L’aura dei materiali: “Le Arti” tra mostre e restauri (1938 – 1943)

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NADIA BARRELLA ROSANNA CIOFFI LA CONSISTENZA DELL’EFFIMERO RIVISTE D’ARTE TRA OTTOCENTO E NOVECENTO LA CONSISTENZA DELL’EFFIMERO In questo volume vengono pubblicati i ri- sultati del progetto PRIN Analisi critica delle riviste sulle arti nell’Ottocento e nel Novecento. Sono gli esiti di un’attività di ricerca che, proseguendo un percorso di studi più che decennale, ha saputo far emergere lo straordinario contributo che le riviste hanno dato agli studi sulla pro- duzione artistica, soprattutto ma non solo, italiana ed alla ricostruzione del di- battito critico sui metodi di studio, di re- stauro e di comunicazione dell’arte. Nel volume si da spazio alla riflessione sui risultati critici raggiunti dai vari centri di ricerca e l’apporto dato alla rilettura o alla precisazione di un contesto storico, del percorso critico di uno storico del- l’arte, di una metodologia d’intervento sul patrimonio o di un sistema espositivo e si presenta anche l’esito concreto del nostro lavoro: la banca dati che sarà di- sponibile on line e che permetterà a tanti di valutare questo particolare osservato- rio che siamo riusciti a creare e che spe- riamo di poter continuare a implementare. È uno strumento in grado di ricostruire l’attività di numerosi intel- lettuali, di confrontarla con quella di altri, di mettere a fuoco tematiche relative alla tutela del patrimonio, di fare, in altre parole, di usare la tecnologia e le banche dati, per fare storia. In copertina Robert Rauschenberg, Third Time Painting, 1961 Collezione John e Laura Arnold 60,00 NADIA BARRELLA ROSANNA CIOFFI Rosanna Cioffi è Direttrice del Diparti- mento di Lettere e Beni culturali della Se- conda Università di Napoli, dove insegna Storia e metodologia della critica d’arte. Ha pubblicato monografie e saggi sulla storia della critica d’arte, sulle arti figu- rative del Sette e dell’Ottocento e su temi legati alla conservazione e alla valorizza- zione dei Beni culturali. Di recente ha cu- rato i volumi L’idea dell’antico nel decennio francese, Napoli 2010, I due ri- sorgimenti. La costruzione dell’identità nazionale, Napoli 2011, Mosaico. Temi e metodi d’arte e critica per Gianni Carlo Sciolla, Napoli 2012. Nadia Barrella è professore associato di Museologia e storia del collezionismo presso la Seconda Università degli Studi di Napoli. Si occupa di storia delle istitu- zioni museali come spazio in cui è possi- bile riconoscere il progressivo affinarsi della coscienza storica dell’arte e delle ca- pacità tecnico-scientifiche dei protagoni- sti della conservazione. Affianca alla riflessione storica la ricerca sul museo contemporaneo e sulle peculiarità del si- stema museale meridionale. Tra le sue più recenti pubblicazioni La forma delle idee Napoli, 2010), Musei da svelare. Offerta e domanda museale in Campania, Napoli 2011 ( con L. Solima), Per la storia del collezionismo a Napoli: percorsi di ricerca da un articolo di Bartolomeo Capasso, Pa- dova, 2013.

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In questo volume vengono pubblicati i ri-sultati del progetto PRIN Analisi criticadelle riviste sulle arti nell’Ottocento e nelNovecento. Sono gli esiti di un’attività diricerca che, proseguendo un percorso distudi più che decennale, ha saputo faremergere lo straordinario contributo chele riviste hanno dato agli studi sulla pro-duzione artistica, soprattutto ma nonsolo, italiana ed alla ricostruzione del di-battito critico sui metodi di studio, di re-stauro e di comunicazione dell’arte.Nel volume si da spazio alla riflessionesui risultati critici raggiunti dai vari centridi ricerca e l’apporto dato alla rilettura oalla precisazione di un contesto storico,del percorso critico di uno storico del-l’arte, di una metodologia d’interventosul patrimonio o di un sistema espositivoe si presenta anche l’esito concreto delnostro lavoro: la banca dati che sarà di-sponibile on line e che permetterà a tantidi valutare questo particolare osservato-rio che siamo riusciti a creare e che spe-riamo di poter continuare aimplementare. È uno strumento in gradodi ricostruire l’attività di numerosi intel-lettuali, di confrontarla con quella dialtri, di mettere a fuoco tematiche relativealla tutela del patrimonio, di fare, in altreparole, di usare la tecnologia e le banchedati, per fare storia.

In copertina Robert Rauschenberg, Third Time Painting,1961Collezione John e Laura Arnold

€ 60,00

NADIA BARRELLAROSANNA CIOFFI

Rosanna Cioffi è Direttrice del Diparti-mento di Lettere e Beni culturali della Se-conda Università di Napoli, dove insegnaStoria e metodologia della critica d’arte.Ha pubblicato monografie e saggi sullastoria della critica d’arte, sulle arti figu-rative del Sette e dell’Ottocento e su temilegati alla conservazione e alla valorizza-zione dei Beni culturali. Di recente ha cu-rato i volumi L’idea dell’antico neldecennio francese, Napoli 2010, I due ri-sorgimenti. La costruzione dell’identitànazionale, Napoli 2011, Mosaico. Temi emetodi d’arte e critica per Gianni CarloSciolla, Napoli 2012.

Nadia Barrella è professore associato diMuseologia e storia del collezionismopresso la Seconda Università degli Studidi Napoli. Si occupa di storia delle istitu-zioni museali come spazio in cui è possi-bile riconoscere il progressivo affinarsidella coscienza storica dell’arte e delle ca-pacità tecnico-scientifiche dei protagoni-sti della conservazione. Affianca allariflessione storica la ricerca sul museocontemporaneo e sulle peculiarità del si-stema museale meridionale. Tra le sue piùrecenti pubblicazioni La forma delle ideeNapoli, 2010), Musei da svelare. Offertae domanda museale in Campania, Napoli2011 ( con L. Solima), Per la storia delcollezionismo a Napoli: percorsi di ricercada un articolo di Bartolomeo Capasso, Pa-dova, 2013.

MONUMENTADOCUMENTA

MODO

5

Collana diretta daRosanna Cioffi

Comitato scientifico:José Maria Morillas Alcázar, Sergej Androsov, Maria Concetta Di Natale,

David Ekserdjian, Riccardo Lattuada, Benito Navarrete, Alessandro Rovetta, Gianni Carlo Sciolla e Philippe Sénechal.

Il presente volume è stato stampato grazie ai fondi PRIN 2008 e con il contributo della Fondazione Ugo e Olga Levi Onlus

© 2013 by Luciano EditorE

Via P. Francesco densa, 7

Piazza Santa Maria La nova, 44

80100 napoli

http: //www.lucianoeditore.net

e-mail: [email protected]

iSBn 978-88-6026-183-0

a cura di

NADIA BARRELLAROSANNA CIOFFI

LA CONSISTENZA DELL’EFFIMERO

RIVISTE D’ARTE TRA OTTOCENTO E NOVECENTO

Indice

ROSANNA CIOFFILa “consistenza dell’effimero”: alcune riflessioni sul progetto «Riviste d’arte» e sui risultati della ricerca a Napoli . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7

FRANCO BERNABEIMomenti di critica e storiografia dell’arte nei periodici del secondo Ottocento, fra Lombardo-Veneto e stato nazionale. . . . . . . . . . . . . . . . . 13

LAURA BINDA E ALESSANDRO ROVETTAI primi vent’anni de «L’Arte». (1898-1918). Collaborazioni, carteggi e destini lombardi, Adolfo Venturi e alcuni suoi collaboratori: Gustavo Frizzoni, Giulio Carotti, Giacomo De Nicola e Paolo D’Ancona 29

NADIA BARRELLASui musei napoletani: spunti di riflessione dalle riviste (1860-1920) . . 77

GIUSEPPE GALVANPer una storia del collezionismo in Provincia di Caserta: percorsi di ricerca dagli «Atti della commissione Conservatrice dei monumenti ed oggetti di Antichità e Belle Arti di Terra di Lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . 89

RUGGIERO LORENZINDal saggio alla rubrica: la musica nelle riviste venete fra Otto e Novecento. 111

ANTONIO LOVATOGiovanni Tebaldini: il recupero dell’antico e la rivista «La Scuola veneta di musica sacra». . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

CRISTINA BERNARDI«Musica e musicisti»: una rivista per il grande pubblico tra informazione e critica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

SIMONETTA LA BARBERA, Arte e Critica sulle pagine de «La Sicile Illustrée». Una catalogazione . 185

ROBERTA CINÀRiviste degli anni venti. La catalogazione de «l’Arte Fascista» (1926-1929) 185

ALMERINDA DI BENEDETTOVincenzo Della Sala e la rivista «Cronaca partenopea»: spunti di critica in età umbertina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215

PIERA GIOVANNA TORDELLADialettica dell’immagine tra incisione e fotografia.«Die Graphischen Künste». . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227

6 INDICE

VALERIO TERRAROLILe arti decorative moderne: ricezione e problemi critici nelle riviste d’arte italiane negli anni Dieci e negli anni Venti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249

STEFANO FRANZO«Arte Cristiana» dopo il primo conflitto mondiale . . . . . . . . . . . . . . . . 263

MARTA NEZZORaffaello Giolli: le riviste come strumento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 279

GAIA SALVATORI«Echi e riverberi»: L’apparato iconografico delle riviste d’arte nel centro-sud d’Italia negli anni ’20 del 900 (alcuni casi di studio) . . . . . . . . . . . . . . . 307

MARCO CARDINALI E M. BEATRICE DE RUGGIERILa nascita della diagnostica artistica attraverso le prime riviste tecniche. Un percorso internazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 317

MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINIL’aura dei materiali. «Le Arti» tra mostre e restauri (1938-1943) . . . . . 331

DANIELA DILETTILa documentazione del restauro nelle pagine del «Bollettino d’Arte»: tendenze e protagonisti (1930-1938). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 359

PAOLA POGLIANIIl restauro del mosaico parietale attraverso le pagine delle riviste italiane (1930-1960): metodologia e protagonisti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 371

GIULIANA TOMASELLALa mostra del Surrealismo alla Biennale del 1954 attraverso la stampa periodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 383

FRANCESCO TEDESCHIDimensione critica dell’arte: arte e critica nella prospettiva dell’arte concettuale e delle nuove avanguardie 1967-1973 . . . . . . . . . . . . . . . . . 401

ELENA DI RADDOVideo, fotografia, computer: il dibattito critico sull’uso delle nuove tecnologie in ambito artistico nelle riviste d’arte lombarde degli anni Sessanta e Settanta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 411

FRANCESCA GALLOAspetti della critica d’arte su «marca tre» (1964-1969) . . . . . . . . . . . . . 417

NICOLETTA ZANNILa rivista «Asterisco»: 1962-1992 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 433

MARCO TOGNONRiviste 2010 - Il software per la catalogazione. Relazione informatica generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 439

BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 447INDICE DEI NOMI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 483

MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI

L’aura dei materiali: «Le Arti» tra mostre e restauri (1938-1943)

