L'immigrazione clandestina nelle città autonome di Ceuta e Melilla

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Corso di Laurea Magistrale in Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale L’immigrazione clandestina nelle città autonome di Ceuta e Melilla Tesi di Laurea di: Debora Procopio Matr. n. 827198 Relatore: Beatriz Hernán-Gómez Prieto Correlatore: Maria Matilde Luisa Benzoni Anno accademico 2013/2014

Transcript of L'immigrazione clandestina nelle città autonome di Ceuta e Melilla

Corso di Laurea Magistrale in Lingue e Culture per la

Comunicazione e la Cooperazione Internazionale

L’immigrazione clandestina nelle città

autonome di Ceuta e Melilla

Tesi di Laurea di:

Debora Procopio

Matr. n. 8 2 7 1 9 8

Relatore: Beatriz Hernán-Gómez Prieto

Correlatore: Maria Matilde Luisa Benzoni

Anno accademico 2013/2014

Indice

Introduzione .................................................................................................................................. 3

I Capitolo ....................................................................................................................................... 5

1. La storia di Ceuta dalla conquista portoghese ai giorni nostri .............................................. 5

1.1. Dal XV secolo alla fine del XIX secolo .......................................................................... 5

1.2. Dal XX secolo a oggi .................................................................................................... 13

2. La storia di Melilla dalla conquista dei Re Cattolici ai giorni nostri ................................... 20

2.1. Dal XV secolo alla fine del XIX secolo ........................................................................ 20

II Capitolo ................................................................................................................................... 33

1. Il fenomeno migratorio in Spagna ....................................................................................... 33

1.1. Le prime iniziative politiche per regolare il fenomeno dell’immigrazione .................. 35

1.2. Il processo di regolarizzazione degli immigrati ........................................................... 37

1.3. L’immigrazione clandestina nella penisola spagnola .................................................. 38

1.4. L’immigrazione clandestina a Ceuta e Melilla ............................................................ 39

2. La storia dell’immigrazione clandestina a Ceuta e Melilla ................................................. 40

2.1. I primi disordini a Ceuta e Melilla ............................................................................... 42

2.2. Le iniziative promosse dal governo spagnolo .............................................................. 45

2.3. Las vallas: la costruzione delle barriere di separazione ............................................. 46

2.4. La nascita dei CETI a Ceuta e Melilla ......................................................................... 47

2.5. Gli incidenti e i disordini avvenuti durante l’anno 2005 ............................................. 48

2.6. Il rafforzamento delle barriere di separazione ............................................................ 50

2.7. L’immigrazione clandestina tra il 2006 e il 2012 ........................................................ 51

2.8. Il tragico salto alla “valla” di Melilla: l’episodio del 25 aprile 2013 e le sue

conseguenze ......................................................................................................................... 52

2.9. La tragedia del 6 febbraio 2014 nella città di Ceuta ................................................... 54

3. Ceuta e Melilla oggi ............................................................................................................ 57

3.1. Chi sono gli immigrati che arrivano a Ceuta e Melilla? ............................................. 57

3.2. Non solo uomini: le donne migranti ............................................................................. 59

3.3. Non solo adulti: i minori migranti ............................................................................... 61

3.4. Come vengono raggiunte Ceuta e Melilla dai migranti? ............................................. 63

3.5. I CETI e i servizi da loro offerti a Ceuta e Melilla ...................................................... 66

3.6. E una volta superata la valla? ..................................................................................... 67

3.7. Expulsiones en caliente ................................................................................................ 71

3.8. Possibili soluzioni al fenomeno della migrazione clandestina a Ceuta e Melilla ........ 73

III Capitolo .................................................................................................................................. 76

1. Il fenomeno dell’immigrazione nei mass media ................................................................. 76

2. I giornali digitali .................................................................................................................. 78

2.1. L’uso della fotografia nei giornali digitali ................................................................... 80

2.2. L’uso di contenuti audiovisivi nei giornali digitali ...................................................... 81

3. Analisi degli articoli di giornale inerenti all’episodio del 25 aprile 2013 a Melilla ............ 82

3.1. El País .......................................................................................................................... 82

3.2. El Mundo ...................................................................................................................... 86

3.3. El Diario Digital de Melilla ......................................................................................... 89

3.4. El Faro Digital ............................................................................................................. 93

3.5. Considerazioni generali ............................................................................................... 95

4. Analisi degli articoli di giornale inerenti all’episodio del 6 aprile 2014 a Ceuta ............ 96

4.1. El País .......................................................................................................................... 96

4.2. El Mundo .................................................................................................................... 100

4.3. El Faro Digital ........................................................................................................... 103

4.4. Ceutaldía .................................................................................................................... 105

4.5. Considerazioni generali ............................................................................................. 107

Conclusioni ............................................................................................................................... 109

Bibliografia ............................................................................................................................... 112

1. Libri ................................................................................................................................... 112

2. Articoli .............................................................................................................................. 113

3. Articoli di giornali ............................................................................................................. 116

Sitografia ................................................................................................................................... 120

Ringraziamenti .......................................................................................................................... 122

3

Introduzione

La tesi che andrò a presentare sarà dedicata interamente alle uniche due città

autonome spagnole, Ceuta e Melilla.

Ceuta e Melilla sono due città singolari poiché pur appartenendo di diritto allo

stato spagnolo, non soltanto sono circondate da un’altra entità statale, il Marocco, ma si

trovano addirittura di un altro continente, l’Africa.

Questa loro particolarità ha fatto sì che esse siano diventate il punto di arrivo di

moltissime persone provenienti dai paesi più poveri al mondo, ossia dall’Africa

subsahariana.

Queste rotte migratorie hanno causato, quindi, l’arrivo in massa di moltissimi

migranti subsahariani nelle due città autonome costringendo così il governo spagnolo ad

adottare misure di difesa. La più importante fra queste è stata la costruzione di alte

barriere di filo spinato allo scopo di separare fisicamente Ceuta e Melilla dal continente

africano e, pertanto, controllare e ostacolare l’immigrazione irregolare.

Il presente lavoro è stato realizzato con la finalità di studiare come il governo

spagnolo e le due città autonome siano riuscite, o meno, a contrastare il fenomeno

dell’immigrazione clandestina nel tempo.

Per fare ciò si è deciso di organizzare e strutturare la presente tesi in tre capitoli.

Nel primo capitolo, a fini introduttivi, si fornisce una panoramica storica,

andando a ripercorrere la storia di Ceuta e Melilla al fine di indagare il motivo per cui

due città apparentemente appartenenti al continente africano facciano invece parte dello

stato spagnolo. Per fare ciò è stato necessario andare molto indietro nel tempo,

precisamente al XV secolo, quando Ceuta era entrata a far parte dei domini della

Corona portoghese mentre Melilla, quale città semi abbandonata, venne conquistata dai

sovrani di Spagna nel 1497. Per la cessione della città di Ceuta sarà necessario aspettare

4

due secoli quando nel 1668 il Portogallo cederà la città al Regno spagnolo attraverso il

Tratado de Lisboa.

Nel secondo capitolo, invece, ci addentriamo nel tema al centro della tesi, ossia

l’immigrazione clandestina, iniziando a fornire una panoramica generale sul fenomeno

migratorio in Spagna per poi concentrare l’attenzione sugli effetti che la pressione

migratoria ha avuto, e ha tuttora, nelle due città autonome. In particolar modo ho voluto

innanzitutto ripercorrere la storia dell’immigrazione irregolare a Ceuta e Melilla

partendo dagli anni del protettorato spagnolo del Marocco arrivando ai giorni nostri.

Con riferimento a questa dimensione verranno studiate le diverse iniziative promosse

dal governo spagnolo per gestire il fenomeno migratorio, fra le quali troviamo: la

realizzazione delle barriere di separazione e la nascita dei CETI quali strutture di prima

accoglienza per gli immigrati; verranno inoltre affrontati i problemi che sono sorti in

corrispondenza dell’aumento del fenomeno migratorio e del numero di immigrati nelle

città, come ad esempio l’episodio avvenuto a Melilla il 25 aprile 2013 e la tragedia di

Ceuta il 6 febbraio 2014. Per ultimo, verrà studiata la situazione odierna, indagando in

particolare su chi sono i migranti, come arrivano e cosa succede loro dopo essere entrati

nel suolo spagnolo.

Infine, il terzo capitolo sarà dedicato interamente al modo in cui i mezzi di

comunicazione di massa, e in particolare i giornali digitali, affrontano il tema

dell’immigrazione. Successivamente ho voluto analizzare come alcuni quotidiani

digitali hanno trattato i due gravissimi incidenti molti gravi avvenuti a Melilla e Ceuta

già precedentemente descritti nel secondo capitolo. Per fare ciò ho esaminato due

quotidiani nazionali, El País ed El Mundo e due locali, El Diario Digital de Melilla ed

El Faro Digital per quanto riguarda Melilla ed El Faro Digital e Ceutaldía per quanto

riguarda Ceuta, per poi metterli a confronto.

Per ultimo, trarrò le mie conclusioni sulla base dei documenti studiati.

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I Capitolo

1. La storia di Ceuta dalla conquista portoghese ai giorni nostri

1.1. Dal XV secolo alla fine del XIX secolo

Agli albori del XV secolo, il re portoghese Giovanni I1 volle intraprendere

un’iniziativa bellica contro l’Islam. Per fare ciò, il Papa allora regnante, Gregorio XII2,

gli concesse una bolla delle Santissime Crociate che permise a Giovanni I di provare ad

espandere i domini portoghesi verso il Nordafrica muovendo guerra alle popolazioni

musulmane lì stanziate.

Il primo obiettivo della conquista portoghese fu Ceuta, una ricca e fiorente città

sulle coste mediterranee marocchine, importante perché non molto lontana dalle coste

iberiche oltre al fatto che vi era il principale porto dello Stretto di Gibilterra.

Per la conquista di Ceuta il comando portoghese noleggiò navi provenienti da

Castiglia, Biscaglia, Galizia, Fiandre, Germania, Gran Bretagna e Inghilterra. Inoltre, da

quest’ultima, acquisì delle armi (Villada Paredes 2009: 319).

Il 21 agosto 1415 avvenne lo sbarco a Ceuta dove il re Giovanni I, insieme ai

suoi tre figli Enrico3, Edoardo4e Pietro5, conquistò la città in un’unica giornata

incorporandola così alla corona portoghese e mettendo in fuga i suoi abitanti. La città

venne completamente saccheggiata da parte della compagnia portoghese e,

successivamente, il re ordinò che venisse purificata la moschea principale della città con

1 Giovanni d'Aviz detto il Buono o il Grande (Lisbona 11/04/1358 – Ibídem 14/08/1433). 2 Gregorio XII, il cui vero nome era Angelo Correr (Venezia, 1335 circa – Recanati, 18/10/1417). 3 Enrico di Aviz, detto Enrico il Navigatore o principe di Sagres (Porto, 04/03/1394 – Sagres,

13/11/1460). 4 Pietro di Aviz o principe Pietro delle Sette Parti (del Mondo) (Lisbona, 09/12/1392 – Vila Franca de

Xira, 20/05/1449). 5 Edoardo di Aviz detto Edoardo il Filosofo o l'Eloquente (Viseu, 31/10/1391 – Tomar, 09 settembre

1438).

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lo scopo di consacrarla come chiesa e celebrare un Te Deum come ringraziamento per la

vittoria cristiana avvenuta.

Ceuta rimase per molti anni l’unica piazzaforte portoghese forte del Nordafrica

fino alla conquista di Alcazarsegher nel 1458. Nonostante ciò, la vita a Ceuta era

tutt’altro che facile; essa spesso era oggetto di scaramucce e assedi da parte delle

popolazioni stanziate nelle aree circostanti. Inoltre la produzione locale di prodotti di

prima necessità era insufficiente a sfamare l’intera popolazione, la quale era costretta a

dipendere dall’approvvigionamento peninsulare. Non è un caso che l’infante Pietro nel

1425 espose i suoi dubbi mostrando perplessità sulla necessità di mantenere il controllo

di Ceuta, aggiungendo che anche in Inghilterra si vociferava che sarebbe stato un errore

tenere la città (Saraiva 2004: 102).

Il 12 settembre del 1578 morì nella battaglia di Alcázarquivir il re portoghese

don Sebastiano6 il quale non aveva né discendenti né fratelli. Il trono passò quindi

all’anziano cardinale Enrico, nonché zio di suo padre Giovanni7. Il cardinale don

Enrico8, però, ricevette la corona all’età di 64 anni. Egli era malato e anch’esso senza

discendenti. Alla sua morte, il trono portoghese passò così al re Filippo II di Spagna9, in

quanto figlio di Isabella del Portogallo10. Il sovrano assunse il nome di Filippo I del

Portogallo (Saraiva 2004: 143).

Inizia così un periodo storico compreso fra il 1580 e il 1640 che vede l’unione

della Corona del Portogallo alla Corona di Spagna con a capo la Casa d’Asburgo.

La Spagna era prima di tutto interessata a mantenere il possesso dei territori

portoghesi situati nel Nordafrica, oltre Ceuta, Arcila, Tangeri, Mazagan e Ceuta, sia per

motivi di prestigio sia per motivi economici e di sicurezza di fronte ai continui attacchi

dei marocchini.

Il nuovo sovrano Filippo I insistette molto sulla difesa della città di Ceuta e sulla

protezione dei suoi abitanti, per questo motivo venne, in un primo momento, accolto

calorosamente dal popolo e dichiarato legittimo il titolo di re del Portogallo.

Tuttavia, la partecipazione della Spagna alla Guerra dei Trent’Anni avrebbe fatto

insorgere lamentele da parte dei portoghesi per l’impiego dei propri soldati per conflitti

6 Sebastiano I di Aviz detto il Desiderato ( Lisbona, 20/01/1554 – Alcazarquivir, 04/08/1578). 7 Giovanni Manuele d'Aviz (Évora, 03/06/1537 – Lisbona, 02/01/1554). 8 Enrico I del Portogallo (Lisbona, 31/01/1512 – Almeirim, 31/01/1580). 9 Filippo II d'Asburgo (Valladolid, 21/05/1527 – San Lorenzo de El Escorial, 13/09/1598) 10 Isabella d'Aviz (Lisbona, 24/10/1503 – Toledo, 01/05/1539).

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di puro interesse della monarchia di Spagna. In particolare, il conte di Olivares11, primo

ministro del regno di Spagna, insisteva nel progetto di far partecipare tutti i regni della

monarchia asburgica alle guerre che essa aveva in Europa. Questo piano, conosciuto

come l’Unione delle Armi, scatenò nel 1640 diverse rivolte del sistema imperiale

iberico, fra le quali le sommosse in Portogallo che sfociarono nella sua indipendenza.

Proprio per questo motivo, si verificò una ribellione contro la Casa d’Asburgo e

a favore di Giovanni IV della famiglia Braganza12, disposto, a sua volta, a diventare il

nuovo re del Portogallo.

Il re Filippo IV provò in varie occasioni a dissuadere il duca di Braganza

offrendogli incarichi importanti in diverse corti europee, ma questi sempre rifiutò. Così,

approfittando delle rivoluzioni presenti nello stesso anno in Catalogna, i portoghesi

presero le armi a favore del duca di Braganza e lo proclamarono re del Portogallo con il

nome di Giovanni IV (Villada Paredes 2009: 15 – 23).

L’istituzione politica portoghese allora vigente riconobbe subito Giovanni IV

quale legittimo sovrano del Paese e lo stesso fecero i governatori dei territori

d’oltremare, ad eccezione di Ceuta (AA.VV. 1989: 237).

Le notizie della sommossa del Portogallo arrivarono a Ceuta nel febbraio del

1641. Il re Giovanni IV cercò di convincere Ceuta a riconoscerlo come suo nuovo

sovrano inviando dal Portogallo un carico di alimenti, munizioni e denaro proveniente

dal Portogallo, rifiutato a sua volta dagli abitanti di Ceuta.

Secondo lo storico Carmona, i portoghesi di Ceuta non si unirono alla sommossa

perché erano riconoscenti degli aiuti e del costante invio di contingenti militari, del

materiale bellico e del rifornimento di alimenti e denaro proveniente dall’Andalusia

(Carmona cit. in Villada Paredes 2009: 24).

La formale integrazione di Ceuta nel regno di Spagna avvenne tuttavia solo nel

1668 attraverso il Tratado de Lisboa, anche se già negli anni quaranta dello stesso

secolo la città stava subendo un processo di “spagnolizzazione” spinto dai governatori a

favore del potere spagnolo. Il 30 aprile 1656 il re Filippo IV ottenne definitivamente il

11 Gaspar de Guzmán y Pimentel Ribera y Velasco de Tovar, conte di Olivares e duca di Sanlúcar (Roma,

06/01/1587 – Toro, 22/06/1645). 12 Giovanni IV di Braganza, detto il Fortunato (Vila Viçosa, 18/03/1604 – Lisbona, 06/10/1656).

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controllo della città di Ceuta e, come detto, attraverso il Tratado de Lisboa13 del 1668

tra Spagna e Portogallo, tale annessione fu riconosciuta a livello internazionale.

Da questo momento, Ceuta diventò a tutti gli effetti una città spagnola anche se

essa conservava molte abitudini portoghesi quali, ad esempio, l’utilizzo di documenti in

lingua portoghese fino alla fine del XVII secolo. L’incorporazione di Ceuta alla Corona

di Castiglia sarà accolta con piacere, per questo venne conferito alla città il titolo di

“Siempre Noble, Leal y Fidelísima”. Fra il 1640 e il 1700, Ceuta subì molti attacchi da

parte delle tribù berbere stanziate nell’entroterra. A causa di ciò, le autorità iniziarono a

sviluppare parapetti, trincee, cave e artifici che in un primo momento si dimostrarono

efficaci a contenere gli attacchi.

Nella primavera del 1656 si accesero le ostilità fra l’Inghilterra e la Spagna.

Infatti, gli inglesi aspiravano al controllo dello Stretto e da lì minacciare l’egemonia

spagnola sul mar Mediterraneo. Inoltre, tra i progetti inglesi, vi fu una collaborazione

con i magrebini con lo scopo di espellere definitivamente gli spagnoli da Ceuta. La

situazione peggiorò ulteriormente quando il Portogallo cedette Tangeri a Carlo II

d’Inghilterra14 rendendo gli inglesi pericolosamente vicini ai territori spagnoli.

Il tutto finì però con un tacito accordo fra i due paesi al fronte della necessità di

una reciproca alleanza contro la minaccia dell’espansionismo francese e la volontà del

sultano Isma’il15 di voler espellere tutti gli europei dal Nordafrica (Villada Paredes

2009: 29 – 33).

Perciò, il XVIII secolo iniziò con un lungo assedio alla città di Ceuta da parte

delle truppe marocchine; gli attacchi marocchini e i contrattacchi spagnoli durarono più

di trent’anni (dal 1694 al 1727). In quegli anni l’importanza di Ceuta continuò a

crescere diventando il principale centro di difesa di piazzeforti marittime spagnole sulla

costa nord africana dato che la Spagna non poteva più contare sui porti di Napoli,

Messina, Cagliari e Orano, città perse durante la Guerra di Successione, oltre al

territorio di Gibilterra ceduto all’Inghilterra per mezzo del Tratado de Utrecht, firmato

l’11 aprile del 1713 (Lynch 2009: 37).

13 Con il Tratado de Lisboa del 1668 avviene il riconoscimento da parte spagnola della sovranità della

nuova dinastia del Portogallo, la casa Reale di Braganza. 14 Carlo II Stuart (Londra, 29/05/1630 – Londra, 6/02/1685). 15 Mulay Ismāʿīl ibn ʿAlī al-Sharīf (Sigilmassa, 1645 – Meknes, 22/03/1727).

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Nella prima metà del XVIII secolo, a causa dei continui assedi, blocchi navali,

epidemie di peste e difficoltà di ogni tipo, a Ceuta si misero in marcia importanti

cambiamenti in tutti gli ambiti: si riorganizzarono le unità militari, fu migliorata la

milizia armata e fu creato il Reggimento Fijo di Ceuta (Villada Paredes 2009: 68).

A metà del XVIII secolo, salì al trono marocchino Muhammad Ben Abdallah

Muhammad III16, il quale intraprese una politica di apertura verso i paesi europei.

Questo monarca si dimostrò disponibile nei confronti degli stati europei circostanti,

orientando la sua politica verso la modernizzazione del Marocco. Alla base della

modernizzazione del paese vi era l’apertura dello stesso verso il commercio estero.

Infatti, nel 1767, venne firmato il Tratado Hispano-Marroquí de Amistad y Comercio

fra la Spagna e il Marocco che consentiva ad entrambi i paesi libertà di navigazione,

pesca e commercio lungo le rispettive coste. La pace tuttavia non durò a lungo, infatti,

nel 1773, in seguito alla morte del monarca marocchino, le tensioni e gli episodi bellici

fra Spagna e Marocco si riaccesero, anche se un nuovo Tratado de Paz del 1799 riportò

l’equilibrio fra i due paesi (Comellas 2003: 215).

Nella seconda metà del XVIII secolo, l’economia di Ceuta aveva nondimeno

cominciato a crescere come mai aveva fatto fino ad allora.

La dinastia borbonica si dimostrò infatti molto interessata alla difesa di Ceuta.

Per questo motivo decise di dotarla permanentemente di una nutrita guarnigione sia per

difenderla dagli attacchi provenienti dal Nordafrica, sia per contrastare la presenza

inglese a Gibilterra.

Ceuta così diventò un insediamento militare nel quale il numero dei civili era

nettamente inferiore rispetto al numero dei militari, infatti, nel 1789 si contavano circa

1.200 uomini del commando armato (Villada Paredes 2009: 72 – 73).

Se l’esercito e le fortificazioni garantivano la difesa degli abitanti di Ceuta, la

Chiesa si occupava della loro fede. Di fatti, in quell’epoca la popolazione spagnola era

molto religiosa e tutte le attività quotidiane erano scandite dalla religione. La Chiesa,

perciò, aveva il compito di gestire l’educazione e la sanità.

La terza importante istituzione di Ceuta fu la Junta de Abastos, creata nel 1731

con il cui compito era di gestire e garantire le necessità alimentari e materiali della

popolazione civile e militare di Ceuta (Villada Paredes 2009: 74 – 76).

16 Muhammad III, o Muhammad ibn Abd Allah (1710 – 9/04/1790).

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Durante il XIX secolo, la potenza francese era molto forte e dominante in

Europa e ogni iniziativa presa dai loro governanti incideva in qualche modo sulla

politica spagnola.

Nel 1807 Napoleone17, primo console del nuovo governo francese, obbliga Carlo

IV a dichiarare guerra al Portogallo. Il primo ministro spagnolo Godoy18 non appoggia

il progetto francese per cui spinge verso l’avvicinamento all’Inghilterra. In seguito però,

vedendo i successi ottenuti dall’esercito francese, Godoy ritratta e torna ad appoggiare

la Francia.

Ceuta in questi anni non solo dovrà prestare attenzione verso ciò che accade

nella penisola spagnola, ma dovrà anche occuparsi dei problemi economici che

riguardano l’approvvigionamento oltre alle epidemie che devastano Cadice e i territori

africani circostanti. Il Marocco, d’altro canto, è sempre in attesa di un momento di crisi

che possa andare a suo favore per impossessarsi di Ceuta senza dover ricorrere a un

attacco alla guarnigione (Villada Paredes 2009: 122 – 126).

Il 4 maggio 1808 il re Carlo IV e suo figlio Fernando VII19 abdicano a favore

della casa Bonaparte. Al trono sale Giuseppe Bonaparte20, fratello di Napoleone

Bonaparte, proposto dal Consiglio di Castiglia.

La popolazione spagnola era contraria all’occupazione francese e questo

malcontento sfociò in rivolte e in una guerra per l’indipendenza che durò sei anni.

Ceuta, come tutta la provincia di Cadice, manterrà lealtà a Fernando VII e vedrà

arrivare alcune delle sue unità a protezione della città.

La situazione inizia a precipitare all’inizio del 1810 con l’invasione da parte

francese dell’Andalusia. Ceuta, però, può ritenersi fortunata perché può contare su una

buona fortificazione nel caso di un attacco francese oltre all’aiuto da parte inglese di un

rafforzamento della guarnigione con un reggimento britannico a Gibilterra (Villada

Paredes 2009: 126).

Finalmente, nel 1813, l’esercito lealista spagnolo respinse l’ultima offensiva

francese a Vitoria e a San Marcial obbligando i francesi ad abbandonare la penisola

17 Napoleone Bonaparte (Ajaccio, 15/08/1769 – Isola di Sant'Elena, 05/05/1821). 18 Manuel Francisco Domingo Godoy Álvarez de Faria Ríos Sánchez Zarzosa (Badajoz, 12/05/1767 –

Parigi, 07/10/1851). 19 Ferdinando VII di Borbone (San Lorenzo de El Escorial, 14/10/1784 – Madrid, 29/09/1833). 20 José I Bonaparte o José Napoleón I (Corte, 07/01/1768-Florencia, 28/07/1844).

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iberica. Così nel 1814 venne restaurata la monarchia con il ritorno di Fernando VII al

trono di Spagna.

Nel 1827, Ceuta, da semplice città, passa ufficialmente a rivestire il ruolo di

municipio governato da un presidente, tre consiglieri, un sindaco e due deputati. Questa

nuova posizione permetterà a Ceuta di vedere nascere importanti cambiamenti e

sviluppi nella città quali ad esempio la costruzione di un nuovo mercato, di un cimitero

e la denominazione stradale.

La città di Ceuta fu anche coinvolta nelle guerre carliste che afflissero la Spagna

per diversi anni nel corso del XIX secolo. Durante la prima guerra carlista non era raro

vedere a Ceuta cartelli affissi in luoghi pubblici in cui si osannavano gli ideali liberali;

inoltre ci furono molti militari guidati da generali liberali che parteciparono alle guerre

civili. Tale contributo venne riconosciuto dal regno di Spagna attraverso medaglie

d’onore (Villada Paredes 2009: 139 – 140).

Durante il periodo in cui regna Isabella II (1833 – 1868), si verifica un lento

aumento della popolazione di Ceuta proveniente da Cadice e Malaga.

Nel 1840 venne instaurato il Registro Civile Municipale e nel 1841 Ceuta viene

dichiara ufficialmente territorio spagnolo d’oltremare.

Il 7 ottobre 1844 venne firmato l’Atto di esecuzione nel quale venivano stabiliti i

limiti territoriali di Ceuta. La demarcazione territoriale costruiva un aspetto di

fondamentale importanza per gli abitanti di Ceuta poiché stabiliva i confini tra il

territorio spagnolo e quello marocchino.

Nel frattempo, il malcontento e i periodi di crisi alimentare sembrano non

cessare; nel 1847 torna nuovamente a non essere sufficiente la farina tanto da

costringere il municipio a chiedere farina a Gibilterra per assicurare una regolare

somministrazione di pane alla popolazione.

In questi anni, il rapporto di pace con il Marocco è altalenante; l’ennesimo

episodio di contrasto avverrà nel 1859. La causa di tale contrasto fu la distruzione della

fortificazione che la Spagna aveva fatto costruire per proteggere i confini di Ceuta. Di

fatti, la tribù Anyera, situata nei terreni contigui a Ceuta, considerava la fortificazione

un’intromissione abusiva nel territorio marocchino e per questo motivo la distrusse.

Come risposta a questo comportamento, il governo spagnolo impose una serie di

richieste quali: la consegna dei responsabili, l’ampliamento territoriale e la

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fortificazione dei monti vicini. Il rifiuto del Marocco a tali richieste aprì una guerra tra i

due paesi che durerà un anno (Crespo Redondo 1994: 162). La guerra finirà con un

trattato di pace richiesto dal Marocco, dove all’articolo tre dello stesso, si dichiara che il

re del Marocco cede alla regina della Spagna il pieno dominio di tutto il territorio di

Ceuta (Villada Paredes 2009: 158).

Nel 1860, la Spagna esercitava indisturbata il proprio potere sui territori

settentrionali dell’odierno Marocco e avrebbe potuto anche espandere i propri domini se

solo la Gran Bretagna non avesse minacciato un intervento militare qualora gli spagnoli

avessero esteso ulteriormente i propri domini nel Nordafrica, poiché non voleva nemici

vicino allo Stretto dominato dagli inglesi (Comellas 2002: 206).

Negli anni settanta, la Spagna sperimenterà per la prima volta nella sua storia

l’abbandono della monarchia per abbracciare una nuova forma di governo, ossia la

repubblica. Infatti, nel 1871 il re Amedeo I21 della casa Savoia sale al trono dopo

l’uscita di scena della regina Isabella II. Il regno però ebbe vita breve, poiché il re si

trovò privo del consenso popolare e nel 1873 fu costretto a rinunciare al trono di

Spagna.

Così, l’11 febbraio alla notizia dell’abdicazione del re, l’Assemblea Nazionale si

riunì per votare il futuro del Paese; perció qualche ora dopo la caduta della monarchia

venne proclamata la Prima Repubblica di Spagna. Il consenso fu piuttosto alto

considerando che 256 furono i voti a favore e solo 32 votanti si dimostrarono contrari

(Tuñón de Lara 2000a: 12).

La prima repubblica spagnola ebbe però una breve durata e in essa si

succedettero quattro presidenti durante gli undici mesi di governo prima del colpo di

stato che portò definitivamente alla fine della repubblica nel 1874.

Poco si sa di quello che avvenne a Ceuta in questi anni, poiché sono arrivati a

noi pochi documenti. Tuttavia possiamo dire che durante questo periodo di transizione

politica, fu data poca attenzione ai possedimenti spagnoli nel Nordafrica.

Nel 1874 venne restaurata la monarchia e Alfonso XII22 salì al trono di Spagna.

Nei primi mesi della restaurazione ci furono cambiamenti importanti nel fronte africano:

il 27 luglio fu creato il Reggimento d’Africa e fu aumentata la guarnigione (Villada

Paredes 2009: 161 – 173).

21 Amedeo Ferdinando Maria di Savoia (Torino, 30/05/1845 – Torino, 18/01/1890). 22 Alfonso XII di Borbone (Madrid, 28/11/1857 – Madrid, 25/11/1885).

13

La Restaurazione diede un forte impulso allo sviluppo industriale, oltre alla

costruzione di nuove strade ferrate e servizi pubblici in tutta la Penisola (Vives 1966:

147).

Dagli anni ottata iniziano importanti cambiamenti anche nella città di Ceuta: nel

1884 il re Alfonso XII autorizzò la costruzione del porto di Ceuta e un importante

lavoro di fortificazione; nel 1891 venne inaugurata a Ceuta la prima stazione telegrafica

di Ceuta che permetteva di mettere in comunicazione i suoi cittadini con la Penisola

(Villada Paredes 2009: 174).

1.2. Dal XX secolo a oggi

All’inizio del XX secolo a Ceuta vi erano 13.269 abitanti. La popolazione era

molto giovane e caratterizzata da una grande sproporzione tra uomini e donne dovuto

alla presenza di numerosi militari.

Proprio in questi anni inizia a svilupparsi un intenso movimento migratorio che

permetterà una crescita demografica e un bilanciamento numerico dei sessi, dovuto

principalmente al ricongiungimento familiare oltre che all’incremento delle nascite.

Le principali attività lavorative del momento sono il commercio, la pesca, la

costruzione edile, le attività artigianali e le piccole industrie che soddisfano le necessità

primarie. I prodotti agricoli di Ceuta sono principalmente il grano, le barbabietole, gli

ortaggi e la frutta. Tuttavia, la maggior parte dei prodotti alimentari proviene dal

Marocco, dalla metropoli spagnola o da altri paesi. Molto più importante è l’attività

ittica, che occupa più del 14% delle attività totali.

La crescente immigrazione portò a Ceuta moltissima manodopera non

qualificata che venne introdotta nel mondo del lavoro con salari molto bassi e in

condizioni di vita precarie. Tutti questi problemi, sommati alla crisi della Prima Guerra

Mondiale, portarono a una presa di coscienza della classe operaia in merito alle loro

condizioni socioeconomiche: tra il 1917 e il 1921 apparsero anche a Ceuta le prime

organizzazioni proletarie e nel 1919 avvenne il primo sciopero (Villada Paredes 2009:

214 – 224).

Gli anni che vanno dal 1923 al 1930, segnati dalla dittatura di Primo de Rivera23

portarono a dei miglioramenti nella città di Ceuta, come ad esempio l’estensione del

23 Miguel Primo de Rivera y Orbaneja (Jerez de la Frontera, 08/09/1870 – Parigi, 16/03/1930).

14

telefono, l’aumento delle automobili in circolazione, la nascita dell’Associazione

Hispano-Ebrea e l’arrivo di nuove istituzioni bancarie. Anche l’istruzione pubblica

cominciò a migliorare grazie all’aumento del numero di scuole, passando nel 1930 a

essere 34 di cui 22 pubbliche. Durante gli anni della dittatura la situazione sanitaria

denota un lieve miglioramento grazie anche all’apertura dell’ospedale militare

O’Donnell nel 1926. Tuttavia, la città era ancora afflitta dalla tubercolosi e dalla

denutrizione che rappresentavano una costante minaccia per la popolazione (Villada

Paredes 2009: 240 – 241).

