Suoni silenti. Immagini e strumenti musicali del Civico Museo Archeologico di Milano

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IMMAGINI E STRUMENTI MUSICALI DEL CIVICO MUSEO ARCHEOLOGICO DI MILANO

Transcript of Suoni silenti. Immagini e strumenti musicali del Civico Museo Archeologico di Milano

IMMAGINI E STRUMENTI MUSICALIDEL CIVICO MUSEO ARCHEOLOGICO

DI MILANO

CIVICO MUSEO ARCHEOLOGICODI MILANO

Corso Magenta 15

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IMMAGINI E STRUMENTI MUSICALIDEL CIVICO MUSEO ARCHEOLOGICO

DI MILANO

20 aprile 2011 - 10 giugno 2012

A cura diRaffaella Viccei

Redazione dei testi e selezione dei materialiRaffaella Viccei

GraficaSilvestro Bini, Edizioni ET

Fotografie dei materiali Archivio fotografico del Civico Museo Archeologico;Studio Fotografico Giuseppe Giudici

Traduzioni in ingleseVirginia M. Ridsdale

Stampe digitaliGlobal Pubblicità

Collaborazione tecnica all’allestimentoClaudio TerniSalvatore ScarpaciSabrina Gandini

Si ringraziano per la preziosa consulenza scientificaSabrina Ceruti (consulente per la Collezione Egizia del Civico Museo Archeologico di Milano)Roberto Melini (Università degli Studi di Trento)Eleonora Rocconi (Facoltà di Musicologia di Cremona -Università degli Studi di Pavia)

In copertina: cat. n. 17; sul retro cat. n. 3

Realizzazione editoriale Edizioni ET, Milano© Comune di Milano 2011

Civico Museo Archeologico

Direttore Settore MuseiClaudio Salsi

Conservatore ResponsabileCivico Museo ArcheologicoDonatella Caporusso

Introduzione

Le musiche dei Greci

I Greci: la riflessione teorica sul suono e la notazione musicale

Apollo e le competizioni musicali

Dioniso e la musica. Il culto, il teatro e il simposio

Tra Greci e Romani. L’originale mondo della musica etrusca

La musica multietnica della Roma imperiale

La musica cultuale. Le tibiae

L’orizzonte sonoro dei culti stranieri. Iside

L’orizzonte sonoro dei culti stranieri. Cibele

I luoghi della musica in età imperiale: il teatro e l’odeon

Catalogo

Glossario

Bibliografia

Tavole a colori

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SOMMARIOSOMMARIO

“Quasi non sappiamo più quanto profondamente la musica permeasse ogni aspetto della vita pub-blica e privata dei Greci; quasi abbiamo dimenticato che le tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripideerano drammi in musica, e che quando leggiamo Pindaro e gli altri poeti lirici dobbiamo im-maginare i loro testi non “accompagnati” dalla musica, ma intrisi di musica, pensati con la musicae per la musica… Il potere della musica nella città greca era ritenuto così grande, che i diversigeneri della musica furono non solo codificati, ma anche associati a valori etici e civici che si ri-tennero costitutivi della natura stessa del cittadino, della vita associata nella polis, del rapportofra le varie generazioni all’interno della società”.

Salvatore Settis, La musica perduta dei Greci

Fotografia di scena dell’Orfeo di Monteverdi, regia di Robert Wilson, Milano, Teatro alla Scala, 2010.

L’entità e la vastità dell’impiego della musica presso le civiltà antiche è innegabile: la musica,strumentale e vocale, scandiva i principali momenti della vita comunitaria (celebrazioni sacre,cerimonie politiche, eventi culturali) e privata (nozze, funerali, simposi) e ad essa era rico-nosciuto potere psicagogico e terapeutico.Le fonti per conoscere i significati della musica antica e per rilevarne le connessioni con lediverse forme del vivere sono soprattutto di tipo iconografico (immagini su vasi, rilievi, af-freschi, mosaici) e storico-letterario. Pochi sono, invece, i resti di strumenti musicali e quasitotale la scomparsa delle partiture.Suoni silenti si propone di ricostruire, attraverso iconografie e resti di strumenti musicali con-servati presso il Civico Museo Archeologico di Milano, i principali ruoli e significati dellamusica nel mondo greco, etrusco e romano e intende ripercorrere, con una prospettivamusicale, aspetti della dimensione religiosa, sociale, politica e culturale di queste anticheciviltà.L’ouverture è affidata alla musica dei Greci che viene analizzata nei suoi fondamentali li-neamenti storici, teorici e strumentali e nella sua configurazione mitologica rappresentatada Apollo e da Dioniso, ricca di interessanti stratificazioni semantiche che vengono effica-cemente comunicate dalle immagini dei vasi attici e magnogreci esposti. Il percorso continua con la musica degli Etruschi che ha restituito tracce di un orizzontesonoro di indubbia originalità, al quale i Romani attinsero non meno che al mondo mu-sicale dei Greci. La parte conclusiva è dedicata alla musica romana, con specifica attenzione a quella di etàimperiale (I-IV secolo d.C.). Ad un inquadramento generale, nel quale si pone in risalto ilcarattere multietnico delle sonorità di Roma e delle province, segue un approfondimentosulle musiche dei culti della tradizione e stranieri i quali, pur integrati nel sistema religiosoromano, hanno conservato caratteristiche indigene soprattutto nel suono. La musica si è imposta come forma di comunicazione dominante nel teatro: in questo e neglialtri edifici da spettacolo ha saputo riflettere al meglio la composita realtà etnica e cul-turale dell’impero romano.

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“Volgendo spesso la mente qui, ti ritenevasimile a una splendida dea e gioiva, piùdi ogni altra cosa, della tua “molpé” -della tua musica, del tuo canto e della tuadanza -: ma ora spicca tra le donne diLidia come talvolta, quando il sole è tra-montato, risplende la luna dalle rosee dita,vincendo tutte le stelle”.

Saffo fr. 96 Voigt, 2-9

1. I poeti Saffo e Alceo (VII-VI secolo a.C.) con ilbárbitos, strumento dai lunghi bracci e dalle lunghecorde che produceva suoni gravi, usato spesso peraccompagnare la lirica monodica eolica, di cui idue poeti furono i massimi esponenti; kàlathosattico a figure rosse; Pittore di Brygos; da Agri-gento; 480-470 a.C.; Monaco, Staatliche Antiken-sammlung und Glyptotek.

luogo d’origine, come il nómos eolico, chepredeva il nome dall’Eolia, e quello beoticodalla Beozia, rivelando l’importanza delletradizioni musicali regionali nella musicagreca. Dalla metà del V secolo a.C. moltedi queste regole non furono più rispettate. La musica cominciò a svincolare il proprioil ritmo da quello poetico, acquisì autonomiae libertà espressiva e ciò anche per l’impulsodelle sinuose melodie asiatiche o provenientida zone ad esse limitrofe (ionica, lidia, frigia),diverse da quelle austere e solenni della tra-dizione (dorica, eolica), e sotto lo stimolodi strumenti orientali come le arpe.La “nuova musica” si espresse pienamentenel ditirambo e nel canto monodico ac-compagnato dalla cetra. Con essa sorse l’ideache la musica avesse, oltre alla funzioneeducativa e intellettuale, anche quella di di-vertimento, riconosciutale dallo stesso Ari-stotele.

La trasgressione delle strutture melodichetradizionali (nómoi) era punita per leggepoiché esse dovevano restare immutate perla loro natura rituale. Venivano infatti ese-guite negli agoni religiosi, come le feste Pi-tiche in onore di Apollo, con il solo stru-mento, aulós o kithára (nómos auletico o ci-taristico), o da un cantore accompagnatodalla musica strumentale (nómos aulodico ocitarodico).

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La mousiké téchne, l’“arte delle Muse”, eral’armonico insieme di musica, poesia e danzache per i Greci costituì, fin dall’età arcaica(VIII-VI secolo a.C.), lo strumento fonda-mentale per diffondere e trasmettere ilsapere, con il fine ultimo di formare il cit-tadino. La musica era elemento caratterizzante dinumerose forme di poesia in rapporto alladestinazione e all’occasione della perfor-mance. La lirica, poesia intonata principalmente alsuono della lýra e degli strumenti a corda,era affidata a un solo esecutore (lirica mo-nodica) (fig. 1), in contesti élitari come ilsimposio, o a un coro (lirica corale), in ce-lebrazioni pubbliche, quali le feste religiose,e in occasioni della vita sociale. Tra i generi della lirica corale spiccano gliinni religiosi ad Apollo, il peana, e aDioniso, il ditirambo, accompagnati l’unodalla cetra, l’altro dall’aulós (strumento afiato a doppia ancia, simile all’oboe mo-derno) (fig. 2). Il canto corale dionisiaco,dalla metà del VI secolo a.C., fu al centrodi riforme rilevanti che portarono in modoprogressivo ad una sua laicizzazione e mo-dificarono sensibilmente le strutture melo-diche della tradizione musicale greca. Queste, dette nómoi (leggi), erano regola-mentate da norme ferree nell’intonazione enell’andamento ritmico. Ogni nómos avevauna propria armonia, era denominato inbase al ritmo, alla destinazione sacrale o al

LE MUSICHE DEI GRECILE MUSICHE DEI GRECI

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2. Processione introdotta dal suono del doppio aulós in onore di Dioniso-Sabazio e Cibele, raffigurati al-l’interno di un tempio. L’aulós accompagnava soprattutto i canti corali, tra cui quelli eseguiti nelle proces-sioni al tempio (prosódia), nelle cerimonie nuziali, funerarie e nelle rappresentazioni teatrali; cratere avolute attico a figure rosse; gruppo del Pittore di Polignoto; da Spina; seconda metà del V secolo a.C.; Ferrara,Museo Archeologico Nazionale.

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mento che trovò la massima espressionenella figura mitica di Orfeo (fig. 3).

Il genere citarodico si sviluppò più deglialtri perché la sua articolazione in struttureritmiche che si richiamavano e in altre libereda responsione - libere cioè da vincoli di‘ripetizione’ ritmica - permise sperimenta-zioni che portarono il canto solistico ad af-fermarsi su quello corale. Figura chiave nellariforma di questo nómos fu Timoteo diMileto (450-360 a.C.).I cambiamenti avvenuti nelle musiche deiGreci furono oggetto, nel IV secolo a.C., diriflessione filosofica e Platone e Aristotelerappresentano i due diversi orientamentirispetto ad essi: ostilità da una parte,apertura dall’altra, atteggiamento, questo,che si inquadra nel pensiero aristotelico se-condo il quale la musica è medicina perl’anima perché la purifica, la libera dal-l’emozioni incontrollate e malsane. Tale concetto era già probabilmente pre-sente in ambiente pitagorico sin dalla tardaetà arcaica e fu ripreso in piena età classica(V secolo a.C.) nella cosiddetta teoria del-l’éthos (carattere, disposizione d’animo) mu-sicale, per la quale ogni tipo di musicapoteva influenzare l’animo e determinare icomportamenti umani. La melodia dorica- dei Dori - era, ad esempio, in grado di ri-produrre un éthos pacato, quella frigia - deiFrigi - un éthos passionale; questa capacitàmimetica della musica produceva unanalogo stato d’animo e un simile modo dicomportamento nell’individuo e nella col-lettività, dunque anche nella dimensionepolitica. Questo potere non era il solo ascri-vibile alla musica: essa, vocale e strumentale,possedeva un’innegabile forza d’incanta-

Scrive Platone (Leggi III 700) sulle ri-forme musicali del V-IV secolo a.C.:“Prima non era consentito usare in modoarbitrario una melodia al posto di un’altra.Poi vennero alla ribalta alcuni poeti,dotati indubbiamente di talento, ma chenon capivano niente di leggi e di regoleche, presi da una frenesia bacchica eguidati più del lecito dal puro piacere,mescolando thrénoi” (forma letterariadelle lamentazioni funebri) “a inni e di-tirambi e imitando l’aulodia nella cita-rodia, rovinarono la musica, non percattiva volontà, ma per ignoranza”

I Pitagorici “giunta l’ora di andare adormire purificavano la mente dagli echidei turbamenti del giorno per mezzo dicanti e di melodie particolari, e in talmodo procuravano un riposo sereno …Aquanto dicono, certe volte guarivanoalcuni stati d’animo patologici attuandoveri e propri incantamenti, ed è verosimileche da questo sia entrato nell’uso il termine“epodé” -incantamento-”

Giamblico La vita di Pitagora 114

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3. Orfeo incanta con la lýra i Traci che ascoltano estasiati; cratere a colonnette attico a figure rosse; Pittoredi Orfeo; da Gela; 450 a.C.; Berlino, Staatliche Museen.

Orfeo

Orfeo era il celeberrimo musicista originario della Tracia che, secondo una delle più note tra-dizioni mitologiche, ricevette in dono da Apollo la lýra con la quale, dopo averne appreso l’artedalle Muse, riuscì a produrre straordinari incantamenti. Grazie al suono di questo strumento eal canto, Orfeo indusse alberi e pietre a muoversi, fiumi a fermare il loro corso, belve ad ascol-tarlo placidamente. Con la sua musica melodiosa convinse Ade, signore dell’aldilà, a far tornarein vita Euridice, sua sposa, a patto di non voltarsi a guardarla prima di uscire dall’oltretomba.Contravvenendo a questo divieto, Orfeo perse per sempre Euridice e da allora divenne nemicodelle donne. Contro di lui si scagliarono perciò le donne della Tracia, adepte di Dioniso che,durante una festa per il dio, smembrarono il corpo del musico.

monizzata è formata da suoni consecutivi,requisito basilare per il musico era la me-moria, necessaria per mettere in relazione isuoni passati con i presenti e ricostruirne lascala di appartenenza. Il sistema scalare di Aristosseno divenne ilsistema musicale greco per antonomasia.Nella teoria musicale aristossenica, la scaladi base era il tetracordo, una successione diquattro suoni, dei quali il più grave (hypáte)e il più acuto (mése) erano posti a un in-tervallo di quarta (due toni e un semitono).Questi suoni estremi erano fissi, quelli in-termedi, mobili, poiché la loro intonazionevariava in base ai generi del tetracordo:l’enarmonico, il cromatico, il diatonico, ca-ratterizzati da intervalli diversi. I tetracordi,

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I GRECI: LA RIFLESSIONE TEORICA SUL SUONOI GRECI: LA RIFLESSIONE TEORICA SUL SUONOE LA NOTAZIONE MUSICALEE LA NOTAZIONE MUSICALE

Nel VI-V secolo a.C. i Pitagorici e gli “ar-monici”, musicisti di professione con velleitàdi teorici, affrontarono la musica anche dalpunto di vista speculativo, interrogandosisulla configurazione di suoni e scale (fig.4): i Pitagorici partendo da un’idea mate-matica del suono, gli armonici dall’espe-rienza sensibile-uditiva.Solo tra il 350 e il 300 a.C. si potè parlaredi indagine teorico-musicale in terminiscientifici e questo grazie al filosofo Ari-stosseno di Taranto, il fondatore dellascienza armonica. Essa doveva essere guidatada orecchio e intelletto ed era costituita dasette parti: i generi, i suoni, gli intervalli, lescale, le tonalità, le modulazioni, la com-posizione melodica. Poiché la melodia ar-

La posizione di Aristosseno rispetto al dibattito sollevatosi, in campo musicale, attornoal primato della ragione sulla percezione o viceversa è espressa con chiarezza da alcunefonti più tarde: “Aristosseno di Taranto considerava entrambe (percezione e ragione) allostesso modo. Infatti (secondo Aristosseno) ciò che si può percepire attraverso i sensi non puòesistere di per sé senza la ragione, e questa non è abbastanza forte da mostrare qualcosa senzaprendere avvio dalla sensazione e concludendo la sua teorizzazione di nuovo in accordo conla percezione sensibile” (Porph. in Ptol., p. 25.17 ss. Düring). Sempre riguardo alla medesima controversia, con riferimento specifico agli intervalli mu-sicali, Aristosseno affermò: “Per mezzo dell’orecchio valutiamo le grandezze degli intervalli,per mezzo dell’intelletto ci rendiamo conto del loro valore” (Harm., p. 42.10 ss. Da Rios).

