Brindisi Preistorica 2015

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BRINDISI PREISTORICA E PROTOSTORICA

Provincia di Brindisi

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in copertina: Ricostruzione del porto di Brindisi in periodo protostorico - Eugenio Corsa

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A cura di Danny Vitale e Antonella Romano

Disegni di Antonio Mingolla

EDIZIONI

BRINDISI PREISTORICA E PROTOSTORICA

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Brindisi preistorica e protostorica

Miti e leggende relativi a Brindisi, sia che fossero costruite in ambienti culturali pagani sia in quelli cristiani, hanno come tessuto connettivo il mare; qualunque evento, nell’ottica del presente in cui furono elaborati, su quella coordinata è stato rivissuto e reinterpretato.

Sul mare, nei piccoli promontori della costa prossimi alla foce dei non pochi corsi d’acqua del litorale si registra, come a Torre Testa sin dal paleolitico, la presenza dell’uomo. Egli viveva in un ambiente molto diverso dall’attuale considerando che nell’età del bronzo, ossia nel secondo millennio a.C., il livello del mare era inferiore per alcuni metri rispetto all’attuale e, conseguentemente, la linea di costa non era coincidente con quella che conosciamo. Ampia documentazione, sia degli insediamenti che delle loro frequentazioni è nei musei della provincia: nel Ribezzo di Brindisi, nel Nazionale di Egnazia e in quello delle Civiltà Preclassiche della Murgia meridionale che ha sede in Ostuni. Qui è la memoria di Ostuni 1, una donna vissuta ventottomila anni fa, icona si direbbe, a un tempo, della preistoria brindisina e della maternità; della gestante, rinvenuta nella grotta di Santa Maria di Agnano, è proposto il calco della sepoltura. Storie che vengono da un remoto passato e che parlano di vita quotidiana, di frequentazioni, di paure; l’insediamento di Punta Le Terrare, nel porto medio di Brindisi, sviluppatosi nell’età del bronzo, ebbe molto verosimilmente una fine traumatica, rivelata dalle tracce d’incendio evidenziate dagli scavi a suo tempo condotti. Dal mare e sul mare si era sviluppato intessendo rapporti con l’area egea. Come per altri centri, basterà qui far riferimento a Coppa Nevigata, l’avvio di tali contatti pare coincidere con lo sviluppo di una struttura fortificata al cui interno erano capanne circolari con strutture in legno e pavimento in terra battuta, in uno con cocciame di tradizione mesoelladica. Particolarissimo interesse rivestono i frammenti che documentano remoti approdi che si sono attribuiti all’incrociarsi delle rotte commerciali relative al trasferimento di ambra e ossidiana verso levante.Il volume curato da Danny Vitale e Antonella Romano, arricchito dalle illustrazioni di Antonio Mingolla, offre un’ottima sintesi degli esiti delle ricerche e studi susseguitisi negli ultimi decenni. L’opera copre un vuoto avvertito, proponendosi come efficace strumento di divulgazione e conoscenza, fondamentale risorsa, quest’ultima, per assicurare il rispetto di ciò che il passato ci ha trasmesso.

Arch. Emilia Mannozzi Direttrice Del Museo M.A.P.r.i.

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Brindisi preistorica e protostorica Brindisi preistorica e protostorica

Si sta sviluppando sempre di più una nuova sensibilità per i beni culturali archeologici, con parti-colare riferimento alla Preistoria. Probabilmente proprio nei momenti critici la comunità scopre di voler conoscere le proprie origini per meglio comprendere il senso della Storia e le cause dei