Tra il 1931 e il 1940 si verificarono, com’è ben noto, in Spagna due importanti

periodi dal punto di vista politico: nel 1931 ha inizio la seconda repubblica spagnola

mentre nel 1936 ha inizio la Guerra Civile. In questi anni il numero della popolazione di

Ceuta andò aumentando, raggiungendo i 52.528 abitanti nel 1936 e i 59.115 abitanti nel

1940.

Nonostante il settore dell’edilizia stesse vivendo un periodo di crisi, l’attività

portuale conobbe un importante sviluppo negli anni repubblicani, così come l’attività

peschereccia la cui esportazione era diretta principalmente verso il mercato italiano.

Tuttavia, nonostante i grandi passi avanti intrapresi dalla città di Ceuta, la

maggioranza della popolazione viveva ancora nella povertà più assoluta. I suoi cittadini

andavano mal vestiti, erano malnutriti e vivevano in abitazioni sporche prive di servizi

igienici. Nel 1933 la beneficienza municipale si occupava di oltre 2.238 persone.

Proprio in questi anni arrivano a Ceuta le più importanti organizzazioni dei lavoratori

quali la Unión General de Trabajadores (UGT) e la Confederación Nacional del

Trabajo (CNT) (Villada Paredes 2009: 252 – 257).

Si possono distinguere quattro tappe nell’evoluzione della vita politica di Ceuta

durante la seconda Repubblica: la prima tappa si estese nei mesi fra l’aprile e l’ottobre

del 1931 e fu caratterizzata dall’unione Repubblicano - Socialista. Le principali

realizzazioni di questo periodo furono: la creazione di venti nuove scuole, la costruzione

di una scuola media superiore, la creazione della giunta di Assistenza Sociale e la messa

in marcia di riforme per la limitazione della disoccupazione.

Una seconda tappa si sviluppò tra il 1931 al 1933 e fu caratterizzata da un

governo formato da radicali – socialisti e dal partito PSOE oltre che dall’appoggio della

15

città al governo Azaña24. In questi anni fra le più importanti realizzazioni a Ceuta ci

saranno la costruzione del Campo Municipale dello Sport (1932) e la creazione e lo

sviluppo della Commissione Interministeriale per la Riforma Tributaria e

Amministrativa della Piazza di Soberanía (1932).

La terza tappa durò tre anni, dal 1933 al 1936, e fu caratterizzata dai tagli alla

spesa sociale, dalla privatizzazione dei servizi municipali quali l’esattoria e la pulizia e

dalla celebrazione della Fiera Campionaria Hispano - Marocchina (1934 - 1935).

La quarta e ultima tappa durò pochi mesi, dal febbraio al luglio dell’anno 1936,

con al governo il Fronte Popolare. In quegli anni, Sánchez-Prado25 fu il sindaco di

Ceuta e le sue principali iniziative furono: la costruzione di trecento case, il

rafforzamento della beneficienza municipale, l’ispezione sanitaria nelle baraccopoli e la

realizzazione delle opere di bonifica (Villada Paredes 2009: 262 – 263).

Sempre durante gli anni repubblicani, attraverso un decreto del 1931, Ceuta si

vede per la prima volta rappresentata nelle Cortes españolas, con circoscrizione

elettorale propria per l’elezione di un deputato. Sánchez-Prado sarà il primo deputato

proveniente da Ceuta. I suoi interventi parlamentari furono diretti alla difesa degli

interessi della propria città, ad esempio: la concessione del monopolio del tabacco, la

denuncia per la grave situazione sociale e per la crisi economica che stava attraversando

la città, la difesa della conservazione della circoscrizione elettorale di Ceuta,

l’indipendenza da Cadice e la configurazione definitiva dell’articolo 8 della

Costituzione secondo cui i territori spagnoli nel Nordafrica possano organizzarsi

autonomamente in relazione diretta al potere centrale.

Nel luglio del 1936 ha inizio la guerra civile spagnola.

Tra il 17 e il 18 luglio del 1936 Ceuta venne occupata dai militari che si

sollevarono contro il governo di Madrid, e in generale, contro la Repubblica. Ceuta non

oppose resistenza permettendo così alle truppe del Generale Franco26 di entrare nella

città. Alcuni militari leali al governo e alcune personalità del Fonte Popolare, come

Sánchez-Prado, vennero successivamente fucilati dai nazionalisti. Tra il luglio del 1936

e il gennaio del 1937, furono uccise impunemente 107 persone a Ceuta. A queste

vittime vanno sommate le oltre 160 persone condannate a morte in seguito a processi

24 Manuel Azaña Diaz (Madrid, 10/01/1880 – Montauban, 03/11/1940). 25 Antonio López Sánchez-Prado (Herrera, Siviglia, 04/05/1888 - Ceuta, 5/09/1936). 26 Francisco Franco y Bahamonde (Ferrol, 04/12/1892 – Madrid, 20/11/1975).

16

fittizi, celebrati illegalmente e senza garanzie processuali. La repressione coinvolse non

solo i militari che si rifiutavano di aderire all’insurrezione, ma anche i dirigenti delle

organizzazioni operaie e i partiti della sinistra repubblicana. In totale, più di 700

cittadini di Ceuta furono detenuti e patirono le dure pene della prigione. Alcuni di essi

riuscirono a fuggire imboccando la via dell’esilio; molti altri rimasero a Ceuta e

dovettero subire la sistematica repressione civile esercitata dai tribunali filonazisti.

Il 1° aprile del 1939 crolla definitivamente la repubblica spagnola e inizia la

dittatura del generale Francisco Franco, dittatura che durò fino al 1975 (Villada Paredes

2009: 273 – 275).

A differenza di altre città spagnole, date le premesse sopra descritte,

l’opposizione di Ceuta contro il regime dittatoriale fu debole e quasi inesistente.

Durante questi anni, Ceuta sarà caratterizzata da flussi immigratori ed emigratori

che modificheranno costantemente la numerosità della sua popolazione. Tra il 1941 e il

1950 ci fu per esempio un saldo migratorio che portò alla perdita di 5.443 abitanti; nel

decennio successivo, invece, ci fu un importante processo immigratorio che fece

aumentare la popolazione a 73.000 abitanti. Infine, tra il 1961 e il 1970 si verificò una

fortissima emigrazione che portò alla perdita di 15.478 persone dirette alla penisola

spagnola o all’estero.

Per quanto riguarda l’istruzione, il tasso di analfabetismo è in continua discesa

arrivando al 15,5% della popolazione nel 1970. Al contrario, la sanità non ottenne

altrettanti successi quanto l’istruzione; il servizio sanitario fu completamente trascurato

dalle amministrazioni ed è solo grazie alla Croce Rossa se in questi anni si vedrà

l’apertura di un nuovo ospedale nel 1969 che andrà a sostituire il vecchio ospedale Jesus

y María aperto nel 1918.

L’economia conobbe una lenta crescita negli anni successivi alla fine della

guerra civile; le esportazioni erano dirette principalmente verso l’estero (79,5%), ma

anche in direzione delle isole Canarie, Melilla e altri territori spagnoli in Africa. Inoltre,

proprio in questi anni nasce la cosiddetta “economia del bazar” che consisteva nella

vendita di una vasta gamma di prodotti alle migliaia di acquirenti peninsulari che

quotidianamente attraversavano lo Stretto. Lo scopo di questa economia era quello di

vendere prodotti alimentari, tessili e manifatturieri a prezzi più bassi rispetto alla

Penisola.

17

Dalla fine della guerra civile, Ceuta stava intraprendendo, seppur lentamente, dei

grandi cambiamenti che andranno a modificare l’intera struttura della città. Ciò fu

possibile grazie anche all’aumento della classe media e a quello di manodopera

qualificata e alla conseguente diminuzione di operai non qualificati.

Tuttavia, il periodo post-bellico fu molto duro per i cittadini di Ceuta; nei primi

vent’anni successivi alla guerra civile gli abitanti dovettero affrontare nuovamente il

problema delle carestie.

Il 1941 fu l’anno contraddistinto per il triste record di mortalità tra i cittadini di

Ceuta, con 1.108 morti, addirittura superiori ai deceduti in tempo di guerra. Le cause di

morte furono principalmente suicidio o malattie legate alla fame, alla mancanza d’igiene

e alla miseria.

Il costo della vita moderò la sua crescita soltanto nel 1959 attraverso il Piano di

Stabilità (Villada Paredes 2009: 288 – 300).

Intanto, nel 1956 il Marocco era diventato uno stato indipendente senza mai

abbandonare l’idea d’inglobare nel suo territorio Ceuta e Melilla, arrivando anche a

ufficializzare la rivendicazione sulle due città all’ONU.

L’11 novembre del 1960, il delegato marocchino Ali Skalli esigette che

entrambe le città figurassero nella dichiarazione spagnola come “Territori non

autonomi”, soggetti a futura decolonizzazione, senza però mai riuscire a raggiungere il

suo obiettivo. La questione rimase sospesa per diversi anni finché nel 1975 il

rappresentante permanente dell’ONU, Slaoui, diresse una lettera al presidente della

Commissione sollecitando che le città di Ceuta e Melilla venissero dichiarate “Territori

non autonomi” con lo scopo di procedere con la decolonizzazione. Tale richiesta venne

rifiutata classificandola come un mezzo volto a ledere l’integrità dello stato spagnolo. Il

7 marzo dello stesso anno, il Marocco contrattacca inviando all’ONU una lettera con le

sue motivazioni; lo stesso fece la Spagna il 22 aprile. Tuttavia l’ONU rimandò la

questione anche se poi il tema non venne più affrontato. Il 26 giugno del medesimo

anno furono piazzate a Ceuta due bombe che causarono la morte di un cittadino e

parecchi feriti. Questo fu un chiaro avvertimento affinché la Spagna modificasse la sua

posizione riguardo Ceuta e Melilla. Nonostante ciò, il Marocco negò sempre una sua

responsabilità sui fatti accaduti (Villada Paredes 2009: 308 – 309).

18

Gli anni successivi, dal 1975 al 2000, sono definiti gli anni della transizione e

del nuovo regime democratico. Infatti, nel 1973 il generale Franco, vecchio e malato,

inizia ad ammalarsi così decise di cedere il potere all’ammiraglio Luis Carrero Blanco27

che però pochi mesi dopo morì in seguito ad un attentato da parte dell’ETA.

Il suo posto venne preso da Carlos Arias Navarro28, il quale cercò di sostenere il

regime ormai in decadenza: di fatti, la Spagna non era più la stessa del periodo del dopo

guerra.

Grazie alle trasformazioni socio-economiche e culturali indotte dal boom degli

anni 60, il paese aveva ormai una nuova ambizione, ossia quella di indirizzarsi verso i

modelli statali già presenti in Europa, abbandonando la politica dell’isolazionismo per

abbracciare la democrazia.

Nel frattempo la salute del generale Franco, affetto dal morbo di Parkinson, si fa

sempre più cagionevole finché, il 20 novembre del 1975, muore a Madrid.

Dopo la morte di Francisco Franco, il 22 novembre dello stesso anno Juan

Carlos I29 fu incoronato re di Spagna, gettando le premesse per la transizione della

Spagna verso la democrazia.

La vita quotidiana dei cittadini di Ceuta andrà incontro a profonde

trasformazioni nel periodo democratico, come risultato dell’accelerato processo di

cambiamento culturale che la società spagnola avrà modo di sperimentare in questi anni.

Durante questo periodo continuano a registrarsi a Ceuta i flussi di emigrazione

iniziati negli anni sessanta, anche se si denota un lieve calo. Al contempo, il tasso di

natalità mantiene una media piuttosto alta trovandosi al di sopra della media nazionale.

Per quanto riguarda il livello d’istruzione, la città mantiene un alto indice di

analfabetismo rispetto alla media nazionale, con il 7,33% di tutta la popolazione

maggiore di dieci anni d’età (nella Penisola la media è del 2,53%). Ci sarà, tuttavia, un

aumento per quanto riguarda il numero delle scuole nella città arrivando a un totale di

251 pubbliche e 80 private. Inoltre, verranno istituite due facoltà universitarie in

collaborazione con l’Università di Granada quali Grado de Maestro en Educación

Infantil, Grado de Maestro en Educación Primaria e Grado en Ingeniería Informática.

27 Luis Carrero Blanco (Santoña, 04/03/1904 – Madrid, 20/12/1973). 28 Carlos Arias Navarro (Madrid, 11/12/1908 – Madrid, 27/10/1989). 29 Juan Carlos di Borbone (Roma, 05/01/1938).

19

Anche il settore sanitario ha fatto progressi, infatti, negli anni ottanta furono

istituiti tre centri di salute e ci fu un aumento del personale nelle strutture sanitarie.

Dal punto di vista economico, Ceuta avrà degli alti e bassi. La cosiddetta

“economia del bazar”, che aveva arricchito la città negli anni sessanta, entrò in crisi a

causa di una serie di fattori quali: la crisi energetica degli anni settanta, che portò un

aumento dei costi dei trasporti marittimi, l’apertura dei commerci attraverso lo stretto di

Gibilterra nel 1982, che portò a modificare la tratta percorsa dai commercianti e la

progressiva liberalizzazione e apertura dell’economia spagnola che permetteva a

quest’ultima di commerciare con altri paesi. Tuttavia, il flusso commerciale non cessò,

indirizzando principalmente le sue attività verso il Marocco.

È importante sottolineare il fatto che il traffico commerciale era rimasto

principalmente d’importazione piuttosto che d’esportazione.

Il porto continuava a rappresentare un’importante fonte di attività economica,

anche se il ritmo di crescita era sostanzialmente diminuito. Anche la pesca iniziò a

perdere peso nell’economia di Ceuta e questo a causa della concorrenza con la vendita

di pesce proveniente dal Marocco a prezzi nettamente inferiori.

Ceuta smetterà di essere una città isolata e lontana dall’Europa grazie al

trasporto marittimo e aereo che ebbe modo di svilupparsi in questi anni.

Il settore terziario è quello che presenta una maggiore crescita rispetto al

primario e al secondario. Le sue attività principali sono: il commercio (27%), i trasporti

e la comunicazione (15%), il settore alberghiero e di ristorazione (10,2%). Questo portò

a un profondo squilibrio fra i settori con la conseguente crescita di disoccupazione dei

suoi cittadini (Villada Paredes 2009: 315 – 326).

Il 13 marzo del 1995 venne approvato lo Statuto di Autonomia di Ceuta

mediante la Legge Organica 1/1995.

Ceuta, così come Melilla, prima dell’approvazione dello Statuto di Autonomia,

erano, infatti, città appartenenti alla Comunità Autonoma dell’Andalusia, in seguito,

però, fu presa la decisione di rendere queste due città autonome.

Il primo articolo dello Statuto di Autonomia dichiara quanto segue:

“Ceuta, como parte integrante de la Nación española y dentro de su

indisoluble unidad, accede a su régimen de autogobierno y goza de

20

autonomía para la gestión de sus intereses y de plena capacidad para el

cumplimiento de sus fines, de conformidad con la Constitución, en los

términos del presente Estatuto y en el marco de la solidaridad entre todos los

territorios de España”30.

Pertanto, Ceuta viene dichiarata città autonoma, potendo quindi godere del

diritto di autogoverno mediante un Consiglio di Stato proprio e di autonomia per la

gestione degli interessi strettamente legati alla città di Ceuta.

Gli organi istituzionali di Ceuta vengono citati nell’articolo 6 del medesimo

statuto. Essi sono: l’Assemblea, il Presidente e il Governo.

La sostanziale differenza fra le comunità autonome spagnole e le città autonome

spagnole risiede nel fatto che quest’ultime non possono svolgere iniziativa legislativa,

ma gli viene comunque loro permesso di richiedere alle Corti le iniziative legislative

che ritengono opportune solo per Ceuta o per Melilla.

Oggi Ceuta è una città abitata da 84000 abitanti: vi convivono diversi credi

religiosi.

2. La storia di Melilla dalla conquista dei Re Cattolici ai giorni nostri

2.1. Dal XV secolo alla fine del XIX secolo

Ceuta non fu l’unico territorio nordafricano in cui si stanziarono gli iberici a

partire dal XV secolo.

Infatti, gli allora re di Spagna31, nutrivano un profondo interesse verso quei

luoghi e la prova ne è il fatto che, nel 1494 venne firmato il Tratado de Tordesillas, che

consentiva la divisione dei territori nell’oceano Atlantico all’interno dei quali la Spagna

e il Portogallo potevano adottare una politica espansionistica. L’interesse esercitato da

Melilla sui sovrani spagnoli, in particolare Ferdinando d’Aragona, era dovuto al fatto

30 Estatuto de Autonomía de Ceuta. Tratto da: www.congreso.es.

http://www.congreso.es/consti/estatutos/estatutos.jsp?com=80&tipo=2&ini=1&fin=5&ini_sub=1&fin_su

b=1 (Consultato in data 18/01/2015) 31 Isabella di Trastámara o Isabella I di Castiglia o Isabella la Cattolica (Madrigal de las Altas Torres,

22/04/1451 – Medina del Campo, 26/11/1504) e Ferdinando di Trastàmara (Sos, 10/03/1452 –

Madrigalejo, 23/01/1516), anche comunemente chiamati “Re Cattolici”.

21

che essa aveva una grande importanza strategica, sia nel Mediterraneo che nella regione

nordafricana. (AA.VV. 1989: 189).

Sebbene si fosse stabilito che il regno di Fez entrasse a far parte dell’influenza

portoghese, tuttavia si autorizzò ai Re Cattolici a conquistare la città di Melilla da cui

era possibile avviare un’espansione verso il Nordafrica. Al contempo, il Papa

Alessandro VI32 concesse una bolla delle Santissime Crociate che permetteva ai Re

Cattolici di conquistare il Nordafrica oltre alla cessione di mezzi economici per

intraprendere tale impresa.

Prima di dare inizio alle spedizioni, tra il 1492 e il 1493 i Re Cattolici

ordinarono al segretario Fernando di Zafra33 di raccogliere informazioni sulla costa

nordafricana. Si realizzarono perciò diversi viaggi di perlustrazione a Melilla, con lo

scopo di analizzare lo stato delle sue fortificazioni e degli edifici oltre che della sua

situazione politica.

I viaggi iniziarono a intensificarsi anno dopo anno, finché nel 1494 venne

negoziata la cessione del territorio con le autorità locali. Nel 1495 il Re Ferdinando

ordina a Martín Fernández Galindo la missione di studiare le possibilità di occupare

Melilla. La città risultò semi abbandonata. Il vero motivo per cui gli abitanti dell’epoca

avevano lasciato Melilla non è chiaro: alcuni sostengono che, siccome la popolazione di

Melilla si era opposta al potere e all’autorità del sultano di Fez34 , lui stesso avesse

distrutto la città. Altri sostengono che Melilla fu distrutta non appena si seppe

dell’arrivo della flotta spagnola. In ogni modo, gli spagnoli si trovarono di fronte un

insediamento in profonda decadenza e con pochi abitanti rimasti. Tali persone

accettarono immediatamente la sovranità spagnola poiché ciò avrebbe loro permesso di

riconquistare lo status anteriore (Bravo Nieto 2004: 7 – 12).

Nel frattempo, venne preparata la spedizione. L’iniziativa di inviare una

spedizione per l’occupazione di Melilla fu dei Re Cattolici, mentre l’esecuzione vera e

propria spettò al Duca di Medina Sidonia35, anche se le fonti bibliografiche non sono

chiare e gli storici si dividono in merito a chi abbia realmente favorito quest’iniziativa.

32 Alessandro VI, nato col nome di Roderic Llançol de Borja, italianizzato Rodrigo Borgia (Xàtiva,

01/01/1431 – Roma, 18/08/1503). 33 Fernando di Zafra (1444 - 1508). 34 Muhammad al-Shaykh al-Wattasi. 35 Con il duca nominato si fa riferimento a Enrique Pérez de Guzmán y Meneses (†1492) che fu il

secondo duca di Medina Sidonia.

22

Il ducato di Medina Sidonia è un casato nobiliare di Spagna il cui primo titolo fu

assegnato nel 1445. Quando Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona diventarono i

Reali di Spagna, il potere del ducato di Medina Sidonia era già affermato. Nonostante

ciò, la monarchia non attaccò mai lo status della casata, ma cercò comunque di

contenere il suo potere. Il ducato di Medina Sidonia mantenne sempre una buona

relazione con il Nordafrica, proprio grazie alla sua influenza che si concentrava

principalmente in Andalusia. Per questi motivi Enrique Pérez, l’allora duca di Medina

Sidonia, si mostrò interessato a Melilla e volle partecipare alla sua conquista.

Stabilire quale figura fu decisiva nell’occupazione di Melilla risulta tuttavia

difficile, e questo a causa di un problema storiografico poiché: i cronisti del Casato di

Medina Sidonia affermano l’autorità del duca e l’approvazione dei re, mentre i cronisti

reali affermano che i Re Cattolici decisero di organizzare il viaggio, intrapreso poi dal

duca di Medina Sidonia. Gli storici, però, ipotizzano che l’atto sia stato eseguito dal

duca e, in concreto, dal militare Pedro de Estopiñán y Virués e che in seguito la presa di

possesso sia stata appoggiata dai Re Cattolici.

Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, avevano molteplici ragioni per

sostenere questa spedizione. In primo luogo, perché essi non avrebbero corso nessun

rischio; infatti, se la spedizione fosse andata a buon fine la monarchia si sarebbe

incaricata del pagamento di una parte dei costi necessari per far fronte all’impresa, in

caso contrario le spese sarebbero state tutte a carico del duca. Secondariamente, perchè i

Re Cattolici avevano già meditato di conquistare Melilla (Bravo Nieto 1990: 19 – 26).

Finalmente nel 1497 partì una spedizione di 5.000 persone e con a capo il

militare Pedro de Estopiñán y Virués. Ufficialmente il 17 settembre venne occupato il

territorio di Melilla (Bravo Nieto 1990: 26 – 27). All’arrivo, il comandante ordinò la

realizzazione di importanti lavori di manutenzione ai quali parteciparono moltissimi

operai. Inoltre, venne ordinato il ripopolamento della città, previo stabilimento con

esattezza del numero di persone che dovevano risiedere a Melilla e i corrispondenti aiuti

economici provenienti da Siviglia e Jerez. In questi primi anni il numero di persone

stabilito oscillava tra i 600 e i 700. La città era retta da un governatore, il quale veniva

seguito da due persone fidate inviate dai Re Cattolici per controllare la situazione e il

suo operato (Bravo Nieto 2004: 11 – 13).

23

Melilla diventerà quindi una fortezza spagnola in territorio africano, sprovvista

di cavalleria e condannata a difendersi dagli attacchi provenienti da Fez potendo

proteggersi esclusivamente grazie alla muraglia che circondava l’insediamento (Bravo

Nieto 1990: 28).

Nei primi anni del XVI secolo, la Spagna inizia a perdere interesse verso i

territori del Nordafrica. L’arrivo degli Asburgo nella Penisola aveva determinato,

infatti, un cambiamento generale della politica spagnola, mettendo in secondo piano le

conquiste oltremare. Come conseguenza, la costa africana smise di essere l’obiettivo

principale dei reali spagnoli per trasformarsi in un vero e proprio problema per la

Spagna, a causa dei continui attacchi da parte dei pirati, dei turchi e dei corsari che

Melilla riceveva.

Proprio per questi motivi, il re Carlo I decise di non continuare il progetto di

conquista delle coste africane. Egli optò piuttosto per la salvaguardia di Melilla dai

frequenti attacchi. La risposta spagnola a tali attacchi fu principalmente difensiva.

Proprio per questo, dal 1516 iniziano una serie di lavori con lo scopo di proteggere e

difendere Melilla. Tra i progetti vi fu l’idea di costruire una muraglia con torri circolari

secondo la tipologia medievale (Bravo Nieto e Uriel 2005: 344 – 345).

Nel 1532 la Spagna perde la fortezza Cazaza, a pochi chilometri da Melilla,

anch’essa amministrata dal duca di Medina Sidonia, anche se meno importante di

Melilla.

Dall’inizio del XVI secolo, l’instabilità interna del regno di Fez aveva creato uno

status di semi-tolleranza nei confronti della presenza spagnola a Melilla. Tuttavia, le

cose cambiarono quando salì al potere una nuova dinastia, la Sadiana, la quale diede

inizio a una serie di guerre contro gli spagnoli e i portoghesi per eliminare

definitivamente la loro presenza dalle coste nordafricane. Infatti, in poco tempo la

dinastia Sadiana riuscì a espellere gli iberici dall’odierna Sidi Ifni nel 1524, da Agadir

nel 1541, da Safi nel 1542 e da Assilah e Alcazarseguer nel 1549.

Il pericolo per Melilla era evidente, per questo motivo la Corona spagnola si

convinse che era necessario intervenire inviando immediatamente materiali bellici,

denaro e un famoso ingegnere dell’epoca, Miguel de Perea. Questo importante

ingegnere arrivò a Melilla il 15 marzo del 1549 e rapidamente ebbero inizio i lavori per

la ristrutturazione delle muraglie (Bravo Nieto e Uriel 2005: 346 – 348).

24

La vita quotidiana a Melilla non era sicuramente facile. La popolazione era

povera e mal nutrita e la mancanza di denaro nel paese era evidente. Melilla nel 1554

aveva solo un ospedale e un’infermiera a disposizione, oltre alla possibilità di ospitare

solo dieci malati. Inoltre l’ospedale era sprovvisto di medicine e alimenti da fornire ai

malati, solo i soldati avevano diritto ai principali mezzi di sussistenza durante il

soggiorno ospedaliero.

Inoltre, erano molte le preoccupazioni di cui il governo di Melilla doveva

occuparsi; il primo problema da gestire era la mancanza di legna. La legna era

fondamentale per cuocere il pane e a Melilla gli alberi erano davvero pochi. Per questo i

suoi abitanti dovevano uscire dalla città per cercare legname altrove, correndo però il

rischio di dover affrontare la popolazione della costa africana. Un altro elemento

fondamentale per la sopravvivenza urbana era l’acqua dolce, e anche questa

scarseggiava (Polo 1986: 18 – 20).

Dal 1556 inizia una nuova tappa per la storia di Melilla, tappa che finirà nel

1667. Si tratta di un periodo piuttosto lungo e complesso in merito al quale si hanno

poche informazioni perché sono pochi i documenti a noi pervenuti. Gli storici hanno in

particolar modo eletto il 1556 come anno d’inizio di questa tappa, poiché in quest’anno

Carlo I abdica in favore del figlio Filippo II e, in secondo luogo, perché il duca di

Medina Sidonia rinuncia definitivamente al controllo di Melilla, essendosi reso conto

che non avrebbe potuto più aspirare all’espansione nelle aree circostanti.

In questo periodo, Melilla alterna periodi di pace e tranquillità a periodi di

profonda crisi. Nella seconda metà del XVI secolo, Madrid e il Sultano Muhammad al-

Shaykh36 stabilirono una pace di fatto; inizia quindi un periodo di tregua durante il

quale Melilla, sia pure solo momentaneamente, non attaccata dalle popolazioni a lei

vicine.

Tuttavia, dopo non molto tempo, Melilla si ritrovò catapultata nel peggior

momento della sua storia da quando è entrata sotto la protezione spagnola. Difatti, dal

1580, la Spagna entrò in una profonda crisi economica che fece precipitare il paese in

paurose carestie obbligandolo a richiedere il grano ai paesi baltici; per di più il

rendimento agricolo del paese era piuttosto scarso, non riuscendo a competere né in

qualità né in prezzo con i prodotti dell’Italia, della Francia e delle Fiandre. La crisi, così,

36 Abū ʿAbd Allāh Muḥammad al-Shaykh al-Mahdī (1490 – 23/10/1557).

25

coinvolse immancabilmente anche Melilla. Fin allora Melilla era stata una solida città,

tranquilla e in crescita, ma presto la situazione cambiò completamente.

Nonostante il periodo di crisi economica, nel 1613 Melilla ottenne il titolo di

città e, nonostante il periodo di crisi economica, la sua popolazione iniziò ad aumentare

arrivando a quarantuno nascite annue nel periodo compreso fra il 1605 e il 1614.

Nel 1618 scoppiò in Europa la guerra dei trent’anni e i possedimenti spagnoli nel

mar Mediterraneo furono nuovamente dimenticati. Nel 1621 Melilla fu costretta a

presentare un informe alla Corona sollecitando più attenzione verso i propri problemi,

dichiarando comunque di comprendere la grave situazione politica ed economica che

stava vivendo la monarchia di Spagna. D’altro canto, Melilla esigeva il permesso di

commerciare liberamente con i paesi del Nordafrica. Il rapporto venne però archiviato

poiché la Spagna aveva impegni più immediati da affrontare, dato che la guerra non si

stava dimostrando vittoriosa. Nel 1627 ha inizio il caos finanziario in seguito alla

bancarotta in Castiglia, e in questi anni si produsse il primo caso di fame a Melilla. Il

fenomeno della fame non accenna a diminuire anzi, a partire dal 1640, Melilla iniziò a

sperimentare una pericolosa penuria che investirà la città fino al decennio successivo.

Nel frattempo, i rapporti con le popolazioni africane circostanti erano altalenanti;

infatti, gli abitanti del Rif alternavano periodi di attività commerciali ad attacchi e

pressioni.

Alla morte dell’ultimo sovrano sa’adiano37 nel 1659, si consolidò a Fez la

dinastia alawide, dinastia tuttora regnante in Marocco. Al loro arrivo, gli Alawidi

s’impegnarono nell’unificazione di tutta la zona occidentale del Magreb e quindi nella

volontà di cacciare gli ultimi spagnoli rimasti in terra africana. Iniziò così una serie di

attacchi rivolti agli ultimi possedimenti africani rimasti in mano alla Spagna, tra cui

Melilla. La Corona spagnola mostrò con fermezza di voler mantenere Melilla sotto il

proprio controllo e per questo motivo nel 1688 vennero inviati rinforzi da parte del re

Carlo II.

Gli ultimi anni del XVII secolo furono caratterizzati da continui attacchi e

assedi. Per questo motivo questo periodo fu dedicato principalmente alle opere di

fortificazione della città. I continui attacchi causarono un interrotto aumento della

37 Ahmad al-'Abbas.

26

mortalità a Melilla, aggravata ulteriormente dalla peste che colpì la città nel 1680

(Bravo Nieto e Uriel 2005: 352 – 367).

Il XVIII secolo sarà un periodo molto importante per Melilla, perché porterà al

miglioramento di molti suoi aspetti amministrativi.

Nel frattempo, la pressione offensiva sembra non diminuire, così, alla fine della

Guerra di Seccessione, nel 1714 la nuova dinastia alla guida della Spagna decide di

fortificare ulteriormente la città.

In tutti questi anni, il governo spagnolo vedeva Melilla esclusivamente come una

città militare, fortificata per resistere alle pressioni straniere e preparata a difendersi

attraverso la sua guarnigione. Lo sviluppo di altri settori, come ad esempio il settore

commerciale, risultava secondario in una città fondamentalmente militare. Tuttavia, non

tutti erano della stessa opinione; vi erano, infatti, alcuni politici che spingevano verso la

pianificazione di una città vera e propria e con un futuro prospero.

Nonostante il fatto che la legislazione avesse imposto un numero ristretto di

abitanti, dal momento che la città aveva una funzione militare, in questi anni la

popolazione di Melilla non aveva fatto altro che aumentare, arrivando a 1.400 persone

nella metà del XVIII secolo. Infatti, gli abitanti di Melilla avevano iniziato a sposarsi e a

mettere su famiglia, non curanti delle disposizioni governative.

Sempre verso la metà del XVIII secolo, la monarchia spagnola iniziò a

domandarsi se era necessario continuare a difendere i possedimenti oltremare oppure se

era meglio abbandonarli. I sovrani, infatti, erano preoccupati dai continui assedi alle

piazzeforti spagnole ubicate in costa africana, così iniziarono a consultare degli esperti

per prendere una decisione.

Nel 1763 il parroco della chiesa di Melilla, Joseph García Gomez, scrisse un

breve documento sulla storia di Melilla affinché il governo conoscesse l’importanza

storica della città. Tra il 1764 e il 1765 vennero elaborate diverse analisi, tutte con lo

scopo di comprendere se mantenere o meno il controllo sulla città di Melilla. Infine, la

maggior parte delle analisi erano favorevoli al suo mantenimento e la Corona spagnola

decise di continuare ad esercitare la sovranità su di esse.

