Lo scorpione sul petto. Iconografia antiebraica tra XV e XVI secolo alla periferia dello Stato...

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L O SCORPIONE SUL PETTO I CONOGRAFIA ANTIEBRAICA TRA XV E XVI SECOLO ALLA PERIFERIA DELLO S TATO PONTIFICIO GIUSEPPE CAPRIOTTI

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LO SCORPIONE SUL PETTOICONOGRAFIA ANTIEBRAICA TRA XV E XVI SECOLO

ALLA PERIFERIA DELLO STATO PONTIFICIO

GIUSEPPE CAPRIOTTI

INTRODUZIONE 7I. ICONOGRAFIA ANTIEBRAICA, PITTURA ANTIEBRAICA. PER UN TENTATIVO DI DEFINIZIONE 13

I.1 DIPINGERE GLI EBREI 13I.2 IL NASO ADUNCO, IL SEGNO GIALLO, IL CAPPELLO A PUNTA E LO SCORPIONE 15I.3 LA SCELTA TERRITORIALE E TEMATICA TRA GENERALE E PARTICOLARE 18

II. ANTIGIUDAISMO ECONOMICO. LA PROMOZIONE DEL MONTE DI PIETÀ ATTRAVERSO LE IMMAGINI 21II.1 IL PRESTITO EBRAICO TRA NECESSITÀ E RIFIUTO 21II.2 LA FIGURA DELLA VITA ETERNA DI MARCO DA MONTEGALLO 22II.3 LA MADONNA DEL MONTE DI LORENZO D’ALESSANDRO 27II.4 LA MADONNA DEL MONTE DI VITTORE CRIVELLI 32II.5 UNO STILE ARCAIZZANTE PER UNA MODERNA RIFORMA ECONOMICA 35

III. LA SORTE DEL CORPO DI MARIA. LA PROFANAZIONE EBRAICA E L’INCREDULITÀ CRISTIANA 41III.1 UN NEMICO ESTERNO PER PROBLEMI INTERNI 41III.2 GLI EBREI NELLE FONTI LETTERARIE SULLA DORMITIO VIRGINIS DAI VANGELI APOCRIFI ALLA LEGENDA AUREA 42III.3 DAL TESTO ALL’IMMAGINE: UNA NOTA SULL’ICONOGRAFIA DELLA DORMITIO VIRGINIS NELLA LEGENDA AUREA 46III.4 LA DORMITIO VIRGINIS DI OLIVUCCIO DI CECCARELLO DA SIROLO 47III.5 LA DORMITIO VIRGINIS DI JACOPO SICULO A VALLO DI NERA 54

IV. L’ALTARE DEL CORPUS DOMINI DI URBINO. LA PUNIZIONE DELL’EBREO E LA SALVEZZA DELL’INCREDULA CRISTIANA 59IV.1 IL PROBLEMA DEL CORPO DI CRISTO 59IV.2 LA PROFANAZIONE DELL’OSTIA DI PAOLO UCCELLO: IL DENARO, IL BANCO DELL’EBREO E IL MONTE DI PIETÀ 60IV.3 LA COMUNIONE DEGLI APOSTOLI DI GIUSTO DI GAND E IL PROBLEMA DELL’IDENTITÀ DELL’ORIENTALE 69IV.4 UN’ULTIMA IPOTESI 73

V. DERESPONSABILIZZARE ROMA. L’ACCUSA DI DEICIDIO NELLA MESSA IN SCENA DELLA PASSIONE 77V.1 IL PROBLEMA DEL DEICIDIO 77V.2 LA CROCIFISSIONE DI ZANINO DI PIETRO A RIETI 79V.3 LA PREDELLA DELLA MADONNA DEL PERGOLATO DI GIOVANNI BOCCATI A PERUGIA 83V.4 IL TRITTICO DELLA PIEVE DI LUCA DI PAOLO A MATELICA 92VI.5 LA FLAGELLAZIONE NEL POLITTICO DI MASSA FERMANA DI CARLO CRIVELLI 97

VI. IL TESTAMENTO COMUNE. LA DISPUTA DI GESÙ CON I DOTTORI DEL TEMPIO NEL SISTEMA ICONOGRAFICO DELLA CAPPELLABAGLIONI A SPELLO 101

VI.1 LA DISPUTA DI GESÙ CON I DOTTORI DEL TEMPIO: LA FONTE EVANGELICA E QUALCHE IMMAGINE 101VI.2 I DATI STORICI E ALCUNE PRECEDENTI INTERPRETAZIONI 103VI.3 LA DISPUTA DI GESÙ CON I DOTTORI DEL TEMPIO E GLI EBREI TRA PERUGIA E SPELLO 108VI.4 LIBRI SIBILLINI VERSUS LIBRI EBRAICI 112VI.5 I VOLUMI DEGLI EBREI E L’INTERPRETAZIONE DELL’ANTICO TESTAMENTO: I DUE BAMBINI COI LIBRI 114VI.6 LA SINAGOGA CHE DIVENTA CHIESA E IL BUON GOVERNO DEI BAGLIONI 115

