la porta d'oriente

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LUIGI ROSSI

Transcript of la porta d'oriente

la porta d'orienteMARCO BEASLEY KIYA TABASSIAN

c o n s t a n t i n o p l e

LUIGI ROSSI

Luigi Rossi 1597?-1653

L’Orfeotragicommedia in 3 atti

Palais-Royal de Paris, 2 March 1647

AllabastrinaElena Sartori

artistic & musical direction

Orfeo Francesca Lombardi Mazzulli Euridice, Ombra di Euridice Emanuela Galli

Aristeo Paola Valentina MolinariSatiro Mauro Borgioni

Momo, La Vecchia Alessandro Giangrande Endimione, Apollo Alessio TosiNutrice, Giunone Clarissa Reali

Venere, Proserpina Arianna Stornello / Augure, Plutone Rocco LiaAmore Sara Bino / Gelosia Gabriella Martellacci

Giove Raffaele Giordani / Mercurio Marta FumagalliSospetto Martina Zaccarin / Caronte, Bacco Michele Lo Bianco

Vittoria Maila Fulignati / Himeneo Caterina Dellaere

Coro dell’Augure Martina Zaccarin, Caterina Dellaere, Clarissa Reali, Gabriella Martellacci,

Massimo Altieri, Michele Lo Bianco, Guglielmo Buonsanti, Rocco Lia

Coro delle GrazieMartina Zaccarin, Clarissa Reali, Caterina Dellaere

Gratia Prima & Parca Seconda Martina ZaccarinGratia Seconda Clarissa Reali

Coro delle Driadi / Coro delle ParcheMartina Zaccarin, Clarissa Reali, Caterina Dellaere, Gabriella Martellacci

Coro degli Assalitori / Coro di Baccanti / Coro celesteSara Bino, Cinzia Butelli, Alessandra Fiori, Anna Rauzi, Romina Refati, Andrea Lussignoli,

Diego Iglesias Otero, Adelion Kola, Lorenzo Martinuzzi, Roberto Zadra & all soloists

Allabastrina

Cristiano Contadin, Marco Casonato, Giuliano Eccher, Riccardo Coelati Rama viola da gamba

Enrico Parizzi, Pietro Battistoni, Esther Crazzolara, Elisabeth Lochman violin

(Sinfonia, Suite di Danze & Le pleurs d ’Orphèe ayant perdu sa femme)

Fabiano Martignago, Luca Ventimiglia, Alexandra Unterholzner, Arianna Veronesi flute

Fabiano Merlante theorbo & baroque guitar (basso continuo of Euridice & Venere)

Luciano Russo arciliuto (basso continuo in all vocal & instrumental pieces)

Chiara Granata harp

Francesco Bodini, Davide Lovato percussion

Sara Molinari, Marion Palfrader, Andrea Repetto, Rachel Blueberger, Khadim Marcon Ndjaye strings

(ritornelli of Orfeo & Euridice)

Cecilia Medi dulcian

Filippo Pantieri harpsichord & organ (basso continuo)

Elena Sartori artistic & musical direction

Prologo 1 Sinfonia avanti il Prologo 1:16 2 Choro di Soldati assalitori All‘assalto! All‘armi! 1:21 3 Vittoria Eccomi! E quando mai 3:55 4 Triplo Choro di Vittoria Quant’erbe e fiori 1:05

ATTo Primo 5 ouverture. PaSSacaglia e corrente 3:17 6 Sinfonia 0:58 Scena prima 7 Augure, Endimione, Euridice, Nutrice Euridice, ecco il luogo 4:02 8 Choro dell’Augure Da questo Polo ai Regni oscuri 0:30 9 Augure, secondo Choro dell‘Augure Hor mi permetti, Giuno 1:14 10 Augure, Endimione, Euridice, Nutrice Ohimè! Dall’Occidente 4:00 11 terzetto Euridice, Endimione, Nutrice Al fulgor di due bei rai 2:23 Scena seconda 12 Nutrice, Euridice, orfeo, Endimione E che mi date in dono 5:28 13 aria Endimione Udite Amanti 1:07 Scena terza 14 Aristeo, Satiro O, tormento mortal 2:54

Luigi Rossi 1597?-1653

L’Orfeotragicommedia in 3 atti

15 canzonetta Aristeo Non pianga e non sospiri 1:37 16 canzonetta Satiro Gelosia, bestia indiscreta 1:14 17 Aristeo, Satiro Questa canzon è fatta 2:09 Scena quarta 18 Choro delle gratie D’Amor e Venere 1:03 19 Duetto Amore & Venere Quello splendore 2:02 20 Venere, Amore, Aristeo E che piangi, Aristeo? 2:28 21 aria Seconda gratia Chi si muor 1:01 22 Venere, Aristeo, Satiro Il dir questo a che vale? 2:03 23 aria Aristeo Che fai meco 1:31 24 Venere, Aristeo No, che per te rimane 2:44 25 Choro delle gratie Vaga Dea, la cui Beltà 0:52 26 Satiro, Amore, Venere E tu, nulla farai, fanciullo ardito? aria Satiro Amor, chi trovò pria 2:29 Scena quinta 27 Choro à balletto (con ritornello del ballo) Del più lucente 1:05 28 momo, Apollo, Endimione, Himeneo Senza Momo le nozze? 2:14 29 Balletto Apollo Di bevanda pretiosa 1:04 “Presagio di morte” 30 Endimione, Apollo, orfeo, Himeneo, giunone, momo Come tal liquore è nato 1:31 31 Euridice, orfeo A ché tanto spavento? Duetto orfeo & Euridice Se così dunque Amor fa 4:15 32 Choro Deh, pietà! 1:35

cd i [79:35]

ATTo SECoNdo Scena prima 33 Vecchia, Aristeo Hor chi lo crederia aria in Duetto Vecchia & Aristeo Speme à dirla come và 4:11 Scena seconda 34 Euridice, Nutrice, Vecchia Ohimè, Nutrice 3:22 35 aria Euridice Mio ben, teco il tormento 1:50 36 Vecchia, Euridice, Aristeo Dunque voi vi credete canzonetta Nutrice Belle Ninfe, che fate 3:28 1 Euridice, Aristeo, Vecchia, Nutrice Via, su dunque! 4:51 2 aria Euridice Fugace e labile 0:51 3 Euridice, Nutrice, Vecchia Nutrice, andiamo canzonetta Nutrice Sta saldo mio cuore 2:15 Scena terza 4 Satiro, Vecchia, Aristeo Ma non posso più attendervi 2:01 Scena quarta 5 Balletto e aria momo Amor, senti momo, Amore, giunone, Apollo Et ecco la canzone 9:38 6 Quartetto Amore, giunone, Apollo, momo Sì, ch’ è vero 1:41 Scena quinta 7 Amore, Choro delle gratie, orfeo Quanto tardano le Gratie 6:03 Scena sesta 8 Prima gratia, Seconda gratia, Amore, Vecchia Ne sai far più? 3:35 9 aria Vecchia Amanti, amanti se bramate 3:19

Scena settima 10 Duetto Augure & Endimione In quel seno almo e divino 0:54 Scena ottava 11 giunone, Endimione, Augure E dove Endimione? aria giunone Io son Dea 4:13 Scena nona 12 aria Euridice Che può far Citherea Choro delle gratie, Euridice Dormite, begli occhi 3:56 13 Danza Euridice, Choro delle driadi A l’imperio d’Amore 1:24 il morSo Dell’angue aD euriDice 14 Nutrice, Satiro, Aristeo, Satiro Ahi, ahi! - Fuggite! 7:42 la morte Di euriDice 15 Euridice, Choro delle driadi Deh! Mira, dunque se viene 4:10 16 Apollo, Choro delle driadi O del Ciel leggi severe 5:27 17 leS PleurS D’orPhèe ayant PerDu Sa femme 4:29

ATTo TErzo Scena prima 18 orfeo Lagrime, dove sete? 3:35 19 aria orfeo Dite ohimè, dove ne gite 2:18 20 Choro delle Parche, orfeo Quanto più stame pregiato 1:14 21 orfeo Ah, che vi chiuda quelle labbra aria orfeo Della vita del mio bene 1:53 22 Choro delle Parche, orfeo O gran forza 4:10

cd ii [79:47]

scena seconda 1 Augure, Endimione, Nutrice Non è sola nel mondo 5:33 2 terzetto Nutrice, Endimione, Augure O Ciel, pietà! 0:38 Scena terza 3 Aristeo, ombra di Euridice Uccidetemi, uccidetemi, o pene! 8:08 Scena quarta 4 Duetto arioSo Satiro, momo Và pur và, malinconia Satiro, momo, Aristeo E nemmen qui ritroverò Aristeo? arietta Aristeo Il vostro splendore 9:01 5 canzone Aristeo, momo, Satiro All’armi, mio core 0:42 Scena quinta 6 giunone, gelosia, Sospetto Ascolta, Gelosia; senti Sospetto! arietta gelosia Con l’Arciero 3:12 Scena sesta 7 giunone Ecco Citherea molto fastosa! aria Venere Palme, palme! Allori, allori! 1:29 8 giunone, Venere Dunque su l’ingiustissime ruine 3:38 Scena settima 9 gelosia, Sospetto Ché tanto dubitavi Duetto gelosia, Sospetto Sì certo o bene gelosia, Sospetto, Proserpina Ponti dunque in quel lato 4:54 10 terzetto Proserpina, Sospetto, gelosia Non vi fidate! 1:21 Scena ottava 11 Plutone, Caronte, Sospetto, gelosia, Proserpina E quante volte 5:38

cd iii [76:29] Scena nona 12 Caronte, orfeo Eccolo! E perché viene 2:51 13 Plutone, Proserpina O dolcissimi accenti! 1:46 14 aria Proserpina Ah, mio Nume 1:39 15 Plutone Venga dunque Euridice 0:38 16 aria orfeo Vi renda Amor mercé di tal ristoro 0:42 17 aria Euridice Sì, mio ben, ch’in quest’horrore 1:02 18 orfeo, Euridice Anzi, ché vien mia fé 1:33 19 Proserpina, Plutone Forz’è ben ch’infinita 0:46 20 leS PaSSe-PieDS D’artuS 0:56 21 SaraBanDe 0:22 22 Bourée 0:29 23 Bourée figurée “la chriStiana” 0:50 24 Caronte, Proserpina, Plutone Le leggi quel meschin non osservò 2:17 Scena decima 25 Choro di Baccanti Viva Bacco, nostro re! 1:05 26 Bacco Ma rimirate Venere aria Venere Su, su, vendetta! 0:54 27 Venere, Bacco E così, in danze e feste 2:34 Scena undecima e ultima 28 orfeo Lasciate Averno, o pene, e me seguite! 6:19 29 Choro celeste Amor vero e salda fé 0:52 30 giove celebrante D’Orfeo la Cetra 1:52 31 ePilogo mercurio Ma che queste menzogne 2:32

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Luigi Rossi (Torremaggiore 1597/98 – Rome 1653) was one of the most celebrated and suc-cessful composers of the seventeenth century. He was born in a small village in Apulia (Sou-thern Italy) in 1597 or 1598. Information on the composer’s early years and education is scarce. According to a manuscript now preserved in the British Library (Add. 30491) and considered an autograph by many scholars, Rossi spent some years in Naples and studied with the renowned Flemish composer Jean de Macque before fi-nally settling in Rome in 1620. From this date on, his activity is well documented in Roman archives and some letters: he worked for pro-minent sponsors along some of most famous artists of his time. Between 1620 and 1636 he was protected by Marcantonio Borghese, prince of Sulmona. In 1633 Rossi became organist at the church of San Luigi dei Francesi, which might suggest that he slowly moved toward the French-oriented Barberini family. From 1641 until his death he was connected to Cardinal Antonio Barberini, the Pope’s nephew, who had a leading role in the Roman music scene in the first half of the century.

Francesco Buti and Luigi Rossi’s Orfeo is the first opera specifically written for the French court and was first performed in Paris on March 2, 1647.The plot follows two main stories. On one side we find Orfeo’s well-known story, as descri-bed by Striggio and Monteverdi for the 1607 Mantua court. The upcoming marriage of two shepherds is suddenly disturbed by the death of Euridice, who, in the Paris version, dies on stage. In spite of Orfeo’s enchanting singing, which moved even Plutone, Euridice is lost again because Orfeo turns back before leaving the underworld. In the end, as in Monteverdi’s version, both main characters ultimately ascend to heaven. In the Paris version another seconda-ry plot intersects with the first one. The happy couple of lovers has antagonists: Aristeo, who loves Euridice but is not loved back, and Ve-nus, who protects him in order to take revenge against Apollo. This is probably due to presence in Paris of Marcantonio Pasqualini, Barberini’s favorite castrato, who premiered the role of Aristeo while Orfeo was sung by the young Atto Melani.

Luigi Rossi’s Orfeo A Drama of Heroes and Antiheroes

by Alessio Ruffatti

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The plot follows the literary convention of the Roman elegy. Here are some verses by Proper-tius that could have easily appeared in an early seventeenth-century libretto:

Aut in amore dolere volo aut audire dolentem:sive meas lacrimas sive videre tuas.

In love I want to woe or hear a lament,See your tears or mine.

Propertius, Elegies, Book 3, no. 8

Classical Roman love poetry, as well as its Re-naissance and modern revivals, offers a picture of love full of anguish, suffering, and torments, like those of Orfeo and Aristeo. The lovers com-plain of an unbalanced relationship that is often compared to a sort of war. The stronger element of the couple, normally the woman, is opposed to a weaker part (in seventeenth-century Italian “molle”), customarily the man.In those days, castratos represented weak cha-racters on stage, opposed to young female lovers who were full of determination, almost cynical, or even ready to battle. Such theatrical conven-tion, which connects male characters to langu-ishing and sensual affects, was the key element that moved the Venetian and Roman public, as well as the Parisian one.In Rossi and Buti’s opera, the lovers are portray-ed according to classical elegiac conventions: a strong and determined female figure (Euridice)

and two weak and ill-fated antiheroes (Orfeo and Aristeo).

Notes on the Interpretationby Elena Sartori

Baroque

When we decided to perform Luigi Rossi’s Orfeo, our main challenge was to find the right perspective. In fact, we were surprised that no complete recording of such an important work existed yet – although some of its pages, instru-mental or vocal, are quite well known.Our first step was to avoid any comparison with Monteverdi’s Orfeo. Such comparison, influ-enced by the already existing modern tradition, would have prevented us from finding the cor-rect reading of Rossi’s masterpiece.A much better comparison would have been, instead, with the Incoronazione di Poppea, premi-ered only four years earlier than Rossi’s Orfeo. In the former we find the same affects sung by two sopranos, the two main lover characters, surrounded by two counselors that portray the morality of the day.The second step was to accept that Rossi’s music is so composite and rich in contrasting

elements that it is hard to classify it as a homo-genous style connected to a specific “school” (a rather too reassuring concept). Trying to find Monteverdi’s refined elegance and deep psycho-logical characters’ depiction in Rossi’s music would be forcing it in an unnatural way.Rossi utilizes harmonic solutions, rhetorical tools, and a rich architecture that go beyond musical conventions of the theatre of his time. The tragic and comical elements in this work forced the composer to depict them with equally contrasting elements without compro-mises. The result is almost bipolar and moves the listener from the bitter sarcasm of a fallen god to the deep despair of a suicidal lover.Aristeo’s deep laments are counterbalanced by the arias sung by Momo and Vecchia. Such arias, in the form of strophic compositions with ritor-nellos, are quite sophisticated examples of opera arias, and Rossi uses them only for the vengeful goddess Venus and the two aforementioned co-mical characters (beside Euridice and Orfeo).The plot evolves quickly and contrasting styles follow each other at a fast pace, leaving the lis-tener stunned.

Amore

This Orfeo is indeed a long opera and the real main character is Love. Not the cynical and self-preserving god from the myth (who, by the way,

gives us the funniest moments of the opera) but rather the hidden force that moves all the cha-racters.Buti depicts six different kinds of love. We de-cided to connect those different expressions to six different singers:

Momo – La Vecchia: love of truthEndimione – Apollo: parental loveVenere – Proserpina: passionate love

(faithful or unfaithful)Nutrice – Giunone: maternal love, protectingAugure – Plutone: paternal love, caringCaronte – Bacco: transforming love

Sounds of the South

We need to think of the Mediterranean, so as not to get lost in the colorful and irregular mu-sic of Luigi Rossi. It is full of references, from mimicking a fandango in the dialogue bet-ween Euridice and the Dryads (act II, scene 8, All’imperio d ’amore) to reminding us a siciliana in the choir Augelletti vezzosi (act I, scene 2) and in the penultimate arioso sung by Orfeo (act III, scene 9, Vi renda Amor mercé) – probably a refe-rence to Jealousy, one of the characters and, in a broader sense, the feeling that pervades the entire opera.Many instrumental dances are present in the opera, like the Sarabanda and the Passa y Calla,

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where we can hear the prominent rhythmic lan-guage typical of Arabic and Spanish repertoires. But it is only in the choirs that we understand that Rossi refrains from impressing the listener with facile effects: instead, he uses the music to powerfully deliver the lyrics.He uses a multiple-choir technique, yet his music is rather simple and effective, almost as in a folk song. That simplicity is precisely what deeply impressed us, inspiring us to attempt a folk-like approach for the choral parts. After all, in the whole opera, Rossi reserves his most transcendent and immaterial music for the cha-racter of the Shadow of Euridice.On the Versailles stage, demigods, satyrs, fallen myths, nurses, shepherds, and bacchants sung and celebrated a great milestone of European music, hopefully together with the listener of the present CD.