Nel 1767, la Spagna e il Marocco firmano un trattato di pace. Tuttavia, questo

trattato ebbe vita breve poiché alla morte del sultano che firmò il trattato con la Corona

spagnola, ossia Muhammad Ben Abdallah Muhammad III, salì al trono il sesto sultano

27

della dinastia alawide, Mulay al-Yazīd ibn Muḥammad38 il quale nel 1774 inviò una

lettera al re Carlo III per annunciargli che il trattato firmato in precedenza prevedeva

soltanto una forma di pace via mare e non anche via terra come invece credeva la

monarchia spagnola.

Così il 23 ottobre dello stesso anno il Marocco dichiarò guerra a Melilla.

L’assedio durò più di un anno, motivato dalla volontà di espellere gli spagnoli dalla

costa nordafricana da parte del sultano Mulay Muhammad e dalla ferma volontà di

Carlo III di conservare il controllo della città. Infine, il re Carlo III vinse la battaglia e

Melilla continuò a essere controllata dal governo spagnolo.

Dal 1776 le relazioni con il Marocco iniziarono a essere più pacifiche, infatti, nel

1780 fu firmato un nuovo trattato tra i due paesi.

Infine, l’ultimo avvenimento importante del XVIII secolo fu la ricostruzione

totale della muraglia che avvenne fra il 1794 e il 1796 (Bravo Nieto e Uriel 2005: 399 –

422).

Il XIX secolo fu per eccellenza il secondo periodo storico di crisi nella storia di

Melilla, crisi che porterà a una grave decadenza della città. Nei primi anni del XIX

secolo, infatti come abbiamo già sottolineato, la Spagna si vedrà subordinata ai francesi

e nel frattempo il Marocco continuerà ad attaccare le popolazioni spagnole nel

Nordafrica, con la rinnovata speranza di eliminare definitivamente la loro presenza da

Ceuta e Melilla. Come risultato a questa situazione, Melilla si ritrovò completamente

impoverita, caratterizzata dall’aumento della mortalità dovuta alla mancanza di beni di

prima necessità. Nel 1800 Melilla aveva una popolazione piuttosto numerosa: 2.195

abitanti, comprendente la guarnigione.

La restaurazione borbonica nel 1814 non comportò sostanziali miglioramenti.

Fra gli anni venti e trenta, Melilla si trovava completamente immersa nel caos, assediata

dalla fame e dai nemici.

Nel frattempo, il governatore di Melilla Demetrio María de Benito y Hernández,

stava maturando l’idea di ampliare i confini della città, così nel 1858 il sultano

marocchino, Muhammad IV39, accetta la proposta spagnola di allargare la città di

Melilla per un totale di dodici kilometri quadrati. Il 24 di agosto dello stesso anno,

38 Mulay al-Yazīd ibn Muḥammad (Fes, 1750 – Marrakech, 1792). 39 Muhammad ibn 'Abd al-Rahmad (Fes, 1803 – Marrakech, 16/09/1873).

28

venne firmato un trattato secondo cui il Marocco cedeva alla Spagna il territorio di

Melilla.

Da questo momento la vecchia città fortificata inizia a perdere la sua principale e

antica funzione, ossia quella difensiva, per assumere quella di una vera e propria città in

grado di accogliere non soltanto militari ma anche la popolazione civile che cominciò a

crescere sempre più. Fu, infatti, nel 1864 che le autorità spagnole permisero il libero

insediamento di civili nella città.

Come precedentemente narrato, nel 1873 la Spagna diventa una repubblica in

seguito all’abdicazione del re Amedeo I e il 27 febbraio del medesimo anno, ci fu la

proclamazione ufficiale della prima repubblica spagnola a Melilla.

Durante gli undici mesi di repubblica, Melilla visse un sentimento misto di

speranza e delusione: speranza poiché si attendeva un miglioramento politico ed

economico della Spagna e, di conseguenza, un maggior riguardo verso i possedimenti

oltremare e delusione quando ci si rese conto del fallimento della repubblica (Esquembri

2013: 14 – 15).

Alla fine del XIX secolo, iniziarono nondimeno importanti opere d’infrastruttura

urbana portate avanti dall’ingegner Eligio Souza y Fernández de la Maza, il quale

diresse la costruzione di nuove fortezze per la difesa dei nuovi confini territoriali di

Melilla (Bravo Nieto e Uriel 2005: 422 – 429). Queste opere alimentarono un conflitto

che prese il nome di Guerra di Margallo.

Infatti, negli anni novanta del XIX secolo, precisamente tra il 1893 e 1894,

Melilla si vedrà coinvolta in un conflitto armato poiché l’allora governatore di Melilla,

Juan García y Margallo40, aveva disposto di costruire una nuova cinta di mura attorno

alla città, struttura che venne costruita sopra la tomba di un santo marocchino. Quasi

immediatamente, 6000 berberi, provenienti dalle tribù stanziate ai lati della città, si

mobilitarono per attaccare Melilla e i suoi abitanti.

Melilla aveva a disposizione soltanto 400 soldati ma, nonostante fosse stata

organizzata una milizia civile per far fronte all’attacco straniero, la grande sproporzione

numerica esistente fra i due popoli obbligò Melilla a ritirarsi dalla battaglia. I berberi

così iniziarono ad assaltare la città scalando la muraglia. Dalla Penisola arrivarono

rinforzi dopo la morte del generale Margallo, il 28 ottobre del 1893, per paura che si

40 Juan García y Margallo (Montánchez, 12/07/1839 - Melilla, 28/10/1893).

29

scatenasse una guerra con il Marocco. Infine, il conflitto terminò grazie a un accordo tra

i due paesi che prevedeva che il Marocco pagasse un indennizzo di quattro milioni di

duros41 per i danni causati a Melilla, stabilendo definitivamente una zona neutrale tra il

Marocco e il territorio di Melilla. I colpevoli di tale attacco vennero puniti duramente

dall’allora Sultano marocchino42 ed il 5 marzo del 1894 fu firmata la Tratado de

Marrakech tra i due paesi (Crespo Redondo 1994: 164 – 165).

Nel 1912 il Regno di Spagna assunse il controllo di un’area del Marocco fino al

1956, dando inizio così al protettorato spagnolo del Marocco. Il motivo principale era

quello di bilanciare la presenza francese nel Nordafrica (Gozalbes Cravioto 2011: 1). Il

protettorato spagnolo ebbe fine nel 1956 quando, insieme all’ex protettorato francese, il

Marocco diventò uno stato indipendente. Solo Ceuta, Melilla e Ifni rimasero sotto la

protezione spagnola anche se nel 1969 Ifni venne ceduta al Marocco.

Durante gli anni del protettorato, Melilla ebbe modo di sviluppare l’economia,

sperimentando così un’esponenziale aumento della popolazione (Aragón Reyes 2013:

89). Infatti, se nel 1910 la città era abitata da 9000 persone, nel decennio successivo il

numero degli abitanti superò i 50000.

In questi anni Melilla ricevette molti aiuti economici dalla Corona spagnola, e

questo le permise di migliorare il servizio scolastico e sanitario della città.

Nel 1924 i bambini di Melilla erano 10000 e le scuole funzionanti erano 35, di

cui 25 pubbliche e 10 private, anche se non sufficienti a contenere tutti gli alunni. In

quegli anni non tutti i bambini frequentavano la scuola; secondo il censimento

scolastico effettuato nel 1924 (García Alonso 1985: 121), circa 6000 bambini non

ricevevano istruzione, più della metà dei bambini di Melilla, figli, per lo più, della

classe operaia. I più fortunati invece erano i figli della borghesia (García Alonso 1985:

122 – 124).

Per quanto riguarda i servizi pubblici, nel corso del novecento sono state

promosse avanti importanti opere come la distribuzione dell’acqua potabile e la

costruzione di un sistema di drenaggio urbano in diversi quartieri della città con lo

scopo di risolvere il grave problema delle frequenti inondazioni che avvenivano in

seguito alle forti precipitazioni (Díez Sánchez. In stampa).

41 Il duro era una moneta spagnola composta da cinque pesetas. La peseta, a sua volta, era la valuta di

Spagna in circolazione fino al 1999, precedente all’euro. 42 Mulay Ḥasan I Fes, (1836 – Tadla, 07/06/1894).

30

Nel 1930 cade la dittatura di Primo de Rivera, lasciando la Spagna in una

situazione di precarietà. Presto la monarchia perse il consenso popolare, lasciando

spazio a quella che sarà la Seconda Repubblica spagnola (Bravo Nieto 1985: 93).

Il 14 aprile del 1931 iniziarono a circolare voci a Melilla riguardo la possibile

caduta della monarchia e l’instaurazione della Repubblica, così nel primo pomeriggio si

riunì il Comitato Rivoluzionario per studiare la situazione. Il comitato era composto da

uomini che rivestiranno un importante ruolo politico nella città, quali: Antonio Díez,

leader del socialismo melillense e futuro sindaco di Melilla, Antonio Aculla, futuro

primo deputato di Melilla, Gaspar García Dómine, futuro primo delegato del governo

civile della città e Carlos Echeguren, anch’egli futuro deputato.

Verso le quattro del pomeriggio, i membri del comitato s’incamminarono verso

l’ufficio postale della città in attesa di notizie provenienti dalla Penisola. All’arrivo della

notizia ufficiale dell’avvento della Repubblica, venne issata la nuova bandiera spagnola

sull’edificio postale mentre i cittadini di Melilla accorsero in via Castelar per celebrare

la proclamazione della Repubblica a Melilla (Esquembri 2013: 60 – 61).

A Melilla la Repubblica fu accolta calorosamente, dando vita ad una vera e

propria rivoluzione democratica che mise le basi per trasformarla da base militare a città

democratica dotata di diritti civili e politici come qualsiasi altra città spagnola. Questo

fu quindi il primo governo che diede a Ceuta e Melilla maggior equità rispetto al resto

della Penisola (Moreno García 1984: 47).

Nonostante ciò, la nuova realtà politica non sempre si dimostrò stabile

mostrando talvolta un corso altalenante e instabile dovuto alla successione e dimissione

di sindaci in poco tempo. Difatti, lo stato spagnolo investiva meno nelle città oltremare

rispetto alla Penisola e Melilla presentava moltissimi problemi; questo era il motivo

principale delle molteplici dimissioni politiche. Altri problemi che caratterizzarono

questo governo furono: l’aumento della disoccupazione, la mancanza di alimenti e

d’infrastrutture (Bravo Nieto 1985: 96 – 97).

D’altro canto, da un punto di vista sociale, durante il periodo repubblicano

Melilla visse un momento di grande libertà e apertura verso il rinnovamento, come ad

esempio l’integrazione delle donne nella vita politica e lavorativa. I successi raggiunti

ebbero vita breve in seguito all’arrivo della dittatura di Franco.

31

Con questo clima di tensione Melilla si stava avvicinando al 1936, data d’inizio

della Guerra Civile (López Senosiain 2010: 11).

Da tempo i nazionalisti stavano preparando una cospirazione con lo scopo di far

cadere la Repubblica e restaurare la monarchia. A capo della cospirazione vi era Emilio

Mola43, un militare spagnolo che diresse la sommossa in Spagna. Secondo Mola era di

fondamentale importanza che la sommossa si producesse in maniera simultanea in tutte

le province spagnole. Tuttavia, i preparativi venivano continuamente intralciati dal

governo repubblicano che neutralizzava i generali sospetti.

Nei primi giorni di luglio i golpisti iniziarono a incontrarsi a Melilla per

organizzare la sommossa che avrebbe avuto luogo nella stessa città (López Senosiain

2010: 14 - 22).

La mattina del 17 luglio 1936 il colonnello Solans e i tenenti Seguí, Gazapo e

Bertomeu diedero le ultime istruzioni comunicando ai loro compagni l’ora esatta

dell’insurrezione che si sarebbe svolta il giorno seguente (Tuñón de Lara 2000b: 391).

Tuttavia, uno dei dirigenti, probabilmente un infiltrato, tradì la Falange e

informò immediatamente il segretario dell’Unione Repubblicana del colpo di stato che

si stava progettando. Così, alle ore dodici dello stesso giorno, venne scoperto il piano

dei ribelli.

Nelle prime ore del pomeriggio, il tenente della polizia Juan Zaro si presentò

dinanzi ai golpisti per arrestarli e questi chiamarono in loro soccorso la Legione

Straniera Spagnola. Gli ufficiali insorti dichiararono lo stato di guerra, occupando tutti

gli edifici pubblici di Melilla e tutti i militari che rimasero fedeli alla Repubblica

vennero fucilati. Iniziò così a Melilla l’insurrezione militare che diede inizio a quasi tre

anni di guerra civile.

Alle prime luci del giorno del 18 luglio, i ribelli riuscirono a sopraffare le forze

politiche e militari della Repubblica che si arresero ai golpisti; Melilla quindi cadde

nelle mani dei ribelli (Barberi 2006: 125 – 128). Il 20 luglio venne aperto il primo

campo di concentramento franchista a Melilla. Questo campo di concentramento fu il

primo fondato dai franchisti e prende il nome di Alcazaba de Zeluan. Il campo non si

trovava esattamente a Melilla ma a qualche kilometro dalla città. La Alcazaba era già

esistente prima della guerra civile, infatti si tratta di un recinto fortificato all'interno di

43 Emilio Mola Vidal (Placetas, Villa Clara, Cuba, 09/07/1887 – Alcocero, Burgos, 03/06/1937).

32

una città cinta di mura, la cui funzione era quella di difesa militare. Venne costruita a

fine del XVII secolo dall’allora popolazione marocchina e in seguito, quando Melilla

venne occupata dai golpisti nel 1936, il campo venne trasformato in campo di

concentramento dove venivano torturati coloro che difendevano la Repubblica (Moga

Romero 2006: 115)

Melilla, quindi, fu la prima città spagnola in cui esplose la violenza politica e in

cui iniziò la repressione esercitata sulla popolazione, dove il principale obiettivo era

l’eliminazione fisica di tutti gli oppositori del franchismo.

Durante gli anni della guerra civile, Melilla visse il terrore esercitato dal

franchismo come qualsiasi altra città spagnola: censura mediatica, sequestro di beni,

omicidi e carestia (Fernández Díaz 2012: 232). Alla fine della guerra civile, essa

conobbe un periodo di grande sviluppo urbanistico; infatti, è di questi anni la

costruzione di Plaza de Toros, dello Stadio Municipale, del Palazzo del Comune e dei

grandi edifici destinati ad accogliere la maggior parte della popolazione melillense.

Negli anni quaranta a Melilla iniziarono a proliferare le industrie; infatti, nel

1948 erano presenti sul territorio 1177 aziende che davano lavoro a circa 9000 persone

(Díez Sánchez. In stampa).

Nel 1964 a Melilla c’erano circa 80000 abitanti raggiungendo il maggior numero

di abitanti della storia di Melilla.

In seguito all’indipendenza del Marocco avvenuta nel 1956, Melilla smette di

essere la capitale economica dell’area orientale lasciando spazio allo stato novello.

Nel 1978 la Costituzione Spagnola riconosce le città di Ceuta e Melilla come

comunità autonome appartenenti allo stato spagnolo, e nel 1979 si celebrano in

entrambe le città le prime elezioni municipali.

Il 13 marzo del 1995 venne promulgato lo statuto di autonomia di Melilla

assieme a quello di Ceuta. Gli statuti sono pressoché identici, benché facciano

riferimento a due città differenti.

Per tanto, anche Melilla fu dichiarata città autonoma potendo quindi godere del

diritto di autogoverno e della libertà di gestione delle questioni appartenenti

esclusivamente alla sua città.

Attualmente la popolazione di Melilla è piuttosto numerosa: supera infatti gli

80000 abitanti.

33

II Capitolo

1. Il fenomeno migratorio in Spagna

In un lasso di tempo record, la Spagna è passata da essere un paese di forte

emigrazione a paese recettore di un intenso flusso migratorio, in entrambi i casi, alla

base, vi sono motivi molto complessi.

Il risultato di questa svolta è dovuto, in particolar modo, ai cambiamenti che la

società spagnola ha subito a partire dal 1975, ossia cambiamenti sociali, politici ed

economici che l’hanno investita mentre s’inseriva nell’Europa occidentale.

Uno dei cambiamenti che ha rivoluzionato per sempre la società spagnola

riguarda la struttura dei posti di lavoro; il radicale aumento del livello formativo delle

nuove generazioni spagnole ha provocato la diminuzione d’interesse verso i posti di

lavoro a livelli più bassi. Tali posti di lavoro, come l’edilizia e il lavoro nei campi, non

sono scomparsi nella società spagnola, ma sono rifiutati dai giovani spagnoli che, con

un più alto livello formativo, aspirano a trovare un posto di lavoro nel settore terziario.

Cosicché, la domanda nel settore primario e secondario ha fatto sì che il governo

spagnolo abbia permesso l’apertura delle porte dell’immigrazione per andare a coprire i

posti di lavoro scoperti, mentre, nel frattempo, la disoccupazione ha iniziato a dilagare

all’interno del settore terziario che non riesce a soddisfare l’intera popolazione

spagnola.

Il risultato di questa realtà è stato l’aumento sempre più massiccio di immigrati

che nei primi anni del 2000 arrivavano sul suolo spagnolo per trovare un impiego. Se

nel 1996, delle 245.100 persone che lavoravano nel servizio domestico 20.000 erano

straniere, nel 2004 su 500.000 lavoratori 300.000 erano stranieri (Alonso e Blasco 2007:

6).

34

Nel 2013 risulta che vi era una percentuale del 13.87%44 di stranieri sull’intero

suolo spagnolo. Le percentuali francesi e tedesche non si discostano di molto rispetto a

quelle spagnole, con la differenza però che il processo avvenuto in Spagna è stato molto

più rapido e intenso.

Tuttavia, dagli ultimi tre anni, si sta verificando una diminuzione del numero di

immigrati che rimangono in terra spagnola e questo a causa del fatto che la Spagna non

è più considerata come un paese appetibile a causa della crisi sociale ed economica in

cui versa, riconoscendo quindi la difficoltà nel trovare un impiego.

Gli stranieri spinti alla “fuga” sono principalmente latinoamericani, con una

prevalenza di persone provenienti dall’Ecuador e dalla Colombia.

Il motivo che spinge molti stranieri a lasciare la Spagna è che la mancanza o la

perdita del posto di lavoro comporta la perdita del permesso di soggiorno, che conduce

a uno stato d’irregolarità che si ripercuote anche sulla prole45.

Nonostante ciò, il numero degli immigrati residenti in Spagna è ancora piuttosto

alto: essi, su un totale di 46 milioni di abitanti, hanno raggiunto il numero di 6 milioni di

unità.

Gli immigrati che arrivano in Spagna sono di diverse nazionalità, anche se vi è

un’alta percentuale di immigrati marocchini che supera il 15% del totale degli stranieri.

Seguono i latinoamericani, i subsahariani, le popolazioni asiatiche, in particolar modo i

cinesi, e gli immigrati provenienti dall’Europa dell’est. Le comunità autonome

predilette dagli immigrati sono la Catalogna, Madrid, la Comunità Valenciana,

l’Andalusia, Murcia e le isole Canarie (Alonso e Blasco 2007: 6 – 10).

Se fino a qualche anno fa, prima dell’inizio della grande crisi economica, la

popolazione spagnola si dimostrava ben tollerante nei confronti degli stranieri e

l’immigrazione non sembrava preoccuparla, ora, invece, più della metà degli spagnoli

inizia a pensare che il numero di immigrati che entrano nello stato spagnolo sia più di

44 Nazioni Unite, Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali (2013), Trends in International Migrant

Stock: The 2013 Revision. Tratto da: www.un.org/en/

http://www.un.org/en/development/desa/population/migration/data/estimates2/estimatestotal.shtml. Dati

consultabili nelle tabelle 1 e 3. (Consultato in data 03/01/2015). 45 Joaquín Arango, Sei milioni di troppo? – L’immigrazione della Spagna nella crisi, 2012. Tratto da:

www.fieri.it

http://fieri.it/2012/10/31/sei-milioni-di-troppo-limmigrazione-nella-spagna-della-crisi/ (Consultato in data

12/01/2015).

35

quanto il paese possa davvero accogliere46. La situazione attuale in cui si trova la

Spagna, così come molti altri paesi europei, è quella di una reale difficoltà economica

aggravata da una preoccupante disoccupazione, soprattutto nel segmento giovanile. Se è

vero che la popolazione spagnola punta a posti di lavoro sempre più qualificati, è anche

vero che molti spagnoli iniziano ad accontentarsi andando a svolgere mestieri poco

inerenti al proprio ambito di studi.

I datori di lavoro, d’altro canto, molto spesso preferiscono assumere dipendenti

stranieri perché accettano, generalmente, salari più bassi rispetto alla media nazionale e

tendono ad avere un atteggiamento di maggiore sottomissione sul luogo di lavoro. In

poche parole, il lavoratore straniero si accontenta di più, poiché considera già un

privilegio il fatto di risiedere in un paese avanzato e sviluppato come la Spagna

(Grados, Francisco: "Los empresarios prefieren coger a los inmigrantes porque les

pagan menos”, 20 minutos, 10/12/2008).

1.1. Le prime iniziative politiche per regolare il fenomeno dell’immigrazione

Le prime iniziative europee per costruire una politica di asilo e immigrazione

comune coincidono con l’inizio del fenomeno migratorio spagnolo (Alonso y Basco

2007: 11). Nel 1985 entra in vigore la prima Ley de Extranjeria in Spagna che costituì il

primo tentativo di stabilire un controllo sui meccanismi dell’immigrazione47.

Sempre nello stesso anno più stati europei, precisamente Francia, Germania,

Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi, si riunirono nella città di Schengen, in

Lussemburgo, per firmare un accordo48 che prende il nome della città stessa, poi esteso

a numerosi stati europei. Lo scopo di tale accordo era quello di creare un territorio privo

di frontiere, aprendo la strada a un nuovo livello di integrazione europea: tale territorio

venne denominato “Spazio Schengen”. All’interno dello Spazio Schengen è garantita la

46 Statistica di opinione pubblica inerente al tema dell’immigrazione in Spagna, realizzata nel maggio del

2014 e portata avanti dall’azienda spagnola Siempre Lógica. Tratto da: www.siemprelogica.com

http://www.simplelogica.com/iop/iop14006-inmigracion-en-espa%C3%B1a.asp (Consultato in data

03/01/2015). 47 Ley Orgánica 7/1985, de 1 de julio, sobre derechos y libertades de los extranjeros en España. (Vigente

hasta el 1 de febrero de 2000). Tratto da: www.noticiasjuridicas.es

http://noticias.juridicas.com/base_datos/Derogadas/r0-lo7-1985.html (Consultato in data: 19/02/2015). 48 Acquis di Schengen - Accordo fra i governi degli Stati dell'Unione economica Benelux, della

Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all'eliminazione graduale dei

controlli alle frontiere comuni, Gazzetta Ufficiale, 22/09/2000. Tratto da: www.eur-lex.europa.eu

http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:42000A0922(01)&from=EN

(Consultato in data19-02-2015)

36

libera circolazione di merci, servizi, capitali e persone. L’accordo aveva finalità

prettamente economiche, poi in seguito nacque l’idea di creare una politica comunitaria

d’immigrazione49. Nel 1991 la Spagna firma l’accordo rendendo così accessibile il suo

territorio a tutti i cittadini presenti nello Spazio Schengen. Col passare degli anni

sempre più stati europei firmarono l’accordo, arrivando oggi ad includere ventisei

paesi50.

Fra il 1990 e il 1994 nasce una politica migratoria più attiva e socialmente più

completa, che pretendeva di trovare una soluzione per tutti gli immigrati clandestini

localizzati principalmente nella Catalogna, a Madrid e nelle province lungo la costa del

Mediterraneo. E’ di questo periodo, quindi, il documento Resolución de 7 de junio de

1991, de la Subsecretaría, por la que se dispone la publicación del Acuerdo del

Consejo de Ministros de 7 de junio de 1991 sobre regularización de trabajadores

extranjeros51, secondo cui alcuni dei principi fondamentali sono: la regolarizzazione

straordinaria di immigrati irregolari che svolgono un lavoro sul suolo spagnolo;

l’accoglienza dei richiedenti asilo o rifugiati; la creazione di nuove strutture pubbliche

legate all’immigrazione e l’intensificazione delle misure contro l’immigrazione

irregolare (Gozálvez Pérez 2000: 50).

Nel 1994 nasce il Plan para la Integración Social de los inmigrantes, rivolto

agli immigrati che già risiedono in Spagna in condizione di regolarità. Oltre al tema

dell’integrazione sociale degli stranieri, il documento stabilisce anche un’altra

importante linea di attuazione, quale la cooperazione per lo sviluppo dei paesi emettitori

di immigrati (Gozálvez Pérez 2000: 50).

Nel 1995 sono stati introdotti dal governo spagnolo due organi statali in

appoggio al Plan para la Integración Social, ossia il Foro para la Integración Social de

los Inmigrantes (FORO) e il Observatorio Permanente de la Inmigración (OPI). Il

primo ha come obiettivo quello del dialogo e della cooperazione fra le amministrazioni

49 Schengen, cos’è e come funziona, europarlamento 24, -/04/2010. Tratto da: www.europarlamento24.eu

http://www.europarlamento24.eu/schengen-cos-e-e-come-funziona/0,1254,106_ART_142,00.html

(Consultato in data 02/01/2015). 50 Schengen (Acuerdo y Convenio). Tratto da: www.europa.eu

http://europa.eu/legislation_summaries/glossary/schengen_agreement_es.htm (Consultato in data

19/02/2014). 51 Resolución de 7 de junio de 1991, de la Subsecretaría, por la que se dispone la publicación del

Acuerdo del Consejo de Ministros de 7 de junio de 1991 sobre regularización de trabajadores

extranjeros., «BOE» núm. 137, 08/06/1991.

http://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-1991-14599

37

pubbliche, le organizzazioni sociali e le associazioni d’immigrati, il secondo invece ha il

compito di raccogliere informazioni per conoscere e valutare le questioni relative

all’immigrazione.

Tra le attività svolte in seguito all’introduzione del Plan para la Integración

Social, ha rilevanza la redazione e l’approvazione nel 1996 di un nuovo regolamento di

esecuzione della Ley de Extranjería del 1985; tra gli aspetti più interessanti vi sono le

disposizioni destinate a facilitare il ricongiungimento familiare degli immigrati

all’interno dello stato spagnolo (Gozálvez Pérez 2000: 50 - 51).

All’inizio del XXI secolo, il quadro inizia a cambiare profondamente, il flusso

migratorio si fa sempre più incessante e il governo spagnolo si trasforma in guardiano di

frontiera intento a controllare le persone che si accingono a entrare all’interno del paese.

Nell’anno 2000, venne approvata la nuova Ley de Extranjeria52, che garantiva

una maggiore estensione dei diritti agli immigrati, quali la protezione giuridica e la

politica del welfare state, con l’obiettivo di facilitare l’integrazione sociale. Nello stesso

anno venne ulteriormente modificata la legge, introducendo un rafforzamento dei

controlli lungo le frontiere e inasprendo le sanzioni nei confronti degli stranieri

sprovvisti di documenti o verso gli imprenditori che assumono immigrati irregolari nel

loro posto di lavoro. Inoltre, vennero introdotte delle sanzioni anche nei confronti di chi

trasporta immigrati clandestinamente fino in Spagna.

In sostanza, la revisione della nuova legge ha complicato la situazione degli

stranieri che entrano irregolarmente nel territorio spagnolo, limitando alcuni dei loro

diritti, come ad esempio l’accesso all’istruzione a un più alto livello (per gli immigrati

che hanno superato la maggiore età) (Alonso e Basco 2007: 12).

1.2. Il processo di regolarizzazione degli immigrati

La Ley de Extranjería dell’anno 2000, negli articoli 31 e 32, fa riferimento a due

situazioni per la regolamentazione degli immigrati: il permesso di soggiorno di breve

durata e il permesso di soggiorno di lunga durata.

Nella prima situazione si autorizza l’immigrato a rimanere in Spagna per un

periodo superiore ai 90 giorni e inferiore a cinque anni. I permessi di soggiorno di breve

52 Ley Orgánica 4/2000, de 11 de enero, sobre derechos y libertades de los extranjeros en España y su

integración social. Tratto da: Tratto da: www.boes.es

http://www.boe.es/buscar/act.php?id=BOE-A-2000-544 (Consultato in data 19/02/2015).

38

durata vengono concessi per ragioni umanitarie, per motivi di lavoro, per gli stranieri

che, in assenza di un posto di lavoro, dispongono di mezzi sufficienti per il proprio

sostentamento, ed eventualmente, della propria famiglia e in altre circostanze

eccezionali. Per concedere la residenza temporanea è fondamentale che la persona in

questione non possieda precedenti penali in Spagna, o nei paesi in cui ha risieduto in

precedenza, per reati esistenti nell’ordinamento spagnolo. Le autorizzazioni di durata

inferiore a cinque anni possono essere anche rinnovate, ma solo in assenza delle

seguenti circostanze: il mancato compimento degli obblighi in materia tributaria o di

previdenza sociale e l’esistenza di precedenti penali.

La seconda situazione fa invece riferimento al permesso di soggiorno di lunga

durata; in questo caso si autorizza lo straniero a risiedere e lavorare in Spagna per un

periodo di tempo indeterminato, nelle stesse condizioni della popolazione spagnola.

Hanno diritto al permesso di soggiorno di lunga durata coloro che hanno vissuto

legalmente in Spagna per cinque anni in maniera continuativa. Con l’espressione

“maniera continuativa” vengono prese in considerazione anche quegli individui che,

dopo aver aver presentato delle motivazioni considerate valide, devono lasciare

temporaneamente la nazione.

La Ley de Extranjería, inoltre, dichiara che si può verificare il caso di estinzione

del permesso di soggiorno di lunga durata ma solo nei seguenti casi: quando

l’autorizzazione sia stata ottenuta in maniera fraudolenta; quando viene dettato un

ordine di espulsione secondo i casi previsti dalla Legge; quando si verifica l’assenza dal

territorio dell’Unione Europea per un periodo di dodici mesi consecutivi; quando si

ottiene il permesso di soggiorno di lunga durata in un altro stato membro. Tuttavia, le

persone che si vedono estinti i permessi di soggiorno di lunga durata possono, in alcuni

casi, riottenere gli stessi mediante un procedimento semplificato che avverrà secondo

quanto stabilito dalla Legge53.

1.3. L’immigrazione clandestina nella penisola spagnola

53 Articoli 31 e 32 della Ley Orgánica 4/2000, de 11 de enero, sobre derechos y libertades de los

extranjeros en España y su integración social. Tratto da: www.boes.es

https://www.boe.es/buscar/act.php?id=BOE-A-2000-544 (Consultato in data 01/02/2015).

39

Se i dati generali sull’immigrazione in Spagna denotano, negli ultimi anni, una

lieve diminuzione del numero dei regolari, lo stesso non si può dire dell’immigrazione

irregolare, in particolar modo proveniente dal continente africano.

Partendo dal presupposto che, a oggi, non esiste una definizione univoca del

concetto di “immigrazione irregolare”, con questo termine s’intende un movimento di

individui che, violando le norme e le leggi che disciplinano il transito delle persone tra

le diverse nazioni, partono da un paese senza avere un regolare documento di viaggio e

arrivano in un altro senza le autorizzazioni necessarie per lavorarci e viverci

(Perruchoud 2004: 34 – 35). In spagnolo l’immigrato in condizione d’irregolarità viene

comunemente denominato “inmigrante sin papeles”.

Secondo quanto riportato dal quotidiano spagnolo EuropaPress nell’articolo “La

inmigración irregular subió en España un 130% en el primer trimestre, sólo por detrás

de Italia”, durante i primi tre mesi del 2014, l’immigrazione clandestina è aumentata

del 130% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, percentuale che colloca la

Spagna come secondo paese con un più alto tasso d’immigrazione irregolare, preceduta

soltanto dall’Italia che ha sperimentato un aumento del 600% (AA.VV. 2014: 12).

Sempre lo scorso anno, la Spagna, la Grecia e l’Italia hanno registrato più della metà

delle entrate irregolari in tutta l’Unione Europea. Ceuta e Melilla sono invece risultate le

città spagnole in cui si sono verificati i maggiori tentativi di entrate irregolari

(Anonimo, “La inmigración irregular subió en España un 130% en el primer trimestre,

sólo por detrás de Italia”, EuropaPress, 26/08/2014).

Esistono svariati metodi per eludere i controlli alle frontiere, come ad esempio

nascondersi nelle macchine o nei camion che quotidianamente attraversano le frontiere,

utilizzare documenti falsi, affidarsi ai contrabbandieri e molto altro.

