questionava il tema del sesso, non abbiamo cercato di provocare questo argomento. Mentre danzavamo su di una struttura tradizionale per pulire i tappeti (come ce ne sono a decine nel quartiere di Manastur in Tran-silvania) piuttosto che nelle ceneri di un parco appena bruciato per un problema politico (Taranto in Sud Italia), vestiti in modo ordinario sia maschi che femmine, senza particolari allusioni a questioni sessuali, ecco in questi contesti alcune di noi donne, sono state sanzionate per il loro comportamento, per il fatto che danzassero, per il Landscape Choreography, Taranto/Tamburi (IT), 2013

Landscape Choreography, Taranto/SanVito (IT), 2013

Landscape Choreography, Cottbus/Vattenfall Coal Mine (DE), 2013

fatto di muoversi, per il fatto di compiere quelle azioni.

Questo ci ha fatto pensare che il codice normativo non è quasi mai esplicito, è sempre implicito, emerge solo se provocato, o sotto forma di conflitto. E’ molto difficile trovare una legge o un cartello o una persona che esplicitamente prende una posizione del tipo: “le donne devono stare a casa, devono interve-nire chiedendo il permesso, devono esprimersi solo al servizio di decisioni prese da altri…” o del tipo: “Noi proteggiamo le nostre donne, che in cambio sono molto belle, ci danno dei figli, mantenute in povertà e adibite a funzioni di cura”. Molto difficilmente questi codici nor-mativi, che controllano la possibilità espressiva dei corpi, sono enunciati pubblici. Allo stesso tempo sono codici impliciti molto forti in alcuni territori che regolano la quotidiana “potenza ad agire”.

Abbiamo anche riflettuto e ricercato su quale sia stata la evoluzione storica del rapporto fra danza e coreografia sociale. C’è forse un rapporto fra ruolo della danza e costruzione dello spazio pubblico. Siamo partiti con-siderando i balli di corte come un luogo in cui la danza riproduceva in modo mimetico e rassicurante le gerar-chie dei rapporti sociali. Si formalizzava infatti in figure in cui veniva messo in scena il rapporto di coppia, la gerarchia fra maschi e femmina, la gerarchia fra nobile e servo, il ringraziamento collettivo ad una vita gioiosa e terribile… Nel tardo romanticismo assistiamo a prime sperimentazioni in cui proprio questo legame sociale viene spezzato. Ricordiamo ad esempio le sperimen-tazioni avanguardiste praticate da Rudolf Laban, durante la prima guerra mondiale, nella comune svizzera del Monte Verità, vicino ad Ascona. In questi “Cori in movi-mento”, l’espressione corporea non è più in funzione della riproduzione sociale, ma entra in un processo di emancipazione: individui che danzano nudi in gruppo ricercano un rapporto direttamente con la natura. La danza non cerca più di rispecchiare figure e ordini sociali, l’individuo non rappresenta più un ruolo, ma è la porta, il canale, attraverso cui il danzatore può trovare se stesso come elemento di una cosmogonia al di là dei costrutti sociali. La danza non rispecchia più un ordine sociale, ma è un percorso in cui l’individuo trova se stesso. Il codice non rappresenta più una figura, ma si trasforma in una lingua nuova mediante cui chiunque può connettere il se con il tutto. L’intelligenza socile si prepara ad assumere un altra forma, non più quella in cui ciascun individuo ricopre una funzione ed un ruolo, in cui il propiro di ciascuno perde volto, per diventare parte di un indefinito tutto. Tanti individui compiono i gesti di questa lingua nuova che rifiuta le vecchie costrizioni sociali e crea

Landscape Choreography, Cottbus/Lake Steinteich (DE), 2013

Landscape Choreography, Cottbus/Lake Steinteich (DE), 2013

Landscape Choreography, Cottbus/Lake Steinteich (DE), 2013

uno spazio altro in cui ognuno ha le stesse possibilità di trovare se stesso assieme agli altri. In questa piega nasce l’idea di un copro come parte di una massa. Non è un caso che Laban viene ingaggiato da Joseph Goebbels per coreografare le parate del nuovo popolo nazista (1936), e che solo in un secondo momento viene licenziato perché troppo frivolo e non utile ai dettami della propaganda. Nonostante questo, la forma di questa coreografia di massa in cui l’individuo anonimo trova se stesso in nome di un tutto a venire, si trasforma nella figura delle parate militari dei nuovi totalitarismi. E definisce il modello di rapporto fra corpo e spazio pubblico. Lo spazio pub-blico si trasforma in quella griglia in cui si dispone una massa di individui anonimi e di per se uguali. La norma, il costume, il buon uso del corpo non è più dichiarato ma è sotteso, diventa implicito. Così il codice continua ad infrangersi anche nella storia della coreografia della seconda parte di novecento. Nel mettere in discussione la forma il danzatore cerca di emanciparsi e trovare se stesso. Le ibridazioni dal clas-sico al teatrodanza, o dalle varie forme di contempora-neo alle altre discipline, le ricerche nel terzo teatro e del teatro fisico, e per finire il concetto stesso di danza, ven-gono indagati come campi antropologici ed estetici, in un continuo gioco di fuga dal codice. In questo è significativo anche il successo del ruolo del “solo” di danza. Il danza-tore cerca di ritrovare lo spazio della propria individualità danzando, ed in questo spazio, asettico e senza contesto, allo stesso tempo privato ed universale, cerca di artico-lare un lingua differente, un codice espressivo.

