Aristotele. Sulla generazione e la corruzione. Introd. trad. e note (con testo greco edizione M....

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ARACNE Introduzione, traduzione e note di Giovanna R. Giardina (con testo greco edizione M. Rashed) Sulla generazione e la corruzione Aristotele

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ARACNE

Introduzione, traduzionee note di Giovanna R. Giardina

(con testo greco edizione M. Rashed)

Sulla generazione e la corruzione

Aristotele

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I edizione: febbraio 2008

Indice Introduzione 1. Autenticità e collocazione del De generatione et corruptione p. 11 2. Lo status quaestionis: Aristotele e i suoi predecessori p. 19 3. Nascita, alterazione e aumento a) generazione e corruzione in senso assoluto p. 25 b) la questione della materia prima p. 34 c) alterazione p. 40 d) aumento p. 44 4. Toccare, agire, muovere a) contatto p. 46 b) agire e patire p. 50 5. La mescolanza: la Chimica Fisica nell’antichità p. 57 6. La generazione degli elementi all’origine della nascita dei corpi p. 66 7. La generazione degli omeomeri p. 76 8. Causalità e necessità in GC: i cicli della vita p. 79 9. Conclusioni p. 89 Aristotele, Sulla generazione e la corruzione Premessa a) L’edizione di M. Rashed p. 97 b) Considerazioni sulla presente traduzione p. 100 Traduzione e note p. 103 Testo greco p. 223 Bibliografia a) Edizioni, Traduzioni e Commentari p. 277 b) Letteratura p. 279 Indice degli autori antichi e moderni p. 291

1. Autenticità e collocazione del De generatione et corruptione

L’opera aristotelica pervenutaci in due libri sotto il titolo di

PERI GENESEWS KAI FQORAS (normalmente citata con il ti-tolo latino De generatione et corruptione) è considerata unani-memente autentica dalla critica, ma alcune precisazioni vanno fatte a questo proposito, perché se da una parte è vero che il ma-teriale che compone l’opera è autenticamente aristotelico, dal-l’altra parte è necessario puntualizzare alcuni aspetti che riguar-dano la struttura e la distribuzione dei capitoli che costituiscono questo trattato, anche perché, come è noto, la netta divisione del Corpus Aristotelicum in trattati ben separati e distinti fra loro non sempre risale allo stesso Aristotele.1

Alcuni capitoli o gruppi di capitoli di GC [d’ora in avanti in-dicherò il De generatione et corruptione con questa sigla] sem-brerebbero delle trattazioni autonome, che potrebbero avere a-vuto una circolazione indipendente o che potrebbero essere stati composti separatamente e uniti successivamente: I 5 riguarda, ad esempio, l’aumento, I 6 discute del contatto, I 7-9 riguardano l’agire e il patire, II 1-5 si occupano della generazione degli e-lementi. Tutto quello che si può sapere su GC dalle liste antiche degli scritti di Aristotele contribuisce peraltro ad alimentare la confusione:2 l’opera figura con il titolo e la divisione a noi noti nell’appendice al catalogo dell’Anonimo della Vita Menagiana

1 Sul problema della libertà con la quale Andronico di Rodi avrebbe orga-

nizzato i trattati aristotelici per la sua edizione si vd. l’articolo di J. Brun-schwig, Qu’est-ce que “La Physique” d’Aristote?, in F. De Gandt & P. Souf-frin éd. par, La Physique d’Aristote et les Conditions d’une Science de la Na-ture, Paris 1991, pp. 21 ss.

2 Su questa ricostruzione cf. M. Migliori, Aristotele. La generazione e la corruzione, Traduzione Introduzione e Commento, Napoli 1976, pp. 19-21 [da qui in poi citato solo come Migliori] e ora la più recente notice di B. Besnier, De Generatione et Corruptione. Tradition Grecque, in R. Goulet cur., Dic-tionnaire des Philosophes Antiques, Supplement, Paris 2003, pp. 295-296.

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conservato da Esichio (al n. 149)3 e nel catalogo del peripatetico Tolemeo (al n. 42),4 ma non figura nella lista di Diogene Laer-zio, nella quale invece si trovano dei titoli che potrebbero essere ricondotti a porzioni di testo di GC.5 Al n. 25, infatti, si legge di un Peri; tou` pavscein h] peponqevnai aV che potrebbe riferirsi a GC I 7-9 anche sulla base di riferimenti a un simile scritto che si leggono rispettivamente in Aristot., An. II 5, 417a1 e GA IV 3, 768b23.6 Al n. 39, sempre nella lista di Diogene Laerzio, si legge di un Peri; stoiceivwn aV bV gV sul quale sono stati solle-vati molti dubbi: Heitz, Zeller e Gohlke hanno identificato con questo titolo i due libri di GC,7 mentre A. Mansion8 ha pensato che possa trattarsi di Cael. III-IV più GC II 1-8.