Benché sia illegale risiedere in Spagna senza documenti, gli immigrati “sin

papeles” godono comunque di alcuni diritti quali, ad esempio, assistenza sanitaria

gratuita, assistenza giuridica gratuita, il diritto all’istruzione ai minori di 18 anni e il

diritto di associazione, di sciopero e libertà sindacale (AA.VV. 2011: 5).

1.4. L’immigrazione clandestina a Ceuta e Melilla

40

Da diversi anni, le due città autonome spagnole, Ceuta e Melilla, si sono

trasformate nelle due mete predilette dei migranti africani per raggiungere il suolo

europeo.

A causa della loro particolare posizione geografica, Ceuta e Melilla sono gli

unici territori europei che possono essere raggiunti via terra dai migranti africani senza

che i migranti debbano mettere a repentaglio la loro vita con una pericolosa e rischiosa

traversata nel Mediterraneo come avviene invece nel caso dell’immigrazione verso le

isole italiane e greche.

Ciò che rende interessanti e uniche queste due città dal un punto di vista

politico, sociale e antropologico è il fatto che esse non solo sono il crocevia dei migranti

che dall’Africa vogliono raggiungere la Spagna, ma rappresentano anche un ponte

culturale fra due continenti, l’Europa e l’Africa appunto, fra le vecchie potenze

occidentali e i paesi che hanno vissuto l’esperienza del colonialismo europeo, fra il

“noi” e il “loro” (Castan Pinos 2013:13 – 14).

La particolarità delle due città sta nel fatto che, nell’esatto momento in cui un

migrante mette piede in una di loro, egli può godere di diritti e garanzie che, al

contrario, nessuno stato africano potrebbe garantire loro, come ad esempio l’assistenza

gratuita all’interno dei Centros de Estancia Temporal de Inmigrantes (CETI)54, di cui

parleremo più avanti (AA.VV. 2011: 5).

Sebbene, da ormai alcuni decenni, le autorità marocchine rivendichino il fatto

che Ceuta e Melilla debbano entrare a far parte dello Stato nordafricano, queste due

città, da un punto di vista politico e culturale, si sentono molto più vicine e più affini

alla realtà europea alla quale, per essere precisi, appartengono di diritto (Castan Pinos

2013:14).

2. La storia dell’immigrazione clandestina a Ceuta e Melilla

54 I CETI (Centros de Estancia Temporal de Inmigrantes) di Ceuta e Melilla sono

stabilimenti della pubblica amministrazione, concepiti come dispositivi di prima accoglienza destinati

a conferire servizi e prestazioni sociali basiche al gruppo di immigrati e richiedenti asilo che arrivano

nelle Città Autonome. I CETI non sono strutture private ma strutture pubbliche a carico del Instituto

de Mayores y Servicios Sociales (INSERSO).

41

L’immigrazione a Ceuta e Melilla ha una notevole tradizione: durante gli anni

del protettorato spagnolo del Marocco (1912 – 1956), cominciò, infatti, ad arrivare una

popolazione migrante proveniente soprattutto dalla provincia di Cadice, di Malaga e,

per la prima volta, dal Maghreb.

Durante questo periodo, tuttavia, gran parte delle persone di origine magrebina

che si trovavano nelle città di Ceuta e Melilla vivevano in condizione d’irregolarità.

Alcuni migranti erano provvisti di un documento, la cosiddetta Tarjeta de Estadística,

che però non dava loro alcun accesso ai diritti sociali, civili o politici, ma serviva

esclusivamente a registrare gli immigrati; altri, invece, non possedevano alcun

documento violando così le normative vigenti (Lara 2014: 10 – 11).

In un articolo de El País dell’11 maggio 1985 intitolato “Legalizar Melilla”, lo

scrittore Aomar Mohammeddi Duddu commentò duramente la gestione degli immigrati

a Melilla, facendo riferimento alla Tarjeta de Estadística sostenendo che “sirve para

llevar un registro de personas, de modo semejante a como se registran libros en una

biblioteca o animales en las oficina de Sanidad”, alludendo al poco interesse del

Governo spagnolo e delle autorità politiche di Melilla nel voler integrare realmente gli

immigrati nella società.

Inoltre, egli sottolineò che la mancanza di documenti era la causa di molti

problemi per la popolazione magrebina a Melilla; infatti senza di essi, gli immigrati non

potevano comprare o prendere in affitto abitazioni se non attraverso una speciale

autorizzazione, inoltre in caso di un’emergenza medica coloro che erano sprovvisti di

documenti non potevano farsi curare in un qualsiasi centro medico dello stato spagnolo.

Sempre secondo lo scrittore, infine, commentò che “en estas condiciones, hablar de

integración musulmana es un puro sarcasmo” (Duddu, “Legalizar Melilla”, El País,

11/05/1985) .

Nel 1985 il Governo promulga la Legge Organica 7/1985 meglio conosciuta

come la Ley de Extranjería de 1985. Secondo questa legge, i magrebini residenti a

Ceuta e Melilla che non possedevano la nazionalità spagnola erano considerati

extracomunitari (Lara 2014: 11).

42

Questo principio veniva formulato chiaramente nel primo articolo di legge che

così dichiarava: “Se consideran extranjeros, a los efectos de aplicación de la presente

Ley, a quienes carezcan de la nacionalidad española”55.

Perciò nei mesi di ottobre, novembre e dicembre del 1985 si produssero una

serie di proteste con lo scopo di rivendicare l’accesso alla nazionalità spagnola, con tutti

i diritti e doveri derivanti (Lara 2014: 11).

Finalmente, nel 1986 il Governo González approvò un processo di

nazionalizzazione di tutti i magrebini residenti a Ceuta e Melilla (Lara 2014: 12).

Nel 1989 si verificò il primo naufragio sulla spiaggia Los Lances a Tarifa che

portò alla morte di undici persone. In quegli anni le imbarcazioni trasportavano

principalmente immigranti di origine marocchina, mentre i migranti subsahariani erano

solo il 20% del totale. Infatti, in quel periodo il Marocco stava vivendo anni difficili per

diverse ragioni: in primis ciò era dovuto alla diffusione del pensiero islamico estremista,

tradizionalmente estraneo alla cultura marocchina, e in secondo luogo alla decisione del

governo di Rabat di partecipare alla guerra in Iraq, scelta non gradita da un grande

numero di cittadini (Lara 2014: 12).

Melilla e Ceuta iniziarono così a permettere l’entrata dei primi immigrati

subsahariani nelle rispettive città: a Ceuta s’istallarono lungo le mura della città, mentre

a Melilla furono accolti nel vecchio ospedale della Croce Rossa (Lara 2014: 12).

2.1. I primi disordini a Ceuta e Melilla

Secondo quanto viene riportato dal dossier “Informe Frontera Sur. 1995 – 2006:

10 años de violación de los derechos humanos” redatto dall’associazione SOS Racismo,

l’11 ottobre del 1995 nella città di Ceuta più di duecento immigrati, esasperati

dall’attesa e dalla mancanza di risposta da parte del governo spagnolo in merito alla

richiesta di un visto per viaggiare liberamente nella Penisola, decisero di manifestare

dando vita a un duro scontro fra le forze armate e gli immigrati. Durante la protesta gli

immigrati si scontrarono con la Guardia Civil che dovette far uso di tutti i mezzi a

propria disposizione per placare la sommossa. Lo scontro si concluse con alcuni feriti e

nessun decesso (Maleno Garzón, De Lucas et al. 2006: 8).

55 Ley Orgánica 7/1985, de 1 de julio, sobre derechos y libertades de los extranjeros en España. (Vigente

hasta el 1 de febrero de 2000). Tratto da: www.noticiasjuridicas.es

http://noticias.juridicas.com/base_datos/Derogadas/r0-lo7-1985.html (Consultato in data: 19-02/2015).

43

In quest’occasione Basilio Fernández, sindaco della città autonoma di Ceuta,

dichiarò: “Que se vayan … vivimos en una ciudad de 19 kilómetros cuadrados, es una

cuestión de espacio que no podemos compartir con los inmigrantes”. Due giorni dopo

l’accaduto, gli immigrati di Ceuta vennero messi in libertà e trasferiti a Calamocarro,

ossia un antico accampamento situato a 4 km da Ceuta dove vennero istallate undici

tende militari e fu messo a disposizione un servizio di acqua corrente per tre ore al

giorno oltre alla distribuzione di alimenti da parte della Croce Bianca e Croce Rossa.

Nel mese di dicembre dello stesso anno erano 85 gli immigrati subsahariani accolti a

Calamocarro (Maleno, De Lucas et al. 2006: 8).

All’inizio del 1996 nell’accampamento di Calamocarro erano presenti 150

persone di cui 110 subsahariani e i restati 40 algerini. Le condizioni igienico-sanitarie

erano precarie e il cibo non era abbastanza per tutti. Il numero dei nuovi immigrati

arrivati a Ceuta era in continuo aumento, fino ad arrivare a 270 nell’aprile del 1996.

Alla fine di ottobre del 1995, in un’altra area sempre della città di Ceuta, una

quindicina d’immigrati creò un accampamento lungo la striscia di terra che separa la

città autonoma dal Marocco, conosciuta con il termine “Tierra de Nadie”. I migranti

costruirono delle baracche di legna e plastica e bevevano acqua piovana. I pasti

arrivavano solo una volta al giorno: questi ultimi altro non erano che gli avanzi che la

Croce Rossa riusciva a raccogliere dalle cucine militari. A causa delle condizioni

precarie in cui erano costretti a vivere gli immigrati, ci furono casi di tubercolosi e

scabbia. Inoltre, dal momento che l’accampamento era stato costruito vicino al mare e

vi era il pericolo concreto di allagamenti e straripamenti, la polizia spagnola fu costretta

a trasferire il campo degli immigrati in una zona meno esposta, sempre nella “terra di

nessuno”.

In questi mesi venne rafforzata la vigilanza con più di 100 agenti della Guardia

Civil nei pressi del confine. Inoltre, con l’appoggio dell’Unione Europea, iniziarono i

lavori per la realizzazione di una strada di vigilanza lungo il confine della città. La

strada, tuttora esistente, è lunga 8 km e larga 6 m, dotata di un Sistema Integrato di

Supervisione e Vigilanza lungo tutto il confine e di un sistema di megafonia per

diffondere messaggi di avviso. Il costo di tale opera fu di 600 milioni di pesetas, il

doppio rispetto a ciò che era stato inizialmente previsto (Maleno Garzón, De Lucas et al.

2006: 9).

44

Secondo quanto riportato dalla Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía

(APDHA) nel suo dossier “Derechos Humanos en la Frontera Sur 2014”, a Melilla

alcuni immigrati furono trasferiti al Centro Lucas Lorenzo o nella struttura agricola

della Granja, mentre altri vennero sedati ed espulsi dalla città (Lara 2014: 15).

Infatti, come descritto più dettagliatamente da Martín Rojo e da Van Dijk

“Había un problema y se ha resuelto. Legitimación de la Expulsión de Inmigrantes

“Ilegales” en el Discurso Parlamentario Español”, nel luglio del 1996, in seguito a

degli incidenti verificatosi durante una protesta messa in atto dagli immigrati per

denunciare pubblicamente le condizioni disumane nelle quali essi vivevano, alcuni di

loro vennero trasferiti a Malaga con degli aerei dell’esercito. Essi vennero quindi

rinchiusi nel carcere della città secondo il piano che venne poi ribattezzato con il nome

“Operazione Melilla”. In seguito, i 103 immigrati vennero prelevati e riportati al loro

paese d’origine con la forza. Sugli aerei di ritorno vennero sedati illegalmente e

segretamente attraverso narcotici introdotti in bottigliette d’acqua a loro destinate allo

scopo di evitare possibili proteste. Gli immigrati rimasero spossati per tutto il viaggio e

alcuni si trovarono in stato d’incoscienza anche 24 ore dopo l’accaduto. Questa

espulsione provocò fortissime proteste nazionali e internazionali. Fu in questo caso che

il presidente José María Aznar pronunciò la famosa frase “Había un problema y se ha

resuelto” (Martín Rojo e Van Dijk 1998: 1 - 2).

L’APDHA di Melilla denunciò le condizioni in cui si trovavano gli immigrati

dichiarando che erano “por debajo de la dignidad humana”, il che significa: solo sei

docce e quattro gabinetti per quasi 400 persone accolte. Alcuni di loro erano costretti a

dormire per terra per mancanza di posti letto e di spazio. Gli immigrati erano perlopiù

marocchini, ma c’erano anche immigrati subsahariani che provenivano principalmente

da Mali, Nigeria e Costa d’Avorio. Nell’agosto del 1997, la APDH dichiarò: “Duermen

a la intemperie, cuentan con una sola comida al día y disponen de unos servicios

médicos totalmente insuficientes” (Idoia Noain, Más de 800 inmigrantes africanos

esperan hacinados en Melilla cruzar el Estrecho, El País, Madrid, 13 agosto 1997).

Secondo l’APDHA, nonostante le condizioni di vita nella Granja fossero

insostenibili, l’ordine di chiusura della struttura fu dato solo nel 1999, quando in essa si

trovavano 1500 persone (Lara 2014: 15 – 16).

45

Nel frattempo, l’accampamento di Calamocarro di Ceuta vide aumentare

vertiginosamente il numero d’immigrati accolti, provenienti dai vari stati, tra i

Camerun, Guinea, Senegal, Nigeria, Sierra Leone, Angola, Zaire, Etiopia, Sudan ed

Eritrea. Nell’ottobre del 1999 erano 2500 gli immigrati ospitati (il campo era stato

progettato per accogliere 900 persone), i quali vivevano in condizioni disastrose (Lara

2014: 17). Il giornalista Pedro de Tena descriveva così l’accampamento:

“La densidad demográfica equivale a 150000 personas por km2, como si se

agolparan sus 2000 habitantes en el rectángulo de un campo de fútbol… sin

agua corriente, sin higiene suficiente, sin calefacción, sin alimentos, sin

intimidad, sin idiomas comunes y sin proyectos posibles. La primera

impresión de Calamocarro es la de un parque zoológico, donde los animales

son los inmigrantes. Huele a mugre sin zotal, a excrementos en libertad, a

fuego salvajes y se desmayan de asco hacia la carretera arroyos podridos de

aguas fecales” (Lara 2014: 17).

2.2. Le iniziative promosse dal governo spagnolo

Nel dicembre del 1997 l’“Instituto de Mayores y Servicios Sociales”

(IMSERSO) e il Ministero degli Interni approvarono un “Programma di Accoglienza e

accesso al lavoro per gli immigrati subsahariani di Ceuta e Melilla” che si era posto

l’obiettivo di decongestionare le due città del giro di due mesi. Gli immigrati che

presero parte al progetto ricevettero una formazione di tre mesi da parte delle ONG che

s’incaricarono di accoglierli e gli venne loro concesso un permesso iniziale di soggiorno

e lavoro. Gli immigrati che riuscirono ad accedere a questo piano d’emergenza furono

1418. L’anno successivo, a causa dell’arrivo di un’altra ondata di immigrati a Ceuta e

Melilla, il progetto venne riconfermato e altri 2828 migranti subsahariani ebbero modo

di prenderne parte. Lo scopo di questo progetto fu quello di integrare gli immigrati nella

comunità, trasferendoli poi in zone dove esisteva una domanda di lavoro

prevalentemente nel settore agricolo o dell’edilizia (Maleno, De Lucas et al. 2006: 14).

Durante il 1999 il governo spagnolo dispose l’operazione “Choque”, con lo

scopo di trasferire alla penisola spagnola tutti gli immigrati della Granja e di

Calamocarro una volta inaugurati i rispettivi CETI. Così, sempre durante l’anno 1999,

46

con una media mensile di circa 500 persone, 7500 immigrati vennero trasferiti dalle

città di Ceuta e Melilla diretti ad Almeria, Alicante, Murcia e Catalogna, le destinazioni

più frequenti in quanto in grado di offrire maggior possibilità di lavoro. Agli immigrati

venivano dati un biglietto ferroviario, 1000 pesetas e un permesso di soggiorno di un

anno. Inoltre, gli veniva dato loro l’indirizzo delle ONG nelle città dove erano stati

indirizzati, anche se spesso queste non venivano avvisate (Lara 2014: 19).

Nell’anno 2000 il governo spagnolo fece chiudere definitivamente il campo di

Calamocarro.

Infine, nel 2001 iniziarono delle campagne informative che avevano lo scopo di

dissuadere l’immigrazione irregolare. Queste campagne vennero portate avanti non

soltanto dalla Spagna ma anche dal Marocco (Maleno Garzón, De Lucas et al. 2006:

19).

2.3. Las vallas: la costruzione delle barriere di separazione

Durante tutti questi anni, continuò senza sosta la costruzione di barriere di

separazione in entrambe le città. Si tratta di barriere fisiche che separano il Marocco

dalle due città spagnole, Ceuta e Melilla, realizzate per impedire e ostacolare

l’immigrazione irregolare e il contrabbando.

È proprio nel periodo tra l’approvazione della Ley de Extranjería del 1985 e

l’adesione al Trattato di Schengen nel 1991, che la Spagna inizia una politica di

crescente chiusura delle frontiere; nasce in questo contesto l’idea di creare delle barriere

di separazione per dividere fisicamente due paesi tanto vicini quanto diversi. Le ragioni

che spinsero il governo spagnolo a investire molti soldi per la costruzione delle barriere,

furono sostanzialmente dettate dal fatto che dagli anni novanta si verificò un’ondata

migratoria senza precedenti verso lo stato spagnolo. Perciò, l’idea fu quella di ricorrere

ad uno strumento per controllare, e allo stesso tempo ostacolare, l’immigrazione

irregolare.

La costruzione delle barriere di separazione ebbe inizio prima a Ceuta nel 1995,

in seguito a un tentativo da parte di gruppo di immigranti di attraversare illegalmente la

frontiera. Vennero costruite così le prime due barriere di separazione (una interna e una

esterna) alte 2,5 m, una strada di circonvallazione pattugliata dalla Guardia Civil e

dall’Esercito, una rete di riflettori alogeni e sensori elettronici acustici e visivi.

47

Nell’ottobre del 1996 venne rinnovato il reticolato, poiché quello

precedentemente utilizzato era facilmente scavalcabile e non svolgeva perciò la sua

funzione principale. Inoltre, fu necessaria la presenza continua di militari lungo la

frontiera per monitorare costantemente l’area.

Nel 1999, venne elevata la valla esteriore (dove con valla s’intende, in italiano,

una palizzata) portandola da 2,5 m a 3,10 m, mentre la valla interna venne rinforzata

attraverso la concertina, ossia il più efficace strumento di protezione perimetrale di aree

che necessitano di sistemi anti intrusione. Nel febbraio del 2000 si conclusero, per un

primo momento, i lavori lungo la frontiera di Ceuta, con barriere di separazione lunghe

8,3 km e di 3,10 m di altezza.

Per quanto riguarda Melilla, invece, la costruzione della barriera di separazione

iniziò nel 1998. Inizialmente venne progettata una sola valla dalla lunghezza di 12 km.

Successivamente, si è però voluto seguire il modello delle barriere di separazione di

Ceuta, così venne costruita una seconda valla, entrambe di 3 m di altezza. Tuttavia, le

barriere di separazione hanno risolto solo parzialmente il problema, poiché molti

immigrati hanno tentato e tentano tuttora di scavalcarle per entrare in terra spagnola

(Lara 2014: 19).

2.4. La nascita dei CETI a Ceuta e Melilla

Durante il completamento delle barriere di separazione, iniziarono i lavori per la

progettazione e costruzione dei CETI che si inaugurarono nel 1999 a Melilla e nel 2000

a Ceuta.

I CETI vennero costruiti durante il primo governo Aznar ed inaugurati

dall’allora ministro delle Politiche Sociali, Manuel Pimentel.

Il CETI di Melilla è stato progettato per accogliere un massimo di 480 persone,

mentre quello di Ceuta, leggermente più grande, è in grado di accogliere 512 persone, in

seguito all’ampliamento effettuato durante l’estate del 2004.

Tuttavia, in entrambe le strutture si raggiunge frequentemente il numero

massimo di posti accessibili andando quindi ad ospitare più migranti del dovuto.

Nonostante ciò, quando un gruppo numeroso d’immigranti riesce a superare le barriere,

questi vengono accolti non soltanto nei CETI ma anche nelle tende dell’Esercito o della

Croce Rossa, mentre molti altri sono costretti a dormire per strada. Nonostante ciò, i

48

CETI tendono a non rispettare il numero esatto di posti a loro designati, accogliendo

molti più immigrati del dovuto56.

È’ possibile quindi descrivere i CETI come due strutture che vengono

esclusivamente utilizzate per accogliere gli immigrati che entrano nel territorio di Ceuta

e Melilla; sono tuttavia strutture aperte, dove gli immigrati possono entrare e uscire

tranquillamente durante il giorno (Lara 2014: 21).

2.5. Gli incidenti e i disordini avvenuti durante l’anno 2005

I responsabili dell’organizzazione APDHA riportano che durante il 2005, in

prossimità delle barriere di separazione, si verificò una serie di incidenti che portò alla

morte di numerosi immigrati mentre tentavano di raggiungere Melilla e Ceuta; in

particolar modo, dall’agosto del 2005 all’ottobre dello stesso anno, avvennero

molteplici assalti alle barriere di separazione di entrambe le città (Lara 2014: 26).

Il primo incidente si verificò il 28 agosto quando un giovane di 17 anni

originario del Camerun morì a Melilla per essersi rotto il fegato cercando di saltare le

barriere di separazione. L’associazione SOS Racismo riporta, nel suo documento

“Informe Frontera Sur 1995 – 2006: 10 años de violación de los derechos humanos”,

che tutti i testimoni presenti quel giorno dichiararono che tale episodio si era verificato

invece a causa di un’aggressione provocata dalla Guardia Civil, la quale fece un uso

sproporzionato delle armi anti sommossa. I testimoni dichiararono inoltre che le

aggressioni furono di una violenza abnome giacché gli immigrati venivano colpiti

“como a animales” (Maleno, De Lucas et al. 2006: 37).

Il 27 settembre, la stessa associazione riporta che, circa 500 subsahariani

provarono ad assalire le barriere ma furono fermati dalle Forze Armate marocchine,

dalla Guardia Civil, dalla polizia nazionale e locale: i diversi corpi di sicurezza

utilizzarono abbondantemente armi anti sommossa. Sedici ore dopo, un secondo gruppo

di 500 persone cercò di raggiungere Melilla ma solo 200 di loro ci riuscirono. In quel

momento nel CETI di Melilla alloggiavano 750 persone, quando la capacità massima

della struttura è di 480 e nella città si trovava un totale di 1150 persone in situazione

irregolare. Gli ultimi immigrati arrivati furono costretti a dormire in tende improvvisate

56 Il documento “APDHA – Informe Derechos Humanos en la Frontera Sur 2014” riporta che, a marzo

2014, il numero di immigrati ospitati nel CETI di Melila era di 1900.

49

o alle intemperie in ogni angolo della città. Molti di questi immigrati erano richiedenti

asilo e provenienti da paesi in guerra, quali la Repubblica Democratica del Congo, la

Costa d’Avorio o la Nigeria (Maleno, De Lucas et al. 2006: 43 – 44).

La mattina seguente, 600 immigrati scavalcarono le barriere di Melilla con il

risultato di 44 feriti fra immigrati e uomini della Guardia Civil; tra i feriti vi erano

anche delle donne con i loro bambini (Maleno Garzón, De Lucas et al. 2006: 44).

Il 29 settembre cinque persone morirono a causa di colpi di pistola in seguito

all’ennesimo assalto alla frontiera di Ceuta. La Spagna e il Marocco si accusarono

reciprocamente senza ammettere alcuna responsabilità sull’accaduto. Infine, però, le

autorità marocchine dichiararono la propria colpevolezza (Lara 2014: 27).

Il 6 ottobre quasi cento persone riuscirono a oltrepassare le barriere di

separazione lasciando il Marocco. L’APDHA nel suo documento “Derechos Humanos

en la Frontera Sur 2014” riferisce che nella stessa mattinata queste persone vennero

prelevate da Melilla e trasferite in aereo a Malaga. La stessa notte, un altro aereo in

partenza da Malaga e diretto in Marocco, lasciò la Spagna con a bordo 73 immigrati.

Non è chiaro se si è trattato dello stesso gruppo di persone.

Secondo l’APDHA l’espulsione di queste persone presentò numerose

irregolarità:

- in primo luogo, il giudice che si occupò del caso aveva ordinato il

trasferimento delle persone in questione a Fuerteventura, tuttavia non

vennero mai trasferiti in quest’isola. Difatti gli immigrati, senza alcuna

autorizzazione, viaggiarono prima a Malaga in aereo, successivamente in

autobus fino a Algeciras, dove vennero imbarcati per Tangeri e consegnati

alle autorità marocchine;

- non gli venne permesso di richiedere asilo politico, nonostante rientrasse

nei loro diritti. Non gli venne data, inoltre, la traduzione dei documenti che

dovevano obbligatoriamente firmare;

- secondo quanto denunciato dall’associazione Pro Derechos de la Infancia

(PRODEIN) e SOS Racismo, un importante numero di immigrati risultava

ferito e non ricevette l’adeguata attenzione medica;

50

- con questa deportazione, lo stato spagnolo violò gravemente il Diritto

Internazionale, in particolar modo l’Art. 3 della Convenzione contro la

tortura ed altre pene e trattamenti crudeli o degradanti secondo cui “No

State Party shall expel, return ("refouler") or extradite a person to another

State where there are substantial grounds for believing that he would be in

danger of being subjected to torture”57.

SOS Racismo y Comisión Española de Ayuda al Refugiado (CEAR)

presentarono un ricorso di contenzioso amministrativo per la difesa dei Diritti

Fondamentali dell’uomo poiché i 73 immigrati furono messi in situazione di pericolo in

quanto vennero espulsi e inviati in un paese dove si stavano commettendo delle

violazioni dei Diritti Umani. Le stesse associazioni invocarono la violazione di tre

articoli della Costituzione Spagnola (Lara 2014: 28 – 30).

2.6. Il rafforzamento delle barriere di separazione

Il governo spagnolo, in risposta ai vari episodi avvenuti durante il 2005, decise

di rafforzare ulteriormente le barriere di separazione di Ceuta e Melilla (Lara 2014: 31).

Si decise quindi di incrementare quelli che vennero eufemisticamente definiti

“medios disuasorios”, attraverso nuovi marchingegni, la collocazione di concertine

della morte e l’impiego di 720 soldati lungo le frontiere delle due città spagnole. Il

Marocco a sua volta impiegò circa 16000 uomini per il pattugliamento delle due aree

(Miguel González, El Gobierno refuerza con más medios la valla fronteriza, El País,

04/10/2005).

Lo scopo di questo rafforzamento fu quello di dissuadere gli immigrati ad

dall’assalire le barriere. Infatti, le concertine, poste fra le due barriere già esistenti di

Ceuta e Melilla, possono causare gravi ferite se l’immigrato dovesse cadere

accidentalmente tra di esse, poiché la concertina è caratterizzata dalla presenza di

taglienti lame (Lara 2014: 31).

57 Convention against Torture and Other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment,

OHCHR, New York, 1987.

http://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/CAT.aspx

51

Inoltre, il Governo prese la decisione di elevare ulteriormente le barriere di

separazione portandole da tre a sei metri di altezza, oltre a costruire una terza valla di

due metri che ha lo scopo di impedire il passaggio alla prima e seconda valla.

A causa delle continue lamentele e controversie inerenti alle ferite provocate

dalle lame presenti sulle barriere di separazione, il premier socialista José Luis

Rodríguez Zapatero le fece togliere nel 2007. Tuttavia, la concertina di Ceuta è stata

mantenuta nella sua integrità mentre in quella di Melilla le lame vennero sostituite con

della corda tridimensionale sebbene la parte esterna della valla, ossia quella del lato

marocchino, rimanesse inalterata (Lara 2014: 32).

2.7. L’immigrazione clandestina tra il 2006 e il 2012

Tra il 2006 e il 2012 si ridussero i tentativi di assalto alle barriere di separazione

rispetto agli anni passati, tuttavia, secondo Zamorano Galán, durante questi anni si

verificarono comunque episodi di estrema violenza da parte delle forze dell’ordine di

entrambi i paesi, anche se il Marocco ha sempre esercitato una maggiore violenza

rispetto alla Spagna (Zamorano Galán 2013: 14).

La pressione militare e politica che il Marocco svolgeva attraverso i costanti

blitz nel monte Gurugù e l’appoggio della Guardia Civil spagnola che quasi

giornalmente sorvolava la zona con un elicottero per intercettare i clandestini e

informare i suoi collaboratori marocchini in materia d’immigrazione, portava gli

immigrati a raggiungere e assalire le barriere di separazione per cercare di salvare la

propria vita.

Lo stesso Zamorano Galán afferma che sono molti i testimoni che dichiararono

che se gli immigrati venivano catturati dalle forze dell’ordine marocchine queste spesso

gli fratturavano le mani o le braccia, le caviglia o le gambe, prima di abbandonarli nella

zona di frontiera tra l’Algeria e il Marocco (Zamorano Galán 2013: 15).

Anche Médecins Sans Frontières denunciarono che: “Los heridos presentan

traumatismos diversos en cráneo, tórax, brazos y piernas, fracturas de manos y dientes,

así como contunsiones y cortes en cabeza, cara y pies” (Zamorano Galán 2013: 15).

Secondo José Palazón, responsabile della ONG PRODEIN di Melilla, il numero

massiccio di clandestini che cercano di entrare nelle città autonome è provocato

52

principalmente dal Marocco, il quale, con un eccesso di violenza e retate, fa sì che molti

immigrati raggiungano disperatamente le barriere di separazione per salvarsi la vita.

Lo stesso autore, in un’intervista fatta nel 2012 per il giornale Diagonal Global

dichiarò quanto segue:

“Al igual que en el 2005 los saltos son consecuencia directa de la

presión del ejercito marroquí sobre los asentamientos que los inmigrantes

tienen en las proximidades de Melilla. Dicha presión obedece con toda

claridad a intereses bilaterales políticos y económicos de Marruecos y

España, siendo además, una forma de tener una presencia ante la UE que de

otra forma no podrían tener ambos países” (Anonimo, "En la frontera la

violencia estatal española y marroquí alcanza niveles intolerables",

Diagonal Global, 10/09/2012).

2.8. Il tragico salto alla “valla” di Melilla: l’episodio del 25 aprile 2013 e le sue

conseguenze

Il 25 aprile del 2013 un numeroso gruppo di persone provenienti dall’Africa

subsahariana, approfittando della scarsa presenza di militari marocchini e dell’assenza

della Guardia Civil all’orizzonte, decisero di saltare la tripla valla di Melilla (Zamorano

Galán 2013: 45).

Secondo quanto riportato dai testimoni, gli immigrati provarono a saltare la

barriera di separazione la notte precedente, tuttavia decisero di rimandare al giorno

successivo a causa della numerosa presenza di soldati nella zona di frontiera. Infatti, era

necessario che ci fossero poche guardie in modo da poterle facilmente schivare.

Scalare le barriere di separazione è un’impresa tutt’altro che facile: Zamorano

Galán spiega che le barriere vanno scalate a piedi nudi in modo da inserire i piedi tra i

fili di ferro poiché con le scarpe si rischia di scivolare. Tuttavia, la scalata a piedi nudi è

molto lesiva perché la barriera del lato marocchino è caratterizzata da un reticolo a

spirale che presenta lame comunemente chiamate a “lingua di serpente”. Dopo aver

superato la prima barriera di 6 m di altezza, si va incontro a corde tridimensionali che

rendono difficile il movimento e danno un’errata percezione di ciò che vi sta sotto;

dopodiché si dovrà scalare un’altra barriera alta quanto la prima. Ciò che rende

53

ulteriormente difficoltosa la scalata sono le pietre lanciate dai soldati marocchini agli

immigrati, ma anche i lunghi pali ricoperti di chiodi con i quali vengono aggrediti. Una

volta arrivati in terra spagnola, gli immigrati devono fuggire a piedi nudi per non farsi

catturare dagli agenti spagnoli.

La Guardia Civil, infatti, fa largo uso di armi che sparano palline di acciaio

ricoperte di gomma. Teoricamente queste palline andrebbero lanciate per terra per poi

rimbalzare al fine di non creare danni permanenti alle persone, tuttavia, spesso le forze

dell’ordine tirano i colpi direttamente alle persone che, a vari metri di altezza, stanno

scalando le barriere (Zamorano Galán 2013: 45 – 46).

