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FILATURA E TESSITURA IN AMBITO ETRUSCO: UNO SGUARDO SULLE RELAZIONI DINAMICHE TRA MASCHILE E FEMMINILE
Simona Montagnani
“…Come quando la matassa è ingarbugliata, la prendiamo e la dipaniamo sui fusi, tenendola da una parte e dall’altra, così se ci lasciate fare sbroglieremo la guerra, lavorando da una parte e dall’altra con le ambascerie…” (Aristofane, Lisistrata v.
567-570).
I dati archeologici
Negli ultimi anni, dati archeologici provenienti da diverse zone dell’Etruria
documentano il ritrovamento di oggetti legati alla filatura/tessitura recanti
talvolta lettere dell’alfabeto iscritte; si tratta, in genere, di pesi da telaio e
fuseruole. Questo tipo di evidenze archeologiche sono state rinvenute anche
nell’area di Castiglion Fiorentino in vari contesti: nel tempio etrusco presso il
“Cassero” la cui la fase di vita maggiormente documentata è quella dell’inizio
del IV secolo a.C. ; nell’insediamento di “Brolio Melmone” in Val di Chiana
lungo il fiume Clanis con funzioni di abitazione, di produzione e commercio
con una fase di intensa utilizzazione dalla seconda metà del IV secolo a.C. a
tutto il III a.C.; e in alcune tombe, sia femminili che maschili segnalate da
Bartoloni1. In particolare, è molto interessante quanto emerge dal tempio
etrusco dove, in uno dei vani adiacenti all’edificio templare in corrispondenza
di una sorta di vasca rettangolare scavata nella roccia e verosimilmente
legata alla lustratio, sono stati rinvenuti cinque pesi da telaio (Fig. 1), di cui tre
iscritti: due pesi da telaio recano la lettera etrusca rho, derivata dall’alfabeto
greco, il terzo riporta probabilmente un segno di riconoscimento.
Analoghi ritrovamenti epigrafici si sono avuti in altre zone archeologiche
dell’Italia antica. Per esempio, da contesti sicelioti e magno-greci non ben
precisati, provengono pesi da telaio con nomi femminili incisi, da riferire a
donne impegnate nella tessitura; tuttavia, alcuni dei nomi sembrano maschili:
l’ipotesi di Manganaro è che essi si riferiscano a proprietari di filanda o
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addirittura, fatto assai suggestivo, ad operai maschi impegnati al telaio. È il
caso del nome greco Kleódamos, un antroponimo attestato più volte, posto su
un peso di forma discoidale proveniente da Taranto, risalente al IV-III secolo
a.C. (Fig. 2), e del nome Daimachos su un peso piamidale di provenienza
incerta (da Bitonto secondo il Mayer, da Taranto secondo il Wuilleumier)
datato al IV secolo a.C.2. Alcuni oscilla a forma di cavallo, oggetti talvolta
utilizzati come pesi da telaio, databili al IV-III secolo a.C. e provenienti sempre
dalla Puglia, riportano una figura di civetta, simbolo di Atena, con braccia
umane ed intenta a filare su un kalathos.
Altre testimonianze di pesi da telaio iscritti le troviamo in Grecia. Ricordiamo
a questo proposito un peso con l’epigrafe dedicatoria alla “glauopide figlia di
Zeus”, trovato presso l’Eretteo sull’Acropoli di Atene, città in cui Atena era
onorata come patrona della tessitura. Sempre dall’acropoli giungono inoltre
tre pesi piramidali su cui è stampata una civetta3. Altri due pesi dedicati alla
dea provengono l’uno dal tempio di Atena Cranaia vicino ad Elatea, l’altro dal
sito di Delfi. Secondo Todisco, anche i pesi da telaio presenti comunemente
nelle abitazioni greche, potevano essere ex voto donati sia da donne che da
uomini. Infatti, su di essi venivano incisi nomi di divinità femminili (Atena ed
Era), ma anche maschili (Eracle): su un peso da telaio di forma discoidale
rinvenuto a Taranto e risalente al IV-III a.C. vi è per esempio l’epigrafe HPA4,
un altro di provenienza sconosciuta, datato tra V e IV a.C., reca molto
verosimilmente l’immagine di un “Eracle sacrificante”.