Le cornici incriminate

Edita a Firenze per i tipi di Felice Le Monnier, diretta da Marino Lazzari dal 1938 al1943 con il giovane Giulio Carlo Argan segretario di redazione, la rivista «Le Arti»,

strumento del Ministero dell’Educazione Nazionale per il settore Antichità e Belle Arti,aveva in Giuseppe Bottai il suo regista1. In un editoriale scritto in caratteri marcati, comeuna sorta di manifesto, il ministro dettava ad apertura le sue Direttive:

La rivista ‘Le Arti’ sarà espressione diretta della politica artistica del regime: dovrà di-mostrare, in concreto, la validità dei principi. Lo stato fascista, nella sua dottrina unitariaconsidera l’arte elemento indispensabile dell’educazione delle masse. L’universalitàdell’arte italiana, che ha conservato, nei secoli dell’avversa fortuna politica, il predominiomorale di Roma, dev’essere, sempre, presente alla coscienza del popolo italiano. L’or-gano di stato direttamente responsabile, in pratica, della politica artistica del fascismo,deduce norma d’azione dalla coscienza della storia dell’arte italiana, ch’è a sua voltal’asse della storia dell’arte – e, forse, non soltanto dell’arte-europea. Quell’azione poli-tica, nei limiti naturali del settore artistico, è esattamente parallela all’azione politica chefu di Roma ed è, oggi, del regime fascista. Questa verità molto semplice, ma degna d’es-sere meditata, esclude dall’azione artistica dello stato ogni pedanteria conservatrice edogni grettezza fiscale: far la storia significa determinare dei valori utili, nella realtà attuale,per la realtà futura. Non importa se quei valori appartengono cronologicamente, a unpassato estremamente remoto o immediatamente prossimo. Non chiediamo al raggio,che ci illumina, in quanti milioni d’anni o in quante frazioni di secondo sia giunto a noi.Non poniamo cesure tra un passato ed un presente del pari vivi e operanti sul pianostorico dell’Italia imperiale. Gli italiani sono tanto più giovani e pronti all’avvenirequanto più sono esperti della loro secolare grandezza. Questa grandezza conferma lafiducia del regime nell’opera degli artisti d’oggi e nella riflessione degli storici che so-stengono l’agire odierno con l’esperienza della tradizione. Desidero che la rivista “LeArti” documenti di fronte al mondo che l’arte e la critica italiane sono del tutto consa-pevoli della loro funzione, anche politicamente importantissima.

Il programma, segnato da una precisaimpostazione ideologica e politica, tutta tesaverso la realtà attuale, dove “la normad’azione” doveva dedursi dalla coscienzastorica, si collegava alla volontà di riorganiz-zare l’intero settore. L’esigenza era stata av-vertita già negli anni dei dibattiti svolti in«Critica fascista», a valle dei quali Bottaisceglieva di rivolgersi al mondo intellettualein senso lato, nell’obbiettivo di tradurre“concretamente nelle leggi e negli istituti”le istanze di una cultura di stato2. La costru-zione del consenso veniva ad assumere cosìorizzonti ampi, per una egemonia dialetti-camente fondata, che sarebbe stata perse-guita fino all’impresa di «Primato»3. D’altraparte, già nelle consultazioni sulla cultura di«Critica fascista» Bottai aveva ritenuto op-portuno ospitare sia “le tesi che le antitesi, ipareri discordi e quelli concordi”, secondoun’ottica di “sintesi attualistica”, più voltesegnalata dalla critica4. Una linea questa cheappare seguita anche nell’impresa di «LeArti». La rivista si organizzava infatti in-torno a un consiglio direttivo distinto per

impostazione ideologica, impegno politico, appartenenza generazionale. Protagonisti or-ganici al fascismo come Giulio Quirino Giglioli, Cipriano Efisio Oppo e Marcello Piacentiniconvivevano con personalità tendenzialmente autonome quali Roberto Longhi e PietroToesca; mentre al giovane Argan, allora ventinovenne, poteva affiancarsi il nome dell’an-ziano Ojetti, ormai sessantasettenne5. L’indirizzo scelto riusciva ad includere Piacentini ePagano, e cioè stile littorio e razionalismo, una prassi reiterata di ripristini e le riflessioni diArgan e Brandi sulla nascita e sulla prima attività dell’Istituto Centrale del Restauro, mentreconiugava il futurismo controllato di Soffici con la metafisica di Carrà ed il classicismo diRomanelli6. Il periodico arrivava così a bilanciare passatismi ed elaborazioni di punta, coa-gulati nel ricorrente ossimoro modernità \ tradizione, figura retorica caratterizzante l’Italiadel littorio. Già Romina Impera aveva considerato l’apparato iconografico della rivista dove “nel-

l’interno, di grande sobrietà, non si trova nessun capolettera o iniziale decorata, né bordiné cornici; ci sono invece moltissime fotografie in bianco e nero a corredo e illustrazionedegli articoli”7. L’assenza della più consueta grafica decorativa non si registra soltanto al-

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Fig. 1 - Copertina della rivista «Le Arti» (1938-1943)

l’interno del periodico ma è sigla programmatica della stessa copertina dove, nell’essenzia-lità del vocabolario prescelto, la cornice diventa un semplice margine, fattore stabilizzanteper l’equilibrio delle zone cromatiche rosse e nere8 (fig.1). In linea con la sensibilità delmovimento moderno orientato all’architettura della pagina, «Le Arti» marcava così la suadistanza tanto dalla ricchezza di ornati presenti nelle precedenti testate del «Bollettinod’Arte» (fig. 2), quanto dallo stile austero dell’ultima serie del periodico ministeriale, dal1921 diretto da Arduino Colasanti, dove appariva l’immagine della testa di Minerva, in ri-ferimento all’ubicazione del ministero ed in assonanza figurativa con il classicismo di «De-dalo», rivista pubblicata un anno prima da Ojetti, con la quale la critica ha riscontratodiverse similitudini9. La mancanza dei più diffusi stilemi decorativi in copertina e tra le pagine della rivista

evoca riflessioni sulla figura della cornice, che si configura come snodo tematico su cui mi-surare, in questa fase storica, istanze figurative, museografiche e di restauro. Oggetto di ri-flessione estetica di un Novecento che progressivamente ne azzererà funzioni e significati10,le problematiche relative alla figura della cornice, nel corso degli anni trenta, si prospettano

L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943). 333

Fig. 2 - Copertine del «Bollettino d’arte» (anno XI, fascicoli V,VI,VII, 1907; anno XXII, fascicolo I, 1917)

come il sintomo di un passaggio centrale, spie di una ricerca che intendeva esaltare la “bel-lezza delle pareti immacolate” per “case e sale” - scriveva Massimo Bontempelli nel 1932– “in cui non c’è modo di piantare un chiodo senza essere processati per delitto di leso ra-zionalismo”11. Mentre Bontempelli profetizzava che la pittura sarebbe andata “sempre piùaborrendo dalla cornice”12, il muralismo criminalizzava il dipinto da cavalletto ritenuto daSironi il risultato di una visione “chiusa nelle anguste pareti delle cornici”13. D’altra parte,anche per i percorsi del nuovo linguaggio fotografico si poneva il problema di una nuovamodalità di presentazione. Se tradizionalmente l’immagine fotografica era stata espostacome le stampe, circondata dal consueto passepartout anche nella famosa mostra di Stoc-carda del 1929 dove erano contemporaneamente presenti nuove modalità allestitive, allaMostra dell’Aereonautica Italiana del 1934 artisti come Persico, Nizzoli o Pagano presen-tarono dettagli, ingrandimenti e scomposizioni nudi e privi di margini14. Al contrario, pro-prio perché soggetta ad un integrale vaglio polemico, la cornice riceveva una consacrazionecritica a Milano, in una singolare mostra monografica inaugurata nel 1940 alla Triennale(figg. 3-4)15. Qui, con la regia dell’architetto Renato Angeli erano esposte una varietà diopere: dipinti, disegni contemporanei, stampe, caricature, fotografie, ricami, inscritti in uncampionario di forme e materie dove cornici intagliate e dorate all’antica potevano convi-vere con altre luminose, oppure in rhodoid, sughero, midollino, metallo, mosaico, vetro.Lo sperimentalismo degli assortimenti verificava il funzionamento degli accostamenti supareti multicolori, tappezzate con stoffe o carte da parato16. Nel trionfo del gioco polima-terico, la figura della cornice, ambiguamente collocata tra un dentro ed un fuori, che coin-volge sul piano allestitivo l’aura dell’opera17, assumeva una dimensione estensiva,

Figg. 3-4 - 1940, VII Triennale di Milano. Mostra delle cornici, sezione della Mostra dell’arredamento. Milano, Archividella Triennale.

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intercettando la riflessione di questi anni sulle problematiche museografiche. Una riflessioneche, contestualmente affrontata tra le pagine di «Le Arti», emergeva come componenterappresentativa di alcuni degli aspetti più innovativi sviscerati dalla rivista. Qui, la sintassidelle ‘esposizioni di massa’18 veniva incanalata ed insieme filtrata nelle mostre d’arte anticae moderna, con l’intento di svecchiare un settore verso una nuova museografia critica voltaalla costruzione di una cultura storica fascista19, che nell’aggiornare cercava al contempodi disciplinare un intero settore, come attestano le note imprese del Convegno dei Soprin-tendenti del 1938 e della nuova legge di tutela del 193920. Fin dal primo numero del periodico compariva nel consiglio direttivo, si è detto, il nome

di Giuseppe Pagano. La presenza dell’architetto istriano, contemporaneamente direttoredi «Casabella”, era il risultato della rete di calibrate cooptazioni disposte da Bottai. Lungoquesta prospettiva, il coinvolgimento di protagonisti come lo stesso Argan, cui si affianca-rono Guglielmo Pacchioni, Rodolfo Pallucchini e Cesare Brandi, schierava tra le pagine di«Le Arti» intellettuali che avrebbero saputo documentare la sperimentazione di un nuovolessico allestitivo misurato sul versante dell’antico attraverso l’esperienza dei linguaggi espo-sitivi contemporanei, in sintonia con quanto si era andato mettendo a fuoco proprio in «Ca-sabella»21. Su tale fronte, la circolarità delle voci tra le due testate appare indicativa dellescelte del modernista Bottai, che spingeva il settore delle Antichità e Belle Arti verso unmodello di rinnovamento. Un modello che, normalizzato il radicalismo delle istanze movi-mentiste rivolte alla “estetizzazione della storia”22, poteva applicarsi anche all’arte del pas-sato, nella consapevolezza dell’ora attuale23 ed inserendo la “lucida esperienza storica nelpratico agire presente”24, in sintonia con quanto predisposto dall’editoriale di Bottai. Perraggiungere tale scopo, Giuseppe Pagano era certamente l’uomo giusto. I suoi interventisulla rivista, seppure limitati, riprendendo un iter di riflessioni presenti in «Casabella», as-sumono nell’interno del periodico ministeriale una funzione precisa. Nel commentare i Cri-teri di allestimento della mostra leonardesca del 1939, inscritti dentro i suoi “propositiordinatori”25, Pagano rivendicava la scelta di escludere ogni cornice, se non originale, daglischemi adottati26. L’epurazione veniva argomentata stigmatizzando la cornice come “unresiduo dello spirito salottiero”27, che aveva ridotto il quadro ad un mero oggetto di lusso.Il commento alla mostra leonardesca, che era stata collocata a Milano negli ambienti delpalazzo della Triennale, sempre in ossequio all’ossimoro antico \ nuovo, offriva all’architettoistriano l’occasione per circostanziare le sue riflessioni. La liquidazione delle cornici, rite-nute elemento di offesa e di disturbo alla fruizione delle opere, era rivendicata nell’obiettivodi presentare i quadri “nella loro primaria nudità e nella schiettezza della loro originariabellezza”28. Era bastata una sottile incorniciatura bianca alla testa del Cristo di Botticelli,collocata nella sala dei fiorentini, “per liberare - scriveva Pagano - l’opera d’arte di ogni va-lore archeologico ed esaltare i valori assoluti del quadro: eterni ed attuali nello stessotempo”29. La nudità dei dipinti, se decretava la fine dell’aura che una visione passatistaaveva glorificato in una concezione retorica ed illustrativa dell’immagine, approdava aduna forma eroica ribaltata, affidata al nuovo valore attribuito alla struttura e, per assimila-