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4. Gli esperimenti di Pitagora sulle relazioni tra i suoni; F. Gaffurio (1451-1522); Theorica musicae; Milano,Biblioteca Nazionale Braidense

associandosi, creavano sistemi scalari piùestesi. Dalla fine del III secolo a.C., è attestato uncompiuto sistema di scrittura musicale cheadottava lettere dell’alfabeto greco per in-dicare le melodie e giunse a comprendere,nella tarda antichità, circa tre ottave. Essoutilizzava due serie di segni, una per la no-tazione vocale, con lettere dell’alfabetoionico, una per quella strumentale, conlettere di un antico alfabeto argivo. Vi eraanche un sistema di notazione ritmica, in-dispensabile dopo la separazione tra parolae musica (dal 450 a.C.) e la conseguenteperdita dello schema ritmico in originefornito dall’alternanza di sillabe lunghe esillabe brevi nella catena verbale, in virtùdella natura quantitativa della lingua greca.Questi sistemi sono stati tramandati dafonti tarde, come l’Introduzione alla musicadi Alipio (IV secolo d.C.?), mentre l’equi-valenza tra le note greche (il cui sistema discrittura non dà parametri assoluti a livellodi altezza, come il nostro la 440 hertz) e le

altezze moderne risale alla fine del XIXsecolo (fig. 5).

È molto complesso poter ricostruire e datarela genesi e lo sviluppo del sistema di scritturamusicale ricordato - il più diffuso, ma nonil solo -, a causa della limitatissima docu-mentazione. Al suo interno, i testi musicali più antichirisalgono III secolo a.C. e sono copioni diattori e testi di lavoro di musicisti profes-sionisti, scritti su papiro. A questa tipologiasembra appartenere il Papiro Vindob. G2315 (DAGM 3) che conserva un esiguonumero di versi della tragedia Oreste di Eu-ripide, cantati dal coro che rievoca, contono accorato, le terribili avversità che sierano abbattute sulla famiglia di Oreste (fig.6). La peculiarità di questo testo fram-mentario è soprattutto quella di presentareentrambe le notazioni, vocale e strumentale.Resta incerto se valutare il testo come tra-scrizione di un originale dello stesso Eu-ripide o come una riscrittura d’età ellenisticadi un testo euripideo: nella prima ipotesi èpiù opportuna la lettura enarmonica (suc-cessione di quarto di tono, quarto di tono,due toni) di alcuni simboli, nella secondaquella cromatica (due semitoni, un tono emezzo). Si ricordi in proposito che il si-stema di scrittura musicale greco non di-stingue, a livello grafico, queste due pos-sibili successioni di intervalli.Una ridotta quantità di testi musicali è ditipo epigrafico, come l’iscrizione funeraria

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I Pitagorici consideravano il numero il prin-cipio primo della realtà: con questo pen-siero guida e seguendo un metodo d’in-dagine razionale, ricercarono i rapporti nu-merici che esprimevano le consonanze (sym-phoníai). Misero a punto la prima chiaraformulazione di scala musicale (Filolao diCrotone), elaborarono per primi la teoriaacustica dei suoni, pensati come corpi inmovimento, e la suddivisione del tetracordonei tre generi enarmonico, cromatico, dia-tonico (Archita di Taranto).

di Seikílos del II secolo d.C. (DAGM 23),dove troviamo utilizzata la notazione vocalecorredata di numerosi segni ritmici. Il testorecita: “Finchè hai vita, risplendi / non sof-frire affatto / la vita è troppo breve / il temporichiede il suo compimento”.

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I generi cromatico e diatonico potevano pre-sentare anche variazioni di intervallo, dettechróai (sfumature). Nel tetracordo diatonicola collocazione dell’unico semitono distin-gueva i modi dorico, frigio e lidio: il tetra-cordo dorico, di origine greca, aveva il se-mitono al grave; il tetracordo frigio, orien -tale, aveva il semitono al centro; quello lidio,infine, all’acuto. I tetracordi potevano as-sociarsi per creare sistemi scalari più estesi:l’eptacordo, che si otteneva per congiun-zione (la nota più acuta del tetracordo piùgrave era in comune con la nota più gravedel tetracordo più acuto), l’ottava, che si ot-teneva per disgiunzione (i due tetracordierano separati da un tono).

Accanto all’ottava esistevano sistemi scalaripiù ampi, quali il sistema perfetto minore(tre tetracordi congiunti e un tono aggiuntoal grave, che copriva in tutto l’ampiezza diundicesima) e il sistema perfetto maggiore(due coppie di tetracordi congiunti, separatetra loro da un tono e con un tono aggiuntoal grave, che copriva in tutto l’ampiezza didue ottave). Questi due sistemi, unendosi,creavano il sistema perfetto immutabile checomprendeva tutte le scale parziali di quarta,quinta, ottava, con le loro specie (forme discale ottenute cambiando l’ordine degli in-tervalli di una determinata grandezza, comela quarta, la quinta, l’ottava). Le specie diottava presero i nomi etnici mutuandolidalle scale più antiche, ad esempio, la specied’ottava frigia (re’-re”) o quella dorica (mi’-mi”), da non confondersi quindi con le ri-spettive “armonie”.

5. Trascrizione delle note musicali, vocali e strumentali (a), e dei suoni corrispondenti (b).

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6. Sezione corale dei versi 338-344 della tragediaOreste (408 a.C.) di Euripide, nel testo papiraceo(Papiro Vindob. G 2315), nelle due trascrizionimusicali di E. Pöhlmann (a) e M.L. West (b)(DAGM 2001) e in traduzione.

a

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“Gemo e mi lamento, gemo e mi lamento.Per il sangue di tua madre, che ti sconvolge.La fortuna non dura tra gli uomini.Scuotendola come la veladi un veloce vascello un demone la sommerge con tremendi colpi. Come tra le ondeviolente funeste del mare…”

Euripide Oreste, 338-344

Per i Greci la musica ha origine divina. Se-condo il mito, Apollo avrebbe ricevuto indono dal fratello Hermes la lýra e, fin dalleprime documentazioni iconografiche, il diodella luce, della poesia, della divinazione edella musica ebbe come attributo principela lýra o una kithára. Apollo è il suonatore per eccellenza di questostrumento: pizzicandone le corde, avrebbeindicato agli uomini le regole da rispettarenell’esecuzione musicale e gli uomini, conla kithára, omaggiavano il dio accompa-gnando il peana, sacro inno corale apol-lineo.

L’armonica musica celeste della kithára, lacompetizione musicale, il valore educativoed etico della musica sono elementi cheemergono da uno dei più noti miti diApollo, quello che vede il dio contrappostoal satiro Marsia il quale con il doppio aulós,raccolto da Atena che lo aveva abbandonatoperché, gonfiandole le gote, le aveva de-formato il volto, osò rivaleggiare con Apollonel creare suoni sublimi (fig. 7). La vittoria del dio nell’agone musicale e lapunizione di Marsia, scuoiato vivo, portanocon sé la sconfitta della conturbante musicadell’aulós, strumento straniero -frigio- e po-

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APOLLO E LE COMPETIZIONI MUSICALIAPOLLO E LE COMPETIZIONI MUSICALI

7. Gara musicale tra Apollo, con la kithára, e il sileno Marsia con il doppio aulós; tra i due lo Scita che, conil coltello, attende di scorticare Marsia; lastra di rivestimento della base del gruppo statuario di Leto, Apolloe Artemide; bottega di Prassitele; marmo; da Mantinea; 330-320 a.C.; Atene, Museo Archeologico Nazionale.

polare, l’affermazione della più alta dignitàculturale degli strumenti a corda, tradizio-nalmente legati all’educazione dei giovaniaristocratici, la condanna della tracotanzanei riguardi della divinità. L’agone musicale non era un tema solo mi-tologico: in molte città della Grecia si te-nevano annualmente concorsi musicali aiquali erano ammessi solo due strumenti, lakithára (fig. 8), appunto, e l’aulós, vale adire gli strumenti professionistici. Presti-gioso banco di prova per i suonatori di ki-thára, i citaristi, e per coloro che accompa-gnavano il suono di questo strumento conil canto, i citarodi, erano i Pýthia a Delfi,feste religiose che celebravano la lotta vit-toriosa di Apollo contro il serpente Pitone.

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La sconfitta di Marsia nella competizionemusicale con Apollo celava una valutazionenegativa dell’auletica da parte dei Greci cheraggiunse l’apice nel IV secolo a.C. Em-blematica è, a tale proposito, la sorte toccataal pythikós aulós nei Pýthia, dove il parti-colare strumento, dotato di un meccanismoper imitare i sibili del serpente morituro, fuin gara fino all’età ellenistica, quando vennedefinitivamente ritirato dal programma.All’interno della famiglia dei cordofoni sipossono distinguere due gruppi: gli stru-menti percossi principalmente con il plettro,le lire, e quelli pizzicati esclusivamente conle dita, le arpe.

Il più antico tipo di lira fu chiamato chélys, tartaruga, in riferimento alla mitica in-venzione del dio Hermes:

“Tagliati nella misura opportuna steli di canna, li infissenel guscio della tartaruga, perforandone il dorso.Poi, con la sua sagacia, tese intorno una pelle di bue;fissò due bracci, li unì con una traversa,e tese sette corde di minugia di pecora, in reciproca armonia.E dopo averlo costruito, tenendo l’amabile giocattolo,con il plettro provò le corde, una dopo l’altra; quel gioco sotto la mano produsse un suono incantevole e il dio lo seguiva con il suo dolce canto”

Inno ad Ermes 47-54Hermes donò poi la lýra ad Apollo, facendosi perdonare il furto delle giovenche sacre,custodite dal fratello sui monti della Pieride.

Il gruppo delle lire comprende le lire vere eproprie, quelle cioè con i bracci distintidalla cassa armonica, e le cetre, con i bracciche ne sono il prolungamento. La lýra più diffusa era composta da unacassa lignea, in origine fatta con il carapacedi tartaruga di montagna, due bracci, ini-zialmente in corna caprine, una traversache li univa: tra questa e la base della lýra sidistendevano le corde, passando per unponticello che ne trasmetteva le vibrazioni

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alla cassa armonica. La kithára aveva invece una cassa armonicadi dimensione maggiore rispetto a quelladella lýra in modo da produrre le sonoritàrichieste negli agoni musicali. I due bracciche partivano dalla cassa erano congiunti inalto da una traversa orizzontale, dalla qualepartivano corde di uguale lunghezza. Esseerano in numero variabile da quattro a setteo otto, giunte a undici, o addirittura a di-ciotto, durante la rivoluzione musicale della

8. Concorso musicale con suonatore professionista di kithára, in piedi su un podio. Il citarista ha, nella manodestra, un plettro che poteva essere in legno, avorio, corno; cratere attico a figure rosse; Pittore di Ando-kides; da Vulci; 510 a.C.; Parigi, Musée du Louvre.

seconda metà del V secolo a.C.. Dalla po-sizione delle corde derivano i nomi dellenote greche: alla hypáte, la corda “più alta”,corrisponde la nota più grave; alla nète,l’“ultima” corda, la nota più acuta. Per la kithára è spesso attestata, a livelloiconografico, la compresenza della tecnicadi percussione con il plettro e di pizzicocon le dita. Il plettro era tenuto dal musi-cista con la mano destra e legato allo stru-

mento da un laccio per essere lasciato e ri-preso con velocità e variare altrettanto ra-pidamente la tecnica di esecuzione. La kithára era uno strumento per musicistiprofessionisti, come ricorda Aristotele (Pol.1341a 18) e prevedeva una complessa pre-parazione che includeva anche la capacità,da parte del suonatore, di muovere lo stru-mento in armonia con il proprio corpo.

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Pitagora “riteneva che anche la musica offrisse un grande contributo alla salute, qualoraci si dedicasse ad essa in modo adeguato. Infatti la considerava un mezzo tutt’altro chesecondario per procurare la catarsi… A primavera svolgeva questo esercizio musicale: facevasedere al centro un suonatore di lira, mentre all’intorno sedevano i cantori e in tal modo,al suono della lira, cantavano insieme peani che credevano procurassero loro gioia, ar-monia e ordine interiore. Ma anche in altre stagioni i Pitagorici impiegavano la musicacome mezzo di cura. Vi erano certe melodie, composte per le passioni dell’anima - gli statidi sconforto e di malessere -… Altre erano per l’ira e l’eccitazione… Inoltre esisteva unamusica… pensata per contrastare il desiderio. I Pitagorici erano soliti anche danzare elo strumento che usavano per questo era la lira, perché il suono dell’aulós lo ritenevanoviolento, adatto alle feste popolari e assolutamente improprio per gli uomini di condizionelibera”

Giamblico La vita di Pitagora 110-111

strumento di accompagnamento. Il diti-rambo si avviò dalla sfera del rito a quelladello spettacolo: da canto di rituanti di-venne performance di un coro, compostoda cantanti e danzatori che si esibivano,con movimenti circolari, davanti a spet-tatori riuniti nelle piazze e, dalla fine delVI secolo a.C., nei teatri di cui Dioniso erail nume tutelare. Nelle Grandi Dionisie, la principale festivitàdedicata al dio nella città di Atene, il teatroospitò per la prima volta, attorno al 509/508

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DIONISO E LA MUSICA.DIONISO E LA MUSICA.IL CULTO, IL TEATRO E IL SIMPOSIOIL CULTO, IL TEATRO E IL SIMPOSIO

Durante le feste di Dioniso, i seguaci del diosi recavano in processione all’altare, si di-sponevano attorno ad esso e intonavano ilditirambo, sacro canto corale, al suono del-l’aulós. Tra VII e VI secolo a.C. il ditirambo fu og-getto di importanti trasformazioni: grazie almusico Arione di Metimna diventò ungenere letterario dal contenuto mitico, nonsolo dionisiaco; fu introdotta l’harmonía(scala musicale) frigia per l’intonazione me-lodica e l’aulós venne riconfermato come

9. Teatro di Dioniso ad Atene; fine del VI secolo a.C.-fine del IV secolo d.C.

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Le harmoníai (scale musicali) mag-giormente impiegate nella tragediafurono la dorica e la misolidia “dalmomento che il dorico conferisce so-lennità e dignità, invece il misolidio pa-teticità, e la tragedia è un’amalgama diqueste due componenti” Pseudo Plutarco De musica 1136d

“L’aulós non serve ad esprimere lequalità morali dell’uomo ma è piuttostoorgiastico, pertanto va impiegato inquelle particolari occasioni in cui lo spet-tacolo ha come fine più la catarsi chel’istruzione”

Aristotele Politica 1341a 21-22

“Andate, Baccanti, andate, Baccanti, ornate dell’oro di Lidia,innalzate l’inno a Dioniso,al cupo rombo dei tamburi,acclamate con l’evoè il dio dell’evoètra le urla e le grida di Frigia,quando il melodioso aulo di loto africano fa risuonare, sacro strumento, le liete e divine melodieche tengono unite le Menadi nella loro corsa sfrenataal monte, al monte”

Euripide, Le Baccanti, 152-162

a.C., gare di ditirambi, istituite dal musicoe poeta Laso di Ermione, e accolse concorsidi tragedie e di commedie, la struttura dellequali era caratterizzata da un’alternanza direcitazione e di musica, eseguita dal coronell’orchestra al suono dell’aulós. Le innovazioni messe a punto in campomusicale a partire dalla metà del V secoloa.C., comprese quelle relative all’aulós, in-fluirono in modo determinante pure sulladrammaturgia: la musica diventò appan-naggio anche degli attori cui vennero af-fidati degli a solo e dei duetti e il loro vir-tuosismo musicale offuscò progressivamenteil canto del coro.