L’episodio del 25 aprile risulta quindi un caso isolato, poiché non si è soliti

assistere a un gruppo numeroso di immigrati che riescono a oltrepassare completamente

le barriere di separazione ed entrare in Spagna. Tuttavia, una volta arrivati in terra

spagnola, vi erano due furgoncini delle forze dell’ordine che aspettavano i migranti, in

seguito a segnalazioni ricevute; gli agenti poi riuscirono a chiudere loro la strada

bloccandoli di fronte a un garage di un domicilio. Ventuno, dei cinquanta immigrati che

si trovavano in quella situazione, furono costretti a salire a bordo dei due furgoncini

della Guardia Civil, i restanti immigrati, invece, opposero una resistenza pacifica

alzando le braccia e gridando “por favor señor” (Zamorano Galán 2013: 48).

In quel preciso momento, secondo quanto riferito da testimoni, alcuni membri

del corpo di polizia intervennero facendo uso di gas lacrimogeni, che penetrarono

all’interno dell’abitazione appartenente a Mustafa Aberchán, ex sindaco ed ex

presidente della città di Melilla negli anni 1999 – 2000 (Zamorano Galán 2013: 48 –

49).

Per quanto riguarda l’uso di gas lacrimogeni, le forze dell’ordine hanno sempre

negato di averne fatto uso.

Davanti alla drammatica situazione in cui si trovavano i clandestini, il

proprietario dell’abitazione aprì loro la porta per evitare che si esercitasse ulteriore

violenza nei loro confronti, offrendogli assistenza medica poiché laureato in medicina.

Finalmente si arrivò a un accordo fra gli agenti di polizia, gli immigrati e la

persona che li accolse in casa: gli immigrati sarebbero usciti dall’abitazione e scortati a

piedi fino al CETI di Melilla, per assicurarsi che nessuno li espellesse fuori dal confine

spagnolo.

54

L’arrivo al CETI fu un’esplosione di allegria, tutti ballavano, cantavano si

abbracciavano e pregavano. (Zamorano Galán 2013: 49 – 51).

Nell’ottobre del 2013, in seguito ai vari tentativi di assalto alle barriere, il

governo di Mariano Rajoy decise di ricollocare le lame nell’intera valla di Melilla oltre

ad aggiungere una maglia di ferro che impedisce l’introduzione delle dita nella stessa.

Tale decisione provocò un’ondata di proteste, in particolar modo dopo che il

presidente del Consiglio dichiarò che non si sapevano esattamente quali potessero

essere gli effetti delle lame sulle persone mentre, in un secondo momento, dichiarò che

avrebbero potuto provocare soltanto ferite superficiali.

Dopo che venne presa la decisione di rinforzare le barriere di separazione con

nuovi dispositivi atti a rendere il passaggio più difficoltoso, diverse personalità

spagnole, e non, si batterono per verificare la legalità di tali strumenti. Fra questi c’è il

procuratore generale Torres-Dulce, il quale annunciò l’apertura di un’indagine sul

ricollocamento delle lame nella valla di Melilla.

Tuttavia, il 18 dicembre del 2013, il Parlamento spagnolo, votò il rigetto della

proposta di ritirare le lame dalle barriere di Ceuta e di Melilla, con l’unica spiegazione

che “no existe una alternativa tan eficaz”, secondo quanto affermato dal Ministro degli

Interni, Jorge Fernández Díaz.

Il 13 gennaio del 2014 Cecilia Malmström, Commissario europeo per gli affari

interni, confermò che le lame nella valla di Melilla non vanno contro la legislazione

dell’Unione Europea, sebbene abbia raccomandato di impiegare mezzi alternativi per

vigilare le frontiere di entrambe le città.

Ciò nonostante, sia il Parlamento e sia l’Unione Europea riconoscono la

pericolosità e la possibile violazione dei Diritti Umani che l’istallazione e l’esistenza

delle concertine presuppone (Lara 2014: 37 - 38).

2.9. La tragedia del 6 febbraio 2014 nella città di Ceuta

Il 6 febbraio del 2014, nelle prime ore del mattino, circa 300 persone uscirono da

distinti punti dei boschi in prossimità di Ceuta, nei quali erano soliti vivere, e si

diressero a nuoto verso la spiaggia di Ceuta, El Tarajal.

Le forze marocchine, vedendoli in mare, smisero di intervenire, ma fu proprio in

questo momento che intervenne la Guardia Civil spagnola situata lungo i frangiflutti.

55

Inizialmente, le forze dell’ordine si misero a sparare in aria per convincere le persone a

non proseguire, poi iniziarono a sparare verso di loro con pallini di gomma, colpendo i

loro corpi e il salvagente che gli immigrati avevano addosso. I testimoni presenti

riferirono inoltre che la Guardia Civil impiegò anche armi anti sommossa, in particolare

gas lacrimogeni, in maniera del tutto spropositata poiché non si considerava una

situazione di grave minaccia (Maleno Garzón, Sánchez Sánchez et al. 2014: 13).

Nel rapporto condotto dai membri del collettivo Ca-minando fronteras intitolato

“Informe de análisis de hechos y recompilación de testimonios de la tragedia que tuvo

lugar el 6 de febrero de 2014 en la zona fronteriza de Ceuta”, sono registrate le

testimonianze dei sopravvissuti di quella mattinata, che così raccontano:

“La policía marroquí ha intentado retenernos pero no podía porque

éramos muchos. Hemos atravesado todos los controles y hemos llegado al

agua. Cuando estábamos en el agua la Guardia Civil ha constatado que algo

pasaba, han salido y han empezado a dispararnos al cuerpo. Disparaban y

los flotadores se pinchaban. De golpe veo un humo que se eleva desde el

agua, era el gas lacrimógeno que lanzaban, eso ahogaba a las personas.

Personalmente me he desmayado, la única imagen que me ha quedado en la

cabeza porque mi amigo, con quien iba siempre y con el que he llegado a

Marruecos ha perdido su vida” (Maleno Garzón, Sánchez Sánchez et al.

2014: 13).

“La primeras veces han disparado al aire, cuando se han dado cuenta

de que estábamos llegando a la parte española, pasábamos la ‘desviación58,

entonces han disparado a los cuerpos. A mí la primera bala me ha llegado a

la espalda y la segunda a la mandíbula” (Maleno Garzón, Sánchez Sánchez

et al. 2014: 15).

Almeno quindici persone morirono affogate cercando di raggiungere la costa

spagnola. Secondo quanto raccontato dai sopravvissuti, al momento degli spari gli

immigrati si lasciarono prendere dal panico poiché non riuscivano a restare a galla a

58 Con “desviación” si fa riferimento alle scogliere artificiali che separano il territorio marocchino e

quello spagnolo.

56

causa dei salvagente bucati e, inalando i gas lacrimogeni che gli erano stati lanciati

contro di loro, avevano grosse difficoltà respiratorie. Molti ritornarono a nuoto in

Marocco di propria volontà, altri invece venivano spinti dalla Guardia Civil (che in

parte si trovava su un’imbarcazione) verso il Marocco, nonostante il fatto che

chiedessero aiuto (Maleno Garzón, Sánchez Sánchez et al. 2014: 14 - 15).

La rabbia di fronte ai cadaveri dei compagni morti sulla spiaggia, l’impunità

degli agenti che esercitavano la forza senza che nessuno li fermasse e vedere il secondo

gruppo di persone rimandate in Marocco, fece sì che gli immigrati tirassero pietre

contro la torre di controllo in cui si trovavano alcuni degli agenti.

“Cuando vimos los cuerpos en el suelo hemos rezado y cantado el

himno nacional y después hemos cogido piedras y hemos lanzado piedras al

‘mirador’. Estábamos nerviosos. Los guardias continuaban tirando incluso

después de tener los cuerpos allí y al lado marroquí” (Maleno Garzón,

Sánchez Sánchez et al. 2014: 15).

“Pensabamos que los españoles nos salvarían y cuando vimos los

cuerpos en el suelo del otro lado, nos hemos enfadado, dijimos que no era

normal” (Maleno Garzón, Sánchez Sánchez et al. 2014: 15).

Secondo quanto dichiarato dalla APDHA, la Guardia Civil spagnola non offrì in

nessun momento alcun tipo di aiuto alle persone, né in mare né una volta arrivati sulla

terra ferma, anzi impiegarono incessantemente armi e gas contro di essi. Le sole ventitré

persone che riuscirono ad arrivare sulla costa furono immediatamente espulse dal

territorio spagnolo e rispedite in Marocco, violando la legislazione spagnola e

internazionale (Lara 2014: 42). Non vennero chiamate neanche la Guardia Costiera e la

Croce Rossa e inoltre non venne preso in considerazione il protocollo di salvataggio

marittimo, nonostante il fatto che ci fossero delle persone in mare in acque spagnole

(Lara 2014: 42).

Tutti questi elementi hanno portato molte organizzazioni a iniziare azioni legali,

come ad esempio la red Migreurop e la APDHA (Lara 2014: 40 – 41).

57

Il quotidiano digitale eldiario.es espose, nel suo articolo “Mentiras oficiales: las

1001 versiones sobre la tragedia de Ceuta” pubblicato il 7 febbraio 2014, le molteplici

versioni officiali che gli agenti della Guardia Civil e i responsabili politici fornirono per

giustificare le proprie azioni. Le bugie iniziarono da parte della Delegazione del

Governo di Ceuta e dal Direttore Generale della Guardia Civil, i quali mentirono

sull’utilizzo di armi anti sommossa. In un secondo momento questi ultimi ritrattarono

affermando però che erano stati utilizzati soltanto contro le barriere e mai in acqua.

Successivamente le autorità incolparono gli immigrati della violenza esercitata contro

gli agenti, per poi offrire video manipolati sui fatti accaduti. Finalmente il Ministro

degli Interni ammise l’utilizzo di armi anti sommossa in acqua ma negò di aver espulso

gli immigrati fuori dal territorio spagnolo. Anche in questo caso, in un secondo

momento, fu ritrattato ciò che era stato inizialmente detto sostenendo che le persone

furono invece rimpatriate legalmente (Sánchez, Mentiras oficiales: las 1001 versiones

sobre la tragedia de Ceuta, eldiario.es, 07/02/2014).

Tuttavia, né las Cortes Generales né il Governo sono riusciti a definire

chiaramente i fatti, né a individuare chi diede l’ordine di sparare sugli immigrati che

cercavano di raggiungere la riva e neanche chi decise di omettere l’obbligo di prestare

soccorso. Il risultato quindi fu la mancata determinazione delle responsabilità (Lara

2014: 43).

3. Ceuta e Melilla oggi

Ceuta e Melilla sono tutt’oggi mete di arrivo di moltissimi immigrati che

attraversano il continente africano per cercare una vita migliore in Europa. Nonostante

ciò, essi vedono ancora queste due città autonome come luoghi in cui sosteranno

momentaneamente in attesa di poter entrare nella penisola spagnola o in qualsiasi altro

paese europeo. Questo fenomeno prende il nome di migrazione di transito, secondo cui

Ceuta e Melilla rappresentano pertanto esclusivamente un territorio di passaggio verso

la destinazione tanto sognata (Bondanini 2014: 195).

3.1. Chi sono gli immigrati che arrivano a Ceuta e Melilla?

Come si è già accennato, gli immigrati che si trovano e cercano quotidianamente

di raggiungere Ceuta e Melilla sono principalmente persone provenienti dall’Africa

58

subsahariana, in particolar modo nigeriani, ghanesi e maliani. Oltre ad essi, attualmente

Melilla ospita anche gruppi di siriani scappati dalla guerra civile che devastando dal

2011 il loro paese.

A Ceuta e Melilla si trovano anche immigrati magrebini anche se questi

preferiscono recarsi direttamente alla Penisola piuttosto che fare una sosta nelle due

città autonome.

Secondo Gómez Fayrén e Bel Adell, i subsahariani che arrivano a Ceuta e

Melilla si dividono principalmente in due gruppi: i francofoni e gli anglofoni. I

francofoni sono generalmente persone umili e semplici, buoni lavoratori, abituati al

lavoro nei campi e al piccolo commercio. Sono persone socievoli, rispettose e con un

carattere aperto; passano la maggior parte del tempo lavorando, tuttavia sviluppano uno

spiccato interesse nell’imparare la lingua e i costumi del paese che li ospita per potersi

integrare al meglio.

Gli anglofoni, invece, sono cittadini che provengono principalmente da paesi in

cui vi è la guerra e per questo si mostrano tristi, spenti e sofferenti. Sono persone che

hanno dovuto sopportare le dittature militari che devastano le città distruggendo scuole,

ospedali e privano la popolazione dei servizi di base. In genere provengono da famiglie

benestanti e per questo si muovono preferibilmente in aereo e arrivano con denaro,

telefoni cellulari e vestiti di marca. Il loro carattere è diverso da quello della

popolazione francofona. Essi presentano un atteggiamento di superiorità e un carattere

ribelle (Gómez Fayrén e Bel Adell 2008: 4 – 5).

Ovviamente queste sono generalizzazioni che non si adattano perfettamente alla

singola persona.

Per quanto riguarda il genere dei migranti possiamo dire che la sex ratio risulta

assolutamente sproporzionata, poiché il 90,12% dei migranti sono uomini e il restante

9,88% sono donne. Tuttavia, si può osservare negli ultimi sette anni un progressivo

aumento di donne migranti come risultato di una maggior presa di coscienza delle

donne verso sé stesse (Gómez Fayrén e Bel Adell 2008: 9).

Solo poche persone raggiungono la Spagna come rifugiati politici, poiché

generalmente la protezione dei rifugiati può avvenire anche all’interno del continente

africano. Infatti, alcuni subsahariani preferiscono rifiutare la protezione come rifugiati

59

politici per richiedere lo statuto d’immigrato economico in modo da raggiungere la

Penisola.

A differenza degli africani del nord, che generalmente lasciano il continente per

cercare di migliorare le condizioni di vita della famiglia d’origine, realizzando spesso

un trasferimento familiare, i subsahariani sono quasi sempre espressione di un progetto

migratorio individuale appoggiato, a volte, dalla propria famiglia o da amici senza che

questi chiedano nlla in campo.

Come già evidenziato, i motivi che spingono i subsahariani a partire sono

perlopiù dovuti alla situazione politica difficile dei paesi di provenienza, a causa delle

guerre, della mancanza di promozione personale o di mobilità sociale, a causa di

persecuzioni religiose e mancanza di prospettive future.

Il 50% di questa compagine di migranti considera la situazione economica della

propria famiglia disastrosa, mentre l’altra metà sostiene il contrario.

Le aspettative dei migranti sono spesso molto elevate e si scontrano molto

facilmente con una realtà che si presenta più ostile di quello che essi avevano

immaginato; tuttavia, il loro desiderio è quello di arrivare in Europa per ottenere un

buon lavoro e metter su famiglia.

Secondo Gómez Fayrén e Bel Adell, è difficile stabilire quanti subsahariani

siano arrivati in Spagna fino ad ora, ciò che invece possono affermare con certezza è

che il flusso migratorio non si fermerà ma continuerà ad aumentare anno dopo anno,

oltre a farsi più complesso a causa dell’incremento migratorio di donne e bambini

(Gómez Fayrén e Bel Adell 2008: 4 – 12).

3.2. Non solo uomini: le donne migranti

Da meno di dieci anni il fenomeno migratorio ha iniziato a interessare non solo

gli uomini ma anche le donne, e questo è dovuto in parte al superamento, in alcuni paesi

africani, dell’immagine di donna-oggetto atta solo alla procreazione e alla cura della

casa.

Secondo il rapporto “Informe Derechos Humanos en la Frontera Sur 2014”

dell’associazione APDHA, le donne che transitano nelle città di Ceuta e Melilla

soffrono tuttavia di una tripla discriminazione: la prima, per il semplice fatto di essere

donne; la seconda, per essere straniere; e la terza, per la situazione d’insicurezza

60

personale in cui esse si vengono a trovare, ossia in un ambiente in cui è facile avere a

che fare con l’illegalità (Lara 2014: 35).

Lo stesso rapporto descrive così le migranti subsahariane: “Se trata de un

colectivo specialmente vulnerable expuesto a abusos y situaciones de discriminación

(incluso malos tratos y explotación) ocultas en la mayoría de las ocasiones” (Lara 2014:

35).

Le donne molto spesso hanno scarse conoscenze dei metodi contraccettivi e

delle malattie sessualmente trasmissibili, e ciò porta ad un’alta percentuale di donne che

rimangono incinte durante il viaggio o sul suolo europeo a causa della pratica della

prostituzione (Gómez Fayrén e Bel Adell 2008: 9).

Gómez Fayrén e Bel Adell concordano nell’affermare che anche in questo caso

esistono importanti differenze fra le donne provenienti dai paesi francofoni e anglofoni.

Le prime, che sono la minoranza, sono generalmente più colte e hanno alle spalle studi e

carriere lavorative. Viaggiano sole o vengono aiutate da un uomo che viene ritrovato

lungo il tragitto. Le donne anglofone invece sono solitamente analfabete e senza una

posizione lavorativa affermata. Generalmente queste donne arrivano in Spagna

attraverso l’inganno, ossia pagando intermediari che le finanziano il viaggio con la

promessa di un lavoro stabile o corsi di studio nella Penisola, alla fine però si ritrovano

implicate nel giro della prostituzione senza la possibilità di uscirne (Gómez Fayrén e

Bel Adell 2008: 7).

Come dichiara il giornalista Toni Martínez nel suo articolo “Las mujeres que

transitan por Ceuta y Melilla sufren una triple discriminación” nel giornale digitale

LaMarea, lo stato civile delle donne migranti è principalmente “sposata” con una

minoranza di nubili. Tuttavia, negli ultimi anni stiamo assistendo a un aumento del

numero di donne migranti non coniugate rispetto a quelle che hanno già costruito un

loro nucleo familiare. Le donne migranti, in questo caso, spesso fuggono da mancanza

di opportunità lavorative, dalle poche aspettative di sviluppo personale, dai bassi salari

o dall’assenza di servizi socio sanitari di base.

Il lavoro svolto dalle donne subsahariane a Ceuta e Melilla è principalmente

quello domestico, caratterizzato da orari di lavoro massacranti. Lo stipendio solitamente

è piuttosto basso, oscillante tra i 150 e i 300 euro al mese. È un tipo di lavoro che non

obbliga il datore ad assicurare il proprio dipendente quindi spesso le donne si trovano

61

senza assicurazione sanitaria (Martínez, “Las mujeres que transitan por Ceuta y Melilla

sufren una triple discriminación”, LaMarea, 22/04/2014).

3.3. Non solo adulti: i minori migranti

Il migrante che arriva a Ceuta e Melilla non è soltanto un adulto ma anche un

minore. Risulta infatti preoccupante la crescita del flusso di minori che abbandonano il

continente africano per entrare in Europa. È molto frequente, infatti, che i giovani

africani scappino dalle loro famiglie per intraprendere da soli il viaggio.

I bambini che si trovano nelle due città autonome non provengono unicamente

dall’Africa subsahariana, ci sono anche molti bambini marocchini o bambini che

provengono da paesi in guerra, come la già menzionata Siria.

L’APDHA sostiene che per anni a Ceuta e Melilla sono stati violati numerosi

diritti, praticando espulsioni irregolari non soltanto di adulti ma anche di bambini, come

lo scandalo, riportato dall’associazione stessa, avvenuto nel novembre del 1998 quando

tre poliziotti marocchini denunciano coraggiosamente l’espulsione irregolare e il

maltrattamento di minori marocchini da parte delle forze armate nella città di Ceuta.

L’espulsione seguiva uno schema ben preciso: si facevano salire i minori sui furgoncini

della polizia con il pretesto di praticare loro il vaccino contro la filaria per poi, invece,

trasportarli oltre la frontiera spagnola.

I bambini passavano ore intere dentro i furgoncini, i quali versavano in

condizioni di pessima salubrità perché venivano utilizzati per il trasporto di pesce o

verdura destinati al CETI. In risposta ai fatti accaduti, la Delegazione del Governo e la

Città Autonoma, invece di compiere le indagini sul caso, diedero vita a campagne di

protezione nei confronti dei poliziotti, descritti come uomini onesti, e campagne di

diffamazione contro le ONG accusandole di divulgare informazioni false e denigranti

(Lara 2014: 20).

Nel corso degli ultimi anni sono stati denunciati le condizioni disumane in cui

vivono i bambini, non soltanto per strada ma anche nei centri sociali, e il trattamento

discriminatorio che alcuni di essi ricevono. I giornalisti Ana Carbajosa e Diego Estrada

descrivono, nel loro articolo “Cientos de niños malviven en centros de inmigrantes en

España”, il CETI di Melilla:

62

“En Melilla, basta poner un pie a las puertas del CETI para darse

cuenta de que este no es un lugar adecuado para los menores. La

abrumadora presencia de niños resulta tan evidente, que a ratos, las puertas

del centro parecen la salida de un colegio. A través de las verjas se percibe

la falta de espacio. A casi cualquier ora, decenas de niños corretean con la

cara tiznada entre los subsaharianos renqueantes y heridos tras alguno de los

saltos de la valla y sorteando en ocasión a los antidisturbios que acuden a

poner orden cuando el ambiente se calienta” (Ana Carbajosa e Diego

Estrada, “Cientos de niños malviven en centros de inmigrantes en España,

El País, 05/06/2014).

Attualmente i CETI di entrambe le città si ritrovano affollati e accolgono molte

più persone rispetto al numero originariamente pensato. Il risultato è che si hanno

strutture sporche e insalubri, dove i bambini si ammalano spesso e l’assistenza sanitaria

è insufficiente rispetto al numero di bisognosi. I criteri di trasferimento degli immigrati

alla Penisola danno, teoricamente, priorità alle famiglie con bambini; tuttavia, la

numerosa quantità di rifugiati siriani, che a partire da ottobre 2013 sono arrivati a Ceuta

e Melilla, hanno congestionato le pratiche di trasferimento (Ana Carbajosa e Diego

Estrada, Cientos de niños malviven en centros de inmigrantes en España, El País,

05/06/2014).

L’antropologa Jiménez Álvarez afferma che maggior parte dei bambini migranti

proviene da famiglie disastrate e molto povere oppure si tratta di bambini orfani che

vivono per un certo periodo della loro vita in orfanotrofi per poi essere lasciati in tenera

età per andare a cercare fortuna altrove. Molto spesso i bambini sono analfabeti o hanno

una bassa scolarizzazione. Una volta arrivati a Ceuta o Melilla mendicano per strada o

svolgono qualche piccolo lavoro per cercare di ottenere i soldi per arrivare nella

Penisola. La loro età media oscilla fra i tredici e i sedici anni, però ci sono anche

bambini che hanno solo otto anni (Jiménez Álvarez 2004: 423).

63

3.4. Come vengono raggiunte Ceuta e Melilla dai migranti?

I migranti che dal continente africano giungono a Ceuta e Melilla percorrono, a

seconda del luogo di partenza o dei mezzi di trasporto a loro disposizione, dei tragitti

differenti.

I magrebini percorrono un tragitto più breve, avvantaggiati dalla prossimità di

paesi quali Algeria, Libia e Marocco, mentre i subsahariani sono obbligati a percorrere

un tragitto più lungo e sicuramente più pericoloso.

I magrebini, tendenzialmente più ricchi dei subsahariani, raggiungono il

Marocco per vie aeree o comunque spostandosi in automobile. Due degli snodi

principali sono la città di Tripoli o la città di Gadames in Libia.

Le agenzie International Centre for Migration Policy Development (ICMPD),

European Police Office (Europol) e Frontières extérieures (Frontex) hanno identificato

nel 2007 le tre rotte principali dell’immigrazione clandestina africana nel loro dossier

“Document de Travail des Partenaires Arabes at Européens pour la Gestion Conjointe

des Flux Migratoires Mixtes”: la prima via aveva come punto di partenza la regione del

Corno d’Africa, la seconda e la terza portavano i migranti in Marocco partendo dai

paesi dell’Africa Occidentale, come il Camerun e la Nigeria, ma percorrendo due

itinerari leggermente differenti.

Gli snodi principali di queste rotte erano la città di Agadez in Niger e la città di

Tamanrasset in Algeria, anche se è ben noto il fatto che i migranti utilizzavano come

appoggio anche le città di Gao in Mali e di Kufra in Libia. Una volta raggiunto il

confine marocchino o libico, la strada per le città di Ceuta e Melilla rimaneva lunga e

difficoltosa (Simon, Jensen e Leese 2007: 19 – 21).

Dal 2007 ad oggi sono passati diversi anni, il quadro internazionale è cambiato a

causa delle numerose crisi scoppiate in Medio Oriente e nell’Africa sub sahariana e

sicuramente si sono prodotti alcuni cambiamenti poiché le associazioni criminali, ma

anche i migranti stessi, tendono a modificare continuamente e repentinamente i vari

tragitti in modo da non venire ostacolati dalle forze dell’ordine. Per questo motivo è

difficile stabilire quali sono attualmente le rotte principalmente utilizzate.

Il mezzo di trasporto principalmente utilizzato per arrivare a Ceuta e Melilla è

l’automobile, con una percentuale del 48,6%, seguono poi il treno, le imbarcazioni e

64

altri mezzi non specificati. I più poveri, invece, sono costretti a fare l’intero viaggio a

piedi, impiegando anche più di un anno (Gómez Fayrén e Bel Adell 2008: 7).

Come spiegano Gómez Fayrén e Bel Adell, il viaggio che porta i migranti verso

il confine del Marocco prevede numerose tappe che possono essere grandi città,

aeroporti, villaggi nel deserto, oasi o campi di rifugiati: la suddivisione in tappe di

questo viaggio è la naturale conseguenza del fatto che i contrabbandieri si servono di

queste frequenti soste per convincere altre persone a tentare l’impresa (Gómez Fayrén e

Bel Adell 2008: 3).

Il viaggio che ogni migrante si appresta ad affrontare è lungo, pericoloso e

pieno d’imprevisti: i migranti che partono dai paesi dell’Africa Occidentale (Costa

d’Avorio, Mali, Mauritania, Nigeria, Niger, Senegal, ecc.), dopo che nella maggior

parte dei casi hanno versato nelle tasche dei contrabbandieri ingenti quantità di denaro,

impiegano minimo tre mesi per percorrere tutti i chilometri che li separano dai confini

marocchini e libici e lo fanno utilizzando dei mezzi di trasporto improvvisati e adattati,

quali piccoli camion o piccoli autobus. Spesso gli immigrati vengono nascosti in doppi

fondi realizzati appositamente nelle automobili per passare le frontiere senza che gli

agenti di polizia si rendano conto della presenza di immigrati clandestini (Gómez

Fayrén e Bel Adell 2008: 3 - 7).

Lungo il tragitto, i migranti si vedranno più volte sfruttati dalla gente del posto

che approfitta del loro stato di bisogno, impiegandoli in lavori il più delle volte

sottopagati o al costo di un biglietto dell’autobus.

Il motivo per cui molti migranti si affidano ai contrabbandieri è che con il

passare degli anni i sistemi di vigilanza e i mezzi di sicurezza istallati lungo le frontiere

di Ceuta e Melilla sono diventati sempre più complessi, così i migranti per poter

attraversare i confini si affidano ai contrabbandieri. Questi ultimi agiscono tuttavia nella

piena illegalità e sono tra i principali obiettivi della polizia spagnola (Gómez Fayrén e

Bel Adell 2008: 3 - 7).

Se ci si affida ai contrabbandieri il costo del viaggio è piuttosto alto, oscillando

fra i 1800 e i 2000 euro e portando gli immigrati ad indebitarsi con le organizzazioni

mafiose.

Tuttavia, non tutti gli immigrati si affidano ai contrabbandieri, infatti coloro che

cercano di scavalcare le barriere di separazione sono solitamente persone che tentano di

65

arrivare in Europa in maniera del tutto autonoma. In questo caso spesso si parla di scelte

obbligate perché i clandestini non hanno abbastanza denaro per pagare le

organizzazione mafiose (Fernández, “Los migrantes cada vez cruzan más a España por

sus propios medios en vez de pagar a mafias”, 20 Minutos, 05/05/2014).

Una volta arrivati in Marocco, tappa obbligatoria per entrare in una delle due

città spagnole, molti subsahariani si ritrovano bloccati senza poter proseguire il viaggio

o ritornare in patria. Il risultato è che per circa sei mesi gli immigrati devono sostare

obbligatoriamente nello stato marocchino aspettando il momento propizio per tentare il

superamento delle barriere di separazione o trovare un metodo alternativo, sempre

illegale, per entrare a Ceuta o Melilla.

Fra le due città autonome, Melilla è soggetta a un maggior pericolo di assalto

rispetto a Ceuta, e questo a causa del fatto che la barriera di separazione di Melilla è più

facilmente scavalcabile, mentre quella di Ceuta è più difficilmente attraversabile a causa

della sua particolare posizione geografica e conformazione del terreno che crea ostacoli

ai migranti.

A causa del fatto che dal 2006 è diventato molto più difficile entrare a Melilla e

Ceuta, Zamorano Galán nel suo lavoro “El salto de la valla: 25/04/2013 Melilla.

Anotaciones y reflexiones” spiega che i migranti hanno incominciato ad utilizzare nuovi

itinerari: alcuni, ad esempio, si dirigono verso le isole Canarie servendosi di barconi da

pesca comunemente utilizzati dai pescatori locali, altri cercano di raggiungere l’isola di

Lampedusa che si trova a pochi chilometri dalle coste tunisine, altri ancora traggono

vantaggio dal disordine politico che si è venuto a creare a seguito della caduta del

regime di Gheddafi e salpano dalle spiagge libiche. Inoltre, si sono sviluppate anche

nuove mete migratorie negli isolotti di sovranità spagnola che si trovano nel mar

Mediterraneo, come l’isola di Alborán, l’isolotto di Perejil, le isole Chafarinas, Peñón

Vélez de la Gomera e Peñón de Alhucemas (Zamorano Galán 2013: 31 – 36). I tragitti

studiati da Zamorano Galán risalgono al 2013, tuttavia non abbiamo fonti attuali che

dimostrino se negli ultimi due anni si sono verificati dei cambiamenti.

66

3.5. I CETI e i servizi da loro offerti a Ceuta e Melilla

Il CETI di Ceuta è ubicato in una zona periferica, non lontano dall’ex campo di

Calamocarro. Si eleva sul terreno di una collina e si estende su una superficie irregolare

di 12815 m2. La sua capacità di accoglienza è di 512 persone. (Deu del Olmo 2014: 8).

Il CETI di Melilla si trova anch’esso nella periferia della città, in una zona

marginale studiata appositamente in modo tale che tutto sia visibile, senza aree nascoste

tra la frontiera, il CETI e la valla, rappresentando quindi uno spazio facile da controllare

a livello visivo. La sua superficie è di circa 17000 m2 e la sua capacità di accoglienza è

di 480 persone.

Al loro interno i CETI hanno una via centrale che li attraversa per intero e una

serie di padiglioni. Ogni padiglione presenta diverse stanze e bagni e ogni stanza è

composta da otto letti. Le stanze degli uomini sono separate da quelle delle donne e si

trovano in padiglioni diversi, mentre i bambini generalmente dormono con le madri.

All’interno dei CETI ci sono anche spazi ludici, come ad esempio un campo da

calcio, un campo da pallacanestro e uno da cricket. E per finire un’area riservata allo

studio (Bondanini 2014:194).

Come enunciato nel sito web del Ministerio de Empleo y Seguridad Social

www.empleo.bob.es, i CETI continuano tutt’oggi ad offrire una serie di servizi agli

immigrati accolti, quali:

- servizi di alloggio e ristorazione;

- servizi di tipo sociale, come ad esempio supervisione ed esecuzione delle

attività e programmi diari del Centro, partecipazione degli utenti alle attività formative e

culturali e controllo di entrata e uscita secondo il protocollo;

- interventi di sostegno psicologico, che hanno lo scopo di ridurre l’impatto

emotivo del fenomeno migratorio e di vigilare la salute mentale dei residenti;

- servizi di tipo sanitario;

- servizio di consulenza legale;

- servizi di formazione e gestione delle attività di ozio e tempo libero, come ad

esempio, lezioni di spagnolo, formazione inerente alla prevenzione delle malattie

67

sessualmente trasmissibili, lezioni d’informatica, attività ludiche e sportive e l’accesso

alla biblioteca del Centro59.

Secondo Bondanini, i CETI possono benissimo essere identificati come dei non-

luoghi, ossia spazi che non si possono definire né identitari, né relazionari e neanche

storici. Bondanini aggiunge che questi spazi non creano identità individuale e

relazionale, alimentando invece solitudine e omogeneità. Il rischio è quello di

omologare le persone sotto lo stigma del soggetto irregolare e quindi potenzialmente

pericoloso, non riconoscendo la sua singola storia e personalità (Bondanini 2014: 195).