Quest’ultima iconografia potrebbe suggerire la presenza di un’officina tessile
in cui veniva usata mano d’opera maschile: è l’ipotesi di Ferrandini Troisi che,
inoltre, ricorda quanto riportato in Platone circa l’impiego anche di uomini
nella tessitura : “[…] E poi non sarebbe neppure esagerato se a questi
aggiungessimo i guardiani dei buoi e delle pecore, e tutti gli altri addetti alla
pastorizia, per dar modo ai contadini di disporre dei buoi per arare, ai muratori
e agli agricoltori degli animali da soma per il trasporto del materiale, ai
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tessitori e ai calzolai rispettivamente delle lane e del cuoio […] 5.
Ora, se entriamo nel merito delle visioni interpretative, riguardanti i dati
provenienti dall’area di influenza etrusca, l’attestazione di elementi alfabetici
su reperti associati al mondo della filatura e tessitura è di per sé un fatto
anomalo, ma soprattutto l’averla riscontrata all’interno di corredi maschili le
ha fatto assumere una complessità ancora maggiore e tale da suscitare
perplessità negli studiosi; ne sono derivate visioni talvolta contrapposte. Per
quanto riguarda il contesto di Castiglion Fiorentino, secondo Paoli6, i pesi da
telaio rinvenuti nell’area cultuale rappresenterebbero un’offerta votiva
muliebre o sarebbero legati alla pratica della tessitura presso il tempio.
Stando invece all’ipotesi di Scarpellini, le lettere o i segni iscritti sui pesi da
telaio indicherebbero l’ordine secondo il quale dovevano essere messi in
opera7. In linea più generale, Bartoloni ha ipotizzato che le fuseruole iscritte
rappresentino doni vedovili: “[…] Alcune fusaiole e rocchetti rinvenute in
deposizioni di guerrieri debbono essere interpretate come offerte simboliche
al morto da parte della compagna in vita. […]” 8 . Mentre per Rallo esse
indicherebbero e confermerebbero il fatto che le donne etrusche di rango
detenevano la conoscenza della scrittura e la trasmisero, almeno
inizialmente, agli uomini9. Relativamente ai pesi da telaio iscritti associati ad
ambiti cultuali, è assai probabile, come ha fatto osservare Bernardini, che riti
di passaggio dall’età infantile all’ adulta simili a quelli praticati negli edifici
sacri extraurbani greci potessero essere eseguiti anche nei templi etruschi
urbani, ad esempio in quello già citato di Castiglion Fiorentino.
Dunque, ricapitolando, appare chiaro come le interpretazioni riguardanti i pesi
da telaio iscritti appaiono abbastanza disomogenee e lasciano aperte molte
domande.
Un nuovo modello interpretativo
Una tale complessità archeologica, per essere compresa, richiede a mio
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parere un modello teorico di riferimento alternativo ai tradizionali approcci. Mi
riferisco a quello storico-antropologico della ‘Gender Archaeology’.
L’archeologia di ‘genere’ è sorta all’interno del modello post-processuale10;
quest’ultimo nacque negli anni Ottanta e Novanta come critica alla visione
metodologica neo-positivista dell’archeologia processuale, altrimenti detta
“New Archaeology”, impostata su basi matematico-statistiche.
Innanzitutto conviene chiarire che quando si parla di ‘genere’ non ci si
riferisce al sesso biologico. Infatti, il primo rappresenta “…un elemento
costitutivo delle relazioni umane, basato su differenze e similarità
culturalmente percepite e iscritte tra uomini e donne…” 11, il secondo si
riferisce ai caratteri fisici e genetici del corpo. L’archeologia di ‘genere’
rappresenta un importante cambiamento di ottica nell’analisi archeologica dei
dati; secondo Conkey e Spector, essa esamina in primis i fattori che
sembrano influenzare la natura delle relazioni tra uomini e donne12. Ciò è
possibile grazie allo studio della cultura materiale, che gioca un ruolo
essenziale nella strutturazione dell’ideologia di ‘genere’.