cambiamenti avvenuti nel tempo. Le vocazioni economiche, dai primi cacciatori-raccoglitori paleo-litici agli agricoltori neolitici ed agli allevatori-pastori dell’Età dei Metalli sembrano deterministica-mente condizionate dai fattori climatici, ma ugualmente gli interventi umani hanno causato profonde trasformazioni nei nostri territori, come si vede purtroppo ancora oggi. Il paesaggio non è più soltanto inteso come sfondo in cui si intrecciano le vicende umane, ma rappresenta l’insieme degli aspetti naturali e antropologici nella processualità della Storia e molti ormai si attivano per conservarne l’in-tegrità. Ancora una volta il merito per questo ulteriore impegno divulgativo va a Danny Vitale ed Antonella Romano per i testi, ad Antonio Mingolla per i disegni, in una operazione culturale nel solco delle splendide attività che il Gruppo Archeologico Brindisino conduce, dalla didattica all’archeologia sperimentale, grazie anche alla disponibilità del Museo Provinciale di Brindisi.

Prof. Donato CoppolaPAletnologo, ricercAtore, già Docente Presso l’università Di roMA tor vergAtA e Dell’università Di lecce AttuAlMente Docente Presso l’università Di BAri.

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Brindisi preistorica e protostorica

Favolose leggende dilatavano su smisurate antichità l’origine del popolamento dell’area brin-disina; pareva inadeguato e non immaginabile che una serie non avesse un inizio e che questo inizio non potesse che coincidere col sorgere stesso del mondo e del tempo.

Solo nella seconda metà del XIX secolo la razionalità dell’indagine scientifica si avviò a sostituire l’arcobaleno dell’imaginario con le prime pionieristiche indagini di Cosimo De Giorgi. Una decisiva svolta si avrà nel 1965; in quell’anno una missione milanese effettuava una prima ricognizione a Torre Guaceto. Un frammento di ceramica documentava rapporti di questo aggregato capannicolo con la marineria micenea; Marcello Cafiero delineerà, negli stessi anni, tesi ancora sostenibili su quell’area e sull’antica linea di costa. Il 1966 Felice Gino Lo Porto avviava lo scavo a Punta le Terrare, nel porto medio di Brindisi; gli esiti confermarono come gli insediamenti locali dell’età del bronzo apparissero aperti a contatti con l’area egea. Quirico Punzi, col suo saggio del 1967 su Torre Testa, evidenziava e documentava frequentazioni di quell’area dal paleolitico all’età del bronzo. Una sintesi degli studi condotti allora e negli anni successivi sarà offerta da Donato Coppola col suo saggio del 1977 su La ricerca paletnologica nel brindisino; storia degli studi e nuove prospettive di indagini; allo studioso si deve una nuova sintesi sul popolamento dell’area brindisina nel paleolitico con la scoperta della gestante della grotta di Santa Maria di Agnano in territorio di Ostuni. La crea-zione del museo di Civiltà Preclassiche della Murgia meridionale, voluta fortemente dallo studioso, è irrinunciabile punto di partenza per chi voglia approfondire le proprie conoscenze su preistoria e protostoria della Puglia meridionale. Il lavoro di Daniele Vitale e Antonella Romano, sostenuto dai disegni di Antonio Mingolla, ha l’essen-ziale merito di porre a disposizione di tutti il patrimonio di conoscenze fin qui acquisito; si definis-cono con chiarezza gli esiti degli studi a oggi condotti, se ne delineano possibili futuri scenari.

Prof. Giacomo CaritoPresiDente DellA sezione Di BrinDisi DellA società storiA PAtriA Per lA PugliA

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Brindisi preistorica e protostoricaBrindisi preistorica e protostorica

L’idea di una piccola pubblicazione dal titolo “Brindisi preistorica e protostorica” nasce dalla necessità di stimolare i cittadini a prendere coscienza delle proprie origini e dal desiderio di divulgare l’importanza che la città ha avuto nel corso dei millenni.