L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943). 335

zione, al dato materico, direttamente propo-sto e reso monumentale dall’evidenza in sé si-gnificante. D’altra parte, la regia di Paganoalla mostra leonardesca (fig. 5) aveva compor-tato il coinvolgimento di Banfi, Belgioioso,Peressutti, che nella sala della scuola, si leggesempre nell’articolo di «Le Arti», propone-vano “paretine mobili” e “strutture di aste dilegno spostabili” per staccare i dipinti dallepareti30. Dispositivi studiatissimi, abbinati adinquadrature metalliche per la costruzione diun insieme di materiali congegnato ed esal-tato anche in funzione della visibilità dei retridelle opere31 (fig. 6).L’esperienza di Pagano emergeva poi nella

rivista in un altro significativo contesto: l’ec-

Fig. 5 - Mostra di Leonardo da Vinci e delle Invenzioni Italiane, Galleria dei pittori di scuola leonardesca. Milano, Palazzodella Triennale. Architetti: Banfi, Belgioioso, Peressutti. Da G. Pacchioni, Le mostre d’arte e il pubblico, in «Le Arti», II,III, febbraio-marzo, 1939-1940, pp. 176-182, tav. LXXIV.

Fig. 6 - 1939, Mostra di Leonardo da Vinci e delle InvenzioniItaliane, Galleria dei pittori di scuola leonardesca. Milano,Palazzo della Triennale. Architetti: Banfi, Belgioioso, Peres-sutti. Ingrandimento di un particolare della foto tratta da G.Pacchioni,Le mostre d’arte e il pubblico, in «Le Arti», II,III, febbraio-marzo, 1939-1940, pp. 176-182, tav. LXXIV.

MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI336

cezionale corredo di immagini (sette scelte tra quaranta scatti) realizzate per l’articolo diPietro Toesca sul ritrovamento della Pietà da Palestrina attribuita a Michelangelo ed espostaalla Mostra autarchica del Minerale Italiano32. Ai sassi, ai legni, ai mattoni e al vetro che l’oc-chio di Pagano fotografo33 aveva ripreso nella loro realtà umile e complessa, con la strutturamaterica esposta e saturata come da una nuova energia costruttiva colta a tutto campo peruna moderna lettura dell’immagine si affiancava, in una complementare sintonia, la logicasecondo cui l’architetto aveva ripreso i particolari della Pietà michelangiolesca (figg. 7-8).In una prospettiva poetica che sentiva la fusione tra gli elementi naturali ed il manufattoumano Pagano collocava anche l’opera d’arte34. La Pietà veniva ritratta in una chiave ine-dita, su fondo nero, con inquadrature ravvicinate e di scorcio, proposta in dettagli che evi-denziavano la scabrosità del marmo e le tracce di lavorazione, esaltati a volte fino ai limitidell’astrazione dall’uso di una luce radente sapientemente dosata35. Così, la materia miche-langiolesca era modernamente messa a nudo, candidata proprio dentro «Le Arti» impro-priamente ai percorsi di una nuova lettura, secondo un iter di ricerche che miravano a spezzarel’aura dell’immagine unica pittorialista36. Sempre in una direzione di ricerca, nella mostra leo-nardesca, Pagano aveva presentato le fotografie del Battesimo di Verrocchio scomponendo insegmenti l’immagine. Pagano rielaborava anche esperienze direttamente vissute, come quelladella Mostra fotografica dell’architettura ordinata da Pica nell’ambito della sesta Triennale diMilano dove, nella sezione Svizzera, Max Bill aveva collocato il suo “grandissimo diaframmaa riquadri smussati nel quale si frazionava una immensa fotografia colorata di paesaggio sviz-zero, ampliantesi nel respiro delle divisioni”37. Dalla natura all’opera riproposta e riletta in

Figg. 7-8 - Giuseppe Pagano, La Pietà di Palestrina, da P. Toesca, Un capolavoro di Michelangelo. La Pietà di Palestrina,in «Le Arti», I, 2, 1938.

337L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943).

una prospettiva inedita. D’altra parte, nell’ambito della documentazione dell’opera d’arte,grande risonanza aveva avuto l’operazione di Edoardo Persico, che nella sua antologia re-datta con la collaborazione di Anna Maria Mazzuchelli aveva realizzato “una storia figuratadella scultura romana”, il cui interesse andava ricercato “nel modo della presentazione”,dove le immagini opportunamente ritagliate di Alinari, Anderson, Brogi, Faraglia avanza-vano primi piani ravvicinati, dettagli, audaci accostamenti38. Con la presentazione dei particolari della Pietàmichelangiolesca «Le Arti» si era dunque

assimilata a quanto di più audace si stesse elaborando in Italia nel campo della documen-tazione fotografica dell’opera d’arte. Contemporaneamente, tra le pagine della rivista emer-geva però un’asimmetria eloquente. Se pure apparivano dettagli ingranditi, retri,radiografie, microfotografie, fotografie ad ultravioletto, in linea con il nuovo ruolo affidatoai mezzi moderni di indagine e nella inedita tensione verso l’evidenza dei segni della tecnicaesecutiva39, numerose restavano le immagini soggette a canoni di matrice ancora ottocen-tesca, tese ad esaltare la consunzione delle opere con inquadrature assiali ed univoche, se-condo tradizionali riprese a distanza. Nelle pagine del periodico, le rare tavole a colorierano destinate soltanto ai moderni: Carrà, Morandi, De Pisis, Tosi, Rosai (eccetto il casodi una pittura ellenistica e di una maiolica urbinate); mentre Bellini o Tiepolo venivano ri-presi nel consueto bianco e nero, seppure rinnovato per una nuova qualità visiva dei par-ticolari. Così, prevalentemente immersi in una dimensione di nostalgica lontananza, undipinto di Lorenzo Lotto o di Cristoforo da Lendinara potevano apparire più simili ad unreperto archeologico, secondo un paradigma visivo e storiografico attardato e persistente,volto a trasformarsi in attestato di autenticità40. In realtà, le nuove modalità di ripresa delleopere d’arte non penetravano senza resistenze e seguivano un percorso ancora paralleloalle consuetudini di schemi passatisti. Ed è interessante, da questo punto di vista, conside-rare quanto è emerso a proposito dell’allestimento del Museo del Risorgimento di Torino,dove la proposta di Argan di realizzare un ingegnoso fotomontaggio per l’immagine del-l’assedio della città tratta dal dipinto di Charles Parrocel veniva liquidata a favore di unacopia dell’opera. Cesare Maria De Vecchi aveva scartato l’idea senza esitazioni, dichiaran-dosi contrario all’uso moderno ed estetico della fotografia, ancora definita come fredda emeccanica, quindi utile soltanto ai fini di una riproduzione documentaria41.Ma riprendendo il filo rosso del tema della cornice, appare allora più chiaro quello che

nel corso del 1941 Cesare Brandi elaborava nella sua sala delle mostre, spazio ideato negliambienti dell’esordiente Istituto Centrale del Restauro, costruito per sperimentazioni mu-seografiche peculiari, della cui concezione lo studioso senese diede conto ancora dalle pa-gine di «Le Arti»42. All’inizio degli anni quaranta, allineato al clima coevo, Brandipresentava in Istituto e pubblicava nelle pagine della rivista i dipinti senesi restaurati prividi cornici, con i margini esposti per consentire la visione di bordi e spessori, accompagnatida cartellini di vetro che riducevano al minimo il disturbo percettivo43 (figg. 9-10). Anchela sua filologia dei materiali acquisiva significato dall’opera denudata aperta ad una fruizioneche consentiva l’analisi della sua identità di manufatto. Un listello dorato, mobile come altri

338 MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI

elementi presenti nella sala, posto a distanza per individuare ed insieme separare il campogravitazionale di lettura dell’immagine, era l’aura lasciata sussistere in funzione del qui edora dello spettatore44. Un’ aura residuale ma connotante che, seppure congiunta alla pre-sentazione dell’opera spoglia, incrinava la consueta assimilazione dell’oggetto d’arte al re-perto antico, celebrando, in una problematica moderna, il campo estetico della visione dovela materia faceva da protagonista. L’apertura si attuava proprio attraverso l’inedito codiceallestitivo sperimentato, dove cominciava a farsi strada la dimensione di un nuovo mododi intendere la ricezione dell’opera nella coscienza. Sui mobili tendaggi grigi, soluzione mu-seografica più volte citata da «Le Arti», il brillio dell’oro del listello se si legava all’inqua-dratura dei dipinti non proponeva però “una connessione diretta”, costituiva un limite maanche un’apertura di valore verso un pubblico, più volte chiamato in causa dalle paginedella rivista45. Poco dopo, in occasione della mostra dei dipinti restaurati di Antonello daMessina, Brandi faceva precedere il suo articolo, sempre pubblicato su «Le Arti», da unaprecisazione che ribadiva l’iter dei suoi pensieri:

Circa i criteri che informarono l’ordinamento e la presentazione della Mostra – si legge– occorre tener presente che scopo precipuo delle Mostre dell’Istituto Centrale delRestauro è di rendere esattissimo conto dei restauri compiuti: perciò, fermo restandoche ogni opera d’arte deve essere posta nelle migliori condizioni di visibilità e di am-bientamento, l’incorniciatura dei dipinti venne studiata in relazione alla necessità dellostudio diretto e facile dell’opera. Quindi non si usarono cristalli protettivi, né fu ri-composto il Trittico di Messina, né si fecero aggettare le cornici sui dipinti, affinchè

Figg. 9-10 - 1942, Mostra degli otto dipinti restaurati acquistati dalla pinacoteca di Siena - Da C. Brandi, Gli otto dipinti ac-quistati dallo Stato per la R. Pinacoteca di Siena restaurati ed esposti presso l’Istituto Centrale del Restauro, in «Le Arti»,IV 5-6, 1942.

L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943). 339

non ne risultassero nascosti i margini. Le cornici servivano, così, soltanto a mediare aidipinti l’inserzione cromatica sulla superficie del fondo, senza pretendere di completareo adornare in alcun modo l’opera d’arte46.

