Rane velenose - Kataweb

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In questa tavola di David M. Dennis. i dendrobatidi selenosi apparte- nenti al genere Phyllobates sono rappresentati con dimensioni che corrispondono a 1,7 volte le loro dimensioni reali. I primi due esem- plari in alto, da sinistra, sono P. lugubris e P. vittatus, due specie centroamericane che secernono quantità relativamente scarse di tossi- ne da ghiandole presenti nella loro pelle. L'esemplare in alto a destra è P. aurotaenia, una delle tre specie colombiane usate per avvelena- re le frecce delle cerbottane. Nella parte centrale della tavola si nota- no due esemplari di P. bicolor, la seconda delle tre specie colombiane, che mostrano estreme variazioni di dimensioni e di colore; le loro zampe, di colorazione di, ersa dal resto del corpo, variano dal verde pallido al nero. In basso è raffigurata la terza e più velenosa delle specie colombiane: P. terribilis. La forma immatura (a sinistra) mostra delle strisce analoghe a quelle dei suoi congeneri in alto, ma le sue strisce vengono obliterate dal graduale estendersi del pigmento di colore vi- vace. La forma adulta (a destra) può essere gialla, arancio o verde pal- lido, ma normalmente presenta una colorazione uniforme sul dorso e sul ventre. Questa specie, che è più aggressiva, secerne meno delle altre ma la sua secrezione ha una tossicità v enti volte superiore. Questo fatto rende P. terribilis potenzialmente pericoloso anche al semplice tatto. 901" 1" i 4"\ G li organismi velenosi sono così abbondanti che i chimici e i farmacologi impiegheranno ancora molti anni prima di riuscire ad ana- lizzare tutte le sostanze nocive che si tro- vano in un gran numero di microrganismi, piante e animali. La ricerca di base in questo campo spazia in discipline di inte- resse più ampio come l'ecologia e la bio- logia evoluzionistica, e può anche portare alla sintesi di nuovi farmaci o di altre so- stanze utili. Alcuni temi di ricerca partico- larmente affascinanti sono proposti dalla massa vivente, così ricca, che pullula nelle regioni tropicali. Ne è un esempio, nel Nuovo Mondo, il genere di pianta tropica- le Strychnos, che è fonte del veleno stric- nina e degli alcaloidi del curaro. Il curaro viene usato dai cacciatori indios per avve- lenare le frecce e dagli anestesisti come miorilassante. Un altro esempio è fornito da una famiglia di anuri, di cui alcune specie secernono uno dei più energici ve- leni animali mai conosciuti. Anche questa sostanza viene utilizzata come veleno per frecce e ha trovato un posto nella ricerca biomedica. Altre specie della stessa fami- glia secernono numerose tossine di diver- so tipo e sono, inoltre, interessanti per parecchi aspetti della loro biologia. Gli anuri velenosi e i loro affini innocui appartengono alla famiglia dendrobatidi, geograficamente localizzata nell'America Meridionale e nelle regioni meridionali dell'America Centrale. Occupano una vasta gamma di habitat: alcune specie sono reperibili lungo i corsi d'acqua; altre vivono invece lontano dall'acqua, sul ter- reno o appena al disopra di esso, nelle foreste pluviali di pianura o di montagna; rare specie forestali trascorrono addirit- tura la maggior parte della propria esi- stenza sugli alberi; all'estremo opposto vi sono alcune specie che vivono su terreni aridi aperti, dove trovano sufficiente umidità all'ombra della bassa vegetazio- ne. Malgrado queste diversità ecologiche, i dendrobatidi hanno uno stile di vita comune, che li distacca praticamente da tutti gli altri anuri. Essi sono attivi soltan- to durante il giorno e depongono le uova sul terreno, in luoghi umidi. Si prendono cura delle uova fino alla schiusa, quando uno dei genitori si incarica di portare i girini, letteralmente incollati al suo dorso, in un ambiente acquatico idoneo. La famiglia comprende più di 100 spe- cie, solitamente suddivise in quattro ge- neri. Si tratta di piccoli anuri, con una lunghezza totale che varia da poco più di un centimetro a circa cinque centimetri. Mentre nella maggior parte degli anuri il maschio è più piccolo della femmina, qui in molte popolazioni esso ha all'incirca le stesse dimensioni. I grossi maschi mo- strano un elevato grado di territorialismo e di aggressività: occupano buona parte del proprio tempo e sprecano molte delle proprie energie nel segnalare il territorio e nell'attirare l'attenzione delle femmine con prolungati richiami; inoltre lanciano ininterrotte sfide e lottano corpo a corpo con altri maschi. Molti maschi che devono difendere il proprio territorio sono minu- scole creature rumorose: i loro suoni, a volte striduli come quelli di certi insetti, a volte vibranti, danno un notevole contri- buto al sottofondo sonoro che si può udi- re, durante il giorno, in alcune foreste tropicali. Lo spettacolo di due di queste rane in miniatura che fanno la lotta su una foglia, stridendo energicamente l'una contro l'altra, può essere divertente per un osservatore, ma per i contendenti le doti sessuali e la capacità di riprodursi con successo sono cose molto serie. In alcu- ne specie di dendrobatidi, anche la fem- mina è aggressiva e difende un proprio territorio. T e dimensioni relativamente grandi dei 'maschi dei dendrobatidi si associano con insoliti tipi di comportamento sessua- le. Nella maggior parte degli anuri, il cor- teggiamento si conclude quando il ma- schio monta la femmina, che è più grossa di lui, afferrandola o dietro le zampe an- teriori o davanti a quelle posteriori. I maschi dei dendrobatidi non afferrano mai la femmina per il tronco, ma per la testa e premono il dorso delle dita contro la parte inferiore del mento. Questa posi- zione avanzata assicura meglio la fecon- dazione delle uova emesse dalla femmi- na; se un maschio di analoghe dimensioni fosse spostato più all'indietro, il suo sperma potrebbe anche cadere al suolo. In alcune specie di dendrobatidi, tuttavia, il maschio non afferra la femmina durante il rituale del corteggiamento e le uova vengono fecondate nel corso di complica- te manovre messe in atto sia dal maschio sia dalla femmina. A seconda della specie, le uova dei dendrobatidi vengono deposte nello stra- to di foglie che ricopre il suolo, in anfratti sotto le rocce, su foglie all'ombra sul ter- reno o in piante tipiche della foresta tro- picale, come bromeliacee e aracee. Le dimensioni del grappolo di uova sono piccole se confrontate con le centinaia o addirittura migliaia di uova deposte da molte specie che si riproducono nell'ac- qua; nei dendrobatidi più minuti si pos- sono anche avere soltanto un uovo o due, mentre il numero massimo raramente supera le 30 o 40 uova. In molte popola- zioni le piccole dimensioni del grappolo di uova sono parzialmente compensate dal fatto che la riproduzione è continua durante tutto l'anno. Alcune specie pos- sono addirittura riprodursi ogni mese. I dati su questo punto provengono da os- servazioni compiute su una coppia di in- dividui della specie Dendrobates tricolor, tenuta per più di due anni all'American Museum of Natural History. I due esem- plari si accoppiavano da due a quattro volte al mese e la femmina produceva grappoli di uova, consistenti di 10-30 unità, in media ogni decimo giorno. Ma, anche con questo straordinario impegno, essa non riusciva a deporre ogni anno più di 600 uova circa. Una volta deposte, le uova possono essere sorvegliate dall'uno o dall'altro genitore, oppure possono essere lasciate al proprio destino, tranne che in occasio- ne di brevi visite, quando il dendrobate può inumidire le uova con il liquido con- tenuto nella sua vescica. L'individuo che si occuperà di trasportare i piccoli agita le proprie parti posteriori dopo averle im- Rane velenose I cacciatori indios della Colombia si servono, per avvelenare le frecce delle loro cerbottane, di alcaloidi altamente tossici secreti da anuri la cui biologia pone interessanti interrogativi di Charles W. Myers e John W. Daly 116 117

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In questa tavola di David M. Dennis. i dendrobatidi selenosi apparte-nenti al genere Phyllobates sono rappresentati con dimensioni checorrispondono a 1,7 volte le loro dimensioni reali. I primi due esem-plari in alto, da sinistra, sono P. lugubris e P. vittatus, due speciecentroamericane che secernono quantità relativamente scarse di tossi-ne da ghiandole presenti nella loro pelle. L'esemplare in alto a destraè P. aurotaenia, una delle tre specie colombiane usate per avvelena-re le frecce delle cerbottane. Nella parte centrale della tavola si nota-no due esemplari di P. bicolor, la seconda delle tre specie colombiane,che mostrano estreme variazioni di dimensioni e di colore; le loro

zampe, di colorazione di, ersa dal resto del corpo, variano dal verdepallido al nero. In basso è raffigurata la terza e più velenosa delle speciecolombiane: P. terribilis. La forma immatura (a sinistra) mostra dellestrisce analoghe a quelle dei suoi congeneri in alto, ma le sue striscevengono obliterate dal graduale estendersi del pigmento di colore vi-vace. La forma adulta (a destra) può essere gialla, arancio o verde pal-lido, ma normalmente presenta una colorazione uniforme sul dorso esul ventre. Questa specie, che è più aggressiva, secerne meno delle altrema la sua secrezione ha una tossicità v enti volte superiore. Questo fattorende P. terribilis potenzialmente pericoloso anche al semplice tatto.

