Tutte pazze per Chanel - Greene, Niamh

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Titolo originale: Coco's Secret

Copyright © Niamh Greene, 2013All rights reserved

Traduzione dall’ inglese di Rosa Prencipe

Prima edizione ebook: marzo 2014© 2014 Newton Compton editori s.r.l.

Roma, Casella postale 6214

ISBN 978-88-541-6601-1

www.newtoncompton.com

Realizzazione a cura di Corpotre, Roma

Greene Niamh

Tutte pazze per Chanel

Newton Compton editori

Alla mia famiglia

« Una ragazza dovrebbe essere due cose:chi e cosa vuole» .

Coco Chanel

Parigi, novembre 1993

Sarah forzò la chiave nella toppa, girandola inutilmente in un verso enell’altro. La porta era bloccata e non si spostava di un millimetro. Ne aveva giàparlato con la padrona di casa almeno una decina di volte, ma Madame Bouche siera limitata a scrollare le spalle e a sorridere enigmatica, come se lamanutenzione della sua pensione non la riguardasse. Un sacco di cosenell’alberghetto parigino non erano del tutto soddisfacenti, pensava Sarah, maera relativamente pulito e la vista della città era incredibile: questo compensavatutto il resto.Poggiò a terra la scatola di ninnoli antichi che aveva comprato al mercato

quella mattina e accostò la spalla alla porta. Fece leva con tutto il peso delcorpo e finalmente, con un sospiro cigolante, la porta cedette e si aprì. Sarahsorrise compiaciuta mentre riprendeva la scatola di cartone ed entrava nellapiccola camera sempre gelida, la sua casa temporanea nella Ville Lumière. Avevatrovato più di un pezzo che avrebbe rivenduto molto bene nel negozio diDronmore, ne era certa. Già immaginava la reazione entusiasta di suo padre per ilpiccolo e sciocco orologio a cucù che aveva scovato… probabilmente avrebbevoluto tenerlo per sé. Lo capiva, lei stessa avrebbe voluto tenere la graziosabigiotteria comprata a una bancarella. Ma quell’atteggiamento significavavanificare lo scopo del suo viaggio: era in Francia per acquistare merce per loSwan’s Antiques, non era una spedizione di shopping personale, anche sealcune delle cose che aveva scovato erano irresistibili. Come le perle, peresempio. Sarah rovistò tra gli oggetti e trovò il magnifico giro di perle cheammiccava nella scatola. Erano davvero bellissime. Sarebbe stato difficilesepararsene e lasciare che qualcun altro le comprasse. Ma, d’altro canto, neaveva già un filo, quindi non gliene serviva un altro. Doveva smetterla conquell’abitudine di attaccarsi agli oggetti, era dannoso per gli affari.Mentre si sfilava il cappotto e si srotolava la sciarpa dal collo, Sarah scorse

una busta sullo zerbino. Il lato dell’ indirizzo era rivolto verso l’alto eall’angolo c’era l’ inconfondibile francobollo irlandese. La raccolse e la girò,vedendo immediatamente il logo dello Swan’s Antiques sul lembo. Veniva daDronmore.Messa da una parte la scatola di ninnoli, si strinse al petto la busta e attraversò

la stanza, verso la malconcia poltroncina di vimini accanto all’alta finestra con

le persiane. Si mise seduta e, avvoltasi una coperta attorno alle gambe per tenerea bada il freddo, guardò la città. Il vetro crepato era coperto da goccioline dicondensa che si raccoglievano agli angoli, ma in lontananza vedeva la torreEiffel ergersi al di sopra della nebbia. Quella vista le sollevò il morale, comefaceva ogni mattina. Poi Sarah rigirò la busta e posò lo sguardo sulla tondagrafia della madre e il nome gaelico di Dublino stampato nell’angolo, BaileÁtha Cliath. A volte casa sembrava così lontana che Sarah non era sicura che lofosse ancora. Tirò fuori il foglio dalla busta sottile.

Sarah, tesoro,ho pensato di scriverti per mandarti un saluto prima di vederci la prossima settimana. Oggi

qui nevica… la strada è così carina tutta coperta di bianco. Tuo padre è un po’ seccato perquesto. Dice che la neve impedisce alla gente di venire al negozio, ma io penso checontribuisca all’incantevole magia del Natale. Coco la adora, naturalmente. Lei e la suacompagna di scuola, Cat Reilly, si sono divertite un mondo a scivolare su e giù lungo imarciapiedi qui fuori. Non vediamo l’ora di riaverti a casa per Natale, tesoro, specialmenteCoco. È stata di così grande aiuto in negozio: saresti fiera di lei. Ha perfino trovato da sola iltema per la vetrina di Natale. Ha messo sul pavimento tutti gli orologi che avevamo innegozio e li ha disposti in una specie di composizione in stile Alice nel Paese delleMeraviglie… è semplicemente stupenda. Papà non riusciva a credere a quanto è stata ingamba. Ha davvero gusto, lo dicono tutti. Papà dice che è una mini Sarah, ma piùobbediente!

Anzi, Coco è la ragione per cui sto scrivendo, se devo essere sincera. Ma probabilmentel’avevi già capito, non è vero? Il fatto è che ha quasi tredici anni, e penso abbia bisogno dellatua presenza, Sarah. È un’età così particolare: non ricordi com’è essere adolescenti? Quegliormoni impazziti e tutto così incerto e confuso. Sembra solo ieri che tu stessa avevi quell’età.Quasi non riesco a credere che adesso tu sia una donna adulta. A ogni modo, ci piace avereCoco con noi, sempre, ma penso che abbia bisogno di te, adesso più che mai. Non silamenta, ma papà e io vediamo comunque che le manchi terribilmente. So che amiviaggiare e non ti piace essere legata alla vecchia noiosa Dronmore, ma forse è tempo difermarti per un po’ con noi, per il bene di Coco. Promettimi che ci penserai, va bene? Illegame madre-figlia è così importante, come io e te sappiamo. È adesso il momento dicementarlo, prima che sia troppo tardi.

Meglio che vada adesso: c’è così tanto da fare prima che torni a casa. Papà ha grandiprogetti per la tua camera. Aspetta e vedrai!

Con tanto amore,mammaP.S. Ecco una foto di Coco sulla neve… la sua espressione è esattamente la tua a quell’età.

Vedi?

Sarah sollevò la foto e la tenne a distanza per guardarla meglio. Coco era sulvialetto fuori dallo Swan’s Antiques, con un cappotto di lana rossa e unasciarpa a strisce multicolori attorno al collo. Sullo sfondo, Sarah notò lacomposizione di orologi in vetrina, inframmezzati da lucine colorate chebrillavano nella penombra. Coco guardava dritto nell’obiettivo, ridendo achiunque le stesse scattando la foto. Aveva la punta del naso e le guance rosa efiocchi di neve le adornavano il berretto nero, quello che Sarah le avevamandato due settimane prima, come consolazione per non essere lì di persona.Coco sarebbe diventata più alta e imponente di lei, ma la somiglianza attornoagli occhi era impressionante. Era evidente che fossero madre e figlia.Dov’era andato a finire tutto il tempo? Potevano quasi tredici anni essere

passati tanto in fretta? E cosa doveva pensare del delicato suggerimento di suamadre affinché restasse a casa? Aveva sempre detto a se stessa – e a chiunquealtro – che doveva viaggiare in lungo e in largo per scovare pezzi unici einteressanti per lo Swan’s, ma era la verità? Sì, lo Swan’s era noto per i suoioggetti insoliti, ma probabilmente se la sarebbe cavata anche se lei avessesmesso di correre freneticamente in giro per l’ Europa a raccogliere cose. Sedoveva essere sincera con se stessa, sapeva che due o tre brevi viaggi all’annosarebbero stati sufficienti a mandare avanti il negozio. Lo sapevano tutti. Ma alpensiero di tornare per sempre, di sistemarsi, si sentiva soffocare. Amava i suoigenitori e sua figlia con tutto il cuore e l’anima, ma non era mai stata brava avivere una vita convenzionale. Ecco perché aveva lasciato Coco in Irlanda, perdarle una sorta di stabilità. Essere sempre in giro non andava bene per unbambino e poi il padre di Coco non era nei paraggi a dare una mano. Ma l’ ideache sua figlia potesse credere che non le importava di lei era terribile.Sarah studiò di nuovo la lettera. Leggendo tra le righe, le parve di intuire che

Coco si sentiva abbandonata e non amata.Un’ondata di sensi di colpa la travolse mentre guardava la strada di sotto,

dove i pedoni avanzavano sull’acciottolato ghiacciato. In realtà le parole di suamadre sfondavano una porta aperta. Dentro di sé, Sarah sapeva che uncambiamento era imminente, anzi, necessario. La sua mente veniva costantementeattratta dal pensiero di Dronmore e Coco. Aveva rimandato l’ inevitabile: lecose dovevano cambiare, per il bene di sua figlia. I suoi genitori c’erano semprestati per lei nella buona e nella cattiva sorte. Quando era tornata da uno dei suoiviaggi, incinta e senza un uomo, loro non l’avevano giudicata. Anzi, l’avevanosostenuta lealmente, anche quando metà paese era tutta presa a spettegolaresull’accaduto, mentre l’altra metà fingeva di non farlo. Sarah voleva esserci per

Coco allo stesso modo, darle lo stesso tipo di amore incondizionato, e se questosignificava tornare per sempre, allora era ciò che avrebbe fatto.Avrebbe imparato ad adattarsi. Sì, essere legata al paesino in cui era cresciuta,

dove tutti conoscevano gli affari altrui prima ancora del diretto interessato, erauna cosa che poteva ucciderla, ma l’avrebbe fatta se doveva, se Coco avevabisogno di lei.Sarah guardò di nuovo la foto di sua figlia e sorrise. Certo, poteva non essere

così terribile. Forse, stavolta sarebbe stato diverso… magari avrebbe apprezzatomaggiormente le sue radici invece di esserne soffocata. Sentiva affiorare il suoinnato ottimismo quando fece per prendere una penna. Avrebbe scritto a Cocoimmediatamente per darle la buona notizia, per rassicurarla che l’amava più diquanto potessero esprimere le parole e che ci sarebbe sempre stata per lei, inogni caso.Scrisse in fretta, immersa nei pensieri, fermandosi di tanto in tanto per dare

un’occhiata fuori dalla finestra o giocherellare con il filo di perle che portavasempre al collo.

Coco, tesoro mio,volevo scriverti solo per dirti quanto ti voglio bene. È una cosa parecchio melensa, lo so,

ma è la verità. Non vedo l’ora di passare il Natale con tutti voi a Dronmore. Anzi, hointenzione di restare, se mi vorrai. Viaggiare è divertente, ma mi manchi troppo per stareancora lontana. So che probabilmente non lo dico tanto spesso quanto dovrei, ma spero tusappia che non potrei essere più orgogliosa di te. Sei stata un piccolo dono nella mia vita e tiadoro. Aspetto con ansia di vederti.

Con tanto amore,mamma

Sarah pescò una busta dal cassetto, scrisse l’ indirizzo con uno svolazzo e larichiuse. C’era così tanto da fare prima di partire. In testa le turbinavano tutte lecose da portare a termine prima di tornare per sempre. Sapeva esattamente cosaavrebbe regalato a Coco per Natale: le stupende perle che aveva trovato quellamattina. Avrebbe dovuto pensarci prima: avrebbero avuto entrambe un filo diperle. Sì, si trattava di bigiotteria, ma Coco le avrebbe adorate lo stesso, equando fosse stata più grande, Sarah gliene avrebbe comprate di vere, comequelle che la sua omonima, Coco Chanel, era solita portare. Le avrebbe presoanche una vera borsa di Chanel un giorno o l’altro, proprio come avevapromesso, da abbinare al suo nome speciale. La gente aveva riso quando avevachiamato la bambina come il suo idolo, ma Sarah non se ne era mai pentita. Quel

nome si addiceva in tutto e per tutto a sua figlia e Sarah sapeva che Coco eradestinata a grandi cose… proprio come Coco Chanel.Afferrò il cappotto e uscì dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle e

precipitandosi giù per le scale e in strada. Non c’era tempo da perdere. Adessoche aveva preso una decisione, voleva spedire subito la lettera. Corsesull’acciottolato ghiacciato, stringendo la preziosa lettera, con in testal’ immagine degli occhi sorridenti di Coco. Quella era la cosa giusta da fare: losentiva in ogni fibra del suo corpo. Passò di corsa davanti alla minuscolaboulangerie all’angolo dove comprava la sua baguette ogni mattina eattraversò la strada, decisa a fare in tempo per la posta del mattino. Se ce l’avessefatta, Coco avrebbe ricevuto la lettera di lì a un giorno o due. Sarah giàimmaginava la reazione entusiasta della figlia. Era proprio in mezzo alla stradaquando udì il grido.Un ciclista del quale non si era accorta stava sbandando pericolosamente per

evitarla. Sarah urlò e si scansò con un salto, ma con la coda dell’occhio vide unlampo di bianco che incombeva su di lei. Ci fu un rumore terribile e stridente chelacerò l’aria, i suoi sensi, lei stessa. Mentre il metallo scricchiolava contro ilsuo corpo, la sua bocca articolò una sola parola: Coco. Ma era troppo tardi. Eratroppo tardi per tutto.

Nel rapporto della polizia relativo all’ incidente, il vecchio fornaio all’angolodella strada riferì che la deliziosa donna irlandese, che indossava sempre leperle, aveva attraversato la strada di corsa, senza accorgersi del furgone lanciatoverso di lei. Era successo tutto così in fretta, come un fulmine a ciel sereno. Lapovera mademoiselle non aveva avuto scampo. All’uomo era sembrato chetenesse qualcosa in mano, una lettera, forse, ma non poteva esserne sicuro perchéil gelido vento l’aveva fatta volare via e lui non l’aveva più vista.

Capitolo 1

La ragazza alla reception della Casa d’ Aste Maloney’s non si prende neancheil disturbo di alzare lo sguardo quando mi avvicino. « Nome?» , domanda, con lapenna pronta a scrivere le mie generalità così può assegnarmi un numero epassare alla persona successiva della lunga fila che si snoda alle mie spalle. Hal’aria rigida e annoiata di una che lavora lì da tempo immemorabile e ha perso lavoglia di vivere, anche se so per certo che è lì da sole cinque settimane, almassimo.« Coco Swan» , rispondo pacatamente. Passa un istante e lei solleva la testa dal

foglio con i nomi e numeri che ha davanti a sé, così può guardarmi bene, facendoscorrere gli occhi dal mio viso al mio corpo, studiando lentamente ognidettaglio. Passa sulla mia sciarpa sottile blu, la mia preferita, segnata dailavaggi e bitorzoluta, sul maglione a strisce crema e marrone, sformato suigomiti, sui jeans consumati e i miei fedeli stivaletti marroni graffiati. Non ècolpita da quello che vede, lo capisco dall’ impercettibile curva della suaperfetta bocca a cuore.« Coco?» , ripete. « Cioè, come Coco Chanel?»« Ah, no, come Coco il Clown» , dico ridendo, con la mezza speranza che

capisca lo scherzo. È la mia risposta di sicurezza a questa domanda, usata giàcentinaia di volte per sviare la gente dall’abisso di differenza tra il mio nome e ilmio aspetto.La ragazza mi fissa perplessa, senza battere gli occhi grigi. O non ha senso

dell’umorismo o non ha capito la battuta. Forse entrambe le cose.« Scherzavo» , sospiro. « Sì, come Coco Chanel» .« Perché si chiama così?» , mi chiede, indugiando una frazione di secondo più

del necessario sul mio naso, quanto basta per farmi capire che ha individuato laparte del corpo che è stata il tormento della mia vita da quando eroun’adolescente allampanata e brufolosa.Sento la donna alle mie spalle sporgersi per ascoltare la mia risposta a questa

pressante domanda. Ecco qual è il problema di avere un nome come Coco. Lagente si aspetta che tu sia elegante ed esotica, che indossi un tubino nero e fumisigarette straniere. Decisamente non si aspettano che tu sia alta, con le spalle unpo’ larghe, i capelli banali, un naso strambo che sembra sbandare da un lato euno stile personale che si può definire solo come shabby chic, ma senza chic.

« Mia madre amava la Francia…» , dico, imbarazzata, come sempre, da questaonesta spiegazione, « …e, ehm, Coco Chanel» .« Ma non le somiglia per niente» , dice la ragazza.So che non si riferisce a mia madre, perché lei è morta ormai da quasi vent’anni

e questa ragazza non può averne più di tanti.« Proprio per niente» , continua, con grande enfasi. « Lo so perché ho visto il

film la settimana scorsa» .« Oooh, sì! L’ho visto anch’ io» , si intromette la donna dietro di me,

chiaramente incapace di trattenersi. « Davvero non sembra affatto come lei, sa?» .C’è una lieve traccia di accusa nella sua voce, come se fosse in qualche modo

colpa mia e, non essendo all’altezza del mio nome, li avessi delusi tutti. Cercodi allentarmi la sciarpa, sentendomi tutt’a un tratto un po’ costretta. « No, so dinon assomigliarle» , ammetto, « ma non credo sia per questo che mia madre…» .Mi viene meno la voce. A volte vorrei tanto che mia madre mi avesse dato unnome carino e semplice, come Jo o Clare. Qualcosa di non impegnativo eindefinito, un nome che non facesse promesse. Il problema è che a me i vestiti, ilmake-up o la moda in generale non interessano affatto. Se mia madre l’avessesaputo, avrebbe potuto risparmiarmi l’ imbarazzo e tutte queste inutiliconversazioni. Ma lei non era una da decisioni nette, e così ho dovuto impararea vivere con un nome che non riuscirò mai a eguagliare.La donna alle mie spalle adesso è accanto a me, così vicina che sento il lieve

odore stantio di sigaretta nel suo alito. Ha delle linee grinzose attorno allabocca e sembra che il rossetto rosa le stia sanguinando dalle labbra, come sevolesse fuggire.« Dio, quel film era assolutamente deprimente, no?» , dice rivolta alla ragazza

dietro al bancone. « Ha avuto una vita triste, Coco Chanel. Mai sposata,naturalmente» .Mi guardano entrambe e l’ implicazione che mi attenda la medesima sorte

aleggia nell’aria tra noi.« Le do, ehm, le mie generalità» , dico alla ragazza. Non voglio altro che un

numero per partecipare all’asta. Non mi serve un’analisi della mia vita da partedi due perfette sconosciute. Mi manca il coraggio di dire una cosa del genere,però, anche se lo vorrei tanto.« Non andava mai da nessuna parte senza sigarette» , la donna con il rossetto

sanguinante sta informando chiunque a portata di orecchio. « Faceva parte dellook a quei tempi, no? Adesso non si può fumare da nessuna parte. Se uno ciprovasse lo rinchiuderebbero e getterebbero la chiave» . Sospira rumorosamente,

guardando il cartello “ Vietato Fumare” appeso alla parete come se volessestrapparlo via a mani nude e farlo a brandelli.Finalmente, la ragazza perde interesse e fa scivolare il mio numero sul bancone

graffiato verso di me. Mentre mi allontano, felice di fuggire, un sms della miamigliore amica, Cat, fa vibrare il telefono.

Non scordare di cercarne altridi quegli specchi! Fa’ patire lepene dell’inferno a chi cercadi soffiarteli! x

Cat sta cercando di ristrutturare l’albergo di famiglia con un budget risicato eio la sto aiutando. Ho già scovato un enorme specchio dorato per la hall e sonoa caccia di altri esemplari, oltre che di carabattole per agghindare il posto. Lerispondo in fretta per dirle che me ne sto occupando e poi mi avvio tra le file diposti, lanciando occhiate ai mucchi di roba in mostra.Ho circa dieci minuti per guardarmi intorno prima che l’asta inizi e voglio

usare saggiamente il mio tempo facendo una lista di possibili acquisti. Oltre allaroba per l’albergo, so già che tipo di cose voglio per il negozio. Decisamenteniente mobili di grosse dimensioni. Non si vendono mai ed è un vero peccatoperché vedo almeno una dozzina di stupendi vecchi armadi allineati contro unaparete, come goffe tappezzerie che aspettano di essere invitate a ballare. Possogarantire che non li vorrà nessuno. Adesso la gente vuole mobili su misura, noncolossi di mogano spaiati. Se allo Swan’s Antiques ci fosse spazio, però, liprenderei tutti. Vado matta per i vecchi armadi. È per via dell’ imperscrutabilepossibilità che rappresentano: a chi sono appartenuti? Che tipo di vestiti vierano custoditi? Fascinosi abiti da ballo con i lustrini? Vestiti anni Venti conle frange? La mia fantasia si scatena sempre quando vedo un vecchio armadiovuoto.Mi allontano a malincuore. Oggi ho intenzione di attenermi scrupolosamente

al programma, senza alcuna deviazione. Torno a dedicarmi al mio catalogomentre vago, esaminando ciascuna pagina e ricontrollando quali cose possanoandare bene. Mi guardo intorno nella gremita sala aste e cerco di concentrarmi.C’è così tanto da vedere: logori tappeti sbiaditi srotolati sul pavimento,porcellane impilate in teche di vetro, libri pigiati dentro a scatoloni, tavoli,scrivanie e sedie in ogni tipo di legno immaginabile. Ovunque mi giri, ci sonopersone che prendono cose, le rigirano, le annusano, cercano tracce di tarme,

tarli o danni da acqua, tutte concentrate sui loro possibili acquisti. Lacompetizione sarà serrata oggi. Ho già individuato anche una mezza dozzina dimercanti d’arte professionisti, tutti decisi ad accaparrarsi le stesse cose.Potrebbe risolversi a mio favore oppure no, ma, d’altro canto, è questo che rendele aste così emozionanti. La cosa importante è non farsi trasportare, non lasciareche il cuore governi la mente. Non comprare niente che non puoi vendere:questa è la regola d’oro che mia nonna mi ha inculcato sin da piccola. Ruth,come preferisce essere chiamata perché pensa che la invecchi meno, è un’espertae tutto quello che so riguardo al commercio di antiquariato l’ho imparato da lei.Come se l’avessi evocata, la scorgo dall’altra parte della stanza, intenta a

flirtare oltraggiosamente con chiunque incontri sul suo cammino, affascinando,come sempre, tutti quelli che incontra. Non deve neanche sforzarsi per far sì chetutti si innamorino un po’ di lei.Di quel non so che, qualunque cosa sia, ne ha a bizzeffe e tutti la adorano.

Giovani o vecchi, maschi o femmine, ricchi o poveri, Ruth entra in sintonia contutti e loro non la dimenticano. Vorrei tanto averlo anch’ io “ quel non so che”,ma il gene del fascino pare aver saltato la mia generazione. A me sono toccati ilnaso strambo, le spalle larghe e la goffaggine.Guardo Ruth chiacchierare animatamente con Hugo Maloney, il proprietario e

banditore, giocherellando con un ricciolo ribelle e avvolgendoselo attornoall’orecchio mentre parla. Lui è assolutamente rapito. Noto, non per la primavolta, il modo in cui gli uomini la guardano e quanto sia attraente. Ha quasisettant’anni ma il suo sorriso è ampio, gli occhi scuri brillano, la pelle è ancoraluminosa e la massa di ribelli riccioli argentei, raccolta mollemente in alto, mettein risalto l’elegante curva del collo.« Allora, Hugo» , la sento riprenderlo dolcemente, « cerca di non farmi

scherzetti oggi. Ricorda, sono una cliente fedele» . Poi gli mette una mano sulbraccio, getta la testa all’ indietro e accoglie la sua risposta con una risataargentina. Hugo – un uomo d’affari altrimenti spietato, che bada al sodo nellasua casa d’aste – la guarda con palese ammirazione. Ha sempre avuto un deboleper Ruth e lei ne è ben consapevole.Conosco esattamente il suo gioco e probabilmente anche Hugo. Sta cercando

di sedurlo prima che l’asta abbia inizio, sperando che possa farle aggiudicarequalche buon lotto, battere il martelletto un po’ più in fretta di quantotecnicamente dovrebbe. Hugo non le toglie gli occhi di dosso mentre lei siallontana per venire verso di me, dove, con un sospiro soddisfatto, prendeposto.

« Sai che sei la più grande civetta che abbia mai conosciuto?» , dico,sedendomi accanto a lei.Fa una risatina non proprio da pensionata e mi strizza l’occhio. « Ah, be’ , come

continuo a dirti, Coco, l’età non è che un numero e non c’è mai un buon motivoper smettere di divertirsi. Allora, hai visto qualcosa che ti piace? Qualche belgioiello?» .Anche se in fondo sono un maschiaccio, ho un vero debole per la vecchia

bigiotteria. Ruth dice che anche mia madre era così: a quanto pare non siseparava mai dalle perle preferite. Le abbiamo ancora allo Swan’s, in una teca divetro satinato. A volte le indosso, per le occasioni speciali.« Nessun gioiello, ma il lotto ventuno mi sembra interessante» , rispondo

piano. Non ha senso attirarvi sopra l’attenzione di tutti. Qui dentro anche imuri possono avere orecchie.« Lotto ventuno… il lavamani?» . Ruth sta sfogliando il catalogo, senza

tuttavia perdere mai di vista tutti gli altri, nel caso le sfugga qualcuno checonosce o un possibile rivale.« Già. C’è così tanta robaccia sopra, scatole di libri e cose del genere, che non

credo siano in molti a essersi accorti del ripiano di marmo. Potremmo fare unaffare» .« Che occhio, Coco» , mi dice Ruth con un sorriso compiaciuto. « Hai la vista

di un’aquila» .« Sì, come un sacco di altra gente qui dentro» , replico. « Compreso Perry

Smythe» .Perry è un piccolo antiquario, con l’esasperante abitudine di superarmi

regolarmente con le sue offerte nelle aste di tutto il Paese. È come se percepissequando voglio assolutamente qualcosa e piomba all’ultimo secondo perstrapparmela via, proprio quando penso di essermela aggiudicata. Se non loconoscessi, direi che lo fa apposta, solo per indispettirmi, ma Perry è cosìcorretto e un tale gentiluomo che avrei seri problemi a dimostrarlo.« Ah, sì, il buon vecchio Perry. Mi pare che abbia perso peso, no?» , dice Ruth,

osservandolo mentre dall’altro lato della stanza viene verso di noi. Indossa uncompleto tre pezzi di tweed e scarpe sportive di Church’s.« Non pensarci nemmeno» , la avverto.« Cosa?» , replica lei, tutta occhioni innocenti.« Ruth! Coco! Come state?» . Perry è da noi prima che io possa rispondere.Ruth balza su per salutarlo, baciandolo affettuosamente su tutt’e due le guance.

« Perry, caro. Ma come stai bene» , gli fa le fusa.

« Ciao, Perry» , dico. Strizzo gli occhi per guardare il catalogo che ha in mano.Ha segnato qualcosa che voglio io? Ma lui abilmente – e deliberatamente – selo infila in tasca, da quella scaltra vecchia volpe che è.« Siete entrambe favolose come sempre, signore» , dice pomposamente con il

suo raffinato accento inglese, anche se viene da una piccola città della contea diCavan. La storia narra che i suoi genitori fossero membri della piccola nobiltàinglese e che Perry sia stato mandato in collegio dall’età di quattro anni: eccospiegati i modi antiquati e l’accento.« Come te, Perry, come te» , dice Ruth con un sorriso cordiale. « Hai perso

peso? Sei così in forma!» .Perry si dà un colpetto sulla pancia, quasi automaticamente, e sorride

orgoglioso. « Nove chili. Seguo la dieta del cavernicolo» , dice.« La dieta del cavernicolo?» , ripete Ruth guardandolo negli occhi. « Che roba

è?»« Be’ , significa che consumo solo quello che avevano a disposizione i nostri

antenati» , spiega con semplicità. « Posso mangiare carne, ortaggi, cibo allostato naturale, niente di trattato. È questa la chiave del successo» .« Devo dire che funziona davvero. Hai un aspetto magnifico» , dice Ruth.« Grazie» . Perry arrossisce. « Ma devo perderne ancora» , dice e si dà

nuovamente un colpetto alla pancia.« Non essere sciocco! Ti stai dissolvendo» , esclama Ruth. « Ma magari dovrei

provarci io… sto diventando un po’ pienotta» . Si pizzica una pancettaimmaginaria e fa una smorfia.« Non ne hai bisogno, Ruth» , le dice lui con fare galante. « Sei magra come lo

sei sempre stata, bella quanto…» . Ammutolisce, come se sapesse di aver dettotroppo, e c’è una breve pausa mentre cerca di decidere come proseguire. « E, ah,Coco. Come stai?» , si rivolge a me.« Oh, sto bene. Continuo ad abbuffarmi di tutto il cibo trattato su cui riesco a

mettere le mani, sfortunatamente» , rispondo impassibile, incapace di resistereall’ impulso di stuzzicarlo.« Oh, capisco» . Tossisce un po’ nervosamente. Non capisce se sto scherzando

oppure no. « E, uhm, come sta quel tuo ragazzo? L’allevatore? Tom, giusto? Untipo assolutamente simpatico» .Riesco quasi a sentire l’alito di Ruth nell’orecchio destro quando inspira

bruscamente. « Perry, Tom è…» .« Va tutto bene, Ruth» , la interrompo. « Non è morto nessuno, non è niente di

importante» .

Perry guarda prima me e poi Ruth. La confusione si diffonde sul suo ormaimagro viso. La dieta sta funzionando davvero: riesco a vedergli le ombre deglizigomi per la prima volta da che lo conosco.« Tom è emigrato in Nuova Zelanda il mese scorso, Perry» , dico con calma.

« Gestirà un ranch di bovini laggiù. È una grande opportunità» .« Oh. Capisco» . Perry sposta di nuovo lo sguardo da Ruth a me. Si capisce che

non sa come reagire a questa notizia. « E, uhm, hai intenzione di seguirlo?» .Un altro brusco respiro nel mio orecchio destro. Povera Ruth. La sta

prendendo peggio di me. Amava Tom.« No, non lo farò» , dico decisa. « Sono felice dove sono» .Ancora una volta lo sguardo di Perry passa da Ruth a me. La sua mente sta

chiaramente facendo gli straordinari. Riesco quasi a vedere le rotelline delcervello che girano: se Tom è laggiù e io sono qui, questo significa che…« Abbiamo rotto, Perry» , dico, tirandolo fuori dall’ impaccio.« Ah, capisco» . Si frega le mani ancora carnose. Si vede che la dieta del

cavernicolo ha un po’ di lavoro da fare al riguardo. « Mi dispiace, Coco» .« È tutto a posto. Sto bene» , rispondo, sorpresa dal tono allegro della mia

voce. Ma, d’altro canto, tutto riguardo alla partenza di Tom mi ha sorpresa. Finoall’ultimissimo secondo penso fosse convinto che sarei andata con lui. Stavamoinsieme da otto anni e tutti quanti si aspettavano che l’avrei seguito, o per lomeno che avrei dichiarato di volerlo asepttare nel caso fosse tornato. Quando,invece, ho rotto con lui, ho lasciato di stucco tutti quanti in città. Perfino mestessa, all’ inizio.« Come sta la famiglia, Perry?» , gli chiede Ruth, cambiando argomento.« Una meraviglia, ti ringrazio, Ruth. Sapevi che è in arrivo il mio primo

pronipote?»« Che cosa fantastica!» . Ruth batte le mani. « Un nuovo bimbo!» .Noto i loro sguardi di traverso e sento che mi sto innervosendo.Tutti pensano che abbia perso il treno della maternità adesso che Tom se n’è

andato. Nessuno l’ha detto, ma non ce n’è bisogno, so cosa pensano: trentadueanni e ha gettato via un buon uomo proprio quando il suo orologio biologicosta per fermarsi. Ma forse io non lo voglio un bambino. Non avrei idea di come sifa la mamma, questo è certo.Attorno a noi, la gente sceglie il proprio posto nelle ordinate file di sedie.

Sono in vendita anche le sedie, alcune in forma migliore di altre.« È così che stai davvero?» , domanda Ruth dopo che Perry si è allontanato

strascicando i piedi nelle scarpe allacciate e noi ci siamo appollaiate su un paio

di sbiadite, un po’ puzzolenti Queen Anne. « O stavi solo facendo buon visoper via di Perry?»« È così che mi sento davvero» , rispondo, leggermente seccata. « Te lo dico di

continuo, no?» .Ruth mi controlla la temperatura emotiva quasi ogni ora da quando l’aereo di

Tom è decollato. So che agisce per amore e preoccupazione ma, Dio mio, èstressante. A volte ho la tentazione di fingere un esaurimento nervoso solo perrassicurarla.« Non ti manca?» , insiste.« No, non proprio. Cioè, so che dovrebbe mancarmi, ma non mi manca» .« A me sì» , dice, quasi a se stessa.« Penso che ti manchi l’ idea di lui» .« Non è quello, Coco. Era un bravo ragazzo, lo è sempre stato e stavate bene

insieme» .Ha ragione, in un certo senso: stavamo piuttosto bene insieme. Andavamo

parecchio d’accordo. E se lui fosse ancora qui, probabilmente staremmo ancorainsieme. Ma non c’è, è talmente lontano che potrebbe essere a un milione dichilometri. E non importa quanto abbia provato a convincermi a partire con lui,a iniziare una nuova vita laggiù: non sarebbe accaduto mai. Mi piace la mia vitaqui. E poi, quando il tuo fidanzato ti informa che sta per trasferirsi dall’altraparte del mondo e la tua prima sensazione è di sollievo, non può essere un buonsegno.Sento Ruth fissarmi intensamente, come se si stesse sforzando di leggere i miei

pensieri più intimi. Lo fa sin da quando ero adolescente e tutti eranopreoccupati per me dopo la morte di mia madre. Ruth è la gentilezza in persona,ma ama anche parlare di emozioni e il suo sguardo intenso e fisso è di solito ilprimo segnale che un “ discorso” incombe. La verità è che non mi piace parlaredi sentimenti tanto quanto a Ruth. Non mi piaceva quando ero adolescente enon mi piace adesso. Quattro chiacchiere sull’argomento sono ok, una sorta divago accennare, ma un’autopsia completa del mio territorio emotivo adesso cheTom è partito? No, grazie.Mi concentro bene sul podio, dove Hugo si sta accomodando al suo posto

dietro all’alto e stretto bancone da cui condurrà l’asta. Devo dire qualcosa persviarla o lo sguardo continuerà – e questo mi distoglierà dal mio obiettivo.« Forse stavamo bene insieme» , ammetto, « ma mi ci vedi in un ranch nel bel

mezzo del nulla? Non avrebbe mai funzionato… sai che odio le mucche. Sonocosì… puzzolenti» . Rido per farle capire che questa è la mia idea di battuta

scherzosa.« Ma potevi provarci, Coco. Potevi fare un tentativo. Potresti ancora. Non

voglio che pensi di essere costretta a restare qui per occuparti di me. Sonoassolutamente…» .« Te lo ripeto, non mi sento obbligata a restare qui per occuparmi di te. So che

stai perfettamente bene, Ruth. Adesso possiamo passare oltre, per favore?» .Signore, ma perché non la smettono tutti quanti? A volte ho l’ impressione che

Ruth non la finirà mai di parlare della partenza di Tom, e neanche Cat. Anche leipensa che avrei dovuto seguirlo e provarci. Nessuna delle due sa quello che soio: cioè che non avrebbe mai funzionato. E non è che abbia il cuore a pezzi. Sì,Tom era un tipo carino e mi piaceva. Un tempo lo amavo. Mi piace ancora e glivoglio bene. Ma starà bene. In men che non si dica, conoscerà una brava ragazzadi laggiù, si sposeranno e cresceranno piccoli mandriani con graziosi cappellida cowboy. Non fa per me. E il fatto che non mi dia fastidio l’ idea che conoscaqualcuno dimostra che non eravamo giusti l’uno per l’altra, poco importaquanto stessimo bene insieme sulla carta.« Ok» , mormora Ruth con un piccolo sospiro. « Ma non penso che capirò mai

come fai a essere così definitiva sull’argomento» .« Forse è perché sono fatta così» , replico. « Adesso possiamo per favore

scordarci di Tom e concentrarci a ottenere quello che vogliamo per ilnegozio?» .Per fortuna, Hugo si sta schiarendo la voce. L’asta ha ufficialmente inizio.

« Buongiorno, signore e signori. Iniziamo, siete d’accordo?» , esordisce,parlando come una mitragliatrice. Hugo non vuole perdere tempo, vuole andareavanti. « Il primo lotto che abbiamo oggi è questa magnifica credenza» . Indicaalla sua destra, dove due uomini con la faccia sudata stanno trascinandoun’enorme credenza di legno scuro, così che tutti possano guardarla bene, nelcaso non ci siano riusciti prima. « È in perfette condizioni» , dice. « Allora, chioffre cento euro?» .Hugo scruta la stanza, i suoi occhi guizzano da una parte all’altra per

accertarsi che nessuna offerta gli sfugga. Alcune persone dimostrano piuttostoapertamente l’ interesse per un articolo, tenendo bene in alto il proprio numero,ma altre si limitano a piegare la testa o a sollevare un dito. In questo momento,tuttavia, pare che nessuno sia neanche remotamente interessato. Le personeesitano sempre quando si tratta di essere i primi a saltare in acqua: aspetterannoche Hugo abbassi il prezzo di partenza.« Settantacinque euro? Settantacinque, nessuno?» .

Niente. Hugo sospira e si agita al suo posto dietro al bancone, come se sapesseche sarà una lunga giornata, che dovrà attrarre a suon di lusinghe la gente espingerla all’azione. « Coraggio, signore e signori. Non c’è proprio nessunoche vuole offrire settantacinque euro per questo solido pezzo di mogano? È unvero furto a questo prezzo!» .Niente.« Cinquanta, allora?» . Sta lottando per tenere a bada la disperazione nella

propria voce e poi i suoi occhi si spostano verso il fondo della sala: qualcunoha finalmente fatto un’offerta e, anche se cerca di nasconderlo, il sollievo diHugo è tangibile.« Cinquanta euro a lei, signore. Cinquantacinque?» .Qualcun altro alza la mano.« Cinquantacinque alla signora qui davanti. Sessanta?» .E così va avanti, con il prezzo che rimbalza tra i due offerenti fino ad arrivare a

centodieci euro, dove si blocca.« Centodieci? Ci fermiamo a centodieci euro?» . La faccia di Hugo è impassibile

ma posso dire che è piuttosto soddisfatto. C’è un istante di silenzio mentre lagente aspetta di vedere se l’altro offerente farà una controfferta. Quando nonaccade, Hugo batte con forza il martelletto sul banco.« Venduto!» , esclama. L’offerente vittoriosa in prima fila alza il proprio numero

e l’assistente di Hugo, seduta accanto a lui, lo annota sul laptop davanti a sé.Poi, come un fulmine, Hugo passa alla successiva voce della lista. Non perdetempo: con un elenco di più di un migliaio di articoli, non può permetterselo.Nella prima tranche di lotti non c’è niente che mi interessi… mi tocca aspettare

ancora un po’ . Ma a un’asta non ci si annoia mai perché succedono sempre unsacco di cose. Forse è questo il motivo per cui interviene tanta gente che non haaffatto intenzione di comprare. Guardo furtiva alla mia sinistra. In fondo alla fila,una donna di mezz’età con l’ impermeabile beige è seduta sul bordo di una sediada cucina di legno. Ha il catalogo in mano, la penna pronta a registrare il prezzodi vendita di ogni articolo. Frequenta abitualmente quest’asta, la vedo ognivolta che ci vengo, eppure non compra mai niente. Neanche fa offerte. Si limita astare seduta e annotare tutti i prezzi. È una cosa bizzarra, ma non è la sola a farlo.Altre persone qui dentro staranno facendo la medesima cosa. Forse è la curiosità,la noia o perfino l’eccentricità a spingerli. Chi può dirlo?Un’ora dopo ho comprato un appendiabiti, qualche graziosa porcellana

vintage, molto in voga ultimamente, e un piccolo orologio che ha bisogno diriparazioni. Il prossimo della lista è il lavamani con il ripiano di marmo. So che

si venderebbe assolutamente in negozio – ha dei graffi in alcuni punti enecessita di qualche ritocco, ma alla gente piace questa sorta di stile francese epotrei perfino dare una rinfrescata al colore.« Il prossimo è questo incantevole lavamani. Fa parte di un lotto, insieme ad

alcune scatole di cose varie» , dice Hugo, mentre i due uomini trascinano ilpezzo insieme alle scatole davanti al pubblico. Ruth mi da un discreto colpettodi gomito e io annuisco.Non serve che me lo ricordi; lo stavo aspettando. « Chi offre settanta euro?» ,

dice Hugo.Resto perfettamente immobile. Settanta euro è troppo per un’offerta di apertura

e per fortuna sembra che anche tutti gli altri la pensino così: non c’è segno diinteresse nella sala.« Cinquanta, allora?» , chiede Hugo speranzoso. Silenzio. « Trenta?» .A trenta euro sarebbe un furto. Alzo il mio numero e Hugo mi scocca

un’occhiata. « Vedo trenta. Allora, chi ne offre quaranta?» .Trattengo il respiro, sperando nell’ impossibile, ovvero che nessun altro faccia

offerte. Se me lo aggiudico per trenta euro, più la commissione per l’agenzia, saràl’affare del secolo.« Coraggio» , dice Hugo che ancora non si arrende. « Solo il ripiano di marmo

vale tre volte tanto!» .Ruth si lascia sfuggire un piccolo gemito e il mio cuore sprofonda. Adesso che

Hugo ha fatto sapere a tutti del marmo, il prezzo si impennerà. Infatti, dietro dime c’è tutto un turbinio di attività e, nel giro di pochi secondi, il lavamani èarrivato a settanta euro. L’offerta è di Perry. Certo che lo è, ma che io sia dannatase mi lascio superare. L’ultima volta mi ha rubato uno stupendo tavolino dinoce all’ultimo momento. Non lascerò che accada di nuovo.Hugo mi guarda. « Ottanta?» .Faccio di sì con la testa. Ottanta è ancora ok. P iù o meno.« Novanta al signore» .Dannazione. Perry continua con le offerte. Quasi automaticamente alzo la mano

per fare altrettanto. È arrivato a cento adesso e Ruth mi dà una gomitata. Vuoleche mi ritiri, lo so, ma non sopporto di vedere Perry ottenere quello chevoglio… di nuovo.Arriva a centodieci, io a centoventi e all’ improvviso le persone sono in piedi e

ci rivolgono la loro attenzione. Una guerra di offerte come questa, anche se è perpochi soldi, fa sempre scalpore. Perry rilancia, è a centrotrenta adesso. Hugo miguarda, adesso tocca a me.

« Ne vale la pena, Coco?» , sussurra Ruth. Mi dice sempre che la chiave delsuccesso in un’asta è sapere quando ritirarsi, proprio come nel gioco d’azzardo.Dovrei tirarmene fuori, il prezzo è troppo alto. Ma qualcosa dentro di me nonvuole che Perry vinca. Non oggi.« So quello che faccio» , bisbiglio a mezza bocca, annuendo ancora una volta a

Hugo. Sono ancora in gioco, e ci sono per vincere.Hugo inarca un sopracciglio, gustandosi l’animato inseguimento.« Centoquaranta euro per la volitiva signora. Signore?» . Guarda Perry, da

qualche parte dietro di me, e io resto con il fiato sospeso. Sta’ lontano, Perry.Sta’ lontano.C’è un istante di pausa e poi, con un sibilo, Hugo cala il martelletto e il

lavamani è mio.« Siiì!» , esulto silenziosamente.« Davvero salato» . Ruth fischia.« Non preoccuparti. Ho già in mente un cliente» , mento.« Sul serio?»« Già. E nelle scatole ci sono anche delle cosette carine. Ci rifaremo di sicuro» .« Tipo?» , sbuffa Ruth. Sa bene quanto me che quelle scatole di cianfrusaglie

assortite sono piene di robaccia. La verità è che dubito contengano qualcosa dibuono… probabilmente solo vecchi giornali, libri ammuffiti e vasellame crepato.Tutta roba buona per il bidone della spazzatura.« Aspetta e vedrai, donna di poca fede» , mormoro. « Adesso per favore, smettila

di parlare. Mi stai distraendo» .« Ok, Miss So Tutto Io» , ribatte sottovoce lei con un bonario colpetto. « Non

vedo l’ora di vedere cos’hanno in serbo per noi quelle scatole alla finedell’arcobaleno. Magari faranno la nostra fortuna!» .« Ah ah, sei esilarante» , replico, cercando di restare impassibile. Ma sto

sogghignando. Non posso farne a meno. Sono stata beccata: di certo Ruth sa chesto bluffando. A quella donna non sfugge niente.

Capitolo 2

Sono appena passate le nove del mattino del giorno seguente quando giro ilmalconcio cartello “ Aperto” dello Swan’s Antiques. Mentre tiro la tendina dimussola color crema che panneggia graziosamente la soglia, do una rapidaocchiata su e giù per la strada. Un tempo fiorente centro commerciale, Dronmoreè diventata molto più tranquilla da quando, un decennio fa, è stata costruita latangenziale. Adesso è più che altro un sobborgo della capitale ma,fortunatamente, non ha perso le sue caratteristiche di piccolo paese.Questa mattina sembra che metà degli abitanti stia ancora dormendo o stia

facendo tardi perché l’unico vero movimento là fuori sono i passeri, che beccanosperanzosi la terra attorno al monumento agli eroici caduti del 1916.Esattamente di fronte allo Swan’s, perfino le persiane bianche del macellaiosono ancora chiuse, cosa che non è affatto da Karl, il proprietario. Gestisce ilnegozio come un orologio: apertura alle otto e cinquantotto ogni mattina e nonun secondo dopo. Ruth dice che è per via del suo retaggio tedesco; sua madreera berlinese, ma non lo si direbbe, perché Karl parla con un forte accento diDublino, poiché suo padre era un Ballymuner del versante nord della città.« I tedeschi sanno essere così rigidi, vero?» , dice Ruth ogni volta che vede

Karl disporre con cura i carré di agnello nella vetrina per mostrarli nellamigliore angolazione possibile.« Non puoi dire una cosa del genere, Ruth» , le rispondo sempre.« Perché? È vero» .« Sì, ma è anche un cliché» .« Ah! Ma i cliché sono tali per una ragione, Coco. Karl è rigido. Ha bisogno di

sciogliersi un po’ . Cioè, ha solo cinquantacinque anni, santo cielo. Dovrebbetirare fuori un po’ di più quella sua Harley Davidson e sfrecciare per le strade.Che senso ha avere una moto così favolosa se non la usa quasi mai?» .Ruth non ha peli sulla lingua, è il suo modus operandi. In ogni caso, a Karl

sembra non importare, neanche quando lei gli dice in faccia che dovrebbe vivereun po’ , cosa che fa spesso quando passa da lui a comprare le sue rinomate

salsicce.Adesso, mentre guardo la vetrina dall’altra parte della strada, non posso fare a

meno di chiedermi se non abbia seguito quel consiglio. Magari è uscito per ungiro in moto di prima mattina. Certo, l’altra possibilità è che è abbia avuto unospaventoso incidente e sia a terra da qualche parte incapace di chiamare aiuto,ma questa è solo la mia inutile immaginazione che fa gli straordinari. Karl è insalute e molto arzillo, e sono sicura che sia sano e salvo.Il negozio accanto a quello di Karl, dove si riparano le TV, è anch’esso chiuso.

Ma Victor, il tipo che lo gestisce, fa orari davvero strani. Il cartello “ Siamochiusi a causa di circostanze impreviste” ormai penzola in vetrina quasi ognigiorno. Per lo più, le “ circostanze impreviste” sono riconducibili allaprevedibilissima circostanza che Victor sia alla sala scommesse: tende a passarciun sacco di tempo da quando sua moglie l’ha lasciato l’anno scorso.Solo Peter e Nora del Coffee Dock più avanti sembrano operativi stamattina.

Da qui riesco a vedere Nora che discute animatamente con Peter. È una donnaminuta, arriva a stento al metro e cinquanta, e Peter con il suo metro enovantacinque la sovrasta, eppure lei lo terrorizza. Povero Peter, haquell’espressione da cane bastonato che assume sempre quando Nora perde latesta, cosa che capita di frequente. Probabilmente ha sbagliato di nuovol’ordinazione del pane o ha dimenticato di prendere le bustine del tè al cash-and-carry. Se Karl è innaturalmente ordinato, Peter è il suo esatto contrario.Mentre il cartello “ Aperto” ondeggia sulla soglia dello Swan’s, mi giro ad

ammirare il posto che preferisco al mondo. Ogni mattina mi prendo un momentoper respirare con calma l’aroma più dolce che conosca: le cose vecchie. Quasiogni centimetro del piccolo negozio è occupato da oggetti vintage che amo, conalcuni dei quali sono addirittura cresciuta. Nell’angolo c’è il grande comò dinoce, qui da quando ero una bambina, con le maniglie di scintillante ottonelucidate con cura. Accanto ci sono le scalette di mogano da biblioteca che nonvoglio mai vendere, perché mi piace fantasticare sul fatto che un giorno avrò unabiblioteca tutta mia e mi metterò in equilibrio su di esse, allungandomi perraggiungere la mia squisita collezione di tascabili. Una vecchia gabbia peruccelli è posata accanto alle scalette, così come un vaso cinese rosso scuro dallafinitura iridescente che luccica al sole. Ogni fessura è zeppa di ogni sorta digingillo, dalle minuscole perle di giaietto contenute in vassoi di porcellana, inpaziente attesa che la persona giusta le tiri fuori dall’oscurità e se le porti a casaper farne una meravigliosa collana, alle enormi corna di cervo dalle quali antichiorologi da taschino penzolano appesi alle loro catene.

Le pareti sono coperte da specchi dorati e quadri che vanno ingiallendo insvariate cornici; dal soffitto pendono candelabri, impianti di illuminazionevintage e traballanti vecchi lampadari. Contro le pareti, librerie malferme sonoappoggiate in modo precario l’una all’altra, stracolme di libri rilegati di ognitipo. Sembrano sul punto di crollare da un momento all’altro. Su una mezzadozzina di testiere di ottone disposte in fila, sono graziosamente drappeggiatedelle camicie da notte vintage. Accanto a due vecchi cassettoni ricolmi didelicate stoviglie e fragili statuine, c’è un mobiletto di vetro satinato in cui leamate perle di mia madre sono in esposizione permanente. E ovunque ci sonolucine colorate. Il momento che preferisco in assoluto è la fine della giornata,quando luccicano e riesco a immaginare tutto quello a cui hanno assistitoquesti oggetti, dove sono stati, quali vite hanno avuto prima di venire da me.Con una sola occhiata riesco quasi a vedere la storia di certi pezzi, le relazioniche si sono svolte attorno a essi, gli amori e le perdite che hanno visto. Sonopiù che semplici oggetti. Sono frammenti di tempo, pezzi di storia, ciascuno conil proprio racconto unico.Amo ogni centimetro quadrato di questo posto. Il negozio e l’appartamentino

al piano di sopra, nel quale vivo a intermittenza sin da piccola, sono come il miocuore ed è così da quando ero bambina. So di vivere in un piccolo paese, so chetutto potrebbe essere familiare e noiosamente affidabile qui, eppure ogni mattinaprovo una scarica di felicità quando giro il cartello e apro la porta allepossibilità del giorno. Cat mi prende in giro di continuo per l’appassionatastoria d’amore con lo Swan’s, ma non mi sembra di perdermi niente. Sì, hodovuto trasferirmi nell’appartamento da quando Tom se n’è andato, ma Ruth e ioci stiamo facendo l’abitudine e ce la faremo. Cat dice che una donna single dellamia età dovrebbe avere un appartamento sciccoso e un’animata vita sociale, maqueste cose non fanno per me. Certo, dietro le sue punzecchiature, so che lemancherei da pazzi se prendessi e facessi ciò che dice. Siamo ancora legate tantoquanto lo eravamo da ragazzine.Mi brontola la pancia e mi rendo conto di essere affamata. Vado nel cucinino

dietro al bancone e accendo il bollitore, poi rovisto nella credenza alla ricercadi uno spuntino. Potrei tornare di sopra e fare colazione come si deve,naturalmente, ma questo richiederebbe un po’ troppa fatica. Per il momentoandrà bene un biscotto stantio. Quando Ruth verrà di sotto, magari farò unacapatina al Coffee Dock e offrirò a entrambe un brunch takeaway.« C’è del latte lì dentro?» , dice una voce profonda alle mie spalle mentre sto

aprendo il mezzo pacchetto di biscotti. Mi si mozza il fiato per lo choc e mi giro

di scatto. Sulla soglia c’è un uomo mezzo nudo, la pancetta tonda sporge su unpaio di boxer troppo stretti con sopra Homer Simpson. Mi ci vogliono un paiodi secondi per capire che è Karl. Karl il macellaio. Il dirimpettaio. Il nostro Karl.Il nostro macellaio.« Gesù Cristo! Karl!» .« Scusa, Coco. Ti ho spaventata?» , replica, ghignando come se non importasse

che c’è solo un minuscolo pezzo di stoffa logora tra me e le sue parti intime e cheè quasi impossibile non mettersi a fissare.« Eh, solo un pochino» . Deglutisco, percorrendo con lo sguardo il suo corpo,

le braccia piene di allarmanti tatuaggi, il petto villoso, fino a risalire alla faccia.Non avevo idea che Karl avesse dei tatuaggi, ma, d’altro canto, sono abituata avederlo decentemente vestito con il grembiule da macellaio, non con labiancheria dei Simpson.Significa… può significare che Karl e Ruth fanno sesso? Mi arrovello alla

ricerca di un’altra spiegazione… qualunque altra spiegazione. Forse lui hadovuto abbandonare il suo appartamento nel cuore della notte. C’è stato unincendio? Forse Ruth l’ha ospitato perché c’è stata un’emergenza. Èesattamente il tipo di cosa che farebbe: aiutare qualcuno nei guai. Non cipenserebbe due volte.« Ruth ne vuole una tazza, ma di sopra non c’è latte» . Si allunga davanti a me

per prenderle una tazza e io mi becco un altro primo piano dei suoi paesi bassi,con i boxer che si dilatano attorno alla testa calva di Homer assecondando isuoi movimenti.Ok. Se le sta portando una tazza di latte con addosso nient’altro che un

mucchietto di tessuto sul sedere, allora lui e Ruth fanno ben oltre che scambiarsiun saluto cortese. Lo fanno, decisamente.« Non sapevi che io fossi qui» , dice, apparentemente indifferente alla

situazione.« Qualcosa del genere» , squittisco.Ruth e Karl sono sempre stati in rapporti amichevoli, sì, questo lo sapevo. Ma

non così amichevoli. Non nel senso di dormire insieme, di spassarsela fino aperdere i sensi. Ma quando è successo tutto questo?« Scusa se ti ho scioccata» , dice, tuffando una bustina di tè nella tazza.« È tutto a posto» , dico. « Solo non sapevo che tu e Ruth, che Ruth e tu…» .

Sono senza parole. Completamente.« Che sono il suo toy boy?» , dice con un ghigno, per poi scoppiare a ridere

della propria battuta. « Già, lo tiene segreto per il momento» .

Apre il frigo e fa per prendere un cartone di latte. Mi colpisce il fatto che sappiacome muoversi: non è la prima volta che viene qui.« Capisco» , borbotto. L’uomo del mistero, mi viene da dire. Come è riuscita a

tenermelo nascosto?« Ah, Gesù, è già quest’ora?» , dice Karl, dando un’occhiata all’orologio.

« Devo sbrigarmi. La carne non si venderà da sola» .« Suppongo di no» , dico.« Sono in ritardo. Non faccio mai tardi» .« Sì. Lo so» .« Puoi dare la colpa a tua nonna» . Sospira. « Dice che devo prendermela

comoda. Ma non mi viene naturale» .Abbasso involontariamente gli occhi sulle mutande di Homer Simpson e

soffoco una risatina inorridita.« Be’ , ci si vede» , dice, sparendo con il tè di Ruth.« Sì, ci vediamo» , esclamo più allegramente che posso. Solo spero mai più con

quelle mutande addosso.

Qualche minuto dopo, sono appollaiata sullo sgabello dietro al bancone delnegozio, cercando di tenere a bada l’agitazione. Karl se n’è già andato dallaporta laterale che dà sul patio e io ho finto di non vederlo uscire: vogliopensare che se non ha preso la porta principale, non voleva essere notato. Dalpatio avrà dovuto scavalcare il muretto, tornare su per il vicolo, girare attornoalla strada per andare al suo negozio. Forse è quello che fa tutte le volte.Sto pensando che avrei dovuto correggere il caffè con del brandy per

riprendermi dallo choc, quando compare Ruth, con un grosso sorriso sconciosulla faccia. Indossa una maglia di lana svasata blu acceso sui suoi pantalonineri di jersey preferiti. Sul petto ha una spilla antica d’oro rosa con un piccologranato rosso e i ricci capelli grigi le incorniciano le spalle. È praticamenteraggiante.« ‘giorno, tesoro! Non è una giornata magnifica?»« Sì» , rispondo, mordendomi il labbro ed evitando di incrociare il suo

sguardo. Dallo stato di Karl prima, Dio sa quello che quei due hanno combinatostanotte lassù, mentre io ero dalla parte opposta del ballatoio. Non osopensarci, ma ormai in mente ho un’ immagine scioccante che non riesco ascacciare.« Guarda che luce!» . Dà un’occhiata fuori dalla porta di servizio, dove il

minuscolo patio è inondato dal pallido sole autunnale. « Prendiamo un po’ di

caffè all’aperto, che ne dici? Sentiremo se qualcuno entra. Dobbiamoapprofittare al massimo di una giornata così bella» .Nel giro di pochi minuti ha preparato una caraffa di caffè ed è già fuori, seduta al

tavolino di ferro battuto con le sedie che ho comprato per due soldi a unmercatino dell’usato qualche anno fa, e tiene il viso rivolto verso il debole sole.La seguo e vado a sedermi di fronte a lei. Ha ragione: anche se le giornatestanno ormai diventando gelide, è ancora delizioso qui fuori. È uno spaziominuscolo, ma tenuto benissimo. Era il posto preferito del nonno. Ci passavaore ad armeggiare con gli orologi che cercava di riparare. Non era granché comegiardiniere, ma non gli occorreva esserlo in questo piccolo spazio. Amava stareall’aperto, a trafficare con i suoi amati orologi, ascoltando gorgogliare lafontanella di pietra accanto al muretto di mattoni rossi ricoperto d’edera. Dicevasempre che il suo sgocciolio gli sembrava pieno di pace.Nel silenzio che c’è adesso tra di noi, ascolto l’acqua e mi chiedo cosa dirà

Ruth di Karl. Devo dargliene atto: la sta prendendo con disinvoltura.« Allora, sei pronta per la tua lezione?» , chiede.« Più o meno» , rispondo, sorseggiando il caffè che continua a versarmi e

sentendo che mi scalda dentro. La mia lezione di “ riciclo creativo” è il momentoclou della settimana. Le tengo ormai da due anni e insegno alla gente comeriportare in vita pezzi vecchi e malridotti. Oggi non vedo l’ora di cominciare unnuovissimo progetto con i partecipanti abituali: rinnovare vecchi cassettoni.« Qualcosa non va, tesoro?» , dice Ruth guardandomi dall’altro lato del

tavolo. « Mi sembri un po’ distratta» .« Be’ , suppongo che incontrare il macellaio in mutande in cucina non fosse

esattamente il modo in cui immaginavo di iniziare la giornata» . È fuori dalla miabocca prima che possa fermarmi.Passa un nanosecondo prima che Ruth risponda. « Ah, sì. Karl ha insistito per

prepararmi una tazza di tè. Che dolce» .« Ha detto che a insistere sei stata tu» . Pensandoci bene, è probabile che Ruth

lo abbia mandato di sotto di proposito, così sarei venuta a sapere di loro due.Così non avrebbe dovuto dirmelo lei. Ne sarebbe capace.« Davvero?» , trilla. « Che sciocco! A ogni modo, mi dispiace se non eri

preparata. Forse avrei dovuto avvisarti, adesso che sei tornata» .« E come? Lasciando un calzino sulla maniglia per farmi sapere che avevi

compagnia?» .Si ferma a rifletterci per un momento.« Ruth, stavo scherzando» .

« Poteva funzionare, però… almeno avresti avuto un preavviso» .« Mi pare di capire che non è stata la sua prima notte qui, vero?» , domando.« Non esattamente» . Arrossisce, ma solo un pochino.« E com’è che non l’ho mai saputo?»« Be’ , ce lo siamo tenuto per noi. E poi, di solito, quando veniva qui, tu eri…

da Tom» .Ha ragione. Prima che Tom andasse in Nuova Zelanda, lui e io vivevamo nel

suo bungalow in periferia. L’avevano costruito lui e i suoi fratelli con le loromani, o così amava dire sua madre ogni volta che la incontravo, come se fossedecisa a ricordarmi che non avrei mai potuto avanzare pretese su quella casa.Quando è partito, sono semplicemente tornata nell’appartamento sopra alnegozio. Penso di aver invaso in qualche modo la privacy di Ruth. Abbiamolavorato insieme allo Swan’s per anni, ma le sue sere sono state sempre e solosue. Immagino che non sia abituata ad avermi tra i piedi per tutto il tempo, cheficco il naso nella sua vita privata. E io non sono abituata a vedere la sua vitaprivata in modo così ravvicinato e personale. È chiaro che a entrambe tocca fareuna bella opera di riassestamento.« Potevi dirmelo» , faccio io.« Non ero sicura che avresti approvato. Voglio dire, adoravi tuo nonno e Karl è

il primo da quando…» .« Ruth!» . Le scocco un’occhiata di avvertimento.« Quello che sto cercando di dire è che spero non pensi che io stia mancando di

rispetto a tuo nonno» . I suoi occhi si velano mentre li batte per scacciare via lelacrime.« Certo che no» , ribatto, prendendole una mano. « Nessuno si aspetta che tu sia

a lutto per sempre» .« Questo non lo so» . Sorride debolmente mentre si tampona le ciglia con un

fazzolettino. « A volte penso che ad Anna piacerebbe vedermi in gramaglie finoalla mia stessa morte. Per amor del cielo, non farti sfuggire niente davanti a lei,ok?» .Anna è la sorella di Ruth, la mia prozia. Sono talmente diverse che è difficile

credere che siano parenti. Mentre Ruth è uno spirito libero e piena diinsopprimibile joie de vivre, Anna è un libro chiuso, tradizionale e un po’troppo moralista. È vedova anche lei, suo marito è morto anni fa, e passa granparte del tempo in attività parrocchiali. Non so bene in cosa consistano, masembrano tenerla estremamente occupata. Lei e Ruth si vogliono un gran bene,su questo non c’è dubbio, ma si prendono sempre per il verso sbagliato. Ruth è

giovane dentro, Anna è nata di mezz’età.« Non credo che al nonno spiacerebbe sapere che tu e Karl ve la intendete» ,

dico per alleggerire l’atmosfera. Ed è vero. Adorava Ruth e avrebbe voluto chefosse felice. E poi, ormai è morto da quasi quattro anni e so che si è sentitaincredibilmente sola da quando è venuto a mancare. Merita un po’ di felicità,soprattutto dopo averlo assistito con il Parkinson per così tanti anni.« Sì, be’ , gli è sempre piaciuto Karl» , continua Ruth. « Apprezzava la sua

carne» . Ridacchia per la battuta assolutamente inappropriata ed entrambescoppiamo a ridere.« Non è esattamente il tuo tipo, o sbaglio?» , le chiedo.« Perché è molto più giovane di me, intendi?»« Be’ , più o meno. È una specie di diamante grezzo» .Il nonno era un gentiluomo, un antiquario che guidava un’auto vintage,

leggeva Joyce e portava un panciotto di tweed. Karl è un macellaio tatuato e hauna grossa moto. Non solo, ha quasi quindici anni meno di Ruth. Non proprioquello che definirei come il suo tipo.« In realtà è sorprendentemente tenero» , replica Ruth. « Non si direbbe a

guardarlo…» .Dalla sua faccia posso immaginare di cosa sta parlando. « Oh, Dio, non voglio i

particolari» . Mi metto le mani sulle orecchie.« Coco, rilassati. Karl e io non facciamo sul serio… siamo solo amici» .« A giudicare dalle cose, siete molto più che amici» , borbotto. « Non che

voglia saperlo» .« Be’ , forse più che amici» , riflette. « Probabilmente siamo quelli che la tua

generazione chiama SA» .Per una frazione di secondo non capisco di cosa parla. SA? Che roba è? Poi ho

l’ illuminazione. Oh, mio Dio, non può voler dire… ScopAmici, vero?« Sì, ci piacciamo un sacco, ma non è come se avessimo una specie di relazione

esclusiva. Ci vediamo quando ne abbiamo voglia. Abbiamo una… intesa» .« Non riesco a credere che sto avendo questa conversazione con mia nonna» .

Scuoto la testa. « Non dovresti nemmeno sapere cos’è un SA, per la miseria. E, aproposito, l’espressione più elegante è “ amici con benefici”: ACB» . Nonriesco neanche a sopportare di dire ad alta voce l’altra versione.« ACB? Cos’è un ACB?» , dice all’ improvviso una voce imperiosa. Mi giro e

vedo Anna che ci osserva dalla soglia. Guardo Ruth, inorridita. Non l’avevamosentita entrare… e meno male che avremmo dovuto sentire i clienti!Ruth mi fa un sorriso malizioso, come se l’eventualità che Anna ci abbia

sentite non la tocchi minimamente. « Glielo dico, Coco?» , dice, mentre Annaesce sul patio, guardando prima me e poi Ruth. Indossa un cappotto di lana nera,tutto abbottonato, una sciarpa nera attorno al collo e guanti di pelle nera. Ilnero è la sua uniforme sin dalla morte del marito, ovvero da quando ero bambina.È una vedova di professione. Come Ruth, ha i capelli argentei, ma tagliaticortissimi. È bellissima, come sua sorella, ma molto austera nell’aspetto. Ruthtrasuda calore e freschezza.« Dirmi cosa?» , domanda.« Cos’è un ACB. Sul serio vorresti saperlo?» .Santo cielo. Non riesco a credere che stiamo avendo questa conversazione.

Non sono neanche le dieci del mattino.« È davvero così interessante?» , dice Anna, togliendosi un invisibile pelucco

dalla manica mentre si ferma davanti a noi. È il tipo di donna che esce di casapassando l’aspirapolvere. Non c’è posto per il disordine nella sua vita.« Un ACB è un aspirapolvere… con… batteria» , dico fiaccamente. Agguanto la

prima idea che mi è balzata in mente e me ne pento all’ istante. Ma perché, perchého dovuto usare una bugia legata alle faccende domestiche? Adesso Anna miguarda piena di interesse. Le faccende domestiche e la religione sono le suepassioni gemelle.« Cosa fa?» , mi domanda seria.« Sì» , dice Ruth con un sorrisetto, « cos’è che fa un ACB, Coco?» .Potrei ucciderla. « Be’ , è solo un aggeggio moderno che ho visto… da qualche

parte. È una specie di aspirapolvere dotato di batteria che funziona da solo, cosìnon si fa fatica. Ma secondo me è una fregatura» . Non riesco a guardare in faccianessuna delle due. È una cosa assolutamente ridicola.Anna non sembra colpita. « Io sono una da olio di gomito» , dice risoluta. « E

voglia Dio che lo sia sempre. L’ACB non fa per me» .Ruth rischia seriamente di scoppiare a ridere e io non sono da meno. Se Anna

conoscesse il vero significato, avrebbe un collasso, con i grani del rosario inmano.« Allora» , dice e si gira verso di me, risucchiando l’aria tra i denti mentre lo fa.

Mi preparo all’ istante. Fa sempre questo risucchio prima di chiedere qualcosa digrosso… è una specie di allarme rosso.« Coco» . I suoi occhi mi scrutano il viso.« Sì?»« Come stai, tesoro?» , chiede.« Benone» .