Brindisi grazie alla sua posizione strategica ha potuto tessere relazioni commerciali con i micenei ed è stata testa di ponte fondamentale nei rapporti con l’Oriente durante la dominazione romana oltre ad essere stata anche tappa di cavalieri e di pellegrini durante le crociate. Ma le origini della nostra città risalgono a tempi ben più remoti e affondano in un passato primordiale, vanno infatti ricercate nella preistoria: le nostre coste sono state in effetti lo scenario di sconvolgimenti climatici, di battute di cac-cia preistorica e riparo per gli uomini del paleolitico. Ebbene Brindisi ha una sua preistoria.Gli studi sul periodo preistorico sono purtroppo scarsi e frammentari, spesso troppo specifici e setto-riali, pertanto abbiamo voluto fornire un compendio che, in linea con lo spirito divulgativo del G.A.B. possa essere fruibile anche dai non esperti grazie all’utilizzo di un linguaggio semplice e diretto.Con il presente lavoro, vorremmo contribuire a dare a località come Giancola, Apani una meritata e degna rilevanza storica affinché non siano esclusivamente considerate stazioni balneari, sede di torri di avvistamento e di fornaci romane ma anche sede di insediamenti preistorici; Punta delle Terrare non è soltanto un punto di imbarco ma il primo luogo in cui la “città” ebbe origine: “la prima Brindisi storica”, il luogo in cui vissero i primi brindisini. Riteniamo che per salvaguardare la propria storia, i luoghi di interesse archeologico sia necessario condividere con la cittadinanza informazioni che solitamente sono appannaggio degli studiosi:“Una generazione che ignora la storia non ha né passato né futuro” disse Robert Anson Heinlein; in effetti la presa di coscienza delle proprie origini e la conoscenza della propria storia rappresentano il primo passo per riappropriarsi di un’ identità storica millenaria, il punto di partenza per coltivare l’amore per il proprio territorio e la propria cultura.

Antonella Romanovice Direttore gruPPo Archeologico BrinDisi

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Il porto di Brindisi dalla tipica e caratteristica forma “a testa di cervo” è il risultato di diversi fenomeni geolo-

gici (orogenesi, erosione, regressioni e trasgressioni marine) verificatisi nel corso di milioni di anni. Infatti i

due seni (seno di Ponente e seno di Levante) sono i solchi erosivi (lame) generati dai corsi d’acqua che, par-

tendo da un altopiano a nord, si diramavano a quote più basse raggiungendo l’Adriatico. Oltre ai due seni

vi era un canale, la Mena, che scorreva proprio dove oggi vi è Corso Garibaldi, colmato nei secoli scorsi. Il

territorio brindisino presenta vari solchi vallivi alcuni dei quali sono ancora oggi occupati da piccoli torrenti;

basti pensare al Delta e al Luciana (fiume Grande e fiume Piccolo), al canale di Giancola, alla serie di canali

fra Brindisi e Ostuni o a quelli sulla costa sud, nei pressi di Lido Cerano e Casalabate. La presenza di corsi

d’acqua, l’abbondanza di ripari naturali e il clima favorevole, resero Brindisi, come del resto tutta la Puglia,

il luogo ideale per i primi uomini che giungevano qui all’inseguimento di prede spinte dall’avanzamento

delle glaciazioni dal nord Europa.

Il porto di Brindisi

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I PRIMI ABITANTI DELLA PUGLIALa Puglia può essere a buona ragione considerata una fra le più importanti regioni per ciò che concerne la

preistoria e la protostoria italiana.

I territori pugliesi, infatti, abbondano di testimonianze della presenza umana riferibili al lungo periodo di

tempo che va dal paleolitico all’età dei metalli.

PRODROMI DELL’UMANITÀPer comprendere quali siano stati i primi abitanti della Puglia è necessaria una piccola introduzione volta

a illustrare a grandi linee le tappe evolutive e gli spostamenti dei primi ominidi. Come è ben noto, la storia

dell’uomo inizia in Africa. Il primo passo dell’evoluzione umana fu la conquista della posizione eretta, ma

la svolta decisiva, quella che portò all’ideale separazione fra “scimmia” e uomo, coincide con lo sviluppo e

l’acquisizione della capacità di utilizzare gli utensili. In questo senso i primi ad ottenere un certo successo

furono gli australopitechi (il ritrovamento più famoso è quello noto come Lucy*) vissuti in Africa nel Plio-

cene (5,3-2,5 Mda), bipedi che presentano ancora molti tratti in comune con le scimmie. Il primo rappre-

sentante del genere Homo fu l’habilis, dal quale si evolsero le specie successive tra cui ergaster, erecuts,

heidelbergensis, neanderthal e sapiens.