VII. TORTURARE PER CONVERTIRE. LE GESTA DELL’EBREO GIUDA NELL’ICONOGRAFIA DELLA LEGGENDA DELLA «VERA CROCE» 119VII.1 L’EBREO GIUDA NELLA COSTRUZIONE DELLA LEGGENDA DELLA «VERA CROCE» 119VII.2 SAN CIRIACO E LA QUESTIONE ANCONETANA 121VII.3 IL POLITTICO PER L’ABBAZIA DI S. CROCE A SASSOFERRATO DI GIOVANNI ANTONIO DA PESARO 123VII.4 L’ANCONA PER LA CHIESA DI S. CROCE A MATELICA DI LUCA DI PAOLO DA MATELICA 130VII.5 LA MESSA IN SCENA DI UN PROBLEMA SOCIALE: L’EBREO DA CONVERTIRE E L’EBREO CONVERTITO 138

VIII. IN DISPREGIO DELLA RELIGION NOSTRA CHRISTIANA. IL MARTIRIO DI SIMONINO DA TRENTO NELLA PALA DI PIER MARTINOFIAMMINGO DI PERUGIA 141

VIII.1 TRENTO 1475: L’INVENZIONE DI UN MARTIRE 141VIII.2 DA TRENTO A SPOLETO: L’AZIONE DELLA PREDICAZIONE OSSERVANTE 143VIII.3 DA TRENTO A PERUGIA: IL RUOLO DELL’AGOSTINIANO TADDEO GUIDELLI 146VIII.4 TESTO E IMMAGINE: LE STRATEGIE NARRATIVE DI PIER MARTINO FIAMMINGO 153VIII.5 ANTIGIUDAISMO SENZA EBREI 156

TAVOLE 159BIBLIOGRAFIA 177INDICE DEI NOMI 203

SOMMARIO

che la popolazione, nel 1790 e poi nel 1792,blocca due tentativi di cambiare le date dellasua festa e le modalità del suo svolgimento.59

Le sue virtù apotropaiche le vengono ricono-sciute ininterrottamente almeno fino all’Otto-cento: nel 1799 è responsabile d’aver salvatoalcuni uomini dal terremoto; nel 1817 è portatain processione contro il pericolo della peste; nel1855 viene invocata contro una terribile epide-mia di colera.60

II.4 LA MADONNA DEL MONTE DI VITTORE CRIVELLI

Anche se meno complessa dal punto di vista fi-gurativo, la tavola di Massa Fermana (FIG. 6) hamoltissimi elementi in comune con quella diCaldarola, che molto probabilmente i commit-tenti di Vittore hanno voluto riprendere nellastruttura compositiva e concettuale e che dun-que, anche per cronologie interne al catalogo diVittore, va considerata un termine ante quem.61

La Madonna è seduta su un parapetto marmo-reo con schienale, ugualmente di marmo, coro-nato da una ghirlanda di fiori e frutti simbolici(mele, ciliegie, melagrana, pesche, uva e un ce-triolo), che pendono da un nastro rosso. Sulloschienale si appoggia anche un pettirosso, figuradella Passione.62 Ai lati della Vergine due angio-letti, sullo sfondo di una ricca vegetazione,stanno suonando strumenti musicali a corda. IlBambino, seduto sopra un cuscino sulle ginoc-chia della madre, tiene in mano un garofano,simbolo dell’amore sponsale,63 e sta benedi-cendo l’azione compiuta della Vergine, la qualefa cadere dall’alto una cintola, che scende fino acircondare il ritratto in miniatura della città diMassa Fermana, presentato alla Madonna daquattro santi: Sebastiano con la freccia, protet-

tore contro le peste, Sivestro papa, titolare dellachiesa parrocchiale della città, Lorenzo con gra-ticola, patrono di Massa, e Francesco con lestimmate, al cui Ordine, come vedremo, è forselegata la committenza del dipinto. A destra e asinistra del modellino di città, c’è la collettivitàche abita il cerchio murato: da un lato i semplicicittadini, uomini e donne, alcune delle quali in-dossano una specie di soggolo, che nel Quattro-cento era portato non solo dalle francescane, maanche dalle donne comuni, talvolta sulla base dileggi suntuarie che vietavano le scollature;64

dall’altro gli accoliti di una confraternita, nelloro tipico abito bianco, si sono appena fermatidalla processione: il loro stendardo rosso è an-cora in movimento e le candele accese, innal-zate su aurei candelabri, hanno la fiamma mossaverso destra. Questa confraternita, come a Cal-darola probabilmente in accordo con la stessacomunità, gestiva con ogni evidenza un Montedi Pietà: le due cassette tenute aperte dai duerappresentati, munite di chiavi e piene di mo-nete d’oro, sono in effetti gli oggetti ritenutiquasi sacri dall’amministrazione di ogni Monte.La Vergine protegge dunque il cerchio muratoall’interno del quale il denaro accumulato è rein-vestito in opere caritatevoli. Dal momento chei promotori di questo tipo di economia e di que-sta tipologia di immagini (come quelle finoraanalizzate) sono proprio i francescani osser-vanti, il cui insediamento a Massa Fermana, unodei primi delle Marche, risale al XIV secolo,65 lafigura di Francesco, tra i santi in primo piano,indica forse proprio la committenza del dipinto.Al pensiero francescano rimanda anche la scrittache corre sulla cintola: MATER DOMINA PAX ET VITA