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li organismi velenosi sono cosìabbondanti che i chimici e ifarmacologi impiegheranno

ancora molti anni prima di riuscire ad ana-lizzare tutte le sostanze nocive che si tro-vano in un gran numero di microrganismi,piante e animali. La ricerca di base inquesto campo spazia in discipline di inte-resse più ampio come l'ecologia e la bio-logia evoluzionistica, e può anche portarealla sintesi di nuovi farmaci o di altre so-stanze utili. Alcuni temi di ricerca partico-larmente affascinanti sono proposti dallamassa vivente, così ricca, che pullula nelleregioni tropicali. Ne è un esempio, nelNuovo Mondo, il genere di pianta tropica-le Strychnos, che è fonte del veleno stric-nina e degli alcaloidi del curaro. Il curaroviene usato dai cacciatori indios per avve-lenare le frecce e dagli anestesisti comemiorilassante. Un altro esempio è fornitoda una famiglia di anuri, di cui alcunespecie secernono uno dei più energici ve-leni animali mai conosciuti. Anche questasostanza viene utilizzata come veleno perfrecce e ha trovato un posto nella ricercabiomedica. Altre specie della stessa fami-glia secernono numerose tossine di diver-so tipo e sono, inoltre, interessanti perparecchi aspetti della loro biologia.

Gli anuri velenosi e i loro affini innocuiappartengono alla famiglia dendrobatidi,geograficamente localizzata nell'AmericaMeridionale e nelle regioni meridionalidell'America Centrale. Occupano unavasta gamma di habitat: alcune speciesono reperibili lungo i corsi d'acqua; altrevivono invece lontano dall'acqua, sul ter-reno o appena al disopra di esso, nelleforeste pluviali di pianura o di montagna;rare specie forestali trascorrono addirit-tura la maggior parte della propria esi-stenza sugli alberi; all'estremo opposto visono alcune specie che vivono su terreniaridi aperti, dove trovano sufficienteumidità all'ombra della bassa vegetazio-ne. Malgrado queste diversità ecologiche,i dendrobatidi hanno uno stile di vitacomune, che li distacca praticamente datutti gli altri anuri. Essi sono attivi soltan-to durante il giorno e depongono le uova

sul terreno, in luoghi umidi. Si prendonocura delle uova fino alla schiusa, quandouno dei genitori si incarica di portare igirini, letteralmente incollati al suo dorso,in un ambiente acquatico idoneo.

La famiglia comprende più di 100 spe-cie, solitamente suddivise in quattro ge-neri. Si tratta di piccoli anuri, con unalunghezza totale che varia da poco più diun centimetro a circa cinque centimetri.Mentre nella maggior parte degli anuri ilmaschio è più piccolo della femmina, quiin molte popolazioni esso ha all'incirca lestesse dimensioni. I grossi maschi mo-strano un elevato grado di territorialismoe di aggressività: occupano buona partedel proprio tempo e sprecano molte delleproprie energie nel segnalare il territorioe nell'attirare l'attenzione delle femminecon prolungati richiami; inoltre lancianoininterrotte sfide e lottano corpo a corpocon altri maschi. Molti maschi che devonodifendere il proprio territorio sono minu-scole creature rumorose: i loro suoni, avolte striduli come quelli di certi insetti, avolte vibranti, danno un notevole contri-buto al sottofondo sonoro che si può udi-re, durante il giorno, in alcune forestetropicali. Lo spettacolo di due di questerane in miniatura che fanno la lotta su unafoglia, stridendo energicamente l'unacontro l'altra, può essere divertente perun osservatore, ma per i contendenti ledoti sessuali e la capacità di riprodursi consuccesso sono cose molto serie. In alcu-ne specie di dendrobatidi, anche la fem-mina è aggressiva e difende un proprioterritorio.

T e dimensioni relativamente grandi dei'maschi dei dendrobatidi si associano

con insoliti tipi di comportamento sessua-le. Nella maggior parte degli anuri, il cor-teggiamento si conclude quando il ma-schio monta la femmina, che è più grossadi lui, afferrandola o dietro le zampe an-teriori o davanti a quelle posteriori. Imaschi dei dendrobatidi non afferranomai la femmina per il tronco, ma per latesta e premono il dorso delle dita controla parte inferiore del mento. Questa posi-

zione avanzata assicura meglio la fecon-dazione delle uova emesse dalla femmi-na; se un maschio di analoghe dimensionifosse spostato più all'indietro, il suosperma potrebbe anche cadere al suolo.In alcune specie di dendrobatidi, tuttavia,il maschio non afferra la femmina duranteil rituale del corteggiamento e le uovavengono fecondate nel corso di complica-te manovre messe in atto sia dal maschiosia dalla femmina.

A seconda della specie, le uova deidendrobatidi vengono deposte nello stra-to di foglie che ricopre il suolo, in anfrattisotto le rocce, su foglie all'ombra sul ter-reno o in piante tipiche della foresta tro-picale, come bromeliacee e aracee. Ledimensioni del grappolo di uova sonopiccole se confrontate con le centinaia oaddirittura migliaia di uova deposte damolte specie che si riproducono nell'ac-qua; nei dendrobatidi più minuti si pos-sono anche avere soltanto un uovo o due,mentre il numero massimo raramentesupera le 30 o 40 uova. In molte popola-zioni le piccole dimensioni del grappolodi uova sono parzialmente compensatedal fatto che la riproduzione è continuadurante tutto l'anno. Alcune specie pos-sono addirittura riprodursi ogni mese. Idati su questo punto provengono da os-servazioni compiute su una coppia di in-dividui della specie Dendrobates tricolor,tenuta per più di due anni all'AmericanMuseum of Natural History. I due esem-plari si accoppiavano da due a quattrovolte al mese e la femmina producevagrappoli di uova, consistenti di 10-30unità, in media ogni decimo giorno. Ma,anche con questo straordinario impegno,essa non riusciva a deporre ogni anno piùdi 600 uova circa.

Una volta deposte, le uova possonoessere sorvegliate dall'uno o dall'altrogenitore, oppure possono essere lasciateal proprio destino, tranne che in occasio-ne di brevi visite, quando il dendrobatepuò inumidire le uova con il liquido con-tenuto nella sua vescica. L'individuo chesi occuperà di trasportare i piccoli agita leproprie parti posteriori dopo averle im-

Rane velenoseI cacciatori indios della Colombia si servono, per avvelenarele frecce delle loro cerbottane, di alcaloidi altamente tossicisecreti da anuri la cui biologia pone interessanti interrogativi

di Charles W. Myers e John W. Daly

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La distribuzione delle cinque specie del genere Phyllobates è disconti-nua. Le tre specie della Colombia occidentale sono le uniche, fra tutti idendrobatidi conosciuti, ad essere usate dai cacciatori indios per avvele-

nare le frecce delle cerbottane. Le due specie che si trovano in Costa Ricae nel Panama secernono piccole quantità delle stesse tossine delle specieaffini colombiane. ma vivono in zone dove non si usano le cerbottane.

NICARAGUA

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PHYLLOBATES LUGUBRIS

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COLOMBIA

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PHYLLOBATESTERRIBILIS

La cura della prole da parte di uno dei genitori ha inizio a partire dalle uova. Qui un maschio diDendrobates silverstonei fa la guardia a un gruppo di uova deposte su una foglia nel sottobosco.

Gli individui che si assumono il compito di trasportare i girini, dopo la schiusa, verso un'adattaraccolta d'acqua possono essere maschi o femmine. Una femmina della specie Colostethusinguinalis di Panama appare qui (a sinistra) con un carico di 27 girini. Un maschio della piccolaspecie peruviana Dendrobates reticulatus (a destra) ne porta, invece, solo uno. I giovani posso-no rimanere attaccati in questo modo al genitore per alcune ore o per più di una settimana.

merse nella massa di uova: questo finisceper favorire il processo della schiusa eaiuta i girini a liberarsi e a salire sul dorsodel genitore, dove aderiscono a unachia77a di muco secreto da ghiandole cu-tanee di quest'ultimo. L'adesione è facili-tata dal fatto che, tipicamente, il ventredei girini dei dendrobatidi è piatto o pococoncavo. In alcune specie l'attacco è ap-pena appena superficiale, in altre il mucoagisce come una colla e i girini restanosaldamente fissati sul dorso dell'adulto.Sempre secondo la specie, i girini possonorimanere attaccati all'adulto per un tem-po che varia da alcune ore a più di unasettimana. In questo periodo possonocrescere in una certa misura, assorbendo imateriali di riserva del tuorlo.

L'adulto che trasporta i piccoli può in-

fine spostarsi fino a un'adatta raccoltad'acqua, dove una prolungata immersio-ne fa sciogliere il muco e rende i giriniliberi di nuotare. Molti dendrobatidi con-ducono i loro girini in modesti corsi d'ac-qua; altri li lasciano liberi in piccole rac-colte d'acqua piovana che si formano al-l'interno di bromeliacee o nelle zone d'in-serzione delle foglie sul fusto di certe altrepiante tropicali. In una specie, Dendroba-tes auratus, i girini vengono spesso liberatinell'acqua trattenuta in cavità di tronchid'albero. In questo ambiente, così scarsodi sostanze nutritive, può accadere che ipiccoli facciano ricorso al cannibalismo eche alla fine un solo individuo sopravvivae raggiunga la maturità.