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* Esemplare di femmina adulta dell’età apparente di 25 anni, vissuta almeno 3,2 milioni di anni fa.

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I PRIMI EUROPEIIn base a recenti scoperte possiamo affermare che il primo abitante dell’Europa fu pugliese: ritrovamenti di

strumenti litici associati a resti ossei di animali (che ne permettono la datazione) rinvenuti nella Cava Pirro

Nord sul Gargano, dimostrano che nel villafranchiano (corrispondente grosso modo alla parte alta del Plio-

cene e parte bassa del Pleistocene) l’area era già frequentata dagli uomini. Nel paleolitico inferiore giunse

in Europa l’ Homo erectus che si dimostrò più abile dei suoi predecessori nel lavorare e nell’ utilizzare la

pietra. Testimonianze di erectus sono state rinvenute in Puglia, principalmente nella parte nord (rare sono

quelle al centro), mentre non sono ancora state rinvenute tracce che consentono di stabilire con certezza la

presenza dell’erectus nel basso Salento, probabilmente la conformazione del territorio non ne permetteva

il raggiungimento. Nella fase iniziale del paleolitico (Pleistocene inferiore), la Puglia non era completamente

emersa e diversi territori erano ancora occupati dal mare e dalle paludi, solo nel tardo Pleistocene inferiore

(800 mila anni fa) le terre iniziarono ad emergere: le temperature, la flora, le associazioni faunistiche, i livelli

del mare variarono notevolmente, soprattutto a causa delle glaciazioni, e i vertebrati che avevano popolato

alcune aree pugliesi nei periodi precedenti (mastodonte, tapiro, tigre dai denti a sciabola) lasciarono il

posto a nuove specie asiatiche (rinoceronte etrusco, pantera, orso, mammut, bisonte, uro, daino, cervo,

ippopotamo e cavallo).

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NEANDERTHAL

Intorno a 120 mila anni fa, all’inizio del paleolitico medio, si diffuse in Europa il neanderthal, una specie di homo avente caratteristiche tali da permettergli di sopravvivere in periodi caratterizzati da climi freddi (glaciazioni). Numerose le testimonianze che ne attestano una diffusione capillare in Puglia. A 50 mila anni fa risalgono gli importantissimi resti ossei, rinvenuti nei pressi di Altamura, di un neanderthal che probabil-mente, durante una battuta di caccia, cadde in un inghiottitoio carsico. I neanderthal si estinsero alla fine del paleolitico medio, intorno a 45.000 mila anni fa a causa di diversi possibili fattori tra cui i problemi di adattamento alle variazioni ambientali derivanti dai miglioramenti climatici e la competizione con i nuovi arrivati, molto più evoluti dal punto di vista tecnologico, culturale e sociale: i sapiens.

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SAPIENS

L’Homo sapiens (l’uomo moderno) fa ingresso per la prima volta in Europa nel paleolitico superiore intor-no a 50-45 mila anni fa. La Puglia vanta le più antiche testimonianze ad esso appartenute: si tratta di due molari di bambini ritrovati nella Grotta del Cavallo, nel basso Salento, che hanno attestato la presenza del sapiens in Europa già 45.000 anni fa rivoluziondo così le teorie sul popolamento del continente europeo precedentemente ipotizzate. Abbondanti sono i rinvenimenti di resti scheletrici, di strumenti litici e di es-pressioni artistiche relative all’Homo sapiens. Fra i siti più noti: Grotta Paglicci sul Gargano, la sepoltura di una gestante rinvenuta nella grotta di Santa Maria d’Agnano presso Ostuni e i dipinti della Grotta dei Cervi a Porto Badisco.