OMNIUM HIC CINCTORUM SUM EGO MARIA (IoMaria, madre e signora, sono la pace e la vita di

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59 SALTALAMACCHIA, Il santuario, cit., pp. 95-96.60 IBIDEM, pp. 92-95.61 Per i problemi della datazione dell’opera cfr. la scheda diGiuseppe Capriotti in Vittore Crivelli da Venezia alle Marche.Maestri del Rinascimento nell’Appennino, a cura di F. COLTRI-NARI, A. DELPRIORI, Venezia 2011, p. 154.62 Per la simbologia di tutti questi elementi cfr. G. CA-PRIOTTI, Ce sta picto. Simboli e figure nella pittura di Carlo Cri-velli e del suo tempo, in Vittore Crivelli da Venezia, cit., pp.73-85, in particolare pp. 73-78.

63 Cfr. ancora IBIDEM, pp. 75-77.64 Le donne, con e senza soggolo, dipinte da DomenicoGhirlandaio nella Cappella Tornabuoni a Santa Maria No-vella ne sono l’esempio emblematico. Sull’influenza delleleggi suntuarie, in particolare sulle scollature delle donne,cfr. R. LEVI PISETZKY, Storia del costume in Italia, II, Milano1964, pp. 267-270 e 468-473.65 A. TALAMONTI, Cronistoria dei frati minori della provincialauretana delle Marche, I, Sassoferrato 1937, p. 71.

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ANTIGIUDAISMO ECONOMICO

FIG. 6. Vittore Crivelli, Madonna del Monte, Massa Fermana, Chiesa dei Santi Silvestro, Lorenzo eRufino, su gentile concessione dell’Arcidiocesi di Fermo / Foto di Roberto Dell’Orso.

gine stessa a proteggere dall’attacco ebraico il cri-stiano che ha consumato l’ostia consacrata:5 gliebrei sono dunque progressivamente trasformatinella minaccia primaria all’integrità e all’unità delcorpo di Cristo, ovvero della Chiesa e dei fedeli chene consumano ritualmente il corpo nella messa.6

Nel momento in cui questi resoconti di miracolivengono narrati in specifici contesti, il nemico pa-radigmatico e fittizio della leggenda rimanda peròdi nuovo all’ebreo reale, che vive nella città in cuiquel racconto viene fatto circolare.La commissione e la realizzazione della pala d’al-tare per la Confraternita del Corpus Domini diUrbino, composta da una tavola e da unapredella,7 nella quale ancora una volta si mette inscena la diversa e opposta sorte di un profanatoreebreo e di un incredulo cristiano, cui s’aggiungela presenza di un orientale nell’ancona, avvengonosullo sfondo di complesse dinamiche territoriali incui sono direttamente coinvolti gli ebrei di Urbino.Come certifica il libro di entrate e uscite della con-fraternita, la predella viene portata a termine daPaolo Uccello, entro la fine di ottobre del 1468,8

mentre la tavola maggiore, nonostante le trattativeintercorse tra i committenti e Piero della Francescanel 1469, viene dipinta tra il 1473 e il 1474 da Giustodi Gand, con il contributo dello stesso Federico daMonteferltro che consegna in contanti 15 fiorinid’oro «a Guido de Manghaccio per detta fraternitaper aiutorio de la spesa dela tavola»:9 si tratta conogni evidenza solo di un concorso alle spese, invirtù del quale Federico si fa ritrarre nel dipintocommissionato dalla confraternita più importantedella città. Queste due parti componevano origi-

nariamente la pala per l’altare maggiore dellachiesa del Corpus Domini in Piazza di Pian di Mer-cato (oggi Piazza della Repubblica), demolita nelprimo decennio del XVIII secolo.10 In un inventariodei beni della chiesa, redatto dal priore della con-fraternita Lattanzio Valentini nel 1655, risulta in-fatti che: «Il quadro dell’altare maggiore è dei primiche si dipingessero a olio in tavola rappresentantela Cena degli Apostoli, è di mano di Giusto Tede-sco pittore habitante in Urbino al tempo del ducaFederico Montefeltro, la cui effigie in esso; edanche dell’istesso e d’altri, l’ornamento di legno in-dorato antico con la base (predella) in cui si vedonoalcuni miracoli del SS.mo Sacramento».11 Trasferitein data imprecisata nella chiesa di Sant’Agata e poinel collegio degli Scolopi di Urbino, le tavole giun-gono nella Galleria Nazionale delle Marche a se-guito delle demaniazioni postunitarie.12 Dipinte acirca sei anni di distanza l’una dall’altra da due ar-tisti di cultura figurativa radicalmente diversa, lapredella e l’ancona rispondono con ogni evidenzaa un unitario progetto iconografico, incentrato sutemi eucaristici, definito però in due momenti di-versi: il primo guidato principalmente dai membridella confraternita, il secondo segnato dal vigilecontrollo della famiglia comitale.