Anche l'acqua piovana all'interno dellepiccole bromeliacee o trattenuta all'ascel-

la delle foglie sembra contenere solo po-che sostanze nutritive, circostanza questache aiuta a spiegare una sorprendenteosservazione fatta di recente da PeterWeygoldt dell'Università di Friburgo nel-la Repubblica Federale Tedesca. Lavo-rando con esemplari di laboratorio diDendrobates pumilio, una specie che libe-ra i propri girini in ambienti come quelliappena citati, Weygoldt ha trovato che lefemmine visitano regolarmente i loro pic-coli per deporre nell'acqua uova non fe-condate. E i girini si nutrono di questeuova!

Di tanto in tanto, in biologia si cerca dideterminare il «costo» relativo delle

cure parentali prestate da animali sia disesso maschile sia di sesso femminile, in

quanto una simile attività può imporrelimitazioni alla riproduzione o può espor-re il genitore che la pratica alla predazio-ne. Sono, questi, fattori che vanno soppe-sati in rapporto al beneficio che si ricavadall'assicurare un buon successo a uno opochi gruppi di uova o agli spermatozoiprodotti da un solo maschio. Nei dendro-batidi, il costo della riproduzione può es-sere superiore in specie (come D. pumi-lio) in cui gli individui che trasportano ipiccoli sono generalmente di sesso femmi-nile, rispetto alle specie in cui, invece, lastessa funzione è espletata solitamente daindividui di sesso maschile. Ritornandoalla coppia di D. tricolor dell'AmericanMuseum of Natural History, il maschio erain grado di occuparsi contemporaneamen-te di parecchi gruppi di uova. Inoltre,emetteva frequenti suoni e presumibil-mente, se vi fossero state altre femminedisponibili, si sarebbe accoppiato anchecon esse. Si alimentava anche durante iltrasporto dei piccoli, con un carico com-pleto sul dorso, e i girini venivano liberatinell'acqua a poche ore dalla schiusa.

Si è supposto che il sesso del dendroba-tide che trasporta i piccoli (maschile nellamaggior parte delle specie e femminilesolo in alcune) sia un carattere specie--specifico. Tuttavia, in alcune specie si ètrovato che sia i maschi sia le femminetrasportano i girini, il che è difficilmentespiegabile: come può un carattere com-portamentale originale e insolito esserecosì variabile? Esperimenti effettuati conla coppia di D. tricolor fanno pensare chel'assegnazione del compito di trasportarerappresenti il risultato di una competizio-ne sessuale. La femmina era in grado eanche avrebbe voluto avere la responsabi-lità della cura, ma veniva allontanata daquesto ruolo dall'aggressività territorialedel maschio. Essa rimaneva con le proprieuova all'incirca per un'ora; in seguito nonle veniva più concesso alcun diritto di visi-tarle. Se, invece, dopo la riproduzione ilmaschio veniva allontanato, la femmina siprendeva cura delle uova e alla fine tra-sportava anche i girini. Se però il maschioveniva allontanato solo alcuni giornidopo, essa non mostrava alcuna riluttanzaa divorare le proprie uova o i propri girini,come se fossero appartenuti a un'altrafemmina. Una simile forma di cannibali-smo potrebbe essere, in alcune specie didendrobatidi, un meccanismo di regola-zione della densità di popolazione.

Molto rimane da scoprire non solo sullavita dei dendrobatidi, ma anche sui lororapporti evolutivi e sulla loro classifica-zione. Le circa 130 specie vengono soli-tamente suddivise in quattro generi: Ato-pophrynus, Colostethus, Dendrobates ePhyllobates. Il primo genere ha una solaspecie. Colostethus ne comprende più di70, di colore prevalentemente bruno, chetranne poche eccezioni non sono veleno-se. La maggior parte delle circa 50 speciedi Dendrobates e le cinque specie di Phyl-lobates sono caratterizzate da una vivacecolorazione di «avvertimento»: i colorisplendenti di questi animali «reclamizza-no» la presenza sulla loro pelle di secre-zioni velenose, o perlomeno sgradevoli al

gusto, efficaci nel respingere molti poten-ziali predatori. I dendrobatidi produttoridi sostanze tossiche non sono, però, com-pletamente immuni dalla predazione; peresempio, sono assaliti con successo dagrossi ragni e da certi serpenti. Ghiandolemicroscopiche presenti nella pelle emet-tono le loro secrezioni in momenti di ten-sione, e un predatore che abbia afferratocon la bocca uno di questi animali proveràsensazioni di bruciore, di gusto cattivo, odi intorpidimento, che tenderanno a farglicadere la preda dalla bocca.

I dendrobatidi più tossici sono tre spe-cie di Phyllobates che vivono sul versanteoccidentale delle Ande, nel bacino imbri-fero dei fiumi della Colombia le cui acquevengono convogliate verso il Pacifico.Questi anuri secernono un veleno moltopiù forte del curaro. Come quest'ultimo èun veleno per frecce ampiamente usato aest delle Ande, così le tossine dei tre Phyl-

lobates servono nella Colombia occiden-tale per lo stesso scopo. È probabile che laprima comunicazione sul loro impiego siastata quella scritta dal capitano CharlesStuart Cochrane, che nel 1823-1824esplorò la Colombia, mentre si trovava inlicenza dalla Marina britannica.

rlochrane, attraversando a piedi leAnde occidentali, fu attratto da certi

anuri «chiamati [dagli spagnoli] rana deveneno, lunghi 7-8 centimetri, con il dor-so giallo e due grandissimi occhi neri...Coloro che utilizzano il [loro] veleno cat-turano queste rane nei boschi, introdu-cendole poi in una canna cava dove conti-nuano ad alimentarle fino a quando nondesiderino prelevarne il veleno. Prendo-no allora una di queste sfortunate rane ene perforano la gola con un pezzo di legnoappuntito che fanno poi fuoriuscire incorrispondenza di una delle zampe. Una

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simile tortura fa traspirare moltissimo ilpovero animale, specialmente sul dorsoche si ricopre di una schiuma bianca: èquesto il più potente veleno che il suddet-to animale potrebbe mai produrre. Inesso gli indigeni immergono le punte delle

loro frecce, ruotandole; queste conserve-ranno il loro potere distruttivo per unanno. Sotto la schiuma compare un oliogiallo, che viene accuratamente raschiatodalla pelle e mantiene la sua influenzamortale per quattro-sei mesi, a seconda

della bontà (come si usa dire) della rana.Con questo sistema, si ottiene da una solarana veleno sufficiente per circa cinquan-ta frecce».

Non sembra che questo Travels in Co-lombia di Cochrane sia stato molto letto.

Ghiandole presenti nella pelle dei dendrobatidi immagazzinano eprobabilmente elaborano le secrezioni tossiche tipiche di questi anuri.La microfotografia in alto a sinistra mostra una sezione longitudinaledella parte apicale di una di queste ghiandole, a un ingrandimento di900 volte. La ghiandola appare ripiena di grossi granuli tondeggianti;il suo dotto penetra in uno strato di cellule pigmentate e attraversal'epidermide per sboccare sulla superficie cutanea. La microfotografia

elettronica in alto a destra mostra, invece, una sezione trasversale diuna ghiandola a un ingrandimento di 1500 volte. Le vescicole presentinel granulo possono contenere enzimi interessati nella sintesi delletossine. La microfotografia in basso mette in evidenza i granuli e levescicole nel loro interno, a un ingrandimento di 13 000 volte. Lamicrofotografia in alto a sinistra si riferisce a una ghiandola di Den-drobates tricolor, le altre a una ghiandola di Dendrobates auratus.

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Tuttavia, alcuni osservatori poterono ve-rificare in seguito, in modo del tutto indi-pendente, il curioso impiego dei piccolianuri e furono compiuti tentativi, pur-troppo non coronati da successo, per ana-lizzare il veleno raschiato dalle frecce de-gli indios. L'antropologo svedese S. Hen-ry Wassén ha condotto in Colombia, nel1934 e nel 1955, ricerche sul campo chegli hanno permesso di determinare che ilveleno dei dendrobatidi veniva usato,lungo il fiume San Juan, da due gruppi diindios Chocó affini. I dendrobatidi che gliindios gli presentarono erano stati erro-neamente identificati da certi zoologicome Dendrobates tinctorius, ma in realtàerano Phyllobates aurotaenia e P. bicolor.Wassén riuscì anche a procurarsi alcunefrecce avvelenate da un gruppo isolato diChocó accampato sulle rive del fiume Sai-ja, molto a sud. In questa località i den-drobatidi furono raccolti dal nostro colle-ga Borys Malkin e da noi stessi agli inizidegli anni settanta; i nostri esemplari rap-presentavano una specie non ancora de-scritta, che dimostrò di contenere per lomeno venti volte più veleno delle specieaffini che vivevano lungo il San Juan. Acausa della spaventosa tossicità di questoanuro, gli venne attribuito un nome abba-stanza qualificante: Phyllobates terribilis.