Sappiamo che gli Speech Acts sono la potenza di azione contenuta in un enunciato linguistico (mentre dico una cosa sto anche compiendo una azione di trasformazione del contesto), quando il linguaggio è anche azione. Pos-siamo pensare al performativo come l’inverso: un’azione che si fa linguaggio, quando compiendo un’azione sto anche comunicando un messaggio. I processi sociali corrono in modo implicito e sotterraneo, la mediatizzazione rispecchia la società e la influenza, le azioni politiche creano delle rotture all’interno di questo flusso a volte interferendo e innescando cambiamenti, quale il ruolo del performativo? il performativo crediamo sia l’unione del fare e mostrare, agire con la consape-volezza che stai mostrando l’azione. In questo senso ci piace pensare di compiere azioni che interferiscono nei processi sociali, nella consapevolezza di agire per aprire una discussione, sapendo che l’azione è un atto comuni-cativo allo stesso tempo.

In questo senso intendiamo il valore performativo del lavoro condotto con Landscape Choreography: agiamo con in nostri corpi nello spazio urbano sapendo che

Landscape Choreography, Taranto/Ilva Steal Factory (IT), 2013

Landscape Choreography, Taranto/Eni Oil Refinery (IT), 2013

Landscape Choreography, Taranto/Mar Piccolo (IT), 2013

quell’azione sta dicendo qualcosa, sapendo che stiamo mostrando un messaggio. Senza avere nessuna risposta, cerchiamo di trasformare continuamente l’azione in discorso pubblico.

Da questo contesto siamo partiti nell’idea di una coreo-grafia in forma di discussione, Chroegraphic Speech, da condurre in forma di performance nello spazio urbano con i cittadini con cui abbiamo operato. Siamo partiti con il dichiarare che siamo danzatori, che in forma di solo mostrano la propria ricerca coreografica. Abbiamo lasciato libero accesso a danzatori profession-isti ma anche a non danzatori di professione. Volevamo dichiarare il rapporto che ognuno ha individualmente con il proprio corpo nel momento in cui danza. Io sono Emanuele e danzo così. In un secondo memento abbiamo messo in questione il rapporto fra il corpo e lo spazio pubblico. In che modo questa ricerca di emancipazione individuale, che alcuni compiono sul proprio corpo, ha il potere di confrontarsi con il modo in cui lo spazio urbano sanziona e codifica l’uso del corpo. Per questo abbiamo raccontato in forma di discorso alla gente del quartiere, le reazioni a sfondo sessista che ab-biamo subito, piuttosto che altri meccanismi di normal-izzazione e di controllo del corpo sottesi allo spazio che attraversano quotidianamente. La domanda che ci siamo fatti è come poter cambiare l’immaginario che abbiamo di quello spazio urbano per poterci muovere in altro modo. L’ultima parte della performance si incentra quindi sul racconto collettivo e visivo di un altro tipo di città.

Henri Lefebvre, Critique of Everyday life (London and New York Verso, 1991)

Andrew Hewitt, Social Choreography, Ideology as Perfor-mance in Dance and Everyday Movement. (Durham, NC: Duke University Press, 2005)Lawrence, Effort Economy in Body Movement, 1947

In riferimento alle prime sperimentazioni per coreo-grafie di massa vedi: Rudolf Laban, Sunfestival (Sonnen-fest, 1917), and The mystery of Freed Labor, In favor of a World Commune, The Storming of the Winter Palace, in Frantisek Deak, “Russian Mass Spectacles,” Drama Review, vol. XIX, no. 2 (June 1975)

Landscape Choreography, Taranto/Archaeological Park (IT), 2013

Landscape Choreography, Taranto/Archaeological Park (IT), 2013

Landscape Choreography, Taranto/Archaeological Park (IT), 2013

Laban Movement Choir, Berlin (DE), 1923

Laban Movement Choir, Ascono, Monte Verità (CH), 1913

Laban Movement Choir, Ascono, Monte Verità (CH), 1910

Laban Movement Choir, Ascono, Monte Verità (CH), 1910

Laban Movement Choir, Berlin, Wannsee (DE), 1930

Laban Movement Choir, Moreton Hall (UK), 1942