La musica dionisiaca del teatro era praticatasolo dagli uomini; diversamente quella delculto aveva per protagoniste le Menadi, leseguaci del dio che suonavano fragorosistrumenti, come il týmpanon (tamburelloin pelle), e l’immancabile aulós. Esso fuadottato in un altro contesto dionisiaco, ilsimposio (fig. 10), èlitaria pratica convi-viale che aveva nel consumo del vino la suaspecifica ragion d’essere e che era allietata dasuonatrici di aulós e di krótala (percussionisimili alle nacchere moderne). L’ampia ado-zione dell’aulós nasceva dalla sua capacità diesprimere ed evocare diverse emozioni(gioia, dolore, calma) e dal poter essere

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10. Simposio con Dioniso el’amata Arianna, in cui com-paiono due strumenti musicali:un aulós nella mano di Ariannae un týmpanon, appeso allaparete; cratere a calice apulo afigure rosse; Pittore di Atene1714; 370-360 a.C.; CivicoMuseo Archeologico diMilano, N. Inv. A997.01.279,collezione Lagioia.

L’aulós è composto di solito da più sezionicilindriche inserite l’una nell’altra. Le ancedell’aulós erano collocate in un rigonfia-mento (hyphólmios), unito ad un altro che eraposto tra l’imboccatura e il tubo. Una que-stione tuttora aperta riguarda il reciprocorapporto di intonazione delle due canneche, secondo alcuni studiosi, potevanosuonare all’unisono, secondo altri fungereuna da bordone, l’altra per intonare la me-lodia o, per altri, questa poteva passare dauna canna all’altra.

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11. Satiro con aulós e phorbeiá che accompagna la danza armata, in onore di Atena, di un altro Satiro. L’iscri-zione che sembra uscire dall’aulo inizia con NETE che era la corda più alta sull’ottacordo: forse si tratta del-l’imitazione di una melodia; anfora attica a figure rosse; Pittore Smikros (cerchia di Euphronios); da Cer-veteri; fine del VI secolo a.C.; Berlino, Antikenmuseum, Staatliche Museen.

suonato anche da musicisti non professio-nisti, quali potevano essere le Menadi e lemusiciste dei simposi, di norma etère.

L’aulós è lo strumento dionisiaco per eccel-lenza. La sua musica, unita a quella assor-dante del týmpanon percosso dalle Menadiper scandire il ritmo della danza, facevamuovere costoro vorticosamente, in predaad una febbrile trance collettiva fino agiungere alla comunione con il dio.Le fonti letterarie hanno raccolto diverse

seconda metà del V secolo a.C. quandol’auleta Pronomo accrebbe il numero deifori che, con rudimentali chiavi in metallo,potevano essere aperti e chiusi rapidamenteanche durante l’esecuzione. In tal modo gliauleti riuscivano a cambiare facilmente scalaed eseguire modulazioni armoniche, am-pliando le possibilità espressive dello stru-mento.

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tradizioni sulla nascita dell’aulós: per alcunelo strumento sarebbe nato in Frigia, peraltre sarebbe stato inventato da leggendarimusicisti, per altre ancora da Atena. Dicerto erano in uso vari tipi di auloí, classi-ficati sulla base dell’intonazione, ad esempiograve, gravissima, del luogo d’origine, delmateriale con cui erano realizzati - legno,avorio, corno, bronzo -, dell’occasione odel carattere della performance: canto soli-stico (nómos aulodico), corale (ditirambo,tragedia, commedia), poesia giambica edelegiaca nel simposio.L’aulós (letteralmente “tubo”) è uno stru-mento a fiato ad ancia, semplice o doppia.È costituito da un tubo a quattro o cinquefori, di cui il secondo, coperto dal pollice,è sul lato posteriore. L’intonazione cambiaa seconda della lunghezza del tubo e dellaposizione dei fori. L’aulós poteva essere suonato da solo o, piùspesso, accoppiando due canne. Soprattuttoper suonare il “doppio aulós” in contestiprofessionistici, l’auleta usava la phorbeiá,una sorta di bavaglio di cuoio con unapiccola fessura per l’imboccatura dello stru-mento e cinghiette sopra e dietro la testa pertenerlo fermo. Essa serviva a facilitare e re-golare l’insufflazione, impedendo alle gotedi gonfiarsi e disperdere il fiato (fig. 11).Dai resti archeologici degli aulói si è com-preso che ogni aulós era intonato su unasola scala dunque l’auleta, ogni volta cheaveva bisogno di cambiare intonazione,doveva prendere dalla sua borsa (sybéne) unaulo diversamente forato, quindi con altraintonazione. Ciò avvenne almeno fino alla

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12. Scena di cucina dove un suonatore di doppio aulós è rivolto verso un servitore, che taglia o trita del cibo,come per dare ritmo alla sua azione, secondo quanto ricordato anche da Aristotele e da Alcimo; pittura pa-rietale; Tomba Golini I, parete sinistra; Orvieto; 350-325 a.C.; Orvieto, Poggio del Roccolo di Sette-camini.

In Etruria la musica nasce nell’ambito dellasocietà aristocratica e di questa è principal-mente il riflesso. Gli Etruschi avevano at-tribuito alla musica un’assoluta centralitànella vita pubblica e privata e, nella loroconcezione del mondo come sistema or-dinato, la musica aveva la funzione, du-rante i riti, di armonizzare le diverse partiche lo componevano. Tra i vari strumenti suonati dagli Etruschialcuni erano d’origine greca, ma venivanoimpiegati in contesti spesso diversi da quelliellenici per soddisfare le esigenze della so-cietà aristocratica tirrenica; altri furonoun’ideazione etrusca e vennero ripresi daiRomani, in genere con analoghe funzioni. Ampiamente attestato dal VI secolo a.C., èil corrispettivo del doppio aulós greco, ilsuplu. La sua sonorità patetica e orgiasticascandiva le più svariate occasioni (riti, ban-chetti, agoni commemorativi e funebri,caccia, cucina (fig. 12) e, a seconda del con-testo di utilizzo, gli auloí erano in legno(aulós del relitto navale di Campese-Isoladel Giglio; inizio del VI secolo a.C.), inosso o in argento. Invenzioni etrusche furono il lituus, il cornue la lunga “tromba tirrenica” (Tyrrenikésálpinx; Tyrrhenica tuba). Quest’ultima eralegata in origine all’attività bellica ed im-piegata soprattutto nelle cerimonie, come ilprestigioso cornu, che si configurava anche

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TRA GRECI E ROMANI.TRA GRECI E ROMANI.L’ORIGINALE MONDO DELLA MUSICA ETRUSCAL’ORIGINALE MONDO DELLA MUSICA ETRUSCA

“Un racconto, ricordato di frequente dagliEtruschi, vuole che presso di loro si cat-turino i cinghiali e i cervi non solo con lereti e con i cani, come si fa di solito, macon l’aiuto della musica. Ecco come: di-spongono le reti e altri arnesi da caccia etendono le loro trappole alla selvaggina;ma ecco che balza fuori anche un auletadi talento, che cerca di suonare le melodiepiù armoniose e fa risuonare tutto ciò chevi è di più dolce nell’arte dell’aulós; nelsilenzio e nella pace generale questa musicaarriva sulle rive, nelle vallate e al fondodelle foreste e il suono … penetra in tuttii nascondigli e in tutte le tane deglianimali. Dapprima si stupiscono e nehanno paura; poi il puro e irresistibilepiacere della musica si impadronisce diloro e, quando ne sono affascinati, di-menticano i loro piccoli e la loro tana.Sebbene gli animali non amino allonta-narsi dal luogo natio, trascinati come sefossero soggetti a qualche incanto, sotto ilfascino della melodia, si avvicinano ecadono nelle reti dei cacciatori, vittimedella musica”Eliano Storia degli animali XII, 46

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13. Lituus piegato per motivi rituali. L’esemplare di Tarquinia produceva suoni isolati, aveva limitate pos-sibilità acustiche ma una notevole intensità sonora; lituus; bronzo; area sacra di Pian di Civita; Tarquinia;700-675 a.C.; Tarquinia, Museo Archeologico Nazionale.

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14. Esibizioni congiunte, secondo la consuetudine musicale etrusca, di un suonatore di lýra con un suonatoredi doppio aulós e di un altro auleta con un suonatore di kithára. In Etruria i musicisti erano in prevalenzaprofessionisti; pittura parietale; Tomba dei Leopardi, parete destra; parete sinistra; Tarquinia; 480-470 a.C.;Tarquinia, necropoli di Monterozzi.

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quale status symbol del possessore. Il cornu era uno strumento a fiato del tipoa bocchino, aveva una canna conica inte-ramente ricurva, con un supporto trasversalesul diametro. Medesima era la tipologia dellituus, termine etrusco che designava ancheil bastone rituale degli áuguri (interpretidel volere degli dèi), di forma simile a quelladello strumento. Il lituus era una trombain bronzo, dalla lunga (1,40-1,60 m) cannacilindrica, ricurva solo nel padiglione (fig.13). Era lo strumento maggiormente di-stintivo della creatività musicale etrusca edaveva una marcata funzione rituale, in virtùdella quale era immancabile nei riti di fon-dazione delle città tirreniche. La prevalenza degli aerofoni e il trionfo deldoppio aulós nell’orizzonte sonoro etruscosono acclarati, come la preferenza dellamusica strumentale rispetto a quella vocale. Erano molto amate anche la lýra e la ki-thára, in uso dalla metà del VII secolo a.C.(fig. 14), e godevano di apprezzamento gliidiofoni, come i krótala, spesso in mano adanzatrici. Alcune di queste figure fem-minili, e ancor più le sporadiche suonatricidi lýra e di aulós consegnano, per l’Etruria,la realtà di donne di rango, mogli, madri,figlie dedite alla musica anche in contesti,come il banchetto, che in Grecia eranoaperti solo alle musiciste-etère (fig. 15).

Il valore della lýra come di strumento legatoall’educazione dei fanciulli, documentatoin Grecia, è assente in Etruria dove esso

compare soprattutto in processioni e riti dicarattere funerario, in scene di banchetto edi danza rituale, ed è suonato principal-mente dagli uomini. Nel V-IV secolo a.C.la lýra diventa anche attributo di dèi(Ap(u)lu-Apollo), ed eroi (Faone, Orfeo),come emerge dagli specchi in bronzo e dallaceramica. Un altro prestito dalla Grecia o, più pro-babilmente dall’Anatolia, è quello della ki-thára a culla, cosiddetta per la particolareforma della cassa armonica, e impiegatanegli stessi contesti della lýra. Ad essa, in etàellenistica si aggiunse la kithára di formarettangolare allungata, utilizzata anche aRoma. Queste e altre informazioni di carattere mu-sicale si desumono dalle fonti iconograficheed archeologiche etrusche e da quelle lette-rarie greche e romane. Alcune epigrafi rin-venute in Etrutria sembrano invece docu-mentare l’esistenza, a partire dall’età orien-talizzante (VIII-VII secolo a.C.), di segnigrafici di natura ritmica e forse melica: èprobabile che l’interpunzione sillabica, pre-sente in alcune iscrizioni, fissasse una no-tazione metrica e melodica, e che vi fosserolettere utilizzate per dare ritmo e musicalità,come quelle individuate nella più lungaiscrizione etrusca pervenuta, il Liber Linteus,(III secolo a.C.) noto testo rituale scrittosu fasce di lino, conservato al Museo di Za-gabria.

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15. Suonatrice di doppio aulós e danzatrice-suonatrice di krótala, sontuosamente abbigliate e di elevata con-dizione sociale; pittura parietale; Tomba Francesca Giustiniani, parete di fondo; Tarquinia; 450-425 a.C.;Tarquinia, necropoli di Monterozzi.

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16. Apollo citaredo; affresco; dalle Scalae Caci (forse dalla casa di Augusto o dal vicino tempio di Apollo)sul Palatino, Roma; età augustea (31 a.C.-14 d.C.); Roma, Museo Palatino.

Apollo fu per Augusto il dio garante della pace nell’impero e, come in Grecia, fu il dio della musica.La cetra apollinea ebbe grande successo a Roma dove, nelle manifestazioni pubbliche, era im-piegata per intonare poesie di Virgilio, Catullo, Orazio. Questo cordofono fu perfezionato daiRomani che ne rinnovarono le forme e inventarono nuove soluzioni tecniche: la cetra divennepiù imponente, con una vera cassa di risonanza alla base tanto che, in età neroniana (54-68 d.C.),il citaredo, quando suonava in piedi, doveva passare una cintura sopra la spalla per reggere lostrumento. Inoltre, la cetra fu dotata dai Romani di cavicchi metallici per tirare le corde.