L’ampia documentazione che accompagnava il saggio era stata eseguita dal Gabinettofotografico dell’Istituto Centrale del Restauro e presentava l’Ecce Homo del Museo Alberonidi Piacenza prima, durante e dopo il restauro, con immagini a piena pagina e particolariingranditi come il retro della tavola dell’Annunziata del Museo Nazionale di Palermo (fig.12). Una moderna razionalità di intenti collegava gli allestimenti ai restauri compiuti, mentresi diffondeva la nuova modalità di documentazione fotografica dell’opera d’arte. In meritoalle cornici, i tentativi effettuati a favore di un ambientamento contro l’ambientazione, voltia non creare disturbo alla fruizione ed insieme a mediare i rapporti tra parete, opera, spet-tatore seguivano un percorso analogo a quanto Brandi veniva focalizzando intorno al di-sturbo delle lacune e alla sperimentazione di soluzioni integrative che si staccassero pernon fondersi falsamente con l’opera. Queste prime esperienze, debitrici del clima coevoche «Le Arti» ben rappresentava nelle sue elaborazioni di punta, racchiudevano in nuce laconsapevolezza delle aporie che la ‘figura’ della cornice contiene. L’iter dei pensieri, ripresoe reimpostato alla luce di una più matura visione critica ed estetica di matrice Kantiana efenomenologica, avrebbe trovato un suo alveo preciso in chiusura della Teoria del restauro,quando lo studioso affrontò centralmente l’ambivalenza della figura della cornice che, nelgiocare un ruolo di elemento collaterale e appariscente, con una funzione segreta e sostan-ziale, tra il raccordo, il trapasso e la sospensiva, da elemento ‘marginale’ venne a configurarsicome snodo centrale di una prospettiva di riflessione ormai pienamente consapevole dellevalenze affidate allo spazio, del ruolo della museografia, del restauro preventivo. Una pro-spettiva affidata ad una moderna nozione di contesto incardinata alla restituzione di sensodi una ricezione ben ancorata all’interno della coscienza critica del fruitore47.

M.I.C.

340 MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI

Note

1 La razionale geometria della copertina della rivista risolta in un cromatismo semplificato con l’essenziale monumentalitàdella scritta in caratteri bastoni, la mancanza dell’incorniciatura ridotta all’elementarità dei margini, la rappresentazioneal centro dell’aquila imperiale sono elementi che sviluppano in chiave di più avanzata modernità grafica la linea edi-toriale già espressa nella rivista �«Scuola e cultura annali dell’istruzione media», analogamente pubblicata da Le Mon-nier per conto del Ministero dell’Educazione Nazionale dal 1932 al 1943. Un’analisi specifica di «Le Arti» è statacondotta finora soltanto da Romina Impera nel suo puntuale saggio Avvio per le Arti, in «Annali di Critica d’Arte»,1, 2005, pp. 345-371. La studiosa, oltre a fornire una quadro generale sulla rivista e sulla sua genesi, che rimanda allegame con «Rassegna dell’Istruzione artistica», periodico ministeriale di ispirazione didattica attento alla produzioneartistica contemporanea, individua una serie di correlazioni tra «Le Arti» ed altre imprese come «Critica d’Arte» e«Primato», a cui penso sia lecito aggiungere «Beltempo. Almanacco delle Lettere e delle Arti», Edizioni della Cometa,pubblicato dal 1940 al 1942. Qui, il numero del 1942 dedicato alle arti figurative è aperto dal testo di Bottai intitolatoFronte dell’Arte, dove in chiusura, come una sorta di epitaffio segnato dalla guerra in corso, si trovano ribaditi nellafigura retorica dell’ossimoro i consueti nessi modernità \ tradizione che segnano la linea percorsa dall’almanacco:«Un’arte italiana esiste, e l’abbiamo difesa. Ora le compete una posizione avanzata nella grande offensiva che l’ordinenuovo porta nell’antico. La battaglia degli artisti d’oggi non sarà così facilmente esclusa dalla tradizione degli artistidi domani» (G. Bottai, Fronte dell’Arte, in «Beltempo. Almanacco delle Lettere e delle Arti», 1942, p. 14). L’intervento,a ribadire una circolarità di strategie politiche e culturali, riprendeva il testo pubblicato su «Le Arti» (III, 3, 1941, pp.153 ss.) e su «Primato» (II, 4, 1941, pp. 3 ss.). Per alcune tematiche figurative affrontate in questi anni in «Beltempo»cfr. M.I. Catalano, Oltre l’idealismo, per una �nuova preistoria�: la congiuntura Metafisica nell’esperienza di Argan, ingiulio carlo argan. intellettuale e storico dell’arte, a cura di Claudio Gamba, Milano 2012, pp. 317-324.

2 S. Salvagnini, Il sistema delle arti in Italia 1914-1943, Bologna 2000, p. 353.3 Su «Primato» si veda in particolare V. Zagarrio (Primato arte, cultura, cinema del fascismo attraverso una rivista esem-plare, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2008) che affronta il problema degli schieramenti sull’arte nelle paginedella rivista e della politica artistica del regime a partire dall’inchiesta sulla cultura di «Critica fascista» (ivi, pp. 151ss. e pp. 167 ss.). Agli artisti attivi in «Primato» è dedicato Artisti collezionisti mostre negli anni di Primato 1940-1943,catalogo della mostra (Roma, Accademia Nazionale di San Luca, 1996-1997), Roma 1996.

4 S. Salvagnini, Il sistema delle arti…, cit., p. 384. 5 Nell’esordio del consiglio direttivo di «Le Arti» erano presenti: Ugo Ojetti, Pietro Toesca, Massimo Bontempelli,

Felice Carena, Ardengo Soffici, Carlo Carra, Marcello Piacentini, Romano Romanelli, Giulio Quirino Giglioli, AntonioMaraini, Silvio D’Amico, Carlo Anti, Biagio Pace, Arturo Martini, Roberto Longhi, Giovanni Michelacci, CiprianoEfisio Oppo, Virgilio Marchi, Mario Labroca, Giuseppe Pagano, Luigi Ronga. L’articolata compagine teneva insiemecritici dell’arte e del teatro, musicologi, architetti, storici dell’arte, archeologi, artisti e artisti critici.

6 Negli anni della formazione Bottai, come riconsidera Salvagnini (S. Salvagnini, Il sistema delle arti…, cit. p. 381), erastato influenzato dalla componente lacerbiana del futurismo, quella più controllata di Papini e Soffici, potenzialmenteforiera di un ‘ritorno all’ordine’, ciò che spiega la sua inclinazione verso le istanze di un ‘classicismo moderno’.

7 R. Impera, Avvio per le Arti …, cit.,, pp. 363-364.8 Cfr. nota 19 S. Salvagnini, Il sistema delle arti …,cit., p. 367. Sul frontespizio di «Dedalo» �sotto il titolo in lettere romane, cam-peggiava l’immagine di ‘Daedalus primus artifex’ … tratta da un pezzo ellenistico conservato a Villa Albani� cfr. G.De Lorenzi, Ugo Ojetti critico d’arte. Dal ‘Marzocco’ a ‘Dedalo’, Le Lettere, Firenze, 2004, p. 192; Id., 1920: Ojetti,‘Dedalo’ e l’arte contemporanea, in «Ricerche di Storia dell’Arte», 67, 1999, pp. 5 - 22.

10 Il tema della cornice riceve sistematica attenzione teorica nel corso del Novecento, contemplando riflessioni estetolo-giche da Simmel a Derrida; cfr. in proposito I percorsi delle forme. I testi e le teorie, a cura di M. Mazzocut-Mis, Milano1997; Le parole della filosofia, III, 2000, Seminario di filosofia dell’immagine, http: // www.lettere.unimi.it / Spazio_Fi-losofico/ leparole/duemila/ascorn.htm; A. Pinotti, Estetica della pittura, Bologna 2007.

11 La citazione è tratta da M. Bontempelli, Realismo magico e altri scritti sull’arte, a cura di Elena Pontiggia, Milano 2006, p.56. Estrapolati da L’avventura novecentista tali pensieri testimoniano, nella messa in evidenza del legame case \ sale, la con-sapevolezza della correlazione privato pubblico, prospettiva di indagine prolifica nell’ ambito di una museologia critica.

12 Ivi, p. 57.13 E. Braun, Mario Sironi. Arte e politica in Italia sotto il fascismo, Torino 2003, p. 204.14 Nel numero di «Casabella» (1925-1940 Costruzioni, in «Casabella», XIV, 159-160, marzo - aprile 1941) che, come è

L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943). 341

MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI342

noto, fu tutto dedicato al tema delle esposizioni, contemplando una straordinaria raccolta di immagini tuttora di fon-damentale utilità, si trovano riproduzioni fotografiche dell’allestimento della Mostra dell’Aereonautica Italiana e diFilm und Foto, l’esposizione tenuta a Stoccarda nel 1929. Per l’influsso del Bahuaus, della fotografia tedesca e dellamostra di Stoccarda su Giuseppe Pagano ed Enrico Peressutti cfr. C. De Seta, Giuseppe Pagano fotografo, catalogodella mostra (Bologna - Roma 1979), a cura di Cesare De Seta, Milano 1979, p. 6; Id., Giuseppe Pagano fotografo diarchitettura, in Architettura e Arte, n. 9-10, 2000, p. 10. Sul linguaggio di Pagano cfr. il più recente contributo di DariaDe Seta, Giuseppe Pagano vocabolario de imágines, Madrid 2008.

15 A. Pica, Storia della Triennale di Milano 1918-1957, Milano 1957, p. 41. La singolare esposizione, citata soltanto daPica, non è stata fin qui oggetto di ricerche, nè di riflessioni critiche.

16 Catalogo della VII Triennale di Milano, Milano 1940, pp. 102 - 10317 V. Stoikita, L’invenzione del quadro, Milano 2001, p. 67.18 Per la formula ‘esposizioni di massa’ cfr. M. Stone, The patron State: Culture and Politics in Fascist Italy, Princeton1998, pp. 129-130. Si vedano poi in proposito le riflessioni di C. Fogu, L’immaginario storico fascista e la mostra dellarivoluzione, in J. T. Schnapp, Anno X. La mostra della Rivoluzione fascista del 1932 con una postfazione di ClaudioFogu, Pisa - Roma 2003, pp. 131 ss. E, più recentemente, M. Cioli, Il fascismo e la ‘sua’ arte. Dottrina e istituzioni trafuturismo e Novecento, Città di Castello 2011, pp.183 ss.

19 Per l’analisi di un caso esemplare, in cui si coniugavano il piano storico, quello critico e quello propagandistico, pro-ducendo non poche discrasie cfr. A. Mociatti, Alle origini dell’arte nostra. La mostra giottesca del 1937 a Firenze,Milano 2010. In riferimento al ruolo dei musei del Risorgimento nella costruzione di una legittimazione storica daparte del regime si veda M. Baioni, Risorgimento in camicia nera, Studi, istituzioni, musei nell’Italia fascista, Torino2006. Nel testo di Baioni si trovano poi numerose considerazioni sulla Mostra della rivoluzione fascista del 1932, checostituì una vera e propria cesura per la museografia e per la storiografia italiana negli anni Trenta. Intorno alla famosaesposizione lo studioso ricapitola il dibattito più recente, debitore dei numerosi contributi stranieri e del filone deicultural studies (ivi, pp. 11, 209 ss.).

20 Il convegno fu ospitato tra le pagine della rivista, che riportò integralmente anche il dibattito, spesso tralasciato daglistudi sul tema. Per tutto il quadro giuridico di riferimento di questi anni si veda Istituzioni e politiche culturali in Italianegli anni Trenta, a cura di Vincenzo Cazzato, 2 voll., Roma 2001.