« Davvero? Dici sul serio?»« Sì, dico sul serio» . Mi sento un po’ a disagio sotto il suo sguardo fisso.« Ma, e il povero Tom?»« Cosa?»« Sua madre dice che è terribilmente solo laggiù» . Pausa significativa. « In

Nuova Zelanda» . Dice l’ultimo pezzo come se in qualche modo avessidimenticato dov’è andato Tom, nonostante sia partito solo qualche settimana fa.« Ha detto così?» . Lancio un’occhiata a Ruth, che non sta più ridendo. I suoi

occhi si sono ridotti a due fessure e sta guardando attentamente Anna. Èevidente che, come me, si sta chiedendo dove voglia andare a parare.« Sì. L’ho incontrata ieri al cimitero. Povera donna, ha il cuore a pezzi senza di

lui» .« Non ha altri tre figli a tenerle compagnia?» , domanda Ruth, e io le rivolgo

uno sguardo riconoscente. Ruth potrà anche pensare che ho sbagliato a lasciareTom, ma non ha intenzione di farlo sapere a Anna.« Ah, sì, ma Tom era il suo bambino» . Anna sospira. « È dura perdere il proprio

bambino. E, naturalmente, sa cosa accadrà dopo…» .Mi concentro a guardare, al di là di Anna, il gioco d’acqua che il nonno amava

così tanto.« Conoscerà una bella ragazza di laggiù e allora non tornerà mai più» .« Basta, Anna» , dice Ruth, e la vedo guardarmi preoccupata.« Va tutto bene. Ha ragione» , dico, sorridendo a entrambe. « Probabilmente

incontrerà qualcun’altra… spero che lo faccia, a essere sincera» .Dalla loro espressione, capisco che Anna e Ruth sono scioccate che abbia

detto una cosa del genere. Ho dato l’ impressione di essere fredda, come se nonmi importasse di lui, ma è vero il contrario. So di aver ferito Tom profondamentequando ho deciso di non partire con lui, ma so anche che, con il tempo, capiràche ho fatto la scelta giusta. È stato il suo orgoglio a essere ferito più di ognialtra cosa. Mi dimenticherà prima di quanto pensi.« Coco, non era mia intenzione turbarti» , fa marcia indietro Anna. Non lo fa di

proposito, non proprio. Almeno non ha nominato la storia dell’orologiobiologico, anche se probabilmente muore dalla voglia di farlo.« Be’ , perché non hai tenuto chiusa quella boccaccia, allora?» , dice Ruth a

denti stretti.« Stavo solo dicendo…» .« Ascolta, io sto bene e anche Tom starà bene» , dico. « Probabilmente avremmo

dovuto rompere anni fa. È meglio così» .« Oh» , fa Anna con un filo di voce.« Sei contenta adesso?» , chiede Ruth, fissando torva la sorella.« Be’ , io pensavo solo…» .« Tu non pensi mai. Questo è il problema» , ribatte Ruth.« Non so di cosa parli, Ruth!» , sbotta Anna. « È una cosa offensiva da dire!» .« Oh, scendi dalla cattedra, sciocca di una donna» .« Sono venuta solo per chiedere alla povera Coco come stava! Ma me ne vado.

So quando non sono desiderata» . Anna ha il collo rosso e chiazzato: è semprecosì quando si offende. Se non metto una pezza su questo strappo, potrebbeandare avanti per settimane.« So che volevi solo sapere come stavo, Anna. Lo apprezzo» , dico, ansiosa di

fare pace.Il suo viso si ammorbidisce. « Sì, bene. Grazie, Coco… mi fa piacere che tu

capisca che stavo solo cercando di dare una mano» . Guarda in cagnesco lasorella, che fa altrettanto.« Che ne dite se preparo dell’altro caffè?» , propongo. « Questo si è un po’

raffreddato» .Ruth è la prima a capitolare. « Oh, andiamo, Anna» , dice con un sospiro.

« Siediti e goditi il sole con noi. Magari migliorerà il tuo umore» .« Il mio umore non ha niente che non va» , replica piccata Anna. « Per lo meno,

era così fino a quando non sono venuta qui» .« Mettiamoci una pietra sopra, che ne dici, sorellina? Adesso, beviamoci un

caffè» .« No, grazie» , dice, ma con meno ghiaccio stavolta. « In realtà sto andando a

parlare con padre Pat, è meglio che mi avvii» .« Di cosa? Il comitato parrocchiale?» , domanda Ruth.« Non potrei parlarne» , dice Anna con aria misteriosa, come se le faccende della

parrocchia fossero più importanti di un’operazione sotto copertura dell’MI5.« Ho sentito che Peggy Lacey quasi certamente sarà la nuova presidentessa» ,

continua Ruth, con un malizioso luccichio negli occhi che alla sorella sfugge.« È molto efficiente, non è vero?»« Non è affatto una cosa così sicura» , replica Anna tutta impettita. « Ed è

tutt’altro che efficiente» .« Oh, capisco» , fa Ruth con aria innocente. « Chissà come mi sono fatta

quest’ impressione…» .« Non lo so» . Il tono di Anna è sprezzante. « Ma non è vero» .

« Uhm… forse è stato perché ho sentito che a padre Pat sono piaciutimoltissimo i suoi fiori la settimana scorsa… a quel servizio ecumenico» .« Non è così» . Anne la fulmina con lo sguardo. Ma in fondo ai suoi occhi vedo

un guizzo di panico, come se fosse assalita dal dubbio.« Davvero? Be’ , forse Stella Doyle si è sbagliata; mi ha detto che lui li ha

trovati… originali» .« Quella donna!» , esclama Anna. Poi si risistema la borsa sulla spalla e se ne

va senza voltarsi, chiaramente in missione per raddrizzare un torto. Anna èestremamente competitiva e sentire che padre Pat possa aver preferito lacomposizione floreale di un’altra a quelle che lei passa ore a creare equivale auna secchiata di sale grosso su una ferita. Di certo non resterà a guardare.« Ruth. Sei stata scorretta» , rido, mentre raduno le cose del caffè e me ne ritorno

dentro, dove la campanella tintinna ancora lamentosa dopo l’uscita di Anna.« Forse» , dice Ruth con un ghigno diabolico mentre mi segue. « Ma non posso

farci niente. È talmente facile farla arrabbiare» .« Se proprio vuoi farla arrabbiare, forse dovresti dirle di te e Karl» , dico.« Tutto a suo tempo, mia cara. Tutto a suo tempo. Adesso ho un po’ di pulizie

da fare al piano di sopra. Ce la fai qui sotto da sola?»« Me la caverò» , dico sorridendole. « Voglio solo organizzarmi per la lezione,

ma non ci vorrà molto» .« Sono proprio un gruppo impegnato, vero?» , riflette. « Non credo che uno

solo di loro si sia perso una sessione da quando hai iniziato» .« Evidentemente riconoscono una buona insegnante quando ne vedono una» ,

scherzo, provocando una sua sonora risata.« In genere chi si loda si imbroda» , dice, « ma in questo caso hai ragione» . Poi

mi dà un bacio sulla guancia e il suo caratteristico profumo al muschio miavvolge per un momento prima che lei scompaia su per le scale.

Capitolo 3

Sono quasi le undici quando finisco di sistemare la stanzetta dove tengo le mielezioni, accanto al negozio vero e proprio. Carta vetrata, solvente per vernice,vecchi stracci e trementina: tutto quello che servirà ai miei allievi è dispostoordinatamente sulle loro separate postazioni di lavoro. Sanno di doverindossare vestiti vecchi.Do un’occhiata all’orologio, aspettando di vedere arrivare da un momento

all’altro il primo allievo, quando la campanella del negozio suona ed entra Cat.Come al solito, la mia migliore amica ha un aspetto assolutamente glamour:minuta, curve femminili e capelli di una lucentezza straordinaria.A Cat piace dire alla gente che ci siamo conosciute il primo giorno delle

elementari, ma tecnicamente non è vero. È stato il secondo. Lo so per certoperché il primo giorno ero seduta accanto a Siobhan Kelly. Siobhan, o Kelly laPuzzona, come mi piaceva chiamarla per vendetta, disegnò su tutto il mioquaderno con il suo pastello verde e non ho mai dimenticato quanto ne sia statadevastata. Io ero l’esempio vivente di chi colora entro i bordi e odiai ilpasticcio che Siobhan aveva creato con passione. Il secondo giorno conobbiCat nell’area giochi, lei divise la sua corda per saltare con me e da allora siamomigliori amiche. Perfino allora, quando tutti ci chiamavano Piccola e Grande,per la differenza d’altezza, lei era sempre ordinata e ben vestita e io sciatta. Nonè cambiato niente.Oggi Cat indossa un attillato gessato nero e grigio, un’elegante blusa bianca e

una semplice catenina d’oro che le brilla al collo. La giacca è avvitata e mette inmostra le sue curve invidiabili, mentre la gonna le arriva appena sopra ilginocchio, facendo risaltare le gambe armoniose. Come al solito, porta dellescarpe con i tacchi mozzafiato. Non va mai da nessuna parte senza, afferma diaverne bisogno per compensare la bassa statura, dal momento che scalza superadi poco il metro e cinquanta. Praticamente porta i tacchi con il pigiama, ma nonso come faccia, perché non fa che correre in giro, soprattutto dallo scorso anno,quando ha assunto la gestione dell’albergo di famiglia dopo che il padre èandato in pensione.Da allora, ha fatto un lavoro magnifico al Central. L’albergo si sta affermando

sempre più, anche se a Cat tocca di tanto in tanto vedersela con le spinosequestioni riguardanti lo staff. Alcuni dipendenti lavorano lì da anni e non

vogliono che le cose cambino, perciò le stanno rendendo la vita difficile perchélei vuole a tutti i costi trasferire l’albergo nel ventunesimo secolo. Dallo chefche rifiuta di modificare il menù del ristorante, identico da decenni, allareceptionist imbronciata per il cambio dell’arredamento nella hall poiché hadovuto dire addio alla sua poltroncina preferita ormai sgangherata, Cat hadovuto gestire un sacco di situazioni critiche. Non solo, ma lavora a tutte le orea matrimoni, battesimi e altre cerimonie, oltre a destreggiarsi con la sua vita acasa, e con tre figli a cui badare non è una passeggiata. Per fortuna, suo maritoDavid, insegnante al politecnico locale, è un amore e la sostiene moltissimo.« Ciao» , mi saluta, mollando la grande borsa firmata sul bancone e spingendosi

i grossi occhiali da sole sui biondi capelli fonati. I suoi occhi sono enormi sulviso perfettamente truccato e il loro colore viola è accentuato da uno spessostrato di mascara e una riga di eyeliner grigio. Cat riesce a trasformarsi in pochisecondi con un solo tocco di eyeliner e ha passato anni a insegnarmi come farelo stesso. Sfortunatamente, qualsiasi tipo di trucco per gli occhi mi fa sembrareun travestito e, non importa ciò che dice per convincermi del contrario, nonriesco ad appassionarmi.« Ciao a te» , le dico ghignando. « Dove te ne vai?»« Ho appena avuto una riunione con il commercialista» . Fa una smorfia. « Sto

tornando all’albergo» .« Tutto bene?» , le chiedo.« Sì, bene. Quel tirchio bastardo non mi darà un penny per ridipingere le pareti

esterne, ma me la caverò» . Cat non ha l’abitudine di farsi intralciare dai dettagli.Sarà anche minuta, ma è grintosa. « Allora, come stai?» , mi chiede. « Hai fatto dinuovo dei cambiamenti qui dentro?» . Si guarda attorno nel negozio.« Eh, sì, mi sa di sì» , ammetto un po’ impacciata.« Ti fermi mai?» . Ride.« Non se posso evitarlo» . Rido anch’ io. « È uno dei miei passatempi preferiti» .« Carino, il maglione» , dice, spostando l’attenzione dal negozio su di me.« Questo?» . Mi tiro il vecchio maglione. In confronto a Cat, sono un disastro

totale. Ho i capelli tirati indietro in una disordinata coda di cavallo, non ho unbriciolo di trucco e porto un maglione vecchio e sformato, jeans e i solitistivaletti alla caviglia.« Sì, fa molto motociclista chic. Se te lo abbassassi sulla spalla, lasciando

vedere la spallina del reggiseno, sarebbe davvero sexy» . Allunga la mano sulbancone e inizia a tirarmi la scollatura.« Ehm, le probabilità che questo accada vanno da zero a meno dieci!» . Le

allontano la mano con un buffetto. Cat cerca sempre di rendermi un po’ piùseducente, ma non funziona mai. Essere glamour le riesce facile: con quella vitaminuscola e la figura a clessidra, è una vera pin up. Non riuscirei adassomigliarle neanche in un milione di anni, neanche se una squadra d’assaltodi super stilisti irrompesse qui dentro sottoponendomi a ogni sorta di tortura.La mia intrinseca goffaggine trasparirebbe comunque.« E quel completino intimo che ti ho regalato per il tuo compleanno?» , vuole

sapere. « Quello di pizzo bordeaux. Sarebbe molto sexy sotto quel maglione.Dovresti mostrare un po’ più di pelle, Coco… hai un fisico stupendo. Non deviessere così antiquata» .« Sì, forse» , replico, sottraendomi al suo sguardo. Cat non sa che ho scambiato

il completino con una canotta termica e un paio di calzini con le dita e né hointenzione di dirglielo. La cosa migliore è distrarla. « Allora, come stanno iragazzi?»« Fuori di testa, come sempre» , dice con un sospiro. « Sai che questa settimana

è il compleanno dei gemelli?»« Non riesco a credere che abbiano già cinque anni» . Il tempo sembra essere

volato da quando, neonati, tenevano Cat e David svegli tutta la notte. Adessovanno alla “ scuola grande”, come amano annunciare a chiunque stia adascoltarli.« Lo so» , sospira. « È passato tutto in un lampo. Quei poverini probabilmente

finiranno sul lettino dello psichiatra quando saranno più grandi. A volte pensodi non passare con loro neanche la metà del tempo che dovrei» .« Sei una mamma fantastica! Smettila di buttarti giù» , dico cercando di

rassicurarla. « I gemelli staranno benone» .« Questo non lo so… stanno diventando davvero scatenati, Coco. Ieri erano

davvero scalmanati al ristorante e mi hanno fatto fare una figuraccia. Eromortificata» .« Sono solo bambini, Cat. Concediti una tregua» .« Già, ma sai com’è Liam. Ha un palo su per il sedere. Aspetto solo che mi dica

che dovrebbero essere banditi dai locali» .Rido sbuffando. Liam Doyle è lo storico direttore del bar e del ristorante, ma si

comporta come se gestisse il Dorchester da solo. Si aggira alla ricerca di motiviper criticare Cat perché secondo lui nessuno sostituirà mai suo padre, tranneforse egli stesso.« Dico sul serio» , protesta Cat. « Sto cercando di rendere l’albergo più adatto

ai bambini, ma lui pensa che i piccoli non si debbano sentire né vedere. Cioè,

non viviamo nei secoli bui. Non che i gemelli mi diano una mano in questosenso, naturalmente» .« Cos’hanno fatto?» , dico, quasi timorosa di chiedere. Patrick e Michael sono

pieni di energia, per usare un eufemismo. Sono carinissimi, ma ancheincredibilmente iperattivi e non stanno mai fermi un secondo. Le loro buffonatesono leggendarie nell’albergo e oltre.« Hanno di nuovo svitato i coperchi delle saliere» . Sospira. « Padre Pat ne ha

svuotata una intera nella zuppa di pastinaca… coperchio e tutto» .« Oh, no!» . Non posso fare a meno di ridere.« Oh, sì. E poi mi sono dovuta sorbire una tirata di Liam sul rispetto. Sul serio.

Padre Pat non se l’è neanche presa, ci siamo fatti una bella risata» .« Dammi retta, ignora Liam. È uno stronzo» , dico.« Più facile a dirsi che a farsi» . Geme. « Giuro che quell’uomo mi porterà presto

alla tomba. Cioè, se prima non lo fa Mark» . Sospira di nuovo, più forte stavolta.Mark è il figlio quindicenne di Cat e David. Lo ha avuto quando aveva solo

diciotto anni, “ fuori dal matrimonio”, come il paese non si stancò mai di farnotare all’epoca. Lei e David non furono esattamente popolari quando accadde.Anzi, i genitori di Cat, di solito tolleranti, diedero di matto quando li informò,ed è per questo che venne a stare con me, Ruth e il nonno allo Swan’s per unpo’ prima che Mark nascesse e lei e David andassero a vivere insieme. Cat mi hasempre detto quanto ci fosse riconoscente, una cosa sciocca perché lei farebbealtrettanto per me se mai avessi bisogno di aiuto. E poi era un tale spasso,parlavamo fino a notte fonda di come sarebbe stato il suo bambino e di cosaavrebbe fatto se fosse stato tanto sfortunato da ereditare il naso di David, che èperfino peggio del mio, se possibile. Per fortuna, Mark ha preso l’avvenenzadalla madre e il carattere calmo del padre. Per lo meno, è stato calmo finoall’arrivo della pubertà, quando si è trasformato in un sacco ambulante diormoni fluttuanti. Ultimamente, lui e Cat hanno un sacco di battibecchi, laclassica situazione madre contro adolescente, credo, ma la sta davvero buttandogiù. Ha detto più di una volta di sentirlo sempre più distante e di non riuscire acomunicare con lui. Continuo a dirle che è solo una fase e che tutti ci siamopassati a quell’età, ma sembra non serva granché.« Cos’è successo stavolta?» , le chiedo, preoccupata che ci sia stato un litigio

particolarmente duro.« Be’…» .La campanella suona di nuovo e vediamo Harry Smith e Lucinda Dee, due

allievi abituali, varcare la soglia.

« Oh, cazzo» , borbotta Cat a mezza bocca. « Meglio che vada. Non voglio cheHarry mi dia il tormento per quel dannato party di anniversario che vuole dareper la moglie. Si aspetta che lo faccia per meno di niente. Passi da me più tardi?»« Sicuro» , rispondo. « Devo dirti quello che mi è successo stamattina. Credimi,

resterai scioccata» . Non vedo l’ora di dire a Cat di Ruth e Karl. So che Ruthvuole tenerlo segreto, ma Cat non lo dirà a nessuno. E poi, scoppierò se non neparlo.Cat inarca le sopracciglia. « Sembra intrigante» , dice. « Ci vediamo, allora» .

Inforca di nuovo gli enormi occhiali da sole e si affretta a uscire.

Un’ora dopo, il mio variegato gruppo di allievi sta per concludere unasessione di scartavetratura per passare alla verniciatura del mobile assegnato aciascuno, chiacchierando allegramente.« Penso che farò il mio di un bel verde mela» , osserva Lucinda,

indietreggiando per rimirare il cassettone che ha scartavetrato con cura.« Sarà delizioso» , dico. « Niente stencil o motivi stavolta?» .Lucinda, una donna in forma sulla sessantina, ama apporre motivi su ogni cosa

e i suoi pezzi di solito sono caratterizzati da qualche forma di decoupage. Il suoultimo lavoro di riuso creativo, un vecchio baule malandato, è statocompletamente trasformato quando lo ha ricoperto di ritagli floreali sovrappostiper poi verniciarlo. Ne ha rivestito l’ interno con dei vecchi giornali che hacollezionato nel corso degli anni e adesso occupa un posto d’onore nel suosalotto.« Oh, sono certa che riuscirò a piazzarne qualcuno qua e là» , ridacchia.« Oh, Dio, non altri fiori» , geme in modo teatrale Harry Smith dall’altra parte

della stanza, sorridendole al di sopra degli occhiali a mezza luna. Harry,prossimo ai settanta, è un purista. Gli piace riportare tutto allo stato originale,lucidare alla francese dove può, rivelando la bellezza del legno. Per questaragione, quasi ogni cosa alla quale lavora è il mogano migliore.« Oh, chiudi il becco, vecchia ciabatta, o metto una decorazione anche su di

te!» , dice Lucinda in tono bonario. Ha un malizioso senso dell’umorismo e nonc’è niente che amino di più che punzecchiarsi.« Dove pensi di metterlo, Lucinda?» , le chiedo. Ha sempre un progetto per i

suoi pezzi, è in grado di visualizzare come verranno e in quale punto della casali sistemerà.« Nella mia camera da letto» , dice sicura di sé.« Non dirmi che ci metterai le mutandine» , ride sguaiato Harry.

« Sei un vecchio sporcaccione, Harry Smith» , replica lei scandalizzata, ma lasua bocca freme per la risata che sta trattenendo.« Su, su, non fatemi tirare fuori il righello» , dico io, assumendo il mio miglior

tono da maestra.« Promesse, promesse» , dice Harry strizzandomi l’occhio.« Santo cielo, uomo, mettiti la giacca e torna a casa da tua moglie» , dice

Lucinda.A queste parole, gli altri prendono a borbottare osservazioni sull’ora, mettono

giù gli attrezzi e iniziano a infilarsi le giacche. Un’altra lezione è finita ed è oradi andare.« Bravi tutti quanti, ci vediamo la settimana prossima» , dico. « Non fate

tardi!» .« Certo che no» , esclama qualcuno mentre escono.Sto ancora sorridendo quando l’ultimo di loro va via. Sono davvero un gran

bel gruppo, un vero mix di caratteri, e vanno tutti molto d’accordo. I loro scambidi battute risolleverebbero l’animo di chiunque. E, oltre al divertimento dellalezione, riadattare vecchie cianfrusaglie è proprio gratificante. Sapere che possoaiutare qualcuno a salvare un mobile che nessun altro vuole, dandogli unanuova vita e una nuova casa, è quanto di più soddisfacente riesca a immaginare.Ogni volta la cosa mi infonde una carica di energia.Adesso, sola con me stessa nel silenzio del negozio, penso a cosa fare dopo.

Decido di ispezionare l’ultima scatola del bric-à-brac che era insieme allavamani di marmo comprato all’asta. Le ho già passate in rassegna quasi tutte enon ho trovato altro che robaccia: vecchi libri polverosi che non vorrà nessunoe statuine di porcellana scheggiate che non si venderanno mai. Ho messo viatutti quei pezzi per le mie lezioni, ma, dopo essermi separata da più di centoeuro, sono ancora delusa che non vi fosse proprio niente di buono.Ruth arriva proprio mentre sto rovistando nell’ultima scatola. « Allora,

cos’hai trovato in quelle tue scatole del tesoro? Qualcosa di interessante?» ,domanda, sbirciando da sopra la mia spalla.« Non credo» , dico con un sospiro. « La solita vecchia robaccia, in realtà.

Avevi ragione» .Oltre a essere delusa, adesso mi sento un po’ sciocca per aver voluto

aggiudicarmi a tutti i costi quella roba solo per non farmi superare da Perry.Anche se so che probabilmente ricaverò un piccolo profitto dal lavamani, l’hopagato fin troppo e lo sappiamo entrambe.« Che peccato» , dice Ruth con leggerezza.

Non gira mai il dito nella piaga quando faccio un acquisto sbagliato; èestremamente magnanima da quel punto di vista. Quando ho iniziato a comprareper il negozio, ho fatto parecchi casini ma lei non mi ha mai sgridata.« È sciocco, ma ho sempre la speranza di scovare un pezzo inestimabile in uno

di questi cosi» , ammetto.« Come fanno in Antiques Roadshow[1]?»« Sì, è una cosa davvero stupida» .« No, non lo è» , dice in tono gentile, rassicurandomi. « Fa parte della magia del

comprare all’asta: a volte non si sa quello che si può trovare» .« Be’ , dovevo immaginare che non avrei trovato niente di buono qui dentro» ,

dico. « Non riuscirò a dar via un bel po’ di questa roba» .Ho tirato fuori altre cianfrusaglie – un paio di vecchi accendini, posate spaiate

e libri con le orecchie – ma non c’è niente che potrei vendere. Non è rimastoaltro che un mucchio di ammuffite vecchie riviste musicali.Infilo la mano sotto alle riviste, tanto per accertarmi che non mi sia sfuggito

nulla. Sento qualcosa sul fondo e la tiro su in superficie. È un sacchetto colorpanna.« Oh, c’è una borsa lì dentro?» , domanda Ruth, improvvisamente interessata,

mentre sollevo il lembo e scopro una piccola borsa nera matelassé.« Solo una Chanel falsa» . Sospiro. « Oh, bene. Altro materiale per lo scatolone

della beneficenza» . Non è la prima borsa da poco che trovo in questo tipo dilotti; la gente ci butta di tutto quando fa piazza pulita. Qualcuno usa le astecome discarica.« Oh, mio Dio» . Ruth diventa improvvisamente pallida.« Cosa c’è che non va?» , dico preoccupata. « Stai bene?»« Quella borsa…» .« Cosa c’è?» .La sta guardando con gli occhi sgranati, come se avesse visto un fantasma.

« Penso… penso che sia una Chanel 2.55» .« Sì, esatto» . Rido. « È un’ imitazione, Ruth. Qualcuno probabilmente l’ha

comprata in una di quelle bancarelle agli angoli delle strade a New York. E nonè neanche fatta bene: manca la chiusura con la doppia C» . È una copia dozzinale,tutto qui. Di queste te ne danno dieci per un penny. Sarò fortunata se nericaverò cinque sterline.« Ma è questo il punto, Coco! Le prime versioni avevano una chiusura

Mademoiselle rettangolare, ricordi? Proprio come questa! Si chiamava cosìperché…» .

« …Chanel non si è mai sposata» , concludo quasi automaticamente.Allontano da me la borsa, guardandola con occhi nuovi ed esaminando la

solida chiusura di cui parla. E, a un esame più attento, la borsa ha una raffinatafattura, non quelle cuciture sciatte tipiche delle imitazioni. Il cuore comincia amartellarmi nel petto. Potrebbe essere autentica?Conosco la storia della famosa 2.55 quasi a memoria perché mia madre me la

raccontava quando ero piccola. Le prime borse erano fatte a mano nell’atelierparigino di Coco Chanel in rue Cambon. Furono riproposte negli anni Ottantada Karl Lagerfeld, in omaggio a lei. Ma questa borsa non è un rifacimento,questo lo vedo bene. È molto più vecchia, potrebbe perfino essere un’originale.Ma com’è finita in questo mucchio di robaccia senza valore? Nessuno lasciaaccidentalmente una borsa vintage di Chanel in uno scatolone pieno di vecchilibri e ninnoli malandati. Non succede e basta.« Aprila» , incalza Ruth con un filo di voce. « Fa’ piano, mi raccomando» .Sgancio la chiusura con le mani che mi tremano e sbircio all’ interno. « Oh» ,

dico senza fiato e il mio cuore smette di battere per un istante quando vedo cheil rivestimento è nella famosa tonalità di marrone: il colore dell’uniforme cheChanel indossava da bambina all’orfanotrofio in cui era cresciuta. Oltre allachiusura originale, questo è un altro segno della sua autenticità. Quasi nonriesco a respirare.Ruth è elettrizzata quando vi guarda dentro. « Guarda: ha la tasca segreta

interna che Chanel creò per le lettere d’amore» , bisbiglia piena di rispetto. « Haperfino la doppia C in rilievo sul lembo interno» .Consento alle mie dita di sfiorare l’ interno della borsa. Le cuciture e la cerniera

sono sublimi. Le impunture sono superbe e perfettamente simmetriche, altroottimo segno. Mi accosto la borsa al viso, annusandola e sento all’ istante undistinto, anche se lieve, aroma di lavanda mescolato al caratteristico odore chehanno tutte le cose vecchie.« Non penserai davvero… voglio dire, le possibilità… sono una su un

fantastiliardo, come la lotteria» .« Lo so» , dice. « Ma credo che tu possa appena aver vinto il jackpot, Coco.

Svelta, provala, per amor del cielo» .Quasi stordita, mi infilo sulla spalla le catenelle dorate dei manici e studio il

mio riflesso nello specchio antico sulla parete di fronte a me. Sarò anche indisordine e coperta di schizzi di pittura, ma all’ improvviso non ha importanzaperché tutto quello che vedo è la borsa. È come una calamita che attira i mieiocchi su di sé. Il peso sulla spalla, la sensazione sotto il braccio… È innegabile.

Ruth ha ragione: è autentica.Mi sembra di sognare mentre lei chiacchiera eccitata accanto a me, la sua voce è

così distante. È una borsa di Chanel. Una borsa di Chanel vintage. Èincredibile! Sì, certo, a volte si può essere fortunati a un’asta – e quandosuccede è fantastico – ma trovare una rara borsa di Chanel in uno scatolone divecchia chincaglieria è una cosa che accade una sola volta nella vita. Potreiricavarci una fortuna, il vintage di Chanel deve valere almeno qualche migliaiodi euro. Che profitto! Se trovo il compratore giusto, chissà quanto potrei farci.C’è gente che colleziona Chanel e qualcuno potrebbe essere disposto a pagaremolto più del dovuto per mettere le mani su questo pezzo.Faccio scivolare la borsa giù dalla spalla e la tengo in mano con delicatezza,

ancora incapace di credere al mio colpo di fortuna. Che cosa fantastica averlatrovata e che incredibile resa per un investimento così piccolo. D’un tratto ilmio desiderio di battere Perry mi sembra un colpo di genio. L’unica pecca è chedevo venderla. Ucciderei per una borsa del genere. Non si abbinerebbe a nientedel mio guardaroba, naturalmente – tutto quello che possiedo è fin troppoordinario per farla risaltare come merita – ma il solo tenerla in mano mi dà levertigini, come se infilarmela sulla spalla mi avesse in qualche modo trasformatain una creatura molto più esotica di quella che sono, perfino più degna del mionome. Poi ho l’ illuminazione. Non devo venderla, giusto? Voglio dire, sì,dovrei perché potrei farci una fortuna e al negozio servirebbe di sicuro l’entrataextra. Ma l’altra opzione sarebbe… tenerla per me.All’ improvviso mi immagino protagonista di tutta una serie di scene con la

borsa: per strada, con la borsa che ondeggia seducente appesa alle catenelledorate mentre cammino; in un ristorante, mentre infilo la mano nella borsa perprendere il borsellino. Dovrei sostituirlo, naturalmente. Una vera Chanel nonandrebbe con il borsellino di Hello Kitty che Cat mi ha regalato per scherzo almio ventunesimo compleanno. Ormai ho trentadue anni, sono nel mio decennioda adulta. Se avessi una borsa da adulta come questa, allora mi servirebbe ancheun borsellino da adulta. Accarezzo di nuovo la bellissima borsa e mi concedo disognare. Non potrei mai permettermi niente di così bello, neanche serisparmiassi per una vita intera. E adesso ne ho una, proprio davanti a me. In uncerto senso, è come se la borsa mi avesse trovata, come se fosse destinata a me.Dopotutto, mia madre diceva sempre che avrei dovuto avere una Chanel per fareil paio con il mio nome. Quando ero piccola, mi diceva che me ne avrebbecomprata una. Ed eccola qui, un regalo dal cielo.

« Chissà a chi apparteneva» , dice Ruth. La prende, se la mette sulla spalla e siguarda allo specchio. « È davvero stupenda, è in condizioni perfette» .C’è un momento di silenzio durante il quale ci guardiamo e so a cosa sta

pensando: che si tratta di un errore, che nessuno si sbarazza di una borsa così diproposito. È troppo di valore.« Pensi che dovrei restituirla, vero?» . La mia euforia si dissolve.« Non ho detto questo» . Abbassa lo sguardo sul pavimento.« Ma lo pensi» .« Mi chiedo solo come sia finita in quella scatola, tutto qui» .« Questo non è un mio problema» , dico cocciutamente.« Lo so. Ecco, riprendila prima che decida di fuggire con lei» . Mi sta

sorridendo, ma non riesco a scrollarmi via la sgradevole sensazione chedisapprovi, dal momento che sulla provenienza della borsa incombe un punto didomanda. D’accordo, non abbiamo idea del come o del perché sia finita in unascatola di chincaglieria senza valore, ma la cosa dovrebbe interessarci? Perchénon accettarlo semplicemente come un fortunatissimo incidente?Ruth mi sta ancora guardando. « Sai cosa ti dico? Prendiamoci un caffè. Vado a

mettere su il bollitore, va bene?» , dice.« Ok» , acconsento, ma non la sto veramente ascoltando. Adesso che la borsa è

di nuovo in mano mia, sono troppo impegnata ad ammirarla per concentrarmi suqualsiasi altra cosa. Non voglio restituirla e non vedo perché dovrei. Achiunque sia appartenuta e qualunque sia la sua provenienza, adesso è con me.E una parte molto grande di me vuole tenerla.

Capitolo 4

Mentre avanzo a grandi passi nell’atrio del Central Hotel, con la borsa Chanelal sicuro nella mia sformata tracolla di pelle, resto di nuovo colpita da quanto ilposto sia migliorato da quando, l’anno scorso, Cat ha sostituito il padre.L’esterno forse è ancora un po’ trasandato e bisognoso di una mano di pittura,ma dentro sembra assolutamente alla moda. Sta già ricevendo ottime recensionisu TripAdvisor: i turisti lo definiscono affascinante e unico, merito esclusivodelle migliorie apportate da Cat.Ha sempre avuto un’ idea molto precisa dell’aspetto e della sensazione che

doveva trasmettere l’albergo. Il problema era che faceva decisamente a cazzotticon l’opinione di suo padre. La sua idea di come doveva essere un albergo eraferma agli anni Settanta, il decennio che aveva dimenticato il buon gusto. Leivoleva un’eleganza opulenta, un’atmosfera da boutique hotel, e, da quando ilpadre è andato in pensione, è esattamente ciò che ha creato. Al postodell’ ingresso pieno di spifferi e antiquato, c’è una hall intima e accogliente. Idrappeggi di seta alle finestre sono pesanti e lussuosi e il loro color ostricafunziona a meraviglia con il pavimento di lucido parquet e le pareti salvia. Idivani di velluto dorato disseminati di cuscini bordeaux aggiungono calore ecomodità. Quando il fuoco arde nell’alto e ampio focolare e le eleganti piantanediffondono una luce soffusa, l’effetto è stupendo, ben distante da quellodell’orribile tappeto a motivi circolari marroni e arancioni e della sudicia cartada parati con le magnolie che c’erano un tempo.Ho aiutato Cat nella ristrutturazione e in cambio lei ha appeso nella reception

un piccolo avviso incorniciato che parla dello Swan’s, nel quale ci ringrazia eci raccomanda ai suoi clienti. Il suo budget risicato ha reso la trasformazioneuna sfida, ma alla fine ho trovato la roba giusta per lei. Le lampade sono state unvero affare, così come l’enorme specchio in cornice dorata che domina unaparete. L’ho avuto a un prezzo favoloso perché era talmente fuori misura che nonsarebbe andato bene in nessun posto più piccolo. Cat ne avrebbe voluto tantoun altro simile, ma specchi del genere non sono facili da trovare; non ci horinunciato però. Cat dice che sono come un segugio quando voglio, e haragione, soprattutto quando si tratta di antiquariato. Il Central è diventato unsecondo Swan’s per me e, ovunque vada, cerco cose che si adatterebbero ai suoispazi contribuendo a realizzarne il potenziale.

Mi dirigo verso il bar dell’albergo, al quale Cat ha infuso nuova vita, conraffinati divanetti di pelle e luci basse. Resta il luogo d’ incontro preferito deiresidenti di Dronmore, anche se a qualcuno tra i più vecchi piace storcere labocca davanti al nuovo stile alla moda. Nel corso degli anni, questo bar haassistito agli strascichi di matrimoni, battesimi e funerali, oltre ai bisticci degliinnamorati, accordi tra gentiluomini e qualche sporadica e famigeratascazzottata. Se queste pareti potessero parlare, avrebbero un’ infinità di cose dadire!« Ciao, Coco» .Mi riscuoto dal mio sogno a occhi aperti. Liam Doyle, direttore del bar e del

ristorante, è comparso davanti a me. Come al solito, indossa una camicia troppostretta con il completo nero e la sua faccia paffuta e florida è paonazza, comequella di uno scolaretto colto a fare qualcosa che non dovrebbe.« Ciao, Liam» , dico, trasalendo un po’ , come mi accade sempre quando compare

all’ improvviso dal nulla. C’è qualcosa in lui che mi fa accapponare la pelle.« Stai cercando Lei, vero?» , dice con un sorrisetto.« Ehm, sì» , rispondo.« Eccola lì, allora» . Indica con la sedia un posto d’angolo, dove Cat sta

parlando con una giovane coppia.« Un matrimonio» , storce il naso Liam. « Vogliono sposarsi direttamente qui

invece che in chiesa. Mai sentito niente di simile» .« Un sacco di coppie fanno così, Liam» , ribatto. « Anzi, sta diventando una

cosa parecchio comune» . È un idiota bigotto e moralista. Non c’è dameravigliarsi che Cat non lo sopporti.« Be’ , non ho niente da spartire con questo modo di fare. E di sicuro non

dovremmo prendere in considerazione l’ idea di accontentarli» .Con la coda dell’occhio, vedo Cat congedare la coppia e farmi cenno di

avvicinarmi. Nel giro di un istante, Liam non è più accanto a me, sparito cosìcome è apparso.« Ciao» , mi saluta Cat quando la raggiungo. « Qualcosa da bere? Per oggi ho

finito, grazie a Dio» .« Ne ho proprio voglia» , ammetto, scivolando nel separé di fronte a lei.Cat chiama il giovane barista e di lì a poco sorseggiamo un grosso bicchiere di

P inot Grigio. « Gesù, ne ho proprio bisogno» . Sospira felice.« Giornata pesante?»« Oh, la solita roba. Spengo incendi, sai com’è!» .« Liam non vede di buon occhio che tu possa iniziare a ospitare cerimonie

civili» , le riferisco, guardandomi alle spalle per accertarmi che non stiaascoltando.Lei alza gli occhi al cielo. « Dovrà farci l’abitudine. È la strada da percorrere,

malgrado quello che lui pensa» .« Sei una tosta!» , le dico.« Bisogna mettersi in gioco. E poi, sono madre di tre maschi, nessuno mi fa

paura!» .« A proposito di loro… spara. Prima siamo state interrotte» .« Ah! Da dove vuoi che cominci?» , geme.« Guai in paradiso?»« Be’ , i gemelli sono su di giri per la loro festa, che, a proposito, non è ancora

stata organizzata come si deve. E Mark è diventato un tale incubo» .« Cos’è successo?»« Non lo so, ma si comporta come se mi odiasse» , dice al colmo dell’ infelicità.« Ma non ti odia» , la rassicuro.« Questo non lo so, Coco. Non dà ascolto a una sola cosa che dico. E ogni

volta che cerco di parlargli mi aggredisce. È come se avesse avuto una specie ditrapianto della personalità. Perfino David lo pensa» .« Ma dai, sono le classiche cose da adolescenti» , dico.« Sono così preoccupata per lui. Cioè, e se sarà così per il resto della sua vita,

sempre a scontrarsi con noi, giorno e notte? Non so se sono in grado disopportarlo ancora» . Cat scuote la testa e beve un altro sorso di vino.« È solo una fase che sta attraversando» , dico, con la speranza di non sembrare

paternalista. « Sei sempre stata fantastica e lo sarai di nuovo. Lui devesemplicemente darti contro per un po’ , prima di tornare da te» .« Non lo so… in questi giorni mi sembra di non farne una giusta» .« Forse ha solo bisogno di un po’ di spazio» , suggerisco.« Glielo do lo spazio, santo cielo!» , sbotta irritata. Sostengo il suo sguardo

per un paio di secondi. « Scusa, immagino di essere solo preoccupata per lui,Coco» .« Ascolta, sta crescendo, inizia a capire le cose. E poi ha gli ormoni in

subbuglio. È normale essere un po’ tesi, no?»« Be’ , ho intenzione di prendere qualche libro e informarmi» , dice con aria

determinata.« Pensi che servirà?»« Male non può fare. Devo inventarmi qualcosa. Voglio dire, noi non eravamo

così alla sua età, dico bene?»

« Non me lo ricordo… è passato troppo tempo» , rido mestamente.« Già! Pensa, abbiamo finito la scuola quindici anni fa. È folle. Stavo pensando,

in realtà, che forse dovremmo organizzare una rimpatriata. Non abbiamo più fattoniente per il decimo anniversario» .« Non contare su di me» , dico. « E poi, non hai già abbastanza da fare?»« Su, andiamo, potrebbe essere divertente rivedere tutti! Be’ , tranne quella

vacca di Monica Molloy. Ti ho detto che mi ha chiesto l’amicizia suFacebook?»« Non mi dire!» .« E invece sì! Che faccia tosta, come se potessi mai essere sua amica dopo

quello che ha detto di me» .Monica è una nostra ex compagna di classe che aveva goduto nell’ insultarla in

modo orribile quando era rimasta incinta di Mark. Non solo, ma ci aveva ancheprovato con David. È sulla nostra lista di persone alle quali infliggeremmo unamorte dolorosa se mai ne avessimo la possibilità. Monica è in cima insieme conla suora che ci faceva fare dieci giri di campo perché non sapevamo la lezione digrammatica e l’ostetrica che pensava che dare degli analgesici a Cat mentre erain travaglio non fosse una buona idea. Se ci penso, la lista rappresenta unvariegato spaccato della società.« Quella faccia di vacca da Monica adesso vive a New York» , borbotta Cat,

socchiudendo gli occhi mentre beve un altro sorso.« Come lo sai?» , chiedo. Prima di adesso, non avevo più sentito parlare di

Monica da quando abbiamo finito la scuola e tutti si sono sparsi ai quattroventi.« L’ho cercata su Google, naturalmente» , risponde sogghignando. « Dovresti

provarci. È incredibile quello che puoi trovare sulle persone. Ho finito percercarci metà del nostro corso dell’ultimo anno» .« Non ci credo» .« Certo che sì. Alcuni hanno avuto davvero successo. Laura Mangan è

direttore generale per le relazioni aziendali in una banca di New York, e MoccioO’Brien è un pezzo grosso a Londra» .« Oh, mio Dio, Louise O’ Brien! Mi ero scordata di lei! Perché la chiamavamo

così?» . Mi scervello per cercare di ricordarmene.« Per via di Jon Jo “ Moccio” Maguire, naturalmente» .« Oh, sì! Jon Jo. Mi ero scordata anche di lui!» , rido.Jon Jo “ Moccio” Maguire aveva un naso che non smetteva mai di colare. Era

rozzo, ma Louise sembrava non farci caso: avevano passato il quinto e il sesto

anno incollati uno alla faccia dell’altro. Jon Jo ha ereditato la fattoria di famigliaqualche tempo fa, trecento acri in tutto. Non posso fare a meno di chiedermi seLouise sia dispiaciuta adesso per averlo mollato quando è partita perfrequentare l’università a Dublino.« Pensa… Hanno tutti quanti girato il mondo e noi due siamo rimaste qui,

nella piccola vecchia Dronmore…» . Per un secondo, Cat ha un’ariamalinconica.« Non lo rimpiangi, vero?» , le chiedo.Mi guarda, e quell’ombra di tristezza c’è ancora. « Non proprio, suppongo» ,

dice, ma non sembra molto convincente. « Non ti chiedi mai che altra vita avrestipotuto vivere?»« Non posso dire di sì» , rispondo con un’alzata di spalle.« Coco Swan» , dice scuotendo la testa, « non ho mai conosciuto nessuno così

attaccato al suo passato» .Arrossisco un po’ , avvertendo la critica implicita. « Ma dai. Non c’è niente di

male nell’amare il posto da cui si proviene, no?» .Cat mi sorride. « Sei sempre stata un’adorabile matta» , dice.« Be’ , tu sei sempre stata matta e basta» , ribatto, facendola ridere. È bello

vederla ridere: sembra avere così tante responsabilità che le gravano addosso.« Bene, basta con i miei figli e i miei rimpianti e tutto il resto. Dimmi di te. Cosa

succede?»« Be’ , ho delle novità a dire il vero…» . Mi sono trattenuta dal parlarle della

borsa che ho trovato perché aveva bisogno di sfogarsi riguardo a Mark, maadesso muoio dalla voglia di dirglielo.« Lo sapevo!» . I suoi occhi si illuminano eccitati. « Stai tornando insieme a

Tom, vero? L’avevo detto a David. Glielo avevo detto. “ Ci ripenserà”! Luicredeva che mi sbagliassi, ma io avevo la sensazione che…» .« Stai scherzando, Cat?» .C’è un imbarazzato silenzio adesso che si rende conto di quanto sia lontana

dalla verità.« Oh, non è così?» . Il suo viso si affloscia e gli angoli della bocca si

abbassano come quelli di un personaggio dei cartoni.« No, certo che no. Perché pensi una cosa del genere?» . Non riesco a tenere il

gelo fuori dalla mia voce.« Hai detto di avere delle novità. Immagino di aver fatto due più di due…» . I

suoi occhi si allontanano con un guizzo dai miei.« Be’ , hai fatto male i conti» .

« Scusa, ho pensato che magari avessi cambiato idea, tutto qui» .« Perché avrei dovuto?» , dico più contrariata che mai.« Be’ , la gente lo fa. Voglio dire, un sacco di coppie rompono e poi tornano

insieme» .« Non noi» , dico fermamente.« Ma… non ti manca, Coco?» , chiede scrutandomi. Cerca piccoli segnali a

conferma dell’ idea che le stia mentendo su quello che provo veramente. Catcrede di essere in grado di scoprire una bugia in dieci secondi netti, dice che ètutta questione di linguaggio del corpo.« Un po’ , certo» , rispondo con sincerità, « ma era finita da molto prima che se

ne andasse, lo sai» .Cat è sempre stata affezionata a Tom, ma in un modo distratto. Non abbiamo mai

socializzato molto come coppie, noi e loro, anche se lui e David bevevano conpiacere una birra insieme di tanto in tanto.« Ma era un così bravo ragazzo. Ed era pazzo di te» , dice. « Era un buon

partito» .« Era un bravo ragazzo, hai ragione, ma la storia aveva fatto il suo corso. Te

l’ho già detto» .« Ma se rompere fosse stato un errore?»« Non lo è stato» .« E… eventuali figli?» .Sento montare la rabbia. Comincio a stufarmi della gente che sottintende che

sarò una sterile zitella per il resto dei miei giorni. « Sì?»« Tom sarebbe stato un papà fantastico» , dice. « Gli sarebbe venuto facile come

bere un bicchier d’acqua. A volte penso che…» .« Cat» , interrompo la sua piccola fantasia, « non ho mai detto di volere dei figli.

Da quando siamo amiche mi hai mai sentito dire altrimenti?» .Si rigira lo stelo del bicchiere tra le dita, e poi sbotta: « È solo che a volte

sembra…» . Si interrompe bruscamente.« Sembra cosa?» , voglio sapere.« Niente. Non sono affari miei. Me ne tengo fuori» .« Oh, santo cielo, dillo e basta. La mia pazienza inizia a esaurirsi» .« Ok. Non prendertela se te lo dico, ma a volte penso che tu abbia paura di

uscire dal tuo ambiente sicuro» .« No, non è vero» .« Dici? Pensaci, Coco. Tom era un bravissimo ragazzo e ti adorava. So che

trasferirsi dall’altra parte del mondo era una prospettiva spaventosa, ma poteva

essere una grande avventura. Non puoi nasconderti in quel negozio persempre» .« Non mi sto nascondendo nel negozio» .« No?» . Mi guarda fisso e, per qualche ragione, non riesco a sostenere il suo

sguardo.« Non voglio parlarne più» , dico, sentendomi le guance in fiamme. Cat sarà

anche la mia più vecchia amica, ma a volte passa il segno.« D’accordo» , sospira. « Se è questo che vuoi. Spero solo che tu non abbia

rimpianti, ecco tutto» . Prende la bottiglia e riempie i nostri bicchieri.« Ricominciamo» , dice sorridendomi. « Qual è la tua novità?» .Infilo la mano nella tracolla per tirarne fuori la borsa, anche se non posso

soffocare la sensazione che la grande rivelazione sia stata un po’ rovinata datutto questo parlare di Tom. Quando estraggo l’elegante 2.55 dalla suacustodia, tuttavia, la reazione di Cat è teatrale al punto giusto.« Cavoli!» , dice senza fiato e con gli occhi sgranati, come il personaggio di

una pantomima. « Gesù! Ma è autentica?»« Ne siamo piuttosto certe, sì» , rispondo, gustandomi il suo choc. « L’ho

comprata qualche giorno fa a un’asta. Era sul fondo di uno scatolone dicianfrusaglie. Siamo quasi sicure che sia una Chanel vintage» .« Oh, mio Dio! Che cosa fantastica! Ucciderei per averne una!» . Mi metto a

ridere e lei mi afferra per un braccio. « Sul serio» , dice. « Ucciderei nel verosenso della parola, perciò farai meglio a stare attenta quando torni a casa.Potresti ricevere un misterioso colpo in testa e svegliarti a mani vuote» .« Be’ , non sono sicura che la terrò» , dico.« Cosa? Perché no?»« Mi sento in colpa» , sospiro. « O, meglio, Ruth mi sta facendo sentire in

colpa» .« In colpa?» , dice Cat. « Sei matta? Perché dovresti sentirti in colpa?» .Vorrei non sentirmi in colpa, ma è così. Avrò anche trovato una vera borsetta di

Chanel e questo sarà anche il genere di cose di cui sono fatti i sogni – per lomeno i miei – ma so di non poterla tenere e godermela. E se qualcuno la stessecercando affannosamente e fosse a lutto per la sua perdita?« Be’ , è ovvio che sia finita in quello scatolone per sbaglio» , dico

rigirandomela nelle mani. È davvero un oggetto squisitamente bello.« Be’ , sì, è ovvio. E allora?» , ribatte lei.« Non so se posso vivere con l’ idea che manchi a qualcuno» .« Gesù, Coco, sei una donna d’affari. Non puoi farti coinvolgere nella vita

degli altri in questo modo… non ha senso. Voglio dire, chi lo sa da dove vienequesta borsa? Ma non è un tuo problema!» .« Ruth pensa di sì» .« Ma è una sciocchezza. Non sei responsabile di quello che gli altri fanno con

la loro roba» .« E se qualcuno la stesse cercando?»« Se fosse così, sarebbero andati a bussare alla porta della casa d’aste, no?

Avrebbero già cercato di rintracciarla, questo è sicuro» .Forse ha ragione. È passato qualche giorno dall’asta, dopotutto, e Hugo tiene

nota di tutti gli acquirenti.« Può essere» , rispondo dubbiosa.« Io dico di tenertela» , dice. Me la toglie di mano e la solleva. « È

semplicemente stupenda… avresti dovuto avere una borsa del genere anni fa.Dicevamo sempre che avevi bisogno di una Chanel per abbinarla al tuo nome,no? Vuoi sapere cosa penso che sia? È il Destino, Coco. E non ci si puòopporre al Destino, giusto?» .Penso a come mi sono sentita quando avevo la borsa sulla spalla… quello era

il Destino. Ma tenerla può essere la cosa sbagliata da fare.« Sì, potrebbe essere il Destino, suppongo. O la sfortuna di qualcun altro» ,

dico.« Naa, al diavolo. È il Destino. Questa borsa ha il tuo nome sopra, è destinata a

te. Io dico di godertela!» .« Tu lo faresti!» , dico ridendo.« Dio, un giorno mi concederò una di quelle piccoline. Quanti anni pensi che

abbia?» . Solleva la borsa per osservarla.« Be’ , le prime furono fatte nel febbraio 1955, ecco perché si chiamano 2.55.

Pensiamo che questa possa essere una delle prime versioni, potrebbe essereaddirittura un prototipo. L’abbiamo cercata in alcuni vecchi libri su Chanel cheaveva mamma» .« Cavoli, c’è da impazzire!» .« Già, e hai visto lo scompartimento segreto all’ interno? Chanel lo creò per

tenervi le sue lettere d’amore… o così dicono» .« Oh, Dio… che cosa romantica, vero? Cioè, chi scrive più lettere d’amore?

Non riesco a ricordare l’ultima volta in cui David mi ha mandato un smsmelenso! E per quanto riguarda un messaggino a sfondo sessuale, be’ , stoancora aspettando» .« Cat!» , ridacchio. « Da quando in qua ti interessa il sesso telefonico?» .

Mentre parliamo, le sto mostrando l’ interno della borsa quando noto che la zipdello scompartimento in questione è leggermente aperta. Cerco di chiuderla ma,nel farlo, sento qualcosa spostarsi sotto il tessuto. Guardo con più attenzione.« Cosa c’è?» , chiede Cat.« C’è qualcosa qui dentro. Non me n’ero accorta prima…» .Infilo il dito nella tasca, tocco un pezzo di carta e lo tiro fuori delicatamente. È

sottile, quasi trasparente ed è stato ripiegato parecchie volte. Non mi meravigliache mi sia sfuggito prima: è leggero quasi come una piuma.« È una lettera?» , sussurra Cat. « Non ci credo. Cosa dice?» .Spiego il foglietto lentamente e con cautela.« Sbrigati e leggilo, per la miseria!» , mi incalza.« Non sono sicura che dovrei. Magari è una cosa riservata» .« Non essere stupida!» , dice Cat. « Devi leggerlo. E se tu non vuoi, allora lo

faccio io. Dammelo» .« No» . Me lo stringo al petto. « L’ho trovato io e lo leggo io» .« Muoviti, allora… cosa aspetti? Un segno? Gesù, potrebbe essere una vera

lettera d’amore!» . Non riesce a stare ferma per l’eccitazione e ho paura che mistrapperà il fragile foglietto dalle mani.« Va bene, va bene, dammi un secondo» . Faccio un respiro profondo e inizio a

leggere la larga e ferma grafia.

novembre 1956Tesoro mio,

dal primo momento che ti ho visto, ho saputo senza ombra di dubbio che eri l’amore dellamia vita. Ho guardato nei tuoi bellissimi occhi azzurri, così teneri ed espressivi, e il miocuore è diventato tuo per sempre. È stato come se ci fossimo incontrati tante lune fa, comese fossimo due anime che si erano conosciute in un’altra vita. Il tempo trascorso insieme èstato preziosissimo, tesoro mio, e troppo breve. Mentre scrivo mi si spezza il cuore perchéoggi saremo divisi. Questa lettera è il mio modo di dirti addio.

Ti prego, sappi che, con ogni fibra del mio essere, voglio stare con te, stringerti forte tra lebraccia e non lasciarti mai andare, ma non posso. Sappi che non ti dimenticherò mai,perché tu sei il mio cuore. Come posso dimenticare il mio stesso cuore?

Prego che un giorno, in qualche modo, saremo di nuovo insieme e che terrò ancora la tuamano nella mia.

Per sempre tuo x

« Oh, mio Dio!» , esclama Cat. « Amanti sventurati. Che cosa tragica!» .« Non c’è firma» . Giro la lettera, ma non c’è niente neanche sul retro.

« Colei che possedeva questa borsa deve essere stata una donna tale da ispirareuna lettera del genere» , continua Cat. « Si sente proprio la passione nelle paroledi lui, vero? È così triste» .« Chissà perché ha dovuto lasciarla» . Rigiro la lettera alla ricerca di qualche

indizio. Ma non c’è niente. Da quanto tempo era nella borsa? Impossibile dirlo.Non c’è niente su cui basarsi, niente che indichi chi l’ha scritta… solo quellebrevi, dolorose frasi.« Guarda quanto è vecchia e ingiallita la carta» , dice Cat. « È stata lì dentro per

anni, magari da quando è stata scritta. Deve averla portata ovunque con sé.Chissà se siamo le prime persone a leggerla dopo di lei» .« Cosa dovrei farne?» , mi chiedo perplessa. « È così… personale» .Cat ha uno sguardo trasognato negli occhi. « Pensi che si siano mai

riconciliati? Chissà se è mai tornato da lei» .La mia mente è un turbinio di pensieri. La lettera è così intima e toccante, e mi

sembra un po’ strano entrare nella vita di queste persone. È come leggere ildiario segreto di qualcuno: sai che non dovresti ma semplicemente non riesci afarne a meno.« Dio, erano così romantici a quei tempi, vero?» , continua Cat. « Proprio come

nei film. Adesso l’ idea di romanticismo della maggior parte degli uomini èlasciarti il telecomando» .Ridacchio… ha ragione. C’è qualcosa di innegabilmente antiquato nei

sentimenti: quel genere di romanticismo non esiste più o, se c’è, non l’ho maiprovato.« A che pensi adesso?» . Cat mi fa una smorfia.« Cosa vuoi dire?» . So già cosa sta insinuando.« Non riesci mai a nascondere quello che provi, Coco Swan. Ce l’hai scritto in

faccia! Ti senti ancora più in colpa adesso, dico bene?» .La guardo e poi riabbasso gli occhi sulla borsa che ho in mano. « Forse» ,

ammetto.« Ascolta, solo perché hai trovato la lettera, non vuol dire che non dovresti

tenere la borsa, ok? Non significa niente!» .Annuisco, ma dentro di me non sono d’accordo con lei. E se il fatto che abbia

trovato la borsa, la lettera, significhi qualcosa? E se significasse più di quantoabbia mai immaginato?

Capitolo 5

Il mattino seguente, Ruth è seduta di fronte a me in negozio e la lettera che hotrovato nella borsa è sul bancone tra di noi. Dopo aver lasciato Cat, sono corsaa casa morendo dalla voglia di dirlo a Ruth, ma ho trovato solo un biglietto incui mi diceva che non sarebbe tornata e che, se avevo bisogno di lei, potevocercarla sul cellulare. Nessuna spiegazione su dove era andata, anche seimmagino fosse con Karl, a fare… qualunque cosa facciano. Mi sono dovutatrattenere dal chiamarla ed esigere il suo immediato ritorno per dirle cosa avevotrovato.« Allora, cosa ne pensi?» , le chiedo adesso, bevendo un sorso di tè dalla mia

tazza vintage preferita, quella color panna con le roselline.« Sono ancora un po’ sconvolta da tutto quanto» , risponde.« Lo so! È una follia, vero? Cioè, prima trovo la borsa in fondo a uno scatolone

di ciarpame… e adesso questa… non ci capisco più niente» .« Devo dire che non mi è mai capitato niente del genere in tutti gli anni di

lavoro in questo campo» , dice Ruth. « Sì, si trovano cose, vecchie foto su cui tifai domande, scritte nei libri che ti fanno pensare. Ricordo una volta in cuitrovai un orecchino di diamanti di grande valore, solo uno, nella tasca di unavecchia pelliccia che avevamo preso. Ma questo… questo è diverso» .« Mi chiedo perché sia stato costretto a lasciarla» , rifletto. « C’era una guerra

da qualche parte nel 1956? Forse era un soldato e doveva andare all’estero percombattere» .« Be’ , la crisi di Suez è stata all’ incirca in quel periodo, perciò è possibile,

immagino» , dice pensierosa Ruth. « Credo che a questo punto non lo sapremomai…» .« E lei ha tenuto la lettera nella borsa per tutto quel tempo… deve averlo amato

moltissimo» , dico.Il silenzio cala pesante su di noi… il non detto aleggia nell’aria. Cosa ne farò

di queste cose? Posso tenere la borsa e ignorare quello che vi ho trovato?Sarebbe etico? Per qualche motivo, mi ritrovo a pensare di nuovo a mia madre.Cosa avrebbe fatto? Per lei trovare una borsa di Chanel sarebbe stata larealizzazione di un sogno. Riesco quasi a sentire la sua voce nella testa, mentremi promette di regalarmene una un giorno. È troppo sciocco pensare che inqualche modo mi abbia mandato questa? È troppo fantasioso credere che trovare

questa borsa possa essere una specie di messaggio da parte sua?« Mi sento molto strana riguardo a tutta questa faccenda» , dico alla fine.« Lo credo bene, cara» , dice Ruth. « È naturale che abbia suscitato un sacco di

interrogativi… prima trovi la borsa, e adesso anche la lettera. È parecchio dadigerire» .« Cosa pensi che dovrei fare?»« Tu cosa pensi di dover fare?»« Dovrei rintracciare la proprietaria di questa borsa, chiunque sia, e

restituirgliela» .Le parole mi escono dalla bocca prima ancora che il cervello abbia elaborato

quello che sto dicendo. Devo trovare la proprietaria della borsa. Non ho idea dicome la borsa sia finita in una scatola di robaccia senza valore, ma non puòessere accaduto di proposito. Evidentemente è stata inclusa nell’asta persbaglio. E poi, adesso che ho trovato una lettera così personale e piena disentimento, non posso non fare niente. Quella lettera significava così tanto peruna donna da spingerla a portarla nella borsa per decenni. Sarebbe una crudeltàignorare questo fatto. Se mia madre sta cercando di mandarmi un messaggio, nonsono del tutto sicura di averlo capito. Ma forse, se trovassi la proprietariaprecedente, tutto diverrà più chiaro. Sembra un po’ folle, ma non posso fare ameno di sentire che questa teoria non è del tutto sbagliata.« Brava ragazza» . Ruth mi sorride.« Pensi che faccia bene?» , domando.« Sì, Coco, lo penso. Dovresti seguire il tuo istinto. È l’unica cosa da fare.

Vorrei solo essermi attenuta a questa regola durante la mia vita…» . Aggrotta lafronte e distoglie lo sguardo.« Cosa vuoi dire?»« Oh, è solo che a volte penso che se avessi insistito affinché tuo nonno

andasse prima dallo specialista, come mi diceva l’ istinto, magari nonsarebbe…» .« Non essere sciocca. Non puoi biasimare te stessa perché il nonno si è

ammalato» .Mi sorride, ma vedo l’autentica tristezza e il rimpianto nei suoi occhi. « Sì, lo

so. Intendo solo che seguire ciò che ti dice l’ istinto non è mai sbagliato. E poi,sai che non riuscirai mai a goderti la borsa adesso che ci hai riflettuto sopra inquesto modo. Se la tieni, ti terrai anche il senso di colpa. Ormai non avrebbesenso» .« Potrei imparare a conviverci» , dico sorridendole. Il pensiero di restituire un

cimelio tanto bello mi spezza un pochino il cuore.« Ne dubito, tesoro» .« Vorrei non avere il gene del senso di colpa» , sospiro. « Ha saltato la

mamma… com’è che lo ereditato io?» .C’è di nuovo un istante di silenzio mentre riflettiamo sulla verità di questa

affermazione. Mia madre non credeva nel senso di colpa. Era uno spirito libero,non era vincolata alle convezioni sociali. Ecco perché quando rimase incinta dime, dopo mesi che era lontana, non provò alcuna vergogna nel tornare nella suapiccola città natale.Secondo come la racconta Ruth, si presentò un giorno, dopo che non la

vedevano da circa sei mesi, con un pancione enorme e una valigia in mano. Ruthe il nonno rimasero senza parole per lo choc, naturalmente, perché mia madre nonli aveva preparati. Lei finì all’ istante sulla bocca di tutti in paese, ma non cibadò. Non sentì mai l’esigenza di giustificarsi con qualcuno. Si sistemò invecenella sua vecchia stanza sopra al negozio, la stanza in cui nacqui io. L’unicaspiegazione che diede a Ruth fu che ero stata concepita nell’amore, ero ilrisultato, disse, di un’avventura appassionata con un meraviglioso francese.Non c’è modo di conoscere la verità, tuttavia, perché mia madre morì prima chepotessi chiedergliela. Potrei essere il risultato di una storia di una sola notte,per quello che ne so. A ogni modo, Ruth dice sempre che per mia madre è statoamore a prima vista quando sono nata, ma, anche in questo caso, non c’è il mododi conoscere la verità. Se mi amava così tanto, perché era felice di passare tuttoquel tempo lontana da me?Per certo so solo che a mia madre non importava cosa pensava la gente.

Neanche un po’ . Dopo la mia nascita, continuò semplicemente a vivere la suavita come voleva: facendo la spola con la sua amata Francia, alla ricerca di tesoriper il negozio. Scovare oggetti insoliti era la sua passione ed era felice dilasciarmi a Dronmore, a volte per settimane di fila, mentre setacciava i mercatinidell’antiquariato e spediva a casa i suoi ritrovamenti.Al tempo la cosa non mi piaceva né la comprendevo, e non sono sicura di

riuscirci adesso. Ma mia madre era fatta così. Per lei la vita era una grandeavventura e andare a caccia in giro per l’ Europa era la sua idea di paradiso. Allafine, la sua amata Francia l’ha rivendicata per sé. Fu travolta e uccisa in unastrada di Parigi quando avevo tredici anni, e io fui per sempre privata di miamadre. Ruth afferma che, prima di morire, stava pensando di tornare a casadefinitivamente, di passare più tempo con me. Ma, anche in questo caso, non c’èmodo di conoscere la verità. Mia madre non mi ha mai detto niente a questo

proposito.Volgendo di nuovo lo sguardo verso Ruth, relego il pensiero della morte di

mia madre, come faccio sempre, a un posto della mente con cui non ho molto ache fare. Resta nell’ombra con la rabbia derivante da fatto che, se mi avesse amatadavvero, non mi avrebbe lasciata, che sarebbe stata felice al negozio insieme anoi, senza vivere folli avventure né inseguire arcobaleni.« Tua madre avrebbe amato quella borsa» , dice dolcemente Ruth, facendomi

tornare al presente.« Già» , concordo. « Sicuro» . Anche se adorava qualsiasi cosa di Chanel e

spesso diceva che un giorno mi avrebbe regalato una borsa, non ne ha mai avutouna tutta sua.« Ricordo quando mi disse che voleva chiamarti Coco…» , continua Ruth.« …e tu le hai detto che era fuori di testa» . Rido. Ho sentito questa storia

miliardi di volte.« E lei disse che ti serviva un gran nome perché avresti fatto grandi cose» , mi

corregge Ruth.« Se solo avesse saputo quanto si sbagliava su questo» , dico.« Coco!» . Ruth mi guarda con severità. « Tu farai grandi cose… abbi un po’ di

fiducia in te stessa» .« Be’ , non sono riuscita ad andare molto lontano, no?» . Non sto scherzando

del tutto. Anche se sono molto soddisfatta di dove sono, la verità è che vivonello stesso paesino da quando sono piccola e lavoro con mia nonna. Non stoesattamente facendo faville. Mi balzano in mente le parole di Cat a proposito delfatto che mi nascondo, che ho paura di uscire dal mio ambiente protetto. Avevaragione?Ruth mi sta guardando in modo strano e mi rendo conto che forse ho ferito i

suoi sentimenti. È stata così buona con me. Non deve essere stato facileaffrontare la morte della propria figlia e doversi prendere cura di un’adolescentee poi di un marito malato. Per di più, mi ha nuovamente accolta a braccia apertequando Tom è partito, nonostante sia entrata a gamba tesa nella sua privacy… enella sua relazione segreta con un toy boy.« Hai fatto parecchio, in realtà» , dice con lo sguardo luminoso. « E penso che

farai ancora di più. So che sei destinata a sorprendere te stessa in un sacco dimodi inaspettati, Coco Swan. Ricordati queste parole» .Le sorrido riconoscente per avermi cavata dall’ impaccio, come fa sempre

quando provo un po’ di dispiacere per me stessa. Ruth non è perl’autocommiserazione, ha l’atteggiamento più propositivo ed energico che

conosca. Ecco un’altra caratteristica Swan che sembra avermi saltata: il genedella dinamicità.« Chissà cosa ne avrebbe fatto la mamma» . Do un altro colpetto alla borsa.« So esattamente cosa avrebbe fatto» , dice Ruth. « Avrebbe decisamente cercato

di rintracciare la proprietaria. E avrebbe sperato nella conclusione più teatralepossibile!» .Rido ironicamente. Ha ragione. A mia madre piacevano le belle storie, questo

lo so per certo.« Non voglio dirle addio» , dico, accarezzando tristemente la borsa. È davvero

bellissima e vorrei tanto tenerla. Ma non posso. Soprattutto adesso.« Lo so, amore, ma è la cosa giusta da fare» , dice Ruth. « Quella lettera deve

significare un sacco per la proprietaria di quella borsa… merita di riaverlaindietro» .« Parlerò con Hugo questo pomeriggio» , dico.« Brava ragazza, cogli l’attimo!» , dice Ruth. « Ma scommetto che non gli farà

piacere» .« Lo credo bene. Sarà livido quando scoprirà che gli è sfuggita una borsa

Chanel autentica. Avrebbe potuto ricavarci una commissione molto piùgrossa» .« Oh, in fondo è un micione. Devi solo lusingarlo un pochino. Lavora con

quello che hai, Coco… te lo dico di continuo. Rispolvera le tue arti femminili efa prendere loro un po’ d’aria!» .Sembrano le parole di Cat. A volte penso che quelle due vogliano a tutti i costi

unire le forze e infilarmi in un tubino nero e tacchi alti.« Sì, ben detto» , ribatto. « Il problema è che anche quel gene mi ha saltata!» .

Più tardi quel pomeriggio, sono nella casa d’aste Maloney’s, dove hospiegato la faccenda a Hugo. Esattamente come avevamo immaginato, non ne èfelice.« Tu hai trovato una borsa di Chanel in quelle scatole?» , dice restando a bocca

aperta. « E che cazzo!» .È furioso, proprio come previsto. Sapendo quello che sa adesso, probabilmente

avrebbe mandato la borsa a Dublino per includerla in una venditaspecializzata… magari addirittura a Londra.« È stata pura fortuna, Hugo» , dico, di nuovo a disagio per tutto quanto. Non è

che gli abbia gettato deliberatamente fumo negli occhi, eppure non posso fare ameno di sentirmi un po’ in colpa.