La musica romana è stata ritenuta dagli stu-diosi, almeno fino agli anni Settanta delNovecento, mera imitazione, per giunta dibasso profilo, della musica greca e tale con-vincimento è dipeso dalla documentazioneconsiderata e dal persistente preconcettoOttocentesco della superiorità della civiltàgreca su quella romana, esteso anche allamusica. Le fonti letterarie ad essa relativesono in effetti poche e lacunose: mancanotesti latini con notazioni musicali e i trattatidi teoria musicale, per lo più debitori dellatrattatistica greca, sono noti o per via indi-retta (De musica di Varrone), o sono operadi autori greci, come il De musica di AristideQuintiliano (35-95 d.C.). Nonostante la produzione sonora dellaRoma antica sia sconosciuta, il patrimoniodi immagini relativo alla musica romana, leiscrizioni riguardanti i musicisti e i collegia(associazioni professionali), gli strumentimusicali rinvenuti negli scavi archeologicihanno permesso di cogliere, piuttosto, unorizzonte sonoro variegato, complesso ericco di specializzazioni. I Romani, soprattutto dalla presa di Co-rinto nel 146 a.C. che segnò la conquista de-finitiva della Grecia, assorbirono e rielabo-rarono, in modo spesso originale, gran partedel patrimonio musicale greco come già inprecedenza avevano fatto con il patrimonioetrusco, fino a contaminare entrambe letradizioni musicali con quelle indigene dei

popoli che entrarono a far parte dell’imperoromano, a partire dall’età augustea (31 a.C.-14 d.C.). Le novità riscontrabili in campo musicale inepoca imperiale si devono proprio all’ap-porto della realtà multietnica dell’imperoe alla consistente immigrazione a Roma dimolti artisti stranieri dall’Egitto, dalla Siria,dalla Spagna, oltre che dalla Grecia (fig.16). Si ebbe pertanto un incremento dellemanifestazioni musicali, un aumento deltipo e del numero degli strumenti (fig. 17),evidente soprattutto nelle orchestre che suo-navano nei teatri. La musica, oltre agli spettacoli teatrali, mu-sicali (nell’odeon), anfiteatrali e circensi,era presente in molti altri contesti sia pub-blici, quali le cerimonie religiose e le cele-brazioni delle vittorie militari, sia privati,come i funerali e i convivi.In questo composito mondo musicale sidefinì, nel I-II secolo d.C., il primo nucleodei canti cristiani, ispirato in origine allasalmodia ebraica dalla quale man mano sidifferenziò anche grazie all’influenza dellamusica greca e romana. Per soddisfare l’esi-genza di una partecipazione corale al rito,sempre maggiore dopo la concessione dellalibertà di culto ai cristiani con l’editto di Co-stantino (313), il canto liturgico aggiunsealla salmodia solistica e al canto responso-riale (breve risposta dei fedeli alla melodiadel solista), il canto antifonale, eseguito dai

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LA MUSICA MULTIETNICALA MUSICA MULTIETNICADELLA ROMA IMPERIALEDELLA ROMA IMPERIALE

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fedeli divisi in due semicori. Queste mo-dalità canore furono il punto di partenza perle forme musicali del Medioevo.

I collegia dei musicisti, noti soprattutto daiscrizioni comprese tra il I secolo a.C. e lametà del III secolo d.C., rinvenute in specialmodo a Roma e nelle città d’Italia, con-fermano ulteriormente la composita realtàmusicale romana. Tali associazioni profes-sionali prendevano il nome dalle specializ-zazioni dei musicisti che ne erano affiliati edunque vi erano il collegium symphoniacorum(dei musici), il collegium dei cantores greci, ilcollegium tibicinum Romanorum (dei suo-natori di tibia), preposto ai sacrifici pubblicie che, per questo, godeva di speciali privilegi.

Molti di questi collegia, regolamentati daapposite leggi, possedevano beni immobiliche erano sia i luoghi in cui i collegiati si riu-nivano, prendevano decisioni sulle loro at-tività professionali, consumavano pasticomuni sia le abitazioni, come quella dei ti-bicines (suonatori di tibia), localizzata aRoma in un quartiere vicino alla MetaSudans (fontana monumentale nei pressidell’arco di Costantino), dove si trovavanoanche botteghe di strumenti musicali. Per un musicista appartenere a un collegiumcostituiva un potente vettore di integra-zione sociale: era utile in termini profes-sionali, civici e sociali poichè il gruppo per-metteva a semplici strumentisti ciò che nonavrebbero potuto ottenere da soli, da unatomba con l’epitaffio, a pasti festivi, a tuteleprofessionali, anche se in misura diversa

17. Cimbali e sistro, strumenti dalle diverse origini e sonorità, suonati a Roma e nelle province dell’imperoromano; cimbali, sistri; bronzo; da Pompei; I secolo d.C.; Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

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perché i collegia erano strutture gerarchichee dunque non tutti i collegiati traevano glistessi benefici dall’aderire all’associazione. E così la vita collegiale e quella professionale,allo stesso tempo legate e distinte, contri-buivano entrambe alla definizione dell’iden -tità sociale e civica dei musicisti romani.

Al di là di quanto riportato da alcune fonti(come Strabone Geografia 5, 2, 2) sull’origineetrusca della musica militare romana, è evi-dente che l’esercito romano non era silen-zioso: nei suoi ranghi vi erano soldati che as-solvevano alla funzione di musicisti profes-sionisti e, con tale ruolo, partecipavano alfunzionamento della macchina militare. Traessi vi erano i suonatori di cornu, trombain bronzo fortemente ricurva, dotata alcentro di una traversa che permetteva disuonare lo strumento appoggiandolo allaspalla. Come si nota nel rilievo della co-lonna Traiana (fig. 18), i cornicines impu-gnavano la traversa con la mano sinistramentre, con la destra, spingevano il boc-chino contro le labbra. Pur essendo il cornuuno strumento spiccatamente militare,veniva suonato anche nelle cerimonie reli-giose, nei funerali e negli spettacoli anfitea-trali. Ciò vale anche per l’altro strumento afiato di carattere marcatamente militare, latuba. Essa era costituita da una canna conicain bronzo, lunga circa 1,20 m, con il boc-chino separabile, in corno o in bronzo. Ilsuono della tuba era aspro e terribile e, perquesto, idoneo a dare il segnale d’attacco edi ritirata dalla battaglia, o quello di carica.Il 23 marzo e il 23 maggio, rispettivamentedurante le celebrazioni in onore di Marte edi Vulcano, i Romani compivano un rito dipurificazione delle tubae, il tubilustrium.

Una velata critica alla composita e af-follata musica romana d’età imperialeè contenuta nelle parole del filosofoSeneca (4 a.C.-65 d.C.), precettore diNerone, l’imperatore amante dellamusica, da lui personalmente praticatain qualità di citaredo, e sostenuta attra-verso l’istituzione di concorsi musicali,i Neronia. “Non vedi di quante voci è composto uncoro? E tuttavia dall’insieme nasce unamelodia unica. Ci sono voci acute, basse,medie; alle maschili si uniscono le fem-minili, si sovrappongono le tibie: le singolevoci scompaiono e si percepiscono tutte in-sieme. Mi riferisco al coro che conoscevanoi filosofi antichi: ora, negli spettacoli tea-trali, gli interpreti sono più numerosi diquanti erano un tempo gli spettatori ateatro. Quando le file dei cantanti riem-piono tutti i passaggi e le gradinate sonocircondate dai trombettieri, e dal palcorisuonano insieme strumenti a fiato e diogni tipo, dai diversi suoni si crea un’ar-monia” (Seneca Lettere a Lucilio XI, 84)

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18. Scena di suovetaurilia (sacrificio cruento di un bue, di un maiale e di un montone), a ridosso di un campomilitare, alla presenza di cornicines, suonatori di cornu, e di tubicines, suonatori di tuba; basso rilievo;marmo; colonna Traiana; 113 d.C.; Roma, Foro di Traiano.

La musica cultuale romana è nota da testi-monianze letterarie, immagini, resti di stru-menti musicali rinvenuti nelle tombe edeccezionalmente in contesti votivi, all’in-terno di santuari. Ogni culto religioso utilizzava strumentispecifici che restarono quasi immutati nelcorso dell’età imperiale. Le innovazioni mu-sicali presentate sulle scene dei teatri furonoinfatti ignorate in ambito religioso, dove sirestò fedeli agli strumenti della musica dellatradizione. Tra questi vi erano le tibiae pares(fig. 20), strumenti a fiato ad ancia, solita-mente doppia, costituiti da due canne diuguale lunghezza, indispensabili nei riti uf-ficiali della religione romana. Il ruolo essenziale delle tibiae è chiaro nelsacrificio, il rito principale della liturgia deiculti pubblici, che si apriva al suono diquesto strumento (fig. 19). Anche se non siconosce il momento in cui fu introdottaquesta consuetudine, pare tuttavia che fossemolto antica e che risalisse all’impiego degliauleti etruschi nelle cerimonie religioseromane, come ricordano Livio (Storia diRoma, 9, 30), Ennio (Satire 65), Virgilio(Georgiche 2, 193-194), Ovidio (Arte diamare 1, 111).La musica delle tibiae era determinante peril felice svolgimento del rito al punto chel’assenza del tibicen poteva addirittura in-validare la cerimonia. La melodia delle tibiaeplacava gli dèi, impediva ai partecipanti al

rito di avvertire i rumori che provenivanodai dintorni, in particolare quelli di cattivoaugurio, e di sentire le grida degli animaliin procinto di essere sacrificati: in questo,la funzione delle tibiae era simile a quella delvelo che copriva, in modo reale e simbolico,la testa del sacerdote. È ignoto, invece, il repertorio dei tibicini.Si sa soltanto che la musica delle tibiae eraadattata alla solennità della cerimonia e sisuppone che dovesse conferire più intensitàal carattere musicale e poetico della pre-ghiera, conservarne il valore incantatorio eprolungare l’emozione religiosa. È vero-simile che la musica delle tibiae pares fossesobria e improntata a norme rigide, in sin-tonia con le regole meticolose della ritualitàromana. Le tibiae impares, con diversa lunghezzadelle due canne, erano note anche cometibiae phrygiae poichè ritenute un’inven-zione dei Frigi (figg. 21-22) e adatte a in-tonare musiche in onore della dea frigiaCibele. Esse furono escluse dalla religioneufficiale romana a causa della loro conno-tazione orgiastica e vennero relegate alle ce-rimonie dei culti di origine straniera, comeappunto quello della Grande Madre-Cibelee di Dioniso-Bacco, o alla celebrazione diculti domestici. Il suono delle tibiae phrygiae concorreva,insieme a quello dei cimbali e dei timpani,a provocare quello stordimento sonoro che

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LA MUSICA CULTUALE. LE LA MUSICA CULTUALE. LE TIBIAETIBIAE

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19. Ara proveniente da Angera (VA), raffigurante il sacrificio di un torello in onore di Giove OttimoMassimo, alla presenza di un suonatore di tibiae pares. Il tibicen, quasi onnipresente nelle scene di sacrificiodell’arte romana, compare sempre molto vicino all’altare, accanto al sacerdote sacrificante che versa vinoo incenso nel fuoco dell’altare (praefatio), nelle scene di processione (pompa) o in quelle di uccisione deglianimali da sacrificare. I tibicini godevano di privilegi e di una condizione particolare; ara; marmo; etàclaudia (41-54 d.C.); Civico Museo Archeologico di Milano; N. Inv. A 0.9.6774.

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era estraneo alla mondo musicale della tra-dizione religiosa romana.

Le tibiae sono lo strumento musicale di piùvasto impiego nel mondo romano e la loromusica delinea lo spazio sonoro dei sacrifici,degli spettacoli, dei banchetti, dei funerali,dei matrimoni, delle processioni. Dalla do-cumentazione pervenuta è stato possibileconoscere le caratteristiche organologichedelle tibiae e le innovazioni tecniche so-prattutto a partire dal I secolo d.C..La tibia è un aerofono ad ancia (linguettasottile applicata in modo da costituire l’im-boccatura dello strumento), corrispondenteall’aulós greco, impiegato quasi esclusiva-mente nella variante ad ancia doppia. Ilsuonatore di doppia tibia aveva un tubo inogni mano, stringeva l’ancia tra le sue labbrae, con il soffio, la faceva vibrare: in tal modoil tubo sonoro si apriva e si chiudeva, fa-cendo vibrare la colonna d’aria al suo in-terno e producendo il suono. Per facilitarel’imboccatura delle due canne e per au-mentare la pressione del soffio il tibicen ap-plicava sulla bocca una fascia di cuoio condue fori, il capistrum, che veniva legatodietro alla testa e che era simile alla phorbeiágreca. I fori sulle tibiae erano inizialmente

tre sulla canna di sinistra, quattro su quelladi destra, ma in alcuni esemplari di Er-colano e di Pompei, raggiungevano il nume -ro di quindici. La ripartizione dei fori su duetubi, anzi che su uno, permetteva al suo-natore di avere a disposizione quasi il doppiodelle note e di produrre intervalli più strettie variati, adatti ai diversi repertori. Particolarmente interessante è la fattura

20. Tibiae pares da Pompei; bronzo e avorio; I secolo d.C.; Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Un considerevole numero di tibiae provieneda Pompei, specialmente dalle domus, da Er-colano e da altri siti della Campania. Sullabase dei resti si è potuto constatare che letibiae con quattro fori, che avevano un’esten-sione melodica di un’ottava, erano lunghi almassimo 15 cm. ma, con l’invenzione deglianelli rotanti, simili alle chiavi dei moderniclarinetti, le tibiae arrivarono a una lun-ghezza di 55-60 cm., proprio grazie all’au-mento del numero dei fori e dunque del per-corso melodico, che giunse a comprendereun’ottava più una quinta. Nei sacrifici spesso erano impiegate tibiae di1 m. Le tibiae erano realizzate dai tibiarii, ar-tigiani specializzati che lavoravano con abilitàil legno di bosso, il materiale più usato perla costruzione di questi strumenti, il legno diloto, l’osso d’asino, l’avorio, il bronzo e l’ar-gento (Plinio Storia Naturale XVI, 164; 168-172).

delle tibiae phrigiae: il tubo tenuto con lamano destra è rettilineo e dal diametro co-stante, l’altro è invece più lungo e com-porta due sezioni, la prima dritta e cilin-drica, la seconda, simile a un cono allungato,terminante con un padiglione di solito co-stituito da un corno di animale, spesso di unbue. Questo dettaglio organologico aveva lafunzione di intensificare il suono rauco egrave dello strumento e conferiva alle tibiaephrigiae un carattere selvaggio.

22. Satiro danzante che suona tibiae phrigiae; fram-mento di lastra Campana; terracotta; I secolo d.C.;Civico Museo Archeologico di Milano; N. Inv. A0.9.11516.

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21. Scena di musica dionisiaca con tibiae phrigiae, cimbali e timpano suonati da satiri e baccanti. Unasyrinx, un timpano e forse una campanella ornano, insieme a maschere teatrali, il festone vegetale; lastra didecorazione architettonica; terracotta; I secolo a.C.-I secolo d.C.; Civico Museo Archeologico di Milano;N. Inv. A 000.4.92.