IV.2 LA PROFANAZIONE DELL’OSTIA DI PAOLO UC-CELLO: IL DENARO, IL BANCO DELL’EBREO E IL

MONTE DI PIETÀ

Il primo a porsi il problema della fonte letterariausata da Paolo Uccello per comporre la predella

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5 Cfr. D.L. DESPRES, Mary and the Eucharist. Cultic Anti-Judaismin some Fourteenth-Century English Devotional Manuscript, inFrom Witness to Witchcraft. Jews and Judaism in medieval Chris-tian thought, a cura di J. COHEN, Wiesbaden 1996, pp. 375-403; EADEM, Immaculate Flesh and the Social Body: Mary andthe Jews, Jewish History, XII, 1998, 1, pp. 47-69.6 Cfr. R.C. STACEY, From Ritual Crucifixion to Host Desecration: Jewsand the Body of Christ, Jewish History, XII, 1998, 1, pp. 11-28.7 Gli studi interpretativi più importanti sull’argomentosono: M. ARONBERG LAVIN, The altar of Corpus Domini inUrbino: Paolo Uccello, Joos van Ghent, Piero della Francesca, TheArt Bulletin, XLIX, 1967, 1, pp. 1-24; J. VAN WAADENOIJEN, Thealtarpiece of Corpus Domini in Urbino reinterpreted, Arte Cris-tiana, LXXIX, 1991, 743, pp. 90-98; D.E. KATZ, The contours ofTolerance. Jews and the Corpus Domini Altarpiece in Urbino,

The Art Bulletin, LXXXV, 2003, 4, pp. 646-661 (riconfluito inKATZ, The Jews in the Art, cit., pp. 16-39). Cfr. anche D. PIER-MATTEI, L’ostia profanata. Gli ebrei e la nascita dei Monti di Pietànel Ducato di Urbino, Fano 1997. 8 Paolo Uccello riceve numerosi pagamenti a partire dall’a-gosto del 1467. Cfr. L. MORANTI, La Confraternita del CorpusDomini di Urbino, Ancona 1990, pp. 207-213.9 Cfr. IBIDEM, pp. 216-217.10 Cfr. IBIDEM, pp. 16-23.11 E. SCATASSA, Chiesa del Corpus Domini, Repertorium fürKunstwissenschaft, XXV, 1902, pp. 438-446, in particolare pp.439-442. Su questo documento cfr. anche MORANTI, La Con-fraternita, cit., p. 17 e p. 150, nota 16.12 La predella giunge in Galleria nel 1861, mentre la tavola nel1881. Cfr. ARONBERG LAVIN, The altar of Corpus Domini, p. 1.

è stato nel 1952 Pierre Francastel.13 Lo studiosoevidenziava l’origine francese della leggenda, le-gata al miracle des Billettes, portando come provail resoconto del miracolo fornito da Gilles Cor-rozet nel XVI secolo e prima ancora da GiovanniVillani nel XIV secolo, cui aggiunge la notizia diuna processione, realizzata a Parigi nel 1444,nella quale figurava un carro, detto le Mystère duJuif, ove veniva rappresentato il miracolo;14 l’au-tore mette in relazione questa pièce semiliturgicacon un testo teatrale del XV secolo, le Miracle dela Sainte Hostie, pubblicato nel Dictionnaire desMystères da Jules Douhet.15 Si tratta di un rac-conto noto, con leggere varianti, attraverso di-versi testi latini e francesi, nessuno dei quali puòessere datato prima del 1299.16

Il miracolo è ambientato nella parrocchia diSaint Jean-en-Grève, a Parigi, ove vive un ebreodi nome Jonathan, che inganna una sua debi-trice, la quale aveva impegnato presso di lui unvestito. Per ridare indietro l’abito, l’ebreochiede di avere in cambio il Sacramento rice-vuto il giorno di Pasqua. Come un secondoGiuda la donna, che vuole vestirsi lussuosa-mente il giorno della festa, accetta l’infamecommercio e porta l’ostia all’ebreo, il quale co-mincia a disonorarla in diversi modi: la colpiscecol coltello, facendola sanguinare; la getta nelfuoco, dal quale esce illesa, mettendosi a vol-teggiare per la stanza; la getta nell’acqua bol-lente, che si tinge immediatamente di sangue,lasciando apparire l’immagine del crocifisso. Il

figlio dell’ebreo racconta il misfatto ad alcunicoetanei cristiani, provocando la rovina delpadre. Mentre quest’ultimo viene condannatoa morte e giustiziato, tutta la sua famiglia, com-posta da moglie e figli, si converte al cristiane-simo; l’ostia e il coltello divengono reliquie delmiracolo, mentre la casa dell’ebreo viene tra-sformata, con l’autorizzazione di papa Bonifa-cio VIII, in una specifica cappella dedicata al loroculto, gestito da un ordine religioso che indos-sava un distintivo a forma di losanga, chiamato«billettes», da cui deriva il nome miracles des Bil-lettes.17 Gli studi di Miri Rubin hanno dimo-strato come i racconti di profanazione dell’ostiapraticata da ebrei seguano uno scema abba-stanza ricorrente, che si modifica in una mi-riade di diverse combinazioni e varianti, grazieal veicolo della predicazione; spesso il racconto,ovviamente fittizio, ma narrato come eventoreale, veniva usato per giustificare l’espulsionedella collettività ebraica, cui comunque era nor-malmente imposto di stare in casa durante lepubbliche processioni eucaristiche: gli ebreierano considerati per eccellenza i nemici delcorpo di Cristo.18 Diversi racconti di profana-zione dell’ostia da parte degli ebrei hanno esitiiconografici.19