« E sei sicura che sia autentica?» , domanda, senza prendersi il disturbo dinascondere il fastidio. Una rosea vampata di irritazione gli è risalita dalmassiccio collo alle guance e sembra non volersi fermare.« Alquanto sicura, sì» , replico.« Non ci posso credere, cazzo! Danielle! Danielle, vieni qui!» . In risposta al

suo sbraitare, una ragazza arriva a grandi passi dall’ufficio, senza troppa fretta,bisogna dire. È quella che l’altro giorno mi ha dato il numero per partecipareall’asta… e mi ha detto che non ero per niente come Coco Chanel. Oggi ha icapelli raccolti in cima alla testa in un nodo disordinato che sembra semplice,ma che deve aver richiesto secoli per essere perfetto. Indossa un largo maglionenero di acrilico e le gambe, sottili come giunchi, sono coperte da leggins amotivi aztechi e sciatti Ugg falsi.« Mi hai chiamata?» , domanda a Hugo, con la stessa espressione rigida e

annoiata che ricordo aveva all’asta.« Sì, maledizione» . Hugo a questo punto è paonazzo di rabbia; le sue narici

fremono. « Hai passato in rassegna tutto quello che c’era nelle scatole primadell’asta, come ti avevo detto?» .Lei lo guarda con aria assente. « Quali scatole?» .Hugo fa un profondo respiro, evidentemente sforzandosi di non darle uno

scappellotto. « Le scatole che sono arrivate con il lavamani in marmo» .« Sì, ci ho guardato dentro» , risponde lei circospetta.« Allora, se le hai controllate come si deve, com’è, nel buon nome di Dio, che ti

è sfuggita questa?» .Indica la borsa che ho in mano e la ragazza resta a bocca spalancata. « È

autentica?» , farfuglia con gli occhi sgranati. Malgrado il suo aspetto, si vedeche ama la moda: la riconosce all’ istante. Immagino che sia il tipo che spendel’ intera paga per un paio di Louboutin per poi vivere di patatine per un mese.« Sì che è autentica, maledizione» , le urla. « E se avessi saputo che era lì

dentro, sai dirmi cosa ne avrei fatto?» .La ragazza guarda me, poi lui e poi di nuovo me, senza dire nulla.« Te lo dico io, te lo dico. Avrei ricavato un profitto. Un bel profitto, grazie

tante!» .« Mi dispiace» , mormora lei con gli occhi ancora incollati alla borsa.« È giusto che ti dispiaccia» , infierisce Hugo. « Che non accada più» .« Devi restituirla?» , mi chiede la ragazza. Vedo il lavorio della sua mente: sta

pensando che se lo faccio potrebbe cercare di metterci le mani sopra.« Con il cazzo che deve!» , ruggisce Hugo. « L’ha acquistata legalmente, grazie

a te!» .« Oh. Giusto» .La ragazza si allontana e Hugo fa un sospirone. « Dio, è un caso disperato.

Assolutamente disperato. La figlia di mia sorella… poche idee ma confuse» .Scuote la testa sconsolato.« Magari migliorerà» , lo incoraggio.« Ne dubito. Sua madre è uguale a lei… una vera incasinata, ecco cos’è. Ma

questa è un’altra storia» . Sospira di nuovo. « A ogni modo, vuoi sapere a chiapparteneva, vero?» . Indica la borsa.« Sì» .« Perché?»« Cosa?» . Lo guardo confusa.« Perché? Perché vuoi saperlo? L’hai avuta legalmente, per quanto mi uccida

ammetterlo. È stata pura fortuna, come dici tu. Perché ti interessa a chiapparteneva? Non ha niente a che fare con te» .« Ma deve essere finita lì dentro per errore, Hugo» , dico.« E allora? Non dirmi che hai intenzione di restituirla! Sei matta?»« È solo che non mi sembra giusto tenerla» , mormoro. Sto ancora cercando di

decidere se dovrei parlare della lettera o meno. È una cosa così personale, sembrasbagliato raccontarlo in giro.« Non puoi essere tenera in questo campo, Coco, lo sai» , dice spazientito.

« Devi diventare più tosta o la gente ti metterà i piedi in testa. Prendi me, peresempio» . Si batte il petto.« Cioè?»« Se la gente pensasse che sono uno zerbino, se ne approfitterebbe. È la natura

umana. Ecco perché cerco di non cedere mai» .« Ma magari qualcuno sta cercando questa borsa, Hugo… non doveva trovarsi

in quella scatola, lo sappiamo tutti e due. Non mi sembra giusto tenerla, è uncattivo karma» .« No, non è così» . Scuote la testa. « Nessuno la sta cercando» .« Come fai a saperlo?»« Perché la cara vecchina a cui apparteneva è due metri sotto terra, Coco. Ha

tirato le cuoia qualche mese fa, ho saputo» .« Oh» . Mi sento tutt’a un tratto sgonfia. La donna che possedeva questa borsa

è morta… questo non me lo aspettavo.« Già. Com’è che si chiamava?» . La fronte si aggrotta mentre pensa. « Tatty

qualcosa…» .

Tatty. Allora era questo il suo nome. Cerco di immaginarmela. Dove viveva?Che aspetto aveva? Tornò mai insieme all’ innamorato che le aveva scrittoquella lettera straziante?Hugo sta ancora parlando. « A quanto pare era molto agiata, ma non aveva

famiglia. È stato Dermot Browne a organizzare la vendita della sua roba…coglione che non è altro» .« Chi è Dermot Browne?»« Quel damerino del suo avvocato. Bastardo di uno sciacallo. Mi ha fatto una

menata sulla mia commissione. Dio, questo mestiere… deve esserci un modo piùfacile per fare soldi» . Emette di nuovo un pesante sospiro.Non ho mai sentito parlare di Dermot Browne, ma è chiaro che non scorra buon

sangue tra lui e Hugo.« Quindi non aveva nessun parente?»« È quello che ha detto lui. Il bastardo ha tenuto tutta la roba migliore a

Dublino, naturalmente. A noi sono toccate solo le briciole che hanno fattostorcere il naso ai signori di città» .« Bene, quindi si è trattato di una liquidazione di beni… è stato venduto tutto

in una sola volta dopo che è morta?»« Sì. Noi quaggiù siamo i poveri cugini di campagna» , continua. Nella sua

voce c’è vera amarezza. « Non abbastanza bravi per vendere i pezzi dacollezione, a quanto sembra. Be’ , buona fortuna agli amici di Dublino, cheposso dire? Hanno toppato, però, quando hanno sottovalutato quella borsa…gli sta bene» . A questo punto ridacchia, come se si stesse godendo un pochinola situazione, nonostante ci abbia perso anche lui. « La cosa buffa è che tutti iprofitti della vendita andranno in beneficenza. Che dannato spreco» .« Beneficenza?» , domando. « Perché l’ha fatto?»« Non aveva figli, perciò ha deciso di donare tutti i proventi, così ha detto

Browne. È folle quello che fa la gente» .« Sì… folle» , ripeto.Mi stringo un po’ di più la borsa contro il fianco, sentendo il bisogno di

proteggere quello che c’è dentro. Quindi Tatty è morta da sola, senza unafamiglia a cui parlarne. Cosa ne è stato del suo amore perduto? A quanto parenon lo scoprirò mai.« A titolo di informazione, sai di che ente benefico si tratta?» , chiedo.« Non ne ho idea» , risponde Hugo sbrigativo. « Sarebbe confidenziale» .« Capisco» . Sono un po’ scoraggiata dal fatto che non ne sappia di più. La

pista è diventata fredda.

« Allora… come se la passa Ruth?» , domanda Hugo.« Sta benone» , rispondo, cercando di pensare alla mossa successiva. Dovrei

mettermi in contatto con questo Dermot Browne? Dovrei dimenticarmi di tuttala faccenda e tenermi la borsa? Non c’è bisogno che qualcun altro sappia cosa ciho trovato dentro, dopotutto. Ho fatto la cosa giusta, sono tornata qui e hocercato di restituire la borsa alla sua proprietaria. Ma se la signora a cuiapparteneva è venuta a mancare, allora cambia tutto, no? Forse Cat ha ragione,forse dovrei cercare di dimenticare la lettera e godermi semplicemente la fortunadi aver trovato la borsa. Mi piacerebbe tanto farlo, ma c’è qualcosa che ancoranon quadra. Riesco quasi a sentire nella mente mia madre che dice di andareavanti, di continuare a indagare.« Ruth è una donna incredibile» , dice Hugo, facendo un piccolo fischio.

« Incredibile» .« Sì, certo» , dico assente. Avevo quasi dimenticato che Hugo è un altro dei

suoi ammiratori.« Da quant’è ormai che è morto tuo nonno?»« Quasi quattro anni» .« Quattro anni…» . La sua voce si affievolisce. « Era un gentiluomo, tuo

nonno» .« Sì, lo so» . Il nonno era un gentiluomo vecchio stile. Aveva bellissimi modi e

non avrebbe fatto male a una mosca. Mi duole il cuore quando penso a come ilParkinson abbia privato lui e noi di così tanto.« Quanto amava gli orologi! Ho perso il conto di quelli che gli ho venduto nel

corso degli anni. Ricordo una pendola che doveva assolutamente avere…superò quattro altri offerenti per aggiudicarsela, altroché» .« Ce l’abbiamo ancora in negozio» . Il bellissimo orologio di quercia è dietro

al bancone e segna il tempo con un melodioso scampanellio ora dopo ora.« Davvero?» . Appare sorpreso e so perché: quell’orologio potrebbe facilmente

superare le quattro cifre se lo vendessimo.« Sì, Ruth dice che non lo venderà mai. Sai com’è» .La pendola è uno dei suoi beni più preziosi, e lo stesso vale per me. Ogni

giorno la guardo e penso al nonno.« Sì, lo so» . Si schiarisce la voce. « Quindi hai intenzione di tenerla?» . Con la

testa fa cenno alla borsa.« Non lo so» , rispondo in tutta sincerità. « Mi dai il numero di

quell’avvocato? Magari gli faccio uno squillo» .In una frazione di secondo prendo una decisione. Non posso lasciar cadere la

cosa, devo saperne di più. Mi ci sento quasi costretta, anche se non so spiegareperché.Hugo aggrotta la fronte. « D’accordo, ma, per amore del cielo, non dirgli della

borsa. Probabilmente salterebbe su quella sua Mercedes, guiderebbe finquaggiù e cercherebbe di riprendersela» .« Non lo farò. Mi inventerò una scusa, non temere» . Sono certa che mi verrà in

mente qualcosa.« Eccolo qui» . Fa scorrere la rubrica del telefono e mi dà il numero. « Che cosa

buffa, no?» , dice mentre finisco di memorizzarlo nel mio cellulare.« Perché?»« Be’ , tu ti chiami Coco e la borsa è di Coco Chanel. Forse è stato il destino a

fartela trovare… voglio dire, praticamente c’è il tuo nome stampato sopra» .È quello che ha detto Cat, ed è stato ciò che ho pensato all’ inizio: la borsa era

destinata a me. Ma quello che vi ho trovato dentro ha cambiato le cose.« Forse» , dico. « Ma…» .« Hugo!» . La ragazza esce dall’ufficio con un telefono all’orecchio.« Cosa c’è, Danielle?» , le risponde urlando anche lui, di nuovo scontroso.« Sai quell’armadio che abbiamo venduto la settimana scorsa?»« Quale?» . Alza gli occhi al cielo.« Ehm, quello davvero grosso? Ho il cliente al telefono, dice che gli è arrivato

a casa ma non riesce a farlo passare dalla porta» .« Non è un mio dannato problema!» , ringhia Hugo. « Ma la gente non può

misurare i cazzo di mobili prima di comprarli?» .La ragazza fa spallucce e gli porge il telefono. Sta a lui risolvere il problema,

non a lei.« Oh, porca miseria. Scusa, Coco. Ci vediamo un’altra volta. Salutami Ruth» .« Ok. Grazie, Hugo» .Con un ultimo e breve cenno del capo, si allontana da me a grandi passi,

borbottando sotto voce e lasciandomi con la borsa e la lettera segreta chesembra quasi pulsare all’ interno.Non posso arrendermi adesso. Devo saperne di più, e Dermot Browne può

essere l’uomo che ha le risposte.

Capitolo 6

Questa deve essere la mia peggior decisione di sempre.« Io voglio una giraffa!» .« Io voglio un pitone!» .« Io voglio un’ iguana!» .Sono in una sala ricevimenti del Central Hotel, circondata da quelle che

sembrano centinaia di bambini urlanti, impegnata a gonfiare quello che pare ilmilionesimo palloncino della giornata. Non riesco a credere di averacconsentito a sostituire il clown quando l’animatore che Cat aveva ingaggiatoper il party dei gemelli ha dato forfait.« Ti prego, Coco» , ha implorato quando mi ha chiamata nel panico totale. « Ho

prenotato un fotografo professionista per scattare le foto della festa per la nuovabrochure dell’albergo. Voglio mostrare a tutti quello che possiamo fare… devoavere un clown» .« Ma non saprei proprio cosa fare» , ho risposto, desiderosa di tirarmene fuori a

tutti i costi.« Non hai bisogno di sapere niente, giuro. Io penso al costume, tu devi solo

gonfiare dei palloncini, magari raccontare qualche barzelletta. Ti preeeego» .Ovviamente ho ceduto. E adesso le tempie mi pulsano e il cuoio capelluto mi

prude così terribilmente sotto la parrucca arancione che vorrei solo strapparmelae infilare la testa sotto un tubo per innaffiare. « Ok» , dico alla folla di bambiniurlanti, digrignando i denti mentre sorrido. « Chi è il prossimo?»« Ioooo!» , gridano all’unisono, un mare di faccine paffute, tutte decise ad avere

la meglio. Sono così esigenti e non vogliono semplici bassotti, oh no, soloanimali rari e specie estinte. Faccio un profondo respiro e cerco di concentrarmidi nuovo. Farò qualche altro palloncino e poi passerò a truccare le facce. Èrimasta un’oretta prima che i genitori vengano a riprenderseli. Ma, Dio, fa caldo.Il costume da clown mi si è appiccicato alla schiena, il poliestere multicolore èviscido sulla pelle. Mi sembra di arrostire viva. E il dannato fotografo non èneanche qui. Non c’è via di fuga.« C’ero prima io!» . Un bimbo grassottello si fa largo verso di me, con le braccia

incrociate sul petto, su cui campeggia un’ immagine di Ben 10, e il labbroinferiore in fuori.

« Non è vero!» , ruggisce una bimba con le lentiggini e la felpa di Doral’Esploratrice.« E invece sì!» , urla lui.Nel giro di un secondo, sono naso contro naso, come due bulldog in procinto

di battersi.« Su, ragazzi» , dico con calma, « non serve litigare. Tutti ne avranno uno» .

Gesù, ci vorrebbero le Nazioni Unite per gestirli. Essere madre è davvero così?Perché se lo è, decisamente non sono tagliata per il ruolo.« C’ero prima io!» , insiste di nuovo il bambino.« No, non c’eri tu!» , squittisce la bambina e a quel punto, proprio davanti ai

miei occhi, si sporge e gli affonda con gusto i denti nel braccio.Tra gli altri bambini si diffonde un rantolo collettivo, seguito da un secondo di

silenzio. Poi il bambino inizia a urlare a pieni polmoni. La bambina si faindietro, scuote i codini e sembra molto soddisfatta di sé.Merda.« Su, su» , dico, accarezzando inutilmente la testa del bambino. « È tutto a

posto» .« Mi ha morso!» , frigna e i suoi lamenti crescono di volume e intensità.« So che l’ha fatto e non è stata una cosa carina. Devi chiedere scusa,

signorina» , mi rivolgo severamente a lei.« No!» . La bimba sporge il mento in fuori e mi squadra. Ormai il bambino è

diventato cianotico per il tanto gridare e non so proprio cosa fare. Non c’èsangue, ma il segno del morso è chiaramente visibile sul braccio. Gli verrà unabella ecchimosi. Una scena del genere non faceva parte della descrizione diquesto lavoro.« Ti piacerebbe vedere un trucchetto con le carte?» , domando, sentendomi un

po’ disperata. « O potrei dipingerti la faccia! Che ne dici dell’ Uomo Ragno,sarebbe forte, no?» . In pratica sono disposta a fare qualsiasi cosa per impedirglidi fare crollare questo posto a suon di urla.Dall’altra parte della sala, vedo Cat che distribuisce patatine e bevande a

un’altra orda di bambini scalmanati. Mi guarda allarmata e si precipita da me.« Tutto bene?» , chiede, accovacciandosi per consolare il bambino in lacrime.« Mi ha morso!» , geme il piccolo.« Coosa? Coco? Cos’è successo?» . L’espressione di Cat è di puro choc.« Non sono stata io» , dico, cercando di non ridere dell’orrore che vedo sul suo

viso. « Quel piccolo demonio laggiù» . Punto il dito verso la lentigginosa

azzannatrice che adesso sta trascinando per i capelli un’altra bambina in giroper la stanza. È evidente che presenta grossi problemi di gestione della rabbia.Cat si piega per dare al bambino affranto un rapido abbraccio, poi gli porge una

barretta al riso soffiato, che lui prontamente getta e schiaccia sulla moquetteprima di scappare via.« Gesù, questo è un incubo» , dice, passandosi la mano sulla fronte. « Il

fotografo è in ritardo. A questo punto non scatterà una sola foto decente… sonotutti scatenati. Che disastro» .Sono davvero dispiaciuta per lei. È così stressante cercare di gestire tutti

questi bambini: scoppiano litigi ogni cinque minuti e ha già dovuto pulirnedue che hanno vomitato. Non è esattamente l’ambiente divertente che sperava diimmortalare per la brochure, più la furia scatenata di selvaggi in miniatura.« Ehm, sei proprio certa di volere che queste feste diventino un evento

regolare?» , chiedo. « È un sacco di lavoro, no?»« Sì, ma il mercato delle feste per bambini è ancora molto grosso. Se riesco a far

passare la voce che qui organizziamo grandi eventi, potremmo competere conquelle aree giochi al coperto. Saremmo qualcosa di nuovo… le mamme sonosempre alla ricerca della grande novità» .« Immagino…» , replico dubbiosa.Attorno a noi, i bambini si azzuffano. Il marito di Cat, David, è intrappolato in

un angolo e i bambini gli si gettano addosso come missili Cruiser.« Mio padre dice che è un’ idea terribile, naturalmente» , continua Cat,

piegandosi per cercare di ripulire il tappeto dai resti del dolcetto. « Pensa che ibambini non si dovrebbero sentire né vedere, come Liam» .« Potrebbe avere ragione» , osservo ironica.« Non di questi tempi» , replica lei. « L’albergo deve essere a misura di

bambino. Il mercato delle famiglie è il più importante per noi, e dobbiamospiccare» .Con la coda dell’occhio, vedo Liam fare capolino dalla porta. Un’espressione

di assoluto sdegno gli si dipinge in faccia prima che sparisca di nuovo. Decidocomunque di non parlarne a Cat; lei non l’ha visto e ha già abbastanza per lemani.« Gesù» , dice. « Ho passato metà della notte a fare quelle stupide barrette di

riso soffiato. Ho cereali in posti di cui non vorresti sapere» .« Be’ , posso ufficialmente assegnarti dieci su dieci» . Sogghigno mentre ne

mordicchio una e lei scoppia a ridere.« Almeno i gemelli si stanno divertendo alla grande. Grazie, Coco… sei un

tesoro. Sono in debito con te» .« Certo che lo sei, ma è uno spasso» , mento.« No, non lo è» . Sospira. « È un incubo, ammettiamolo. E, naturalmente, il mio

adorato adolescente se l’è data a gambe» .Mi guardo intorno. Ha ragione, non c’è traccia di Mark. Prima c’era senz’altro,

ha perfino riso del mio costume quando ho fatto il mio ingresso. Quando l’hovisto, un giovanotto di più di un metro e ottanta, il ciuffo scuro sugli occhidella stessa sfumatura viola di quelli di Cat, i jeans sbiaditi calati sui fianchisnelli, non ho potuto fare a meno di pensare che è cresciuto così in fretta. Sembraaver compiuto la transizione da ragazzo a uomo quasi da un giorno all’altro enon riesco a non esserne rattristata. Si precipitava correndo tra le mie braccia,ricoprendomi il viso di baci appiccicosi. Adesso a stento dice ciao. È solo unafase che sta attraversando, lo so, ma è così strano. È come mi ha detto Cat: untempo erano così vicini ma adesso ha la sensazione che ci sia un acro di spaziotra di loro, come se lui avesse eretto un muro invisibile attorno a sé.All’ improvviso gli occhi di Cat si riempiono di lacrime.« Ehi, stai bene?» , le chiedo preoccupata.« Sì, tutto a posto» . Si asciuga in fretta le lacrime, guardando furtiva a destra e

sinistra per assicurarsi che nessuno abbia visto. « Mi comporto da sciocca» .« Sono certa che Mark tornerà presto» , dico.« Tu dici? Non so neanche dov’è andato… a bere nel parco con i suoi amici,

probabilmente» .« Cat!» . Sono scioccata dal suo tono.« Cosa? È possibile, per quanto ne so. Non mi dice più niente. Non ho idea di

cosa stia accadendo nella sua vita e pare che sia proprio quello che vuole» .« Si sistemerà tutto» , cerco di consolarla. « Eravamo così quando avevamo

quindici anni, lunatiche e disobbedienti» .« Davvero?»« Certo che sì! Eravamo peggio, probabilmente. Non ti ricordi le razzie nel

mobile bar di tua madre?» .A questo punto ride e un po’ della tensione sul suo viso scompare. « Già,

immagino di sì» .« Tu eri una vera esperta» , le ricordo.« Rabboccavo la bottiglia della vodka con l’acqua. Dio, ero un vero

demonio» .« Assolutamente. Avevi davvero una pessima influenza su di me!» , ridacchio.

« Ricordi quella volta che ti sei bevuta mezza caraffa di sidro e hai vomitato

tutto addosso a Monica Molloy?»« Non mi sorprende che mi abbia sempre odiata» . Ridacchia anche lei. « Le ho

rovinato i Levi’s migliori» .« Le stavano malissimo, se per questo» .« Già, stone washed, bleah!» .Scoppiamo a ridere.« Visto? Non è così drammatico. Mark sta solo attraversando una fase

adolescenziale… ne uscirà dall’altra parte, proprio come abbiamo fatto noi, edentrambi vi guarderete indietro e riderete, te lo assicuro» .« Spero che tu abbia ragione» , dice. « Eravamo così legati. A volte penso che

se la sia presa per i gemelli. Voglio dire, siamo stati solo noi tre per così tantotempo che forse si è sentito estromesso» .« No, non è così. Li adora. È palese» .« Se li ama così tanto, allora sarebbe dovuto restare alla loro festa» , brontola.

Poi si ricompone. « Bene, sarà meglio che vada a vedere se riesco a beccare quelfotografo» .Mentre si allontana, il mio telefono squilla nella tasca del costume da clown.

Ci metto un po’ a trovarlo e quando ci riesco vedo un numero che nonriconosco.« Pronto?» .Un bambino mi sta tirando la gamba del largo costume e mi porto un dito alle

labbra per zittirlo. Mi fa la linguaccia e poi corre via. A proposito di ingrati, hogià fatto tre complicati dinosauri per lui. Pensavo che mi avrebbe dato un po’ ditregua.« Parla Coco Swan?» , dice una voce al mio orecchio, e cerco di concentrarmi.« Sì, sono io» .Rivolgo al mio interlocutore solo metà dell’attenzione. In un angolo è

scoppiata una zuffa per la pignatta e tre bambini stanno già piangendo. Uno diloro ha un fiume di moccio verde che gli scorre dal naso fin sul labbro. Non èuna bella scena. Probabilmente dovrei intervenire e distrarli con qualche truccodi magia. Sto per dirgli che lo richiamerò più tardi, quando l’uomo parla dinuovo.« Sono Dermot Browne. Ha lasciato un messaggio alla mia segretaria?» , dice.È l’avvocato di Tatty! Quasi non riesco a credere che mi abbia richiamata. Sta

ancora parlando ma non sento bene quello che dice.« Può aspettare un secondo?» , gli chiedo. Infilo l’uscita di sicurezza

dall’altro lato della stanza e vado fuori; calpestando rumorosamente la ghiaia,

mi avvio verso l’ ingresso laterale dell’albergo, quello destinato ai fornitori.« Sì, chiedo scusa» , dico. « C’era un po’ troppo rumore dentro» .« Uh-uh. Allora, in cosa posso esserle utile?» . Il tono è secco, come se non gli

importasse un bel niente delle mie scuse e volesse solo che andassi al punto echiudessi alla svelta la telefonata.« La chiamavo a proposito di Tatty…» , esordisco.« Tatty Moynihan?» , mi interrompe come se non parlassi abbastanza in fretta

per i suoi gusti.Tatty Moynihan, deve essere lei. È difficile che abbia due clienti che si

chiamano Tatty, no?« Ehm, sì, Tatty Moynihan» , rischio, cercando di contenere l’agitazione.« Dunque?» , domanda sgarbato.« Era… era un’amica di mia nonna. Abbiamo saputo solo da poco che è morta e

ci hanno riferito che è lei a occuparsi dei suoi affari» . Mi viene facile mentire.« È venuta a mancare qualche mese fa» , replica bruscamente.« Sì, ehm, mi chiedevo solo se aveva l’ indirizzo della famiglia, per poter

mandare loro un biglietto. Mia nonna aveva perso i contatti con Tatty, sa…» .« Uh-uh. Be’ , Miss Swan, Tatty non aveva una famiglia. Ha vissuto gli ultimi

anni da sola, assistita da un’ infermiera nella propria casa. Quella casa è statavenduta, tuttavia, insieme a tutto il resto» .« Oh, capisco. Be’ , può dirmi come contattare l’ infermiera, allora? Nonna ci

terrebbe tanto a mettersi in contatto con qualcuno e non voglio deluderla» .Fa una pausa prima di rispondere e io resto con il fiato sospeso. Potrebbe dirmi

semplicemente di andare al diavolo: gli avvocati non hanno l’abitudine difornire informazioni riservate al telefono.« Sì, immagino che potrei farlo… attenda in linea» , dice alla fine. Si sente un

fruscio in sottofondo e nel giro di un minuto torna al telefono. « Eccolo. Il nomedell’ infermiera era Mary Moore. Vive in Kylemore Way» . Mi da l’ indirizzoesatto e io lo appunto mentalmente. Ho una vaga idea di dov’è, nei pressi delcanale, a Dublino.« Splendido, grazie. E ha per caso un suo recapito telefonico per…» .« La saluto» . Sento un crepitio nell’orecchio e mi rendo conto che ha

riattaccato.Dannazione. Il numero di telefono sarebbe stato perfetto. Ma immagino che sia

facile da ricavare, adesso che ho nome e indirizzo. Se riesco a rintracciarla, forsescoprirò se Tatty si ricongiunse mai con il suo perduto amore. So che è dasciocchi, ma non posso fare a meno di sentirmi elettrizzata… muoio dalla voglia

di sapere se gli amanti divisi si sono mai più rivisti. Chissà cosa sarà in gradodi dirmi questa Mary Moore.Mi infilo il telefono in tasca e respiro una profonda boccata di aria

pomeridiana. Il clima è talmente soffocante in quella sala ricevimenti che solostare all’aperto è un sollievo. Proprio mentre sto per tornare dentro, unmovimento improvviso attira la mia attenzione. Dall’altra parte della strada,proprio di fronte all’albergo, in fondo a una stradina di fianco alla farmaciaDoherty’s, vedo Mark che parla con un altro ragazzo. Ecco dov’è andato, èuscito a bighellonare con gli amici. Cat sarà sollevata quando le dirò che l’hovisto e che stava solo chiacchierando con gli altri ragazzi, non chissà dove abere. Sto per chiamarlo quando il secondo adolescente si gira. Vedo la sua facciasmunta e mi cascano le braccia. È Sean O’ Malley, il più grande piantagrane incittà. Ha solo un anno o due più di Mark, ma è già noto alle autorità per reatilegati alla droga. Perché diavolo Mark sta parlando con lui?Mentre li sto guardando, i due si dividono e io sgattaiolo dentro prima che

Mark mi veda. Non voglio pensi che lo stavo spiando. Cat andrà su tutte le furiequando lo saprà, tuttavia… ha già bandito Sean dalla serata disco che si tiene inalbergo una volta al mese per aver introdotto dell’alcol. Ucciderà Mark sescopre che frequenta quella peste; peggiorerà le cose tra loro. Questa è unacattiva notizia.Mi do una sistemata al costume da clown e torno nella sala ricevimenti, turbata

da quello che ho visto. Ma non ho tempo per riflettere perché il fotografo èfinalmente arrivato e sta mettendo in fila i bambini, cercando di farli sorrideretutti insieme davanti all’obiettivo.« Coco!» , strilla Cat quando mi vede. « Ti ho cercata dappertutto… abbiamo

bisogno di te in questo scatto» .Stampandomi un sorriso sulla faccia, decido che per il momento terrò per me

quello che ho visto. Forse più tardi riuscirò a scambiare due parole in privatocon Mark, per persuaderlo che frequentare Sean è una pessima idea. In ogni caso,adesso non è proprio il momento per parlarne a Cat. Sfoggio il mio sorrisomigliore per le foto, cercando di sembrare buffa e allegra per il fotografo econvincendo i bambini a posare insieme a me. Misericordiosamente, finiamo allasvelta e non è mai troppo presto quando i genitori arrivano per riportare a casa ifigli esausti.« Grazie a Dio, è finita» , dice Cat quando le ultime mamme con i bambini ci

salutano. « Sono a pezzi» .« Alla fine è andato tutto bene, no?» , dico sfilandomi la parrucca arancione. Do

una scrollata ai capelli: è un vero sollievo non averla più in testa. Adesso chetutti sono andati via, compresi i gemelli, che David ha portato a casa, possorilassarmi.« Sì, grazie a te» , mi sorride raggiante. « Le foto per la brochure non saranno

malaccio» . È così felice e sollevata che il party sia finito e riuscito, malgradotutto, che non ce la faccio a dirle di Mark. Forse c’è una spiegazione sensata peril fatto che stesse parlando con quel teppista, anche se non mi viene in mentequale possa essere. Eppure sono restia a cacciarlo in altri guai oltre a quelli incui è già. Decido di cucirmi la bocca, parlare con lui più tardi e vedere seriusciamo a risolvere questa cosa tra di noi. Cat ha già abbastanza grattacapi contutte le cose di cui deve occuparsi. Parlerò con lui prima di fare qualsiasi altracosa; voglio chiedergli cosa sta succedendo. Spero che la mia sia unapreoccupazione inutile.« Allora, come stanno Ruth e il suo toy boy?» , domanda Cat mentre crolla su

una sedia e versa a entrambe uno strameritato bicchiere di vino da una bottigliache teneva nascosta sotto al tavolo. « Ma pensa! Si è presa un amante!» .Ridacchiamo entrambe: l’episodio di Sex & the City in cui Carrie dice a tutti

che “ si è presa un amante” è uno dei nostri preferiti.« Non chiedermelo» , dico, sedendomi di fronte a lei. « Credo che ci diano

dentro come conigli» .« Ancora non ci credo che si sbatte il macellaio» .« Credici» .« E dice che sono SA, come…» .« Non dirlo, Cat, potrei restarci secca» .« Buon per lei, ecco come la vedo. Non si è mai troppo vecchi per un rapporto

sessuale, mi sa» .Cat e io chiamiamo il sesso “ rapporti sessuali”: è un ritorno alla nostra

educazione in convento, quando le suore dovevano insegnarci le cose dellavita. Cat si faceva un vanto di rivolgere a sorella Ignata domande su orgasmi epompini durante le lezioni di Educazione Religiosa. Riusciva perfino amantenere un’espressione impassibile. Povera sorella Ignata, non mi sorprendeche abbia scelto la pensione anticipata. Penso che l’ultima goccia fu la volta incui Cat le chiese se si poteva fare sesso durante il ciclo.« Ehi, indovina? Mi ha chiamata l’avvocato di Tatty» . Ancora non riesco a

credere di avere una nuova pista. Il solo pensiero mi fa venire la pelle d’oca.« Davvero?»« Sì. Gli ho lasciato un messaggio dopo che Hugo mi ha dato il suo numero, ma

non pensavo mi avrebbe richiamata. E indovina cos’altro?»« Cosa?»« Mi ha dato il nome dell’ infermiera che si è occupata di lei fino alla sua morte.

Si chiama Mary Moore e vive a Dublino» .« E?» . Cat si sfila le scarpe alte con un sospiro, si appoggia allo schienale e

chiude gli occhi.« Potrei contattarla, vedere se riesco a scoprire altro» .Cat apre un occhio. « Perché?»« Perché sono curiosa, ecco perché» .Li apre tutti e due. « Sì, ma se Tatty è morta, cosa ricaverai da questa inutile

ricerca? Te l’ho detto, Coco, non hai niente per cui sentirti in colpa» .« Ma non eri tu a dire che la lettera era la cosa più romantica che avessi mai

visto?» , le faccio notare.« Be’ , sì» , ammette. « Ma non capisco cosa ci ricavi da questo tentativo di

saperne di più. Voglio dire, nessuno sta cercando la borsa, dico bene? Sembreràinsensibile ma, se fossi in te, me la terrei e basta» .« Ma tu sei un altro paio di maniche!» , scherzo, e poi mi abbasso quando mi

scaglia addosso una scarpa.« Ehi!» , dice ridendo. « Sul serio, però, Coco, so che la lettera che hai trovato è

molto triste e tutto quanto, ma pensi che dare la caccia a un fantasma in questomodo sia una buona idea?»« Tu non lo pensi?»« Be’ , cosa stai cercando veramente? Voglio dire, cosa speri di ottenere?»« Ma ascoltati, Donna d’ Affari dell’ Anno. Non tutto si può giustificare con un

grafico o un foglio di calcolo, sai» . La verità è che non so esattamente perchévoglio saperne di più. Ma qualcosa dentro di me mi dice che questa è la cosagiusta da fare. È quello che mia madre avrebbe voluto. Il pensiero sorgespontaneo nella mia mente, e non per la prima volta. Ruth dice che mia madresarebbe risalita alla storia dietro alla borsa, al retroscena drammatico.Probabilmente è un’ idea folle, ma una parte di me pensa che mia madre vogliache io faccia altrettanto. Non riesco a togliermelo dalla testa.« Immagino di essere un po’ fredda e distaccata» , riflette Cat. « A volte penso

che quest’albergo mi abbia risucchiato la spontaneità» .« Neanch’ io sono esattamente un tipo spontaneo» , dico. « Quindi, a essere

sincera, non so perché sono così ansiosa di indagare. Lo sono e basta» .Ancora non voglio rivelare a Cat la teoria su mia madre. Se sembra folle nella

mia testa, lo sembrerà il doppio se la esprimo a voce.

« Be’ , io ci sono» , dice. « Ma sii prudente, d’accordo? Non sei responsabileper questa cosa, risolvere i misteri non è il tuo mestiere. L’uomo che ha scrittoquella lettera probabilmente è morto anche lui, te ne rendi conto, sì?» .Sento l’ intensità del suo sguardo su di me. « Sì, certo» , mormoro. « Sono solo

curiosa, ecco tutto» .« Ok» . Si stringe nelle spalle e mi sorride. « Be’ , sta a te. Grazie per il lavoro

favoloso di oggi. Ti interessa un impiego full-time, per caso?»« Preferirei bere formaldeide con l’aggiunta di pezzetti di unghie dei piedi» ,

replico seria. Poi scoppiamo a ridere mentre lei si sporge per brindare con me.

Capitolo 7

« Come butta, Coco?» .Sono in cucina e sto ripulendo il mio piatto dalle briciole di pane tostato,

quando sento la profonda voce maschile alle mie spalle. È Karl. Stavolta non èin mutande, ma indossa qualcosa di altrettanto striminzito: il minuscolo kimonodi seta rosa di Ruth, allacciato stretto attorno alla pancetta.« Oh, ciao, Karl» , dico, sentendomi mortificata all’ istante.« Come vanno le cose?» , mi chiede con un sorriso. « Ti si vede poco

ultimamente» .« Ehm, sì, sto bene, grazie» , rispondo senza guardarlo in faccia.La verità è che da quella mattina in cui l’ho visto in mutande, ho fatto di tutto

per evitarlo. È davvero una brava persona, ma non riesco a togliermi dalla mentel’ immagine di lui e Ruth impegnati in un… “ rapporto sessuale”. Ruth è piùfelice di quanto l’abbia mai vista da quando il nonno è morto, il che è fantastico,ma lei e Karl sembrano una coppia così bizzarra… Per quanto mi sforzi, nonriesco ad accettarlo.« Voglio solo preparare una tazza per Ruth» , spiega, mentre, tutto efficiente, si

tira su le maniche del kimono sulle braccia pelose e, al tempo stesso, accende ilbollitore.« Ehm, sì» , dico. « Tanto qui ho finito» .« Non devi andartene, sai» , dice mentre faccio per uscire. Ha un’ombra di

rossore sulle guance e mi rendo conto che la situazione può aver messo adisagio anche lui. È tutto molto imbarazzante.« Be’ , allora finisco il caffè» , dico debolmente e torno a sedermi. Povero Karl…

non voglio sembrare scortese. Sarà meglio che provi a fare due chiacchiere, perlo meno.Mi fa un grosso sorriso e provo un’altra fitta di rimorso. Non è colpa sua se

sono tornata a vivere qui. Prima era abituato all’assoluta privacy…probabilmente ho rovinato loro la festa.« Allora, Ruth mi ha detto che hai trovato una borsa» , dice, dando inizio alla

chiacchierata.« Già, proprio così. Una Chanel vintage. Un vero colpo di fortuna» , rispondo,

sollevata di avere qualcosa di neutro di cui parlare. Tanto di cappello a Karl.« Puoi ben dirlo. Quegli affari sono roba da collezionisti, giusto?»

« Be’ , sì che lo sono» , rispondo. « La possibilità di trovarne una è una su unmilione» .« E anche una lettera, ho saputo» . Si allunga per prendere qualcosa nella

credenza regalandomi uno scorcio di coscia molto pelosa e di una natica. Nonporta niente sotto al kimono, me ne rendo conto adesso. Deglutisco a fatica ecerco di dimenticare questa informazione.« Sì, una lettera davvero triste» .« E hai intenzione di scavare più a fondo, dice Ruth» .« Be’ , non so quanto altro riuscirò a scoprire, a dire la verità. La donna che

possedeva la borsa è venuta a mancare, perciò sono finita in un vicolo cieco» .« Sì, Ruth me l’ha detto. Ma hai un’altra pista, vero? Un’ infermiera?» .Mette mezzo cucchiaino di zucchero nella tazza di tè che ha preparato per Ruth

e mescola con cura: vuole che sia assolutamente perfetta per lei.« Sì» . Gli sorrido. Questo pover’uomo sta cercando a tutti i costi di avere una

normale conversazione con me… è davvero una cosa dolce. « Ho avuto il suoindirizzo e tutto quanto, ma quando ho cercato il numero di telefono hoscoperto che non è sull’elenco» .« Ah, che peccato» . Il suo viso si affloscia. « Dove vive esattamente?» .Gli do l’ indirizzo di Kylemore Way e si illumina. « Ma dai, lo conosco bene!» ,

dice. « È lungo il canale. Un bel centro antico… bravissima gente» . Si appoggiaal bancone e incrocia le braccia pensieroso. « Dovresti andare a cercarla» ,sostiene, « vedere cos’altro riesci a scoprire» .« Ehm, non credo» , dico. « Non ne avrei il coraggio» .« Certo che ce l’avresti! Cos’hai da perdere?»« Cosa succede qui dentro?» . La testa arruffata di Ruth appare da dietro la

porta. I suoi ricci sono sghembi, gli occhi ancora insonnoliti.« Ho qui la tua tazza, tesoro» , dice Karl, sorridendole gentile. « Stavo per

portartela di sopra» .« Te la stavi prendendo comoda» , lo punzecchia Ruth. Fa un grosso sbadiglio,

si mette a sedere e pianta i gomiti sul tavolo della cucina.« Ti preparo del pane tostato?» , le chiede, tutto premuroso e pieno di

attenzioni.Lei lo scaccia bonariamente con la mano. « No, sto benone, sul serio. Allora,

ditemi, di cosa stavate cianciando?»« Be’ , dicevo a Coco che dovrebbe andare a trovare l’ infermiera, sai, quella che

le ha detto l’avvocato. Vive lungo il canale» , dice Karl.« Ma io non credo che sia una buona idea…» , inizio a dire.

« Perché?» . Lo sguardo di Ruth si fa penetrante. « Hai rinunciato a indagare?»« Non ho detto questo. Ma forse dovrei lasciar perdere» . Ho pensato sempre

più alle parole di Cat e forse ha ragione lei. Cosa ci ricavo andando dietro aquesta storia? Forse dovrei semplicemente tenermi la borsa e scordarmi dellalettera.« Sciocchezze!» , dice Ruth tutta eccitata. « Non puoi arrenderti adesso… hai

trovato quella borsa per un motivo. Karl ha ragione, dovresti parlare con questaMary Moore e vedere cos’altro riesci a sapere» .« Potrebbe essere in grado di riempire qualche vuoto» , dice Karl.« È così affascinante, vero?» , sospira Ruth. « Voglio dire, chi era Tatty

Moynihan? Cosa faceva per vivere? Dove viveva?»« E perché ha dato tutto in beneficenza?» , aggiunge Karl.Mentre loro parlano, una dozzina di scenari diversi mi si avvicenda nella

mente. Vorrei tanto andare a trovare l’ infermiera, saperne di più su Tatty ecercare di mettere insieme i pezzi della storia, ma sono nervosa.« Ma cosa potrei mai dirle?» , chiedo, interrompendo Ruth e Karl. « Voglio dire,

penserebbe che sono una specie di matta se mi presentassi così di punto inbianco facendo ogni genere di domanda» .Ruth aggrotta la fronte, pensierosa. Poi, con uno strilletto, solleva un dito in

aria. « Ci sono! Dobbiamo portare quel tavolo di palissandro dal lucidatore,no? Il suo laboratorio è nei pressi del canale. Puoi dirle che passavamo di là ehai pensato di farle qualche domanda mentre eri in zona. Così non sembrerebbepiù tanto strano. E sarebbe la verità» .« E a quel punto? Le chiedo cosa sa della lettera?»« Sì!» , esclama Ruth.« Ruth, questo non è un mistero della Banda dei cinque» , ribatto, incapace di

soffocare una risatina per il suo entusiasmo. Amavo quelle storie quando eropiccola: Ruth me le leggeva di continuo quando mia madre era in Francia e lei eil nonno si occupavano di me.« Lo so. È più come Nancy Drew, e tu sei Nancy» . Le brillano gli occhi. È

affascinata dalla storia della lettera misteriosa nella borsa, quasi più di me, sepossibile.« Vieni con me, allora, se sei tanto ansiosa di saperne di più» , dico.Ma lei scuote la testa. « No, due sconosciute che si presentano alla sua porta è

troppo. Potrebbe spaventarsi. Vero, Karl?»« Non puoi restare ad aspettare in macchina?» , suggerisce lui.

« Non posso… devo restare qui in negozio» , dice. « Anna ha intenzione dipassare stamattina» .Con la coda dell’occhio, vedo Karl trasalire a quel nome. Chiaramente la mia

prozia lo rende nervoso.« Come fai a saperlo?» , le chiedo. Anna non avverte mai quando ha in mente di

farci visita: passa e basta, quasi come se volesse beccarci mentre facciamoqualcosa che non dovremmo.« Mi sono svegliata con un presentimento» , dice Ruth. « Sarà qui prima delle

undici, vedrai che ho ragione» .« Non puoi saperlo davvero» , le dico ghignando.« Oh, sì. I miei presentimenti di rado sbagliano. E poi, Peggy Lacey è stata

eletta a capo del comitato parrocchiale ieri sera, perciò Anna sarà sicuramentesul piede di guerra. E quel sentiero, come ben sai, porta dritto al nostro negozio.Allora, ci vai da questa infermiera o no?»« Non lo so» , rispondo, ancora incerta.« Andiamo, Coco!» , mi incita Karl. « Afferra il toro per le corna!» .« Sì, va’ avanti, tesoro. Non muori dalla voglia di conoscere tutta la storia?» ,

dice Ruth.« Se tu no, io sì» , incalza Karl.« Sei un vecchio romantico, Karl» , dice Ruth, ridendo rivolta a lui. « Chi

l’avrebbe mai detto?»« E se anche fosse?» , sorride sdegnoso. « Anche i macellai possono avere un

animo romantico, sai» .« Oh, santo cielo» , rido. « Va bene, allora, ci vado. Ma se si mette malissimo,

darò la colpa a voi due» .

Capitolo 8

Kylemore Way è una fila di case a schiera di mattoni rossi addossate l’unaall’altra, di fronte al canale, tutte con un ordinato pezzetto di verde sul davanti.Mentre sono ferma davanti al numero dieci, mi sento decisamente a disagio.Adesso che sono qui, mi sembra un’ impresa del tutto folle. Se Ruth e Karl nonmi avessero convinta che era una buona idea, me ne starei ancora bella comoda acasa, esattamente dove vorrei essere. Busso alla porta, sperando di non ricevererisposta. Così potrò andarmene, guardare Ruth negli occhi e dirle in tuttasincerità che ho fatto del mio meglio ma senza risultato. Adesso sono davveroun po’ spaventata: tutta la spavalderia di quando ho mentito a Dermot Browneper avere questa informazione sembra avermi abbandonata. Sto per girare i tacchie darmi alla fuga, quando la porta si apre.« Sì?» .La paffuta donna di mezz’età che mi ha aperto indossa un grembiule a strisce

rosse e nere attorno alla vita forte e ha i capelli scuri macchiati di farina. Il viso èleggermente abbronzato, le maniche arrotolate fin sui gomiti e accanto ai piedicalzati nelle Crocs rosse ci sono tre Jack Russell bianchi e marroni, tutti cheabbaiano in modo molto poco amichevole.Adesso o mai più.« Salve, ehm, lei è Mary Moore?» , domando esitante, mentre con la coda

dell’occhio guardo il cane più piccolo che scopre i piccoli denti aguzzi eringhia. Cos’è che dicono dei terrier? Che una volta che ti prendono, non timollano?« Chi è che vuole saperlo?» . Si sfrega le mani infarinate sul grembiule e mi

guarda dritto in faccia. È una tosta, questo è chiaro sin da subito, e ho un tuffoallo stomaco. Ma quanto sono stata stupida a presentarmi qui senza preavviso?Avrei dovuto scriverle una lettera e lasciare che mi rispondesse con comodo.« Ehm, mi chiamo Coco Swan. Io…» .« È del comune? È per la tassa sugli immobili? Perché se è così, può andarsene

al diavolo. Vado in galera piuttosto che pagarla» . Tiene i piedi divaricati, lemani sui fianchi e il mento in fuori in segno di sfida.« No, no, non è niente del genere» , mi affretto a rispondere. Adesso mi sento

ancora più nervosa. Di sicuro sa come mettersi sulla difensiva. Com’è che sidice? “ La miglior difesa è l’attacco”? « No, non mi manda il comune. Volevo

solo chiederle di Tatty Moynihan» .« Lei conosceva Tatty?» . Socchiude gli occhi verdi mentre mi squadra dalla

testa ai piedi. Si capisce che lo crede altamente improbabile.« Non proprio» , rispondo. « Ma so che lei era la sua infermiera prima che

venisse a mancare e volevo chiederle…» .« E come fa a saperlo?» . Mi osserva con profondo sospetto.« Be’ , ehm, ho parlato con Dermot Browne, il suo avvocato. Mi ha dato il suo

indirizzo» .Stringe ancora di più gli occhi. « Ah, è così?» , dice acida. « Be’ , ci vuole

coraggio» .Merda. Sta andando tutto storto. Invece di portarla dalla mia parte, la

spiegazione sta provocando un disastro. Mi intimerà di sparire da un momentoall’altro. « Ehm, non è stata esattamente colpa sua. Diciamo che gliel’ho estorto.Vede, volevo assolutamente rintracciare qualcuno che conosceva Tatty. Hotrovato qualcosa che credo le appartenesse e volevo saperne di più» . Adesso leparole mi escono di bocca come un fiume. Devo fare di tutto perché non michiuda la porta in faccia prima di essere riuscita a spiegarmi bene.« Qualcosa che le apparteneva? Di che si tratta?»« Be’ , è una lunga storia ed è, diciamo… complicata. Speravo che potessimo

fare due chiacchiere, così avrei potuto spiegarle meglio» .Mi guarda di nuovo dalla testa ai piedi: chiaramente sta cercando di decidere

se sono una specie di artista della truffa o no. I cani, che non abbaiano più, miannusano i piedi e, di tanto in tanto, emettono qualche ringhio gutturale. Nonposso evitare di pensare che potrebbero farmela sulle scarpe per marcare ilterritorio, perciò mi sforzo di sembrare amichevole e onesta.« Non sta cercando di vendermi qualcosa?» , dice.« No, affatto» , rispondo.« O convertirmi a qualcosa? Perché io non credo a tutte quelle chiacchiere

senza senso» .« No. Voglio solo chiederle di Tatty, ecco tutto. Non ci vorrà molto, le

assicuro. Avrei dovuto telefonarle prima, ma non sono riuscita a trovare il suonumero. E poi sono capitata nei paraggi per via del mio lavoro, così ho pensatodi passare. So che deve sembrare strano» .Mi attengo strettamente alla storia ideata da Ruth; forse funziona perché, a

giudicare dalla sua espressione, Mary sta prendendo in considerazione l’ idea difarmi varcare la soglia.« Be’ , credo che sarà meglio che entri, allora» , dice a malincuore. « Non è una

serial killer, immagino» .« Decisamente no» .« Bene. Perché dovrei aizzarle i cani contro se lo fosse» .Chiamati in causa, i tre cani iniziano ad abbaiare aggressivi mentre lei mi fa

entrare, e non sono sicura che stia scherzando. A giudicare dal loro aspetto,potrebbero facilmente dilaniarmi se volessero, soprattutto il più piccolo: sembraassolutamente feroce.La seguo lungo uno stretto corridoio, guardandomi attorno ammirata.

Dall’esterno, la piccola casa a schiera sembra alquanto ordinaria, ma l’ internonon è affatto come me lo sarei aspettato. Le pareti del corridoio sono di unbianco puro e brillante, e maschere africane di legno scuro sono appese unaaccanto all’altra, inframmezzate da acquarelli di paesaggi desertici. A terra, c’èuna guida di lana rossa, forse di provenienza marocchina, e il soffitto è rivestitodi minuscole e variopinte tessere di mosaico. L’effetto è decisamente mozzafiato.Entro nella cucina, sul retro della casa, e resto di nuovo sorpresa

dall’ incantevole stanza: l’ambiente è luminoso e ingannevolmente spazioso.Sul tavolo levigato c’è un enorme arazzo di lana raffigurante una madre africanache culla teneramente un bambino tra le braccia. Il pavimento è di legnosbiancato e gli elettrodomestici sono indipendenti, tutti dipinti di ocra chiaro.Altri tappeti marocchini sono disseminati ovunque. O Mary Moore haviaggiato in lungo e in largo, o lo hanno fatto i suoi amici e famigliari.« Seduta» , mi dice, e per una frazione di secondo mi chiedo se abbia detto a me

o ai cani. È solo quando indica con la testa una sedia del tavolo che so per certoche si riferiva a me.Mi siedo, tenendo d’occhio i cani che girano in tondo per la stanza, fiutando il

pavimento. « Ha una casa deliziosa» , dico. « Deve aver viaggiato un bel po’» .« Sono stata infermiera all’estero per anni, sì» , dice bruscamente.« Dove? In Africa?»« Anche» . Serra le labbra, come se fosse decisa a non dire più niente. « Devo

solo mettere questi in forno, abbia pazienza» .La guardo infilare nel forno una teglia punteggiata di palline di impasto

colloso e cerco di farmi venire in mente qualcos’altro da dire prima di parlarledella borsa. Sarebbe utile se riuscissi a scongelare un tantino l’atmosfera, ma leisenz’altro non mi renderà le cose facili.« Le piace preparare dolci?» , le chiedo. Sicuramente questo è un argomento

neutro.« Non proprio» , risponde con indifferenza bloccando su due piedi il mio

tentativo di conversazione. Si toglie il grembiule e si lava le mani nel profondolavello. « Ma adesso lavoro in una casa di riposo, lo faccio da quando Tatty èmorta, e a molti degli ospiti piacciono le focaccine, così ne porto un po’ quandofaccio la notte» . Si asciuga bene le mani con uno strofinaccio e poi viene asedersi di fronte a me. Tutti e tre i cani hanno smesso di agitarsi e sonoaccucciati ai suoi piedi.Noto che non mi viene offerto il tè. Ho idea che non sarà una cosa facile.

Adesso Mary mi sta guardando attentamente, in attesa che io parli. È tempo diarrivare al punto.« Le dirò perché sono qui, va bene?» . Le sorrido.Lei non ricambia. « Se crede» .« Ehm, gestisco un negozio di antiquariato con mia nonna e di recente ho

trovato questa borsa in uno scatolone di roba che ho comprato per rivenderla innegozio. Credo che fosse di Tatty» . Tiro fuori la Chanel dal mio zainetto dicuoio e gliela mostro.La guarda perplessa. « È qui per questa?»« Ehm, sì, è così» .« Be’ , temo di non poterla aiutare. Sono sicura che Tatty aveva un sacco di

borse. Non so se questa fosse sua oppure no» .« Non gliel’ha mai vista?» , le chiedo, tutt’a un tratto scoraggiata. La mia

teoria secondo cui Tatty portava questa borsa con sé dappertutto sta crollando esono terribilmente delusa.« Non posso dire di sì. Guardi, però, che stavamo in casa quasi tutto il tempo.

Non avrebbe avuto molte occasioni di usarla, anche se fosse stata sua. Dove hadetto che l’ha trovata?»« L’ho comprata a un’asta… era in una scatola insieme ad altra roba» .Lei allora scuote la testa e sospira. « Ancora non riesco ad accettare quella

storia… tutte le sue cose sparse ai quattro venti» .« Ho saputo che tutto ciò che le apparteneva è stato venduto» , dico.Mary annuisce e si china per accarezzare l’orecchio di un cane. « Pensavo non

fosse giusto ma, d’altronde, lei aveva detto di volere così. Solo uno sciocco simetterebbe a discutere le ultime volontà di qualcuno» .« E ha deciso di devolvere tutto in beneficenza?» , chiedo esitante, timorosa di

insistere troppo sui particolari, ma ansiosa di saperne di più.« Già. Ha organizzato tutto per tempo con il suo avvocato. Un vero stronzo» .Trattengo una risatina: è evidente che lei e Hugo la pensano allo stesso modo

sull’antiquato Dermot Browne.

Mary si piega per dare un buffetto a un altro cane e i tre si raggomitolanocontro le sue solide gambe, emettendo dei rumorini con il naso.« Ha lavorato a lungo per lei?» , le chiedo.« Circa dieci mesi. Era stata molto indipendente fino ad allora, ha vissuto sola

tutta la vita, mai sposata e mai avuto bambini. Ma era una donna ricca. Si fidi,bisogna esserlo per pagare le tariffe dell’agenzia» , aggiunge cupa. « Una rapina,se vuole sapere la mia opinione» .« Mi chiedo da dove prendesse i soldi» , dico ad alta voce. È una cosa a cui ho

pensato. Non mi sorprende sentire che Tatty fosse una donna facoltosa: avevaoggetti di valore e poteva permettersi di pagare un’agenzia per un’ infermierache si occupasse di lei durante gli ultimi mesi. Ma come aveva guadagnato queisoldi? Questo è ancora un mistero.« Non gliel’ho mai chiesto» , replica Mary Moore, un po’ caustica. « Erano

affari suoi, non miei» .« E non aveva qualcun altro che l’aiutasse? Qualche parente?»« No. Si è rivolta all’agenzia dopo una caduta. Mi ha fatto lei stessa il

colloquio, ne aveva viste già altre cinque o sei. Io ero l’ultima della lista» .Qualcosa nel modo in cui lo dice suscita la mia curiosità. Cos’è che era

piaciuto a Tatty di Mary Moore? Perché aveva scelto questa donna tra le altreaffinché si prendesse cura di lei?« Il colloquio si è svolto a casa sua?» , le chiedo, sperando che mi descriva

dove viveva Tatty e mi fornisca più dettagli sulla sua vita. Adesso sembra persanei ricordi e ha abbassato la guardia. Questo gioca a mio favore perché ho lasensazione che abitualmente non sia di manica larga con le informazioni.« Sì. Non lo dimenticherò mai» . Ride mestamente. « Viveva in una bellissima

casa georgiana, dalle parti di Merrion Square. Non avevo mai visto niente delgenere prima» .« Sembra notevole» . So che le case in quella zona sono alquanto esclusive, per

la maggior parte ville a tre piani.« Sì, lo era. Assolutamente non adatta a una persona convalescente, con tutte

quelle scale. E glielo dissi anche» .« Durante il colloquio? Davvero coraggioso da parte sua!» .Ride e si china ancora una volta per accarezzare i cani. « È quello che disse

lei… che avevo le palle. Dio, mi fece davvero ridere! Tatty aveva unmeraviglioso senso dell’umorismo» .« Ma non aveva una famiglia? Proprio nessuno?» , chiedo. Non voglio parlare

della lettera che ho trovato nella borsa di Tatty, non ancora.

Mary fissa i suoi occhi verdi su di me. « Nessuno che io abbia mai incontrato,no» , risponde. « Non ci sono state visite durante il mio periodo lì. Ma è unacosa che succede sempre. La gente si dimentica dei vecchi. Diventanoinvisibili» .Distoglie lo sguardo e capisco che, malgrado l’atteggiamento da dura, questo

la rende triste. Se lavora in una casa di riposo, ne sa molto più di altri suglianziani e sul modo in cui vengono messi da parte quando avanzano l’età e lemalattie. Un’ immagine di Ruth mi si affaccia nella mente, nonostante sia benlontana da quella del vecchio pensionato medio. Lei è forte e sana… ma se la suasalute fosse precaria, le cose potrebbero essere ben diverse e il pensiero mi farabbrividire.A quanto pare Tatty Moynihan era piuttosto isolata e sola. Niente famiglia né

visitatori. Cosa può essere successo che l’ha tagliata fuori dal mondo? E cosane sarà stato dell’ innamorato che le aveva scritto la lettera?D’un tratto, Mary si sporge verso di me. Il sospetto è tornato sul suo viso

abbronzato.« Perché vuole sapere tutte queste cose? Cos’ha a che fare con lei?» , chiede.

« Sta facendo un sacco di domande su Tatty solo perché ha trovato una borsa cheforse le apparteneva. Cos’è che cerca veramente?» .Capisco subito che devo confessarle perché sono qui. Altrimenti verrò buttata

fuori, con i cani alle calcagna. In un istante decido che devo dirle la verità. Leinon è come l’avvocato Dermot Browne, al quale sembrava non importasseniente della vecchia signora ma solo di essere pagato. D’accordo, dubito cheTatty abbia confidato a Mary il suo antico amore: da quello che mi pare dicapire, ha tenuto nascosta gran parte della sua vita agli altri. Ma, dal modo incui parla di lei, si vede che Mary teneva molto a Tatty. Avevano un rapporto chetrascendeva il denaro o qualsiasi accordo professionale. Erano amiche.Mostrarle la lettera non sarà un tradimento.Faccio un respiro profondo. « Ho trovato una lettera. Nella borsa» , rispondo.« Una lettera? Che tipo di lettera?» . La sorpresa le corruga la fronte

abbronzata.« La lettera di un suo vecchio innamorato. Ecco, la legga lei stessa» .La faccio scivolare sul tavolo verso di lei e la guardo mentre la legge,

tenendosi una mano sulla gola.« Oh» , è tutto ciò che dice. Ma c’è un profondo rammarico nella sua voce. È

rimasta colpita dalla lettera tanto quando me, lo vedo.« So che probabilmente sembrerà folle, ma da quando l’ho trovata, ho sentito

una specie di… legame con Tatty. Ecco perché ho cercato di saperne di più dilei. Ho chiamato Dermot Browne e così sono arrivata a lei, ma, a dire la verità,non so bene cosa sto cercando» .Mary Moore mi osserva pensierosa. « Be’ , in base alla mia esperienza» , dice

adagio, « qualcuno che sta cercando qualcosa e non sa cosa di solito ha persoqualcosa e cerca di compensare» . Mi guarda talmente fisso che sento un rossorerisalirmi dal petto fin sul viso. « Perciò, Coco Swan, la domanda è: cos’è che haperso?» .La guardo, non sapendo come rispondere né cosa dire. Ma, cosa inquietante,

l’ immagine di mia madre mi si affaccia alla mente. « Non so cosa intende. Sonosolo curiosa, tutto qui» .« Uhm…» . Mi sorride, poi guarda il forno quando il timer suona per avvertire

che le focaccine sono pronte. « Sa che le dico? Prendiamoci una tazza di tè, vabene?» .

Mezz’ora dopo, Mary Moore e io stiamo chiacchierando come vecchie amiche.Ho già preso due delle sue deliziose focaccine, grondanti burro fuso emarmellata fatta in casa, e ne sto masticando una terza, ancora calda di forno.« Da quello che dici, sembra che Tatty fosse molto elegante» , esclamo tra un

boccone e l’altro.« Già» , risponde Mary. « Aveva stile. Era molto puntigliosa riguardo al

proprio aspetto, nonostante fosse confinata in casa» .« Davvero?»« Oh, sì. Ha voluto che le facessi i capelli e il trucco fino alla fine. Aveva

un’ incredibile struttura ossea… deve essere stata una vera bellezza ai suoitempi. I suoi zigomi avrebbero tagliato il vetro. Sai chi mi ricordava?Quell’attrice rossa di Un uomo tranquillo e Miracolo nella 34a Strada. Comesi chiamava?»« Maureen O’Hara?»« Sì! Era esattamente come lei. Amava anche la musica e aveva una bellissima

voce» .« Cantava?»« Di continuo. I vecchi successi, li chiamava lei. Le dicevo che doveva fare un

provino per X Factor!» . Quel ricordo le strappa una risatina.« E lei cosa rispondeva?»« Oh, si metteva a ridere. Sempre sorridente, anche quando ha iniziato a

scendere la china. Ed era una tale signora. E io posso ben dirlo: ho lavorato perun sacco di donne che non lo erano affatto» .Grazie ai vividi dettagli con cui Mary mi sta descrivendo Tatty, riesco quasi a

immaginarmela. Mi rattrista un pochino il fatto che non la conoscerò mai.« Chissà perché non si è mai sposata né ha avuto figli» , mi chiedo con un

piccolo sospiro. Tatty sembra un personaggio talmente incredibile, quindi comeha fatto a finire tutta sola, con un’ infermiera come unica compagnia?« Un sacco di persone restano sole, Coco. Non è così insolito» , risponde

Mary. Un’espressione malinconica le passa sul viso e poi scompare.Ha ragione, naturalmente. Non tutti trovano qualcuno di speciale. Forse Tatty

non è più tornata insieme all’uomo misterioso. Magari la stessa Mary non hanessuno di speciale nella sua vita. Se ci penso, neanche io in questo momento.Chi dice che mi ricapiterà? Il pensiero mi turba e stranisce.Guardo Mary dividere una focaccina tra i cani. Una volta che l’hanno divorata

tutta, li allontana dolcemente. Loro si ritirano in un angolo della stanza, doveuna vecchia brandina di tartan è incastrata tra un cassettone di pino e il frigo. Visi arrampicano sopra, girandosi e rigirandosi fino a trovare una posizionecomoda, un groviglio di pelo e nasi umidi.« Non posso fare a meno di chiedermi chi sia l’uomo che ha scritto a Tatty» ,

continuo. « Cosa ne è stato di lui? Chiaramente significava moltissimo per lei,se ha tenuto il biglietto tutto questo tempo» .Mary abbassa nuovamente lo sguardo sulla lettera, ancora posata sul tavolo in

mezzo a noi, come il messaggio di un’altra epoca. « Non lo so» , dice perplessa.« Non mi ha mai detto niente di lui, neanche verso la fine. È allora che la genteconfida quello che ha nella mente. Spesso capisco che non resta molto tempoquando le persone chiedono di altri che sono spirati prima di loro. Ma lei nonha mai nominato quest’uomo» .« Eri con lei quando è morta?»« Sì. Era in ottima salute prima della caduta, perciò questo l’ha aiutata per un

po’ in seguito. Ma il declino è stato rapido. Sono stata lì sei mesi prima chefosse costretta a usare la sedia a rotelle per tutto il tempo. E poi ha avuto lapolmonite…» . Le viene meno la voce. Nel silenzio, sento i cani che, giàaddormentati, russano sommessamente.« Mi dispiace, Mary. Si vede che tra voi c’era un legame molto forte» .« Sì, è vero» . Alza la testa e mi rivolge uno sguardo triste. « So che ero lì per

prendermi cura di lei, ma a volte mi sembrava il contrario» .« Davvero? Perché?» .

Fa una lunga pausa. « Era una persona speciale» , spiega. « Avevamo un… qualè la parola che hai usato? Un legame. Non capita con tutti i pazienti, ma Tattyera diversa» .« È strano che lo senta anch’ io, nonostante non la conoscerò mai. Sembra un

po’ folle, vero?»« Non proprio» , risponde Mary scrollando le spalle. « Ognuno sente quello

che sente. La domanda è: cosa ne farai della lettera adesso?»« Non lo so» .« Be’ , cosa senti? Non fermarti a pensarci, dimmelo e basta. Di’ qualsiasi cosa

ti passi per la mente» .« Sento il bisogno di andare dove mi porterà» . Ecco la verità: non so perché mi

senta obbligata a scoprire di più, lo sento e basta. Non riesco a spiegarlo, ma ècome se qualcosa, o qualcuno, mi spingesse ad andare avanti. Sì, Ruth e Karl mihanno incoraggiata a indagare, ma non è quello, non del tutto, per lo meno. Laborsa e la lettera hanno qualcosa che ha catturato la mia immaginazione. E nonriesco a scrollarmi di dosso la sensazione, adesso più che mai, che abbia a chefare con mia madre.« Continua, non fermarti» , dice Mary, versandomi un’altra tazza di tè.« Be’… guarda, sembrerà da pazzi, ma mia madre amava Chanel. Aveva delle

perle, proprio come quelle di Coco, che non si toglieva mai» .« È per questo che ti ha chiamata Coco?»« Sì» . Alzo gli occhi al cielo, imbarazzata come sempre da questa spiegazione.