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Tra gli oggetti distintivi del culto di Iside,una delle massime divinità egizie, vi era ilsistro (sistrum), strumento musicale di an-tichissima tradizione che accompagnò ladiffusione del culto della dea in tutto ilbacino del Mediterraneo a partire dall’epocaellenistica (fig. 23). Dalla Sicilia e dalla Campania il culto diIside giunse a Roma intorno all’80 a.C.,ma venne inizialmente proibito perché, es-sendo praticato soprattutto dagli strati piùbassi della società, fu ritenuto correspon-sabile dei tumulti popolari di quegli anni.La situazione mutò progressivamente e conl’imperatore Caligola (37-41 d.C.), grandesostenitore di questo e di altri culti egizi,Iside conquistò uno spazio importante nellareligione pubblica romana che raggiunsel’apice con Caracalla (211-217 d.C.), ilquale promosse il culto isiaco a religionedi stato. Oltre al culto pubblico, durante il quale sisvolgevano suggestive processioni, vi era unculto esoterico, aperto solo agli iniziati ai mi-steri isiaci o agli aspiranti tali: nelle cele-brazioni di entrambi il sistro era uno deipiù ricorrenti attributi della dea e venivasuonato dai sacerdoti e dai fedeli che, muo-vendo il polso, producevano il fruscio me-tallico e acuto delle tre o quattro laminesottili, o degli altrettanti bastoncelli mobili,che attraversavano il sistro orizzontalmente. Fra le numerose raffigurazioni di questo

L’ORIZZONTE SONORO DEI CULTI STRANIERI.L’ORIZZONTE SONORO DEI CULTI STRANIERI.ISIDEISIDE

23. Statua di culto di Iside con il sistro nella manodestra, come di consueto; scultura; marmo biancoe marmo nero; da Napoli; II secolo d.C.; Napoli,Museo Archeologico Nazionale.

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24. Scena di culto in un santuario di Iside con sacerdoti che svolgono diverse funzioni, molte delle quali ditipo musicale. Tra essi, il sacerdote seduto sulla destra suona una tibia, quello in secondo piano dirige, conuna bacchetta, uno dei due semicori dei fedeli, il sacerdote e la sacerdotessa ai lati della porta del tempioannunciano con il sistro l’arrivo del gran sacerdote che reca tra le mani il vaso con l’acqua sacra; affresco;da Ercolano; I secolo d.C.; Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

strumento, sono di particolare interesse irilievi sulle colonne del santuario di Iside eSerapide in Campo Marzio a Roma, fatto ri-costruire da Domiziano (81-96 d.C.): suquesti rilievi è narrata una processione isiacaalla quale partecipano suonatori di sistro, diarpa, di tibiae e di timpano strumenti che,insieme, compongono il quadro completodella musica strumentale isiaca. Ad essa va aggiunta la musica vocale, ese-guita dai cori dei fedeli, come mostra un af-fresco da Ercolano (fig. 24). I sistri erano utilizzati non solo per pro-durre sonorità nelle cerimonie isiache: alcunidi essi avevano funzione votiva ed eranodeposti nei templi della dea, come in quellodi Nemi dove a Iside fu dedicato un sistrod’argento (CIL XIV 2215). Due sistri votivifurono rinvenuti nel fiume Tevere, nel quale

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Secondo il mito originario, Iside partì alla ri-cerca dei pezzi del corpo del fratello-sposoOsiride, sparsi per tutto l’Egitto dal suo as-sassino e fratello Seth. La dea recuperò eriunì le membra dilaniate e, insieme al figlioHorus, fece tornare in vita Osiride, tuttavianell’aldilà, dove fu re dei morti. L’Iside adorata nel mondo ellenistico eromano associò alle caratteristiche dell’anticadea egizia simboli e attributi di altre divinitàfemminili, come dimostrano i numerosititoli che assunse: Regina del cielo e dellaterra, Signora delle leggi e della giustizia,Patrona dell’agricoltura, della navigazione,dell’amore e degli affetti materni, Dispen-satrice di grazie, Benevola soccorritrice eFortuna sovrana.

vennero gettati come offerte in relazione alculto dell’acqua e alle connesse abluzionirituali effettuate dai devoti di Iside, come ri-cordava con pungente ironia Giovenale(Satira VI, 522-524), parlando di una se-guace della dea: “In inverno scenderà nelfiume spezzandone la lastra di ghiaccio, trevolte s’immergerà nel Tevere di primo mattinoe proprio in mezzo ai flutti vorticosi bagneràil timoroso capo”.

Nonostante le sue origini siano dibattute -se si tratti di uno strumento importato dalVicino Oriente oppure originario dell’Africapreistorica - il sistro è il più caratteristicostrumento musicale dell’Antico Egitto. At-testato già dal III millennio a.C., era ini-zialmente associato a Hathor, dea dellamusica e della danza, spesso denominata“Signora del Sistro”. Il nome egiziano sesheshet riecheggiava ilparticolare suono dello strumento, cheveniva paragonato al fruscio delle canne delpapiro mosse dal vento. Fermo restando lostretto e privilegiato legame del sistro conla dea Hathor, nel tempo lo strumentovenne adottato per celebrare numerose di-vinità femminili, tra le quali Iside. Il sistro è uno strumento idiofono, com-posto da un manico in forma di fusto dipapiro sormontato, nella tipologia piùdiffusa, dalla testa della dea Hathor. Si distinguono due diverse tipologie dellostrumento: il sistro a naós e il sistro ad arco.Il primo ha il manico coronato da un’edicola

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Apuleio (125-170 d.C.), nelle Metamorfosi, narra la trasformazione in asino di un taleLucio che riacquistò sembianze umane partecipando a una processione in onore diIside, di cui diventò poi seguace. La processione era un momento fondamentale dellafesta del Navigium Isidis (3 gennaio), durante la quale veniva varata un’imbarcazione conofferte per Iside, di buon auspicio per la riapertura della navigazione dopo la pausa in-vernale. “Venivano poi suonatori ... di tibia che con la loro melodia dolcissima componevano un con-certo dei più soavi. Li seguiva il più delizioso coro di giovani scelti … che ripetevano in coroun inno molto bello, composto per ispirazione delle Muse da un talentuoso poeta insieme conl’accompagnamento musicale; il suo significato doveva essere preludio a quelli che sarebberostati i voti più solenni. ... Ecco irrompere come un fiume la massa degli iniziati ai misteridivini, uomini e donne di ogni condizione ed età, luminosi nelle loro candide vesti di lino,le donne con un velo trasparente sopra i capelli, cosparsi di balsamo profumato, gli uominirasati del tutto, con il cranio di un bianco lucente…e dai loro sistri di bronzo, d’argento eanche d’oro, traevano un acuto tintinnio.”

Apuleio Metamorfosi XI, 9-10

simile alla porta monumentale di untempio, attraversata da sottili lamine in me-tallo, munite o meno di sonagli che, perscuotimento, producevano il suono. Ilnumero e lo spessore delle lamine definival’intensità del suono, che non aveva unaprecisa connotazione tonale. La tipologiadel sistro a naós è la più antica: una delleprime raffigurazioni è nella tomba di Niui-netjeru (IV-V dinastia/metà del III mil-lennio a.C.), dove alcune ballerine-suona-trici di sistro si muovono al ritmo dellostrumento. Nel II millennio a.C. compare il sistro adarco configurato, appunto, come un sem-plice arco cavo, sempre munito di lamine obastoncelli mobili in bronzo. Questo tipoprevedeva elementi decorativi, quali mi-niaturistiche sculture di gatta che evocavanola dea Bastet, cui talora era assimilataHathor. È questo il solo tipo di sistro usato nel cultodi Iside in epoca romana, documentato danumerosi esemplari rinvenuti soprattuttoin Campania (fig. 25).

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25. Sistro con figurina della gatta accovacciata, inriferimento alla dea Bastet. Questo strumento, comela maggior parte di quelli trovati in Campania e aRoma, è stato prodotto in Italia. Il sistro è ancoraoggi in uso nella musica liturgica della chiesa coptamentre, sottoposto a varie modifiche, ha dato origineal triangolo impiegato nell’orchestra moderna; sistro,bronzo; dal santuario di Iside di Pompei; secondametà del I secolo d.C.; Napoli, Museo Archeo-logico Nazionale.

26. Sacerdote di Cibele circondato da attributi cultuali, tra i quali spiccano quelli musicali: le tibiae phrygiae,un tympanum, insolitamente di piccole dimensioni, e una coppia di cimbali. Questi strumenti, durante ilrito, venivano appesi ad una colonna o, più spesso, ad un pino, albero sacro di Cibele; rilievo; da Lanuvio;metà del II secolo d.C.; marmo; Roma, Musei Capitolini.

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della dea microasiatica protettrice dellanatura feconda, si diffondevano nell’ariaassordanti melodie straniere prodotte dalsuono dei timpani, dei cimbali e delle tibiaephrygiae (fig. 26). Queste fragorose sonoritàerano in sintonia con la rumorosa danzadei sacerdoti di Cibele, i Coribanti, ritmatadai colpi dei pugnali su grandi scudi; esseinoltre accompagnavano riti cruenti comeil taurobolium (sacrificio di un toro) e ac-

L’ORIZZONTE SONORO DEI CULTI STRANIERI.L’ORIZZONTE SONORO DEI CULTI STRANIERI.CIBELECIBELE

Nel 204 a.C., in un momento politico com-plesso per la Repubblica romana a causadella minaccia cartaginese, fece il suo in-gresso a Roma, dalla Frigia (Asia Minore, at-tuale Turchia), la dea Cibele con il suomitico amante Attis. Il tempio sul colle Pa-latino fu la sede principale del culto pub-blico istituito in onore di questa divinitàstraniera, celebrato ogni anno alla presenzadi eunuchi frigi che suscitavano curiosità esarcasmo per la loro condizione, per la stra-vaganza dei costumi, della lingua e per lemusiche esotiche con le quali accompa-gnavano le celebrazioni sacre. Il culto di Cibele si radicò soprattutto nelleclassi elevate e conobbe una rinnovata im-portanza a partire dall’inizio dell’età impe-riale: al restauro del tempio sul Palatino,promosso da Augusto nel 3 d.C., succe-dette la costruzione di nuovi edifici cultualifino al IV secolo d.C. e gli imperatoriClaudio (41-54 d.C.) e Antonino Pio (138-161 d.C.) istituirono un ciclo di feste, dal15 al 27 marzo, che prevedevano proces-sioni pubbliche, mutilazioni fisiche legate alricordo della mitica evirazione di Attis,veglie notturne e manifestazioni di tripudio.Oltre a quello pubblico vi era un culto eso-terico e iniziatico di Cibele e Attis che pro-metteva ai fedeli salute e prosperità.Durante le cerimonie in onore della GrandeMadre (Magna Mater), altra denominazione

Firmico Materno, scrittore del IVsecolo d.C., riferisce la formula sacrache veniva pronunciata dall’aspiranteseguace del culto misterico di Attis e diCibele. In essa vi è il solo caso noto, inambito cultuale, di uno strumento mu-sicale inteso non nella sua funzione pri-maria ma in senso metaforico. “C’è un tempio nel quale, per essere am-messo alla parte più segreta, il candidatoafferma con solennità: «Ho preso cibodal timpano (de tympano manducavi),ho bevuto dal cimbalo (de cymbalo bibi),ho appreso a fondo i segreti, sono divenutomystes (iniziato ai misteri) di Attis»” Firmico Materno L’errore dei culti sa-crileghi 18, 1

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crescevano l’atmosfera di esaltazione pa-rossistica e collettiva che si manifestava so-prattutto nella cerimonia dell’autocastra-zione, praticata dai più convinti seguaci diCibele. I fedeli offrivano spesso alla dea gli stru-menti musicali propri del suo culto: l’adeptaCuria Prisca, nel II secolo d.C., lasciò untimpano e un cimbalo nel santuario diCibele a Salona (Dalmazia), dopo averlorestaurato; Camellius Tutor, nello stesso pe-riodo, a Jura/Grozon (Gallia), dedicò allaGrande Madre un cimbalo che, per l’ano-malia della forma, il peso eccessivo e l’in-tenzionale deposizione di un solo strumentoanziché della coppia, non potendo produrresuoni, aveva unicamente carattere votivo. La musica delle cerimonie in onore di Cibeleera arricchita, talvolta, anche dalla syrinx, at-tribuito musicale di Attis, noto anche comeflauto di Pan in ricordo dell’origine pa-storale dello strumento, la stessa dell’avve-nente fanciullo amato dalla dea frigia.

L’orizzonte sonoro del culto di Cibele eraprossimo a quello di Bacco e le musiche deltimpano, delle tibiae phrygiae e dei cimbalisi udivano nelle celebrazioni pubbliche emisteriche di entrambi i culti. Tra questistrumenti quello maggiormente distintivodi Cibele, raffigurato spesso nelle sue mani,è il timpano, strumento a percussione com-posto da un cerchio di legno o di bronzo dicirca cm 30 di diametro, sul quale venivatesa una pelle di bue o di asino, battuta rit-

La grande patera di Parabiago (fig. 27),piatto utilizzato nelle cerimonie sacre per lelibagioni, rivela una precisa scelta ideologicada parte della committenza, appartenentea quella classe dominante e dall’elevato livelloculturale che, nella seconda metà del IVsecolo d.C., volle restaurare i culti pagani ei valori della classicità, in contrasto con la re-ligione cristiana. La patera ha un alto valoresimbolico e un significato cosmologico e re-ligioso-filosofico che poggia sulla celebra-zione dell’eterno e ciclico rinnovamentodella vita e della prosperità, di cui Cibele eAttis sono la personificazione. La stessaforma degli strumenti musicali impiegatinel culto fu, dall’inizio del I secolo d.C.,oggetto di un’interpretazione simbolica ecosmologica in base alla quale il timpanoavrebbe evocato il disco terrestre e i dueemisferi dei cimbali, l’emiciclo del cielo. Oltre alla patera di Parabiago (Milano), epi-grafi milanesi, menzionanti sacerdoti diCibele, un curatore del tempio e associa-zioni preposte allo svolgimento del rito, per-mettono di cogliere la presenza del cultodella Grande Madre e delle sue immancabilisonorità a Mediolanum in età imperiale.

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27. Trionfo di Cibele e di Attis, seduti suun carro trainato da leoni, al cospetto di dèie personificazioni del tempo, del cielo edella terra. Cibele e Attis sono raffiguraticon i loro inseparabili strumenti musicali,il tympanum e la syrinx. Attorno a essi sisvolge la movimentata danza dei Coribanti;patera; argento con dorature; da Parabiago;seconda metà del IV secolo d.C.; CivicoMuseo Archeologico di Milano; N. Inv. A0.9.14264 (Inv. St. 5986).

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micamente con le mani o con il plettro,preferibilmente dalle donne. Queste suo-navano anche i cimbali, due piccoli piatti inbronzo, concavi al centro, uniti da una ca-tenella e battuti l’uno contro l’altro in modoritmico. Le tibiae phrygiae erano invece appannaggioesclusivo dei sacerdoti di Cibele. A volte il timpano compare anche associatoad Attis e nella condivisione dello stru-mento con la Grande Madre viene segnalataulteriormente la relazione tra la dea e ilmitico pastore, ma lo strumento di Attis èla syrinx. La sua nascita era collegata allametamorfosi in una canna della Ninfa amatada Pan; dal suono prodotto dal vento chel’attraversava, Pan avrebbe avuto l’idea diunire con la cera questa e altre canne, dandovita allo strumento musicale (Ovidio Me-tamorfosi I, 685-712).