Source used for the present performance: Biblioteca Apostolica Vaticana, msQ V 51

Orfeo (Orfeo)Euridice (Euridice; nymph, wife of Orpheus)Aristeo (Aristaeus; son of Apollo)Satiro (Satyr)Endimione (Endymion, father of Euridice)Apollo (Apollo; god of light)Giove (Jupiter; highest Roman god)Amore (Cupid; god of love)Caronte (Charon; ferryman in the underworld)Bacco (Bacchus; god of fertility)Momo (Momus; personification of the rebuke)

La Vecchia (Old Lady)Venere (Venus; goddess of beauty)Proserpina (wife of Pluto, ruler of the underworld) Nutrice (Nurse)Giunone (Juno, wife of Jupiter)Augure (Augur; priest)Plutone (Pluto; god of the underworld)Gelosia (Jealousy)Mercurio (Mercury; messenger of the gods)Sospetto (Suspicion)Vittoria (Victory)

Orfeo and Euridice’s happiness opens the opera: they are on their way to their wedding, with Euridice’s father Enymion. Aristaeus is in love with Euridice and his mother Venus protects him: he decides to oppose the couple’s wedding plans in order to take revenge against Orfeo’s father Apollo, who disclosed Venus’ affair with Mars. Venus disguises herself as an old lady to help her son Aristaeus, but Cupid foils Venus’ plans and tells Orfeo of her plot.In the second act Euridice refuses to cheat on Orfeo with Aristaeus. After a series of scenes involving the Graces, Momus, Apollo, Juno, the Augur, and the Satyr, Euridice is bitten by a snake and dies refusing Aristaeus’ help. Act three begins with Orfeo beseeching the underworld. Aristaeus is attacked by Euridice’s shadow and, during a rather grotesque scene, commits suicide. Proserpina, convinced by

Jealousy and Suspicion, intercedes in Orfeo’s favor, who sings for a second time. Pluto grants him permission. Charon tells the public the fate of the two lovers: at the end of the opera they are turned into constellations to celebrate their glory. PrologueBattle. The French army wins. Victory celebrates the glory and the power of France, guided by the divine hand of Anne of Austria. France is destined to win over evil: Orfeo’s victory over the underworld is a representation of the victory of Cupid and Faith.

Act 11. The opera begins with the announcement of Orfeo and Euridice’s wedding. Nevertheless, the augurs predict Enymion a dire fate. The

Francesca Lombardi Mazzulli Orfeo

Emanuela Galli Euridice

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final trio announces the divorce of Fortune and Cupid.2. Orfeo and Euridice promise each other eternal love. Euridice’s father, Enymion, proclaims that Cupid can be happy, despite the trio that closed the previous scene.3. Aristaeus loves Euridice and complains over his unhappy fate. The Satyr, a comical character, mocks him.4. Venus promises to help Aristaeus. She disguises herself as an old lady and tries to convince Euridice to love Aristaeus. Venus accuses Aristaeus of not being assertive enough to improve his situation. She asks the three Graces to improve Aristaeus’ ugly appearance. 5. Momus, Juno, Apollo, Hymen, and the choir take part in the wedding reception. Suddenly the torches go out: such a bad omen confirm what the Augur that announced at the beginning of the opera. Orfeo and Euridice renew their vows and the choir asks for mercy. Act 21. Venus, disguised as an old lady tells Aristaeus her plans.2. Venus tries to convince Euridice but she refuses and confirms her love for Orfeo in the aria Mio ben teco il tormento.3. Aristaeus laments his luckless love. Venus gets furious and the Satyr suggests kidnapping Euridice during the ball.4. Momus, Juno, and Apollo sing three small

arias criticizing Cupid. Cupid appears and states that the whole plot is about Venus’ revenge against Apollo. Juno condemns Venus for having betrayed Vulcan with Mars. Then Cupid reveals Venus’ plans and promises to help Orfeo and Euridice. Juno and Apollo sing his praises while Momo is still skeptical.5. Amor tells the Graces and Orfeo of Venus’ plot. Orfeo hurries to inform Euridice.6. The Graces tell Venus of Cupid’s betrayal. Venus is furious and starts a fight with Cupid singing, as an old lady, in praise of unfaithfulness. Then Venus reassumes her divine form, waiting for Euridice.7. Enymion and the Augur pray Venus, fearing her revenge.8. Juno blames Enymion and the Augur and states her superiority over Venus.9. Euridice sings a short aria stating her trust in Cupid. Then she asks the nymphs to help her sleep during a choir for three voices. The following dance states Cupid’s power. Then Euridice is bitten by a snake and dies after refusing Aristaeus’ help. Funeral choir. Act 31. Act three opens with Orfeo’s lament over Euridice’s death. He pleads with the Parchae to lead him to hell: he wants to try to win Euridice back with his wonderful voice.2. Euridice’s family laments her death.3. Aristaeus laments Euridice’s death. He is

attacked by Euridice’s shadow: she is turned into a fury and is determined to make him mad.4. The Satyr and Momo with Aristaeus, now completely insane. He thinks he is Deucalion and the snake Python. He then commits suicide.5. Juno summons Jealousy and Suspicion, and sends them to Proserpina.6. Venus and Juno both think they won the fight.7. Jealousy and Suspicion try to convince Proserpina that Euridice could be her rival and that she should get rid of her.8. Charon and Proserpina try to convince Pluto that he should listen to Orfeo.9. Orfeo sings and convinces Pluto. He promises not to turn around during his departure from hell. Charon then tells the audience what happened to the two lovers. Pluto promises the Elysian Fields for the two lovers. Proserpina is unhappy that she did not get rid of them. Choir of Bacchants. Venus tells Bacchus that his son Aristaeus has died. Bacchus orders the Bacchants to kill Orfeo.10. Orfeo tries to die. A heavenly choir explains that feelings cannot be fulfilled in the earthly world but only in heaven. Jupiter decrees that the Lyre, Orfeo, and Euridice will be turned into constellations and celebrated forever.

Clarissa Reali Nutrice, Giunone

Paola Valentina Molinari Aristeo

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Orfeo de Luigi Rossi Un drame de héros et d’antihéros

par Alessio Ruffatti

Luigi Rossi (Torremaggiore 1597/98 – Rome 1653) fut l’un des compositeurs du 17e siècle les plus fêtés et les plus couronnés de succès. Il naquit en 1597 ou 1598 dans un petit village des Pouilles (Italie du Sud). Nous ne possédons que de rares informations sur ses premières années et sa formation de compositeur. D’après un manuscrit aujourd’hui conservé à la British Library (Add. 30491) et considéré par beaucoup de savants comme un autographe, Rossi passa quelques années à Naples et étudia auprès du célèbre compositeurs flamand Jean de Macque, avant de s’établir finalement à Rome en 1620. À partir de là, son activité est bien documentée dans des archives romaines et dans de la corres-pondance : il travailla pour quelques mécènes importants qui étaient en relation avec certains des artistes les plus illustres de l’époque. Entre 1620 et 1636, il fut le protégé de Marcantonio Borghèse, prince de Sulmona. En 1633, Rossi de-vint organiste de l’église San Luigi dei Francesi, ce qui pourrait signifier qu’il s’était rapproché peu à peu de la famille Barberini d’influence française. De 1641 jusqu’à sa mort, il est attesté qu’il était en relation avec le cardinal Antonio

Barberini, neveu du pape, qui joua un rôle pré-dominant au cours de la première moitié du 17e siècle dans la vie musicale romaine.

L’Orfeo de Francesco Buti et Luigi Rossi est le premier opéra écrit tout spécialement pour la cour française et fut créé le 2 mars 1647 à Paris.L’action suit deux trames principales : nous avons d’un côté l’histoire connue d’Orphée, telle que décrite par Striggio et Monteverdi pour la cour de Mantoue en 1607. L’union imminente du poète et de la nymphe est soudain brisée par la mort d’Eurydice qui meurt sur scène dans la version parisienne. En dépit du chant envoûtant d’Orphée qui émeut Pluton lui-même, Eurydice est perdue à jamais, car Orphée se retourne avant d’avoir quitté les Enfers. À la fin, les deux prota-gonistes montent au ciel, comme dans la version de Monteverdi. Dans la version parisienne, une autre trame secondaire recoupe la première. L’heureux couple a des ennemis : Aristée qui aime Eurydice sans être payé de retour, et Vénus qui le protège pour se venger d’Apollon. C’est pro-bablement le fait de la présence à Paris de Mar-cantonio Pasqualini, castrat favori de Barberini,

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y trouvons les mêmes sentiments, chantés par deux sopranos, les deux protagonistes du couple d’amants, entouré de deux conseillers qui décri-vent la morale de l’époque.Le second pas a été d’accepter que la musique de Rossi soit tellement composite et riche en éléments contrastés qu’il est difficile de la clas-ser comme un style homogène associé à une « école » précise et donc à un concept clair. La tentative de trouver l’élégance raffinée et l’ap-proche très psychologique de Monteverdi dans la musique de Rossi la forcerait à entrer dans un moule qui la dénaturerait totalement.Rossi utilise des solutions harmoniques, des moyens rhétoriques et une riche architecture qui font éclater les conventions musicales du théâtre de son époque. Les éléments tragiques et comiques de l’ouvrage forcent le composi-teur à les illustrer sans compromis avec autant d’éléments contrastés. Le résultat est presque bipolaire et entraîne l’auditeur du sarcasme amer d’un dieu déchu au profond désespoir d’un amant suicidaire.Les tristes lamentations d’Aristée sont com-pensées par les airs chanté par Momos et la Vieille. Ces airs, sous forme de compositions strophiques avec ritournelle, sont des exemples raffinés d’airs d’opéra et Rossi les utilise (en de-hors d’Eurydice et d’Orphée) uniquement pour la déesse de la vengeance Vénus et pour les deux personnages comiques mentionnés plus haut.L’action évolue rapidement, les styles contras-

tés se succèdent à vive allure, laissant l’auditeur pantois.

Amore

Cet Orfeo est vraiment un long opéra et le vrai protagoniste est l’Amour. Non pas le dieu cy-nique et fat du mythe (qui nous offre du reste les moments les plus divertissants de l‘opéra), mais plutôt la force cachée qui meut tous les personnages.Buti illustre six différents types d‘amour. Nous avons décidé d’associer ces différentes formes d’expression à six chanteurs différents :

Momos – la Vieille : Amour de la véritéEndymion – Apollon : Amour parentalVénus – Proserpine : Amour passionné

(fidèle ou infidèle)La Nourrice – Junon : Amour maternel, protecteurAugure – Pluton : Amour paternel, plein de

sollicitudeCharon – Bacchus : Amour transcendant

Inflexions du Sud

Il faut penser à la Méditerranée afin de ne pas se perdre dans l’ivresse haute en couleur, polymorphe et vertigineuse qui caractérise la musique de Luigi Rossi. Elle est pleine de ré-

qui créa le rôle d’ Aristée tandis que le jeune Atto Melani interprétait le rôle d’Orphée.L’action suit la convention littéraire de l’élégie romaine. Voici quelques vers de Properce qui auraient facilement pu paraître dans un livret du début du 17e siècle :

Aut in amore dolere volo aut audire dolentem: sive meas lacrimas sive videre tuas.

En amour, j’aimerais soupirer ou entendre un soupir, voir mes larmes ou tes larmes.

Properce, Élégies, Livre 3, N° 8

La poésie amoureuse classique romaine, ainsi que ses remaniements à la Renaissance et à l’époque moderne, présentent l’image d’un amour torturé, fait de souffrances et de tour-ments, comme dans le cas d’Orphée et d’Aris-tée. Les amants se lamentent sur une union déséquilibrée qui est souvent comparée à une sorte de guerre. L’élément le plus fort du couple, normalement la femme, fait face à un élément plus faible (dans l’Italie du 17e siècle appelé « molle »), à savoir l’homme.À l’époque, les castrats représentaient sur scène des personnages faibles, contrairement aux jeunes amantes qui étaient résolues, presque cy-niques ou même belliqueuses. Cette convention théâtrale qui associe les personnages masculins à des sentiments languissants et sensuels était l’élément clé qui émouvait le public vénitien et

romain au même titre que le public parisien.Dans l’opéra de Rossi et Buti, les amants sont représentés selon les conventions élégiaques classiques : un personnage féminin fort et résolu (Eurydice) et deux antihéros faibles et malheu-reux (Orphée et Aristée).

Remarques sur l’interprétationpar Elena Sartori

Baroque

Lorsque nous avons décidé de représenter Orfeo de Luigi Rossi, le plus grand défi était de trouver la bonne perspective. En effet, nous étions surpris qu’il n’existât pas encore d’enregistrement intégral d’un ouvrage aussi important, bien que quelques pages, instrumentales ou vocales, en fussent très connues.Le premier pas a été d’éviter toute comparaison avec Orfeo de Monteverdi. Une telle comparai-son, influencée par la tradition moderne déjà en place, nous aurait empêché de trouver la bonne lecture du chef-d’œuvre de Rossi.Une bien meilleure comparaison aurait été L’in-coronazione di Poppea de Monteverdi qui ne fut créé que quatre ans avant Orfeo de Rossi. Nous

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Orfeo (Orphée)Euridice (Eurydice, nymphe, épouse d’Orphée)Aristeo (Aristée, fils d’Apollon)Satiro (Satyre)Endimione (Endymion, père d’Eurydice)Apollo (Apollon, dieu de la lumière)Giove (Jupiter, dieu des dieux)Amore (Amor, dieu de l’amour)Caronte (Charon, nocher des Enfers)Bacco (Bacchus, dieu de la fécondité)Momo (Momos, personnification du reproche)

La Vecchia (La Vieille)Venere (Vénus, déesse de la beauté)Proserpina (épouse de Pluton, souveraine des Enfers)Nutrice (La Nourrice)Giunone (Junon, épouse de Jupiter)Augure (Augure, prêtre)Plutone (Pluton, dieu des Enfers)Gelosia (La Jalousie)Mercurio (Mercure, dieu messager)Sospetto (Le Soupçon)Vittoria (La Victoire)

L’opéra s’ouvre sur le bonheur d’Orphée et d’Eurydice : ils sont sur le chemin de leur union, accompagnés d’Endymion, le père d’Eurydice. Aristée est amoureux d’Eurydice et sa mère Vénus le protège : il décide de faire échouer les projets de mariage du couple afin de se venger d’Apollon, père d’Orphée, qui a dévoilé la rela-tion amoureuse entre Vénus et Mars. Vénus se déguise en vieille femme pour aider son fils Aristée mais Amor déjoue les plans de Vénus et trahit son complot à Orphée.À l’Acte II, Eurydice se refuse à tromper Orphée avec Aristée. Après toute une série de scènes avec les Grâces, Momos, Apollon, Junon, l’Augure et le Satyre, Eurydice est mordue par un serpent et meurt, alors qu’elle refuse son amour à Aristée. L’Acte III s’ouvre sur l’imploration d’Orphée

devant la porte des Enfers. Aristée est attaqué par l’ombre d’Eurydice et se suicide au cours d‘une scène plutôt grotesque. Proserpine, convaincue par la Jalousie et le Soupçon, prend la défense d’Orphée qui chante une seconde fois. Pluton lui accorde l’autorisation de des-cendre aux Enfers. Charon raconte au public le destin des amants : à la fin de l’opéra, ils sont métamorphosés en constellation qui immorta-lise leur gloire.

PrologueBataille. Les armées françaises sont victorieuses. La victoire célèbre la gloire et la puissance de la France, conduite par la main divine d’Anne d’Autriche. La France est destinée à vaincre le Mal : la victoire d‘Orphée sur les Enfers est une illustration de la victoire de l’amour et de la foi.

férences, de l’imitation d’un fandango dans le dialogue entre Eurydice et les dryades (Acte II, Scène 8, All’imperio d ’amore) jusqu’à la réminis-cence d’une sicilienne dans le chœur Augelletti vezzosi (Acte I, Scène 2), et dans l’avant-dernier arioso chanté par Orphée (Acte III, Scène 9, Vi renda Amor mercé), probablement une allusion à la Jalousie, un des personnages et, au sens large, le sentiment qui parcourt tout l’opéra.L’opéra renferme un grand nombre de danses instrumentales, par ex. la Sarabanda et la Passa y Calla, dans lesquelles on peut entendre un idiome rythmique marquant, typique des répertoires arabe et espagnol. Mais seuls les chœurs révèlent que Rossi renonce à impressionner l’auditeur par des effets superficiels : au lieu de cela, il utilise la musique pour exposer le texte avec force.Il utilise une technique à plusieurs chœurs mais sa musique est plutôt simple et efficace, presque comme une chanson populaire. C’est justement cette simplicité qui nous a profondément tou-chés et incités à tenter une approche populaire pour les parties chorales. À la fin, Rossi réserve sa musique la plus transcendante et la plus immaté-rielle au personnage de l’ombre d’Eurydice.Du reste, la scène de Versailles fourmillait de demi-dieux, de satyres, de fabuleuses créatures déchues, de bergers, de pâtres et de bacchantes, célébrant un grand moment de la musique euro-péenne.