Gli indios Chocó del nord avvelenanole loro frecce con i secreti di P. bicolor e P.aurotaenia proprio come ha descrittoCochrane un secolo e mezzo fa. Gli anurivengono infilzati su un bastoncino e, tal-volta, vengono tenuti vicino a un fuocoprima che le frecce vengano trattate colloro veleno. Gli indios Chocó del sud,invece, avvelenano le frecce semplice-mente sfregandole sul dorso di un esem-plare vivo di P. terribilis.

Tra queste popolazioni, l'uso delle cer-bottane sta però declinando a causa dellacrescente disponibilità di armi da fuoco.Contrariamente a quanto si afferma inqualche racconto letterario, i dendrobati-di non sono più usati per avvelenare lefrecce e non sembra d'altronde che il loroimpiego sia mai stato molto diffuso. Ciò ècomprensibile se si pensa che le forme piùtossiche sono limitate a zone relativamen-te piccole della Colombia occidentale.Due altre specie di Phyllobates si trovanonell'America Centrale, ma hanno moltomeno veleno dei loro affini colombiani;d'altra parte la loro area di distribuzionenon coincide con la zona nella quale ènoto che venivano usati veleni per frecce.

Le strutture cutanee che secernono letossine nei dendrobatidi sono ghiandolericche di granuli, i cui minuscoli sbocchiverso l'esterno sono sparsi sulla superficiedella pelle in mezzo a quelli delle ghian-dole mucose. Questo tipo di ghiandolericche di granuli sembrano essere unacaratteristica primitiva comune a tutti glianuri. Evidentemente è stato in alcunigruppi un preadattamento evolutivo per lasintesi, l'immagazzinamento e la libera-zione di vari secreti biologicamente attivi.

T principi attivi delle secrezioni cutanee-I- dei dendrobatidi sono alcaloidi, com-posti ciclici azotati. Anche se queste so-

stanze si trovano più spesso in piante chein animali, i dendrobatidi risultano essereuna ricca fonte di alcuni alcaloidi assolu-tamente esclusivi. Abbiamo raccolto que-sti anuri in tutta la loro area di distribu-zione nella fascia tropicale del continenteamericano, per poi analizzare i loro secre-ti a funzione difensiva. La ricerca ha por-tato alla scoperta di una dozzina di nuovespecie di dendrobatidi velenosi e di più di200 nuovi alcaloidi, raggruppati in alme-no cinque classi distinte di composti. L'a-nalisi chimica è stata avviata agli inizi de-gli anni sessanta al National Institute ofArthritis, Metabolism and Digestive Di-seases da Bernhard Witkop. Negli ultimidue decenni, importanti contributi sonostati dati anche da Isabella L. Karle, un'e-sperta di cristallografia ai raggi X, pressoil Naval Research Laboratory, e da Taka-shi Tokuyama, un chimico dell'Universitàdi Osaka.

Le indagini farmacologiche sono stateavviate e condotte inizialmente da EdsonX. Albuquerque della School of Medicinedell'Università del Maryland. La struttu-ra di base, significativa per l'attività inogni classe di alcaloidi dei dendrobatidi,presenta notevole interesse. La grandemaggioranza degli alcaloidi dei dendro-batidi possiede nella propria strutturamolecolare un anello che consiste di unatomo di azoto e di cinque atomi di car-bonio, cioè un anello piperidinico. Com-posti piperidinici semplici si trovano intutti i sottogruppi dei generi Dendrobatese Phyllobates. Da un punto di vista evolu-tivo, questa è una prova che le specie cheappartengono a tali generi costituiscono,all'interno della famiglia dendrobatidi,una linea separata. Nelle cinque speciedel genere Phyllobates, però, la biosintesidegli alcaloidi piperidinici è stata in granparte soppressa, in favore della sintesi diuna nuova classe di alcaloidi straordina-riamente tossici, le batracotossine (dalgreco batrachos, rana), che sono i compo-nenti principali del veleno usato per lefrecce degli indios Chocó. Questi alcaloi-di complessi hanno una struttura affine aquella degli steroidi, ma hanno anchemolti caratteri finora sconosciuti tra icomposti naturali.

Le batracotossine sono, tra le tossinenon proteiche di origine naturale, le piùpotenti. Esse fanno aumentare seletti-vamente la permeabilità della membranaesterna delle cellule nervose e muscolariagli ioni sodio. Questo effetto porta auna depolarizzazione elettrica irreversi-bile di tali cellule, provocando aritmiecardiache, fibrillazione e collasso. Il sitospecifico d'azione delle batracotossine èin rapporto con i canali che regolano ilflusso di ioni sodio attraverso la mem-brana cellulare. Questi canali svolgonouna funzione chiave nella conduzionedegli impulsi elettrici nelle cellule nervo-se e muscolari. Il legame con una batra-cotossina ne impedisce la normale chiu-sura e, di conseguenza, si verifica unmassiccio afflusso di ioni sodio con depo-larizzazione della cellula interessata: lecellule nervose non riescono più a tra-smettere impulsi e le cellule muscolari

permangono in uno stato attivo, contrat-to. L'impiego delle batracotossine nellaricerca ha fornito nuove e importantiinformazioni circa il funzionamento deicanali per il sodio.

Gli altri alcaloidi dei dendrobatidi han-no tutti struttura molto più semplice esono molto meno tossici, ma comunquenon meno interessanti. Molti di questialcaloidi piperidinici agiscono su un cana-le per il passaggio degli ioni presente nellaplacca motrice in corrispondenza dellagiunzione tra una fibra nervosa e una cel-lula muscolare, canale che è in rapportocon un recettore per il neurotrasmettitoreacetilcolina. L'interazione tra neurotra-smettitore e recettore fa aprire, nellamembrana cellulare, il canale attraverso ilquale possono fluire sia il sodio sia il po-tassio sotto forma di ioni. Se l'impulsoelettrico che ne deriva è sufficientementeampio, può innescare - nella membrana -l'apertura di canali specifici per il sodio.Nelle cellule muscolari, questo processocausa il riversamento di ioni calcio all'in-terno della cellula, il che ne provoca lacontrazione.

Le istrionicotossine, alcaloidi spiropi-peridinici insoliti, isolati per la prima vol-ta dall'anuro Dendrobates histrionicus,interagiscono con particolari siti del com-plesso formato dal canale presente nellaplacca motrice e dal recettore per l'acetil-colina, bloccando di conseguenza il pas-saggio degli ioni. Un tale blocco può im-pedire la trasmissione di segnali dai nerviai muscoli, con un risultato finale analogoa quello determinato dal curaro. Leistrionicotossine bloccano anche il pas-saggio degli ioni lungo canali specifici peril potassio. Quando questi si aprono, gliioni potassio fluiscono all'esterno dellecellule sia nervose sia muscolari, facendo-le così tornare, dopo la trasmissione del-l'impulso nervoso o la contrazione musco-lare, al loro stato di riposo. Il blocco di talicanali può allungare la trasmissione deimessaggi nervosi e prolungare la contra-zione muscolare.

La pumiliotossina B, un alcaloide indo-lizidinico unico, isolato per la prima voltada Dendrobates pumilio, sembra agire sultrasporto degli ioni calcio. Nelle cellulemuscolari, un impulso elettrico provoca laliberazione, da siti di riserva interni, diioni calcio che interagiscono poi con leproteine del muscolo e determinano lacontrazione. Invece di bloccare questoprocesso, sembra piuttosto che la pumi-liotossina B lo faciliti e ritardi inoltre ilritorno degli ioni calcio ai loro siti di riser-va. Per conseguenza, l'entità della contra-zione aumenta e si prolunga la contrazio-ne sia nel muscolo cardiaco sia nella mu-scolatura scheletrica. Quest'azione tonicasulla muscolatura può portare, per questaclasse di alcaloidi, a diverse applicazionicliniche.

Tanto i dendrobatidi velenosi quanto1- quelli non velenosi hanno colorazioni

in genere vivaci. Come spesso capita incasi analoghi, le specie velenose sono«imitate» da alcune altre specie di anuri.È il caso di Eleutherodactylus gaigeae, che

CELLULA MUSCOLARE

TUBULODEL RETICOLO

FIBRA SARCOPLASMATICOMUSCOLARE

cr___

c,-•==3c,=)(==9

-r.=9

Ca••

POMPADEL Ca -

-)

C Er"

0=0==.3

0=0=(..=

Na ^

C= =Cr',c=cc=c= =DC= =-..)