La syrinx era un aerofono privo di ance, co-stituito da più canne, in origine di ugualelunghezza poi di misura decrescente, legatetra loro con cordoncini e cera, materialeimpiegato anche per tappare le estremitàdello strumento e per riempirle interna-mente al fine di emettere suoni di intona-zione diversa (fig. 28). La syrinx venivasuonata facendola scorrere sulle labbra esoffiando, similmente all’armonica a bocca.Gli esemplari di syrinx rinvenuti negli scaviarcheologici sono in legno, con le cannenon accostate una ad una ma ricavate daun’unica tavoletta compatta, in avorio e inbronzo.

Esistono diverse versioni sulla mitica vi-cenda di Attis, bellissimo giovane pastore,amato da Cibele. Secondo il mito di originefrigia, Attis suscitò la passione di Agditis-Grande Madre che, durante le nozze delgiovane con la figlia del re di Pessinunte, ir-ruppe tra gli ospiti in preda all’ira e infusein tutti il sacro furore che indusse Attis a evi-rarsi e offrire i genitali alla Grande Madre.Il giovane morì poi sotto un pino che di-venne l’albero sacro della dea. Il culto diAttis comprendeva lamentazioni funebri,espressioni di gioia e il rito dell’autocastra-zione di coloro che, a imitazione del belpastore, si votavano cruentamente allaGrande Madre.

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28. Syrinx a undici canne con cassa dall’interessante decorazione a tre edicole, di cui una poco conservata,evocativa di una frontescena teatrale. La syrinx era impiegata nei riti sacri, negli spettacoli teatrali, in par-ticolare nei mimi, e durante i banchetti. Secondo alcuni studiosi, la syrinx sarebbe stata il punto di partenzaper la costruzione dell’organo idraulico; syrinx; bronzo; da Pompei; I secolo d.C.; Napoli, Museo Archeo-logico Nazionale.

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Dall’età augustea (31 a.C.-14 d.C.) i teatri ac-colsero spettacoli, il mimo e soprattutto ilpantomimo, fortemente caratterizzati dallamusica, eseguita con strumenti a fiato, acorda, a percussione. Per il suo ascolto vennecreato, inoltre, l’odeon, una struttura co-perta di cui si dotarono solo alcune città del-l’impero tra cui Roma, dove l’imperatoreDomiziano fece realizzare quest’edificio perospitare il concorso musicale da lui istituito,nell’86 d.C., in onore di Giove Capitolino.La forma chiusa e compatta del teatroromano, risultante dall’unione di gradinate(cavea) e scena e dall’identica altezza diqueste due parti (fig. 29), rendeva tale mo-numento più idoneo del teatro greco aglispettacoli musicali e l’odeon, grazie alla co-pertura in legno, potenziava tale prerogativa(fig. 30).Per far sì che nei teatri e negli odeia l’ascoltodella voce e degli strumenti musicali fosseottimale, gli architetti elaborarono solu-zioni acustiche tali che i suoni non si atte-nuassero, dal momento dell’emissione aquello della ricezione, e anzi potessero am-plificarsi; inoltre, pensarono a sistemi perscongiurare i fenomeni di ritorno di eco. Notizie e riflessioni sull’acustica dei teatrisono raccolte nel V libro del De Architecturadi Vitruvio. Esse, dalla fine degli anni Ses-santa, sono state oggetto di revisione daparte di fisici e ingegneri che hanno stu-

diato l’acustica dei teatri antichi con metodiscientifici e con l’ausilio di sofisticate stru-mentazioni, alcune delle quali hanno per-messo di ricostruire in parte la sensazioneacustica dei teatri greci e romani. Da questericerche è emerso che il campo sonoro negliedifici romani era diverso da quello degliedifici greci, poichè nei primi prevaleva lasonorità diffusa, più adatta per le perfor-mancesmusicali, nei secondi la sonorità di-retta, utile al parlato. Il grande successo, nella tarda età imperiale(III-IV secolo d.C.), delle percussioni, degli

I LUOGHI DELLA MUSICA IN ETI LUOGHI DELLA MUSICA IN ETÀÀ IMPERIALE:IMPERIALE:IL TEATRO E L’ODEONIL TEATRO E L’ODEON

“Guarda con meraviglia la prodigiosainvenzione… vale a dire l’organoidraulico: tanti elementi, tante parti,tante articolazioni, tanti canali perl’aria, tante sintesi sonore, tanta ric-chezza di toni, tante file di canne… equesta mole di elementi è strutturata inuna rigorosa unità. Quel vento che, perla compressione dell’acqua, distribuitoattraverso le varie parti, fa risuonare lecanne: indivisibile per natura è divisosoltanto nell’azione, non nell’unità delsuo essere”

Tertulliano L’anima XIV

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29. Ricostruzione ideale di un teatro romano (disegno F. Corni).

strumenti a fiato, dell’organo idraulico (figg.31-32), la passione per i cori numerosi, iltrionfo della spettacolarità procedettero pa-rallelamente al crescente disinteresse, daparte degli spettatori, per le finezze dell’in-terpretazione musicale: il teatro del tardoimpero ospitò una musica volta anzitutto astupire, gli odeia caddero in disuso o as-solsero ad altre funzioni.

Tra i passi di Vitruvio sull’acustica dei teatri,basati in parte sulla teoria musicale di Ari-stosseno, uno dei punti più controversi ri-guarda il sistema dei vasi risuonanti inbronzo, opera congiunta di tecnici musicalie di architetti. Stando all’autore, tale si-

stema fu impiegato già in età ellenistica perdiffondere i suoni in modo omogeneo e peramplificarli (De Architectura V 5, 1-8). Scrive Vitruvio che i “risuonatori” devonoessere posti, con l’imboccatura all’ingiù (po-nantur inversa), in celle equidistanti ricavatetra o sotto i sedili della cavea, aperte versola scena così da far risuonare le frequenzesonore che da lì provengono. In un teatro piccolo, a metà della cavea,vanno collocati tredici vasi in tredici celle.Partendo dalle due estreme fino a quellacentrale, si devono creare coppie di vasi (ilprimo vaso del lato destro con il primo vasodel lato sinistro, e così via) in modo che ri-suonino ad una data nota che, per il vaso alcentro, è la più grave. Tutti i vasi, se battuti contemporaneamente,

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30. Ricostruzione ideale di un odeon romano (disegno F. Corni).

Per l’ottimizzazione del suono nei teatri giocava un ruolo fondamentale la cavea e, a raggiungerelo scopo, concorreva in modo determinante la praecinctio (passaggio semicircolare che dividevala cavea in settori orizzontali, delimitato dal muro di precinzione). La riflessione del suono eracondizionata favorevolmente anche dalla pavimentazione marmorea dell’orchestra. Il protagonista della musica teatrale romana era il suonatore di tibia (tibicen) che, nelle tragediee nelle commedie, proponeva dei Leitmotive che consentivano agli spettatori di intuire in partela storia che gli attori avrebbero recitato. La musica era presente anche prima dell’inizio dello spettacolo e fuori dal teatro: accompa-gnava infatti i sacrifici agli dei e la processione rituale (pompa) che era caratterizzata da una marcatasonorità prodotta da tibie (tibiae), trombe (tubae) e cimbali (cymbala).

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Lo scabellum/scabillum era uno strumento a percus-sione a forma di sandalo, suonato con il piede destro.Era composto da due tavolette di legno sovrapposte,all’interno delle quali erano delle castagnette o deipiccoli cembali che, battendo il piede, emettevanoun suono forte. Con lo scabellum, lo scabellarius scandiva il tempoper il danzatore del mimo o per l’attore-danzatoredel pantomimo, dava il ritmo alle melodie dei suo-natori o dei coreuti che prendevano parte ai medesimispettacoli, e ne annunciava la fine. I suonatori diquesto strumento si riunirono in associazioni, i col-legia scabillariorum, che tutelavano tutti i musicistidelle nuove orchestre del mimo e pantomimo.

31. Un suonatore di scabellum (scabellarius) e, al contempo, di doppia tibia (tibicen) che, insieme ad un altrotibicen, accompagna una danzatrice-suonatrice di krótala; mosaico; da Roma; prima metà del III secolo d.C.;Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio Clementino.

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devono produrre una consonanza armonicae quando, dalla scena, il suono li colpisce,esso ne risulta amplificato e il pubblico av-verte una gradevole consonanza. Nei teatridi grandi dimensioni vanno aggiunte altredue file di tredici vasi. Dei tre ordini oriz-zontali, quello inferiore è destinato al si-stema modulatorio enarmonico, il centraleal cromatico, il superiore al diatonico. Poche e dibattute sono le testimonianze ar-cheologiche a sostegno del reale impiegodel sistema dei “risuonatori” che, qualoradovessero trovare sicura fondatezza, an-drebbero comunque valutate come elementosecondario, di raffinamento del campo acu-stico per il quale fondamentale è solo lastruttura architettonica.

32. Riproduzione parziale di un mosaico raffigurante giochi gladiatori in un anfiteatro, accompagnati dallamusica di organo, cornua e tuba. L’organo era suonato anche nei teatri e nei circhi; mosaico; da Zliten (Libia);inizio del III secolo d.C.; Tripoli, Musée National.

L’organo, strumento di musica idraulica in-ventato dall’ingegnere Ctesibio di Ales-sandria nel III secolo a.C., è noto attraversole fonti letterarie (Vitruvio De architecturaX, 8; Filone di Bisanzio 4, 77; Erone di Ales-sandria Pneumatica 1. 42), epigrafiche e ladocumentazione archeologica, che com-prende resti dello strumento (Aventicum,Aquincum, in Ungheria, Dion, in Mace-donia), raffigurazioni musive, rilievi, lu-cerne. Il funzionamento di questo stru-mento, suonato anche da donne, è ben co-nosciuto.

CATALOGOCATALOGO

LE MUSICHE DEI GRECI

Cat. 1. Cratere a colonnette a figure rosseProduzione atticaPittore di Napoli440 a.C.Da Spina, necropoli di Valle Pega; dono Entepro Spina N. Inv. A 0.9.1871H 48,5 cm; Ø orlo 36 cm; Ø piede 19 cmIntegroSul lato principale del cratere si snoda un corteodi partecipanti a un simposio, condotto da unasuonatrice di doppio aulós, seguita da un suo-natore di lýra. I musicisti occupano una posi-zione centrale nel corteo al quale prendonoparte anche due personaggi maschili, uno difronte all’auletride, l’altro dietro al suonatoredi lýra, i quali tengono in mano coppe da sim-posio (kýlix, skýphos). La particolare importanzadella coppia di musici in questa scena è segnalataanche dall’attenta restituzione dei dettagli, inspecial modo di quelli relativi agli strumenti,alla postura delle mani e ai movimenti delledita. Da segnalare la presenza del plettro nellamano destra del suonatore di lýra. PIARDI 1995, pp. 32-34, n. 12; Figlie e madri,mogli e concubine 2007, p. 94, n. 38; Il mondodei Greci 2008, pp. 79-80, n. 50

Cat. 2. Boccale a figure rosse Produzione apulaGruppo di Stoccarda330-310 a.C.Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.298H 19,5 cm; Ø orlo 12 cm; Ø piede 9 cmIntegro

Nella parte figurata del boccale è un suonatoredi cetra, nudo, con diadema. Seduto sul suomantello, regge lo strumento con la mano si-nistra mentre nell’altra ha un bastone. A lui ri-

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Cat. 1

Cat. 2

volge lo sguardo una donna, anch’essa seduta,che tiene in mano un grande sacco chiuso. Lascena, variamente attestata nella ceramografiagreca e magnogreca, potrebbe essere una riletturadel tema epico della partenza di Elena da Spartaalla volta di Troia insieme a Paride, qui in vestedi suonatore di cetra. Lo strumento è del tipoa cassa rettangolare ed è ornato da nastri.RVAp II, p. 985, n. 272; La Collezione Lagioia2004, pp. 214-215, n. 146; Miti greci 2004, p.273, n. 272

Cat. 3. Pelíke a figure rosseProduzione apula.Gruppo di Tarrytown340-330 a.C.Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.293H 35 cm; Ø orlo 16,3 cm; Ø piede 12,4 cmRicompostaNella pelíke, sul lato principale, è una donnaelegantemente abbigliata, seduta su uno sgabello,intenta a suonare un’arpa, parzialmente poggiatasulle gambe. La suonatrice ha la testa piegataall’indietro come se cercasse ispirazione mentre,di fronte a lei, un giovane, nudo con alti calzarie mantello, sta per posarle sulla testa una coronadi alloro e, sua volta, sta per essere incoronatoda un erote. Questa scena rituale -come evi-denziano la grande coppa (loutérion), il cande-labro o incensiere (thymiatérion) e l’Erote- d’in-coronazione della suonatrice d’arpa si inquadrain un contesto nuziale. Tale iconografia è moltodiffusa in ambito magnogreco. Un confrontostringente con l’arpista del Civico Museo Ar-cheologico di Milano è in una pelíke conservataal Museo Archeologico Nazionale di Napoli(RVAp II, p. 543, n. 357, tav. 205, 5-6) mentrel’arpa, decorata con un volatile, è molto similea quella del cratere del Pittore di Atene 1714al Metropolitan Museum di New York (RVAp

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I, pp. 210-214, tav. 67, 1). Le arpe avevano un cospicuo numero di corde,disposte perpendicolarmente rispetto alla cassaarmonica e dalla lunghezza scalare, le quali ve-nivano pizzicate con le dita, senza mai ricorrereal plettro. Nell’antichità esistevano vari tipi diarpe, dalla pektís di origine lidia al trígonon,arpa triangolare, all’arpa fenicia, detta naúla onábla. Questi strumenti a corda non accompa-gnavano il canto, se non in rare occasioni, ederano suonati quasi esclusivamente da donne,in contesti nuziali ed erotico-simposiaci.La Collezione Lagioia 2004, pp. 167-168, n.75; Miti greci 2004, p. 272, n. 270; Il mondodei Greci 2008, p. 126, n. 105

APOLLO E LE COMPETIZIONI MUSICALI

Cat. 4. Cratere a volute a figure rosseProduzione atticaCerchia di Polignoto440 a.C.Dono di Athos Moretti (1979), con dichiara-

Cat. 3

zione di provenienza da SpinaN. Inv. A 0.9.18033 H 45,9 cm; Ø orlo 35 cm; Ø piede 17 cmRicompostoSul lato A del cratere è raffigurata una scena dipremiazione di Apollo suonatore di cetra, in-coronato da una Níke, al cospetto di Artemide.Le dita della mano sinistra del dio pizzicano lecorde della cetra, decorata da un sontuosodrappo, mentre la mano destra regge lo stru-mento nella parte inferiore e stringe un plettro.Il riferimento alla vittoria del dio è ribadito, sullato B, dalle due Níkai che sollevano un tripode,premio tradizionale anche per i vincitori dicompetizioni musicali. Il motivo iconograficodella vittoria del citarista e del citarodo rinvianoalle competizioni musicali che si svolgevano inGrecia, come i Pýthia delfici istituiti in onoredi Apollo.MACCABRUNI 1985, pp. 45-61; PIARDI1995, pp. 39-40, n. 16; Da Olimpia ad Atene2004, pp. 54-55; Il mondo dei Greci 2008, p.194, n. 224

Cat. 5. Boccale a figure rosseProduzione attica480-470 a.C.N. Inv. A 0.9.1807 H 10,6 cm; Ø orlo 10,9 cm; Ø fondo 9 cmRicompostoScena sacra con suonatore di bárbitos dinanzi aun altare sul quale, originariamente, ardeva unafiamma sovradipinta in rosso; sopra all’altareera la scritta ΗΟ ΠΑΙΣ ΚΑΛΟΣ (il fanciullo

bello), quasi del tutto scomparsa. Un confrontostringente per tale scena è in una pelíke attica afigure rosse da Perachora, risalente al 470 a.C..Questo tipo di iconografia con suonatore dicordofono (kithára, lýra, bárbitos) di fronte adun altare acceso si riferisce spesso al dio Apollo. PIARDI 1995, pp. 52-54, n. 27 (oinochóe tipo

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8 B “mug”); Il mondo dei Greci 2008, p. 199,n. 254; Thesaurus cultus et rituus antiquorum,II, sv Music, p. 389, n. 356 (pelíke da Pera-chora)

Cat. 6. Hydría nello stile di GnathiaProduzione apulaCerchia del Pittore di Lecce 1075330-320 a.C.