3 Cf. P. Moraux, Les listes anciennes des ouvrages d’Aristote, Louvain

1951, p. 252. 4 Cf. P. Moraux, Les listes anciennes cit., p. 297. 5 Cf. P. Moraux, Les listes anciennes cit., p. 25 e I. Düring, Aristotle in the

ancient Biographical tradition, Göteborg 1957, p. 47. 6 In An. II 5, 417a1 si legge eijrhvkamen ejn toi`~ kaqovlou lovgoi~ peri;

tou` poiei`n kai; pavscein, e in GA IV 3, 768b23-24 si legge ei[rhtai de; peri; aujtw'n ejn toi'" peri; tou' poiei'n kai; pavscein diwrismevnoi". In effetti, in GC I 7, 323b1, in cui comincia la trattazione dell’agire e del patire, si legge pro-prio Peri; de; tou' poiei'n kai; pavscein lektevon ejfexh'~ ... Non è possibile sapere, però, se nei riferimenti che si leggono rispettivamente in An. e GA Ari-stotele voglia richiamare una trattazione autonoma che può in un tempo suc-cessivo essere divenuta parte di GC oppure stia indicando l’intero trattato; cf. a questo proposito Ch. Mugler, Aristote. De la génération et de la corruption, Paris 1966, p. VI [da qui in poi citato solo come Mugler].

7 E. Heitz, Die verlorenen Schriften des Aristoteles, Leipzig 1865, pp. 76-79; P. Gohlke, Die Entshehung der Naturwissenschaftlichen Schriften des Aristoteles, «Hermes», 59 (1924), pp. 274-306 e Id., Vom Werden und Verge-hen, Paderborn 1958, p. 11. Più precisamente P. Gohlke, Die Entshehung cit., ha avanzato l’ipotesi che i tre libri Peri; stoiceivwn rappresentassero un vec-chio corso di lezioni sulla scienza della natura corrispondenti a Cael. I-III più GC II e che in seguito GC sarebbe divenuto autonomo con l’aggiunta di I 6-10, a cui invece corrisponderebbe il titolo n. 25 della lista di Diogene Laerzio Peri; tou` pavscein h] peponqevnai aV. In una fase posteriore ancora sarebbero stati aggiunti i capitoli I 1-5, che invece originariamente avrebbero fatto parte delle lezioni Sul movimento.

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Due passaggi aristotelici, precisamente An. II 11, 423b29 e Sens. 4, 441b11, rinviano a un Peri; stoiceivwn nel quale Ari-stotele avrebbe parlato dei quattro elementi e delle coppie di proprietà contrarie che li caratterizzano, per cui è possibile pen-sare che sia questi riferimenti di An. e di Sens. sia il Peri; stoi-ceivwn della lista di Diogene Laerzio rimandino a GC II 1-4.9 Secondo la disposizione degli scritti aristotelici nella lista di Diogene Laerzio, tuttavia, questi due titoli di cui stiamo discu-tendo, cioè sia il Peri; tou` pavscein h] peponqevnai aV sia il Peri; stoiceivwn aV bV gV, dovrebbero essere, non già opere di fisica, bensì di logica e in particolare il primo potrebbe essere una versione più ampia di Cat. 9 e il secondo potrebbe corri-spondere a tre libri dei Topica, come ha anche sostenuto P. Mo-raux.10

Alessandro di Afrodisia, da parte sua, seguito da Temistio, Simplicio e Filopono, mostra di conoscere GC con il titolo con il quale è pervenuto nella tradizione manoscritta:11 non possia-mo sapere quindi se il suo scritto intitolato Peri; kravsew~ kai; aujxhvsew~, ispirato probabilmente a un testo aristotelico dal ti-tolo Peri; mivxew~, a cui fa riferimento anche Sens. 3, 440b3 e 13, si riferisca a un Peri; mivxew~ come trattatello autonomo sul problema della mescolanza oppure come parte integrante del-l’intero GC,12 che, come si sa, affronta appunto tecnicamente il problema della mescolanza in I 10.13

La questione del titolo del nostro trattato, peraltro, è anch’es-sa delicata, poiché GC reca un titolo tratto, di fatto, dalla prima

8 Cf. A. Mansion, Introduction à la Physique aristotélicienne, Louvain-

Paris 1945, p. 45 in nota. 9 Cf. Migliori p. 20. 10 Vd. P. Moraux, Les listes anciennes cit., pp. 45-46 e 81-82. 11 Alessandro cita moltissime volte GC con il titolo con il quale esso ci è

pervenuto, soprattutto nel commentario alla Metafisica, si vd. come esempio In Meta. 785,10.