21 Per il ruolo di Guglielmo Pacchioni in ambito museografico, connesso alla sua matrice crociana e purovisibilista siveda M. Dalai Emiliani, Per una critica della museografia del Novecento in Italia. Il �saper mostrare� di Carlo Scarpa, Ve-nezia 2008, pp. 39, 108 - 109. Sulla museografia critica esperita in Italia in questi anni con riferimenti allo stesso Pac-chioni, ad Argan e alle frequentazioni di «Casabella» cfr. V. Russo, Giulio Carlo Argan. Restauro, critica, scienza, Firenze2009. Per i rapporti tra Argan, Pagano, Persico e la rivista «Casabella» si veda pure I. Buonazia, Verso un’architetturarazionalista. L’esperienza di Argan con ‘Casabella’, in «Annali dell’Associazione Bianchi Bandinelli», 17, 2005, pp. 53- 65. Su «Casabella» cfr. il volume di C. Baglione, Casabella 1928-2008, Milano 2008.

22 E. Braun, Mario Sironi …, cit., p. 199. 23 M. Lazzari, Conclusioni al Convegno, in «Le Arti», I, 1, 1938, p. 162.24 Il Convegno dei Soprintendenti, in «Le Arti», I, 1, 1938, p. 41.25 G. Pagano, Criteri di allestimento della mostra leonardesca, in «Le Arti», I, 6, 1939, p. 601. Sulla mostra, Pagano

scriveva contemporaneamente un lungo saggio in «Casabella» (n. 141, settembre 1939, pp. 6-19). Per l’esposizioneleonardesca si veda C. Sangiorgi, Brevi note critiche sulla mostra e sul ruolo svolto da GiuseppePagano, http://www.in-fobuild.it/approfondimenti/la-mostra-di-leonardo-del-1939.

26 Ivi, p. 603.27 Ivi, p. 604.28 Ivi, p. 604.29 Ivi, p. 604.30 Ivi, p. 60331 Ivi, p. 60332 Sulla campagna fotografica di Pagano per l’articolo di Toesca (Un capolavoro di Michelangelo ‘La Pietà di Palestrina,in «Le Arti», I, 2, 1938, pp. 105 - 110) cfr. L. Lorizzo, Pietro Toesca all’Università di Roma e il sodalizio con BernardBerenson, in Pietro Toesca e la fotografia. Saper vedere, a cura di Paola Callegari ed Edith Gabrielli, Milano 2009, pp.111 ss.. L’attribuzione dell’opera a Michelangelo è ormai contestata dalla critica cfr. C. Acidini Luchinat, Michelangeloscultore, Milano 2006, pp. 277-278.

33 Dopo gli interventi del dopoguerra, la ripresa degli studi critici su Pagano fotografo partono dai contributi di Cesare

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De Seta e dagli studiosi raccolti intorno all’impresa della mostra e del volume correlato citati alla nota 14; ma si vedaancora C. De Seta, Giuseppe Pagano fotografo di architettura …, cit., pp. 9-11. Per più recenti considerazioni cfr. pureG. D’Autilia, Storia della fotografia in Italia dal 1839 a oggi, Torino 2012, pp. 218-219.

34 Scrive a tal proposito Leonardo Di Mauro (Archeologia ed arte, in Giuseppe Pagano fotografo…, cit., p. 52): �Il motivodella trasformazione delle cose in altre completamente diverse è da lui particolarmente studiato; l’archeologia e la na-tura gli offrono spunti innumerevoli: i marmi corrosi che diventano sassi e i sassi che diventano scultura�. Il discorsoresta valido anche per la storia dell’arte, poiché nella stessa logica Pagano aveva fotografato la Fonte Gaia di Iacopodella Quercia a Siena o gli angeli di Ponte Sant’Angelo del Bernini (ivi, p. 54).

35 L. Lorizzo, Pietro Toesca all’Università di Roma…, cit., pp. 112-113. 36 G. D’Autilia, Storia della fotografia…, cit., p. 219.37 Cfr. 1925-1940 Costruzioni …, cit., p. 55. 38 Arte romana. La scultura romana e quattro affreschi della villa dei misteri a cura di Edoardo Persico, Supplemento al fa-scicolo 96 della rivista Domus, dicembre 1935. Si vedano in proposito le riflessioni di G. Agosti V. Farinella, Il fregiodella colonna Traiana. Avvio ad un registro della fortuna figurativa, in «Annali della Scuola Normale di Pisa», 15, 4,1985, pp. 1147 ss; cfr. anche S. Salvagnini, Il sistema delle arti…, cit., p.73.

39 Cfr. in particolare il corredo fotografico all’articolo di S. Augusti, I contributi della chimica e della fisica all’esame deidipinti, in «Le Arti», V, 4-5, 1943, pp. 212 - 217

40 Dentro «Le Arti» si potrebbero fare diffusi esempi su tale modalità di ripresa, che si coniugava nell’ambito del restauroad una prospettiva conservativa ambivalente. Una prospettiva che in architettura oscillava tra il rispetto delle preesi-stenze, i ripristini, le ricostruzioni, le differenziazione delle parti nuove da quelle aggiunte; mentre per le opere d’artele scelte variavano tra integrazioni con tinte neutre o locali. Prevaleva la tendenza a vedere nell’opera un reperto, che sicombinava d’altra parte con la visione del restauratore come un archeologo, così identificato dallo stesso Toesca nellavoce restauro del 1936 per l’Enciclopedia Italiana. Nel complesso, dalla sistematica schedatura tematica della rivista,effettuata in relazione a musei, mostre, restauri, diagnostica artistica emerge un territorio Italia caratterizzato da nume-rose asimmetrie, tra le esperienze sul campo, i diversi settori disciplinari coinvolti (architettura, archeologia, storia del-l’arte) e le alternative di elaborazioni critiche più avanzate. Come esemplificazione delle diffuse riprese di tipotradizionale presenti tra le pagine di «Le Arti» sono eloquenti la tavola CVI nel fasc. IV del I numero del 1939 corri-spondente al Monumento d’Onigo di Lorenzo Lotto nella chiesa di S. Nicolò a Treviso e la tavola CLIII nel fasc. V, delI numero del 1939 relativa al S. Pietro di Cristoforo da Lendinara della chiesa di S. Maria degli Angeli di Cassano Murge.

41 M. Baioni, Risorgimento in camicia nera…, cit., pp. 226 - 22742 C. Brandi, L’inaugurazione del Regio Istituto Centrale del Restauro di Roma. La relazione di Cesare Brandi, in «LeArti», IV, 1, 1941, pp. 51-53. Sulla sala delle mostre vedi M. I. Catalano, Dall’esperienza dell’arte all’estetica: la ‘Saladelle Mostre’ dell’Istituto Centrale del Restauro, in La teoria del restauro nel Novecento da Riegl a Brandi, Atti del Con-vegno Internazionale, Viterbo, 12-15 novembre 2003, Firenze 2006, pp. 179-197.

43 C. Brandi, Gli otto dipinti acquistati dallo Stato per la R. Pinacoteca di Siena restaurati ed esposti presso l’ Istituto Centraledel Restauro, in «Le Arti», IV, 5 - 6, 1942, pp. 366-371.

44 Già in questa fase, lo sguardo dello spettatore era inteso da Brandi in chiave fenomenologica, così come si è cercatodi dimostrare nel saggio citato alla nota 42.

45 Cfr. per tutti l’articolo di Guglielmo Pacchioni, Le mostre d’arte e il pubblico, in «Le Arti», II, 3, 1940, pp. 176-182.Pacchioni, nell’analizzare le tipologie di pubblico, cui fa riferimento oltre il contributo di Silvia Cecchini, sottolineavala necessità di rivolgersi nelle mostre d’arte all’ampia compagine di non addetti ai lavori, per la quale era necessarioun linguaggio comunicativo semplice e famigliare, atto a sollecitare la partecipazione �non per la indagine e la valoriz-zazione retrospettive, ma per le attuali risonanze�. Lo studioso invitava ad �eccitare per via di accostamenti di confrontidi paralleli impensati, una certa ammirata meraviglia, presentando ogni cosa in forma evidente e vistosa, diciamo purepubblicitaria, ma soprattutto viva attuale: carica cioè di legami primordiali e di sviluppi per l’avvenire� (p. 181).

46 C. Brandi, Tre dipinti di Antonello da Messina restaurati ed esposti presso l’Istituto Centrale del Restauro, in «Le Arti»,V, 2, 1942-1943, p. 90. Il testo fu ripreso nell’Avvertenza di Mostra dei dipinti di Antonello da Messina, catalogo a curadi Cesare Brandi, Roma 1942.

47 C. Brandi, Togliere o conservare le cornici come problema di restauro, in Teoria del restauro. Lezioni raccolte da L. VladBorrelli, J. Raspi Serra, G. Urbani con Bibliografia generale dell’autore, Roma 1963, pp. 149 - 155. La collocazione inchiusura dell’appendice del saggio sulla cornice, a completamento dell’intera Teoria, dove la museografia veniva definitaun �singolare quadrivio tra scienza, storia, estetica e moda� (ivi, p. 149), rinviava all’ottavo capitolo scritto nel 1956 econsacrato al restauro preventivo. A questo testo si saldavano poi le riflessioni delle pagine precedenti impostate sullanecessità di salvaguardare la spazialità dell’opera e perciò la sua valenza urbana.

Fare storia come atto critico. Alcune esposizioni temporanee attraverso la rivista «Le Arti»

Mentre sulla museologia si è consolidata, e va cre-scendo, un’ampia tradizione di studi, niente di simile sipuò individuare ancora per le esposizioni temporanee,sebbene esse siano identificabili come laboratorio di spe-rimentazione e sismografo assai sensibile ai movimentidel gusto, della critica, della cultura, della società, quindiluogo essenziale per la storia, ed in particolare per la sto-ria dell’arte1. Una mancanza attenuata, alcuni anni fa,dagli studi di Francis Haskell che, da un’intuizione suirischi e sui veri e propri danni provocati dalle mostre,aveva avviato ricerche su alcune esposizioni allestite traOttocento e Novecento, interrogandosi sulla loro genesie comparandone impostazione e metodi2. Quegli studiavrebbero indagato, se Haskell ne avesse avuto il tempo,l’impatto di quelle esposizioni temporanee di antichimaestri sugli artisti, sugli studiosi, sulla memoria collet-tiva; avrebbero tentato di indicare quanto le differenzedi impostazione avessero potuto stimolare una diversitàdi atteggiamenti e reazioni3. Su quella strada, la ricostruzione di una storia delle

esposizioni temporanee potrebbe giovarsi di uno spogliosistematico delle recensioni comparse sulle riviste, essen-ziale per comprenderne il valore, rivelatore di mutamentidel gusto e gli effetti sulla cultura del tempo. L’analisi chequi propongo, punta lo sguardo sulla rivista «Le Arti» erestringe l’obiettivo d’osservazione al valore che le mostretemporanee ebbero per alcuni protagonisti di queglieventi - uomini che ricoprono allo stesso tempo il ruolo di progettisti e critici – e tentainfine di individuare alcune contaminazioni di linguaggio che emergono dagli allestimenti,e che inevitabilmente interferirono con la ricezione del messaggio da parte del pubblico edegli specialisti.