« A ogni modo, morì quando avevo quasi tredici anni, prima che riuscissi aconoscerla bene. Non posso fare a meno di pensare che… sia stata lei a mandarmiquesta borsa per una ragione» .« Come se ti stesse sussurrando all’orecchio?»« Proprio così! Assurdo, vero?»« No, non lo è» , dice Mary. « Nella mia vita ho visto abbastanza da non

escludere niente a priori. Tutto è possibile, Coco. Dovresti seguire il tuo cuore,vedere dove ti porta» .« Ma non vedo proprio dove possa portarmi» , replico un po’ accigliata. « Cioè,

Tatty non c’è più e non c’è modo di scoprire chi abbia amato, no? E anche sequest’uomo fosse vivo e riuscissi a trovarlo, cosa potrei ricavarne?»« Immagino che ci penserai quando sarà il momento» , dice Mary.Poi mi sovviene qualcosa. « Forse, se fosse vivo, potrei dargli la lettera e

questo lo renderebbe felice, gli regalerebbe un sorriso. Potrebbe essere unbellissimo regalo riportargli alla mente Tatty e fargli rivivere quello speciale

momento del suo passato» .Suona un po’ debole, perfino alle mie orecchie.Ma Mary non sembra pensarla così. D’un tratto il suo viso si increspa in un

largo sorriso. « Ah, adesso ho capito. Sei semplicemente un’ incurabileromantica» , dice.« No, non è questo» , protesto. « È solo, sai…» .« È solo» , finisce lei per me, « che pensi che la vita possa avere momenti magici

e vuoi regalarne uno a questo anonimo vecchietto che amava Tatty» . Inarca lesopracciglia. « Non è che per caso sei tu stessa alla ricerca dell’amore?» .La sua franchezza è snervante. E si sbaglia, naturalmente. Non sto cercando

l’amore. Sono assolutamente felice così.« Be’ , di certo Tatty ti aveva inquadrata bene» , dico.« Cioè?»« Hai le palle, questo è sicuro» .Tutte e due scoppiamo a ridere.« Ah! Ma ci ho preso?» , mi stuzzica. « O hai già trovato l’amore della tua

vita?»« Di recente ho rotto con una persona, in realtà, quindi tecnicamente sono

giovane, libera e single» .La faccia di Mary si affloscia, come se temesse di avermi offesa. « Oh, mi

dispiace, Coco. Non intendevo parlare a sproposito» .« È tutto a posto, sul serio» , la rassicuro. « Sono stata io a lasciarlo, era la cosa

giusta da fare. Eravamo amici più che altro» .« Niente passione?» . Fa una smorfia buffa.« Non troppa, no» . Rido mestamente. Tra Tom e me non c’è mai stata quella

passione travolgente che sembra esserci nelle altre coppie. All’ inizio Cat eDavid non riuscivano a staccarsi le mani di dosso. Hanno ancora quellascintilla. Ma a me non è mai capitato con nessuno.« Be’ , forse c’è una storia passionale proprio dietro l’angolo» , dice.« Ne dubito» .« Perché dici così?»« Perché penso che o si è quel tipo di ragazza oppure no. Io non lo sono» .« Questo non lo so. Ma non dovresti avere troppa fretta di incasellarti. Sembri

piuttosto appassionata a questa borsa e alla lettera» .« È diverso» , ridacchio.« Come mai?»« Be’… per essere appassionati in amore, diciamo che bisogna lasciarsi andare,

dico bene?»« E tu non lo fai?»« Eh, no, mi sa di no» .« Be’ , forse è qualcosa che puoi imparare a fare. Sai, rischiare di più» .« Forse» .« Penso di sì. Io non darei già per spacciata la passione» .Ci scambiamo un sorriso.« Mary, perché a volte è più facile parlare con uno sconosciuto che non con la

famiglia o gli amici?» . Non riesco a credere di aver avuto una conversazionecosì profonda con una donna che a stento conosco. Non è affatto da me.« Non ne ho idea» , risponde con un ghigno. « È la vita, direi. Ma un problema

condiviso è un problema a metà. Io credo questo» .« Grazie per aver parlato con me, Mary» , dico, sporgendomi per abbracciarla.

« Meglio che vada. Ma ti lascio il mio numero nel caso ti venga in mentequalcosa che potrebbe aiutarmi a trovare quest’uomo» .« Sai, c’era qualcuno di cui parlava» , dice Mary all’ improvviso. « Ma non so

se sia rilevante» .« Va’ avanti» .« Aveva un’amica in Inghilterra… si scrivevano di tanto in tanto. Si parlava

perfino di una visita, ma Tatty continuava a rimandare. Voleva tenere tuttiquanti a distanza quando è diventata molto debole. Era così orgogliosa… nonvoleva la pietà di nessuno» .Il mio cuore si gonfia di speranza. Forse questa è un’altra pista. « In Inghilterra

dove?»« Londra. Tatty viveva lì un tempo, quando era molto più giovane. Ho avuto

l’ impressione che avesse lasciato l’ Irlanda dopo una lite con i genitori, anchese non l’ha mai detto esplicitamente» .« Ricordi il nome di questa amica?»« Sì, si chiamava Bonnie Bradbury. Il nome mi è rimasto impresso. È un’attrice,

a dire il vero, e lavora ancora, anche se ormai deve aver superato la settantina,direi» .« Mai sentita» .« Non è famosa ma recita in teatro, questo lo so. Nelle lettere si parlava sempre

moltissimo di un teatro… Oh, com’è che si chiamava?» . Aggrotta la fronte perla concentrazione. « Il Parlour! Ecco. È a Farringdon» .« Ti ringrazio tantissimo, Mary. Magari posso cercarla, vedere se sa dirmi

altro» .

« Oh, fallo!» , dice Mary, stringendomi forte quando ci salutiamo sulla porta.« Povera donna, mi sono sempre sentita così in colpa. Tatty ha lasciatoistruzioni severissime riguardo al proprio funerale, sai… non voleva che cifosse nessuno. Povera Bonnie, non ha saputo che era morta fino a quando non èstato troppo tardi per venire» .« Oh, davvero?» .Mary annuisce tristemente. « Voleva le cose a modo suo, quella era Tatty. A

ogni modo, fammi sapere cosa scopri, va bene? Adesso che so di questa letteramisteriosa, voglio saperne di più anch’ io» .Arrivata al cancello, saluto Mary con la mano e salto in macchina. Ma non vado

dritta all’autostrada e a casa. Guido invece lungo il canale, in direzione diMerrion Square. Passando davanti ai bellissimi palazzi georgiani, dalle cui altefinestre guizzano luci calde, immagino Tatty che sale gli scalini verso la suaporta d’ ingresso, la borsa Chanel sotto il braccio. E sento all’orecchio la vocedi mia madre, come ha detto Mary, che mi dice di andare avanti.

Capitolo 9

Tutti i partecipanti alla mia lezione di riuso creativo lavorano allegramente aipropri progetti nella piccola stanza accanto al negozio. C’è un brusio diappagata attività e nell’aria l’aroma delle diverse vernici e colle che ciascunosta usando per riportare in vita i propri mobili malandati. Mentre vado da unoall’altro, fornendo consigli o incoraggiamento, penso a quello che ho saputo diTatty da Mary Moore.Quando sono tornata dalla città, Ruth e io abbiamo cercato Bonnie Bradbury

su internet. Il sito del Parlour Theatre descriveva una piccola compagnia localenei pressi di Farringdon. C’erano alcune foto di gruppo sfocate e riferimenti airuoli interpretati da Bonnie Bradbury nelle recenti produzioni, ma nessun’altrainformazione su di lei.« Coco, sei lontana mille miglia oggi!» , sento dire a qualcuno che mi si

avvicina.È Lucinda Dee che mi guarda sorridendo e mi rendo conto che ha ragione… ero

davvero lontana, impegnata a fantasticare su Tatty. « Scusa, Lucinda, cosa stavidicendo?»« Ho detto che non so se abbia l’aspetto giusto. Cosa ne pensi?» .Si allontana dal cassettone appena dipinto e osserva la particolare sfumatura di

verde mela che ha applicato. L’ indecisione le corruga la fronte. Il foulard ascacchi bianco e nero che a volte porta sulla testa durante le lezioni è chiazzatodi verde, così come la tuta da lavoro sbiadita. Raccomando caldamentel’abbigliamento informale: non ci si può immergere completamente in unprogetto con addosso bei vestiti. Bisogna stare comodi e non aver paura dipasticciare. Forse questo è un altro motivo per cui sono così contenta qui…posso mettere i miei vestiti più sciatti e sentirmi del tutto a mio agio.« Mi piace» , rispondo con sincerità. A lezione cerco di essere onesta con tutti.

Ciascuno ha i propri gusti, naturalmente, perciò le variazioni su un temapossono essere infinite, ma se vedo qualcosa che mi sembra sbagliato, lo dico.« Non lo so, c’è qualcosa che proprio non mi convince» , dice. « Il colore è un

po’ troppo sgargiante? Forse avrei dovuto aggiungere più bianco nel verde,smorzarlo un po’…» . Inclina la testa da un lato e si mette le mani sui fianchi,analizzando la propria opera.« Be’ , se avessi scelto un articolo di qualità come il mio, non avresti questo

problema» , osserva il perfezionista Harry Smith da un angolo della stanza, dovesta oliando con amore il suo mobile di mogano.« Oh, chiudi il becco» , replica Lucinda bonariamente. « Almeno il mio non è

noioso» .« Sì… almeno non lo è» , dice lui, rivolgendole un sorrisetto con fare

competitivo.Lucinda prende il pennello e finge di minacciarlo.« Su, su, calmatevi» , dico ridendo. Quei due si punzecchiano di continuo,

anche se, in fondo, sono molto affezionati l’uno all’altra.Mi rivolgo a Lucinda. « Sai cosa? Non credo che le maniglie siano giuste.

Forse è quello che non ti convince. Un color panna andrebbe molto meglio conil verde. Devo averne qualcuna in negozio, ne sono quasi sicura» .« Oh, sì! Capisco cosa intendi» , dice, con il viso che si apre in un ampio

sorriso. « Avrebbe un aspetto decisamente migliore se le sostituissi. Grazie,Coco!» .« Fammi andare a controllare. Torno tra un secondo» . Mi avvio in negozio e

tiro fuori da sotto il bancone la grande scatola di cartone in cui tengo tutte lecianfrusaglie che non butto mai. C’è una serie di maniglie da qualche parte.Ricordo di averle svitate da un vecchio comò qualche mese fa.Proprio quando le individuo, incastrate sotto a un rotolo di nastro adesivo

industriale, la campanella del negozio suona e mi alzo in tempo per vedere Catentrare. Oggi indossa un tailleur pantalone verde chiaro di ottimo taglio, unpaio di orecchini di diamante, una semplice camicia di seta panna e tacchialtissimi di vernice nera. Ha i capelli legati in un morbido chignon. I suoi occhiviola sono sottolineati da un eyeliner color oro e la pelle è perfetta come sempre.Quando si porta gli enormi occhiali da sole sopra la testa, vedo l’unica cosa cheè leggermente fuori posto con il suo aspetto: ha le occhiaie. Non puònascondere la stanchezza, neanche con il correttore applicato dalla sua manoesperta.« Ciao» , la saluto, felice che sia passata. Non ho ancora avuto modo di parlarle

della mia visita a Mary Moore e non vedo l’ora di raccontarle i particolari.« Ciao» , risponde cupa.« Non sembri molto allegra. Cosa c’è?»« Oh, niente. Solo la solita merda a nove carati che è la mia vita» .« Cos’è successo?»« Da dove vuoi che inizi?» . Fa una smorfia. « Ho appena avuto un’altra mega

discussione con lo chef, tanto per cominciare» .

« Ancora non si smuove per quanto riguarda il menù?» .La disputa sui cambiamenti al menù del ristorante è cresciuta in modo

esponenziale, e né Cat né lo chef del Central sono disposti a cedere di uncentimetro.« No. Non vuole mollare quel dannato pollo né il manzo. Gesù, aiutatemi!» .« Ma c’è gente a cui piacciono pollo e manzo» , arrischio. « Non è una cosa

tanto brutta» .« Non è nemmeno bella, che cavolo» , dice. « L’albergo deve essere trascinato

nel ventunesimo secolo. Serviamo ancora la stessa merda che abbiamo mangiatoal nostro ballo delle debuttanti, Coco! E quello è stato un miliardo di anni fa» .« A me il pollo piace» , ribatto, « e non ho un miliardo di anni, scusa tanto» .

Ma forse non ha tutti i torti: l’albergo servì qualcosa di simile al ballo deldiploma della nostra scuola, che sembra davvero secoli fa.« Be’ , penso che dovremmo iniziare a essere più coraggiosi» , dice con fare

ribelle. « Provare nuove cose» .« Tipo?»« Non lo so! Qualsiasi cosa! Sushi!» .« Vuoi servire sushi al ristorante? Non so come la prenderebbero» , scherzo.« Già, probabilmente mi caccerebbero dalla città se ci provassi. Sarei

giustiziata all’alba» . Alza gli occhi al cielo.« Magari potresti organizzare una serata asiatica» , propongo. « Solo una volta

alla settimana» .« Huh! Lo chef non vuole fare neanche gli involtini primavera. Non ho

speranze. E mio padre è d’accordo con lui. Dice che “ dobbiamo tenere a mente ilnostro mercato”. A volte ho la sensazione di battere la testa contro un muro dimattoni. Sono io la responsabile o no?»« Ma forse tuo padre ha ragione» , dico. « La gente del posto sa cosa

preferisce» .« Be’ , io penso che alla gente serva qualcosa di diverso. Nessuno voleva

neanche che rimodernassi, ma adesso piace a tutti» .« Ehi, non prendertela. Cercavo solo di aiutarti» , dico.« Scusa, Coco. Oggi sono un fascio di nervi» . Fa un grosso sospiro. « Ho

litigato anche con Mark» .Faccio una piccola smorfia quando sento il nome di Mark. Da quando l’ho

visto parlare con Sean O’ Malley, ho l’ intenzione di fare una chiacchierata conlui, ma la borsa di Tatty e la lettera mi hanno distratta. « Cos’è successo?»« Questa settimana è arrivato tardi a cena tutte le sere, e i suoi voti a scuola

sono finiti nello scarico. Non riesco proprio a comunicare con lui» .« E quale pensi sia il motivo?» . Ho quasi paura della risposta. Mi sento in

colpa per non essermi presa del tempo per chiedere a Mark se ci sono problemi.Forse dovrei semplicemente dire a Cat quello che ho visto. Ma nello statod’animo in cui è, potrebbe perdere del tutto le staffe. Potrei rendere la situazioneun milione di volte peggiore, e inutilmente. La chiacchierata tra Mark e Seanpotrebbe essere stata una coincidenza, e non avere niente a che fare con il modoin cui il ragazzo si comporta ultimamente. Devo saperne di più prima di fare laspia.« Be’ , mi sono documentata e, a quanto pare, il suo comportamento fa parte del

tentativo di distaccarsi da me» .« Distaccarsi da te? Mi sembra strano» .« Sì, ma ha senso, credo. È quasi un uomo. È naturale che voglia tagliare il

cordone, ribellarsi e cercare la propria identità. È quello che dicono i libri» .Sono tentata di dirle che mi sembrano un mucchio di stronzate, ma sento che

non posso farlo. Non ho figli miei: chi sono io per dare consigli?« Esatto» , dico. « Immagino che gli esperti ne sappiano di più. Sono convinta

che ne verrai fuori» .« Non so se ci riuscirò. È come se avesse deciso di odiarmi, come se avesse

spostato una levetta e pigiato il tasto “ detesta tua madre”» .« Be’ , se lo ha fatto, sono sicura che tornerà come prima altrettanto alla svelta.

Tutti gli adolescenti passano questa specie di cosa… è un rito di passaggio» .« Ma se non lo fa, Coco?» , dice scoraggiata.« Sono più che convinta che tu debba solo aspettare» , replico. « Attraverserà

questa fase e ne uscirà. Poi vi guarderete entrambi indietro e vi farete unarisata» .« Spero che tu abbia ragione» , dice tetra.« È così» . Le sorrido.Proprio in quel momento, Lucinda fa capolino dalla porta. « Oh, Cat, non

sapevo che fossi qui» .« Oh, Lucinda, scusa se ho monopolizzato l’ insegnante!» , dice Cat in tono

vivace, affrettandosi a nascondere la preoccupazione.Lucinda ride. « Nessun problema… dispiace a me per aver interrotto voi due.

Volevo solo quelle maniglie, Coco, se le hai» .« Eccole qui» . Gliele passo. « Torno tra un paio di minuti, di’ agli altri che

non li ho abbandonati» .« Fa’ pure con comodo, Coco. Sono in grado di gestirli se escono dai ranghi!» .

Lucinda scompare per tornare al suo comò.Mi rivolgo a Cat. « Non preoccuparti per Mark. Ripenseremo a questo momento

e ne rideremo, te lo assicuro» .« Tu dici?»« Certo! Sto già ideando il suo ventunesimo compleanno. Farò un discorso

imbarazzantissimo sul fatto che è stato un adolescente scontroso. Probabilmenteallora avrà una ragazza… morirà dalla vergogna» .« In realtà, David pensa che possa già esserci in ballo una ragazza» .Una lampadina mi si accende nella testa: questo potrebbe essere il motivo per

cui è così lunatico. Forse il fatto che parlasse con Sean non significa niente.« Per l’appunto. Un problema di ragazze potrebbe spiegare i suoi alti e bassi» .« Forse. È impossibile saperlo quando non riesco a cavargli una sola parola.

Praticamente comunica a monosillabi. Mi sta facendo ammattire» .« Cosa? Il fatto che possa avere una ragazza?»« Sì» , annuisce. « Se esce con qualcuno, significa che fa sesso!» .« Ah, no, è troppo giovane per quello!» .« Ha quindici anni, Coco» .« Dio» .« Già. Dio» , ribatte dolente. « Voglio dire, non sono abbastanza adulta per

gestire una cosa del genere» .Ridiamo entrambe fiaccamente.« Gesù» , dice alla fine Cat, « non so perché sto ridendo… questa è roba seria» .« Non preoccuparti. Mark starà bene. È un ragazzo assennato. Sono certa che

stia facendo scelte giuste» .« Come ho fatto io?» . So che si riferisce alla sua precoce gravidanza. Malgrado

tutto il suo successo, non riesce a dimenticare cosa ha dovuto affrontare durantequel difficile periodo. L’ha plasmata come persona, come la morte di mia madre ele conseguenze hanno plasmato me.« Smettila di darti addosso» , dico. « Allora era allora, e adesso è adesso» .« Tutto quello che so è che non vedo l’ora che vada in Spagna con la scuola…

ci serve una pausa l’uno dall’altra» . I suoi occhi si riempiono di lacrime.« Su, coraggio» . Mi fa così male vederla turbata.« Mi dispiace» . Tira su con il naso. « È solo che mi sento orribile per averlo

detto ad alta voce. Odiavo stargli lontana e adesso non vedo l’ora che parta.Non è tremendo? Non avrei mai pensato che le cose finissero così, con noicontinuamente ai ferri corti» . Cerca di ricomporsi.« Ascolta, Cat, credo che tu abbia bisogno di una serata fuori. Perché tu e

David non organizzate un’uscita serale? Penso io ai gemelli» .Le si illuminano gli occhi. « Davvero? Mi piacerebbe così tanto… non ne hai

idea» .« Nessun problema. Puoi chiedermelo quando vuoi» .Si affretta ad abbracciarmi. « Grazie, Coco. Lo apprezzo davvero. Scusa se

continuo a sfogarmi con te» .« Lascia stare. Sai che puoi sempre passare a fare due chiacchiere, in qualsiasi

momento» .« In realtà, c’è un altro motivo per cui sono qui» . Si schiarisce la voce e assume

un’aria ancora più seria.« Accipicchia, cosa c’è adesso?»« Riguarda Tom» . Fa una pausa teatrale prima di continuare. « Ho incontrato

sua madre al supermercato» .« Che fortuna» . Faccio una smorfia. La madre di Tom non è mai stata la mia fan

numero uno. Ho sempre avuto la sensazione che disapprovasse le mie origini:figlia di madre single, padre ignoto. Il mio pedigree non è esattamente di altaqualità.« Coco, spero che tu non ci rimanga male, ma mi ha detto qualcosa che devo

dirti prima che lo faccia qualcun altro» . Fa un’altra pausa. « Tom sta uscendocon una persona. Una neozelandese» .« Oh, bene» .Sondo un pochino dentro di me, cercando di capire come mi fa sentire la

notizia. Non sono sorpresa, certo che no. Me lo aspettavo. Eppure.« Stai bene?» . I suoi occhi scrutano il mio viso.« Sì, assolutamente» . Mi rendo conto, con un’ondata di sollievo, che è la

verità. « Perché non dovrei?»« Be’ , perché è stato un po’ troppo veloce, non credi?» , dice seccata.« Sono stata io a rompere con lui, ricordi?» , le rinfresco la memoria. « La cosa

non può esattamente farmi stare male. Sarebbe ipocrita, come minimo» .« Poteva almeno avere la delicatezza di fingersi disperato un po’ più a lungo» ,

sbuffa sdegnata.Cat è sempre stata protettiva nei miei confronti. Non so bene perché… forse

perché lei era quella bella, quella popolare a scuola. So che la gente ha semprepensato che le reggessi lo strascico, anche se lei non mi ha mai fatto sentire così.« A dire la verità… mi fa piacere che abbia trovato qualcuno» , dico.« Ti fa piacere?» , ripete Cat, guardandomi come se avessi perso completamente

la ragione.

« Sì, mi fa sentire meno in colpa. Se è andato oltre, significa che mi hadimenticata» .« Non necessariamente» .« Sì, necessariamente» , dico.« Solo perché ha rapporti sessuali con un’altra donna non vuol dire che ti

abbia dimenticata, Coco» .« Penso che significhi proprio questo» , dico. « Mi ha dimenticata. Capitolo

chiuso. Possiamo andare avanti» .« E cosa mi dici di te?»« In che senso?»« Quando andrai avanti con qualcun altro?»« Per favore. È troppo presto per pensarci» .« Per lui non è stato troppo presto. Ho sempre pensato che voi due fosse una

coppia perfetta. Questa storia non ha senso» .« Ascolta, Cat, sono assolutamente felice così, va bene?»« Ok. Bene, non dico altro» . Sospira. Un sospiro grande e grosso che le arriva

dalla punta dei piedi. « Cosa ne so, poi? Gli uomini sono un mistero per me» .« Ma se non hai che uomini nella tua vita» .« Sì, ne sono circondata. E continuo a non saperne niente. Valli a capire» .Mi guardo indietro, ben sapendo che Lucinda e il resto della classe si staranno

chiedendo dove sono. « Sarà meglio che torni dentro» , dico. « Dio sa cosastanno combinando. Sono come un branco di adolescenti» .« Non dirlo, per amor del cielo» , dice alzando gli occhi al cielo. « Chiamami

dopo, va bene? Voglio sapere della tua spedizione nella grande città. Haiscoperto altro sulla borsa?»« Proprio così. Ti aggiorno più tardi» .« Fantastico. Posso vivere una vita parallela grazie a te» . Poi, con un

brevissimo sorriso, se ne va.Mentre me ne torno in classe, l’ immagine di Tom mi appare nella mente. È

difficile pensarlo con un’altra, ma mi fa piacere per lui. Non è il tipo che vuolerestare solo. Stento io stessa a credere di non essere granché turbata dallanotizia, ma sono talmente presa dalla storia di Tatty che mi riesce difficileconcentrarmi su qualsiasi altra cosa.Tom non era il mio vero amore, questo lo so. Per lo più mi sembrava un buon

amico, a volte perfino un irritante fratello. Quando mi guardo indietro, pensoche uscissi con lui perché era disponibile e… innocuo. Questo non mi ricopredi gloria, lo so, ma Tom era gentile, pacato e prevedibile: un uomo di routine e

principi morali. Era sicuro.Mi avvicino alla porta, dove mi appoggio allo stipite, guardando la mia classe

al lavoro. Qualcuno chiacchiera, altri sono concentrati. Sono tutti quantisposati o vedovi. A volte mi sento l’unico salmone in città: nuotocontrocorrente, vado ostinatamente contromano. Sorrido tra me. Devo dirlo aCat – l’unico salmone in città – farle fare una risata. Il risultato è che sonocontenta per Tom, sì, ma provo anche qualcosa che non riesco a definire. Nonproprio delusione, ma forse… un po’ di solitudine. Amore e matrimonio. Cosafai se arrivi a trentadue anni e non li hai?

Capitolo 10

Quasi non riesco a credere che siamo già a ottobre, tempo per un’altra vetrina.Non so bene come sia iniziata la tradizione di un allestimento nuovo il primogiorno di ogni mese, ma è diventata un’abitudine dello Swan’s. Ho iniziato aoccuparmene saltuariamente quando ero più piccola e mi sono subito resa contoche amavo farmi venire idee originali che rendessero le vetrine irresistibili. Nelcorso degli anni, i miei allestimenti sono diventati piuttosto popolari e unsacco di gente del posto si fa un dovere di passare qui davanti o entrare il primodel mese, solo per vedere cosa ho fatto.Ruth a volte teme che adesso le aspettative siano un po’ troppo alte, e che per

me possa diventare più che altro uno stress, ma io non la vedo così. Amolavorare dietro al lenzuolo appeso sulla vetrina, così nessuno può vederla fino ache non è perfetta. Lavorare in un mondo quasi crepuscolare, senza guardarel’ora, concentrarmi nella creazione di qualcosa di bello, è ancora avvincente,molto divertente e gratificante.Mi siedo sui talloni ed esamino cosa ho fatto fino a ora. Sto cercando di creare

un luogo fatato invernale per celebrare l’arrivo della stagione fredda. Hodrappeggiato un telo bianco inamidato come sfondo. Poi, ho messo unosull’altro degli antichi portagioie di legno, rivestendoli di satin bianco. Hodisposto in ciascuno dei gioielli, lasciando sporgere alcuni fili di collane d’orobianco, in modo che diano ai clienti un allettante scorcio di cosa c’è dentro.Oltre ai portagioie, ho inserito una sedia con inginocchiatoio che hotappezzato con del lino bianco. Non credo che qualcuno le usi più per pregare,ma fanno ancora la loro figura in camera da letto. Poi ho ammucchiato unaselezione di vecchi libri rilegati in pelle, aperti per mostrare le paroleall’ interno. In cima a essi, ho sistemato degli uccellini di legno, perrappresentare i passeri che si raccolgono sempre ai piedi del monumento quifuori. Ho dato agli uccelli una mano di vernice argentata e ho cosparso tuttoquanto di glitter iridescente, per dare alla scena un vero aspetto ghiacciato.Adesso mi fermo ad ammirare l’effetto.Sono davvero soddisfatta, quasi esattamente quello che avevo sperato. Amo

quando succede, quando la visione che ho in mente prende forma. Ho ancoraqualcosina da perfezionare prima di poterla svelare, tuttavia; non è ancoracompleta. Mi serve un pezzo centrale di grande effetto che leghi il tutto… una

composizione di grosse candele da chiesa potrebbe andare bene, magariinstallata sulla slitta di legno per bambini che abbiamo in negozio. Darebbe allavetrina un vero tocco antiquato, quasi magico. Ma in questo preciso momento,mi serve una pausa.Alzandomi per stiracchiare le gambe, sbircio al di sopra del lenzuolo.

Dall’altro lato della strada, Karl sta parlando animatamente con un cliente. Èprobabile che gli stia spiegando la differenza tra i diversi tagli di carne. Puòscaldarsi parecchio in merito a queste cose. Lì di fianco, il laboratorio di Victorè ancora chiuso. Povero Victor, ha decisamente un problema con il gioco. Hacercato di nasconderlo a tutti, ma perfino io vedo che ormai non esce più dallasala scommesse. Accanto al suo malandato locale, Nora del Coffee Dock staspazzando il vialetto con un’espressione truce. Chiaramente le cose tra lei ePeter non vanno per il meglio.L’ improvviso colpo alla porta mi fa sobbalzare. È Ruth, avvolta in un giaccone

Puffa rosso acceso, e mi sta sorridendo.« Posso dare un’occhiata?» , esclama mentre apre la porta del negozio ed entra,

seguita da una folata di aria gelida. Il tempo ha decisamente preso una svoltainvernale.« Non ancora» .« Oh, andiamo… solo una sbirciatina?»« No. Devi aspettare fino a quando sarà finita, come tutti gli altri» .« Guastafeste» , ridacchia. Si toglie la sciarpa e si sfila il giaccone, svelando

l’aderente tuta da ginnastica nera che ha sotto.Mi chiedo, come mi capita spesso, come faccia a sembrare così dannatamente in

forma nonostante abbia quasi settant’anni. Spero di aver ereditato alcuni deisuoi geni. Il suo corpo è ancora snello e sodo, e la pelle luminosa.« Oh, fa freddo» . Fischia e si sfrega le mani. « Mi si stanno gelando le tette!» .« Ruth!» .« Che c’è? Non è così che dicono tutti quanti adesso?» , ride maliziosa.« Lo faranno anche tutti quanti, ma non sono sicura che tu dovresti» .« Mi piace essere in sintonia con i giovani, Coco! Per quale altro motivo credi

che mi sia messa a fare Zumba?»« Come sta andando?» , le chiedo.Ruth ha iniziato a frequentare un corso di Zumba qualche settimana fa per

tenersi in forma. È esattamente il tipo di cosa da non pensionata che le piace fare.« Davvero bene! Robbie dice che sono una meraviglia!» , risponde con un

risolino.

« Ah, lo stupendo Robbie!» .Il fatto che Ruth si sia presa una colossale cotta per il ventiduenne istruttore,

dagli addominali duri come roccia e le chiappe d’acciaio, è diventato unabattuta ricorrente, tanto che ormai neanche lo nega più.« Dopo mi ha portata a prendere un caffè. Penso che sia fatta ormai… Karl

farebbe meglio a stare in guardia» .« Sei incorreggibile!» , rido sguaiata.« Ci provo» , ride anche lei. « È successo niente di interessante mentre ero

via?»« È passata Carmel Ronan prima» .Carmel è la snob del paese, che si degna di venire in negozio una volta ogni sei

mesi ed è un osso duro nel contrattare.Ruth alza gli occhi al cielo. « Dio, è una carogna. Immagino che non abbia

comprato nulla» .« In realtà lo ha fatto. Quei due orribili posacenere che abbiamo preso l’anno

scorso» .« Vuoi scherzare!» . Ruth resta a bocca aperta. « Ho cercato di liberarmene per

mesi» .« Lo so. E mi ha anche dato quasi il prezzo pieno» .« Forse dovrei mettermi seduta» . Ruth scuote la testa dinnanzi

all’ improbabilità della cosa. « Carmel si sta rammollendo» .« Penso che non fosse giornata» , dico. « Ha discusso solo per un paio di

minuti» .« Chissà cosa vorrà mai farci con quei posacenere. Non fuma» .« Forse sono per gli ospiti. Anche se non credo ne riceva tanti» . Carmel ha due

figli grandi che si sono trasferiti entrambi negli Stati Uniti dopo l’università etornano in paese molto di rado. Suo marito è morto anni fa e non mi pare chevenga mai nessun amico a stare da lei. È una cosa risaputa perché, malgradol’antipatia generale nei suoi confronti, o forse grazie a essa, la gente tiened’occhio chi va e chi viene dalla sua enorme casa.« Povera donna, mi dispiace per lei, sul serio» , continua Ruth.« Sei davvero indulgente» , le dico inarcando un sopracciglio. L’ultima volta

che Ruth ha avuto un incontro con Carmel, ha continuato a sparlarne per giorni.Carmel era entrata agguerrita in negozio pretendendo di restituire un vasoperché a suo dire aveva scoperto che era scheggiato quando le era arrivato acasa. Ruth sapeva che il vaso aveva lasciato il negozio in perfette condizioniperché si era premurata di controllare, conoscendo Carmel. Tuttavia, a parte

definirla una bugiarda, non aveva avuto altra scelta se non rimborsarla. Ci sonovoluti secoli perché Ruth superasse quell’episodio: non è tipo da covarerancore, ma Carmel è una persona che la irrita parecchio.« Be’ , sai, penso che si senta sola. Ecco perché finge di essere così dura» , dice

adesso. « Non ha nessuno nella sua vita e questo è un grosso vuoto. Immaginadi startene in quella villa, sera dopo sera, tutta sola… cosa si dovrà inventare?»« Sei molto comprensiva oggi, Ruth» . Sono sorpresa dal repentino cambio di

opinione verso la sua nemica giurata.« Forse posso permettermi di esserlo. Ho il mio bellissimo negozio, ho i miei

amici e, soprattutto, ho te. Cos’altro potrebbe chiedere una donna?» .Mi rivolge un grosso sorriso, ma scorgo un’ombra di tristezza, come sempre.

Sente ancora la mancanza di mia madre e del nonno. Si sforza di andare avanti,gettandosi a capofitto in nuove cose e mantenendosi attiva, ma una parte di leinon si riprenderà mai dalla loro morte. Indubbiamente però la sua relazione conKarl è un grosso passo nella direzione giusta, anche se lei afferma che si trattasolo di uno svago.« Bene. Ti sei data da fare» , dice.« Sì. Magari lavo anche il pavimento, già che ci sono» , dico, tirando fuori

secchio e straccio dallo sgabuzzino.« L’hai fatto l’altro giorno» , osserva mentre esamino lo straccio e mi chiedo se

sia il caso di cambiarlo.« Sì? Be’ , male non farà se lo lavo di nuovo» .« La pulizia avvicina a Dio, eh?»« Tu non sei credente, Ruth» .« Meglio così. Se credessi in Dio, potrei finire all’ inferno per quello che sto

facendo con Karl» . Guarda fuori dalla porta e rivolge al suo bello un civettuolosaluto con la mano. Anche da qui, lo vedo sorridere da un orecchio all’altroquando incrocia il suo sguardo. Ruth ce l’ha proprio in pugno.« Decisamente troppe informazioni» . Faccio una smorfia. « Stai cercando di

traumatizzarmi?» .Mi fa piacere che Ruth sembri felice, ma non posso fare a meno di chiedermi

come la prenderà Anna quando verrà a saperlo, perché prima o poi avverrà.Questa è una piccola città: la voce trapelerà prima o poi, se già non è successo, eho l’ impressione che la mia prozia disapproverà nel modo più assoluto.« Scusa. A ogni modo, non sei l’unica che si è data da fare» , dice con

disinvoltura.C’è qualcosa nel modo in cui parla che suscita la mia attenzione e mi fa drizzare

le antenne. « Davvero? Cosa succede?» .I suoi occhi tornano a posarsi sul mio viso. Ha un’aria estremamente

colpevole. « Se te lo dico, prometti di non uccidermi?»« Cosa hai fatto?» , dico con un gemito.« Be’ , ricordi che abbiamo cercato il sito del Parlour Theatre?»« Sì?»« Li ho chiamati» .« Non ci credo!» . Sono scioccata dalla sua iniziativa solitaria, ma,

innegabilmente, anche eccitata.« Credici» . È imbarazzata. « Non ho resistito. Ma non sono andata molto

lontano» .« Cosa vuoi dire?»« Be’ , l’uomo simpatico che mi ha risposto ha detto che Bonnie era sì in teatro,

stava provando una nuova commedia che andrà in scena il mese prossimo, mache non poteva parlare con me» .« Hai davvero chiesto di parlare con lei?» , dico incredula.« Sì. Solo per vedere se c’era, però. Avrei riattaccato. Ma alla fine non è stato

necessario, perché a quanto pare è dura d’orecchio e ha difficoltà a parlare altelefono» .« Ma insomma, Ruth!» , dico, in parte seccata e in parte ammirata per la sua

audacia.« Mi dispiace, tesoro, stavo solo cercando di fare un po’ di lavoro sul campo

per te» , dice, sapendo che la farà assolutamente franca. « Perciò la buona notiziaè che puoi trovarla lì. Quella cattiva è che potrebbe volerci più di unatelefonata. Ma ho già trovato una soluzione» .« Perché la cosa non mi sorprende?» , rido.« Sì!» , replica, con gli occhi che le brillano per l’emozione. « Andiamo a

Londra. Così puoi parlarle di persona!» .« Non dirai sul serio?»« Perché no? Sai che ho intenzione di andare laggiù a fare rifornimento per

mercatini. Possiamo prendere due piccioni con una fava» .Il cuore mi balza in petto per l’eccitazione. Mi piacerebbe tanto parlare con

Bonnie, vedere cosa sa di Tatty e della lettera. Ma ne avrei il coraggio? « Non loso. Forse dovrei lasciar perdere e basta» , dico incerta.« Lasciar perdere!» , strilla inorridita. « Non puoi farlo! Adesso che sta

diventando interessante!» .« Non farti prendere troppo, Ruth» , la ammonisco. Ha la tendenza a mettere il

carro davanti ai buoi.« Non mi sto facendo prendere… ma non puoi tirarti indietro adesso. Non vuoi

saperne di più? Non riesco a togliermi questa storia dalla mente! Cioè, chi eraveramente Tatty?» , prosegue Ruth nel palese tentativo di stuzzicare la miacuriosità e ottenere il mio consenso. « Perché era così sola alla fine dei suoigiorni? Ha aspettato tutto quel tempo che l’amore della sua vita tornasse dalei? È morta di crepacuore?»« Ma, Ruth, Londra è…» .« Londra? Chi è che va a Londra?» .Ruth e io ci fissiamo piene di orrore quando sentiamo la voce dietro di noi.È Anna. Da quanto tempo è lì? Quanto ha sentito? Impossibile dirlo.

Dannazione a lei e a quelle scarpe con la suola di gomma che compra al negoziodi forniture sanitarie.« Anna!» . Ruth si gira di scatto verso di lei. « Santo cielo… stai cercando di

farmi venire un infarto? È inquietante il modo in cui arrivi alle spalle dellagente!» .« Io non sono arrivata alle spalle di nessuno. Sono entrata dalla porta, è un

crimine questo?»« Ciao, Anna» , la saluto in tono vivace, ancora sconcertata dal suo arrivo ma

ansiosa di evitare schermaglie tra le due sorelle. « Come stai?»« Sono stata meglio» , brontola, senza spiegarsi. « Cos’è questa storia di

Londra?» .Scocco a Ruth un’occhiata ammonitrice. Ancora non ho detto ad Anna della

borsa di Tatty né della lettera perché ho la sensazione che sminuirebbe tutto.L’animo di Anna non è dei più romantici. Non ha mai frequentato nessuno daquando suo marito, Colin, è morto: è come se avesse rinunciato all’amore. Noncredo che comprenderebbe il mio interesse per la storia di Tatty.« Ho intenzione di andare per mercatini» , spiega Ruth con disinvoltura.« Perché?» , chiede Anna quasi insospettita.« Perché no?» , ribatte Ruth. « La vita non gira attorno a questo piccolo posto,

sai» .« Non c’è niente che non va in questo paese» , replica Anna, immediatamente

sulla difensiva.« Hai ragione. Non si tratta del paese. È la gente dalla mentalità ristretta che ci

vive» , dice Ruth, stuzzicando la sorella.« A chi ti riferisci?» , chiede Anna, socchiudendo gli occhi.« A nessuno. Non si riferisce a nessuno» , le interrompo. Sul serio, queste due

anziane pensionate a volte si comportano come bambini piccoli che si azzuffano.« No, coraggio, Ruth, dimmelo. Stai dicendo che ho la mentalità ristretta?» .

Anna non intende mollare.Ruth fa spallucce. « L’hai detto tu, non io» .Due macchie rosso scuro sono comparse sulle guance di Anna. « E quindi? Tu

sei uno spirito libero, è questo che vuoi dire?»« Perché non ci prendiamo una bella tazza di tè?» , propongo.« Be’ , almeno non sono retrograda come qualcuno» , rimbecca Ruth con

veemenza.« Ah sì? Perché credi che renderti completamente ridicola una volta alla

settimana saltellando in palestra con gente che ha un terzo dei tuoi anni siafico? È così?» .Rabbrividisco nel sentire la critica alla lezione di Zumba. A Ruth piace così

tanto.« Lo sapevo!» , esulta Ruth. « Lo sapevo che ti metteva in imbarazzo. Che

tristezza!» .« Il fatto che non credo che lo Zumba sia un passatempo adatto a una donna

della tua età non mi rende triste» , ribatte Anna.« Dovresti provare… è divertente. Forse ti scioglierebbe un pochino» , osserva

Ruth.« Non ho bisogno di sciogliermi, grazie tante. E di sicuro non intendo

comportarmi da adolescente. È… sconveniente» .« Sconveniente per una vedova, intendi?» . D’un tratto Ruth non sta più

ridendo. La sua voce è fredda.« Non ho detto questo» . Anna abbassa lo sguardo.« Non ce n’era bisogno. Preferiresti che me ne stessi in casa a piangere per il

resto della mia vita? Magari dovrei starmene vicino al fuoco e aspettare dimorire» . Adesso gli occhi di Ruth sono nere pozze di rabbia.« Ma insomma, non essere ridicola» . Anna sta chiaramente cercando di fare

marcia indietro: sa di aver passato il segno.L’aria è carica di tensione mentre le due donne si fissano.« Ehi, cosa ne pensate di questa?» . Indico l’antica slitta che sto pensando di

inserire nella composizione della vetrina, nel tentativo di distoglierle dallarotta di collisione che hanno intrapreso. « Potrei metterla in vetrina come partedell’allestimento mensile. Cosa ne dite?» .Anna le riserva uno sguardo distratto. « Ci starà benissimo, ne sono sicura,

Coco» , dice con un sorriso tirato. « Sei una ragazza di talento» .

« Grazie» , continuo a spron battuto. « La vetrina di questo mese sarà superspeciale. Non vedo l’ora di…» .Ma Anna non mi sta ascoltando. Mi guarda in modo strano, la testa piegata da

un lato e un’espressione comprensiva sul viso. Adesso inizio a pentirmi di averinterrotto il loro scontro perché la sua attenzione è tutta su di me, invece che suRuth, e riesco a immaginare la sua mente al lavoro. Oh, no, sta per chiedermi diTom. L’ha saputo. Merda. Non era affatto il modo in cui volevo che Ruth loscoprisse. Anche se è passato qualche giorno da quando Cat mi ha detto che sivede con un’altra, non ho ancora trovato il momento giusto per darle la notizia.Lei pensava che io e Tom stessimo bene insieme. Sapere che è già passato oltrepotrebbe turbarla e questa è l’ultima cosa che voglio.« Hai saputo di Tom, immagino? Sta… frequentando una ragazza in Nuova

Zelanda» , dice Anna. Come se niente fosse. Buon per me che lo sapessi già,perché il modo in cui ha sganciato la bomba non è stato esattamente delicato.Con la coda dell’occhio, vedo Ruth restare a bocca aperta. « Cosa?» , dice

stridula.« Sì. Si vede con una ragazza del posto» . Anna emette un verso di

disapprovazione, come se fosse assolutamente contrariata da questo sviluppo.« Lo sapevi, Coco?» , domanda Ruth, guardando me adesso.« Sì, Cat me ne ha parlato qualche giorno fa…» , rispondo vaga, senza

incrociare il suo sguardo. Capisco bene che è seccata perché non mi sonoconfidata con lei.« È stato tutto così veloce. Non credo che sua madre ne sia contentissima» ,

prosegue Anna.« Ah, no?» , le chiedo. « Non ho avuto questa impressione quando si è quasi

strappata un legamento catapultandosi su una montagna di cornflakes per dirloa Cat al supermercato» .« Be’ , sta facendo buon viso a cattivo gioco, naturalmente. Ma come potrebbe

esserne davvero felice? Non sa niente della ragazza… della sua famiglia. E comepotrebbe, con Tom così lontano? Né ha assolutamente modo di saperne di più.Quella ragazza potrebbe essere chiunque» .« Sono sicura che sarà una bravissima ragazza» , dico. « Tom non uscirebbe con

lei se non lo fosse» .« Uhm…» . Anna sembra dubbiosa. « Forse. Ma quelle neozelandesi non mi

convincono troppo. Hanno qualcosa di… strano» .« Anna, non puoi dire una cosa del genere!» , interviene Ruth.« Perché non posso? Avrò diritto alle mie opinioni oppure no?»

« Non quando sono ridicole» , brontola Ruth sotto voce. La cosa ironica è cheRuth è capace di simili ampie generalizzazioni, come faceva con Karl e il suoretaggio tedesco, ma non credo sia il momento per far notare che le sorelle hannoin comune più di quanto credano.Anna si gira verso di me, facendo di nuovo quella cosa con la testa inclinata.« Sei sconvolta, vero, Coco?» , tuba. I suoi occhi mi scrutano alla ricerca di

segni di afflizione. È convinta che questa notizia mi abbia spezzato il cuore.« No, certo che no! Perché dovrei?»« Coco» . Anna si sporge per stringermi le mani. « Non hai bisogno di

nascondermi il tuo dolore» .« Non lo sto facendo» .« E invece sì. Voglio dire, chissà quando incontrerai qualcun altro. Potrebbero

volerci anni. Potrebbe non succedere mai» .La guardo, chiedendomi se rimpianga di non aver conosciuto nessuno dopo la

morte di Colin. Non parla mai di sentirsi sola né di volere una sorta dicompagnia. Ma, d’altronde, porta la sua vedovanza quasi come una medaglia alvalore, come se fosse fiera di essere sola. Non si considera da meno perché nonha figli o perché ha passato gran parte della sua vita da sola. Quindi perchésembra pensare questo di me?« Anna, per amore del cielo, chiudi il becco» , sbotta Ruth.« Cosa c’è?» , dice Anna. « È la verità. Ho letto un articolo sul giornale la

settimana scorsa, su una donna che aveva rotto con il fidanzato perché pensavadi poter trovare di meglio ed è ancora single dopo dieci anni! Era moltoamareggiata. Lui ha sposato un’altra l’anno dopo, hanno avuto tre figli, mentrelei era ancora zitella dopo tutti quegli anni. Diceva che, potendo tornareindietro, sarebbe rimasta con lui, anche se era solo il suo Mr Ripiego. È così chechiamava il tizio che ha lasciato, il suo Mr Ripiego. E invece è venuto fuori cheera sempre stato Quello Giusto. E sai cos’altro diceva? Diceva che se sei ancorasingle a quarant’anni, lo sarai a vita… sono queste le statistiche» .Fa una pausa per tirare il fiato. Nel silenzio, riesco a sentire il cuore che mi

rimbomba nelle orecchie.« Anna, sei la più grande rottura di palle che abbia mai conosciuto» , ringhia

Ruth, mentre io cerco di digerire il fatto che potrei morire sola, avendo lasciatoil mio Mr Ripiego, che forse è sempre stato Quello Giusto.« So cosa pensi di me, grazie tante» , dice Anna freddamente. « Me lo ripeti

abbastanza spesso. Ma quello che voglio dire è che rinunciare a qualcunoperché si pensa che arriverà di meglio non sempre funziona» .

C’è un silenzio assordante nella stanza mentre entrambe guardano me.« Mi sta benissimo che Tom si veda con un’altra» , le rassicuro svogliatamente.

Sono certa che non ci crederanno comunque. « So che pensate che resterò nubilee senza figli, zitella per il resto della mia vita…» .« Non è vero» , dicono all’unisono, guardandosi affrante.« E invece lo pensate. Ma se andrà così, allora sarà meglio che stare con

qualcuno che non era giusto per me. Tom era carino ma non era…» .« Lui?» , finisce Ruth.« Be’ , non mi piace come modo di dire ma, sì, immagino che sia quello che

intendo» .« Capisco. Be’ , allora hai preso la decisione giusta, non è vero, Anna?»« Suppongo di sì» , risponde Anna a malincuore, ancora non convinta.Ruth si schiarisce la voce. « Allora, come stavo dicendo prima che tu ci

interrompessi in maniera così sgarbata, cara sorella, una pausa a Londra tifarebbe bene, Coco. Ho già controllato i voli e possiamo fare un ottimo affare separtiamo giovedì» .« Questo giovedì?» , strillo. « Ma è troppo presto!» .« Perché?»« Be’ , perché… ho un sacco da fare qui. Devo finire la vetrina e ho bisogno di

scegliere il materiale per la lezione…» .Le sopracciglia di Ruth sono arrivate fin quasi ai capelli. « Sciocchezze.

Qualche giorno via non ti farà affatto male. Dico bene, Anna?» .Anna sta riflettendo. Essere d’accordo con la sorella sarebbe una vera pietra

miliare e vedo bene che lo sa anche lei. « Sì» , dice annuendo. « Dovrestiandare» .Sono così scioccata che siano davvero d’accordo su qualcosa che sono quasi

senza parole. « E il negozio?» , chiedo.Nel momento stesso in cui lo dico, vedo la mente di Anna al lavoro. Merda. Ha

intenzione di…« Penserò io al negozio!» , annuncia.« Non potremmo mai chiederti una cosa del genere» . Ruth cerca di nascondere

l’orrore con un velo di buone maniere… e le costa indicibilmente fingere. Eracosì presa a esercitare le sue arti su di me da non aver intravisto la possibilitàche Anna si offrisse di sostituirci.« Perché no? Non vi fidate di me?» , domanda Anna, con un lampo di acciaio

negli occhi mentre getta il guanto di sfida.« Ehm, certo che ci fidiamo di te. Non è questo. È solo…» . Ruth è in trappola.

« Bene, allora. È deciso» . Anna si frega le mani. « Non vedo l’ora. Potrò dare alposto una bella pulita» .« Non ne ha bisogno!» , protesta Ruth.« Certo che sì» , chioccia Anna. « Insomma, voi due non preoccupatevi di

niente. Andatevene a Londra. Questo posto funzionerà a meraviglia quandosarete tornate» .Va a mettere su il bollitore e Ruth e io restiamo lì imbambolate.« Cosa ho fatto?» , geme.« Non puoi biasimare altri che te» , rispondo ridendo.« Dio sa cosa combinerà quando saremo via. Non oso pensarci» .« Non sarà così male» .« No. Sarà peggio. Non ti ricordi l’ultima volta, quando siamo andate a

Kerry?»« Quella volta che siamo andate dai cugini del nonno?» .Noi tre avevamo viaggiato per ore nell’ Aston Martin del nonno per andare a

trovare dei lontani parenti che vivevano nei pressi di Killarney. Continuavamoa fermarci lungo la strada per fare picnic e comprare gelati. Il nonno mi avevainsegnato a spingere con la lingua tutto il gelato in fondo al cono, così potevogustarmelo fino all’ultimo boccone. Quella fu una delle migliori vacanze dellamia vita; alloggiammo in una fattoria nel bel mezzo del nulla e la mattina aiutavoa mungere le mucche. Ricordo ancora la puzza dell’aia. Pensavo che non ci avreimai fatto l’abitudine ma mi sbagliavo. Iniziò addirittura a piacermi. Diedi unnome a tutte le galline e perfino ai maiali.« Sì, restammo via solo una settimana» , dice Ruth, « ma al nostro ritorno aveva

riorganizzato tutto il dannato negozio» .« Questa parte non me la ricordo» .« Forse hai rimosso il trauma dalla mente» , dice cupa Ruth. « Aveva lucidato

ogni superficie, spostato ogni articolo. Il nonno e io non riuscivamo a trovareniente e non ci liberammo della puzza di candeggina per giorni» .« Avrà pensato di essere d’aiuto» . Mi viene da ridere, improvvisamente colpita

dalla comicità della situazione.« Possiamo fare a meno di quel tipo di aiuto» , borbotta Ruth.« Forse dovrei restare a casa» . Muoio dalla voglia di parlare con Bonnie, ma la

prospettiva mi riempie anche di agitazione.« No!» , si oppone prontamente Ruth. « No, ci andremo. Anna non farà nulla del

genere stavolta. Ci penso io» .« Ruth…» , la avverto, mentre Anna appare con il vassoio del tè.

« Non preoccuparti» , bisbiglia. « Si comporterà bene. O non sarò responsabiledelle mie azioni» .

Capitolo 11

« È un affare a quel prezzo, tesoro!» , mi apostrofa l’uomo dietro alla bancarellaquando prendo un piccolo boccale di metallo per esaminarlo.Sono a Portobello Road, il più famoso mercato di Londra e, qualsiasi oggetto

abbia toccato mentre vagavo su e giù per la strada, i commercianti mi hannoassicurato che era l’affare del secolo. Questo tipo, la cui bancarella è zeppa diogni sorta di cianfrusaglie, non fa eccezione.« Non ne sarei così sicura!» . Sorrido rigirandomi il boccale tra le mani alla

ricerca di sottilissime crepe. È un bell’oggetto, ma il suo valore non si avvicinaneanche lontanamente al prezzo richiesto di cinquanta sterline.« È un esemplare perfetto, ecco cos’è» , insiste. « Metà del diciannovesimo

secolo» .« O un’ imitazione made in Cina?» , sogghigno. Lo sto prendendo in giro, il

boccale non è un falso, ma il venditore resterà deluso se pensa che valga più dicinque sterline.« Cina?» , boccheggia, artigliandosi il cuore con le mani, come se stesse per

collassare per lo choc. « Sembro uno che venderebbe robaccia, tesoro?»« È esattamente quello che sembri!» , esclama il vicino di bancarella. « È un

diamante grezzo, tesoro! Lascialo perdere e vieni a vedere cos’ho per te!» .« Non dargli retta» , dice il venditore contrariato. « Sei proprio un cocco di

mamma, Frank!» , urla all’altro, che, ridendo fragorosamente, svita il tappo di unthermos e si versa una fumante tazza di tè.« Un freddo cane oggi» , dice strizzandomi l’occhio.Ha ragione. È assolutamente gelido, il tipo di giornata che preferisco, quando

il cielo è di un azzurro perfetto e l’aria così frizzante e fredda che si vede ilproprio respiro.Il venditore sta parlando di nuovo con me. « Allora, cara, che cosa sta

cercando?»« Do solo un’occhiata» , rispondo. Prendo una scatolina svuota tasche di

ceramica a forma di cuore e me la rigiro tra le mani. È graziosa, ma Ruth e ioabbiamo già comprato abbastanza. Non mi serve altro, ma non riesco a smetteredi guardare le bancarelle. Il mio amore per le vecchie cose è una dipendenza chenon posso controllare.« Irlandese, tesoro?» , mi chiede il venditore. Un sorriso si fa strada sul viso

arrossato, scoprendo i suoi denti piccoli e regolari, di un bianco smagliantesulla faccia segnata dalla vita all’aperto.« Colpevole» , rispondo ricambiando il sorriso.« L’avevo capito… quello stupendo accento irlandese mi fa sempre impazzire» .Più in là, il suo vicino finge di suonare una romantica aria con il violino. « È

un piacione» , mi dice mentre ondeggia, muovendo avanti e indietro l’ invisibilearchetto.« Quello sì che è un bell’oggetto» , continua il venditore, ignorando il vicino.

« Ottimo gusto, starebbe benissimo sul suo caminetto, altroché» .Rigiro la scatolina, sentendone il peso tra le dita. « Forse» , rispondo. È un

venditore tenace, e affascinante.« Sa che le dico, prezzo speciale per lei, mia cara, solo perché non so resistere a

quel bellissimo accento irlandese. Una Lady Godiva ed è suo» .È una fortuna che guardassi Only Fools and Horses quando ero più piccola:

so che intende cinque sterline.« Gliene do quattro» , ghigno. Sarebbe proprio un bel regalo per Cat, potrebbe

tirarle su il morale. Abbiamo fatto due chiacchiere prima che partissi per Londrae le cose non sono migliorate molto tra lei e Mark. Come se non bastasse, lo chefdell’albergo adesso minaccia di andarsene. Un piccolo dono come questo lericorderà che io ci sono se ha bisogno di parlare. Mi riprometto di intercettareMark non appena torno e vedere se riesco ad appianare le cose.« E sia, profittatrice. Non sono mai stato in Irlanda» , continua l’uomo mentre

avvolge la scatolina nella carta di giornale ammucchiata ai suoi piedi.« Non lo lascerebbero entrare» , esclama il vicino.« Chiudi il becco, zuccone!» . Mi porge il piccolo svuota tasche, adesso

avvolto nel giornale e in un sacchetto di plastica. Può andare con le altrecarabattole che Ruth ha preso in quella grotta del tesoro che è l’ Alfies AntiqueMarket di Marylebone. Il bagagliaio dell’auto sarà stracolmo nel viaggio diritorno.« Posso fare altro per lei, cara?» , mi chiede il venditore. « Ho dei bei bicchieri

dosatori di rame, arrivati ieri. Di ottima qualità» .« No, sono a posto, grazie» , rispondo, porgendogli una banconota da cinque

sterline.Guardo l’orologio. Ho mezz’ora per arrivare al Parlour Theatre vicino a

Farringdon Station e non voglio fare tardi.« Va bene, cara» , risponde, allontanando lo sguardo da me e muovendosi

veloce da una parte all’altra per individuare il prossimo potenziale cliente nella

folla.« Grazie» , dico mentre infilo il resto nella tasca del giaccone.« Grazie a lei, mia cara» . Ma ormai non mi guarda più, sta esercitando il suo

fascino su qualcun altro, nella speranza di realizzare un’altra vendita. Sono glistrumenti del suo mestiere: seduce ciascun cliente nel quale si imbatte.Mi avvio verso l’altro lato del mercato, crogiolandomi nella sua atmosfera, con

il cappello tirato fin sulle orecchie. C’è qualcosa di magico in questo posto. Lastretta strada è gremita di bancarelle, tutti vendono la propria merce, si chiamanol’un l’altro e apostrofano i clienti. Mentre mi mescolo agli avventori, tutti conle guance arrossate dal freddo, mi viene spontaneo pensare che anche Tattymagari è passata di qui. Forse si è fermata a guardare le bancarelle come ho fattoio, portando con sé la stessa borsa che adesso tengo al sicuro nel mio zainetto.Ho quasi la sensazione di ripercorrere i suoi passi.Aspiro l’aroma del caffè appena fatto che si diffonde nell’aria ghiacciata,

mescolandosi al caratteristico odore delle cose antiche. Se avessi più tempo, mimetterei a rovistare tra le bancarelle, con un caffè in mano, ma se non me ne vadosubito, potrei perdere l’occasione di parlare con Bonnie Bradbury. Le provedurano tutto il pomeriggio: così hanno detto a Ruth quando ha chiamato. Potreiavere una sola chance e devo afferrarla con entrambe le mani.

Dopo mezz’ora e una corsa su uno dei famosi bus rossi londinesi, svolto unangolo e lì, sulla sinistra, c’è il Parlour Theatre. È un edificio dimesso, con imuri scrostati e vecchi manifesti di spettacoli ormai conclusi che ondeggiano alvento. Non riconosco nessuno dei titoli in cartellone. Non so cosa miaspettassi – qualcosa di più elegante, forse – ma il Parlour Theatre sembra unposto di infimo livello.Mi fermo fuori dall’ ingresso per fare un profondo respiro. Vorrei che Ruth fosse

con me ma, ancora una volta, proprio come quando sono andata a trovare MaryMoore, si è rifiutata di venire. Ha detto che sarei stata molto meglio per contomio e poi lei aveva un’ importante commissione da sbrigare. Avrei potutoaggiornarla più tardi. Quando le ho chiesto quale fosse questa misteriosacommissione, si è data un colpetto sul naso e ha detto che non lo avrebberivelato neanche a un poliziotto se glielo avesse chiesto, così ho lasciatoperdere. Ruth ha i suoi segreti e vuole che restino tali. Tra lei e Karl sembraandare sempre meglio: passano un sacco di tempo insieme, questo è certo. Forseè andata a cercargli un regalo. Forse stamattina ha trovato qualcosa all’ AlfiesAntique Market e ha deciso di tornare a prenderlo. Forse è troppo imbarazzata

per dirlo.Guardo di nuovo l’ora. Adesso o mai più. Apro la porta ed entro.Sento le urla prima ancora di vedere qualcuno.« A che cazzo di gioco stai giocando?» , grida rabbiosa una voce maschile.« Non è stata colpa mia! Hai sbagliato l’entrata» , sbraita una voce femminile.« Solo perché hai fatto confusione con le tue battute, maledizione! Devi alzare

quel cazzo di apparecchio acustico, Bonnie!» .Resto nel foyer senza sapere cosa fare. Se varco le porte che ho davanti a me, mi

troverò nel teatro vero e proprio… e a quanto pare le prove non stanno andandoesattamente per il meglio lì dentro. All’ improvviso le doppie porte sispalancano e appare una donna anziana, affiancata da una più giovane.« Non posso lavorare così» , dichiara la più anziana. Dal modo in cui le

lampeggiano gli occhi, si vede chiaramente che è arrabbiata. « È solo unpivello» .« Facciamo una pausa» , cerca di calmarla l’altra. « E poi ci riproviamo. Ci

vediamo dopo, ok? E lui ha ragione: devi davvero regolare l’apparecchioacustico» . La donna più giovane si gira e torna al di là delle porte, con la codadi cavallo scura che le ondeggia sulle spalle.È lei! È Bonnie Bradbury in persona.Non si è ancora accorta di me, perciò posso fissarla quanto mi pare. È alta, quasi

quanto me, e porta una tunica multicolore lunga fino alle ginocchia, conpantaloni aderenti che le arrivano alle caviglie, ancora snelle e ben fatte. La cosache più mi colpisce di lei, tuttavia, sono i capelli: argento puro che le ricadefluente sulla schiena come un manto di luce scintillante. Il viso è segnato, sì, magli zigomi sono alti. Mi rendo conto che deve essere stata una grande bellezza aisuoi tempi, è ancora estremamente attraente. Anzi, mi ricorda Ruth; sembranofatte della stessa stoffa.Sto cercando di raccogliere il coraggio per presentarmi, quando lei si volta e mi

sorprende a guardarla. Raddrizza la schiena, come se volesse ergersi in tutta lasua altezza. « Posso aiutarla?» , mi chiede.« Eh, salve. Mi chiamo Coco Swan» .« Come?»« Coco Swan. Mi chiedevo se potesse dedicarmi qualche minuto» .In quel momento, risuona un allarmante ronzio nel sistema audio e Bonnie si

stringe l’orecchio, facendo una smorfia. « Giuro che lo fanno di proposito perindispettirmi» , dice. « Andiamo a parlare nel mio camerino. Lì staremo in pace.Coraggio» .

Senza dire altro, oltrepassa un’altra porta e si avvia lungo uno strettocorridoio, con me che la seguo a ruota. Siamo nel suo minuscolo camerino e leisi sta accendendo una sigaretta al mentolo prima di parlare di nuovo. Non sonomai stata in un vero camerino teatrale prima di adesso e non è affatto come me loimmaginavo. È assolutamente minuscolo, e invece di uno specchio che ricopreun’ intera parete, circondato da luminose lampadine a bulbo, come nei film, c’èun piccolo esemplare crepato, issato su una sedia nell’angolo. La moquetterossa è sciatta e consunta, e sulla parete c’è una viscida macchia di umido. Unrumoroso deumidificatore è sistemato in un altro angolo. Attorno a me, decine difotografie di vecchi spettacoli rivestono le pareti. La maggior parte ha gli angolipiegati e le immagini sono sfocate, sgranate dal tempo, o forse dal fumo.Bonnie si accomoda su un piccolo divano due posti a fiori, incastrato nello

spazio tra un cestino traboccante e una rastrelliera di grucce vuote. Dà uncolpetto sul posto accanto a sé per invitarmi a sedermi. È davvero una stranasensazione essere premuta contro di lei in uno spazio tanto piccolo, ma lo faccioperché non voglio offenderla.« Non mi è permesso fumare qui dentro, naturalmente» , dice, tirando a fondo e

poi espirando con soddisfazione. « Ma le regole sono fatte per essere infrante,non crede?»« Ehm, sì» , rispondo. Non posso certo dissentire. Anzi, ho la sensazione che

sia una di quelle donne tremende con le quali la gente di rado si trova indisaccordo, punto e basta.« Allora, mia cara, cosa posso fare per lei? E alzi la voce, va bene? Sono mezza

sorda, ultimamente» , dice, scrollando con fare esperto la sigaretta nelposacenere appollaiato sul divano in mezzo a noi. Ci sono dentro già una mezzadozzina di mozziconi, ciascuno con il segno del suo acceso rossetto arancione.« Be’ , sono venuta per parlare con lei» .Sembra sorpresa, e un po’ confusa, dalle mie parole. « La stavo aspettando?»« Ehm, no» .« Quindi non è una giornalista?» .Scuoto la testa e lei sospira. « Dovrei essere davvero fortunata. Ormai avere una

recensione positiva in questa città è impossibile. Non come ai bei tempi…allora venivano a bussare alla mia porta. Gli scribacchini facevano la fila attornoall’ isolato per parlare con me» . Il suo sguardo si perde nel vuoto, come sestesse ricordando un’epoca d’oro, prima di tornare a concentrarsi su di me.« Quindi non è una giornalista. Bene, allora cos’è? Una fan?» . La sua voce èpiena di speranza.

« Non esattamente» .Sospira di nuovo, poi dà una lunga boccata alla sigaretta. « Lo sapevo. Ne

arrivano pochi anche di quelli ormai. Ho fatto il mio tempo» .« Sono certa che non è così» .« Oh, sì, mi creda, è così. La mia unica consolazione è che ho ancora delle belle

gambe, per quello che vale. Eletta Gambe dell’ Anno per tre volte di fila neglianni Sessanta» .Decido di buttarmi e dirle perché sono qui. Sono stata semplice e diretta con

Mary, e ha funzionato, contro ogni aspettativa, perciò continuerò su questastrada.« Volevo parlarle di Tatty Moynihan. Eravate amiche, vero?» , le chiedo.Il suo viso si addolcisce quando sente il nome di Tatty. « La conosceva?»« Non esattamente. Il fatto è che…» .Inizio a spiegare, ma Bonnie non sta veramente ascoltando. Sembra persa di

nuovo nei suoi pensieri.« Una così bella persona» , dice a bassa voce, quasi a se stessa. « Aveva un

cuore d’oro. Eccoci insieme, guardi» .Indica una fotografia in bianco e nero sulla parete e balzo in piedi per guardarla

meglio. Due bellissime giovani donne a braccetto che sorridono radioseall’obiettivo. Riconosco Bonnie all’ istante: quegli zigomi alti sonoinconfondibili, anche se nella foto i capelli sono scuri. E accanto a lei, con gliocchi pieni di vita e buon umore, c’è Tatty. Esamino ogni suo lineamento e miaccorgo che è quasi come immaginavo che fosse.Mary aveva ragione, assomiglia davvero a Maureen O’Hara. Ha naso e mascella

forti e i capelli le incorniciano in onde il viso. Ma è la sua espressione quellache colpisce di più: sembra così piena di vita che è difficile credere che nonesista più. Riesco praticamente a sentire la sua energia arrivarmi a ondate. Ècome se questa foto fosse stata scattata ieri, anche se ha i bordi ingialliti sotto ilvetro della cornice.Resto quasi senza fiato nel vederla per la prima volta. Questa è lei: la donna

che un tempo possedeva la borsa di Chanel per antonomasia, quella che hotrovato sul fondo di una scatola di robaccia.« Mi manca» , dice Bonnie tristemente. Spegne la sigaretta e se ne accende

subito un’altra. « Le risate che ci facevamo, oh, ragazzi!» .Anche dalla vecchia foto si vede bene l’amicizia che c’era tra le due. Il loro

linguaggio del corpo parla chiaro: l’una appoggiata all’altra, si tengonostrette, come fanno le amiche intime. Tornata da dove i ricordi l’hanno portata,

Bonnie raddrizza la schiena.« Chi è lei, allora? L’ha già detto?» , mi domanda. « Riprenda dall’ inizio» .« Mi chiamo Coco Swan» , rispondo. « Vengo da una piccola città in Irlanda,

chiamata Dronmore. Ho un negozio di antiquariato lì» .« Ah! E cosa c’entra con Tatty? O con me?» , chiede perplessa.Sto per risponderle quando la donna più giovane che ho visto prima fa

capolino dalla porta. « Per la miseria» , dice contrariata. « Quante volte devodirtelo? Non puoi fumare qui dentro. Cos’è che non ti è chiaro?» .Bonnie alza gli occhi al cielo rivolta a me e poi sorride dolcemente alla donna

mentre spegne il mozzicone. « Scusa, tesoro. L’ho scordato. Sarà l’età» .« L’età un cavolo» , replica stizzita la donna. « Sei più sveglia di me. Allora,

stanno tutti aspettando te, perciò se ci onorassi della tua presenza, sarebbe cosamolto gradita» .Bonnie si alza e fa un sospiro. « Mi dispiace, Coco Swan» , dice in tono

teatrale. « Devo andare. Il tempo è denaro in questo gioco, temo» .« Ma, Bonnie, non le ho detto il resto» , dico, terrorizzata al pensiero di

perderla quando l’ho appena trovata. « E ho così tanto da chiederle!» .« Allora dovrà tornare. Domani alla stessa ora? Ci vediamo qui» .Mi sorride, mi dà un buffetto sulla guancia e va via, dicendomi di uscire dal

camerino.Mentre raduno le mie cose per andarmene, frustrata e delusa per non aver

scoperto niente, la foto di Bonnie e Tatty cattura la mia attenzione.Probabilmente è solo la mia immaginazione, ma è come se Tatty stessesorridendo direttamente a me dalla vecchia cornice.« Be’ , Tatty» , dico, « pare che il tuo segreto resterà al sicuro ancora per un

po’» .So che stavolta è decisamente la mia immaginazione, ma qualcosa nella sua

espressione mi fa pensare che mi senta forte e chiaro.

Capitolo 12

Io e Ruth siamo raggomitolate sul più morbido e invitante dei divani davanti aun fuoco scoppiettante nel Chancery Park Hotel. Fuori è calato il freddo dellanotte, che ha coperto la città con una coltre di tenebre. Il fermento del traffico èun brusio lontano al di là delle finestre, e le luci di taxi e autobus lampeggianodi tanto in tanto attraverso le tende. Le ho raccontato tutto del mio incontro conl’enigmatica Bonnie ed è ansiosa quanto me di saperne di più.« Scommetto che non vedi l’ora di incontrarla di nuovo domani» , dice,

bevendo un sorso di vino rosso. Emette un lieve sospiro soddisfatto.« Proprio così!» , rispondo, stringendomi le braccia al petto per l’eccitazione.