Source utilisée pour la représentation présente : Biblioteca Apostolica Vaticana, msQ V 51

Alessio Tosi Endimione, Apollo

Alessandro Giangrande Momo, La Vecchia

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Acte III1. L’acte III s’ouvre sur la plainte d’Orphée qui se lamente sur la mort d’Eurydice. Il implore les déesses du destin de le conduire aux Enfers : il veut tenter de ramener Eurydice par la magie de sa voix.2. La famille d’Eurydice déplore sa mort.3. Aristée déplore la mort d’Eurydice. Il est atta-qué par l’ombre d’Eurydice : elle se transforme en furie, bien décidée à le pousser à la folie.4. Le Satyre et Momos avec Aristée, frappé de démence. Il croit être Deucalion et le serpent Python. Puis il se suicide.5. Junon convoque la Jalousie et le Soupçon et les envoie à Proserpine.6. Vénus et Junon pensent toutes deux avoir remporté la bataille.7. La Jalousie et le Soupçon tentent de convaincre Proserpine qu’Eurydice pourrait être sa rivale et qu’elle devrait s’en débarrasser.8. Charon et Proserpine tentent de convaincre Pluton d’entendre Orphée.9. Orpheus chante et persuade Pluton. Il pro-met de ne pas se retourner en quittant les Enfers. Puis Charon raconte au public ce qui est arrivé aux deux amants. Pluton promet les Champs-Élysées aux deux amants. Proserpine est triste de ne pas s’être débarrassée des deux amants. Chœur des bacchantes. Vénus raconte à Bacchus que son fils Aristée est mort. Bacchus ordonne aux bacchantes de tuer Orphée.10. Orphée tente de mourir. Un chœur céleste

explique que les sentiments ne peuvent pas s‘ac-complir sur terre mais seulement dans les cieux. Jupiter ordonne que la lyre, Orphée et Eurydice soient métamorphosés en constellations pour immortaliser leur gloire.

Acte I1. L’opéra s’ouvre sur l’annonce de l’union d’Or-phée et d’Eurydice. Mais les Augures prédisent à Endymion un destin funeste. Le dernier trio annonce la séparation de Bonheur et d’Amour.2. Orphée et Eurydice échangent leurs pro-messes d’amour éternel. Endymion, le père d’Eurydice, proclame que l’amour peut être heureux, en dépit du trio sur lequel s’est conclue la scène précédente.3. Aristée aime Eurydice et déplore son infor-tune. Le Satyre, un personnage comique, se moque de lui.4. Vénus promet à Aristée de lui venir en aide. Elle se déguise en vieille femme et tente de convaincre Eurydice d‘aimer Aristée. Vénus reproche à Aris-tée de ne pas être assez sûr de lui pour améliorer sa situation. Elle prie les trois Grâces d’embellir l’apparence peu avantageuse d’Aristée. 5. Momos, Junon, Apollon, Hymen et le chœur participent à la fête nuptiale. Soudain, les torches s’éteignent : un si mauvais présage confirme ce que l’Augure a annoncé au début de l’opéra. Orphée et Eurydice renouvellent leurs vœux et le chœur demande grâce. Acte II1. Vénus, déguisée en vieille femme, fait part de son plan à Aristée.2. Vénus tente de convaincre Eurydice mais celle-ci résiste et réitère son amour pour Or-phée dans l’aria Mio ben teco il tormento.

3. Aristée déplore son amour perdu. Vénus est furieuse et le Satyre propose d’enlever Eurydice pendant le bal.4. Momos, Junon et Apollon chantent trois petites arias dans lesquelles ils critiquent Amor. Amor apparaît et constate que la vraie raison est la vengeance de Vénus à l’égard d’Apollon. Junon condamne Vénus pour le fait d’avoir trompé Vulcain avec Mars. C’est alors qu’Amor divulgue les plans de Vénus et promet d’aider Orphée et Eurydice. Junon et Apollon chantent ses louanges tandis que Momos reste sceptique.5. Amor raconte l’intrigue de Vénus aux grâces et à Orphée. Orphée se hâte d’informer Eury-dice.6. Les Grâces font part à Vénus de la trahison d’Amor. Vénus est furieuse et entame une joute avec Amor en faisant l’éloge de l’infidélité sous les traits d’une vieille femme. Puis Vénus re-prend sa forme divine et attend Eurydice.7. Endymion et l’Augure chantent une prière à Vénus, par peur de sa vengeance.8. Junon accuse Endymion et l’Augure et déclare sa supériorité sur Vénus.9. Eurydice chante une brève aria dans laquelle elle proclame sa confiance en l’amour. Puis elle prie les nymphes de l’aider à s’endormir pendant un chœur à trois voix. La danse suivante illustre la puissance de l‘amour. Puis Eurydice est mor-due par un serpent et meurt, après avoir refusé son amour à Aristée. Chœur funèbre.

Rocco Lia Augure, Plutone

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Luigi Rossis Orfeo Ein Drama von Helden und Antihelden

von Alessio Ruffatti

Luigi Rossi (Torremaggiore 1597/98 – Rom 1653) war einer der gefeiertsten und erfolgreichsten Komponisten des 17. Jahrhunderts. Er wurde 1597 oder 1598 in einem kleinen Dorf in Apulien (Süditalien) geboren. Informationen über die frühen Jahre und die Ausbildung des Komponis-ten sind spärlich. Nach einem Manuskript, das heute in der British Library aufbewahrt wird (Add. 30491) und von vielen Gelehrten als Auto-graph angesehen wird, verbrachte Rossi einige Jahre in Neapel und studierte bei dem berühm-ten flämischen Komponisten Jean de Macque, bevor er sich 1620 schließlich in Rom nieder-ließ. Von diesem Zeitpunkt an ist seine Tätig-keit in römischen Archiven und einigen Briefen gut dokumentiert: Er arbeitete für prominente Mäzene, mit denen einige der berühmtesten Künstler seiner Zeit in Verbindung standen. Zwischen 1620 und 1636 stand er unter dem Protektorat von Marcantonio Borghese, Fürst von Sulmona. Im Jahr 1633 wurde Rossi Orga-nist an der Kirche San Luigi dei Francesi, was darauf hindeuten könnte, dass er sich langsam der französisch geprägten Familie Barberini annäherte. Von 1641 bis zu seinem Tod war er

nachweislich mit Kardinal Antonio Barberini, dem Neffen des Papstes, verbunden, der in der ersten Hälfte des 17. Jahrhunderts in der römi-schen Musikszene eine führende Rolle spielte.

Der Orfeo von Francesco Buti und Luigi Rossi ist die erste speziell für den französischen Hof geschriebene Oper und wurde am 2. März 1647 in Paris uraufgeführt.Die Handlung folgt zwei Hauptsträngen: Auf der einen Seite finden wir die bekannte Ge-schichte von Orpheus, wie sie von Striggio und Monteverdi für den Hof von Mantua 1607 be-schrieben wurde. Die bevorstehende Hochzeit der beiden Hirten wird plötzlich durch den Tod von Euridike gestört, die in der Pariser Fassung auf der Bühne stirbt. Trotz des bezau-bernden Gesangs von Orpheus, der selbst Plu-to bewegte, ist Euridike wieder verloren, denn Orpheus dreht sich um, bevor er die Unterwelt verlässt. Am Ende steigen beide Hauptfigu-ren, wie in Monteverdis Version, schließlich in den Himmel auf. In der Pariser Fassung über-schneidet sich eine weitere Nebenhandlung mit der ersten. Das glückliche Liebespaar hat

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Widersacher: Aristaios, der Euridike liebt, aber nicht zurückgeliebt wird, und Venus, die ihn beschützt, um sich an Apoll zu rächen. Dies ist wahrscheinlich auf die Anwesenheit von Mar-cantonio Pasqualini, Barberinis Lieblingskast-rat, in Paris zurückzuführen, der die Rolle des Aristaios uraufgeführt hat, während Orpheus vom jungen Atto Melani gesungen wurde.Die Handlung folgt der literarischen Konventi-on der römischen Elegie. Hier sind einige Verse von Propertius, die leicht in einem Libretto des frühen 17. Jahrhunderts hätten erscheinen kön-nen:

Aut in amore dolere volo aut audire dolentem: sive meas lacrimas sive videre tuas.

In der Liebe möchte ich klagen oder Klagen hören, meine Tränen oder ihre Tränen sehen.

Propertius, Elegien, Buch 3, Nr. 8

Die klassisch-römische Liebeslyrik sowie ihre Neufassungen der Renaissance und der Neuzeit bieten ein Bild der Liebe voller Qualen, Leiden und Qualen, wie die von Orpheus und Aristaios. Die Liebenden klagen über ein unausgewogenes Miteinander, das oft mit einer Art Krieg vergli-chen wird. Das stärkere Element des Paares, normalerweise die Frau, steht einem schwäche-ren Teil gegenüber (im Italien des 17. Jahrhun-derts „molle“ genannt), gewöhnlich dem Mann.Damals stellten die Kastraten auf der Bühne

schwache Charaktere dar, im Gegensatz zu jun-gen Liebhaberinnen, die voller Entschlossen-heit, fast zynisch oder sogar kampfbereit waren. Diese theatralische Konvention, die männliche Figuren mit schmachtenden und sinnlichen Affekten verbindet, war das Schlüsselelement, welches das venezianische und römische Publi-kum ebenso wie das in Paris bewegte.In der Oper von Rossi und Buti werden die Lie-benden nach den klassisch elegischen Konven-tionen dargestellt: eine starke und entschlosse-ne Frauengestalt (Euridike) und zwei schwache und unglückliche Antihelden (Orpheus und Aristaios).

Anmerkungen zur Interpretationvon Elena Sartori

Barock

Als wir beschlossen, Luigi Rossis Orfeo aufzu-führen, bestand unsere größte Herausforde-rung darin, die richtige Perspektive zu finden. Tatsächlich waren wir überrascht, dass es noch keine vollständige Aufnahme eines so wichtigen Werkes gibt, obwohl einige Seiten, ob instru-mental oder vokal, recht bekannt sind.Unser erster Schritt bestand darin, jeden Ver-

gleich mit Monteverdis Orfeo zu vermeiden. Ein solcher Vergleich, beeinflusst durch die bereits bestehende moderne Tradition, hätte uns daran gehindert, die richtige Lesart für Rossis Meis-terwerk zu finden.Ein viel besserer Vergleich wäre stattdessen Monteverdis L’incoronazione di Poppea gewesen, die nur vier Jahre vor Rossis Orfeo uraufgeführt wurde. In dieser finden wir die gleichen Affek-te, gesungen von zwei Sopranen, den beiden Hauptfiguren des Liebespaares, umgeben von zwei Ratgebern, die die Moral der damaligen Zeit schildern.Der zweite Schritt bestand darin, zu akzeptie-ren, dass Rossis Musik so zusammengesetzt und reich an kontrastreichen Elementen ist, dass es schwierig ist, sie als einen homogenen Stil ein-zuordnen, der mit einer bestimmten „Schule“ und damit einem klaren Konzept verbunden ist. Der Versuch, Monteverdis raffinierte Eleganz und tiefenpsychologische Charakterdarstellung in Rossis Musik zu finden, würde sie auf unna-türliche Weise in eine Schablone pressen.Rossi verwendet harmonische Lösungen, rhe-torische Mittel und eine reiche Architektur, die über die musikalischen Konventionen des Theaters seiner Zeit hinausgehen. Die tragi-schen und komischen Elemente in diesem Werk zwangen den Komponisten, sie kompromisslos mit ebenso kontrastreichen Elementen darzu-stellen. Das Ergebnis ist fast bipolar und bewegt den Zuhörer vom bitteren Sarkasmus eines ge-

fallenen Gottes in die tiefe Verzweiflung eines selbstmörderischen Liebhabers.Aristaios’ tiefe Klagen werden durch die von Momos und der Alten gesungenen Arien aus-geglichen. Solche Arien, in Form strophischer Kompositionen mit Ritornell, sind recht raffi-nierte Beispiele für Opernarien, und Rossi ver-wendet sie (neben Euridike und Orpheus) nur für die Rachegöttin Venus und die beiden oben erwähnten komischen Figuren.Die Handlung entwickelt sich schnell, kontras-tierende Stile folgen in raschem Tempo aufeinan-der und lassen den Zuhörer fassungslos zurück.

Amore

Dieser Orfeo ist in der Tat eine lange Oper, und die eigentliche Hauptfigur ist die Liebe. Nicht der zynische und sich selbst erhaltende Gott aus dem Mythos (der uns übrigens die lustigsten Momente der Oper schenkt), sondern vielmehr die verborgene Kraft, die alle Figuren bewegt.Buti stellt sechs verschiedene Arten der Liebe dar. Wir haben beschlossen, diese verschiede-nen Ausdrucksformen mit sechs verschiedenen Sängern zu verbinden:

Momos – Die Alte: Liebe zur WahrheitEndymion – Apoll: elterliche LiebeVenus – Proserpina: leidenschaftliche Liebe

(treu oder untreu)

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Die Amme – Juno: Mütterliche Liebe, schützendAugur – Pluto: väterliche Liebe, fürsorglichCharon – Bacchus: die verwandelnde Liebe

Klänge des Südens

Man muss an das Mittelmeer denken, um sich nicht in dem bunten, vielgestaltigen und schwindelerregenden Rausch zu verlieren, der die Musik von Luigi Rossi ausmacht. Sie ist vol-ler Bezüge, von der Nachahmung eines Fandan-go im Dialog zwischen Euridike und den Drya-den (Akt II, Szene 8, All’imperio d ’amore) bis zur Erinnerung an eine Siciliana im Chor Augelletti vezzosi (Akt I, Szene 2), und im vorletzten, von Orpheus gesungenen Arioso (Akt III, Szene 9, Vi renda Amor mercé) wahrscheinlich eine An-spielung auf die Eifersucht, eine der Figuren und, im weiteren Sinne, das Gefühl, das die ge-samte Oper durchzieht.Viele Instrumentaltänze sind in der Oper ent-halten, wie z.B. die Sarabanda und die Passa y Calla, in denen man die für das arabische und spanische Repertoire typische markante rhyth-mische Sprache hören kann. Aber nur in den Chören wird deutlich, dass Rossi darauf ver-zichtet, den Zuhörer mit oberflächlichen Effek-ten zu beeindrucken: Stattdessen nutzt er die Musik, um den Text kraftvoll vorzutragen.Er verwendet eine mehrchörige Technik, doch seine Musik ist eher schlicht und wirkungs-

voll, fast wie in einem Volkslied. Genau diese Einfachheit hat uns tief beeindruckt und uns dazu inspiriert, einen volksnahen Ansatz für die Chorstimmen zu versuchen. Am Ende behält Rossi in der gesamten Oper seine transzenden-teste und immateriellste Musik für den Charak-ter des Schattens von Euridike vor.Im Übrigen sangen auf der Bühne von Ver-sailles Halbgötter, Satyrn, gefallene Fabelwesen, Schäfer, Hirten und Bacchanten und feierten, hoffentlich gemeinsam mit dem Hörer der vor-liegenden CD, einen großen Meilenstein der europäischen Musik.

Für die vorliegende Aufführung verwendete Quelle: Biblioteca Apostolica Vaticana, msQ V 51

Orfeo (Orpheus)Euridice (Euridike, Nymphe, Gemahlin des Orpheus)Aristeo (Aristaios, Sohn des Apoll)Satiro (Satyr)Endimione (Endymion, Vater Euridikes)Apollo (Apoll, Gott des Lichts)Giove (Jupiter, höchster römischer Gott)Amore (Amor, Gott der Liebe)Caronte (Charon, Fährmann in der Unterwelt)Bacco (Bacchus, Gott der Fruchtbarkeit)Momo (Momos, Personifikation des Tadels)La Vecchia (Die Alte)

Venere (Venus, Göttin der Schönheit)Proserpina (Gattin des Pluto, Herrscherin über die Unterwelt)Nutrice (Die Amme)Giunone (Juno, Gattin Jupiters)Augure (Augur, Priester)Plutone (Pluto, Gott der Unterwelt)Gelosia (Die Eifersucht)Mercurio (Merkur, Götterbote)Sospetto (Der Verdacht)Vittoria (Der Sieg)

Das Glück von Orpheus und Euridike eröffnet die Oper: Sie sind auf dem Weg zu ihrer Hoch-zeit, mit Euridikes Vater Endymion. Aristaios ist in Euridike verliebt und seine Mutter Venus beschützt ihn: er beschließt, die Hochzeitsplä-ne des Paares zu vereiteln, um sich an Orfeos Vater Apollo zu rächen, der die Affäre der Venus mit Mars aufgedeckt hat. Venus verkleidet sich als alte Dame, um ihrem Sohn Aristaios zu hel-fen, aber Amor durchkreuzt die Pläne der Venus und erzählt Orpheus von ihrem Komplott.Im zweiten Akt weigert sich Euridike, Orpheus mit Aristaios zu betrügen. Nach einer Reihe von Szenen mit den Grazien, Momos, Apoll, Juno, dem Auguren und dem Satyr wird Euridike von einer Schlange gebissen und stirbt, als sie Aris-taios die Liebe verweigert. Der dritte Akt beginnt mit Orfeos Flehen vor

der Unterwelt. Aristaios wird von Euridikes Schatten angegriffen und begeht während einer ziemlich grotesken Szene Selbstmord. Proser-pina, überzeugt von Eifersucht und Verdacht, setzt sich für ein, der zum zweiten Mal singt. Pluto gewährt ihm die Erlaubnis. Charon erzählt dem Publikum das Schicksal der beiden Lieben-den: Am Ende der Oper werden sie in Sternbil-der verwandelt, um ihren Ruhm zu feiern.