Cat. 4

Cat. 5

Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.093 H 16,5 cm; Ø orlo 5,6 cm; Ø piede 5,6 cmRicompostaKithára italiota con cassa rettangolare, a settecorde, entro rami di alloro e corone che alludonoa una vittoria musicale.La Collezione Lagioia 2004, pp. 267-268, n.190; Miti greci 2004, p. 273, n. 273

Cat. 7. Statuetta di suonatrice di cetraTerracotta con tracce di ingobbio biancoProduzione apulaIII-II secolo a.C.Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.365H 17,1 cm; largh. 5,8 cmScheggiataSuonatrice di cetra italiota con cassa rettangolare,tipica delle zone italiche a partire dal IV secoloa.C. Lo strumento è retto con la mano sinistrae le corde pizzicate con le dita della mano destra.La Collezione Lagioia 2004, p. 394, n. 362

Cat. 8. Statuetta di suonatrice di cetraTerracottaProduzione apulaIII-II secolo a.C.Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.366H 17,2 cm; largh. 5,7 cmScheggiataSuonatrice di cetra della medesima tipologiadella precedente. La Collezione Lagioia 2004, pp. 394-395, n. 363

DIONISO E LA MUSICA. IL CULTO,IL TEATRO E IL SIMPOSIO

Cat. 9. Cratere a colonnette a figure rosseProduzione attica

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Pittore di Efesto440-430 a.C.da SpinaN. Inv. A 0.9.1814H 36 cm; Ø orlo 29,2 cm; Ø piede 14,8 cmIntegroSul lato principale del cratere è raffigurato unkómos (festoso corteo dionisiaco con musica edanze), guidato da una suonatrice di doppio

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aulós, con le gote gonfie a sottolineare lo sforzodi soffiare nello strumento. Dietro di lei è unsuonatore di bárbitos che, come di consueto,pizzica le corde con le dita della mano sinistrae tiene un plettro nella destra. La scena musicaleè completata da movenze di danza, eseguite dalgiovane nudo con bastone, rivolto verso l’aule-tride. PIARDI 1995, pp. 34-36, n. 13

Cat. 10. Situla a campana a figure rosseProduzione apulaPittore di Ganimede340-320 a.C.Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.282H 21,3 cm; Ø orlo 16,2 cm; Ø piede 10 cmRicompostaScena rituale dionisiaca con Satiro che porgeun týmpanon ad una donna, la quale offre unagrande focaccia (plakoùs o pòpanon), dono perDioniso (lato A). A quest’evento partecipa anchela donna dipinta sul lato posteriore del vaso chereca un ventaglio, delle bende e una fiaccolaaccesa, indizio della celebrazione di riti notturnidionisiaci. RVAp II, p. 801, n. 37; La Collezione Lagioia2004, pp. 186-188, n. 99; Miti greci 2004, p.116, n. 95

Cat. 11. Statuetta di suonatrice di týmpanonTerracotta con tracce di ingobbio bianco Produzione tarantinaSeconda metà del IV secolo a.C.Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.345H 12,9 cm; largh. 4,7 cmRicompostaSuonatrice di týmpanon, tenuto con la manosinistra. La figura è assisa, velata e stretta in unmantello (himátion).

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La Collezione Lagioia 2004, p. 385, n. 339

Cat. 12. Statuetta di suonatrice di týmpanonTerracotta con tracce di ingobbio bianco e dicolore rossoProduzione tarantinaSeconda metà del IV secolo a.C.Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.346H 12,7 cm; largh. 4,4 cmRicompostaSuonatrice di týmpanon, poggiato sul lato sinistrodel sedile su cui è assisa. Le mani sono sulle gi-nocchia. La Collezione Lagioia 2004, pp. 385-386, n.340

Cat. 13. Statuetta di suonatore di doppio aulósTerracottaV-IV secolo a.C.Collezione AnconaN. Inv. A 0.9.13H 9 cm; largh. 7 cmIntegraSileno suonatore di doppio aulós con le gote ri-gonfie per l’insufflazione. CAPORUSSO 1975, p. 77, n. 90; Il mondo deiGreci 2008, p. 47, n. 7

Cat. 14. Stemless cup a figure rosseProduzione apulaGruppo di Cleveland330-320 a.C.Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.193H 5,5 cm; Ø orlo 16 cm; Ø piede 7,5 cmIntegraMenade danzante, suonatrice di týmpanon,tenuto nella mano sinistra, e di campanella. Ilmovimento vorticoso della danza traduce ilritmo frenetico della musica dionisiaca.

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La Collezione Lagioia 2004, pp. 197-198, n.116

Cat. 15. Skýphos a figure rosseProduzione apula350-330 a.C.N. Inv. A 988.01.01H 38,9 cm; Ø orlo 38,2 cm; Ø piede 20,5 cmIntegraAl centro della scena è raffigurato Dioniso,assiso, che regge con la mano sinistra una cetraitaliota con cassa rettangolare, dalle corde net-tamente dipinte. Attorno al dio sono dispostiuna Menade danzante, che regge un incensiere(thymiatérion), un Satiro che tiene in mano unalarga coppa da simposio (kýlix), un Erote involo con un cigno. L’immagine presenta una

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contaminazione di temi dionisiaci -rituale, sim-posiaco, erotico- ed evidenzia come nessunostrumento fosse pertinenza esclusiva di un dio:pertanto la kithára di Apollo poteva essere raf-figurata anche nelle mani di Dioniso o accom-pagnare talvolta i ditirambi e allo stesso modol’aulós dionisiaco poteva essere presente nel cultoapollineo. Il mondo dei Greci 2008, pp. 194, 196, n. 225;CERA (in corso di stampa)

TRA GRECI E ROMANI. L’ORIGINALEMONDO DELLA MUSICA ETRUSCA

Cat. 16. Hydría a figure nereProduzione etrusca525-476 a.C.Provenienza sconosciutaN. Inv. 985.07.1H 55,2 cm; Ø orlo 38,6 cm; Ø piede 2,4 cmRicompostaSuonatrice di krótala e Satiro.I krótala (dal greco krótos, rumore) sono unasorta di nacchere, composte da due pezzi tra-pezoidali di legno o, più raramente, d’avorio odi bronzo, uniti all’estremità e percossi l’unocontro l’altro. I krótala scandivano il ritmo nelladanza, specialmente dionisiaca, ragione per cuile suonatrici erano spesso anche danzatrici.Inedito

Cat. 17. Olpe a figure nereProduzione etruscaGruppo di Micali500-476 a.C.Da Cerveteri, necropoli di Monte Abatone(Tomba 154)Collezione LericiN. Inv. A 0.9.7201H 26,9 cm; Ø orlo 9 cm; Ø piede 8,5 cmIntegra

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Un anziano suonatore di bárbitos pizzica le cordedello strumento, rese mediante sottili lineeincise, con le dita della mano sinistra mentrenella destra stringe un plettro. Il suonatore hail capo rovesciato all’indietro, postura che indicaconvenzionalmente l’ispirazione o l’estasi mu-sicale. Dalla bocca aperta escono lettere che nonrestituiscono nessuna parola di senso compiutoma potrebbero alludere a un’esecuzione dimusica vocale, configurando il musico anchecome cantore. La particolare iconografia delsuonatore anziano, caratterizzata inoltre da una

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syrinx, si distinguono le tibiae phrigiae. Unasyrinx, un timpano e forse una campanella com-paiono nel festone vegetale, tra maschere teatrali.Nella lastra, in basso a destra, si legge una scrittabeneaugurate, realizzata a punzone: VALE (stabene).Inedito

Cat. 19. Frammento di lastra CampanaTerracotta dipintaI secolo d.C.Provenienza sconosciutaN. Inv. A 0.9.11516H 17,8 cm; largh. 10,6 cm; spessore 3,4 cmSatiro danzante che suona tibiae phrigiae. Rea-listica la resa delle gote gonfie, dovute allo sforzodell’insufflazione, e il movimento delle ditadella mano sinistra.Inedito

Cat. 20. Frammento di lastra CampanaTerracotta dipintaFine del I secolo a.C.-prima metà del I secolod.C.Provenienza sconosciutaN. Inv. A 0.9.11542H 14,2 cm; largh. 11,5 cm; spessore 1,9 cmSuonatore di tibiae phrigiae, con le dita dellemani dai movimenti realistici sui due tubi dellostrumento e con la testa lievemente reclinataall’indietro, segno di ispirazione musicale.Stando alla posizione della gamba sinistra, purframmentata, sembra che il tibicine accompagnila musica con passi di danza.Inedito

Cat. 21. Frammento di lastra CampanaTerracotta dipintaI secolo d.C.-II secolo d.C.Provenienza sconosciutaN. Inv. A 0.9.11526

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certa nobiltà, la rara attestazione del bárbitos inEtruria, l’anomala iscrizione rendono questaimmagine musicale di indubbio interesse e dievidente eccezionalità .OLIVOTTO 1994, pp. 72-73, n. 47; VICCEI(in corso di stampa)

LA MUSICA CULTUALE. LE TIBIAE

Cat. 18. Lastra di decorazione architettonicaTerracotta dipintaI secolo a.C.-I secolo d.C.Provenienza sconosciuta. Collezione Vitali.N. Inv. A 000.4.92 H 28,7 cm; largh. 38,6 cm; spessore 2,4. cmIntegraScena di musica e di sfrenata danza dionisiaca,eseguite da quattro seguaci di Dioniso-Bacco.Tra gli strumenti suonati, cimbali, timpano,

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H 18,5 cm; largh. 21,4 cm; spessore 4 cmGiovane suonatore di tibiae phrigiae, nelle qualiè ben evidente la parte terminale dell’aerofono. Inedito

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Cat. 22. Aerofono (flauto)OssoEpoca copta (IV-VII secolo d.C.)Provenienza sconosciuta (Egitto)N. Inv. E 998.03.411 Lungh. 22,4 cm.; Ø 0,9-1,2 cm.Aerofono, definibile flauto, con sei fori di fatturapoco accurata. Questo aerofono è diverso dalle tibiae ed è in-quadrabile nell’ambito della musica popolare. A tale strumento può essere dato il nome mo-derno di flauto, con il quale si definiscono imolti reperti analoghi per forma, materiale(osso), tipologia di foratura e mancanza di al-loggiamento di ancia: lo strumento viene infattisuonato soffiando direttamente nel tubo sonoro. Il più antico flauto rinvenuto proviene da HohleFels, in Germania meridionale, e risale a circa35.000 anni fa.Inedito

L’ORIZZONTE SONORO DEI CULTISTRANIERI. ISIDE

Cat. 23. Frammento di sistroFaïenceProvenienza sconosciuta (Egitto)Epoca tarda (metà VII-metà IV secolo a.C.)N. Inv. E 998.03.381H 4,5 cm; largh. 5,5 cm; spessore 3,6 cm

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Parte superiore di sistro a naós. Inedito

Cat. 24. Frammento di sistroFaïenceProvenienza sconosciuta (Egitto)Epoca tarda (metà VII-metà IV secolo a.C.)N. Inv. E 998.03.374H 5,5 cm.; largh. 6,3 cm; spessore 2,6 cm.Parte centrale di sistro a naós.Inedito

Cat. 25. Frammento di sistroFaïenceProvenienza sconosciuta (Egitto)Epoca tarda (metà VII-metà IV secolo a.C.)N. Inv. E 998.03.375H 7,6 cm.; largh. 7,7 cm; spessore 3,5 cm.Parte centrale di sistro a naós.Inedito

Cat. 26. Frammento di sistroFaïenceProvenienza sconosciuta (Egitto)Epoca tarda (metà VII-metà IV secolo a.C.)N. Inv. E 998.03.376H 9,7 cm.; largh. 7,4 cm; spessore 3,5 cm.Parte centrale di sistro a naós.Inedito

Cat. 22

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Cat. 27. Frammento di sistroFaïenceProvenienza sconosciuta (Egitto)Epoca tarda (metà VII-metà IV secolo a.C.)N. Inv. E 998.03.377H 5,5 cm; largh. 4 cm; spessore 2,1 cmParte centrale di sistro a naós.Inedito

Cat. 28. Frammento di sistroFaïenceProvenienza sconosciuta (Egitto)Epoca tarda (metà VII-metà IV secolo a.C.)N. Inv. E 998.03.378H 5,4 cm; largh. 5,9 cm; spessore 3,1 cmParte centrale di sistro a naós.Inedito

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di gatti sulla sommità. Inedito

Cat. 32. Frammento di sistroBronzoProvenienza sconosciuta (Egitto)Epoca tarda (metà VII-metà IV secolo a.C.)N. Inv. E 997.02.183

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Cat. 29. Frammento di sistroFaïenceProvenienza sconosciuta (Egitto)Epoca tarda (metà VII-metà IV secolo a.C.)N. Inv. E 998.03.379H 5,7 cm.; largh. 3 cm; spessore 1,9.Parte centrale di sistro a naós.Inedito

Cat. 30. Anello BronzoProvenienza sconosciuta (Egitto)Nuovo Regno (metà XVI-XIII secolo a.C.) opostØ 1,75 cmN. Inv. E 0.9.40415Anello in forma di cartiglio con decorazionerappresentante un sistro a naós, fiancheggiatoda due urèi. Inedito

Cat. 31. Frammento di sistroBronzoProvenienza sconosciutaI secolo a.C.-I secolo d.C.N. Inv. E 0.9.410863,6 x 3,7 cmParte superiore di sistro ad arco con tre figure

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H 6,5 cm; largh. 4,3 cm; spessore 1,7 cmParte centrale di sistro ad arco.Inedito

Cat. 33. Frammento di sistroBronzoProvenienza sconosciuta (Egitto)Epoca tarda (metà VII-metà IV secolo a.C.)N. Inv. E 997.02.182H 11,7 cm; Ø 2,9 cmManico di sistro ad arco con geroglifici incisi. Inedito

Cat. 34. SistroBronzoProvenienza sconosciutaI secolo a.C.-I secolo d.C.N. Inv. A 0.9.931H 9,4 cmSistro ad arco sulla cui sommità compare lafigura di Bastet, dea gatta egizia, che allatta isuoi cuccioli. Lo strumento ha tre barrette. Milano antica 2007, p. 112, n. 25

SELEZIONE DEI MATERIALIIN MUSEO

Questa parte del catalogo è dedicata ad alcunireperti conservati presso il Civico Museo Ar-cheologico di Milano che sono stati selezionatia completamento della documentazione esposta. In riferimento agli argomenti trattati, i repertisono stati raggruppati sulla base dello strumento

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musicale raffigurato o di quello maggiormentedistintivo per il tema considerato.