Muoio dalla voglia di scoprire altro su Tatty e la sua vita, e se Bonnie sa dellamisteriosa lettera e del suo perduto amore. Questa storia mi ha coinvoltacompletamente.« Sei contenta che siamo venute, allora?» , dice inarcando un sopracciglio.« Hai fatto bene a forzarmi la mano, lo ammetto» .« Io? Forzarti la mano?» . Mi rivolge un sorriso innocente. « Come se ne fossi

capace!» .« Già, come no!» , rido. « Avevi pianificato tutto, non cercare di negarlo. Non

ho mai visto nessuno prenotare un volo così alla svelta» .« Sono convinta che si debba prendere il toro per le corna. E penso che stia

imparando a farlo anche tu. Hai obiettato a malapena» .« Sì, forse sto imparando» , rifletto. Solo qualche settimana fa, non avrei mai

creduto di mettermi a giocare al detective. Ma invece eccomi qua e si starivelando un vero spasso. « Allora, cos’hai combinato questo pomeriggio?» , lechiedo. Non so se sia il fuoco accogliente o l’alcol, ma qui mi sento totalmenteappagata. Devo ricordarmi di dire a Cat della calda atmosfera dell’albergo. Lealte candele che punteggiano lo spazio sono davvero suggestive e starebberosplendidamente anche al Central.« Oh, niente di che» , risponde. « Un po’ di questo, un po’ di quello» .Ruth ha fatto la vaga sui dettagli dell’ importante commissione che doveva

sbrigare questo pomeriggio, tenendosela per sé. Decido di insistere.« Sei andata a prendere qualcosa per il negozio?» . Ripiego le gambe e mi metto

comoda contro i morbidi cuscini.« No» , dice. « Ehi, ordiniamo qualcosa al bar? Ho un po’ di fame» .

« Allora era qualcosa per Karl?» . Non mi lascio sviare.« No, niente del genere» , replica, cercando chiaramente di cambiare argomento.

« Vedi se riesci a intercettare il barista, vuoi? Potremmo ordinare deglistuzzichini» .« Ruth! Perché non vuoi dirmi cosa hai fatto? Cos’è tutta questa segretezza?» .Qualcosa nel modo in cui mi guarda, mi blocca all’ istante. La sua espressione è

seria, come se avesse in mente qualcosa di estremamente importante.« Cosa c’è?» . Mi trema la voce. All’ improvviso ho l’orribile presentimento

che ci sia qualcosa che non va. Forse è malata. Forse è andata da un dottore. Aquanto ne so, potrebbe essere andata da uno specialista di Harley Street per unamalattia di cui non mi ha parlato. Sarebbe tipico di lei tenere per sé un affannoper non gravare su di me.« Mi sa che farò meglio a dirtelo. Ho bisogno di un consiglio» , dice alla fine.Mi sento il cuore in gola. Dal sentirmi così calda e soddisfatta davanti al fuoco,

adesso mi sento gelida e preoccupata. « Gesù, Ruth, mi stai spaventando. Nonsei malata, vero?»« Chi, io?» . Scuote la testa. « No, certo che no. Sono forte come un vecchio

toro» .« Grazie a Dio» . Tiro un sospiro di sollievo. « Allora di che si tratta?»« Sono andata a trovare una persona. Una persona che è malata. Che sta

morendo, anzi» .« Chi?»« Un uomo che conoscevo, anni fa. È in un ospizio di St Albans. Non gli resta

molto» .« Sei andata fino a St Albans? Non dista chilometri?»« È solo mezz’ora di treno. Gli ho promesso che sarei andata a trovarlo, vedi, e

non volevo venir meno alla mia parola» .« Ma perché non me l’hai detto? Sarei potuta venire con te, se andavi a trovare

un amico» .Solleva la testa. « Non è un amico» , dice scandendo le parole.« E chi è, allora? Un parente?» .Fa roteare il suo vino nel bicchiere. « Per così dire» .È tutto un po’ troppo misterioso per me. « Ruth, sputa l’osso, va bene? È come

cavare sangue da una pietra!» .Fa una pausa, come se cercasse di trovare le parole giuste. « Sono andata a

trovare Colin. Il marito di Anna» .Resto senza parole. Non ha alcun senso. Il marito di Anna è morto anni fa, in un

incidente in Inghilterra.« Vedi, non è morto» , continua Ruth, guardando il fuoco. « È solo quello che

Anna ha detto a tutti quando lui l’ha lasciata» .Appoggio il bicchiere sul tavolino perché ho il timore di farlo cadere. « Stai

scherzando?» .Ruth scuote la testa. « Sono serissima» .« Perdonami, Ruth, ma ho difficoltà a seguirti. Stai dicendo che Anna ha detto

in giro che suo marito era morto mentre lui per tutto questo tempo ha vissutoquaggiù?» .Sospira. « Sì. Aveva questa folle convinzione che fosse meglio dire a tutto il

paese che era rimasto ucciso, piuttosto che ammettere la verità» .« E cioè?» . Non riesco a capacitarmi: perché mai avrebbe fatto una cosa del

genere?« Cioè che l’aveva lasciata per una donna conosciuta mentre era qui per lavoro.

Sono circa quarant’anni che vive a St Albans» .Prendo il bicchiere e bevo un lungo sorso. È una follia. La mia prozia vive da

decenni nella menzogna. « Non ci posso credere. Quindi Anna ha finto di essereuna vedova afflitta per tutto questo tempo?» .Ruth annuisce. « Sì. Ha sempre detto che si sarebbe vergognata troppo ad

ammettere cos’era realmente accaduto. Raccontare a tutti questa bugia è statopiù facile per lei» .« Ma la gente si separa di continuo! Non viviamo nel Medioevo» .Ruth sospira di nuovo. « Sai com’è Anna, Coco. Le apparenze sono molto

importanti per lei. A volte credo che contino più di ogni altra cosa» .« Ma aveva un’opinione così ferma su me e Tom!» , dico. « Perché avrebbe

insistito tanto sul fatto che resterò zitella a vita quando lei ha scelto di restaresola per tutto questo tempo e mentire sulla vera ragione?»« Ah, be’ , presto detto. Ti vuole bene, Coco. Non vuole che provi il suo stesso

dolore… vuole per te un lieto fine» .« È assurdo» . Sto cercando di analizzare quello che Ruth mi ha appena detto.

« E nessun altro sa di questa storia? Nessuno ha mai sospettato di nulla?»« Be’ , Colin non aveva famiglia a Dronmore. È inglese, ricordi? Anna disse a

tutti che era rimasto ucciso in un incidente d’auto durante una visita allafamiglia nel Surrey e che era stato sepolto lì. Tutti le hanno creduto» .« Ma tu lo hai sempre saputo?»« Sì, e anche tuo nonno» . Fa una pausa. « E tua madre» .« Mamma lo sapeva?»

« Sì. Un giorno ha sentito me e Anna che ne parlavamo. Pensavo che fosse unmodo folle di vivere… odiavo tutte le menzogne, le finzioni» .« Perché hai acconsentito a tenerle il gioco?»« Perché è mia sorella e mi ha chiesto di farlo» . Sorride mestamente. « La

famiglia è la famiglia, Coco» .« E lui è rimasto in contatto con te per tutto questo tempo?» . Non riesco a

credere all’ intricata rete di menzogne che Anna ha creato per nascondere ilsemplice fatto che Colin l’aveva lasciata. Voglio dire, era lui il cattivo. Annaavrebbe potuto dire la verità riguardo a quanto era successo e godersi lacomprensione di tutti.« No. Ho ricevuto una lettera da lui qualche settimana fa in cui mi diceva che

stava molto male e voleva parlarmi. Per parecchio tempo non ho saputo cosa fare,come rispondere…» .« E poi hai deciso di fargli visita» .« Sì» , annuisce. « Ho pensato che con questo viaggio si potevano prendere

due piccioni con una fava. Tu potevi parlare con Bonnie Bradury e io conColin» .« Accidenti» , dico.Entrambe restiamo in silenzio per un paio di secondi, guardando le lingue di

fuoco nel caminetto.« Allora, cosa diavolo voleva? Dopo tutto questo tempo» .« Vuole il suo perdono» , risponde Ruth. « Sta morendo e vuole essere in pace

con lei» .« Gesù!» , esclamo. « E tu dovresti fare da intermediaria?» .Fa spallucce. « Immagino di sì. Ero affezionata a Colin. Non ha mai voluto fare

del male ad Anna. Lei non la vede così, naturalmente» .« Certo che no. Cosa vuole che tu faccia? Dovresti chiederle di mettersi in

contatto con lui?» .Ruth scuote la testa. « No, per fortuna. Temevo che volesse chiedermelo, ma sa

che non acconsentirei mai, neanche adesso. Si tratta di qualcos’altro» . Rovistanella borsa e ne tira fuori una scatolina. « Vuole che le dia questo» , dice,posando la scatolina sul tavolino in mezzo a noi.« Cos’è?» , chiedo, timorosa di aprirla.« È l’orologio da taschino che Anna gli regalò la mattina del loro matrimonio.

Lo porta con sé da quel giorno, questo mi ha detto» .« E vuole restituirglielo?» . La cosa mi lascia perplessa.« Sì, per chiederle scusa, suppongo. È il suo modo di dirle che è dispiaciuto per

il dolore causato. Ha detto che lei avrebbe capito il significato» .« Fiù!» , fischio. « Non riesco a credere che nella nostra famiglia ci sia un tale

segreto da così tanto tempo. Sono allibita» .« Credo che succeda in tutte le famiglie» , dice Ruth con un lieve sorriso.

« Ognuno ha i propri segreti. Oggi Colin mi ha perfino detto che tua madre èandata a trovarlo una volta. Io non l’ho mai saputo» .« Davvero?»« Sì. Non ho idea di come l’abbia trovato, ma l’ha fatto. Colin ha detto che un

giorno, di ritorno dalla Francia, si era presentata alla sua porta» .La cosa mi fa ridere: era così tipico di mia madre comparire dal nulla quando

meno te lo aspettavi. Ruth ride con me e in qualche modo ci sciogliamo in unaridarella nervosa. È tutto così folle, una sorta di humour nero.« Te lo immagini?» , dice, singhiozzando per le risate. « Lo spavento più

grande della sua vita, ha detto. Naturalmente all’ inizio non aveva idea di chifosse, ma una volta che lei gliel’ha spiegato, ha pensato che fosse lì percastrarlo!» .« È esilarante!» , rantolo, immaginando mia madre che si presenta come un

fulmine a ciel sereno. Deve essere stato lo choc più grande della vita di Colin.« Hanno finito per passare il pomeriggio insieme, a bere e chiacchierare. Lui

non l’ha mai dimenticato» .« Oh, Ruth, è una cosa divertentissima» , dico.« Vero? Ecco com’era tua madre. Piena di sorprese. Non riesco a credere che

non me l’abbia mai detto» .« Io sì» , rifletto. « Ci sono un sacco di cose che ha tenuto per sé» . Come chi

fosse esattamente mio padre, per esempio. Ma non lo dico a voce alta. Aproinvece la scatola, prendo il vecchio orologio e lo esamino attentamente. Sulretro c’è un’ incisione, con le iniziali di Colin e una data.« La data del loro matrimonio» , spiega Ruth, prima che debba chiederlo.« Ahi» , dico facendo una smorfia. Dare l’orologio ad Anna le ricorderà il

dolore che ha sofferto anni fa? Risveglierà emozioni che ha cercato per tantotempo di sopire? « Cos’hai intenzione di fare adesso?» , chiedo a Ruth. « Glielodarai?»« Devo farlo, no?» , risponde incupita, guardando nel suo bicchiere. « Non ho

scelta. Non le farà piacere, però, e sarò io a trovarmi in prima linea» .« Verrò con te» , dico, non del tutto sicura della provenienza di questa offerta.

Dare la notizia ad Anna non sarà facile, ma Ruth ha bisogno di sostegno e iovoglio darglielo.

Gli occhi di Ruth si illuminano. « Lo faresti?»« Certo» , rispondo. « Lascio parlare te, ma sarò lì a darti sostegno morale. Non

sarà tanto brutto se saremo in due» .Sto cercando di apparire più coraggiosa di quanto non mi senta. Anna sa essere

un po’ terrificante se messa alle strette, e questa faccenda la farà sicuramentesentire in trappola.Ruth si sporge sul tavolino per stringermi una mano. « Grazie, tesoro. Lo

apprezzo davvero» .« Nessun problema. Naturalmente non escludo di finire nascosta sotto il

tavolo» .Sogghigna. « Non credo. Forse penserai di essere un topolino, ma stai

iniziando a essere coraggiosa come un leone» .« Non ne sarei troppo sicura» , dico, « ma ci sto provando. Su, prendiamo

ancora da bere. Ce lo meritiamo» .« Questa sì che è un’ idea. Forse dovremmo fare ubriacare Anna prima di

dirglielo. Potrebbe essere utile» .« Non credo di averla mai vista neanche brilla» . Anna è fin troppo abbottonata

per perdere il controllo in qualche modo.« Già, usa perfino lo sherry analcolico nella sua dannata zuppa inglese» ,

replica Ruth accigliata. « Non mi sorprende che abbia un tale saporaccio» .Mi guarda e scoppiamo di nuovo in una risata irrefrenabile.

Capitolo 13

« Bene, adesso può ripartire dall’ inizio» , dice Bonnie, accendendosi una dellesue sigarette al mentolo e aspirando a fondo. « Mi dica perché vuol sapere diTatty» .È il pomeriggio seguente e sono di nuovo nello squallido e soffocante

camerino del teatro, così eccitata di sentire cos’ha da dire che quasi non riesco acontenermi.Ho passato la mattinata con Ruth, pensando a come diremo a Anna di Colin, ma

allontano questo pensiero dalla mente. Questa è la mia grande occasione e nonposso permettermi di essere distratta. Mi preoccuperò di Anna dopo.« Ok, il fatto è che di recente ho comprato a un’asta qualcosa che apparteneva a

Tatty. Questa borsa» . Prendo la Chanel dal mio zainetto e la porgo a Bonnie.Immediatamente i suoi occhi si riempiono di lacrime. « Oh. Questa era la sua

preferita» , dice in tono così sommesso che la sento a malapena.« Davvero?» , chiedo, elettrizzata che l’abbia riconosciuta. Mary Moore non

l’aveva fatto, e sarei stata così delusa se fosse successo lo stesso con Bonnie.« Oh, sì. Significava così tanto per lei perché…» . Bonnie alza di scatto la testa

per guardarmi, poi si ricompone come se non fosse ancora pronta a dirmi altro.« Ma sto correndo troppo. Deve prima spiegarmi qualcosa. Perché si è data dafare per trovarmi? Mi sembra un bel po’ di fastidio solo per aver trovato la borsadi una vecchia signora» .« Be’ , c’era qualcosa dentro. Una lettera» .« La lettera di Duke» , dice, quasi tra sé. « Certo» .Duke! Allora è così che si chiama. È emozionante saperlo finalmente. « Sa di

lui?» , le chiedo, quasi senza fiato per l’eccitazione.« Oh, sì. Tatty portava quella lettera con sé ovunque» . Bonnie distoglie lo

sguardo, le luccicano gli occhi e io non riesco a smettere di guardarle il viso:c’è così tanta espressione ed emozione, come se il rivedere la borsa abbiariportato un fiume di preziosi ricordi. Si capisce che conosce tutta la storia chec’è dietro alla borsa e devo quasi sedermi sulle mani per impedirmi di scrollarlae tirargliela fuori.« Cos’è successo? Può dirmelo?» , le chiedo.« Perché le interessa tanto? Ancora non l’ho capito» .Non so bene come rispondere. La verità – cioè che penso sia un segno della

mia defunta madre – suonerebbe ridicola ma, d’altro canto, qualsiasi menzognaannacquata apparirebbe sospetta. Guardo Bonnie e capisco che, se non le dicola verità, lei non parlerà con me. Perciò, come ho fatto con Mary Moore, faccio unbel respiro e mi butto con una bella dose di sincerità.« Ok, bene, la verità è che, penso… sento di aver trovato questa borsa per una

ragione. Voglio dire, è comparsa dal nulla, era in fondo a uno scatolone dicianfrusaglie, e poi la lettera… Ne sono rimasta affascinata» .« Pensa che qualcuno, da qualche parte, stesse cercando di mandarle un

messaggio, dico bene?» , mi chiede Bonnie, fissandomi con i suoi occhiluminosi.Sono sorpresa dalla sua abilità di leggermi così bene. Come fa a saperlo? È

tanto palese? « Be’ , sì. È proprio così. Non ho mai trovato niente del genereprima d’ora. Mi è sembrato… importante» .« Sì. Capisco. Ma chi pensa che stia cercando di mandarle un messaggio?

Tatty?» . Si sporge verso di me, guardandomi con espressione intensa.« No» , dico. « Be’ , non proprio» .« Chi, allora?» , indaga.So che quello che dirò suonerà inverosimile a questa donna. « Be’ , le sembrerà

sciocco, ma mia madre, morì quando ero piccola, amava Coco Chanel. Eccoperché mi ha chiamata Coco» .« Ah, naturalmente… perciò quando ha trovato una borsa di Chanel…»« …mi è sembrato una specie di segno da parte sua. E poi ho trovato la lettera, e

allora ho sentito che…» .« …che doveva andare avanti? Come se fosse il Destino?» .La guardo dritto in faccia. « Sì» .Lei resta in silenzio, come se stesse prendendo una decisione su di me.

Sembrano passare minuti prima che parli di nuovo. Resto quasi con il fiatosospeso per tutto il tempo.« Anche Tatty credeva nel destino» , dice alla fine. « Credeva nei segni e aveva

delle superstizioni» .« Davvero?» , dico, quasi timorosa di espirare.« Scoprirà che è così per molta gente di teatro. Ce l’abbiamo nel sangue in un

modo straordinario. E lei era ancora più straordinaria di tutti. Le parlerò dellalettera, Coco, ma lasci che le parli prima di lei» .« La prego, sì» . Non vedo l’ora.« L’ho conosciuta la prima volta nel 1957. Era fresca di traghetto dall’ Irlanda.

Servivamo in una bettola nell’East End. Grandi amiche sin da subito» .

« Vada avanti» , la incoraggio. Sentire questa parte della vita di Tatty è giàaffascinante. Com’è passata dal servire in una bettola a vivere in una magnificavilla in una ricca zona di Dublino?« Ci facevano lavorare come schiave, ma le mance erano buone e la sera

andavamo a ballare. Oh, quanto ci divertivamo! Tatty era una ballerinameravigliosa» .« Davvero?» . L’ immagine di lei che balla lo jive tutta la notte appare fugace

nella mia mente.La vedo scalciare via le scarpe alte e divertirsi.« Oh, sì… aveva ritmo. Era anche una splendida cantante. È per questo che mise

su il gruppo. Io, in realtà, ero solo la spalla… era lei la star» .« Cantavate insieme?» . Ricordo che Mary aveva detto che Tatty amava la

musica, ma non sapevo che cantasse di professione.« Oh, sì! Ci chiamavamo le Chanelles» .« Le Chanelles?»« Sì, era un gioco di parole. Vede, Tatty amava Coco Chanel» . Mi lancia

un’occhiata sghemba mentre incasso questa perla. Coco Chanel attraversaquesta storia come un filo nella trama: la ritrovo ovunque.« Queste siamo noi agli esordi» , dice Bonnie, indicando la foto in bianco e

nero sulla parete. « Lavoravamo in un posto chiamato Candy Club allora,cantavamo insieme tutte le sere. La paga era terribile, la gente a volte anchepeggio, ma lo amavamo» .« Che genere di musica facevate?» , le chiedo incantata.« Oh, la musica dei tempi, i classici di sempre, quel genere di cose. Tatty amava

il jazz. Aveva proprio la voce adatta, molto malinconica, sa. Ma facevamosoprattutto roba che piaceva al pubblico» .Riesco a immaginarmele che cantano insieme nei locali fumosi, fin troppo belle

e vivaci, che spezzano cuori e si innamorano con abbandono.« Sì, era così divertente…» , dice pensierosa. « Tatty avrebbe potuto diventare

una star… registrò perfino un demo una volta, ma rinunciò quando fece ritornoin Irlanda. Fu allora che mi diedi al teatro. Non potevo cantare senza di lei» .« Perché tornò?» , domando. C’entra in qualche modo il misterioso Duke?

Forse lui tornò da lei e si rimisero insieme. Questo tipo di conclusione per lasua storia sarebbe incredibilmente romantica. È decisamente quella che spero.« Be’ , i suoi genitori morirono in un incendio. Erano persone molto facoltose e

Tatty ereditò tutto, i loro pacchetti azionari e il resto. Tornò in Irlanda persistemare le cose. Diceva sempre che un giorno sarebbe tornata, ma gli anni

passarono e non lo fece mai» .« E cosa mi dice di Duke?» .Bonnie guarda il proprio riflesso nel piccolo specchio incrinato che è ancora

issato sulla sedia nell’angolo. Si liscia i capelli argentei prima di rispondere.« Tatty non voleva rinunciare a lui, questo lo so. Ma non aveva altra scelta» ,

dice alla fine.« Dove andò? L’avevano mandato in guerra?»« Guerra?» , ripete lei confusa.« Pensavo che forse era un soldato. Era quello il motivo per cui avevano

dovuto separarsi?» .Bonnie mi sta guardando in modo molto strano. « Di cosa sta parlando,

Coco?»« Nella lettera lui diceva che doveva partire, come se non avesse scelta. Erano

come amanti nati sotto una cattiva stella» .Bonnie sgrana gli occhi. « Pensa che la lettera fosse dell’amante di Tatty?» ,

domanda con la voce rauca.« Be’ , sì, certo, questo Duke. Deve avergliela scritta prima di partire. Muoio

dalla voglia di sapere dove andò e perché dovevano separarsi» .Bonnie scuote la testa; sul viso ha un’espressione dolente. « Oh, ma, mia cara,

lei ha frainteso» , dice. « Duke non era il suo amante» .« Non lo era?»« No. Era suo figlio» .« Suo figlio? Cosa? Ma non ha alcun senso…» .La testa inizia a girarmi mentre frasi della lettera mi attraversano la mente. Dal

primo momento che ti ho visto, ho saputo senza ombra di dubbio che eril’amore della mia vita… Il tempo trascorso insieme è stato preziosissimo… etroppo breve… mi si spezza il cuore perché oggi saremo divisi… prego che ungiorno… saremo di nuovo insieme e che terrò ancora la tua mano nella mia…Mio Dio, non avevo neanche pensato a un’eventualità del genere. D’un tratto

mi accorgo che gli occhi mi si stanno riempiendo di lacrime. Adesso l’emozionecontenuta nella lettera ha assunto un sapore diverso. È quasi intollerabilepensarci.« È vero, Coco» , dice Bonnie, chiaramente addolorata anche lei. « Quella lettera

fu scritta da Tatty e destinata al piccolo che aveva dovuto dare via quando erasolo una bambina» .« Tatty ebbe un bambino che dovette dare in adozione?» , ripeto. La mia voce

sembra lontanissima. Non riesco a crederci.« Sì» , risponde Bonnie tristemente. « Farlo le ha quasi spezzato il cuore. Ma

non aveva scelta» .Mi tremano un poco le mani. Come ho fatto a prendere una tale cantonata?

Avevo dato per scontato che la lettera fosse di un innamorato… Lo avevamofatto tutti quanti. Era sembrata una cosa così palese che nessuno di noi hapensato di dubitarne. Perfino Mary Moore non ha riconosciuto la scrittura diTatty. Ma quando l’ha conosciuta, Tatty era ormai una donna anziana e malata:la sua scrittura poteva essere cambiata un sacco da quando era giovane e vivace.« Ma… perché l’ha dato via?» , chiedo. « Perché non l’ha tenuto?» .Bonnie sospira tristemente. « Le cose erano molto diverse all’epoca, Coco. Le

giovani donne che restavano incinta nell’ Irlanda degli anni 50 non avevanodavvero alcuna scelta… non esistevano le madri single. Quasi tutte dovevanorinunciare al bambino, spesso contro la loro volontà» .« Ma è una barbarie» . Mi si spezza il cuore al pensiero della giovane Tatty.« Ha ragione. Lo era» , dice. « A quei tempi le ragazze che avevano figli senza

essere sposate erano lebbrose sociali, cittadine di serie B. Erano fortunate senon finivano in quelle lavanderie» .« Ho visto quel film, Magdalene, una cosa rivoltante» . Dopo non ero riuscita a

dormire, ossessionata dalle immagini di quelle povere ragazze orribilmenteschiavizzate.Bonnie annuisce con aria cupa. « Erano istituzioni spaventose» , dice

amaramente. « Lavori forzati veri e propri, una cosa così crudele. E la societàchiudeva semplicemente un occhio…» .« Almeno lei non c’è finita» , dico. « È venuta qui… ha potuto rifarsi una vita» .« Sì. Anche se non è mai riuscita a dimenticare quella vecchia, lo so. Ha vissuto

ogni giorno con quel dolore» .« È per questo che teneva la lettera con sé?» , chiedo scossa.« Sì. Scrisse quella lettera al suo bambino la mattina in cui fu costretta a darlo

via. Voleva che lo seguisse nella sua nuova casa, perché lui potesse leggerlauna volta più grande, ma le suore che gestivano la casa di maternità non lopermisero. Si rifiutarono di dare la lettera ai genitori adottivi» .« Ma è terribile. Avevano il diritto di fare una cosa del genere?»« In queste situazioni i diritti non erano contemplati» . La voce di Bonnie si fa

dura. « Loro sapevano quello che facevano, o almeno così dicevano. Nonc’erano contatti tra madri e bambini, era severamente vietato» .« Per cui non le fu detto dove sarebbe andato Duke?»

« No. A quei tempi non c’erano ulteriori contatti con le famiglie adottive, sa,come può essere invece oggi. Una volta che una donna aveva dato via il propriobambino, la cosa finiva lì. Lei non vide mai più il bambino, a meno che suofiglio non l’abbia rintracciata una volta cresciuto. E anche questo può essereparecchio complicato. Un sacco di persone là fuori non sanno da dove vengonoe mai lo sapranno perché la documentazione semplicemente non esiste. È unavera e propria disgrazia» .« Perciò chissà quante madri e bambini hanno dovuto patire la stessa sofferenza

di Tatty?» , rifletto.« Proprio così, mia cara. Tatty era unica ma, tristemente, la sua storia non lo è» .Non riesco a immaginare come possa essere stato dover dare via il bambino

contro la propria volontà e andarsene, senza mai più rivederlo né sapere cosastesse facendo. La mia era una madre single, ma se fosse stata costretta a darmivia? Dove sarei? Probabilmente neanche conoscerei Ruth. Non conoscereinessuno della mia famiglia biologica. Non arrivo neanche a pensare comesarebbe stato, a quanto sarebbe stata diversa la mia vita se fossi nata qualchedecennio prima.Guardo la lettera che ho in mano. « È terribile» . Le lacrime mi bruciano di

nuovo gli occhi. « Questa lettera era l’unico legame che aveva con il suobambino…» .« Sì, e la teneva sempre con sé. Diceva che se Duke l’avesse mai trovata, lei

gliel’avrebbe mostrata. Voleva che sapesse che non aveva rinunciato a lui acuor leggero. Semplicemente non aveva avuto scelta» .Per tutto questo tempo avevo pensato che la lettera fosse di un amante a Tatty,

mentre invece era una dolorosa lettera d’amore al suo bambino. Il bambino cheaveva dovuto dare via. Mi travolge un’ondata di tristezza. Non è affatto comevolevo che andasse. « È straziante» , sussurro.« Non aveva neanche una sua foto» , continua Bonnie, « ma spesso diceva che

non ne aveva bisogno. Aveva il suo viso impresso nel cuore» .Nel triste istante di silenzio che segue, mi sovviene una cosa. E il padre di

Duke? Dov’era in tutto questo? « E il suo fidanzato?» , chiedo. « Nonpotevano sposarsi?»« Be’ , sì. Ma lui era già sposato, quindi sarebbe stato un problema» , dice

Bonnie in tono freddo e duro.« Oh» .Quindi Tatty aveva una relazione con un uomo sposato quando era rimasta

incinta: quello era davvero un tabù all’epoca. Non mi sorprende la sua fuga a

Londra: stava cercando di scappare da quella che sembra una vicendadisperatamente triste e traumatica e iniziare daccapo.« Sì, altroché se era sposato. Diceva che avrebbe lasciato la moglie, la solita

vecchia storia» , prosegue Tatty. « Le diede questa, invece» . Con gli occhivelati, dà un colpetto alla Chanel. Mentre lo fa, è quasi come se la sua storiaprendesse vita. Rappresentava l’amore che Tatty provava per il padre del suobambino. Non mi meraviglia che vi tenesse dentro la lettera. Adesso sembra piùpreziosa che mai.« Andarono a Parigi per un weekend, all’ inizio del 1956, e la prese lì per lei.

Era una delle prime borse mai fatte da Chanel, un prototipo» .Allora avevamo ragione! Questa è una delle 2.55 originali.Bonnie sta ancora parlando. « Tatty non riusciva a crederci quando conobbe

Coco… era il suo idolo da così tanto tempo» .« Tatty conobbe Chanel?»« Sì, durante quel weekend. Il suo uomo sposato era amico di un amico di

Chanel, vede… cenarono perfino con lei in quell’occasione. Tatty amavaraccontare quella storia» .« Cenarono con Coco Chanel? È incredibile!» .« Vero? Andarono al suo atelier nella rue Cambon e fecero un picnic di

mezzanotte… olive, formaggio e baguette, diceva Tatty. E un sacco di vinorosso. Diceva sempre che fu uno dei più bei weekend della sua vita… ilweekend in cui Duke fu concepito» .Quasi non riesco a respirare per l’emozione. C’è così tanto in questa storia,

più di quanto avessi mai immaginato. Tatty e il suo amante conobbero CocoChanel e mangiarono con lei nel suo leggendario atelier. È incredibile. E il fattoche il loro bambino fosse concepito proprio allora…« Cosa accadde poi?» , chiedo. Chiaramente le cose avevano preso una brutta

piega.« Dopo che Tatty scoprì di essere incinta, tutto cambiò, naturalmente. Il mondo

le crollò addosso. Il suo amante non volle più saperne di lei. All’ improvvisoera diventata nient’altro che una seccatura. Lui scomparve dalla faccia dellaterra, il verme» . Il suo tono è amaro, come se ricordasse vividamente la veraentità del dolore che Tatty deve averle confidato.« È stato incredibilmente ingiusto» , dico, con la rabbia che ribolle dentro di

me. Tatty ha dovuto pagare un prezzo troppo alto per un’avventata relazioneamorosa: è stata lei a perdere ogni cosa mentre gli altri la giudicavano.

« È così che andava il mondo allora. Tatty era in difetto, la donna lo erasempre» .Guardando la foto sul muro di Tatty che ride con Bonnie, non vedo nessuna

traccia sul suo viso del dolore che doveva aver provato. Se c’era tristezza nelsuo passato, non si evince da quella foto: le due donne sembrano divertirsi unmondo.« Cosa fece poi?» , chiedo.« Be’ , i genitori rimasero scandalizzati da quella che consideravano la sua

caduta in disgrazia. La spedirono armi e bagagli in un istituto di maternità nelleMidlands irlandesi così nessuno l’avrebbe saputo. Avevano il terrore che lagente venisse a saperlo» .« Tatty sarà stata così spaventata» .« Lo era, questo è sicuro. Non si riconciliarono mai, neanche dopo la nascita

del piccolo Duke. Anche se lei aveva fatto come le avevano ordinato e dato viail bambino, non riuscirono a perdonarla, né lei loro per averle fatto affrontareuna cosa del genere. Venne invece a Londra e cercò di andare avanti» .« Povera Tatty» .Bonnie si accende un’altra sigaretta e aspira a fondo. « Sì, poverina. Una parte

di lei non superò mai la cosa. Il trauma di perdere Duke non l’abbandonò mai.Anche se lo tenne con sé solo per otto ore» .Nuove lacrime si affacciano nei miei occhi. Otto ore? « Perché lo chiamò

Duke?»« Lo chiamò come Duke Ellington… In a Sentimental Mood era la loro

canzone, sa, sua e del suo amante. Chiese perfino alle suore se i genitori adottivipotevano mantenere quel nome, anche se, naturalmente, non seppe mai serispettarono i suoi desideri… le suore non erano esattamente tipi materni eaccoglienti. Non vollero neanche prendere la lettera, ricorda?»« Deve essere stata una situazione impossibile da superare» .« Fece del suo meglio, non mollò. Il suo metodo era non parlare mai di Duke,

tranne il suo compleanno. In quel giorno si concedeva di piangere. Il diecinovembre. Ogni altro giorno dell’anno, metteva tutto da parte. Era l’unicomodo per andare avanti» .Tra di noi cala il silenzio mentre pensiamo a quanto deve esserci voluto per

sopravvivere dopo una perdita tanto enorme e al crepacuore.« E la borsa?» , domando.« La teneva sempre con sé. Quella e la lettera erano i suoi legami con il

bambino… e l’unico collegamento con il padre, immagino. Non penso che abbiamai smesso di amarlo, malgrado tutto. Per lei, nessuno era alla sua altezza. Eral’amore della sua vita. Penso sia questo il motivo per cui non si sposò mai» .« Eravate molto intime, vero?» . Vedo l’amore di Bonnie per Tatty trasparire da

ogni poro.« Sì, è così. Le devo tutto. È la pura verità» .« Cosa intende?»« Be’ , Tatty fu quella che mi aiutò quando io rimasi incinta in circostanze

affatto ideali. Mi sostenne nel bene e nel male, mi aiutò in tutti i modi che potevadopo che quel buono a nulla del mio fidanzato mi piantò in asso. Se non fossestato per Tatty… be’ , chissà cosa sarebbe successo?»« La prese sotto la sua ala?»« Sì. Era decisa a fare in modo che non mi accadesse la stessa cosa… che non

perdessi la mia bambina» .« E poteva succedere?»« Mi sentivo persa, questo è sicuro. Non sapevo cosa fare, a chi rivolgermi.

Tatty fu la mia roccia. I tempi erano cambiati da quando lei aveva avuto Duke inIrlanda, ma essere un genitore single era ancora un tabù, perfino a Londra. Senon avesse badato a noi, chissà cosa sarebbe potuto succedere. Insisté perchévivessimo con lei fino a che non ce l’avessimo fatta da sole. Non aveva quasiniente allora, ma era disposta a dividerlo con noi» .Questo mi fa ricordare ciò che aveva detto Mary Moore: le sembrava che fosse

Tatty a prendersi cura di lei. Non mi sorprende che abbia lasciato tutti i suoiaveri in beneficenza. Era il tipo di persona che dà.« Sembra che sia stata davvero una buona amica» .« Sì. Ci siamo mantenute in contatto nel corso degli anni. Volevo andare a

trovarla alla fine, ma lei ha continuato a tenermi a distanza. Poi ho fatto due piùdue: non voleva vedermi. Ho dovuto rispettare la sua volontà, nonostante fossedifficile, non posso negarlo» .« La sua infermiera dice che ha vietato a chiunque di intervenire al suo

funerale» .Bonnie annuisce. « Sono addirittura passate settimane prima che sapessi che

era venuta a mancare. Mi sono sentita così in colpa per non esserci stata. Ma eracosì che lei voleva, lo sapevo. Proprio come ha voluto mettere tutte le sue coseall’asta. È comprensibile, immagino. A chi altri avrebbe potuto lasciarle? Nonaveva famiglia» .« Crede che sia stata mai più felice, Bonnie?» . Non posso sopportare di

pensare che Tatty abbia passato il resto della sua vita a piangere il figlio chenon le fu mai permesso di conoscere.Bonnie fa una pausa prima di rispondere. « Imparò a reagire» , dice alla fine.

« Non si riconciliò mai con i genitori, come ho detto, ma credeva che l’ereditàfosse il loro modo per fare ammenda. Ne ricavò grande conforto. Fu ancheun’abile investitrice. Visse agiatamente di rendita per il resto della sua vita.Aveva la sua musica. Aveva un sacco di ammiratori. Penso che in un certo sensofosse felice, nonostante ci fosse un vuoto incolmabile nel suo cuore. La perditadi Duke la segnò» .« Provò mai a cercarlo?»« Avrebbe voluto, lo so. Ne parlava dopo un paio di drink, diceva che sarebbe

andata dalle suore e le avrebbe costrette a darle più informazioni. Ma non lo fecemai. Penso che una parte di lei non volesse intromettersi nella sua vita… nelcaso lui non sapesse niente. Ma aspettava, nella speranza che lui facesse la primamossa…» .« Mi chiedo dove sia adesso. O se addirittura sappia di essere stato adottato» .« Chissà?» . Si stringe nelle spalle. « Potrebbe essere ovunque, immagino.

Ormai è troppo tardi per farci niente» .« Ma deve esserci un modo per scoprire qualcosa. Deve esserci. Ricorda

qualche altro dettaglio?» .Scrolla la lunga brace della sigaretta nel posacenere. « L’ istituto per la

maternità si chiamava St Jude’s, questo me lo ricordo. Era a Westmeath, credo. Eil bambino è nato il dieci novembre del 1956. Questo è quanto so per certo» .« Mi chiedo se sia abbastanza…» .« Per cosa? Per rintracciarlo?» , mi chiede con gli occhi sgranati.« Forse» , dico. « Pensa che dovrei?» . Voglio una sua opinione a tutti i costi.

Ho questa informazione, ma non so cosa fare dopo. Bonnie era una delle amichepiù care di Tatty, oltre che sua alleata, perciò deve sapere cosa avrebbe volutoche facessi con questa lettera, che era così preziosa per lei.« Non posso dirle cosa fare, Coco» , dice tristemente. « Vorrei poterlo fare, ma

purtroppo la vita non è come sul palcoscenico. È molto più complicata. E a voltele storie non hanno una conclusione ben definita» .« Ma lei deve avere qualche idea riguardo a cosa dovrei fare. Un consiglio da

darmi. La prego, Bonnie» . Sto quasi implorando adesso, ma non riesco atrattenermi. Ho bisogno di una direzione, un’ idea sulla mossa successiva, comeminimo.Mi scruta per un istante. « Ha detto di aver pensato che trovare la borsa fosse

una sorta di messaggio da parte di sua madre. Dico bene?»« Sì» , rispondo. « Questa borsa è quella che ha sempre voluto che avessi, come

una specie di omonima» .« E quale messaggio crede che sua madre stesse cercando di farle arrivare? Cosa

avrebbe cercato di dirle mandandole questa borsa?»« Non lo so» .« Be’ , forse ha bisogno di capirlo» , dice con gentilezza.Prima che possa chiederle di spiegarsi meglio, la donna che ieri era con lei nel

foyer, quella che l’ha sgridata per aver fumato, fa capolino dalla porta dellospogliatoio. Si accorge di me ma non mi saluta. « Quante volte devo dirtelo?Non puoi fumare qui dentro, mamma» .Mamma? Questa donna è la figlia di Bonnie?« Oh, per la miseria» , borbotta cocciuta Bonnie. « Non sono neanche vere

sigarette» .« Prova a spiegarlo al ministero della Salute» , ribatte contrariata la donna e

scompare immediatamente.« I ragazzi» . Bonnie alza gli occhi al cielo. « Credono di sapere tutto» .« Quella è sua figlia? È anche lei un’attrice?»« Dio, no» . Ride. « È il direttore artistico, un vero generale, lo è da quando è

nata. Tatty la chiamava Piccola Miss Tiranna» . Sorride affettuosamente nelricordare quei giorni ormai andati. « Adesso, mi dispiace, mia cara, devo proprioandare. Se faccio tardi alle prove, useranno le mie budella per farne giarrettiere» .Si alza in piedi e, nel farlo, si guarda nello specchio incrinato. Si tampona un

po’ gli occhi, fa un profondo respiro e raddrizza di nuovo la schiena. « Mi facciasapere, va bene?» , dice abbracciandomi.« Lo farò, lo prometto. Grazie per avermi dedicato il suo tempo, Bonnie» .« Di niente, Coco» , dice. « Grazie per avermi riportata indietro nel tempo. Sono

felice che sia stata lei» . Mi tiene a distanza di braccio e mi sorride radiosa.« Felice che sia stata io? Cosa intende?»« Che sia stata lei a trovare la borsa di Tatty, naturalmente. Penso che abbia

ragione. Le è stata mandata per un motivo. Non deve fare altro che scoprire qualè» .E, con un altro breve abbraccio, se ne va, lasciandomi a pensare a cosa fare

dopo. Mi sento svuotata dopo la vicenda emotiva che mi ha raccontato.Svuotata e molto confusa. Dovrei cercare di rintracciare Duke? Dargli la letteradi sua madre? Sarebbe addirittura una cosa fattibile, con così poco da cuipartire? E lui accoglierebbe con gioia la notizia o mi odierebbe per avergli

complicato la vita?Rovisto nella mia borsa e recupero il mio malandato taccuino. Apro una pagina

e scrivo quello che so.NOME: DUKE MOYNIHANDATA DI NASCITA: 10 NOVEMBRE 1956LUOGO DI NASCITA: ST JUDE’S, CASA MADRE-FIGLIO, CO. WESTMEATHÈ sufficiente? Ho seri dubbi. A meno che non ci sia altro in quella scatola di

cianfrusaglie, qualcosa che mi è sfuggito forse, un altro indizio che mi aiuterà.Mentre chiudo il taccuino, mi giro a guardare la foto di Tatty ancora una volta.« Ok, Tatty» , dico. « Se vuoi che vada avanti, lo farò» . Poi alzo gli occhi al

cielo. « Spero che tu mi stia guardando, mamma. Di certo non mi stai rendendo lecose facili» .

Capitolo 14

« Non ci libereremo mai della puzza di quel dannato disinfettante» , brontolaRuth. « Te ne rendi conto, vero?»« Non è così male» , dico, cercando di rabbonirla. « Quasi non lo sento, giuro» .Siamo di nuovo allo Swan’s e, malgrado quello che sto dicendo a Ruth, la

zaffata di detergente extra potente è così forte che potrebbe stendere un cavallo.Inizio a pensare che sia davvero l’ ideale di pulizia di Anna: deve essereconvinta che niente sia pulito a meno che non puzzi di candeggina e sia ingrado di abbattere un animale di grossa stazza. Potrebbe mettere in seriopericolo il posto delle due conduttrici del programma How Clean Is YourHouse? Anzi, potrebbe avere uno show televisivo tutto suo se ne sentissel’esigenza.Ieri sera non abbiamo notato troppo l’odoraccio perché quando siamo tornate

da Londra eravamo così sfinite da andarcene dritte di sopra a dormire. Ma questamattina è fin troppo evidente. Anna ha fatto quello che voleva qui dentro e tuttoè stato sfregato senza pietà. E le cose sono state anche spostate. Non tutto èdov’era prima, niente affatto.« Stanotte mi sono svegliata due volte con la terribile sensazione che mi

stessero asfissiando» , dice Ruth. « Pensavo che fosse un brutto sogno. E inveceera questo» . Fa un ampio gesto con le braccia. « I vapori tossici devono esseresaliti fin sulle scale… mi sorprende che non siamo morte tutte e due soffocate nelsonno» .« Sai che ti dico, accendo una candela profumata, va bene?» . Rovisto sotto il

bancone alla ricerca dei fiammiferi. « Potrebbe essere utile» .« Ci vorrà più di una candela per togliere la puzza da qui dentro» , mormora

Ruth. Stamattina è davvero nervosa e so perché: deve affrontare Anna e dirle diColin. Ne è terrorizzata. Non è l’unica.Essere di nuovo a Dronmore è una doccia fredda in più di un senso. La prima

cosa che ho fatto stamattina è stata frugare nella scatola in cui ho trovato laborsa di Tatty, nel caso ci fosse altro che poteva aiutare la mia ricerca. Ma nonc’era niente, nessun altro indizio. È stata una vera delusione… e adessoabbiamo Anna di cui occuparci. Il pensiero mi da i crampi allo stomaco.« Perché non vai a salutare Karl e prendi un po’ d’aria fresca? Sembra che gli

sei mancata» , le suggerisco. Ruth ha bisogno di liberare la mente e Karl

potrebbe essere la distrazione perfetta.Entrambe guardiamo nella sua direzione: è appoggiato alla scopa all’esterno

della macelleria e guarda dritto verso di noi, sorridendo, come se cercasse diintercettare lo sguardo di Ruth.Lei lo saluta distrattamente con la mano e poi si gira di nuovo verso di me.

« No, non starò tranquilla fino a che non parlerò con Anna. Voglio chiederle divederci a pranzo in albergo oggi. Meglio un posto neutrale per darle la notizia,credo» .« Così presto?» . Deglutisco e penso con orrore a quello che ci aspetta. Ruth

non è il tipo che rimanda, cosa che io, invece, non ho problemi a fare.« Sì, meglio farla finita» , dice bruscamente. « Mettiamo le cose in chiaro» .Sparisce di sopra mentre la campanella del negozio suona ed entrano Cat e

Mark. Cat è scura in viso e Mark non sembra più contento.Pare che non ci sia stato alcun miglioramento tra di loro. Ancora una volta,

provo una fitta di puro senso di colpa per non essermi ritagliata del tempo perMark dal compleanno dei gemelli. Se fosse stata Ruth, si sarebbe data da fare perrisolvere la cosa il prima possibile. « Ciao, ragazzi!» , li saluto. « Cosa ci fai qui,Mark? Niente scuola oggi?»« No, Coco, c’è scuola oggi» , risponde Cat quasi ringhiando. « Ma il mio caro

figliolo è stato sospeso, perciò non può andarci e gli tocca stare con me… comese non avessi abbastanza da fare senza che lui mi renda le cose ancora piùdifficili» .Cat lancia un’occhiataccia a Mark in e lui abbassa lo sguardo sul pavimento,

senza dire niente, con il ciuffo nero che gli ricade sulla fronte e gli nasconde gliocchi.« Cosa è successo?» . Ho quasi paura di chiederlo. Questa non è affatto una

buona notizia.« Be’ , a quanto pare Mark credeva che sarebbe stato divertente fare a botte sul

volo di ritorno dalla gita scolastica in Spagna» , dice Cat. « È una fortuna cheadesso non si trovi in qualche prigione del Mediterraneo» .« Che esagerazione, mamma» , borbotta Mark, alzando appena la testa così che

riesco a vedergli la faccia. Sembra esausto: la sua pelle è cerea e pallida.« Ah, sì?» , inveisce Cat, chiaramente furibonda. « Le scazzottate in volo

vengono prese molto sul serio di questi tempi, Mark… c’è gente finita in carcereper molto meno» .La faccia di Mark si scurisce, come se fosse stufo di cercare di spiegarle le cose.

Guarda di nuovo il pavimento.

« Quindi è stato sospeso?» , chiedo.« Sì, niente scuola per una settimana. Poi ci sarà un incontro disciplinare.

Speriamo solo che non si faccia espellere» .Mark si allontana e va a sedersi su uno sgabello vicino alla parete, infilandosi

gli auricolari dell’ iPod.« Non vogliono espellerlo, vero?» , dico piano a Cat, inorridita a quella

prospettiva. « Non può essere così nera» .« Chi lo sa?» . Fa un sospiro. « Potrebbero farlo. David è fuori di sé. Vuole

metterlo in punizione per il resto dell’anno» .« Ma come è successo? Com’è iniziata?» , domando.« Ancora non siamo riusciti ad andare a fondo alla cosa» , risponde Cat

stancamente. « L’altro ragazzo coinvolto ha detto qualcosa. Mark non ci hadetto altro. Non vuole dirci di cosa si è trattato. Il fatto è che pare chel’ insegnante pensi sia stato Mark a iniziare» .« Non è proprio da lui, Cat» , dico, lanciando una rapida occhiata furtiva a

Mark. Tiene la testa ancora china, le mani serrate in grembo. C’è un che di tristee depresso in lui che è molto inquietante.« Lo so» . Cat sospira di nuovo. « Non riesco a comunicare con lui, Coco. Non

so dove sbattere la testa» .« Forse potrei provarci io» . Un’ idea sta prendendo forma nella mia mente.« Cosa vuoi dire?» . Si guarda dietro le spalle nella sua direzione, per accertarsi

che non abbia sentito. Ma so che è impossibile perché riesco a sentire la musicada dove mi trovo.« Credi che parlerebbe con me?» , le chiedo.Cat fa spallucce. « Non lo so, forse» , risponde dubbiosa.« Be’ , e se venisse a una delle mie lezioni di riuso creativo? Stasera tengo una

sessione extra per recuperare quella persa mentre ero a Londra. Potrei provare atirargli fuori la verità» .L’ idea mi è appena venuta, ma non mi sembra malaccio. La lezione potrebbe

essere il modo perfetto per trovarmi da sola con Mark e cercare di scoprire cosasta succedendo. Non voglio ancora parlare a Cat di quel piantagrane di SeanO’ Malley, ma almeno in questo modo sarò proattiva, non me ne starò sugliallori a non fare niente. Se scopro qualcosa di concreto, glielo dirò e potremoagire di conseguenza.Cat guarda prima me, poi Mark, pensierosa. « Sì… Sai una cosa? Potrebbe

funzionare» .« Gli darò qualcosa da fare e poi potrò cercare di andare in fondo alla

questione» .« Magari con te si confiderà» , dice in tono speranzoso.« Esattamente! Resteresti sorpresa da quello che riesce a dire la gente quando è

assorta nel lavoro. È come essere una parrucchiera: i clienti ti dicono ognigenere di cosa personale. Se riesco a scoprire cosa gli prende, possiamo partireda lì. Vale la pena provarci» .« Grazie mille, Coco. Se riesci a cavargli qualcosa sarebbe fantastico. Siamo

così preoccupati» . Mi sorride, ma vedo ansia nei suoi occhi.« Nessun problema» . Le strizzo l’occhio. « Allora, come faccio a dirgli che sarà

il nuovissimo membro del più esclusivo club in città?»« E se gli dicessi che deve venirci per punizione? Per tenerlo fuori dai guai?» ,

propone Cat.« Ehi!» , rido e lei fa una smorfia.« Scusa, ma deve sembrare plausibile o sospetterà che stiamo architettando

qualcosa» .« Hai ragione» , convengo. Mi giro per chiamare Mark, ma poi mi ricordo

qualcosa e mi sporgo di nuovo verso Cat. « Ancora una cosa, io e Ruth verremoall’albergo più tardi, siamo a pranzo con Anna» .« Vuoi che vi riservi un separé?»« No. Ci ha già pensato Ruth. È solo… ti dispiacerebbe evitarci se ci vedi?»« Sicuro» , risponde immediatamente Cat, ma sembra confusa. « Posso chiedere

il perché?»« Te lo spiego dopo, ma ha a che fare con una cosa che è successa a Londra. Ci

aspetta… un’ imbarazzante conversazione e sarebbe più facile se non ci fosserointerruzioni» .« Mi terrò alla larga. Ma devi porre fine alle mie sofferenze il prima possibile e

aggiornarmi sulla situazione, promesso?»« Lo prometto. Adesso, tornando a tuo figlio…» . Mi giro verso Mark e alzo la

voce. « Ehi, Mark?» .Lui si toglie un auricolare. « Sì?»« Stasera verrai alla mia lezione di riuso creativo. Non è fantastico?» .La sua faccia si affloscia. « Vuoi scherzare!» .Cat si mette le mani sui fianchi. « No, non stiamo scherzando» , dice con

severità. « E ringrazia Coco per l’aiuto a tenerti fuori dai guai» .Mi stampo un sorriso sulla faccia mentre lui guarda la madre e poi me, ancora

ammutolito. « Ma io non voglio» , dice.« Perché no?» , pretende di sapere Cat, con un luccichio minaccioso negli

occhi.« Perché non voglio passare il tempo con un mucchio di sconosciuti

incartapecoriti» . Mi scocca un’occhiata. « Senza offesa, Coco» .« Tranquillo» , dico. « Ma perché non ci provi, Mark? È divertente, giuro» .

Voglio assolutamente parlargli quando Cat non è nei paraggi e questa è la miaoccasione. Ma lui sta scuotendo la testa, come se non ci fosse modo diconvincerlo.Ma Cat non accetterà un no come risposta. « Andrai alla lezione di Coco,

giovanotto, questo è quanto. Andiamo, adesso. Sono già in ritardo per unariunione, grazie a te» .« Ma, mamma…» .« Niente ma. Muoviti» .Mark, con la bocca ridotta a una linea sottile, si stacca lentamente dallo

sgabello. Lo disgusta dover venire alla mia lezione. Posso solo sperare che, unavolta qui, si diverta e si apra un pochino con me.« Mark, ho un vecchio tavolino da caffè da cui puoi iniziare» , dico, decisa a

suscitare un po’ di entusiasmo per stasera. « Qualche idea su cosa potrestifarci?»« Non lo so» , dice lui. « Magari mi ci inchiodo sopra» .« Se la cosa non ti piace, non avresti dovuto farti sospendere, dico bene?» . Cat

mi strizza l’occhio alle sue spalle.« Te lo riporto a casa dopo la lezione» , dico mentre se ne vanno.Lei mi scocca un sorriso. « Sei un angelo. E muoio dalla voglia di sentire ogni

succoso dettaglio sulla storia di Londra» .« Non vedo l’ora di raccontarti tutto» . Sono ansiosa di aggiornare Cat sui

recenti eventi: è sempre un saggio gufo riguardo a queste cose, perciò sapràconsigliarmi bene sul da farsi.« Sembra che ci sia un bel po’ da dire» . Cat inclina la testa da un lato.« Diciamo così!» .« Metterò su il bollitore» .« No, apri una bottiglia di vino. Ho la sensazione che potrei aver bisogno di

un drink prima della fine della giornata» .« Siamo in due!» , esclama, sorridendomi con aria complice da sopra la spalla

prima che la porta si chiuda dietro di loro.

Ruth e io siamo già sedute nel separé nel bar del Central Hotel quando Annaarriva a grandi passi. È vestita di nero come al solito e, mentre si avvicina a noi,

mi colpisce la finzione del suo aspetto: porta il lutto da anni, ma non è vedova.È tutto così bizzarro. La sua vita e il suo status in questo paese sono basati suuna menzogna. Come è riuscita a tenerla in piedi così a lungo?Accanto a me, sento Ruth trasudare agitazione e le stringo una mano per dare a

entrambe un po’ di coraggio. Fosse stato per me, avrei rimandato un pochino lacosa. Detesto i confronti.« Non posso trattenermi» , annuncia Anna trafelata, mentre si siede di fronte a

noi, allargando con cura il cappotto sotto di sé. « Devo parlare con padre Patdella Liturgia dell’ Avvento. C’è così tanto da fare… le ore del giorno nonbastano» .Do un’occhiata a Ruth. Voleva che ci incontrassimo in campo neutro, dove

avrebbe potuto parlarle di Colin. L’albergo sembrava una buona idea, maadesso che siamo qui, non ne sono così sicura. Non c’è modo che qualcuno cisenta, dal momento che siamo in un angolo appartato, ma se Anna reagisse male?E se avesse un tracollo?« Ti va un drink, Anna?» , le chiedo, ben sapendo che rifiuterà l’alcol. Ma ci

provo comunque.« Solo un’acqua tonica, grazie, Coco» .« Niente di più forte?» , domando speranzosa.« In pieno giorno? Certo che no» . È scioccata che glielo abbia perfino chiesto.Solerte, vado a prenderle l’acqua tonica e torno di nuovo a sedermi di fronte a

lei.« Allora, cosa sono tutti questi misteri?» , chiede, guardando l’ora. « Se volete

parlarmi del viaggio a Londra, non può aspettare? Non ho davvero tempo perpranzare. Non voglio fare aspettare padre Pat» .Ruth e io ci scambiamo un’occhiata. Dall’espressione determinata che ha nello

sguardo, capisco che sta per buttarsi. Il mio stomaco fa un’enorme capriola.« Anna» , esordisce Ruth. « C’è qualcosa che devo dirti e non c’è un modo

facile per farlo» .« Ah, ho capito di cosa si tratta» , dice, interrompendo il monologo preparato

della sorella.« Sì?» . Ruth è esterrefatta.« Sì, e, sul serio, Ruth, stai avendo una reazione assolutamente esagerata» , dice

roteando gli occhi.Ruth è colta alla sprovvista tanto quanto me. Anna lo sa già? Com’è

possibile? « Lo sai?» , dice lanciandomi un’occhiata allibita. Colin può averlagià contattata?

« Certamente» , replica freddamente. « Siete arrabbiate perché ho spostato dellaroba in negozio. Ma, credetemi, mi ringrazierete per questo. Ho messo a puntoun sistema decisamente migliore, dovete solo farci l’abitudine. C’è un posto pertutto e tutto ha un suo posto. Posso spiegarvi ogni cosa» .Oh, Dio, pensa che stiamo parlando del delirio di pulizia che ha avuto.« Anna» . La voce di Ruth è strozzata. « Non è di questo che volevo parlarti» .« No?» . Anna inarca un sopracciglio, perplessa.« No» .« Quindi stai dicendo che convieni che la mia riorganizzazione sia

effettivamente un miglioramento?» , domanda trionfante. « Lo sapevo! Mi erodetta…» .« Anna!» , sbotta Ruth. « Per favore, ascolta. Si tratta di Colin» .Anna impallidisce al solo sentire quel nome; le guance improvvisamente le si

fanno terree sotto la cipria color ostrica. È rimasta senza fiato e mi si spezza ilcuore nel vedere lo choc dipingersi sul suo viso. Ruth continua implacabile,desiderosa di dire tutto quanto il più in fretta possibile, prima che il coraggio levenga meno.« Qualche tempo fa mi ha scritto, perciò sono andata a trovarlo quando siamo

state a Londra. È molto malato, Anna. Anzi, sta morendo» .« È già morto, ricordi?» , replica lei adagio, quasi automaticamente, con voce di

ghiaccio.« Anna, ti prego, ascolta» , implora Ruth. « Ha voluto che ti dessi una cosa. Un

messaggio» .Ruth prende dalla borsa l’orologio che le ha dato Colin e lo posa sul tavolo in

mezzo a noi. Per una frazione di secondo, vedo l’espressione di Anna farsi dolceprima di indurirsi nuovamente, più di prima. « È uno scherzo?» , domanda adenti stretti.« No» , risponde Ruth impotente. « Mi dispiace. Non sapevo cosa fare» .« E quindi hai fatto questo?»« Stava solo cercando di aiutare, Anna. Ambasciator non porta pena» ,

intervengo, volendo proteggere Ruth, che mi rivolge uno sguardo riconoscente.Anna mi guarda torva. « Restane fuori, Coco» , scatta. « Non avresti mai dovuto

saperne niente» .« Ascoltami per un secondo, Anna» , la prega Ruth. « Ho pensato che dovessi

saperlo. Vuole il tuo perdono, è il desiderio di un moribondo» .La replica di Anna, quando giunge, mi gela. « Per quanto mi riguarda, non

morirà mai abbastanza presto» , dice con lentezza, deliberatamente. « E quando

lo farà, spero che marcisca all’ inferno. Bene, non dovremo parlarne mai più.Avete capito entrambe?» .Ammutolite, Ruth e io facciamo di sì con la testa.« Quello tienilo, o rimandalo indietro» , continua, indicando l’orologio. « Non

significa niente per me» .« Ma, Anna…» , fa per dire Ruth.« Penso che tu abbia fatto abbastanza, non sei d’accordo?» , dice alzando una

mano per impedire a Ruth di continuare. « Adesso devo vedere padre Pat» .Prende la borsa e se ne va impettita prima che possiamo dire un’altra parola.« Oh, Dio, che disastro» . Ruth fa un profondo sospiro mentre guardiamo Anna

andarsene, spalle indietro e testa alta. Nessuno capirebbe mai che le abbiamoappena detto che il marito, dato per morto da anni, è ancora vivo e vuole il suoperdono prima di incontrare il suo Creatore. Nessuno ci crederebbe.« Hai fatto quello che potevi, Ruth» , dico. « Sei stata molto coraggiosa» .« Ma hai visto la sua faccia? Non mi perdonerà mai per aver interferito» .« Non hai interferito. Volevi solo essere d’aiuto» .« Lei non la vede così» , dice con rimpianto. « Pensa che l’abbia tradita

andando a trovare Colin» .« Stavi cercando di fare la cosa giusta. Una volta superato lo choc, capirà» .

Non sono sicura che questo sia vero, di certo non per il modo in cui ha reagitoalla notizia, ma devo gettare a Ruth una specie di salvagente. Posso solo sperareche Anna arrivi a capire che sua sorella stava solo cercando di aiutare.Ruth prende l’orologio e lo rimette nella borsa. « Lo spero» , dice, scuotendo

tristemente la testa. « Lo spero davvero. Ma ho la terribile sensazione chequesto sia un ginepraio in cui non avrei dovuto mai cacciarmi» .

Capitolo 15

« Piacere di conoscerti, Mark. È bello avere un po’ di sangue giovane qui tranoi vecchietti» , dice Harry Smith, stringendo entusiasta la mano di Mark.« Chiedi pure se hai bisogno di qualcosa, giovanotto, non essere timido. È

lascia perdere Harry, è un fesso» . Lucinda Dee lo abbraccia cordialmente.« Grazie» , dice Mark, facendo un passo indietro e sorridendo timido a tutta la

classe mentre, uno per volta, lo accolgono nel gruppo di riuso creativo. Anchese non ho detto esplicitamente perché Mark si è di punto in bianco unito a noi,sembrano capire per istinto che è nervoso e bisognoso di un caldo benvenuto.Potrei abbracciarli tutti quanti per essere così gentili.« Allora, Mark, non badare a questi qui» , dico in tono scherzoso. « Se cercano

di fare i bulli, dovranno vedersela con me» .« Fare i bulli con lui?» , dice Harry. « Perché pensi una cosa del genere,

Coco?»« Perché sa di cosa sei capace, vecchiaccio» , risponde Lucinda, e l’ intero

gruppo scoppia a ridere.« Perciò è meglio che stai in campana» , dico agitando un dito nella sua

direzione.« Sei una vera mamma chioccia» , osserva affettuosamente Lucinda

sorridendomi.« Io?» . Sono sorpresa. Non ho mai pensato di possedere un istinto materno, ma

di sicuro mi sento protettiva nei confronti di Mark. Voglio aiutarlo a tutti icosti.« Oh, sì che lo sei» . Schiocca la lingua con aria esperta. « A volte mi ricordi

così tanto tua madre. È proprio come lei, vero, Harry?»« Uguale» . Per una volta Harry concorda entusiasta con lei. « Una copia

carbone» .L’ idea che pensino che assomigli a mia madre è dolce. Forse, dopotutto,

qualcosa da lei l’ho presa. Poco ma sicuro, ho pensato un sacco a lei da quandoho trovato la borsa di Tatty. Anche se, dall’ora di pranzo, è difficile pensare adaltro che non siano Ruth e Anna. Ruth è stata davvero giù di morale per tutto ilpomeriggio ed è stata quasi sempre al piano di sopra, cosa che non è affatto dalei. Questa storia le è costata parecchio e ha gettato un’ombra scura anche su dime. Detesto pensare che Anna sia così sconvolta e che lo sia anche Ruth. Forse

non avremmo mai dovuto riferirle il messaggio di Colin.Cerco di scacciare quei pensieri dalla testa e concentrarmi su Mark. In questo

momento lui deve essere la mia priorità. Desidero così tanto aiutare lui e Cat.« Bene, vieni con me» . Porto Mark dove ho allestito la sua postazione di

lavoro. Il vecchio tavolino da caffè lo aspetta e spero che a Mark venga in mentequalche modo creativo per trasformarlo.« Cosa dovrei farci?» , mi chiede dubbioso, mentre esaminiamo insieme il

tavolino.« Questo sta a te. Ma prima dovrai riportarlo alle origini, togliere via tutta la

vernice e ridipingerlo, così avrai una superficie pulita su cui lavorare» .« Sembra un bel po’ di lavoro» .« Per un tipo robusto come te?» , lo canzono. « Non credo proprio. Inizia a

scartavetrarlo… sai come si fa, sì?»« Credo» , risponde a malincuore.« Bene, allora, cosa aspetti? Datti da fare. Tutto quello che ti serve è qui.

Qualsiasi cosa, chiedi. Ok?» .Con un ghigno, lo lascio al suo lavoro e mi allontano incrociando le dita.

Questa lezione potrebbe essere il modo perfetto per rientrare in contatto etornare alla vecchia intimità che c’era tra noi.Passo l’ora seguente a dare consigli, lodare e gestire il gruppo mentre

ciascuno lavora agli svariati progetti. Le cose stanno andando bene e tuttifanno progressi. Ma sto alla larga da Mark, facendo in modo di dargli spazio.Non voglio che si senta accerchiato, soprattutto non la sua prima volta qui.Non mi chiede aiuto, ma lo sorveglio mentre lavora al tavolino. Con miasorpresa e delizia, sembra totalmente preso dalla sua trasformazione. Quandol’ultimo dei miei allievi abituali mi saluta e se ne va al termine della lezione,torno da lui. È seduto sui talloni, le maniche della felpa tirate su, ancora intentoa scartavetrare il legno. Ha fatto un ottimo lavoro: tanto per cominciare, ilvecchio tavolino ha un aspetto decisamente migliore di prima.« Be’ , ti è venuto in mente cosa farci?» , gli chiedo.« Più o meno, ma probabilmente è una cosa stupida» . Si rialza e stiracchia la

schiena.« Di’ pure» .« E se trasformassi il tavolino in una specie di piano di gioco per i gemelli?

Come altezza è perfetto per loro. Potrei dipingerci delle strade, così potrannofarci andare le loro automobiline. Potrei perfino costruirci un piccolo garagesopra» . Mi guarda impacciato, quasi imbarazzato dalla propria idea, e io mi

costringo a non gettargli le braccia al collo e imbarazzarlo ancora di più. Questoè il Mark che conosco e che amo, premuroso e dolce, che si prende cura deifratellini.« È un’ idea fantastica» , dico.« Davvero?» . I suoi occhi si illuminano. « Magari potrei darglielo per Natale» .« Assolutamente. Ho tutti gli acrilici che ti serviranno… sarà incredibile. I

piccoli ne saranno entusiasti» .« Grazie, Coco» . Mi sorride timidamente. « Questo corso è forte. Pensavo che

sarebbe stata…» .« Una noia?» , dico, concludendo la frase al posto suo. « Be’ , sono contenta di

riuscire ancora a sorprenderti» .« Neanche sapevo che lo tenessi. Come lo pubblicizzi? Twitter?»« Ehm, no. Sono una specie di tecnofoba, lo sai» .« Andiamo, Coco, tutti sono su Twitter» .« Ah, sì? È bello?»« Be’ , prima era fico, adesso è solo un altro modo che la gente usa per vendere

cose, perciò è un po’ noioso. Ma è per questo che penso che probabilmentedovresti esserci» .Non so niente di Twitter né di come la gente lo usa, ma decido di tenere per me

questa piccola informazione.« Capisco. Passi un sacco di tempo su internet, vero?» .Cat mi ha detto più volte che interromperlo mentre è al computer può portare a

seri litigi. Diffida di internet e dei pericoli associati a esso, nonostante lei eDavid abbiano installato misure di sicurezza per evitare che i ragazzi siimbattano in qualcosa di allarmante. Tuttavia, so che non si può mai esseretroppo prudenti: i computer possono infettarsi con ogni sorta di virus e se gliadolescenti vogliono cercare qualcosa online, probabilmente sono in grado difarlo, misure di sicurezza o no.« Sì, be’ , il porno può dare parecchia dipendenza» , dice sarcastico. « Puoi

starci sopra delle ore senza accorgertene» .« Ehi! Non sei troppo grande per me per buscarti uno scappellotto,

giovanotto» , dico ridendo. Sa benissimo cosa intendevo.« Non è quello che voi adulti pensate? Che passiamo la vita a guardare

porno?» , chiede con innocenza.« No» , rispondo. Sento che sto per arrossire. « Non so perché ti viene in mente

una cosa del genere» .« Già, chissà?» , ride sguaiatamente.