3.6. E una volta superata la valla?

E’ stato calcolato che durante il 2014 circa 35000 subsahariani sono riusciti a

superare la valla di Melilla, e che, la maggior parte di essi, si trovano ora nel territorio

peninsulare. Solo per il fatto di essere riusciti a oltrepassare la tanto temuta barriera di

separazione, ciò anima molti altri subsahariani a tentare il lungo viaggio.

Il Ministro degli Interni, Jorge Fernández Díaz, ha dichiarato che sono 80000 le

persone in attesa di lasciare lo stato marocchino per entrare nella città autonoma di

Melilla (Paradinas, ‘El ministro de Interior ya no sabe cómo meter miedo: “Hay 80.000

inmigrantes esperando saltar la frontera”’, El Plural, 04/03/2014).

Benché le barriere di separazione rappresentino dei mezzi realizzati per

contenere l’immigrazione clandestina, il numero di immigrati che riesce effettivamente

ad entrare nelle Città Autonome è molto alto.

Ma dove vanno tutti coloro che riescono a scavalcare la barriera e a superare la

frontiera? Il giornalista Villaécija spiega nel suo articolo “La vida después de la valla”

pubblicato su elmundo.es il 19 gennaio 2015 che, salvo i rari casi in cui si verificano le

espulsioni illegali realizzate dalle forze dell’ordine marocchine o spagnole, la maggior

parte di essi vengono trasferiti nella Penisola. In primo luogo però, gli immigrati

passano qualche mese nei CETI presenti nelle città di Ceuta e Melilla. I più fortunati

rimangono nelle due città autonome solo per tre mesi, altri invece rimangono fino a due

anni. All’interno dei CETI, gli immigrati cercano di risolvere la questione della

59 Guía Laboral - Actuaciones dirigidas a inmigrantes, solicitantes y beneficiarios de protección

internacional, apatridia y protección temporal. Centros de Estancia Temporal de Inmigrantes (CETI),

tratto da: www.empleo.gob.es

http://www.empleo.gob.es/es/Guia/texto/guia_15/contenidos/guia_15_37_3.htm (Consultato in data

20/01/2015).

68

clandestinità chiedendo, nella maggior parte dei casi, il diritto di asilo per ottenere i

documenti e poter restare legalmente in Europa (Raquel Villaécija, “La vida después de

la valla”, El Mundo, 19/01/2015).

Per quanto riguarda il diritto di asilo, la Dichiarazione Universale dei Diritti

Umani, firmata il 10 aprile del 1948, dichiara, nell’art. 14, che:

“Everyone has the right to seek and to enjoy in other countries asylum from

persecution.”60

Inoltre, la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’Asilo Territoriale adottata, con

Risoluzione 2312, il 14 dicembre del 1967 nell’art. 1, paragrafo 1 dichiara che:

“Asylum granted by a State, in the exercise of its sovereignty, to persons entitled to

invoke article 14 of the Universal Declaration of Human Rights, including persons

struggling against colonialism, shall be respected by all other States” (Dichiarazione

delle Nazioni Unite sull’asilo territoriale – Risoluzione 2312, 14/12/1967: s.p.).

Tuttavia, non tutte le richieste d’asilo vengono però accettate. La stessa

Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’Asilo Territoriale, nell’art. 1, paragrafo 2,

afferma che:

“The right to seek and to enjoy asylum may not be invoked by any

person with respect to whom there are serious reasons for considering that

he has committed a crime against peace, a war crime or a crime against

humanity, as defined in the international instruments drawn up to make

provision in respect of such crimes” (Dichiarazione delle Nazioni Unite

sull’asilo territoriale – Risoluzione 2312, 14/12/1967: s.p.).

Inoltre il questore ha la facoltà di trattenere il richiedente asilo quando questo

viene fermato alla frontiera in assenza di un documento di identità valido o di

documenti di viaggio. È un caso che si verifica quasi sempre, dal momento che colui

che scappa da un paese perché perseguitato, difficilmente avrà con sé la

documentazione che dimostri la propria identità oppure perché i contrabbandieri

60 The Universal Declaration of Human Rights, United Nations, 10/04/1948.

http://www.un.org/en/documents/udhr/ (Consultato in data 17/03/2015).

69

incitano gli immigrati a stracciare i loro documenti in modo da non essere riconosciuti e

quindi rispediti nel paese di origine (Bermejo e Ngalikpima 2010: 3).

Difatti, secondo quanto affermato dal giornalista Burgo Muñoz nel suo articolo

“España niega el asilo al 90% de las personas que lo solicitan” il 9 dicembre del 2013,

soltanto il 10% delle persone che fanno richiesta di asilo politico in Spagna riescono ad

ottenere lo Statuto di Rifugiato. Secondo Patricia Barcena, direttrice di CEAR Euskadi,

questa bassa percentuale non è dovuta al fatto che ci siano meno richiedenti asilo, ma

perché “España y Europa incumplen sistemáticamente la normativa europea” (Burgo

Muñz, “España niega el asilo al 90% de las personas que lo solicitan”, eldiario.es,

09/12/2013).

Ciò comporta che non tutti gli immigrati riescono ad ottenere i documenti per

poter rimanere legalmente sul suolo europeo. Infatti, una volta che un immigrato

s’introduce illegalmente all’interno delle città di Ceuta e Melilla, sia che lo faccia

saltando le barriere di separazione sia attraverso qualche altro stratagemma, questi si

trasforma in un immigrato irregolare. La polizia poi andrà a identificare l’immigrato e lo

condurrà all’interno dei CETI, dove potrà alloggiare. Nel frattempo il Governo inizia

contro di lui un processo che definiremo di espulsione, regolato dalla Legge Organica

4/2000 sui Diritti e sulle Libertà degli Stranieri in Spagna e sull’Integrazione sociale.

Mentre il Governo porta avanti tutti i passaggi burocratici del caso, gli immigrati

possono liberamente circolare all’interno delle città di Ceuta e Melilla, ma soltanto in

esse perché la loro condizione d’irregolarità non gli permette loro di ottenere un

biglietto aereo o navale valido per l’Europa continentale. Tuttavia, in entrambe le città,

gli immigrati sono uomini liberi e anche la loro permanenza nei CETI è totalmente

volontaria (Portillo Rodrigo 2014: s.p.).

Se il Governo, alla fine del processo di espulsione, chiede al potere giudiziario

che autorizzi l’internamento dell’immigrato in un Centro de Internamiento de

Extranjeros (CIE) e il giudice lo autorizza, allora il migrante verrà trasferito alla

Penisola. In caso contrario gli verrà inflitta una multa. Un CIE è uno stabilimento dove

gli immigrati sono privati della loro libertà; a differenza dei CETI di Ceuta e Melilla,

nei CIE gli immigrati non possono entrare e uscire liberamente. Ogni settimana, quindi,

circa una cinquantina di immigrati vengono trasferiti nella Penisola per essere introdotti

all’interno dei CIE. Infatti, nelle due città autonome non esistono queste strutture,

70

benché siano due realtà in cui ogni giorno entrano, o tentano di entrare, illegalmente

moltissimi immigrati clandestini.

Tutti i CIE si trovano nella Penisola, in particolar modo a Madrid, Barcellona,

Murcia, Malaga, Algeciras e Valencia. Il motivo per cui gli immigrati vengono internati

all’interno di queste strutture è dato dal fatto che il Governo non può controllare gli

spostamenti dei singoli immigrati, poiché questi, sapendo di essere implicati in un

processo di espulsione, potrebbero allontanarsi da Ceuta e Melilla. Per tale motivo viene

autorizzato che queste persone vengano localizzate in una struttura chiusa fino a quando

il tribunale emette la sentenza (Portillo Rodrigo 2014: s.p.).

Il governo Zapatero stabilì la durata massima di sessanta giorni d’internamento

degli immigrati nei CIE. Nel caso in cui la sentenza non venga emessa dal giudice entro

i sessanta giorni previsti, il migrante che era stato condotto in giudizio non potrebbe

essere più internato nel CIE perché il suo caso sarebbe già stato preso in considerazione

precedentemente. In questo caso, gli immigrati si ritroverebbero liberi dovendo, però,

contattare un avvocato per presentare ricorso contro l’ordine di espulsione (AA.VV.

2011: 16).

Uno dei problemi principali che si riscontrano in queste situazioni è che spesso

l’immigrato mente sulle proprie origini o semplicemente nasconde la propria

nazionalità, obbligando così il Governo a chiedere informazioni ai governi africani

affinché essi lo riconoscano e acconsentano al suo rimpatrio.

Quando arriva il decreto di espulsione, si intima l’immigrato ad abbandonare il

territorio nazionale in un arco di tempo che va dai sette ai trenta giorni. Nel caso in cui

l’immigrato non parta entro i termini, le autorità competenti procederanno con la sua

detenzione per poi procedere, nell’arco di settantadue ore, alla sua espulsione. Inoltre,

nell’eventualità che l’espulsione non fosse possibile nell’intervallo prestabilito, si

chiederà alle autorità giudiziarie l’ingresso dell’immigrato all’interno dei CIE. Laddove,

però, l’immigrato sia stato internato precedentemente all’interno di tale strutture, questo

non potrà essere nuovamente detenuto61.

Nel caso in cui l’immigrato decida di rimanere in Spagna nonostante la sentenza

di espulsione, deve sapere che la sua posizione verrà considerata irregolare e che

61 Ejecución de la resolución de expulsión. Tratto da: www.interior.gob.es

http://www.interior.gob.es/web/servicios-al-ciudadano/extranjeria/regimen-general/expulsion (Consultato

in data 24/02/2015).

71

comunque gli verrà proibito di entrare in qualsiasi altro paese europeo per un periodo di

tempo che va da tre a cinque anni (aumentabile fino a dieci anni in casi eccezionali), il

che renderà difficile regolarizzare la sua situazione in un futuro prossimo (AA.VV.

2011: 11).

3.7. Expulsiones en caliente

Il termine “expulsiones en caliente” si applica principalmente quando le forze

dell’ordine dello stato spagnolo consegnano alle autorità marocchine gli immigrati

irregolari intercettati nei territori di sovranità spagnola senza procedere per le vie legali

normalmente previste (Martínez Escamilla 2014: 19).

Uno dei principi alla base del diritto internazionale è quello che concerne la

protezione della figura del rifugiato. Il rifugiato è definito quale individuo che, per

fondata paura di persecuzione per ragioni essenzialmente politiche, ma anche

economiche, sociali, di razza e religiose, è costretto ad abbandonare lo Stato di cui è

cittadino e dove risiede, per cercare rifugio in uno Stato straniero (Perruchoud 2004:

52).

Il principio di non-refoulement è il caposaldo della protezione internazionale dei

rifugiati, il cui art. 33 della Convenzione del 1951 dispone che:

"No Contracting State shall expel or return ('refouler') a refugee in

any manner whatsoever to the frontiers of territories where his life or

freedom would be threatened on account of his race, religion, nationality,

membership of a particular social group or political opinion."62.

Una persona non diventa un rifugiato perché è stata riconosciuta come tale, ma è

riconosciuta come tale proprio perché è un rifugiato. Ne consegue che il principio di

non-refoulement si applica non solo ai rifugiati riconosciuti, ma anche a coloro il cui

status non è stato formalmente dichiarato. Quindi, gli immigrati africani che lasciano il

proprio paese per cercare di entrare in Europa vengono riconosciuti come rifugiati e per

questo aventi il diritto di abbandonare il proprio paese per recarsi in una nazione in

grado di soddisfare la propria persona in quanto essere umano (AA.VV. 2007: 2 – 3).

62 UNHCR Note on the Principle of Non-Refoulement, novembre 1997.

http://www.refworld.org/docid/438c6d972.html (Consultato in data 24/02/2015).

72

Ciò che non è legale è entrare illegalmente all’interno di uno stato, tuttavia,

questo non implica che le forze dell’ordine dello stato in questione debbano espellere gli

immigrati clandestini senza prima avviare un processo (Martínez Escamilla 2014: 20).

Il Marocco e la Spagna, per aver più volte espulso i migranti che si trovavano

illegalmente nel loro stato e per averli trasferiti in paesi con reale rischio per la loro

incolumità o in condizioni di mettere seriamente in repentaglio la loro vita, come ad

esempio l’episodio avvenuto il 6 ottobre del 2005 quando il Marocco abbandonò 700

immigrati nel deserto del suo stesso stato, hanno più volte violato il principio di non-

refoulement commettendo gravi crimini internazionali.

In tutta questa vicenda le responsabilità ricadono, in realtà, su entrambi i

governi: nonostante ciò, in questi anni si la Spagna che il Marocco hanno cercato di

nascondere i propri errori e si sono limitati ad incolpare la propria controparte.

Alcune delle giustificazioni che il Ministro degli Interni Jorge Fernández Díaz

ha fornito per motivare le espulsioni “en caliente” avvenute nel suo Paese sono state le

seguenti: in primo luogo, le espulsioni venivano considerate dallo stato spagnolo come

una sorta di divieto d’ingresso nei confronti di cittadini stranieri che cercavano di

entrare all’interno del territorio europeo; una seconda argomentazione è stata che è

possibile espellere, senza procedere con processo alcuno, tutte le persone che entrano

clandestinamente nel territorio nazionale; infine, il ministro ha fatto riferimento

all’Accordo ispano-marocchino inerente alla circolazione di persone, al transito e alla

riammissione di stranieri entrati illegalmente, firmato a Madrid il 13 febbraio del 1992

(Martínez Escamilla 2014: 6 – 12). Tale accordo fu redatto con lo scopo di fermare, o

comunque diminuire, il flusso migratorio clandestino all’interno dei due paesi. Il primo

articolo dichiara che:

“Las autoridades fronterizas del Estado requerido readmitirán en su

territorio, a petición formal de las autoridades fronterizas del Estado

requirente, a los nacionales de paises terceros que hubieren entrado

ilegalmente en el territorio de este último procedente del Estado

requerido”63.

63 Aplicación provisional del Acuerdo entre el Reino de España y el Reino de Marruecos relativo a la

circulación de personas, el tránsito y la readmisión de extranjeros entrados ilegalmente, firmado en

Madrid el 13 de febrero de 1992, BOE num. 10, 25/04/1992.

73

Tuttavia, secondo Martínez Escamilla, l’Accordo firmato dai due paesi non

rappresenta un titolo giuridico sufficiente per giustificare le espulsioni illegali prodotte

dalle forze dell’ordine dei rispettivi paesi (Martínez Escamilla 2014: 12).

Zamorano Galán, nel già citato lavoro “El salto de la valla: Melilla Anotaciones

y reflexiones”, afferma che nelle città di Ceuta e Melilla, le espulsioni venivano

realizzate attraverso delle piccole porte che si trovano in alcuni punti delle barriere di

separazione e che sono state progettate esclusivamente per portare a termine lavori di

riparazione e manutenzione delle stesse e non possono essere utilizzate per nessun’altra

ragione. Inoltre, egli aggiunge che le espulsioni a Ceuta e Melilla non sono stati episodi

isolati e singolari, ma che questi avvengono, tutt’ora, alla luce del giorno senza il timore

di ripercussioni penali.

Nonostante questo stato di cose, molte organizzazioni internazionali sono

intervenute denunciando i comportamenti portati avanti dai due stati confinanti, come

ad esempio PRODEIN e APDHA anche se non sono ancora riuscite ad ottenere dei

risultati concreti sul piano penale (Zamorano Galán 2013: 52).

Amnesty International criticò aspramente le dichiarazioni fatte dal Ministro degli

Interni Jorge Fernández Díaz, il quale affermò di voler modificare la Ley de Extranjería

per permettere liberamente le espulsioni senza procedimenti legali per gli immigrati che

arrivano illegalmente nel territorio spagnolo.

“Estas practicas ilegales deben parar inmediatamente. Ninguna persona debe ser

expulsada de una manera directa o indirecta a un lugar donde su vida, su integridad o su

libertad puedan correr peligro” commentò Esteban Beltrán, direttore della Amnesty

International spagnola (Anonimo, “Cambiar la Ley de Extranjería para facilitar

expulsiones “en caliente” viola el Convenio Europeo de Derechos Humanos”, Amnesty

International, 24/02/2014).

3.8. Possibili soluzioni al fenomeno della migrazione clandestina a Ceuta e

Melilla

Come più volte ricordato, ilIl motivo per cui Ceuta e Melilla esercitano una

notevole attrazione agli occhi degli immigrati africani è dettato dal fatto che queste due

http://www.boe.es/buscar/doc.php?id=BOE-A-1992-8976 (Consultato in data 25/02/2015)

74

città costituisconi le uniche frontiere terrestri dell’Unione Europea all’interno dell’intero

continente africano e, per questo motivo, più facilmente raggiungibili.

Secondo la APDHA, durante tutti questi anni, le risposte del Governo spagnolo

alle ondate migratorie provenienti dall’Africa subsahariana sono state principalmente

sempre le stesse: barriere di separazione sempre più alte e più complesse, l’impiego

costante del corpo militare e di polizia per il controllo delle frontiere, milioni di euro

investiti, l’implementazione di nuovi e sofisticati sistemi tecnologici oltre all’impiego

continuo di elicotteri e pattuglie. Tuttavia, pare che tutti gli sforzi impiegati sembrino

vani, poiché l’assalto alle frontiere non si è mai fermato, anzi esso è in continuo

aumento, e i metodi per aggirare i controlli alle frontiere sembrano sempre più ricercati

ed efficienti (Lara 2014: 56).

Inoltre, la stessa associazione ha criticato aspramente l’attuale modo di gestire

l’immigrazione da parte dallo Stato, sostenendo che questa porta con sé gravissime

violazioni dello stesso, oltre a causare enormi sofferenze ai migranti in cerca di una vita

migliore in Europa. I tentativi di attraversare le frontiere delle due città autonome non

cesseranno: nonostante vengano costruite barriere di separazione sempre più alte e

mettano nuove concertine, nonostante venga aumentato il numero delle forze

dell’ordine, i migranti continuano a tentare di entrare nel suolo europeo e altri innocenti

muoiono. Il più delle volte si tratta di persone che non hanno niente da perdere, senza

famiglia e con una situazione economica precaria, ed è proprio questa condizione che

spinge gli immigrati a cercare fortuna in un altro paese, anche se questo significa

mettere in repentaglio la propria vita (Lara 2014: 56 – 57).

Proprio per questi motivi è necessario che, non soltanto la Spagna, ma anche

l’Unione Europa intervenga per mettere in marcia importanti cambiamenti per quanto

riguarda la situazione dei migranti.

L’associazione APDHA ha proposto quattro possibili soluzioni per gestire al

meglio l’immigrazione clandestina: in primo luogo, facilitare e velocizzare la

regolarizzazione di queste persone; in secondo luogo, facilitare e garantire l’arrivo

nell’Unione Europea a coloro che sono in condizione di sollecitare la protezione

internazionale in qualità di richiedenti asilo; in terzo luogo, adottare criteri di

riunificazione familiare per permettere l’entrata nell’Unione Europea a coloro che

hanno familiari risiedenti in essa, concedendo visti di ingresso temporaneo; infine,

75

concedere un numero significativo di visti ai paesi africani da cui vengono la maggior

parte dei migranti (Lara 2014: 57 – 58).

76

III Capitolo

1. Il fenomeno dell’immigrazione nei mass media

Oggigiorno il fenomeno dell'immigrazione risulta essere un tema frequente nei

mezzi di comunicazione di massa di spagnoli. La presenza ricorrente e costante di

servizi riguardanti l’immigrazione fa capire che ci troviamo di fronte a un fenomeno che

preoccupa notevolmente le istituzioni e, di conseguenza, la società. Infatti, negli ultimi

quindici anni, parallelamente a un aumento considerevole nel numero di lavoratori

stranieri che ogni anno raggiunge il territorio spagnolo, i mass media hanno

incominciato a mostrare una realtà prima di allora sconosciuta nella società come, ad

esempio, la diversità di opinioni che suscita il fenomeno migratorio, le norme e le leggi

che si ipotizzano durante i dibattiti politici legati al tema, i casi di cronaca che vedono

implicate persone di origine straniera e le differenze culturali spesso percepite come

problematiche da risolvere (Xambò 2010: 161 - 162).

Prima di analizzare come i giornali digitali spagnoli affrontano il tema

dell'immigrazione, è necessario dare spazio alla teoria dell'Agenda Setting, ossia la

teoria che sta alla base delle notizie riportate dai mass media.

Il giornalista Maxwell McCombs e il professore universitario di giornalismo

Donald Shaw sono i principali studiosi che si sono dedicati alla teoria dell’Agenda

Setting. Nell’articolo “The Agenda-Setting function of mass media” pubblicato

su“Public Opinion Quarterly”, gli stessi dichiararono:

“In choosing and displaying news, editors, newsroom staff, and

broadcasters play an important part in shaping political reality. Readers

learn not only about a given issue, but also how much importance to attach

77

to that issue from the amount of information in a news story and its position.

In reflecting what candidates are saying during a campaign, the mass media

may well determine the important issues—that is, the media may set the

“agenda” of the campaign” (McCombs, M. E. / Shaw D. L., The Agenda-

Setting function of mass media, Vol. 36 No. 2., Estate 1972).

Perciò, secondo la teoria dell’Agenda Setting, i mezzi di comunicazione di

massa influenzano notevolmente il modo di pensare dei lettori o degli ascoltatori,

agendo in maniera del tutto celata, utilizzando diverse tecniche a seconda del tipo di

media in questione: i quotidiani lo fanno attraverso la scelta delle notizie da collocare in

prima pagina, attraverso la lunghezza data ad ogni articolo, la grandezza del titolo, la

scelta delle immagini e le parole utilizzate nel testo; la televisione, invece, lo fa

attraverso la scelta delle persone da intervistare, l’ordine e la durata data ad ogni

servizio e la scelta di determinati video da accompagnare alla voce narrante (McCombs

2003: 1).

Ne deriva, quindi, una percezione deformata e condizionata delle questioni

politiche, economiche e sociali pilotata, in gran parte, dai mezzi di comunicazione di

massa. Dagli studi sviluppati sulla base di questa prospettiva teorica, gli specialisti

hanno avuto modo di osservare che ogniqualvolta viene data maggiore enfasi mediatica

a un determinato tema o questione sociale, maggiore si rileva la preoccupazione

dell’opinione pubblica su quel determinato tema (Igartua Perosanz, Muñiz Muriel et alt.

2007: 93).

Nel 2012, il Centro de Investigaciones Sociológica (CIS) condusse una ricerca

inerente all’immigrazione intitolata “Actitudes hacia la inmigración (VI)” che aveva

l’obbiettivo di indagare a proposito del modo in cui veniva percepito il fenomeno

migratorio dalla popolazione spagnola (AA.VV. 2012: 1).

All’interno dell’indagine figurano alcune domande legate al rapporto dei media

con il fenomeno migratorio. In particolar modo, nella domanda numero 32a è stato

chiesto agli intervistati dove hanno avuto modo di sentire commenti negativi nei

confronti degli immigrati; la seconda risposta, per numero di votanti, è stata “en la

televisión” ottenendo un 33% preceduta soltanto da “en la calle” che ha ottenuto una

percentuale del 64,3% mentre la radio, la stampa e internet hanno ottenuto

78

rispettivamente 6,2%, 6,1% e 4,6%. La domanda 34 chiedeva, invece, che tipo di

immagine emergesse dai mezzi di comunicazione di massa in riferimento agli immigrati

e la risposta con la percentuale più alta è stata “más bien negativa” che ha ottenuto un

36,3%. (AA.VV. 2012: 13).

Il linguista olandese Teun Van Dijk sostiene che le persone vengono influenzate

inconsciamente dai mezzi di comunicazione di massa per quanto riguarda il tema

dell’immigrazione. Infatti, lo studioso afferma che è interessante osservare come le

tematiche legate all’immigrazione non sono quasi mai uguali a quelle che si applicano

al resto della popolazione; inoltre l’autore aggiunge che i media spagnoli trattano il

fenomeno migratorio conferendogli l’immagine di una vera e propria invasione di

massa, associandolo spesso a un problema e non a un vantaggio economico e culturale

per il paese. Basti pensare alle immagini dei barconi pieni d’immigrati provenienti

dall’Africa che sbarcano sulle coste spagnole o alle precisazioni inerenti alle nazionalità

quando i media trattano casi di cronaca nera (Van Dijk cit. in Martínez Lirola 2008: 15).

La scelta di chi intervistare e di chi fare intervenire nei servizi non è per nulla

causale ma, al contrario, fa parte di una logica precisa e segue perciò determinate

dinamiche. Per questo motivo e al fine di far credere che il fenomeno migratorio è un

tema serio e degno di grande rilevanza mediatica, i media utilizzano alcune strategie che

sono tipiche dei mezzi di comunicazione di massa come, ad esempio, il fatto che essi

citino delle fonti autorevoli (le autorità, professori universitari, le forze dell’ordine,

direttori di ONG, ecc.) o che essi menzionino dettagli, cifre e statistiche in grande

quantità. (Martínez Lirola 2008: 16).

2. I giornali digitali

La nascita dei giornali digitali ha rappresentato una vera e propria rivoluzione

nel mondo giornalistico e non solo. Infatti, la possibilità di poter leggere le notizie su

uno strumento portatile (come può essere un telefono cellulare, un computer o un tablet)

ha permesso di potersi informare con maggiore comodità e rapidità. Inoltre, questi

dispositivi comportano anche un considerevole risparmio energetico e cartaceo.

Tuttavia, i giornali in formato cartaceo non sono scomparsi nella società ma

rappresentano una scelta alternativa al formato digitale.

79

Nel 1994 iniziarono a comparire in rete i primi giornali digitali spagnoli.

Tuttavia, il numero di questi quotidiani era ancora limitato perché, come spiega Ramón

Salaverría, a quel tempo la rete internet era poco diffusa nella società e veniva utilizzato

solo da specialisti (Ramón Salaverría cit. in Rost 2006: 100 - 101). Nel 1996 vengono

introdotte le versioni digitali dei più importanti quotidiani digitali spagnoli, ossia El

País, El Mundo e ABC, fino ad arrivare all’anno 2000 quando è possibile consultare ben

78 giornali digitali, ossia più della metà dei giornali cartacei che vengono pubblicati in

Spagna (Rost 2006: 102).

I quotidiani cartacei e quelli digitali non sono uno l’esatta copia dell’altro ma, al

contrario, presentano alcune differenze degne di nota.

L’informatico danese Jakob Nielsen ha studiato le diverse modalità di lettura del

lettore di quotidiani cartacei e digitali affermando che le persone che leggono le notizie

dalle pagine web difficilmente leggono i testi parola per parola. Questo è dato dal fatto

che la lettura su dispositivi elettronici è molto più difficoltosa e richiede uno sforzo

maggiore da parte del lettore, egli si concentrerà piuttosto su alcuni punti del testo come

le parti in neretto o le citazioni. Inoltre i lettori di giornali digitali difficilmente

leggeranno tutte le notizie del giorno presenti sul quotidiano, andando a cogliere invece

le notizie di maggior interesse personale (Jakob Nielsen cit. in Rost 2006: 137 – 138).

Un’altra caratteristica che differenzia il giornale cartaceo da quello digitale è che

quest’ultimo il più delle volte è consultabile gratuitamente, salvo alcune eccezioni per le

quali è necessario sottoscrive un abbonamento per poter leggere le notizie. Inoltre, con i

quotidiani digitali è possibile leggere notizie in tempo reale perché in ogni momento

della giornata vengono pubblicati degli articoli, cosa invece impossibile per i quotidiani

cartacei. Grazie ai quotidiani digitali è possibile anche risalire a notizie di vecchia data

perché sono spesso conservate negli archivi del giornale (Rost 2006: 155 - 158).

L’interattività è un’altra grande qualità dei giornali digitali perché dà la

possibilità al lettore di commentare le notizie e confrontarsi con gli altri lettori

attraverso commenti a fine articolo o forum ma anche di mettersi in contatto con il

giornale attraverso indirizzi e-mail.

Il lettore di quotidiani digitali può, quindi, assumere un ruolo attivo

discostandosi dal lettore di giornali cartacei che non ha mai la possibilità di confrontarsi

con il giornalista (Rost 2006: 151).

80

Infine un’ultima caratteristica, ma forse la più importante, è la multimedialità,

ossia la possibilità di avere una molteplicità di contenuti all’interno di un unico

giornale, come ad esempio testi scritti, fotografie e contenuti audiovisivi (Rost 2006:

152).

2.1. L’uso della fotografia nei giornali digitali

I giornali digitali fanno largo uso di fotografie e di video con lo scopo di

facilitare e velocizzare la comprensione delle notizie.

Le fotografie esistono anche nei giornali cartacei ma, in questi ultimi, è dato

maggior spazio al testo proprio perché il giornale cartaceo deve avere un determinato

numero di pagine e deve lasciare spazio anche ad agli altri contenuti. Mentre, per quanto

riguarda i giornali digitali, alcuni possiedono delle vere e proprie sezioni dedicate alla

fotografia e ai reportage fotografici poiché i quotidiani digitali non hanno gli stessi

limiti che ha un giornale cartaceo; un esempio è la sezione “Fotografía” del quotidiano

digitale El País (Rost 2006: 152).

La fotografia oltre ad essere un mezzo di comunicazione in grado di fornire

informazioni dirette e immediate ai lettori, viene spesso usata per attirare l’attenzione

del lettore e, per questo motivo, negli ultimi anni si è fatto ampio uso di immagini

sempre più grandi e colorate. Tuttavia, la fotografia non è uno strumento di

comunicazione indipendente e infatti, il più delle volte, essa è accompagnata da un testo

o da una semplice frase per completare la comprensione (Yuste Robles, Sandoval

Martín e Franco Álvarez 2006: 1 – 2).

Man mano che la tecnologia ha avuto modo di svilupparsi e avanzare, sono nati

dei software specializzati nell’elaborazione e nel ritocco di immagini digitali come ad

esempio Photoshop, il più famoso programma del momento nell’ambito del fotoritocco.

Nonostante i quotidiani debbano raccontare e mostrare una realtà più veritiera possibile,

è anche vero che i giornalisti fanno spesso uso di programmi come Photoshop per

manipolare le fotografie. Bisogna aggiungere che la manipolazione di fotografie non è

nata con la nascita dell’era digitale. Infatti, in passato, i giornalisti erano soliti ritagliare

le foto per farle rientrare negli spazi limitati dei giornali cartacei. Nella storia dei

reportage giornalistici quello che forse fu uno dei primi casi di seria manipolazione

fotografica fu il caso del giornalista Brian Walski che venne licenziato per aver

81

modificato una fotografia da lui stesso scattata con l’obbiettivo di aumentare la

drammaticità. La fotografia in questione ritraeva una scena del conflitto in Irak

avvenuto nel 2003 (Yuste Robles, Sandoval Martín e Franco Álvarez 2006: 7).

Sebbene oggigiorno il fotoritocco sia tutelato dalle grandi agenzie di stampa,

Yuste Robles, Sandoval Martín e Franco Álvarez ritengono che sia bene ricordare che la

manipolazione fotografica non deve diventare una pratica abituale nei mezzi di

comunicazione (Yuste Robles, Sandoval Martín e Franco Álvarez 2006: 7).

Per quanto riguarda il tema dell’immigrazione, Gaona Pisonero ritiene che le

foto che documentano il fenomeno dell’immigrazione siano ripetitive e mai originali. La

loro carica semantica è incentrata sull’orrore, stereotipando il fenomeno migratorio

come realtà dolorosa e tormentata. Un esempio di “orrore stereotipato” si ha quando i

giornali mostrano le foto di gommoni in mare cricche di migranti provenienti

dall’Africa nera. I migranti non arrivano in Spagna solo per mezzo di gommoni o

imbarcazioni improvvisate così come in realtà non tutta la popolazione migrante vive il

fenomeno dell’immigrazione in maniera negativa. È proprio per questo motivo che

sarebbe opportuno trattare il tema dell’immigrazione in maniera più complessa,

declinando l’argomento secondo le sue diverse sfaccettature (Gaona Pisonero 2004: 2).

2.2. L’uso di contenuti audiovisivi nei giornali digitali

L’introduzione e l’impiego di contenuti audiovisivi hanno rappresentato una

vera e propria rivoluzione nel mondo giornalistico.

L’uso dei video nei giornali digitali ha permesso al lettore di ottimizzare i tempi

e semplificare la comprensione delle notizie. Inoltre, attraverso i video, il pubblico

crede che quello che sta osservando rappresenti la realtà dei fatti perché ha modo di

osservare riprese video e audio. Nonostante ciò, bisogna ricordare che il giornalista, già

nel momento in cui sceglie cosa far vedere, cosa tagliare e in quale momento mostrare i

fatti, rende il tutto artificioso e poco oggettivo.