PrologSchlacht. Die französischen Armeen sind sieg-reich. Der Sieg feiert den Ruhm und die Macht Frankreichs, geführt von der göttlichen Hand der Anna von Österreich. Frankreich ist dazu bestimmt, das Böse zu besiegen: Der Sieg Or-pheus‘ über die Unterwelt ist eine Darstellung des Sieges der Liebe und des Glaubens.

Arianna Stornello Venere, Proserpina

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1. Akt1. Die Oper beginnt mit der Ankündigung der Hochzeit von Orpheus und Euridike. Dennoch sagen die Auguren Endymion ein schlimmes Schicksal voraus. Das letzte Terzett verkündet die Trennung von Glück und Liebe.2. Orpheus und Euridike versprechen einander ewige Liebe. Endymion, der Vater Euridikes, verkündet, dass die Liebe glücklich sein kann, ungeachtet des Terzetts, das die vorhergehende Szene beendete.3. Aristaios liebt Euridike und beklagt sich über sein unglückliches Schicksal. Der Satyr, eine ko-mische Figur, verspottet ihn.4. Venus verspricht, Aristaios zu helfen. Sie ver-kleidet sich als alte Dame und versucht, Euri-dike davon zu überzeugen, Aristaios zu lieben. Venus wirft Aristaios vor, nicht selbstbewusst genug zu sein, um seine Situation zu verbessern. Sie bittet die drei Grazien, Aristaios‘ hässliche Erscheinung zu verschönern. 5. Momos, Juno, Apollo, Hymen und der Chor nehmen an der Hochzeitsfeier teil. Plötzlich erlöschen die Fackeln: ein so schlechtes Omen bestätigt, was der Augur zu Beginn der Oper an-gekündigt hat. Orpheus und Euridike erneuern ihr Gelübde und der Chor bittet um Gnade. 2. Akt1. Venus, als alte Dame verkleidet, erzählt Aris-taios ihre Pläne.2. Venus versucht, Euridike zu überzeugen, aber

sie weigert sich und bestätigt ihre Liebe zu Or-pheus in der Arie Mio ben teco il tormento.3. Aristaios beklagt seine glücklose Liebe. Venus wird wütend und der Satyr schlägt vor, Euridike während des Balles zu entführen.4. Momos, Juno und Apoll singen drei kleine Arien, in denen sie Amor kritisieren. Amor erscheint und stellt fest, dass es in der ganzen Handlung um die Rache der Venus an Apoll geht. Juno verurteilt Venus dafür, dass sie Vulkan mit Mars betrogen hat. Dann enthüllt Amor die Pläne der Venus und verspricht, Orpheus und Euridike zu helfen. Juno und Apollo singen sein Loblied, während Momos noch skeptisch ist.5. Amor erzählt den Grazien und Orpheus von der Intrige der Venus. Orpheus beeilt sich, Euri-dike zu informieren.6. Die Grazien erzählen der Venus vom Verrat der Liebe. Venus ist wütend und beginnt einen Kampf mit der Liebe, indem sie als alte Dame die Untreue preist. Dann nimmt Venus wieder ihre göttliche Gestalt an und wartet auf Euri-dike .7. Endymion und der Augur singen ein Gebet an Venus, aus Angst vor ihrer Rache.8. Juno beschuldigt Endymion und den Augur und erklärt ihre Überlegenheit über die Venus.9. Euridike singt eine kurze Arie, in der sie ihr Vertrauen in die Liebe bekundet. Dann bittet sie die Nymphen, ihr während eines dreistim-migen Chors beim Einschlafen zu helfen. Der folgende Tanz stellt die Macht der Liebe dar.

Dann wird Euridike von einer Schlange gebis-sen und stirbt, nachdem sie Aristaios die Liebe verweigert hat. Begräbnis-Chor. 3. Akt1. Der dritte Akt beginnt mit der Klage Orfeos über den Tod von Euridike. Er fleht die Schick-salsgöttinnen an, ihn in die Hölle zu führen: Er will versuchen, Euridike mit seiner wunderba-ren Stimme zurückzugewinnen.2. Die Familie von Euridike beklagt ihren Tod.3. Aristaios beklagt den Tod von Euridike. Er wird von Euridikes Schatten angegriffen: sie verwandelt sich in eine Furie und ist entschlos-sen, ihn in den Wahnsinn zu treiben.4. Der Satyr und Momos mit Aristaios, jetzt völ-lig wahnsinnig. Er glaubt, er sei Deucalion und die Schlange Python. Dann begeht er Selbst-mord.5. Juno beschwört Eifersucht und Verdacht her-auf und sendet sie zu Proserpina.6. Venus und Juno denken beide, dass sie den Kampf gewonnen haben.7. Eifersucht und Verdacht versuchen, Proser-pina davon zu überzeugen, dass Euridike ihre Rivalin sein könnte und dass sie sie loswerden sollte.8. Charon und Proserpina versuchen, Pluto da-von zu überzeugen, dass er auf Orpheus hören solle.9. Orpheus singt und überzeugt Pluto. Er ver-spricht, sich bei seinem Abschied aus der Hölle

nicht umzudrehen. Dann erzählt Charon dem Publikum, was mit den beiden Liebenden ge-schehen ist. Pluto verspricht die Elysischen Felder für die beiden Liebenden. Proserpina ist unglücklich, dass sie die beiden Liebenden nicht losgeworden ist. Chor der Bacchanten. Venus erzählt Bacchus, dass sein Sohn Aristaios gestorben ist. Bacchus befiehlt den Bacchanten, Orpheus zu töten.10. Orpheus versucht zu sterben. Ein himmli-scher Chor erklärt, dass Gefühle nicht in der irdischen Welt, sondern nur im Himmel erfüllt werden können. Jupiter ordnet an, dass die Lei-er, Orpheus und Euridike in Sternbilder ver-wandelt und für immer gefeiert werden sollen.

Mauro Borgioni Satiro

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Raffaele Giordani Giove

Gabriella Martellacci Gelosia

Michele Lo Bianco Caronte, Bacco

Marta Fumagalli Mercurio Maila Fulignati VittoriaMartina Zaccarin Sospetto

Sara Bino Amore Caterina Dellaere Himeneo

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L’ORFEO Libretto di Francesco Buti

CD I

1 Sinfonia avanti il Prologo

PROLOGO

2 Choro di Soldati assalitori All’assalto, all’assalto! All’armi, all’armi! All’assalto! All’armi! All’assalto! All’armi, all’armi! Difesa, Guerrieri, difesa, Guerrieri! Su forti! Giù di qua! Su di là! Ah, ah, nel sommo è l’impresa! Ardire! Difesa! Quel varco promette il varco alla Gloria! Armi, armi saette! Vittoria!

3 Vittoria Eccomi! E quando mai, Galliche invitte schiere, al vostro ardir mancai? Seguo guerriera anch’io queste bandiere. Anzi, quei Gigli d’Oro che lampeggiano in loro son caratteri miei che dicon chiaro: “Ceda al Franco Monarca ogni riparo”.

Eccomi! Io sono colei che il vostro Rege accolsi incuna di trofei e mille palme alla sua fronte avvolsi colei che fa al suo impero tremar ogn’ Emisfero e che posi per lui pur dianzi il freno all’immenso Oceano, al bel Tirreno. Ma son propitii fati ch’a voi sì chiari vanti versano ogn’hor beati della Grand’ANNA sol gli occhi stellanti. Questa scettri e quadrelle regge con man sì belle, che le desia con amoroso zelo per sue motrici intelligenze il Cielo! E perché voi prefissi dover, con pregio eterno, vincer infin gli abissi vinca Orfeo per augurio hoggi l’inferno! E del fido Amatore alle note canore pietade impari la Tartarea sede: Tanto può l’armonia d’Amor e Fede.

4 Triplo Choro di Vittoria Quant’erbe e fiori ha il mondo in sé fian tutti allori al nostro Re! fian pochi affé!

ATTO PRIMO

5 ouverture. PaSSacaglia e corrente

6 Sinfonia

SCENA PRIMA

7 Augure Euridice, ecco il luogo ove gli augei porteran pellegrini, sulle lor piume a volo i pensier miei a veder nelle Sfere i tuoi destini.

Endimione Deh! Per quanto puon mai d’un Genitor gli affettuosi prieghi stella non sia che nieghi a te, figlia gentil, propitii rai.

Euridice E che, non son io sposa d’Orfeo?

Endimione Si, pure.

Euridice A che dunque cercar altre venture?

arietta Euridice Quando un core innamorato e beato dalla sorte e che vuol più,

e che vuol più? Ogni ben ch’a suo talento ella può dar di là su non val, no quant’un contento d’amorosa servitù, E che vuol più? Quando un core innamorato e beato dalla sorte e che vuol più?

Nutrice Voi non sapete ancora una povera figlia ch’entri d’un huomo in servitù sì longa a quai colpi del fato, senza poter scansarli, ohimè si ponga! Ah! Che tra nodi d’Imeneo ristretta sembra à punto una vittima innocente che tra lacci di fior la scure aspetta. O quanti habbiamo auditi tramutati in poch’hore da dolci sposi in pessimi mariti!

Euridice Ciò temer non poss’io, chè, se trarrà l’alme d’amor di Fé seguaci, anima alcuna si dié mai la più amante e la più fida questa divisa in due, di due fatt’una, d’Euridice e d’Orfeo nel petto annida.

Augure Vediam dunque s’il Ciel degna mercede a tanto amor comparte, a tanta fede.

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Ministri, à voi s’aspetta, in questo giorno, con candidetti fiori di purgar l’aria intorno.

8 Choro dell’Augure Da questo Polo ai Regni oscuri fuggite a volo, infausti auguri, infausti auguri!

9 Augure Hor mi permetti, Giuno, che gli aerei tuoi Regni dall’Astro all’Aquilone e dall’Occaso all’Oriente io segni. Ma sol da questa parte invitiamo con canti i più miti volanti.

Secondo Coro dell’Augure Augelletti, Vezzosetti che dal sonno il Sol destate dagli Eoni qui per noi lieti annuntii oggi portate.

10 Augure Ohimè! Dall’Occidente ecco ch’unite volar due Tortorelle che da negri Avvoltoi furon rapite

Endimione Ohimè! Mesti presagi! Ohimè!

Augure Che vero sia l’amore e la fede che tu vanti in te stessa e nel tuo sposo abbastanza il ridice quella d’amanti augei coppia infelice. Ma il loro misero fine quali acerbi ruine pur ti minaccia e come deggi scamparne, o figlia col tuo buon Genitor qui ti consiglia: ch’io per haver mirati sì tristi Auguri, hor hora al più d’appresso Fonte, men corro ad espiar me stesso.

Endimione Oh, di quali amarezze si spargon, figlia, le tue nozze!

Euridice Eh, caro mio Genitor, se da gelosa tema per l’affetto verace del mio sposo fedel sicura io sono, ai fati ogn’altra avversità perdono.

Nutrice Non ve’l diss’io che questi Auguri sciocchi solo del mal sono indovini? è certo: Poichè se mai da buoni auguri il bene tarda tanto a venir finché si guasta, e se il mal che predicono non viene solo il predirlo è tanto mal che basta.

Endimione Deh, deh, Cinzia amica Dea, se ti rammenta di me, Endimion, che fu già un tempo a te così gradito, col tuo freddo splendore dell’avverso destin tempra il furore!

Euridice Eh, che nulla paventa anima innamorata che d’esser riamata in sé gode contenta!

Nutrice Ma che, noi qui tardiamo E le nozze n’attendono.

Euridice Sì, andiamo.

Endimione Andiamo!

Nutrice Andiam pur via, che qualche augel grifagno là non si mangi ancor la parte mia!

Endimione Andiamo!

Euridice Andiam mio Genitor, ma tra di noi cantando la canzone “Al fulgor”

Endimione Sì, ch’è verace.

11 terzetto Euridice, Endimione, Nutrice Al fulgor di due bei rai chi più acceso il cor donò sorte mai non speri no, mai, sorte mai non speri, no! Sempre all’arco di Cupido fu del Cielo ogn’arco infido et a pro d’un vero ardore. Ahi, che mai non s’unì fortuna e Amore.

SCENA SECONDA

12 Nutrice E che mi date in dono per una felicissima novella? Ecco Orfeo, vostro sposo!

Euridice E dov’è? Dov’è? O val ben quest’incontro più, più d’ogni lieto augurio. Esser non puote ch’il Ciel unqua m’apporse del tuo venir a me più lieta sorte!

Orfeo E che cercando vai

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Duetto Orfeo ed Euridice Che dolcezza è la certezza di due cori amanti e fidi che tra lor del pari annidi con Amor la fedeltà! Ah no, no! Che non si può dar maggior soavità!

Endimione O che nume non sia,coppia amorosa, che non ti benedica! il puro, il vero e scambievole amor ch’in te si scorge, piacer il più perfetto ch’io provassi in mia vita hoggi mi porge. Però, pria di partire, voglio per allegrezza cantar quella canzone ch’a quell’altra “Al fulgor” proprio s’oppone.

13 aria Endimione Udite Amanti, udite amanti, amore sol brama che sempre speri un cor, un cor che ben ama, che sempre speri un cor, un cor che ben ama. Nè si tema del fato unqua il rigore: si stancano le stelle, e vince Amore!

Endimione con Euridice e Nutrice, col basso E vince Amore!

il voler delle stelle, se di tue luci belle idolatri lassù son tutti i rai? Ogni lieta mercé spera, mio ben, dai fati ché quegli Astri per te altri sguardi non han che innamorati.

Euridice E pure, ah no, non sento se non da’ tuoi bei sguardi influirmi nell’Alma ogni contento. Ah, che se vuole Amor far lieto un cor fra noi, altro Cielo non ha che gli occhi tuoi.

Orfeo Ma che, nel vagheggiar in te mia vita, sento ch’i sguardi miei mi riportano al Cor gioia infinita. Pensa poi gli occhi tuoi che piacer destino in me: pose, affé, nel lor splendore ogni sua dolcezza Amore.

Euridice Oh mio cor, s’unqua in eccesso il gioir in te versai fu riflesso dei tuoi rai

SCENA TERZA

14 Aristeo O, tormento mortal, peggio di morte, ch’io, quanto adorator tanto infelice, habbia e veder la mia belle Euridice al mio rival Orfeo fatta Consorte! O, tormento mortal, peggio di morte, e qual tormento avanza il mio tormento?

Satiro O che follie io sento! Affliggersi ch’Orfeo prenda per moglie Euridice, ch’ancor che bella sia è una femmina alfin, giusto è l’istesso ch’invidiar l’altrui sciagure e doglie. E quando egli pur l’ami più che non l’ama e che voi non l’amate non sapete che appena finiran d’Imeneo le brevi festi, et essa appena assunto havrà di moglie il titolo noioso ch’in horror gli verrà più che la peste? E qual credete voi peggior partito: Digiuno amante, o pur satio marito?

Aristeo Eh! Che quantunque appaghi no, che non satia mai bene infinito!

Satiro O come ingiustamente hanno usurpato

le vivande d’amore, credito sì beato! Per mille prove ciò lo so ben io: Non danno al gusto mai tanto sapore quanto che ne promettano al desio.

Aristeo Ma le gelose cure, all’ hor che troppo certo il mal si vede dan più dolor assai ch’altri non crede. Non rammenti quei carmi?

15 canzonetta Aristeo Non pianga e non sospiri chi gelosia non ha. S’altri guai l’inferno dà, ah, che la giù, ah, che la giù, nò non vi sono martiri. Credete all’alma mia, credete all’alma mia, regina degli affanni è gelosia.

16 Satiro Mi piaccion più quegli altri:

canzonetta Satiro Gelosia, bestia indiscreta, o t’accheta o passa via, o t’accheta o passa via, o, o, o passa via! L’altrui ben non fia ch’io cure; e del mio chi ne vorrà, se per me ne rimarrà,

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che m’importa? Goda pure! Nè mi dir che mie sventure sia l’altrui lieto godere: Quel ben ch’io non posso havere non vuo’ già che mio mal sia, che fora error del doppio! Amica mia, che fora error del doppio, amica mia! Gelosia, bestia indiscreta, o t’accheta o passa via o, o, o passa via!