« Smettila di stuzzicarmi!» , dico. « Non è giusto… sono troppo vecchiaadesso» .« Continuo a scordare che sei antica, scusa» , dice, mettendosi di nuovo a

ridere.« Non essere così sfacciato. In realtà pensavo di migliorare il sito del

negozio» , dico, d’un tratto ispirata. « Ti interesserebbe darmi una mano? Tipagherei» .La sua faccia si illumina e, mentalmente, mi do una pacca sulla schiena. La

tecnologia è il modo per arrivare al cuore del ragazzo.« Dici sul serio?» . Sotto il ciuffo floscio gli brillano gli occhi.« Assolutamente. Ha bisogno di un rinnovamento totale… ecco, ti faccio

vedere» .Lo porto all’antiquato computer ed entro nel più che elementare sito dello

Swan’s Antiques.« Ok, quindi hai solo il nome del dominio, più o meno» . Corruga il viso mentre

guarda la pagina sullo schermo.« Cosa vuoi dire?»« Voglio dire che non c’è niente qui tranne l’ indirizzo del negozio e il numero

di telefono. Quante visite hai avuto nell’ultimo mese?»« Non ne ho idea» , ammetto. « Come dovrei fare a saperlo?»« Non tieni traccia dei contatti?» , chiede, chiaramente sconcertato.« Ehm, no» .« E la vostra pagina Facebook? Che tipo di traffico ha?»« Ehm, non abbiamo una pagina Facebook» . Mi vergogno un po’ di questa

cosa, questo devo dirlo. A differenza di Cat, che mantiene i contatti con tutti suFacebook, io non ci ho mai neanche guardato.« Mi prendi in giro!» . È inorridito da questa rivelazione.« È una cosa così brutta?» . Deve esserlo, sembra seriamente scioccato.« Tutti hanno una pagina Facebook, Coco… è, come dire, un fondamentale.

Perfino la mamma ne ha una» .Lo dice come se Cat fosse un dinosauro che a stento si tiene al passo, invece

che un’affermata donna d’affari.« Sì, lo so. La tiene per essere aggiornata con tutti gli sfigati con cui andavamo

a scuola» , dico, senza pensare prima di parlare.« Andavi a scuola con degli sfigati?» . Le sue sopracciglia sono schizzate in

alto.« Sì, be’ , non tutti lo erano. Alcuni. E all’epoca non ero esattamente la più

popolare» , aggiungo.« Come mai?»« Ero alta. Spiccavo un bel po’ . Mi prendevano in giro» .« Be’ , la mamma è piccolina… prendevano in giro anche lei?»« Tua madre è sempre stata più popolare di me. La amavano tutti» .« Perché?»« Perché sì e basta. Era forte, come te» .« Mi stai adulando?» , dice, piegando la testa da un lato e sorridendomi

malizioso. Mi fa venire in mente una Cat adolescente.Gli rispondo con una risata. « Forse un po’» , ammetto. « Voglio che lavori al

sito, dopotutto» .« Be’ , prima di metterci mano, devi assolutamente avere una pagina Facebook.

Ci vorrà solo un secondo. Non vorrai mica essere una sfigata totale» , diceridendo.Dopo qualche clic, lo Swan’s ha una nuova pagina Facebook, completa di

logo. L’ha fatto sembrare così facile che mi vergogno di me stessa per nonessermi cimentata prima.« Grazie mille, è una figata» , dico.Accanto a me, Mark alza gli occhi al cielo. « Dio, Cat, non puoi dire una cosa

del genere… sei troppo vecchia! Allora, devi tenere questa pagina aggiornata sevuoi farti notare, ok? Devi iniziare ad accumulare “ mi piace”» .« Oh, Dio» , gemo. « Dovrò sentirmi giudicata ogni volta? Questa cosa mi fa

impazzire» .« Be’ , sì, un po’» , dice. « È così che funziona. Ma è facile. Tutto ciò che devi

fare è postare qualcosa ogni giorno, per far sapere ai tuoi clienti cosa succede.Come scattare foto dei nuovi arrivi e pubblicarle qui. La cosa si svilupperà infretta. Potresti offrire degli omaggi per migliorare il tuo profilo… è quello chefanno tutti» .« Devo confessare una cosa, Mark» , dico, facendomi piccola. « In realtà non so

come si pubblicano le foto online» .« Dio, Coco, come fai a non sapere questa roba?» , dice, ridendo di nuovo.

« Cioè, sembri una specie di ritorno agli anni Settanta» .« Credo di aver semplicemente ficcato la testa nella sabbia per quanto riguarda

la tecnologia» , replico. « Probabilmente Ruth ci sa fare più di me» .« Non è che ci voglia molto» .« Ahi. Colpita e affondata!» . Faccio una smorfia.« Scusa. Guarda, ti faccio vedere come si postano le foto… non temere, è facile.

Ho anche qualche brillante idea per il tuo sito. Facebook va bene per farconoscere il marchio, ma alla gente serve anche la possibilità di poter comprarela tua roba online» .« Sono secoli che volevo farlo» . È semplicemente una delle tante cose che ho

messo in secondo piano, procrastinandole.« Sì, be’ , è l’unico modo per andare avanti, e aiuterà il negozio a crescere» .

Ancora una volta, assomiglia a sua madre e parla esattamente come lei. Catpossiede la stessa scintilla, lo stesso tipo di atteggiamento positivo. È solo cheMark lo esprime meno.« Sei una specie di genio con quel vecchio computer, Mark» , dico ammirata.

« Mi fai vergognare» .Mi rivolge un sorriso timido. Ricordo ancora quando aveva l’età dei gemelli e

gli facevo da babysitter. Adesso mi guida nei meandri di internet come unprofessionista. Quando si dice l’ inversione dei ruoli.« Sì, be’ , bisogna aiutare gli anziani… è mio dovere civico» . Ridacchia ed

entrambi scoppiamo nuovamente a ridere.Mark e io ci stiamo divertendo unsacco e mi sento più vicina a lui di quanto non accade da mesi. Dovremmo farlopiù spesso, prenderci in giro e scherzare. Mi sento in colpa per averlo trascuratoquando stavo con Tom. È come se fosse passato dall’essere un bambino adiventare un adulto in un batter d’occhio e mi sembra di essermi persa granparte di questa trasformazione. Be’ , non sarà più così. Da adesso in poi, io e ilmio figlioccio passeremo insieme del vero tempo di qualità ogni settimana.« Condividerò la tua pagina sulla mia, così lo Swan’s prenderà qualche “ mi

piace”, va bene? Servirà per iniziare» , dice. Clicca sulla propria paginaFacebook e, in una frazione di secondo, la sua espressione cambia.« Cosa c’è?» , chiedo, sforzandomi di vedere cosa l’ha fatto impallidire.« Niente» , scatta, affrettandosi a chiudere la pagina.« Hanno pubblicato qualcosa che non ti piace?»« No» . Scuote la testa. « È tutto a posto» .« Mark, cosa sta succedendo? Puoi dirmelo, lo sai» . Ecco, l’ho detto.Immediatamente, la sua espressione si fa ancora più circospetta. « Di cosa stai

parlando?»« Be’ , sembra che tu…» . Cerco le parole giuste. « Ultimamente non sei più tu» .« Coco, non avrai intenzione di farmi la paternale, vero? Perché me ne fanno già

abbastanza a casa» .« No, non lo farò, giuro. Ma so che di recente sei stato sotto pressione e forse

so il perché» .

Mi osserva da sotto le lunghe ciglia. « Va’ avanti» .« Ti ho visto parlare con Sean O’Malley, il giorno della festa dei gemelli» .« Mi stavi spiando?» . Sgrana gli occhi scioccato.« No, certo che no. Ero fuori a telefonare e per caso vi ho visti parlare. Ma lui

non è il tipo di persona che dovresti frequentare. È uno che porta soltantoguai» .« Coco, senza offesa, ma non penso che siano affari tuoi con chi parlo» . Adesso

è arrabbiato.« Giusto, sono d’accordo. Ma voglio che tu sappia che se c’è qualcosa di cui

vorresti parlare, io ci sono. Ok?» , dico cauta. Non voglio farlo innervosire, maforse, solo forse, potrebbe volersi confidare con me.« Tipo cosa?» . Il suo tono è guardingo.« Be’ , se sta succedendo qualcosa a scuola…» .« Chi te l’ha detto?» . Balza via da me.« Nessuno. Ma sei stato sospeso, e questo non è da te» .« Non voglio parlarne, ok?» . Il suo linguaggio del corpo è cambiato

totalmente: ha le sopracciglia corrugate, gli angoli della bocca rivolti in basso ele braccia serrate sul petto.« Va bene» . Faccio subito marcia indietro, non voglio distruggere il tenue

legame che c’è tra noi insistendo. C’è una pausa imbarazzata mentre cerco dipensare a cosa dire, qualcosa che non lo metta sulla difensiva più di quanto giànon lo sia. Chiaramente ho toccato un nervo scoperto, ma Mark non haintenzione di confessare niente, non ancora comunque.« Mi riporti a casa? Devi farmi da angelo custode, giusto?» . C’è amarezza nel

suo tono.« Non è così» , spiego. « Mi sono semplicemente offerta. E poi vorrei vedere tua

madre» . Sembra debole come giustificazione, perfino a me.« Come vuoi» , dice, allontanandosi da me. Mi darei un calcio: il legame è perso

per sempre e posso incolpare solo me stessa.

Venti minuti dopo, sto arrancando lungo il vialetto della casa di Cat e Daviddietro a Mark, chiedendomi come sia finito tutto in modo tanto disastroso. Markapre la porta e prende direttamente le scale, borbottandomi un saluto senzaneanche girarsi.Sconfortata, mi avvio in cucina dove Cat è seduta a tavola, china su quelli che

sembrano i conti dell’albergo. Ha i capelli raccolti sulla testa, fermati da unamatita, e un’espressione di forte concentrazione.

« Com’è andata?» , mi chiede ansiosa, balzando in piedi appena mi vede.« Ciao anche a te» , rispondo.« Scusa. Ciao. Com’è andata?»« Bene. Penso che gli sia piaciuto. Ha avuto delle idee brillanti… è davvero

creativo» . Questa non è una bugia… si stava divertendo fino a che io non hoincasinato tutto torchiandolo.« È fantastico. Ha detto niente?» , chiede speranzosa.« Non proprio» , confesso. « Stavamo andando alla grande, ma quando ho

cercato di farlo aprire, è calata giù la saracinesca» .« Merda» . Fa un sospirone mentre prende la bottiglia di vino che le avevo

detto di tenere pronta. Svita il tappo e versa un bicchiere ciascuno.« Penso che volesse dirmi cosa sta succedendo, ma non riesce a farlo» .« Ancora non ci credo che non voglia più parlare con me. Prima mi diceva

tutto» .« Tornerà a farlo» , la rassicuro. « Risolveremo tutto, non preoccuparti. Io non

mi arrendo. Sto già pensando a come fare in modo che si confidi con me» .« Ma sentila» , dice con un debole sorriso. « Stai diventando davvero

determinata alla tua veneranda età» .« Forse sì» . Le sorrido anch’ io. « Comincio a mostrare le mie qualità» .« Inizierai a portare vestitini neri e biancheria intima coordinata» .« Be’ , su questo non ci giurerei» , replico, scalciando via i miei fidati stivali

marroni e rivelando un paio di vecchi calzini bucati. « Ma forse ho trovato unpizzico di coraggio» .« Come il leone del Mago di Oz?» , dice mettendosi a ridere.« Sì, proprio come lui» , ridacchio. « Allora, mettiamo da parte Mark per un po’ ,

va bene? Ho un sacco da dirti su Londra e mi serve che indossi il cappello dagufo saggio» .« Oh, Dio, raccontami ogni sordido dettaglio» , dice ansiosa. « Ho bisogno di

tirarmi un po’ su» .« Va bene, ma ti avviso, ti aspetta un bello choc!» .

Capitolo 16

« Che giornata del cavolo» . Ruth sospira mentre guarda fuori dalla finestra,dove la pioggia sta cadendo fitta e grigia, così forte che è difficile vedere ilnegozio di Karl dall’altra parte della strada.« È il classico giorno per starsene sotto le coperte» , dico, desiderando con

tutto il cuore di potermene tornare a letto. L’ idea di rintanarmi sotto lelenzuola, solo questa volta, è davvero allettante.« Nessuno metterà il naso fuori con questo tempo» , dice Ruth. « Avremo una

mattinata molto tranquilla» .Proprio in quel momento, la porta si spalanca, quasi staccandosi dai cardini

nel vento urlante, e una figura entra nel negozio ancora con l’ombrello apertosulla testa.« Anna!» , esclamo mentre varca la soglia. « Sei fradicia» .L’ombrello non sembra averla protetta granché dagli elementi: sta gocciolando

dalla testa ai piedi.« Sto bene» , dice, mentre una pozzanghera si forma sul pavimento attorno alle

sue scarpe.Ruth fa il giro del bancone in pochi secondi per togliere alla sorella il

cappotto bagnato. « Sei matta? Ti ammalerai con questo tempo! Padre Pat nonvale un’ influenza, Anna» .« A dire il vero non sono uscita per lui» , dice, lasciando che Ruth le sfili il

cappotto. « Volevo vedere voi due» .Ruth e io ci scambiamo un’occhiata mentre Anna si toglie le scarpe bagnate e

accetta il cardigan che Ruth si toglie e le porge.« Davvero?» , domanda Ruth tesa.« Sì» . Anna fa un profondo respiro tremante. « Ci ho riflettuto e so che devo a

entrambe le mie scuse. Mi dispiace» .Le sue parole sono accolte da un silenzio scioccato: io e Ruth non ci

capacitiamo di ciò che è uscito dalle labbra di Anna.« No, non devi» . Ruth è la prima a ritrovare la voce, ma Anna ha già alzato una

mano.« Lasciami finire, Ruth. Stavi solo cercando di essere d’aiuto, me ne rendo

conto, ma sentire parlare di lui di punto in bianco è stato un brutto colpo. Eccoperché ho reagito in quel modo» .

« Lo capiamo nella maniera più assoluta» , dico. Attraverso la stanza e leprendo una mano. Anna può sembrare coriacea quanto un vecchio stivale, manon lo è affatto.Mi sorride. « Sono sicura che sarà stato uno choc anche per te, Coco.

Dopotutto, pensavi che fosse morto» .« Be’ , sì» , ammetto. « È un po’ strano… quella storia non era proprio ciò che

mi aspettavo di sentire» .« Penserai che sono una vecchia molto sciocca» , si rammarica, « soprattutto

dopo quello che ho detto riguardo a Tom…» .« No, non è così» , le dico con dolcezza. « So che le tue intenzioni erano buone.

E, riguardo a Colin, hai fatto quello che sentivi di dover fare allora. È tutto ciòche ciascuno di noi può fare» .« Ho pensato che sarebbe stato molto più facile dire alla gente che era rimasto

ucciso» , dice. « Era una spiegazione semplice e ha funzionato. Nessuno ha maifatto domande. Era quello che volevo: niente domande. Vedi, mi vergognavocosì tanto» . I suoi occhi si riempiono di lacrime che lei cerca di scacciare.Non ho mai visto Anna così, vulnerabile e… umana.Ruth è silenziosa, il viso contratto mentre cerca le parole giuste, e Anna si

rivolge a lei. « Per tutti questi anni, hai pensato che sbagliavo, naturalmente» ,dice addolorata.« Non credevo che tu avessi qualcosa di cui vergognarti. I matrimoni finiscono

di continuo. Non è stata colpa tua» .« Forse sì, forse no» , dice Anna con tristezza. « Ogni storia ha sempre due

versioni» .« Neanche per sogno» , dissento con veemenza. « Lui ti ha tradita!» .Anna sussulta quando lo dico. « Be’ , sì, questo è vero. Ma a volte penso di

essere stata io a spingerlo a farlo» .« È un’ idiozia» , dice Ruth.« No, ascoltatemi. È vero, Ruth, tu sai che è così. Tutta quella storia del

bambino… alla fine divenne troppo per lui» .Ruth non dice niente.« Quale storia del bambino?» . Confusa, guardo prima una sorella, poi l’altra.

Di cosa sta parlando?Anna si rivolge a me e fa un altro profondo respiro. « Rimasi incinta quando

Colin e io eravamo sposati, Coco. Più di una volta» . Altre lacrime le brillanoora negli occhi, e una le cade sulla guancia. Se la asciuga.« Cosa accadde?» , dico in un sussurro.

« Li persi tutti. Non andavo mai oltre la sedicesima settimana. I dottori nonsapevano dirmi perché. Non c’era un motivo» . La sua voce è vuota, atona.« Oh, Anna, mi dispiace tantissimo» . Le prendo di nuovo la mano.« È sciocco, davvero, dopo tutto questo tempo, ma il dolore non va mai via» .Adesso anche Ruth le è accanto, le stringe con forza l’altra mano.Anna ancora una volta fa un profondo respiro e si ricompone. « A ogni modo,

insistei un sacco con Colin per riprovarci. Lo misi parecchio sotto pressione.Fu troppo» .« Pensi sia per questo che se ne andò?» , domando sconcertata. Come ha potuto

lasciarla in un momento del genere? Avrebbe dovuto essere lì a confortarla eproteggerla quando lei era così infelice, non in un altro Paese con un’altradonna. Una parte di me vorrebbe dirgli chiaramente che cosa penso di lui peressere stato così irriguardoso e insensibile. Le ha spezzato il cuore, questo èpalese.Anna annuisce, sforzandosi di trovare le parole giuste per esprimersi.

« Situazioni del genere possono rafforzare o distruggere una coppia» , dice allafine. « La nostra ne fu lacerata» .« E tu non riuscisti più a tornare indietro» , dice Ruth tristemente.« No. Non riuscii mai a perdonarlo per aver rinunciato a me in quel modo. Fu

quello a farmi più male. Non posso tornare sui miei passi, neanche adesso» ,dice.Vedo il dolore inciso nelle rughe del suo viso. Non mi sorprende che sia

sempre stata un po’ distante, più formale della sorella. C’era così tanta angosciae perdita nella sua vita ma, mentre Ruth si è aggrappata saldamente a coloro chela amavano dopo la morte di mia madre e del nonno, Anna ha gestito la cosamolto diversamente. Si è chiusa in sé, costruendosi un muro attorno che laproteggesse da altro dolore.« Probabilmente avrei dovuto ignorare la sua lettera» , mormora Ruth. « Non

sarei mai dovuta andare a trovarlo» .« Capisco perché l’hai fatto, Ruth» , dice Anna, « ma non riesco a perdonarlo.

So che non è da cristiani e probabilmente ti sembrerà molto ipocrita da partemia» .« Non ti sto giudicando, Anna, e neanche voglio influenzarti. Ma dirò questo.

Forse dovresti prendere in considerazione l’ idea di perdonarlo nel tuo cuore, senon nella testa. Che senso ha portare con te il dolore ogni giorno? Lascialoandare… se non per lui, fallo per te stessa» .« Forse» . Anna è dubbiosa. « Ci penserò» .

C’è un breve silenzio tra di noi prima che lei parli di nuovo. La sua voce è piùforte adesso. « Perciò è questo il vero motivo per cui siete andate fino a Londra?Per vedere il mio “ defunto” marito?» . Ci sorride debolmente.« A dire il vero, c’era anche qualcos’altro» , dico esitante. Non sono certa che

la tempistica sia giusta, dopo tutto quello che mi ha detto riguardo ai suoiaborti, ma voglio raccontarle la vicenda di Tatty. Voglio essere onesta con lei,così come lo è stata con noi. Spero che la storia non la ferisca, ricordandoleancora di più quello che ha perso. Anna mi guarda con aria interrogativa mentresi tampona gli occhi. Ruth annuisce rivolta a me, autorizzandomi a continuare.« Qualche tempo fa, ho trovato una lettera in una borsa comprata all’asta» ,

spiego. « Questa Chanel» . La tiro fuori e gliela porgo. « Dopo un bel po’ diindagini, adesso so che è stata scritta da una madre al figlio che diede inadozione nel 1956» . Aspetto la sua reazione: forse è un argomento troppodelicato in questo frangente.« Continua» , dice. La sua espressione è imperscrutabile mentre esamina la

borsa.« Be’ , lei non ebbe mai la possibilità di dargli la lettera, perciò la tenne con sé

fino alla morte. Sto cercando di scoprire quanto più posso» .« Hai fatto la Nancy Drew della situazione?» . Mi sorride, con le lacrime che le

brillano negli occhi, e capisco che vuole dirmi che le sta bene se vado avanti. Ilsollievo sul viso di Ruth è evidente. Era ansiosa quanto me nel voler evitare diraccontare questa storia a Anna e adesso capisco il motivo. Ma Anna hasorpreso entrambe con la sua reazione.« Già, proprio così!» , dice Ruth, unendosi allegramente alla sorella.« Esattamente come sua madre» , aggiunge Anna, e il mio cuore si gonfia al

pensiero che possa essere vero. Mia madre era un’ irresponsabile sotto diversiaspetti, ma era anche coraggiosa e generosa.« È questo il punto, Anna» , dico. « Sento di aver trovato questa borsa per una

ragione» .« Certo che è così. Tua madre ha sempre voluto che ne avessi una. Stava

mettendo i soldi da parte per questo. Diceva che sarebbe stata la tua borsa daadulta» .« Davvero?» . Sono un po’ scombussolata, non avevo mai sentito questa storia

prima d’ora. Adesso, il ritrovamento della borsa per me significa ancora di piùperché è stata la mia borsa da adulta: mi ha aiutata a essere più coraggiosa diquanto non lo sia mai stata.« Oh, sì, lo disse più di una volta. Facevamo delle belle chiacchierate, io e tua

madre. Spesso avevo il sospetto che sapesse di Colin…» .Do un’occhiata a Ruth e lei mi rivolge un impercettibile diniego. Dire a Anna

che mamma sapeva di Colin potrebbe essere eccessivo, troppo da sentire inquesto momento.« Perciò, Anna, ci chiedevamo cosa fare adesso» , dice Ruth.« Cioè, vuoi rintracciare questo figlio? Quest’uomo? È così?» , chiede Anna,

come se una scintilla si fosse accesa dentro di lei. Non è più concentrata suColin perché la vicenda di Tatty ha catturato la sua immaginazione, propriocome è successo con tutti gli altri.« Forse. Non so se sia possibile» , rispondo.« Cos’hai scoperto fino ad ora?»« So che è nato in un istituto per ragazze madri a Westmeath, ma questo è

tutto» , dico tirando fuori il mio taccuino e leggendo le informazioni che vi hoannotato con tanta cura a Londra. « Si chiamava St Judes» .« Conosco quel posto!» , esclama Anna. « La mia vecchia amica, sorella

Dolores, era in quel convento» .« Non ci credo. Dici davvero?»« Sì… era anche uno dei migliori, non come quelle terribili lavanderie» ,

continua Anna. « Facevano opere di bene, aiutavano le ragazze nei guai e lecoppie che volevano adottare. A un certo punto ho pensato di rivolgermi aloro…» . Si schiarisce la voce che le si è affievolita.« Bene, dov’è sorella Dolores adesso?» , domanda ansiosa Ruth.« È ancora lì, in realtà. È uno dei pochi conventi rimasti. Quasi tutte le altre

suore del Paese ormai vivono in bungalow costruiti appositamente» .« Forse dovresti andare a trovarla, Coco» , dice Ruth. « Potrebbe sapere

qualcosa. Non ci vorrà molto per arrivare lassù» .« Non è una cattiva idea» , osserva Anna, con lo sguardo che si illumina. « Non

vedo Dolores da secoli. Posso venire?» .Sono esterrefatta. Anna di rado esce dal paese, a meno che non si tratti di un

funerale nella parrocchia limitrofa. Non è da lei offrirsi spontaneamente per unviaggio in auto sull’onda del momento. Non è l’ Anna che conosco da una vita.A quanto pare c’è un personaggio molto diverso sotto la caricatura dellavedova.« Ottima idea!» . Ruth sta già andando a prendere il cappotto. « Andiamoci

adesso. Possiamo chiudere il negozio… tanto il tempo è così brutto che nonverrà nessuno. È il giorno perfetto per andarci, che ne dici?»« Adesso? In questo preciso momento?» . Mi gira la testa.

« Perché no?» , dice Ruth. « Che ne pensi, Anna? Ci stai a fare un viaggetto inauto?»« Sono pronta» , acconsente. « Purché possa sedermi davanti. E guida Coco.

Non vado da nessuna parte se guidi tu, Ruth» .« Cosa vorresti dire?» , pretende di sapere Ruth.« Niente. Solo che sei la peggiore autista del paese» , replica Anna.Sorrido tra me mentre escono dal negozio, beccandosi lungo il tragitto. Se

litigano, le cose sono tornate quasi alla normalità. O normali quanto possonoesserlo, considerando che mi sono lanciata in un’altra folle ricerca per scoprirealtro su Tatty, accompagnata da due litigiose vecchie signore. Prima di seguirleafferro la borsa di Chanel e la infilo nella mia tracolla. Se stiamo andando avedere dov’è nato Duke, devo portare con me il mio talismano portafortuna.

Due ore e mezza dopo, stiamo seguendo la vecchia amica di Anna, suorDolores, lungo un ampio corridoio piastrellato bianco e nero. Il viso liscio,vestita sobriamente con gonna e maglione blu navy, suor Dolores non porta ilvelo sui corti capelli sale e pepe e al collo ha una croce d’argento. Noto checalza le stesse calzature da infermiera dalla suola morbida che Anna predilige.Ha il passo molto leggero e un’agilità che smentisce la sua età.Mentre la seguiamo, mi guardo attorno, assimilando quanti più dettagli

possibile.Non c’è nessun altro in giro; Anna l’aveva detto che la comunità di suore si

era ridotta all’osso ora che le vocazioni sono praticamente inesistenti. Deveessere stato molto diverso quando c’era Tatty, messa al bando una volta che isuoi genitori scoprirono che era incinta. Come si era sentita mentre percorrevaquesto corridoio? Spaventata e sola, senza dubbio. La storia di questo postonon mi sfugge, anche se le pareti color panna e i quadri a sfondo religiosoadesso sembrano alquanto innocui. Questo edificio di pietra è stato testimonedi un’ infinità di sofferenze nel suo passato. Mi sovviene che in un’epocadiversa, mia madre avrebbe potuto finire qui quando era incinta di me. Solol’ idea mi fa rabbrividire.« Che meraviglia rivederti dopo così tanto tempo» , dice suor Dolores,

invitandoci a sederci quando entriamo nel suo accogliente ufficio. Ha smesso dipiovere e un debole sole filtra dall’unica finestra di vetro colorato, creandograziosi motivi su un grande tappeto beige. Lo stesso tipo di quadri religiosiche adorna il corridoio è appeso alle insipide pareti panna. Al centro dellastanza c’è una grande scrivania di legno, con alle spalle un enorme armadio di

palissandro. Anna, Ruth e io ci sediamo fianco a fianco su un divano di pelle,mentre suor Dolores si accomoda dietro alla scrivania.« Lo è anche per me» , dice cordialmente Anna. « Non sei invecchiata neanche

un po’» .« È il segreto della pelle delle suore» , rivela. « Niente danni da esposizione

solare… usciamo poco» , scherza, scoppiando a ridere insieme a Anna.« Sei sempre stata uno spasso» , dice Anna.« Il senso dell’umorismo è importante in questo lavoro» , risponde suor

Dolores. « Non che la madre superiora convenga con me» .« È ancora tremenda, allora?» , si informa Anna.Suor Dolores sospira. « Qualcosa del genere. Ma siamo tutti figli di Dio. Per lo

meno, è ciò che continuo a ricordare a me stessa» .Le due scoppiano nuovamente a ridere. Per tutto questo tempo avevo pensato

che Anna fosse una bigotta e adesso eccola che sta ridendo della propriareligione. È un lato di lei completamente diverso che amo. Adesso che conoscola verità sul suo passato, posso immedesimarmi molto di più con lei.« Adesso sarà meglio che passiamo alle questioni pratiche. So che sei una

donna impegnata» , dice Anna, posando con cura la borsa per terra e giungendole mani in grembo.« L’avevo capito che non si trattava solo di una visita di piacere» , risponde

suor Dolores. Si sporge verso di noi, con aria attenta e un piccolo sorriso sullelabbra. « Cosa succede?»« Be’ , il fatto è che Coco sta cercando di rintracciare un bambino nato qui negli

anni Cinquanta» .« Ah, capisco. Questa sì che è una patata bollente, se così si può dire» , dice

mestamente suor Dolores, scuotendo la testa.« Non c’è modo di farlo?» , domanda Anna.« Be’ , dipende. Abbiamo le registrazioni per qualcuno, ma non per tutti…» . La

suora si acciglia e piccole rughe compaiono sulla fronte altrimenti liscia.Era di questo che parlava Bonnie, le adozioni segrete, delle quali non si teneva

traccia. Se Duke è stato dato via in questo modo, sarà impossibile ritrovarlo.Non risolverò mai il mistero.« E se per caso la sua nascita fosse documentata?» , insiste Anna.« Be’ , naturalmente sarebbe un’ informazione di natura confidenziale» . Suor

Dolores la guarda senza battere ciglio. « Non potrei divulgare alcun dettaglio» .« Capisco» , replica Anna annuendo. « Certo, non ci sarebbe niente di male in

un semplice controllo» .

C’è una breve pausa. È come se le due donne stiano avendo tutta un’altraconversazione, come se tra loro ci fosse una sorta di tacita comprensione.« Hai ragione» , conviene amabilmente suor Dolores. « Non c’è niente di male a

controllare. Bene, Coco, qual era il nome del bambino?» .Il cuore mi batte forte nel petto. « Fu chiamato Duke alla nascita, il 10

novembre 1956. Il nome della madre era Moynihan, Tatty Moynihan» .Suor Dolores va verso il grande armadio di palissandro proprio dietro di lei e

ne apre la serratura con una piccola chiave. La porta si apre rivelando alcunigrossi registri rossi. Ne prende qualcuno dalla pila, li posa sul tavolo al centrodella stanza, facendo dei versi sotto voce. Uno dei registri in particolare attira lasua attenzione e ne esamina qualche pagina con cura. Mentre la osservo, mirendo conto di avere il fiato sospeso, e lo stesso vale per Anna e Ruth accanto ame. Minuti, simili a ore, sembrano scorrere fino a che suor Dolores non rialza latesta e guarda direttamente Anna.« Devo andare al gabinetto, Anna» , dice bruscamente. « Torno tra un

momento» .Nell’esatto istante in cui esce, Anna e Ruth balzano in piedi.« Cosa state facendo?» , ansimo mentre si fiondano sul registro.« Ci sta dando la possibilità di dare un’occhiata» , spiega Anna.« Sei sicura?» . Mi guardo alle spalle, certa di vederla riapparire da un momento

all’altro e allora saremo fregate. Quelle scarpe dalle suole morbide sono unamaledizione.« Assolutamente» , risponde Anna. « Suor Dolores è sempre stata una specie di

ribelle… sta cercando di aiutarci, credimi. Adesso cerchiamo il nome, svelte!» .Anna sta scorrendo il dito lungo la pagina, cercando i nomi di Duke e Tatty tra

le annotazioni scarabocchiate. Accanto a lei, Ruth dice nomi e indirizzi ad altavoce.Ma io l’ho già trovato: il nome mi è semplicemente balzato davanti agli occhi,

come se aspettasse di essere trovato. Maschio, 10 novembre 1956, madre TattyMoynihan. Sulla pagina opposta, c’è un’altra coppia di nomi con un indirizzo.Luke e Eileen Flynn, Glacken.« Eccolo» , dico con la voce roca per l’emozione. « È lui» .« Glacken?» , dice Ruth. « È solo a un’ora da Dronmore! Non riesco a credere

che fosse così vicino!» .« Non perdiamo tempo, Ruth» . Anna annota in fretta i dettagli e, chiudendolo

di scatto, infila il taccuino nella borsa. « Presto! Sedute, sta tornando!» .

Ci spinge dall’altra parte della stanza, dove ci precipitiamo sul divano, comescolarette disubbidienti, proprio mentre la porta si apre e suor Dolores riappare.Si ferma davanti a noi, giungendo le mani con fare solenne, come se stesse perrecitare un rosario. Dall’espressione innocente che ha sul viso, non si direbbemai che è nostra complice in questa faccenda. Ha davvero sangue freddo.« Spiacente di non potervi aiutare di più, signore» , dice tutta seria mentre i suoiocchi vanno al registro sulla scrivania.« Nessun problema, sorella» , risponde Anna, altrettanto seriamente. « È stato

comunque bello rivederti» .« Anche per me, Anna. Vi ricorderò tutte nelle mie preghiere» . Tra di loro passa

il guizzo di un sorriso.« Molto gentile da parte tua» , dice Ruth e io mormoro il mio apprezzamento.

Grazie a questa suora ribelle, adesso ho il prossimo pezzo del puzzle. Potreiabbracciarla. Potrei sollevarla e farla girare fino a stare male entrambe. Devosedermi sulle mani per impedirmi di esultare con i pugni per aria.« Sarà meglio avviarsi» , continua Anna con grande calma, e tutte ci alziamo per

andarcene.« Vale anche per me» , dice suor Dolores dispiaciuta. « Quei banchi in chiesa

non si lucideranno da soli, ah ah» .Ridiamo tutte nervosamente e, in un battibaleno, siamo fuori di lì e di nuovo in

macchina. Ruth e Anna esultano mentre ci allontaniamo dal convento.« Non posso crederci» , dico, segnalando la svolta a sinistra fuori dal cancello.

« Non ci credo che abbiamo un indirizzo. Credo di essere scioccata» .« E io sono scioccata che tu sia stata capace di questo, Anna. Hai una bella

faccia di bronzo» , dice Ruth ammirata. « Non l’avrei mai detto» .« Forse in me c’è più di quanto non sembri» , si vanta Anna. « Adesso, Coco, la

domanda è: quando hai intenzione di andare a Glacken?»« Devi andarci subito!» , esclama Ruth. « È scritto nelle stelle!» .« Assolutamente» , dichiara Anna.« Voi due siete davvero una pessima compagnia» , dico ridendo. Oggi si stanno

comportando come due bambine grandi, e la cosa è esilarante.« Sì, e non è dannatamente fantastico?» , dice Ruth. La guardo nello

specchietto retrovisore mentre abbraccia Anna e la stringe forte, e tutte e due sisciolgono in una risata.

Capitolo 17

« Oh, mio Dio! Vorrei tanto venirci anch’ io!» , strilla Cat nel mio auricolare lamattina seguente mentre sono alla guida.« Non credi che sia pazza?» , le chiedo nervosa mentre cambio marcia.« Io non l’ho detto!» . Ride.« Ho una fifa tremenda» , ammetto.« Andrà benissimo. Chissà cosa scoprirai… Dopo chiamami e raccontami tutto,

va bene? Devo andare… i gemelli si stanno ficcando i Cheerios nel naso mentresono al telefono» .« Ehm, posso annullare il servizio babysitter di stasera?» , scherzo. Ho

finalmente convinto Cat a uscire una sera con David e a lasciare che mi occupidei bambini.« Dovrai passare sul mio cadavere, raggio di sole. Sei blindata e non puoi

tirarti indietro» .Sto ancora ridendo quando riattacco. Non riesco a credere che sto davvero

andando a Glacken a cercare Duke. La campagna scorre come una macchiaindistinta mentre supero gli alberi e le siepi gelati, il bestiame nei campi, il cuialito forma nuvolette ghiacciate nell’aria.« Saresti fiera di me, mamma» , dico, mentre tengo stretto il volante. È

esattamente quello che avrebbe fatto lei se fosse ancora qui. Guidare così versol’ ignoto mi ricorda di quando ero piccola e, di ritorno da uno dei suoi viaggi,entrava di soppiatto nella mia camera per farmi una sorpresa.« Partiamo per un’avventura» , mi sussurrava all’orecchio, svegliandomi con

baci e coccole. Poi mi portava in braccio, ancora mezza addormentata, in auto,avvolgendomi in una coperta per proteggermi dal freddo del mattino presto.Arrivavamo alla biforcazione della strada in fondo al paese e diceva: « Destra osinistra?» , e io sceglievo da quale parte andare. E partivamo per l’esplorazione,fermandoci sul ciglio della strada per mangiare, accostando se vedevamoqualcosa di interessante, come le rovine di un castello, o seguendo un cartelloche prometteva una vista incredibile. Non avevamo mai idea di cosa avremmofatto, né di dove saremmo finite, ma sapevamo sempre che avevamo tutto ilgiorno per farlo.« Questa è vita» , diceva, mentre ci sedevamo su un muretto diroccato sul bordo

della strada, mangiando un panino e ammirando una vallata che si stendeva

sotto di noi. « Chi ha bisogno della routine, eh?» . Mi abbracciavo per la gioiache lei fosse con me e che fossimo “ speciali insieme”, come era solita dirmi. Epoi la mattina seguente mi svegliavo e, come al solito, lei era partita di nuovo eio dovevo tornare a scuola.Il freddo gelido che c’è in auto mi riscuote dalle mie reminiscenze; armeggio

con il riscaldamento, cercando di regolarlo al massimo ma senza fortuna.Quest’auto ha bisogno di una messa a punto. Fa così freddo qui dentro che nonmi sono tolta il cappello con le paillettes rosa, con sciarpa e guanti abbinati,che Cat mi ha regalato lo scorso Natale per rendermi un po’ più glam, come dicelei.Capisco che ormai devo essere vicina a Glacken. Naturalmente dovrei avere un

iPhone o qualche applicazione che mi dica dove devo andare. Cat ha in auto unnavigatore satellitare, anche se David dice sempre che non ne ha bisogno perchéha un sistema interno di navigazione tutto suo. Il Cat-nav, lo chiama. Io sonol’esatto contrario: non ho senso dell’orientamento.

Dieci minuti dopo, nonostante le mie arrugginite doti di lettrice di cartine,sono a Glacken e mi chiedo in quale direzione dovrei svoltare. Sembra unpaesino da nulla, una sola strada con qualche casa, un negozietto eun’autorimessa al cui esterno sono in vendita mucchi di pellets e sacchi dicarbone. Accosto al marciapiedi ed esco dall’auto, tirandomi il cappello sulleorecchie per difendermi dal vento gelido. Mi sento le gambe molli. Sonodavvero nervosa adesso che mi trovo qui, così vicina a dove è cresciuto Duke.Un caffè bollente, ecco di cosa ho bisogno. Di sicuro il negozio ne avrà daasporto e sapranno dirmi anche dove vive Duke, spero.Apro la porta, strizzando gli occhi nella mezza luce. Mentre varco la soglia, è

come se fossi tornata indietro nel tempo. Mi guardo intorno alla ricerca dellamacchina per il caffè, ma non mi pare che ce ne sia una. Ci sono invece lattine dibibite frizzanti allineate su uno scaffale accanto a fagioli in scatola, un cesto dirabarbaro e una selezione di biglietti di auguri raffiguranti cani alla guida diautomobili.« Salve, posso aiutarla?» . Una donna di mezz’età dal viso arrossato esce da

dietro al bancone e mi saluta cordialmente. Ha un grembiule con la balza e icapelli molto ricci. Una spilletta che dice “ Sono sexy e lo so” è appuntata sulsuo gran seno. Non riesco proprio a immaginare il momento in cui l’ha vista invendita e deciso che era perfetta per lei.« Eh, salve» , dico. « Ha del caffè?»

« Certo» , risponde energicamente. « Cosa preferisce?»« Un caffellatte?» , chiedo, con scarsa convinzione di poterlo ottenere in un

negozio di campagna tanto antiquato.« Nessun problema. Scremato?»« Ehm, sì, per favore» , rispondo.La donna gira la testa. « Ted!» .Un uomo fa capolino da dietro la porta. « Sì, Peg?»« Questa bella ragazza qui vorrebbe un caffellatte scremato» .« Arriva subito!» , dice lui, strizzandomi l’occhio.« Fantastico, grazie» , rispondo con un sorriso. Il suo ghigno a trentadue denti

è davvero contagioso.Cala il silenzio mentre lui sparisce nuovamente e la donna mi squadra,

continuando a sorridermi. « Scusi il ritardo. Dobbiamo tenere la macchina delcaffè sul retro, quella che avevamo qui dentro si è rotta di punto in bianco. Solodieci anni e ha tirato le cuoia. Poco ma sicuro, non fanno più le cose come unavolta» . Fa un grosso sospiro, anche se ho la sensazione che non ci perda ilsonno.« Questo è vero» , convengo.« Si è rotta anche la sua?» , chiede. Appoggia i gomiti sul bancone, come se

volesse mettersi comoda per una lunga chiacchierata.« Niente del genere. Ma lavoro nell’antiquariato. Le cose vecchie sono la mia

specialità» . Mi è uscito di bocca prima ancora che potessi fermarmi. Perché storaccontando a questa donna i fatti miei? Non sono qui per fare amicizia.« Oh, antiquariato! Hai sentito, Ted?» . L’uomo è tornato con una fumante

tazza di polistirene in mano.« Che cosa?» , domanda affabile mentre me la porge.« Questa ragazza si occupa di antiquariato!» .« Non ci credo!» , esclama lui. La donna ridacchia rumorosamente: si capisce

che era quella la reazione che si aspettava. « Io amo l’antiquariato!» .« Incollato a Antiques Roadshow quando lo danno» , mi spiega la donna.

« Non lo smuovi quando quella Fiona Bruce è in TV» .« Lo adoro, altro che» , conferma Ted. « È una droga, come del crack» .« Ted, mostrale l’orologio. Coraggio» , dice Peg.Lui sembra tutt’a un tratto imbarazzato. « Ah, su, Peg, non potrei. Non sarebbe

giusto» .« Forza» , lo esorta lei. Poi si rivolge a me. « A lei non dispiacerebbe, vero?

Scusi, non le ho neanche chiesto come si chiama… non è da criminali? Me nesto qui a dare aria alla bocca…» .« Ehm, mi chiamo Coco» , dico.« Coco!» , esclama. « Non è terribilmente romantico? Come Coco Chanel,

giusto?»« Sì» , rispondo sorridendole. È un fascio di energia e buon umore. Lo sono

entrambi.« Oh, ho amato quel film, lei no?» . Continua a parlare, senza darmi la

possibilità di rispondere. « Era una donna così indipendente» .« Oh, sì, lo era» , concordo.« Vuol sentire una cosa sciocca? Ho sempre sognato di avere una delle sue

borse. Sono così di classe quelle Chanel» .« Ma dai, Peg, questa non la sapevo» , dice Ted sorpreso.« Potrebbero esserci un sacco di cose di me che non sai, Ted» , replica lei,

facendomi l’occhiolino. « Allora, Coco, lei è proprio la donna a cui chiederlo» .« Sì?» . Riesco a stento a seguirli, parlano così in fretta.« Sì, la donna giusta! Ted ha un orologio, tramandato da generazioni di padre

in figlio. Continuo a dirgli che dovrebbe farlo valutare. Ma lui mi da retta,Coco? Certo che no» .« Ah, probabilmente non vale niente» , dice Ted, sminuendo la cosa.« Ne ho visto uno uguale su internet, Coco» , dice Peg. « Valeva migliaia di

euro» .« Non era lo stesso» , dissente Ted.« Non c’erano quasi differenze» , ribatte lei. « Lo ha detto anche Maggie» .« Maggie?» , chiedo. Chi è Maggie? La loro figlia?« Maggie è una nostra amica» , spiega Ted. « Una cara ragazza… sposata con

Edward delle scuderie più avanti» .« Si intende di queste cose. Lavorava nel settore prima di iniziare a

concentrarsi sulla sua arte» , spiega Peg.« E a occuparsi delle bambine, naturalmente» , interviene Ted. « Le figlie di

Edward… naturalmente adesso sono anche figlie sue. È una mamma fantasticacon loro» .« Oh, sì, idolatra quelle bambine, e loro fanno lo stesso con lei. Anche se non è

stato così all’ inizio» , dice Peg.« Decisamente il contrario» , continua Ted con aria seria.« Ma tutto è bene quel che finisce bene» , conclude Peg.« Capisco» , dico, anche se non capisco affatto. Anzi, mi sono persa

completamente. Non ho la minima idea di chi siano queste persone né perché mene stiano parlando.« A ogni modo, Maggie pensa che l’orologio possa essere di valore. Non che

Ted lo venderebbe mai, dico bene?» .Ted scuote energicamente la testa, come se la sola idea lo offenda.« Ma vi piacerebbe sapere se vale qualcosa?» , chiedo. È comprensibile, un

sacco di persone si trovano nella sua situazione. Non si separerebbero dai loropreziosi averi, eppure vogliono conoscerne il valore.« Be’ , sì» . Adesso Peg sembra un po’ a disagio. « Vede, il punto è che ho fatto

una scommessa con Jimmy. Lui dice che non vale un centesimo, ma io non sonod’accordo» .« E Jimmy è?»« Il poliziotto del posto. Ha qualche conoscenza di queste cose» , spiega Ted.« O così gli piace pensare» , mormora Peg, e si scambiano uno sguardo di

intesa.« Be’ , sarei felice di guardare l’orologio, se volete» , dico. « Non è la mia

specialità, ma potrei darvi un parere» .« Qual è la sua specialità, allora?» , chiede Peg piena di curiosità. « No, non me

lo dica. Mi lasci indovinare… Ceramiche del diciottesimo secolo?»« Ehm, no» .« Mobili olandesi?» , interviene Ted. « Argenteria?»« Be’ , a dire il vero, non ho una specialità vera e propria» .« Ah, ha più una conoscenza di ampio respiro, è così?»« Sì, ehm, qualcosa del genere. Allora, vuole che dia un’occhiata

all’orologio?» .Ted scuote la testa con fermezza. « No, grazie, Coco» , dice. « Resto della mia

idea. Peg sa come la penso. Non avrebbe neanche dovuto parlargliene» .« Ma Ted!» , geme Peg, chiaramente molto delusa. « Questa potrebbe essere

l’occasione perfetta per sapere quanto vale!» .« Ehm, non sono sicura di potervi dare una cifra esatta. Forse solo un’ ipotesi

approssimativa» , dico. Ma ormai nessuno dei due mi sta ascoltando.« Non ha senso discutere con me, donna» , dice Ted. « Non lo farò stimare e

questo è quanto» .« Sei un guastafeste» , brontola lei guardandolo in cagnesco. « Ma insomma.

Uno magari pensa che lo faresti solo per tenermi contenta… non chiedo tanto» .« Be’ , meglio che vada, allora» , dico guardando l’ora. Sono qui dentro da

quasi dieci minuti e di certo non voglio farmi coinvolgere in una lite domestica

tra questi due.« Certo, sì!» , esclama Peg, riprendendosi dal malumore causato dall’orologio.« È stato un vero piacere conoscerla, Coco» , dice Ted.« Sì, davvero» , concorda Peg. « È bello veder entrare dalla porta una faccia

nuova. Non vediamo mai nessuno di nuovo, dico bene, Ted?»« Altroché. Siamo una coppia di vecchi dinosauri, ecco cosa siamo» , dice lui.

Ancora una volta, ho la netta sensazione che la cosa non gli faccia perdere ilsonno.« Immagino che non sappiate dov’è Glacken House, vero?» , chiedo mentre

pago il caffè. Prendo il resto che mi porge Peg e me lo infilo in tasca.« Certo che lo sappiamo!» , esclama lei. « Allora, continui su questa strada…» .« …superi la chiesa…» .« …superi il cimitero…» .« …continui fino all’ incrocio…» .« …e se arriva a una casa a due piani con delle brutte colonne, allora è andata

troppo oltre» .« Quella è la casa di Paddy Moran. Ha costruito lui stesso le colonne, che Dio

lo abbia caro, e si è accecato un occhio…» .« …un vero peccato, povera creatura» .« …superi la casa di Edward e Maggie…» .« …le scuderie, come abbiamo detto…» .« …superi la curva…» .« …e Glacken House è sulla sinistra» .« Glielo scrivo?» , domanda Ted strizzandomi l’occhio.« No, grazie, credo di aver capito» , dico, sperando che sia vero. Non sono

minimamente convinta di averne capito neanche un quarto, ma correrò il rischio.« Brava ragazza» , mi sorride.« Speriamo di poterla rivedere» , dice Peg.« Sì, è possibile» , rispondo un po’ dubbiosa.« Se si ricorda, metterebbe un “ mi piace” alla nostra pagina Facebook, Coco?» ,

mi dice Peg mentre sto andando via. « Stiamo cercando di ottenere diecimila “ mipiace”, e ormai manca poco!»« Avete una pagina Facebook?» , chiedo, soffermandomi sulla soglia. Questo

minuscolo negozio nel bel mezzo del nulla è su Facebook?« Certo! Può seguirci anche su Twitter, se vuole. A Ted piace tweettare, giusto,

Ted?»« Come no!» , conferma entusiasta.

« Jay Z l’ha tweettato l’altro giorno» , continua orgogliosa Peg.« Jay Z? Il rapper?»« Proprio lui. Ha perfino fatto un re-tweet di uno dei tuoi tweet, vero, Ted?»« Ah, probabilmente è stato un errore» . Ted sta arrossendo adesso.« Non è stato affatto uno sbaglio» , insiste risoluta Peg. « E dopo ha avuto un

sacco di follower. A ogni modo, ecco, prenda il nostro biglietto e si tenga incontatto» . Balza fuori da dietro il bancone e mi ficca un biglietto da visita inmano. Sul davanti c’è un bel logo e un disegno del negozio.« Adoro il disegno» , dico, rigirandomi il biglietto tra le mani.« L’ha fatto la nostra amica Maggie» , dice con orgoglio Peg. « È una vera

artista di talento. Potrebbe farne uno per il suo negozio se lei volesse… accettalavori su commissione. Fa prezzi molto ragionevoli» .« Può cercarla su Google» , dice Ted. « Potrà vedere i suoi lavori online… ha

un sito fantastico» .« Grazie, ci penserò» .« A presto!» . Peg mi saluta con la mano.« Si faccia viva!» , sorride Ted. « E non si dimentichi di mettere “ mi piace” alla

nostra pagina. Potrebbe vincere sei mesi di patatine!» .Devo proprio darmi da fare, penso mentre esco dal parcheggio e mi avvio su per

la collina. Se quel minuscolo negozio nel mezzo del nulla può essere cosìaggiornato, allora devo tirarmi su le maniche. Hanno una pagina Facebook conquasi diecimila “ mi piace”! Quando lo dirò a Mark… se mai vorrà parlarmi, cioè.Oltrepasso la chiesa, poi il cimitero, fino ad arrivare al cartello che indica le

stalle. Ci sono quasi. Giro l’ultimo angolo e trovo l’ indicazione per GlackenHouse sulla sinistra, proprio come hanno detto Peg e Ted.È una grande casa grigia a due piani, arretrata rispetto alla strada, in fondo a un

lungo viale alberato. L’edera rossa ricopre i suoi muri e le bianche finestre aghigliottina sono larghe e imponenti. Conto tre comignoli e una scalinata digranito che porta alla maestosa porta d’ ingresso. A quanto pare, Glacken Houseè una vera residenza di campagna. Mentre guido lungo il viale, delimitato daentrambi i lati da verdi pascoli imbiancati dal gelo, cerco di decidere cosa dirò.Dovrò avere tatto: non posso entrare, mostrare la lettera a Duke e dirgli che

credo sia rivolta a lui. Al pover’uomo potrebbe venire un infarto se non è aconoscenza del proprio passato. No, devo trovare una via traversa. Dargli lanotizia con delicatezza.Sto tirando il freno a mano quando scorgo un uomo. È fermo in lontananza, di

schiena, ed è attorniato da diversi cani. Ho un tuffo al cuore. Se questo è Duke,

sto per cambiare la sua vita per sempre.« Ci siamo, mamma. Augurami buona fortuna» , sussurro. Poi, prima di poter

cambiare idea, apro lo sportello ed esco dall’auto.

Capitolo 18

Mi incammino verso l’uomo, che non si è ancora accorto di me. È attorniato dauna dozzina di cani, tutti di forme e taglie diverse, che abbaiano e gli strofinanoil naso contro le gambe. Non vedo il suo viso mentre è curvo su una fila diciotole che sta riempendo di cibo secco per cani, senza smettere per un momentodi parlare con gli animali.« Forza, ragazzi, comportatevi bene» , gli sento dire con voce profonda. « Se fate

pasticci come ieri, saranno guai, intesi?» .I cani uggiolano come se capissero ogni parola.« Ah, sì, adesso dite tutti così» , replica l’uomo, come se li capisse anche lui,

« ma le azioni parlano più forte delle parole» .Faccio un grosso respiro per darmi forza. Forse ci siamo… forse sto per

conoscere Duke e incastrare l’ultimo pezzo del puzzle. Mi tremano le ginocchiaalla sola idea.Si gira e i nostri sguardi si incrociano. Il cuore mi sprofonda. Non può essere

Duke, quest’uomo è fin troppo giovane. Duke deve essere sulla cinquantina, maquesto tipo ha appena superato i trenta, come me. È alto, quasi uno e novanta,con spalle molto larghe, folti capelli castani e il viso abbronzato e un po’segnato dalla vita all’aria aperta. Si capisce che il suo naso si è rotto più di unavolta… è perfino più storto del mio. Porta una sciatta camicia a scacchi blu erossa, jeans logori e robusti scarponi da lavoro marrone chiaro, coperti di fangoe senza lacci. Non ha un giaccone, ma sembra uno di quei tipi vigorosi che nonsentono il freddo, come un grosso orso grigio. Ma sono i suoi occhi che notopiù di tutto. Sono del marrone più scuro che abbia mai visto, quasi neri.Nel complesso non è chi, o cosa, mi aspettavo.« Salve» , dice. « Scusi, non l’ho sentita arrivare» . Sorride gentile mentre

accarezza il capo di un cane che ha già finito di mangiare e vuole attenzioni. Sipulisce una mano sui jeans macchiati e me la tende, rivolgendomi un sorrisoincuriosito.« Nessun problema. Ha parecchio da fare qui» , dico. La mia mano, che di solito

considero grande e poco femminile, sembra quella di un bambino nella sua.« Non ci si annoia un momento con questi ragazzi e ragazze» . Ride mestamente,

sfregandosi il mento mentre attorno a lui i cani divorano il cibo agitando lecode.

Un labrador nero, con il pelo lucido come vernice, trotterella verso di me e milecca la mano. « Ciao, piccolo» , dico, chinandomi ad accarezzargli il capo. Alza igrandi occhi marroni su di me e potrei giurare che sta sorridendo.« Questo è Horatio» , spiega l’uomo. « È il nostro comitato di accoglienza» .« È delizioso» .« E lo sa» . L’uomo ride di cuore. « Allora…» , guarda dietro di me, « … dov’è

il cucciolo?»« Il cucciolo?» . Di cosa sta parlando? Mi guardo alle spalle, come se un

cucciolo potesse apparire dal nulla.« Non è la signora che mi ha chiamato per il cucciolo trovato in autostrada?» ,

continua piegando la testa da un lato.« No, mi spiace, non sono io» .« Oh, capisco. Un equivoco» , dice, piegandosi per coccolare uno spaniel dalle

lunghe orecchie. « Ho ricevuto una telefonata prima… qualche imbecille halanciato un cucciolo da un’auto in corsa sull’autostrada» .« Ma è terribile!» . Mi sento male al pensiero che qualcuno possa essere così

brutale. « Come hanno potuto fare una cosa del genere?» .Lui sospira. « Mi faccio questa domanda ogni singolo giorno. Alcune persone

pensano che gli animali siano usa e getta, immagino» .« Spero che vengano perseguiti!» . Mi infurio al pensiero che qualcuno tratti

con tanta sconsiderata crudeltà un cucciolo innocente e indifeso.« Be’ , il problema è coglierli sul fatto. E anche così, la crudeltà sugli animali

può essere difficile da dimostrare» . Si china a prendere un uggiolante Yorkshireterrier che ha già finito la sua razione. « Sei un pozzo senza fondo, Pudding» ,dice affettuosamente mentre gli fa il solletico alle orecchie. « Questa qui simangerebbe anche casa mia se potesse. Ma non gliene faccio una colpa… lapoverina è stata lasciata a morire di fame per i primi mesi della sua vita» .Guardo la cagnolina raggomitolarsi soddisfatta tra le sue braccia. « Di

proposito?» , chiedo, stentando a crederci. Come si può lasciar morire di fame uncagnolino così stupendo?« Sì. La lasciavano fuori con ogni tempo, senza neanche una cuccia per

ripararsi. Era un mucchietto tremante quando l’abbiamo avuta. Ma sta facendoprogressi, poco per volta. Vero, Pudding?»« È così carina» , dico mentre la cagnetta si dimena, facendo piccoli versi felici.

« Quindi questo è un ricovero per cani?» , domando guardandomi attorno. Lacoppia al negozio non l’aveva detto, ma forse pensavano che lo sapessi già.« Proprio così» . Ride mestamente. « Lo gestisco per scontare i miei peccati» .

« Dev’essere davvero faticoso» . Amo gli animali ma non riesco a immaginare didovermi occupare di tutti questi cani.« Altroché. Ma ne vale la pena. Un sacco di questi sarebbero nel braccio della

morte se non avessero questa possibilità. Horatio compreso» .Horatio adesso è impegnato a leccare l’ interno della ciotola come se da questo

dipendesse la sua vita.« Quindi, se lei non è la signora del cucciolo, chi è?» , mi chiede osservandomi

con curiosità.Ritorno bruscamente in me. Mi ero fatta così prendere da tutta la faccenda dei

cani che avevo quasi dimenticato perché sono qui.« Mi scusi. Mi chiamo Coco Swan. Stavo cercando Glacken House. La coppia

del negozio ha detto che il posto era questo» . Indico la grande casa. Forse Dukeè da qualche parte lì dentro. Il pensiero mi provoca un vuoto allo stomaco.« Ah, quindi ha conosciuto Peg e Ted, giusto?» . Ghigna. « Sono una leggenda

nei paraggi» .« Ci scommetto» , dico ricambiando il suo sorriso.« Allora, come posso aiutarla?»« Be’ , sto cercando Mr Flynn. È qui?»« James Flynn?» .Quindi i suoi genitori adottivi lo hanno chiamato James, non Duke. Povera

Tatty, il suo desiderio riguardante il nome è stato evidentemente ignorato.« Sì» , rispondo.« Temo che sia venuta nel posto sbagliato, mi spiace. Non vive più qui» .« No?» . La mia espressione si affloscia.« Ho comprato questa casa da lui più di tre anni fa. Sono Mac Gilmartin. Io non

le vado bene?» . Mi sorride di nuovo e attorno ai suoi occhi si formano profonderughette.È davvero molto attraente, un tipo alla Grizzly Adams[2], non che adesso abbia

il tempo né la disposizione d’animo per notarlo.Sono così delusa. Che stupida, non ho mai pensato che Duke, o James come si

chiama adesso, possa essersi trasferito da questo posto. Ma quanto sono stataingenua? Era ovvio che non potesse mai essere così facile ritrovarlo. Eroun’ illusa a pensarla diversamente.« Prendo il suo silenzio come un no, allora?» , dice Mac Gilmartin.« Scusi, sì, è un no» .« Era importante?»« Uhm, sì, più o meno» .

« Uhm… è un po’ reticente, vero?» . P iega nuovamente la testa da un lato.« Cosa intende?»« Fa sempre così?»« Faccio cosa?»« Risponde a una domanda con una domanda» .« Lo faccio?» .Si mette a ridere. « Sì… anzi, l’ha appena fatto di nuovo. È una classica tattica

elusiva. E non ho ancora saputo niente di lei. È molto brava, devo ammetterlo» .« Immagino che lei non sappia dove sia andato, vero?» , chiedo, mentre la mia

mente si mette in moto. D’accordo, Duke/James non è qui, ma forse non è andatolontano. Forse posso ancora trovarlo. Non tutte le speranze sono perdute,questo potrebbe essere solo un contrattempo. Forse è più avanti su questastessa strada, o nel paese vicino.Attorno a noi, i cani stanno diventando inquieti. Ormai hanno tutti quanti

finito di mangiare e fiutano febbrilmente il terreno, cercando di capire seabbiamo altro di interessante da offrire.« Possiamo camminare mentre parliamo?» , dice Mac, indicando il campo al di là

del cortile. « Questi ragazzi hanno bisogno di una corsa» .« Ehm, sì, va bene» , rispondo. Se voglio ottenere più informazioni, pare che

non mi resti altra scelta. Per fortuna ho i miei fidati stivali, perciò un’escursionenei campi fangosi non sarà un problema.« Bene, venite con me, tutti quanti, è il momento di scatenarsi» , dice mentre

raccoglie le ciotole vuote e le impila su un alto muretto lontano dalla portatadei cani.Gli animali partono a razzo precedendoci e attraversano come forsennati il

prato, sbandando da un lato quando girano l’angolo. Pare che sappiano dovestanno andando e non vedono l’ora di arrivarci.« Le chiedo scusa per questo, ma ai cani piace la loro routine» , spiega.

« Impazziscono se non fanno almeno due passeggiate al giorno. E, mi creda, nonè un’eventualità simpatica» .Ridiamo entrambi quando Horatio supera con un balzo il cancello in fondo al

giardino e una minuscola palla di pelo bianco dietro di lui cerca inutilmente diimitarlo.« Blondie, ma quando imparerai?» , dice Mac aprendo il cancello così la

cagnetta può uscire.« È così dolce» , dico.« Pensa di essere un dobermann intrappolato nel corpo di uno shih-tzu» .

« Lo vedo» , ridacchio.« Ma almeno è uscita fuori dal guscio. Aveva il terrore di tutto quando è

arrivata qui la prima volta» .« Cosa le è capitato?» , chiedo guardando il piccolo cane fiondarsi in una

pozzanghera e rotolarsi estaticamente, sfregando il dorso nel fango edimenandosi al culmine della felicità.« Era in un allevamento di cuccioli… ha avuto un’ infinità di cucciolate in tre

anni. La poverina era stremata quando è arrivata da noi. In più aveva la rogna etutti i denti marci. Ma si sta riprendendo» .« Che orrore» , rabbrividisco mentre ascolto questo racconto di sofferenza.« Be’ , a ogni modo, basta parlare dei cani. Sta cercando James, giusto? È una

parente? O un’amica?» .Mi sta studiando con discrezione adesso, soppesandomi, cercando di decidere

se io sia una specie di pazza.« No, niente del genere» , rispondo circospetta. « È solo che… ho qualcosa che

credo gli appartenga» .« Ah, allora è proprio un tipo misterioso! Ancora niente particolari» . Inarca le

sopracciglia.« Be’ , diciamo che è una lunga storia» , dico, non sapendo da dove iniziare.Lui non dice niente, si limita ad aspettare che io cominci.« Quanto bene conosce Duke… voglio dire, James?»« Non lo conosco affatto. Ho trattato sempre e solo con l’agenzia immobiliare» .Sto valutando quanto rivelare. Se lui e James non sono amici, non corro rischi a

raccontargli la vicenda. È uno sconosciuto, sì, ma ha quel genere di viso apertoche rende l’ idea di confidarmi con lui molto allettante. Non ho niente da perdereraccontandogli tutto, sia in un caso che nell’altro.« Be’ , le dirò tutto. Ho un negozio di antiquariato a Dronmore» , dico. « Ho

comprato una borsetta a un’asta e dentro c’era una lettera…» .« Una lettera?»« Sì, una lettera molto personale. Penso che fosse destinata a James» .« Lo pensa solamente? Non ne è sicura?» . Mi fa un mezzo sorriso, quasi

beffardo.« Sì, è questo il punto. Non sono sicura di niente» .« Capisco. Be’ , cosa dice la lettera, o non ha intenzione di dirmelo?» .Davanti a noi, i cani si sono sparpagliati, annusando ed esplorando ogni

pezzetto di campo.« La lettera è stata scritta da una madre al bambino che era stata costretta a dare

in adozione. Penso che quel bambino fosse James» .« Cavoli… questa sì che è una cosa personale» , dice facendo un piccolo

fischio.« Lo so. La donna che l’ha scritta è venuta a mancare di recente, perciò non

posso restituirgliela» .« Perciò ha sentito di doverla affidare invece alla persona a cui era destinata, è

così?»« Be’ , sì» .« Ma potrebbe essere per chiunque. Perché pensa sia per James?» , chiede.« Perché ho fatto delle ricerche che mi hanno condotto qui» , rispondo.« Ricerche?»« Sì. Ho rintracciato l’ infermiera della donna e questo mi ha portato a Londra,

poi a un convento e infine qui…» .Mi guarda con gli occhi sgranati. Pensa che sono matta. Dirglielo è stata la

cosa sbagliata da fare.« Posso chiederle perché si è presa tutto questo fastidio? Voglio dire, non ha

niente a che fare con lei, giusto?»« Be’ , ho pensato che la lettera dovesse essere riconsegnata alla persona per la

quale era stata scritta. E poi ero… curiosa» . Non gli parlerò di mia madre.Questo sembrerebbe decisamente folle e non ho bisogno di aiuto in questocampo.Mi guarda, come per valutare la situazione. « Sì, lo capisco bene» , dice alla

fine. « È alquanto irresistibile. Voglio dire, se fossi stato adottato, ci terrei avedere una lettera scritta da mia madre a me» .« È quello che penso anch’ io» , rispondo, sollevata, e stranamente compiaciuta,

per il fatto che concordiamo.« E immagino che si senta anche responsabile, eh? Visto che ha trovato lei la

borsa» .« Sì, è così. Sento che è mio dovere trovare quest’uomo. Probabilmente sembra

stupido…» .« No, nient’affatto. È carino» .Mi sorride di nuovo e provo un’altra ondata di piacere. Ha capito il mio

percorso, non pensa che sia matta. A quanto pare pensa che quello che stofacendo è assolutamente logico.« Allora, James è andato via da qui circa tre anni fa?» , chiedo, distogliendo a

fatica i miei occhi dai suoi. Più parlo con lui, più mi accorgo che èincredibilmente attraente.

« Sì, all’ incirca… forse un po’ di più» .« Ed è stato allora che lei vi si è trasferito?»« Già. Stavo cercando un posto spazioso e questo era l’ ideale» . Indica l’estesa

proprietà – deve esserci almeno qualche acro di terra annesso alla casa e aigiardini.« È bellissimo qui» , dico. Davanti a noi, lo spazio aperto si estende a perdita

d’occhio.« Già, a noi piace, vero ragazzi?» , dice rivolto ai cani.Qualcosa nel modo in cui lo dice, mi fa chiedere se viva qui da solo.

Improbabile: la casa è enorme. Presumibilmente ha una moglie raffinata e unostuolo di figli perfetti. Me li immagino: tipo una pubblicità della Boden, tutticon stivali di gomma a pois coordinati, circondati dai devoti animali. Con unpo’ di fatica, torno alla nostra conversazione.« E non ha idea di dove sia andato James dopo aver venduto la casa?» , chiedo.« Io…» .Non ha modo di finire perché una voce grida: « Salve? È lei Mac?» . Una donna

dall’aria stravolta, con un cucciolo tra le braccia, sta venendo di corsa verso dinoi. È evidentemente la signora che aspettava, con il cucciolo gettato dall’auto.« Vuole scusarmi un istante?» , dice lanciandomi un’occhiata. « Devo sistemare

questo cucciolo e torno subito, va bene?» .Si dirige a grandi passi verso la donna e insieme si avviano in direzione della

casa, parlando animatamente, le teste vicine l’una all’altra. Mentre li guardoandare via, d’un tratto mi sento un po’ sciocca. Cosa deve pensare di me questotizio? Probabilmente che mi manca qualche rotella. Ok, sta fingendo ilcontrario, ha perfino detto che pensa che quello che sto facendo sia carino, masembra una persona cortese. Probabilmente dentro di sé sta ridendo di me. Sequalcuno si presentasse alla porta dello Swan’s con una storia tanto contorta,non credo che sarei altrettanto accondiscendente. Probabilmente cercherei disbarazzarmene il più alla svelta possibile. Mac Gilmartin mi ha aiutato quantopoteva, ma la pista si è raffreddata. Se Duke/James è andato via da qui tre anni fa,adesso potrebbe essere ovunque.La cosa migliore da fare è andarmene prima che Mac Gilmartin torni. Non ci è

rimasto altro di cui parlare e sarei due volte più imbarazzata se dovessimometterci a chiacchierare di nuovo. Adesso mi sento più che solo un po’ sciocca:venire fin qui da lui all’ improvviso non è stato coraggioso ma solo stupido.« È stato davvero un piacere conoscerti» , dico a Horatio, che trotterella dietro

di me, scortandomi alla mia auto, mentre mi do a una fuga silenziosa. Aperto lo

sportello, gli do un pezzo di biscotto che ho trovato nel vano portaoggetti e luise lo divora, leccandomi la mano una volta finito, come se ne volesse ancora.« Spiacente, amico, è tutto ciò che ho» . Vedo dall’espressione del suo muso

che ha capito. È davvero il cane dall’aria più intelligente che abbia maiconosciuto: qualcosa nei suoi occhi mi dice che ha visto più cose della maggiorparte della gente.« Come possono essere stati crudeli con te?» , gli chiedo mentre gli do un

ultima carezza, e lui batte la coda a terra. Mentre la mia auto sobbalza sulvialetto di ghiaia, lo vedo allontanarsi e scomparire alla vista, continuando ascodinzolare felice, e provo una fitta di rimpianto per il fatto che non rivedrò piùlui – né Mac Gilmartin.