Mostrare, tradurre, interpretare

Sulle pagine della rivista «Le Arti» Guglielmo Pacchioni scrive nel 1939: «Ogni allesti-mento di raccolte d’arte (é) opera di interpretazione, commento, valorizzazione critica»4.

Fig. 11 - 1939, Mostra di Leonardo daVinci e delle Invenzioni Italiane, sala de-dicata all’iconografia di Leonardo, Mi-lano, Palazzo della Triennale.Ingrandimento di un particolare dellafoto tratta da G. Pagano, Criteri di alle-stimento della mostra leonardesca, in «LeArti», I, VI, 1939, pp. 601-604, tav.CLXXXVI.

MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI344

345L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943).

Nell’affermare che «raccogliere, disporre opere d’arte, vuol dire darne una interpretazionecritica» Pacchioni richiama quanto già detto dal ministro Bottai sulla connessione di un si-mile processo interpretativo con l’opera di restauro. Quel processo di selezione ed esposi-zione implica l’elaborazione di «un commento che porti l’opera d’arte sul nostro piano diattualità, che la renda cioè accessibile e facilmente accessibile agli occhi e all’animo di moltagente del nostro tempo senza che occorra essersi fatta un’anima medioevale o romana perpoterla comprendere»5. Una posizione condivisa, all’interno della redazione della rivista,anche da Rodolfo Pallucchini, che considera le mostre d’arte antica come «campo speri-mentale, banco di prova»6.

Le mostre accolgano ogni idea innovatrice: Pacchioni e Pagano

Nella lettura del ruolo delle esposizioni come momento di traduzione dell’opera arti-stica, le parole di Giglielmo Pacchioni mettono subito in evidenza il nesso tra museologiae restauro, reso stringente dalla traslazione, da un campo disciplinare all’altro, del con-cetto di «interpretazione critica». La chiave analitica ripresa da Pacchioni e Bottai eragià emersa, un anno prima, nelle parole di Argan, quando aveva identificato il restaurocome atto critico.7

Fig. 12 - 1934, Esposizione dell’Aeronautica italiana, sala delle medaglie d’oro. Architetti: E. Persico, M. Nizzoli. Da Numero doppiodedicato all’architettura delle mostre, numero monografico di «Casabella costruzioni», 14, 159-160, marzo-aprile 1941, p. 41.

MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI346

In una rivista dall’assetto ministeriale, come è «Le Arti», in cui si coglie un doppio re-gistro fatto di aderenza alla cultura ufficiale - nelle rubriche - e di espressione delle esi-genze di cambiamento - nelle note e negli articoli - la redazione rivendica il dirittoall’esercizio della storia come critica storica8. Un’impostazione rilevabile anche nelle scelteredazionali su come affrontare i temi di museologia, cioè sulla scelta dei criteri analiticida adottare, degli argomenti da trattare, delle esposizioni da recensire. Sul piano del criterio ordinatore la rivista sostiene la via del diradamento, proposta

già elaborata, nel contesto internazionale, con la denuncia di «encombrement» di museie gallerie pronunciata da George Wildenstein nel 1930, in merito all’inchiesta interna-zionale sulla riorganizzazione delle gallerie pubbliche9. Per la scelta dei temi da trattare,e in particolare delle esposizioni da recensire, la redazione di «Le Arti» opta per un’at-tenzione prioritaria alle mostre temporanee. La potenzialità di quegli eventi era stata chiaramente indicata da Ugo Ojetti al

convegno di Madrid del 1934. Assieme a Roberto Paribeni e Amedeo Maiuri, Ojettiera tra i relatori10 e a lui era stato affidato il compito di redigere un dossier sull’argo-mento11. All’interno di «Le Arti» è a Pacchioni che viene affidato il compito di metterne a

fuoco il loro diverso ruolo rispetto agli allestimenti museali permanenti. In un densosaggio dal titolo Le mostre d’arte e il pubblico Pacchioni sostiene che un’esposizionetemporanea ha il diritto, anzi il dovere, «di accogliere, a mo’ di saggio, ogni idea in-novatrice anche senza attendere il vaglio di una riposata esperienza»12. E la scelta difar svolgere questo compito a Pacchioni, la cui temperanza si contrappone all’intran-sigenza di Giuseppe Pagano, è segno di un’attenzione agli equilibri interni alla reda-zione della rivista, di cui anche l’anziano Ojetti faceva parte.Alle mostre Pacchioni assegna il compito di una riforma divenuta necessaria, dal

momento che: «Le nostre gallerie d’arte moderna, anche in città di primaria impor-tanza, conservano un carattere ristretto e locale; una certa aria di mostra retrospettivache non corrisponde alla attività dei nostri artisti migliori»13. Posizione condivisa daPagano che sulla rivista «Casabella», da lui diretta, esplicita in termini crudi il suostare su un’opposta barricata rispetto a Ojetti14. Il confronto tra le due riviste mette in risalto la linea di «Le Arti»: un’innovazione

calibrata nei toni, adattata ad un assetto istituzionale, ma incisiva tanto nelle propostequanto nel sostegno alle realizzazioni più innovative dei suoi collaboratori15.Per Pagano la provvisorietà, il carattere effimero sono condizione necessaria per-

ché un’esposizione possa realmente trasformarsi in un proficuo esperimento, in unprogresso del gusto;

senza questa caratteristica, che diminuisce al minimo la responsabilità economicadell’esperimento, che giustifica le necessità turistiche dell’avvenimento con la‘generosa accettazione del nuovo’, che offre agli organizzatori di avere sottomano

347L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943).

e a buon prezzo gli artisti più vivi e discussi, che permette e fomenta la discus-sione la critica e la conseguente pubblicità, le esposizioni si trasformano in banaliricostruzioni stilistiche, dove la prudenza architettonica malamente interpretal’intenzione novatrice degli organizzatori16.

La nota redazionale che introduce il testo di Pagano ci proietta nel clima storicoed emotivo del momento: «Riceviamo all’ultimo momento e dobbiamo inserire nellarivista già stampata l’articolo che il nostro direttore ha scritto durante una treguadella sua attività di combattente sul fronte greco17.Unica esposizione che Pagano considera rispondente ai criteri da lui dichiarati e

sostenuti, per la sintonia tra «chi la paga» «chi la organizza» e «chi la realizza», peril loro comune procedere verso il nuovo, è l’esposizione dell’Aereonautica italiana(fig. 12).

Quale pubblico? Ideologia e propaganda

Oltre che nel considerare le esposizioni temporanee come i laboratori della trasforma-zione del gusto e della ricezione delle opere d’arte, Pacchioni e Pagano concordano anchesu un altro tema cruciale, l’identificazione dell’interlocutore in un nuovo pubblico. Nonpiù un pubblico di studiosi e intenditori, ma quel pubblico che «cercherà nell’opera d’arte– e non mancherà di trovarli – i legami con la vita che le freme oggi d’attorno, nell’arte efuori dall’arte»18. In un impianto che tiene insieme, all’interno della rivista, ideologia e cultura, la didattica

diviene cardine di congiunzione tra arte, museologia, restauro, fotografia. La didattica ètema cui Giuseppe Bottai, Ministro dell’Educazione nazionale, riconosce un ruolo crucialenella formazione di una cultura fascista e la scelta di pubblicare la Carta della scuola – do-cumento con cui il regime fascista asserviva la formazione scolastica alla politica – propriosu «Le Arti» nel 1939 è indicativa dell’impostazione che viene data alla rivista19. L’aperturaad un pubblico più ampio rientra anche, quindi, in una strategia di propaganda consustan-ziale al programma e agli obiettivi intrinseci al progetto culturale e artistico portato avantida Pacchioni e Pagano attraverso le esposizioni temporanee.Nell’aprirsi ad un nuovo pubblico è la ragione del nesso tra allestimenti e linguaggio pub-

blicitario. Rifiutato il criterio secondo cui il curatore poteva poi «tirarsi in disparte per la-sciare che il visitatore si facesse da sé la sua valutazione critica e stabilisse le gerarchie» perchéconsiderato «criterio di impossibile [...] realizzazione anche in un assetto a carattere stabile;impossibilissimo e assurdo [...] anche in una mostra di breve durata»20, nelle esposizionitemporanee Pacchioni sottolinea l’intento «propagandistico e pubblicitario», opponendosia «quei devoti dell’arte che son convinti la loro divinità debba, per conservarsi tale, essereadorata in silenzio in un eremitico santuario chiuso all’irriverente sguardo profano»21.

A quel nesso tra mostre temporanee e linguaggio pubblicitario dà materiale evidenzaPagano nel 1939, nell’allestire la Mostra di Leonardo da Vinci e delle Invenzioni Italiane allaTriennale di Milano che, sulla rivista «Le Arti», viene illustrata da lui stesso e commentatada Pacchioni22. (figg. 19-22,24,26-27)

Quale linguaggio? Contaminazioni

Nella mostra dedicata a Paolo Veronese, che si apre in quello stesso anno, la sperimen-tazione rimane per lo più legata al vocabolario degli allestimenti museali, richiamando una

Figg. 13-14-15 - 1939, Mostra di Paolo Veronese, sala degli affreschi e salone del ritratto. Venezia, Ca’ Giustinian, 25 aprile-4 novembre 1939. Da G. Pacchioni, Le mostre d’arte e il pubblico, in «Le Arti», II, III, febbraio-marzo, 1939-1940, pp.176-182, tavv. LXXI-LXXII.

MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI348

349L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943).

tradizione consolidata23. Diversamente,nella mostra che illustra l’opera di Scipione,quel vocabolario viene analizzato, scompo-sto e riassemblato in modo nuovo24. Cruciale il tema della cornice - affrontato

da Maria Ida Catalano - su cui Pagano, in ri-ferimento alla mostra leonardesca, dà alcuneessenziali indicazioni. Rifiutato l’uso esteticotradizionale delle cornici ove non motivatoda un riconoscimento filologico del nessocon l’opera - «La cornice, se non sia origi-nale, e cioè voluta dall’artista come parte in-tegrante dell’opera, non ha nulla a che farecol quadro: non è che il residuo dello spiritosalottiero che ridusse il quadro ad un og-getto di lusso» - se ne propone l’elimina-zione e la sostituzione con «un semplice esottile margine di protezione ai fianchi delquadro»25. Soluzione teorizzata con deci-sione da Pagano, che ne fa un tema di rifles-sione condiviso, e di cui si trovano esempinelle mostre recensite dalla rivista «LeArti».Nell’allestimento della sala dei disegni di

Scipione, Franco Albini espone i fogli all’in-terno di lastre di vetro che ne rendono visi-bili recto e verso, e li raccoglie in serie,eliminando così il ruolo della cornice. Le la-stre trasparenti sono sostenute da aste cheesaltano la loro essenza metallica e scandi-scono con ritmo verticale lo spazio esposi-tivo. (fig. 16) Stesso ritmo per la sala deidipinti, ove il ruolo delle cornici viene ridi-mensionato, quasi annullato, dai giochi diombre creati dai listelli sul pannello difondo su cui si stagliano le opere, membranapermeabile a difesa dell’aura, dello spazio difruizione dell’opera. (fig. 17) Altrove l’im-portanza dell’opera viene sottolineata daesedre di mattoni che la accolgono nella

Figg. 16-17-18 - 1941, Mostra di Scipione e di disegni con-temporanei, sala dei disegni e sala dei dipinti (generale e par-ticolare), R. Milano, Galleria di Brera. Architetto: F. Albini.Da G. A. Dell’Acqua, L’allestimento della mostra di Scipionee di disegni contemporanei della pinacoteca di Brera, in «LeArti», III, IV, aprile-maggio 1941, pp. 280-281, tav. CXIV.