=D

I I

I siti e le modalità di azione molecolari di quattro tipi di alcaloidi di den-droba idi sono indicati schematicamente in questa figura per quanto ri-guarda il muscolo, a sinistra, e il nervo, a destra. In alto sono illustratele caratteristiche morfologiche di una cellula muscolare e quelle di unacellula nervosa. Al centro si notano le formule di struttura degli alcaloi-di. La batracotossina impedisce la chiusura dei canali per gli ioni sodionella membrana superficiale sia delle cellule nervose sia di quelle mu-scolari. L'afflusso di ioni sodio depolarizza la membrana e blocca lafunzione di ambedue i tipi di cellule. La pumiliotossina B sembra agirein due modi. In primo luogo, facilita la liberazione di ioni calcio dai sitidi riserva all'interno della cellula muscolare, potenziando così la con-trazione muscolare. In secondo luogo, inibisce il ritorno degli stessi ioniai siti di riserva, prolungando la contrazione. Questo alcaloide influisceanche sul trasferimento del calcio nelle cellule nervose. L'istrionicotos-

CELLULA NERVOSA

MEMBRANA

TUBULOSUPERFICIALE DELLACELLULA NERVOSA

ENDOPLASMATICODEL RETICOLO

=0C=

C= =0• 7r)O

9

0=0=)(0=0=C= =0C=c=0=0=)C= =9C.= =DC= =DC= =D=)c.=c==p0==D(0=0=7

=r)

=7.2=„)C= =0

0=0==0=O

0= 0=)• =)C= =Oc= =0(= =7)

- • )H 3 C H

H H‘C/

N CH3H I H / \

H H H

GEFIROTOSSINA

HH

N I CC., /

H"CH

sina blocca sia il movimento degli ioni potassio verso l'esterno attraver-so gli specifici canali per questi ioni, presenti nella membrana superfi-ciale delle cellule muscolari e nervose, sia lo scambio a doppio senso diioni sodio e potassio attraverso i complessi costituiti dai canali per gliioni e dai recettori dell'acetilcolina (ACh) nella placca motrice che sitrova tra una fibra nervosa e una cellula muscolare. Il bloccaggio deicanali per gli ioni potassio promuove la contrazione delle cellule musco-lari e prolunga la liberazione di neurotrasmettitori da parte delle cellulenervose. Il bloccaggio dei complessi costituiti dai canali per gli ioni e dairecettori per l'aceticolina impedisce, invece, che l'acetilcolina liberatadai nervi inneschi la contrazione muscolare. Anche la pumiliotossina Ce la gefirotossina bloccano il movimento di ioni sodio e potassio attraver-so i complessi costituiti dai canali per gli ioni e da recettori per l'acetilco-lina, impedendo a quest'ultima di innescare la contrazione muscolare.

Il

o

C= =O

,CF=

0=0=='")

=C)C= =9

(„=,=.10C=

O f)

c(j=~

C=CL-=

(•••==.3

cr==3(=.9

C==D

o==o0=-0==0C=0=0=c=0=0=c,==DC==.3o==0c=0=0=C_=„)C=7=0("="-)(==>

C= =0

c==0C= =0(= 77-))(=:=D

—• -

C=

=00-==0=D;-- —)9

A C h(___==„)=9

c=C=---•=0C=0=

:C)

'ACh

MEMBRANASUPERFICIALE DELLACELLULA MUSCOLARE

ESTERNO DELLA CELLULA

PUMILIOTOSSINA B

HH 3C H3CI,C

H- --CCH3H OH \ ,C—HH

C=C

c/ • C \ Hi

H 'OH

ISTRIONICOTOSSINE

PUMILIOTOSSINA C

C

H—OH c

H C—CCH

H/

OH

C==0c,=•)

C==3

c==)=•-••9

0= 0=C.=0

=_)

C==0c= =9=

C= --=,00=0=0=(= =9

=O0=0=

POMPA DEL Ca'

=C)(0=0=(-= =)

(•-,0=0=)0=0=)

=D

0=0=7O= =

C=

0= =D0=

0=C= =3C= =0

)

' )

C= =90=0=0= 0=C= =3=)• =0cr=(=0=)=0C= =Dc=C= =O(=0=0

122 123

Se va male, si torna indietro e si correggequel che fino a quel punto si è dimostratoerrato, poi si prova con un altro lancio.Un modo di programmazione così goffo,indiretto e costoso contrasta nettamentecon lo stile diretto, interattivo, da «undesiderio alla volta» del Lisp, che consen-te uno sviluppo e una messa a punto deiprogrammi «per accumulazione successi-va». Il che costituisce un altro dei motivifondamentali che hanno concorso alla dif-fusione del Lisp.

he genere di desideri si possonoesprimere sulla tastiera, perché il

genietto del Lisp li possa valutare, e chegenere di cose ci stamperà in risposta?Beh, tanto per cominciare, si possono bat-tere espressioni aritmetiche formulate inun modo un po' strano, come « (times(plus 63) (difference 6 3))». La risposta è27, perché «(plus 6 3» viene valutato 9,« (difference 6 3)» viene valutato 3 e illoro prodotto è 27. Questa notazione, incui ogni simbolo di operazione viene col-locato alla sinistra dei suoi operandi, fuinventata dal logico polacco Jan -Luka-siewicz ben prima che fossero inventati icalcolatori. Sfortunatamente per ,Luka-siewicz, il suo nome ha un'aria un po'troppo complessa per la maggior parte deiparlanti di altre lingue, e così è entratonell'uso chiamare questa notazione sem-plicemente «notazione polacca». Eccoviora un semplice problema in questa nota-zione (spetta a voi di fare la parte delgenietto del Lisp):

> (quotient(plus 21 13)(difference

23(times

2difference 7 (plus 2 2)))))

Forse avrete notato che gli enunciatidel Lisp comportano l'uso di parentesi. Ineffetti la profusione di parentesi è unacaratteristica tipica del Lisp: non è rarovedere un'espressione che termina conuna dozzina di parentesi! Di primo acchi-to questo aspetto fa rabbrividire molti,tuttavia, non appena ci si abitua al loroaspetto caratteristico le espressioni delLisp diventano notevolmente intuitive,addirittura piacevoli, all'occhio, in parti-colare quando sono «ben stampate», cioèseguendo un opportuno schema di rien-tranze successive (come abbiamo fattonoi nell'espressione precedente), che nemetta in luce la struttura logica.

Al cuore del Lisp stanno le sue struttu-re manipolabili. L'attività di tutti i pro-grammi in Lisp si esplica nella creazione,nella modificazione e nella distruzione distrutture. Queste possono essere di duetipi: atomiche e composte, ovvero, se-condo le denominazioni usuali, atomi eliste. Ogni oggetto in Lisp è quindi o unatomo o una lista (ma non ambedue).L'unica eccezione è data dall'oggetto spe-ciale chiamato «nil», che è tanto un ato-mo quanto una lista. Ritorneremo a par-lare di questo oggetto in seguito. Quali

sono altri tipici atomi del Lisp? Ecconequalcuno:

idrogeno, elio, j-s-bach, 1729, pi, foo,bar, baz, bottoni-&-cerniere

Le liste sono le flessibili strutture di datidel Lisp. Una lista è sostanzialmente quelche dice il nome: una collezione di parti inun ordine particolare. Di solito le parti diuna lista sono dette elementi o membridella lista. Che cosa possono essere? Nonvi sorprenderà molto scoprire che le listepossono avere come elementi atomi. Mapossono avere come elementi anche altreliste, a loro volta contenenti altre listecome membri, e via di seguito ricorsiva-mente. Oops! La parola mi è uscita dallapenna, ma niente male. Sicuramente ave-te capito che cosa volevo dire, e questo vipreparerà per una definizione più tecnicadel termine, che daremo più avanti.

Una lista visualizzata sulla schermo èriconoscibile per le parentesi. In Lisp tut-to ciò che è racchiuso tra una coppia diparentesi corrispondenti (una aperta euna chiusa) costituisce una lista. Peresempio, «(zonk blee strill (cronkflonk))» è una lista con quattro elementi,l'ultimo dei quali è a sua volta una lista didue elementi. Un'altra lista più breve è«(plus 2 2)», il che ci fa vedere come inLisp anche gli enunciati stessi siano liste.Si tratta di un aspetto importante: signifi-ca infatti che il genietto del Lisp, manipo-lando liste e atomi, può in effetti costruirenuovi desideri da solo. Pertanto l'oggettodi un desiderio può essere la costruzione(con la conseguente valutazione) di undesiderio del tutto diverso!

Poi c'è la lista vuota: la lista priva dielementi. Come la si può indicare? Si puòpensare che funzioni bene «()». E in effet-ti funziona, ma c'è anche un secondomodo per indicare la lista vuota, cioè scri-vendo «nil». Le due notazioni sono sino-nime, ma è più facile incontrare «nil» che«0». La lista vuota, nil, è un concettochiave nel Lisp: è per l'universo delle listequello che è lo zero per l'universo deinumeri. Per usare ancora un'altra meta-fora, è come la terra in cui sono radicatetutte le strutture. Per capire bene che cosasignifichi questa affermazione, però,dobbiamo aspettare ancora un po'.

-pra le caratteristiche di un atomo, quel-1- la più sfruttata comunemente è l'ave-re (o il poter avere) un valore. Taluniatomi hanno valori permanenti; altrihanno valore variabile. Come prevedibi-le, il valore dell'atomo «1729» è l'intero1729; ed è permanente. (Distinguo quifra l'atomo il cui «nome stampato» è lastringa di quattro cifre «1729» e l'essenzaplatonica eterna che è somma di due cubiin due modi diversi.) Anche il valore di nilè permanente, ed è... nil! Un altro atomoche ha se stesso come valore permanenteè l'atomo particolare «t».

Al di là di t, nil e degli atomi i cui nomisono numerali, gli atomi in genere sonovariabili, cioè è possibile assegnare lorocerti valori e poi modificarli a piacere.Come? Beh, per assegnare il valore 4 al-

l'atomo «torta» si può battere al geniettodel Lisp «(setq torta 4)». Oppure si po-trebbe battere « (setq torta (plus 2 2))» oanche « (setq torta (plus 1 1 1 1))». In tuttiquesti casi, non appena si preme il tasto diritorno carrello, il valore della torta di-venta 4, e tale rimarrà per sempre, o per-lomeno fino a che non si effettuerà un'al-tra operazione setq sull'atomo «torta».