12 Cf. Alessandro di Afrodisia, In de sensu 63,24 e 64,10. 13 Cf. I. Kupreeva, Alexander of Afrodisias on Mixture and Growth, «Ox-

ford Studies in Ancient Philosophy», 27 (2004), pp. 297-334.

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linea dell’opera stessa, che comincia appunto Peri; de; genev-sew~ kai; fqora'~ tw'n fuvsei ginomevnwn kai; fqeiromevnwn etc. Su tale questione, in verità, a mio avviso non vale la pena di insistere troppo, e non tanto perché, come alcuni sostengono, i titoli delle opere greche venivano spesso desunti dalla frase ini-ziale in cui veniva annunciato anche il contenuto dell’opera,14 cosa peraltro non del tutto vera per la maggior parte delle opere aristoteliche o comunque per quelle più importanti, quanto per-ché non possediamo le informazioni necessarie che ci consenta-no di sapere se Aristotele abbia concepito – in questo caso – GC come una trattazione indipendente e autonoma sin dall’inizio oppure in una fase successiva: nel caso di Aristotele è stato piuttosto un problema della tradizione successiva quello di di-stinguere i trattati e di assegnare loro dei titoli.15 Ma se è vero che nulla può indurci a pensare, sulla base dei dati che posse-diamo, che Aristotele abbia dedicato al problema della genera-zione e della corruzione in senso assoluto uno scritto indipen-dente in cui affrontava in modo globale questo solo tema e che quindi GC sia stato progettato e scritto come trattato autonomo e organico nel modo in cui noi lo possediamo oggi, tuttavia oc-corre tenere in considerazione che in molti passaggi delle sue opere Aristotele rimanda allo studio della generazione e della corruzione in senso assoluto come se si trattasse di un’opera or-ganica.16 I rimandi al problema della generazione e della corru-zione in senso assoluto che si trovano frequentemente nella Physica e nel De caelo, se da un lato possono far pensare che Aristotele progettasse verosimilmente una trattazione autonoma sull’argomento – e in tal caso tali rimandi si identificherebbero con parti di tale trattazione –, dall’altro lato potrebbero essere

14 Vd. Migliori p. 22 che si appoggia su P. Moraux, Les listes anciennes

cit., p.7 nota 17. 15 Cf. J. Brunschwig, On Generation and Corruption I. 1: A false Start?, in

F. de Haas & J. Mansfeld ed. by, Aristotle’s On Generation and Corruption I, Oxford 2004, pp. 26-27.

16 E di converso in GC ci sono molti rimandi ad altri scritti aristotelici, soprattutto alla Phys. e al Cael., cf. Mugler p. VII.

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identificati con passaggi successivi di queste stesse opere in cui Aristotele si occupa della questione. I riferimenti di Aristotele a GC che si trovano nelle altre opere riguardano in effetti piutto-sto dei capitoli di GC che non l’intero trattato, con la sola ecce-zione del famoso proemio dei Meteorologica in cui Aristotele presenta il piano complessivo della sua filosofia della natura, piano in cui GC si trova collocato al terzo posto dopo la Physica e il De caelo e prima dei Meteorologica (così come viene indi-cato nel catalogo di Tolemeo).17 D’altra parte, però, appare dif-ficilmente pensabile che Aristotele abbia concepito la sua scien-za della natura senza prevedere di dovere affrontare nello speci-fico anche il problema della generazione e della corruzione in senso assoluto e GC appare un trattato organico nelle sue parti, che si strutturano nel loro complesso in modo da preparare un poderoso e quanto mai ingegnoso sistema scientifico sulla gene-razione naturale.

Il proemio dei Meteorologica di cui si diceva, la cui autenti-cità è oggi comunemente riconosciuta, è il solo elemento ester-no all’opera di cui disponiamo per poter effettivamente ritenere che Aristotele, a prescindere dalla composizione più o meno au-tonoma di capitoli o di gruppi di capitoli di GC, possa aver pen-sato a un trattato sulla generazione e la corruzione in senso as-soluto nel modo in cui lo possediamo. Esso tocca peraltro un al-tro delicato problema concernente l’organizzazione del materia-le di GC, che è quello relativo al legame fra questo trattato e il De caelo, a cui GC sarebbe legato anche testualmente a motivo dell’inusuale presenza di un dev nella prima linea, che sarebbe correlato al mevn dell’ultima frase del Cael., rispetto al quale GC

17 Mugler, pp. VI-VII, sottolinea l’opportuna posizione di GC nel piano

aristotelico della natura: esso si colloca fra il De caelo, che è il trattato che studia l’applicazione delle leggi fisiche generali sul movimento ai corpi cele-sti, e i Meteorologica che studiano oggetti e fenomeni collocati al livello ter-restre o fra la terra e l’orbita lunare, cioè nella zona sublunare: GC espliche-rebbe una funzione di continuità che lega i fenomeni celesti al divenire terre-stre.