350 MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI

Fig. 19 - 1939, Mostra di Leonardo da Vinci e delle Invenzioni Italiane, Sala del Luini. Milano, Palazzo della Triennale. Architetti: Banfi,Belgioioso, Peressutti. Da Numero doppio dedicato all’architettura delle mostre, numero monografico di «Casabella costruzioni», 14,159-160, marzo-aprile 1941, p. 80.

Fig. 20 - 1939, Mostra di Leonardo da Vinci e delle Invenzioni Italiane, Galleria dei pittori di scuola leonardesca. Milano,Palazzo della Triennale. Architetti: Banfi, Belgioioso, Peressutti. Da G. Pacchioni, Le mostre d’arte e il pubblico, in «LeArti», II, III, febbraio-marzo, 1939-1940, pp. 176-182, tav. LXXIV.

L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943). 351

Figg. 22-23 -Motivo decorativo dell’oculo, utilizzato alla Mostra di Leonardo da Vinci e delle Invenzioni Italiane e alla VIITriennale, padiglione svizzero, sala dedicata ai motivi plastici astratti, opera di Max Bill. Rispettivamente da G. Pacchioni,Le mostre d’arte e il pubblico, in «Le Arti», II, III, febbraio-marzo, 1939-1940, pp. 176-182, tav. LXXIII e Numero doppiodedicato all’architettura delle mostre, numero monografico di «Casabella costruzioni», 14, 159-160, marzo-aprile 1941, p.57.

Fig. 21 - 1939, Mostra di Leonardo da Vinci e delle Invenzioni Italiane, Sala delle copie dei quadri di Leonardo. Milano, Palazzo dellaTriennale. Architetto Zavanella Da G. Pagano, Criteri di allestimento della mostra leonardesca, in «Le Arti», I, VI, 1939, pp. 601-604,tav. CLXXXVIII.

forma curva e, nell’ostentazione della ma-teria, dichiarano l’attualizzazione messa inatto dalla contemporaneità. (fig. 18) A commento della mostra Gian Alberto

Dell’Acqua scrive nel 1941, sulle pagine di«Le Arti»: «L’alternarsi e il sovrapporsi dizone più o meno chiare, nettamente rita-gliate, determinava una suggestione figura-tiva paragonabile a quella di certe pittureastratte»26. La mostra dedicata a Leonardo rompe

ancor più gli schemi. L’eterogeneità di ma-teriali apre i criteri espositivi alla contami-nazione da parte del linguaggio e dellagrafica pubblicitaria. E’ eloquente il con-fronto di alcune soluzioni allestitive adot-tate nella mostra leonardesca con le scelteoperate in esposizioni dedicate, in queglistessi anni, ad ambiti diversi, dall’architet-tura alla produzione in serie. Ne sono esem-pio la Mostra dell’Aereonautica italiana alPalazzo dell’Arte di Milano, o la VII Trien-nale o la Fiera campionaria di Milano.27

(figg. 11,12,25,28,29) La cifra dell’allesti-mento della leonardesca è nella scomposi-zione e ricomposizione degli elementi - ildipinto, la cornice, il fondale, il supporto –e nell’inserimento di elementi decorativiconnessi al gusto contemporaneo: l’oculodella sezione dedicata all’anatomia che ri-chiama il padiglione Svizzero della VIITiennale (figg. 22-23), le aste metalliche chesorreggono i quadri nelle sale allestite da

Banfi, Belgioioso, Peressutti, Zavanella, la cui materia rimane ostentatamente grezza, comeè evidente nel particolare dell’intersezione tra elemento verticale e orizzontale. (fig. 6)Nelle sale dedicate ai dipinti è presente una molteplicità di soluzioni: dal più tradizionale

criterio allestitivo della sala del Luini (fig. 19) alla galleria dei pittori di scuola leonardesca(fig. 20), fino alla sala con le copie, in cui l’architetto Zavanella alleggerisce i setti espositivirendendoli permeabili, sospendendo il fondale all’interno del campo delineato dalla strut-tura di sostegno. (fig. 22) Ma nel passaggio dalla pittura alle sezioni dedicate alla botanica,

Fig. 25 - 1937. Padiglione dell’ANAPI alla Fiera campiona-ria, Milano. Architetto Albini. Da Numero doppio dedicatoall’architettura delle mostre, numero monografico di «Ca-sabella costruzioni», 14, 159-160, marzo-aprile 1941, p. 60.

Fig. 24 - 1939, Mostra di Leonardo da Vinci e delle InvenzioniItaliane, sala della botanica. Milano, Palazzo della Triennale.Architetti Pino Ponti e Ravasi. Da G. Pacchioni, Le mostred’arte e il pubblico, in «Le Arti», II, III, febbraio-marzo,1939-1940, pp. 176-182, tav. LXXIV.

MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI352

all’architettura, all’anatomia, alle macchine, i principi dell’allestimento si fanno più arditi;criterio ordinatore è la scelta di rimuovere l’«idolo di neutralità stilistica», di «escluderequalunque messinscena di rievocazione in stile», di «crear noi la nostra prospettiva di Leo-nardo»28. Se il linguaggio e la grafica pubblicitaria sono il mezzo per comunicare ad un pubblico

di non addetti ai lavori, ad analogie con la progettazione architettonica contemporanea dicase di abitazione è affidato il compito di creare, all’interno della mostra, un ambiente ac-cogliente. Carla Zanini Albini, storica dell’arte e sorella di Franco Albini, commenta laVII Triennale

del 1940 su «Casabella». Considera che l’esposizione passerà alla storia come «l’ultima Trien-nale d’anteguerra»29. La situazione nazionale e internazionale si offusca di nubi che fannopresagire l’imminenza di un nuovo conflitto. Il tono è quello amaro di una stroncatura:

Qualcosa di più ci parve scorgere in questo scarso valore dell’ultima Triennale: un fat-tore spirituale e morale. Essa, sorta così sul limite di un mondo in sfacelo, resterà forsea rappresentare, nella storia del gusto, la conclusione triste di un periodo di ricchissimofermento artistico (e non soltanto artistico), chiuso tra due guerre. [...] Ché l’equilibriodelle composizioni, la fusione degli elementi in una organicità rigorosa, il loro serrarsiin una indissolubile compagine viva, quello che, in una parola, è, modernamente intesa,l’architettura d’ambiente, non rappresenta in realtà che la trasposizione in campo este-tico di analoghi valori di coerenza morale, di equilibrio, di virilità30.

Fig. 26-27 - 1939, Mostra di Leonardo da Vinci e delle Invenzioni Italiane, sala dell’anatomia. Milano, Palazzo della Triennale. Architetti:Banfi, Belgioioso, Peressutti. Particolare dell’albero inserito nell’allestimento della sala dell’anatomia. Rispettivamente da G. Pacchioni,Le mostre d’arte e il pubblico, in «Le Arti», II, III, febbraio-marzo, 1939-1940, pp. 176-182, tav. LXXIII e da 1925-1940, numero mo-nografico di «Casabella costruzioni», 14, 159-160, marzo-aprile 1941, pag. 80.

353L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943).

354 MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI

Fig. 28 - 1940, VII Triennale, Mostra dell’abitazione, Palazzo dell’Arte, Milano. Architetto: F. Albini. Da Numero doppio de-dicato all’architettura delle mostre, numero monografico di «Casabella costruzioni», 14, 159-160, marzo-aprile 1941, p. 91.

Fig. 29 - 1940, VII Triennale, Palazzo dell’Arte, Mi-lano. Sala di soggiorno in una villa. Architetto: F. Al-bini. Da C. Zanini, A proposito di un arredamentoesposto alla VII Biennale, in «Casabella costruzioni»,14, 157, gennaio 1941, p. 37.

Al centro il nesso architettura-natura. Carla Zanini ne indica il manifesto nel progettopresentato a quella Triennale da Franco Albini. Un progetto che considera «punto di ri-ferimento nella storia del gusto moderno»31. (fig. 29)Evidente la predilezione per i «materiali poveri». Lo spazio ruota attorno ad un albero,

fulcro dell’architettura. La pavimentazione a lastre di pietra grezza a spacco naturale,unite da larghi giunti a calce; le pareti nude verniciate a tinta; la scala in larice naturale;le poltrone coperte con tessuti grezzi lavorati a mano.Il vocabolario usato da Albini fornisce indizi utili all’analisi della mostra leonardesca.

Spicca la presenza, in quelle sale, degli elementi individuati da Zanini quali tratti essenzialidella migliore progettazione architettonica moderna: affinità con l’arte astratta nella co-struzione degli spazi per piani, sensibilità impressionistica nella creazione di un ambienteche appare pervaso di luce naturale, fusione con la natura che trova il suo emblema nel-l’albero scortecciato. In quel vocabolario si ritrova una radice delle scelte formali checonducono, nelle esposizioni temporanee di questi anni, allo sviluppo di superficie, allaconnessione tra superfici ottenuta attraverso elementi lineari leggerissimi, alla presenzadi materiali grezzi che rievocano in modo diretto la natura.Carla Zanini scrive: «Ci pare di scorgere un valore morale in questo tuffarsi dell’uomo

dentro la natura, in questo desiderio di non racchiudersi egoisticamente ma di restareaperti e legati agli elementi vivi del mondo».

Fin dentro il corpo dell’opera

L’Istituto Centrale del Restauro realizza in quegli anni i primi interventi. Alcune delleopere restaurate nel 1942 vengono esposte nella sala mostre appositamente allestita all’in-terno dell’Istituto. La documentazione pubblicata sulla rivista «Le Arti» permette di co-gliere come Brandi declini qui, in modo nuovo, la soluzione proposta da Zavanellanell’allestimento della mostra leonardesca. (figg. 10, 21) Trasforma le cornici in una lineadi demarcazione del campo di fruizione, diaframma permeabile e protettivo. Nel corpo deidipinti restaurati, l’emergenza della struttura fisica dei materiali costitutivi acquisisce unavalenza estetica, oltre che filologica. Le superfici di legno, le tele grezze dei supporti si mo-strano nude, in un modo che sarebbe apparso a molti scabroso solo poco tempo prima.

S.C.

L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943). 355

Note

1 Una mancanza che è stata di recente sottolineata anche da Alessio Monciatti nell’introdurre il suo Alle origini dell’artenostra. La Mostra giottesca del 1937 a Firenze, Il Saggiatore, Milano 2010, in particolare p. 13.

2 F. Haskell, The Ephemeral Museum. Old Masters Paintings and the Rise of the Art Exhibition, Yale University Press,New Haven 2000 (ed. it. La nascita delle mostre. I dipinti degli antichi maestri e l’origine delle esposizioni d’arte, Skira,Milano 2008), come ancor prima in Id., History and Its Images. Art and the Interpretation of the Past, Yale UniversityPress, New Haven-London, 1993; Id., “Les expositions des maîtres anciens et la ‘seconde redécouverte des primitifs’»,in Hommage à Michel Laclotte. Études sur la peinture du Moyen Âge et de la Reinassance, Electa-Réunion del muséesnationaux, Milano-Paris 1994, pp. 552-564; Id., Antichi maestri in tournée. Le esposizioni d’arte e il loro significato, acura di Tomaso Montanari, Scuola Normale Superiore, Pisa 2001.