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PALEOLITICO 2,5 milioni di anni fa - 10.000 anni fa

Il paleolitico, letteralmente “pietra antica“, ebbe inizio 2,5 milioni di anni fa e terminò 10.000 anni fa con il mesolitico. Si divide in tre fasi principali (inferiore, medio, superiore) che si differenziano prin-cipalmente per la presenza di nuove specie di ominidi. Fu un periodo caratterizzato da molteplici“sconvolgimenti“ geologici, climatici e ambientali: si alternarono periodi caratterizzati da clima temperato a periodi glaciali e interglaciali, con conseguenti variazioni di flora e fauna e l’estinzione di alcune specie animali, tra cui i mammut e le tigri dai denti a sciabola. Per l’uomo è un periodo dispostamenti geografici e di forti cambiamenti sia fisici che tecnologici, si passa dall’erectus, in grado di creare utensili rudimentali, al sapiens che è in grado di crearne di più evoluti. In questo periodo viene utilizzata la tecnica della scheggiatura della pietra per ottenere schegge da usare come utensili.L’uomo del paleolitico non conosceva né l’agricoltura né l’allevamento pertanto si nutriva di veg-etazione spontanea, spostandosi continuamente alla ricerca di cibo lungo i margini dei fiumi, dor-mendo principalmente in ripari naturali.

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MESOLITICO 10.000 - 8.000 anni fa

Il mesolitico, letteralmente “pietra di mezzo“ è caratterizzato dall’ uso di microliti ovvero strumenti litici di ridotte dimensioni che dimostrano una capacità superiore dell’uomo di lavorare la pietra. Nel mesolitico le temperature oscillavano dai 10 gradi nei periodi più caldi fino a -3 nei periodi più freddi e i livelli del mare salivano a causa dello scioglimento dei ghiacciai. I mutamenti climati-ci, conseguenti all’ultima grande glaciazione di Wurm, comportarono cambiamenti dell’habitat dell’uomo e degli animali: la riduzione del numero dei grandi mammiferi indusse l’uomo a cac-ciare prede di piccola taglia e a costruire nuove armi più efficienti allo scopo quali l’arco. Nel breve ma difficile periodo del mesolitico le comunità che riuscivano ad adattarsi alle nuove condizioni ambientali progredirono in modo notevole. Questo periodo termina con l’introduzione dell’agri-coltura.

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NEOLITICO 8.000 - 6.000 anni fa

Il neolitico portò un sostanziale mutamento dello stile e della qualità della vita. La rivoluzione più importante fu la diffusione dell’agricoltura: la capacità di sfruttare continuamente le risorse del terreno comportò il passaggio dal nomadismo alla stanzialità delle popolazioni. Nacquero così i primi villaggi “protetti” ed ebbe inizio l’addomesticamento e l’allevamento degli animali. Il vantaggio più immediato della vita sedentaria fu senz’altro la possibilità di difendersi dagli ani-mali che popolavano l’ambiente circostante. L’età neolitica deve il proprio nome (neolitico = pietra nuova) alle innovazioni apportate nella tecnica della lavorazione della pietra: gli uomini iniziarono a creare utensili in pietra levigata, tecnica applicata soprattutto alla costruzione di asce, sebbene perdurarono in modo più evoluto le tecniche di scheggiatura della tradizione paleolitica. Con la levigazione della pietra l’uomo produsse strumenti sempre più perfezionati come zappe, falci, asce, archi, frecce e lance.Comparvero le prime macine in pietra per schiacciare i cereali e si svilupparono le prime forme di commercio, la ceramica e l’arte.