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sarebbe la continuazione.18 Non intendo qui riproporre l’intero ventaglio di supposizioni che la critica ha fatto in passato su questa questione, e mi riferisco sia ai commentatori antichi sia a quelli moderni,19 la maggior parte dei quali ha ritenuto che oc-correrebbe considerare da una parte i primi due libri del Cael., i quali trattano del movimento dei cieli, e dall’altra parte i libri III-IV del Cael., che riguardano il mondo sublunare, insieme con i due libri di GC che ne sarebbero la continuazione logica.

In uno studio piuttosto recente J. Brunschwig20 ha riconside-rato la questione pervenendo, anche sulla base di una rilettura del proemio dei Meteorologica, ad una posizione molto equili-brata: Cael. e GC, distinti dalla Phys. in cui Aristotele trattereb-be argomenti più astratti e generali,21 costituirebbero, a suo av-viso, tre sottounità dello stesso livello elencate in una sequenza ordinata, ma non gerarchica, che mostrerebbe come GC sia concepito logicamente come l’ultima parte di una più vasta uni-tà che contiene altre due parti (Cael. I-II e III-IV). GC sarebbe quindi legato a Cael. III-IV senza che questo comporti una se-parazione di Cael. I-II da III-IV a favore di una congiunzione fra Cael. III-IV e GC così stretta da far pensare ad un unico trat-tato. Ma la cosa ancor più interessante che Brunschwig sottoli-nea è il fatto che il proemio dei Meteorologica distingue l’argo-mento della generazione e corruzione in senso assoluto, che è l’argomento di GC, da quello della generazione e corruzione

18 A questo proposito è interessante a p. 31 la nota 21 di J. Brunschwig,

On Generation and Corruption I. 1 cit., in cui lo studioso riferisce una curiosi-tà filologica attinta da M. Rashed, da cui si dedurrebbe che nel ms Parisinus gr. 1853 f. 106v Cael. e GC erano scritti di seguito, senza interruzione, e che solo una nota marginale indicava probabilmente che in quello specifico punto iniziava un altro trattato.

19 Si vd. ad esempio Filop. In GC 2,22 ss. e, su Alessandro di Afrodisia e Nicola di Damascio cf. B. Besnier, De Generatione et Corruptione cit., pp. 296-297. Si vd. anche Migliori p. 21 e nota 24.

20 Vd. J. Brunschwig, On Generation and Corruption I. 1 cit., pp. 28-31. 21 J. Brunschwig, On Generation and Corruption I. 1 cit., p. 29, sottolinea

la corrispondenza fra peri; mevn e e[ti dev nel proemio dei Mete. che isolerebbe la Phys. dal gruppo costituito da Cael. e GC.

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degli elementi che si riferisce invece a Cael. III-IV, il che signi-fica che la classificazione dei Meteorologica fa riferimento a GC così come noi lo possediamo.22

Un ultimo problema al quale è necessario fare un breve rife-rimento è quello di un presunto doppio inizio di GC già messo in luce da Migliori nell’Introduzione alla sua traduzione del 1976. Mi riferisco rispettivamente alle prime linee dei capitoli I e II, e cioè GC I 1, 314a1-6 e I 2, 315a26-29. Migliori mostra con argomentazioni convincenti che «[…] il I e il II capitolo del De generatione presentano entrambi una introduzione all’argo-mento, con alcune differenze che sono tutte a vantaggio del cap. II». Del problema si è recentemente occupato anche Brun-schwig, nell’articolo già citato che per l’appunto si intitola On Generation and Corruption I.1: A false Start?, nel quale ripren-de puntualmente anche le ragioni di Migliori a cui accennavo.23 Non è possibile negare che i due passaggi possano fungere en-trambi a buon diritto da introduzioni all’intero trattato, ma, co-me fa notare Brunschwig, piuttosto che sforzarsi di comprende-re se e in che misura l’uno dei due sia più corretto o più esausti-vo nel rappresentare l’introduzione di GC,24 occorre interrogarsi

22 Vd. J. Brunschwig, On Generation and Corruption I. 1 cit., p. 30. 23 Vd. J. Brunschwig, On Generation and Corruption I. 1 cit., pp. 31-37 e