17 Aristeo Questa canzon è fatta per chi non ha nel Cor gelosi vermi, ma tutto ciò che per li sani è buono non è buono agli infermi. Ah, Ah! Ch’io mi moro! Deh, deh gran madre d’Amor, tu che ben vedi il mio affetto, il mio duol, come comporti ch’Orfeo, che pur del Sole a te nemico, è prole, ad Aristeo, ch’è figlio di Bacco a te sì grato, nell’ amorose gare oggi prevaglia? Ad Aristeo, che tante sovra gli altari tuoi vittime uccide? Deh, per pietà, deh, porgi opportuno rimedio alle mie pene!

Satiro Eccola, affé, che viene.

Aristeo Voglio che qui mi trovi afflitto e lasso fonte di vivo duol su questo sasso.

Satiro E me voglio che trovi in questo assiso morir per voi di riso!

SCENA QUARTA

18 Choro delle Gratie, con balletto D’Amor e Venere all’apparir fin dalla cenere d’arso desir nell’alme tenere sorga il gioir! D’Amor e Venere all’Apparir!

19 Duetto Amore e Venere Quello splendore che fa sì belle in Ciel le stelle è nostro ardor! Se l’aria spira, per noi sospira, se ’l mar si frange, sol per noi piange e se ridente la terra torna, così s’adorna per ch’Amor sente. (si ripete il Choro delle Gratie, con il balletto.)

20 Venere E che piangi, Aristeo? Ne’ tuoi dolori huopo ti fia ben altro che di lagrime inutili: conviene negli affari d’Amor spirto più scaltro.

Amore Aristeo! Ché, non senti?

Aristeo O Nume, O Dea, mi trovo sì nelle miserie absorto, e sì mal vivo, ohimè, che non conosco ad altro che al dolor ch’io non son morto! E in sì penoso stato m’han posto, ahi crudo Arciero, i dardi tuoi!

Amore (parlando, ridendo) Oh bene! Ancor tu vuoi gir co’l volgo leggiero in far autor me d’ogni male? Confesso ch’alla faretra e all’arco io son Arciero ma giuro al Ciel che questa destra miri strali non avventò ch’all’hora solo quando per Psiche mia ferì … me stesso! Porto ben ad ogn’hor su l’fianco e in mano e saetta e quadrella perché in tal guisa me n’armò Vulcano.

Ma quando un Amatore vuol per qualche Beltà, che più l’appaga, con esse aprirsi il Core, non son io che ciò faccia: egli a sua voglia da se stesso le prende e se n’impiaga e se poi la ferita gli duol, grida ch’io son quel che l’uccido: Ma lontan d’ogni colpa, io me ne rido!

21 aria Seconda Gratia Chi si muor tra rei tormenti nò d’Amor non si lamenti, nò, nò, nò, d’Amor non si lamenti.

Semplicetta Farfalletta a splendor che brugia ohimè, ogni Cor vola da sé.

22 Venere Il dir questo a che vale? Colpa sia di chi vuoi, già fatto è il male. Però, per darti aita, scesi dal terzo Cielo et al Desio di far giusta vendetta contro l’odiata stirpe del Sol troppo loquace a ciò m’affretta.

Aristeo Dunque ti prego, o Dea, se fin sì generoso a me t’invia, fa ch’Euridice alfine d’altri che d’Aristeo sposa non sia.

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Satiro O Dea, son pochi giorni che doppo haver molt’anni adorata una Ninfa, io la sposai, et è certo una gioia: Ma per moglie Euridice a lui si dia, et ad Orfeo concedasi la mia, che m’è venuta a noia.

Venere Sempre sei ne’ tuoi scherzi! Odi Aristeo: D’immutabil Destino vogliono inviolabili decreti che s’unisca Euridice hoggi ad Orfeo, e a questo è forza ogni voler s’acqueti.

Aristeo Et a questo è pur forza, che , dal mio sen partita ogni speranza, in me parta la vita. Ah, ben cantar poss’io:

23 aria Aristeo Che fai meco, che fai vita, vita se pur sei tale, mentre ch’in duol mortale per te sol vivo ai guai? Fuggi, fuggi da un cor sì sventurato! O me beato, o me beato s’impetrar ciò mi lice, quanto è dolce il morir a un infelice.

24 Venere No, che per te rimane di far acquisto di più nobil Palma: Esser può del tuo bene tiranno altri del corpo, e tu dell’alma!

Aristeo Ahi, che tempre sì rare di senno ha l’Idol mio, che fora in me delirio un tal desio!

Venere Come? Dove il consiglio, dove il poter di Citherea s’impieghi, di Citherea che sempre con le più accorte Dee vincer le gare, tutto si può sperare, se ben con queste tue afflitte negligenze delle guance e del crin, mi disaiuti! Le venture d’amor par che in tal guisa tu non le brami, no, ma le rifiuti!

Aristeo Non convengono, ahi lasso, a disperato amante altre divise.

Venere Eh, prendi ardir! O là, care compagne, quante si può giammai Gratia e Beltate con artificio industre in lui destate!

Aristeo E che fia poi?

Venere Che fia? Poich’abbellito sarai, che molto importa nell’imprese d’Amor la leggiadria. Io per farmi tua scorta son per me risoluta prender quelle sembianze che già prese Giunon, di vecchia astuta, e così poi tentar con Euridice ogni ragion, ogni lusinga ogn’arte che le frodi d’Amor le so ben tutte perché tu non rimanga di lei sempre digiuno, e sia tua come d’altri, o di nessuno.

Aristeo Aiuto, o Gratie, ond’io di tai favori renda alla vostra Dea dovuti honori.

25 Choro delle Gratie Vaga Dea, la cui Beltà ogni Nume innamorò, che non può, che non può, che non può Tua Deità? Una speme che dai guai sia ridotta in polvere già, se vorrai, sì, sì, sì, sì risorgerà.

26 Satiro E tu, nulla farai, fanciullo ardito?

Amore Nò! Con donne ostinate io non m’intrigo più: son già chiarito.

Venere Almen per ciò ch’al desir nostro occorre, per destar in Orfeo l’ardor ch’io ti dirò t’adoprerai.

Amore O, con gli huomini sì ch’io vaglio assai!

Venere Dunque vien meco, e disporrem le trame. E tu, poi che disposto havrai con arte il crin, vieni à trovarmi di Proteo al tempio ov’io vado a cangiarmi.

aria Satiro Amor, chi trovò pria l’usanza dei belletti portò ne’ tempii tuoi l’idolatria e per Numi adorar fece i difetti e tu, per vendicarti no ’l fulminasti, nò, con tue fiammelle? Ma sò ben io perché: Perché senza tal arti, pochi sarian gli amanti e men le belle!

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SCENA QUINTA

27 Choro à balletto con ritornello del ballo; a 8 voci. Del più lucente e più fin oro che nel tesoro sia d’Oriente forma Himeneo, nodo felice per Euridice e per Orfeo!

28 Momo Senza Momo le nozze? E non volete star dunque allegramente? Non v’è il maggior piacere che dir mal de la gente!

Apollo Hai tu qualche canzone da cantar alle nozze?

Momo O sì, sì, udite!

arietta Momo È la moglie una materia che fa l’huom sempre ridicolo: che s’è brutta, oh che miseria! E s’è bella, oh, gran pericolo! E i discorsi e li consigli nò ch’in ciò non vaglion niente: Ch’un la pigli o non la pigli ugualmente se ne pente.

Endimione Mira tu prendi errore: Chi bella ha la consorte ha gran diletto, e chi bella non l’ha, non ha sospetto.

Himeneo Com’in questa tazza ed in quella brilla il liquido rubino, così a noi rida il destino, e con lui brilli ogni stella! Giuno, a te le Gratie io do e ad Apollo il renderò.

29 Balletto Apollo Di bevanda pretiosa quante fia che stille io prenda, tant’appunto il Ciel vi renda: vaga prole numerosa, Himeneo, per sua bontà ad Endimione andrà. (si ripete il balletto.)

“PreSagio Di morte”

30 Endimione Come tal liquore è nato dalle viti a dar la vita Così pur serie infinita d’anni a noi conceda il fato.

Apollo Ah, che vegg’io!

Orfeo Ohimè lasso!

Himeneo O annuntio mesto!

Giunone O presagio funesto.

Choro O, presagio funesto!

Momo E che tanto è mal che queste faci, già nelle cerimonie ben dotte habbino con i lor fumi loquaci data ai sposi così la buona notte?

Endimione Così dunque succede l’uno all’altro prodigio? Oh Dio, mercede!

31 Euridice A ché tanto spavento? E in te mio core entrò pur il timore?

Orfeo Sì, ch’è vero mia speme che l’amor e il timor nacquero insieme: E se l’Eternità pur m’accertasse di goderti in eterno, tal è l’amor ch’infinito io porto

a un infinito ben, come tu sei, che perderti ancora, ah, temerei. Hor mira poi s’inorridir m’è forza, quando il Destin le nostre faci ammorza!

Euridice Se ammorzar non potrà la nostra arsura, bandisci ogni paura: Perché di lui gl’influssi anche più rei saran di nostra fé Palme e Trofei! M’ami tu?

Orfeo Sì, mio ben, sì!

Euridice Quanto, dì?

Orfeo Quanto mai so. E tu, no?

Euridice Di te vi è più.

Orfeo O più no, più non si può!

Duetto Orfeo ed Euridice: Se così dunque Amor fa ch’alma io sia dell’alma mia, chi dividerne vorrà, chi, chi dividerne vorrà? O felice il mio cor, o beato il mio ardor!

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E che posson le sfere contro del nostro seno s’egli è di gioia ripieno, d’infinito piacere? Versin pur del tormento, ch’egli è tutto contento! Versin pur delle noie, ch’egli è colmo di gioie! Ah no, no, ch’egli in sé più mai di guai capace non è, capace non è. Amor, e quando in te, per tua somma bontà, maggior sorte di te, maggior felicità?

32 Choro Deh, pietà! Cieli pietà! Se d’Amor sete ricetto, come contro un vero affetto verserete avversità? Deh pietà, Cieli pietà! E pur sempre ahi, così va: Perché senza tal guerra farebbe Amor il Paradiso in terra!

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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

33 Vecchia Hor chi lo crederia che sotto queste non dirò già fattezze, ma spolpate e nud’ossa (se non quanto le copre un humil gonna). Si chiudesse la Dea de le Bellezze? Mira quanto mai possa il desio di vendetta in cor di Donna!

Aristeo O Dea!

Vecchia Non mi dir Dea, chiamami Alcippa! Sii maledetto!

Aristeo O come sei sdegnosa!

Vecchia A questo t’apparecchia: Che senza esser sdegnosa non farei ben la Vecchia.

Aristeo Se ’l desio non m’inganna, ecco che viene la soave cagion delle mie pene.

Vecchia E chi viene seco?

Aristeo La Nutrice.

Vecchia E meglio: Costei porgerà aita al nostro intento, perché non è di quelle femmine dell’honor tanto mendiche che di perderne un pelo hanno spavento.

Aristeo Mira che si avvicinano à gran passi.

Vecchia Venga pur via. Ciascuno di noi sa bene già la sua parte, e Amor tempo non perde in ciò ch’à lui di far pur s’appartiene. E se così quei scorni ch’il Sole in me scoperse, in lei ch’al Sol è nuora rinnovar con tuo spasso hoggi m’è dato, o me lieta e contenta! O te beato!

Aristeo Ma ché farem sembianza di star hor qui noi divisando insieme?

Vecchia Fingerò d’insegnarti quella bella canzone sopra la speme.

Vecchia O bella! Il Ciel v’aiuti!

Euridice Io n’ho ben d’huopo.

Vecchia E dove in tanta fretta?

Euridice Al Tempio.

Vecchia E quale mestà necessità vi ci conduce? Non si rincorre à i Dei che per dolenti homei...

Euridice Ben l’indovini. Appunto vado per impetrar rimedio à i mali che mi predir sicuri delle mie nozze hor hora i tristi auguri.

Vecchia Tristi auguri alle nozze? Oh poverina e sol per ciò vengite a supplicare gli eterni Numi?

Euridice Al certo.

Aristeo Su, sù comincia!

aria in Duetto Aristeo e Vecchia Speme à dirla come và. Tu cinguetti notte e dì. Ma vi son poi ne’ tuoi “si” più bugie che verità.

Pur se un cor ch’al duol s’invia nel tuo dir si riconforta menti pur, che non importa il remedio quel che sia mentre in ver ristoro dà speme à dirla come và. Tu cinguetti notte e dì. Ma vi son poi ne’ tuoi “si” più bugie che verità.

SCENA SECONDA

34 Euridice Ohimè, Nutrice, i miei sinistri annunzii s’incominciano purtroppo ad avverare. Ecco Aristeo, che pur mi vuole amare.

Nutrice E ché dunque per voi fian sventure gli Amanti? O che follia! Altre sventure il fato à me non dia.

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Vecchia Et ecco ai vostri voti le lor Gratie percorsero

Euridice E come?

Vecchia Col dispor ch’hora in me qui vi incontrate solo perch’io v’insegni quel rimedio opportun che voi bramate.

Nutrice Deh, dillo!

Euridice E qual è? Dillo!

Nutrice O buona vecchia!

Euridice O quanto poi ti dovrò! Deh, dillo!

Vecchia O rimedio e squisito! Non desiate voi cangiar auguri? Cangiate marito, cangiate marito!

Euridice Ah!

Nutrice Ah?

Euridice Quand’ anch’io fossi nel più torbido lete hoggi sommersa, e mi dicesse il Cielo che con rimedio tal quindi potrei sortir illesa, lo rifiuterei.

Vecchia Staresti ben fresca!

Euridice O tu non sai quel ch’io canto ad ogn’hor.

Vecchia Nò, s’io no ’l sento.

Euridice Mio ben... (parlo ad Orfeo.)

Vecchia Già io pensai!

35 aria Euridice Mio ben, teco il tormento più dolce io troverei, che con altri il contento ogni dolcezza è sol dove tu sei. E per me Amor aduna nel girar de’ tuoi sguardi ogni fortuna.

36 Vecchia Dunque voi vi credete ch’io v’esorti à lasciar quest’Idol vostro per poi darvi ad un mostro? Mancan giovani belli, a quai potrete cantar gl’istessi encomi?

Euridice Agli occhi miei mancano purtroppo

Vecchia Il Ciel non vel’ perdoni!

Euridice Vale un crin del mio sposo più di mille Narcisi e mille Adoni.

Vecchia Ma rimirate un poco quel leggiadro Garzon: che ve ne pare?

Euridice Che vuol da me?

Vecchia Sentitelo da lui.

Euridice Io non voglio udir altro. In ogni modo, di ciò che chieda in dono, nulla gli posso dar, ché mia non sono.

Aristeo Ah! Non vi spiaccia...

Euridice Non hò tempo d’udirti.

Vecchia Eh, fermate! Io mi rendo sicura ch’il Tempio aspetterà finchè v’andiate e che male è l’udire? Vi piacerebbe a voi che i Dei non vi volessero sentire?

Nutrice Veramente Io per me lo ascolterei, perché proprio mi par ch’habbia ragione quella gentil canzone:

Canzonetta Nutrice Belle Ninfe, che fate ogn’ hor tante ferite sentite, sentite, sentite almen, sentite il duol di chi piagate.

E se poi pur godrete di lasciarlo languire sarà quel che volete, ma lasciatelo dire: Si può dar meno ad’ un ch’hà da morire?

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CD II

1 Euridice Via, su dunque!

Aristeo Ah, non vi spiaccia, oh Bella ch’il Cielo, à cui ben noto e’ il mio dolor mortale, qui m’habbia hora condotto per dar l’ultimo aiuto à si gran male: Ché, se tarda il soccorso al viver mio, sol per una brevissima dimora, convien che tosto io mora. Che dite, anima mia? Che dite, anima mia? Il più sublime affetto, la più candida fede che mai s’udisse al mondo posto à periglio estremo huopo hà di presta aita, e da voi sola attende o morte o vita. Perdonate, vi prego, l’humile violenza ch’alla vostra pietade forzatamente apporta il mio cor moribondo à cui concesso di supplicar mercede altro tempo che questo unqua non fia. Che dite, anima mia?

Euridice Che mi duol del tuo mal, ma se conviene che per non fare all’ honor mio dispreggio

la mia vita non curi, perché poi della tua curarmi io deggio?

Aristeo Ah! Dunque...

Vecchia Taci!

Aristeo Ah…

Vecchia Taci! Dunque l’honor v’insegna così barbare leggi? E che credete ch’altro sia questo honor ch’una garbata delle Donne invenzione per indur l’huomo a supplicarle?

Nutrice Ah, dunque è l’honor una bella ritrovata sol per nostro vantaggio?

Vecchia Si, sorella.

Nutrice Affè, mi piace questa opinione.

Vecchia E che sia il ver, quante ne credi honeste

ch’a scoprir bene il tutto si vedria ch’il loro honore è acconcio per le feste.

Euridice Io stò ben rimirando se per bugie sì indegne t’arde le guancie la vergogna! E’ dono del Ciel l’honore, e non è già nostra frode e chi gli presta in sé fido ricetto ogn’hor vi è più ne gode con piacer sovrano che ben vi riconosce un altero principio e sovrhumano però simile tesoro quando non trovi qui sicura sede, solo si manterrà nella mia Fede.