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ETÀ DEI METALLI 6.000 - 1.200 anni fa

Nell’ età dei metalli l’uso della pietra inizia progressivamente a cadere in disuso per lasciare spazio all’utilizzo dei metalli per la fabbricazione degli utensili. L’uso dei metalli viene introdotto dall’Oriente. In Puglia i villaggi si spostano dalle pianure alle colline e vengono resi ancora più sicuri da fortificazioni. Si intensificano gli scambi con i mercanti provenienti dal mare e in particolare con i micenei che si spingevano lungo le nostre coste alla ricerca di metalli, di materiali preziosi e altri prodotti. Questa serie di innovazioni (introduzione del metallo e intensificazione degli scambi commerciali) portano anche a un relativo cambio di struttura sociale; in questo periodo convenzionalmente si fa iniziare la storia con la nascita delle prime testimonianze scritte.

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ETÀ DELLA PIETRA

• Paleolitico 2.500.000 - 10.000 anni fa

• Mesolitico 10.000 - 8.000

• Neolitico 8.000 - 6.000

ETÀ DEI METALLI

• Età del Rame 6.000 - 4.000 anni fa

• Età del Bronzo 4.000 - 3.200 (inizia la storia)

• Età del Ferro 3.200

LE GRANDI GLACIAZIONI DEL QUATERNARIO

• Donau 1.500.000 - 1.000.000 di anni fa

• Günz 650.000 - 500.000

• Mindel 400.000 - 300.000

• Riss 200.000 - 120.000

• Würm 75.000 - 10.000

* le datazioni sono indicative

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Brindisi nella preistoriaSin dai tempi più remoti il territorio su cui sorge Brindisi si rivelò un luogo ideale per l’insediamento umano

e le evidenze archeologiche testimoniano che il suo popolamento affonda le radici nella preistoria copren-

do un arco temporale che va dal paleolitico superiore fino all’età del bronzo. Le prime tracce, costituite

principalmente da manufatti litici oggi esposti al Museo Archeologico Provinciale “F. Ribezzo”, risalgono a

12.000 anni fa e altri numerosi rinvenimenti confermano che Brindisi fu abitata anche nelle successive fasi

del mesolitico e del neolitico. Le abbondanti testimonianze di frequentazione databile all’età del bronzo e

in particolare la presenza di frammenti ceramici di tipo miceneo attestano contatti e scambi commerciali

con le civiltà dell’Egeo, già in periodo miceneo, che apportarono innovazioni sia dal punto di vista materi-

ale che socio-culturale.

Paleolitico superiore

Mesolitico Neolitico Età dei metalli

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Sul litorale nord di Brindisi, in località Giancola, a pochi passi da Torre Testa, sono stati rinvenuti manufatti in selce* risalenti a 12.000 anni fa. L’area fu frequentata anche nel mesolitico, nel neolitico e nell’età del bron-zo, come evidenziano i resti di conchiglie Cardium, patelle con tracce di apertura da parte dell’uomo, bo-las, asce in bronzo e ossidiana. Nel paleolitico superiore piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori trovarono riparo nelle cavità naturali poste in prossimità della foce del fiume di Giancola, in una posizione strategica che permetteva loro di usufruire di acque dolci con le quali dissetarsi, di pescare, di raccogliere molluschi dal vicino mare e di cacciare cavalli, cinghiali, cervi e uri che affollavano le rive del fiume. Nel mesolitico le alluvioni e le abbondanti piogge scaturite dai mutamenti climatici avvenuti dopo la fine dell’ultima era gla-ciale, causarono lo straripamento del fiume costringendo gli abitanti ad abbandonare i ripari naturali lungo margini del canale e a spostarsi nell’entroterra, nella parte più alta, nei pressi della “casa rossa”.

* A circa 25 cm di profondità sono state scoperte in un deposito lame, raschiatoi, punte e un grosso nucleo, sul cui cortice sono tracciati disegni geometri di chiara e bella fattura.