60-63. 24 In effetti, se si legge attentamente GC II 2 ci si accorge che qui Aristo-

tele fornisce il piano di quasi tutto il suo trattato e in aperta opposizione a Pla-tone: quest’ultimo, «ha indagato soltanto sul come la generazione e la corru-zione esistano nelle cose (cf. GC I 2-3), e ha indagato non su tutti gli aspetti della generazione, ma solo su quello che concerne gli elementi (cf. GC II 1-5), senza dire nulla, però, su come si generino e si corrompano la carne o le ossa o cose del genere (cioè gli omeomeri, cf. GC II 7-8); e non ha detto neppure in che modo esistano nelle cose l’alterazione (cf. GC I 4) o l’aumento (cf. GC I 5). In generale nessuno ha prestato attenzione ad alcuna di tali questioni se non superficialmente, ad eccezione di Democrito». Non c’è stato alcuno, in-fatti – afferma più avanti Aristotele –, che abbia trattato della mescolanza (cf. GC I 10), né di altri processi quali l’agire o il patire (cf. GC I 7-9). Come si vede, quasi tutta la materia che compone GC è qui presente, con l’eccezione di I 1, di I 6, che riguarda il contatto e quindi è preliminare all’analisi di azio-ne e passione, di II 9-10 in cui Aristotele fornisce il suo modello causale della generazione assoluta e di II 11 che, a completamento del problema della cau-

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sul valore probativo del fatto che entrambi tali passaggi intro-duttivi al trattato coesistono (e questo a prescindere dal fatto che solo le li. introduttive di I I sono legate a Cael. in ragione della presenza di dev). Attraverso un’analisi dettagliata di GC I 1 Brunschwig conclude che, contrariamente a quanto avviene in altre rassegne delle opinioni dei predecessori, nelle quali – at-traverso la critica degli aspetti inaccettabili, dei quali mette in luce gli errori, e l’accoglimento degli aspetti che gli appaiono invece corretti – Aristotele trova normalmente il modo di fonda-re le sue proprie teorie, in I 1 Aristotele si troverebbe di fronte a una insolita tensione teorica fra speculazione filosofica e rico-struzione storiografica, per cui la sua critica ad Empedocle ri-sulterebbe ai suoi stessi occhi efficace ma inadeguata a fondare la trattazione del problema della generazione e della corruzione assolute. La validità della ricostruzione storico-teorica della fi-losofia di Empedocle che attraversa tutto il capitolo I 1 avrebbe avuto come conseguenza il fatto che esso si conserva ancora (per volontà dello stesso Aristotele oppure degli editori poste-riori), a dispetto della presenza di I 2, ma di certo Aristotele a-vrebbe sentito il bisogno, diciamo così, di dare al suo trattato un nuovo cominciamento, e di fatto in I 2 Aristotele offrirebbe un nuovo vero inizio. Se quindi sotto questo profilo e in questa mi-sura Brunschwig ritiene che GC I 1 sia in un certo senso un fal-so inizio, tuttavia egli precisa che alcuni passaggi di GC, dei quali discute nel suo saggio, e inoltre il modo stesso di cui Ari-stotele parlerebbe di Empedocle in I 8, mostrerebbero come agli occhi di Aristotele la materia trattata in I 1 non sia da considera-re priva di utilità alla trattazione complessiva.

In conclusione, nonostante le riserve che si possano esprime-re in merito ai singoli aspetti, che ho qui cercato di mostrare, re-lativi al materiale che compone GC, di fatto tale trattato si pre-senta come una struttura coerente e sufficiente nell’insieme del-le sue parti ad affrontare un problema teorico di grande rilevan-za nella filosofia di Aristotele, e cioè quello della generazione e

salità della generazione assoluta, riguarda il problema della necessità nella ge-nerazione degli enti eterni e contingenti.

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della corruzione assolute, per il quale, ancora una volta e in modo diretto, Aristotele si misura con la tesi eleatica del non es-sere assoluto e della nascita della sostanza. Nella coerenza e sufficienza di tale materia perdono rilevanza, di fatto, le molte-plici domande che riguardano i tempi e i modi della composi-zione del testo, oltre che il suo legame di continuità con Cael. III-IV.