Nel 1967 Marilyn Aronberg Lavin, in un articolopionieristico e ancora oggi fondamentale, ri-torna sul problema delle fonti usate da PaoloUccello, evidenziando in particolare come l’ar-tista combini in realtà diversi testi, i quali però

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L’ALTARE DEL CORPUS DOMINI DI URBINO

13 P. FRANCASTEL, Un mystère parisien illustré par Uccello. Lemiracle de l’hostie d’Urbino, Révue archeologique, 39, 1952,pp. 180-191.14 L’autore cita tutte queste fonti attraverso P. PERDRIZET, Lecalendrier parisien a la fin du Moyen Age d’après le Bréviaire etles livres d’heures, Paris 1933, pp. 158-160. Cfr. G. CORROZET,Les antiquitez croniques et singularitez de Paris, ville capitalledu Royaume de France, I, Paris 1586, p. 105. Per il testo di Vil-lani cfr. nota 21. La processione del 1444, realizzata per pro-muovere la pace tra il re di Francia Carlo VII e il red’Inghilterra Enrico II, è citata nel Journal d’un bourgeois deParis, ove si dice il miracolo viene inscenato in un mimo-dramma nel quale i differenti atti erano mostrati su uncarro. Cfr. Journal d’un bourgeois de Paris, 1405-1449, a curadi A. TUETEY, Paris 1881, pp. 372-373.15 Cfr. J. DOUHET, Dictionnaire des mystères, Paris 1854, coll.885-901. In questa pièce teatrale, dopo il supplizio dell’ebreoe la conversione della sua famiglia, si aggiunge un atto in-

teramente dedicato alle sorti della cristiana complice del-l’ebreo: impiegata a Senlis come ostessa, la donna, dopoaver ucciso il figlio che aveva messo al mondo, viene con-dannata per infanticidio e infine giustiziata.16 Le diverse fonti sono elencate e analizzate da M. RUBIN, Gen-tile Tales. The Narrative Assault on Late Medieval Jews, NewHaven – London 1999, pp. 40-48. Molte fonti, anche posteriori,sono analizzate spesso in maniera confusa da J.L. SCEFER, L’ho-stie profanée. Histoire d’une fiction théologique, Paris 2007.17 RUBIN, Gentile Tales, cit., p. 44.18 Cfr. IDEM, Desecration of the Host: The birth of an accusation,in Christianity and Judaism, a cura di D. WOOD, Oxford 1992,pp 169-185; IDEM, Gentile Tales, cit.19 Cfr. M. MELERO MONEO, Eucaristía y polémica antisemitaen el retablo y frontal de Vallbona de les Monges, LocusAmoenus, 6, 2002-2003, pp. 21-40; M.B. MERBACK, Fount ofMercy, City of Blood: Cultic Anti-Judaism and the Pulkau PassionAltarpiece, The Art Bulletin, LXXXVII, 2005, 4, pp. 589-642.

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VI.6 LA DISPUTA DI GESÙ CON I DOTTORI DEL TEMPIO: LA FONTE EVANGELICA E QUALCHE IMMAGINE

L’unico evangelista del canone che racconta l’epi-sodio da cui deriva l’iconografia della Disputa diGesù con i Dottori del Tempio è Luca: «I suoi genitorisi recavano tutti gli anni a Gerusalemme per lafesta di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, visalirono di nuovo secondo l’usanza; ma trascorsii giorni della festa, mentre riprendevano la via delritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme,senza che i genitori se ne accorgessero. Creden-dolo nella carovana, fecero una giornata di viag-gio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e iconoscenti; non avendolo trovato, tornarono incerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lotrovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori,mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelliche l’udivano erano pieni di stupore per la sua in-telligenza e le sue risposte. Al vederlo restaronostupiti e sua madre gli disse: ‘Figlio, perché ci haifatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cer-cavamo’. Ed egli rispose: ‘Perché mi cercavate?Non sapevate che io devo occuparmi delle cosedel Padre mio?’. Ma essi non compresero le sueparole. Partì dunque con loro e tornò a Nazareth

e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tuttequeste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sa-pienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini».1