In particolare, l’approccio proposto mette in discussione gli stereotipi comuni,
ovvero le rigide associazioni tra oggetto e sesso biologico e pone l’accento
sulle relazioni dinamiche tra maschile e femminile, conferendo un nuovo
valore agli elementi di discontinuità presenti nella documentazione
archeologica. Il suo carattere interdisciplinare (archeologico, storico e
antropologico) permette la tessitura di una più articolata trama di significati,
dove l’oggetto acquisisce valori funzionali diversi a seconda del contesto in
cui si trova .
Su questa linea, la presenza di oggetti legati alla filatura/tessitura in ambiti
non solo prettamente femminili o viceversa la loro associazione nei corredi ad
oggetti “tipicamente maschili” come le armi, apre nuove prospettive di ricerca
per lo studio delle dinamiche sociali tra uomini e donne dell’antichità.
Andrebbero quantomeno rimessi in discussione quei comuni clichés che
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vedono la donna legata esclusivamente alle attività propriamente domestiche
e chiusa nell’ambito privato dell’oikos o l’uomo proiettato nella vita pubblica e
militare. In questo senso, affermazioni come “[…] Il lavoro della lana è il
simbolo della donna, come il lavoro delle armi è quello dell’uomo. […] ”
oppure che “[…] produrre ed educare è il destino della donna, filare la lana ne
è l’emblema […] “ 13, dovrebbero forse essere riconsiderate .
Alla luce del modello proposto, diventa molto interessante il lavoro di ricerca
svolto da Toms e Davis-Kimball, che hanno infatti analizzato quelle
associazioni tra oggetti del mondo della filatura/tessitura e armi, altrimenti
incomprensibili partendo dai comuni stereotipi legati al sesso. Toms14 ha
documentato la presenza, in corredi dell’età del ferro da Veio e Tarquinia, di
associazioni fra oggetti legati al mondo della filatura/tessitura con oggetti
come le armi legati al mondo della guerra. Sempre in Etruria meridionale, nel
territorio di Nepi, in corrispondenza di una deposizione maschile,
appartenente ad una tomba utilizzata per un lungo arco cronologico (dalla
seconda metà VI a.C. al III a.C.), sono stati rinvenuti ornamenti personali
associati ad una fuseruola15. D’altronde, che la concomitanza di oggetti
“tipicamente” femminili con quelli “tipicamente” maschili non sia casuale, è
dimostrata dal fatto che studi degli ultimi anni comprovano l’esistenza di un
sempre più frequente scambio di oggetti fra maschile e femminile, come nel
caso dello strigile e dello specchio. Infatti, da un lato, è attestato il
ritrovamento di strigili, oggetto di solito associato alla sfera degli uomini, in
tombe femminili; dall’altro, quello di specchi associati generalmente al
mundus muliebris in tombe maschili. Tra l’altro, tali commistioni trovano
conferme anche nell’iconografia di molte ceramiche attiche a partire dalla fine
del VI secolo a.C.16.
Secondo Massa-Pairault, il fenomeno della presenza degli strigili in corredi
femminili, sembra verificarsi soprattutto a partire dal IV secolo a.C. , allorchè
siamo in presenza di una particolare situazione storica nella quale
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verosimilmente le relazioni tra maschile e femminile si fanno più diversificate.
Dunque, la presenza o l’assenza dello strigile nei corredi non indicherebbe più
la distinzione uomo/donna come era avvenuto in precedenza17.
Analogamente, simili combinazioni e scambi tra reperti sono documentati in
aree geografiche di influenza culturale diversa. Ci riferiamo a quanto raccolto
dall’archeologa Davis-Kimball18 dell’Università di Berkeley che, negli anni
Novanta, durante una campagna di scavo nel sito di Pokrovka (confine
Kazakistan), ha scoperto molte sepolture femminili risalenti al VI secolo a.C.
contenenti oggetti della filatura/ tessitura associati ad armi (Fig.3).