2. Lo status quaestionis: Aristotele e i suoi predecessori Per comprendere la materia trattata in GC occorre tenere

presente la collocazione che questo trattato ha all’interno della filosofia della natura di Aristotele, collocazione che ci viene suggerita da Filopono nel Proemio del suo Commentario a GC: nella Fisica, dice Filopono, Aristotele si è occupato dei principi dei fenomeni naturali, cioè della materia e della forma, e delle nozioni necessarie a tali fenomeni, ovvero luogo, tempo e mu-tamento. Poi è passato ai trattati che si occupano degli enti natu-rali: di quelli che sono incapaci di generarsi e di corrompersi, considerati sia nella loro interezza che nelle parti ha trattato nel De caelo [da qui cit. Cael.], mentre di quelli eterni se considera-ti nella loro interezza, ma capaci di generarsi e corrompersi nel-le parti, cioè degli elementi, ha trattato in GC. Così GC è giu-stamente considerato da Filopono come uno scritto i cui principi generali si trovano nella Fisica e che è in stretta continuazione rispetto a Cael. Dalla Fisica,25 in effetti, si apprende che il mu-tamento, come anche il movimento, è sempre un processo che implica il passaggio dalla potenza all’atto. Sia quando muta sia quando si muove, infatti, l’ente naturale subisce una trasforma-zione da una certa determinazione a quella contraria, determi-nazioni che sono rispettivamente l’una in potenza e l’altra in at-to. Il passaggio alla determinazione contraria avviene nei mo-vimenti o mutamenti secondo la qualità (alterazione), secondo la quantità (aumento e diminuzione) e secondo il luogo (trasla-zione), poiché sono questi i modi di essere che ammettono con-

25 Cf. Phys. V 1-2.

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trarietà; solo nel mutamento che riguarda la sostanza, e che quindi non ammette contrario (non esiste, secondo Aristotele, il contrario della sostanza),26 si avrà il passaggio da un contrad-dittorio all’altro, nel senso che il passaggio alla forma contraria avviene a partire dalla sua stessa privazione.27 La differenzia-zione che esiste all’interno del divenire (givgnesqai) veniva spiegata già dai Presocratici e da Platone sulla base dell’uso lo-gico-linguistico di givgnesqai: da un lato, infatti, c’è il divenire tout court, aJplw`~, che viene espresso linguisticamente utiliz-zando semplicemente il verbo senza che sia necessario aggiun-gere ad esso alcunché, e dall’altro lato c’è il “divenire qualco-sa”, givgnesqai ti, che è il caso in cui il divenire espresso dal verbo necessita di una specificazione (il ti). L’alterazione, l’au-mento e la traslazione sono modi della generazione relativa, giv-gnesqai ti, mentre solo la generazione della sostanza è una generazione assoluta, aJplw`~.28 Se è vero che, come ho detto, questa differenziazione linguistica era già in uso prima di Ari-stotele, presso i Presocratici e Platone, tuttavia tutti costoro hanno fatto grande confusione fra i vari processi. In Phd. 71a ss., il Socrate platonico, ad esempio, conduce la prima dimo-strazione dell’immortalità dell’anima mostrando come la gene-razione sia un processo che avviene su un asse di contrarietà in un senso o nell’altro. Così l’accrescimento è il processo che va dal piccolo al grande e, di converso, la diminuzione è il proces-so che va dal grande al piccolo; il riscaldarsi è il processo che va dal freddo al caldo e il raffreddarsi è il processo che va dal caldo al freddo (e questa è un’alterazione); allo stesso modo

26 Cat. 5, 3b 24-27. 27 Dalle Categorie sappiamo che i contrari sono le determinazioni massi-

mamente distanti entro uno stesso genere (cf. Cat. 6, 6a17-18, ma anche Int. cap. 14). I contraddittori sono invece l’uno negazione dell’altro che è afferma-zione, cf. Int. 6, 17a 31-34. Sia i contrari che i contraddittori rientrano nei quattro modi dell’opposizione, elencati da Aristot. Cat. 9-10, 11b 17-23 (cf. anche Meta. V 10, 1018a 20 ss.). Sui contrari cf. J.P. Anton, Aristotle’s Theo-ry of Contrariety, London 1957; J. Bogen, Change and Contrariety in Aristot-le, «Phronesis», 37/1 (1992), pp. 1-21.

28 Cf. Phys. V 1-2.

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l’essere morto deriva dall’essere vivo e l’essere vivo dall’essere morto: la generazione e la corruzione in senso assoluto, che per Aristotele sono processi che conducono dal non essere all’es-sere e viceversa, sono trattati da Platone alla stessa stregua di quelli che invece, sempre secondo Aristotele, procedono dall’essere verso l’essere, come nel caso dell’aumento e dell’al-terazione. In questo stato di cose Aristotele ritiene indispensabi-le distinguere in maniera definitiva la generazione e la corru-zione in senso assoluto dall’alterazione e dall’aumento, proprio per il fatto che tutti i fisiologi presocratici e anche Platone e i Platonici hanno di fatto confuso fra loro questi processi. Egli non si occupa in GC del problema della traslazione, già oggetto di indagine di Cael., per diverse ragioni: la traslazione ha un certo primato fra i tre tipi di movimento, sia perché essa è causa degli altri mutamenti sia perché la traslazione è possibile senza gli altri mutamenti ma non è possibile il contrario, cioè che sen-za la traslazione ci siano gli altri mutamenti di cui essa è cau-sa;29 inoltre, la traslazione riguarda un ente naturale esistente, mentre la generazione assoluta si riferisce a ciò che non è, per cui la traslazione sarà causa di generazione e, in quanto causa, è primaria rispetto al causato.30