LE MUSICHE DEI GRECI. ARPA

Cat. 35. Lekýthos nello stile di GnathiaProduzione apulaCerchia del Pittore di Lecce 1075330-320 a.C.Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.098 H 11,9 cm; Ø max 7,3 cmFrammentaria e lacunosaUn Eros androgino, seduto su una roccia, tienepoggiata sulla gamba un’arpa, analoga a quelladella pelíke a figure rosse (Suoni silenti, n. 3).Qui la parte anteriore del telaio è configurata atesta di cigno, nella pelíke ad airone.La Collezione Lagioia 2004, p. 289, n. 226;Miti greci 2004, p. 272, n. 271

APOLLO E LE COMPETIZIONI MUSICALIKITHÁRA

Cat. 36. Anfora a figure nereProduzione atticaFine del VI secolo a.C.Da Cerveteri, necropoli di Monte Abatone(Tomba 541)Collezione Lerici N. Inv. A 0.9.8599 H 30,5 cm; Ø orlo 15 cm; Ø piede 10 cmIntegraSul lato principale dell’anfora è raffiguratoApollo, sontuosamente vestito, che suona unakithára a sei corde. Nella mano destra si nota ilplettro legato allo strumento da una corda resamediante una linea incisa. Come nel craterecon premiazione di Apollo (Suoni Silenti, n. 4),il dio è affiancato da Artemide con cerbiattomentre alle sue spalle una figura femminile

sembra incoraggiarlo a suonare la cetra.Il mondo dei Greci 2008, p. 194, n. 223

LÝRA

Cat. 37. Cratere a calice a figure rosseProduzione apulaOfficina del Pittore di Licurgo360-350 a.C.Acquisto da asta (1963). Deposito dello StatoN. Inv. A 0.9.1872 (Inv. St. 6873) H 61,5 cm; Ø orlo 56 cmRicomposto

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Sul lato principale del cratere con la narrazionedel mito di Partenopeo, collegato al ciclo tebanomesso in scena da Eschilo (Laio, Edipo, I Settecontro Tebe), Sofocle (Edipo re, Antigone, Edipoa Colono) e Astidamante (Parthenopaios),compare la figura di Apollo con la lýra. La pre-senza del dio, in questa probabile trasposizionedi una scena teatrale, è dovuta all’oracolo inviatoall’anziano indovino Tiresia, nel vaso a colloquiocon Partenopeo. In tale contesto la lýra comparesia come precipuo attributo di Apollo sia comeallusione alla musica nella rappresentazionescenica, la quale fu probabilmente vittoriosa,come parrebbe dai tripodi che inquadranoquesto mito teatrale. ORLANDINI 1979, p. 90; Uomo, mito e teatronei vasi della Grecia antica 2003, pp. 29-32;Miti greci 2004, p. 229, n. 232; Il mondo deiGreci 2008, pp. 256-259, 268, n. 302

DIONISO E LA MUSICA. IL CULTO,IL TEATRO E IL SIMPOSIO. AULÓS

Cat. 38. Stámnos a figure rosseProduzione atticaPittore di Villa Giulia460-450 a.C.N. Inv. A 0.9.224H 37,5 cm; Ø orlo 19,5 cm; Ø piede 13 cmRicompostoCorteo di sacerdotesse di Dioniso composto,tra le altre, da una suonatrice di aulós, una can-tante e una danzatrice (lato B) che celebrano ilculto dello xóanon (statua lignea) di DiónysosPerikiónios (lato A). Il rituale raffigurato è messoin relazione dalla maggior parte degli studiosicon le feste Lenee, celebrate verso la fine digennaio, nelle quali era prevista una processionedi carattere musicale affidata alle sacerdotessedi Dioniso.PIARDI 1995, pp. 41-42, n. 17; Il mondo dei

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Greci 2008, pp. 133, 135, n. 208

Cat. 39. Cratere a calice a figure rosseProduzione apulaPittore di Atene 1714370-360 a.C.Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.279

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Cat. 38

LA MUSICA MULTIETNICADELLA ROMA IMPERIALE

Cat. 41. Pasta vitrea con Apollo citaredo Pasta vitrea color marrone chiaro Seconda metà del I secolo a.C.Collezione LagioiaN. Inv. A 997.01.539

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H 42,5 cm; Ø orlo 38 cm; Ø piede 17,8 cmIntegroScena di simposio con Dioniso e l’amataArianna, in cui sono raffigurati un aulós, nellamano sinistra di Arianna, e un týmpanon, appesoalla parete. Nell’immagine la centralità dell’aulós,insieme al vaso dionisiaco per antonomasia, ilkántharos, sollevato dal dio, restituisce l’altovalore della musica auletica e del vino nell’uni-verso simposiaco. A tale proposito è interessantericordare, con Senofonte (Simposio 9, 2), chein epoca ellenistica vi era almeno una compagniadi artisti che allestiva, in occasione dei simposi,la rappresentazione del mito di Dioniso eArianna. Si trattava di uno spettacolo di danzae di musica per solo aulós, strumento che, congli stessi protagonisti e nello stesso contestodella performance, compare nel cratere di Milano.La Collezione Lagioia 2004, pp. 117-119, n.53; Miti greci 2004, p. 179, n. 152

Cat. 40. Cratere a colonnette a figure rosseProduzione atticaPittore di Londra E 489460-450 a.C.Da Spina; dono Ente pro Spina N. Inv. A 0.9.1869H 46,5 cm; Ø orlo 28,5 cm; Ø piede 17,7 cmIntegroSuonatrice di aulós, probabilmente una etera,con le gote rigonfie nell’atto di soffiare nellostrumento e con le dita delle mani in movimentosui fori. La musicista appare in primo pianoentro una scena simposiaca con quattro uominidistesi su klínai (letti), dei quali quello più vicinoalla suonatrice ha il capo gettato all’indietro ele labbra dischiuse, probabilmente a intonareun canto. PIARDI 1995, pp. 31-32, n. 11; Figlie e madri,mogli e concubine 2007, pp. 93-94, n. 37; Ilmondo dei Greci 2008, p. 79, n. 49

Cat. 39

Cat. 40

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Lungh. 2,7 cm; largh. 2,5; spessore 0,6 cmLacunosaRaffigurazione di Apollo che regge la cetra aculla, cosiddetta per la forma arrotondata dellacassa armonica, con la mano destra. L’immagineè una variante del noto tipo dell’Apollo citaredodi Timarchides.La Collezione Lagioia 2004, p. 486, n. 556

LA MUSICA CULTUALE. LE TIBIAE

Cat. 42. Ara cilindricaMarmoEtà augusteaDa CremonaN. Inv. A 0.9.1140H 78 cm; Ø 39 cmParzialmente frammentariaSu questa ara cilindrica si snoda una scena dio-nisiaca di tipo sacrificale che ha per protagonistiun satiro suonatore di tibiae impares e danzanteinsieme a due menadi con una lepre, animalesacrificale.HAGEWEILER 2004, pp. 77-78, n. 42, fig.62

Cat. 41

Cat. 42

bianca

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GLOSSARIOGLOSSARIO

Aerofoni Strumenti a fiato, il principale dei quali è l’aulós.Aulós L’aulo è uno strumento a fiato ad ancia doppia, simile all’oboe moderno, di normasuonato a due canne (diaulós).Ancia Linguetta sottile, fatta vibrare dal fiato del suonatore. Essa è applicata in modo da co-stituire l’imboccatura dello strumento e, per effetto della sua vibrazione, il tubo sonoro si apree si chiude in modo alterno, facendo vibrare la colonna d’aria al suo interno e producendoil suono. L’ancia può essere semplice o doppia. L’ancia semplice è una linguetta unica conun’estremità libera per la vibrazione; l’ancia doppia è costituita da due linguette vibranti, pi-giate l’una contro l’altra. Quando si inserisce l’ancia, semplice o doppia, in una canna, sof-fiando energicamente si produce un suono amplificato la cui altezza varia in base alla lun-ghezza della canna. Anfora Grande recipiente a due anse, elemento dal quale deriva la denominazione. È usataper contenere vino e olio e alimenti solidi come olive e grano.Bárbitos Strumento a corda, appartenente alla famiglia delle lire, caratterizzato da lunghi braccie da corde d’intonazione grave.Chróa Significa letteralmente “sfumatura di colore” e si riferisce alla variazione del génosmu-sicale. Cordofoni Strumenti a corda, legati soprattutto ad Apollo e tradizionalmente connessi al cantoe all’educazione aristocratica.Cornu Il corno è una tromba ricurva, in bronzo, suonata dal cornicen. CratereVaso di grande dimensione con ampia bocca e con due anse, impiegato per mescolareacqua e vino nella cerimonia del simposio.Cromatico (genere) Articolazione del tetracordo nel quale si succedono semitono, semitono,un tono e mezzo.Diatonico (genere) Articolazione del tetracordo nel quale si succedono semitono, tono,tono.DitiramboGenere lirico corale con accompagnamento dell’aulós. Nasce come canto cultualeper Dioniso.Enarmonico (genere) Articolazione del tetracordo nel quale si succedono quarto di tono, quartodi tono, due toni.Éthos Significa letteralmente “carattere, disposizione d’animo” e viene riferito a scale, ritmio strumenti musicali dalla connotazione etica. Génos Genere musicale. Particolare disposizione di intervalli nel tetracordo. Harmonía Termine polisemico, che in origine vuol dire accordatura di uno strumento poi

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disposizione degli intervalli sulla lýra e, in senso più generico, scala musicale. Nei testi pita-gorici harmonía significa ottava; in Aristosseno di Taranto indica invece il genere enar-monico e il significato di scala musicale è assunto dalla parola sýstema. Con harmonía si in-tende anche un insieme di elementi che concorrono a definire un particolare modo di faremusica, proprio di un determinato gruppo etnico e di un’area geografica: si parla, pertanto,di harmonía dorica (“energica”, secondo Platone); harmonía frigia (“entusiastica”, per Ari-stotele; utilizzata nei ditirambi e nei riti dionisiaci); harmonía lidia (“molle e conviviale”, se-condo Platone). Harmonikoí Armonici, teorici musicali che seguono principalmente un metodo empirico.Hydría Vaso con bocca espansa e tre anse, due orizzontali per sollevare il vaso, una verticaleper inclinarlo, utilizzato per attingere e versare acqua.Hypáte (chordé) Significa letteralmente la corda “più alta”, quella che produce la nota d’in-tonazione più grave.Idiofoni Strumenti nei quali il suono è prodotto dal materiale che li costituisce, come ikrótala.Kithára (latino cithara) La cetra è uno strumento a corda, i cui bracci sono il prolungamentodella cassa armonica, più ampia di quella della lýra. È suonata da professionisti.Kómos Festoso corteo dionisiaco con musica e danze.Krótala (latino crotala) I crotali sono uno strumento a percussione, composto da due pezzidi legno legati ad una estremità mediante una cerniera.Kýmbala (latino cymbala) I cimbali sono uno strumento a percussione, costituito da due piccoliemisferi o piatti concavi in metallo che venivano sbattuti l’uno contro l’altro. Lituus Il lituo, strumento a fiato etrusco, è una tromba in bronzo, dalla lunga canna cilin-drica con padiglione ricurvo. Lýra (latino lyra) La lira è uno strumento a corda, i cui bracci sono distinti dalla cassa ar-monica che, in origine, era costituita da un guscio di tartaruga (chélys). Mousiké (téchne) Significa letteralmente “arte delle Muse” e comprende poesia, musica e danza.Mése (chordé) Significa letteralmente la corda “di mezzo”.Néte (chordé) Significa letteralmente l’“ultima” corda, quella che produce la nota d’intona-zione più acuta.Nómos Struttura melodica regolata da una particolare rigidità di leggi nell’intonazione me-lodica e nel ritmo.Notazione Le serie di note musicali, vocali - eseguite con la voce - e strumentali - eseguitecon lo strumento -. Tramandate da Aristide Quintiliano, Bacchio Geronte, Gaudenzio,Alipio, furono create utilizzando i segni dell’alfabeto greco. Olpe Brocca a larga imboccatura rotonda, usata nel banchetto.Organo idraulico Strumento musicale ideato da Ctesibio di Alessandria (III secolo a.C.) che

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impiegava un complesso sistema idraulico per la compressione dell’aria.Peana Inno religioso corale con accompagnamento della kithára, eseguito per Apollo.Pelíke Vaso a due anse impiegato per contenere e conservare liquidi.Phorbeiá (latino capistrum) Sorta di maschera in cuoio, utilizzata dai suonatori di aulósprofessionisti per regolare l’insufflazione.Pitagorici Seguaci di Pitagora, aderenti a un movimento filosofico-religioso che mise a puntouna teorizzazione musicale fondata sulla ragione (lógos).Scabillum Lo scabillo è uno strumento a percussione a forma di sandalo, suonato con il piededestro, composto da due tavolette di legno sovrapposte con, all’interno, delle castagnette odei piccoli cembali che, battendo il piede, emettevano un suono forte. Era suonato dallo sca-billarius.Situla Secchiello profondo, cilindrico o troncoconico, dotato di due occhielli per il manico.Era destinato a usi domestici o a contenere l’acqua lustrale. Skýphos Coppa troncoconica, con due anse, usata per bere. Sistrum Il sistro è uno strumento musicale a percussione, in metallo, del tipo a naós e ad arco. Syrinx La siringa è uno strumento musicale a fiato, composto da più canne, noto anche comeflauto di Pan.StámnosVaso dal corpo espanso e tozzo, con piccole anse orizzontali, usato per miscelare vinoe acqua. Stemless cup Coppa più profonda e ampia della kýlix (larga coppa su piede), usata per bere.Sybéne Borsa contenente gli auloí.Tetracordo Insieme di quattro note consecutive, di cui la più grave (hypáte) e la più acuta(mése) sono poste a distanza di quarta (due toni e mezzo). Le note intermedie mutano la po-sizione a seconda del genere cromatico, diatonico, enarmonico. Tibia La tibia è uno strumento a fiato, simile all’aulo greco, suonata solitamente in coppiadal tibicen.Trígonon Arpa di forma triangolare.Tuba La tuba è una tromba dritta, in bronzo, suonata dal tubicen.Týmpanon (latino tympanum) Strumento musicale a percussione, consistente in un tamburelloin pelle, talvolta con sonagli.

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Bibliografia essenziale

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Finito di stampare nel mese di giugno 2011dalla Litografia Nova Lito - Carpenedolo (BS)