Giancola PALEOLITICO SUPERIORE, MESOLITICO, NEOLITICO, ETÀ DEL BRONZO

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L’insediamento protostorico di Punta delle Terrare, nei pressi della villa Monticelli/Skirmut, è situato nella parte media del porto di Brindisi risale all’età del bronzo, in particolare alla seconda metà del XVI secolo a.C. fino a gran parte del XIV secolo a.C. La zona, che reca nel nome stesso l’importanza storico-archeologica del sito*, può essere definita, sulla base di fondate evidenze archeologiche, “la prima Brindisi storica”. Fu scoperta dagli archeologi negli anni Sessanta e il materiale rinvenuto dalle campagne di scavo effettuate dalla Soprintendenza negli anni 1966-72 e 1979-81 è in parte esposto al Museo Archeologico Provinciale “F. Ribezzo” di Brindisi (MAPRI) e in parte al Museo Nazionale di Egnazia. Il sito dell’insediamento, di cui rimangono oggi ben poche tracce, occupava in origine una superficie di diversi ettari di terreno e si esten-deva fino all’odierna zona di costa Morena. Ai tempi, infatti, il livello del mare era di almeno due metri più basso rispetto a oggi. La ricchezza e la vasta gamma dei reperti rinvenuti hanno consentito agli studiosi di tracciare un quadro complessivo sugli antichi abitanti di questo insediamento e l’abbondante presenza di scarti di cucina e vasellame ha permesso di risalire alle abitudini alimentari e agli stili di vita dei “primi brin-disini”. Si trattava di uomini dediti alla pesca**, alla raccolta di molluschi, alla caccia*** e all’allevamento; dediti alla lavorazione della lana, come attestano i ritrovamenti di fuseruole (pesetti per filare) in argilla e alla produzione di ceramica.

* Infatti viene così chiamata per via dell’abbondante presenza di cocci “terrare” che affiorano dalla collinetta.** Sono stati ritrovati resti di molluschi in particolare patelle e resti di fauna ittica come saraghi e addirittura cernie.*** Frequente il ritrovamento di palchi e ossa di cervo e di cinghiale.

Punta delle Terrare “LA PRIMA BRINDISI STORICA” ETÀ DEL BRONZO

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Gli scavi abbondano di ceramica di produzione domestica, preparata a mano con argille di provenienza

locale e di ceramica di importazione, a decorazione appenninica, con motivi a spirale o a meandri ottenuti

con l’incisione, evidenze queste ultime di una predisposizione agli scambi commerciali. Il sito ha inoltre

conservato diverse strutture di capanne protette da mura di cinta a secco, aree di lavoro e, di particolare

interesse, una fornace a ferro di cavallo con pani di argilla pronti per essere lavorati. Analogamente a molti

altri siti dell’età del bronzo presenti nella costa pugliese (i recenti scavi sugli scogli di Apani ne sono ulte-

riore esempio), anche Punta delle Terrare, prima dell’età del ferro, venne abbandonata: il ritrovamento di

vasellame in ottimo stato e le tracce di incendi suggeriscono che si trattò di un abbandono repentino det-

tato probabilmente da instabilità e sconvolgimenti sociali e politici.

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Gli isolotti di Apani, che si trovano a circa 400 metri dalla costa, erano un tempo uniti fra loro e costituivano, probabilmente, l’estremità di un promontorio collegato alla terra ferma. Lo scavo effettuato sul maggiore dei due scogli ha interessato due differenti aree aventi un’estensione complessiva di 60 mq circa e ha attestato, al di sotto del livello di frequentazione tardo-imperiale romana, la presenza di strutture e materia-trattava di uomini dediti alla pesca*, alla raccolta di molluschi, alla caccia** e all’allevamento; dediti alla lavorazione della lana, come attestano i ritrovamenti di fuseruole (pesetti per filare) in argilla e alla produzione di ceramica.Gli scavi abbondano di ceramica di produzione domestica, preparata a mano con argille di provenienza locale e di ceramica di importazione, a decorazione appenninica, con motivi a spirale o a meandri ottenuti con l’incisione, evidenze queste ultime di una predisposizione agli scambi commerciali. Il sito ha inoltre conservato diverse strutture di capanne protette da mura di cinta a secco, aree di lavoro e, di particolare in-teresse, una fornace a ferro di cavallo con pani di argilla pronti per essere lavorati. Analogamente a molti al-tri siti dell’età del bronzo presenti nella costa pugliese (i recenti scavi sugli scogli di Apani ne sono ulterioreesempio), anche Punta delle Terrare, prima dell’età del ferro, venne abbandonata: il ritrovamento di vasel-lame in ottimo stato e le tracce di incendi suggeriscono che si trattò di un abbandono repentino dettato probabilmente da instabilità e sconvolgimenti sociali e politici.