Da questi versetti non emerge alcuna intenzioneantigiudaica: Gesù discute insieme ai dottori deltempio e questi ultimi si meravigliano per la suasingolare bravura, non giustificata dalla sua età.Quando però queste parole si trasformano in im-magine, generando una ricca iconografia, che sipresenta prima quasi esclusivamente inserita incicli con storie cristologiche o mariane, per pren-dere poi progressivamente una discreta autono-mia,2 il discorso può cambiare anche in manierasostanziale. Malgrado l’iconografia della Disputamantenga molto spesso connotati neutri, tenen-dosi particolarmente aderente al testo evangelico,essa può assumere talvolta alcuni significati antie-braici, espressi attraverso la caricaturale raffigura-zione dei dottori o mediante la rappresentazionedi libri e rotoli stracciati o gettati a terra. È quantoaccade ad esempio nella Disputa con i Dottori di-pinta nella seconda metà del XV secolo da AndreaDelitio nel ciclo mariano della cattedrale di Atri,3

ove il Cristo in cattedra, purtroppo quasi total-mente perduto a causa di una lacuna, mette in crisii saggi ebrei seduti sugli scanni come scolari. Molti

A fianco: Pintoricchio, Disputa di Gesù con i Dottori del Tem-pio, particolare, Spello, collegiata di Santa Maria Maggiore,su gentile concessione della Diocesi di Foligno / Foto di Ro-berto Dell’Orso.

1 Luca 2, 41-52. Gli apocrifi non danno maggiori informa-zioni: Vangelo di Tomaso, XIX, 1-5; Vangelo dell’infanzia arabosiriaco, L, 1-LIII, 3. 2 Per una prima indagine cfr. L. RÉAU, Iconographie de l’artchrétien, II-2, Iconographie de la Bible, Nouveau Testament,

Paris 1957, pp. 289-292 e M. COLLARETA, Cristo fra i dottori.Sviluppi di un tema iconografico dal tardo antico alla prima etàmoderna, in La Disputa. Dialogo e memoria nella tradizionecattolica in età moderna, a cura di A. PILATO, T. TIRONI, Ci-nisello Balsamo 2007, pp. 17-31. Per il territorio veneto cfr.L.L. PAVANELLO, La Disputa di Cristo fra i Dottori a Venezianel primo Cinquecento, Ateneo Veneto, CXCV, 2008, 7/II, pp.97-140.3 Cfr. G. BENEDICENTI, L. LORENZI, Andrea Delitio. Catalogodelle opere, Firenze 2001, pp. 135-135, FIG. LXV.

VI.IL TESTAMENTO COMUNE.

LA DISPUTA DI GESÙ CON I DOTTORI DEL TEMPIO

NEL SISTEMA ICONOGRAFICO DELLA CAPPELLA BAGLIONI A SPELLO

VII.4 L’ANCONA PER LA CHIESA DI SANTA CROCE A

MATELICA DI LUCA DI PAOLO DA MATELICA

A differenza del polittico di Sassoferrato, sull’an-cona realizzata da Luca di Paolo per la chiesa(ora distrutta) di Santa Croce di Matelica, gestitadall’omonima confraternita, si hanno pochis-simi dati di contesto. Il dipinto, attualmente con-servato nel Museo Piersanti della stessa città, èstato il cardine che ha permesso l’identificazionee la ricostruzione del percorso artistico di Lucadi Paolo, giacché inequivocabilmente legato adalcuni pagamenti, annotati nel libro di contidella confraternita e ricevuti dal pittore mateli-cese tra il 1481 e il 1484.47

Nella tavola principale è raffigurata una Croci-fissione (FIG. 45), che avviene sullo sfondo diuna foresta di alberelli, alla presenza dell’Ad-dolorata e di san Giovanni, mentre in cielo svo-lazzano simmetricamente due angeli e quattrocherubini. Nei pilastri laterali, alla base deiquali sono ritratti due gruppi di devoti appar-tenenti alla confraternita, compaiono diecisanti a mezzo busto, realizzati sicuramente daun diverso artista.48 Disposta su due registri so-vrapposti, la predella è costituita da otto scom-parti nei quali si raffigurano alcuni episodidella leggenda della «vera croce», selezionatieludendo tutta la prima parte della narrazionedi Jacopo da Varazze, per mostrare subito

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47 S. BIOCCO, Un dipinto di area camerinese a Matelica e nuoveacquisizioni sul pittore Luca di Paolo, in I Da Varano e le arti, acura di A. DE MARCHI, P.L. FALASCHI, Ripatransone 2003,pp. 407-430.

48 A. DE MARCHI, Pittori a Camerino nel Quattrocento: le ombredi Gentile e la luce di Piero, in Pittori a Camerino, cit., pp. 24-99, in particolare p. 81.

FIG. 46. Luca di Paolo da Matelica, Viaggio di sant’Elena a Gerusalemme, Matelica, Museo Piersanti, Archivio FotograficoMuseo Piersanti / Foto di Foto di Erminio Burzacca.