In GC I 1, dopo aver introdotto l’oggetto di studio del tratta-to e aver fatto un accenno ai monisti, costretti ad identificare generazione e alterazione per il fatto che pongono un unico principio della realtà, per cui la generazione non può essere al-tro che alterazione di quest’unico principio,31 il discorso si spo-sta sui pluralisti – Empedocle, Anassagora e gli Atomisti – i quali, afferma Aristotele, sono costretti, al contrario dei monisti,

29 Cf. Phys. VIII 7, 260a26 ss. Si vd. E. Berti, La suprématie du mouve-ment local selon Aristote: ses conséquences et ses apories, in J. von Wiesner, hrsg., Aristoteles. Werk und Wirkung, P. Moraux gewidmet, Berlin-New York 1985, 1. Band, pp. 123-150.

30 Cf. GC II 10. 31 Non vengono qui messi in discussione gli Eleati. Cf. a questo proposito

J. Mansfeld, Aëtius, Aristotle and Others on Coming to Be and Passing Away, in V. Caston & D.W. Graham ed. by, Presocratic Philosophy: Essays in Ho-nour of Alexander Mourelatos, Aldershot, pp. 274 ss.

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a distinguere generazione e alterazione.32 Essi identificano in-fatti la generazione con l’aggregazione o mescolanza33 e la cor-ruzione con la disgregazione o separazione. Il primo di tali pro-cessi corrisponde secondo i pluralisti alla nascita mentre il se-condo corrisponde alla morte. Tuttavia i filosofi pluralisti, in quanto identificano la generazione con la mescolanza, di fatto identificano l’alterazione con la generazione e quindi negano la generazione in senso assoluto. Monisti e pluralisti finiscono al-lora, sebbene per vie diverse, per commettere il medesimo erro-re! quello cioè di identificare l’alterazione con la generazione e, di conseguenza, di negare la generazione assoluta. L’attenzione di Aristotele si focalizza su Empedocle e sui suoi seguaci: co-storo, ritenendo che i principi elementari siano immutabili ed eterni, di fatto non ammettono la trasformazione reciproca degli elementi né tantomeno la trasformazione delle proprietà degli elementi stessi, per cui sono costretti a negare anche l’altera-zione, che è appunto il mutamento di un sostrato, che permane, da una data affezione nell’affezione contraria.34 Empedocle è quindi in contraddizione con i fenomeni naturali, perché nega l’evidenza del fatto che in natura esiste l’alterazione, ma è an-

32 Cf. GC I 1, 314b4-5 e 10-11. Non sempre le dottrine dei filosofi che lo

hanno preceduto corrispondono perfettamente a quanto Aristotele dice su di esse: cf. la trad. di C.J.F. Williams, Aristotle’s De Generatione et Corruptio-ne, transl. with notes, Oxford 1982, pp. 61 ss. [da qui in poi citato solo come Williams] e il più recente saggio di J. Brunschwig, On Generation and Cor-ruption I. 1 cit., pp. 42-43. Inoltre occorrerebbe comprendere se l’alterazione di cui Aristotele parla a proposito dei pluralisti sia da assumere nel senso tec-nico aristotelico oppure no.

33 Si scoprirà in GC I 10 che peraltro i pluralisti hanno della mescolanza un concetto errato, perché l’aggregazione è piuttosto una composizione e non una vera mescolanza, che è un particolare processo di alterazione.

34 Aristotele muove altre critiche ad Empedocle, o meglio agli Empedo-clei, a proposito dell’immutabilità degli elementi in GC II 6. Parlo di Empe-doclei sulla base di quanto ha dimostrato Rashed, Introduction pp. XXXV-XLVIII, il quale ritiene che Aristotele faccia qui riferimento a una scuola me-dica empedoclea pressoché contemporanea allo stesso Empedocle e che a-vrebbe trascurato la sua cosmologia per insistere soprattutto sulla dottrina dei pori.