2 aria Euridice Fugace e labile è la beltà; ma sempre stabile mia fé sarà. sol di tal gloria ritien memoria l’Eternità.

3 Euridice Nutrice, andiamo.

Nutrice Hor, hora, il Tempio è quivi. Quanto vi compatisco! Ahi, che se vedo alcuno

ch’ami non corrisposto io mi distruggo, havendo in me provato così misero stato. Ma Euridice mia altro mai non provò ch’amar in pace il suo marito Orfeo: Quindi è ch’altro nel mondo non cura e non desia, o sol di qualche danza si compiace. E hoggi appunto, essendo per i sinistri auguri ella turbata una per rallegrarsi nel giardino del Sol n’hà destinata così, poco a proposito si perde, o giovinetta etade, o dono di beltade. E perché tanto in noi percorri al senno, basta che siamo poi fatte matrone saggie, saggie fuor di stagione.

Vecchia Non lo dissi, che questa era per noi.

Nutrice Ma sapete, pur fate quel che dicono i carmi:

canzonetta Nutrice Sta saldo mio cuore e spera mercé ché sempre in Amore fierezza e rigore par più che non è stà saldo mio core e spera mercé.

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SCENA TERZA

4 Satiro Ma non posso più attendervi in disparte, non posso più tacere il mio nuovo pensiero.

Aristeo Hai tu veduto cadere le nostre macchine di vetro qui tutte à terra infrante? Ahi, nel Regno d’Amore non v’è di me più sventurato Amante!

Vecchia La speme in te vien meno, e in me cresce il furore.

Satiro Ma ché tant’humiltà che tanti prieghi? L’impietà non v’è nota che sol de’ i pianti altrui si nutre e cresce? E non havete inteso che nel giardino del Sole ad una danza hoggi Euridice andrà? Dunque, se tanto dessiate costei, meco venite Colà, ch’in fede mia prenderla à forza vi prometto, e poi darla in vostra balia.

Aristeo O se ciò mai potessi sperar dall’ardir tuo!

Satiro Venite, andiamo, che di mezzo la danza voglio che la rubbiamo.

Vecchia Andate dunque, et io ricercherò d’Amore per saper ciò ch’oprato egli havrà con Orfeo, ch’esser dovea dalle Gratie con arte à lui guidato.

SCENA QUARTA

5 Balletto e aria Momo Amor, senti, Amor, senti con le buone: Se a tradir sempre ritorni nel tuo Regno in quattro giorni giocheremo di spadone, che vorranno le persone andar piuttosto à zappare che servire et adorare un che sol d’assassinare proprio fà professione.

Et ecco la canzone che cantavan l’altr’hier certi Pastori,

i quali mi giuraro che negl’imperi tuoi visser molt’anni, e mai non vi trovaro altro che inganni. Deh, se curi tua gloria, o Nume arciere.

Cangia, cangia maniere! (si ripeta il Balletto.)

Giunone Amor, così governi chi la sua pura fé in sacri nodi eterni imprigionò per te? Se tua malvagità né men perdona à i coniugali affetti, dove, dove si troverà, oh Dio, la lealtà che tu prometti? Così, meste e dolenti, sovra un vicino margine fiorito diceano alcune spose che a vicenda trà lor tutte pietose non sapevan discerner qual frà esse più disleale e rio marito havesse. Deh, se curi tua gloria o Nume arciere.

Giunone e Momo Cangia, cangia maniere!

Apollo Alla fuga, allo scampo! Amanti, ahi, troppo è vero che d’Amor nell’impero un inferno è il penar, la gioia un lampo.

Alla fuga, allo scampo! Né vi ritenga già che trà dure catene entrar vi parve: Tutte, tutte son larve per un che si risolve e se ne và. Su, Amanti, Libertà! Così per ogni lato gridano à stuolo, à stuolo, l’alme che di seguirti hanno giurato: Ma finalmente accorte come di duolo in duolo tu le conduci a morte d’ira ben giusta accese mentre l’un l’altra il pianto si rasciuga van tra lor sollevandosi alla fuga. Deh, se curi tua gloria, o Nume arciere.

Giunone e Apollo con Momo Cangia, cangia maniere!

Amore O, o mia gran sofferenza! Altro per tutto che simili lamenti cantar dunque non s’ode?

Momo E non lo senti?

Amore Ma non è d’ ogni male mia sempre la colpa! Ed ecco appunto

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che Citherea, per sfogo di quei sdegni onde ai tuoi danni avvampa e di tua stirpe hoggi da me richiede ch’io renda infida ad Euridice Orfeo, perch’essa pur à lui rompa ogni fede.

Giunone E fia ver che si scuopra d’uno iniquo furore contro la fé fatto sicario Amore?

Amore Nò, nò, non dubitare ch’io pur penso a me stesso, e già disposi tradir più tosto la mia Genitrice che Orfeo con Euridice.

Apollo E di ciò m’ assicuri per l’onde Stigie?

Amore Sì.

Giunone Con fé sincera?

Amore Sì pure.

Apollo Dunque poss’io, di tal timor già scarco, tornar alla mia sfera?

Amore Sì.

Giunone Sì, perché io rimango a far che i nuovi sposi godan hore serene, ch’à me, pronuba Dea, questo s’attiene.

Amore Ma qual’hora mi scorgete sì nemico alle frodi, ristorante col canto anche mie lodi!

6 Amore con Giunone, Apollo e Momo Sì, ch’ è vero. Difensore, feritore , difensore, e della fé, che l’altero feritore difensore è della fé.

Momo Non la voglio, nò, no con tre sete troppi contro me!

Amore, Giunone ed Apollo E se ancora di beltade egli è campione, catene una gli dà, l’altra corone.

SCENA QUINTA

7 Amore Quanto tardano le Gratie a condur qua come lor dissi, Orfeo!

Choro delle gratie Pastor gentile ch’ai nel dolce canto sì nobil vanto, non tacer più. Ché morta è nel tacer la tua virtù.

L’aure vezzose di tuoi concenti sì desiose non senti tu?

Orfeo Che volete ch’io canti, mentre grave dolor sempre mi dice che mi prepari à i pianti?

Amore Non sempre che d’ardori Giove s’armò, ferì: In mezzo a dei furori sovente implacidì. Non hanno i fati e i Cieli sempre adirati i rai. Voi! Voi sol, donne crudeli, non vi placate mai! Ma dimmi, Orfeo, ti preme che quanto de’ tuoi casi hoggi là sopra dispongono le stelle io ti discopra?

Orfeo Sol con questa speranza a te mi guida delle Gratie il Choro.

Amore Senti dunque, ciprigna è tua nemica: Quindi è ch’hoggi m’impone che per nuova Bellezza io t’apra il core, sperando ella dar morte in Euridice con tal piaga alla fede et all’honore e però queste hor qui solo à tal fine, e non acciò ch’io ti predica guai, t’hanno condotto.

Choro delle gratie Amore, ahi, che dirai!

Amore Ma vedi ancor quanto ciprigna irata sia contro te, che, per poter i danni da se stessa apportarti, in Vecchia astuta la sua solita forma hoggi ha cangiata. Vanne dunque veloce e n’avverti Euridice, e digli che non tema di me, ch’à voi sarò sempre verace ne soffrirò già mai che turba inganno alcun la vostra pace.

Orfeo O come tua mercé, fanciul divino,

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per me in liete fortune cangia le sue minaccie ogni destino! A cercar d’Euridice lo volerò, se bene carco son più che mai di tue catene.

SCENA SESTA

8 Prima Gratia Ne sai far più?

Seconda Gratia Sai tu dire altro?

Prima Gratia Oh bravo!

Seconda Gratia Oh valoroso!

Vecchia E bene, e bene?

Prima Gratia E male!

Vecchia Come, in che guisa?

Prima Gratia A quel gentil garzone hor hora... Ah..!

Amore Senti, senti! La rondinella qui si corcò, Ma tutta snella poi la mattina Se ne volò, se ne volò. Hor indovina dov’è ella andò?

Prima Gratia Sì, sì, cangia discorsi io dirlo voglio: hor ora hà rivelato ad Orfeo tutto quel che tu procuri far contro lui.

Vecchia Si?

Amore Sì. Non sò se sai che Momo e Febo e Giuno m’havean dianzi avvisato ch’ammettend’io gl’inganni dal Regno mio si partirebbe ogn’uno.

Vecchia Buono! Con miei nemici tu permetti consigli? E per non ingannare le tue suddite squadre stimi gran lealtà tradir tua madre? Ah, figlio ingrato, dì, così mi tratti?

Amore E tu, dimmi perché ne vuoi più per lo sdegno che per me? Oh piglia su!

Vecchia Ah se t’arrivo!

Amore Et hà di più scoperto che sotto queste forme di Vecchia vai nascosta..

Vecchia Deh! Perché non seppi come Pallade ancor io più tosto un mostro partorir che te?

Amore Oh che belli documenti d’una madre , vè, vè, vè! Ad un figlio come mé insegnarli i tradimenti! Nò, nò nò non và così che vergogna! Fi! Fi! Fi!

Vecchia T’arriverò una volta!

Seconda Gratia Oh, l’è perverso!

È fin giunto a promettere ad Orfeo et Euridice tutto il suo potere.

Vecchia Hor su, dunque conviene che di far loro offese io deponga ogni speme.

Amore O sì, sì, farai pur bene!

Vecchia Aiutatemi un poco, ch’ei torna di sicuro. Passa tropp’oltre le tue beffe!

Amore Addio! Addio!

Vecchia Và, và, che tè la giuro! E voi compagne andate, ch’io voglio pur vedere s’Euridice giungendo qui alla danza mi riconosce. Andate, che frà tanto, per meglio ricoprire l’accresciuto mio sdegno, mi tratterrò col canto:

9 aria Vecchia Amanti, amanti se bramate non penar, non languir sempre così, cangiate, cangiate

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affetto ogni dì. Degli amorosi danni sol l’incostanza è schermo, e un cor che stia fermo aspetta gli affanni. E un cor che stia fermo, aspetta gli affanni.

Amanti! Amanti, s’ogniun sente lagrimar ad ogn’or la fedeltà chi cangia sovente, intende che fa amor per questo ha l’ale: Per gir cangiando stato. E à un cor ostinato, sta bene ogni male, e à un cor ostinato, sta bene ogni male!

Recitativo arioso Ma son pur folle a star qui da Euridice attendendo altri scherni. Ah Citherea, torna alle tue sembianze, opra da Dea! Venga Euridice pur, venga alle danze, ché vedrà ben che dove il mio furore più resistenza incontra, più a danneggiar trapassa, e con forza maggior rompe e sconquassa.

SCENA SETTIMA

10 Duetto Endimione e Augure In quel seno almo e divino in cui già portasti Amore, bella Diva, hoggi il furore,

che d’Averno è cittadino, come albergherà?

SCENA OTTAVA

11 Giunone E dove Endimione?

Endimione Ad honorar di Venere gli altari, perché questi che vedi huom sacro intese hor hora da un Oracol sicuro ch’ella atroci ruine ad Euridice et ad Orfeo destine. E però corro ad offrirle ad un tratto pure colombe et odorati fumi, perché sò che non men di noi mortali placansi con i doni ancora i Numi.

Giunone Oh, perciò ti consiglio a tranquillar la mente e risparmiar questi holocausti. Amore Dianzi, per opra mia, promise ogni difesa in ciò che contro lor ciprigna ordia.

Augure Ah succede ben raro che tal Nume non sia

di gran promesse osservator avaro.

Giunone Anzi già le mantenne. E però con le Driadi incontrai Euridice ch’appresta, per grato ossequio a Lei hoggi una festa.

Augure Che non prepari à sé qualche disastro! di Venere delusa più si deve temere.

Giunone Si? Dove Giuno per quei ch’huopo han di schermo dall’ira di Ciprigna non fà del suo favor scudo ben fermo?

aria Giunone Io son Dea ch’a Citherea, nò, nò, nò che mai non cederò. E se del Pomo altera ella s’enva, ogn’un sà com’il mercò. Nò,nò, nò che mai non cederò. E sentenza sì ingiusta al fin del gioco, costerà tanto fuoco, dunque se desiate ogni quiete, a me sacrificate e non temete.

Endimione Diva, il tuo favellar sì mi consola, ch’hor vado à cangiare queste colombe in candidetti agnelli, per offrir le mie vittime a te sola.

Augure Come proprii alle Donne son dell’invidia i stimoli pungenti, che nè meno le Dee ne vanno esenti!

SCENA NONA

12 aria Euridice Che può far Citherea, di sdegno accesa s’Amor è in mia difesa?

Dell’aria e dei campi armato di lampi il fato sdegnato minacci che può: Non temo nò, nò, nò. Non hà la faretra dell’Etra Quadrelle da nuocermi affé, ch’Amor con le stelle guerreggia per me.

Ma qui non vedo delle Driadi alcuna. Il desio della danza me guidò pria del tempo in questo loco: Attenderemo un poco.

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Ma par in ver che questo suolo herboso m’i inviti alla quiete: Vediam se’l vostro canto lusingarmi sapesse hor al riposo.

Choro Dormite, begli occhi, dormite, che se ben tant’ impiagate più dolce è il mal che fate qual hora in pace ferite. Dormite, begli occhi, dormite. (eco di viole )

Seconda Gratia Ma ché, son qui le Driadi, Euridice, sgombra pure del sonno ogni speranza!

Euridice Or sù dunque, alla danza!

13 Danza Euridice con le Driadi in Choro A l’imperio d’Amore chi non cederà, s’à lui cede il valore d’ogni Deità?

Choro delle Driadi A l’imperio d’Amore chi non cederà, S’à lui cede il valore d’ogni Deità?

Euridice Pluto, che sì cocente il suo Regno stimò, un inferno più ardente pur da lui provò.

Choro delle Driadi A l’imperio d’Amore chi non cederà, s’à lui cede il valore d’ogni Deità?

il morSo Dell’angue aD euriDice.

14 Euridice Ahi, ahi!

Nutrice Fuggite!

Euridice Ohimè!

Nutrice Che fia?

Euridice Non vedi?

Satiro O brutt’angue à le piante!

Nutrice Ahi, ahi, misera voi!

Euridice Che farò io?

Nutrice Aiuto! Aiuto! Alli rimedii!

Euridice O Febo, tu che del medicare si bene intendi l’arte tu mi soccorri! Ah, piano! Oh Dio! Che morsi più crudeli mi dai!

Aristeo Che veggio! Ahi, lasso! Uccidiamo quell’angue!

Satiro Ohimè, che fate?

Euridice Oh Dio!

Aristeo Non m’impedire!

Euridice: Ah, ferma!

Aristeo: E che!

Euridice Non voglio...

Nutrice Ah lasciatelo fare! Ne và la vostra vita!

Euridice Nò. Da chi mi professa impuro affetto non comporta...

Nutrice Che cosa?

Euridice L’alta perfetion della mia fede ch’io prenda alcuna aita.

Aristeo Et io per me potea sperarvi unqua pietosa s’a voi sete si rea?

Euridice Ohimè!

Nutrice Non v’ostinate! Oh Dio! Ché già il velen v’è giunto al core, poiché voi delirate.

Euridice Ahi!

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Aristeo Permettete che vi renda la vita un à cui tante volte la toglieste!

Euridice Nò!

Nutrice Che follie sono queste!

Euridice Ah! Ch’io manco! Ah! Nutrice, sostiemmi

Nutrice Ohimè infelice! E si dirà che per capriccio al fine...

Euridice Ahi!

Nutrice … vi voleste perdere. Lasciate, lasciate almeno che queste Ninfe ardite l’uccidan esse, e qualche duol maggiore per un poco soffrite per non soffrir di peggio. Oh, quale ancora estinto spira terrore!

Euridice Non hanno alcun rimedio più le mie ruine. Ponimi dunque in terra, a poco, a poco. Ah Febo, e non accorri a darmi aita? Ah, ciascun m’abbandona...

Aristeo Io nò! Son pronto!

Euridice Ah cessa, cessa, oh Dio, dalle tue violenze; e se con esse di ciò cagion sei stato, e s’è vero il tuo dire ch’io t’habbia ucciso mai, vanne contento, ché ti sei vendicato.

Aristeo Oh, vi è più di quell’Angue e di quanti ne chiuda tutta la Libia in sé, ninfa più cruda! E perché non incolpi di ciò che ti seguìo più la tua ferità che l’amore mio? Cruda, cruda à cui fur più cari hor hora quei mortiferi morsi ch’il soccorso vital di chi, di chi t’adora!

Euridice E non vorrai ne men ch’in pace io mora?

Deh! Se qualche pietade si dee d’una meschina à prieghi estremi hor che sicuro sei ch’altri havermi non può che questo suolo, parti e vanne felice, e, se ti piace, lascia ch’io mora in pace!