Elena in azione, in viaggio con la sua corteverso Gerusalemme (FIG. 46). La donna, effi-giata col suo caratteristico copricapo conico(che è in realtà una tiara con corona), cavalcaelegantemente il suo cavallo bianco, mentrecon una mano indica a due giovani paggetti,che la precedono armati di spada, l’itinerarioverso una città che s’intravede, turrita, oltre lemontagne sulla destra: Gerusalemme. Accom-pagnato da due fedeli levrieri in primo piano,immancabili sodali di cavalcate cortesi, il suocorteo è composto da una donna in soggolobianco, probabilmente un’ancella dell’impera-trice, e da diversi cavalieri riccamente vestiti,uno dei quali, sullo sfondo, indossa un cappello

a punta, mentre altri due hanno una fluentebarba. Cappello a punta e barba fluente sonoin genere attributi che designano l’ebraicità,ma in questo caso i personaggi sono sicura-mente cristiani dal momento che essi seguonol’imperatrice Elena. Proprio su queste figure siè scatenato il gesto infamante di qualche fer-vente devoto, che ha deturpato la superficiepittorica con una punta contundente (FIG. 47).Perché alcuni seguaci della cristianissima Elenasono abbigliati come ebrei e per quale motivoessi possono esser stati colpiti?Nella scena successiva Elena (FIG. 48), sedutaal di sopra di un trono semicircolare e circon-data dagli stessi personaggi che componevanonella tavoletta precedente il suo seguito a ca-vallo (compresa la donna in soggolo), indicacon un gesto risoluto l’ebreo Giuda, inginoc-chiato ai suoi piedi, il quale tenta di rispon-derle: ha infatti la bocca semiaperta, una manopremuta sul petto e l’altra rivolta verso l’im-peratrice. È la raffigurazione di una disputapubblica in atto. Alle spalle di Giuda compareuna vivace collettività di ebrei che partecipanoalla discussione. Un uomo distinto, vestito conun abito nero e con un cappello a punta rossoe nero, tradisce Giuda indicandolo all’Augu-sta; dietro di lui un ragazzo più giovane portaun dito al mento, compiendo il signum harpo-craticum, per consigliare al suo interlocutoredi fare silenzio;49 quest’ultimo, che chiude lascena a destra e indossa per copricapo la carat-teristica calotte che l’ebreo portava in casa,50

alza la mano in segno di risposta; fra questi c’èun personaggio, con la barba più lunga deglialtri, che indossa in testa un tallit, cioè loscialle di preghiera ebraico; insieme ad altripersonaggi con cappelli a punta, si distingueun uomo ritratto di profilo (anch’esso con unostrano copricapo nero e rosso) con naso emento pronunciato, sulla scia di uno stereo-

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TORTURARE PER CONVERTIRE

49 Il gesto del dito sul mento è un segno di silenzio derivantedal cosiddetto signum harpocraticum, che la statua della di-vinità egizia Arpocrate, ma anche di molte altre divinità an-tiche, compiva sull’ingresso dei templi, per richiamare al

silenzio i visitatori. Sulla signum harpocraticum nell’arte cri-stiana, cfr. A. CHASTEL, Il gesto nell’arte, Roma – Bari 2002,pp. 69-95.50 Cfr. FERRI PICCALUGA, Ebrei nell’iconografia, cit., p. 370.

FIG. 47. Luca di Paolo da Matelica, Viaggio di sant’Elena aGerusalemme, particolare, Matelica, Museo Piersanti, Ar-chivio Fotografico Museo Piersanti / Foto di Foto di Er-minio Burzacca.

LO SCORPIONE SUL PETTO

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FIG. 60. Arca di Simonino da Trento, incisione su rame, Monaco di Baviera, collezione dei principi Waldburg-Wolfegg.

già inserito nel Martirologio.44 Una delle due il-lustrazioni presenti nell’edizione del 1589 è in-fatti identica a quella presente nel frontespiziodel volume del 1586 (FIG. 61), ove è pubblicataanche una «Laude per i Fanciulli» e un sonetto«Al beato Simone». Il volumetto di Gesti vieneripubblicato dal solo Giovan Battista Gelmini daSabbio in seconda edizione a Trento nel 1593. Inquesto esemplare ricompaiono le due illustra-zioni del 1589 e la «Laude ai Fanciulli» del 1586.45

Nel 1597, ovvero nello stesso anno in cui PierMartino firma la sua pala, il medesimo testoviene pubblicato proprio a Perugia dall’editoreVincentio Colombara per volere dell’agosti-niano perugino Taddeo Guidelli, che, nelle pa-role introduttive rivolte «alli candidi lettori» edatate 13 marzo, dichiara di aver «veduto, e lettointentamente, quest’operetta» e di averla fatta«ristampare come se ne fosse autore».46 In que-sto esemplare, stampato il 22 marzo 1597, ov-vero due giorni prima della festa trentina delpresunto martire, viene pubblica anche la«Laude ai Fanciulli» presente nell’edizione del1586 e del 1593, con una significativa modificanell’ultimo verso: mentre il testo originale sichiudeva con un invocazione a Simone, affinchéDio «regga e salvi il tuo popol Trentino»,47 a Pe-rugia diviene «regga e salvi il popol Perugino».48