Il direttore del Observatorio y Grupo de Investigación en Migración y

Comunicación (MIGRACOM), Lorite García, si pose la domanda “¿Puede ser

científica y objetiva la mirada audiovisual de la realidad migratoria?”, che altro non è

che il titolo del suo lavoro pubblicato nel 2006. Studiando contenuti audiovisivi inerenti

al fenomeno migratorio, Lorite García sostiene che per quanto l’osservatore s’impegni

82

nel cercare di scorgere una realtà oggettiva dei fatti, i suo sforzi risulteranno vani poiché

l’osservatore sarà influenzato, benché inconsciamente, dalle proprie conoscenze e dal

proprio background culturale (Lorite García cit. in Lario Bastida 2006: 87).

Infatti, sebbene un video sia caratterizzato da audio e immagini in scorrimento,

l’osservazione non potrà essere mai oggettiva perché ogni individuo, in base al proprio

background culturale, alle proprie conoscenze pregresse sul tema e alla propria

predisposizione personale potrebbe interpretare in maniera diversa la notizia.

3. Analisi degli articoli di giornale inerenti all’episodio del 25 aprile 2013 a

Melilla

In questo sottocapitolo andrò ad analizzare come diversi quotidiani digitali

hanno narrato i fatti accaduti a Melilla il 25 aprile del 2013, quando un numeroso

gruppo d’immigrati assalì le barriere di separazione ed entrò nella città.

I quotidiani in questione sono quattro, rispettivamente due nazionali, El País e

El Mundo, e due appartenenti alla città di Melilla, El Diario Digital de Melilla e El

Faro Digital.

In tutti i quattro giornali ho scelto di analizzare gli articoli che, per la prima

volta, hanno raccontato lo svolgimento dei fatti così da poter studiare l’approccio del

giornalista alla notizia.

3.1. El País

L’articolo in questione s’intitola “El líder opositor de Melilla refugia en su casa

a 30 inmigrantes que saltaron la valla”, scritto da Ignacio Cembrero e pubblicato il 26

aprile del 2013 alle ore 00.31, quindi poche ore dopo l’accaduto.

Il titolo fa subito riferimento a Mustafa Aberchán, proprietario dell’abitazione

che ha ospitato gli immigrati, ex sindaco della città e leader della Coalición por Melilla

(CPM), attirando l’attenzione del lettore e traendolo in inganno, poiché presenta il

leader politico come un convinto protettore della figura dell’immigrato clandestino e

conferisce una sfumatura politica ai fatti. Il giornalista si riferisce ad Aberchán con le

parole “el líder opositor” piuttosto che con il suo cognome, poiché El País è un

quotidiano nazionale e perciò non tutta la popolazione spagnola potrebbe sapere di chi

si tratta.

83

Subito dopo il titolo, Cembrero inserisce un sottotitolo che altro non è che una

citazione di Aberchán, “Les he abierto porque no quería heridos ni intoxicados en la

puerta de mi casa”, il quale chiarisce immediatamente le vere motivazioni dell’ex

sindaco.

La notizia presenta numerosi collegamenti ipertestuali che consentono al lettore

di essere rinviato ad approfondimenti sullo stesso tema o su temi similari. Alcuni di

questi collegamenti si trovano al di sotto del sottotitolo, come ad esempio: Melilla,

inmigrantes africanos, inmigración irregular, conflictos fronterizos e molto altro;

mentre nel corpo della notizia troviamo: coalición de Melilla, Mustafa Aberchán64 e el

presidente de Melilla, Juan José Imbroda65.

Il corpo della notizia presenta numerose citazioni. Le citazioni sono, in particolar

modo, di Aberchán, il quale spiega i fatti avendoli vissuti in prima persona, come ad

esempio “había cargas policiales, botes de humo y les tenía aquí apiñados, en la rampa

del garaje, así que, para su seguridad, les dejé entrar” e “en mi casa los treinta

inmigrantes han tenido un comportamiento ejemplar”.

Il giornalista ripete due volte il ruolo politico di Aberchán all’interno dei primi

due paragrafi della notizia: nel primo paragrafo scrive che Aberchán appartiene alla

“Coalición por Melilla”, mentre nel paragrafo successivo ripete il concetto aggiungendo

dei particolari, “Líder de Coalición por Melilla, el principal partido de oposición al PP

que gobierna”, volendo quindi sottolineare che il gesto compiuto da Aberchán è il

risultato del suo orientamento politico.

Nel quarto paragrafo viene citato il giornalista Toñy Ramos che, con le parole

del giornalista Cembrero, spiega i motivi per cui circa 200 immigrati sono riusciti a

saltare le barriere di separazione ed entrare a Melilla. Infatti, secondo quanto spiegato

da Ramos, l’episodio si verificò nel momento del cambio di turno della Guardia Civil

quando, lungo la frontiera, non erano presenti forze dell’ordine. Non è chiaro il punto

esatto in cui gli immigrati sono riusciti a scavalcare le barriere di separazione, entrando

a Melilla poiché le indicazioni sono piuttosto generiche, ossia “a lo largo del perímetro

fronterizo”. Il motivo potrebbe essere dato dal fatto che un cittadino che non vive nella

64 Mustafa Hamed Moh Mohamed Aberchán (Melilla, 17/10/1959) è un politico spagnolo leader del

partito Coalición por Melilla. 65 Juán José Imbroda Ortiz (Melilla 24/06/1944), attuale sindaco e presidente della città autonoma di

Melilla e senatore del Partido Popular.

84

Città Autonoma non sarebbe in grado di identificare i luoghi e vie e quindi le

indicazioni stradali esatte sarebbero risultate superflue o comunque non avrebbero

aiutato il lettore nella comprensione dei fatti.

Successivamente, Cembrero mette in risalto l’atteggiamento aggressivo e

insolente degli immigrati che arrivano a Melilla, scrivendo “no solo recurren a la fuerza

para saltar la valla o acercarse en patera a la ciudad, sino que no se dejan fácilmente

capturar y se enfrentan con palos y cuchillos a las fuerzas de seguridad”. Aggiunge poi

che la domenica precedente sei uomini della Guardia Civil erano rimasti feriti nel

tentativo di fermare i migranti.

Nel terzultimo paragrafo vengono citati l’attuale presidente della Città

Autonoma di Melilla, Juan José Imbroda, e il delegado del Gobierno, Abdelmalik el

Barkani, i quali affermano “El que viene con palos y cuchillos no viene a buscar trabajo,

vienen a otra cosa”, alludendo al comportamento violento degli immigrati.

La Guardia Civil non dà una propria versione dei fatti nell’articolo, tuttavia la

Asociación Unificada de Guardias Civiles afferma che i migranti non sono persone

pacifiche e che si atteggiano a persone indifese solo per evitare di essere espulsi dalla

Spagna immediatamente.

Infine viene fatto riferimento alla pratica delle espulsioni “en caliente” e agli

episodi di espulsione avvenuti nelle acque spagnole agli inizi di marzo 2013.

All’interno di tutto l’articolo non viene mai data la parola agli immigrati, non

risulta alcuna loro citazione e non si è tenuto conto delle motivazioni che hanno spinto i

migranti a superare le barriere e raggiungere la città di Melilla. Inoltre gli immigrati

vengono descritti come persone violente e poco interessate a cercare un impiego e

migliorare le loro condizioni di vita con il risultato di conferire loro un’immagine

85

assolutamente negativa.

La notizia è accompagnata da un contenuto audiovisivo, la cui foto sovrastante è

il fermo immagine che compare nel video.

Il video dura 1 minuto e 41 secondi e si apre con le immagini di una trentina di

immigrati stanchi e affaticati e dai loro pianti e lamenti. Subito dopo compare

l’immagine di Alberchán che cerca di dialogare con loro.

L’unica persona intervistata sarà proprio Alberchán il quale afferma:

“En ningún momento los inmigrantes han tenido un comportamiento

violento sino ejemplar, ejemplar y esquisito. Y cuando digo ‘ejemplar’ y

esquisito’ es porque no puedo decir lo mismo de mi Cuerpo de Seguridad. Y

he dicho en variadas ocasiones que estaban en mi propiedad y que no iba a

permitir en mi propiedad ni derramamiento de sangre ni agresiones. Lo he

dicho una vez, dos veces, tres veces y he procedido abrir la puerta al garaje

porque era inhumano lo que estaba viendo”.

L’attacco di Aberchán fa alle forze dell’ordine spagnole è esplicito e diretto,

inoltre quella di Aberchán è l’unica testimonianza, nell’intero articolo, da cui ne deriva

un’immagine positiva degli immigrati.

Subito dopo l’intervista compaiono le immagini degli immigrati che, uniti in un

unico grande abbraccio, si avviano zoppicanti per le strade di Melilla. Successivamente

si vedono gli abitanti di Melilla che li accolgono con un applauso e seguono il loro

cammino insieme alle volanti della polizia. L’arrivo al CETI è un’esplosione di urla e

felicità. Gli immigrati corrono, urlano e gioiscono consapevoli della loro fortuna.

Nonostante il fatto che nel video compare soltanto l’intervento dell’ex presidente

della Città Autonoma, Mustafa Aberchán, possiamo affermare che lo stesso arricchisce

o meglio equilibria i contenuti del corpo della notizia. Infatti, se nel testo scritto traspare

un’immagine negativa degli immigrati e di compassione nei confronti della Guardia

Civil, nel video, invece, gli immigrati vengono visti come le vere vittime della vicenda

mentre gli agenti delle forze dell’ordine vengono mostrati come soggetti violenti. E’

stato lo stesso Aberchán che, intervistato sull’argomento, ha sottolineato come le forze

dell’ordine abbiano tenuto una condotta aggressiva.

86

3.2. El Mundo

L’articolo in questione s’intitola “El líder de la oposición de Melilla

refugia en su casa a 50 indocumentados” scritto da Paqui Sánchez il 26 aprile 2013 alle

ore 11.52. In questo caso l’articolo è stato scritto il giorno successivo ai fatti e non

poche ore dopo come nel caso dell’articolo su El País; il giornalista, quindi, ha avuto

più tempo per includere nella notizia, oltre il riassunto dei fatti, le dichiarazioni fornite

dagli esponenti politici della città.

Anche in questo caso il titolo trae in inganno il lettore, il quale potrebbe

interpretare i fatti in maniera diversa e, come nel caso dell’articolo su El País, il

giornalista ha preferito utilizzare le parole “líder de la oposición” piuttosto che il

cognome della persona in questione proprio perché si tratta, anche in questa occasione,

di un quotidiano nazionale. Infine è possibile costatare un errore numerico nel titolo

poiché, come chiarito nel sottocapitolo 2.8. della presente tesi, cinquanta è in realtà il

numero totale degli immigrati che riuscirono a superare le barriere di separazione,

mentre furono soltanto ventinove quelli ospitati nell’abitazione di Aberchán.

Sotto il titolo possiamo leggere quattro sottotitoli divisi da elenchi puntati che

forniscono al lettore ad avere un breve riassunto dei fatti. In effetti, le quattro frasi

offerono un esemplare riassunto, spiegando in maniera chiara e concisa cosa è successo

la notte del 25 aprile. Le frasi in questione sono le seguenti: “Entre 150 y 200

inmigrantes han intentado entrar en avalancha / Unos 50 han conseguido entrar

terminando en la casa de Mustafa Aberchán / Les ha abierto la puerta porque ‘no quería

agresiones en su casa’ / Denuncia que les tenían agrupados de forma ‘escandalosa e

inhumana’”.

La notizia è molto lunga e ricca di dettagli, divisa in più sottoparagrafi a

ciascuno dei quali il giornalista ha dato un titolo.

Nella prima parte del corpo della notizia il giornalista fa un riassunto dei fatti

citando soltanto alcune parole di Aberchán senza però inserire frasi complete come, ad

esempio, “violenta”, “peligraba su vida”, “tomada por la Policia” e “escandalosa e

inhumana”. Nel testo viene specificata l’ora e la data del salto con l’espressione “a las

22,00 horas del jueves”, il luogo esatto dove gli immigrati sono riusciti a scavalcare la

valla con la forma “el salto se ha producido entre el Cementerio Musulmán Sidi

Guariach y Villa Pilar” e il motivo per cui l’area in quel momento non era sorvegliata,

87

ossia “la Guardia Civil que en ese momento estaba efectuando el relevo de personal en

el perímetro fronterizo”; il tutto fornisce un arco temporale al lettore che può così

inquadrare bene i fatti. Anche se si tratta di un quotidiano nazionale, il giornalista ha

voluto comunque specificare il luogo esatto in cui è avvenuto il salto, indicando il

cimitero islamico e la Villa Pilar come punti di riferimento.

Come nel caso della notizia riportata su El País, Sánchez sottolinea più volte le

cariche politiche investite da Aberchán negli ultimi anni: “presidente de Coalición de

Melilla (CPM)”, “presidente de la Ciudad Autónoma entre 1999 y 2000” e “líder de la

oposición” e rende esplicite le critiche che Aberchán fa agli agenti della Guardia Civil.

Il primo sottoparagrafo s’intitola “En la casa de Aberchán” e in questa parte

della notizia appaiono le prime dichiarazioni di Aberchán, il quale afferma: “Vi unas

condiciones inhumanas que no se podían soportar y he advertido a la Policía de que si

veía agresiones en mi propiedad, iba a proceder a abrir la puerta del garaje” e,

riferendosi alle scene viste in prima persona, “comportamientos que cualquier

ciudadano no tiene que aguantar”; anche in questo caso il giornalista vuole mostrare al

lettore l’attacco diretto che Aberchán ha fatto alle forze dell’ordine. In seguito si fa

riferimento alla decisione presa dell’ex presidente e dall’agente di polizia Ángel Riesco

di portare i migranti subsahariani al CETI della città.

In riferimento ai fatti, El Mundo pubblica i messaggi che Aberchán divulgò sulla

sua pagina personale di Twitter come testimonianza concreta dei fatti da lui vissuti.

Il secondo sottoparagrafo s’intitola “Reacciones en Twitter”, nel quale il

giornalista fa sapere che Aberchán non è stata l’unica persona a esporsi su Twitter, ma

88

che anche altri cittadini di Melilla hanno pubblicato foto e racconti di quella notte, senza

però soffermarsi su questi. Tuttavia, viene fatto riferimento alla posizione dell’attuale

presidente e senatore della città, Juan José Imbroda, scrivendo ciò che il presidente ha

affermato sul social network: “acabar con las mafias que explotan a inmigrantes, cada

vez más jóvenes y más violentos”, e per fare ciò “hay que modificar la Ley de

Extranjería y habilitar una zona de rechazo inmediata a la frontera” e “poner en valor el

acuerdo España-Marruecos del 92”.

Infine, nell’ultima parte della notizia, che ha come titolo “Debate a flor de piel”,

si fa riferimento al dibattito politico che il fenomeno migratorio solleva nel Paese, come

ad esempio l’intervento della Asociación Unificada de Guardias Civiles la quale si

mostra preoccupata del fatto che questo episodio possa convincere altri immigrati a

tentare l’assalto alle barriere di separazione di Melilla.

L’impressione che deriva da quest’articolo è che ci sia un maggior senso di pietà

e comprensione per gli immigrati che vengono considerati più come vittime che come

persone violente, al contrario di quanto si era potuto leggere dall’articolo pubblicato su

El País. La scelta degli interventi fatti da Imbroda ne è un esempio; infatti, nell’articolo

su El País il presidente accusa gli immigrati di essere persone violente e disinteressate

al lavoro, mentre in quest’articolo Imbroda sembra incolpare in primo luogo le

associazioni mafiose che sfruttano gli immigrati. E’ normale che Imbroda, che riveste

sia la carica di presidente che di sindaco della città, abbia rilasciato agli organi di

stampa numerose dichiarazioni riguardo la vicenda ma vi è la sensazione che i

giornalisti abbiano voluto far riferimento solamente ad alcune frasi specifiche in modo

da fornire una determinata posizione ideologica agli articoli. L’ipotesi è che ciascuna

testata giornalistica abbia deciso di sottolineare quegli aspetti della vicenda che

concordano con la loro posizione politica sul tema dell’immigrazione. Inoltre in

quest’articolo non viene mai fatto riferimento alla condotta violenta degli immigrati.

Per finire, un’altra caratteristica che risulta subito evidente è l’impiego di frasi o

parole in neretto per attirare l’attenzione del lettore su alcuni punti cruciali della notizia

e l’assenza di dichiarazioni da parte dei migranti subsahariani o dagli agenti delle forze

dell’ordine coinvolti nella vicenda.

Il corpo della notizia era accompagnato da un contenuto audio visivo non più

disponibile. Inoltre, a differenza dell’articolo precedentemente analizzato, quest’ultimo

89

risulta essere povero di collegamenti ipertestuali poiché ne ha solo uno, ossia

“inmigración”.

3.3. El Diario Digital de Melilla

Riferendoci a El Diario Digital de Melilla, ho deciso di prendere in analisi due

testi: nel primo caso si tratta semplicemente di una notizia flash preparata e pubblicata

in tarda mattinata da parte della redazione per raccontare velocemente l’accaduto; nel

secondo caso si tratta di un articolo completo pubblicato sul sito web nel primo

pomeriggio e nel quale si fornisce un’analisi più completa e dettagliata dei fatti.

La notizia flash s’intitola “Aberchán refugia en su casa a medio centenar de

inmigrantes” pubblicata il 26 aprile del 2013 alle ore 12.00; quindi molte ore dopo

l’accaduto. Non conosciamo il nome del giornalista, ma solo il fatto che la notizia è

stata scritta dalla redazione.

Anche in questo caso, il titolo attira l’attenzione del lettore, in particolare per

l’impiego delle parole “medio centenar de inmigrantes” invece di “cincuenta

inmigrantes” per dare un’ingannevole percezione numerica a proposito del numero

effettivo di immigrati coinvolti nella vicenda. Inoltre, a differenza dei quotidiani

precedentemente analizzati, in questo caso il giornalista ha deciso di inserire il cognome

del protagonista in questione, ossia Aberchán, poiché il presente è un quotidiano locale

della città di Melilla, di conseguenza l’ex presidente della Città Autonoma è facilmente

identificabile dai cittadini della stessa.

Il corpo della notizia non fornisce molte informazioni, inoltre non risulta chiaro

il motivo per cui Aberchán abbia voluto ospitare gli immigrati in casa propria. Il

giornalista, infatti, non spiega che l’ex sindaco ha compiuto quel gesto poiché voleva, in

primo luogo, proteggere gli immigrati da quello che lui definiva un comportamento

“violento” adottato dagli agenti della polizia.

Tuttavia, si fa riferimento al punto in cui gli immigrati hanno superato la

barriera, indicando con precisione il luogo esatto, ossia “en zona anexa al aeropuerto, y

en las inmediaciones de la carretera de Farhana, donde vive Aberchán”. Anche il

quotidiano El Mundo ha indicato il luogo dove è avvenuto il salto prendendo come

punti di riferimento il Cementerio Musulmán Sidi Guariach e Villa Pilar; in questo il

giornalista utilizza in realtà un’indicazione stradale diversa e forse più precisa poiché

90

indica la via esatta, “carretera Farhana”,dove è avvenuto il salto, facendo inoltre

riferimento alla zona in cui vive Aberchán. Il motivo potrebbe essere dato dal fatto che,

essendo El Diario Digital de Melilla un notiziario diretto principalmente ai cittadini di

Melilla, è possibile fare riferimenti puntuali poiché facilmente individuabili.

Infine, l’ultima frase del corpo specifica che la rete televisiva “Cablemel

Televisión” avrebbe trattato il tema in maniera più dettagliata al telegiornale delle 12.

Nell’intera notizia non è presente alcuna citazione delle persone direttamente

coinvolte nei fatti o delle figure politiche che si sono espresse sulla vicenda e non

presenta neanche alcun collegamento ipertestuale che rimanda a temi similari rispetto a

quello trattato.

Un video di 1 minuto e 44 secondi accompagna il corpo della notizia. Le

immagini in scorrimento sono circa le stesse del video nell’articolo su El País. Tuttavia,

non c’è una voce narrante che spiega i fatti o interviste alle persone presenti, si sentono

invece soltanto le voci di sottofondo degli immigrati che parlano nella loro lingua

madre. In questo caso il video arricchisce il testo poiché già povero di contenuti ma non

favorisce la comprensione poiché la mancanza di una voce narrante costringe il

telespettatore ad interpretare i fatti.

Leggendo questa notizia, il lettore potrebbe rimanere confuso sui fatti i quali

sono narrati in maniera poco chiara e imprecisa. Posso quindi affermare che la notizia

flash così come scritta è incompleta; il testo risulta tuttavia neutrale.

L’articolo di giornale invece s’intitola “Aberchán dice que no le quedó más

remedio que dar refugio a los inmigrantes” pubblicato sempre il 26 aprile alle ore 15.52

dal giornalista José Manuel Guirval. La notizia è stata scritta molte ore dopo l’accaduto,

e questo ha permesso al giornalista di fornire più informazioni rispetto alla notizia flash,

dello stesso giornale, precedentemente analizzata.

Per il titolo dell’articolo il giornalista si è servito di una frase che è stata ripresa

da una dichiarazione che l’ex presidente della Città Autonoma ha rilasciato in seguito ai

fatti da lui vissuti in prima persona. Anche in questo caso è stato inserito il cognome e

non la sua carica pubblica ricoperta.

L’intero corpo della notizia si concentra solamente sul gesto di Aberchán senza

soffermarsi nella descrizione del salto da parte dei migranti. Il giornalista riporta quindi

le parole di Aberchán, il quale spiega la ragione per la quale ha deciso di aprire le porte

91

della sua abitazione ai migranti: il suo obiettivo era quello di proteggerli ed evitare

ulteriori scontri con la Guardia Civil.

Nel secondo e terzo paragrafo della notizia il giornalista riporta la versione dei

fatti, ricca di dettagli, fornita da Aberchán senza però prendere in esame le versioni

degli immigrati o degli agenti della Guardia Civil presenti sul posto; inoltre non è

presente alcun intervento delle figure politiche più importanti di Melilla come invece

sono stati riportati dagli altri articoli analizzati.

Anche in questo caso, la notizia non presenta alcun tipo di collegamento

ipertestuale non permettendo così al lettore di approfondire ulteriormente il tema.

Il tono utilizzato dal giornalista è distaccato e neutrale non facendo trasparire

una presa di posizione del quotidiano.

Il corpo della notizia è accompagnato da un contenuto audiovisivo dalla durata

di 2 minuti e 42 secondi. Nel video una voce narrante ripete esattamente il contenuto

presente nel secondo e terzo paragrafo, intervallato dalla conferenza stampa di

Aberchán.

Nella prima parte del filmato appaiono le riprese video della notte precedente:

l’inquadratura si sofferma sulla via, piena di volanti delle forze dell’ordine, dove vive

Aberachán che nel frattempo tenta di dialogare sia con il capo della Guardia Civil sia

con un numeroso gruppo di immigrati.

La voce narrante, nel frattempo, spiega i motivi per cui Aberachán aprì le porte

di casa sua per accogliere i migranti. In questa prima parte del video viene mostrata

anche una conferenza stampa in cui appare il delegado del Gobierno di Melilla,

92

Abdelmalik el Barkani, che conferma l’uso del gas lacrimogeno da parte delle forze

dell’ordine.

Subito dopo appare una parte della conferenza stampa di Aberchán il quale

ribadisce i motivi che lo hanno spinto a prendere la decisione di accogliere gli immigrati

nel suo domicilio; inoltre fa un riferimento specifico a due uomini della Guardia Civil

che, secondo lo stesso, non avrebbero tenuto la corretta condotta che, come

comunemente ci si aspetta, un agente delle forze dell’ordine dovrebbe avere. Aberchán

continua a esporre la sua dichiarazione e aggiunge che lui aveva già fatto presente in

precedenza la questione al capo della Guardia Civil e che quest’ultimo gli aveva

assicurato che non ci sarebbero state ulteriori violenze. Tuttavia, le condotte delle forze

dell’ordine nei riguardi degli immigrati non cambiarono ed è proprio per questo motivo

che si vide costretto ad aprire le porte di casa sua.

Nel frattempo, oltre alle registrazioni che avevano come soggetto l’ex presidente

durante la conferenza stampa, vengono mostrati anche dei filmati non presenti nei video

precedentemente analizzati, ossia immagini dello scompiglio rimasto nel cortile di casa

dell’ex presidente Aberchán e davanti al suo garage come testimonianza dei fatti

accaduti.

Successivamente la voce narrante continua con la sua descrizione dei fatti, nella

quale si rende noto che i migranti vennero condotti al CETI della città. Le immagini che

accompagnano la voce narrante ritraggono i migranti incamminarsi verso il CETI;

fondamentalmente le immagini che vengono mostrate in questa fase del video sono le

stesse che è possibile vedere nei video che accompagnano le notizie fornite da El País e

dalla notizia flash de El Diario Digital de Melilla.

Infine Aberchán, con tono deciso, si rivolge ai cittadini di Melilla chiedendo di

non criminalizzare gli immigrati, invitandoli a disporsi dalla loro parte, poiché sono le

vere vittime di questo episodio.

In conclusione, non vi è dubbio che questo filmato, tra tutti quelli

precedentemente presi in considerazione ed analizzati, sia il più lungo ed il più

esaustivo; la ragione è che in questa registrazione vengono utilizzate delle immagini e

delle dichiarazioni inedite e precedentemente ignorate che permettono all’ascoltatore di

comprendere l’accaduto in maniera più completa ed esaustiva.

93

Rispetto al video sul quotidiano El País, questo fornisce un intervento più lungo

dell’ex presidente Aberchán. Il motivo potrebbe essere dato dal fatto che, El Diario

Digital de Melilla, essendo un quotidiano locale, ha interesse a trattare più

dettagliatamente un episodio che riguarda direttamente la città stessa. Per questo motivo

nel video su El País non è stato mostrato l’intervento del delegado del Gobierno,

Abdelmalik el Barkani, presente invece in quello locale.

3.4. El Faro Digital

L’articolo in questione s’intitola “Decenas de inmigrantes asaltan la valla de

Melilla y al menos 50 lo consiguen” scritto il 26 aprile 2013. In quest’articolo oltre al

nome del giornalista non compare neanche l’ora di pubblicazione.

Il titolo scelto è molto chiaro e con poche parole il giornalista è riuscito a

riassumere i fatti. A differenza degli articoli precedentemente analizzati, in questo caso

il giornalista non fa alcun riferimento ad Aberchán ma si concentra principalmente sul

salto avvenuto.

Come nel caso degli articoli su El Diario Digital de Melilla, anche in questa

notizia non è presente alcun collegamento ipertestuale.

Il corpo è diviso in tre parti, ognuna delle quali presenta un proprio titolo.

Nella prima parte dell’articolo, intitolato “Aprovecharon el cambio de turno de

la Guardia Civil que vigila el perímetro fronterizo”, il giornalista fa un lungo e

minuzioso riassunto dei fatti avvenuti la notte precedente. Nel corpo dell’articolo il

luogo esatto dove è avvenuto il salto è indicato con l’espressione “zona conocida como

Villa Pillar, muy próxima al aeropuerto local”, l’ora dei fatti con la frase “a las 22.00

horas” e il motivo per cui la frontiera non era sorvegliata in quel momento è contenuto

nella parte “el salto coincidió con el cambio de turno de los agentes”, anche se era già

stato anticipato nel titolo del paragrafo.

Se nella prima parte della notizia non è presente alcuna citazione ma solo un

riassunto dei fatti, la seconda e la terza parte sono invece ricche di dichiarazioni da parte

delle figure politiche più importanti di Melilla che hanno avuto modo di esprimersi sui

fatti: ci sono le dichiarazioni dell’ex presidente Aberchán, dell’attuale presidente della

città Imbroda e di Liarte, il leader politico del partito Populares en Libertad. Inoltre, nel

testo, è possibile ritrovare alcuni riferimenti a Conesa e Rivas del Partido Popular.

94

Nella seconda parte della notizia sottotitolata “Mustafa Aberchán acompaña al

CETI a los inmigrantes que se refugiaron en su vivienda”, il giornalista spiega il motivo

per cui l’ex presidente Aberchán accolse gli immigrati nella sua abitazione e lo fa

attraverso una citazione dello stesso nel quale spiega che li ospitò per proteggerli dalla

“salvajes agresiones de la policía para expulsarlos”.

Inoltre, tra le altre citazioni di Aberchán, compare una dichiarazione che non è

stato possibile ritrovare in nessuno degli articoli precedentemente analizzati e che dice

“Debemos ser los primeros en demostrar civismo y respeto por los derechos humanos,

no hay que olvidar que vienen desesperados”.

Nella terza e ultima parte della notizia, intitolata “Imbroda propone una ‘zona de

rechazo inmediata en la frontera’”, viene data voce ad altri esponenti politici. Di

particolare rilevanza è l’intervento di Imbroda che afferma “Hay que modificar la Ley

de Extranjeria y habilitar una zona de rechazo inmediata a la frontera”, dal momento

che, fra gli articoli finora analizzati, solamente El Mundo aveva fatto riferimento a

questa dichiarazione, anche se quest’ultimo l’aveva presentata in relazione al fatto che

che lui stesso aveva fatto richiesta di porre fine allo sfruttamento dei migranti da parte

delle associazioni mafiose, cosa che non è possibile leggere sull’articolo de El Faro

Digital poiché non viene fatto alcun riferimento a ciò. Inoltre si fa rifermento anche a un

altro intervento che compare sempre ne El Mundo, nel quale Imbroda denuncia la

criminalità organizzata per poi aggiungere “La UE debe implicarse más en un fenómeno

que afecta a todos”, dichiarazione che non compare in nessun altro articolo analizzato e

nella quale il Presidente chiede indirettamente un intervento da parte dell’Unione

Europea.

Infine vengono citati tre esponenti politici della città di Melilla, Conesa, Rivas e

Liarte che invece non vennero menzionati nei giornali precedenti. Il motivo potrebbe

essere dato dal fatto che si tratta di due esponenti probabilmente sconosciuti nell’intera

Penisola e per questo né El País né El Mundo ne ha fatto riferimento. Tra le

dichiarazioni di questi esponenti risalta la critica indirizzata da Liarte alle figure

politiche, denunciando la loro indifferenza sulla questione dell’immigrazione.

In generale possiamo affermare che l’articolo presenta i fatti in maniera neutrale

e utilizza un tono distaccato riguardo alla vicenda, inoltre questo risulta essere l’articolo

più dettagliato fra quelli analizzati.

95

Il corpo della notizia è

accompagnato da un’immagine

presumibilmente scattata la notte

del 25 aprile. Dico

“presumibilmente” poiché il testo

non fa alcun riferimento alla

fotografia e non possiamo sapere

se è una foto di repertorio oppure

se è una foto risalente a quella

notte. La fotografia è stata scattata

dall’alto e mostra una strada

illuminata, una camionetta e degli

uomini che sembrerebbero far

parte del corpo di polizia. Non è presente alcun riferimento scritto inerente alla

fotografia ma, considerando il fatto che il quotidiano è pubblicato nella città di Melilla,

il giornalista non ha ritenuto necessario spiegare in che via è stata scattata l’immagine

poiché i cittadini di Melilla probabilmente sono in grado di riconoscere il luogo in

questione. In ogni modo, l’immagine dovrebbe raffigurare la via e l’abitazione di

Aberchán.

3.5. Considerazioni generali

I fatti raccontati dai quotidiani, nazionali e locali, non si discostano di molto

rispetto alle versioni ufficiali presentate nel sottocapitolo 2.8. della presente tesi. Infatti

tutti gli articoli analizzati rendono noto, nel corpo della notizia o nei contenuti

audiovisivi, ciò che è realmente accaduto la notte del 25 aprile del 2013.

Le notizie fornite dai quotidiani nazionali, El País ed El Mundo, sono piuttosto

lunghe, dettagliate e ricche di interventi; il lettore quindi, leggendo gli articoli, può

facilmente capire ciò che si è verificato nella notte del 25 aprile. Anche per quanto

riguarda i quotidiani locali, El Diario Digital de Melilla ed El Faro Digital, gli articoli

studiati sono semplici e dettagliati poiché narrano i fatti in modo chiaro e permettono al

lettore di avere informazioni precise sui fatti accaduti. Perciò possiamo affermare che

sia i quotidiani nazionali sia quelli locali hanno prestato un’adeguata attenzione al caso.

96

Esistono tuttavia delle differenze; infatti, sebbene in quasi tutti gli articoli i

giornalisti abbiano esposto le notizie utilizzando un tono distaccato rispetto alle

vicende, l’articolo su El País risulta invece prendere una posizione ed essere di parte nei

confronti della Guardia Civil. Infatti, il giornalista Cembrero non soltanto afferma che i

migranti che arrivano nella città di Melilla danno prova di comportamenti violenti ma fa

anche riferimento a molti interventi che confermano la sua tesi.