Aristeo Ch’io parta? Ohimè! Ch’io parta? Ahi! Se d’ogn’altro fosse che tuo simile impero, potrebbe esser pietoso, togliendomi à spettacolo sì fiero. Ma da te non mi puote venir che feritade; e se m’imponi ch’io da te parta à un tratto, cruda, tu ciò fai solo perché più tosto, ohimè, ti perda affatto; ché se ben non rammento da te altro che pene, pur sei tu sola al mondo ogni mio bene. Partirò dunque, e nel lasciarti, oh Dio, troverò morte anch’io, di te tanto più amara quanto sei tu di me vita più cara. Andrò tra l’horidezze, andrò à provare se puon quegli occhi tuoi, mie stelle avverse, fin nel lor tramontare farmi sì sventurato

ch’un angue anche per me non habbia il fato.

Nutrice Figlia, che fate?

Euridice Ohimè, Nutrice, io moro! Io moro, e di già queste miei luci s’incominciano (ahi, destino!) a coprir di caligini funeste. Non inviaste alcuna a cercar del mio sposo?

Nutrice Oh sì!

la morte Di euriDice

15 Euridice Deh! Mira dunque se viene, e pur ch’io lo riveda pria ch’affatto sia spenta, morirò, morirò almen contenta, Orfeo, mio dolce Orfeo, hà ben potuto, ohimè, nemica sorte far del nostro gioir l’hore si corte, ma non potrà già far che l’alma mia in eterno non t’ami e tua non sia, E non si scorge ancora? Ahi, che più sempre s’addensano le tenebre à miei lumi! O Ninfe!

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O Cieli! O Numi! E negar si potea al mio morir questo ultimo conforto d’una sol volta almen veder Orfeo? Ah! Ch’io morro! E non giunge? Orfeo, ben mio, Orfeo, ben mio, prendi l’estremo addio.

Choro delle Driadi Ah, piangete! Ah, lagrimate! Tracie rive, ohimè, prive d’ogni pregio di Beltate! Ah, piangete! Ah, lagrimate!

16 Apollo O del Ciel leggi severe, non poter affrettar hora il mio corso! Onde avvien che non mi lice, Euridice, apportarti alcun soccorso.

choro Di viole

Apollo Ohimè lasso, ecco la terra si disserra per rapirti al cupo horrore! E se ben Nume son io,

il cor mio pur rapito è dal dolore.

Choro Ah, piangete! Ah, lagrimate! Tracie rive, ohimè, prive d’ogni pregio di Beltate! Ah, piangete! Ah, lagrimate!

Apollo Ma chi sa? Forse il mio figlio dall’artiglio ti trarrà d’ogni sventura honorata dal mio pianto, vanne intanto, vanne in pace, anima pura.

Choro delle Driadi Vanne in pace, ché l’oscura sepoltura a un innocente è di gloria immortal chiaro Oriente.

17 leS PleurS D’orPhée ayant PerDu Sa femme

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ATTO TERZO

SCENA PRIMA

18 Orfeo Lagrime, dove sete? Voi pure in tanto duol m’abbandonate? E a che vi riserbate se per gli occhi in gran copia hor non piovete? Lagrime, dove sete?

Hor, che senza il mio bene ogn’altra vista è a me dolente e trista, ne’ miei lumi inondate, e in loro, ahi, per pietate, ogni luce estinguete! Lagrime, dove sete?

Già che fatto è il mio core d’infinito dolore miniera immensa, uscite in larghe vene, e alle sempre nascenti angosce e pene luogo nel sen cedete! Lagrime, dove sete?

19 aria Orfeo Dite ohimè, dove ne gite messaggere del dolore? Se dagli occhi hora m’uscite voi nascete nel mio core. Se scoprite i miei tormenti, da miei lumi

discioglietevi in torrenti! Gite al mar del mio duol, cangiate in fiumi! Uccidetemi alfin, oppur tacete! Lagrime, dove sete?

Forse l’Empia che m’inganna a pietà per voi si desta già ch’Amore mi condanna ne vedrà l’hora funesta. Se di correr voi bramate cangi loco quel ruscello ch’inondate e spenga del mio cor l’ardente foco. Consolatemi alfin, consolatemi alfin, o m’uccidete! Lagrime, dove sete?

20 Choro di Parche Quanto più stame pregiato da noi si filò tanto più crudele il fato tosto lo troncò

Orfeo Che voci ascolto? Oh, come mai le stelle, a me sempre sinistre, m’usan hora mercè ch’io qui vi trovi, dee del mio mal ministre? Appunto per quest’horridi sentieri voi sole ivan cercando i miei pensieri.

Choro di Parche Troppo tardi al nostro aiuto sei ricorso tu. Ah, nò, nò, tuo ben perduto non lo sperar più.

21 Orfeo Ah, che vi chiuda quelle labbra atroci un eterno silentio: a tal baldanza con le miserie mie dunque giungete, che troncar mi volete pria della vita il fil d’ogni speranza? E’ forse a voi nascoso di questa ancor ch’addolorata Cetra il pregio armonioso? Deh, le mie voci udite al di lei suono unite; e negatemi poi, Dive inquiete, tutto ciò che potete!

aria Orfeo Della vita del mio bene rannodate, o Dee, lo stame! Ché da voi ben si conviene tal conforto alle mie brame: Son dovute eterne trame d’una vita senza fine a beltà senz’altra eguale dalle cui luci divine hebbe Amor vita immortale. Deh non sia ch’invan vi chiame in soccorso a tante pene:

Rannodate, o Dee, lo stame della vita del mio bene!

22 Choro delle Parche O gran forza han le tue note ma da noi ciò non si puote.

Orfeo S’a me poi destin nemico negherà simil riparo non sperate al subbio antico torcer mai stame più raro: E del mio vivere amaro sia la tela ancor finita altrimenti v’ingannate chè la mia non è più vita E la morte mi filate! Deh non sia ch’invan vi chiame in soccorso a tante pene rannodate , o Dee, lo stame della vita del mio bene.

Choro delle Parche O gran forza han le tue note ma da noi ciò non si puote.

Seconda Parca Perché dentro al cupo centro dove Pluto è sommo Re l’infelice Euridice pose già l’infermo piè: E non giunge ohimè non giunge il vigor nostro sì lunge

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ma se tanto può il tuo canto e da ogn’un pietate impetra e che fai, chè non vai fin là giù con la tua Cetra? Sarà forse che tu invole da quell’umbre il tuo bel sole.

Orfeo Deh, chi fia, deh, chi fia che m’insegni la via?

Choro delle Parche Ciò da noi ben si farà ma del loco pien di foco il terror t’arresterà.

Orfeo E che dunque vorreste paragonar l’inferno al fuoco mio? Quelle son ombre sol delle mie pene. Dov’è il cammino? E che temer poss’io. Se già con Euridice in quell’horrore si ritrova il mio core?

Choro delle Parche Andiam,chè non vi fia mostro tant’empio ch’ai tuoi prieghi mercé neghi o, di Fede e d’Amor unico esempio!

CD III

1 Augure Non è sola nel mondo la tua sventura, Endimion. Deh, mira il sol ch’a tutte l’hore anch’egli nasce e more dunque agli affanni invola i tuoi pensieri alquanto, e ti consola

Endimione Consolarmi potrei, se non fossero tanti i dolor miei ma dall’acerba morte d’Euridice qual hor rivolgo il lagrimoso sguardo, mi s’appresenta à un tratto Orfeo smarrito che d’Euridice al pari ama il cor mio; e il ciel sa dove, oh Dio, rivolta il piè. E così un duolo all’altro in me succede, e quando è stanco un male di tormentarmi, ohimè,l’altro m’assale. Consolarmi potrei, se non fossero tanti i dolor miei.

Nutrice Misero Genitore il tuo cordoglio a me più ch’ad ogn’altro si comparte ch’in Euridice anch’io parte ho del sangue mio

e quante a Lei già diedi dolci stille di latte tante appunto mi pare che mi piovan su’l core angoscie amare mà piaccia al Ciel che Pluto non gl’imponga à gran fallo l’haver ella in tal caso d’Aristeo rifiutato il pronto aiuto.

Augure Eh di soccorso umano era in ciò vana ogn’opra ch’un infortunio tal venia di sopra!

Nutrice Ah ben ne sospettai nel veder che quell’angue non la lasciò già mai

Endimione Tanto più devo piangerti o figlia à cui più caro in prova fù l’honor che la vita e tanto più conviene che ben giuste d’Orfeo chiami le pene!

Nutrice Ma non sento da noi far conto alcuno de la pietosa aita ch’in ciò Giunone hor hora, per quanto ella potrà, darne promise.

Endimione Così parlò pur dianzi, e poi sì grave danno contro di noi permise!

Augure Pur si deve nel Ciel sempre sperare, ch’una sola di lui gratia tal’hora mille gratie non fatte in noi ristora.

2 terzetto Nutrice, Endimione ed Augure O Ciel, pietà! Mercé! Come lasciar vorrai in abbandono ai guai così devota fe’? Pietà, pietà! O Ciel, pietà! Mercé!

SCENA TERZA

3 Aristeo Uccidetemi, uccidetemi, o pene! E mentre vò con disperati passi per quest’horridi sassi cercando, ah, com’io pera, a voi, più ch’ad un angue e ad una fera, così pietosa gloria si conviene. Uccidetemi, uccidetemi o pene! Uccidetemi voi, perch’alla morte, essendo noto ch’Euridice sola era la vita mia, che più vivo ora sia non gli sovviene.

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Uccidetemi, uccidetemi, o pene! Ma ch’avverrà ch’io senta? E perché trema il suol? Forse ha in orrore il peso de’ miei guai, che cerca e tenta scuotermi dal suo dorso, e in tal tremore dice ch’ingiustamente mi sostiene! Uccidetemi, uccidetemi o pene! Ah, che scorgo? Ah che veggio, infelice? E son desto? E non vaneggio? Deh, qual spiran terrore quelle torbide nubi! Ah, ah, come, oh Dio, di scampare ansioso si dibatte il Cor mio! Ah, forse impaziente d’attendermi, l’inferno ecco à me viene? Uccidetemi, uccidetemi, o pene! (s’ode il terremoto e appare l’Ombra di Euridice dagli Inferi)

Ombra di Euridice Empio, e pur vivi? E spiri ancor quest’aure che tua colpa perdei? Tu desiare di macchiar la mia fé tu d’involarmi al mio sposo! Ah perverso! Ecco ch’io venni nuova Furia d’Abisso a vendicarmi.

Aristeo Euridice! Euridice!

Ombra E di più ardisci con quelle labbra impure proferir il mio nome? Hor chi mi vieta che, svelto da quel seno il core indegno, non lo conceda insieme cibo à quest’angue e vittima al mio sdegno?

Aristeo Ah! Ch’è pietà dar fine al mio dolore!

Ombra Ma, se t’uccido, ancor tu nell’impero verrai di Pluto, ov’io dimoro ahi, vivi, e da me ti divida un mondo intero, se ben, sì vasti son d’Averno i campi, che di tuoi falli in pena da me lungi abbastanza ti darà qualche baratro ricetto: Mori dunque, impudico! Esci, esci anima rea, fuor di quel petto!

Aristeo Ahi, più sempre spietata, e a che mi sgridi? Mi fai provar la morte, e non m’uccidi?

Ombra Nò, che la morte istessa di te si schifa e non ti vuol l’inferno: Tanto ciascuno abborre chi colpevole fù del mio morire.

Vivi dunque al tuo peggio e da cotesta iniqua fronte,in cui si covò già lo scellerato ardire, parta, parta ogni senno, ogni ragione, onde tu sia, con più dolente sorte, morte, furia et inferno di te stesso, rifiuto de l’inferno e della morte. Rimani qui, dunque, forsennato errante, ch’ogni più miserabile Emisfero mi fia gradito senza te, rimante, e da me ti divida un mondo intero!

SCENA QUARTA

4 Duetto arioSo Momo e Satiro Và pur và, malinconia, ch’io non so à che buona tu sia dimmi un poco, fra tanti pianti: Col tuo sempre guardare all’ingiù che di buono hai trovato mai tu? Và pur và, malinconia, ch’io non so à che buona tu sia.

Satiro E nemmen qui ritroverò Aristeo?

Momo Vedilo là, ma ferma!

Satiro To’, to’, che va facendo?

Momo Gioca, cred’io, di scherma.

Satiro Eh, no! Par che più tosto tenti d’abbracciar l’aria.

Momo Hora l’intendo la caccia è un gran piacer come tu sai et egli per distorsi dalli guai in queste solitudini sì fosche alla caccia (ah! ah! ah! ah!) va delle mosche.

Satiro Mira, mira! Per certo il suo dolore alla Pazzia l’ha tratto

Momo Non era amante?

Satiro E di che sorte!

Momo Oh dunque impazzar non potea ch’era già matto.

Satiro E che cerca? Ove corre?

Momo A ritrovarti.

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Satiro No, che non m’ha veduto.

Momo Deh, per meglio notar s’egli delira, tiriamoci in disparte.

Aristeo Dove sei? Perché fuggi? A che lasciarmi qui solo? Ahi, che di tema inorridisco! Ahi che tutto mi spargo di gelato sudore! Ohimè che veggio? Un’ombra che mi segue; ahi, ch’io la veggio! E se per empia sorte è l’ombra di me stesso, è tanto peggio! Ma, chi son io? Chi sono? Non più mai mi sovviene, e non v’è a chi ne chiedere. Mi sento tutto, tutto, tutto bagnato: Ahi, per mia fé. Deucalion son io dal diluvio avanzato. Sù sù dunque conviene gettar dietro alle terga di queste pietre, e riprodurre il mondo. Questa alzar non la posso: è troppo il pondo. Oh, ve n’era pur dianzi una, in quel loco, dura selce da foco. E v’era al certo,

Perché favellò meco. E la più dura pietra di lei non fece mai Natura. Ma getterò di queste..

Satiro È folle!

Momo E come!

Aristeo Et ecco immantinente rinata è nuova gente.

Momo Non ti ravvisa ancor. Chiamalo a nome.

Satiro Aristeo!

Aristeo Dov’è Aristeo? Dov’è Aristeo? Dove, dove, dov’è Aristeo?

Satiro E che, voi più non sete?

Aristeo Io son quell’infelice?

Satiro E chi lo saprà, se voi non lo sapete?

Aristeo O, mia bella Euridice!

Satiro A me!

Aristeo Mio ben, anima mia, anima mia!

Momo Che credi, Ch’egli Euridice sia? O guarda, bella razza d’Euridice!

Aristeo Nutrice, o mia nutrice!

Momo E a me, nutrice! Io ne ho ben la sembianza.

Satiro Forz’è di quel ch’ei dice che si ritrovi in noi gran somiglianza.

arietta Aristeo Il vostro splendore, o luci serene, sì dolce mi fu che al core le pene non temo mai più. In gioie sì care chi l’alma beò, tornare a penare,

Begli occhi non può, nò, nò, nò, nò, tornare a penare begli occhi non può. E però vedetela, vedetela, prendetela, prendetela, passò la merla al Po, passò la merla al Po!

Satiro Oh così, rallegratevi, e vedrete che vi risanerete. Saggio è chi trarre i fior sa dalle spine e le gioie trovar tra le ruine. Ahi! Ahi!

Aristeo Fuggite! Io son l’angue Pitone nato dalle putredini fetenti delle miserie mie.

Momo Ma sì! Le tue pazzie a chiamar incominciano il bastone!

Aristeo E, non so già perché, non posso morder te!

Momo Perché tocca a me sol di morder tutti.

Aristeo Ah! Ah! Ah! Oh, sete brutti! Venite al fonte à rimirarvi!

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Satiro Andiam, chè fors’è meglio il secondarlo.

Momo E dov’è il fonte?

Aristeo Hor su, facciamo facciam di gratie i patti a dirci il ver l’un l’altro.

Momo Oh sì, sì, bene!

Satiro Sì bene.

Aristeo Bene, figlioli miei: voi sete matti. Ma sentite: Cantiamo una canzone. Tu dirai sol: “ta-ra-ra ta-ra-ra ta-ra ta-ra ta-ra-ra-ra” Tu: “Tappa tappa tà tappa tà tappa tà tappa tà tappa tà”; E quando io poi dirò: “sù sù sù sù sù sù” Tutti farem: “tù tù tù tù tù tù tù tù”. O via dunque!

5 canzonetta Aristeo, con Momo e Satiro All’armi, mio core e contro il rigore d’avara Beltà

tue forze prepara, tue forze prepara su dunque, su, su, guerra, guerra! Ah ah ah serra, serra, serra! S’ardito sei tu non perdi mai più! Tù tù tù tùtù tù! Ah, più perdei vincendo! Ah, dura sorte! Ai precipizii, ai precipizii! À morte! (Aristeo, in preda alla follia, si uccide)

SCENA QUINTA

6 Giunone Ascolta, Gelosia; senti Sospetto! Se il perdon desiate di quante unqua per voi pene soffersi velocemente andate nella reggia di Pluto e da mia parte avvertite Proserpina che guida Euridice ad Orfeo o che ben tosto al letto marital oltraggi attenda. Ditegli quante Giove a me n’ha fatte, ditegli ch’una bella occasion ogni gran fede abbatte.