Sulla base dell’approccio metodologico proposto, possiamo supporre, almeno
in via preliminare che l’utilizzo dei pesi da telaio rientri in quei fenomeni legati
ad uno scambio di oggetti tra maschile e femminile di cui abbiamo parlato.
Pare, inoltre, che in alcuni contesti geografici l’oggetto, al pari di altri, perda
più precipuamente il suo rigido legame con il mundus muliebris soprattutto a
partire dal IV a.C., un periodo per l’area mediterranea di profonde
trasformazioni storiche19 con riflessi sul piano politico-economico: sostituzione
delle vecchie aristocrazie, sviluppo del commercio e dell’artigianato.
Cambiamenti che determinarono rilevanti conseguenze dal punto di vista
sociale. Basti solo pensare al processo di emancipazione economica e
politica dei ceti subalterni, riflesso di ciò che stava accadendo a Roma, che
interessò in particolare l’Etruria meridionale e che, anche se in misura minore,
toccò le città etrusche più a nord. È molto probabile che tali mutamenti
possano avere in qualche misura determinato una diversa circolazione degli
oggetti di uso quotidiano quali nel nostro caso i pesi da telaio, non più
rigidamente ed esclusivamente attribuibili ad un sesso o categoria sociale
bensì aperti ad un più vasto utilizzo.
Si tratta ovviamente di riflessioni che dovranno essere valutate alla luce di
ulteriori dati archeologici e storici.
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ILLUSTRAZIONI
Fig 1 : Alcuni pesi da telaio conservati al Museo Archeologico di Castiglion Fiorentino. Fonte: Scarpellini 2008
Fig 2 : Peso da telaio da Taranto con inciso il nome maschile Kleódamos. Fonte: Ferrandini Troisi 1992.
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Fig 3: Corredo femminile con associazione fra oggetti della filatura/tessitura (fuso e peso da telaio) con armi (punte di freccia). Fonte: Davis-Kimball 2009.
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NOTE BIBLIOGRAFICHE
1 Antonia Rallo,“Il lusso, le donne, il potere “ in “Etruschi. Le antiche metropoli
del Lazio” a cura di Mario Torelli e Anna Maria Moretti Sgubini, Electa, 2008,
pp. 140-147, in particolare p. 144.
2 Giacomo Manganaro, “Onomastica greca su anelli, pesi da telaio e glandes
in Sicilia”, aus: Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 133, Bonn, 2000, pp.
123-137 in particolare p.12. Vedi anche Franca Ferradini Troisi, “Epigrafi
mobili del Museo archeologico di Bari” , Bari, 1992, in particolare p.79.
3 Maria Luisa Bernardini, “Pesi da telaio: storie dal santuario” in “Da
Tanaquilla alla Tonacella. Filare e tessere nella tradizione castiglionese dagli
Etruschi al XV secolo”, Quaderno di biblioteca n°23 a cura di Margherita Gilda
Scarpellini, Museo Archeologico di Castiglion Fiorentino, 2004, pp.91-97, in
particolare p. 92,
4 Luigi Todisco, “Introduzione all’artigianato della Puglia antica. Dall’età
coloniale all’età romana”, 1998, Bari, in particolare p. 211. Vedi anche in
Ferrandini Troisi, 1992, pp. 83-84.
5 Franca Ferradini Troisi, “Epigrafi mobili del Museo archeologico di Bari” ,
Bari, 1992, in particolare pp. 87-88. . Cfr. anche Ferrandini Troisi 1986, p. 97.
Platone Rep. 370 b traduzione di Roberto Radice in “Platone. Tutti gli scritti” a
cura di Giovanni Reale, Rusconi, 1997. Sempre in Platone vedi anche Crat.
388 c.; Fed. 87 b-c; Gorg. 490 d, 517 e; Pol. 281 a;.
6 Laura Paoli, “Castiglion Fiorentino. I pesi da telaio del tempio del Cassero”
in “Da Tanaquilla alla Tonacella. Filare e tessere nella tradizione castiglionese
dagli Etruschi al XV secolo”, Quaderno di biblioteca n°23 a cura di Margherita
10
Gilda Scarpellini, Museo Archeologico di Castiglion Fiorentino, 2004, p. 92.