* Sono stati ritrovati resti di molluschi in particolare patelle e resti di fauna ittica come saraghi e addirittura cernie.** Frequente il ritrovamento di palchi e ossa di cervo e di cinghiale.

Guaceto e ApaniETÀ DEL BRONZO MEDIO

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li riferibili a un villaggio databile a una fase avanzata del bronzo medio (metà II millennio a.C.). Nell’area

è stata individuata la presenza di strutture abitative (capanne) i cui spazi interni sono delimitati dabuche

di palo. Tali capanne, al cui interno sono stati rinvenuti anche numerosi manufatti in argilla, osso, selce e

pietre dure, sono state distrutte da un incendio. Molto importante è, inoltre, il rinvenimento di una grande

quantità di frammenti d’intonaco delle strutture abitative che conservano, ancora ben evidenti, le impron-

te degli elementi lignei e vegetali che costituivano la struttura portante delle pareti, e che rappresentano

un indizio utile per conoscere l’ambiente naturale che circondava il villaggio. L’intero villaggio, dal lato di

terra, era difeso da una struttura muraria a secco.

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Nel terreno prospiciente la chiesa di Santa Maria del Casale fu rinvenuta dal Camassa* una tomba risalente

al periodo neolitico. Si trattava di una tomba in pietra a guscio d’ovo contenente resti di scheletro in po-

sizione rannicchiata.

* P. Camassa: Presbiterio-storico Brindisino (1858-1941).

S.Maria del CasaleETÀ DEL BRONZO MEDIO

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Elaborazione testi: Danny Vitale e Antonella RomanoDisegni: Antonio MingollaRicostruzione digitale del porto di Brindisi: Eugenio CorsaFoto: Danny VitaleElaborati grafici e stampa: Pubblidea di Perchinenna Alessandro

RINGRAZIAMENTIEmilia MannozziSilvana RizzoAdele Di ToteroDonato CoppolaFrancesco MagnoAlessandro PerchinennaFabrizio D’ AstoreGiacomo CaritoGruppo Archeologico BrindisinoSocietà Storia Patria per la PugliaFrancesco Erario - Luca Di Santantonio

Il personale del MAPRI Antonio Gabriele, Luciano Iovino, Franco Morelli, Massimo Quarta, Antonio Tamborrino, Patrizia Taormina, Michele Alfì.

BIBLIOGRAFIALa Puglia preistorica - Antonio Iatta Levante Bari 1980;

Bocche di Puglia - Francesco Magno; Considerazioni geomorfologiche e di genesi della costa brindisina - 2013;

Prime ricerche sul porto di Guaceto - Marcello Cafiero;

L’insediamento protostorico di Punta le Terrare - Lo Porto F.G. 1995;

L’età del Bronzo lungo il versante adriatico pugliese - Atti del Seminario di Studi (Bari 1995), ed. Randina F., Taras XV (2), 433-439;

Torre Testa la stazione preistorica costiera del brindisino - Quirico Punzi;

Guida alla Puglia Preistorica - Danny Vitale, Edizione GAB 2014

2014 - Tutti i diritti sono riservati ed è vietata ogni forma di riproduzione

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Piazza DuomoB R I N D I S I