3 Haskell ricorda quanto sostenuto dai mercanti d’arte Thomas Agnew e figlio sulle mostre d’antichi maestri della Bur-linghton House, eventi di richiamo internazionale che a loro giudizio avevano influenzato il collezionismo e, a partiredagli anni Settanta dell’Ottocento, avevano provocato un allontanamento del gusto dall’arte contemporanea.

4 G. Pacchioni, Le mostre d’arte e il pubblico, in «Le Arti», II, III, febbraio-marzo, 1939-1940, pp. 176-182, in particolarep. 180.

5 Ibid.6 R. Pallucchini, Criteri di allestimento della mostra di Veronese, in «Le Arti», 1, V, giugno-luglio 1939, pp. 516-520.7 G.C. Argan, Restauro delle opere d’arte. Progettata istituzione di un Gabinetto Centrale del restauro, in «Le Arti», I,1938, pp. 133-137.

8 Sulla struttura e la composizione della redazione della rivista vedi quanto indicato da Maria Ida Catalano nella primaparte di questo contributo.

9 M. Dalai Emiliani, “Faut-il brûler le Louvre?”. Temi del dibattito internazionale sui musei nei primi anni ’30 del Nove-cento e le esperienze italiane, in M. Dalai Emiliani, Per una critica della museografia del Novecento in Italia. Il “sapermostrare” di Carlo Scarpa, Verona 2008, pp. 13-50. Ma la riflessione andava maturando già da un decennio in Francia,se si ricorda quanto scriveva Henri Focillon in La conception moderne des musées nel 1921: «Mettre sur les murs plusde deux rangs de tableaux est un crime. L’espace autour d’un tableau c’est le silence autour de la musique».

10 Degli italiani partecipano anche al convegno: Nino Barrantini dell’Ufficio d’arte del Comune di Venezia, Biagio Biagettidirettore artistico delle collezioni pontificie del Vaticano, Gino Chierici Soprintendente all’arte medioevale e modernadella Campania, Amedeo Maiuri direttore del Museo nazionale di Napoli, Giovanni Mariotti, capo sezione del Mini-stero dell’Educazione nazionale, Rodolfo Micacchi, Capo ufficio Scuole e archeologia di Roma, Ettore Modigliani So-printendente all’arte medioevale e moderna per la Lombardia, Direttore della R. Pinacoteca di Brera, Ugo Ojettimembro dell’Accademia Reale d’Italia in Firenze, Nicola Mario Orazi Capo della Divisione Monumenti, Musei e Gal-lerie del Ministero dell’Educazione Nazionale di Roma, Francesco Pellati Ispettore superiore delle Belle Arti d’Italiain Roma, Luigi Serra Soprintendente all’Arte medioevale e moderna delle Marche in Roma, Nello Tarchiani Direttoredella R. Galleria degli Uffizi in Firenze, Paolo Toschi membro della Commissione Italiana di Cooperazione intellettualein Roma. In tutto i partecipanti sono 69, di cui 13 italiani. 13 anche gli spagnoli. Tutte le altre nazionalità in numeroconsiderevolmente minore. Vedi anche G. Kannés, Vittorio Viale e la partecipazione italiana alla conferenza internazio-nale di museografia di Madrid del 1934, in «Studi e Notizie. Palazzo Madama», 2, 2011 (2012), pp. 70-69.

11 Esposizioni permanenti ed esposizioni temporanee, in Muséographie. Architecture et aménagement des Musées d’Art,Conférence International d’Études (Madrid 28 ottobre – 4 novembre 1934), a cura dell’ Office International des Mu-sées per la Société des Nations, Paris, 1934, pp. 286-293. Negli atti è chiarito che questo, come tutti gli altri dossierche compongono gli atti, è stato elaborato dal comitato scientifico sulla base di una prima stesura elaborata da chi erastato incaricato sul tema specifico, in questo caso Ugo Ojetti.

12 G. Pacchioni, Le mostre d’arte e il pubblico, in «Le Arti», II, III, febbraio-marzo, 1940, pp. 176-182, in particolare p.80.

13 G. Pacchioni, Coordinamento dei criteri museografici, in Convegno dei Soprintendenti 1939, in «Le Arti» I, I, ottobre-novembre 1938, pp. 149-153, riedito in Istituto e politiche Culturali in Italia negli anni Trenta, a cura di V. Cazzato,Ufficio studi del Ministero per i beni e l’attività culturali, Roma 2011, I, pp. 290-299.

14 La contrapposizione tra Pagano e Ojetti, spesso dichiarata, emerge chiaramente anche in G. Pagano, Potremo salvarcidalle false tradizioni e dalle ossessioni monumentali?, in «Casabella», 14, 157, gennaio 1941, pp. 2-7, in particolare p.2. Una presa di distanza evidente anche nelle posizioni espresse da Guglielmo Pacchioni in Le mostre d’arte e il pubblico,cit., esplicita risposta a quanto espresso da Ojetti nell’intervento al convegno di Madrid del 1934, poi confluito nel

356 MARIA IDA CATALANO E SILVIA CECCHINI

documento Esposizioni permanenti ..., cit.15 Significativa la presenza di Pagano, voluta da Bottai.16 G. Pagano, Parliamo un po’ di esposizioni, allegato a «Casabella Costruzioni», nn. 159-160, marzo-aprile 1941, XIX,p. 1.

17 Ibid.18 G. Pacchioni, Le mostre d’arte e il pubblico,... cit.19 Carta della scuola, in «Le Arti», I, III, febbraio-marzo 1939, pp. 217-224. Il progetto di creare un metodo didatticoapplicato a scala nazionale e ai vari livelli di formazione è alla base del progetto che Bottai presenta in una Nota su«Le Arti» nel 1942, ove illustra il programma per la creazione di un Centro Nazionale della Didattica e un Museodella Didattica che avrebbero dovuto avere sede a Firenze, G. Bottai, Nota: Per il Centro didattico, in «Le Arti», IV,II, dicembre 1941-gennaio 1942, pp. 114-118. Vedi anche G. Bottai, A un anno dalla Carta della Scuola, brano trattodal discorso di Giuseppe Bottai, Ministro dell’Educazione Nazionale, pronunciato alla Camera dei Fasci e delle Cor-porazioni, nella riunione del 6 marzo 1940, in «Le Arti», II, IV, maggio-aprile 1940, p. IX.

20 G. Pagano, Criteri di allestimento della mostra leonardesca, in «Le Arti», I, VI, 1939, pp. 601-604, in particolare p.601.

21 Ibid.22 G. Pagano, Criteri di allestimento..., cit., p. 601. Pagano scrive anche su «Casabella», G. Pagano, La mostra di Leonardoa Milano nel Palazzo dell’Arte, in «Casabella», 141, settembre 1939, pp. 6-19. Pacchioni commenta la mostra, assiemea quella dedicata a Veronese, in G. Pacchioni, Le mostre d’arte e il pubblico,..., cit. Oltre ai cataloghi - Ausstellung vonLeonardo da Vinci und den italienischen Erfindungen, guida alla mostra (Milano, Palazzo dell’arte 9 maggio – 30 set-tembre1939), Milano 1939; Mostra di Leonardo da Vinci, guida ufficiale alla mostra (Milano, Palazzo dell’arte, 9 maggio- 1 ottobre 1939), Milano 1939 - utili alla ricostruzione dell’impatto della mostra sulla storia dell’arte e sul gusto sonole recensioni: T. Borenius, Leonardo da Vinci: the exhibition at Milan, London 1939; Mostra di Leonardo da Vinci (Mi-lano 1939) , in «L’ arte», 42, 1939, p. 132.Sulla mostra vedi anche C. Sangiorgi, La mostra di Leonardo del 1939. Brevi note critiche sulla mostra e sul ruolo svoltoda Giuseppe Pagano, http://www.infobuild.it/approfondimenti/la-mostra-di-leonardo-del-1939, downloaded 20-10-2012. In futuri studi che intendano affrontare l’impatto dell’esposizione sugli studi storico-artistici andrà tenuto contodell’allestimento al Museum of Sciense and Industry di New York, nell’anno successivo, della mostra An exhibition ofthe scientific achievement of Leonardo da Vinci, New York 1940.

23 R. Pallucchini, La Mostra di Paolo Veronese, catalogo della mostra (Venezia, Ca’ Giustinian, 25 aprile-4 novembre1939), Venezia 1939. Recensioni: La mostra di Paolo Veronese a Venezia, in «L’ Arte», 42, 1939, p. 66; G. Marchiori,Venezia: la mostra di Paolo Veronese, in «Emporium», 45, 535, 90, luglio 1939, pp. 49-51.

24 Sulla mostra dedicata a Scipione G. A. Dell’Acqua, L’allestimento della mostra di Scipione e di disegni contemporaneidella pinacoteca di Brera, in «Le Arti», III, IV, aprile-maggio 1941, pp. 280-281.

25 G. Pagano, Criteri di allestimento ..., cit., p. 604: «Il poco che potemmo fare su questa via, con la presentazione diquadri nella loro primaria nudità e nella schiettezza della loro originaria bellezza, sostituendo alla rettorica della corniceun semplice e sottile margine di protezione ai fianchi del quadro, ci persuase esser questa la via che dovrà essere seguitasempre in casi consimili. Tipica per il suo meraviglioso risultato, è stata l’incorniciatura bianca e sottile della testa diCristo del Botticelli nella sala Fiorentina. E’ bastata questa soluzione marginale per liberare l’opera d’arte da ognivalore archeologico ed esaltare il valori assoluti del quadro: eterni ed attuali nello stesso tempo».

26 G. A. Dell’Acqua, L’allestimento della mostra..., cit., pp. 280-281.27 Un’ulteriore analisi dovrà comparare le mostre qui analizzate con le mostre sulla cultura fascista, la Mostra della rivo-luzione fascista su cui J. T. Schnapp, Anno X. La mostra della Rivoluzione fascista del 1932, Pisa – Roma 2003, e la mo-stra augustea della romanità (23 settembre 1937-23 settembre 1938), su cui esiste già un’amplia bibliografia, fra cui,in particolare M. Rinaldi, La Mostra Augustea della Romanità (1937 - 1938): architettura, scenografia e propaganda inalcuni progetti inediti di allestimento, in «Ricerche di storia dell’arte», 63, 1997, pp. 91-108. Vedi inoltre M. C. Mazzi,“Modernità e tradizione”: temi della politica artistica del regime fascista, in «Ricerche di storia dell’arte», 12, 1980, pp.33-42; A. Russo, Il Fascismo in mostra, Roma 1999.

28 G. Pagano, Criteri di allestimento..., cit., pp. 601-604. 29 C. Zanini, A proposito di un arredamento esposto alla VII Triennale, in «Casabella Costruzioni», a. XIV, n. 157, gennaio

1941, XIX, pp. 34-39.30 Ibid.31 Ibid.

L’AURA DEI MATERIALI: «LE ARTI» TRA MOSTRE E RESTAURI (1938-1943). 357