7 Nel territorio castiglionese, sono attestati altri pesi da telaio presso i siti di
“Collesecco” in Val di Chio, Brolio via del Porto e Brolio I Ricciotti. Margherita
Gilda Scarpellini “Dalle scoperte archeologiche alla musealizzazione” in
“Tesori ritrovati. Reperti archeologici etruschi rinvenuti nel territorio di
Castiglion Fiorentino dal sec. XVIII ad oggi” , Quaderno di biblioteca n°20 a
cura di Paola Zamarchi Grassi e Margherita Gilda Scarpellini, 2002, p. 41.
8 Gilda Bartoloni, “Principi etruschi” , 2000, in particolare p. 273
9 Antonia Rallo op. cit. Margherita Gilda Scarpellini, “Tanaquilla lanam fecit.
Tessitura tra arte domestica, scrittura e religione” in “Larthia. La vita di una
donna al tempo degli Etruschi” Atti del Convegno promosso dalla Quinta
Commissione consiliare “Attività culturali e turismo” del Consiglio regionale
della Toscana, Chianciano Terme (Siena), 21-22 settembre 2007, Consiglio
regionale Toscana, 2007, pp. 82 e 84.
10 Margarita Diaz Andreu, “Identità di genere e archeologia: una visione di
sintesi” in “Archeologia teorica” X ciclo di lezioni sulla ricerca applicata in
archeologia-Certosa di Pontignano (Siena)-9/14 Agosto, a cura di Nicola
Terrenato, Quaderni del dipartimento di archeologia e storia delle arti,
Università di Siena, 1999, pp. 361-381. Vedi anche Simona Montagnani,
“Riflessioni sul ruolo della donna a Locri Epizefirii. Cultualità femminile e
mondo dorico in una prospettiva di ‘Gender Archaeology’”, con prefazione di
Franco Cambi, in “Quaderni di donne e ricerca” n° 10, Centro Interdisciplinare
Ricerche e Studi sulle Donne, Torino, 2008, pp. 1-46.
11 M. Carmen Vida, “The Italian scene: approaches to the study of gender” in
“Gender & Italian archaeology. Challenging the stereotypes” , a cura di Ruth
D. Whitehouse, 1998, pp. 15-22 in particolare p. 16.
12 Margarita Díaz-Andreu, “Gender identity” in “The Archaeology of identity.
11
Approaches to gender, age, status, ethnicity and religion” , 2005, pp. 11-42.
13 Gilda Bartoloni, “Principi etruschi” , 2000, p. 273 che cita Maurin 1983 e
Finley 1968.
14 Judith Toms, “The construction of gender in Early Iron Age Etruria” in
“Gender and Italian archaeology. Challenging the stereotypes” a cura di Ruth
D. Whitehouse, Accordia Research Institute of London, 1998, pp. 157-179.
15 Daniela Rizzo, “Recenti rinvenimenti nel territorio di Nepi: un sepolcro
aristocratico”, in “Archeologia in Etruria meridionale: atti delle giornate di
studio in ricordo di Mario Moretti” a cura di Maristella Pandolfini Angeletti,
Roma, 2006, in particolare p. 114.
16 Fabio Colivicchi, “Lo specchio e lo strigile. Scambio di simboli e scambio fra
i sessi” in “L’image antique et son interprétation” , Collection de l’École
française de Rome” 371 sous la direction de Françoise-Hèlen Massa-Pairault,
Roma, 2006, pp. 277-300. Vedi anche: Cassimatis H., 1991, “Le strigile dans
l’iconographie italiote” in « Nikephoros » 4, pp. 191-195.
17 Massa-Pairault F.H., 1991, “Strigiles féminins et idéologie funéraire (IVe-IIIe
siècles av.n.è.)”, in « Nikephoros » 4, pp. 197-209, in particolare p. 201.
18 Jeannine Davis-Kimball, “Donne guerriere. Le sciamane delle vie della
seta”, Roma, 2009.
19 Mario Torelli., 1985, “Le tappe della destrutturazione” in “Civiltà degli
Etruschi” a cura di Mario Cristofani, Milano, in particolare p. 313.