Introduzione

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che in contraddizione con se stesso, in primo luogo perché nega che i quattro elementi si generino l’uno dall’altro mentre poi si scopre che essi necessariamente si generano reciprocamente nella misura in cui derivano dall’unità composta nello Sfero a partire dalla quale si separano differenziandosi nelle loro pro-prietà; in secondo luogo perché considera gli elementi dei prin-cipi eterni che invece, in quanto partono dalla composizione u-nitaria originaria, si sono evidentemente generati; in terzo luogo perché non si comprende se sia principio l’Uno (nel caso in cui in origine è l’Uno, ossia lo Sfero, da cui gli elementi si separano differenziandosi tra loro) oppure siano principi i molti (nel caso in cui principi siano gli elementi che si raccolgono nell’unità dello Sfero).

All’inizio di GC I 2 il discorso di Aristotele si sposta sugli Atomisti e su Platone.35 Sui primi Aristotele esprime molti ap-prezzamenti, perché, pur non essendo d’accordo con le loro teo-rie, riconosce loro non solo di aver condotto una vera indagine sulla natura, ma anche di aver saputo distinguere l’alterazione dalla generazione grazie alla teoria delle potenze atomiche. Al contrario di quanto fa con gli Atomisti, Aristotele critica seve-ramente Platone per il fatto che non si comporta da filosofo del-la natura e anzi cerca di fare filosofia della natura utilizzando strumenti teorici di natura logico-matematica del tutto inade-guati a questo tipo di indagine.36 Platone, nel Timeo, ha sostenu-to come gli Atomisti una teoria degli indivisibili, ma mentre gli Atomisti ponevano come principi i corpi indivisibili, appunto gli atomi, Platone ha posto come principi grandezze indivisibili,

35 Per un commento dettagliato di GC I 2 si vd. D. Sedley, On Generation

and Corruption I. 2, in F. de Haas & J. Mansfeld ed. by, Aristotle’s On Gen-eration and Corruption I cit., pp. 65-89.

36 Filop. In GC 20,25 ss. sottolinea non solo l’aspetto non fisico dell’in-dagine platonica, ma anche il suo carattere fortemente matematico, perché di-scute della generazione degli elementi, e quindi degli enti naturali, a partire da figure geometriche. È proprio questo aspetto matematico dell’indagine fisica di Platone che Aristotele non può accettare, perché l’indagine del matematico e quella del fisico sono diverse e si applicano a oggetti diversi, come Aristote-le insegna in Phys. II 2 e Meta. VI 1, 1025b30-1026a16.

G.R. Giardina

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cioè figure piane elementari individuate nei triangoli rettangoli, ai quali egli ha ridotto gli elementi.37 Il problema degli indivisi-bili è per Aristotele di enorme rilievo teoretico, perché il corpo o la grandezza indivisibile sembrerebbe assicurare la permanen-za di un sostrato che subisce le trasformazioni, che è un concet-to chiave della fisica aristotelica. Lo Stagirita affronta dapprima il problema degli indivisibili esponendo i problemi che nascono se si ipotizza la divisibilità all’infinito di una grandezza e poi esponendo i problemi che nascono se si ipotizza l’ipotesi con-traria alla prima, e cioè che si debbano ammettere corpi o gran-dezze indivisibili.38 In entrambi i casi, mostra Aristotele, si cade nella medesima conseguenza, e cioè nella condizione impossibi-le secondo cui un corpo sensibile dovrebbe generarsi o da punti o da nulla. La soluzione del problema degli indivisibili si può dare invece grazie alla teoria della potenza e dell’atto: a ogni corpo sensibile appartengono contemporaneamente due proprie-tà contrarie, in questo caso la divisibilità e l’indivisibilità all’in-finito, ma l’una, la divisibilità all’infinito, appartiene al corpo in potenza, mentre l’altra, l’indivisibilità all’infinito, gli appartiene in atto. La teoria propria di Aristotele della potenza e dell’atto consente così di ammettere la compresenza di due contrari, la quale compresenza, se i contrari fossero concepiti entrambi in atto, contravverrebbe al principio di non contraddizione. Se è vero quindi che in ogni punto di una grandezza geometrica pos-siamo sempre individuare un punto, tuttavia questo non signifi-ca che la grandezza geometrica sia un insieme di punti: gli A-tomisti confondono il dappertutto (pavnth/) del punto nella gran-dezza e il dappertutto nello stesso tempo, mentre una grandezza (corporea o geometrica) secondo quanto mostra Aristotele è di-visibile in ciascun punto e all’infinito senza che essa risulti mai divisa all’infinito in atto. La conseguenza ultima di questa com-plessa interpretazione delle teorie atomistiche e platoniche è che generazione e corruzione in senso assoluto non sono processi di

37 Questa riduzione dei corpi a figure piane operata da Platone è, secondo Aristotele, “irrazionale”. Si cf. anche Cael. III 1, 299a2 ss.

38 Su questi ultimi problemi cf. Cael. III 4 e Phys. VI 1.