Ai fini di questa ricostruzione storica è inoltremassimamente importante notare come que-st’ultima operetta sia decorata, nel frontespizioe nella carta che precede il racconto, con unanuova e diversa stampa, che è con ogni evidenzatratta dalla parte centrale del dipinto di PierMartino (FIG. 62). Con ogni probabilità il pittorefiammingo ha dunque fornito il disegno per l’in-cisione presente nel volumetto curato da Tad-deo Guidelli e quest’ultimo è stato quasicertamente il committente agostiniano della

pala, nonché il redattore del programma icono-grafico dell’opera, che deriva infatti proprio daquesto flusso testuale. Ma chi era con esattezzaTaddeo Guidelli e come era venuto a cono-scenza della vicenda di Simonino?Umbro di umili origini, Taddeo Guidelli, al se-colo Rosato, si forma prima a Perugia, ove di-viene agostiniano, poi a Roma e a Padova;

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IN DISPREGIO DELLA RELIGION NOSTRA CHRISTIANA

44 A. FRANCO DA ARCO, Martirio del beato Simone Trentino,Trento 1586. Nella prima carta del volume, l’autore di-chiara di aver attinto a diversi autori e documenti, in par-ticolare all’opera di Tiberino e agli atti dei processi.Sull’autore cfr. le scarne informazioni biografiche forniteda F. AMBROSI, Scrittori ed artisti trentini (1894), Bologna1972, p. 24.45 A. GESTI, Martirio di S. Simone di Trento, Trento 1593. Que-

sta edizione, così come quella del 1589, è catalogata in al-cune biblioteche come opera di Ambrogio Franco e in altrecome opera di Antonio Gesti.46 T. GUIDELLI, Martirio di S. Simone di Trento, Perugia 1597,c. 2r. Questa edizione è in genere catalogata nelle bibliote-che come opera di Ambrogio Franco.47 GESTI, Martirio, cit., c. 3r.48 GUIDELLI, Martirio, cit., c. 3r.

FIG. 61. Simonino da Trento, da Ambrogio Franco daArco, Martirio del beato Simone da Trento (Trento 1586),Roma, Biblioteca Universitaria Alessandrina, su conces-sione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

In uno scomparto di predella della Madonna del Pergolato, venduta nel 1447 da GiovanniBoccati alla confraternita dei Disciplinati di Perugia, il personaggio che sta puntando lalancia alle spalle di Cristo, percuotendolo e incitandolo a camminare, porta sul petto ungrosso scorpione nero, che campeggia su una vistosa casacca gialla: lo scorpione è il sim-bolo del popolo ebraico, il giallo è per eccellenza il colore dell’infamia. Grazie a questi ead altri attributi, come ad esempio il naso adunco, il cappello a punta, il segno giallo, lascarsella da usuraio, il tallit o la lunga barba, è possibile identificare con chiarezza nellapittura tra ‘400 e ‘500 la figura dell’ebreo, effigiato in genere in modo peggiorativo, taloracon tratti del volto deformi e ripugnanti, mentre compie gesti oltraggiosi nei confrontidella Cristianità o mentre riceve un’esemplare punizione per la sua azione profanatoria.Questo libro illustra una serie di soggetti iconografici antiebraici, diffusi su un territorioche solo orientativamente coincide con le attuali regioni Umbria e Marche. Analizzatenei loro contesti e per la loro funzione d’uso, tali fonti iconografiche divengono unostraordinario documento, finora scarsamente utilizzato, che permette di indagare comegli ebrei e l’ebraismo fossero guardati e interpretati dalla prospettiva cristiana. Dietro l’o-rigine e lo sviluppo di questi soggetti iconografici c’è in genere un’acquisizione di ordinedottrinale, morale o economico, che deve essere promossa e difesa. L’ebreo diviene dun-que l’incarnazione paradigmatica dell’incredulità e dell’alterità religiosa, utile a risolvereproblemi interni al cristianesimo e a definirne la forza identitaria. L’avversario fittizio ri-tratto nell’immagine rimanda però immediatamente alle reali collettività giudaiche che,spesso soggette a rigide prescrizioni, abitano le città interessate dalla «pittura antiebraica».

GIUSEPPE CAPRIOTTI è ricercatore di Storia dell’arte moderna presso l’Università degli Studi di Ma-cerata, dove insegna Iconografia e Iconologia e Storia delle immagini. Si è principalmente occupato diproblemi di iconografia sacra e profana, di fortuna dell’Antico nell’arte moderna, di scultura e in-taglio lignei, di pittura antiebraica e antiturca, di pittura e scultura del Risorgimento. Oltre ad averlavorato su diversi artisti marchigiani del Rinascimento, ha pubblicato studi su Vittore Crivelli, Pin-toricchio, Lorenzo Lotto, Caravaggio, Domenichino e Mattia Preti. Ha recentemente pubblicatoL’alibi del mito. Un’altra autobiografia di Benvenuto Cellini (Genova 2013) e la ristampa anastatica LeTrasformationi di Lodovico Dolce. Il Rinascimento ovidiano di Giovanni Antonio Rusconi (Ancona 2013).

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MONOGRAFIE DI STORIA DELL’ARTE