Gelosia Andrò, dirò, farò gran cose o Dea chè tale è ’l mio potere, purché costui ch’è la mia scorta, colà giù mi guidi;

e udirai che sarò giunta a pena che, crescendo di duol, lo stigio fiume per duol si getterà fuor de’ suoi lidi.

Sospetto Quanto, quanto prometti e poi vedrai Che là giù dove san che cosa è affanno Aprir non ci vorranno.

arietta Gelosia Con l’Arciero Ch’il suo Impero porta à volo oltr’ogni segno si dilata anch’il mio Regno anzi, fa più noto Amore il mio gelo ch’il suo ardore. Andiamo!

Sospetto Non entreremo!

Giunone Non saresti il Sospetto s’ogn hor non dubitassi.

Gelosia E che temer degg’io che mi nieghi ricetto il mio suolo natio? Siccome il mare tutti i fiumi accoglie nelle sue vaste arene così l’Inferno ancora non fia ch’escluda chi li porta pene.

SCENA SESTA

7 Giunone Ecco Citherea molto fastosa! Voglio trarmi in disparte per sentire il suo vanto.

aria Venere Palme, palme! Allori, allori! À chi sempre che pugnò trionfò, trionfò su lieti amori palme, palme! Allori, allori! Ecco il Sol che già pensò oscurarmi a’ suoi splendori Euridice hoggi mirò per opra mia, gir fra gl’eterni orrori. Palme, palme! Allori, allori!

8 Giunone Dunque su l’ingiustissime ruine d’una oppressa innocenza fondar vuoi le tue glorie? O Diva indegna di calcar questo suol, nonché le Sfere! Madre non degli amor, ma delle fere!

Venere Oh, non mi far sì cruda che poi da l’altra parte mi struggo di pietà per Aristeo e per veder ch’un invido livore delle vittorie mie t’opprime il core, deh, festeggia alle mie gioie

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e con laudi lieta applaudi Alle mie vittorie! Che sperar ponno i miei prieghi mai da te, mentre, ohimè, io t’invito a gioir, e tu me’l nieghi?

Giunone A gioire? E perché? Perché il tuo sdegno d’una Beltà sì rara, d’un Amor sì fedele, fatt’ha strage crudele? Strage che può d’affanno il mondo empir da l’uno all’altro Polo già che trarre poteo dalle luci del Sol pioggie di duolo.

Venere Fur quelle luci, ve’, ch’oltraggio m’apportaro. però in tal guisa à me la pena ne pagaro e fur così quei pianti perle che l’Oriente mi donò, ond’à ben giusti vanti la mia vendetta il crin si coronò.

Giunone Troppi son i tuoi fasti! Di vittoria simil troppo ti gonfi perder potresti ancor tra li trofei.

Credi tu che di là giù non potrà ritorre Orfeo la beltà ch’egli perdeo? Su le rive disperate dove Stige ogn’or più freme già pietate fa per lei nascer la speme.

Giunone e Venere Pria che nata morirà e che sì che fiorirà e che sì e che nò tu vedrai s’io goderò! Non vedrai sì lieto dì! E che sì sì sì e che nò nò nò!

SCENA SETTIMA

9 Gelosia Ché tanto dubitavi d’esser qui dentro ammesso? Hai tu veduto chi in questi afflitti Imperi non v’è chi ne distingua per stranieri?

Sospetto Mira, che viene Proserpina

Duetto Gelosia con Sospetto Sì, certo o bene o fortunato incontro! Noi ritroviam così, fin nella Corte delle sventure eterne hoggi la sorte.

Gelosia Ponti dunque in quel lato ch’io mi vo’ porre in questo e col tuo canto porgimi à tempo occasion che giovi à me di far le mie solite prove.

Sospetto Sì sì vedrai l’effetto però conforme al tuo costume antico dà pur fede a Sospetto!

Proserpina Che a me sian sì gradite queste rive del duolo amor son di te solo meraviglie infinite: Ch’il Ciel non è a su ma dove col suo ardore nel far beato un core ah, lo produci tu. E per un vero affetto al lume di tua face divien bello ogni oggetto.

Proserpina, Gelosia e Sospetto Ond’è ch’il mio Consorte nell’horridezze sue tanto a me piace! Ma chi sa, poi chi sa? Che non paia à suoi rai più vaga altra beltà? Chi sa? Come? E se ciò fosse mai, o miserabil te! Ohimè, che dite?Ohimè! Et un marito vè darti à creder non dei che sempre osservi fé!

Sospetto Parla pur ben costei.

Proserpina Ma qui non scorgo io tal timor per me.

Sospetto Et Euridice dì Non si ritrova qui? E non può lo splendore che ride in quel sembiante ogni alma innamorare?

Gelosia È sì dolce il cangiare ch’a far infido un core ogni beltà è bastante.

Proserpina Ma Pluto, udite, è di me troppo amante

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Sospetto E perché, poi, perché quando l’avviso intese ch’avea già posto Orfeo qui dentro il piè tanto d’ira s’accese?

Gelosia S’egli per Euridice verun pensier non ha un mortale infelice che gelosia gli dà?

Proserpina Qual più intesa pena al cor mi va!

Sospetto Lo giurerei per l’onde che bagnan questi lidi che Pluto in se nasconde per la nuova Beltà pensieri infidi!

Gelosia Odi, però: Giunone a te m’invia e dice che rammenti che tanti Giove a lei quante già mai belle Ninfe mirò, fé tradimenti e però mentr’Orfeo vien per ritorre di qua questa sua sposa, ella t’esorta a far ch’a lui si renda perché a te ciò, più ch’ad ogn’altro importa.

Proserpina Certo è che per ritrarmi da periglio sì fiero non fia ch’opra risparmi!

10 terzetto Proserpina, Gelosia e Sospetto Non vi fidate! Non vi fidate! Non vi fidate, amanti! Ché stuol d’alme infinito grida tra doglie e pianti chi si fida è tradito. Et una rotta fé intera, ohimè, qual fù mai, non ritorna più!

SCENA OTTAVA

11 Plutone E quante volte, e quante, rimbambito che sei, t’ho già ridetto che fatidici carmi mi presagir ch’in questo basso Regno venir dovea più d’uno temerario vivente ad oltraggiarmi! Forz’è ch’io, per non stare ad attender da te più grave errore, a più accorto Nocchier doni il tuo legno.

Caronte Pluto, è ben rea mia sorte, che tu non voglia udirmi. Il Pellegrino ch’oggi qui giù discese viene à porger preghiere e non offese.

Plutone Mancan Templi et Altari per me là sopra, ov’egli havria potuto porgermi voti et impetrar mercede? Qualche non lieve inganno nelle suppliche sue costui nasconde. Vanne, Caronte, intendi, e riportalo hor hora all’altre sponde.

Sospetto Come si manifesta il suo nuovo desio!

Gelosia S’Euridice qui resta puoi dir “quiete, addio”!

Proserpina Ohimè, che far degg’io?

Plutone E tardi ancora ad ubbidirmi?

Caronte Troppo mi pesa e duole che del canoro Amante non sian da te le dolci note udite. Ché, quando anch’havess’io fatto alcun fallo in lasciarmi da queste sforzar à qui condurlo, sò ben che poi diresti ch’Armonia più soave esser non può su l’Etra, e che della sua Cetra

meravigliosa il suono otterrebbe à lui gratie, e à me perdono.

Sospetto e Gelosia O dì, dì, tu pur così!

Proserpina Deh, s’in te si mantien, consorte amato, il solito desir de’miei diletti, permetti hora, permetti che sì rara armonia ristori alquanto la noia in me di questo eterno pianto.

Caronte Se tal gratia non fai, avverrà che pur tanto qui, à forza del suo canto il musico stranier giunger vedrai.

Plutone Venga su, dunque, e spieghi al mio cospetto i suoi canori pregi. Così talvolta è forza ch’al comune voler servano i Regi.

Proserpina Da te, mio Nume, ancora rammentarmi non so gratia veruna ai prieghi miei vietata, onde pur anche à credermi ti prego ch’io non chiuda nel sen anima ingrata.

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Plutone E che negar poss’io, o Diva, à tuoi voleri, se, più ch’in questo trono, entro il mio petto maestosa risiedi, e dolce imperi?

Sospetto e Gelosia Andiamo e finché resa Euridice non è, nò da noi non si de’ abbandonar l’impresa.

SCENA NONA

12 Caronte Eccolo! E perché viene cantando ovunque è giunto il suo concento, da queste alme dannate obbliar hò veduto ogni tormento.

Orfeo Io che lasciato fui senza alma in vita, non vengo per veder Reggia sì ombrosa, ma per chiedervi, oh Dei, la cara sposa da troppo acerbo fato à me rapita. Amor m’è scorta e dice à miei lamenti che desteran pietà ne’ vostri cori, poiché de’ suoi qui giù ben noti ardori avvampano in me solo i più cocenti. Deh rendetemi, o Dei, l’amato bene! Che poi tant’avverrà tra pochi giorni ch’io qui seco per sempre à voi ritorni

dove al fin pure ogni mortal se’n viene, deh, rendetemi, o Dei, l’amato bene!

13 Plutone O dolcissimi accenti!

Proserpina O note onnipotenti!

Plutone Ah che dentro del mio petto il furor, la crudeltà, all’insolito diletto si disfà! E per tal soavità no, ch’io più non discerno d’esser re del duolo eterno.

Proserpina Ma sei tanto in te può tale armonia, horrido Re, deh pensa qual far dee violenza nel mio tenero sen, nell’alma mia! Deh, deh, se ti fur già mai cari i miei sguardi e dolci i miei contenti, consenti hora, consenti che si renda ad altrui l’amato oggetto ne dir che non si convenga che si scorga in tal guisa inaudita pietà aggiungerti al core, ché può aggiungere anch’essa dove ben sai, se per me giunse Amore.

14 aria Proserpina Ah, mio Nume, ah non si de’ al desire al pregare di costui già mai negare la mercé! E s’à noi goder ci fé, nel tenor de’ suoi concenti delle sfere più lucenti il gioire, goda anch’egli i suoi contenti!

15 Plutone Venga dunque Euridice e à lui si dia. Ma con tal legge: che nel gir per queste Regioni funeste egli à mirarla mai non si rivolga. E se ciò non osserva, udite, o mostri, tosto à lui si ritolga.

16 aria Orfeo Vi renda Amor mercé di tal ristoro. Né mai nel vostro cor doglia permetta. Vieni Euridice mia, vieni e t’affretta! Sei pur tu che mi segui o mio tesoro?

17 Euridice Sì, mio ben, ch’in quest’horrore sol mostrar puote al mio piè di là sù la via smarrita il candor della tua fé, che se risplendere

hoggi rimirasi, ch’in fin può rendere con lieta sorte e con virtù infinita, entro i Regni di morte a me la vita.

18 Orfeo Anzi, ché vien mia fé a ritrovarla in te.

Euridice In me trovarsi può, qual hor tu meco sei, vita de’ pensier miei,

Euridice con Orfeo Ch’altra vita che te viver non so, sù dunque prendiamo insieme il sentiero de’ lucidi giri, e lieti torniamo all’aure ridenti! Mio bene, mia vita, mia speme infinita, su, su, à i diletti, alle gioie, à i contenti!

19 Proserpina Forz’è ben ch’infinita la vostra gioia hor sia, felici Amanti, poiché per quella ch’à me non giunge al seno, sento bearmi à pieno.

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Plutone O qual nel Regno mio vedo inondar per tutto inusata dolcezza! Ah, finché dura simil ventura, si scopra in danza ancor tant’allegrezza! (Seguono le Danze, comandate da Plutone.)

20 leS PaSSe PieDS D’artuS

21 SaraBanDe

22 Bourée

23 Bourée figurée: la chriStiana

24 Caronte Le leggi quel meschin non osservò. E perché nel sortir fuor dal tuo Regno a riguardar in dietro ei si voltò, e gli ritolse il racquistato pegno. Ben di tornar qui dentro egli tentò; ma gli si chiuse ciascun con furia e sdegno le porte in faccia, e gridò Radamanto: “Puote la novità più che’l tuo canto!”

Proserpina O mia sorte fallace! Orfeo perde la moglie, et io la pace.

Plutone Ma senti: che gli Elisii, ah, la consolano, mentre di lieti inviti à lei risuonano,

vanne! Ch’hoggi per te vie più s’infiorano. L’innocenza li Dei non l’abbandonano.

SCENA DECIMA

25 Choro di Baccanti Viva Bacco, nostro re! Chi nò ’l vede e chi nò ’l sa che vacilla il nostro piè, perché fermo il suol non stà? Nò, nò, nò, nò, ch’ebrio alcun di noi non è. Viva Bacco, nostro Re!

26 Bacco Ma rimirate Venere, che viene à noi sì rapida. Le danze, o là, si fermino!

aria Venere Su, su, vendetta! Offeso chi fù pietà non ammetta. Vendetta, vendetta! E son documenti ancor di quest’onde che posan sì belle, ma tocche da’ venti, sforzate le sponde, spaventan le stelle. Il soffrir invitò nuova saetta. Vendetta, vendetta!

27 Venere E così, in danze e feste passa l’ore gioconde il buon Lieo, quando per Euridice dà tropp’alta pendice, morì precipitato hoggi Aristeo?

Bacco Ohimè, di duolo un fulmine più crudele et horribile di quel ch’abbrugiò Semele mi vibrasti nell’anima! Ma dov’è quella perfida ch’il mio figlio dolcissimo spinse à tale sterminio?

Venere Già col morso d’un angue io feci in lei succedere il castigo prima del fallo, ond’essa del tenebroso mondo pria si trovò precipitata al fondo. Ma il suo marito Orfeo figlio, figlio del Sole à te nemico, co’l favor di Giunone à te si avversa, fin la giù s’è portato, e per quanto m’ha detto hora il Sospetto in su la riconduce al mio dispetto.

Bacco Non mi potevi aggiungere nel cor più fieri stimoli

per destarvi la rabbia. Affé non fia che ridano costor delle mie lagrime: Ninfe, dell’empia coppia s’alcun di voi ritrovasi, spietatamente uccidasi. E per haver più furia, di nuovo inebriatevi! Vien con me, o Diva, e aiutami il caro figlio à piangere.

SCENA UNDECIMA ET ULTIMA

28 Orfeo Lasciate Averno, o pene, e me seguite! Quel ben ch’à me si toglie riman là giù, né ponno angoscie e doglie star già mai seco unite. più penoso ricetto più disperato loco del mio misero petto non hà l’eterno fuoco; son le miserie mie solo infinite. Lasciate Averno, o pene, e me seguite! E voi, del Tracio suol piaggie ridenti, ch’imparando à gioir de la mia Cetra gareggiaste con l’Etra, hor, all’aspetto sol de’ miei tormenti, d’horror vi ricoprite. E tu, Cetra infelice, oblia gli accenti tuoi già si canori,

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e per ogni pendice, vien pur meco piangendo i miei dolori. Son le gioie per noi tutte smarrite. Lasciate Averno, o pene, e me seguite! Ma che tardo à morire, se può con lieta sorte ricondurmi la morte alla bella cagion del mio languire? A morire! A morire!

29 Choro celeste Amor vero e salda fé, giù nel mondo variabile dove il ben tutto è sì labile, premio mai sperar non de’. Solo il Ciel che è sempre stabile gli può dar degna mercé.

30 Giove celebrante D’Orfeo la Cetra in sugli Eterni giri di gloriosa eternità s’honori, et in stelle cangiati i puri Amori l’ingemmin sì che à lampeggiar s’ammiri. Non dee d’human piacer contento frale bramar chi di Virtùte è vero Amante, ma, inseguirla per tutto ogn’hor costante, solo attendar da lei Gloria immortale. E con essa avverrà ch’egli raccolga ancor l’human piacer pur ché già mai dal suo dritto sentier torcendo i rai per compiacersi in lui non si rivolga.

31 ePilogo Mercurio Ma che queste menzogne misteriose e belle Ccdano al ver. mortali, udite: Già fuor d’ogni periglio, altro non è d’Orfeo la Cetra altera che della Gallia invitta il Regio Giglio. Questo, di cui per tutto alta armonia di tante Glorie e tante ogn’hor rimbomba. Avverrà che ritolga dal dominio d’Averno, per non perdere la più inclita tomba. Quindi è che à voi ne vengo, o del Gallico Cielo ben chiaro Sole e Luminosa Aurora, et oltre i lieti augurii, a voi con senno accorto il Nettare Celeste dell’Immortalità presagio io porto.

FINERecording: Auditorium Castaneum di Velturno, Bolzano (Italy),

22-28 August, 28-29 December 2019Engineered and produced by Simon Lanz

Executive producer: Elena Sartori, Michael Sawall (note 1 music)

Design: Mónica Parra Booklet editor & layout: Joachim Berenbold

Translations: Andrea Friggi (English), note 1 music (Deutsch), Pierre Elie Mamou (Français)Photo credits : Evelyn Kerschbaumer and Stanislav Karamanov

π + © 2021 note 1 music gmbh, Heidelberg, GermanyCD manufactured in The Netherlands

Un ringraziamento particolare al Comune, al Sindaco e alla Comunità

di Velturno (Bolzano)

Questo CD è dedicato alla cara memoria di Gertrud