Il Lisp non sarebbe così chiaro se gliatomi potessero avere come valori solonumeri. Fortunatamente si può assegnarecome valore a un atomo qualunque ogget-to del Lisp, atomo o lista. Per esempio,potremmo volere che il valore dell'atomo«pi» sia una lista come « (a b c)» o magari«(plus 2 2)», anziché il numero 4. A voltesi dice che il valore di un atomo è il suolegame, e si dice allora che l'atomo è lega-to a tale valore. Per assegnare nuovi le-gami agli atomi «torta» e «pi» usiamoancora l'operazione «setq». A titolo diesemplificazione, ecco una breve conver-sazione in proposito con il genietto:

—> (setq torta (plus 2 2)4—> (setq pi '(plus 2 2))(plus 2 2)- >

Avrete sicuramente notato la grandedifferenza fra i valori assegnati agli atomi«torta» e «pi», a seguito dei due desideriespressi al genietto del Lisp, che differi-scono fra loro esclusivamente per la pre-senza o meno del piccolo, ma critico apo-strofo di fronte alla lista interna « (plus 22)». Nel primo desiderio, dove non c'èl'apostrofo, la lista interna «(plus 2 2)»deve essere valutata. La risposta è 4, cheviene assegnato alla variabile «torta»come nuovo valore. Nel secondo deside-rio, invece, per la semplice presenza del-l'apostrofo, la lista «(plus 2 2)» non vienemai eseguita come un'istruzione, ma vie-ne trattata semplicemente come un bloc-co inerte di materiale del Lisp, più o menocome carne sul banco di una macelleria. Èsempre così quasi «viva», ma è morta.Quindi in questo secondo caso il valore dipi è la lista «(plus 2 2)», un frammento delcodice del Lisp. Il seguente interscambiocon il genietto conferma i valori di questiatomi:

—> torta4—> pi(plus 2 2)—> (eval pi)4—>

Che cos'è quest'ultimo passaggio?Volevo farvi vedere come si può chiedereal genietto di valutare il valore di unaespressione, invece di chiedergli sempli-cemente di stampare il valore di quellaespressione. Di solito il genietto esegueautomaticamente solo un livello di valu-tazione, ma scrivendo «eval» si ottienel'esecuzione anche di un secondo grado divalutazione. (E ovviamente usando ripe-tutamente eval si può continuare fin che si

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vuole.) Questa caratteristica si dimostraspesso estremamente pregevole, ma è unpo' troppo avanzata per discuterne ulte-riormente a questo punto.

Ogni lista, fatta eccezione per nil, haalmeno un elemento. Tale primo

elemento è chiamato il «car» della lista.Allora il car di «(eval pi)» è l'atomo«eval». I car delle liste « (plus 2 2)»,«(setq x 17)», «(eval pi)» e «(car pi)»sono tutti nomi di operazioni o, comevengono più comunemente chiamate inLisp, funzioni. Il car di una lista non ènecessariamente il nome di una funzione:non è di necessità neanche un atomo. Peresempio, «((1) (2 2) (3 3 3))» è una listaperfettamente corretta. Il suo car è la lista«(1)», il cui car è poi non un nome difunzione ma semplicemente un numerale.

Se si dovesse togliere il car a una lista,che cosa rimarrebbe? Una lista più bre-ve, che viene detta il «cdr» della lista dipartenza. Gli americani pronunciano«cdr» in un modo che sta a metà stradafra «kidder» e «could 'er». (I termini«car» e «cdr» sono resti della prima im-plementazione del Lisp sull'IBM 704.Stavano rispettivamente per «contents ofthe address part of register» e «contentsof the decrement part of register», cioè«contenuti della parte indirizzata del re-gistro» e «contenuti della parte restantedel registro», e si riferivano a specifichecaratteristiche dell'hardware di quellamacchina, oggi ormai irrilevanti.) Il cdrdi «(a b c)» è la lista «(b c)». il cui cdr è«(c)». il cui cdr è nil. E nil non ha cdr,esattamente come non ha car. Se si tentadi estrarre il car o il cdr di nil, il geniettotossicchiando rimanda un messaggio dierrore, così come dovrebbe evocare unmessaggio d'errore il tentativo di divide-re un numero per zero.

Eccovi una tabellina che indica i car e icdr di alcune liste, per verificare con sicu-rezza che il concetto è privo di ambiguità:

lista car cdr

((a)b(c)) (a)

(b(c))(plus 2 2) plus

(2 2)((car x) (car y)) (car x)

((car y))

(nil nil nil nil) nil

(nil nil nil)(nil) nil

n ilnil ERROR ERROR

Come car e cdr sono chiamati funzioni,così gli oggetti su cui essi operano sonochiamati argomenti. Quindi nell'istruzio-ne «(plus torta 2)», «plus» è il nome dellafunzione e gli argomenti sono gli atomi«torta» e «2». Nel valutare questa istru-zione (e la maggior parte delle altre istru-zioni) il genietto stabilisce i valori degliargomenti e quindi applica la funzione atali valori. Poiché il valore dell'atomo«torta» è 4 e il valore dell'atomo «2» è 2,il genietto ci restituisce come risposta l'a-tomo «6».

upponiamo di avere una lista e di volervedere un lista esattamente identica in

tutto il resto, ma con un elemento in più.Per esempio. supponiamo che il valore

dell'atomo «x» sia «(frittella biscotto)» edi voler creare una nuova lista chiamata«y» uguale a x. ma con un atomo in più(per esempio «torta») all'inizio. Si puòusare la funzione chiamata «cons» (abbre-viazione di «construct», «costruire»), ilcui effetto è la creazione di una nuovalista a partire da una lista data e da un carassegnato. Ecco la trascrizione di un pro-cesso del genere:

—> (setq x '(frittella biscotto))(frittella biscotto)—> (setq y (cons 'torta x))(torta frittella biscotto)—> x(frittella biscotto)

Due cose val la pena di notare. Ho chie-sto la stampa del valore di x dopo l'opera-zione cons. in modo da poter vedere che xstesso non era stato influenzato da quel-l'operazione. Cons ha creato una nuovalista e l'ha assegnata come valore a y, maha lasciato affatto indisturbato x. L'altrofatto degno di nota è l'uso che ho fattoanche questa volta dell'apostrofo, davantiall'atomo «torta». Che cosa sarebbe suc-cesso se non l'avessi messo? Ecco checosa sarebbe successo:

—> (setq z (cons torta x))(4 frittella biscotto)

Bisogna ricordare che, nonostante tutto,l'atomo «torta» ha ancora il valore 4 eogniqualvolta il genietto vede un atomo,senza apostrofo davanti all'interno di unnostro desiderio, usa sempre il valore del-l'atomo e non il nome dell'atomo. (Sem-pre? Beh, quasi sempre. Lo spiegherò fraun attimo. Nel frattempo, cercate un'ec-cezione: l'avete già incontrata.)

E ora un po' di esercizi, alcuni conqualche trabocchetto. Fate attenzioneagli apostrofi! Un'ultima cosa: uso qui lafunzione «reverse», che produce una listauguale al suo argomento, ma con gli ele-menti in ordine inverso. Per esempio, segli si chiede «(reverse '((a b) (c d e)))», ilgenietto scriverà «((c d e) (a b))». Lerighe delle risposte del genietto in questodialogo sono date più avanti.

(setq w (cons torta '(cdr z)))(setq v (cons 'torta (cdr z)))(setq u (reverse v))(cdr (cdr u))(car (cdr u))(cons (car (cdr u)) u)

(reverse'(cons (car u) (reverse (cdr u))))

(reverse(cons (car u) (reverse (cdr u))))

(cons 'biscotto(cons 'frittella

(cons 'torta nil)))

Le risposte (come vengono stampate dalgenietto) sono le seguenti:

(4 cdr z)(torta frittella biscotto)

(biscotto frittella torta)(torta)frittella(frittella biscotto frittella torta)(biscotto frittella torta)((reverse (cdr u)) (car u) cons)(frittella torta biscotto)(biscotto frittella torta)(biscotto frittella torta)

T ',ultimo esempio. con l'uso ripetuto del-' l'operazione cons. è caratteristico: sicomincia con nil e si effettuano ripetuteoperazioni di cons (nello «slang» del Lispsi parla di «consing up a list», costruireuna lista mediante cons). È come costrui-re un intero positivo partendo da zero epoi applicando ripetutamente l'operazio-ne di successore. Tuttavia, mentre in que-st'ultimo processo a ogni stadio vi è ununico modo di eseguire l'operazione disuccessore, data una lista qualunque esi-ste un numero infinito di elementi diversiche si possono inserire nella lista median-te cons, e questo dà luogo a un ampioalbero ramificato di liste, anziché a unaretta numerica priva di ramificazioni. È acausa di questa immagine dell'albero checresce dal terreno di nil e contiene tutte leliste possibili che prima ho paragonato nilalla terra in cui hanno radice tutte le strut-ture.