Capitolo 19

« Che peccato che Mac Gilmartin non abbia potuto dirti di più» , dice Ruthmentre percorriamo insieme la strada principale di Dronmore a metà pomeriggio.La prendo sottobraccio mentre camminiamo. Una passeggiata era l’ultima cosa

che volevo quando sono tornata, ma Ruth ha insistito che entrambe avevamobisogno di un po’ d’aria dopo averla intrattenuta con il racconto della miavisita a Glacken House. All’ inizio ho opposto resistenza, ma lei mi hapraticamente costretta a uscire dal negozio e adesso mi godo la passeggiata,nonostante il freddo tagliente, con più che un sentore di ghiaccio nell’aria.« Non è bello frizzante?» , dice Ruth, come se riuscisse a leggermi nella mente.

« Penso sempre che una passeggiata sia in grado di curare quasi tutto. Spazzavia tutte le ragnatele.« Già» , convengo distrattamente, con la testa lontana milioni di chilometri.« Smettila di buttarti giù, Coco» , dice all’ improvviso.« Cosa vuoi dire?» . Ma so già a cosa si riferisce.« Ce l’hai con te stessa perché non sei rimasta a scavare un po’ più a fondo,

dico bene? Pensi che Mac Gilmartin avrebbe potuto darti più informazioniriguardo a Duke» .« James» , la correggo.« Scusa, James. Ma ho ragione, vero?» .Annuisco. « Mi prenderei a calci» , ammetto. « Dovevo restare e cercare di

scoprire se sapeva altro, ma ho avuto paura» .È esattamente quello che è successo: ho avuto fifa. Comprensiva, Ruth mi

stringe un braccio. « Penso che Mac Gilmartin ti abbia spaventata. Sembra che tiabbia fatto proprio un certo effetto» .« No, non l’ha fatto» , nego automaticamente nonostante lei abbia ragione. Un

effetto ce l’ha avuto, uno che non provo da parecchio tempo. E mi hasconcertata, un bel po’ .« Ok, forse no. A ogni modo, deve esserci qualche altro modo per rintracciare

James Flynn. Non può essere scomparso dalla faccia della Terra» .« Non lo so, Ruth. Penso di essere arrivata alla fine. Forse dovrei arrendermi e

basta» .« Non puoi farlo adesso» , dice, salutando nel frattempo un passante. « Non

quando sei arrivata fino a questo punto» .

Non rispondo. In questo momento, rinunciare mi sembra la cosa giusta da fare.Forse ho sbagliato a pensare che tutto questo avesse a che fare con mia madre. ALondra ero così convinta di dover ricongiungere la lettera e il figlio di Tatty.Adesso non lo so. Forse la cosa più sensata sarebbe dimenticare tutto…godermi la borsa e relegare la lettera al passato. Ma è più facile a dirsi che a farsi,perché non riesco a smettere di pensarci: Tatty, il suo bambino perduto e la lorotriste storia. Se lui è là fuori, non dovrebbe sapere cosa ha provato sua madre?Non dovrebbe possedere questo pezzo della propria storia? Lei lo amavamoltissimo e darlo via la distrusse. Non merita di saperlo?Il cuore mi dice di sì, ma la testa dice che forse sarebbe più saggio lasciar

perdere. Dopotutto, ho seguito la vicenda fin dove mi ha portata e sono finita inun vicolo cieco. Forse dovrei vederlo come un segno che è arrivato il momentodi fare marcia indietro.Ma il guaio è che una voce insistente nella testa mi sta dicendo che non ho

annodato tutti i fili. Me ne sono andata prima che Mac Gilmartin potesse dirmiqualcos’altro che sapeva, altri indizi per aiutarmi a trovare il figlio di Tatty, enon riesco a smettere di pensare che me la sono fatta sotto. Non è quello che miha detto Cat a proposito del fatto che non sono andata in Nuova Zelanda conTom, che mi ero tirata indietro all’ultimo minuto perché avevo paura? Forse hoappena fatto la stessa cosa con la lettera: sono andata così lontano e poi, sulpunto di una svolta fondamentale, sono fuggita.Ruth mi stringe di nuovo il braccio, come se sapesse del subbuglio che c’è

dentro di me. « Dimmi, come stanno quegli adorabili gemelli di Cat? Non farailoro da babysitter stasera?» , domanda, cambiando di proposito argomento.« Sì» , rispondo. « Speriamo solo che si comportino bene» .Nonostante prima abbia scherzato con Cat, non vedo l’ora di occuparmi di

loro.« Sono certa che lo faranno» , mi rassicura. « Sei bravissima con i ragazzini» .« Non ne sarei così certa» , dico, pensando a come ho incasinato le cose con

Mark.« E cosa combina Mark?» , continua, leggendomi di nuovo nel pensiero. « Cat

deve essere preoccupata per lui, visto che si è fatto sospendere da scuola a quelmodo» .« Assolutamente. Sono ai ferri corti. Lei non sa che fare. Ho cercato di parlare

con lui, sai, vedere cosa sta succedendo, ma lui non ha intenzione diconfidarsi» .« Ah, sì, i temuti anni dell’adolescenza. Con te ci siamo risparmiati tutta quella

angoscia» , dice Ruth. Mi sorride e due fossette le compaiono sulle guance.« Davvero?»« Sì. Mi ero preparata, perché tua madre era un tale peperino, ma tu ti

comportavi così bene» .« Ero noiosa, vuoi dire» . Sospiro. Ero fin troppo pacata per impegnarmi nella

ribellione adolescenziale.« No, tesoro, non sei mai stata noiosa. A ogni modo, Mark starà benone, fidati.

Fui sospesa dal collegio una volta e ne uscii relativamente bene» .« Sei stata sospesa?» . Rido per l’ incredulità. « Per cosa?»« Per aver fatto a botte, cos’altro?» , risponde, con un luccichio negli occhi.« Gettai a terra una ragazza… le strappai perfino un ciuffo di capelli» .« Non è vero!» .« Invece sì. Una vera zuffa tra gatti. Tutti ne parlarono per mesi. Per poco le

suore non si fecero venire un esaurimento nervoso, naturalmente» .« E l’altra ragazza? Fu sospesa anche lei?»« Oh, no. Anna fece la vittima… era una tale furbacchiona» .« Anna?» , esclamo. « Hai fatto a botte con tua sorella?»« Sì, se lo meritava» . Le brillano gli occhi.« Cosa aveva fatto?» , chiedo, ridendo del suo tono malizioso.« Aveva detto alle suore che ero uscita di nascosto di sera per vedere il mio

fidanzato» .« E l’avevi fatto?»« Oh, sì che l’avevo fatto. Ma lei era una tale santarellina, non riuscì a non fare

la spia. Penso che fosse gelosa, in realtà» .« Accidenti! Per quanto tempo ti sospesero?»« Una settimana. E mi mandarono a casa. I nostri genitori non ne furono molto

felici, posso assicurartelo» .« Scoprirono mai quale era il motivo?»« No… minacciai Anna che, se gliel’avesse detto, le avrei cavato gli occhi. E

lei mi prese sul serio!» . Rovescia la testa all’ indietro e scoppia in una risatafragorosa, con i riccioli argentei che tremano sotto il cappello di lana rossa.« Ruth! Ma è terribile» .« Lo so… fui tremenda. Povera Anna…» . D’un tratto si perde nei suoi

pensieri. « … è sempre stata un po’ emotiva» .« Forse sta iniziando a sciogliersi» , dico. « Ci siamo divertite durante il

viaggio in macchina, no?» .Ruth annuisce. « Sì, le ha fatto bene… ha bisogno di fare più cose del genere.

Ormai sono anni che è come una molla compressa. Mentire su Colin l’harealmente danneggiata» .« Pensi che lo perdonerà mai?» , le chiedo. Anna non ne ha più parlato dalla

nostra spedizione, ma sarà ancora nella sua mente.« Vorrei che ci pensasse, per il suo bene. Ma non credo che accadrà, no. È

diventata insensibile nei suoi confronti. Non che gliene faccia una colpa» .« Non riesco a credere che ne abbia passate così tante e io non l’abbia mai

saputo» , rifletto, infilando le mani nelle tasche del giaccone per tenerle calde.« Sì, ha avuto una bella batosta. Ecco perché ha creato quella sua scorza così

dura, per proteggersi» .« Sei una brava sorella, Ruth» , dico tutto d’un fiato. Voglio che lo sappia.« Davvero?» , dice facendo una smorfia. « Non ne sono sicura. Ho la sensazione

che mi giudichi, perciò a volte la faccio arrabbiare di proposito» .« Nessuno è perfetto» , dico.« Come se non lo sapessi!» . Ride. « Anche se Karl pensa che io lo sia» .« Le cose stanno andando bene tra voi due, vero?» . Le sorrido.« Sì, immagino di sì. C’è solo un pomo della discordia. Vuole che dica a Anna

di noi» .« E hai intenzione di farlo?»« Non lo so. Se lo faccio…» .« …significa che stai andando avanti e che si sta facendo seria tra voi due» ,

finisco per lei.« Esattamente» . Mi guarda sorpresa. « Quand’è che sei diventata così

saggia?» .Non diciamo più niente mentre ci avviamo verso la collina, lontano dal paese.

È bello sentire l’aria fredda nei polmoni, il vento sulla faccia mentre camminiamoa grandi passi in piacevole silenzio. L’aria fresca mi schiarisce le idee. Ruthaveva ragione: uscire e camminare mi sta facendo sentire meglio.« Eccoci» , annuncia Ruth, fermandosi tutt’a un tratto. Mi accorgo che siamo

davanti al cancello del cimitero ed è come un pugno allo stomaco. Era questo ilmotivo della passeggiata? Vuole che andiamo sulla tomba di mamma e delnonno? Non vengo qui da un bel po’ , è un promemoria troppo doloroso ditutto quello che abbiamo perso. Non dico niente mentre Ruth spinge il cancelloper aprirlo e si avvia lungo lo stretto sentiero verso il punto in cui riposano. Milimito a seguirla. Se vuole far loro visita, andrò con lei. Tenerle compagnia è ilminimo, dopo tutto quello che ha fatto per me.« È così tranquillo qui, vero?» , dice, mentre raggiungiamo le tombe. Si china a

raccogliere un filo d’erba spuntato tra le pietre. « La vista è tanto bella chepenso sempre che abbiano uno dei lotti migliori» .Guardiamo le colline che si increspano in lontananza e il sole che sta per

tramontare alle loro spalle. Il cielo grigio è striato di rosa mentre la lucescompare dietro all’orizzonte. Ruth ha ragione: la vista da qui è spettacolare. Seil nonno può vederla, ovunque sia, la starà apprezzando di sicuro. Chiudo gliocchi e cerco di ricordare com’era prima che si ammalasse e il luccichiomalizioso dei suoi occhi si attenuasse fino a spegnersi per sempre. Niente glipiaceva di più che una vista incantevole in una bella serata. Sosteneva sempreche i piaceri semplici fossero i migliori. Per quanto riguarda mia madre, non sose le piacerebbe il pensiero di essere qui o meno. Ha passato così tanta della suavita a girovagare per il mondo, seguendo qualche stella lontana. Non posso farea meno di pensare, mentre mi guardo attorno, che questo posticino tranquillo inun piccolo cimitero di paese possa non essere la sua idea di paradiso.« Mi mancano» , dice Ruth con semplicità.« Anche a me» , rispondo. A volte ho difficoltà a immaginare mia madre: è

passato così tanto dalla sua morte. Ho delle foto, naturalmente, anche alcunivideo di noi insieme, eppure mi sembra quasi un parto della mia fantasia. Forse èper questo che sono così alla ricerca di messaggi da parte sua, per avere quellegame con lei.La faccia di Ruth è seria, pallida nella luce fioca. « Non è stato il mio primo

amore, sai» , dice di punto in bianco. « Tuo nonno» .« Chi è stato, allora? Quel fidanzato che vedevi di nascosto quando eri a

scuola?»« Sì, esatto. Per questo odiai così tanto Anna quando fece la spia. Quando

tornai dopo la sospensione, scoprii che mi aveva tradita con un’altra ragazza» .« No! Che stronzo!» , dico allibita. Povera Ruth… quello deve averla ferita

molto, soprattutto quando aveva rischiato così tanto per lui e subìto poi leconseguenze.« Diciamo che lo era, sì» . Sospira. « Mi spezzò il cuore. Impiegai anni per

riprendermi. Ma il primo si ricorda sempre, no?»« Non ci andavi mica a letto, vero?» .Ruth è una persona molto passionale, ma fare sesso con un ragazzo mentre si era

ancora a scuola, be’ , non è così che si faceva all’epoca.« Sì, ci andavo» , ammette, lanciandomi un’occhiata per controllare la mia

reazione. « Era tutto così scandaloso! E anche con qualcun altro, prima diconoscere tuo nonno» .

« Che razza di mangiauomini!» . Scoppio a ridere davanti al suo sguardod’ intesa.« Sì, immagino che lo fossi. Al nonno stava bene, per fortuna» .« Quindi glielo dicesti?» . Guardo la tomba dove lui e mia madre riposano. La

adorava così tanto, non mi sorprende che non gli importasse del suo passato.« Oh, sì, non avevamo segreti. Era una delle cose che più amavo di lui…

potevo essere completamente me stessa. Non mi ha mai giudicata né cercato dicambiarmi» .Si avvicina alla lapide e accarezza il suo nome con le dita. « Mi capiva come

nessun altro era in grado di fare» , dice in tono sommesso, e sento il dolore nellasua voce.Non so cosa dire. Sembra così triste che non so cosa posso dire. Pensavo che

fosse più felice, accogliendo Karl nella sua vita, ma è chiaro che ha ancorasentimenti contrastanti riguardo all’andare avanti.« Ehi, mangiauomini, ti va un sacchetto di patatine» , propongo. « Penso che ce

le siamo meritate dopo questa mega passeggiata, tu no?» . So che sto cambiandoargomento ma stavolta non credo le dispiacerà.« Mi leggi nella mente, Coco Swan» , dice sorridendo. Ma il sorriso non le

arriva agli occhi, perciò la abbraccio, tanto per me quanto per lei.Mentre lo faccio, guardo dietro di lei i due nomi sulla lapide. La verità è che

odio questo posto. Qui non mi sento mai vicina a nessuno dei due, mai. Ruthsembra trovare un po’ di conforto nel venire qui ma io no, e non penso che saràmai così. Non fa che ricordarmi quello che ho perso e che non potrà tornare mai.Nel guardare la lapide, scorgo un fiorellino bianco che fa capolino da sotto le

pietre che coprono la tomba… malerba, probabilmente. Mi districodall’abbraccio di Ruth e mi piego per sradicarlo quando lei mi ferma.« No! Non è erbaccia, Coco» , dice. « È un fiore» . Si china a osservarlo. « Ma

pensa!» , esclama.« Cos’è?» , chiedo.Ruth è accovacciata, intenta a guardare il fiore che spunta dalla ghiaia. « È

incredibile. Questo è il fiore preferito di tua madre» , dice guardandomi con gliocchi sgranati. « Non riesco a immaginare come sia finito quassù, soprattutto inquesto periodo dell’anno. Ne vedi altri in giro?» .Mi guardo intorno, ma c’è solo questo sulla tomba. « No, niente» .« Che strano. Chissà come ci è arrivato. Ho sempre voluto piantarne qualcuno,

ma non l’ho mai fatto…» .Sentire quelle parole mi fa venire la pelle d’oca. Mia madre amava quel fiore e

chissà come è apparso sulla sua tomba… è davvero bizzarro. Come… un segno.« Come si chiama, Ruth?»« È una gypsophila, ma è nota come “ alito di bimbo”. Ho sempre pensato che

fosse una traduzione così dolce» .Inspiro bruscamente. Questo fiore si chiama alito di bimbo? Può essere una

coincidenza?Ruth mi guarda e capisco che sa cosa mi sta passando per la mente. Stiamo

pensando entrambe alla stessa cosa: potrebbe essere un altro segno? Unmessaggio di mia madre affinché non smetta di indagare su Tatty e il suobambino? « Be’ , se cercavi un segno per continuare la ricerca, penso che tu neabbia trovato uno» , dice Ruth, scuotendo la testa meravigliata dal piccolo fiorebianco.« Figuriamoci se non mi metteva il bastone tra le ruote» , dico, piegandomi ad

accarezzare i delicati petali, così minuscoli eppure squisitamente perfetti.« Forse vuole solo che tu non ti arrenda ancora» , risponde Ruth con un

ghigno.« Adesso mi dirai che c’è dentro anche il nonno!» .« Forse sì. Amava i gialli» .« Giusto…» . Il nonno era un fanatico dell’ Ispettore Morse e di Miss Marple.« Allora, cosa dici, Coco?» , mi chiede rialzandosi. « Andrai avanti?» .Guardo il fiore tremolare nel vento freddo, fragile ma saldo. « Be’ , mi sa che è

meglio. Non voglio che vi coalizziate tutti contro di me!» .« Brava ragazza!» . Batte le mani. « Allora, quale sarà la tua prossima mossa?»« Be’ , la mia prossima mossa è divorare un’enorme porzione di patatine e

merluzzo. Poi devo andare da Cat per badare ai bambini. Dopo… chi lo sa?»« Oh, l’ ignoto è sempre così eccitante, vero?» , dice Ruth, mentre percorriamo

lentamente il sentiero in direzione del cancello.In quel momento, nella mia mente si forma un’ immagine molto chiara, quella di

un Mac Gilmartin trasandato e dagli occhi scuri.

Capitolo 20

« Gesù, sembra un vero sballo» , va in estasi Cat.Sono seduta al suo tavolo in cucina, dopo averle descritto il mio viaggio a

Glacken e l’ incontro con Mac Gilmartin. « Sì, era parecchio carino» , ammetto.« Peccato però che non abbia saputo dirmi di più del figlio di Tatty» .« Dobbiamo scoprire se è sposato o no» , replica lei pensierosa. Si vede bene

che non sta pensando affatto a Tatty.« Cat!» .« Cosa c’è?» , dice con aria innocente. « Non sei l’unica in grado di fare la

detective. Mi piace questo tizio. Riesco a immaginarvi insieme» .« Ci ho parlato per dieci minuti» , le ricordo.« Sì» . Fa un sorrisetto. « Dieci minuti di puro paradiso, a sentirti parlare» .« È stato tutto molto prosaico, credimi» . Le agito davanti una tovaglietta da tè,

non volendo ammettere subito che ha ragione… ho effettivamente pensato cheMac fosse carino.« Ah, andiamo, Coco, un po’ di romanticismo non ti ucciderà» , dice vezzosa.

« Non deve essere per forza amore, solo lussuria» .« Hai una mente oscena. Non sbavo dietro a nessuno» , ribatto. Ma un piccolo

fremito nella pancia mentre penso allo stupendo Mac Gilmartin mi dice ilcontrario.« Davvero?» . Cat inarca un sopracciglio. « Quindi non fantastichi di fare

porcherie con Mr Grizzly Adams nel suo fienile, vero?»« Chiudi il becco!» , esclamo. « Non avrei mai dovuto descrivertelo!» .« Sono molto contenta che tu l’abbia fatto» , ridacchia. « Sembra appetitoso!» .« Di cosa state parlando voi due?» . David entra in cucina raddrizzandosi la

cravatta.« Oh, niente» , dice Cat con disinvoltura. « Ehi, sei uno schianto!» .David fa una giravolta, pavoneggiandosi nel completo blu navy. Cat ha

ragione, è davvero attraente. « Mi sono messo in ghingheri» , dice con modestia.« E anche tu» . Strizza l’occhio alla moglie.« Oh, Dio, neanche per sogno» , geme Cat. « Sono un disastro» .Lungi dall’avere un aspetto terribile, Cat è stupenda come sempre. Indossa un

aderente abito rosso che la fascia mettendo in mostra ogni sua curva dabambolina, e i capelli sono tirati all’ indietro, raccolti in quel modo elegante che

a me non riuscirebbe mai, neanche se ci lavorassi per ventiquattro ore.Abbasso lo sguardo sulla mia consueta uniforme di jeans e felpa e penso che

potrebbe avere ragione a tal proposito: forse dovrei fare più che uno sforzo,essere un po’ più raffinata.« No che non lo sei. Sei da sballo» , le dice lui con un ghigno.« Devi dirlo per forza» , ridacchia Cat. « È nel contratto» .« Ma la smetterai mai di andare a caccia di complimenti?» , le dico. « Sei

bellissima e lo sai. Su, datevi una mossa o farete tardi» .Cat da un’occhiata all’ora. « Sicura che te la caverai?» , mi chiede. « Mark torna

alle otto, ok?»« Continuo a pensare che non dovevamo dargli il permesso di stare fuori» , dice

David, controllandosi la cravatta allo specchio.« Non possiamo tenerlo rinchiuso, David. Non è mica andato in giro per locali,

è passato da un amico» .« Già, be’ , sarà meglio che torni in orario o la prossima volta che uscirà sarà un

anziano pensionato» , dice David incupito.Cat mi lancia uno sguardo e io annuisco: il nostro codice è così efficace che

capisco quello che mi sta chiedendo di fare senza che dica una parola. Devocercare di parlare di nuovo con Mark e conquistare la sua fiducia.« Volete sbrigarvi voi due? Farete tardi» , li sgrido esortandoli a uscire.« Starai bene, allora?» , mi chiede Cat ancora una volta mentre si infila il

cappotto di velluto nero.« Me la caverò» , la rassicuro. « Sono piuttosto brava come babysitter, sai» .Sono contentissima di intervenire. Cat e David non escono più insieme da

soli: tutto ruota attorno ai ragazzi, le loro attività post-scolastiche e gliimpegni di gioco. Cat dice che i figli hanno vite sociali decisamente migliori deiloro genitori. Una sera fuori con suo marito è esattamente quello che ha ordinatoil dottore e io sono più che felice di fare in modo che ne abbia una. Forsel’aiuterà a eliminare un po’ di pressione: tra il lavoro, l’energia necessaria peroccuparsi dei gemelli e adesso Mark che dà problemi e si mette nei guai a scuola,mi rendo conto che Cat ha bisogno di sfogarsi. E poi, sono secoli che non vedoi bambini e amo passare il tempo con loro. Sì, saranno dei monelli, ma non dureràper sempre. Anche Mark era turbolento e adesso quasi non riesco a cavargli unasola parola. Devo approfittare il più possibile dei gemelli, mentre ancorapensano che sia una tipa forte e in grado di rispondere, se non a tutte, ad alcunadelle loro domande. Ma arriverà presto il momento in cui anche loro misnobberanno.

Cat si ferma sulla porta e mi abbraccia. « Grazie, Coco. Aspettavo con ansiaquesta serata» .« Già» , concorda David mentre si infila il cappotto. « Solo tu, io, un bottiglia

di vino e una cena di tre portate. E niente lavoro, Cat!» . La ammonisce agitandoun dito.« Promesso» , dice Cat seriamente. « A meno che non sia un’emergenza» .David mi fa una smorfia. « Coco, glielo dici tu, per favore? Ha bisogno di

staccare la spina per una volta» .« Da’ retta a tuo marito» , la istruisco severamente. « Altrimenti finirai per

diventare una vecchia zitella tutta matta come me» .« Ho la sensazione che le cose potrebbero cambiare, se lo stupendo Mac

Gilmartin ci mette lo zampino» . Si allontana da me danzando mentre fingo dischiaffeggiarla per essere così dannatamente sfacciata.All’ improvviso i gemelli si fiondano nell’ ingresso, gettandomi al collo le

braccine paffute. « Coco! Coco! Possiamo avere la cioccolata?»« Io non ho sentito» , dice Cat, tappandosi le orecchie con le mani mentre lei e

David escono di casa. « Buona fortuna, Coco!» .

Un’ora e mezza dopo, sono un cencio. Ma mi sto anche divertendo un mondo.« Ancora un’altra storia, Coco! Per favoreeee!» .Michael e Patrick sono entrambi seduti sul mio grembo nella piccola sedia a

dondolo nella loro camera. Ricordo Cat che li allattava seduta qui… mimeravigliavo di come ci riuscisse con relativa facilità, tenendoli entrambi comepiccole palle da rugby sotto ciascun braccio.Ma la sedia non è decisamente fatta per un’adulta con le spalle larghe e due

bambini di cinque anni che si dimenano… la schiena inizia a farmi male e igemelli sono aggrappati a me con tutta la forza, non ancora pronti ad ammetterela resa e a scivolare a terra. Non avrei dovuto cedere alla loro richiesta di farsileggere una storia seduti su questo affare. Avrei prima dovuto metterli a letto,come mi aveva consigliato Cat. Ma non ho saputo resistere alle faccine paffute:quando sfoderano il loro fascino come un’arma, è davvero tosta. Posso soloimmaginare che squadra d’assalto saranno negli anni a venire, quandoinizieranno a frequentare l’altro sesso. Le donne non avranno chance davanti aquesti due professionisti.« Ah, andiamo, ragazzi. Vi ho già letto quattro storie. È ora di dormire» , dico,

cercando di allungare le gambe doloranti. I gemelli diventano più grossi epesanti ogni giorno di più… a volte sembra ogni secondo. Adesso capisco cosa

intende Cat quando dice che si volta solo per preparare loro un panino alprosciutto e li ritrova cresciuti di un paio di centimetri.« Io non voglio andare a dormire» , dice Michael battagliero.« Io neanche» , concorda Patrick, tirandosi via il pollice dalla bocca e

guardandomi afflitto. I grandi occhi viola, immagine speculare di quelli di Cat,sembrano enormi sul suo viso.Mi accorgo che sono quasi sull’orlo delle lacrime. Se non li distraggo adesso,

potrebbero mettersi a piangere chiedendo della mamma, magari perfino insistereper telefonarle. L’ultima cosa che voglio è interrompere la sua serata fuori. Misforzo di pensare a un modo per distrarli. A questo punto, mangiare o bere sonofuori questione: non voglio rigurgiti né letti bagnati durante il mio turno diguardia. Poi mi viene in mente.« Certo, però, che se non andate a letto, come farà a venire la fata dei dentini?» ,

chiedo sull’onda dell’ ispirazione.Entrambi hanno perduto un dente oggi, a pochi minuti l’uno dall’altro, e per

tutta la sera hanno chiacchierato felici della sua visita imminente. Prima Cat haperfino messo i denti sotto i loro cuscini, in modo che non li smarrissero. Intutta l’eccitazione alla prospettiva di avermi come babysitter, pare chel’abbiano dimenticato. Magari un promemoria li convincerà che mettersi a lettoe addormentarsi all’ istante sia un’ottima idea.Si scambiano un’occhiata, come per decidere se acconsentire a infilarsi sotto le

coperte e dormire o meno.« Ryan Delaney ha detto che la fata dei dentini non esiste» , dichiara Michael.

« Ha detto che sono le mamme e i papà a mettere i soldi sotto al cuscino» .« Già. E lui fa la terza» , conferma Patrick. « Perciò sa le cose» .Deglutisco. Cosa dico adesso? È come quando ti chiedono se Babbo Natale

esiste: non c’è una risposta esatta.« Ryan Delaney è uno zuccone» , sento dire a qualcuno. È Mark, fermo sulla

soglia, rientrato in orario, per fortuna. Indossa un paio di jeans sformati, a vitabassa, e una t-shirt di Hollister infilata dentro. Cat ha passato l’ inferno perprendergli quella maglietta per il suo compleanno: si era messa in fila fuori dalnegozio e aveva lottato con orde di adolescenti quando alla fine è riuscita aentrare. Poi, quando gliel’aveva data, lui aveva a stento grugnito qualcosa,dicendo che era del colore sbagliato.« Come diavolo facevo a capire la differenza?» , si era lamentata poi con me.

« Era così dannatamente buio lì dentro, non riuscivo a vedere a un palmo dalnaso» .

« Cos’è uno zuccone, zia Coco?» , mi domanda Michael.« Uno scemo» , rispondo, sorridendo a Michael al di sopra delle teste dei

gemelli. Spero davvero che non mi tratti con freddezza. Non lo vedo da quandoho cercato di parlargli di Sean O’ Malley, e non so quale potrà essere la suareazione nei miei confronti.« Ryan Delaney non è uno scemo!» , protesta Patrick. « È capace di fare dieci

canestri di fila… con una vera palla da basket!» .Sembra davvero notevole, a voler essere onesti.« Ascolta, io so fare venti canestri di fila, giusto?» , ribatte Mark,

imperturbabile.I gemelli si guardano l’un l’altro. « Sì» , convengono a malincuore.« Bene. Allora ne so molto di più di Ryan Delaney e vi dico che la fata dei

dentini esiste, ok?»« Sei sicuro?» , domanda Michael con voce dubbiosa.« Sì, ne sono sicuro. L’ho vista» .« Davvero?» , dicono in coro i gemelli, con i visetti che si illuminano.« Sì» , risponde serio Mark. « Ma non potete dirlo a nessuno, ok?»« Perché no?»« Perché alla fata non piacerebbe, naturalmente… potrebbe mettersi nei guai

con il suo capo. Adesso , se fossi in voi, mi metterei a letto alla svelta. Se arrivae vede che siete svegli… be’…» .I bambini balzano via dal mio grembo e si tuffano nei loro letti, tirandosi le

coperte fin sotto il mento, ansiosi di non farsi vedere dalla fata mentre fanno glisfacciati. Scocco un’occhiata riconoscente a Mark e lui mi rivolge un cenno delcapo. A quanto pare è oro colato tutto quello che il fratello maggiore dice.Vorrei tanto possedere anch’ io quel tocco magico.« Quanto pensi che ci lascerà?» , mi chiede Patrick, mentre gli rimbocco il

piumone di Bob Aggiustatutto.« Non so qual è la tariffa della fata dei dentini adesso» . Sorrido e mi piego per

baciare lui e suo fratello. « Ma, secondo me, più in fretta vi addormentate, più vilascerà» .Due paia di occhi sono già chiusi mentre accendo una piccola lampada di lava

che ho portato loro dai mercati di Londra.« Ti voglio bene, zia Coco» , dice Patrick.« Anch’ io» , gli fa eco Michael.Mi si gonfia il cuore. È così che si sentiva mia madre quando le davo il bacio

della buonanotte? Quest’ondata di amore incondizionato? È roba parecchio

potente.« Vi voglio bene anch’ io, ragazzi» , dico un po’ commossa, bisogna

ammetterlo. « Adesso dormite e fate bei sogni» .Di sotto, Mark è stravaccato sul divano in cucina; ha un laptop davanti a sé.« Ti sei divertito dal tuo amico?» , gli chiedo, mantenendo un tono simpatico e

neutrale mentre entro. Cat mi ha appena mandato un SMS per sapere se è tornatoe, per fortuna, ho potuto dirle la verità.« Sì» , risponde. « È stato ok» .« Ti va un toast al formaggio?» .Questo è il mio piano generale. Mark non resiste ai miei toast al formaggio.

Sono i suoi preferiti sin da quando era piccolo e glieli tagliavo con le forminedei biscotti. Spero che l’offerta ripristini l’equilibrio tra di noi dopo la lezionedi riuso creativo. Male non può fare, a ogni modo.Aspetto con il fiato sospeso la sua risposta, incollandomi un sorriso sulla

faccia per mostrargli che non ho intenzione di fargli altre domande invadenti nédargli il tormento. Se lo faccio, potrebbe rifugiarsi in camera sua e allora sarebbela fine dei giochi.« Va bene» , dice, e io espiro sollevata. « Non dimenticare la salsa HP» .« Come potrei?» , dico beffarda. « Sono la regina della salsa HP, ricordi?» .Lui ride e capisco che siamo di nuovo su un terreno sicuro. Dovrò solo

aspettare il momento giusto e sperare che mi dica cosa sta succedendo quando sisentirà di farlo.« Hai intenzione di rifare presto un’altra di quelle tue lezioni di riuso

creativo?» , chiede mentre accendo la piastra e tiro fuori il formaggio dal frigo.« Perché? Vuoi tornarci?» .Mi rivolge un sorriso impacciato. « Forse. Se non mi farai il terzo grado» .« Sto solo cercando di aiutarti, Mark» , dico con cautela. « Se hai bisogno di

aiuto, cioè» .Fa una pausa e i nostri sguardi si incrociano. Spero con tutto il cuore che si

confidi con me, che mi dica cosa succede. Ma non posso spingerlo, per quantovorrei.« Ricordi che mi hai visto parlare con Sean O’Malley?» , dice alla fine.« Sì» , rispondo con il cuore che mi batte forte.« Se ti dico una cosa, prometti di non dirla alla mamma?» . I suoi occhi sono

ancora fissi sui miei.« Oh, Mark, questo non posso prometterlo. Ma ti prometto che se sei nei guai,

ti aiuterò a trovare un modo per uscirne» .

Fa un profondo respiro. « Sean vuole che io porti di nascosto l’erba in albergo,nella discoteca per ragazzi, così lui può venderla» .« Quel coglioncello!» .Mark fa una risata cupa. « Già, diciamo così. Mi sta dando il tormento per

questo. Non vuole arrendersi» .« Cos’è che ha detto?» . Sono piena di sdegno e cercare di controllare le mie

reazioni è parecchio difficile.« Ha detto che se non lo faccio, denuncerà l’albergo alla polizia per vendita di

alcol ai minori» .« Ma tua madre è severissima riguardo a questo… non lascerebbe mai che

accada» .« Lo so. Ma questo non impedirebbe a Sean di cercare di crearle problemi. E lei

non ha bisogno di questo» . Abbassa lo sguardo.« Oh, Mark, hai cercato di proteggerla, vero?» . La stessa ondata di amore che

ho provato prima per i gemelli mi sta esplodendo nel petto. Per tutto questotempo, quando erano in conflitto, Mark stava cercando di evitare guai a Cat, nondi causarli.Fa spallucce e il rossore gli sale sulle guance. « Ha già parecchio da fare. Non

le serve anche questa rogna» , mormora.« È questo il motivo della zuffa sul volo di ritorno dalla Spagna?»« Sì. Sean ha detto che la mamma è una puttana. Ho perso la testa» .Mi porto la mano alla bocca. « Che stronzetto! E ha detto qualcosa anche su

Facebook, vero? Quella sera al negozio?» .Mark annuisce. « La cosa si sta facendo parecchio pesante» .Sono sconcertata. Questo teppista sta rendendo la vita di Mark un inferno, è

evidente. « Ma perché non hai detto niente a tua madre o a tuo padre?» , glichiedo.« Non volevo che si agitassero» , ammette. « Pensavo di potermela cavare da

solo» .« Oh, Mark» .« Sì, è stato stupido. E adesso non so che fare» .Mi guarda impotente e mi sento travolgere da una scarica di rabbia allo stato

puro. Risolverò la faccenda, fosse l’ultima cosa che faccio. Quel teppistello nonla passerà liscia per aver intimidito e vessato Mark, neanche per sogno. Sul miocadavere.« Non preoccuparti» , dico risoluta. « Mi verrà in mente qualcosa e risolveremo

tutto, lo prometto» .

« Ma come, Coco? Nessuno rompe le palle a Sean» .« E nessuno le rompe a noi, Mark» , dico con fermezza.La mia mente sta facendo gli straordinari. Cat andrà su tutte le furie quando lo

verrà a sapere, perciò sarà meglio avere un piano già pronto prima di dirglielo.Ma come posso agire senza rendere le cose ancora più difficili per Mark ascuola? Ancora non lo so, ma un modo deve esserci e, accada quel che accada,ho intenzione di scoprirlo.

Capitolo 21

Qualche giorno dopo, sono nella stanza accanto al negozio, intenta ascartavetrare energicamente una sedia a dondolo e a pensare a Mark.Scartavetrare i mobili ha un che di terapeutico. Forse è il movimento ritmicodella carta ruvida che scivola avanti e indietro sulla superficie ad avere uneffetto così calmante. Ci si può perdere nel frattempo, lasciare che le idee sischiariscano e che la mente vaghi dove vuole. Qualcuno pensa che sia ilcompito più noioso sulla faccia della Terra, ma io amo usare l’olio di gomito… ècosì gratificante. Oggi, tuttavia, ci sto dando dentro come se la sedia fosse lafaccia di Sean O’ Malley e la stia cancellando dalle nostre vite. Devo farmivenire in mente un modo per liberarci di lui, senza che si metta a tormentareMark ancora di più.Sono lontana chilometri quando la campanella del negozio tintinna. A

malincuore, mi rialzo, con le ginocchia che scricchiolano. Lascio la sedia adondolo e vado a vedere se un cliente ha bisogno del mio aiuto. Devo fare unvero sforzo per incollarmi un sorriso sulla faccia: l’ultima cosa che voglio è unachiacchierata quando sono così preoccupata, ma il dovere mi chiama.Negli anni, Ruth mi ha insegnato che un sorriso accogliente è essenziale per

creare un’atmosfera calorosa nella quale le persone si sentono abbastanzarilassate da girare per il negozio e osservare la merce. Il cipiglio noncontribuisce agli affari.« Salve» , saluto l’uomo che sta esaminando un vaso blu e bianco comprato

all’asta secoli fa.Si gira verso di me.Scioccata, vedo che è Mac Gilmartin. Oggi sembra più elegante, meno

trasandato, con jeans scuri, pile blu e sciarpa a scacchi.Sono talmente sorpresa che devo guardarlo due volte per accertarmi che sia lui.« Ciao, Coco» , dice. Dal modo sornione in cui mi sorride, è chiaro che non è

sorpreso di vedermi e che questa non è una coincidenza.« Ehm, ciao» , mi impappino, sforzandomi di non dare a vedere quanto sono

agitata. A quanto pare non mi toccherà trovare il coraggio per tornare a Glackene chiedergli cosa sa di James perché è a meno di tre metri da me, talmente vicinoche riesco a sentire il suo gradevolissimo dopobarba muschiato.« Mi sono ricordato che avevi detto di avere un negozio di antiquariato a

Dronmore» , spiega, sorridendomi di nuovo. « Ho pensato che avrei fatto unsalto se mi fossi trovato a passare» .Quindi non è venuto qui di proposito. Perché avrebbe dovuto? Non so

neanche perché l’ho pensato.Si guarda attorno, osservando il negozio e tutti gli oggetti ammucchiati. Poi i

suoi occhi tornano su di me e mi squadra dalla testa ai piedi. Arrossisco unpochino sotto il suo sguardo. Sono un disastro, naturalmente, come al solito:indosso la mia più vecchia tenuta da lavoro per scartavetrare la sedia e ho icapelli legati in uno straccio per proteggerli. Se stessi cercando di fare unabuona impressione, fallirei miseramente.« Adoro l’allestimento. L’hai realizzato tu?» . Indica la vetrina.« Grazie. Sì, l’ho fatto io» . Cerco di sembrare assolutamente fredda, ma non

sono sicura di esserci riuscita.« Da quanto tempo esiste questo negozio?» , chiede.« Un sacco» .« Un sacco quanto?» . I suoi occhi ammiccano e ricordo di come mi ha presa in

giro, l’ultima volta che ci siamo visti, sul fatto che sono reticente.« Be’» , mi pulisco le mani sulle cosce e libero i capelli dallo straccio, « mio

nonno lo aprì negli anni Cinquanta» .« Capisco. Quindi adesso lo gestisci tu?»« Con mia nonna, sì» .« Chi è che sta parlando di me?» , sento esclamare Ruth. Sta venendo giù dalle

scale e non ho avuto modo di avvertirla su chi è arrivato. È la stessa personadalla quale mi diceva che sarei dovuta tornare a parlare, ed ecco che lui è qui,allo Swan’s, come se fosse una cosa del tutto normale.« Io» , risponde Mac mentre lei entra allegramente, i riccioli argentei che le

ondeggiano attorno alle spalle, in contrasto con il camice blu che ha addosso.Sembra particolarmente elettrica.« E lei è?» . Allunga la mano per stringere quella di lui, sorridendo

cordialmente come fa sempre con gli sconosciuti. Gli sconosciuti sono soloamici che non abbiamo ancora incontrato, questo è il suo solare atteggiamento.« Sono Mac Gilmartin» , risponde lui, con una salda stretta di mano.« Di Glacken» , aggiungo io, in tono significativo.Le sopracciglia di Ruth le schizzano fino all’attaccatura dei capelli. « Ah!

Capisco» .Mi guarda e faccio spallucce. Ne so tanto, o poco, quanto lei riguardo a questa

visita inattesa. Perché si è presentato di punto in bianco? Era davvero di

passaggio, o c’è dell’altro?« Allora, Mac di Glacken» , dice Ruth, « perché non ci prendiamo una tazza di

tè?»« Non vorrei disturbare» , replica lui con cortesia.« Nessun disturbo. Stavo per mettere su il bollitore, perciò è arrivato proprio al

momento giusto. Come lo prende?»« Be’ , in questo caso, ne prendo volentieri una tazza. Solo latte, per favore» .« Coco?»« Sì, grazie» , dico, anche se preferirei qualcosa di più forte dopo questo choc.

Ruth mi guarda con aria complice, poi scompare sul retro , lasciando Mac e me dinuovo soli.« Offrite un servizio eccellente, devo proprio dirlo» . Mac mi sorride

nuovamente. « Offrite un tè a tutti quelli che entrano?»« Non proprio» .« Be’ , ne sono onorato» .Ci sa fare con le chiacchiere ma ancora non mi ha detto cosa ci fa qui. Decido di

forzargli la mano. « Allora, ti trovavi da queste parti, giusto?»« Sì, avevo delle commissioni nei paraggi e mi sono ricordato che avevi detto

di avere un negozio di antiquariato qui attorno, così ho pensato di passare atrovarti. Sei praticamente sparita l’altro giorno» .« Ehm, sì, ti chiedo scusa. Ho dovuto andarmene all’ improvviso» , spiego,

lasciando intenzionalmente sul vago i miei motivi per essermela svignata.« L’avevo intuito» . Sorride. « Sono felice di dirti che il cucciolo si sta

riprendendo alla grande» .Mi ricordo del minuscolo cucciolo che era stato gettato da un’auto in corsa

sull’autostrada. « Mi fa davvero piacere. Era così carino» .C’è una piccola pausa mentre ci studiamo a vicenda.« Ci sono novità su quella lettera?» , mi chiede.« No. In realtà non ci ho più fatto niente» , rispondo, sentendomi

improvvisamente a disagio.« Perché no?»« Be’ , ho avuto da fare» . Faccio un vago gesto indicando il negozio. « E poi,

sai, io non c’entro niente…» .« Be’ , io pensavo che fosse molto carino quello che stavi facendo» .« Grazie» , mormoro.« E forse sono in grado di aiutarti» .Si gira dall’altra parte, così adesso guarda fuori dalla vetrina. I miei occhi

seguono i suoi e vedo Karl che cancella le sue speciali lavagne e inizia ascrivere lentamente. I filetti di pollo oggi sono in offerta, tre al prezzo di due.Adopero tutta la mia forza di volontà per non esigere che mi dica quello che sa,in che modo pensa di aiutarmi.« Oh, eccoci» . Ruth è tornata con un vassoio di tè. « Ho anche dei biscotti, nel

caso qualcuno ne abbia voglia» .« Grazie» . Mac le sorride. « Muoio di fame… non ho fatto colazione» .Ruth fa un verso di disapprovazione. Secondo lei, non fare colazione come si

deve è un peccato capitale. « Come ci è riuscito?» , gli chiede con aria dirimprovero mentre lui addenta un biscotto.« Immagino di essermene dimenticato» .« Sua moglie non le ha dato niente da mettere sotto i denti prima di uscire di

casa?» , gli chiede assumendo un’aria innocente. Sta scavando alla ricerca diinformazioni, usando un po’ di civetteria come vanga.« Non sono sposato» , risponde lui con disinvoltura. Non posso farci niente, il

mio stomaco fa una piccola capriola a questa notizia. È stupido, eppure…« Ah!, uno scapolo solitario. Be’ , ci penseremo noi a nutrirla, va bene? Ecco,

ne prenda ancora» . Gli versa del tè e spinge il piatto dei biscotti verso di lui.« Allora, Coco mi ha detto che ha un ricovero per cani» .« Proprio così» .« Da quanto tempo lo gestisce?»« Da qualche anno, a intermittenza… diciamo che ho iniziato per caso» .« E adesso è diventata la sua vita?»« Qualcosa del genere. Fortunatamente riesco a farla combaciare con altri

impegni di lavoro, ma è davvero un gioco di destrezza» .Quindi ha anche un altro lavoro… chissà cosa fa. Sto per chiederglielo quando

Ruth cinguetta nostalgica. « Quanto vorrei un cane» .Sono stupita. « Non lo sapevo» , dico.« No? Oh, sì, ne ho sempre desiderato uno, ma tuo nonno non è mai stato un

grande amante dei cani. E non abbiamo molto spazio qui…» . Indica il negoziopieno zeppo, con la merce ammucchiata in ogni angolo.« Uno piccolo potrebbe andare bene per lei» , dice Mac. « Non hanno bisogno

di molto spazio… giusto un paio di passeggiate al giorno» .« Ha in mente qualcosa?» .La guardo fisso. Cosa sta facendo?« Be’ , abbiamo una deliziosa Yorkshire che ci è arrivata da poco. Le avevamo

quasi trovato una nuova casa, ma poi non se n’è fatto più nulla. Ehm, Coco l’ha

vista, vero? Pudding, ricordi?»« Sì, era carina» , rispondo.« Magari potrei venire a vederla» , dice Ruth.« Assolutamente» , risponde Mac. « Voi due sareste perfette l’una per l’altra» .Si sorridono come amici ritrovatisi dopo tanto tempo. È davvero una cosa

bizzarra.« Allora, Coco le ha detto della lettera misteriosa che ha trovato, sì?» , dice,

cambiando argomento.« Sì, l’ha fatto. E io le stavo appena dicendo che forse posso aiutarla» .« Davvero?» . Ruth si sporge in avanti, con il viso che le si illumina,

contenendo a stento l’eccitazione.« Sì, be’ , vede, la verità è che non ero esattamente di passaggio» , dice Mac. Un

lieve rossore gli sale sul collo.« Oh» , faccio, sentendomi stranamente compiaciuta. Quindi è venuto qui di

proposito… ho un piccolo vuoto allo stomaco. Con la coda dell’occhio, vedoRuth guardare prima lui poi me: ha un sorrisino sulle labbra, come se avessecapito tutto.« Ha scoperto qualcosa su James, vero?» , gli chiede.Lui annuisce e poi si rivolge a me. « Sì. Dopo che te ne sei andata, Coco, mi

sono incuriosito e così ho chiamato gli agenti immobiliari che mi hannovenduto la casa, Carrol & Carrol.« Ah!» , esclama Ruth, lanciando un pugno in aria. « E loro sapevano

qualcosa?»« Guarda caso, sì. Avevano il suo indirizzo di Port-on-Sea» .Ruth batte le mani. « Perciò adesso sappiamo dove vive. Davvero intelligente

da parte sua, Mac!» , esulta.Mac arrossisce ancora di più. « Non ho fatto niente» , dice, quasi impacciato.

« Ecco, l’ho scritto qui» .Ruth prende il foglietto dalle sue mani. « Port-on-Sea è un posto incantevole…

ci andavo sempre con il mio defunto marito. Non c’è niente di meglio dell’ariadi mare. Amavamo andarci… facevamo dei picnic quando eravamo sposati dapoco, prima che tua madre nascesse, Coco…» . La sua voce si affievolisce, comese stesse ricordando i tempi felici, ormai andati, passati con il nonno.« Grazie per tutto questo, Mac» , gli dico. I nostri sguardi si incrociano per un

istante di troppo. « È stato molto gentile da parte tua. Lo apprezzo davvero» .« Nessun problema» , replica. « Spero non pensi che abbia ficcato il naso dove

non era opportuno» .

« Niente affatto. Non sapevo proprio cosa fare adesso, perciò hai risolto questodilemma per me» .Ci scambiamo un sorriso.« Pensa di poter portare Coco da lui, Mac?» , interviene Ruth.« Ruth!» , protesto. Ma che si è messa in testa? La ucciderei!Mac sembra un po’

sorpreso dalla sua richiesta, ma ha la bontà di rispondere cortesemente. « Ehm,sì, certo, se a lei va» , dice lanciandomi un’occhiata.« Perfetto» , dice Ruth trasudando fascino. « L’auto di Coco è fuori uso, è in

riparazione. Ci vorranno giorni prima che l’officina gliela restituisca… nonhanno ancora capito cos’ha che non va» . Fa un sospiro teatrale, come se ilmalessere misterioso della mia auto la tenga sveglia la notte. È tutta unamenzogna, naturalmente. La mia auto sta benone. Ha bisogno di manutenzioneed è quasi senza benzina, ma questa non è una novità.« Posso accompagnarti io, nessun problema» , si offre galantemente Mac.« Sul serio, non c’è bisogno…» . Sono mortificata.« Coco, non essere sciocca. Mac si è offerto. E non è lontano da qui, vero?» ,

aggiunge Ruth.« Sono certa che Mac abbia modi migliori per impiegare il suo tempo» , dico a

denti stretti, guardandola torva. « E poi, ha già fatto più che abbastanza» .« Ma non sarebbe fantastico se voi due ci andaste insieme? Anzi, potreste

prendere il toro per le corna e andarci subito. Non è che qui ci sia tutto questoda fare» .Sorride incoraggiante a entrambi e io cerco di non fulminarla con lo sguardo.« A dire la verità, stavo lavorando a qualcosa, Mac» , dico. « Magari un’altra

volta» .« Oh, sciocchezze!» , esclama Ruth. « Puoi farlo in qualunque giorno della

settimana» .« Ma…» .« Coco, se James è la persona che cerchi, allora il tempo è cruciale, dico bene,

Mac?»« Ehm, sì?» , fa incerto, guardandomi.« Saggio ragazzo» . Ruth gli sorride raggiante. « Ed è certo che per lei non sia

un problema, Mac?»« In realtà, vicino a Port-on-Sea c’è un ricovero per cani dal quale avevo

intenzione di passare. Questo pomeriggio potrebbe andare bene…» .« Be’ , ecco fatto. È destino!» . Ruth batte le mani con gioia. « Adesso, fatemi

preparare un thermos di caffè per il viaggio» .

Scompare in un lampo, probabilmente così non posso più protestare.« Mi dispiace» , dico a Mac. « Non è esattamente una persona discreta» .« Non preoccuparti. È fantastica» .Il silenzio cala su di noi mentre ci scambiamo delle occhiate imbarazzate, come

adolescenti.« Oh, quasi dimenticavo!» , esclama. « Volevo farti vedere questo» .« Cos’è?» .Rovista in un sacchetto di carta marrone. « Una vecchia raccolta degli anni

Cinquanta» . Tira fuori un vecchio vinile. « Sono una specie di nerd dellamusica, perciò quando hai parlato di Tatty Moynihan, il nome mi è sembratofamiliare. Di solito cantava in un duo, si chiamavano le Chanelles, insieme aun’altra donna di nome…» .« Bonnie Bradbury» .Sgrana gli occhi. « Sì» , dice. « Non molte persone lo sanno» .« Ho conosciuto Bonnie a Londra» , spiego, « mentre indagavo sulla storia di

Tatty. Me l’aveva detto che Tatty aveva inciso qualcosa, ma non avrei maicreduto di trovare il suo disco» .« Ah, capisco. Be’ , deve essere quello che è contenuto qui dentro. In effetti

penso che sia piuttosto raro» .Mi porge il vinile e la mano mi corre involontariamente alla bocca quando

vedo il suo nome stampato sul retro.« Non riesco a crederci» , sussurro, sopraffatta dall’emozione.« Canta un pezzo di Duke Ellington. Avrei dovuto portare il mio vecchio

grammofono, così potevi ascoltarlo» .« Va bene lo stesso» , dico. « Ne ho uno qui» .Vado al giradischi del nonno, sfilo il vinile dalla copertina e lascio cadere la

puntina. Una voce tormentosa riempie la stanza. È piena di rimpianto estruggimento, dolore e malinconia; canta una canzone che riconosco all’ istante.Mi spuntano le lacrime agli occhi mentre la ascolto e cerco di ricacciarleindietro. Questa è lei… la mia Tatty. Non solo so che aspetto ha, adessoconosco anche la sua voce. Ruth riappare sulla soglia, il thermos del caffè in unamano e anche lei con le lacrime agli occhi. Non ha bisogno di chiederlo, ha giàcapito chi è che canta.« Grazie, Mac» , gli dico sorridendogli. « Non sai quanto significhi per me» .E mentre lo dico, in quel preciso istante, so per certo quanto davvero significhi

per me, e perché. È come se avessi allungato una mano nel passato e toccatoTatty, sentito il suo spirito diventare vivo. E non solo il suo: la canzone che sta

cantando, una melodia d’amore e perdita, era quella che mia madre micanticchiava per farmi addormentare quando ero piccola. Perché non ho maisaputo che si chiamava In a Sentimental Mood? Né che era Duke Ellington adaverla composta? Forse perché mia madre è morta prima di potermi dire se per leisignificava qualcosa di speciale o se era una delle sue preferite. Questo deveessere un suo segnale… Deve esserlo. La canzone che conoscevo da bambina èla stessa canzone che Tatty e il suo innamorato consideravano propria, laragione per cui Tatty chiamò addirittura il figlio Duke. Non può essere unacoincidenza. Sentire Tatty cantarla, è come se la mia storia e la sua stesseroraggiungendo il proprio crescendo, unite attraverso gli anni. Posso soloimmaginare come si sentirebbe suo figlio se la ascoltasse.« Mi dispiace, ti ho turbata?» , chiede Mac preoccupato. Non ha idea del perché

stia reagendo così.« No, affatto. Anzi, il contrario. Grazie» , rispondo, asciugandomi gli occhi e

cercando di ricompormi.« Non c’è di che» , dice sorridendomi. « Sei pronta per andare?»« È nata pronta!» , scherza Ruth.« Datemi cinque minuti» , dico loro mentre mi avvio alle scale per andare in

camera mia. « Se dovrò finalmente conoscere il figlio di Tatty, il meno che possofare è vestirmi per l’occasione!» .

Capitolo 22

Siamo in viaggio, io e Mac Gilmartin, il quasi sconosciuto di Glacken. Stoprovando un miscuglio di agitazione ed emozione al pensiero che potrei esseresul punto di conoscere il figlio di Tatty. Come reagirà alla lettera che ho per lui?Non riesco a immaginare cosa farei se qualcuno si presentasse alla porta e midesse una lettera di mia madre, quasi come dall’aldilà. Ma sono certa che lacustodirei gelosamente, soprattutto se fosse così bella come quella scritta daTatty. Ma, d’altro canto, forse l’ intera faccenda sarebbe un tale choc che potreinon volerla leggere. Questo guazzabuglio di pensieri mi attraversa la mentelungo il tragitto, mentre ci lasciamo lo Swan’s alle spalle.Mi sento anche stranamente a disagio, seduta così vicina a Mac nel suo

vecchio furgone malridotto, ma mi sforzo di soffocare questa sensazioneadolescenziale. Mac si sta solo comportando in modo gentile. Non c’è altro.Anzi, Ruth l’ha praticamente costretto… il poverino probabilmente avrà moltodi meglio da fare. L’unica cosa che mi fa sentire meno imbarazzata è il fatto cheintende far visita a un ricovero per casi vicino a Port-on-Sea, perciò non sarà unviaggio del tutto sprecato per lui.« Mi dispiace per tutti i peli di cane» , dice, mentre cambia marcia per affrontare

una curva. « Sono i rischi del mestiere, temo» .« Non ci avevo nemmeno fatto caso» , mento, levandomi un altro pelo dalla

giacca aderente nera, quella che di solito riservo alle occasioni migliori.Mi sono tolta i vestiti vecchi per indossare jeans più eleganti, maglia nera,

giacca e il mio unico paio di tacchi alti. Poi, per scaramanzia, mi sono messa levecchie perle di mia madre, ho aggiunto cappello e sciarpa rosa di Cat e ho presola Chanel di Tatty. Ruth ha inarcato un sopracciglio mentre uscivo, notando chemi ero sforzata molto più del solito. Ma ho sentito di doverlo fare – non perchéavrei passato del tempo con Mac, ma perché sapevo che questo sarebbe stato unmomento significativo nella storia di Tatty e volevo essere vestita in modoadeguato. D’accordo, forse anche un pochino per Mac. Mi ha sempre e solo vistacon abiti sciatti e forse ho voluto fare colpo su di lui, solo un po’ . Ma nonl’avrei ammesso con Ruth… non riesco neanche a farlo del tutto con me.« Ho un rotolo di nastro adesivo qui da qualche parte, se vuoi provare a

staccartene un po’ di dosso» , dice Mac, guardandomi di traverso.« Probabilmente avrei dovuto dirtelo di non mettere una giacca nera, scusa» .

« Non fa niente» , rispondo, chiedendomi se riuscirò mai a farla tornare decentealmeno la metà. È come se i peli si stiano rapidamente moltiplicando sotto il miosguardo. Quanti cani si sono seduti su questo sedile?Sto pensando a questo quando sento qualcosa di caldo e bagnato respirarmi

nell’orecchio. Sobbalzo per la sorpresa. È il labrador di Glacken House, propriodietro di me, nel retro del furgone di Mac. Non l’avevo notato quando sonoentrata.« Horatio, giù!» , dice Mac. « Scusa, Coco» .« È tutto a posto. Mi ricordo di Horatio» . Do un buffetto sulla testolina del

cane. La appoggia sulla mia spalla, strofinandomi felice il naso sul colletto,come se anche lui si ricordasse di me, e fissandomi con i grandi occhi marroni.« Gli piace venire con me quando esco» , dice Mac, guardando davanti a sé e

concentrandosi sulla strada. « Odia essere lasciato, penso sia per via dei suoitrascorsi» .« Qual è la sua storia?» , chiedo.« Diciamo che Horatio è speciale. È stato il mio primo. L’ho trovato per strada

qualche anno fa. Era stato abbandonato. Poverino, era pelle e ossa e aveva unazampa rotta in tre punti» .« Non posso credere che abbiano fatto una cosa del genere a questo cane

meraviglioso» .« Già, il veterinario pensava che avrebbe perso la zampa ma, miracolosamente,

come vedi, non è andata così. Zoppica ancora, ma corre veloce» .Penso al modo in cui ha saltato il cancello l’ultima volta che l’ho visto. « Ma

nessuno vuole adottarlo? È così adorabile… come si fa resistergli?»« Non è da adottare» , risponde Mac un po’ impacciato. « Come ho detto, è

speciale» .« Il tuo comitato di accoglienza in pianta stabile?»« Esattamente» . Ride mentre Horatio mi da una leccata al collo e io mi dimeno.« Quando hai deciso di aprire un rifugio per cani?» . Voglio saperne di più su

di lui.« Be’ , non l’ho mai fatto in modo ufficiale. Dopo che ho trovato Horatio, si è

sparsa la voce. Qualcuno mi ha portato uno spaniel. E poi qualcun altro hatrovato un altro cane dalla parte opposta del paese e mi ha portato anche lui. Daallora la cosa si è sviluppata in modo esponenziale, direi» .« Devi amare i cani» .« Colpevole» .« Qual è la tua razza preferita?»

« Mi piacciono tutti» . Mi guarda per un nanosecondo, con un sorrisoimpercettibile.« Io adoro i bassotti» , dico.« Perché? Le orecchie lunghe?»« Non lo so, a dire la verità. Avevo un libro sui cani quando ero piccola e c’era

un bassotto in copertina. Credo che mi facesse una grande impressione» .« Avevo quel libro» , dice.« Non ci credo!»« Ce l’avevo, sì… Il grande libro dei cani, me lo aveva portato Babbo

Natale» .« Anche a me!» , dico al colmo della sorpresa.« Forse era in offerta speciale da qualche parte» , dice, e ridiamo entrambi.« Al secondo posto tra i cani del libro c’era il levriero irlandese» , rievoco ad

alta voce. « Ma non ne ho mai visto uno dal vivo» .« Io sì, una volta, al banchetto di una rievocazione storica. Era parecchio

notevole, devo ammetterlo, aveva una sorta di regalità. Corse via con un quartodi manzo. Non credo che furono molto contenti di lui: il giullare, che aveva ilcompito di occuparsene, si divertì come un matto» . Ride nuovamente e miaccorgo di quanto è attraente il modo in cui i suoi occhi si increspano agliangoli.« Non sono mai stata a un banchetto del genere. È stato divertente?» , chiedo,

cercando di distogliere lo sguardo dalla sua faccia.« Non esattamente. Ci sono andato per lavoro… e tutto quell’arpeggiare mi ha

fatto venire il mal di testa» .« Arpeggiare?»« Sì, musica con l’arpa. L’arpista ci ha dato dentro tutta la sera. La puoi

ascoltare a volontà solo per cinque ore prima di iniziare a perdere il sensodell’umorismo» .Ridacchio.« Bene, ti ho raccontato i miei più oscuri segreti… adesso devi svelarmi i

tuoi» .« Non ne ho nessuno, in realtà» .« Vivi con tua nonna?»« Quello non è un segreto» .« È comunque insolito» .« Mia madre morì poco prima che compissi tredici anni. Non ho mai conosciuto

mio padre» .

« Capisco» . Stacca gli occhi dalla strada e li posa sui miei per un istante.« Scusa» .« Non importa. È successo tanto tempo fa. E Ruth è fantastica» .« Perché la chiami così? Ruth?»« Lei lo preferisce. Dice che non la invecchia» .« Ah, la capisco bene. Quando diventerò nonno, vorrò senz’altro che i miei

nipoti mi chiamino Mac. Papà Mac, magari» . Tamburella le dita sul volante e iomi ritrovo a fissare le sue mani.« Papà Mac?» , dico, distogliendo lo sguardo.« Sì, perché no? Sarebbe forte, no?»« Ehm, non credo» .« Davvero?» . Si acciglia. « Nonno Mac, allora» .« Sei proprio sicuro di diventare nonno!» .« Certo! Tu non diventerai una nonna favolosa, come Ruth?»« Ehm, sono ben lontana dall’essere favolosa» , dico, arrossendo un pochino.« Io non direi. A me sembri sulla buona strada» .C’è un istante di imbarazzato silenzio tra noi, e io cerco disperatamente di

pensare ad altro di cui parlare.« Lavori al rifugio a tempo pieno?» , gli chiedo. Muoio dalla voglia di scoprire

qualcosa del lavoro a cui ha accennato prima, ma non voglio farglielo capire.« Non proprio. Faccio la mia parte quando sono lì, naturalmente, ma non è la

mia occupazione principale. Ho un paio di aiutanti che ci lavorano comevolontari» .Eccolo, di nuovo il suo misterioso lavoro.« Cos’è che fai? Non riesco a ricordarmelo» .« Probabilmente non te lo ricordi perché non te l’ho mai detto» . Sogghigna,

continuando a tenere gli occhi sulla strada.« Ah, no?» , replico, fingendomi confusa.« No, non te l’ho detto. Ma, visto che me lo chiedi, sono un autore di jingle.

Scrivo musica per la pubblicità» .« Stai scherzando!» .« Affatto» . Scuote la testa. « È vero» .« Che forte. Conosco qualcuno dei tuoi jingle?» . Sono affascinata.« Può darsi. Sai quello dell’assicurazione, con il tizio e la chitarra?»« L’hai composto tu?» . È uno degli spot più noti in TV.« Sì, sono stato io» , conferma solennemente. « Uno dei miei lavori migliori,

devo ammetterlo» .

« È così orecchiabile. Quando mi entra nella testa, non riesco più a farla uscire.Posso cantarla per ore… mi fa impazzire!» .« Lo stai dicendo solo per farmi piacere, vero?» , replica.« Spiacente ma è la verità. Fa impazzire anche Ruth. Ce lo cantiamo l’un l’altra.

“ Se sei al verde e nessuno ti sente, la speranza comunque non perder… ”» . Stocantando senza imbarazzo a squarciagola quando mi accorgo che Mac staridendo fragorosamente. « Cosa c’è? Ho fatto confusione con le parole?»« No, è solo che è buffo sentirti cantare così» .Mi intimidisco all’ istante. « Non ho una bella voce» .« Al contrario, hai una gran voce» , dice, e i nostri sguardi si incrociano.« Allora, ehm, conosco qualche altro dei tuoi spot?» , domando imbarazzata e,

d’un tratto, un po’ sudata.« Be’ , ne ho fatto uno particolarmente buono per una pomata bio per le

emorroidi, qualche anno fa» .« Non ci credo!» , sbuffo.« L’ho fatto eccome» . Mi guarda con un sorriso e poi si lancia in

un’ interpretazione con la voce profonda. « Se hai un prurito e ti vuoigrattare…» .« …senza però irritare…» , mi unisco a lui.« La conosci?» , chiede inarcando un sopracciglio.« Chi non la conosce?» , ridacchio.« Continua» .« Solo se canti anche tu» .« Va bene, allora, dall’ inizio… uno, due, tre, quattro» .E mentre i chilometri si dipanano, i campi verdi si allungano a perdita

d’occhio, noi cantiamo insieme e non ricordo di essere così scioccamente feliceda tantissimo tempo.

Sembra che siamo a Port-on-Sea in un battibaleno e Mac sta guidando ilfurgone nel vialetto pieno di buche di una piccola villetta diroccata.« Questo è l’ indirizzo che mi ha dato l’agenzia immobiliare» , dice tirando il

freno.Restiamo seduti a guardarla in silenzio. La pittura azzurra sta venendo via

dalle intelaiature in legno delle finestre, soccombendo evidentemente allasalsedine, e le rose rampicanti, che un tempo devono essere state bellissime,penzolano tristemente dal pergolato, le foglie annerite e chiazzate, senza alcunasperanza di rifiorire neanche con l’arrivo dell’estate. Le erbacce si sono fatte

strada nella ghiaia del vialetto e il prato è completamente trascurato. La villettanecessita di cure amorevoli: sembra quasi che nessuno ci viva.« Deve essere stata incantevole ai suoi tempi» , osservo.« Già. A quanto pare ha bisogno di qualche lavoretto, ma è un posto perfetto» ,

dice Mac. « Immagina di svegliarti ogni mattina con questa vista» .Guardo il punto che mi indica e vedo un’ampia distesa di acqua azzurra in

lontananza, che scintilla alla luce del sole, e i gabbiani che volano liberi nelcielo.« Accidenti. Non mi meraviglia che abbia voluto trasferirsi qui» .« Andiamo a vedere se è in casa?» . Mac mi rivolge uno sguardo interrogativo.« Una parte di me ha voglia di fare dietro front» , ammetto.« E l’altra parte?» . Mi sorride.« Ha voglia di bussare immediatamente alla porta» , rido.« Seguiamo questa parte» , dice strizzandomi l’occhio. « Siamo coraggiosi, dico

bene, Horatio?» .Per tutta risposta, Horatio mi lecca di nuovo il collo. Faccio un profondo

respiro, chiudo gli occhi, penso a mia madre e Tatty e mi convinco a scendere dalfurgone.Suono il campanello e aspettiamo. Suono di nuovo, ancora niente. La terza

volta, sto perdendo le speranze. A quanto pare James non è in casa.« Forse abbiamo esaurito la fortuna» , dice Mac.« Non ci posso credere» , rispondo, assolutamente stanca. Mi alzo sulla punta

dei piedi e sbircio dalla finestra, ma attraverso le sciatte tendine a rete riesco avedere ben poco.« Fammi chiamare l’agenzia, vediamo se riescono a trovarmi un numero di

telefono. Ci metto un attimo» .Mentre torna a grandi passi verso il furgone, sento frammenti di musica

provenire da qualche parte all’ interno. Devo sforzarmi per sentirli, ma pare chevengano dal retro.Seguo il suono, facendo il giro della villetta, fino a che arrivo a una piccola

serra eretta sul retro, che dà direttamente sull’acqua. All’ interno, completamentenudo, tranne che per un cappello di paglia e una bandana attorno al collo, unuomo sta lavorando a una scultura. È di schiena, così mi becco una vedutapanoramiche delle sue natiche cascanti. La sorpresa è tale che resto senza fiato.Probabilmente, sentendosi osservato, l’uomo si gira all’ improvviso,deliziandomi con una visione completa, e lotto contro l’ impulso dinascondermi il viso tra le mani. Mi concentro, invece, a tenere gli occhi fissi nei

suoi. Non credo che mi libererò mai di quella particolare immagine mentale.Dovrò aggiungerla a quella di Karl con le sue mutande di Homer Simpson.Quanti altri uomini anzianotti vedrò nudi? Comincia a diventare un’abitudine.Mi sorride, imperturbato nel vedere me che lo osservo dal giardino. I suoi

occhi sono di un azzurro luminoso e i capelli un lampo bianco. Mi fa cenno dientrare e, con le capriole nello stomaco, apro la porta a vetri e faccio come michiede.« Salve» , dice, abbassando la musica con un telecomando. « Posso aiutarla?»« Ehm, salve, mi dispiace per l’ intrusione…» . Non so dove guardare.« Oh, non si preoccupi» . Sorride. « A me non dispiace, anche se magari a lei

sì» .Strizzo gli occhi per via della luce invernale che si riflette nei vetri della serra

abbagliandomi. È così caldo qui dentro che, rispetto al gelo che c’è fuori,sembra quasi tropicale.« Preferisco lavorare nudo» , spiega, prendendo con disinvoltura una vestaglia.