Un altro caso in cui è possibile notare alcune differenze nel taglio della notizia

nei diversi articoli riguarda la notizia su El Diario Digital de Melilla. Infatti, l’articolo

di giornale analizzato presenta poche dichiarazioni, le quali in particolar modo

appartengono ad Aberchán. Sebbene è possibile affermare che il corpo della notizia e il

video allegato forniscano al lettore una chiara descrizione dei fatti, sarebbe stato

opportuno che il giornalista introducesse ulteriori dichiarazioni da parte delle figure

politiche più importanti di Melilla allo scopo di rendere più completa la notizia.

4. Analisi degli articoli di giornale inerenti all’episodio del 6 aprile 2014 a

Ceuta

In questo sottocapitolo andrò ad analizzare come diversi quotidiani digitali

hanno raccontato i fatti accaduti a Ceuta il 6 febbraio 2014, quando circa 300

subsahariani si diressero a nuoto verso la spiaggia El Tarajal di Ceuta e, secondo le

prime fonti, dove nove di loro persero la vita nelle acque.

I quotidiani in questione sono due nazionali, El País e El Mundo, e due

appartenenti alla città di Ceuta, El Faro Digital e Ceutaldía.

In tutti i quattro giornali ho scelto di analizzare gli articoli che hanno raccontato

per la prima volta i fatti in modo da studiare l’approccio del giornalista alla notizia.

4.1. El País

L’articolo su El País s’intitola “Nueve inmigrantes mueren durante un intento de

entrar por mar a nado a Ceuta”, scritto da Rocío Abad e pubblicato sul sito del giornale

il 6 febbraio 2014 alle ore 22.07, quindi molte ore dopo l’accaduto, il che ha permesso

alla giornalista di scrivere un articolo ricco di informazioni e interventi.

Il titolo si concentra sulla morte dei nove migranti, la cui drammaticità del caso

attira l’attenzione del lettore e suscita sgomento.

97

I due sottotitoli, “Nueve cuerpos han sido ya localizados por las Fuerzas de

Seguridad” e “Unos 400 subsaharianos han tratado de cruzar la frontera del Tarajal a las

ocho de la mañana”, forniscono un breve riassunto e aiutano il lettore a comprendere

meglio i fatti. La precisazione numerica fornita e l’utilizzo del numero e non delle

lettere, per indicare la cifra degli immigrati che ha tentano di entrare nella città, ha lo

scopo di creare inquetudine e sgomento nel lettore.

Sotto i sottotitoli sono stati inclusi alcuni collegamenti ipertestuali che rinviano

ad articoli e servizi, anche in lingua inglese, e che consentono al lettore di studiare e

approfondire ulteriormente il tema dell’immigrazione.

Il corpo della notizia è piuttosto lungo, ricco di dettagli e citazioni. Nella parte

introduttiva dell’articolo la giornalista redige un breve riassunto dell’accaduto e fornisce

al lettore informazioni di carattere temporale e spaziale che sono di fondamentale

importanza per una piena comprensione dei fatti. Perciò egli scrive che, alle ore 5.45

del 6 febbraio, un numeroso gruppo di subsahariani, “entre 250 e 450 ”, cercò di

raggiungere a nuoto la spiaggia di Ceuta El Tarajal, il che portò alla morte di nove di

essi, tra i quali una donna e otto uomini. I dettagli forniti sull’intero tragitto percorso dai

migranti sono molto precisi.

98

Al fine di permettere al lettore una migliore comprensione del testo, lungo il

corpo della notizia compare una’immagine che ritrae una cartina geografica nel punto

esatto di confine fra il Marocco e la Spagna. Cliccando su di essa è possibile

ingrandirla: all’interno della cartina si può vedere il tragitto percorso dai migranti

tracciato da alcune frecce gialle sopra le quali indicati dei numeri. Ai numeri è collegata

una breve spiegazione che consente al lettore di capire meglio come si sono svolti i fatti.

Procedendo con la lettura è possibile costatare come la giornalista fa riferimento

alle prime indiscrezioni secondo le quali gli immigrati subsahariani avrebbero accusato

la Guardia Civil di aver sparato loro mentre erano ancora in acqua facendo uso di

palline di gomma o di piombo; in questo modo la Guardia Civil li avrebbe

profondamente spaventati e avrebbe causato la tragedia. In seguito però vengono citate

le parole di Francisco Antonio González, delegado del Gobierno di Ceuta, il quale

accusa gli immigrati di una violenza inaudita “lanzando piedras contra los agentes y

demostrando una actitud muy violenta” il che causò tra agenti ferite di lieve entità. Gli

stessi ammisero di aver fatto uso di armi antisommossa “de manera disuasoria” ma

smentirono ufficialmente di aver causato il panico fra gli immigrati dal momento che

erano stati gli stessi ad entrare in acqua “pisándose unos a otros”.

Successivamente la giornalista cita le dichiarazioni fornite dai migranti e dalle

ONG locali. Queste dichiararono che gli agenti della Guardia Civil spararono pallini di

gomma contro i migranti e che, inoltre, lanciarono contro di essi gas lacrimogeni mentre

si trovavano ancora in acqua; altri immigrati, inoltre, fornirono la loro personale

testimonianza accusando alcuni membri delle forze dell’ordine di aver mirato e sparato

ai salvagenti allo scopo di farli affondare.

Il susseguirsi di dichiarazioni che smentiscono le affermazioni precedentemente

lette causano nel lettore confusione e non lo aiutano nella vera comprensione dei fatti.

Leggendo questa notizia si fa fatica a capire cos’è accaduto la mattina del 6 febbraio

poiché le dichiarazioni presenti nell’articolo provengono tutte da istituzioni serie e

attendibili come ONG, agenti della Guardia Civil, istituzioni politiche e persone

direttamente coinvolte nella vicenda. Il risultato finale è che il lettore finisce per trovarsi

in una situazione di confusione totale e quindi non sarà in grado di prendere una

posizione dovendo attendere nuovi sviluppi sulla vicenda.

99

Continuando la lettura è possibile imbattersi nella dichiarazione del delegado del

Gobierno Francisco Antonio González il quale afferma di aver più volte fatto presente

al Ministro degli Interni, Jorge Fernández Díaz, la necessità di prolungare la costruzione

delle barriere di separazione di Ceuta verso il mare dal momento che, in caso di bassa

marea, la maggior parte degli uomini sarebbe stato in grado di superare facilmente la

frontiera ed eludere la sorveglianza.

Nella parte finale della notizia si fa riferimento a episodi simili del passato:

viene riportato l’esempio del 17 e il 18 settembre del 2013 quando un gruppo di

immigrati cercò di raggiungere a nuoto la città di Ceuta o quando il 19 settembre 2009

vennero trovati in mare otto cadaveri in seguito al naufragio di una imbarcazione.

La giornalista fa presente che anche il segretario del PSOE, Óscar López, e il

Ministro degli Interni, Fernández Díaz, hanno espresso il proprio dispiacere per i fatti

accaduti. Compare infine una citazione di Fernández Díaz il quale spiega che la vicenda

è da impuntare al fatto che “se cierra una vía de acceso y se abre otra, lo que genera que

la presión de la inmigración ilegal sobre Ceuta y Melilla se haya intensificado”.

In conclusione si può indubbiamente affermare che la notizia è ricca di dettagli e

di interventi delle persone direttamente coinvolte e non, fornendo tutte le dichiarazioni

sul caso. L’articolo quindi non si discosta di molto rispetto ai fatti effettivamente

avvenuti e raccontati nel secondo capitolo della presente tesi (sottocapitolo 2.9.).

Tuttavia, ciò comporta che la notizia risulta essere confusionaria e di difficile

comprensione. Infine possiamo asserire che dal testo non traspare alcuna presa di

posizione del giornale poiché il tono utilizzato dalla giornalista è neutrale e distaccato.

100

L’immagine sovrastante rappresenta un contenuto audiovisivo dalla durata di 59

secondi presente nella notizia. La voce narrante che accompagna le immagini fornisce

un breve riassunto dei fatti accaduti la mattina del 6 febbraio. Le riprese si concentrano

principalmente lungo la costa che separa il lato marocchino da quello spagnolo; al

momento delle riprese la situazione è tornata alla normalità e infatti sulla spiaggia non

c’è traccia degli immigrati ma, al contrario, si vedono solo le imbarcazioni del comando

armato impegnati nella ricerca delle salme degli immigrati deceduti nelle prime ore del

mattino. In seguito viene fatto riferimento a un simile episodio avvenuto due mesi prima

mostrando le immagini di quel giorno in cui si vede una lunga e numerosa fila di

immigrati e forze dell’ordine lungo la costa. Successivamente le riprese tornano a

riprendere l’episodio avvenuto il 6 febbraio nelle quali vengono mostrati gli agenti del

comando armato che sorvegliano la costa. L’unico intervento che viene mostrato è

quello di un volontario della Croce Rossa che si dimostra dispiaciuto per i fatti accaduti.

La telecamera continua poi a inquadrare la costa e le barriere di separazione che

dividono il Marocco dalla Spagna. Infine compaiono le immagini di un numeroso

gruppo di immigrati subsahariani ai lati delle barriere dove è possibile vedere anche

alcuni agenti della Guardia Civil dialogare con loro. L’ultima scena invece ritrae un

gruppo numeroso di forze dell’ordine che sorvegliano la frontiera.

Il giornalista ha voluto introdurre nella notizia il presente video con l’obiettivo

di permettere al lettore di avere un breve riassunto dei fatti. Tuttavia, il video contine

pochi interventi che avrebbero potuto rendere più completa la notizia. Si può concludere

quindi che questo contenuto audiovisivo non fornisce ulteriori informazioni rispetto a

quelle che si ottengono leggendo il corpo della notizia.

4.2. El Mundo

L’articolo in questione s’intitola “Mueren 9 inmigrantes al intentar entrar a nado

en Ceuta” pubblicato sul sito del giornale il 6 febbraio 2014 alle ore 19.34 e tratto da

Europa Press. Anche in questo caso l’articolo è stato scritto molte ore dopo l’accaduto.

Il titolo è molto simile a quello su El País, ottenendo quindi lo stesso obiettivo.

Sotto il titolo si possono leggere quattro sottotitoli divisi da elenchi puntati che

forniscono al lettore un esaustivo riassunto dei fatti: “Unos 300 subsaharianos

intentaron entrar de manera masiva por la frontera del Tarajal / Unos lo hicieron a pie

101

mientras otros lo intentaron a nado y perecieron en el intento / De momento, se han

recuperado nueve cadáveres pero no se descarta encontrar más”.

Una grande immagine, che riproduce una fotografia aerea scattata da satellite,

precede l’intero corpo della notizia ed anche in questo caso, come è già stato possibile

osservare nell’articolo de El País, la cartina è d’aiuto al lettore. Essa infatti, grazie ai

numeri collegati a sintetica spiegazione, è di supporto al lettore per aiutarlo a

comprendere più facilmente la notizia e il tragitto percorso dagli immigrati.

Il corpo della notizia è molto corto e meno ricco di dettagli rispetto all’articolo

proposto da El País, inoltre non è presente alcun collegamento ipertestuale nell’intera

notizia. Nella prima parte il giornalista redige un sintetico riassunto dell’accaduto e

aggiunge che il Marocco sta portando avanti operazioni di ricerca e soccorso nelle

acque di Ceuta, particolare non presente nell’articolo precedentemente analizzato.

Nella seconda parte del corpo il giornalista fornisce alcune informazioni non

presenti sull’articolo de El País: prima di tutto spiega che tredici uomini sono stati

recuperati dalle acque e prontamente ricoverati presso l’ospedale Hasán II de Fnideq e,

in secondo luogo, ci informa che alle ore 9.30 il Pleno de la Asamblea di Ceuta ha

osservato un minuto di silenzio in memoria delle vittime dell’Olocausto al quale fu

sommato un omaggio ai migranti subsahariani deceduti nelle acque marocchine.

102

L’articolo si conclude quindi con la conferma che nessun migrante subsahariano è

riuscito ad entrare nella città di Ceuta.

Dalla notizia non traspare alcuna presa di posizione da parte del giornalista, il

quale utilizza un tono neutrale. Per focalizzare l’attenzione del lettore su alcuni punti

salienti, il giornalista ha voluto far uso del grassetto applicato ad alcune parole presenti

nella notizia.

L’articolo, in generale, è povero di contenuti e non risulta completo. Una delle

due citazioni presenti nell’intera notizia è quella del delegado del Gobierno di Ceuta,

Francisco Antonio González, il quale dichiara che gli immigrati morirono nel “Reino

alauí”. La notizia risulta quindi essere povera di interventi e citazioni non soltanto delle

persone direttamente coinvolte nella vicenda ma anche delle figure politiche spagnole.

La prima impressione che si ha leggendo questo articolo è che si tratta di una

notizia molto diversa rispetto agli episodi realmente accaduti la mattina del 6 febbraio e

descritti nel secondo capitolo della presente tesi; infatti, in tutto l’articolo non viene

menzionata la controversia secondo cui gli immigrati accusarono la Guardia Civil di

aver fatto un uso sproporzionato di armi antisommossa, che gli agenti non prestarono

aiuto alle persone in mare e che non venne chiesto l’intervento della Croce Rossa; al

contrario viene comunicato che la Delegación ha precisato che il decesso degli

immigrati è avvenuto per annegamento e che non è stato causato da condotte violente.

L’impressione che ne deriva è quindi che il giornalista abbia intenzionalmente evitato di

trattare e approfondire il tema.

103

La foto sovrastante rappresenta il fermo immagine di un filmato dalla durata di

23 secondi che accompagna il corpo della notizia.

A differenza del contenuto audiovisivo presente su El País, il presente filmato

non possiede una voce narrante ma è possibile vedere soltanto le riprese fatte lungo la

spiaggia e la frontiera che divide il Marocco dalla Spagna. In questo caso il video

fornisce poche informazioni al lettore, il quale dovrà fare uno sforzo immaginativo per

interpretare i fatti.

4.3. El Faro Digital

L’articolo su El Faro Digital s’intitola “Fallecen ocho inmigrantes en aguas

próximas a la frontera de Ceuta”, scritto e pubblicato sul sito del giornale il 6 febbraio

2014. L’articolo in questione non presenta i nome del giornalista e l’ora di

pubblicazione.

Anche in questo caso l’intestazione è molto simile ai titoli degli articoli

precedentemente analizzati, con l’unica differenza che si fa riferimento a otto decessi

anziché nove, il che probabilmente è dovuto al fatto che la notizia sia stata redatta poche

ore dopo l’accaduto; inoltre, l’utilizzo delle parole “en agua próxima a la frontera de

Ceuta” ha lo scopo di attribuire i fatti non soltanto alla città di Ceuta ma anche allo stato

marocchino.

Il corpo della notizia è molto corto e povero di dettagli.

Il giornalista riassume brevemente l’accaduto facendo riferimento alla fonte

principale ossia la Delegación del Gobierno di Ceuta. Leggendo l’articolo non risulta

chiaro il numero esatto di decessi dal momento che nel primo paragrafo si fa riferimento

a otto migranti deceduti nelle acque prossime alla frontiera del Tarajal, mentre nel

secondo paragrafo si rende noto che le forze dell’ordine marocchine hanno localizzato

in mare cinque corpi senza vita di migranti subsahariani. L’articolo si conclude quindi

con una precisazione da parte della Delegación, la quale afferma che il decesso degli

immigrati è avvenuto per annegamento escludendo quindi condotte violenti da parte del

corpo di sicurezza spagnolo.

104

Infine, sotto il corpo della notizia, il giornalista ha voluto precisare che maggiori

informazioni saranno fornite il giorno successivo nell’edizione cartacea de El Faro

Digital di Ceuta. Nessun collegamento ipertestuale accompagna il corpo della notizia.

In conclusione possiamo affermare che la presente notizia risulta essere

incompleta poiché povera di dettagli informativi e carente di interventi, in particolar

modo, da parte dei testimoni che hanno vissuto in prima persona i fatti. Anche in questo

caso, come nell’articolo su El Mundo, la notizia così com’è presentata risulta essere

completamente diversa rispetto agli avvenimenti realmente accaduti, infatti non viene

presa in considerazione la controversia secondo cui alcuni immigrati avrebbero

denunciato una condotta scorretta e un comportamento violento da parte della Guardia

Civil, riferendo invece soltanto la posizione della Delegación. La ragione di questa

mancanza potrebbe essere data dal fatto che l’articolo è stato redatto poco dopo

l’accaduto e che quindi i testimoni non avevano ancora rilasciato le loro dichiarazioni.

L’immagine a lato è la fotografia che accompagna il corpo della notizia; questa

ritrae alcuni agenti della Guardia Civil, facilmente identificabili per via delle divise

indossate, a fianco di alcuni migranti subsahariani nei pressi della frontiera.

Un ulteriore indizio che ci

fa credere che la notizia sia stata

stilata poche ore dopo l’accaduto

è dato dal fatto che la foto in

questione provenga dall’archivio

privato del giornale. Infatti, una

didascalia posta alla base della

fotografia rende noto che questa è

una foto di repertorio. In questo

caso il lettore non può utilizzare la

fotografia come supporto

informativo per ricavare ulteriori

informazioni ed approfondire la propria conoscenza sull’accaduto. L’immagine in

questione viene semplicemente utilizzata come contorno della notizia.

105

4.4. Ceutaldía

L’articolo in questione s’intitola “Nueve subsaharianos muertos en aguas

marroquíes, balance provisional de la tragedia en la frontera”, scritto e pubblicato il 6

febbraio 2014. L’ora della pubblicazione e il nome del giornalista non sono indicati.

Il titolo della notizia non si discosta di molto rispetto ai titoli degli articoli

precedentemente analizzati. L’unica osservazione degna di nota è il fatto che il

giornalista abbia voluto precisare che i decessi sono avvenuti nelle acque marocchine,

come se la sua intenzione fosse stata quella di assolvere dalle responsabilità la città di

Ceuta e di conseguenza lo stato spagnolo.

La notizia presenta anche due sottotitoli in neretto divisi da due elenchi puntati:

“ La información procedente del país vecino con la que trabajan las autoridades

españolas no descarta que aparezcan más cadáveres en el agua de los ya localizados” e

“La Marina Real contuvo a los indocumentados que intentaban acceder a la ciudad

autónoma a través de la costa del Tarajal”; in questo caso i sottotitoli forniscono un

riassunto della vicenda e chiariscono al lettore cosa si è verificato esattamente. Come

nel titolo, il giornalista ha voluto specificare nei sottotitoli che la Reale aeronautica

militare marocchina ha gestito la situazione bloccando gli immigrati clandestini ed

evitando il loro ingresso nel territorio spagnolo, ribadendo quindi il concetto che la

vicenda riguarda più lo stato marocchino che quello spagnolo.

Il corpo della notizia inizia trattando la morte degli immigrati subsahariani nei

pressi delle acque di Ceuta. Come nel caso dell’articolo fornito da El Faro Digital, non

è chiaro il numero esatto dei decessi poiché, se nel titolo e nel primo paragrafo del

corpo il giornalista indica che sono nove gli immigrati deceduti, nel secondo paragrafo

si fa riferimento a sette vittime. L’indecisione numerica porta quindi il lettore a essere

confuso e incerto sui fatti accaduti. Tuttavia, il giornalista specifica che si tratta di un

bilancio provvisorio e non esclude che possa aumentare il numero delle vittime.

Soltanto nel terzo paragrafo il giornalista fa riferimento ai 400 immigrati che tentarono

di entrare clandestinamente nella città di Ceuta. Continuando la lettura, il giornalista

precisa che nessun immigrato è riuscito a oltrepassare la frontiera. Infine, l’ultimo

paragrafo fa riferimento alle dichiarazioni riportate dalle forze dell’ordine spagnole le

quali accusarono gli immigrati di aver adottato una condotta violenta lanciando pietre

contro gli agenti marocchini. Per quanto riguarda quest’ultimo dettaglio, è possibile che

106

il giornalista abbia commesso un errore, dal momento che gli agenti colpiti dagli

immigrati facevano parte delle forze dell’ordine spagnole e non marocchine.

Anche in quest’articolo non viene fatto alcun riferimento alle dichiarazioni

fornite da parte delle ONG locali o dagli immigrati che hanno vissuto tale esperienza in

prima persona e mancano le controversie secondo cui gli agenti delle forze dell’ordine

spagnole avrebbero adottato condotte poco consone alla loro posizione nella società; il

giornalista ha quindi riportato esclusivamente la versione della Guardia Civil il che

rende l’articolo incompleto e impreciso. Anche in questo caso la notizia si discosta

molto dalla realtà dei fatti raccontati nel secondo capitolo del presente lavoro.

In conclusione, la presente notizia risulta essere incompleta e poco chiara e ciò

fondamentalmente a causa della mancanza di citazioni e dalle inesattezze ed errori

commessi dal giornalista, i quali sono probabilmente dovuti al fatto che la notizia è stata

redatta poche ore dopo l’accaduto.

All’interno della notizia non è presente alcun collegamento ipertestuale che

possa dare al lettore maggiori informazioni sul caso.

Due fotografie scattate la mattina del 6 febbraio accompagnano il corpo della

notizia.

La fotografia a lato è stata scattata la

mattina del 6 febbraio e ritrae la

spiaggia El Tarajal come indicato nella

didascalia che si trova alla base della

foto sul quotidiano. L’immagine non è

molto nitida poiché è stata scattata

attraverso le barriere di separazione.

Tuttavia è possibile notare che la spiaggia è deserta e non è traccia degli immigrati.

La seconda fotografia è stata scattata dal lato marocchino è ritrae una grande

folla di cittadini. Una didascalia alla base della fotografia riporta soltato che la

fotografia è stata scattala la mattina del 6 febbraio, non andando però a spiegare il

motivo per cui un numero considerevole di persone è bloccato lungo una strada della

città. Il lettore dovrà quindi fare uno sforzo immaginativo per interpretare i fatti dal

momento che il giornalista non ha fornito alcuna spiegazione nel corpo della notizia. La

107

motivazione forse più ovvia è che si tratta di un gruppo di cittadini marocchini il cui

passo è stato bloccato a causa degli avvenimenti avvenuti la stessa mattina.

4.5. Considerazioni generali

In questo caso, la notizia riportata dal quotidiano nazionale El País si è

dimostrata la più completa ed esauriente rispetto agli articoli riportati dai quotidiani

locali e da El Mundo; infatti, sebbene l’articolo de El País sia il più complesso fra gli

articoli analizzati, questo risulta essere però anche il più completo poiché fornisce tutte

le versioni del caso.

Invece, per quanto riguarda i quotidiani locali, le notizie da loro riportante

presentano imprecisioni e poche informazioni, obbligando così il lettore a dover

attendere ulteriori sviluppi. Nessuna di esse ha trattato il tema nella sua interezza, dando

come risultato dei contenuti che si discostano completamente dai fatti realmente

accaduti: nessuna delle tre ha affrontato il tema della violenza esercitata dagli agenti

della Guardia Civil nei confronti degli immigrati o le accuse secondo le quali gli agenti

avrebbero sparato ai salvagenti degli uomini in mare causando il panico e quindi la

morte di alcuni di essi.

In questo caso risulta difficile fare un confronto fra i quotidiani nazionali e locali

poiché, sebbene ci siano delle somiglianze fra i due quotidiani locali, lo stesso non si

può dire di quelli nazionali.

Infine, benché siamo a conoscenza del fatto che gli immigrati entrarono in acque

spagnole e che per questo vennero colpiti dalle armi anti sommossa utilizzate dalla

108

Guardia Civil, nessuno degli articoli studiati fa un riferimento espicito a ciò, limitandosi

a riferire i che corpi degli immigrati deceduti sono stati trovati “en aguas próximas a la

frontera de Ceuta” o “en aguas próximas a la frotera del Tarajal”.

109

Conclusioni

Uno degli obiettivi che mi sono posta realizzando questo lavoro è stato quello di

cercare di capire come mai due città spagnole quali Ceuta e Melilla siano oggetto

d’invasione da parte di molti immigrati africani in cerca di una vita migliore in Europa e

se gli strumenti adottati dal governo spagnolo siano in grado di affrontare il fenomeno

migrario.

Infatti, se in passato la fama e l’importanza di queste due città era dovuta

principalmente alla loro posizione geografica che permetteva ai popoli spagnoli di

esercitare il loro controllo su gran parte del mar Mediterraneo e quindi su un’area molto

strategica per i traffici commerciali, oggigiorno Ceuta e Melilla sono associate

essenzialmente al fenomeno dell’immigrazione clandestina, diventando quindi due delle

principali frontiere migratorie europee.

Attraverso gli studi e le ricerche personalmente effettuate ho avuto modo di

appurare che il motivo primario per cui Ceuta e Melilla sono due delle destinazioni

predilette dai migranti subsahariani è la presenza di queste due città autonome proprio

all’interno del continente africano. Infatti, molti immigrati che arrivano in Europa

provengono dagli stati africani più poveri il che comporta che molti di essi non

possiedano grandi risorse economiche sufficienti per permettersi un viaggio in nave per

arrivare nel continente europeo, così alcuni di essi decidono di compiere il viaggio a

piedi o in automobile impiegando anche anni prima ad arrivare a destinazione. Inoltre,

l’ingresso all’interno di queste due città consente agli immigrati alcuni diritti anche in

assenza di permesso di soggiorno, come ad esempio la possibilità di risiedere

temporaneamente nei CETI e l’assistenza sanitaria gratuita. Tuttavia, Ceuta e Melilla

non vengono considerate dai migranti come destinazioni finali del loro lungo viaggio,

ma come un passaggio obbligato per arrivare nella penisola spagnola o comunque in

un’altra entità statale europea.

110

Per quanto riguarda gli strumenti utilizzati dallo stato spagnolo per fermare, o

comunque limitare, l’immigrazione clandestina a Ceuta e Melilla possiamo affermare

che il più delle volte essi sono risultati vani e inefficienti. Infatti, la principale risposta

del governo spagnolo al massiccio aumento di immigrati che tentavano di eludere i

controlli alle frontiere fu quello di rafforzare ulteriormente le barriere di separazione

incrementanto quei marchingegni che hanno lo scopo di scoraggiare l’immigrato a

scalare le barriere. La triste realtà è però che il più delle volte gli immigrati che tentano

il lungo viaggio, e quindi il “salto”, sono persone terribilmente disperate che non hanno

nulla da perdere se non la vita. Questo significa che anche un incremento del numero di

agenti e un rafforzamento delle barriere non impediranno al fenomeno

dell’immigrazione di continuare ad alimentarsi perché la forza di volontà dei migranti

sarà sempre più forte di queste minacce.

Oserei quindi affermare che l’Unione Europea dovrebbe intervenire e aiutare gli

stati africani in modo da impedire la massiccia fuga dal continente oltre a dover mettere

in marcia importanti cambiamenti legislativi per quanto riguarda la situazione

migratoria.

Il secondo obiettivo postomi è stato quello di cercare di capire se le notizie sui

quotidiani digitali presentano con esattezza la realtà o se è possibile riscontrare una

verità manipolata e politicizzata sulla base degli interessi e delle posizioni politiche dei

giornali.

Alla conclusione dello studio e dell’analisi dei quotidiani locali e nazionali sono

giunta alla conclusione che non vi siano caratteristiche peculiari che possono essere

attribuite solo ai primi piuttosto che ai secondi.

In generale posso affermare che, la vicenda avvenuta a Melilla è stata raccontata

sia dai giornali nazionali che da quelli locali includendo tutti i particolari e tutte le

controversie del caso; lo stesso non si può dire per quanto riguarda i fatti avvenuti a

Ceuta. Infatti, a differenza dell’articolo proposto da El País, quando leggiamo le notizie

redatte dagli altri quotidiani la sensazione che si ha è quella di leggere storie

completamente diverse rispetto alla realtà dei fatti. Infatti, in questi casi, i giornalisti

hanno preferito tacere sulle gravi accuse rivolte agli agenti della Guardia Civil

sospettati di aver adottato una condotta violenta e scorretta nei confronti dei migranti.

111

Sembra quindi che i giornalisti abbiano voluto proteggere e schierarsi dalla parte delle

forze dell’ordine.

In generale, in tutte le notizie proposte, i giornalisti hanno adottato un tono

neutrale e distaccato nei confronti delle vicende narrate, a differenza però dell’articolo

redatto da El País inerente alla vicenda avvenuta a Melilla. Difatti, in questo caso il

giornalista ha espresso un chiaro giudizio personale attaccando senza mezzi termini il

comportamento e le condotte dei migranti riferendosi non soltanto ai fatti avvenuti il 25

aprile ma anche alle settimane precedenti.

Concludendo, è possibile affermare che, dall’analisi effettuata sui quotidiani

studiati è emerso che non tutti i giornali raccontano i fatti avvenuti in modo esauriente e

completo mostrando, a volte, un’esplicita o un’implicita posizione ideologica sulla base

degli interessi e delle ideologie dei quotidiani. Da ciò deriva che il lettore, per poter

comprendere la realtà oggettiva dei fatti, deve compiere uno sforzo personale per

interpretare quello che viene scritto da parte delle testate giornalistiche.

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España. (Vigente hasta el 1 de febrero de 2000).

http://noticias.juridicas.com/base_datos/Derogadas/r0-lo7-1985.html

Convention against Torture and Other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or

Punishment, OHCHR, New York, 1987.

http://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/CAT.aspx

Resolución de 7 de junio de 1991, de la Subsecretaría, por la que se dispone la

publicación del Acuerdo del Consejo de Ministros de 7 de junio de 1991 sobre

regularización de trabajadores extranjeros, «BOE» núm. 137, 08/06/1991.

http://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-1991-14599

Aplicación provisional del Acuerdo entre el Reino de España y el Reino de Marruecos

relativo a la circulación de personas, el tránsito y la readmisión de extranjeros

entrados ilegalmente, firmado en Madrid el 13 de febrero de 1992, BOE num. 10,

25/04/1992.

http://www.boe.es/buscar/doc.php?id=BOE-A-1992-8976

UNHCR Note on the Principle of Non-Refoulement, novembre 1997.

http://www.refworld.org/docid/438c6d972.html

121

Guía Laboral - Actuaciones dirigidas a inmigrantes, solicitantes y beneficiarios de

protección internacional, apatridia y protección temporal. Centros de Estancia

Temporal de Inmigrantes (CETI).

http://www.empleo.gob.es/es/Guia/texto/guia_15/contenidos/guia_15_37_3.htm

Ley Orgánica 4/2000, de 11 de enero, sobre derechos y libertades de los extranjeros en

España y su integración social.

http://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2000-544

Acquis di Schengen - Accordo fra i governi degli Stati dell'Unione economica Benelux,

della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo

all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, Gazzetta Ufficiale,

22/09/2000.

http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:42000A0922(01)&from=EN

Estatuto de Autonomía de Ceuta.

http://www.congreso.es/consti/estatutos/estatutos.jsp?com=80&tipo=2&ini=1&fin=5&ini_sub=1&fin_su

b=1

Trends in International Migrant Stock: The 2013 Revision Nazioni Unite, Dipartimento

per gli Affari Economici e Sociali (2013).

http://www.un.org/en/development/desa/population/migration/data/estimates2/estimatestotal.shtml.

Statistica di opinione pubblica inerente al tema dell’immigrazione in Spagna, realizzata

nel maggio del 2014 e portata avanti dall’azienda spagnola Siempre Lógica.

http://www.simplelogica.com/iop/iop14006-inmigracion-enespa%C3%B1a.asp

Ejecución de la resolución de expulsión. Ministerio del Interior.

http://www.interior.gob.es/web/servicios-al-ciudadano/extranjeria/regimen-general/expulsion

Schengen (Acuerdo y Convenio).

http://europa.eu/legislation_summaries/glossary/schengen_agreement_es.htm

122

Ringraziamenti

Il mio ringraziamento va in particolar modo alle professoresse Beatriz Hernán

Gómez-Prieto e Maria Matilde Luisa Benzoni per aver accolto con piacere il tema della

mia tesi e per avermi accompagnata e sostenuta durante l’elaborazione di questo

lavoro.

Desidero inoltre ringraziare vivamente tutte le persone che mi hanno aiutata

nella ricerca del materiale poiché, anche grazie a loro, è stata possibile la realizzazione

della presente tesi. Ringrazio quindi: Carlos Esquembri, Juan Díez Sánchez, Antonio

Bravo Nieto, Gúzman García Bueno e i funzionari della biblioteca dell’Instituto

Cervantes di Milano.

Ma soprattutto voglio ringraziare tutte le persone che mi sono state vicine in

questi ultimi due anni e che mi hanno sempre esortata a non arrendermi mai, ossia i

miei genitori, le mie amiche e il mio fidanzato Riccardo.