Come ho detto prima, il genietto nonsempre sostituisce agli atomi (senza apo-strofo) i loro valori. Vi sono casi in cui unafunzione tratta i suoi argomenti, benchésenza apostrofo, come se fossero prece-duti da un apostrofo. Siete riusciti a trova-re un caso del genere? Non è difficile. Larisposta è la funzione «setq». Di fatto, il«q» in «setq» sta per «quote», «citazio-ne»: il primo argomento cioè deve veniretrattato come se fosse citato, precedutoda un apostrofo. Può diventare un traboc-chetto. quando scoprirete che esiste unafunzione «set» simile a «setq», ma chevaluta effettivamente il suo primo argo-mento. Quindi se il valore dell'atomo «x»è l'atomo «k», allora chiedere « (set x 7)»non influenzerà x (il suo valore resteràl'atomo «k»), ma a quel punto il valoredell'atomo «k» diventerà 7. Osservateattentamente:

—> (setq a 'b)—> (setq b 'c)—> (setq c 'a)—> (set a c)—> (set c b)

Ora ditemi: quali sono i valori degli atomi«a», «b», «c»? La risposta arriva subito,quindi non cercate di sbirciare. Sono ri-spettivamente «a», «a» e «a». Questopuò creare un po' di confusione. Ma tran-quillizzatevi: nel Lisp la funzione «set»non è usata molto frequentemente e leconfusioni di questo genere non sorgonomolto spesso.

P uno dei grandi pote-i- ri della programmazione è la possibi-lità di definire nuove operazioni compo-ste in termini di operazioni esistenti equindi di continuare nel procedimento

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ripetutamente, costruendo in tal modoun esteso repertorio di operazioni sem-pre più complesse. Ricorda un po' i primistadi dell'evoluzione biologica, quandomolecole sempre più complesse evolseroa partire da molecole più semplici, in unaspirale ascendente di complessità e crea-tività. Ricorda anche la Rivoluzione In-dustriale, quando venivano utilizzate leprime macchine semplici per costruiremacchine più complesse, poi queste ve-nivano usate per costruire macchine an-cora più complesse, anche qui in una spi-rale sempre crescente di complessità e dicreatività. A ogni stadio, sia nell'evolu-zione che nella Rivoluzione, i prodottidiventano più flessibili e intricati, più«intelligenti» e anche più vulnerabili difronte a errori sottili.

Lo stesso accade con la programmazio-ne in Lisp, solo che qui le «molecole» o le«macchine» sono funzioni del Lisp defini-te in termini di funzioni del Lisp già note.Supponiamo, per esempio, di volere unafunzione che ci restituisca sempre l'ultimoelemento di una lista, così come «car» cirestituisce sempre il primo elemento diuna lista. Il Lisp non dispone all'origine diuna funzione del genere, ma è facilecrearne una. Riuscite a immaginarecome? Per ottenere l'ultimo elemento diuna lista chiamata «lyst», semplicementesi fa il reverse di lyst e poi si prende il cardella nuova lista: «(car (reverse lyst))».Per chiamare «rac» la nuova funzione(cioè «car» al contrario) usiamo la fun-zione «def», in questo modo:

—> (def rac (lambda (lyst)(car (reverse lyst))))

Questo uso di def crea una definizionedi funzione. La parola «lambda» seguitada « (lyst)» indica che la funzione che an-diamo a definire è in un'unica variabile,che deve essere chiamata «lyst». (Avreb-be potuto chiamarsi in qualunque altromodo: semplicemente, mi piace l'atomo«lyst».) In generale la lista delle variabilideve seguire immediatamente la parola«lambda». Dopo l'esecuzione di questo«desiderio definitorio» il genietto capisceperfettamente la funzione rac come lafunzione car. Allora «(rac '(i vostri cervel-li))» ci darà l'atomo «cervelli». Possiamopoi usare la funzione rac stessa per defini-re altre funzioni ancora. Il processo crescea valanga quasi miracolosamente e rapi-damente si può essere travolti dal potereche si ha in mano.

Ecco un semplice esempio. Supponia-mo di avere una situazione in cui sappia-mo di poter incappare in molte liste moltolunghe e di sapere che spesso sarà utileformare, per ciascuna di queste lungheliste, una lista breve che ne contengasemplicemente il car e il rac. Possiamodefinire una funzione a una variabile chelo faccia per noi:

(def versione-condensata-stile-readers--digest

(lambda (enormelista)(cons (car enormelista)

(cons (rac enormelista) nil))))

Quindi se applichiamo la funzione «ver-sione-condensata-stile-readers-digest» atutto il testo di Finnegan's Wake di JamesJoyce (trattandolo come una enorme listadi parole) otterremo la lista più breve« (riverrun the)». Sfortunatamente unaulteriore applicazione della funzione dicondensazione a questa nuova lista non larenderà ulteriormente più semplice.

Sarebbe bello, oltre che utile, potercreare una operazione inversa alla ver-sione - condensata- stile - readers- digest,che potremmo chiamare «rijoyce» e che,date due parole qualunque, crei un ro-manzo di Joyce che comincia e finiscerispettivamente con quelle parole. Cosìl'esecuzione dell'istruzione Lisp «(rijoyce'Stately 'Yes)» farebbe sì che il genietto delLisp generi d'acchito tutto l'Ulisse.

Uno degli obiettivi che ad alcuni èsembrato sia desiderabile, sia realiz-

zabile con il Lisp e altri linguaggi a essoapparentati, è quello di (1) fare sì che ognisingola istruzione dia come risposta unvalore e (2) fare sì che l'istruzione possaavere effetto attraverso questo valoredato in risposta e solo attraverso di esso.L'idea che sta dietro a (1) è che i valorisono forniti «verso l'alto» a partire dallechiamate di funzione più interne fino aquelle più esterne, fino a che non vienefornito in risposta il valore dell'istruzionecompleta. L'idea che sta dietro a (2) èinvece che durante tutte queste chiamatenessun atomo cambia di valore (a menoche non si tratti di una variabile presta-nome). In tutti i dialetti del Lisp che cono-sco, (1) è vera. ma (2) non è necessaria-mente vera.

Così se x è legato a «(a b c d e)» ediciamo « (car (cdr (reverse x)))», la pri-ma cosa che succede è che viene calcolatoil valore di « (reverse x)»; poi questo valo-re viene «passato» alla funzione cdr, checalcola il cdr di questa lista; infine questalista più breve viene passata alla funzionecar, che ne estrae un elemento, l'atomo«d», e lo fornisce in risposta. Nel frattem-po l'atomo «x» non è stato danneggiato: èancora legato a «(a b c d e)».

Potrebbe sembrare che una espressio-ne come «(reverse x)» modifichi il valoredi x rovesciandolo, più o meno come l'e-secuzione di un comando orale come«rivolta il tuo maglione» influenzerà lecondizioni del maglione. In realtà l'esecu-zione del desiderio «(reverse x)» noninduce nel valore di x più cambiamenti diquelli che induce nel valore di 2 l'esecu-zione di un desiderio come «(plus 2 2)».Invece l'esecuzione di «(reverse x)» fa sìche nasca una nuova lista, senza nome,esattamente uguale a x, solo rovesciata. Equesta lista è il valore dell'istruzione: èciò che l'istruzione ci fornisce in risposta.Il valore di x stesso, nel frattempo, è deltutto immutato. Analogamente, la valu-tazione di «(cons 5 pi)» non modificheràminimamente il valore della lista chiama-ta «pi»; semplicemente ci restituirà unanuova lista con 5 come car e il valore di pi,qualunque esso sia, come cdr.

Questo comportamento deve esserecontrapposto a quello di funzioni che, sul-

la loro scia, lasciano «effetti collaterali».Di solito questi effetti collaterali hanno laforma di variazioni nei legami di variabili,anche se le possibilità non si fermano qui,ma è possibile che si verifichino ingressi ouscite. Un tipico comando «dannoso» èsetq, e quanti difendono la scuola «appli-cativa» di programmazione (quella chesostiene la necessità di non avere mai ef-fetti collaterali di qualunque genere) sonomessi fortemente a disagio dal solo nomi-nare setq. Per loro tutti i risultati debbonovenire semplicemente attraverso il modoin cui le funzioni calcolano il loro valore elo passano ad altre funzioni.

Gli unici legami che i sostenitori dellostile applicativo approvano sono «legamilambda» transitori: quelli che si generanoquando una funzione viene applicata aisuoi argomenti. Ogniqualvolta vienechiamata una qualche funzione, le suevariabili prestanome assumono tempora-neamente dei «legami lambda». Questilegami sono esattamente identici a quelliche risultano da una applicazione di setq.ma sono volatili. Cioè, nel momento in cuiil calcolo della funzione è terminato, sva-niscono senza lasciare traccia. Per esem-pio, nel calcolo di «(rac '(a b c))» il lega-me lambda della variabile prestanome«lyst». è con la lista «(a b c)», ma nonappena la risposta «c» viene passata allapersona o alla funzione che ha chiesto ilrac, il valore dell'atomo «lyst» utilizzatoper ottenere la risposta stessa cade com-pletamente nel dimenticatoio. Se a questopunto chiedete il valore di lyst, l'interpre-te Lisp vi risponderà che l'atomo «lyst» èun «atomo non legato». I programmatoriapplicativi preferiscono di gran lunga ilegami lambda ai comuni legami setq.