Se la infila e la annoda in vita. « Trovo che mi schiarisca le idee. Allora, comeposso aiutarla, mia cara?» .È socievole, a ogni modo. Ottimo. Almeno non mi sta buttando fuori a calci

senza darmi modo di spiegare perché sono qui.« Non so bene da dove iniziare» , dico cercando di raccogliere le idee e

combattere l’ impulso di fuggire. Trovarmi faccia a faccia con lui in questo modomi ha mandato in confusione. Stringo forte la borsa di Tatty per darmi coraggio.Presto dovrò darla a lui. Questa sarà l’ultima volta che la terrò tra le mani.« Sembra una cosa minacciosa. Sono nei guai?»« No, no, niente del genere, è solo…» . Tocco automaticamente le perle di mia

madre che ho al collo, giocherellandoci mentre cerco le parole giuste.Guardando adesso il suo viso largo e aperto, non so da dove cominciare. Forse

sono sul punto di cambiare la sua vita per sempre, dargli notizie del suo passatoche potrebbe non voler sentire.« Perché non mi dice il suo nome?» , mi chiede mentre annaspo.« Coco Swan» , mi presento, porgendogli la mano.« È un piacere conoscerla, Coco Swan» , dice, stringendomela. « Che cosa

deliziosa. Come Coco Chanel, vero?» . Lo fa sembrare come se fosseperfettamente comprensibile e affatto insolito. È così bello quando capita.« Sì, proprio così» .« Donna affascinante, Chanel» , dice. « Un’ icona per i nostri tempi. I suoi

genitori la ammiravano?»

« Be’ , diciamo che mia madre aveva l’ossessione della Francia» .« Ah! Questo spiega tutto. Allora, Miss Coco Swan, ha trovato il coraggio di

dirmi perché è qui? Per caso è una danarosa gallerista di città, qui per offrirmi unmilione per la mia ultima opera?» . Indica la scultura d’argilla alle sue spalle.Non capisco cos’è da dove mi trovo… potrebbe essere un animale o unapersona, o qualcosa di completamente diverso.Faccio un profondo respiro. Adesso o mai più. « Ho trovato una lettera» , dico

tutto d’un fiato. « Da una madre al suo bambino… il bambino dato in adozionenel 1956» .« Capisco. E?» . Sembra assolutamente insensibile a questa notizia.« Penso che lei possa essere quel bambino» .Tiro un sospiro, come se avessi trattenuto il fiato per sempre. Finalmente

gliel’ho detto e il sollievo è enorme. C’è un attimo di silenzio mentre luidigerisce la cosa, prima di scoppiare in una risata irrefrenabile. « Oh, mia cara,drammatica di nome, drammatica di fatto» , continua a ridere fragorosamente.Lo guardo confusa. Tra tutti i modi in cui ho immaginato potesse svolgersi

questo momento, uno scroscio di risate da parte di Duke/James non è maicomparso sulla mia lista di possibili reazioni.« Lei non crede di esserlo?» , gli chiedo.« Dio, no» , dice. « È impossibile, mi dispiace» .« Ma mi ascolti fino in fondo…» .« Mi creda, Coco, se fossi stato adottato, l’avrei saputo» , dice, continuando a

sorridere. « È impossibile che sia io, spiacente di deluderla» .« Ma non tutti sanno di essere stati adottati» , insisto. « I tempi erano molto

diversi allora» .Fa una pausa, sistemandosi il cappello. « Dove ha detto di aver trovato la

lettera?»« In questa borsa di Chanel che ho comprato ad un’asta. Era in uno

scompartimento segreto. Guardi» . Apro la borsa di Tatty e glielo mostro.« Straordinario» , dice.« So che sembra strano, ma è tutto vero. Ho qui la lettera, se volesse vederla» .« Perché no?» . Fa spallucce.Gliela porgo e lo osservo mentre la legge.« È senz’altro molto commovente. Ma cosa le fa pensare che fosse rivolta a

me?» , mi domanda restituendomela.« Be’ , ho fatto delle indagini che mi hanno portata a Glacken. E poi ho

conosciuto Mac» .

« Mac? Chi è Mac?» . Sembra assolutamente perplesso.« Mac Gilmartin? L’uomo che ha comprato Glacken House da lei?» .Mi sorprende un po’ che non ricordi a chi ha venduto la sua casa. Forse sarà

l’età… forse è per questo che scolpisce nudo. Voglio dire, sono passati solopochi anni da che ha venduto la casa a Mac ma, quando ho fatto il suo nome, mi èsembrato assolutamente assente.« Mi dispiace, mia cara, ma non la seguo proprio» , dice scuotendo la testa.In quell’ istante, Mac arriva da dietro l’angolo. Si sta infilando il telefono in

tasca.« Eccolo qui» , dico, mentre entra nella serra.« Mac Gilmartin, è un piacere conoscerla, finalmente» , dice, tendendogli la

mano.« James Flynn, piacere» , risponde l’uomo, stringendo energicamente la mano di

Mac.Mac mi guarda e inarca un sopracciglio, come per verificare a che punto siamo.« Lei vive a Glacken, mi sembra di aver capito» , dice James.« Be’ , sì, vivo nella sua vecchia proprietà» , risponde Mac, scoccandomi

un’altra occhiata interrogativa. « È una bellissima casa… mi ci trovo davverobenissimo» .« Mi fa piacere sentirlo, ma temo ci sia stato un equivoco» .Mac mi guarda allibito, ed entrambi guardiamo James.« Mi dispiace, Coco, ma lei ha frainteso tutto» , dice. « Io non sono il James

Flynn che sta cercando» .« Ma, James, mi faccia spiegare dall’ inizio» , esordisco. Il pover’uomo

chiaramente non aveva idea di essere stato adottato. Non riesce ad assimilarel’ informazione.« No, mia cara, so di non essere chi cerca. Non ho mai vissuto a Glacken. Non

ci sono neanche mai stato» .« Ma…» , tento di dire.« Mi sono trasferito a Port-on-Sea da Cork qualche anno fa per lavoro. Lo trovo

il posto ideale per scolpire. Ma non sono assolutamente stato adottato. Nonsono l’uomo che cerca. Mi dispiace. Si tratta di un caso di omonimia» .« Ma l’agenzia immobiliare che ha dato a Mac questo indirizzo? Carroll &

Carroll?» . Mi giro di scatto a guardare Mac, che sembra altrettanto sorpresoquanto me.« Deve esserci stato un qui pro quo» , dice Mac aggrottando la fronte. « Non

riesco a capire» .

« Carroll & Carroll? Be’ , le mie generalità saranno nella loro banca dati» ,continua James. « Ho comprato questo posto tramite loro. Ma è probabile chetroviate parecchi James Flynn da queste parti… questo è il problema di avere unnome così poco originale, mia cara, non come Coco» .Gli sorrido per gentilezza ma dentro di me sono distrutta. Non riesco a credere

che ci siamo sbagliati. Non voglio crederci. « Ne è sicuro?» , dico.« Al cento per cento. Vorrei poterle dire il contrario. Quella è una bellissima

lettera e chiunque sia il destinatario sarà estremamente commosso nel riceverla» .« Se mai la riceverà» . Sospiro. Adesso sembra più improbabile che mai.« Oh, sono convinto di sì» , replica James con una risatina. « Mi sembra una

ragazza determinata, proprio come la sua omonima» .« Mi dispiace averle fatto perdere tempo» . Rimetto la lettera di Tatty nella sua

borsa e la richiudo. Mi sento di aver deluso lei, e anche mia madre, con questacantonata.« La prego, non si scusi» , dice James gentilmente. « Spero solo che lo trovi.

Adesso mi sa che devo tornare al lavoro, fintanto che la musa chiama…» .Guarda verso la scultura incompleta e mi accorgo che ci sta educatamente

chiedendo di andarcene.« Be’ , la ringrazio moltissimo… mi scusi ancora per l’ intrusione e per

l’equivoco» , dico. « È stato un piacere conoscerla» .« Niente affatto, mia cara. Il piacere è stato mio. Mi dispiace solo non averla

potuta aiutare. So che risolverà il mistero. Non si arrenda!» .Mentre torniamo al furgone, Mac dice piano: « Lo cerchiamo di qua, lo

cerchiamo di là…» , senza dubbio nel tentativo di farmi sorridere. Ma non ciriesco. Ho colto l’attimo, malgrado le mie riserve, e questo mi ha portataprecisamente da nessuna parte.

Capitolo 23

« Sicura di non avere troppo freddo?» , mi chiede Mac mentre ci sediamo a untavolino all’esterno di una piccola caffetteria chiamata Seagull.« No, sto bene» , rispondo, sforzandomi di fare un sorriso vero. « È bello

prendere un po’ d’aria di mare» . In effetti fa freddissimo, ma sono benimbacuccata e stare seduti qui fuori è corroborante. E poi così Horatio può starecon noi.« Purché non muori assiderata» .« La patatine mi terranno calda» , replico. « Vero, ragazzo?» . Sotto il tavolo,

Horatio mi lecca la mano.« Hanno un profumino» , conviene Mac.L’ inconfondibile odore di fish & chips che ci arriva dall’ interno mi sta

facendo brontolare lo stomaco. Il locale è davvero carino… piccolo, con unavera atmosfera marina. Quando ho fatto un salto alla toilette, ho ammirato lacollezione di conchiglie in barattoli di vetro e le ancore di legno attaccate allepareti in bizzarre posizioni. Ma è la vista il fattore decisivo: dal punto in cuisiamo seduti, possiamo vedere la vastità del mare, le navi che beccheggianosull’acqua, i gabbiani che volano in alto. Anche fuori stagione, con il gelonell’aria, questo posto è magnifico. Mentre siedo qui, osservando l’acqua, misento stranamente appagata, nonostante la tremenda delusione per l’ennesimovicolo cieco.« Be’ , era decisamente un personaggio interessante» , dice Mac mentre prende

un menù e lo studia.« Altroché. E tu non hai visto neanche la metà…» .Ho già raccontato a Mac che ho sorpreso James Flynn a lavorare nudo e lui si è

messo a ridere così forte che ho pensato potesse strozzarsi. Adesso mi sorridesornione dall’altro lato del tavolo. « Mi sa che non lo dimenticherai tanto infretta» , dice.« Ce l’ho impresso nella memoria» , ridacchio.La vista di quel sedere rinsecchito è marchiata a fuoco nel mio cervello. Non

posso fare a meno di ammirarlo un pochino, tuttavia… immaginate di averel’autostima per lavorare nudi. Io non riesco a fare il tragitto dal bagno alla miacamera senza qualcosa addosso. Ruth è completamente a suo agio con il propriocorpo e non le importa un fico secco di mostrarlo: spesso d’estate prende il sole

in topless sul retro del negozio, per l’ indignazione di Anna. Anna è dell’ ideache Dio abbia dato il seno alle donne per coprirlo, non per esporlo al mondo.Aborrisce perfino un accenno di scollatura… ho perso il conto delle volte cheha rimproverato Ruth per aver messo in mostra troppa pelle. Anche Cat èparecchio disinvolta con la nudità; l’ho vista nuda innumerevoli volte. Ma a mepiace essere coperta. Non sono mai stata abbastanza contenta del mio corpo damostrarlo a qualcuno, se non con le luci bassissime e lenzuola dispostestrategicamente per nasconderlo il più possibile.« Deve esserci qualcosa di parecchio rilassante nel lavorare nudi» , riflette Mac.

Prende un po’ di pane dal cestino, lo spezza in due e ne dà metà a Horatio. Ilcane lo divora all’ istante e si mette seduto sull’attenti, pronto per un altropremio se gioca bene le sue carte. Gli do di nascosto dell’altro pane sotto altavolo e vengo ricompensata con un’altra leccata.« Liberatorio, intendi?»« Sì» , risponde. « Non che stia dicendo che dovremmo farlo tutti» .« No, certo che no» , dico seriamente. « Non credo che il mondo sia ancora

pronto per questo. Non da queste parti, perlomeno» .In quel momento, due minute anziane signore ci passano davanti, vestite di

nero, con spesse calze scure, scarpe allacciate e foulard legati sotto il mento.« Le apparenze possono ingannare, tuttavia» , replica Mac. « Prendi quelle due.

Potrebbero essere le più vecchie sgualdrine del paese» .Le guardo mentre si fermano a parlare con un uomo anziano che va nella

direzione opposta.« E quello potrebbe essere un triangolo amoroso» , continua impassibile.Sogghigno e, accanto a me, Horatio batte la coda.« Voglio dire» , Mac inarca un sopracciglio, « che non si può mai sapere cosa

succede dietro a una porta chiusa» .« Salve, cosa posso portarvi?» .Alziamo entrambi lo sguardo su una cameriera tutta in tiro, ferma accanto a noi,

blocchetto delle ordinazioni alla mano. Ha gli occhi fissi su Mac, come se iofossi diventata in qualche modo invisibile.« Qual è il pescato del giorno?» , domanda Mac sorridendole educatamente.« San Pietro» , risponde lei. « Pescato stamattina nella baia. Delizioso» .« Va bene, allora, prendo questo» , dice Mac restituendole il menù.« Patatine e purè di piselli?» , chiede la cameriera, sporgendosi verso di lui in

un modo assolutamente inopportuno. Non posso non notare che il suo sguardoè insolitamente acceso e il sorriso smagliante.

« E sia, se proprio insiste» , risponde Mac, ricambiando il sorriso. Lei glirivolge un altro sorrisone incandescente.Oh, bene, le piace. Naturale. Ecco perché gli sta così addosso. Che maleducata.

Per quello che ne sa, potremmo essere una coppia. Non lo siamo, certo, ma leiquesto non lo sa. Che sfacciata a flirtare con lui!« Mi piacciono gli uomini con un sano appetito» , dice con approvazione.

Adesso gli sta divorando il petto con gli occhi. Ma è come se lui non notasse ilmodo palese in cui gli sta facendo capire che lo trova sexy.« L’aria di mare mi fa sempre venire fame» , dice Mac educatamente.« È uno dei modi per farsi venire appetito…» , replica lei allusiva.Ho l’ impressione che se non intervengo, la cameriera potrebbe dimenticarsi del

tutto di me e il mio stomaco inizia a ruggire. « Ehm, io prendo i frutti di mare, perfavore» , azzardo.« Ok» . I suoi occhi guizzano su di me per un nanosecondo, ma non scrive la

mia ordinazione.« Ehm, cosa c’è come contorno?» , chiedo. « Posso avere delle patatine?» .« È qui solo in visita?» , chiede a Mac, tornando a ignorarmi.« Sì, di passaggio» , risponde lui.« Oh, che cane carino» , dice come se facesse le fusa. Si piega per dare a Horatio

un buffetto sulla testa e così ci fa dono di una bella porzione di tette. Mi stringola sciarpa e mi muovo un po’ sulla sedia mentre guardo il suo seno prorompentesollevarsi sotto la t-shirt aderente. Evidentemente non sente freddo. O noncrede nel coprirsi, malgrado il tempo.Horatio resta del tutto insensibile alle sue attenzioni e io trattengo un sorriso:

non piace neanche a lui.« È adorabile!» , dice in tono enfatico e del tutto esagerato. « Come si chiama?»« Horatio» , risponde Mac, facendogli il solletico sotto al mento.La cameriera è in ginocchio adesso, tutta presa ad accarezzare il collo di

Horatio. È incredibilmente sfacciata, ma Mac sembra non notare le suepagliacciate. Guarda invece me dall’altro lato del tavolo.« Ti va di dividere un cestino di anelli di cipolla?» , mi chiede. « Sembrano

favolosi» . Indica un tavolo proprio dietro alla finestra, dove una coppia li stagustando con piacere.« Ottima idea!» , rispondo. Sono anni che non mangio anelli di cipolla, ma

sembrano deliziosi e non è che devo stare attenta al mio alito… non ci farannocaso né Mac né Horatio.« Ehm, mi scusi?» , Mac apostrofa la cameriera, che è ancora accovacciata

fingendo di essere la fan numero uno di Horatio.« Sì?» . Lo guarda con gli occhioni sgranati e il mento alzato per mostrare il

suo lato migliore. Ci scommetto la vita che ha adoperato quell’espressionecivettuola più di una volta.« Possiamo avere degli anelli di cipolla come antipasto? Salsa all’aglio,

Coco?»« Perché no?»« Lei si chiama Coco?» , mi chiede incredula la cameriera, rialzandosi

goffamente e sporgendosi verso Mac. Se potesse andrebbe a sederglisi ingrembo.« Già» , rispondo circospetta. Capisco dalla sua espressione che lo trova

stupido.« Cavoli! Che cosa… inaspettata» , dice. Poi, scoccando un sorriso in

direzione di Mac, si avvia verso la cucina, ancheggiando a passo rapido. Staagitando il sedere a tutto spiano come se potesse fare colpo su di lui. Certo,però, che è davvero ben fatto, soprattutto con quei jeans aderentissimi rosachewing gum.« Ti capita spesso?» , chiede Mac, mentre io la guardo andarsene dentro

impettita.« Cosa? Essere ignorata da una cameriera?»« Eh?»« Ti stava praticamente facendo una lap dance. Non dirmi che non te ne sei

accorto» .« Ehm, pensavo che volesse solo essere socievole» , dice con aria un po’

imbarazzata.« Sì, molto socievole» , rido. « E no, di solito non sono invisibile al ristorante,

se è quello che volevi sapere» .« In realtà, quello che volevo chiederti è se la gente ti chiede spesso del tuo

nome. È insolito, no?» .Sotto il tavolo, Horatio sta russando sommessamente sui miei piedi. Il suo

alito è così caldo e piacevole che non mi sposto.« Ah, capisco» , rispondo. « Scusa. Sì, immagino sia inconsueto e la gente me lo

chiede sempre» .« Allora, perché ti chiami Coco?» , domanda. « O è anche questo top secret?» . I

suoi occhi ammiccano dall’altra parte del tavolo e riesco a percepire lo sguardointenso della cameriera dall’ interno.« No, non è un segreto. Mia madre mi chiamò così perché amava Coco Chanel e

la Francia. È una spiegazione piuttosto semplice» .« Forte. È un nome fantastico» .« Grazie, ma non lo penso sempre» .« Perché no?» . Mi versa un bicchiere di acqua ghiacciata e poi fa altrettanto

per sé.« Mi prendevano in giro… non ci sono molte Coco nella provinciale Irlanda. E

poi non è che mi si addica granché…» .« Cosa intendi?»« Be’ , se hai un nome come Coco, la gente si aspetta che tu sia affascinante e

alla moda. Io non corrispondo esattamente alla descrizione» . Do un’occhiatanella finestra e, come previsto, la cameriera, sporgendosi sul bancone, ci stafissando. « Come ha detto quella donna» , aggiungo seccamente, « è una cosainaspettata» .L’espressione che passa sul viso di Mac mi dice che non ha colto l’ insulto

rivoltomi dalla cameriera. Beve un po’ d’acqua prima di replicare.« Sei parecchio dura con te stessa, dico bene?»« No, solo realistica» .All’ improvviso, la cameriera sbatte davanti a me il cestino di anelli di cipolla,

fissandomi con freddezza. Poi, in un batter d’occhio, la sua espressione cambiadel tutto e sorride dolcemente a Mac. « Ho portato dell’acqua per Horatio» ,cinguetta. Gli posa la ciotola davanti alle zampe, elargendoci così un’altrasbirciata al suo seno. « Ho pensato che forse aveva sete» .« Ehm, che gentile, grazie» , risponde Mac, con un accenno di nervosismo nella

voce.« Nessun problema, è stato un piacere» , dice lei. « Se c’è altro che posso

portarle, me lo faccia sapere» .Gli rivolge una lunga occhiata insistente e poi se ne va di nuovo

ancheggiando, più lentamente e deliberatamente stavolta. Deve aver guardatofin troppi video di Beyoncé… si farà del male se continua così.« Visto?» . Addento con gusto un anello di cipolla. Non riesco a ricordare

perché ho smesso con questa roba… sono assolutamente deliziosi.« Cosa?»« Le piaci» .« Be’ , a me non piace lei» , ribatte Mac. Qualcosa nel modo in cui mi guarda mi

provoca uno sfarfallio nello stomaco.« È incantevole qui, vero?» , dico, mentre intingo un altro anello nella salsa

all’aglio.

« Altroché. Ci sono dei posti fantastici in questo paese. Non so perché la gentevada altrove» .« Neanch’ io. Sono una vera pantofolaia» .« Beccato» , dice.« Davvero? Non credo che la gente capisca questo istinto» .« No?»« No» . Ricordo quello che hanno detto tutti riguardo alla mia paura di

cambiare vita e andare in Nuova Zelanda.« C’è dell’altro in questa storia o sbaglio?» . Si pulisce la bocca con un

tovagliolo. « Spara» .Ai miei piedi, Horatio fa un piccolo grugnito e si raggomitola più vicino a me.

Faccio un profondo respiro. « Ok, be’ , il mio ragazzo si è trasferito in NuovaZelanda. Il mio ex ragazzo, dovrei dire» .« Ah, capisco. Ed è il tuo ex ragazzo perché è andato a vivere altrove o

malgrado ciò?»« È complicato» .« Di solito lo è» , dice in tono sarcastico. « Ma va’ avanti» .« Be’ , voleva che andassi con lui» .« E tu non volevi?»« No» .« Perché no? Non ti piace l’ idea della Nuova Zelanda?»« Sono sicura che è stupenda. Ma mi piace dove vivo. Non volevo cambiare» .« Non hai pensato di andarci e fare un tentativo?»« Non proprio, no» .« Per via di tua nonna? Cioè, mi sembra di capire che siete molto unite» .« No. Lei voleva che andassi… pensa che sia matta a non averci provato. E lo

stesso vale per la mia amica Cat» .« Ma tu non le hai ascoltate, eh?»« Mi piacciono le cose così come sono. E poi, tra Tom e me non era esattamente

vero amore» .« No?» . Inarca le sopracciglia.« No. Voglio dire, era un bravo ragazzo. È un bravo ragazzo. Ma… mancava

qualcosa, sai? A volte penso che eravamo più come fratello e sorella» .« Uhm… non è una cosa buona» .Rido. « No. Decisamente no» .C’era una mancanza di chimica tra me e Tom sin dall’ inizio. Niente calore né

passione. Lo sapeva anche lui, ci scommetto, nonostante non l’abbia mai

ammesso. Non posso fare a meno di chiedermi se adesso è diverso con la suanuova ragazza. Spero di sì.« Allora, fammi capire» , dice Mac aggrottando la fronte, « nonostante la forte

pressione di amici e famigliari perché ti trasferissi oltreconfine, come si suoldire, tu hai resistito, dico bene?»« Sì, più o meno è andata così» . Tutti avrebbero voluto che andassi, mi

avevano incoraggiata a spiegare le ali e prendere il volo.« D’accordo. Quindi o sei una donna seriamente ostinata o un’ irriducibile

pantofolaia» .Scoppio a ridere, non sapendo se essere divertita o sentirmi insultata.« E cosa ne pensi delle vacanze all’estero?» , continua.Rido ancora una volta. « Mi piacciono» .« Ne sei sicura?» . Stringe gli occhi. « Quand’è stata l’ultima volta che sei

stata all’estero? Lo chiedo solo per verificare il tuo status, sai com’è» .« Sono stata a Londra di recente» .« Davvero? Non lo stai dicendo solo perché ti lasci in pace?»« Ci sono andata per parlare con una vecchia amica di Tatty» .« Di tua spontanea volontà?»« Sì!» .« Altri progetti di viaggio nell’ immediato futuro? In Europa, magari?»« Decisamente no» .« Ok» . Unisce le mani davanti al mento, intrecciando le lunghe dita. « Allora,

io penso che tu sia un caso moderato di pantofolaismo» .« Ah, sì?»« Sì. I casi più gravi non vanno neanche all’aeroporto. Vanno in agitazione nel

reparto borse e valige dei negozi, e cose del genere» .« Evitano anche i reparti estivi?»« Esattamente!» , dice. « Hai fatto centro. Non hanno niente a che spartire con il

viaggio in qualunque forma o aspetto» .« E tu che a che specie di pantofolai appartieni? Sei capace di fare

un’autodiagnosi?»« Be’ , io sono una specie rara. A volte mi tocca viaggiare per lavoro, ma se ne

avessi la possibilità, me ne starei a casa tutto l’anno e non andrei mai danessuna parte. Sei fortunata a essere riuscita a farmi arrivare così lontano oggi» .Ha di nuovo quell’espressione impassibile, e so che sta scherzando.« Puoi dare la colpa a Ruth per questo» , lo prendo in giro. « Ti ci ha

costretto» .

« Davvero?» . Cerca di assumere un’aria innocente, come se non sapesse dicosa sto parlando.« Smettila di fingere. Sai che è così» . Rido.« D’accordo, forse l’ha fatto, ma non è che ha dovuto proprio torcermi un

braccio» . Ancora una volta, qualcosa nel modo in cui lo dice mi provoca unvuoto allo stomaco.Do un’occhiata all’ora: è ancora più tardi di quanto pensassi. « E il

ricovero?» , chiedo.« Quale ricovero?» , dice con un’espressione confusa sul viso.« Non hai detto che volevi visitare un ricovero per cani nei paraggi? Prendere

due piccioni con una fava?»« Ehm, sì» , replica, distogliendo lo sguardo. « Be’ , ma forse è un po’ tardi per

passarci adesso. Ci tornerò un’altra volta» .« Ma così avrai fatto tutta questa strada per niente!» . Adesso mi sento davvero

in colpa… Ruth l’ha costretto eccome.Minimizza la mia preoccupazione con un gesto della mano. « Non preoccuparti.

È tutto a posto» .« La sua ordinazione» . La cameriera depone un piatto di cibo davanti a me

senza troppe cerimonie. Si è ritoccata il rossetto e adesso ha una bella macchiarosa sugli incisivi. Normalmente farei un gesto discreto per avvertire qualcuno,perfino uno sconosciuto, ma oggi decido di lasciar perdere. E mentre si sporgenuovamente su Mac, non posso fare a meno di ridacchiare tra me. Pazienza per lasolidarietà femminile.Mac allunga la mano, mi ruba una patatina e se la infila in bocca.« Ehi!» , dico tirando il piatto verso di me.« Scusa… è che sembrano deliziose» , ride. « E poi, condividere è amare, sai» .« Uhm!» , borbotto, fingendo di essermela presa. Ma non posso fare a meno di

sorridere della sua faccia tosta.« Grazie» , dice alla cameriera mentre gli porge il suo piatto. « Ha un aspetto

fantastico» .« Ci ho aggiunto patatine extra» , gli fa notare imbronciata, come se fosse

seccata per il fatto che lui sembra refrattario al suo fascino. Poi aspetta unsecondo e se ne va, con un’espressione delusa sul viso appuntito. Il suoeccessivo flirtare è passato inosservato. Direi che le capita di rado e sembramolto offesa.Mac scuote la bottiglia di ketchup e poi ne versa il contenuto su tutto il

piatto.

« Ti piace il ketchup sulle patatine, vero?» , dico.« Amo il ketchup. Tu no?» . Poi guarda il mio piatto, privo di salsa rossa, e

sgrana gli occhi. « Non sarai una di quelli?»« Una di chi?»« La polizia anti-ketchup» .« E chi sarebbero?» .Tira un sospiro. « Fiù! Be’ , se non ne hai neanche sentito parlare, sono salvo» ,

dice. « C’è gente là fuori che è nemica del ketchup» .« Nemici del ketchup?» , ripeto, ridendo delle sue stupidaggini.« Sì, sono ovunque. Vanno in giro a inzuppare monete nel ketchup per far

vedere che corrode lo stomaco. Cose del genere» .« Non ne ho mai conosciuto uno» .« Be’ , ringrazia la tua buona stella» , dice. « Allora, qual è il tuo piano, Coco

Swan?»« Il mio piano?»« Trovare il vero James Flynn?»« Non lo so ancora» . Rigiro una patatina su un po’ di sale e la addento.« Be’ , sarà meglio che ti sbrighi a pensarci. Voglio dire, adesso che hai

coinvolto anche me…» . Sospira in modo teatrale.« Non sei coinvolto» , replico mentre passo una patatina a Horatio, che la

mangia avidamente.« Oh, certo che lo sono» , dice, fingendosi addolorato. « Cioè, come farò a

dormire la notte, sapendo che c’è una lettera che deve essere restituita al suodestinatario? Non è giusto. Non penso che potrei riposare tranquillo» .« Sono certa che ci riuscirai» , dico.Si allunga a prendere sfacciatamente un’altra manciata delle mie patatine,

nonostante ne abbia un piatto tutto per sé, e se le caccia in bocca prima che iopossa protestare. « Macché. Perciò, in mancanza di un tuo piano, ne ho ideatouno io» .« Ah, sì?»« Certo. Fare piani è la mia specialità. Quello ed essere un provetto “ risolvi-

casi”. Ho quasi vinto un distintivo scout per questo» .« Ma davvero?» . Non riesco a impedire a un sogghigno di allargarsi sul mio

viso. È davvero spassoso. E, inspiegabilmente, incredibilmente attraente.« Sì» , risponde sicuro di sé mentre sgraffigna un’altra patatina. Il telefono gli

squilla in una tasca. « Ah!» , esclama. « Ed ecco che inizia» .« Chi è?»

« L’agenzia immobiliare. Mentre eri alla toilette a farti carina, ho presol’ iniziativa e li ho richiamati. Mi daranno l’ indirizzo del James Flynn giustostavolta» .Risponde alla telefonata e cerco di capire cosa si dicono, ma è impossibile. Non

fa altro che annuire e borbottare, « Uh-huh» .« Allora?» , chiedo quando riattacca. « Cos’hanno detto?»« Proprio come pensavamo. Avevano due James Flynn nella loro banca dati. Ma

non ci sono buone notizie riguardo al nostro James Flynn, temo» .Sento il cuore in gola. « È morto?» . Quella sarebbe la conclusione peggiore

possibile.« No. Ma non hanno il suo indirizzo. Dopo avermi venduto Glacken House, si

è trasferito oltreoceano, non sanno dove» .Adesso non lo troverò mai. « Non ne hanno idea?» , chiedo.« No, mi dispiace, Coco. A quanto pare è violinista in un’orchestra. Viaggia in

tutto il mondo esibendosi, hanno detto. Dio sa dov’è adesso» .La mia mente sta facendo gli straordinari. « Dammi il tuo telefono» , dico.« Come, scusa?» . È un po’ sorpreso dal mio tono autoritario.« È uno smartphone, sì?»« Sì» , risponde mentre me lo consegna.« Qual è la password del wi-fi?» . Mac allunga il collo per leggerlo su una

minuscola locandina affissa alla vetrina della caffetteria e io la inserisco. Nelgiro di pochi secondi, appare Google e digito “ James Flynn, orchestra”. Marksarebbe orgogliosissimo di me, penso, mentre aspetto che la pagina si carichi.Fortuna che mi ha spiegato come funziona il wi-fi quella sera in cui mi ha aiutatacon la pagina Facebook dello Swan’s, altrimenti non saprei cosa fare.« Ma certo!» , esclama Mac guardandomi. « Se riesci a scoprire dove suona

l’orchestra, forse non ti servirà altro» .Lo spero. Lo spero davvero. La pagina sembra impiegarci un’eternità per

caricarsi, ma poi il sito si apre e scorro le informazioni più veloce che posso, conle mani che mi tremano per la trepidazione.« È primo violino della Irish String Collective Orchestra» , leggo. « E la loro

prossima esibizione sarà…» .« Dove?» , domanda Mac.Alzo la testa e lo guardo. Quasi non ci credo. È un segno, un altro di una lunga

lista. « Parigi» , rispondo. « Si esibiranno a Parigi» .

Capitolo 24

Cat e io siamo rintanate in un separé del bar del Central Hotel, lontane daorecchie indiscrete. Le ho chiesto di vederci perché ho escogitato quello chepenso sia il piano migliore per aiutare Mark. Mi è venuto in un lampo dopo cheMac mi ha riaccompagnata in negozio ieri sera. In effetti, non so perché non ci hopensato prima. Sono scesa dal suo furgone, felice e scarmigliata dopo la nostragita, elettrizzata al pensiero di avere più informazioni su James.Mentre salutavo Mac ed entravo nello Swan’s, ho visto quel teppista di Sean

O’ Malley appostato accanto al negozio di Karl e, improvvisamente, è arrivatal’ illuminazione. Di punto in bianco ho saputo esattamente cosa fare per tirareMark fuori dal casino in cui si è ritrovato, e in un modo che non gli farà averealtri guai.« Pensi che funzionerà?» , dice Cat con l’ansia impressa sul viso.« Sì» , rispondo. « È l’uomo perfetto per questo lavoro» .« E se va male?» . I suoi occhi guizzano verso l’entrata del bar, in attesa che lui

arrivi.« Non succederà» , affermo. « Ne sono sicura» .« Sei piena di sicurezza» , dice ammirata.Bevo un sorso del mio vino e le sorrido. « Può darsi» , dico scherzosa.« Un momento» . Stringe gli occhi sospettosa. « C’è qualcosa che non mi hai

detto? Ti sei limonata Grizzly Adams? È per questo che sei così piena dienergia?» .Prima che possa risponderle, sentiamo una voce profonda. « Allora, voi due,

qual è questo grande segreto?» .Karl è fermo davanti a noi, con un sorriso incerto sul viso.« Siediti, Karl» , dico. « Ho una proposta da farti. Be’ , è più una richiesta, in

realtà» .Karl si infila nel sedile di fronte a noi e appoggia le braccia nerborute sul

tavolo. « È tutto molto misterioso» , dice. « Mi sento una specie di agentesegreto» .Cat fa una risata cupa.« Il fatto è questo, Karl» , dico, spingendogli davanti la pinta di Guinness che

avevo ordinato in previsione del suo arrivo. « Mark, il figlio di Cat, è in un belguaio» .

Karl beve un sorso di birra e fa un sospiro soddisfatto. « Che tipo di guaio?»« Uno stronzetto di nome Sean O’ Malley vuole mettersi a vendere erba qui

dentro, nella discoteca per ragazzi» , spiego. « Ha cercato di intimidire e ricattareMark perché lo aiutasse a farlo» .Karl beve un altro sorso di Guinness e ci scruta entrambe. « Capisco» , dice in

tono grave. « Non è una bella cosa» .Cat scuote la testa. « No, affatto» , dice. « Era un sacco che Mark si comportava

in modo strano e non riuscivo a capire perché. Coco è andata in fondo allaquestione» .Karl mi sorride. « Ottimo lavoro, Coco» , dice. Accanto a me, Cat mi stringe la

mano. Da quando le ho detto che Mark si è confidato con me, è un fascio dinervi. Mi ci è voluta tutta la mia abilità di persuasione per evitare chepiombasse a casa di Sean e lo strozzasse. E lo stesso ho dovuto fare con David,se per questo. Ma entrambi hanno convenuto a malincuore che un’azioneavventata non avrebbe giovato a Mark. Anzi, probabilmente avrebbe peggioratole cose.« Il punto è, Karl» , continuo, « che dobbiamo essere prudenti nel modo di

gestire la faccenda. Mark non vuole altre rogne a scuola. È una situazionespinosa» .« Naturalmente» , annuisce Karl.« Ma Sean ha bisogno di ricevere un messaggio in questo senso» , aggiungo

cautamente.« E volete il mio aiuto?»« Pensiamo che tu sia l’uomo perfetto per questo lavoro. Potresti andare a…

parlare con Sean» .Karl annuisce pensieroso. « Potrei, sì. Ma cosa ne pensa il giovane Mark di

questa idea?»« Lui è d’accordo» , confermo. « Vuole solo che Sean lo lasci in pace, senza

troppe storie» . Ho parlato a Mark della mia idea prima ancora di discuterne conCat e David, e mi è sembrato davvero sollevato al pensiero che qualcun altrointervenisse e prendesse la situazione in mano.« Allora, lo farai?» , domanda Cat. C’è disperazione nella sua voce» .Karl fa una pausa. « Certo che lo farò, tesoro» , dice alla fine. « Potrei far fare un

giretto ai miei tatuaggi quando vado a trovarlo. Magari mi metto il grembiulesporco di sangue, che so, mi scordo di levarmelo» .« Questo lo spaventerà a morte» , concordo. « Proprio quello che vogliamo» .Cat tira un sospiro di sollievo. « Grazie, Karl. Non voglio guai, voglio solo

che…» .« Lo spaventi un pochino» , termina Karl. « Posso farlo, non preoccuparti» .« Sei un tesoro» , gli sorrido.« Nessun problema. Adesso, vorrei che , in cambio, tu facessi un favore a me» .Sogghigno. « Penso di aver già provveduto» .Indico alle sue spalle, dove Ruth e Anna stanno entrando a braccetto nel bar.

Ho chiesto loro di incontrarmi qui di proposito. Un’altra brillante idea.Quando lo vede, Ruth impallidisce, poi mi lancia un’occhiata, sapendo bene

che l’ho incastrata. Adesso dovrà dire a Anna di Karl, proprio come lui vuoleche faccia. Non c’è via di fuga. Mi sento un po’ crudele a fare questo, ma è a findi bene, lo so. Karl e Ruth sono perfetti l’uno per l’altra e Ruth non dovrebbevergognarsi che tutti sappiano di loro, compresa Anna.Karl spalanca gli occhi quando le scorge e vedo che le sue mani iniziano a

tremare un poco. Malgrado l’aspetto da duro, in fondo è un tenerone.Anna non batte ciglio quando lo vede. « Ciao, Karl» , lo saluta asciutta

squadrandolo. « Vedo che finalmente Ruth ti ha dato il permesso di uscire inpubblico, no?» .Accanto a lei, Ruth resta senza fiato.« Pensavate davvero di potermi tenere segreta la cosa?» , domanda Anna,

inarcando un sopracciglio. « Se scavalchi ancora quel muro, ti farai male, Karl» .Ruth e Karl si guardano e ridono imbarazzati.« Ti porto qualcosa da bere, Anna?» , propone Karl, alzandosi galantemente in

piedi.« Prendo uno sherry piccolo, grazie» , risponde lei, accettando il suo posto.« Andiamo» , dice Cat, alzandosi e guidando Karl e Ruth al bancone. « Questi

li offre la casa» .Anna e io restiamo sedute una di fronte all’altra.« Non è da te bere durante il giorno» , le dico affettuosamente.« Di solito non lo faccio. Ma oggi è un’eccezione» .« Come mai?» , le chiedo.Mi guarda negli occhi. « Ho scritto a Colin» .« Davvero?» . Questa notizia mi lascia di stucco. Era parsa così contraria

all’ idea di perdonarlo.« Sì, be’ , ci ho riflettuto e, pur non credendo di riuscire a perdonarlo in pieno,

volevo finalmente darmi una mossa. È un modo di dire moderno, così volgare,vero? Ma sai cosa voglio dire» .Le prendo una mano esile. « Capisco esattamente cosa vuoi dire. Penso che tu

sia fantastica» .« Oh, non essere sciocca» . Arrossisce. « Sei tu quella fantastica» .« Io? Cosa ho fatto?»« Be’ , chi altri si sarebbe messo a scavare così a fondo nella storia di Tatty? Sei

stata così determinata. Mi ha insegnato un paio di cosette, te lo dico. E io chepensavo di essere troppo in là con gli anni per imparare qualcosa di nuovo» .« Be’ , non ne sono così sicura…» , mormoro un po’ impacciata.« È la verità, Coco. Hai seguito il tuo cuore e ti ammiro moltissimo per questo.

Sei coraggiosa, in più di un senso» .« Non sono così coraggiosa» .« Sì che lo sei» , dice con fermezza. « E penso che dovresti esserlo ancora di

più» .« Cosa intendi?» . C’è un’espressione divertita adesso nei suoi occhi.« Be’ , cosa mi dici di questo bel Mac di cui Ruth mi ha tanto parlato?» .Il mio cuore fa un salto nel sentire il suo nome. « In che senso?»« Esattamente» , dice, rivolgendomi un sorrisetto mentre Ruth, Karl e Cat

tornano al tavolo con i drink.« Allora, Coco, cos’hai in mente di fare riguardo a questo James, adesso che è

all’estero?» , mi chiede Karl. Ruth deve averlo informato sugli sviluppi piùrecenti.« È un tale peccato» , sospira Ruth. « Voglio dire, non è che può andare fino in

Francia per parlargli» .« In realtà» , dico, gustandomi il momento che so imminente, « è proprio quello

che intendo fare» .« Cooosa?» . Ruth resta a bocca aperta.« Te la caverai con il negozio per un po’ , vero?» , le chiedo. Vuoto il mio

bicchiere di vino e lo poso con decisione sul tavolo. Prendo la mia borsa e netiro fuori un foglietto. « Credereste mai» , dico alle loro facce scioccate, « cheormai i biglietti aerei li fanno così? Porto semplicemente questo in aeroporto e,a quanto pare, mi fanno imbarcare sul mio volo per Parigi» .Silenzio totale. Mi sto divertendo un mondo.Cat è la prima a reagire. Rovescia la testa all’ indietro e ride. « Finalmente» ,

ansima, « Coco Swan inizia a vivere la vita di cui l’ho sempre creduta capace! Tiadoro per questo!» .La guardo ghignando.« Oh, ma, Coco… Parigi…» . Gli occhi di Ruth luccicano. Parigi ha sottratto a

lei la sua preziosa figlia, a me la mia amata mamma.

« Devo farlo, Ruth» , dico con semplicità guardandola negli occhi, desiderosache comprenda.« Lo vorrebbe anche Sarah, Ruth» , dice dolcemente Anna.« Lo so» , dice Ruth, appoggiandosi a Karl e sorridendomi debolmente. « Lo

so» .« Bene, allora, adesso che è deciso» , dico alzandomi in piedi, « io vado» .« Cosa? Così presto?» . Cat resta senza fiato, nuovamente scioccata.« Be’ , prima devo passare da una persona» , rispondo, sentendo un rossore

risalirmi sul collo.« Oh, mio Dio! Sta andando da Mac!» , esulta Cat, battendo le mani.« E brava Coco» , dice Anna. « Digli quello che provi. Chiedigli di uscire» .« Non ho intenzione di fare questo, Anna» , ribatto con fermezza.Attorno al tavolo, le loro espressioni si afflosciano un pochino.« Andiamo, Coco» , mi prega Cat. « Perché non…» .La interrompo. « Non andrò laggiù per chiedere a Mac Gilmartin un

appuntamento» . Infilo di nuovo il biglietto nella borsa e mi alzo. « Ci vado perbaciarlo a più non posso e comportarmi come un’oca fino a che me lo lasceràfare» .« Oh, Coco!» , urla quasi Ruth. « È la cosa migliore che tu mi abbia detto da un

sacco di tempo!» .Scoppiano tutti quanti a ridere e io contraccambio con un ghigno malizioso.

« Mac Gilmartin non capirà neanche cosa l’ha colpito» , dichiaro ed escoimpettita dal bar, con i loro fischi e le risate che mi risuonano nelle orecchie.

Capitolo 25

Sento danzare le farfalle nello stomaco mentre chiudo lo sportello dell’auto emi incammino sul sentiero di ghiaia all’esterno di Glacken House. Sento i canisul retro, perciò so esattamente dove si trova Mac. Spero solo che sia da solo,perché per quello che voglio dirgli non c’è bisogno di un pubblico. Girol’angolo ed eccolo, circondato dai cani uggiolanti, proprio come il giorno incui l’ho conosciuto.Horatio è il primo a vedermi e parte a razzo nell’erba. Per poco non mi fa cadere

quando mi balza addosso entusiasta.« Ciao» , ridacchio, mentre lo accarezzo e lui mi lecca ovunque arrivi. E poi alzo

lo sguardo… dritto negli occhi di Mac.« Cosa ti porta qui?» , mi chiede, rivolgendomi un largo sorriso.« Tu» , rispondo con semplicità.Passa un istante, durante il quale registra ciò che ho detto, ed ecco che sono

accanto a lui e ci stiamo baciando avidamente. È come se fossi sott’acqua,dimentica di tutto il resto. Le sue braccia sono attorno a me, poi le sue mani neimiei capelli, e mi sento trasportare in un posto dove non sono mai stata prima,un posto in cui voglio restare.« Wow» , ansima, quando finalmente riemergiamo per respirare.« Desideravo farlo dalla prima volta che ci siamo incontrati» , ammetto.« Anch’ io» , mi sussurra, il suo fiato sul mio collo, le labbra contro il mio

orecchio.« In realtà, se non ti dispiace, c’è parecchio altro che mi piacerebbe fare» , dico.

Mi sento le gambe molli mentre lui fa per baciarmi ancora.Allontana un po’ il viso e i suoi occhi mi scrutano. « Sul serio, Miss Swan?»« Sì» , rispondo ricambiando il suo sguardo, beandomi di lui, sentendomi

travolgere da un’ondata di desiderio così intensa che resto quasi senza fiato.« Sono una svergognata, sai» .« Ah!» , esclama, impassibile come sempre. « E io che pensavo fossi una brava

ragazza» .E a quel punto mi solleva da terra prendendomi tra le braccia e io mi sento la

ragazza più felice che esista.

« Be’ , questo sì che è stato inaspettato» , dice Mac qualche ora dopo.

Siamo nel suo grande letto ed è tantissimo tempo che non mi sento così felice.Venire qui e rendere palesi i miei sentimenti per lui è stata l’ idea migliore cheabbia mai avuto. Ancora non riesco a credere di aver avuto il fegato di fare laprima mossa, ma sono contenta di averlo fatto. E adesso eccomi qui, nudaaccanto a lui e neanche imbarazzata. È come se fossi un’altra me stessa,interamente nuova.« Già» , concordo, arricciando gli alluci attorno ai suoi e raggomitolandomi

nell’ incavo del suo braccio. È l’ incastro perfetto. « Non credo che mi ritenessi iltipo che si presenta alla tua porta e ti porta a letto» .« No, assolutamente» , risponde. Si issa su un gomito e mi guarda dall’alto con

i caldi occhi quasi neri. « Non che mi stia lamentando» .« Lo spero proprio» , dico con una risatina sommessa. « A ogni modo, ho fatto

la prima mossa perché tu eri troppo gentiluomo per farla» .« In che senso?»« Nel senso che non c’era nessun ricovero per cani dalle parti di Port-on-Sea,

vero? Te lo sei inventato» .« Sgamato» , ammette. « Un uomo deve fare quello che deve. Quindi la domanda

è: Coco Swan, cosa si fa adesso?» .Adesso le sue dita mi stanno sfiorando la pelle dell’ interno coscia e il suo

tocco mi fa fremere di piacere. C’è elettricità tra di noi, una cosa che non ho maiprovato prima d’ora.« Be’ , non sarò disponibile per un paio di giorni. Vado a Parigi» , rispondo

altezzosa.« Oh, ma davvero? Chissà perché la cosa non mi sorprende» .« Devo seguire la storia» . Mi stringo nelle spalle.« Ti va un po’ di compagnia?» , chiede. « Sono un “ risolvi-casi” provetto,

ricordi?»« Grazie, Mac, ma non stavolta, scusa» , dico in tono di rimpianto. « Mi

piacerebbe moltissimo, ma…» .« Questa è una cosa che devi fare da sola?»« Sì» , annuisco. « Vedi, so che mia madre avrebbe voluto così» .« Ho capito. Quella vocina interna ti sta parlando?»« Ce l’hai anche tu?» , gli sorrido.« Oh, certo» , replica. « Ce l’hanno tutti, credo. Il trucco è darle ascolto… si

sbaglia di rado» .« È quello che spero» . Gli accarezzo la guancia, gustandomi il fatto di essere lì

con lui.

« Ma torni, vero? Non scomparirai oltre l’orizzonte?» , mi chiede. Abbassa lelabbra sulla mia clavicola, continuando a guardarmi negli occhi.Mi appoggio al cuscino e sospiro di piacere, crogiolandomi nel suo tocco.

« Oh, sì, tornerò sicuramente. Puoi contarci. Sono una pantofolaia, ricordi?»« È un’ottima cosa. Perché io ti aspetterò» .E allora chiudo gli occhi, persa di nuovo sotto le sue carezze.

Capitolo 26

Boutique di Chanel, 31 rue Cambon.Non riesco a credere di essere finalmente a Parigi, davanti all’emblematico

negozio di Chanel. Questo era il reame di Chanel, il suo regno e, per quantopossa sembrare strano, riesco a sentire il suo spirito nell’aria. È qui che fu creatala bellissima borsa di Tatty. È anche dove Tatty e il suo amante sposatopassarono una magica serata in compagnia di Chanel, il weekend in cui suofiglio fu concepito. È qui che iniziò la storia di James.Stasera non porto i miei sciatti jeans e i fidi stivaletti. Per l’occasione, ho

indossato invece un vestitino nero. Le preziose perle di mia madre sono attornoal mio collo e l’adorata borsa Chanel di Tatty mi adorna il braccio. È una cosaportentosa, ma stando qui, in questa città esotica, incredibile, così piena di lucee mistero, mi sento vicina a entrambe… a Tatty e a mia madre. Entrambepassarono del tempo qui. Entrambe amavano Chanel. È come un meravigliosocerchio della vita, per quanto trito possa suonare.Detesto lasciare questo posto, ma è tempo di andare. Volto le spalle al negozio

Chanel e mi affretto verso la mia destinazione lungo le stradine pavimentate aciottoli. È quasi mezzanotte e non posso fare tardi, stasera tra tutte le sere.

La caffetteria all’angolo è calda e invitante, con un seducente aroma di caffètostato. Ne ordino uno e mi siedo vicino alla finestra. Mi guardo attorno,chiedendomi se mia madre sia mai stata qui. È nei pressi di dove fu investita. Èper questo che l’ho scelto. Stando qui, vicino a dove ha esalato il suo ultimorespiro, mi fa sentire molto più in contatto con lei. Non mi meraviglia che amassecosì tanto Parigi: tutto nella città è magico. Sarei dovuta venirci molto prima, loso, perché solo trovandomi nella sua amata Ville Lumière riesco ad accettare lasua morte come non avevo mai fatto. Mentre bevo il caffè, mi guardo intorno. C’èuna vecchia foto appesa alla parete sopra di me che raffigura un fornaio, lebraccia conserte e l’espressione al tempo stesso arrogante e fiera. Deve esserestato il precedente proprietario della boulangerie, prima che questo postodiventasse la piccola caffetteria chic che è oggi. Per quanto ne so, mia madrepotrebbe aver comprato qui ogni giorno la sua baguette… quel fornaio potrebbeperfino averla conosciuta. L’ idea mi scalda dentro. Non sono affatto triste neltrovarmi qui, come temeva Ruth. Sono contenta. Sto facendo quello che mia

madre avrebbe voluto che facessi.Questa sera è stata indimenticabile in più di un senso. Lo spettacolo al La

Salle Pleyel, in rue du Faubourg Saint-Honoré è stato incantevole. Non sonoriuscita a distinguere James nell’orchestra, naturalmente, perché sul palcoc’erano moltissimi musicisti, ma il solo stare seduta nel pubblico, godendomil’atmosfera e ascoltando la musica, è stata un’esperienza elettrizzante. Nonavevo mai assistito prima all’esibizione di un’orchestra e mi è piaciuto davverotanto.Tengo tra le mani la tazzina e aspiro l’ intenso aroma, chiudendo gli occhi per

un istante, pensando a come è stato perdersi in quel momento, quando la musicami ha travolta e portata via.Quando riapro gli occhi, un uomo è in piedi davanti a me, con una custodia di

violino sotto al braccio. Indossa un pesante cappotto nero e formali scarpe divernice nera. Ha il volto parzialmente nascosto dalla spessa sciarpa di lanabianca avvolta attorno al collo, ma i suoi occhi sono indagatori mentre misquadrano. Capisco all’ istante che questo è James Flynn, Duke Moynihan:quelli sono gli occhi di Tatty, gli occhi che brillavano così pieni di vita sullaparete del camerino di Bonnie a Farringdon.« James?» , chiedo alzando lo sguardo su di lui.« Coco?» , domanda a sua volta.Annuisco e lo invito a sedersi. Incredibile a dirsi, adesso che finalmente è qui,

sono del tutto calma. Sembra destino.« Grazie per aver accettato di incontrarmi» , gli dico. « Sono certa che deve

averla ritenuta una richiesta bizzarra» .Quando avevo lasciato il messaggio per lui all’ ingresso degli artisti prima

dell’esibizione, non ero certa che si sarebbe presentato all’ incontro con unasconosciuta. Mi ero limitata a sperare che quanto gli chiedevo fosse sufficiente astuzzicare la sua curiosità.« Be’ , era un messaggio intrigante» , replica, inarcando un sopracciglio. « Come

potevo rifiutare?» .Intercetta lo sguardo di un cameriere. « Un grand café, s’il vous plâit,

monsieur» .« Lo spettacolo è stato meraviglioso» , dico. « Mi ha estasiata» . Non è altro che

la verità.« È molto gentile. Il Salle de Pleyel è uno dei miei posti preferiti in Europa, a

dire il vero, perché l’acustica è incredibile. È sempre un enorme onore

esibirvisi» .Il cameriere dalla faccia giallognola gli posa un caffè davanti e va via, come se

percepisse che abbiamo qualcosa di importante di cui parlare.« Allora, mademoiselle Coco. Vuole dirmi perché mi ritrovo seduto con una

compatriota irlandese in un caffè parigino a mezzanotte passata?» .Lo guardo negli occhi, così simili a quelli di Tatty.« Riguarda sua madre» , dico.La sua espressione cambia all’ istante, così come l’atmosfera tra di noi.

« Intende la mia madre biologica?» , domanda. È come se non fosse minimamentesorpreso, come se aspettasse da tantissimo tempo di avere sue notizie.Annuisco, sollevata che sappia almeno questo. « Sì» . Metto sul tavolo la borsa

di Tatty e la lettera che gli scrisse. « Queste erano sue» , dico con semplicità.« Sono qui per consegnarle a lei» .Allunga le mani su entrambe e le sue dita da violinista accarezzano la borsa

con così tanta cura ed emozione che penso possa mettersi a piangere. Poi apre lalettera e inizia a leggere. Lo spazio tra di noi è ancora immoto e silenziosomentre lo fa.« Ho bisogno di spiegarle come le ho avute» , gli dico quando finisce. Ha gli

occhi lucidi.« C’è tempo per quello» , replica con la voce strozzata dall’emozione. « Sono

così felice che abbia fatto la fatica di cercarmi per darmele» .Mi sento gonfiare il cuore dalla gioia. Non avrei potuto sperare in una reazione

migliore. Se Tatty sta guardando, so che anche il suo cuore starà traboccando.Gli sorrido riconoscente. « Temevo che potesse esserne scioccato, ferito o

arrabbiato. Sono così felice che non lo sia» .« Non so dirle quanto significhi per me» , dice, con la tazza di caffè che gli trema

nella mano. « È tutta la vita che aspetto di sapere qualcosa della mia madrebiologica. Avevo rinunciato a sperare che sarebbe mai successo. Nonconoscevo neanche il suo nome» .Gli prendo una mano. Anche se non ci siamo mai incontrati, questa potente

vicenda e le emozioni che suscita hanno subito stabilito una connessione tra dinoi.« Il nome di sua madre era Tatty Moynihan» , dico, « e portò ovunque quella

lettera con sé, dal giorno della sua nascita a quello in cui lei morì» .« Tatty Moynihan» , dice, come se si stesse provando quel nome. « La

conosceva?»« No» , scuoto la testa, « ma ho incontrato persone che la conoscevano. Ho

avuto l’ impressione che fosse stata una donna fantastica, dal talento musicalecome lei» .« Davvero?» . Mi guarda negli occhi. « I miei genitori adottivi erano

agricoltori e, sa, ho sempre pensato di aver ereditato la musica da quellibiologici» .« Be’ , aveva una bellissima voce. Posso farle ascoltare un suo disco» .Ho fatto un CD della registrazione di Tatty e ce l’ho con me. Ne ho già

mandato una copia via e-mail a Mary Moore a Dublino e a Bonnie Bradbury aLondra, per ringraziarle di avermi aiutata.« Non riesco a crederci» . Scuote la testa. « Ho passato la vita a farmi domande

su di lei e adesso è come se finalmente fosse venuta a cercarmi. Grazie, Coco» .Guardo la sua gioia e la provo anch’ io. « So cosa intende» , sussurro. « Le

madri hanno l’abilità di accorrere quando più abbiamo bisogno di loro» .Ci abbracciamo al di sopra del tavolino, entrambi con il viso rigato di lacrime.

Avverto lo sguardo incuriosito del cameriere. Non sembra affatto scioccato divedere due adulti piangere apertamente. Ma, d’altronde, questa è Parigi, la cittàdei sentimenti.« Abbiamo un sacco di cui parlare» , dico mentre mettiamo fine all’abbraccio.

« Forse dovremmo ordinare un altro caffè» .« Lascia perdere il caffè» , dice ridendo. « Ho bisogno di un cognac» .

Il mattino seguente, James e io passeggiamo sottobraccio lungo la Senna.Abbiamo parlato fino a notte fonda, eppure sembra esserci ancora molto da dire.« Allora, verrai a Dronmore?» , gli chiedo. Mi appoggio a lui percorrendo il

sentiero ghiacciato, con il fiato che si condensa in nuvolette mentre camminiamoe parliamo.L’ho invitato a fare visita allo Swan’s la prossima volta che sarà in Irlanda.

Abbiamo parlato a lungo del negozio ieri sera, di quanto lo ami, dei progetti edei sogni che ho a riguardo. Ascoltare James parlare delle proprie passioni, miha ricordato la passione per il mio lavoro e mi sento stimolata a portare con meallo Swan’s lo spirito unico di Parigi. Ho già deciso di girare alcuni mercatimentre sono qui, creare nuovi contatti e individuare nuovi posti in cuirifornirmi. Sto perfino pensando di mettere su un negozio online che vendapezzi francesi, insoliti e particolari. All’ improvviso mi sento come se tutto fossepossibile e mi elettrizza la prospettiva di quello che il futuro potrà portare,quale direzione prenderà la mia vita. Non riuscirei mai a essere una veragiramondo come mia madre, sono decisamente più una pantofolaia, come ho

detto a Mac, ma posso comunque attingere al mio lato avventuroso, soprattuttoadesso che ho scoperto quanto può essere divertente.« Prova solo a impedirmi di venire a trovarti» , ridacchia James. « Voglio

conoscere tutti quanti, tutti i fantastici amici e famigliari di cui mi hai parlato» .« E tu suonerai il violino per noi? Ti esibirai allo Swan’s, in mezzo alla

confusione?»« Certamente» , annuisce con fare galante. « Devi promettere di portare anche

Mac. Voglio conoscere l’uomo che adesso vive a Glacken. Ho tanti ricordi felicidegli anni passati lì» .« Lo farò, promesso» , dico, adorando l’ idea. Non vedo l’ora di rivedere Mac e

dirgli dei miei grandiosi progetti.Ci fermiamo a guardare insieme l’acqua scura, con la gelida brezza sul viso.« È una città così bella, vero, James? Non mi sorprende che mia madre la

amasse» .« Ma deve essere anche triste per te trovarti qui» , dice lui in tono sommesso.Gli ho parlato di mia madre, dell’ incidente e di come la sua amata Parigi abbia

infine reclamato per sé la sua vita.« Lo è, da un certo punto di vista. Ma, da un altro, è stato davvero…

liberatorio» .« Sono così contento che tu mi abbia cercato, Coco» , dice. « Non so dirti

quanto» .« Anch’ io» . Gli sorrido.Infila la mano nella tracolla portaspartiti che ha sulla spalla e ne tira fuori la

Chanel di Tatty. « Questa è tua» , dice, porgendomela.« Oh, no. Appartiene a te, James. Tua madre avrebbe voluto che l’avessi tu» .« No» . Scuote la testa energicamente. « Questa borsa ha il tuo nome sopra,

Coco. Tatty avrebbe voluto che l’avessi tu, ne sono certo. L’avrebbero volutoentrambe le nostre madri» .Me la passa e la stringo al petto, annusandone lo speciale profumo, il lieve

aroma di lavanda.« Grazie» , gli dico semplicemente, troppo sopraffatta dall’emozione per

riuscire a dire altro.« È un piacere» . Mi rivolge un sorriso caloroso. « Sono stato già abbastanza

fortunato da ricevere una lettera da mia madre quando meno me lo aspettavo.Vorrei che fosse successo anche a te» .Gli sorrido anch’ io, sapendo dentro di me che anch’ io sono stata fortunata.

« Questa borsa è stata la mia lettera, James. Mi ha dato tutto ciò di cui avevo

bisogno» .Annuisce, come se capisse cosa intendo. « Sai quando hai detto che pensavi

fosse stata tua madre a mandartela, Coco?»« Sì?»« Cosa pensi stesse cercando di dirti?» .Guardo la Senna, gli eleganti palazzi di Parigi, i ponti che si curvano

sull’acqua, congiungendo la città in tutte le sue parti. Guardo la curva dellastrada su cui ci troviamo, la promessa di quello che potrebbe esserci dietrol’angolo. Sto sorridendo perché non posso farne a meno, perché a casa Mac mista aspettando. Sorrido perché sono talmente felice che potrei scoppiare.« Penso…» , dico, « che volesse dirmi che era ora di iniziare a vivere» .

Dublino, maggio 2012

La mano di Tatty tremava mentre stringeva la penna. Ultimamente scrivere erasempre più difficile, ma era determinata a farlo, adesso più che mai.Era stata l’ infermiera a farla decidere. Mary Moore. Oh, sì, si presentava come

una tosta, con quei modi di fare dispotici, ma sotto sotto era morbida come ilburro. Tatty ridacchiava ancora tra sé quando ricordava il suo colloquio dilavoro. Mary l’aveva rimproverata per il fatto di vivere in una casa tantoimponente, affermando che le scale erano davvero troppo per una vecchina comelei. Aveva fatto talmente colpo su Tatty da spingerla ad assumerla su due piedi.Le ricordava un po’ la sua vecchia amica di Londra, Bonnie Bradbury: avevaesattamente il medesimo atteggiamento volitivo. Povera Bonnie. Si sentiva incolpa per averla tenuta a distanza, ma non poteva correre il rischio che lavecchia amica potesse dissuaderla dalla sua ultima decisione. Bonnie era sempredalla sua parte, lo era sempre stata, ma c’era la possibilità che non ritenessemolto brillante quello che aveva in mente di fare. No, magari adesso nonl’avrebbe compreso, ma in futuro sì, Tatty lo sapeva.Tatty sapeva anche che non avrebbe avuto bisogno di Mary ancora per molto.

Era già bloccata sulla sedia a rotelle. Era ora di organizzarsi.Prese di nuovo la penna e iniziò a scrivere le istruzioni per il suo avvocato,

Dermot Browne. Era un tanghero arrogante, ma avrebbe eseguito i suoi ordinialla lettera e questo era tutto ciò che importava.Metà del suo patrimonio sarebbe andato all’ente benefico che si occupava

delle madri single. Ormai le cose erano diverse, certo: un sacco di bambininascevano senza che i loro genitori fossero sposati e non si sentiva parlare diadozioni forzate, per fortuna. Tuttavia, il denaro avrebbe fatto loro comodo.L’altra metà sarebbe andata all’ente che sosteneva coloro che non avevano

tracce documentate della propria adozione ma volevano a tutti i costi scoprire lapropria storia. C’erano così tante persone là fuori che non avevano idea di qualefosse la loro provenienza. Il denaro sarebbe stato utile.Dopotutto, come Mary Moore le aveva ricordato quello stesso giorno, le cose

materiali erano solo quello, ovvero cose. Non poteva portarle con sé. Invece, lacasa e quello che conteneva avrebbero fruttato una bella sommetta per chi neaveva bisogno e quel pensiero rendeva Tatty molto felice.La intristiva solo lasciare l’amata borsa di Chanel. Aveva significato così

tanto per lei per moltissimo tempo. Doveva fare in modo che non venissevenduta a qualche boriosa collezionista che non l’avrebbe stimata per quelloche valeva davvero. Sapeva già cosa ne avrebbe fatto.La decisione era presa. L’avrebbe messa in uno scatolone di cianfrusaglie

senza valore e mandata a una piccola casa d’aste, con il lavamani in marmo che lericordava quello nel magnifico salon di Chanel in rue Cambon. Se chiudeva gliocchi, riusciva ancora a vedere il vaso di lavanda essiccata che vi era posatosopra quell’ indimenticabile weekend, il weekend in cui il suo adorato Duke erastato concepito. Prima di lasciare il salon, ne aveva infilato un ramoscello nellaborsa, per conservarlo per sempre. Si era sbriciolato dissolvendosi nel corsodegli anni, naturalmente, ma il profumo persisteva, ricordandole tutto ciò cheaveva vinto e perduto.Avrebbe lasciato dentro la borsa la lettera scritta a Duke tutti quegli anni

prima. Non riusciva a spiegare quella decisione, neanche a se stessa, ma inqualche modo la borsa e il figlio erano così legati nella sua mente che lesembrava impossibile separarli.Se avesse detto a qualcuno cosa aveva intenzione di fare, l’avrebbero

considerata una vecchia matta: lasciare una borsa di valore in fondo a unascatola di ciarpame… Tatty sorrise tra sé. Aveva imparato un paio di cosette nelcorso della vita e una era fidarsi di ciò che andava al di là di noi. Avrebbeaffidato questa borsa, questa lettera, al destino. Non sapeva chi avrebbe trovatola borsa né dove alla fine sarebbe finita, ma qualcosa le diceva che Coco Chanell’avrebbe guidata fino alla sua legittima proprietaria, una donna che l’avrebbetenuta cara altrettanto quanto lei. La storia della borsa non era finita, anche se lapropria era quasi al termine.Posata la penna, Tatty guardò fuori dalla finestra la strada sottostante e si

ricordò di come il suo bellissimo bambino avesse dormito tra le sue braccia perquelle otto brevi, squisite, dolorose ore. Erano state le ore più corte e preziosedella sua vita, il punto centrale della sua intera esistenza. Suo figlio, il bambinoche non aveva visto diventare un uomo, aveva capito di essere amato durante ilbreve tempo passato insieme, di quello ne era certa. Poteva solo sperare che ilproprio amore di madre fosse durato per tutta la sua vita e che, in qualche modo,lui potesse ancora sentirlo, ovunque si trovasse.

[1] Programma televisivo britannico in cui alcuni esperti antiquari, viaggiando per ilRegno Unito, stimano gli oggetti proposti dalla gente del luogo (n.d.t.).

[2] Esploratore e cacciatore statunitense dell’Ottocento al quale sono state ispirate diverseopere e una serie TV (n.d.t.).

Indice

CoverCollanaColophonFrontespizioDedicaParigi, novembre 1993Capitolo 1Capitolo 2Capitolo 3Capitolo 4Capitolo 5Capitolo 6Capitolo 7Capitolo 8Capitolo 9Capitolo 10Capitolo 11Capitolo 12Capitolo 13Capitolo 14Capitolo 15Capitolo 16Capitolo 17Capitolo 18Capitolo 19Capitolo 20Capitolo 21Capitolo 22Capitolo 23Capitolo 24

Capitolo 25Capitolo 26Dublino, maggio 2012