Personalmente non sono troppo fanati-co per quel che riguarda l'evitare le setq ealtre funzioni che provocano effetti colla-terali. Trovo che lo stile applicativo siaelegante, ma penso che non sia praticoper la costruzione di grandi programmi diintelligenza artificiale. Pertanto qui nonmi ergerò a difensore dello stile applicati-vo, anche se cercherò di seguirlo ogni vol-ta che sarà possibile. Volendo essere rigo-rosi, nello stile applicativo non si possononeanche definire nuove funzioni, perchéuna istruzione «def» determina un cam-biamento permanente nella memoria delgenietto, e cioè l'immagazzinamentopermanente in memoria della definizionedella funzione. Quindi l'impostazioneideale degli applicativisti sarebbe quellache prevede la creazione solo temporaneadi definizioni di funzioni, oltre che di le-gami delle variabili; quelle definizioni,come i legami, andrebbero poi scartatesubito dopo essere state utilizzate. Que-sto è «applicativismo» estremo.

A esclusiva edificazione del vostro spi-rito, eccovi alcune semplici definizioni difunzione:

— > (def rdc(lambda (lyst)(reverse (cdr (reverse lyst)))))

— > (def snoc(lambda (x lyst)(reverse

(cons x (reverse lyst)))))—> (def doppio (lambda (n) (plus n n)))

Le funzioni rdc e snoc sono analoghe a cdre cons, solo che operano all'inverso.Quindi la rdc di « (a b c d e)» è « (a b c d)»,e se si batte «(snoc 5 '(1 234))» si otterràla risposta «(1 2 3 4 5)».

Fin qui è tutto moderatamente interes-sante, ma se volete veder fare qualco-

sa di veramente sorprendente al vostrogenietto, dovete permettergli di prenderequalche decisione sulla base di quel cheaccade lungo la sua strada. Qualche voltaquesti sono chiamati desideri condiziona-li. Un esempio tipico sarebbe il seguente:

—> (cond ((eq x 1) 'terra)((eq x 2) 'mare))

Il valore fornito in risposta a questa istru-zione sarà l'atomo «terra» se x ha il valore1, e l'atomo «mare» se x ha il valore 2.Altrimenti il valore fornito in rispostasarà nil (così andranno le cose, per esem-pio se il valore di x è 5). L'atomo «eq» (gliinglesi lo leggono come se fosse «eek») èil nome di una comune funzione Lisp chedà in risposta l'atomo «t» (dove «t» sta per«true», cioè «vero») se i suoi due argo-menti hanno lo stesso valore, e nil (che staper «no», ovvero «falso») se invece i dueargomenti non hanno lo stesso valore.

Una istruzione condizionale è una listail cui car è il nome di funzione «cond»,seguito da un numero qualunque di clau-sole condizionali, ciascuna delle quali èuna lista di due elementi. Il primo ele-mento di ogni clausola è la sua «condizio-ne», il secondo elemento è il suo «risulta-to». Le condizioni delle clausole sonocontrollate dal genietto del Lisp una peruna, in ordine; appena il genietto trovauna clausola la cui condizione sia «vera»(il che significa che la condizione dà inrisposta qualche cosa di diverso da nil),comincia a calcolare il risultato della clau-sola, il cui valore viene fornito in rispostacome valore di tutta l'istruzione condi-zionale. A tutte le clausole successive ilgenietto non getta neanche un'occhiata!Può sembrare una cosa più complessa diquel che dovrebbe. L'idea in effetti non èmolto complicata: basta dire che il geniet-to cerca la prima condizione che sia soddi-sfatta, quindi restituisce in risposta il ri-sultato corrispondente.

Spesso si desidera avere alla fine unaclausola pigliatutto, la cui condizione siasicuramente soddisfatta, in modo che setutte le altre condizioni falliscono almenoquesta avrà valore vero e in risposta siavrà il risultato relativo, invece di nil. Èsemplicissimo costruire una condizione ilcui valore sia sempre diverso da nil; bastascegliere semplicemente «t», per esem-pio, come nel caso seguente:

—> (cond ((eq x 1) 'terra)((eq x 2) 'mare)(t 'aria))

A seconda del valore di x, otterremo co-me valore di questa condizione «terra»,

«mare» o «aria», ma non otterremo mai n il.Eccovi qualche campione di istruzioni con-dizionali, con cui giocare con il genietto:

—> (cond ((eq (eval pi) torta)(eval (snoc torta pi)))(t (eval (snoc (rac pi) pi))))

—> (cond (eq 2 2) 2) ((eq 3 3) 3))—> (cond (nil 'no-no-no)

(eq '(car nil) '(cdr nil))'hmmm)

(t 'si-si-si))

Le risposte sono 8, 2 e «si-si-si». Avetenotato che «(car nil)» e «(cdr nil)» era-no citati (cioè preceduti dall'apostrofo)?

Chiuderò questa parte della mia rubricapresentando una famiglia di defini-

zioni di funzione dalla forma molto ovvia,tanto ovvia da farvi pensare che il geniet-to del Lisp «capisca la solfa» dopo averneviste solo alcune. Sfortunatamente i ge-nietti del Lisp sono testoni fino alla dispe-razione (o almeno si divertono a fare itestoni) e non saltano ad alcuna conclu-sione se non gli è stata presentata esplici-tamente a chiare lettere. Guardate primala famiglia di funzioni:

(def quadrato(lambda (k) (times k k)))

(def cubo(lambda (k) (times k (square k))))

(def quarta-potenza(lambda (k) (times k (cubo k))))

(def quinta-potenza(lambda (k)(times k (quarta-potenza k))))

(def sesta-potenza(lambda (k)(times k (quinta-potenza k))))

La domanda che ho tenuto in serbo pervoi è questa: riuscite a scoprire una defi-nizione per una funzione a due parametriche riassuma in sé, in un sol colpo, tuttaquesta famiglia infinita? (Per favore nonscrivetemi tutto quello che avete pensato;conosco già la risposta e ve la fornirò laprossima volta:) Più concretamente, ladomanda è: come si potrebbe procedereper definire una funzione a due parametrichiamata «potenza» in modo che, peresempio, «(potenza 9 3)» dia 729, quan-do viene valutata, e «(potenza 7 4)» dia2401? Nelle pagine che precedono potetetrovare tutti gli strumenti necessari a ri-solvere questo compito, purché mettiateall'opera un po' di ingegnosità.

H° pensato di concludere con una noti-

zia recentissima sulla scoperta di unnuovo animale: il porscopino glazunkia-no, così chiamato perché si trova sola-mente sull'isola di Glazunkia (su cui ri-vendica la propria sovranità la Bitbo Su-periore, benché l'isola sia localizzata abreve distanza dalla costa di Burronyme-de). E che cos'è un porscopino glazunkia-no, mi chiederete? Orbene, è una stranarazza di porcospino i cui aculei - che sono,

per qualche ignoto motivo, esattamentenove (nella Glazunkia Esterna) e sette(nella Glazunkia Interna) - sono porsco-pini di dimensioni più piccole. Oho! Maquesto sembra proprio portarci a un re-gresso all'infinito! Ma no, mi sono sem-plicemente dimenticato di dire che esisteun porscopino di dimensioni minime: iltipo zero centimetri, che, cosa abbastan-za sorprendente, è del tutto privo di acu-lei. Quindi, per fortuna (o forse per sfor-tuna, a seconda del vostro punto di vi-sta), questo pone fine al temuto regressoall'infinito.

Gli studenti di zoologia saranno forseinteressati a sapere che gli aculei dei por-scopini da cinque centimetri sono sempreporscopini da quattro centimetri, e cosìvia a catena. Gli studenti di antropologiasaranno parimenti solleticati al sapere chegli abitanti della Glazunkia (sia Esternache Interna) usano il naso (sì, proprio ilnaso) del porscopino da zero centimetricome unità di scambio - una cosa benstrana, per la nostra mentalità, ma in fon-do chi siete voi e chi sono io per discuteredegli antichi costumi dei glazunkianiesterni e interni?

Comunque, perché vi sto raccontandotutte queste cose? Oh, semplicementeperché pensavo che vi potesse far piaceresaperle. In ogni caso, chi lo sa? Potrebbecapitarvi di visitare la Glazunkia (Internao Esterna) uno di questi bei giorni. Eallora tutte queste informazioni potreb-bero farvi comodo.

TEMIMETAMAGICI

LE SCIENZE edizione italiana di

SCIENTIFIC IVIERICANha pubblicato sui meccanismi diautoreplicazione i seguenti arti-

coli di Douglas Hofstadter:

I CUBISTI GIOCHERELLANOCON I CUBETTI DEL CUBOMAGICO, I CUBOLOGHI LI

RISOLVONO (n. 153)

CHIACCHIERATA SUL TEST DITURING PER STABILIRE SE

UNA MACCHINA PUÒ PENSARE(n. 155)

STRANI ATTRATTORI: SCHEMIMATEMATICI COLLOCATI TRAL'ORDINE E IL CAOS (n. 162)

LA MUSICA DI FREDERIC CHOPIN:SORPRENDENTI SCHEMI AUDITIVI

CHE SORPRENDONO ANCHEGLI OCCHI (n. 167)

OLTRE IL CUBO: SFERE,PIRAMIDI, DODECAEDRI E DIO

SA CHE ALTRO (n. 170)

SI PUÒ MECCANIZZARELA CREATIVITÀ? (n 171)

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